Cimatti/ Ricaldone Pietro / 1938-1-31

1991 / Ricaldone Pietro / 1938-1-31 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani


Fiori e frutti oratoriani1


31 gennaio 1938

Rev.mo Sig. Don Ricaldone,


È la festa del nostro Don Bosco. Ricevo proprio in questa circostanza una bella relazione della nostra casa di Beppu, che mi dà lo spunto per la mia relazione mensile. “Fiori e frutti oratoriani”.

Come funzioni fra noi l’oratorio festivo, che è frequentato per la massima parte da pagani, può arguirlo dal seguente schema che si cerca naturalmente di mettere in azione col nostro sistema salesiano.

Porta aperta a tutti. Inizialmente si pensa solo a giocare coi ragazzi, trattandoli assai bene ed evitando di sgridarli. È il primo periodo di conquista di amici.

I ragazzi giapponesi giocano assai volentieri. Hanno una miriade di giochi, differenziati secondo le stagioni: assecondare, vigilare, non imporre – regime di libertà ragionevole – è il compito di chi sorveglia. Alla fine della ricreazione si radunano i ragazzi a sentire un discorsetto divertente, a contenuto morale, ed all’occasione ad ascoltare avvisi, che contribuiscono al buon andamento dell’Oratorio.

Conosciuti i ragazzi e le loro necessità si possono iniziare le opere proprie dell’Oratorio: dopo scuola; teatro, biblioteca, musica, ecc. e con la dovuta prudenza anche l’insegnamento religioso. Ogni oratorio ha poi i mezzi suoi speciali, reclamati dall’ambiente, dalla qualità dell’Oratorio (giornaliero o festivo) per tener conto delle presenze, che danno diritto a concorrere a premi dell’oratorio, all’acquisto di oggetti graditi o utili ecc. Alla sera poi del sabato o della domenica ad ora conveniente grande adunata di tutti gli oratoriani, parenti ed amici compresi, per assistere a divertimenti di famiglia (teatro, canti, declamazioni, proiezioni luminose e cinema) durante i quali in tutte le forme possibili si tenta di inculcare colla proiezione, col discorso, colla rappresentazione teatrale la buona massima, il buon consiglio che lentamente, viene guidando il volenteroso ad amare l’Oratorio, le persone, le idee inculcate, e coadiuvare così gli impulsi della grazia di Dio fino a guidare l’anima a lasciarsi avvincere dalle amorevoli insistenze di Gesù.

E Gesù si serve spesso direttamente dei fanciulli per compiere l’opera di redenzione; li trasforma, anche pagani, in piccoli campioni di azione cattolica; oppure li vuol partecipi in punto di morte ai benefici della fede e alla corona del premio.

Ricordo a Nakatsu che fra i più fedeli oratoriani e fatto segno all’affetto e alle cure del compianto Don Piacenza, vi era anche un povero gobbetto che non poteva partecipare ai comuni divertimenti. Cadde ammalato e visitato dal missionario, ricevette il Battesimo e spiccò il volo in compagnia di Savio Domenico di cui aveva preso il nome. Un’anima salvata: l’entrata del sacerdote in relazione con la famiglia e con quelle del vicinato: ed e già un gran passo per avvicinare le anime al Signore.

Più recente è il seguente fatto. Un fanciullo di dieci anni, tal Shibata Hideo, ogni giorno dopo scuola veniva a giocare all’oratorio di Beppu, e sentiva regolarmente i discorsetti ricreativo-morali che vi si tengono. Aveva imparato le nozioni principali di catechismo su Dio, Gesù Cristo, la Madonna così bene, che a casa ogni volta prima di mangiare faceva il suo bel segno della croce e pregava Maria-sama. Alla notte di Natale pure partecipò fino alle due alla solenne funzione. Cadde ammalato, ed il suo più grande dispiacere era di non poter andare alla Missione.

