Cimatti|Rinaldi Filippo|1927-12-5

304 /Rinaldi Filippo BS / 1927-12-5 /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



Oita, 5 dicembre 1927


La festa di S. Francesco Saverio e dell’Immacolata


Veneratissimo ed amatissimo Padre,


Abbiamo congedato proprio ora una quindicina di giovanotti della scuola superiore di Commercio di Oita: con una recita hanno chiuso degnamente le feste di S. Francesco Saverio, che i suoi figli hanno celebrato per la prima volta a Oita.

Antefatti. Ad Oita la piccola chiesa è dedicata a S. Francesco Saverio. La città di Oita richiama il periodo forse più saliente dell’apostolato del grande missionario in Giappone. Era naturale quindi che i confratelli, guidati dall’ottimo Don Tanguy, dicessero: “Non lasciamoci sfuggire l’occasione”. Detto, fatto. Si pensa, si concreta, si svolge un programma magnifico, reso più brillante per la presenza di S.E. Mons. Giardini, Delegato Apostolico del Giappone.

Programma d’azione.

        1. Articoli sul quotidiano locale che parlino del Santo, specialmente nei riflessi dell’opera sua a Oita, e preparino la necessaria réclame. Non si poteva essere meglio serviti.

        2. Grande adunata con concerto e conferenza nella massima sala della città. Un valente giapponese P. Makida, grande amico nostro, agli allievi delle scuole nel pomeriggio e a oltre un migliaio di persone alla sera, parlò dell’apostolato di S. Francesco Saverio e di Don Bosco nel propagare Gesù Cristo. Il terzetto salesiano Margiaria‑Liviabella‑Cimatti svolse tra la comune ammirazione uno scelto programma musicate di canto, armonium e piano.

        3. Triduo di predicazione per i pochi cristiani e funzioni solenni nella chiesetta, parata a festa, con intervento anche di molti pagani che seguivano con ammirazione le cerimonie cattoliche.

Nel vedere le precauzioni che doveva usare S.E. il Delegato nell’incedere in mitra e pastorale per non urtare negli architravi, pensavo al nostro Don Bosco, alla prima cappella dell’Oratorio ben più povera di quella di Oita, a Mons. Fransoni che dovette togliere la mitra nell’assidersi sul trono pontificale. Ma assai più consolante per tutti noi era vedere attorno a Gesù un buon numero di fanciulli e fanciulle pagani che cantano le lodi di Dio e di Maria, e pregano, e già studiano il catechismo e domandano con insistenza: “Oh, quando daranno il battesimo anche a noi?”. Mentre quattro fanciulli ricevevano la prima Comunione ed il coro cantava le glorie dell’Apostolo di Oita, le anime dei missionari pregavano con tutto l’ardore possibile, che si rinnovassero a vantaggio di questo popolo la predicazione e i miracoli del Saverio. Non posso però passare sotto silenzio quella che mi parve la caratteristica di questa festa, la collaborazione cioè dei numerosi pagani amici della missione alla buona riuscita della medesima.

Un gruppo di giovanetti pagani è riunito in associazione Circolo Domenico Savio (forse è l’unica nel suo genere in tutta la Congregazione) e lavora assiduamente colla parola, col buon esempio e in mille altre forme per circondare di amici, di conoscenze, di simpatie la Missione. Essi, uniti ai compagni dell’Oratorio incipiente, diedero il benvenuto al Delegato, esprimendogli il desiderio di essere piccoli missionari; cantarono, danzarono, diedero saggio dei loro progressi nel catechismo, prepararono la caratteristica illuminazione.

Le famiglie di questi ragazzi e quelle vicine della Missione andarono a gara per imprestare ai poveri missionari le sedie, l’occorrente per dormire e per i servizi di casa per accogliere il meno indegnamente possibile gli ospiti illustri.

Un gruppo di giovanotti pagani della Scuola Superiore di Commercio, che per prepararsi ad una recita scolastica in lingua francese, col loro professore (un fervente cattolico) usufruirono per le prove dell’ospitalità della Missione, come segno di riconoscenza vollero dare una serata d’onore a S.E. il Delegato Apostolico, riuscita veramente bene.

Come vede, amato padre, sono i pagani che lavorano, che aiutano i suoi figli: per mezzo loro si propaga con la conoscenza della missione, la conoscenza di Gesù, della sua dottrina. Lavoro lento, lavoro continuo di penetrazione, che pervade in ogni più piccolo meato questa povera società che non conosce ancora Dio e i suoi insegnamenti.

