Cimatti|Rinaldi Filippo / 1928-11-6

400 /Rinaldi Filippo / 1928-11-6 /


a Don Filippo Rinaldi, Rettor Maggiore dei salesiani



Mio buon papà,


Dopo le feste dei Santi, per le quali – come da unita relazione – avemmo fra noi Mons. Hayasaka, vescovo giapponese di Nagasaki, colgo l’occasione di un po’ di calma per scrivere al solito.

1) Salute: ottimissima. Mangio, bevo (mi sono dato più all’acqua), dormo e grazie a Dio posso lavorare sempre. Purtroppo! che non mi ammazzo… Ah, il Superiore è il pessimo dei mestieri. Per me da questo lato sono crocifisso davvero; mi consolo che Lei lo è più di me: non son solo dunque… magro conforto davvero!

2) Studio e lavoro: ce n’è fin sopra i capelli che non ho, e più ce ne sarebbe se la lingua fosse posseduta – se non ci fossero preoccupazioni di dover attendere a tener vivo il ricordo del Giappone presso gli amici lontani – anche presso i Superiori, che davvero devono guardare il nostro bel Giappone solo sulla carta geografica e vedendolo tanto piccolo pensano certo: “De minimis non curat praetor!”. Ma mi dico un po’… basta, se no tiro quattro moccoli di quelli!… Se posso compiere i propri doveri… per l’ennesima volta continuerò finché ho fiato a proclamare: “Non sono capace a fare il superiore”. Ecco tutto. Passo dei momenti terribili e per causa mia (essendo incapace) li faccio passare ai confratelli e non si conclude. Bel costrutto dunque… Tento di mettere diligenza, ma quando non ci si riesce, non ci si riesce – quindi i Superiori, prego, ci pensino e aiutino a cavarmi da questa situazione. Ma se è così bello, così santo ubbidire, ma perché proprio Don Cimatti deve comandare? Ho mai capito questo terribile problema. La mente che superbamente vuol primeggiare – la vita pratica che mi mette nell’incapacità di riuscire a comandare come si dovrebbe – un cumulo di responsabilità – dall’altra una specie di indifferenza, di lasciar correre per non aver l’occhio vigile e capire tante cose – da cui urti involontari coi confratelli, quando proprio credo di compiere atti di carità, ecc. ecc.

3) Comodità delle pratiche… Piena. Solite difficoltà – insisto ogni giorno, ma con le solite deficenze. Mi riesce difficile fare bene e tutte nei viaggi – nei giorni di gran lavoro e quando non posso compierle con la comunità.

4) Frequenza regolare ai Sacramenti. Sono la forza – pur non essendo capace di effondermi a lungo anche nelle visite – ma! che testa e che cuore strano il mio…

5) Per le sante regole nessuna difficoltà.

6) Per la carità fraterna certo è il mio unico desiderio e sforzo di andar d’accordo con tutti nell’amor di Dio, ma siccome, per quanto ho detto sopra, non ne imbrocco una (perché non so fare il superiore) di tanto in tanto la nostra piccola comunità è annuvolata con quanto male al cuore, non le so dire. Mi sembra per parte mia siano tutte cose involontarie, certo, ma si sta male per dei giorni finché torna il sereno.

Il bravo Don Antonio per questa mia inettitudine soffre scatti di nervoso terribili – ma mi dica Lei, mio buon Padre, che cosa ci posso fare, essendo incapace? Credo che Don Antonio le avrà scritto e così anche da questo lato, me ne sto tranquillo.

7) Disordini non ne vedo, salvo quelli desunti dalla mia imbecillità.


Ed ora mi preme ribattere con confidenza filiale un chiodo per me importantissimo – e non credo per nulla di disobbedire dicendo e a tempo opportuno facendo questo, se (quod Deus avertat!) si verificasse. Non accetterei fronzoli di monsignorati o simile cose. Tanti santi hanno fatto lo stesso e credo tanti buoni salesiani: non intendo con questo di affermare di essere né santo, né buon salesiano, ma per quanto è da me, non accetto questo, che nell’intimo del cuore aborro in me, venero ed esalto negli altri. Dirà che è presunzione, superbia il pensare ora a questo, ma è meglio seguire il sistema di Don Bosco e… prevenire. Perdoni, ma è necessario ribadire.

Per i confratelli. Don Cavoli: qualche momento di scatti nervosi e allora non parla e non mangia. Ma lo riconosco: la colpa è la mia incertezza nel comandare, nel correggere a tempo, nel non sapere insomma prevedere, provvedere. Mi aiuti colle sue preghiere e mi tolga da questa brutta condizione…

Attendiamo i rinforzi e siamo tutti meravigliati del silenzio di Torino al riguardo: sarà tale la tradizione… e l’abitudine. Cominciano ad arrivare pacchi per Don Escursell: segno che è confermato l’annuncio ufficioso avuto da Lei. Bene: sembra proprio animato da grande buona volontà. Deo gratias! Ho parlato ora con Don Cavoli di varie cose e ho concluso: “Mio caro Don Antonio, il difetto sta nel manico: sta in me. Mi usi la carità di aiutarmi in tutto. Il Signore vede e sa, ed i Superiori vedono e sanno e spero esaudiranno le mie suppliche”. Come vede: una conferma di più di quanto le dicevo prima. Supplico i Superiori… e se per facilitare la cosa è necessaria la mia presenza in Italia o se è necessario trasbordare altrove, in qualsiasi punto dell’orbe terracqueo, ecce ego, mitte me!

Mi benedica mentre con filiale affetto l’abbraccia il suo

affezionatissimo

don Vincenzo Cimatti


P.S. - Mi pare ci sarebbe anche la buona occasione che quest’anno scadono i direttori (Don Cimatti, Don Tanguy, Don Piacenza). Mio buon papà, pigli a cuore questa questione che, creda, per il bene delle anime è più ncescessaria e urgente di ciò che non creda. Lei non ha bisogno di un segretario? È la vita ideale.