Cimatti|Ricaldone Pietro / 1941-8-...

2790 / Ricaldone Pietro / 1941-8-… /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Musica!1


Miyazaki, Agosto 1941

Rev.mo ed amatissimo Sig. Don Ricaldone,


Nella speranza che presto o tardi le pervenga, butto giù la relazione mensile.

Nel mondo intero suoni di guerra… Nella mia povera relazione, suoni degli strumenti musicali (o meglio di alcuni) del Giappone. Fui richiesto da vari per avere qualche nozione sulla musica giapponese e ben volentieri aderisco all’invito.

La musica giapponese, penso che sia davvero fra le più caratteristiche del mondo e per le sue tonalità e per gli strumenti che l’accompagnano e più per lo spirito di profonda espressione di cui è piena, come tutta la sua letteratura epica e romanzesca.

Non posso trattare a fondo l’argomento, che lo si può leggere in opere ad hoc, ma qualche cosa che possa interessare i nostri cari amici a conoscere sempre più e meglio questa grande nazione.

È bello anche qui riscontrare lati caratteristici di somiglianza colla nostra musica popolare italiana, specialmente nei canti popolari delle nostre isole… Quanti bei raffronti potrei fare con le nenie caratteristiche degli Abruzzi, di Sicilia e più della Sardegna… Non meno caratteristiche le intonazioni fondamentali di netto sapore gregoriano, le tonalità, le cadenze, il recitativo e lo svolgimento tematico. Ne diedi dei saggi in un’audizione radiofonica all’Italia e al Giappone. È spontaneo svolgimento di quanto il Creatore ha insito nella natura umana nella manifestazione dei sentimenti per mezzo della musica.

È derivazione dalle antiche melodie ebraiche o delle tonalità greche o di altri paesi? Agli studiosi il risolvere la questione; sta il fatto che per i giapponesi è facile l’apprendimento delle melodie gregoriane, più che la melodia moderna, anche perché più consone al ritmo e alla tonalità delle loro originali manifestazioni musicali. Altro punto caratteristico è che la musica è sempre accompagnata dal canto e dalla danza, triade inscindibile e che si completa vicendevolmente in una manifestazione armonica che soddisfa e l’occhio e l’orecchio e il cuore.

Si possono distinguere due grandi divisioni musicali: musica che chiamerò classica con cui si eseguono gli antichi canti nazionali e che viene eseguita anche ora a corte nelle cerimonie rituali con strumenti importati dalla Cina verso il 700.

Mi dispenso dal descrivere e strumenti e modalità di esecuzione, difficile del resto a tradursi nel nostro linguaggio musicale moderno. Si entra in un mondo di suoni così caratteristici e lontani dal nostro orecchio, ma nello stesso tempo soffuso di un quid che non stona, che raccoglie e trasporta nelle regioni del sentimento vuoi religioso, vuoi fantastico, vuoi guerresco, così caro all’anima giapponese.

Provate su un buon organo con registrazione a flauti e bordone nelle ottave più acute sbizzarrirvi in un seguito di accordi del più puro cromatismo, in ritmi ascendenti e discendenti, con voci lamentevoli che esplodono di tanto in tanto, ricamando gli accordi; qualche colpo sordo di tamburo in ritmo irregolare… Il tutto eseguito lentamente e senza fracasso, ad ondate cui viene meno la forza… e su questo ricamate un canto (alle volte anche tematico) figurato con danza dagli ampi movimenti in vistosi paludamenti… E non dico di essere riuscito a darvi un’idea di un tipo di musica classica per manifestazione religiosa.

Non meno caratteristiche quelle che formano la musica che possiamo chiamare popolare o volgare, che dal sec. XII al XIV assume forme caratteristiche per il ceto aristocratico e nel secolo XV coll’introduzione di una specie di chitarra a tre corde (samisen).

Ho assistito a varie audizioni del genere e devo confessare, che nonostante l’apparente semplicità dei mezzi musicali mi sono sentito eccitato fortemente dai sentimenti espressi dal trinomio musica, canto e danza, e in certi momenti trascinato nel vero senso della parola dall’onda ritmica del complesso.

Da tali manifestazioni non è escluso nessun sentimento per forte che si voglia immaginare. La musica sempre accompagnata dal canto e dalla danza dà naturalmente luogo a molte scuole che in Giappone fin dall’origine (ed anche questo è caratteristico) venne fondato da ciechi, come pure è un cieco che perfeziona lo strumento che viene a riempire le pause del canto e che segue il canto in una forma di accompagnamento indipendente dal canto stesso.

Tali canti a seconda che narrano episodi storici oppure sono espressione di sentimenti momentanei si dicono lunghi o brevi e le varie scuole si dividono il compito.

