La via dell'amicizia e la 'lex orandi'

La via dell’amicizia e la lex orandi

Una lettura interculturale del Jiaoyou Lun di Matteo Ricci

Savio HON Tai-fai SDB

世無友,如天無日,如身無目矣

Un mondo senza amici

sarebbe come un cielo senza sole

o un corpo senza occhi. (JYL 79)


相須相佑,為結友之由。Ragion d’essere dell’amicizia sono il bisogno reciproco e il mutuo aiuto” (JYL 3)1. Il sentito bisogno dell’amicizia in una terra straniera fu espresso in cinese da Matteo Ricci (1522-1610) nel suo piccolo trattato Dell’amicizia, Jiaoyou Lun (=JYL). Giunto in Cina nel 1582, Ricci studiò intensamente la lingua e la cultura cinese. In seguito scoprì la figura di Confucio, e ne apprezzò grandemente l’insegnamento, considerandolo come praeparatio evangelica (Eusebio di Caesarea 263-339). Ricci si propose di offrire una sintesi tra confucianesimo e cristianesimo, che considerava complementari.2 Per questo scrisse Dell’amicizia, numerosi altri libri, e divenne amico di molti letterati cinesi i quali, a loro volta, lo aiutarono ad elaborare una tale sintesi. Più di una sintesi, Ricci seppe gettare un solido ponte tra Oriente e Occidente, perciò merita di esser chiamato il saggio dall’Occidente.3

Questo studio intende offrire una lettura interculturale del JYL, con un riferimento particolare all’interazione tra la via Dell’amicizia e la lex orandi.


1Amico e profeta

Matteo Ricci4 nacque a Macerata, allora parte dello Stato pontificio, il 6 ottobre 1552, nello stesso anno in cui S. Francesco Saverio morì a Shangchuan, alle porte della Cina. Il padre, Giovanni Battista, era speziale, e desiderava che il figlio Matteo, primogenito di 11 figli, facesse carriera nell’amministrazione pubblica. Matteo mostrava grande talento e il padre lo mandò a studiare legge a Roma, presso l’Università la Sapienza, nel 1568. Tre anni dopo, il 15 agosto 1571, Matteo entrò nella Compagnia di Gesù, accolto da Alessandro Valignano (1539-1606), che allora sostituiva per poche settimane il maestro dei novizi, Fabio de Fabii, momentaneamente indisposto. Valignano fu una figura fondamentale nella vita di Ricci. Fu Valignano infatti, come Visitatore delle missioni dei Gesuiti in Oriente, ad implementare in Asia il metodo dell’inculturazione. La formazione del Collegio Romano offrì a Ricci l’opportunità di acquisire le più avanzate scienze naturali, applicate ed umanistiche, oltre che la filosofia e la teologia. Ricci aveva una spiccata indole religiosa, per cui manifestò il desiderio di diventare missionario nell’Oriente, un mondo nuovo, dove c’era ancora tutto da scoprire. Ricci arrivò in India nel 1578 e di lì Valignano lo chiamò a Macao, dove giunse il 7 agosto 1582. Con l’aiuto di numerosi amici, Ricci riuscì nell’impresa di completare “l’ascesa verso Pechino”5, dove giunse il 24 gennaio 1601. Non lasciò più la capitale, dove morì l’11 maggio 1610. Nel 1611 fu sepolto solennemente in una residenza concessa dell’imperatore come dono ai Gesuiti, grazie anche all’interessamento di amici.


Credo che Ricci non fu solo un amico di molti, ma anche un profeta. Un profeta? Si, perché Ricci riuscì ad integrare il pensiero tradizionale europeo su Dio con nuove prospettive. Con l’aiuto della grazia, Ricci coltivò la capacità di ascoltare lo stesso Dio che parla, tramite la ragione naturale, in altre culture, anche in quella cinese.6 In tal modo, Ricci elaborò una visione della missione e dell’evangelizzazione che era profetica, cioè in anticipo rispetto ai tempi. Possiamo citare l’esempio della questione dei riti cinesi, sorta circa 25 anni dopo la morte di Ricci. La soluzione proposta dai Gesuiti era la stessa del Ricci, e cioè il permesso ai cristiani di partecipare ai riti in onore degli antenati e di Confucio. Dopo un’interminabile discussione nella prima metà del Settecento, Clemente XI (nel 1704 e 1715) e Benedetto XIV (1742) decisero di non permettere ai cristiani la partecipazione a quei riti. Questa decisione, secondo molti, intralciò gravemente l’evangelizzazione della Cina. Solo nel 1939 la Santa Sede, dopo che il governo cinese aveva confermato la mera natura civile dei riti, rimosse la proibizione con l’istruzione Plane compertum (8.XII.1939) della Sacra Congregazione di Propaganda Fide.7 Con questo documento, la Santa Sede modificò sostanzialmente i decreti di Clemente XI e Benedetto XIV riabilitando indirettamente la figura di Ricci e del suo metodo missionario. In seguito molti studi hanno messo in luce la bontà dell’approccio missionario dei primi Gesuiti, fino alla competa riabilitazione di Matteo Ricci compiuta da Giovanni Paolo II8 e Benedetto XVI9.

Il documento Plane compertum est del 1939 afferma:

È chiaro che alcune cerimonie in Oriente pur essendo state precedentemente legate a riti pagani ritengono ora, dati i cambiamenti delle usanze del pensiero lungo i secoli, un significato puramente civile di pietà verso gli antenati, di amore per la patria e di rispetto ai connazionali. 10


Questo principio è importante per l’evangelizzazione in Cina, e Ricci ne già anticipato lo spirito, escludendo che i riti cinesi fossero di carattere idolatrico. Lo stesso Ricci ebbe bisogno di un certo tempo per comprenderlo. All’inizio Ricci non aveva dato importanza alla questione dei riti. Nel 1591, quando morì il confratello Antonio de Almeida,11 furono celebrati dei riti secondo il costume europeo. I cinesi furono sorpresi che i padri non si fossero vestiti di bianco per dimostrare il loro lutto. Ricci capì gradualmente che tali riti erano una componete essenziale della vita quotidiana del popolo, 12 ed erano civili piuttosto che religiosi. Nel 1607, quando è morì João Soerio, le cerimonie funebri includevano sia i riti cristiani in stile europeo, che i riti in stile cinese. Lo stesso avvenne in occasione della morte, avvenuta nello stesso 1607, del padre del grande letterato Paolo Xu Guangqi (徐光啟1562-1633), amico di Ricci. Paolo Xu, essendo un alto ministro, non avrebbe, in ogni caso, potuto fare diversamente. In quell’occasione si mostrò chiaramente, agli occhi di Ricci, che i riti di venerazione degli antenati erano di natura civile, ed esprimevano i valori della pietà filiale verso gli antenati, dell’amore per la patria e del rispetto ai connazionali.

Dopo la morte, il corpo di Ricci fu messo dentro ad una bara ben sigillata presso la residenza dei Gesuiti, dove attese per più di un anno la sepoltura. Quando finalmente ottennero un terreno per la sepoltura dall’imperatore Wanli 萬曆, vi furono le esequie solenni, dove ai tradizionali riti della Chiesa seguirono i riti cinesi. Furono molti gli amici cinesi che nei giorni che seguirono vennero a manifestare i loro sentimenti secondo la loro usanza.13

Essendo un buon teologo, oltre che un buon missionario, Ricci conosceva il nesso tra lex orandi e lex credendi. Il carattere disciplinare della lex orandi ha la funzione di evitare errori dottrinali e trasmettere l’integrità della fede. Nei confronti dei riti cinesi Ricci ha agito con cautela: all’inizio ha prevalso la preoccupazione se i riti cinesi fossero o no, per i credenti, espressioni legittime della loro fede. In seguito riflettete sulla continuità tra la ragione confuciana e la fede cristiana, ovvero tra le virtù della pietà filiale con l’amore e il rispetto che derivano dall’adorazione del Signore del Cielo e della Terra. Non sarebbe stato facile acquisire questa capacità di comprensione se Ricci non avesse coltivato la via dell’amicizia. Ci si lascia plasmare dalla cultura solo quando si coltiva un’amicizia profonda verso i destinatari dell’evangelizzazione.


2.Amicizia ed ascesa a Pechino


Il Jiaoyou Lun (交友論 JYL) di Ricci fu composto verso la fine del 1595. La prima versione conteneva 76 massime o sentenze. Nell’edizione a cura di Feng Yingjing 馮應京, pubblicata nel 1601, Ricci ha aggiunto 24 sentenze, giungendo così a cento sentenze. Ricci stesso raccontò la composizione di questo libro: nel 1595 egli era giunto a Nanchang 南昌, dove si era fatto amico del principe di Jian’an 建安王, di nome Zhu Duojie 朱多櫛. Ricci gli presentò vari doni, tra i quali il trattato Dell’amicizia, il primo libro scritto da Ricci in Cina.14 Il libro era accolto ed apprezzato dai cinesi contemporanei oltre ogni aspettativa. Le fonti utilizzate da Ricci furono autori europei e cinesi, cristiani e non. Secondo l’espressione dello stesso Ricci, alcune sentenze furono ‘accomodate’ al pubblico cinese.15

Le cento sentenze non sembravano avere un ordine specifico e ogni frase può esser usata indipendentemente. Tuttavia Mignini propone uno schema interessante articolato in sei tematiche: 1. Essenza; 2. Fine; 3. Beneficio; 4. Fondamento; 5. Proprietà (cioè, sincerità, fedeltà, disinteresse, condivisione); 6. Difesa.16

Il tema fondamentale è sempre quello dell’amicizia, e i detti esprimono una profonda saggezza che tocca l’anima. Il modo con cui Ricci ha messo insieme il tutto sembra ispirato da Seneca e dallo stesso Confucio.


