Cimatti|Ricaldone Pietro / 1933-3-3

067 / Ricaldone Pietro / 1933-3-3 /

a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Takanabe, 3 marzo 1933

Amatissimo Padre,


Esercizio di buona morte.


  1. Salute: sempre bene, grazie a Dio. Qualche disturbo organico (eccessiva sensibilità che mi produce irritazioni nella parte più animale) ed anche in qualche momento difficoltà nell’articolare la parola (lingua spessa, legata). Mi era già capitato tanti anni fa a Valsalice. Quando lo dissi al Dottore si mise a ridere… E ne rido anch’io. Quel che mi turba di più perché accompagnato da tentazioni è il primo disturbo.

Metto in opera per quanto posso i mezzi suggeriti dalle Ss. Regole. Penso sempre (pur essendo molto lontano dall’essere S. Paolo) al suo “stimulus carnis…”. Sia fatta la volontà di Dio. Certo che ho bisogno di somma vigilanza su me e nelle mie relazioni coi confratelli. Mi aiuti colla sua preghiera a Maria A. e a Don Bosco.

  1. Studio e lavoro: ce n’è, ed ho bisogno del primo e per star bene del secondo. Ho bisogno di diligenza nella preparazione delle lezioni, catechismi e prediche – alle volte mi riduco negli ultimi momenti… e non va bene.

  2. Pietà: regolare. Insisto sui punti fissatimi (ora il S. Breviario). Ah, povera testa. Quanto ho bisogno di migliorare!

  3. Osservanza della S. Regola. Ho da vigilare sempre di più. Non mi sembra che ci siano osservazioni speciali né per me, né per gli altri.


Devo vigilare nel maneggio delle cose affidatemi dalla Provvidenza (denaro, cose, ecc.). Per gli altri mi pare non ci siano cose speciali e osservazioni. C’è da insistere assai sulla carità. Si diventa troppo nervosi e allora non sempre parole e modi corrispondono…

Per questo mese non mi sembra di trovare altro di notevole.


Per le case: Tokyo bene – molto lavoro ben iniziato.


Nakatsu: idem, più una pungentissima spina nella persona del povero coad. M.. Per me l’ho sempre ritenuto per nevrastenico (è anche di famiglia) – irritabilissimo e suscettibilissimo, non riesce a moderar se stesso nei modi e nelle parole coi confratelli e specialmente coi giapponesi (e quando è nei suoi momenti, piange, afferra in malo modo e caccia fuori di cucina, ecc.). È per questa suscettibilità nervosa che lo persuasi a non domandare i perpetui. Nell’ultima visita mi espose la sua impossibilità di resistere. Gli dissi: Pregasse, facesse bene il mese di S. Giuseppe e scrivesse a Lei di questa vera difficoltà sua, che non saprei come correggere o attenuare, perché non dipende tutto da lui. Certo che in queste condizioni sta male lui, confratelli e allievi. Posso provare a cambiarlo, ma saremo da capo. E allora?! Ah, quanta responsabilità in quelli che l’hanno ammesso, perché erano cose note. Oh, mio santo Don Ricaldone… E non ho solo questo povero confratello di questo genere e di peggiori lati… Sia fatta la volontà di Dio, ma veda un po’ “quid faciendum”; ci sono dei momenti in cui penso al povero D. M., e non vorrei che capitasse qui qualche catastrofe.


Beppu: nulla di speciale.


Oita: mi pare di averle scritto (certo scrissi al Sig. Don Tirone) del ch. B.. Ha bisogno di studiare a fondo la sua vocazione – è al secondo anno del suo tirocinio – non ha base di regolarità nella sua vita perché non l’ebbe in precedenza – soffre di atonia intestinale e ha dei giorni terribili perché non può occuparsi, e allora la testa lavora. È incerto se in tali condizioni la vita di coadiutore sia per lui preferibile. La proposta mia è che: già anzianotto, gli si faccia fare la teologia a Torino (Crocetta) dove fra quegli abili insegnanti e presso i Superiori possa studiare meglio la vocazione ed essere studiato, e quindi decidere.

Takanabe: grazie a Dio benino tutti. Don Lucioni più calmo, ma sempre lui.

Ho due chierici che… in noviziato o studentato o non furono conosciuti o sufficientemente corretti. Uno… è balbuziente ed in certi giorni è davvero penoso udirlo e vederlo. Mah! Quid dicam? Preghi per noi.


Tano: benino. Miyakonojo idem.


Miyazaki: Don Antonio scatta con relativa frequenza e quindi non vi è sempre quell’affiata- mento… Perfino con Don Liviabella… Che è tutto dire. Ma che vuole, mio buon Padre… I nervi in Giappone sono terribili… Ed il Signore mi ha regalato una schiera non indifferente di tali tipi… Sia fatta la sua volontà. È croce, e per me va bene assai, non meritando altro.


L’altra spina sono le buone Figlie di Maria A. di cui unisco breve relazione. Ho detto loro che col primo Aprile entrino in piena responsabilità della proprietà. Ed anche questo sarà finito. Anche questo bel sogno di utilizzare le Figlie di Maria A. a vantaggio e alle dipendenze della missione, si può dire tramontato; come tante altre cose. Sono contento che è capitato a me molto di quello che successe a San Francesco di Sales, che cioè molte delle cose che aveva in testa di fare in un modo, gli riuscirono in un altro e viceversa. Vogliono in sostanza essere libere. Anche i Vescovi e Superiori di Missione in Giappone (da me interrogati) provarono e provano le stesse nostre difficoltà con le suore. A me piange il cuore perché pensavo le Figlie di Maria A. come noi, alla buona, alla semplice – (certo la preoccupazione della vita è cosa grave per tutti) e non sono riuscito a sapere ciò che desiderano e ciò che vogliono fare.

Salesianamente non mi rimane che stare alla lettera del Sig. Don Albera e a disposizioni dei Superiori per le relazioni nostre con loro.

Ecclesiasticamente applicherò i canoni, come ordinario loro, ed il Signore ci aiuti a salvarci l’anima… Che è meglio che tutte le storie, che fan perdere solo tempo e impediscono il bene.

Mi pare che in questo mese null’altro di notevole ci sia. Mi aiuti, padre buono, in tutte le forme, affinché possa compiere bene il mio dovere, preghi per noi affinchè viva, regni la carità fra noi tutti.

Ossequi cari agli amati superiori. Invii anche a noi il Visitatore straordinario, e preghi preghi preghi per chi la ricorda cotidie.

Suo aff.mo figlio

Don V. Cimatti, sales.