Cimatti|Rinaldi Filippo / 1928-6-9

358 /Rinaldi Filippo / 1928-6-9 /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



9 giugno 1928

Mio amatissimo babbo,


Il giro artistico di cui le avevo scritto e che con l’aiuto e con le preghiere dei buoni è riuscito bene assai, mi ha arrestato il turno postale. Sono in ritardo e non giungerà certo la mia povera voce in tempo per esprimere per S. Giovanni al nostro Don Bosco vivente la piena degli affetti, la riconoscenza, le preghiere. Lei comprende però che siamo tutti a Lei presenti e che non siamo secondi ad altri nell’affetto alla Congregazione.

Ho molte cose da dire e prima di tutto il rendiconto mensile. Ho fatto da me l’e. b. m. ed ho dimenticato la meditazione della sera precedente. Salute: ottima. Il giro musicale mi ha ringiovanito. Studio e lavoro: ce n’è ed il Signore sa che cosa ci sarebbe bisogno per compierlo tutto. Lingua, sostenere le opere iniziate, spingere il lavoro fra i pagani, sostenere la fede tra i cristiani. Ho una cristianità di 50 persone a Tano e non ho modo di costruire una cappelletta, nè inviare un servizio regolare e allora indeboliscono, ed altre cose. È consolante la notizia dell’invio di rinforzi. Ma che verranno utilizzabili… Ad ogni modo Deus providebit, vero? Mi destreggio e barcameno per far tutto e bene, ma purtroppo non riesco a tutto.

Pietà: in comune mi pare regolare. Insisto, ma anche qui le solite miserie, distrazioni, freddezze… Oh! mi aiuti il Signore e la Mamma.

Osservanza delle regole e i voti: mi pare nulla di importante. Ho bisogno di essere più vigilante sui sensi: occhi, fantasia lavorano e vanno sempre a finire (sia pure grazie a Dio, involontariamente) nel fango o nelle stupidaggini. Nulla di speciale però. Come pure per ciò che riguarda il disimpegno dei miei doveri, non so fare il superiore, né so ottenere dagli altri. Lei mi ha fatto una graditissima paternale (e me ne facesse sovente!) che però non cambia di un ette la questione che ripetutamente sento in coscienza di dover porre, ed è solo per questo che la pongo. Che vuole? Non so che cosa abbia al fondo dell’anima… un quid di rivoluzionario romagnolo… Amo quelli che lavorano nei ranghi inferiori… Compatisco quelli che debbono per necessità di cose essere nei ranghi superiori, ed il solo pensiero di esserci (se da un lato può sollecitare la mia superbia) la realtà di fatto non la posso vedere, mi è così cordialmente antipatica che non posso fare a meno di protestare, di brontolare se vuole…

Il superiore per me è l’uomo più infelice del mondo, e perchè dovrebbe proprio essere Don Cimatti questo tale?

L’altra questione ad esempio del monsignorato od altri bardamenti simili, che (mi lasci dire anche a rischio di dirle grosse!) per me sono vere commedie (oh, perché il suo S. Patrono quando gli portarono il cappello, fece quello che fece?)… e Lei immaginerebbe Don Bosco, Don Rua… coi fiocchi o colle fasce colorate? No, no… non è possibile!) idem. Coll’aggravarsi che un cotale in queste condizioni è già con un piede fuori della Congregazione… pur essendo autorizzato – dovendo ubbidire al Papa – … Bel costrutto! Lei mi parla di fede, di portare le croci… Ma certo e a questione finita (a meno di volere fare dei colpi di testa che si sarebbe in diritto di fare… gli esempi li hanno dati per primi i santi… molti dei quali si sono straffolati di queste miserie.

Don Cimatti, può essere, riesca a fare quanto gli dicono, ma avendo nell’anima chiaro, chiarissimo quanto sopra, coll’intima persuasione della sua incapacità, colla persuasione che gli si è dato un calcio per buttarlo ai confini (pur sentendo di meritare di peggio), mi dica lei che ha cuore di padre, con quale animo può lavorare un figlio.

Don Cimatti, per il bene dell’anima sua, ha bisogno di ben altro. Sento Lei che mi ripeterà: “Hai bisogno di fare l’obbedienza e basta!”. E così sia, ma è mio stretto dovere insistere e finché il Signore mi darà vita insisterò, essendo questa fermissima e chiarissima realtà. Comprendo che non dovrei dare a Lei (che già tanti grattacapi ha per la testa) anche questo pensiero, ma, non posso fare a meno.

Osservanza dei voti. Per l’obbedienza (salvo il precedente, che non ritengo per nulla contrario all’obbedienza) e per la castità nulla di speciale. Per la povertà (anche questo è collegato con quanto sopra), non so amministrare, chiaro? L’animo mio è così fatto (e d’altra parte non ho esperienza passata) che quando ho dei soldi, a chi ne ha bisogno ne do e mi trovo sempre a mani vuote.