Il JYL è stato scritto non tanto per esercizio linguistico o per guadagnare stima verso la propria persona, ma sopratutto come una tappa ideale della propria “ascesa a Pechino”. Negli anni 1595 e 1596, quando veniva compilato il JYL, Ricci scrisse anche delle lettere da cui si può dedurre il complesso significato di tale ascesa.17

Anzitutto, si trattava di un’ascesa geografica dal sud al nord. Nel 1583 Ricci si trasferì da Macao a Zhaoqing; nel 1589 da Zhaoqing a Shaozhou, dove conobbe un funzionario, da Ricci chiamato Shi Lou, identificato da Pasquale D’Elia con Shi Xing 石星. Questi aveva invitato Ricci a Pechino, ma riuscì a portarlo solo a Nanjing 南京. Ricci si scoraggiò molto di questo parziale insuccesso, e fu rassicurato in sogno che la meta finale stabilita da Dio era proprio Pechino.18

In secondo luogo era un’ascesa letteraria. Consapevole che in Cina i libri valevano più che le parole, Ricci faceva ogni sforzo per scrivere in cinese. Nel 1593 aveva tradotto i Sishu 四書, ovvero I Quattro Libri 19 in latino20. La produzione del JYL doveva essere come un saggio di prova della sua capacità di compilare e pubblicare opere in cinese.21

In terzo luogo, si trattava anche di un’ascesa sociale. In 1594 c’era stata una svolta decisiva per la strategia missionaria dei Gesuiti: l’abbandono del vestito simile a quello dei monaci buddisti e l’assunzione dell’abito simile a quello dei letterati. Il cambio non era motivato da desiderio di maggior gloria, ma piuttosto dal bisogno di relazione con la classe socialmente e culturalmente più elevata.22

In quarto luogo, ciò comportava un’ascesa etica. Ricci voleva esser riconosciuto non solo come uno scienziato ma anche come un saggio, proveniente dal Grande Occidente, in grado di offrire un’insegnamento filosofico e morale autorevole. Alcuni suoi libri, quali il JYL e le Venticinque Sentenze (Ershiwu yan 二十五言, 1599-1600) furono scritti in forma di aforismi e aneddoti, nello stile degli Analecta (Lunyu 論語) di Confucio. Ricci, che aveva una memoria prodigiosa, scrisse anche un libro sul metodo mnemonico occidentale (Xiguo Jifa西國記法 ,1596).23

In quinto luogo, essa era un’ascesa culturale. Ricci coltivava una capacità bilingue in vista della presentazione della fede cristiana. Egli ha potuto identificare, nei libri classici cinesi, i concetti e i pensieri che erano compatibili con quelli della fede cristiana. Per esempio: l’unità di Dio, l’immortalità dell’anima, la gloria dei beati, la condanna dei malvagi, ecc. 24 Ricci sviluppò tutto questo in modo sistematico nel Tianzhu Shiyi (= TS),天主實義Il vero significato del Signore del Cielo, un libro scritto in forma di dialogo, di cui aveva finito la prima bozza verso 1596 ma che fu pubblicato solo nel 1603.


3Amicizia ed Apertura


L’amicizia è primariamente una esperienza che sfocia nella gioia e nella fiducia. “Aver amici che vengono da lontano, non è ciò anche una gioia?” chiese Confucio.25 Ricci risponderebbe di sì nel JYL.

Se nel mondo non vi fosse amicizia, non vi sarebbe gioia.
57. 天下無友,則無樂焉。26

Il piacere dell’amicizia con un buon amico si avverte di più dopo averlo perduto.

66. 良友相交之味,失之後愈可知覺矣。

Un mondo senza amici sarebbe come un cielo senza sole o un corpo senza occhi.

79. 世無友,如天無日,如身無目矣。


Le esperienze accumulate possono aprire nuovi orizzonti di percezione delle cose. Ricci, per esempio, che aveva lavorato da apprendista con il suo padre speziale, ha richiamato una immagine del medico da Agostino per descrivere la coltivazione dell’amicizia.

Fare amicizia è come curare una malattia: se il medico ama veramente l’ammalato, odia di certo la sua malattia. Per curarlo della malattia, egli ferisce il suo corpo e dà amaro alla sua bocca. Se il medico non risparmia il corpo del malato, potrebbe mai l’amico tollerare i vizi dell’amico? Riprendilo! Perché avere compassione delle sue orecchie ribelli? Perché aver paura della sua fronte corrugata?

20. 交友如醫疾,然醫者誠愛病者,必惡其病也。彼以救病之故,傷其體,苦其口。醫者不忍病者之身,友者宜忍友之惡乎?諫之諫之,何恤其耳之逆,何畏其額之蹙!


La concezione dell’amicizia nel JYL è molto ricca. 27 Per lo scopo nostro, cerco di rilevare dal JYL la triplice apertura verso la fratellanza universale, la trascendenza divina e la saggezza umana.


3.1La fratellanza universale


Per quanto riguarda le varie forme e i diversi gradi dell’amicizia, il vocabolario di Ricci è ricco e vivace.28 Ricci segue Aristotele, che divise gli amici in tre gruppi principali. Il primo gruppo indica quelli che sinceramente vogliono bene con amore non necessariamente corrisposto, cioè, amicizia di “benevolenza”. Gli altri due gruppi gli amici per “utilità” o per “piacere”. È solo la benevolenza che costituisce l’essenza dell’amicizia, mentre l’utilità e il piacere non assurgono a tale livello. Solo l’amicizia di benevolenza può durare, mentre il rapporto in cui ha il sopravvento l’utilità o il piacere si deteriora facilmente.29 Perciò gli autori latini, quale Cicerone, stimano molto l’amicizia di benevolenza e sdegnano quella di utilità o di piacere. 30 La stessa contrapposizione tra “benevolenza”() e “profitto/utilità” () si trova nel libro di Mencio. 31


Ricci riconosce a più riprese che non sia facile distinguere tra benevolenza e utilità o piacere, ma fa sua l’intuizione di Aristotele, affermando:

Il mio amico non è altro che la metà di me stesso; anzi, un altro me stesso. Perciò devo considerare l’amico come me stesso.

1. 吾友非他,即我之半,乃第二我也,故當視友如己焉。


Questa sentenza è presa da Aristotele (Grk. Ho philos allos autos: l’amico è un altro me stesso). Con questo criterio si distingue meglio l’amicizia di benevolenza da ciò che non lo è. Mettendo questa sentenza al primo posto, Ricci vuole senz’altro dire qualcosa di più. Il termine greco philia ha un significato molto ampio, che include affetto, amore e benevolenza, attaccamento all’altro sia spontaneo che deliberato, per motivo circostanziale o a libera scelta. Philia indica l’unità tra i compagni di un gruppo o tra i cittadini di una società. Alla base di tale concezione sta l’idea dell’uomo come “animale politicum et sociale”.32 S. Tommaso usa la parola latina “sociale” in un senso più ampio. Essa traduce il termine greco “koinonikon”, un termine usato dagli Stoici per dire che l’uomo è cittadino non solo di una città, ma dell’oikoumene, del mondo abitato. Perciò l’uomo è considerato “cittadino del mondo”. Sono i saggi Stoici che per primi con la ragione naturale allargano progressivamente l’amicizia dall’inclinazione familiare all’altruismo universale. Non è in una città chiusa, ma in seno all’umanità razionale che gli uomini possono prosperare.33 La stessa risonanza della philia si trova in Cicerone, in Agostino ed altri autori cristiani.

Ovviamente l’autorità più rilevante per Ricci non è Aristotele o Cicerone, ma Gesù, dal quale derivano termini quali Societas Jesu e Gesuiti. I Gesuiti affermano che Gesù è il loro compagno (socius). Ricci, in quanto Gesuita, deve apprezzare in modo del tutto singolare le parole di Gesù: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il padrone. Vi ho chiamati amici”(Gv 15,15)34. La Bibbia, il libro che nutre la fede di Ricci, fu sicuramente una delle ispirazioni del suo JYL.35


Nella sua prefazione a Dell’amicizia, Ricci afferma che il principe Jian’an, pur non conoscendo la filosofia stoica, ha preso l’iniziativa di trattare Ricci, uno straniero, da amico. Nel corso del banchetto al quale aveva invitato Ricci, il principe, compiendo un gesto di cortesia che andava ben oltre l’etichetta, si alzò dal suo posto d’onore e tendendogli le mani, gli pose una domanda sulla via dell’amicizia nel Grande Occidente.36


Tra le varie tipologie dell’amicizia, la più rara e preziosa è l’amicizia intima (40: chi ha troppi amici intimi, non ne ha nessuno多有密友,便無密友也). L’ideale dell’amicizia intima è formulata da Aristotele così: “una sola anima in due corpi (mia psyche duo somasin enoikousa)”37. Ricci la trascrive così:


Il mio amico è in tale relazione con me che pur essendoci due corpi,

nei due corpi c’è un solo cuore.

2. 友之與我,雖有二身,二身之內,其心一而已


Per render in cinese il senso di psyche Ricci ha usato il carattere cuore”, basandosi sull’opinione comune che è il cuore a governare il corpo.38 Il cuore è il luogo dove la persona decide se seguire il principio del Cielo (存天理) e cerca di vincere la concupiscenza umana(滅人欲)39. Tutti i rapporti intimi si fondano sul cuore.

Soltanto colui al quale posso rivelare completamente il mio cuore comincia ad essere un amico che mi conosce (=mio intimo amico).

17. 可以竭露發予心,始為知己之友也。


Tale visione è testimoniata, secondo Ricci, dalla confluenza delle due lunghe tradizioni culturali, occidentale e orientale, ed è dunque un’esperienza universale. L’amicizia intima sfocia nel sostegno reciproco (JYL 3) ed in un rapporto che va oltre le parole e la morte:

Quando si considera l’amico come se stesso, allora il lontano si avvicina, il debole si rafforza, chi ha subito disgrazie torna nella prosperità, l’ammalato guarisce e – che bisogno c’è di tante parole? – il morto è come se fosse vivo.

