Cimatti|Marella Paolo /1944-4-17

3092 / Marella Paolo / 1944-4-17 /


a S.E. Mons. Paolo Marella, Delegato Apostolico



Tokyo, 17 aprile 1944

Eccellenza Reverendissima1,


Come da intesa ecco il riassunto della vertenza dei Salesiani di D. Bosco col Rev.mo Amministratore Apostolico di Miyazaki Mons. Ideguchi. È una semplice informazione che mi onoro di presentare all’E. V. e che potrà servire a V. E. qualora sentisse altre campane parlare sull’argomento.

Non intendo di riassumere gli apprezzamenti che il Rev.mo Amm. Apost. (purtroppo in questo seguito anche da P. Shichida e P. Kawaguchi) fece del nostro modesto lavoro e come missionari e come Salesiani e perché stranieri.

Furono manifestati in discorsi tenuti in nostra presenza e delle nostre comunità presenti gli allievi per feste o riunioni familiari – specialmente (e per questo è per noi più doloroso) tenuti in chiesa alle cristianità: ci sarebbe materia più che sufficiente per citarli in qualsiasi tribunale civile, religioso ed ecclesiastico.

Non parlo delle lunghe e laboriose pratiche per indurlo a concedere l’approvazione del Shudoin (= casa religiosa) di Miyazaki cui avevamo diritto, secondo il regolamento dell’Associazione Catt. (= Kyodan), nè degli imperiosi comandi per la rinuncia del “riji” (= membro consiglio amministrazione) del Shadan (ente morale).

Non parlo del contegno crudele tenuto verso di noi in occasione del doloroso incidente, che condusse al nostro internamento…

Riassumo solo le fasi della questione dell’edificio del Seminario, che si concluse col fatto il più doloroso esperimentato in 20 anni di lavoro nel nostro caro Giappone, cioè la sospensione dei sacerdoti addetti al Seminario.

La Prov. di Miyazaki delega l’Ammins. Apost. per sapere se i salesiani sarebbero disposti a cedere il locale adibito a Seminario. Si risponde all’Amm. Apost. che non vi è per parte nostra nessuna difficoltà, naturalmente si manifestano alcune proposte destinate ad assicurare la proprietà e la nostra vita – l’Amm. Apost. domanda che gli si lasci carta bianca, ma non vuole manifestare a noi quali siano le proposte che Egli presenterà alla Provincia.

Allora noi preghiamo l’Amm. Apost. a manifestare alla Provincia le nostre proposte, o lasci che noi trattiamo direttamente con la Provincia (tanto più che a noi constava che il mandato affidato all’Ammin. Apost. era quello solo di sapere se i salesiani erano disposti ad entrare in trattative per la cessione dell’edificio).

A voce e per iscritto si insistette coll’Ammin. Ap. sempre nello stesso senso: stesse tranquillo che avremmo trattato noi i particolari direttamente colle autorità. Non è improbabile che l’A. A. senza sentire noi, si fosse impegnato colle Autorità e che ora non credesse decoroso dare indietro.

Ma dal contesto di tutta la questione, e dal modo con cui l’Am. Ap. lavorò nel tempo dell’internamento (durato per i suoi intendimenti troppo brevemente) era troppo chiaro che voleva disfarsi di noi, mettendoci o in condizioni di non poter vivere o in luoghi dove non ci sarebbe stato permesso di fermarci lungo tempo.

Ordinai quindi ai miei che entrassero direttamente in trattativa.

Mentre queste si svolgevano in pieno accordo colle Autorità, l’Am. Ap. propone di andare a Totoro, abbandonando tutte le cose nostre… Conosciamo quel posto, in riva al mare… Non ci sono i mezzi per la vita… e ci avrebbero subito fatto andar via. I confratelli fecero note le disposizioni avute dal Superiore e quanto si stava trattando colle autorità. La conseguenza fu la pena della sospensione per un anno per tutti i sacerdoti della casa… e benché nulla negli effetti (così crediamo tutti fermamente) la pena pesa tuttora come macchia su quella famiglia salesiana, colpevole solo di aver ubbidito al Superiore, che, se fosse stato necessario, avrebbe dovuto essere il solo colpito.

Intanto le autorità sono venute più che ragionevolmente, con vera carità, incontro alla nostra richiesta. Ripetutamente ho scongiurato il Rev.mo Am. Ap. (e in occasione della festa di D. Bosco, e in occasione delle feste pasquali, ecc.) a che volesse degnarsi di togliere questa onta che pesa tuttora su quei miei confratelli.

Non ho avuto il piacere di ottenere risposta.

Che farci? Se V. E. consiglia essere meglio non parlarne – non ne parlerò, ma voglia l’E.V. usare di questa come meglio crede per la gloria di Dio e per il bene.

Ci benedica tutti ed in modo speciale chi ha l’onore di professarsi

obbedientissimo servo


Sac. Vincenzo Cimatti, sales.

Sup. Sales. in Giappone.




1 Questi scritti dattiloscritti, senza firma, ma certamente stilati da Mons. Cimatti – qua e là ci sono le correzioni di sua mano – sono riportati come inviati a Mons. Costantini, Segretario di Propaganda Fide; devono invece essere stati indirizzati a Mons. Marella, Delegato Apost. – una ragione che lo fa pensare sono le parole giapponesi che si incontrano qua e là – comunque non ne venne trovata copia fra gli scritti conservati alla allora Delegaz. Apost. Quello che qui si riporta proviene da una copia conservata all’ACS.