1074 ricaldone


1074 ricaldone

1074 / Ricaldone Pietro / 1933-3-9 /


1 a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani

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9 marzo 1933

Amat.mo e Rev.mo Sig. Don Ricaldone,

Rispondo alla sua carissima giunta ieri: proprio oggi anniversario del nostro Savio. Custodisca in me e nei miei la s. purità.

Grazie cordiali delle sue care, paterne parole per noi e specialmente pel suo povero Don Cimatti. Così va bene; non abbia timore di avvisarlo – per quanto sono capace eseguirò alla lettera i suggerimenti suoi e dei Superiori. Non so se posso nel Signore dir questo: “Sono 7 anni compiuti che sono qua – e non è passato mese che non abbia tenuto i Superiori al corrente delle cose dell’anima mia e delle cose nostre: difficoltà, gioie, dolori e progetti. Quando ho veduto che i Superiori non erano alieni sono andato avanti, sicuro che Gesù era con noi. Quando i Superiori hanno dato norme precise, mi pare di aver tentato di eseguirle così. Quando non avevo norme né dai Superiori, né da Roma, ho interrogato i confratelli, mi sono messo in braccio a Gesù, a Maria e a Don Bosco… E avanti. Sbagli? Ne ho fatti un finimondo, e pian piano, ammaestrato dalla esperienza, tento di evitarli e riparare i fatti”1.

Le sono riconoscente di quanto mi dice sulle nuove residenze. Lei non ha bisogno che faccia autodifese, perché non è del caso. Ad ogni modo, per chiarire in breve quanto è nelle corrispondenze precedenti, ci siamo trovati di fronte al grave problema:


  1. Non abbandonare la cristianità (in Giappone sui generis).

  2. Dar lavoro ai confratelli, specialmente chierici, se no… Lavora il diavolo. Non abbiamo saputo risolvere se non aprendo nuove residenze.


Tokyo: fu improvvisa anche per noi, ma non si poteva fare diversamente.

Sono in tre – ben uniti. Il buon P. Faber si presta per le confessioni; è nostro ex-allievo, gesuita tutto d’un pezzo, e contempera assai l’ascetica salesiana colla perfezione del Rodriguez.

Miyakonojo: è risultato del lavoro di tre anni. Anche là sono in tre, vicini (3/4 d’ora da Tano dove purtroppo sono rimasti solo due) con scambio per le confessioni ed altro, quando il missionario deve assentarsi.

Quest’anno le comunità sono piccole, perché non si poterono rimpolpare col personale, che spero verrà nel prossimo anno – ma le posso assicurare che l’osservanza della regola e pratiche nostre è regolare; c’è da edificarsi. Mi consta personalmente ogni mese in occasione dell’esercizio della buona morte, riunioni dei più vicini (soluzione del caso, ecc.) di tanto in tanto qualcuno dei confratelli o consiglieri va in visita, corrispondenza epistolare regolare; e mi dà lavoro questa, come quella estera.

Si fece il quesito nelle adunanze annuali dei missionari: “È preferibile il missionario in posto o dislocato dal Centro?”. Unanime il primo punto. Ma per me, la necessità fu dar lavoro ai chierici del tirocinio, e davvero – colla dipartita di Don Margiaria e con il non aver quest’anno avuto altro personale, non potevo aggiustarmi diverso. Così approvò anche il Consiglio – per ora mi pare che si lavori benino da tutti.

Dato il carattere giapponese, personalmente sto per la molteplicità delle residenze – non certo per il confratello isolato. Per il prossimo anno, se riesco alla costruzione del Seminario, non c’è in vista altro, perché penserei col personale, che certo verrà, rimpolpare e rassodare, tanto più se qualche chierico comincia la teologia.

