Cimatti|Ricaldone Pietro / 1941-4-30

2743 / Ricaldone Pietro / 1941-4-30 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Torniamo all’antica… in veste moderna



Miyazaki, 30 aprile 1941

Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,


Dalle mie precedenti relazioni può essere che molti dei nostri cari lettori del Bollettino abbiano pensato: “Ma che cosa avviene in Giappone? Quali piani di riforma si stanno attuando? Quale ne è il movente?”.

E rispondo subito, come del resto ho accennato altre volte, si tratta del rinnovamento di vita della nazione giapponese, del modo di riunire come un solo uomo cento milioni di sudditi, creare il fondamento per un’era di comune prosperità nell’Asia Orientale. I modi proposti sono svariatissimi, ma tutti cooperanti a questo scopo. Penso sia utile riferirne, affinché tutti i nostri fratelli, amici e benefattori, si rendano conto della nostra situazione e ci vengano in aiuto, specie con ardenti preghiere.

Il missionario, e specie il missionario cattolico, non può non essere coinvolto in questo rinnovamento; non può non sentirne gli effetti, non può non vedere con strazio nel cuore l’abbandono o l’incomprensione o la lotta con cui è trattata la verità, che egli predica. Oh sì! Ci aiutino tutti e con forza colla preghiera e con tutti gli altri aiuti spirituali disponibili.

Questo rinnovamento è in gran parte fondato su un ritorno più sentito, più pratico, più efficace a direttive, principi, tradizioni e costumanze antiche, naturalmente coi riattamenti moderni, che ne assicurino l’efficienza in ogni campo, morale e civile, letterario e scientifico, amministrativo ed economico per far fronte alla situazione del momento, e per raggiungere lo scopo indicato.

Non mi è certo possibile in un breve articolo di cronaca, parlare di tutto: d’altra parte è chiaro che dubbi e discussioni sulla nuova struttura si possono pensare: si è in un campo sperimentabile e la pratica dirà tante cose.

Accennerò ad alcuni, che mi sembrano fra i punti più salienti.

Il richiamo cioè più forte al problema delle manifestazioni religiose tradizionali, e ad alcune istituzioni o associazioni che toccano più direttamente la vita domestica quotidiana. Sono notizie certo nuove per la maggior parte dei lettori e serviranno a far conoscere meglio questo paese anche nelle sue relazioni culturali con noi, e a far comprendere meglio l’apostolato missionario per queste anime.

Per le associazioni di base della nuova struttura è caratteristica quella detta dei vicini di casa (tonarigumi) la cui idea ha accompagnato la storia giapponese dai suoi primordi (pur non essendo di origine giapponese, ma cinese) con successivi cambiamenti nei secoli, con lo scopo della mutua sicurezza e della responsabilità collettiva per la condotta morale e politica dei suoi membri. Uno dei più importanti compiti dell’antica associazione era di evitare incendi, ladroneggi [furti/spadroneggi], di essere responsabili dell’esattezza nella denuncia e nel pagamento delle tasse, ecc.; ora sarà di promuovere la cooperazione per le opere di difesa sociale in caso di pericoli o calamità pubbliche, per la provvista di rifornimenti e il controllo dell’equa distribuzione di generi sottoposti a tesseramento; l’aiuto nel lavoro dei campi a quelle famiglie i cui membri sono stati richiamati al servizio militare; a sacrificare parte fissa delle entrate a favore di prestiti per la difesa nazionale, ecc.

L’associazione antica era formata di cinque capi di famiglia (colle rispettive famiglie e servi), ora di dieci, che vengono formando come un organo intermedio fra l’associazione privata e l’organo statale: questo funziona per mezzo delle leggi e regolamenti, e le associazioni dei vicini con suggerimenti, desideri e reclami alle autorità. Non è da meravigliare di queste riviviscenze dell’antico, date le attuali circostanze e necessità: come in antico, si riproducono ora disposizioni circa il mangiare il riso o il prezzo dei menù, circa le limitazioni delle spese nei funerali e matrimoni; circa le proibizioni di vestiti di lusso, l’abuso dei gioielli, capelli e capigliature vistose.

Quanto alle manifestazioni religioso-tradizionali, anche per il fatto della nuova legge delle religioni emanata in Giappone (non ancora applicata su tutta la linea per le religioni che hanno domandato il riconoscimento ufficiale) si è notato da qualche tempo a questa parte un accrescimento e rinnovamento: non solo di edifici, monumenti o altri segni, rimessi a nuovo o costruiti ex novo, ma di tutta l’attività di cui sono rappresentazione: pubblicazioni a stampa, discorsi, pellegrinaggi, feste e cerimonie, propaganda all’interno e all’estero, e chi più ne ha più ne metta. Per dire di alcune che cadono in aprile ad es., bisogna vedere lo splendore con cui si è celebrato alla capitale la festa dei fiori per commemorare l’anniversario della nascita di Buddha. Hanno partecipato al solenne classico corteo numerosissimo popolo e gli elementi ufficiali di tutte le feste buddiste riunite e dei bonzi e studenti delle scuole e università buddiste. Sessanta bonzi, rivestiti di ampi e sgargianti paludamenti in rappresentanza di tutte le sette buddistiche del Giappone; 30-40 fanciulli e fanciulle, scelti fra le famiglie di elevata condizione, vestiti di ricchissimi costumi antichi decorano il corteo, che si snoda per le vie principali della capitale fino al grande stadio Hibiya, ove si tiene la commemorazione. I bonzi attorniano un fiorito palanchino che porta la statua di Buddha bambino, antiche sutra, ritmate su caratteristiche elevazioni di voci, seguite da profondi mormorii, seminando nel frattempo in ogni direzione ritagli di carta colorata, simulanti i petali di fiori di loto. Si susseguono coreografie e canti speciali d’occasione, e la funzione finale.