Siccome si era aggravato, il nostro Don Arri ripetutamente andò a visitarlo. Perduta la speranza di guarire, il fanciullo pregò il babbo di andare alla Missione e farsi dare una medaglia della Vergine. Avutala non faceva che stringerla fra le mani e pregare. Agli estremi fu battezzato col nome di Luigi, e da quell’istante, mentre prima non voleva sentire parlare di morte, si tranquillizzò, dicendo che presto sarebbe andato in Paradiso. I parenti pagani chiamarono per gli scongiuri uno yamabushi (bonzo itinerante, di montagna) che con i suoi superstiziosi sortilegi non riuscì a nulla. Il ragazzo peggiorò sempre più e pochi minuti prima di morire manifestò al babbo il desiderio di avere il funerale cattolico. Il giorno dopo il battesimo morì. Gli si fa il funerale colla massima solennità: vi partecipa la famiglia, i compagni di scuola ed anche il bonzo… Anche in questo caso un’anima salvata, una relazione più stretta colla famiglia dell’angioletto, una buona propaganda: il richiamo primo, l’Oratorio.

Commoventi ed eleganti le vie del Signore nel chiamare a sé le anime. Di non pochi ragazzi che frequentavano l’oratorio e che poi per vari motivi dovettero sospendere, dolorosamente sorpresi da malattie, ricevettero in punto di morte il battesimo.

Non è pieno di profondo senso di ammirazione, il fatto di un nostro paganetto oratoriano che avendo il fratello maggiore ammalato, non permettendo i genitori l’entrata del missionario in casa, si fa insegnare bene dal sacerdote come si amministra il battesimo, e corre a casa, e lo dà al fratello, che gongolante di gioia pochi istanti dopo volava in Paradiso?

Cominciano a non essere rari i casi di giovanotti (i quali da ragazzi frequentavano l’Oratorio) che comprendendo ora meglio le cose e più liberi di sé, si presentano alla missione e chiedono il battesimo.

E l’Oratorio ha già dato e dà i suoi frutti di vocazioni indigene tanto per la Chiesa quanto per la nostra Società.

Mi trovo a Tokyo dove ho avuto la fortuna di assistere alla solenne funzione della consacrazione del nuovo Arcivescovo Mons. Doi.2 In terra di missione l’elevazione di un indigeno a tale importante mansione è un fatto di prim’ordine, e come ben si esprimeva Mons. Marella, Delegato Apostolico “tale consacrazione del nuovo Arcivescovo viene a coronare un secolo di eroismo missionario. I pionieri che hanno sperimentato le lunghe ore di attesa e sopportato le angosce degli inizi, la falange dei generosi benefattori che li hanno fiancheggiati coi loro sacrifici e colle loro preghiere non sono presenti per assistere all’apoteosi del loro operato.

Eredi spirituali del loro ideale, i missionari d’oggi e i numerosi amici del Giappone, restano testimoni del loro giocondo disinteresse. Con loro la Chiesa intera ringrazia umilmente il Signore per i progressi del Vangelo…”.

È di fronte a queste manifestazioni che il cuore commosso è eccitato a maggior impulso di lavoro per le vocazioni indigene; è incoraggiato a spandere a piene mani il seme, in attesa che fecondato dalla grazia di Dio produca i desiderati frutti. Anche i suoi figli, seguendo le direttive di Don Bosco, cooperano sia pure modestamente, in questo campo delle vocazioni indigene, la cui prima cellula è per noi l’Oratorio. E grazie a Dio eccole schematizzati i frutti di 11 anni di lavoro.


Aspiranti al Seminario20

Piccolo Seminario42

Gran Seminario filosofico8

“ teologico2

Confratelli Salesiani chierici3

“ “ coadiutori3


Oratori festivi 10 con complessivo di 3000 allievi. Speriamo che il seme germogli e fruttifichi, mentre invoco su questa fiorente gioventù la sua benedizione, le preghiere e gli aiuti di quanti amano le anime.

Suo

Don V. Cimatti, sales.

1 R. M. 858, manos. , inedito.

2 Effettivamente la consacrazione di Mons. Doi fu tenuta il 13 febbraio. Il 31 gennaio don Cimatti era a Miyazaki, dove Don Cavoli gli presentò la prima stesura delle nuove Costituzione dell’incipiente Congregazione della Carità. Per la consacrazione dell’Arcivescovo, in data 9 novembre aveva composto un “Ecce sacerdos magnus” su cui scrisse “Si est possibile e si vous plais”.