L’altro punto poi ho bisogno di chiarire e di aver consiglio, cioè sulla meraviglia che desta la nostra povera (davvero povera) attività… Ah, quanto mi sentirei di fare di più e dovrei fare di più, se non si venissero a ledere suscettibilità o ad avere l’aria di voler conquistare il mondo!…

Progetti: ma non sono realtà se non quando ci sono i mezzi. Il ricovero ha già una ventina di vecchi in gran parte sussidiati dal municipio (Yen sei al mese) – non vi sono debiti – si va delineando un principio di istituzione di Figlie Giapponesi, che si vogliono dedicare alla carità. Quanto si domanda è per l’avvenire e si farà quando avremo i mezzi, tanto più che il sussidio governativo e provinciale dovuto per legge quest’anno non viene, perché la provincia non fece in tempo utile le pratiche. Quanto si domanda è per assicurare l’avvenire a questi poveri, che ormai tutti furono battezzati.

Ma, santo Don Ricaldone, e non è Lei che dà l’esempio di questa attività nel domandare? Proprio ieri Don Antonio tirava i conti. In questa crisi, dall’anno scorso a oggi, le offerte inviate per il ricovero (mancano ancora quelle di Torino, che spero arrivino per Pasqua), corrispondono a Yen dieci mila (pari a Lire 50 mila). Mi consiglia di dir di no alla Provvidenza? Giorni fa è venuta una catastrofe: terremoto e maremoto a Nord di Tokyo. “Pregate i cristiani che raccolgano offerte!”. Si è risposto coll’offerta e col mettere a disposizione 10 posti per orfanelli, ed ho scritto a tutte le case che se saranno invitate cooperino secondo le nostre tradizioni. Che cosa mi consiglia? Lei farebbe assai di più!

Casa di Beppu. Non ho certo i soldi. Bisogna pur raccoglierli e se non si domandano, non vengono. Sarà come sul disegno? Ma ne abbiamo già fatti tanti. Sarà come la Madonna vorrà.

Niente di roseo e fioriture, amato Padre. La nostra Missione è l’ultima ed è la più scalcinata di tutte in tutto, per causa del sottoscritto.

Sì, sì… Siamo ancora nei debiti, ma se non tengo su i confratelli con l’entusiasmo del lavoro, ah! il Giappone è terribilmente accasciante per l’aridità del lavoro dell’apostolato e per le condizioni (specie attuali) dello straniero. Ah, terribile, terribile il carattere giapponese!

Grazie, amato Padre. Oh, potessi far capire a quelli che dicono di noi, la dura realtà – diventerebbero nostri efficaci alleati, e sono sicuro che farebbero più di noi. Oh, che commedia il mondo!

Niente paura. Quanto ho scritto era notissimo al Sig. Don Rinaldi e a Lei, amato Padre, perché mi sembra di non aver mai taciuto le nostre cose, che se appaiono impressionanti nelle relazioni, in realtà sono piccole cose – da bambini missionari come siamo.

Rimaniamo, creda, ammirati e santamente invidiosi dei successi delle nostre altre missioni, e preghiamo per loro. Ma guardiamo pure intorno al campo a noi affidato. Un pezzo di musica del povero sottoscritto: “Getta la rete in mare o pescator…”. (N.B. Mette la musica). Può gettare la rete… Nulla. La lenza sola… Anni di aspettativa, che le danno modesti contributi, che sul più bello sfuggono.

Oh, amato Padre, guai se casca il caldo ideale in Giappone… È finita, è finita. Lei conosce meglio di me tutto questo. Godo delle notizie date, dei suggerimenti, di tutto. Chissà che tutto questo non conduca a far sì che qualcuno di più pensi nella preghiera, di noi. Per me domando a tutti mezzi: “Guai se non chiedi!…”. E badi che me lo diceva il Sig. Don Rinaldi in relazione ai Superiori; ma assai assai assai più domando preghiere. Finché la superbia di questo carattere non sarà fiaccata, il Giappone sarà nei riguardi della fede così come è. Proprio S. Paolo nella via di Damasco… ci vuole.

Basta, basta. Preghi per me che mi converta e viva.

Suo aff.mo figlio

Don Vincenzo Cimatti, sales.

1 È certo che poteva affermare la cosa senza mettere alcun dubbio.