43. 視友如己者,則遐者邇,弱者強,患者幸,病者愈,何必多言耶!死者猶生也。


3.2La trascendenza divina

L’amicizia è l’esperienza nella quale l’uomo con l’altro (l’amico) in cui ha fiducia può andare oltre i propri limiti. Analogicamente il rapporto tra Dio e l’uomo è l’esperienza nella quale l’uomo, in relazione con l’Altro in cui crede, può avanzare oltre i limiti della natura. Nell’amicizia, la fede (nel senso ampio della parola) sta in mezzo tra affetto e ragione. Circa l’affetto: l’uomo si sente fortemente legato all’amico. Circa la ragione: l’uomo purifica i propri sentimenti. Circa la fede: l’uomo è mosso dall’affetto ed accompagnata dalla ragione, in cerca dell’amicizia autentica. Ben formato nella tradizione occidentale, da Agostino a Tommaso, Ricci riconosce l’interazione tra affetto, ragione e fede.40 Quando si cerca l’amico, è l’affetto che prende l’iniziativa. “Se uno non corrisponde all’amore [l’affetto dell’altro], allora nessuno dei due diventa amico”41. L’affetto fa sorgere la fede ovvero la fiducia verso l’amico. La ragione deve accompagnare la fede e l’affetto, per poter purificare falsità e ingiustizia.

Prima di contrarre amicizia, bisogna osservare; dopo averla contratta, bisogna fidarsi.

7.交友之先宜察交友之後宜信


La fede suscitata dall’affetto diventa un’accettazione dinamica di ciò che va oltre la dimensione della ragione. È a causa della ragione che l’uomo può approfondire ed elevare l’amicizia. Similmente, è a causa della fede che l’amicizia diventa ricerca della verità e consolidamento della speranza per il bene. La verità e il bene danno fondamento al legame della società in cui i membri condividono la stessa ricerca e la stessa speranza. Familiare con il Confucianesimo, Ricci trova che la via dell’amicizia non si racchiude nella coltivazione personale, ma confluisce nella costruzione della pace nella società. Come dice Confucio, “La via del Grande Studio consiste nell’illuminare le nobili virtù, nel rinnovare il popolo, e nell’arrivare al sommo bene”42; poi, in un’altro passaggio, dice: “Tenendo ferma la fede-fedeltà, non trovi tra i tuoi amici nessuno che non è simile a te stesso”.43 L’amicizia e la società sono legate. Citando il pensiero di Cicerone, Ricci dice: “una nazione può stare senza tesoro, ma non può stare senza amici”. 44 Ciò che conta di più nei rapporti umani, sia tra gli amici che tra i parenti, è l’affetto reciproco.

L’amicizia prevale sulla parentela solo per questo: i parenti possono non amarsi reciprocamente, gli amici no. Infatti le relazioni di parentela restano anche senza amore tra i parenti; ma, se togliete l’amore reciproco tra gli amici, come potrebbe sussistere l’essenza dell’amicizia? 50. 友於親,惟此長焉。親能無相愛,親友者否。蓋親無愛親,親倫猶在,除愛乎友其友,理焉存乎?


Ricci racconta un aneddoto di Alessandro Magno per dimostrare l’importanza dell’amicizia.

Quando il re Alessandro non era ancora salito sul trono, non aveva un erario nazionale e distribuiva generosamente agli altri tutte le ricchezza che acquisiva. Il re di un Paese nemico, molto ricco e che non si occupava che di rimpinguare il suo tesoro, beffandosi di lui gli disse: “Dov’è il tesoro di Vostra Maestà. Egli rispose: “Nel cuore degli amici”. 93. 歷山王未得總位時,無國庫;凡獲財,厚頒給與人也。有敵國王富盛,惟事務充庫,譏之曰:「足下之庫在於何處?」曰:「在於友心也。


Quando arrivò in Cina, Ricci vi trovò un’atmosfera piuttosto ostile verso gli stranieri. In molti casi dovettè fare ogni sforzo per trasformare i “nemici” in “amici”.

Nello scrivere il JYL, non ha dimenticato la saggezza cristiana del perdono citando un aneddoto da Agostino45.

Creso – è il nome di un re dell’Occidente – da uomo di bassa estrazione era riuscito ad avere un grande regno. Un saggio gli domandò quali fossero i grandi principi che voleva applicare nel regnare. Egli rispose, “beneficare i miei amici e ripagare i miei nemici”. Il saggio replicò: “Meglio sarebbe beneficare gli amici e, a forza di benefici, fare che i nemici diventino amici”.

99. 客力所西國王名以匹夫得大國。有賢人問得國之所行大旨,答曰:「惠我友,報我仇。」賢曰:「不如惠友而用恩,俾仇為友也。」


L’apertura verso la fratellanza universale non avanza se non si fonda sulla trascendenza divina. La via dell’amicizia (Youdao 友道), nel pensiero di Ricci, non si racchiude dentro la storia immanente. La cosìdetta Via (dao), cioè, il principio della vita viene dal Cielo (Tian ), fonte di ogni cosa. Sperimentata la vera amicizia, l’uomo si apre spontaneamente al Cielo e assume la fiducia e la speranza per ciò che va oltre i limiti della morte. Ricci ovviamente riconosce che anche i Confuciani condividino le credenze popolari circa la vita dopo la morte: l’immortalità dell’anima, il premio o il castigo dopo la morte. Nel suo libro Tianzhu Shiyi (Il vero significato del Signore del Cielo), pubblicato più tardi ma preparato contemporaneamente con JYL, Ricci trattò questi temi in un modo sistematico.

Tra gli anni 1591-93 due confratelli di Ricci morirono.46 La perdita di questi cari amici fu dolorosa e Ricci, consolato dalle parole della Bibbia fortis ut mors delectio (Canti 8,6), li ricordò con grande affetto, superando la tristezza. Questa esperienza si riflesse nel JYL:

Ricordo gli amici deceduti senza tristezza, perché quando vivevano, li tenevo cari come se potessi perderli a qualsiasi momento; ora che sono morti li ricordo come se fossero ancora vivi.

15. 既死之友,吾念之無憂,蓋在時,我有之如可失,及既亡,念之如猶在焉。


In un’altra sentenza, Ricci spiega la composizione dei caratteri (朋友compagno-amico) facendo notare che perfino la cultura cinese asserisce che i decreti di Dio sono in qualche modo iscritti nella natura umana.

Il Sovrano in Cielo ha dato agli uomini una coppia di occhi, di orecchie, di mani, di piedi, intendendo che si può portare a buon fine ogni cosa se due amici si aiutano reciprocamente. (Nell’antica scrittura il carattere “amico [ ] era composto da “due mani” delle quali non possiamo fare a meno; il carattere “compagno era composto di “ala ed ala” (), cioè due ali, con le quali soltanto l’uccello può volare. Non sarebbe forse così che gli antichi saggi hanno considerato gli amici?

56. 上帝給人雙目、雙耳、雙手、雙足,欲兩友相助,方為事有成矣。(友字,古篆作 ,即兩手也,可有而不可無。朋字,古篆作羽,即兩习也,鳥備之方能飛。古賢者視朋友,豈不如是耶?)



3.3La saggezza umana


Se c’è la via, c’è anche la possibilità di deviare.

L’amico di oggi forse in seguito cambierà e diventerà nemico. (...) Come potremmo non essere cauti!

13今日之友,後或變而成仇…可不敬慎乎!


Ricci l’ha imparato per esperienza. Se gli amici cercano solo il piacere, l’amicizia può diventare meramente una cosa gratificante. Per fortuna l’uomo è dotato di ragione, che distingue le gratificazioni profonde da quelle superficiali. Con la ragione i sentimenti possono esser trasformati in gioia spirituale; un ritrovo in un incontro delizioso; e la mondanità in rettitudine.


Gli amici mondani stanno insieme più nel divertimento che nella gioia; così quando si separano, restano tristi. Gli amici retti stanno insieme più nella gioia che nel divertimento; così, quando si separano, non hanno di che pentirsi.

54. 俗友者,同而樂多於悅,別而留憂;義友者,聚而悅多於樂,散而無愧。

Se sei mio vero amico, allora mi ami per l’affetto, non per le cose.
27. 爾為吾之真友,則愛我以情,不愛以物也


L’amicizia guidata dalla saggezza si purifica. Zhuangzi 莊子, conosciuto da Ricci come un’importante figura dell’antichità, propone un’ interessante analogia: l’amicizia tra gli uomini virtuosi è limpida come l’acqua, ma l’amicizia tra gli uomini gretti è dolce come il vino. L’acqua limpida portatrice di un gusto puro significa l’amicizia purificata dall’egoismo, e dunque ancora più preziosa. In questo contesto, il vino è considerato negativamente. È una bevanda dolce, e dunque inebriante, che simboleggia l’amicizia inquinata dall’interesse, e perciò da interrompere.47

Ricci ha captato molto bene il senso di questa immagine:

Quando nell’amicizia il piacere prevale sulla virtù, non si può restare amici per lungo tempo.

32. 友之樂多於義,不可久友也。

È difficile fare amicizia tra gli uomini virtuosi, mentre è facile tra gli uomini gretti; ma ciò che si unisce difficilmente, difficilmente si stacca e ciò che si unisce facilmente, facilmente si stacca.
62. 君子之交友難,小人之交友易。難合者難散,易合者易散也。


Ricci distingue il corso della natura (cursus naturae) dalla legge naturale (lex naturalis). Il corso della natura è determinato dal Cielo, ma il Cielo esige dagli uomini che vi si conformino tramite scelte libere, motivate dall’obbligo morale. Quest’ultimo viene percepito come la legge naturale (in senso morale). Secondo il corso della natura gli uomini ricevono due mani senza il loro consenso, ma secondo la legge naturale hanno la possibilità di scegliere, e l’obbligo morale di farlo, di usare le mani per far il bene ed evitare il male. Il corso della natura è insito nel creato, mentre la legge naturale è iscritta nella natura umana. L’amicizia quando segue il corso della natura sfocia nella gratificazione ovvero nella felicità; ma quando segue la legge naturale essa ci conduce all’obbligo di coltivare le virtù. In questo senso, nell’amicizia convergono felicità e virtù.48


Ricci si presenta non solo come uno scienziato che possiede la conoscenza delle misure spazio-temporali (p.es. matematica, astronomia, calendario e geografia), ma anche come un saggio che possiede la sapienza della vita. La scienza aiuta a determinare le cose e gli eventi della natura in termini spazio-temporali, ma la sapienza offre la chiave per comprendere il mistero della storia umana, e non solo, ma anche del futuro dopo la morte. Così, come la scienza della natura, anche la sapienza della vita è valida universalmente. Di conseguenza Ricci percepisce che vi è consonanza tra la fede cristiana e la sapienza confuciana.


