Cimatti|Berruti Pietro / 1937-9-8

1913 / Berruti Pietro / 1937-9-8 /


a Don Pietro Berruti, Vicario del Rettor Maggiore dei salesiani



Miyazaki, 8 settembre 1937

Festa della Natività di Maria!

Amatissimo Sig. Don Berruti,

Completo la sua preziosa visita con l’invio di quanto mi fu richiesto. Troverà unite altre cose.

Al Visitatore sottopongo una serie di problemi regolamentari per vedere fin dov’è possibile di aggiornare (quanto si può subito), quanto ci fu permesso dai Superiori in regime di eccezione.

E come ringraziarla della sua troppo breve visita? Del bene fatto a noi tutti e a me? Non le nascondo che mi vengono fuggevoli momenti di spine acutissime nel vedere:


  1. La nostra Missione a terra completamente per la propaganda – ho residenze che non so quando potranno avere il missionario – e se non c’è il missionario presente non si possono formare catecumeni; ed è quindi stare nell’inattività;

  2. i Superiori non sono del parere di questa vita missionaria randagia (all’apostolica come Gesù) perché i confratelli soffrono nello spirito religioso;

  3. e grido a Gesù e ai Superiori: ma perché allora la Chiesa obbliga alle volte i religiosi ad accettare le missioni?1


Mah! Creda pure che ci capisco poco o niente; dover avere dei doveri e non poter assolverli. È uno dei punti che mi sono rimasti bui sempre ed ora ancor più dopo la visita, sentito i consigli dei Superiori e capitane la volontà. Mah! Pur tentando di eseguire alla lettera la volontà dei Superiori è per me evidente e per le povere anime che si perdono che “non progredi, regredi est”: è così certo che progrediamo nel senso cui vuole la Chiesa, che vuole anche vedere cifre. Ad ogni modo giriamo pure a vuoto – il Signore farà quanto crede bene e così sia.

Le unisco pure le nostre povere idee sulla questione, per me gravissima, dello studentato teologico, dico le nostre, perché non ho trovato un confratello (dico uno) che non deplori (se avvenisse) l’idea dello studentato prospettato.

Si dice da tutti: “meglio in Italia”. E allora sorge connesso l’altro problema: se non è meglio piantar il noviziato e studentato in Giappone.

Don Cimatti è del parere affermativo certamente. Ah, caro Don Berruti, mah! Deve essere per me disposizione di Dio, che debba distruggere proprio colle mie mani quanto faticosamente ho almeno cooperato a formare. Senta:


  1. Il Signore permise pro me regnante del corso normale a Valsalice.

  2. Idem del corso dei nostri chierici a Valsalice nelle scuole pareggiate.

  3. Idem dei tre anni di filosofia ridotti a due (ed ora credo che si riconducano a tre) e sa il Signore quanto mi è costato e la costruzione e la distruzione.


Ed ora è la volta di quanto è successo in missione – ed ora succederà a Tokyo.

Sa il Signore le odissee dolorose dei nostri cari chierici – quanto tentai di averli vicino per fare un’altra Valsalice.

Sono rimasto a Miyazaki, e gli studentati sono a Tokyo, beh, lungi dall’essere come li vagheggiai e per insegnanti e per insegnamento – ma si può lavorare solo col filo che si ha – ed il filo purtroppo non è dipeso da Don Cimatti.

I Superiori hanno veduto il personale, cominciando dal sottoscritto, che se ha sentito le parole di conforto del Superiore, si è trovato però nelle identiche condizioni di prima, coll’aggravante di sia pur dolci legami, che però dai tetti in giù arrestano anziché dare impulso. Ed in Giappone fermarsi vuol dire: “Morire”.

Queste sono le parole umane, che tento ravvalorare fortiter colla fede e colla fedeltà in Don Bosco – anzi correggerle a fondo, ma, caro Don Berruti, purtroppo si è uomini e si ha da fare con uomini.

Ma vedrà che il Signore mi farà seppellire anche il resto… e così rimarrà sepolto anche Don Cimatti, e canterò il “bonum mihi quia humiliasti me”. Non creda con questo che sia cambiato – sono sempre idem e guarderei (se fosse ancor qui) nel suo piatto. La questione economica il bravo Don Candela l’ha risolta sulla carta, ma in un paese in cui lo straniero non può contare se non su quello che ha alla mano (non si ha credito), quando non lo si ha, si è in agonia: e Don Cimatti lo è stato dieci e più anni, sempre, e sarà la stessa storia quest’anno a meno che il Signore:


  1. mi metta su altra strada

  2. o mi chiami a sé.


Fiat voluntas Dei. Non desidero altro. Scusi la lungaggine… ex abundantia cordis… Preghi e faccia pregare per me.

Suo

Don V. Cimatti, sales.


1 Ancora adesso questo è un problema irrisolto. Se si pensa al personale ridotto e alle distanze tra una residenza e l’altra, non si trova una soluzione soddisfacente. Tanto più che il lavoro nelle zone di campagna è assai ridotto. Dal contenuto di questa lettera risulta chiaro che la visita non ho risolto i problemi.