Cimatti|Berruti Pietro / 1932-11-1

1015 /Berruti Pietro / 1932-11-1 /


a Don Pietro Berruti, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



Takanabe, 1 novembre 1932

Al Signor Don P. Berruti


Missione Indipendente di Miyazaki (stato attuale)


La missione come tale fu affidata ai Salesiani di Don Bosco nel 1928. I dati del progressivo sviluppo sono dati dall’accluso specchietto e più in dettaglio presso i dati che hanno i Superiori a Torino.

I Salesiani vi hanno iniziato il loro lavoro sforniti di esperienza e di dati, perché nessuno ci volle istruire e dovemmo formarci a nostre spese l’esperienza. Si dovettero organizzare ex-novo la ricerca dei cristiani, aggiornare i libri parrocchiali. Si prese come principio di fare come avrebbe fatto Don Bosco. Ci siamo dati alla gioventù e abbiamo cercato di fare i parroci per i cristiani.

Le difficoltà proprie dell’apostolato in Giappone sono note. Ve ne sono delle specifiche della nostra missione, costituita inizialmente da immigrazioni di vecchi cristiani (è una razza tutta “sui generis” e difficilissima a lavorare, tanto che ho già pregato i missionari, pur non trascurando i doveri che abbiamo verso di loro che è meglio che si buttino risolutamente dalla parte dei pagani… Perdiamo meno tempo e guadagniamo più anime).

La nostra missione è la più povera tra le più povere e difatti nessuno dei missionari la volle. È lontana dai grandi centri e quindi più tenacemente attaccata alle tradizioni.

I mezzi principali adottati furono:

  1. La propaganda stampa (Don Bosco, foglietti volanti, Grano di senapa e libri di cui già parlai, oltre a dare un forte appoggio alla stampa cattolica locale.

  2. Proiezioni luminose, conferenze e musica.

  3. Oratori quotidiani, settimanali, mensili.


Più tutti i mezzi che sono più specifici del nostro sistema. I risultati ci assicurano che sulla buona strada si è, e molte delle cose di cui vediamo nessun risultato apparente ora, fruttificheranno per l’avvenire.

La questione delle vocazioni fu affrontata fin dagli inizi ed il piccolo seminario, pur non avendo un locale ancora proprio, è fatto compiuto. Sono là raccolti per ora e quelli che probabilmente formeranno il clero indigeno e quelli che si consacreranno a Dio nella vita religiosa.

Per ora proviamo tutti; poi si sceglierà e dividerà. Gli inizi furono disastrosi. I primi tre raccolti quando non avevamo ancora pensato a Nakatsu, due andarono in Paradiso e uno, ammalato, ritornò in famiglia. Siamo al terzo anno e ne abbiamo 25 e al prossimo aprile non so dove metterò i nuovi. Deo gratias.

Le relazioni colle Autorità religiose e civili, seguendo il sistema di Don Bosco, sono ottime, come pure fraternissime quelle fra i colleghi in apostolato.

Il problema più accasciante per noi è la condizione finanziaria in cui siamo piombati per un seguito di circostanze che ripetutamente ho esposto ai Superiori per avere consigli ed aiuti. Sostanzialmente la cosa data da quando venne il nostro Don Torquinst, che ci fu generoso in aiuti per iniziare delle Opere che poi, essendo venuti [a] mancare gli sperati aiuti, ci hanno irretito in un cumulo di debiti, che ora la Missione si sente impotente a pagare, e per cui continuando la cosa per molti anni, ci mette in dolorose condizioni di arresto e di marasma per tutta la missione ed opere iniziate.

Per il terreno di Oita e di Beppu abbiamo debiti con due banche, ma essendo a scadenza quinquennale, speriamo di fare fronte ai nostri impegni. Ho un forte impegno colle Missioni Estere di Parigi, che non so davvero come fare a estinguere, ed uno colle Figlie di Maria A.

Questi due scottano di più e specie l’ultimo che mi mette in una condizione ben tipica con le Figlie di Maria A., verso cui come superiore della Missione ho da fare certe parti, che rimangono naturalmente infiacchite dalle condizioni di umiliazione in cui mi trovo.

A quanto pare i Superiori non mi possono venire in aiuto sia pure con un prestito (ed ora sarebbe il momento buono dato il tracollo della moneta giapponese). Mi sono rivolto a quanti potevo supporre che in una forma efficace potevano venirmi in aiuto, ma andò tutto a rovescio. E allora? Mi sono buttato nelle mani di Dio, ma sta il fatto che siamo in queste brutte acque, a togliersi dalle quali per il sottoscritto che non sa nuotare, è davvero terribile.

Pensare che si è qua per salvare le anime e bisogna fare questi mestieri… Per me è da anni che il mio apostolato non è che domandare limosine… Sarà così che il Signore vuole la mia salvezza. E così sia. Ad ogni modo attendo anche in questo campo come sempre consigli e aiuti. Se davvero i Superiori non possono fare nulla extra:

  1. Almeno consiglino se hanno qualche probabile mezzo da suggerire,

  2. vedano di farmi pervenire le offerte specifiche per opere speciali o per confratelli – se no il debito mio colle case va crescendo… Bella davvero. Il Visitatore che ha debiti colle case… Da Torino mi inviano le note da cui risulta che ci fu offerta per l’opera tale, per il confratello tale, per la casa tale, ecc… Se non me la inviano, le case se la pigliano con me o con i loro Superiori, e non è davvero edificante. Certo la Missione ha presso Don Tranquillo delle note ad estranei da pagare. Pregai ripetutamente, non so più e quante volte, che si tenessero le offerte senza destinazione particolare fino ad esaurimento del debito di queste note ad esterni, ma che almeno mi si inviassero queste destinate a particolari.


