138 /Chierici-Valsalice / 1926-2-4 /
ai Chierici di Valsalice
[Shanghai], 4 febbraio1926
M.R. Sig. Don Costa e miei fratelli di Valsalice,
Come vede dalla carta intestata scrivo da Shanghai, ospite dell’amato Don Garelli, dalla casa nostra, tra l’affetto dei nostri cari confratelli. Una breve, dolcissima tappa, preludio all’ultimo tratto di viaggio e fra una settimana, se non succedono guai, saremo in sede. Deo gratias!
Ed eccovi le ultime impressioni di viaggio da Hong Kong a Shanghai. Potete pensare la gioia nel rivedere alcuni confratelli di Macao (Don Luca, Don Pamio, Gnavi e il bravo ex-allievo Gualdi). Sono impressioni vivissime e inesprimibili, acuite dal lungo soggiorno su una nave vagante nell’immensità dell’oceano. A sera Hong Kong illuminata presenta un fascino di bellezza, credo, unica al mondo. È tutta a ridosso di montagne e voi rimanete estasiati a vedere una montagna di luci. Venne a bordo il Superiore delle Missioni di S. Calogero di Milano; tipo allegro, che non ha perduto per nulla il brio italiano e lombardo…
Mancava ancora che ci mettessimo a ballare noi due, come facevo altre sere con quel matto di Don Pedrazzini, e poi potevano venirci a legare e condurre a Mombello, insieme a non pochi chierici di mia conoscenza… (anche questa è una bella satira! Pigliatevela e tenetevela!).
Ma extrema gaudii luctus occupat! Al mattino dolorosa separazione dall’Ispettore, dai confratelli e dai compagni di viaggio che proseguono per Macao, e verso mezzogiorno quando essi arrivavano, noi, cantando l’Angelus, le glorie della nostra Mamma celeste, ripigliavamo soli il nostro viaggio.
Poco prima avevo fatto una rapida corsa per le campagne di Hong Kong e da Shanghai invio un piccolo contributo al nostro Don Tonelli, in mezzo a questo popolo cinese irrequieto, insofferente di giogo, che piglia occasione da ogni evento per farlo comprendere a chi non vuole capirlo.
È il giorno consacrato alle preghiere per i nostri confratelli defunti: mi era caro ricordare i nostri di Valsalice! Quanti! Il loro nome, le loro persone, le loro opere mi si venivano delineando nella mente e nell’azione efficace formativa di venerandi sacerdoti, di umili e modesti coadiutori, e di veri angeli (oh, non come voi!) di chierici! Gaudete et exultate, fratres nostri dulcissimi, quia merces vestra copiosa est in coelis!!!
Il 31, anniversario del nostro Padre, fu da noi ricordato con un buon esercizio di buona morte.
Per tutto il giorno e quello seguente una buona bufera di vento fa ballonzolare sempre più il nostro Fulda: al solito i deboli soffrono. Ma alla vigilia primi Vespri della Purificazione e tutto si acquieta, tutti si alzano ed il giorno seguente in santa festa, lodiamo la nostra buona Mamma. Siamo in Mar Giallo e in mezzo a fitte scogliere, sormontate di tanto in tanto da fari si procede finché a 50 miglia da Shanghai, in attesa dell’alta marea, ci fermiamo. Al mattino del 3 siamo a Shanghai. Alle sette Don Garelli sale a bordo e in automobile, siamo festosamente accolti. Un cinesino ci saluta in italiano: rispondo; Don Garelli traduce e si fa festa, ecc. ecc.
Il 4 dico Messa cum magna pompa nell’Istituto del Lo-pa-hong; egli serve vestito di cotta, mentre i suoi ricoverati (1300) cantano le loro preghiere in una nenia che musicalmente si può esprimere così per l’Ave Maria (N.B. Mette un rigo con note).
Adesso immaginate che ognuno emetta su per giù la voce che vuole, alto o basso, per quinte specialmente e poi pensate al vaghissimo orrore musicale che succede. Non mi meraviglio più della musica cinese.
Visito l’opera di Lo-pa-hong, di cui fa parte anche il nostro Istituto (non ancora finito, e che può comodamente alloggiare da 800 a 1000 allievi) e che è un piccolo Cottolengo.
