1259 ricaldone


1259 ricaldone

1259 /Ricaldone Pietro / 1934-6-1 /


1 a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani

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Le feste in Giappone per Don Bosco1


[1 giugno 1934]

Amatissimo e Rev.mo Sig. Don Ricaldone,

Già le ho parlato nella precedente relazione della posizione spirituale dei salesiani in Giappone nel gran giorno della Canonizzazione del Padre nostro. La fantasia e l’immaginazione potevano ben sbrigliarsi e sognare e figurare cose belle, meravigliose, grandiose. Le notizie che abbiamo ricevuto dai giornali e dagli amici, ci hanno fatto comprendere l’inimmaginabile, l’impensabile. E pure lontani dalla realtà, (e beati quelli che l’hanno goduta!) abbiamo esultato come presenti, e non ci è doluto essere lontani, perché una serena, latente giocondità fu come infusa in quel giorno nei nostri cuori, che ci diede modo di gustare in forma ancora più spirituale le dolcezze ineffabili di quella festa.

Era poi naturale che noi pure cercassimo, non dico di emulare gli splendori delle feste mondiali, ma di onorare Don Bosco come meglio era possibile alla nostra povertà e alle condizioni specifiche in cui ci troviamo, difficili a comprendersi da chi, come noi, non ci si trova in mezzo.


PRIMO PROBLEMA, e anche fondamentale. Come presentare un SANTO alla mentalità pagana? In quale forma onorarlo, affinché produca del bene alle anime? Quale colorito fondamentale e quale scopo dare alle nostre feste?

Sono risposte facili ad afferrarsi da noi fortemente imbevuti dello spirito cristiano, ma per la mentalità giapponese, inebriata delle migliaia di divinità (elementi naturali, pietre e animali, eroi e spiriti) di cui è pieno il loro contenuto religioso, si corre rischio col festeggiare un santo di rassodarle nelle loro convinzioni.

Vedono essi nel santo una nuova divinità? Che significato ha per loro una processione in cui si porti in trionfo l’immagine o la reliquia del Santo?

Sono capaci di dirvi: “Che Dio è quello là?… Ma voi tagliate in pezzi chi volete onorare?...”. Delicata posizione, che può risolversi in non poter far penetrare in quelle povere menti lo spirito informativo delle nostre feste cattoliche, forse in render meno chiari gli insegnamenti della Chiesa al riguardo; forse a ribattere quanto e già tenacemente ribadito nella testa di molti, che cioè non c’è (almeno in queste manifestazioni) nulla di sostanzialmente diverso nella nostra e loro religione.

Si stabilì dunque:


  1. La nuova glorificazione di Don Bosco sia presentata ai cristiani nel massimo sfolgorio della liturgia cattolica – preparata opportunamente per ricevere l’abbondanza delle grazie divine con tridui, missioni, esercizi spirituali.

  2. Ai pagani, e per un paese in cui il problema educativo è parte integrante della forza e grandezza del medesimo, Don Bosco sia presentato come un eminente educatore moderno. Alla mente e al cuore giapponese la figura dell’educatore, che si sacrifica per il bene della gioventù, è qualche cosa che affascina, che attrae, che s’impone, qualsiasi sia la fonte da cui proviene, tanto più quando parlano in suo favore non solo i principi teorici, quanto la realtà pratica dei risultati delle multiformi istituzioni, di cui avremmo fatto vedere i saggi pratici nelle modeste opere da noi iniziate.

  3. Essendo noi in questa grande nazione nella posizione di missionari, sia la festa di Don Bosco, nei suoi preparativi, nel suo svolgersi e nel suo risultato finale, festa di propaganda, di attiva propaganda cattolica. Come non pensare al blasone salesiano: “Da mihi animas”! sospiro ardente di Don Bosco, scopo precipuo del missionario, scopo finale della Redenzione?

Stabilite le basi, le modalità di sviluppo, adattate ai vari ambienti non dovevano presentare difficoltà gravi, specialmente quando quelli che lavorano a prepararle sono i figli di Don Bosco che vogliono onorare il Padre loro; quando sono gli zelanti missionari che si votano al sacrificio per la salvezza delle anime; quando sono le Figlie di Maria A. che in unione di intenti si consacrano coi salesiani al lavoro dell’apostolato e della preghiera; quando sono i benemeriti cooperatori e cooperatrici, che anche in Giappone cominciano a gareggiare coi più attivi, sparsi in tutto il mondo; quando sono la già numerosa schiera dei nostri giovani oratoriani, allievi, operai e seminaristi. E tutti, tutti nella preparazione e nello sviluppo della festa portarono il più caratteristico, simpatico contributo di attività, di allegro frastuono, di gaiezza.

