Cimatti|Rinaldi Filippo|1929-1-10

424 /Rinaldi Filippo / 1929-1-10 /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 10 gennaio 1929

Mio amatissimo babbo,


Il lavoro di fine d’anno, le nessune notizie e relative apprensioni per i confratelli che dovevano arrivare, ed ora anche un po’ di apprensione per i mezzi (come sono di poca fede!) perché gli arrivati portarono poco più di un migliaio di Yen (che, e per gli impegni che abbiamo e per la cresciuta famiglia, sfumano e che mi obbligarono a pregare i Superiori per telegramma a venirci in aiuto…) mi fecero ritardare la solita corrispondenza.

Mi permetta che le apra al solito l’animo mio.


  1. Sono giunti i confratelli e di buon animo si sono messi al rispettivo lavoro. I due preti a Miyazaki, il coadiutore a Oita.1

  2. Si rimase un po’ tutti male (forse le lettere si perdettero) perché non si ebbe notizia – il nome del coadiutore si seppe allo sbarco – quello di Don Lucioni dal babbo di Don Liviabella – di Don Escursell dalla posta. Di loro non ho ricevuto né essi hanno portato con sé qualsiasi dato sugli studi, bisogni speciali, ecc. ecc., tutte cose che faciliterebbero subito il lavoro per essi e per la missione, non le pare? Hanno fatto il loro rendiconto… ma Lei sa bene…


Don Escursell per gli studi è a posto ed ora inizierà il quinquennio; richiedo di nuovo il programma, perché forse anche questi si saranno smarriti, avendoli da tempo richiesti.

Don Lucioni sperava andare in Colombia, dice di essere di dura cervice, sofista e talora strano – ha patito disturbi gastrici. Non ha finito la teologia (non ho i dati), ha da dare gli esami di confessione, ecc.

Il coad. Maccario verrà a Miyazaki per esercitarsi un po’ in cucina, perché…

Le ho voluto dire questo perché ho la convinzione che i Superiori hanno piacere di essere al corrente delle cose… non sempre conoscono le reali condizioni dei confratelli… e perché ho la convinzione che questo sia il mio dovere.

Non pensi neppure che abbia l’intenzione di lamentarmi; sarei ridicolo, anzi ringrazio, è solo a scarico di coscienza.

D. Escursell dice: “a Torino, per mala interpretazione ci hanno lasciati partire quasi senza soldi”. Don Ricaldone disse che il capo-spedizione (Don Guarona) s’incaricava di tutto ed una volta partiti Don Guarona disse che non aveva neppure un soldo per il Giappone. Scrisse al riguardo a Don Pellegrini.

Con Don Piacenza e Don Tanguy si era sperato di metterci un po’ a posto per la contabilità e lavorare un po’ sul sodo anche in questa parte – ma la completa asciutta fa andare in aria tutto. Comprendo le difficoltà dell’ora, ma non è possibile il lavoro missionario in prima linea (come il Santo Padre dice essere di noi) se dobbiamo essere in apprensione per le munizioni. Ben vengano lo studio e le deliberazioni capitolari, ma intanto veda di venirci in aiuto perché oggi come oggi non ho certo i soldi per il viaggio e bisogna pure che almeno i confratelli abbiano il fabbisogno almeno per tre o quattro mesi, se no come possiamo fare?

c) Ed ora un po’ di rendiconto personale:

Salute: ottima grazie a Dio. Studio e lavoro: al solito, finché la missione è impiantata il capo o chi per esso non può avere calma di lavoro apostolico, dovendo pensare a mantenere vivo il pensiero, la preghiera e cercare i mezzi per la missione.

Pratiche di pietà: tutte e in comune – colle solite difficoltà di distrazioni quando devo farle da me. Frequenza regolare ai Sacramenti.

Regole e Ss. Voti: Lei conosce le mie difficoltà – nulla di speciale.

Adempimento dei doveri: ringrazio il Signore che mi apre ogni giorno più gli occhi sulle mie miserie, inettitudini, riconosciute da tutti e per me fonti di esercizio di umiltà, pazienza e mortificazione.

Le mie relazioni coi confratelli: di tanto in tanto le osservazioni di Don Antonio giuste, ma a cui non so sempre porre rimedio. Egli dice che ha scritto a Lei e non ha ottenuta risposta soddisfacente. Mi prega di scriverne a Lei e dirle le cose come sono. Con me, dice, non va d’accordo. Guaschino non soddisfacendo alle esigenze della casa non dovrebbe esserci. Gli ho annunciato che dovevo venire al Capitolo, proponendo e domandando pareri e soluzioni. Parla di voler tornare, ecc. Insomma (sia pure che Don Cavoli tutto ciò dice in momenti di esasperazione) Don Cimatti non sa cosa fare. Per me sono stato educato così come sono – ma non ho mai preteso, né voluto fare il Superiore (sia pur desiderandolo), e quando l’ho dovuto fare non me ne sono accorto, perché i sudditi erano migliori di me – e quindi mi dica Lei come fare.

Come vede Don Cavoli insiste per il bene dell’anima sua – non va d’accordo – la causa di tutto è il sottoscritto, quindi, babbo mio, veda che begli imbrogli. Sono momenti terribili a cui succede poi la bonaccia, che per un nonnulla può rompersi, perché Don Cimatti sa dare mille buoni consigli, ma non sa esigere anche quando dovrebbe… Paura? Inesperienza? Siamo all’a, b, c della perfezione: altro che essere santi… Beh! mi aiuti.

Don Cavoli si è rimesso allo studio del giapponese – è attivo, zelante e vede bene molte cose – vuole realizzarle e nel modo di volerle è certo che va diritto, non guardando troppo alle persone che devono coadiuvare per giungervi: da ciò alle volte scatti, che in definitiva mettono a posto molte cose…

Il lavoro procede, ma bisognerebbe non aver la testa in tutte queste preoccupazioni materiali e morali, per rassodare, concretare e chiarire. Scrivo al Sig. Don Ricaldone per alcune cose, persuaso che comunicherà. Ed ora grazie al Signore di avermi aiutato a condurre a fine quanto avevo in animo, e scusi la forma, e benedica questo (ne sono più persuaso) il più bisognoso suo figlio:

Don V. Cimatti, sales.


1Sono Don Don Escursel, Don Lucioni e il Coadiutore Maccario.