Cimatti|Ricaldone Pietro /1944-7-…

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a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Aiutiamo i nostri connazionali1


luglio 1944

Rev.mo ed amatissimo Sig. D. Ricaldone,


Se durante la guerra abbiamo cercato di alleviare le difficoltà del popolo giapponese, come le riferii nella precedente relazione, siamo stati messi dalla Provvidenza nella dolce circostanza di aiutare anche i nostri connazionali residenti in Giappone, a Tokyo. Non c’era da stare in forse ché l’esempio datoci dal nostro Padre è troppo chiaro e persuasivo.

Le fasi della guerra, le relazioni dell’Italia col Giappone avevano fatto sì che specialmente elementi marinai o del naviglio mercantile fossero per vari motivi dislocati specialmente nella zona Osaka, Tokyo e Kobe. Qualche scappata fino ad Osaka e Kobe fu possibile, ma a Tokyo si era sul nostro. I nostri cari connazionali erano soggetti ancor più duramente di noi alla sorveglianza – e risentivano più di noi le difficoltà della vita, specialmente nel periodo in cui erano senza lavoro.

È ammirabile quanto ha fatto il nostro D. Bovio per avvicinarli, amalgamarli, cercar lavoro, darsi attorno per il rimpatrio, alleviare al possibile le difficoltà della vita. Ma quello che a noi premeva era far del bene alle loro anime. In quel tempo D. Bovio era direttore dello studentato, e mentre nelle forme più ardite, geniali e sacrificate, cercava i mezzi per nutrire la sua numerosa famiglia, organizzava per loro feste religiose in casa per facilitare l’adempimento dei doveri del buon cristiano, li invitava a rappresentazioni teatrali e, tutti insieme o a gruppi, a modeste refezioni di guerra. Ci sembrava di rivivere tutti – i nostri dialetti italiani s’intrecciavano alternamente – e il ricordo della patria lontana, delle nostre famiglie e la narrazione delle vicende di guerra amalgamavano menti e cuori in un pensiero solo: ringraziamento a Dio per la conservata vita, preghiere per le famiglie lontane e desiderio di pace. Si formò anche fra loro una corale che in varie circostanze rallegrò feste e adunanze all’Ambasciata e alla casa di Italia. Poterono finalmente trovar lavoro, ed una sezione essendo in una fabbrica relativamente vicina alla nostra parrocchia di Mikawajima, D. Tassan, che allora la reggeva, divenne il loro parroco, e così poterono avere maggior comodità di compiere i loro doveri. Nel 1943 la colonia Italiana di Dairen, auspice il Console, invitò i Salesiani del Giappone ad andare ad occuparsi di loro. Aderendo a queste insistenze, ai desideri di S. E. Mons. Blois, delle M. E. P. e delle autorità locali e centrali, un gruppetto di salesiani: D. Liviabella, D. Martelli Archimede e il Coad. Maccario, vi si recarono. La guerra aveva arrestato le trattative in corso per l’entrata dei Salesiani in Manchuria, e la Provvidenza ve li inviava in questa forma. Definitiva? Provvisoria? Lo sa il Signore, che per il momento dispose che con la cura della piccola colonia italiana, i salesiani sostituissero i buoni Padri Maryknoll, internati per ragioni di guerra.

Il Signore ci mise nell’occasione di esercitarci in questo apostolato, chiamiamolo di immigrazione italiana e grazie a Dio non fu infruttuoso, non solo nelle sfere ordinarie, ma anche nelle alte. Italiani ben noti e cari al popolo giapponese, al tirar dei conti diedero pubblica manifestazione della loro fede cattolica con una buona morte. Ed anche di questo Deo gratias!

Con affetto di figlio:

D. V. Cimatti, sales.




1 R. M. 2032 (man. ): va1gono le osservazioni fatte nelle relaz. precedenti.