Cimatti|Ricaldone Pietro|1949-11-22

3879 / Ricaldone Pietro / 1949-11-22 /


a Don Pietro Ricaldone, Rettor Maggiore dei salesiani



Tokyo, 22 novembre 19491

Rev.mo ed amat.mo Sig. Don Ricaldone,

Rispondo alla sua carissima del 24/102 e mi dispiace proprio che abbia voluto disturbarsi per questo poco di buono – non c’era proprio di che, tanto più che essendo venuto il Visitatore, ebbi la graditissima nuova delle disposizioni dei cari Superiori in relazione alla mia domanda, che per convinzione di coscienza, era da anni che facevo.

Mi aiuti anche Lei ed i buoni Superiori a ringraziare il Signore. Ho la convinzione che con questo ne verrà un bene immenso all’Ispettoria ed alle anime. Come già scrissi, non sono i Superiori che debbono ringraziarmi, per quanto – mi scrive – ho fatto. Sarei ridicolo a me stesso se ci credessi.

Chi ha fatto sono i confratelli colla grazia del Signore. I Superiori hanno creduto troppo nelle mie possibilità ed ho la convinzione, pur avendo desiderato sempre di fare quello che mi pareva fosse mio dovere, di aver fatto molti, ma molti sbagli in tante cose e specialmente di non essere riuscito, come avrei desiderato ardentemente, d’impedire l’offesa del Signore e forse la perdita di tante anime perché ho la convinzione che vari nostri ex-confratelli hanno proprio perduto la vocazione che avevano, e forse c’entra anche parte delle mie scempiaggini ed insipienze.

Così pure in quante cose non sono riuscito ad accontentare i Superiori, seguendone in pieno le direttive… Basta, basta, che se mi metto per questa via chissà quante ne dico… Ce ne sono certo da farmi cacciare dalla nostra cara Società.

Certo non lascio una bella eredità al buon Tassinari, sotto tutti gli aspetti.

Francamente mi dispiace la frase che mi dice: “di aver messo al mio posto colui che mi fu designato”. Penso di aver messo sott’occhio dei superiori, che mi hanno obbligato a farlo, nomi di vari confratelli (ne ho sempre accennato a quattro). Non mi appioppino questa responsabilità.

Per l’altro punto è troppo chiaro che i Superiori desiderano che questo povero uomo rimanga qui – me lo disse anche il Rev.mo Visitatore.

Per me è proprio indifferente rimanere qui – andare tra gli Zulù o altra tribù – tra i lebbrosi – quel che so fare mi pare di farlo volentieri, anzi forse con un po’ di presunzione, anche quello che so fare poco. La superbia… Ecco la causa di tutte le mie fesserie.

Se i Superiori volevano e credevano utile quel che posso fare altrove, me l’avrebbero detto. Dunque evviva!

È certo disposizione del Signore anche questo, perché (e lo vedo così chiaro come effetto della visita) assisto alla correzione delle mie manchevolezze… Vedendo intorno a me le nuove disposizioni che si vengono prendendo, non ho che da battermi il petto e pregare a che tutto si raddrizzi conforme al volere del Signore.

Dunque mi perdonerà certo il Signore e ne sono sicuro, anche gli amati Superiori, dei dispiaceri, siano pure involontari, che ho potuto dare, di quanto ho fatto soffrire i confratelli – di quanto non sono stato capace di compiere.

Lascio l’Ispettoria in povertà, ma senza debiti (salvo quelli che fossero presso i Superiori e che non conosco). Che vuole? Io non mi ci raccappezzo più coi soldi… Il disbrigo degli affari non è il mio forte, anche in questo non ho capito niente. Il bravo Don Giraudi non può darmi l’approvazione. Mi si dice che come abbiamo fatto finora non è sistema amministrativo. Mah… Ho coscienza di aver dato quanto la Provvidenza mi ha mandato. Beh, Deo gratias, anche in questo.

Amatissimo Sig. Don Ricaldone, grazie della vera carità usataci coll’inviarci il Visitatore che parte domani 24 per il Siam. Penso sia stata una vera benedizione. Non ho ancora la lettera di ubbidienza, ma qualche cosa mi faranno fare. In silentio, in humilitate erit fortitudo mea et amor meus.

Mi benedica speciatim; e siccome è finita la mia corrispondenza ufficiale, accolga i miei poveri auguri per le feste della Mamma e per le feste Natalizie, e mi usi la carità di un saluto tutto speciale alla Mamma, e a Don Bosco, che vedremo in Paradiso.

È da anni che la mia povera vita è offerta per i miei cari del Giappone, per il Rettor Maggiore e per il Papa; per il Giappone: ut simus pauperes, pur et in charitate e in pace. Mi esaudisca il Signore nelle forme che crede, purché si realizzi sempre e solo la sua santa volontà. Mi permetta di abbracciarla e mi benedica.

Suo nel Signore buono a niente

Don V. Cimatti, sales.



P.S. Non so se furono già annunciate le nuove case del 1949: Oratorio S. Luigi a Tokyo-Meguro; scuola Professionale Don Bosco a Osaka.


1 Questa e` l’ultima lettera ufficiale di Don Cimatti a Don Ricaldone.

2 Questa lettera del Rettor Maggiore è una risposta alla precedente (del 6/10) di Mons. Cimatti. Fa meraviglia che il Rettor Maggiore non l’abbia scritta prima e spontaneamente. L’atteggiamento di Mons. Cimatti dimostra una volta di più la sua grande umiltà e lo spirito di fede