Cimatti|Ricaldone Pietro / 1932-10-31

1012 /Ricaldone Pietro BS / 1932-10-31 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani




Gli amici nostri1

Miyazaki, 31 ottobre 1932


Rev.mo ed amatissimo Sig. Don Ricaldone,

Il succedersi affrettato dei giorni, dei mesi che scorrono nei lavori dell’apostolato, fra alternative gioconde e dolorose, eccitanti e deprimenti, mi fa ritornare a Lei per la solita relazione mensile.

Grazie a Dio, tutti relativamente in buona salute, dopo il riposo degli esercizi spirituali, si è ripigliato l’ordinario lavoro. Stiamo passando un momento di depressione in tutti i sensi, materiale e spirituale, sotto la mano benefica della Provvidenza che ci vuol provare, per fortificarci, per istruirci; il che però non impedisce il lavoro; starei per dire anzi che lo acuisce e nel lavoro di propaganda missionaria e nella realizzazione di progetti da tempo vagheggiati e nella elaborazione di nuovi per dilatare al più presto l’opera nostra a vantaggio delle anime a noi affidate. E incalza la voce del Papa delle missioni: “…che un’anima sola si perda per la nostra mancanza di generosità è un’alta responsabilità… Per la fede che abbiamo ricevuto da Dio, cooperiamo a dare la fede ad altre anime… Ripensando sovente che i pagani sono tuttora circa un miliardo non abbiamo requie nel nostro spirito… Ci conceda Gesù di dare per la salute delle anime quanto ancora ci resta di attività e di vita!…”. Ecco perché, nonostante le gravi difficoltà, ci sentiamo incalzati al lavoro. Ed anche perché siamo convinti che la Provvidenza ed i nostri amici non ci verranno meno.

Ho detto con gioia riconoscente questa parola “amici” e lo scopo di questa mia è di presentarglieli in blocco e di qualcuno più vicino a noi parlare in specie. È così poco, purtroppo, salvo la preghiera, quello che possiamo fare per manifestare la nostra riconoscenza ad essi, cui, dopo Dio, tutto dobbiamo, vorrei che questo modesto omaggio rivestisse proprio l’intima e profonda e piena manifestazione dei nostri sentimenti. Dico dei nostri, di noi missionari salesiani, delle Figlie di Maria Aus.; dei nostri cari cristiani e catecumeni; dei nostri cari aspiranti giapponesi all’apostolato nel clero indigeno o allo stato religioso, ed anche dei nostri pagani, che amati da noi, non possono non amare gli amici nostri.


Gli amici nostri!


Il S. Padre! Oh, ci risuonano ancora all’orecchio le parole paterne che ci rivolse nel 1925 quando benedisse i primi partenti. Lo scrivente ricorda con emozione le incitanti parole ad ingrandire ed intensificare l’azione di apostolato a pro dei giapponesi, in occasione delle feste di beatificazione di Don Bosco. Ogni missionario non può non apprezzare la sollecitudine e i provvedimenti del Papa delle missioni. E le mirabili direttive si concretano dalle singole opere pontificie, e da quelle più o meno direttamente in relazione a esse per sussidiare la nostra missione, guidarla col consiglio e colla vigile assistenza. Oh, la S. Chiesa, il Papa sono davvero i grandi mendicanti a favore delle Missioni, e i grandi benefattori.


GLI AMICI NOSTRI!


I nostri Superiori; Lei, o buon Padre, che ben conobbe de visu la nostra Missione; i confratelli, allievi ed ex-allievi nostri, i nostri genitori e parenti, colla falange dei nostri cooperatori e cooperatrici nostre. Come non dire a tutti il grazie riconoscente per quanto fanno per noi?

Questi gli amici nostri all’estero. E nell’interno?

I fratelli in apostolato; i vecchi missionari che da veri padri ci sono larghi di consiglio e di aiuto, e mettono a disposizione della nostra giovane missione, i tesori della loro esperienza e della santità della vita loro. Nella delicatezza della loro carità vogliono risparmiarci quanto essi hanno sofferto nel primo dissodamento dell’arido terreno.

I catechisti e maestri nostri, che si prodigano con noi nella ricerca, ammaestramento dei catecumeni o nell’istruzione dei nostri allievi – laboriosi, umili fattori di bene tra i loro connazionali. Uno dei più affezionati e che più si è assimilato il nostro spirito, mi diceva: “Sono quattro anni che lavoro con voi. Confesso che al primo anno di lavoro non feci altro che osservare, notare accuratamente il vostro lavoro, i risultati… e mi domandavo: “Ma chi sono questi figli di Don Bosco? Da che spirito sono animati? Perché lavorano tanto per la gioventù?… Perché vi impiegano tanto tempo, tanti mezzi?… A che riusciranno? Mi pareva di aver perduto un anno in queste constatazioni… Ora ho finalmente compreso. Dovevo sacrificarmi come voi per le anime, e tento di farlo…”. E lo fa davvero.