Avrei bisogno di tutto quanto arriva per la Missione, ma prego che almeno mi si usi questa carità. Non è per lamentarmi, no, perché la carità si deve fare… Ma non so proprio perché la Missione debba pagare i sussidi ad es. alla famiglia Cecchetti. La trovo umiliante per il confratello e per quelli cui per caso le note del Capitolo cadessero sotto gli occhi. E nel caso perché non avvisare anche per sapersi regolare (non è detto così nella Circol. del Sig. Don Rua, sulla povertà, che la cosa dipende dall’Ispettore?).

Non voglio cavillare perché ho provato anch’io la generosa carità della Congregazione per la mia S. Mamma… Ma esprimerei il desiderio che queste cose fossero tenute nel cuore dei nostri Superiori. Fiat voluntas Dei. Questa è la vera e forte preoccupazione della nostra missione, la quale toglie ai missionari la calma nel lavoro.

Mi pare che si cerchi di fare tutte le economie. Non si parla in Giappone di merenda o supplementi al pasto – abbiamo abolito il vino.

Non so che cosa ancora potremo fare senza ledere la salute dei confratelli che, come vede, sono tutti mezzo nervosi, e con questo clima stanno per divenirlo per intero.

Venderei me stesso, ma non valgo un soldo e nessuno mi vorrebbe. Ormai si invecchia. Si può pensare a non mangiare… Ma allora si dorme e non si lavora.

Il lavoro per occupare bene i confratelli è un altro punto su cui ho bisogno del loro consiglio. Specialmente ora che le opere sono piccole il lavoro non è eccessivo, e credo che nessun confratello sia soverchiato dal lavoro.

Ma penso al tirocinio dei chierici. Questi non hanno da lavorare… ed ecco il motivo che mi spinge ad allargare la base di azione. Per realizzare l’apostolato nel più breve tempo possibile, e perché i giovani specialmente lavorino, se no lavora il diavolo. Lo studio della difficile lingua è già una cosa, ma non è tutto. Ma ecco l’incaglio mi comincia a venire per l’arresto di personale di quest’anno. Come fare?

Così pure l’esperienza ci dice che nella residenza ove vi è un’opera, o ci vuole il personale specifico per l’opera, o se il personale della missione vi è impiegato in forma diretta finisce per non fare bene né l’una né l’altra cosa… E tutti desiderano slanciarsi nell’apostolato.

Un chierico solo in casa mi pare sia troppo isolato. Due forse non hanno lavoro sufficiente, se non si estende l’opera. Per estendere questa mi ci vuole personale che non ho. Mi spiace la cosa anche perché questo fa parte della prova che i Superiori hanno desiderato si facesse per vedere se anche in Giappone, come altrove, la prova del personale giovane educato sul posto, dia buoni risultati.

Non saprei dire se vada bene per il Giappone la vita del missionario salesiano isolato o quasi nelle residenze o in giro; ma anche questo presto o tardi bisognerà pure provarlo.

Un’altra questione assai spinosa è quella delle Figlie di Maria A. Non si riesce a capirci, e per me suppongo che i tre quarti delle questioni siano tutte per la questione finanziaria. Noi non ne abbiamo; esse, mi pare, vogliono dalla missione quanto la missione non può dare, data la povertà.

Non si sono subito ambientate, né hanno studiato fortemente la lingua, e allora non possono ancora fare grandi cose. Finché non sanno bene la lingua e finché pretenderanno che la missione le possa trattare come certe amministrazioni in Italia, la missione non potrà dar loro lavoro; potrà permettere che per conto loro lavorino (ed il permesso l’ho dato). Ma insomma non si va bene. Vi furono anche imprudenze per parte delle superiore per la parte delle confessioni: ho dovuto intervenire… Per me non so che fare. Ho da pagare i debiti che ho con loro. Non posso dare loro lavoro, perché si farebbero pagare i respiri che fanno, e Don Cimatti è poverissimo e indebitato con tutti.

Insomma anche questa ruota non corre, e quel che è più non so come fare per farla correre. Pensavo davvero le Figlie di Maria A. un po’ diversamente. Ho consigliato a Torino che inviino una loro Visitatrice… Per me cerco di fare tutto il possibile… Se mi metto dalla parte del Canone dovrei fare tante cose. Non so con precisione quali siano le mie facoltà e i miei doveri verso di loro, perché nessuno me le ha mai dette. Ma una soluzione bisogna pur prenderla. Veda di illuminare anche questa situazione.

Se in altri punti desidererà qualche schiarimento abbia la bontà di accennarmelo. Al momento attuale non ricordo altro di notevole.

Per i nostri confratelli la vita in Giappone è piena di pericoli come altrove e per certi aspetti più che altrove.

La vita regolare di comunità è certo un grande coefficiente di difesa, ma nella vita del missionario purtroppo non è sempre possibile.

Il Signore ci aiuti. Voglia dunque investirsi delle nostre necessità, molte delle quali provengono (è il solito ritornello che in coscienza devo dire) dal sottoscritto.

Preghi per me e per i miei. Nel Signore

Aff.mo

Don V. Cimatti, sales.