Alla domanda “cos’è la saggezza?” Confucio risponde: “dedicarsi ai doveri dati agli uomini, e rispettare gli spiriti tenendoli a distanza” (Analecta 6, 18); e continua: “colui che possiede la saggezza non è perfetto come colui che l’ama; colui che l’ama non è perfetto come colui che se ne diletta” (Analecta 6, 20) 49.

Ricci cita un aneddoto in JYL per dire la stessa cosa.

Un antico re dell’Occidente aveva fatto amicizia con un letterato e lo teneva magnificamente nella capitale, ritenendolo dotto e saggio. I giorni passavano, senza che il re vedesse farsi dei rimproveri. Allora lo licenziò, dicendo: “Sono uomo e non posso essere senza difetti. Se tu non li vedi, non sei un saggio; se tu li vedi e non mi correggi, non sei un amico retto”. Questo antico re agì in tal modo perché non era stato rimproverato dei suoi difetti. Che dire di coloro che, in questi tempi, coprono e abbelliscono i difetti degli altri?

97. 西土之一先王曽交友一士而腆養之於都中,以其為智賢者,日曠弗見陳諌,即辭之曰:「朕乃人也,不能無過,汝莫見之,則非智士也;見而非諌,則非賢友也。」先王弗見諌過,且如此,使值近時文飾過者,當何如?


L’uomo ha bisogna degli amici per aver l’opportunità di farsi il bene l’uno l’altro (JYL 69). Perciò l’uomo gioisce nel far bene agli altri, e ugualmente gioisce nel ricevere il bene che gli altri fanno a lui. L’amicizia fa gustare una doppia gioia. La seconda è la conseguenza della prima, mentre la prima è animata dalla benevolenza, che non cerca necessariamente la corrispondenza. Da questa duplice gioia sorge il bene comune, cioè, trattare l’altro come un altro me stesso (JYL 2). Ovviamente, a questo punto, Ricci si ispira al Vangelo, “Tutte le cose volete gli uomini facciano a voi, voi fatele a loro” (Mt 7,12). Di seguito Ricci dice:

Se non puoi essere amico di te stesso, come potrai essere amico degli altri.

86.不能友己,何以友人?


Figlio della cultura rinascimentale, Ricci percepisce che la legge naturale ha a che fare non solo con “l’obbligo morale”, ma anche con “il bene comune”. Spetta al governo promulgare le leggi positive per il bene comune, ma spetta al cittadino osservare queste leggi per benevolenza verso gli altri. In questo modo il bene comune è strettamente legato al bene personale, come dice Ricci nel JYL:

La maggior parte delle cose nel mondo, prese da sole, sono inutili; ma, messe insieme, cominciano a essere utili. Come mai solo l’uomo non sarebbe così?

65. 世間之物,多各而無用,同而始有益也。人豈獨不如此耶!


In una società basata sulla fratellanza universale, ovvero sulla via dell’amicizia, Ricci capisce il pensiero di Confucio: “l’uomo virtuoso coltiva se stesso per esser rispettoso, (...) e anche per dare pace al popolo”. 50 Ricci lo condivide, come si deduce dalla seguente sentenza:

Se vedo che gli amici di qualcuno sono come una foresta, mi accorgo della ricchezza della sua virtù.

61 視其人之友如林,則知其德之盛。

Nell’esperienza dell’amicizia, Ricci trova consonanza anche tra l’armonia cinese () e la comunione greca (koinonia). Secondo la tradizione cinese, l’armonia si realizza nei rapporti umani. Ci sono cinque relazioni naturali (wu lun 五倫): tra imperatore e suddito, tra padre e figlio, tra marito e moglie, tra fratello maggiore e fratello minore, tra amico e amico. Tra le cinque relazioni quella dell’amicizia è fondamentale ed infatti penetra tutte le altre relazioni in un modo armonioso.51 Perciò “ecco cos’è l'armonia: la Via universale di tutto ciò che è sotto il cielo” (和也者,天下之達道也L’invariabile mezzo 1). Come realizzare la cosiddetta armonia? Nel JYL Ricci propone la via della comunione: “le cose degli amici sono tutte comuni”.52 Ricci sa anche che l’amicizia è legata alla comunione cristiana: “Tutti i credenti, poi, stavano riuniti insieme e avevano tutto in comune” (At 2, 44). Ricci, conoscendo il Confucianesimo, sa che la via dell’armonia e la via della comunione combaciano e convergono sulla virtù, come dice Confucio: “Gli uomini virtuosi pur essendo non simili fra loro sanno stare in armonia. Gli uomini gretti pur essendo simili fra loro non sanno stare in armonia” (君子和而不同,小人同而不和Analecta 13, 21.




4Preghiera e Amicizia


Preghiera e amicizia sono due virtù che hanno fortemente plasmato la vita missionaria di Ricci. Ecco come egli si esprime nella prefazione del libro del Tianzhu Shiyi (=TS) Il vero significato del Signore del Cielo:


(...) Più di vent’anni ogni mattina e ogni sera guardando il Cielo ho pregato in lacrime alzando pensieroso il mio viso (仰惟) al Signore del Cielo, compassionevole e clemente verso gli uomini, affinché assicuri il giorno in cui loro possano esser illuminati e resi corretti. Poi, inaspettatamente son venuti alcuni amici e hanno detto che, anche se non ero in grado di parlare perfettamente, non dovevo rimanere in silenzio vedendo un ladro, e se avessi gridato e un uomo compassionevole e coraggioso fosse stato nelle vicinanze, all’udire delle grida si sarebbe alzato e l’avrebbe attaccato. Perciò, io Matteo ho risposto alle domande a me sottoposte dai letterati cinesi e messo per iscritto questi dialoghi in un libro”.

TS 8:(…)二十餘年,旦夕瞻天泣禱:仰惟天主矜宥生靈,必有開曉匡正之日。忽承二三友見示,謂不識正音,見偷不聲固為不可,或傍有仁惻矯毅,聞聲興起攻之。竇乃述答中士下問吾儕之意,以成一帙。 53


Ricci trattò gli interlocutori cinesi, anche se ‘pagani’, innanzitutto come amici. Da amico onesto Ricci non poteva far altro che illuminare e correggere quelli che erano in errore. Anche non sempre ci riusciva, poteva almeno pregare per loro. Con l’atteggiamento di farsi amico e di pregare per gli amici Ricci diffondeva il Vangelo. In tal modo i suoi amici cinesi sono stati coinvolti nella composizione dei suoi scritti e nella sua azione missionaria.


4.1Ambiguità e Discernimento


Il concetto dell’adattamento ideato da Valignano viene assunto e realizzato in Cina da Ricci come sua strategia missionaria. È una strategia che ambisce a “vincere i cuori”, non tanto per far un gran numero di convertiti. È importante vivere con la gente, condividerne lo stile di vita, le difficoltà e le gioie. A questo riguardo, come si sa, è insorta ad un certo punto la questione dei riti di venerazione dei defunti e degli antenati. Sono riti “ambigui”, ovvero che si prestano a diverse interpretazioni. C’è la percezione mitico-religiosa e quella civile-sociale. Alcuni riti erano fortemente legati ad origini mitiche, perciò facilmente passibili di superstizione nel giudizio dei cristiani. Altri sono più chiaramente di origine civile. Ma nelle cerimonie questi aspetti erano facilmente mescolati. Per di più, alcuni riti, che avevano a suo tempo un’origine mitica si sono successivamente svuotati del carattere religioso e diventarono gesti di carattere culturale; altri riti originalmente civili hanno attinto invece un sapore religioso, al punto che potrebbero esser considerati quasi-religiosi.


Inoltre, i tre movimenti religiosi principali, Buddismo, Taoismo e Confucianesimo non sono un sistema rigido. Già Ricci aveva notato che i tre si “mescolavano” facilmente, producendo quello che oggi viene definito sincretismo. Un cinese può esser buddista, taoista e confuciano, allo stesso tempo e senza problemi. Sono, secondo molti cinesi, tre modi ugualmente buoni di vivere l’esperienza religiosa.


“La più commune opinione di adesso e de quei che credono esser più savij, è dire che tutte queste tre sette è una stessa cosa e tutte se possono guardare insieme, con il che ingannano a se stessi et agli altri con grandissimo disordine, parendo a loro che in questa materia di religione, quanto più modi di dire vi sono, tanto più utilità apporta al regno”.54


Tuttavia, secondo Ricci, tale mescolanza è controproducente, e conduce all’ateismo.


Et al fine tutto gli riesce il contrario di quello che pretendono; perché, volendo seguire tutte le leggi, vengono a restare senza nessuna, per non seguire nessuna di cuore. E così altri chiaramente confessando la loro incredulità, altri ingannati dalla falsa persuasione di credere, vengono la magior parte di questa gente a stare nel profundo dell'atheismo.55


Ricci prese delle cautele in modo da non lasciar che i neofiti mescolassero riti cristiani con quelle che lui tema possano essere “superstizioni”.


E concio sia cosa chè nè loro riconoschino in questi morti nessuna divinità, nè gli chiedano, nè spetino da essi niente, sta tutto questo fuori di ogni Idolatria, e forsi che anco si possi dire non esser nessuna superstitione, sebene serà meglio commutar questo in limosine ai poveri per le anime di tali defunti, quando saranno christiani.56


Quella frase “forsi che anco si possi dire non essere nessuna superstitione” rivela una preoccupazione. Nei confronti di questi riti Ricci ha dovuto fare un discernimento. In un certo senso, egli ha applicato il principio della lex orandi, come strumento di discernimento.

La lex orandi nasce dall’esperienza della preghiera nella Chiesa al centro della quale sta la memoria dell’ultima cena, dove il Signore ha dato il comando: “Fate questo in memoria di me” (cf. 1 Cor 11, 24-25). Lo scopo del precetto è di perpetuare il mistero pasquale, attualizzando le opere salvifiche di Cristo tramite la fede della Chiesa e i sacramenti. In altre parole, per ricevere la grazia salvifica, i cristiani celebrano i sacramenti con segni e riti stabiliti, e celebrando confessano la fede ricevuta dagli apostoli. Da qui entra in campo l’antico assioma: “lex orandi, lex credendi57.