Ora ad es. ho bisogno urgente che Lei mi venga in aiuto, se no, non so come fare. Sono diminuite le piccole risorse di Ss. Messe e altre forme – ho dovuto anticipare per i lavori del Cimitero qualche somma che rientrerà gradualmente e colle quote mensili dei cristiani, ma intanto la somma non c’è. Come ho già detto al Sig. Don Ricaldone, c’è bisogno di un amministratore, come avrei bisogno di uno che mi stesse dietro per l’aspetto della persona.

Questa dei soldi è per me la spina più forte. E anche in questo mi permetta che le apra l’animo mio. Di poverissima famiglia, non abituato a grandi cose, ho sempre sognato per me la vita primitiva dei tempi eroici dell’oratorio. Il Signore mi dà salute e non sento il bisogno di riguardi speciali. Nel fondo del mio cuore c’è stata sempre una lotta; ho sempre capito molto poco ad es. nei cibi, negli edifici, ecc. fino a che punto debba arrivare lo spirito di povertà nostra. Penso agli edifici dell’Oratorio, della Crocetta… alle relative comodità, ecc. ecc. e paragono a Don Bosco… Certo bisogna pensare alle leggi, alle esigenze delle famiglie, ecc. ma… ci capisco poco. Come superiore non so quindi valutare fino a che punto… a me personalmente basterebbe così poco!…

Ma i confratelli, che quasi tutti, per non dir tutti, sono deboli, mi obbligano al trattamento su cui tanto insiste Don Bosco… Lei mi dirà: “Osserva i regolamenti – fa eseguire quanto è approvato dai superiori quanto agli edifici – sta al trattamento del regolamento…”. Certo, e mi propongo di eseguire mordicus, ma Lei sa meglio di me, che il disegno sulla carta è ben diverso dalla realtà. E per me ho sempre paura… anche perché non me ne intendo né capisco.

Giacché sono in tema di povertà, occorrerà, come scrissi al Sig. Don Ricaldone, iniziare le pratiche sulle proprietà. Le unisco dei formulari (diocesi di Tokyo e di Sapporo) per dare un’idea di queste Società di proprietà tra missionari approvate dallo Stato.

Carità fraterna e inconvenienti: mi pare di essere in pieno accordo con tutti e per ora nulla di notevole da segnalare.

Per i confratelli…1

Novità?! Ne parlo un po’ in lungo negli articoli uniti per il Boll. Sales. I concerti mi fecero fare preziose conoscenze, mi fecero vedere il lavoro ideale dei missionari (bello, ma lentissimo per mancanza di missionari e di mezzi), mi fecero vedere i grandiosi istituti delle Suore di S. Maur[o], delle Dame del Sacro Cuore, dei Marianisti. Lavorano per le classi elevate, hanno migliaia di allievi che rendono loro profitti materiali immensi – spirituali diretti forse esigui; indiretti: moltissimi. Hanno edifici di 500 mila, un milione di Yen, senza contare il terreno che nei grandi centri è di 100-200-400-5000 yen allo tsubo (1,80 x 1,80).

Le organizzazioni cattoliche son molto forti, ma senza un lavoro cattolico organizzato. Ogni missione fa da sé. Nella diocesi di Osaka, c’è maggior coordinazione e fraternità di lavoro.

I salesiani sono attesi, desiderati, voluti. Molti dei padri francesi un po’ anziani ricordano Don Bosco nell’ultimo viaggio a Parigi – tutti conoscono (benché non profondamente) l’opera nostra.

Sarà utile (col permesso dei Vescovi) far inviare il Bollet. Salesiano? Sto facendo tradurre il Regolamento dei cooperatori, bisognerà pure iniziare anche qui.

In preparazione della Beatificazione di Don Bosco (secondo le intese col Sig. Don Ricaldone) si sta traducendo una vita più grossa del nostro Don Bosco che ho desunto alla lettera dalle vite finora uscite. La traduzione viene a costare un 300-400 Yen (e a bocce ferme, il Delegato ci pensa a pagarle avendomi fatto scrivere che non mi disturbi ad anticipare). Il gruppo giovani di Tokyo è disposto a farla stampare a sue spese: naturalmente la proprietà rimarrà sua. Quid? Certo non ho soldi per farla stampare a nostre spese. È già pronta la traduzione di Savio Domenico di Don Bosco che tanto bene farà; ma finché non ho mezzi… ho scritto a destra e sinistra alle associazioni e se rispondono, spero per quest’anno di farla fuori… Ci vogliono almeno 5000 lire. Ho iniziato anche il foglietto “Don Bosco”2 per ora vincolo di unione fra i cristiani di Miyazaki e Oita. Ce n’è tanti dispersi qua e là e purtroppo non siamo in grado di inviare almeno una volta al mese il conforto della buona parola di persona… almeno vi giunga per scritto. Come lo sosterrò, non so ancora, ma era necessario… Ah, povere anime cristiane in mezzo al marcio pagano e isolate!…