La più quotata e più diffusa e amata dal popolo è la scuola di Edo (Tokyo) che svolge argomenti moderni di narrazione lunga. Si hanno in Giappone intere famiglie che si trasmettono tali insegnamenti e fondano scuole. Al momento attuale il Giappone è più che al corrente di tutto lo sviluppo moderno mondiale della musica, e pur mantenendo le tradizioni antiche viene dando esempi di buone composizioni moderne e non è lontano il tempo che anche in questo campo mieterà allori.

Oltre la chitarra a tre corde di cui sopra, è utile ricordare sull’argomento il liuto giapponese (biwa) anche questo proveniente dalla Cina e diffuso otto secoli fa in Giappone. Anche questo strumento come gli altri fu perfezionato dai maestri ciechi e si accompagnano con questa specie di chitarra a 4 corde toccato con plettro larghissimo alla punta, i canti epici o anche canti di grazia ed eleganza. La forma dello strumento è quella della nespola giapponese (biwa) da cui il nome: può avere o no la cassa armonica.

Altro strumento usato è l’arpa giapponese (koto) a 13 corde e lunga due metri e si suona orizzontalmente con tre plettri a unghia che infilano nel pollice, indice e medio della destra, mentre colla sinistra si regolano le modulazioni delle corde sollevate dai rispettivi ponticelli. L’arpa o fa il canto o accompagna con gli altri strumenti: da ciò diverse scuole e modalità.

Sono caratteristici (e del resto vi è il corrispettivo in tutto il mondo) i canti di campagna, tutti soffusi (specie nella parte settentrionale del Giappone) di un sentimento di melanconia profonda – e sono specialmente questi canti che portano l’impronta di somiglianza con molti dei nostri canti popolari isolani o colle inflessioni o modulazioni gregoriane caratteristiche.

È bello assistere a feste popolari in Giappone, quando dopo i pasti o in adunanze speciali si incomincia a cantare. Si può dire che tutti i canti popolari d’ogni regione e d’ogni condizione sociale sono frutti d’improvvisazione: è davvero un fuoco di fila, mantenuto naturalmente da qualche buon eccitante alcolico – è una gara bellissima, cui si accingono moltissimi, con cui sul motivo iniziale si lancia viva, appropriata, briosa la risposta di 26 sillabe in quattro versi nel ritmo 7-7-7-5.

Ho assistito con vera soddisfazione a tali gare anche tra i nostri cristiani, e rimanevo meravigliato nel constatare la delicatezza di sentimento, la giustezza di osservazioni nelle contro-risposte fatte anche da modesti contadini, pescatori ed operai.

Il popolo giapponese ama la sua musica; ama in genere tutta la musica ed ha attitudini magnifiche per riuscirvi. Anche in Giappone le manifestazioni religiose, civili e festive sono sempre rallegrate e vivificate dal canto. Nelle nostre opere e istituzioni non dimentichiamo certo l’importanza che il nostro Don Bosco dava alla musica come elemento educativo per la gioventù.

Mi perdonerà, amatissimo padre, se non ho fatto sfoggio della nomenclatura giapponese in relazione alla musica. Oh, ci aiuti il Signore a sapere anche colla musica armonizzare menti e cuori per elevarli a Lui.

Intanto vanno svolgendosi le nostre mute di esercizi spirituali alternate a gruppi con un po’ di riposo fuori Tokyo a Chikasaki presso i Benedettini o a Nasu in montagna per la generosa carità di un ottimo benefattore pagano Sig. Sato: luogo incantevole che ricorda Piova nei tempi eroici o la Valle d’Aosta per i Caglierini.

È davvero caratteristico che il Signore ci ha messo in relazione in Giappone con alcuni benefattori non cristiani, che si sono dimostrati munifici ministri della sua Provvidenza.

Come sono entrati in relazione con noi, quali i loro moventi… Fu sempre per noi inesplicabile. Di alcuni ci addolora il fatto, che pur non opponendosi, pur desiderandola non si indussero ad abbracciare la fede, che con insistenza domandavamo al Signore, come rimunerazione del bene che ci facevano.

Ritorna insistente il pensiero ed il dolore proprio di questi giorni per la morte di un altro insigne nostro benefattore di Takanabe, il Sig. Chukanji… Non possiamo dimenticare quanto quest’uomo con zelo disinteressato fece agli inizi dello studentato filosofico a Takanabe e poi al Seminario di Miyazaki… È passato all’eternità… O Signore, non dimenticare nel tuo giudizio il gran bene fatto ai tuoi poveri salesiani da questo brav’uomo…2

Ci benedica tutti e specialmente il


Suo aff.mo

Don V. Cimatti, sales.


1 R. M. 1097: originale dattiloscritto e in parte manoscritto, alle volte di difficile lettura.

2 A quei tempi era un problema l’interpretazione del principio “Extra Ecclesia nulla salus”. Lo sentiva forte Don Cimatti vedendo la buona volontà e la vita retta di questi nostri benefattori.