Amici nostri gli utili ed operosi elementi della Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli di Miyazaki i quali con vera abnegazione vanno alla ricerca delle miserie materiali e morali, che il paganesimo produce e trascura. Due dei più zelanti (due sposi che rimasti privi dell’unico figlio, hanno consacrato al Signore tutta la loro attività) cadono ammalati; ed ecco che un gruppetto di vecchiette cadenti e ammalate, da loro visitate, si trascinano alla casa dei loro benefattori per esprimere il loro profondo dolore e formulare gli auguri più belli per la pronta guarigione.

Amici nostri alcuni buoni cristiani, che comprendendo il nostro spirito, il desiderio di lavoro e la nostra inesperienza, ci facilitano pratiche presso le autorità, ci segnalano quanto sembra utile, ci tengono al corrente di notizie speciali o politiche o civili, o interessanti la comunità cristiana, ci mettono in guardia dal commettere passi falsi; oppure perché insegnanti nelle pubbliche scuole o muniti dei titoli legali si prestano per l’insegnamento ai nostri piccoli seminaristi e allievi tipografi.

E anche fra i catecumeni e pagani contiamo amici veri.

È difficile dire in brevi parole la psicologia del catecumeno. Se si abbandona generosamente alla grazia, è tale lo slancio da cui è preso per la propaganda buona e per attirare altri nella sua orbita, che assai più dei cristiani esplica il suo zelo. In qualche residenza – migliori propagandisti furono e sono i catecumeni – assai superiori in questo della comune dei cristiani.

Tra i pagani pure contiamo amici sinceri e preziosi. Non voglio lasciare di farle fare la conoscenza con un bravo Signore, Direttore di una delle scuole elementari di Miyazaki, e studioso di Storia. Volendo pubblicare un lavoro che è assai ben riuscito sulla prima ambasciata fatta a Roma dai principi giapponesi al tempo di Papa Gregorio XIII (1585), col concorso degli amici d’Italia, gli abbiamo potuto procurare buon materiale d’archivio e fotografie interessanti. Da allora è legato da riconoscente affetto alla missione. Come educatore ammira il sistema educativo di Don Bosco. Ha accettato di far scuola di giapponese ai nostri chierici, sorveglia e si presta per la ripetizione ai ragazzi del dopo-scuola, ed è al suo interessamento che dobbiamo il buon esito dell’iniziata scuola serale a Miyazaki. È buono e previdente e familiare consigliere, e non possiamo formulare che i più bei auguri di felicità materiale e spirituale per lui che ci fa così del bene.


gli amici nostri!


I nostri cari fanciulli e giovani, cristiani e pagani! Frequentano le nostre residenze; popolano e vivificano i nostri piccoli cortili, specialmente alla domenica accorrono colle famiglie alle modeste rappresentazioni che si tengono nelle nostre sale; si prestano per la propaganda, e dovunque c’incontrano ci salutano o inchinandosi, o correndoci incontro, o gridando da lontano, come ad amici d’antica data, il nostro nome.

Cristiani e pagani si domandano: “Ma che fanno questi preti? Ma perché sempre in mezzo ai fanciulli? Perché tante cure per essi?”. Per noi è tanto naturale la risposta, che non è capita né apprezzata da tutti, neppure dai cristiani – da non pochi osteggiata e ostacolata; ma nel nome di Dio, avanti sempre.

Seminiamo nelle lagrime, nella diffidenza, nell’ingratitudine, nella sterilità…

Altri raccoglieranno nella gioia… È sublimemente bello il lavoro del missionario, che va a mietere ove non ha seminato… E la più parte di tutto questo lavoro, bisogna confessarlo, è fatto dagli amici nostri: a tutti il grazie riconoscente, la preghiera quotidiana, il merito del bene operato.

Altri amici nostri vogliono stare nell’ombra. Ammalati che offrono a vantaggio della missione nostra i loro dolori; religiosi contemplativi, vittime di carità, che pregano incessantemente per noi e per le anime a noi affidate; benefattori che sotto la sigla dell’incognito inviano generose offerte… Anche per tutti costoro l’ammirazione riconoscente e la preghiera.

Il povero missionario non può dirvi altro, o anime buone. Continuategli la vostra cordiale immutata generosa amicizia.

E Lei, amatissimo Padre, non dimentichi questi amici nostri ai piedi della nostra Celeste Madre e presso l’urna del nostro Beato Don Bosco, unitamente ai suoi figli lontani.


Suo aff.mo

Don V. Cimatti, sales.



1 R. M. 398, manoscritto, inedito.