La preghiera indica la necessità della grazia che perfeziona la natura, com’è dimostrata nel 1 Tm 2,1-6 (Esorto dunque, prima di ogni altra cosa, che si facciano suppliche, preghiere, intercessioni, ringraziamenti per tutti gli uomini ...). Per cui la preghiera acquista un carattere precettivo nella vita cristiana.

Più di un precetto, però, la preghiera è una dimensione fondamentale della vita cristiana davanti a Dio, come ci insegna la Oratio Domini (Padre Nostro). Con la preghiera ci si mette davanti a Dio come i figli esprimendo l’amore, la fiducia, e la speranza. Con questa preghiera ci si mette davanti a Dio come figli nel Figlio, esprimendo amore, fede e speranza. La preghiera dunque è essenzialmente legata alla fede. Il nesso tra lex orandi e lex credendi si rivela nella preghiera, sopratutto nella liturgia dove la Chiesa esprime la propria fede in forma simbolica e comunitaria. Nelle grandi aree culturali in cui si è diffuso il Vangelo, gradualmente, secondo le condizioni locali, hanno preso origine e si sono sviluppate forme di celebrazione e di riti cristiani. Si constata che la diffusione del Vangelo ha portato al sorgere di nuove forme rituali nelle Chiese sotto l’influsso di diverse tradizioni culturali, originariamente ‘pagane’. Infatti, negli elementi derivanti dalle culture pre-cristiane si è operato un discernimento tra ciò che era incompatibile con il cristianesimo e ciò che poteva essere assunto in fedeltà al Vangelo. Questo processo richiede non solo la guida costante dello Spirito Santo, ma anche una visione ecclesiale universale. I riti e il loro svolgimento, per assicurare la fedeltà al Vangelo, non soltanto devono per evitare errori, ma devono anche trasmettere positivamente l’integrità della fede, e permettere un modo di vivere la fede (lex vivendi), grazie al quale i credenti possono entrare in profondità il mistero pasquale. 58

Come deve intendersi l’integrità della fede? Per Ricci, un cinese può diventare cristiano senza perdere la propria identità culturale. Se Confucio, per provvidenza divina, è una figura-chiave per la praeparatio evangelica, sarebbe strano che un cinese dopo aver trovato Cristo debba smentire Confucio. La fede integra ciò che di buono c’è nella natura, e può dunque integrare la cultura cinese, e lasciarsi integrare da essa per quanto riguarda l’espressione della stessa in termini culturali. La fede non può esser dis-incarnata, separata o contrapposta alla cultura. Tuttavia la fede esercita anche un ruolo critico rispetto a ciò che nelle culture è contrario al Vangelo. Ricci ha cercato gli elementi delle due grandi tradizioni, occidentale e orientale, per poter avere una “visione globale”, ovvero pienamente cattolica, che deriva dalla “confluenza” delle due. Questo sforzo si è manifestato in modo sistematico nel suo libro del TS, ma era iniziato con la composizione del JYL.


4.2La Via dell’Amicizia


Nella prefazione al JYL, Ricci scrisse che la domanda del Principe Jian’an non era semplicemente sull’amicizia, ma sulla via dell’amicizia (youdao 友道). La via (dao ) in cinese può indicare un cammino o un principio. Si tratta della via determinata dal Cielo. Forse, inconsciamente, Ricci ha modellato il suo pensiero secondo la dottrina dell’ Invariabile Mezzo 中庸. “La sincerità è la via del Cielo. La coltivazione della sincerità è la via di tutti gli uomini”. (誠者,天之道也;誠之者,人之道也。)Un simile modello si trova in JYL, “L’amicizia è la via del Cielo. La coltivazione dell’amicizia è la via di tutti gli uomini” (友者,天之道也;友之者,人之道也) Infatti, la via dell’amicizia penetra in ogni sorta di rapporti:


La via dell’amicizia è molto ampia. Anche le persone più basse nella società, il cui principale mestiere è fare i ladri, si uniscono in gruppo come amici e così possono poi esercitare il loro mestiere.

42. 友之道甚廣闊。雖至下品之人,以盜為事,亦必似結友為黨,方能行其事焉。


In questo saggio mi propongo di sostenere che la via dell’amicizia di Ricci allarga o raffina in tre modi l’impiego della lex orandi.

Primo: nell’amicizia cresce la fratellanza universale, la quale facilita non solo la mutua comprensione, ma anche la disponibilità ad imparare a vicenda.


Il fine dell’amicizia non è altro che questo: se l’amico mi è superiore, lo imito e apprendo; se io sono superiore, lo miglioro. Impara e insegna, insegna e impara: ambedue si aiutano.

69. 交友之旨無他,在彼善長於我,則我效習之;我善長於彼,那我教化之。是學而即教,教而即學,兩者互資矣。


Secondo: nell’amicizia si arriva non solo alla consapevolezza della nostra relazione col Sovrano dall’Alto Shangdi, ma anche all’implementazione del Suo decreto.


Il singolo uomo non può compiere ogni cosa; perciò il Sovrano dall’Alto 59 (上帝Shangdi) ha comandato agli uomini l’amicizia, affinché si prestassero reciproco aiuto. Se si togliesse dal mondo questo precetto [la via dell’amicizia], il genere umano sicuramente si disperderebbe.

16. 各人不能全盡各事,故上帝命之交友,以彼此胥助。若使除其道於世者,人類必散壞也。


Dunque, Ricci riconosce il carattere precettivo della via dell’amicizia presupponendo, in questo contesto, che Shangdi, il Signore dell’origine di tutte le cose60, iscrive la Sua Via nel cuore dell’uomo. 61

Terzo: l’amicizia fa crescere la saggezza umana, la quale porta alla virtù.

La virtù duratura è ottimo alimento per una amicizia eterna. Tutto, senza eccezione, alla lunga diventa noioso per gli uomini; solo la virtù, quanto più dura, tanto più commuove i sentimenti degli uomini. Se la virtù è amabile perfino nel nemico, quanto lo sarà nell’amico?

90. 永德,永友之美餌矣。凡物無不以時久為人所厭,惟德彌久,彌感人情也。德在仇人猶可愛,況在友者歟?


Tra le virtù cinesi la pietà filialexiao孝)è essenziale, com’è riconosciuto da Ricci, in quanto c’e un legame forte tra le generazioni per tramandare la ricchezza in senso fisico ed spirituale.


Il figlio imbevuto di pietà filiale (xiao) eredita le amicizie del padre come ne riceve le proprietà.

4. 孝子繼父之所交友,如承受父之產業矣。


In un’altro contesto, Ricci citando i testi classici cinesi, vede un nesso stretto tra la pietà filiale ed il dovere di onorare il Signore.


Il letterato cinese dice: “(...) I nostri genitori ci hanno dato il corpo coperto dalla pelle e dai capelli, e noi dobbiamo, per questo, esercitare la pietà filiale ( xiao) verso di loro (...) e anche verso il nostro sovrano e ministri che ci danno la terra (...). Ma quanto più dovremmo onorare il Signore del Cielo, che è il Grande Padre e la Grande Madre, il Grande Sovrano, la Causa Prima dei primi antenati, l’Uno da cui tutti i sovrani derivano il proprio mandato e il Creatore e Sostentatore di tutte le cose?”

TS 115 中士曰:…夫父母授我以身體髮膚,我固當孝;君長賜我以田里…,我又當尊;矧此天主之為大父母也,大君也,為眾祖之所出,眾君之所命,生養萬物,奚可錯認而忘之? 62


Insieme con xiao c’è un altro aspetto della vita, cioè, li (rito, rituale, etichetta, ordine). Esso esprime le norme che regolano i rapporti tra le persone, il codice di comportamento morale e sociale in una società organizzata gerarchicamente. Insomma, il li rappresenta una dottrina sociale e morale universale, che si fonda sul principio dell'armonia nei rapporti umani fondamentali. Essi sono cinque: (五倫 wu lun): tra imperatore e suddito, tra padre e figlio, tra marito e moglie, tra fratello maggiore e fratello minore, tra amico e amico. Il governo del popolo non è innanzitutto opera di funzionari, ma di ciascun cittadino che osserva il li, motivato dalla benevolenza ( ren). In JYL Ricci usa li per indicare il comportamento tra gli amici.


Il li della lode reciproca tra amici è una pratica facile, ma quello della mutua sopportazione tra amici è una pratica difficile. Perché quasi tutti gli amici sono sensibili alle lodi nei propri confronti e dimenticano le virtù di quelli che li sopportano? Perché le prime mettono in luce le mie qualità, le seconde i miei difetti. 72. 友者,相褒之禮易施也,夫相忍友乃難矣。然大都友之皆感稱己之譽,而忘忍己者之德,何歟?一顯我長,一顯我短故耳。


Ricci conosce l’insegnamento Confuciano sul rapporto tra benevolenza ed il rito.

Il giorno in cui tutti seguiranno la disciplina e riprenderanno il li (rito) , tutto ciò che è sotto il cielo sarà ricolmo di benevolenza (ren ). Analecta 12,1: 一日克己復禮,天下歸仁焉。


Ora, con il li l’uomo non si rapporta soltanto con un altro uomo, ma anche con Dio. Ciò implica, secondo Ricci, che si può identificare il Dio cristiano con Shangdi, perché Shangdi non è genericamente la fonte di ogni cosa, ma è Qualcuno con cui l’uomo può rapportarsi tramite il li, cioè i riti.


Il letterato occidentale dice:

Lei [il letterato cinese] desidera per prima cosa informarsi su Colui che abbia creato il cielo, la terra, e tutte le cose e che esercita un’autorità costante su di esse. Io affermo, dunque, che non ci sia nulla sotto il cielo che sia più evidente della verità della Sua esistenza (...) Ora questo Qualcuno non è altro che il Signore del Cielo, che le nostre nazioni occidentali chiamano Deus (陡斯) (TS 28: 西士曰:子欲先詢所謂始制作天地萬物,而時主宰之者。予謂天下莫著明乎是也。人誰不仰目觀天?…夫即天主── 吾西國所稱『陡斯Deus』是也。) ...

