Cimatti|Ricaldone Pietro|1940-10-31

2618 / Ricaldone Pietro / 1940-10-31 /




Un cinquantenario

31 ottobre 1940


Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,

Non si meravigli se il pensiero e la riflessione mensile sono rivolti questa volta a una data storica assai degna di ricordo per il Giappone: il cinquantenario cioè del rescritto imperiale sull’educazione, emanato proprio 50 anni fa (31 Ottobre 1890) dal grande Imperatore Meiji. Fu il decreto, si può dire, fondamentale per la nazione nel periodo della sua restaurazione; è il decreto basilare dello spirito giapponese attuale, che vien letto nelle massime funzioni civili e scolastiche e nelle feste nazionali, ascoltato dai presenti coi segni della massima deferenza e rispetto, in assoluto silenzio, di fronte alla effigie dell’attuale sovrano, esposta con speciale funzione; è il decreto direttivo dello spirito nazionale giapponese, che viene attraverso a quelle norme a inquadrarsi sempre più nell’unità di mente e di cuore indispensabile al buon andamento e al progresso della nazione.

Penso che solo in Giappone, così frequentemente, la volontà del Sovrano venga fatta sentire agli allievi, agli insegnanti, ai responsabili delle pubbliche aziende o associazioni; penso che solo in Giappone la legge, che promulga i principi educativi formativi della nazione, sia fin dalle classi elementari spiegata e fatta studiare a memoria; la ripetizione solenne in occasione delle feste fatta anche agli adulti, non può non risuonare che come eco dolcissima nel cuore di tutti, e richiamare tutti all’osservanza esatta di questi principi che, trasmessi di generazione in generazione, danno al cittadino giapponese la sagoma caratteristica secondo lo spirito del suo paese.

Giusto dunque venga (e lo fu) commemorata questa data. La lettura solenne del decreto nelle pubbliche adunanze – discorsi d’occasione – e inaugurazione di opere sociali o di beneficenza o anche di semplici ricordi della data nelle famiglie, nelle scuole, nelle aziende ecc. furono le principali manifestazioni.

All’entrata del nostro Seminario, anche noi abbiamo voluto ricordare la data: si piantarono due begli esemplari di tasso ed ai piedi di ognuno una bella colonna-base con la data commemorativa; così il nostro bel Seminario ha un’entrata più decorosa che richiama a noi e ai visitatori le direttive educative giapponesi.

Non le sarà discaro conoscere nelle linee generali l’importante decreto imperiale; è una buona materia di riflessione.

L’essenza gloriosa del carattere fondamentale e indefettibile dei sudditi è nella fedeltà al sovrano e nella pietà filiale del loro impero e di qui emana la sorgente dell’educazione, fondata quindi sull’amore familiare, su una vita morigerata e laboriosa in cui ha parte lo sviluppo perfetto intellettuale e morale e il pubblico bene, sul rispetto alla Costituzione e l’osservanza delle leggi, e sul principio di tutti per la prosperità della nazione e per la conservazione del genuino spirito giapponese, trasmessoci dagli avi, e che deve durare eternamente”.1

A comprendere la portata del rescritto imperiale bisognerebbe a questo punto fare un largo riassunto di storia giapponese che descrivesse la condizione della società giapponese prima dell’era Meiji – ma non è mio compito, e d’altra parte qualsiasi buon testo di storia, può chiarire meglio delle mie povere parole.

Quando il Giappone ricominciò (un’ottantina d’anni fa) a rimettersi in contatto cogli stranieri, come è naturale, si svilupparono due forti tendenze: una ligia tenacemente alle tradizioni del paese ed aliena dalle relazioni coll’estero, e l’altra all’opposto adoratrice all’eccesso della civiltà straniera.

Il grande Imperatore con felice intuito e con larghezza di vedute sa conciliare le due tendenze, e col rescritto, tutto improntato ad intenso affetto di padre verso i suoi figli, di cui ama la felicità completa, traccia al popolo con mano sicura la via da seguire.

Gli effetti ottenuti sono evidenti: basta considerare lo sviluppo della sua vita, della sua cultura e del suo spirito. E quel che più importa è capire che il Giappone non intende chiudersi a quanto gli sembra progresso, ma polarizza sempre più in alto le sue aspirazioni nazionali. Le sue forti tradizioni, che vengono mirabilmente adattandosi alle esigenze del momento, pur rimanendo nella loro sostanza intangibile, le forme d’esteriorizzamento e del pensiero e delle opere e delle cerimonie civili e religiose create dalla sua storia e dalla sua civiltà, l’ideale animatore della famiglia, le leggi della vita sociale, il gusto della carità, della giustizia, dell’onore, le virtù comunitarie che fanno reagire lo spirito giapponese contro l’individualismo e contro la sociologia materialistica ed atea, l’ardente e profondo patriottismo, un gusto per la natura delicato e intelligente e profondo nella sua semplicità posto a base della sua letteratura e arte, la diffusione dell’istruzione in ogni ramo dello scibile e per ogni condizione di persone, sono, mi pare, le principali caratteristiche del popolo giapponese, vedute nella luce degli effetti pratici del rescritto imperiale, di cui si commemora il cinquantenario.

In quest’anno in cui il Giappone commemora pure il 2600° della sua fondazione, la coincidenza della data cinquantenaria si presta pure ad utili riflessioni e propositi.

Ogni manifestazione di queste date è pervasa da uno spirito di ritorno agli antichi principi, coordinati in un’organizzazione e pratica adattata ai tempi moderni.

Nella nostra Miyazaki, che si pensa terra d’origine del 1° Impero, si susseguono intanto le manifestazioni commemorative della data bi-millenaria condecorate dall’intervento di principi e dignitari e numerosi pellegrinaggi, da una riuscita esposizione storica antica e moderna che mettono in bella luce il cammino progressivo della Nazione giapponese in sé e nei suoi rapporti col mondo.

Al Signore benedire e far fruttificare per il bene e per la sua gloria anche gli sforzi di questo popolo per compiere la sua missione nel mondo.

Suo come figlio

Don V. Cimatti

1 Il testo qui e in qualche altro punto è di difficile lettura a causa delle molte correzioni. Si noti bene come Don Cimatti si sforzi di interpretare in senso positivo il Rescritto dell’Imperatore, che dopo la guerra venne eliminato come antidemocratico. Purtroppo non si può dire che al suo posto si sia trovato una base migliore per la vita morale e sociale.