Oggi nel pomeriggio in giro per le faccende mie giapponesi e stasera a cena da Lo-pa-hong. Torno ora dalla cena tutta cinese. Volete sapere il menù? l) Minestra; brodo con funghi (proprio quelli che noi non mangiamo) e un uovo di piccione. 2) Pane e burro. 3) Prosciutto e pollo freddo. Acciuga con salsa di pomodoro e fegato, non so di qual bestia. 4) Branchie e trachea di pesce. 5) Cavoli in foglie con purea di rape. 6) Pesce e cipolle. 7) Tè freddo e sfoglia di riso. 8) Fagiano. 9) Piselli e gamberi. 10) Pasta di riso con zucchero. 11) Germogli di bambù. 12) Dessert, cioccolato, dolci e frutta – vino nero e bianco, tè. Direte: c’è da crepare! Sì pensate che tutto questo messo insieme non forma un piatto colmo di minestra (e voi ne mangiate anche tre o quattro!) e poi ditemi se non è meglio una bella polenta con gli uccelli e un buon bicchiere di barbera.
Mah! il mondo bisogna pigliarlo come è e far buon viso a cattivo gioco e magari se uno ha fame, tornare a casa a mangiare per conto proprio.
Al tè mi fecero suonare! Ne feci di tutti i colori, suonai roba nostra, l’Ave Maria di Gounod (il figlio di Lo-pa-hong era tenero per quella!), la marcia del Tannhauser… credo che loro interessasse la musica come a me i loro intingoli… Erano ammirati a vedere che le mani si muovevano sui tasti… Diamine! dovevo tenerle ferme? Suonai poi coi tasti coperti e la sonata famosa dei tagliatelli!!!… Mi sarebbe piaciuto poter essere nella testa di quei bravi signori, che vollero beversi ancora una tazza di te (né più né meno che un infuso di tiglio)… per onorare l’ospite! A quante cose bisogna abituarsi! Ma la Provvidenza mi attendeva al varco. Il Sig. Lo-pa-hong mi tira in disparte, mi dà un pezzetto di carta scritta in cinese e mi dice: “Questo è per la sua fondazione in Giappone”. Non vi dico la generosa somma, perché non mi credereste. Deo gratias! Dite tutti un Pater Noster per lui a Don Bosco!
Ho dovuto in questo frattempo girare per Shanghai, specialmente la parte cinese, dove è la nostra casa. La concessione internazionale e francese sono città europee.1 La parte cinese è un formicolio umano di lavoro e attività in cui vicino alla ricchezza, al benessere vi è la massima povertà, sporcizia, abiezione umana; accanto a sontuosi palazzi, a negozi forniti di ogni ben di Dio, catapecchie di stuoie ove famiglie numerose vivono nella lordura vera e propria. Si preparano alla festa del Capodanno (14 Febbraio) con scorpacciate di ogni genere, specialmente di pollame, carne di maiale (si vedono veri mucchi) e verdura.
Quanti milioni di anime abbandonate! Oh, vedeste la moltitudine di giovani e fanciulli a Shanghai!… Gli oratori e le istituzioni giovanili sono pochissimo conosciute. In due o forse tre milioni di abitanti appena 15.000 cattolici. Pregate, pregate, pregate.
Ed eccovi le conclusioni che mi sembra vi possano far del bene e che sono risultato di questo viaggio che volge al termine. Sforzatevi per chi vuol viaggiare salesianamente e lavorare nelle missioni:
Di abituarvi ora che siete giovani a tutto: buona bocca per ogni sorta di cibi, comunque confezionati, da qualsiasi cucina (tedesca, italiana, cinese ecc.); se no sono dolori;
Di studiare bene le lingue principali, se no sono dolori, sono dolori, sono dolori;
Di abituarvi a qualsiasi letto, meglio duro, se no sono dolori, sono dolori, sono dolori;
Di stare bene uniti con Dio, se no non si ha la forza di sopportare le sofferenze e le umiliazioni che derivano dalla mancanza delle abitudini precedenti;
Di studiare, studiare, studiare bene ogni materia. Per l’Estremo Oriente specialmente scienze, disegno e arti in genere e lingue straniere… sono le materie più quotate e necessarie.
Di diventare più virtuosi e santi che sia possibile, perché al resto in qualche modo si può supplire, ma questa ottima condizione è essenziale. Purtroppo che chi vi scrive sente la mancanza di troppe di queste cose e confida nelle vostre preghiere, sicuro che queste suppliranno alle sue deficienze.
Coraggio fratelli miei. Quando riceverete questa, sarò in sede; sentirò allora l’efficace aiuto delle vostre preghiere. Dio vi benedica e mi ottenga di poter corrispondere degnamente al bene che mi avete fatto e che mi fate.
Tutto vostro affezionatissimo fratello
don Vincenzo Cimatti
P.S. - Oggi primo venerdì del mese ho pontificato nella nostra cappella. Messa degli Angeli cantata dai medesimi assai bene. Il S. Cuore ci faccia suoi e ci infiammi del suo amore!
1 Si noti la descrizione che fa Don Cimatti e il suo stato d’animo nel vedere gli effetti del colonialismo in voga in quei tempi, frutto della superbia occidentale.