Colui che è chiamato Signore del Cielo, nel mio modesto paese, è colui che è detto Shangdi in cinese (TS 103吾天主,即華言上帝) ...
Il Nostro Signore del Cielo è il Sovrano dall’Alto menzionato nei testi canonici (cioè L’invariabile Mezzo 19) ... “il li dell’oblazione al Cielo ed alla Terra intende prestare culto allo Shangdi”. (TS104吾天主,乃古經書所稱上帝也。中庸引孔子曰:「郊社之禮以事上帝也。」)


Conclusione

Un proverbio cinese afferma che quando si beve dell’acqua, si pensa alla sorgente (飲水思源); similmente quando si venerano i defunti, si pensa al Signore del Cielo. Rendere culto al Signore del Cielo non fa problema, ma i riti sì, quando essi si siano mescolati con elementi incompatibili con la dottrina della fede, che vengono definiti dunque “superstiziosi”. A questo punto bisogna operare un discernimento, e la lex orandi è uno strumento per stabilire, in senso precettivo, “cosa si può fare e cosa non si può fare”. Ma questo non basta. Ci vuole anche una visione globale, cioè cattolica, universale, che inquadri la natura di questi riti. Tale visione deve assumere aspetti da due tradizioni, occidentale e orientale. Con la via dell’amicizia e la sua capacità bi-lingue, Ricci è riuscito ad acquistare tale saggezza, così la visione da lui proposta è globale, più acuta, avanzata di altri contemporanei e persino dei suoi successori. Il JYL rivela l’inizio di tale cammino. In Ricci la lex orandi viene accompagnata dalla concezione confuciana, che ha nelle virtù di benevolenza (ren ) e di pietà filiale (xiao ), e nella pratica dei li (i riti) il suo fondamento. Tali virtù e pratiche hanno la propria origine nel Sovrano dall’Alto (Shangdi), e ciò rende la società armoniosa ed i rapporti umani autentici: pietà filiale verso gli antenati, amore per la patria e rispetto ai connazionali.

Che cosa ci ha lasciato Ricci? Un’indagine sul significato delle antiche concezioni filosofiche e culturali, una strategia missionaria ‘accomodante’, cioè capace di ‘sedurre’, un rispetto delle legittime usanze locali, o una semplice tolleranza verso i riti cinesi? Tutto questo e molto di più: Ricci ci ha indicato una via, la via dell’amicizia, che agevola uno scambio tra culture che promuove l’integrità della fede.

Coloro che, dopo Ricci, hanno assunto una posizione di non-tolleranza nella “questione dei riti”, non sono stati, innanzitutto, capaci di seguire la via dell’amicizia che conduce alla saggezza sperimentata da Ricci. Non avendo sperimentato in prima persona l’amicizia, che invece Ricci ha avuto il dono di sperimentare, non sono stati capaci della stessa apertura. Forse ciascuno di loro ha agito in buona fede, dunque non meritano di essere rimproverati, ma c’è da lamentarsi che ne abbia sofferto la causa della diffusione del Vangelo, che necessita invece della saggezza che deriva dalla mentalità bi-lingue. Al livello di prassi interculturale, ecclesiale e missionaria, l’esempio di Ricci, in cui prevalgono la carità e l’amicizia, richiama ancora una volta la sentenza agostiniana, “in necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”.



------------ Fine

Sommario

Matteo Ricci è da considerarsi saggio, come proposto dall’autore, non tanto per i molti libri che scrisse, quanto piuttosto perché visse coerentemente la via dell’amicizia (you dao), cosi come la descrisse nel suo Dell’amicizia (Jiayou Lun). Fra tante questioni che Ricci affrontò per la diffusione del Vangelo, particolarmente spinosa fu quella dei riti cinesi di venerazione dei defunti. La posizione che Ricci assunse anticipò profeticamente l’Istruzione Plane Compertum est (1939). Ricci ebbe bisogno di tempo e di tanto impegno per raggiungere la saggezza con cui affrontare le difficoltà della missione, e in particolare la questione dei riti. Il segreto che gli permise di raggiungere tale saggezza è l’amicizia. Questo contributo intende mettere in evidenza come il Jiayou Lun descrive la via dell’amicizia. Essa ha una triplice apertura verso la fratellanza universale, la trascendenza divina e la saggezza umana. Ricci elaborò questa visione grazie alla sua capacità bi-lingue, che gli permise di attingere da due grandi tradizioni, quella occidentale e quella orientale. Tenendo presente ciò, Ricci, come infine visto dall’autore, ha reso flessibile la lex orandi come uno strumento ermeneutico per discernere saggiamente la natura dei riti cinesi, nonostante la sua complessità.


English Summary

Matteo Ricci is to be considered sage, as proposed by the author in this essay, not so much because he wrote many books, but rather because he lived coherently the way of friendship just as he described it in Jiaoyou Lun – De Amicitia. Among many questions Ricci faced in the field of evangelization, the one particularly thorny was that of the Chinese rites of veneration of the deceased. The position taken by Ricci anticipated prophetically that of the Instruction Plane Compertum est (1939). It took Ricci much time and great effort to reach a wisdom with which he tackled the difficulties of the mission, and specially that of the rites. The secret that allowed him to attain such a wisdom is the friendship. This essay intends to put into evidence that how the Jiaoyou Lun describes the way of friendship. It has a threefold openness to the universal fellowship, the divine transcendence, and the human wisdom. Ricci, thanks to his bilingual mentality, shaped this global vision out of the two great traditions, that of the West and that of the East. Bearing this in mind Ricci, as viewed by the author at the end, made a flexible use of the lex orandi as a hermeneutic instrument to discern wisely the nature of the Chinese rites in spite of its complexity.


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Fr. Savio HON Tai-Fai, SDB

Salesian Provincial Office – 69B Pokfulam Road, Hong Kong.

Email: saviohon@gmail.com (Tel. 852-25461154; Fax 852-25595734)

1 Voglio esprimere il mio grazie alle seguenti persone. Dr. Wu Xiaoxin, Direttore del Ricci Institute for Chinese-Western Cultural History, presso l’Università di San Francisco che, insieme al suo staff, mi ha generosamente accolto e assistito nel corso di due mie permanenze nel 2007 e 2008. Prof. Filippo Mignini, direttore dell’Istituto Matteo Ricci di Macerata, che ho vistato in novembre 2007. Egli mi ha accolto da amico e mi ha donato due libri utilissimi: Il chiosco delle fenici e Dell’amicizia (vedi sotto); Prof. Lanfranco Fedrigotti (SDB) e Prof. Gianni Criveller (PIME) del Holy Spirit Seminary College di Hong Kong per il loro tempo e la loro competenza di discutere con me questo saggio e di raffinare il mio italiano.

Lamicizia di tutti loro ha generato in me il desiderio e il coraggio di studiare il Jiayou Lun di Matteo Ricci.

Per quanto riguarda il Jiaoyou Lun e le informazioni utili su Matteo Ricci, si vedano le seguenti opere e relative abbreviazioni:

JYL = Matteo Ricci, Jiaoyou Lun, 交友論Il testo riportato qui è l’edizione a cura e con prefazione di Feng Yingjing, Pechino 1601 (Biblioteca Nazionale di Roma). Si veda sotto Amicizia. Ci sono cento sentenze che sono numerate nell’Amicizia. Il mio saggio usa questa numerazione.

FR = Fonti Ricciane, Fonti Ricciane: documenti originali concernenti Matteo Ricci e la storia delle prime relazioni tra l’Europa e la Cina (1579-1615), edite e commentate da Pasquale M. D’Elia, sotto il patrocinio della Reale Accademia d’Italia (Edizione nazionale delle opere edite e inedite di Matteo Ricci) 3 voll.; I: Storia dell’introduzione del Cristianesimo in Cina: da Macao a Nanciam (1582-1597), libri 1-3; II: Storia dell’introduzione del Cristianesimo in Cina: da Nanciam a Pechino (1597-1611), libri 4-5; III: Appendici e indici, Roma, La libreria dello Stato, 1942-1949.

L = Lettere, Matteo Ricci, Lettere (1580-1609), edizione realizzata sotto la direzione di P. Corradini, a cura di F. D’Arelli, prefazione di F. Mignini, con un saggio di S. Bozzola, Macerata, Quodlibet, 2001.

Amicizia = Matteo Ricci, Dell’Amicizia, a cura di F. Mignini, Introduzione da Idem, Macerata, Quodlibet 2005. Il volume contiene la Ristampa anastatica dell’edizione a cura e con prefazone di Feng Yingjing nell’edizione 1601 con la traduzione italiana; la prefazione di Qu Taisu; un ampio apparato (curato da Sofia Mattei) dedicato alle fonti classiche greche e latine, patristiche, medievali e umanistiche delle cento sentenze, ed altre cose interessanti.

TS = Matteo Ricci, Tianzhu Shiyi天主實義 = Il Vero Significato del Signore del Cielo. Per il testo cinese e le traduzioni, cf. M. Ricci, The true meaning of the Lord of Heaven (天主實義) A Chinese and English Edition translated with Introduction and Notes by D. Lancashire P Hu and edited by E. Malatesta, Variètè Sinologigues New Series 72, Ricci Institute, Taipei-Paris-Hong Kong, 1985; M. Ricci, Il Vero Significato del “Signore del Cielo” traduzione italiana (senza riportare il testo cinese) a cura di Alessandra Chiricosta, Urbaniana University Press, Roma, 2006.

2 Cf. D.E.Mungello, Curious Land. Jesuit Accommodation and the Origins of Sinology, Hawaii University Press, 1985, p.15, “The Confucian-Christian synthesis of the Jesuit father Ricci was based upon a profound accommodative synthesis into contemporary Chinese culture”. Idem, 14: “Whether Jesuit accommodation was wise from a missionary point of view can still be debated. But it is clear that the attempt to synthesize the two cultures led to a selective understanding of China which made the Jesuits the primary suppliers of information about China to Europe in the seventeenth century. (…) Not surprisingly the framework of the Jesuits’ Confucian-Christian blending became the intellectual funnel through which most information from the Jesuits about China flowed”.

