Cimatti|Ambasciatore d’Italia a Tokyo/ 1931-11-17

844 /Regio Ambasciatore d’Italia / 1931-11-17 /


a S.E. Cesare Majoni, Regio Ambasciatore d’Italia a Tokio1



Al Regio Ambasciatore d’Italia - Tokyo

17 novembre 1931

Eccellenza,

La carissima sua del… venne, lo può pensare, ad aumentare in una forma acutissima, quale non avevo mai provato nella non breve mia vita religiosa e missionaria, il già acuto dolore della situazione attuale, causata dal disagio economico mondiale, che è risentito fortissimo specie da noi che viviamo della carità quotidiana, ed anche dal recente terremoto che mi ha sconquassato la casa di Miyazaki, che in attesa di tempi migliori, vado alla meglio rabberciando.

Le opere iniziate l’anno scorso (apertura di due nuove residenze: Beppu e Tano), l’asilo infantile di Miyazaki, la scuola tipografica Don Bosco (Oita), l’ampliamento del piccolo seminario per i giapponesi a Nakatsu, hanno dato fondo completamente alle risorse della carità dei benefattori, e mi trovo nelle vere strettezze della vita quotidiana. Ma non è certo il disagio attuale o il mancato caritatevole sussidio che imploravo dai fratelli connazionali di Tokyo che ferì più profondamente il mio cuore, ma la motivazione.

Tornavo proprio da concerti musicali di propaganda tenuti a Beppu (salone pubblico), a Oita (salone del giornale), a Saeki (teatro e scuole) in cui col nome di Dio e per far conoscere la nostra religione, abbiamo inneggiato all’Italia e all’arte nostra; avevo finito di raccogliere il materiale per un lavoro di cui fui richiesto dal massimo giornale di Kagoshima sul fascismo e sul Duce (di cui mi onoro di essere compagno di collegio), quando mi giunge la lettera di V. E.

E pensavo nel leggerla ai sei anni di lavoro compiuto nella zona affidataci dalla Chiesa e dal Papa e compiuto in massima parte da missionari che furono o volontari di guerra o regolari nell’esercito e che compirono, come ne fanno fede i documenti, le medaglie ecc., valorosamente il loro dovere tanto nella guerra libica, che nella grande guerra. Pensavo alle lunghe peregrinazioni nostre fatte attraverso il Giappone da Tokyo a Oshima coi nostri discorsi e colla nostra musica italiana, all’esposizione di elaborati scolastici italiani tenuta in Miyazaki, alla distribuzione di propaganda Italiana inviataci da V. E., all’insegnamento dell’italiano alle persone che sono in più stretta relazione con noi: aspiranti giapponesi al sacerdozio o allo stato religioso salesiano o alle Figlie di Maria A… Come si può pensare che con tutto questo noi vogliamo renderci estranei alla patria nostra? Nel momento doloroso del dissidio credetti mio dovere, anche perché fra noi – uniti nel vincolo della società religiosa salesiana e dell’apostolato – ci sono elementi di altre nazioni, domandare quanto domandai, né ho minimamente pensato di offendere la dignità nazionale.

La recente lettera di V. E. fa certo onore a noi sacerdoti e religiosi e ne la ringrazio di cuore.

Ora quella dolorosa svolta della storia d’Italia, a Dio piacendo, si è risolta fra la soddisfazione non solo degli italiani, ma di tutto il mondo. Che ci debba essere proprio adesso il dissidio fra noi? Mi auguro che chiarite così le cose Don Cimatti possa ritrovare nell’E.V. il conforto, l’aiuto, l’amico autorevole, e l’assicuro da parte nostra le quotidiane preghiere per Lei e per la sua famiglia. Con distinto ossequio:

Don V. Cimatti

1 La risposta dell’Ambasciatore aggiunse sale sulle ferite. Era l’anno in cui il fascismo cercò di colpire l’Azione Cattolica e ricevette una forte critica da Pio XI. In Giappone in quei tempi l’Ambasciata mandava un notiziario ai missionari, e in quell’occasione ci fu una forte critica al Papa. Don Cimatti scrisse all’Ambasciata rifiutando il notiziario. Questo rifiuto non piacque all’Ambasciatore, che scrisse dicendo che non sono da aiutare missionari che non amano la patria. Don Cimatti rispose con questa lettera. Più tardi l’Amabasiatore venne a miti consigli e si riconciliò con Don Cimatti. Questa lettera è una brutta copia.