Mi permetta un richiamo locale. Uno dei nemici più terribili delle case giapponesi sono le formiche bianche. Questi minuscoli esseri se riescono a stabilirsi in un locale, nel silenzio, nel lavoro diuturno accresciuto a dismisura dal loro prodigioso moltiplicarsi, rodono in ogni senso internamente i grossi travi di sostegno della casa, che può anche improvvisamente crollare.

È con analogo lavoro continuo e imperturbabile accresciuto dal numeroso personale di rinforzo che da tanto tempo attendiamo e che Lei ci invierà presto, che bisogna infiltrarsi, incunearsi in mezzo a queste povere anime, e distruggendo il marcio sostituirvi Gesù Benedetto.

Proprio come avviene nei fenomeni di silicizzazione delle piante: sostituzione di silice particella per particella alla sostanza vegetale. Lavoro di secoli, ma lavoro efficace, duraturo.

In una modesta agape, servita dai giovanotti del Circolo Savio Domenico e che accoglieva attorno a S.E. i figli di Don Bosco esprimevano appunto questa volontà di lavoro. Sia benedetto da Dio e coadiuvata dalla preghiera dei buoni nostri fratelli cooperatori.

S.E. il Delegato essendosi degnato di passare coi Salesiani di Nakatsu la festa dell’Immacolata, si ebbe occasione anche in questa residenza di far conoscere meglio l’opera nostra. E anche a Nakatsu la concorde attività dei confratelli ideò, sviluppò uno splendido programma, che mentre onorava S.E. (era anche il sesto anniversario della sua consacrazione episcopale) ricordava a tutti l’inizio della Società salesiana.

Furono benedette in questa occasione due stanze‑ritrovo per i giovani dell’Oratorio. I nostri cari ragazzi, con declamazioni e canti, espressero i loro auguri e i sentimenti di riconoscenza.

Si fecero visite alle Autorità e alle scuole di Nakatsu, allietando con concerti musicali la numerosa gioventù che le frequenta. Solenni funzioni nella cappelletta raccolsero i pochi cristiani che, come ad Oita, erano commossi e santamente orgogliosi vedendosi fatti segno a tante dimostrazioni di affetto e di tanto onore per la visita di S.E. che essi riconoscono come rappresentante del Papa e che sanno stimato dal loro Imperatore, che recentemente decorava il Delegato Apostolico colla massima onorificenza del crisantemo.

E in questo pensiero si animavano a vicenda alla preghiera, ad un maggior rinsaldamento nella loro fede, ad un più attivo apostolato.

A mezzodì si riunivano in agape fraterna le autorità del paese e alle parole di saluto e di ringraziamento all’inizio del banchetto (i brindisi e i discorsi in Giappone si fanno in principio) dette dall’infaticabile Don Piacenza, controrispose il sindaco di Nakatsu, sintetizzando rapidamente la storia del cristianesimo ai tempi di S. Francesco Saverio in quella zona che contava ben 30.000 cristiani.

Buon augurio di lavoro per noi. Perché dovrebbero essere stati dispersi i semi fecondati dalle fatiche apostoliche e dalla santità di San Francesco? Oh! faccia il Signore che rivivano quei tempi!

A sera il concerto preannunciato attrasse molto pubblico e tra i canti e i suoni e le allegre risate, risuonò la commemorazione della nascita della nostra Società nel giorno sacro dell’Immacolata.

Non vorrei che Lei, i confratelli e nostri amati Cooperatori nel leggere queste scheletriche relazioni pensassero a chissà quali cose grandiose del movimento salesiano in Giappone. Certo sono migliaia di persone e specialmente di gioventù che in queste feste attraverso alla musica hanno udito la buona parola, hanno inteso parlare di Dio, di Maria, di S. Francesco Saverio, di Don Bosco…

Ma sono solo semi sparsi qua e là al sorgere delle circostanze propizie. Quello che importa è che i semi cadano in buon terreno, germoglino e fruttifichino.

E in quest’opera che è la più difficile e la più importante, occorre la preghiera. L’imploro da Lei, dai confratelli, dalla falange degli allievi e cooperatori nostri. Mi reco a Nagasaki per la consacrazione di Mons. Thiry, Vescovo della nuova Diocesi di Fukuoka, da cui dipende la missione in cui noi lavoriamo.

Il grande Papa delle Missioni dona a queste terre un novello Pastore. Per chi ha fede è un grande avvenimento, è davvero un segno d’amore di Dio per queste anime.

Mentre offro al nostro Superiore Diocesano l’omaggio e la promessa di indefettibile ossequio e di lavoro a nome dei Salesiani, l’anima formula l’ardente voto che tutte le pecorelle a lui affidate, docili alla voce del buon pastore si raggruppino presto in uno smisurato gregge che allieti la nostra santa Madre, la Chiesa.

Ci benedica.

Con affetto filiale:

don Vincenzo Cimatti