3 Cf. FR I n.284, p.228 (Attorno il 1585 fu dato a Ricci il “nome del segnale” di Xitai 西泰 maestro dell’estremo Occidente);V. Cronin, The Wise Man from the West, London 1955. G.H. Dunne, Generation of Giants. The Story of the Jesuits in China in the Last Decades of the Ming Dynasty, Notre Dame Univ. 1962; G. Criveller, Preaching Christ in Late Ming China. The Jesuits presentation of Christ from Matteo Ricci to Giulio Aleni. Variètè Sinologigues New Series 86, Taipei: Ricci Institute 1997.

4 Per una biografia utile, si veda F. Mignini, Il chiosco delle fenici, Ancona, Il Lavoro Editoriale, 2005.

5 L’espressione “the ascent to Peking” è stata usata da Spence come sintesi interpretativa della vita di Ricci. Cf. J. Spence, Matteo Ricci and the Ascent to Peking, in C. E. Ronan and B. B.C. OH (eds.), East Meets West, Chicago, Loyola University Press, 1988.

6 Cf. Lettere 53, Al p. Francesco Pasio S.I., Viceprovinciale,. Pechino, 15, febbraio 1609, in L, p.518, “Anzi libri de’ letterati, che sono i più antichi e di più autorità, non danno altra adoratione che al cielo e alla terra e al Signore di essi. E, esaminando bene tutti questi libri, ritrovaremo in essi pochissime cose contra il lume della ragione e moltissime conforme a essa (...)”.

7 Cf. Acta Apostolica Sedis, Vol.32(1940) pp.24-26.

8 Giovanni Paolo II scrisse “Padre Ricci riuscì ad acquisire, con un impegno tenace, umile e rispettoso, la cultura classica cinese in un modo così vasto e profondo da fare di lui un vero ‘ponte’ tra le due civiltà, europea e cinese. (...)Dall’inculturazione personale, padre Ricci e i suoi compagni passarono naturalmente e spontaneamente alla inculturazione del messaggio evangelico. Io stesso ho avuto più volte occasione di ritornare su questo concetto, così fondamentale, nell’opera missionaria della Chiesa” (il neretto è mio). Questo brano è preso dal discorso ai partecipanti al convegno di studio per il Quarto Centenario dell’inizio della missione di matteo Ricci in Cina. Roma, 25 Ottobre 1982. Vedi il sito vaticano: << http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1982/october/documents/hf_jp-ii_spe_19821025_matteo-ricci_it.html>>

9 Benedetto XVI scrisse, “Quel che inoltre ha reso originale e, potremmo dire, profetico il suo apostolato, è stato sicuramente la profonda simpatia che nutriva per i cinesi, per la loro storia, per le loro culture e tradizioni religiose. Basti ricordare il suo Trattato dell’amicizia (De amicitia –Jiaoyou Lun), che incontrò un vasto successo sin dalla prima edizione a Nanchino nel 1595”, nella lettera al Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata, dal Vaticano, il 6 maggio 2009, citata da Ai Crinali della Storia. Padre Matteo Ricci fra Roma e Pechino, a cura di Antonio Paolucci e Giovanni Morello, Venezia, Umberto Allemandi, p.9.

10 Plane compertum est in Orientalium Regionibus nonnullas caeremonias, licet antiquitus cum etnicis ritibus connexae essent, in praesentiarum, mutatis saeculorum fluxu moribus et animis, civilem tantum servare significationem pietatis in antenatos vel amoris in patriam vel urbanitatis in proximos.Si veda Acta Apostolica Sedis, Vol.32(1940) p.24

11 Cf. FR I nn.385-392, pp.309-311.

12 Cf. N. Standaert, The Interweaving of Rituals: Funerals in the Cultural Exchange between China and Europe, Seattle: University of Washington, 2008, pp.81-91.

13 Cf. FR II n.998, p.628.

14 Cf. FR I nn.478-482, pp.365-368.

15 Cf. Lettere 32 al P. Claudio Acquaviva S.I. Preposito Generale a Roma, Nanchang 13 ottobre 1595, in L pp.333-340; Lettere 36 al P. Girolamo Costa S.I. – Roma,. Nanjing, 14 agosto, in L pp.359-365. Gli autori citati (Aristotele, Cicerone, Seneca, Plutarch, Agostino, Ambrogio, Tommaso Aquinas, Erasmo ecc.) sono riportati in Amicizia, pp.145-180 (Fonti a cura di Sofia Mattei). Mignini, nella sua introduzione, ha menzionato alcune citazioni dai Quattro Libri.

16 Cf. Amicizia, pp. 20-24.

17 Cf. Lettere 25 - 34, 26,27, 28, 29, in L pp.197-352.

18 Cf. Lettere 29 Al P. Claudio Acquaviva S.I., Preposito Generale a Roma, Nanchang, 4 novembre 1595, in L p.307: “La mia intenzione in questa uscita fu vedere di mettere il piede in Pachino, perché intendo che, mentre non habbiamo intrata al re, nè staremo mai sicuri nella Cina, nè mai faremo niente di buono”. Cf. Letter 28 Al P. Girolamo Costa S.I. a Roma, Nanchang, 28 ottobre 1595, in L p.290: “Non voglio lasciar di raccontare un sogno (...) Mi stavo malinconico per il tristo successo di questa andata e pei travagli del viaggio, pareami che mi si facesse incontro un uomo sconosciuto, che mi diceva: “E tu vuoi pure andare innanzi in questa terra per distruggere la sua legge antica, e piantarvi la legge di Dio?” Io, meravigliandomi come colui potesse penetrare nel mio cuore, gli risposi: “O voi siete il diavolo o Iddio”. Disse colui: “Il diavolo no, sì bene Iddio”. Allora io, gittatomi a’ suoi piedi e piangendo dirottamente, dissi: “Dunque, Signore, giacché sapete questo, perché fin ora non mi avete aiutato?” Disse egli allora: “Andate pur in quella città”; e parea che mi mostrasse Pachino, “e quivi vi aiuterò”. Cf. FR I (Lib. III, cap. X) nn.454-464 p.350ss, per il sogno cf. n.463.

19 I Quattro Libri (四書sishu) del confucianesimo sono i testi della letteratura cinese classica selezionati da Zhu Xi, sotto la dinastia Song. I Quattro Libri sono: 大學Il grande studio, 中庸 l’invariabile mezzo, 論語 gli Analecta e il 孟子Mencio. Essi furono i testi base degli esami imperiali sotto le dinastie Ming e Qing.

20 Cf. F. D’Arelli, Matteo Ricci S.I. e la Traduzione Latina dei Quattro Libri (sishu). Dalla tradizione storiografica alle nuove ricerche, in Idem (a cura) , in Le Marche e l’Oriente, una tradizione ininterrotta da Matteo Ricci a Giuseppe Tucci (Atti del convegno internazionale, Macerata 23-26 ottobre 1996), Roma, Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, 1998, pp.163-75,

21 Cf. Lettere 32 Al P. Claudio Acquaviva a Roma, Nanchang, 13 ottobre 1596, in L, p. 337: “L’anno passato per esercitio feci in littra cina alcuni detti De Amicitia, scielti i migliori de’ libri”; see also E Lib. V, cap. II, p.451: “Fiorindo tanto le lettere in questo regno, quanto sopra si disse, puochi sono tra di loro che non sappino qualche cosa di libri, e tutte le loro sette furno seminate e dilatate più tosto con libri fatti, che con prediche o ragionamenti fatti al popolo, (...)”.

22 Cf. Lettere 25 Al P. Duarde de Sande (visitatore)a Macao, Nanchang, 29 agosto 1595, in L p.218.

23 See Lettere 29, in L p.315: “(...) un giorno, stando io in un convito de huomini letterati, feci scrivere molte lettere, ché tra loro ogni lettera è una parola; e leggendole una volta gliele recitai all’innanzi et all’arreto per la memoria locale. Restorno tanto stupiti che sparsero fama che io, leggendo una volta qual si voglia libro, mi resta nella memoria (...) inavedutamente gli confirmai la loro opinione che pensano che io leggendo un libro mi resta nella memoria”. See FR I, Lib III, cap XI, n.469, p.360, nota 1: La prima esperienza di questo genere fu fatta prima del 29 agosto 1195 (n.1357) in un convito coi baccellieri di Nanciam, probabilmente quello stesso imbandito da Uamchileu (n.467). Questa sua straordinaria memoria, che gli permetteva di ritenere fino a 400 o 500 caratteri sconnessi, anche a ritroso, dopo una sola lettura, fu una delle cause del suo successo apostolico in Cina”.

24 Cf. Lettere 29, in L p.315: “Ma come noi vogliamo provar le cose della nostra santa fede per suoi libri ancora, in questi anni passati mi feci dichiarare da buoni maestri otre il tetrabiblico anco tutte le sei dottrine, e notai molti passi in tutte esse, che favoriscono alle cose della nostra fede, come della unità di Dio, della immortalità dell’anima, della gloria de’ beati etc. (...) E quando parlo con questi letterati, gli soglio domandare qual è la sua dottrina, e per essa gli provo quello che gli voglio provare”.

25 Analecta I, 1: 有朋自遠方來不亦樂乎

26 La traduzione italiana si trova nel Amizia pp.50-97, e mi prendo la libertà di farne modificazione quando occorre. Metto anche il numero della sentenza e il testo cinese del JYL.