Ogni residenza missionaria, ogni casa religiosa della missione volle realizzare qualche cosa per onorare Don Bosco, e tutti meriterebbero ampio resoconto del loro lavoro.

Noterò i lati salienti.


  1. Per il primo aprile, giorno della canonizzazione, in tutte le missioni cattoliche dell’Impero fu distribuito alle famiglie cristiane un numero unico fatto per l’occasione del nostro Bollettino in Giapponese. Contemporaneamente ai Revv.mi Ordinari e Superiori delle missioni furono inviati articoli o notizie su Don Bosco da pubblicarsi per la stampa. Massimi giornali dell’Impero annunciarono la canonizzazione; il giornale cattolico e varie riviste ebbero lunghi articoli e trattazioni sul nuovo santo.

I missionari fecero distribuzione di immagini e medaglia del santo, e la nostra tipografia di Oita pubblicò la seconda edizione, tecnicamente assai ben riuscita, della vita di Don Bosco.

Sul finire della giornata, quando a Roma avveniva la proclamazione del Santo, i nostri studenti di filosofia e i seminaristi in fraterna riunione inneggiavano a Don Bosco, al Papa di Don Bosco, e alla Pia Società salesiana con declamazioni e canti.

  1. I cristiani corrisposero con fervore alla parola dei missionari e nelle sacre missioni, tridui, novene ebbero campo di usare a vantaggio delle loro anime abbondantemente i mezzi della grazia, specie coll’affluenza ai SS.mi Sacramenti e le cristianità della zona di Takanabe vollero in quell’occasione fare le pratiche per lucrare le indulgenze dell’anno santo.

  2. Da Miyakonojo (22 Aprile) a Tokyo (29 Aprile); da Nakatsu (6 Maggio) a Miyazaki-Takanabe (13 Maggio); da Oita (20 Maggio) a Beppu (27 Maggio) fu un succedersi di manifestazioni ben riuscite, consistenti sostanzialmente in solenni funzioni religiose e commemorazioni del Santo nei saloni della città, larga distribuzione di stampa di propaganda cattolica e salesiana fra i cristiani e pagani. I giornali locali parlarono in più puntate e con grande deferenza della religione cattolica e dell’opera dei Salesiani di Don Bosco.

I nostri chierici e seminaristi indigeni oltre a partecipare col suono, coll’orchestra, [col] concerto e col servizio religioso in pubbliche manifestazioni, vollero nell’intimità dello Studentato-Seminario dire a Don Bosco quanto può e sa dire il cuore di un giovane che gli vuol bene, proprio nel giorno della festa liturgica (26 Aprile).

Identicamente le Figlie di Maria A. non lo vollero dimenticare nell’intimità familiare a Beppu il 24 e a Miyazaki il 31 Maggio.

Il ciclo delle feste fu chiuso nella tranquillità di Tano ai piedi di Maria stella del Mare nel santuarietto di S. Teresina.

  1. Alte personalità che onorano Don Bosco. Fra le Autorità ecclesiastiche S. E. Mons. Marella, Delegato Ap. che presenzia alle feste di Tokyo e di Miyazaki; S. E. Mons. Chambon Arciv. di Tokyo, che mise a disposizione la Cattedrale e l’Episcopio perché le feste alla Capitale riuscissero più solenni; gli Ecc. Vescovi, Vicari, Prefetti Apostolici, Superiori di Missione, Superiori di Ordini, Congregazioni religiose maschili e femminili e missionari che di presenza o per telegramma o per lettera si unirono con fraterna gioia alla nostra esultanza.

Ma quello che ci commosse e meravigliò fu la partecipazione cordiale delle pubbliche autorità pagane provinciali, civili e militari. I prefetti, sottoprefetti, i capi dell’educazione, delle opere sociali e di beneficenza, i sindaci, i direttori delle scuole di ogni grado o di persona o per rappresentante o per lettera risposero all’appello. Vollero dire alla Missione la loro simpatia, il loro plauso, promessa di collaborazione negli intenti educativi.

Non le parlo delle folle dei nostri giovani oratoriani e dei loro parenti, delle folle dei curiosi attirati dalla musica degli ormai noti concertisti italiani, dall’orchestrina dei nostri seminaristi, delle vivaci declamazioni e recite dei nostri piccoli orfanelli dell’Ospizio di Miyazaki (che per l’occasione indossarono la nuova divisa alla marinara) e da quelle briose dei nostri oratoriani di Miyazaki, dei ricoverati di Nakatsu e dei nostri cari giovani tipografi di Oita, unite alle caratteristiche danze e belle figurazioni coreografiche delle allieve delle Figlie di Maria A.