Prego per il buon esito della crociata missionaria e con me tutti i confratelli. Francamente siamo stati un po’ delusi. Don Cimatti per il primo. È per il bene comune e certo i Superiori penseranno, ma se abbiamo capito la crociata è destinata alla formazione di quelli che in un tempo molto futuro verranno a rinforzare le file. Noi avevamo compreso che fosse per sovvenire alle urgenti necessità nostre, Estremo Oriente, per la formazione del clero indigeno, di ottimi insegnanti maschi e femmine per le scuole (oh, il marcio purulentissimo della scuola media e superiore giapponese!) per sussidiare gli studenti cristiani poveri fino al midollo, per i catechisti, per le cappelle (oh, trovassi chi desse £ 15.000 per la costruzione d’una chiesa per 100 persone!)… e via dicendo. Forse sarà così, ma non è chiaro. Noi ne siamo contentissimi perché in definitiva è per il bene… ma, mi consta che anche in Italia a vari confratelli nostri ha fatto la stessa impressione. Lei mi dirà: “Tu non vedi che il Giappone!…”. Oh, buon Padre (e non le nascondo che mentre scrivo ho le lacrime agli occhi) è naturale! Ma se Lei vedesse lo scempio di queste povere anime che vogliono essere le prime nella civiltà (e da molti punti di vista lo sono) e sono (per me) al livello della barbarie – se Lei vedesse per 80 milioni di anime ducento missionari, di cui un terzo impotente al lavoro – se Lei vedesse che dopo 40 anni di lavoro di alcuni missionari contano pochissime conversioni – se Lei vedesse che cosa bisogna fare per sostenere la fede dei poveri cristiani che risentono ancora del periodo di oppressione delle persecuzioni — oh, buon Padre, il Giappone formerebbe per Lei la pupilla dell’occhio che ha ancora buono, il cuore del suo cuore.

Oh, non c’è regione al mondo che possa star a fronte per l’abbandono missionario con il Giappone. Mistero! I 90 mila cristiani di Nagasaki sono buoni per sé, non sono apostoli: ammassati come branchi di pecore nelle isole, basiscono di fame; quando emigrano se non si sostengono, si chiudono in sé o si fanno pagani.

I giovani e le ragazze per vivere cominciano a emigrare nelle fabbriche e sono perduti. Oh, amato Padre, è realtà veduta e vissuta. Finché dove ci sono i cristiani sparsi non ci sarà la chiesa, il missionario ed opere per i giovani (nei grandi centri) ci illuderemo di convertire il Giappone. Ben altro potrei scrivere e dire sulla povertà della donna… e benedico il momento in cui giungeranno le suore. Non creda abbia voluto fare della retorica: venga e venga in fretta in aiuto al Giappone, che è la chiave di volta dell’Estremo Oriente.

Questa volta minaccio di non finire, ma per il bene dell’anima mia, delle anime nostre, delle anime a noi affidate, mi sono rivolto al Padre, sicuro di essere compreso anche se la forma è involuta e qualche volta irriverente.

So che parlo al Padre buono, che non è su un candelabro talmente elevato che obblighi i figli a stare col collo teso per parlargli.

La progettata visita a Don Garelli (avendomi scritto che riceveva rinforzi) pare vada a monte: scrivo all’Ispettore se può mandarlo per riposare e per farci un po’ di esercizi: sarebbe una vera benedizione.

Ed ora amatis.mo babbo, basta. Lei conosce che quanto ho detto non è complimento e affido questo scritto alla Mamma affinché ne faccia scaturire tutto il massimo bene per l’anima mia e per quelle a me affidate.

Mi permetta un filiale abbraccio accompagnato dalla sua benedizione.

Suo affezionatissimo

don Vincenzo Cimatti


P.S. - I concerti se preparati con buona réclame potrebbero essere fonte anche di entrate; è questione: chi farà la réclame?… perché i missionari, se è per le opere loro, si muoverebbero – per le nostre… Certo che oltre tutto il bene spirituale, valuterei a un 60 mila lire quello che i padri hanno globalmente incassato. Presentarsi a Tokyo o altrove per un’opera del Kyushu è considerato di malocchio nell’isola grande, credo non produrrebbe…

Si può col tempo tentare localmente, ma siamo tra poveri.


1 Nel testo dattiloscritto da Alfonso Crevacore manca il rendiconto circa gli altri componenti della missione.

2 Di quello che qui chiama: foglietto “Don Bosco” uscì il primo numero il 24 maggio 1928. Si tratta di una pubblicazione mensile in formato tabloide di almeno 4 pagine e spesso di 8 e più, che veniva dato o spedito a tutti i cristiani anche dispersi della missione. Dopo la guerra prese il nome di “Seme di senapa” e poi “Vita cattolica” e con questo nome continua ancora adesso come una delle migliori riviste cattoliche. Pensando che erano in Giappone da soli 2 anni, e si trovavano in gravi strettezze economiche, si resta ammirati del loro coraggio. Nel Cimatti Museum di Tokyo abbiamo la raccolta completa degli anni in cui Don Cimatti fu il Superiore fino al 1949. Lui ne stesso scrisse molti articoli.