1499 ricaldone


1499 ricaldone

1499 / Ricaldone Pietro BS / 1935-10-1 /


1

▲back to top

1.1 a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani

▲back to top



2 Carità! Carità! Carità!1

▲back to top


3 Miyazaki, 1 Ottobre 1935

▲back to top

Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,

Una bella notizia, la quale come ha inondato della più pura gioia tutta la nostra povera umile Prefettura Apostolica, così son certo farà piacere a Lei, ai Superiori e a quanti (come ricordarli tutti in questo momento?) cooperarono in tante forme alla lavorazione di un’altra fulgida gemma, che viene ad ornare la nostra Missione.

L’OSPIZIO DI MIYAZAKI per i poveri vecchi ed orfanelli è un fatto compiuto al completo. Il 29 Settembre, sacro a S. Michele Arcangelo, patrono speciale del Giappone, era solennemente benedetto e inaugurato coi riti religiosi e civili, alla presenza delle autorità della provincia e della città, di numeroso popolo e di tutta la cristianità, e dal cuore di tutti colla gioia più viva si elevava pure l’inno della riconoscenza al Signore, che ci ha permesso di condurre a termine quest’opera. Alcuni anni fa, vedendo gli umili inizi dell’opera, prevedendo le difficoltà ed incertezze del momento sembrava un sogno la realizzazione. Si pensò anche ad una débacle, data la crisi mondiale, si pensò proprio ad un’impossibilità, dato il momento delicatissimo del problema cattolico in Giappone. Ma mi risuonavano al cuore le forti parole di Ozanam: “Dobbiamo fare ciò che è più gradito a Dio, cioè quello che faceva Nostro Signore Gesù Cristo, quando predicava il Vangelo: andiamo ai poveri”. Furono sempre nostra guida i ricordi del nostro Don Bosco ai missionari: “Prendete cura speciale degli ammalati, dei fanciulli, dei vecchi e dei poveri, e guadagnerete la benedizione di Dio e la benevolenza degli uomini”. Le parole ammonitrici del Padre le vediamo oggi pienamente attuate anche in questa realtà consolante.

D’altra parte ogni opera di beneficenza per essere davvero utile ai poveri dovendo anche essere di moralizzazione e di cristianizzazione è da considerarsi proprio come opera di vero apostolato missionario. Non potevo stare dunque in dubbio – e diedi il via – anime sante giapponesi compresero e coadiuvarono – anime di zelanti missionari si votarono all’opera – benefattori di ogni calibro corrisposero – fortunatamente lo spirito giapponese entra perfettamente nell’ordine delle idee organizzatrici di opere assistenziali – leggi speciali le favoriscono – ed il Giappone presenta istituzioni perfette in questo genere.

La volontà di Dio e questo favorevole stato di condizioni condusse alla realtà.


        1. Un’area di 6000 mq in amenissima posizione nota col nome popolare di montagna primaverile tra campi verdeggianti e boschi di pini, a pochi minuti dalla stazione centrale e dalla città.

        2. Gli edifici pieni di luce e aria, bellamente incastonati tra giardinetti e cespugli, coprono un’area di 1500 mq. Son divisi in padiglioni diversi – reparto vecchi, uomini e donne – reparto orfanotrofio – reparto sala custodia o asilo (per interni ed esterni) – più tutti i locali riservati al personale, e quelli necessari allo svolgersi della vita materiale e del lavoro. Non manca la sala di riunione per manifestazioni religiose, civili e per divertimenti… Nel centro della costruzione domina la Chiesa, dall’alto della quale la statua del S. Cuore (di fattura giapponese) domina benedicente il Suo istituto, ed una sonora campana coll’Angelus saluta la Vergine Santa, grida ammonitrice: “Qui si lavora a santificare con la considerazione di Gesù Cristo, sofferente nella persona dei più piccoli suoi fratelli”. E tale spirito informatore fu ben compreso, voluto e realizzato dall’anima di tutto questo movimento santo, il nostro Don Cavoli, e dal suo più fedele interprete Don Liviabella. I soci delle conferenze di San Vincenzo, che furono i dissodatori di questo terreno fecondo di carità, si ispirano a queste direttive. Le Figlie della carità, giovani giapponesi, che hanno consacrato generosamente la loro vita per quest’opera di bene, vengono formate a questa massima. I buoni vecchietti e gli orfanelli colla preghiera quotidiana risentono gli effetti di questa effusione di carità cristiana. Le autorità ed il buon popolo pagano, che ora constatano la realtà dello sforzo compiuto, ammirano ed entrano esse pure nella sfera di tale azione caritatevole. Ed infatti come le annunziai, l’opera ha l’approvazione legale dello Stato, base essenziale per poter lavorare in questo paese; ha il consenso e l’appoggio delle autorità locali – base essa pure importante per il futuro dell’Opera; ha l’appoggio delle Conferenze di S. Vincenzo e di una pleiade di anime caritatevoli, e colla base indispensabile dell’aiuto di Dio, che come non mancò mai finora, non mancherà neppur in seguito, si può essere tranquilli anche per l’avvenire.