Si prepara per l’occasione un tè dolce speciale; si distribuisce ai fedeli, che lo portano a casa, dopo averne versato un po’ sulla testa di Buddha. Chi può numerare le persone adunate per la funzione di Tokyo? E così in ogni parte del Giappone. Quando si pensa ai milioni di anime legate a questa credenza, e al men che esiguo numero in proporzione dei seguaci di Gesù, qual senso di stringimento al cuore non si prova? E da quali propositi, tutte le anime buone non devono essere eccitate per l’apostolato?

Altra festa caratteristica e cara al cuore dei giapponesi (ed è ottimo lo scopo che si propone) è la festa dell’equinozio di primavera, destinata a richiamare il ricordo degli antenati e di riconoscerne i benefizi: nella riconoscenza dei benefici si manifesta lo spirito del buddismo; nella venerazione dei trapassati lo spirito dello shintoismo. All’occasione si fanno dolci di riso che sono messi davanti all’altare domestico e si scambiano doni fra parenti e vicini; si fanno visite ai monumenti nazionali e ai cimiteri. La famiglia Imperiale ne dà l’esempio con solenni funzioni a palazzo. Leggo su un giornale per la circostanza: “In questo giorno dobbiamo rendere omaggio e agli antenati della famiglia imperiale e a quelli della nostra famiglia. In questo momento in cui la nazione giapponese ha per compito d’instaurare un nuovo ordine di cose in Asia, è nostro dovere rendere i nostri omaggi anche agli spiriti dei soldati che si sono sacrificati per questo scopo. A questo spirito di sacrificio dobbiamo noi pure assoggettarci nella nostra vita quotidiana. Oggi è l’equinozio di primavera, è il giorno della semina – la semente d’eternità”. Entrino i lettori in questo spirito, relativamente familiare ai giapponesi – pensino al numero, ai mezzi disponibili, al fasto di queste manifestazioni secolari, che oggi più che mai si ribadiscono, e ripeto: “preghiamo e lavoriamo tutti per queste anime!”.

Ed ecco un’altra grande manifestazione avvenuta dal 23 al 28 aprile al massimo monumento nazionale di Tokyo ed effettuata dalla stessa Maestà dell’Imperatore, la glorificazione cioè degli spiriti di 14.976 soldati e marinai, che hanno sacrificato la loro vita per la patria.

Si pensi pure a milioni di intervenuti alla funzione ed ai pellegrinaggi indetti per la circostanza.

E concludo: dunque da un lato masse più che imponenti che agiscono sotto l’impulso dell’amore alla famiglia, alla patria, alle tradizioni nazionali non difformi in gran parte dalla legge naturale con manifestazioni circondate di splendore, di fasto, di attrazione, toccanti il sentimento (molla di scatto dell’agire giapponese) e il netto indirizzo delle autorità al rassodamento e riviviscenza di tutto questo stato di cose. Dall’altro lato un complesso di principi, che vogliono santificare, vivificare, dare il fondamento razionale e reale a queste manifestazioni di vita religioso-tradizionale rappresentato dai discendenti dei dodici pescatori di Galilea e dagli insegnamenti di Gesù, via, verità e vita, verso i quali si manifestano posizioni diversissime di spirito e di realtà di vita.

Alcuni (pochissimi paragonati al numero degli abitanti) acconsentono e dicono il generoso: “Sequar te quocunque ieris”. Altri, di fronte al “Deo ignoto” o dicono come il buon milanese dell’aneddoto: “l’em anche nou” e non ne sentono il bisogno; o dicono come quelli dell’Areopago a S. Paolo: “Ti sentiremo un’altra volta”. Altri non se ne curano, hanno ben altre faccende cui attendere. Altri ignorano, altri osteggiano per principio.

Buoni amici, mettetevi nella realtà di questa condizione di fatto in questa terra classica di esperienza dell’apostolato moderno, e concludete di aiutare il povero scrivente, che vi ha sempre domandato “preghiere, preghiere, preghiere per la prosperità spirituale di questo gran popolo”.

Oh, buon Padre, all’inizio del bel mese di Maria accetti i nostri omaggi e l’assicurazione che i suoi figli in Giappone vogliono sempre lavorare, come Don Bosco, guidati e sorretti dalla loro Ausiliatrice, ma non cessi di pregare e far pregare per noi e per tutte le anime a noi affidate.


Suo

Don V. Cimatti, sales.