Cimatti|Ricaldone Pietro /1943-9-24

3028 / Ricaldone Pietro / 1943-9-24 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Un apostolo della stampa e degli ammalati1



Tokyo, 24 settembre 1943

Rev.mo ed amatissimo Sig. Don Ricaldone,


La Provvidenza in questi periodi dolorosi ci viene alternando gioie e dolori. Ormai la guerra ci ha strappato tutti i nostri cari confratelli giapponesi chierici e coadiutori, i seminaristi e gli aspiranti… Il Signore chiama a sé il nostro Don Carlo Arri di anni 31. È una figura di confratello così caratteristica che non posso fare a meno di tentare di far rivivere a nostro conforto e insegnamento, mentre vado raccogliendo materiale per l’interessantissima biografia che è in preparazione.

Il nostro Don Carlo nacque il 2 Agosto 1913 a Sessant d’Asti da Secondo e Manzone Valentina. La famiglia, rinomata in paese per la solida fede, volle procurare una buona educazione cristiana al suo primogenito e l’affidò alle zelantissime suore dell’Asilo di Sessant. Verso le medesime il nostro serbò sempre fino all’ultimo grande ammirazione e riconoscenza. Mons. Arciprete poi, con le sue cure più che amorevoli e paterne, lo guidò nei primi passi della virtù. Frequentò le scuole elementari del paese, distinguendosi sempre per condotta e profitto fra i primi della classe.

Si era nei tempi in cui rifioriva prodigiosamente l’Azione Cattolica Italiana sotto l’impulso potente di S. S. Pio XI, il pontefice dell’Azione Cattolica e delle Missioni. Il padre, volendo fare del figlio non solo un esemplare e fervente cattolico, ma anche un efficace e valente elemento direttivo e di azione, stabilì di dargli una educazione religiosa e letteraria più vasta e completa. A tale scopo affidò il suo Carlino al collegio salesiano di Cuorgnè Canavese (20/10/1923), ove frequentò la quinta elementare. Questo fu il primo contatto che ebbe il nostro Don Arri coi Salesiani di S. Giovanni Bosco.

L’ideale missionario spuntatogli nel cuore leggendo gli annali della Propagazione della fede, distribuiti dallo zelante Arciprete, si venne concretando nell’udire conferenze e nell’avvicinare missionari autentici, reduci dal campo apostolico.

Una visita poi al fiorente istituto missionario Card. Cagliero, vera fucina di apostoli, nella vicina città di Ivrea, determinò la sua vocazione missionaria e il desiderio di entrare in quell’istituto. Durante le vacanze manifestò la decisione al padre, il quale rispose: “Essere missionario è una gran bella cosa, anzi troppo grande da potersi decidere alla tua età. Sarei felice di dare al Signore mio figlio alle missioni, così bisognose di operai evangelici, ma non voglio assolutamente disonore in casa mia. Andare e poi tralasciare, non va bene né per te né per noi. Compirai gli studi ginnasiali e poi vedremo”. E fu così che coll’ottobre del 1924 entrò nel collegio salesiano di Lanzo, ove frequentò lodevolmente le quattro classi ginnasiali, al termine delle quali fece domanda di entrare in noviziato. È caratteristica la sua domanda: “…Conoscendo e comprendendo i grandi vantaggi che potrà trarre l’anima mia da una vera vita religiosa, vissuta sull’esempio e sulle regole del nostro Padre Don Bosco nel sacrificio e nel santo apostolato…”. È alla realizzazione di questo programma che il nostro Don Arri diresse tutta la sua vita, ed il Signore non gli risparmiò i sacrifici, lo mise nelle condizioni di realizzare un efficace apostolato. Fu già durante l’anno di noviziato che fece domanda per le missioni. Emessi i santi voti, con gran giubilo del suo cuore, passò a Valsalice per gli studi filosofici, portando sempre in cuore il desiderio ardente di andare in missione, finché gli giunse l’ordine di prepararsi per la partenza per il Giappone. Chiamava quel giorno l’“Haec dies quam fecit Dominus! Exultemus et laetemur in ea”.

Ne scrisse alla famiglia. Il padre venne a Torino per presenziare alla funzione della partenza. Commosso al sommo, non finiva di ringraziare con molte preghiere il Signore per la grande grazia e per l’onore fatto alla famiglia, scegliendo il primogenito quale missionario salesiano. Nella funzione d’addio, il Rettor Maggiore, Rev.mo Sig. Don Rinaldi, consegnando a tutti i partenti il crocifisso, invitò ognuno a portare la croce fino alla fine della vita, e si degnò di scrivere un ricordo sulle sante Regole di ognuno dei partenti. Su quelle del nostro scrisse: “Con fede ed allegria segui la tua via”. Tutti possiamo attestare che l’una e l’altra esortazione non rimasero vane per Don Arri. Così l’11 Nov. 1930, ricevuta l’ultima benedizione paterna, partì alla volta di Genova. Alla stazione di Asti la mamma venne a salutare per l’ultima volta il giovane figlio diciassettenne, partente per le lontane terre del Giappone. Il padre l’accompagnò fino alla nave, e le sue ultime parole al figlio furono: “Lavora e sii degno dell’abito che porti!”. Arrivò in Giappone il 24 dicembre 1930. Completati gli studi filosofici a Takanabe, nel 1931 fu assegnato alla casa di Nakatsu in qualità di insegnante e assistente in quell’incipiente piccolo Seminario indigeno. Dire dei suoi progressi nella pietà e nello studio è inutile, perché fin dall’inizio si mise con ferrea volontà ad eseguire il programma prefissosi alla sua entrata in noviziato. Diceva: “Missionario vuol dire evangelizzatore: per evangelizzare bisogna essere santi e bisogna parlare, quindi bisogna sapere bene la lingua del paese che bisogna evangelizzare”. Come vi sia riuscito lo sanno tutti. Nel 1933 fu destinato alla casa di Oita come assistente ed insegnante dell’incipiente scuola tipografica salesiana “Don Bosco”. Qui nacque e si sviluppò nel suo cuore quel grande amore per l’apostolato della stampa, che lo tenne attivo fino all’ultimo respiro.

Nel 1934, inviato ad Hong Kong per lo studio della teologia, vi si distinse sempre per pietà e studio. Nell’Agosto 1936 fu improvvisamente colpito dalla malattia, inizio del suo doloroso e lento calvario, terminato la mattina del 21 c.m. Si riuscì a farlo ricoverare subito all’ospedale principale della città, ed in breve poté riaversi, tanto da poter affrontare il viaggio di ritorno in Giappone.

Cominciò allora il suo pellegrinaggio da un sanatorio all’altro con brevi soste nelle case salesiane, fino a quando fu definitivamente assegnato a questa casa.

Il 6 Giugno 1937, col massimo giubilo del suo cuore, poté essere consacrato sacerdote da S. E. Mons. Breton, vescovo di Fukuoka, e si inizia con questa data il suo lavoro incessante, specialmente nelle due forme di apostolato in cui si era venuto specializzando: apostolato ammalati e quello della stampa.

[Manca seguito]


1 Di don Arri Don Cimatti scrisse una breve vita che venne pubblicata nelle Letture Cattoliche.