        3. Come si svolge la giornata all’Ospizio? L’Ospizio è basato nel suo ordinamento sullo spirito informatore delle Opere di Don Bosco: pietà, moralità, lavoro, spirito di famiglia, giocondità. La campana dà il segnale della levata. Si sentono voci argentine di fanciulli che danno dalle camerate il primo saluto a Gesù – vagiti di bimbi – qua e là per i corridoi profili di vecchi che si avviano alla chiesa – nella cucina le incaricate hanno già acceso il fuoco – e per tutto l’edificio le figlie della carità si prodigano a che quanti possono siano presenti alla prima adunata generale, che avviene in chiesa, davanti al Padrone di casa. L’Ospizio è veramente la casa della preghiera. Nella cappella si radunano varie volte al giorno i vecchi, i bambini, le giovani della conferenza di S. Vincenzo per assistervi alla Santa Messa, per le preghiere del mattino e della sera, per la recita del S. Rosario, o per la meditazione, per la lettura spirituale, per conferenze ascetiche. Si può anche dire che la chiesuola non è mai deserta, perché [al] giorno si succedono con gara spontanea, vecchi e giovani a pregare. Il momento più commovente è, senza confronti, quello della Comunione che ogni giorno si può dire generale. I bimbi si accostano all’altare a mani giunte e gli occhi bassi da sembrare angioletti; i vecchi colla corona appesa al collo, si trascinano lenti sotto il peso degli anni; le giovani alla loro volta, col libro delle preghiere in mano e, spesso, con un pupo in braccio che biascica un biscotto. Agli infermi, Gesù viene portato nelle loro stanzette. Fede, semplicità, carezze di angioli è intorno a Gesù che ognuno loda come sa e può. Ogni mese si fanno speciali funzioni: il primo Venerdì del mese in onore del S. Cuore di Gesù; il 24 in onore di Maria Aus.; la pia pratica dell’esercizio della buona morte; la prima domenica di ogni mese si celebra la S. Messa per tutti i benefattori dell’Ospizio. Tutto ciò è tanto più meraviglioso e consolante allorché si pensi che buona parte di quei vecchi fino a poco tempo fa erano pagani, e tutti i fanciulli ricevettero il Battesimo in grazia di quest’Opera di carità, e pregano riconoscenti per i loro benefattori. Ai ricoverati pagani si lascia piena libertà, ma è consolante vedere il loro progressivo avvicinamento al Signore, e finora furono tutti conquistati dalla grazia. I ricoverati all’uscita della chiesa, tutti i ragazzetti in bella schiera e con grazioso inchino danno il buongiorno al sacerdote e a quelle che si chiamano (poveri figliuoli!) col dolce [nome] di mamma e di sorelle, mentre i buoni vecchi si scambiano con profondi inchini i saluti mattutini di uso. Ed eccoli dopo poco nei refettori prendere in comune il loro pasto. Le solerti figliuole della carità ai più piccini preparano la buona pappa di riso e latte… Ai più deboli anche l’uovo… E mangiano tutti… e come… Lo dice chiaro il conto mensile. Cibo alla giapponese – riso, verdura, pesce, e ai pasti principali e a merenda anche altro. I vecchietti e le vecchiette intrecciano tra una boccata e l’altra, tra un sorso e l’altro del caldo thé, briosi discorsetti, moti arguti che finiscono in risatine sonore. Intanto i più grandicelli hanno preparato la borsa di studio – le assistenti hanno verificato che tutto sia in ordine – le cuoche hanno preparato per tutti il bento (scatoletta contenente il pranzo) e dopo aver udito brevi consigli esortativi dalla mamma, si avviano ordinati e assistiti alla vicina scuola comunale. Nella sala-custodia dell’asilo intanto si radunano gli altri piccoletti del vicinato, e si inizia anche per loro l’orario scolastico. Intanto le incaricate si prodigano per la pulizia della casa, per la cura degli ammalati, per il bucato, mentre i vecchi abili al lavoro si spargono qua e là, chi a spaccar legna, chi a coltivare ortaggi e fiori, chi a intessere corda – altri nelle camerette leggono o vicino al piccolo focolare giapponese fra gioconde conversazioni alternate da folate di fumo della minuscola pipa parlano delle notizie del giorno e rimembrano le antiche gesta… Così si alternano le preghiere, il lavoro, i pasti, le ricreazioni in questa casa di carità. Verso le 4 pomer. al ritorno dalla scuola, gli studenti sono assistiti ed aiutati nell’adempimento dei loro lavori, nello studio della religione. Conferenze settimanali pure si fanno per l’istruzione religiosa dei vecchi, delle Figlie della carità, e al sabato tutta la famiglia si raduna nella sala dei divertimenti per il trattenimento familiare di vario genere. Verso le 9 di sera, dopo il saluto a Gesù colla buonanotte tutto e tutti rientrano nella calma del riposo notturno. Nelle linee generali così viene snodandosi la vita del nostro Ospizio.

        4. È bello pensare oggi al piccolo gruppo di Consorelle della Conferenza Femminile di San Vincenzo de’ Paoli che iniziò la visita ai poveri della città cinque anni fa. Ed ogni settimana portò con l’obolo della carità, anche una buona parola di conforto, un raggio di speranza cristiana. Ed a poco a poco cominciarono a fiorire le prime conversioni e furono amministrati i primi battesimi. La carità cristiana aveva trionfato. Gli amici d’Italia ci fornirono i primi mezzi necessari, che ci misero nella felice condizione di iniziare i lavori. Il 18 dicembre 1932 fu inaugurata la prima parte dell’Ospizio con gran giubilo di tutti. Il 10 Gennaio 1933 entrarono i primi vecchietti fra i quali due sposini… di 81 anni suonati. Quanti sono ora i ricoverati? Un centinaio. È fra tutte una ben consolante realtà. L’inno di grazie dunque a Dio, l’inno di riconoscenza ai benefattori.


Ed ora al lavoro per l’inizio delle opere naturalmente concatenate con questa, perché presto i piccini diventeranno grandi e non potranno sempre rimanere all’Ospizio. Non c’è nulla da temere se Lei amato Padre ci benedice, se prega e se dice ai benefattori una parolina a nome del


Suo aff.mo

Don V. Cimatti, sales.



1 Manoscritto R. M. 715, inedito.