Oh, amatissimo Sig. Don Ricaldone, ma perché queste folle, perché questo movimento di pagani verso Don Bosco. Sono otto anni che faticosamente, ma con tenacia, i suoi lontani figli del Giappone dissodano dissodano l’arida terra loro affidata. Si sono attaccati ai giovani e alle opere di carità. Nel nome di Don Bosco hanno chiamato specie la gioventù per condurla a Gesù. Ma se si rimane accasciati e delusi nel vedere la scarsità dei risultati di conversioni, il fenomeno di cui ho parlato sopra non mi pare privo di significato. Il missionario si fa strada nella pubblica estimazione – i giovani fanno buona propaganda – aprono e spalancano varie porte. Il seme a suo tempo produrrà, produrrà abbondantemente.

Che dirle poi dei discorsi fatti dalle autorità pagane che presenziarono alle nostre feste? Ad es. a Miyazaki, centro della missione, dove per la circostanza accorsero i rappresentanti di tutte le case e delle opere salesiane, i rappresentanti delle varie cristianità della missione (quelli della zona di Takanabe al completo) verificammo un vero plebiscito di simpatia per parte di autorità e popolo di alto encomio per le opere di carità a favore dei poveri e della gioventù – che viene svolgendo la missione cattolica. Nella commemorazione poi al gran salone pubblico della città le migliaia di intervenuti poterono ammirare in azione la multiforme manifestazione del lavoro dei missionari e degli educatori salesiani, nello svolgimento dei numeri del programma affidato alle varie istituzioni.

E quando dal palco le voci robuste dei missionari e dei seminaristi giapponesi s’intrecciarono alle squillanti argentine voci delle centinaia di giovani oratoriani, che stipavano letteralmente la galleria di fondo, cantando l’inno a Don Bosco, un’impressione di grandiosità, mista a gioia, s’imposessò di tutti i cuori, dei nostri, e ben si comprende, ma anche di quella massa imponente che in quegli istanti fissava Don Bosco che campeggiava in alto e che dal cielo certo benediceva queste care anime.

E come a Miyazaki, si ripetè il fenomeno ovunque – la gaia irrequieta chiassosa moltitudine dei giovani – le loro famiglie – le autorità – il pubblico pagano che accorre. Ma quale fascino c’è dunque in Don Bosco? Oh, la santa carità effusiva del Padre nostro!

Non è possibile non parlare di una coincidenza magnifica, permessa dalla Provvidenza, e che concorse in forma impensata a condecorare le nostre feste, collegandole al ricordo della nostra cara Patria tanto amata da Don Bosco, ed anzi ad allargare le nostre feste al di fuori della cerchia della missione e dell’opera salesiana.

A Tokyo la R. Ambasciata d’Italia inviò il suo rappresentante e proprio nel tempo della festa, essendo ancorata nel porto di Yokohama la R. Nave Italiana “Quarto”, per gentile concessione dell’Ecc. Comandante Brivonesi, l’ufficialità e il R. Equipaggio ed il corpo musicale parteciparono alla festa. In Giappone i concerti di banda sono rari come le mosche bianche.

Pensi, amat.mo Sig. Don Ricaldone, la festività portata da questo avvenimento, la meraviglia nell’udire il delizioso concerto, ma più nel vedere la franca manifestazione di fede, l’inappuntabile contegno in chiesa e fuori dei nostri valorosi ufficiali e marinai. Ore indimenticabili in chiesa al solenne pontificale con la partecipazione dei seminaristi di Tokyo e servizio degli ordini religiosi e missionari, al discorso di S. E. l’Arcivescovo ed al panegirico del direttore del Gran Seminario regionale P. Candau, ascoltatissimo dalle rappresentanze di tutte le parrocchie e congregazioni religiose guidate dai missionari. Ore di gaudio al concerto di banda del pomeriggio e alla riunione serotina nel gran salone di un quotidiano di Tokyo con commemorazione e concerto vocale.

La R. Nave trovandosi poi in Kyushu nella baia di Kagoshima diede modo ai Salesiani, che confinano coi PP. Francescani del Canada, per espresso desiderio di quel Prefetto Apostolico Mons. Roy, che tanto ama Don Bosco e la Pia Società, di fare una solenne commemorazione al nostro santo, anche in quella città.

