Cimatti|Rinaldi Filippo / 1928-9-26

381 /Rinaldi Filippo / 1928-9-26 /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



Reverendissimo ed amatissimo Sig. Don Rinaldi, babbo mio buono,


Non voglio finisca la giornata senza farle un po’ di relazione. Chiudiamo oggi la seconda muta degli esercizi: non si spaventi se per nove confratelli si sono fatte due mute. Partiti dal principio di non lasciar in abbandono le residenze e le opere iniziate, si è fatta quella dei Direttori dal 10 al 15 c. m. e quella dei confratelli dal 21 al 26. Predicatore delle istruzioni Don Garelli e delle meditazioni il sottoscritto. Professione perpetua di Merlino: le carte sono a Torino per i motivi che Lei sa – per non lasciare senza voti e perché ero sicuro che tutto andava bene e per non dare motivo a sospetti, per non far parlare o pensare male dei superiori, ho creduto di avere i poteri necessari e quindi ho permesso la professione ed unisco gli atti relativi.

Mi pare che tutto sia andato bene. Ho ricevuto a professione fatta le carte di ritorno e accludo ricevuta e modulo formato da me (perché moduli stampati non li ho). Mi trovo ora a Tokyo per un’adunanza in Arcivescovado dei capi-missione per un’intesa generale ed unione di forze. Ed ora a noi:

Salute: ottima in tutti gli aspetti.

Lavoro: può pensare se manca, specialmente ora in cui tutta la responsabilità è sopra di noi; ci aiutino i Superiori colla preghiera e col consiglio, in tutte le forme.

Finora tiro avanti, ma bisognerà, quando ci vedremo più chiaro, dividere le attribuzioni. Questi sdoppiamenti di poteri in campi disparatissimi possono dare materia per una bella commedia – non credo (almeno colla testa matta di Don Cimatti) per il Giappone. Mettendomi a tavolino posso dire: “Pensa che sei Visitatore!”, ma sorge il pensiero: “Sei superiore della missione indipendente!”. Se viene un confratello: “A chi intendi parlare? Al Visitatore o al Superiore?”. Che bella commedia verrebbe fuori. Per ora ho adottato nei dubbi la formula: “Ama et fac quod vis”… Dopo tutto siamo indipendenti, non le pare?

Diligenza nel fare i doveri: cerco di fare come so e posso nel momento di compierlo: mi ci vorrebbe più zelo, più slancio…

Pratiche di pietà: tutta la comodità – in comune… lavoro per farle meglio che posso. Sacramenti: regolare.

Osservanza delle regole: non mi pare ci siano difficoltà e mi sforzo di eseguirle e farle eseguire. Come Lei sa il comando non è il mio forte.

Carità: optime con tutti. Disordini: per ora, nulla.

Cambio carta perché questa davvero non serve… e pensare che è quella che i giapponesi adoperano nelle grandi feste!…

Come ho fatto gli esercizi? Come ho potuto, dovendoli predicare: mi pare buona confessione… ma il Signore mi ha voluto lasciare nell’aridità, come fa di tanto in tanto… aridità assoluta, direi freddezza con accenni di nausea… Mi merito questo ed altro, ma sono brutti momenti. Constato ognor più la mia sensibilità e superbia – e che certo potevo fare di più in tutto. Ho rinnovato i propositi sulle pratiche di pietà – unione con Dio – maggior senso di responsabilità. Mi aiuti colle preghiere, mio buon papà.

Per gli altri confratelli: bene in tutto. Tutti dimostrano buona volontà e desiderio di lavoro e di bene… Il lavoro cresce: non lascino il Giappone nel dimenticatoio. Partendo De Mattia occorre un confratello per i lavori di casa, se no (dopo aver fatto tanto per toglierci la servitù delle donne) saremo da capo. Non dimentichi qualche aiuto materiale – anche perché non potremo mai metterci sul piede di un bilancio un po’ regolare. Comprendo le difficoltà, ma… Essendo già in ritardo, concludo e domando una benedizione speciale di cui ho urgente bisogno.

Tutto suo povero figlio:

don Vincenzo Cimatti