27 Cito alcuni esempi dal JYL: Tratto l’amico come un’altro me stesso 視友如己1, 2; coltivare l’amicizia結友3, 84; fare amicizia con qualcuno交友4,7,30,62,66,81; far un regalo all’amico 饋友9, 80; l’essenza dell’amicizia è l’armonia 友以和為本 10; nell’avversità mi rallegro al solo vedere il volto di un amico在患難時吾惟 喜看友之面11; nell’amore per l’amico, gli si fa del bene 友之愛以恩友 12; ricordarsi degli amici 念友15,80; l’amico intimo che conosce il mio cuore 知己之友 17; assecondare l’amico 順友19; aver pazienza con l’amico 忍友20, 33; ammonire l’amico 諫友20; trattare l’amico con sincerità 友友以誠22; amare l’amico con affetto愛友以情27; beneficare l’amico益友28, 37, 81; le cose degli amici sono tutte comuni 友之物皆與共29; scambiarsi l’amicizia sulla base di virtù據德相友30; perdono reciproco 相宥31; amico per lungo tempo 久友32; nutrire la speranza nell’amico 望友34; il dovere dell’amico non oltrepassa il limite della giustizia友之職至於於義而止46; farsi amico 友友52; appoggiare l’amico 扶友53; rispettare l’amico 敬友58; il vero amico si conosce nel bisogno 患時不請而來,夫友哉64; se l’amico mi è superiore, lo imito e apprendo; se io sono superiore, lo miglioro 彼善長於我,則我效習之,我善長於彼,那我教化之69; esser amichevoli a vicenda 相友72; amarsi l’uno l’altro 相愛73; bastonare l’amico con degli ammonimenti 棒友78; gli amici, si cercano a lungo, se ne trovano pochi e si mantengono con difficoltà友者,既久尋之,既少得之,既難存之80; attirare l’amico 致友83; esser amico degli altri 友人86; trattare bene gli amici 惠友94; aver amici得友98.

28 JYL parla dei diversi tipi di amici, per esempio, Amico mio吾友1, amico buono善友6, 70, amico che mi conosce bene知己之友17, amico onesto 正友19, amico vero 真友27, amico intimo 密友40, amico bello 美友48, amico profondo 厚友52; amico retto 義友54, amico raffinato 良友66, amico virtuoso 賢友6897, amico permanente 永友90, amico secolare 俗友54, amico nuovo 新友7581, amico adulatore 謏諂友82, amico frivolo浮友87, amico infido 詐友91.

29 Cf. Nicomachean Ethics VIII, 3-14.

30 Cf. Amicizia p. 148.

31 Mencio 1: Quando l’imperatore di Liang chiese a Mencio la seguente domanda, “... di quale profitto tu consigli per il nostro regno”, Mencio rispose , “perché la Sua Maestà deve parlare del profitto, vengo a parlare anche della benevolenza e della giustizia”. 梁惠王:「… 將有以利吾國乎?」孟子對曰:「王何 利?亦有仁義而已矣

32 Cf. Nicomachean Ethics I, 9; STh I-II, q.72, 1.4, co.

33 Cf. J.P. Torrell, Saint Thomas Aquinas. Vol. II: Spiritual Master, Transl. R. Royal, Washington D.C., Catholic University Press, 2003, p.279.

34 Traduzione italiana da Nuovissima Versione della Bibbia (NVB), Roma, San Paolo Edizione (IEP) 1995.

35 La Bibbia è ricca di detti circa l’amicizia. Vi ne è anche nellopera Riccinana: “C’è l’amico più caro di un fratello” (Prov 18, 24). JYL 50: “i parenti possono non amarsi reciprocamente, gli amici non”. 親能無相愛親友者否。

36 Cf. Amicizia p. 62.

37 Per il riferimento cf. Amicizia p. 147, dove riporta: Diogenes Laertius, Vita philosophorum V, 20.

38 Zhu Xi ritiene che il cuore è la casa dell’illuminazione spirituale e il signore di tutto il corpo. 朱熹認為「心是神明之舍,為一身之主宰」(〈張子之書〉《語類》卷九八),「心者人之所以主乎身者……命物而不命於物者也」(〈觀心說〉《文集》卷六七

39 Zhu Xi ritiene che gli Analecta insegnano l’osservanza del principio del Cielo e l’eliminazione della concupiscenza. 朱熹認為《論語》教人「存天理滅人欲」看《論語集註》卷六。

40 STh II-II, q4, a2, ad3: Ad tertium dicendum quod fides est in intellectu speculativo sicut in subiecto, ut manifeste patet ex fidei obiecto. Sed quia veritas prima, quae est fidei obiectum, est finis omnium desideriorum et actionum nostrarum, ut patet per Augustinum, in I de Trin.; inde est quod per dilectionem operatur. Sicut etiam intellectus speculativus extensione fit practicus, ut dicitur in III de anima”.

41 JYL 73: 一人不相愛,則耦不為友。

42 Grande Studio 1: 大學之道,在明明德,在親民,在止於至善。Il libro parla della via del Grande Studio. La via inizia dalla coltivazione personale alla famiglia, poi dalla famiglia allo stato, poi dallo stato alla pace dell’universo (tian xia 天下 ciò che è sotto il cielo). I doveri prescritti dalla virtù della rettitudine si fonda sui rapporti umani. La famiglia è una forma primitiva e spontanea di associazione naturale tra uomini. Lo Stato (e perfino il mondo intero) viene concepito come una grande famiglia, il monarca sarà "padre e madre" (fu-mu父母) per i sudditi e questi gli dovranno rispetto, amore ed obbedienza come figli. I singoli individui, a loro volta, dovranno essere attivi socialmente, sia nella famiglia che nello Stato, tramite la coltivazione della benevolenza ( ren) e della rettitudine (yi).

43 Analecta 1, 8 e 9,23:主忠信,無友不如己者(論語‧學而第一子罕第九)

44 JYL 77: 國家可無財庫,而不可無友也。Cf. Amicizia p. 175, dove dice questa sentenza viene da Cic. De Amicitia VII 23: nec urbs stare poterit [in questo senso: senza il vincolo dell’amicizia né potrà reggersi una città].

45 Cf. Amicizia p.180, dove riporta il pensiero di Agostino in Epis 7,3.

46 Antonio de Almeida cf. FR I n.385, p.309, e Francesco de Petris cf. FR I, n.418, p.328.

47 In cinese:君子之交淡若水小人之交甘若醴君子淡以親小人甘以絕 莊子‧山木

48 JYL 57: “Se nel mondo non vi fosse amicizia, non vi sarebbe felicità” 天下無友,世無樂焉。) Cf. Aristotele, Nic. Eth. IX 9; JYL 90: “La virtù duratura è ottimo alimento per un’amicizia perenne” (永德,永友之美餌。)Cf. Aristotele, Nic. Eth. VIII 3.

49 樊遲問知。子曰務民之義敬鬼神而遠之可謂知矣。,「知之者不如好之者,好之者不如樂之者。」(論語‧雍也第六)

50 Analecta 14, 45: 修己以敬,(…)修己以安百姓

51 Cf. Amicizia p. 52-54.

52 Cf. JYL 29 “友之物,皆與共Le cose degli amici sono tutte comuni (en koinonia)”. È un proverbio nel tempo di Aristotele. Cf. Amicizia p. 161.

53 Il testo cinese del TS è citato dall’edizione di Malatesta. Per la traduzione italiana, seguo più o meno quella di Chiricosta (si veda nota 23), ma mi prendo la libertà di fare, quando necessario, qualche modifica. In questo caso, per esempio TS 8, per far vedere la differenza, porto qui la traduzione di Chiricosta: “... per più di vent’anni ogni mattina e ogni sera ho pregato in lacrime verso il Cielo. So che il Signore del Cielo ha pietà delle creature viventi e le perdona. Sicuramente verrà il giorno in cui (le dottrine) saranno rese note e saranno corrette. Infine, un giorno, alcuni amici mi dissero che anche se non ero in grado di parlare perfettamente, non potevo rimanere in silenzio vedendo un ladro, e se avessi gridato e un uomo giusto e forte fosse stato nelle vicinanze, l’avrebbe inseguito e attaccato. Perciò ho messo per iscritto questi dialoghi che sono intercorsi tra me e alcuni studiosi cinesi, e li ho raccolti in un libro”. A mo’ di esempio faccio notare una differenza tra questa traduzione e la mia: perché è stato tradotto che “(le dottrine) saranno rese note e saranno corrette?” Di quali dottrine si tratta?

54 FR I, n.199, p. 132.

55 Ibid.

56 FR I n.177, p.118.

57 Cioè, “Legem credendi lex statuat supplicandi”. L’assioma è attribuito a Prospero di Aquitania, Epistulae, 217 (V secolo): PL 45, 1031. Esso mette in luce il nesso vitale tra fede e liturgia. Nel 1947, Pio XII mise in luce ulteriormente il senso indicandone uno complementare: “lex credendi legem statuat supplicandi” (cf. Mediator Dei 47) .

58 Il rinnovamento o lo sviluppo dei riti (liturgici) non può far a meno di un sincero e profondo ritorno alle fonti: fonti di quello che si celebra e fonti di quello che si crede (lex orandi, lex credendi). Scavando nelle fonti, si tenta di entrare in profondità nel mistero (...). Cf. Il discorso di Piero Marini, Ritorno alle fonti a servizio della liturgia, nel simposio a S. Cuore, Roma, il 23 marzo 2006. http://www.va/news_services/liturgy/2006/documents/ns_lit_doc_20060323_ritorno-fonti_it.html

59 Per dire “Dio”, Ricci nel JYL usava Shangdi 上帝 (il Sovrano dall’Alto), in altre occasioni anche Tian (Cielo), o Tianzhu 天主(il Signore del Cielo). Nel suo libro di Tianzhu Shiyi (il vero significato del Signore del Cielo) ne ha parlato più in dettaglio (nn. 100-115). Tianzhu era anche il nome di una divinità buddista(Devapati), e lo stesso Taoismo venera una divinità con questo nome (vedi FR, I, n.236, p.186). Qui non è il caso di aprire la discussione su questi termini, comunque oggi tra i cattolici si usa solo Tianzhu 天主 per dire il Dio di Gesù Cristo.

60 Cf. TS 100: Il letterato occidentale dice: l’opera della creazione è un lavoro immenso e deve avere il suo cardine; ma questo è stabilito dal Signore del Cielo. “西士曰:造物之功盛也,其中固有樞紐矣,然此為天主所立者。Il letterato occidentale dice: l’opera della creazione è un lavoro immenso e deve avere il suo cardine; ma questo è stabilito dal Signore del Cielo”.

61 Cf. TS 9, Ricci dice nella prefazione: La Via (dao ) del Signore del Cielo è già nel cuore dell’uomo 天主道在人心。

62 Si veda il libro classico della Pietà Filiale (孝經 Xiaojing) , 7:「夫孝,天之經也,地之義也,民之行也。」(xiao è il decreto del Cielo, la giustizia della terra, l’applicazione del popolo.)

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