  1. Le arti belle che onorano Don Bosco. Il nostro santo, artista nell’anima, doveva nelle sue feste avere il tributo anche delle arti belle. Una religiosa mercedaria preparò per le feste di Tokyo un bel quadro ad olio (Don Bosco fra i giovani). Il pittore Crida di Torino ci diede un magnifico pannello a motivi nipponici, che ornava il frontone della chiesa di Miyazaki; illuminato nel triduo e nella festa da un potente riflettore. La schola cantorum del gran Seminario di Tokyo condecorò con esecuzioni polifoniche classiche e moderne (tra cui una grandiosa antifona del nostro Don Cimatti “Corona Aurea super caput eius”) tutte le funzioni della cattedrale.

L’orchestrina Matsuda di Oita volle pure portare il suo contributo artistico, come pure già ho accennato alle esecuzioni musicali sacre e profane dei salesiani e loro allievi nelle varie residenze.

Però una delle note più caratteristiche musicali degna di nota (perché penso sia il primo caso nella storia delle missioni del Giappone, ed unico nelle feste mondiali per Don Bosco) è quella di Oita. Un distinto poeta giapponese, prof. Tajima, compose per l’occasione una bella poesia che fu cantata nella forma declamatoria musicale tanto caratteristica e preferita dai giapponesi da un esimio direttore di scuola di Oita, noto per questo genere di esecuzioni. È difficile mettere in carta la qualità di detta esecuzione, è certo anche questa una caratteristica partecipazione di un pagano alla glorificazione di Don Bosco.

Per la storia è bene ricordare questa prima poesia giapponese a Don Bosco santo “Lodiamo il Santo Don Bosco, Messaggero di Dio, maestro e padre. Come lingue di fuoco guizzanti il suo amor patrio, la sua fede, il suo zelo. Maestro dal cuore misericordioso, che congiunge in un tutto armonico la forza della ragione e della libertà. Propagatore in educazione del sistema preventivo, fonda ospizi, scuole professionali e agricole. Offre per il bene della religione e della patria se stesso e agli uomini sacrifica il proprio cuore. Le regole del suo sistema, che abbracciano religione, famiglia e patria, ammaestrano due generazioni. Combatte coi suoi insegnamenti l’educazione materialistica, l’irreligione, che riconoscendo nell’uomo il solo principio materiale sono purtroppo l’origine della perversione del pensiero. Pedagogista, lume e splendore del mondo intellettuale. È sua fondazione la Società salesiana, il suo febbrile lavoro abbraccia il mondo. Finalmente riceve la gloria della canonizzazione. Tutti insieme ammiriamolo e lodiamolo”.


Non finirei più se volessi discendere ad altri particolari, e ben lo meriterebbero l’argomento e più l’attività di quanti cooperarono alla buona riuscita. Ma bisogna essere discreti anche nelle esigenze del cuore.

A feste finite mi domandavo: “Che avrebbe desiderato Don Bosco, se fosse stato presente in mezzo a noi?”. Vedere intorno a sé anime, che senza paura danno prova della loro fede e che abbondantemente usano dei mezzi della grazia – e le vide – vedere intorno a sé le schiere dei fanciulli e fanciulle, guidati dai suoi figliuoli e dalle Figlie di Maria A., e le vide.

Vedere gioventù povera e abbandonata, e poveri corpi affranti dall’età, dai malanni, dalle afflizioni, come tante volte vide nelle sue visite agli ospedali, ai ricoveri – e i nostri ricoverati all’ospizio gli portarono il loro tributo d’affetto riconoscente.

Vedere anime giovani che si consacrano a Dio abbracciando la vocazione ecclesiastica o religiosa, o che nello studio e nel lavoro si preparano alla vita – e li vide.

Vedere specialmente, egli assetato di anime, poveri pagani, sulle cui anime non riluce ancora la grazia. E le vide, ed erano le più numerose. Vedere la patria diletta unita in sacro vincolo colla religione; vedere le nazioni tutte avvicinarsi alla chiesa, al Papa. E vide. Sarà rimasto contento? E avrà implorato per noi dall’Ausiliatrice, da Gesù, quanto tutti abbiamo implorato “salvezza di queste anime a noi affidate?”. Ne sono sicurissimo. Questo pensiero attenua la visione sconfortante degli scarsi risultati, dà forza ai poveri missionari, per continuare a dissodare nel silenzio e nella speranza. Ci benedica tutti, o buon Padre.


Don V. Cimatti




1 Manoscritto, pubblicato ridotto in Bollettino Sales., Settembre].