Bollettino_Salesiano_199004special


Bollettino_Salesiano_199004special

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RIVISTA FONDATA
DA S, GIOVANNI BOSCO
NEL1877
~
~

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_ J~Jp_eciale
don Rina/di
2 - 15 APRILE 1990
~ il
OCL.OIZRE UH
BUON 713R/2eNO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 18TT
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/69.31 .341 .
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nerale Opere Don Bosco, Roma.
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GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongioanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoiuzi
- Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
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Roma - Tel. (06) 49.50.185.
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diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
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tamil e telugù) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
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ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio di indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio .
MA $Cl-I€ UN
BIJON S€MINATOJ2l3
)J
15 Aprile 1990
Anno 114
Numero 8
In copertina:
Acquerello di
Maria Carmela Perrini,
da una foto
del paese di
Lu Monferrato
del fotografo.
Franco Marzi

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1
don Rina/di
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15 APRILE 1990 3
Una santità feriale
Con la beatificazione di don Filippo Rinaldi, il mosaico della santità salesiana si
arricchisce di un nuovo tassello dorato.
1,
1,
Terzo successore di San Giovanni Bosco alla guida salesiana, don Rinaldi ha vissu-
1, to per intero con il beato don Michele Rua prima e don Paolo Albera poi, gli anni
dell'assestamento e dell'espansione. Chiamato in Italia dopo l'esperienza spagnola,
don Rinaldi vive in pieno gli anni della guerra e del dopoguerra, i fermenti politici
che portarono alla fondazione del Partito Popolare Italiano, la nascita e il rafforzarsi
della dittatura fascista.
È con don Rinaldi che i Salesiani esplodono come fenomeno ecclesiale: impegno
nell'editoria e nelle missioni; valorizzazione del laicato con attenzione alle donne e
agli ex allievi; animazione e governo salesiano fatto di cose concrete, riferimento co-
stante a Don Bosco.
Eppure l'immagine di questo Beato è tutt'alto che manageriale. Chiusa in una tala-
re .spesso alquanto logora e con la faccia tonda da pacioso curato di campagna, la
figura di don Filippo Rinaldi sembra, a prima vista, venuta fuori dalla più tradizio-
nale agiografia. Non lo è.
La sua infatti è una santità concreta e semplice, fatto cioè non di spettacolarità ma
di esercizio quotidiano, duro e semplice.
La sua santità non ci scompone proprio per questo.
Che altro significato ha la sua concezione del lavoro come preghiera se non questo ·
di saldare azione e contemplazione?
Proprio negli anni in cui « L'anima dell'apostolato» dello Chautard è un bestseller
della letteratura spirituale, il terzo successore di Don Bosco indica modernamente nel-
1'attività motivata e tesa a Dio una via sicura di ascesi e di unità interiore. La stessa
concretezza che lo vide attento ai «segni» del suo tempo lo vide «monaco» delle cose
e del quotidiano.
·
Giuseppe Costa

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don Rina/di
4 • 15 APRILE 1990
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Don Filippo Rinaldi
testimone e interprete
dello <<spirito salesiano>>
La beatificazione di don Rinaldi è per noi un
evento di risonanza spirituale. Me ne sono reso
conto personalmente nei contatti che ho avuto con
i gruppi della Famiglia Salesiana in diverse parti
del mondo. A distanza di più di mezzo secolo dalla
sua morte si vede ingigantire la sua figura. In vita
egli aveva saputo ricoprire con un denso manto
di umiltà un insieme di ricchezze spirituali, di crea-
tività apostolica, di audaci iniziative, di duttilità
con i tempi, di preveggenza e persino di sviluppo
del carisma. La sua beatificazione può considerarsi
quasi come il riflesso più bello e significativo del-
le celebrazioni per il centenario della morte di Don
Bosco. Svelerà a tutti quanto il Signore ha voluto
regalare alla nostra Famiglia nella persona del ter-
zo successore di Don Bosco.
Il fatto, poi, che la beatificazione avvenga in
coincidenza dei due C;;i.pitoli generalÌ'del '90 (quel-
lo della Congregazione salesiana e quello delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice) ci offre la straordinaria
possibilità di affrontare la delicata problematica
dell'educazione dei giovani alla fede con il cuore
e il dinamismo della migliore fedeltà allo spirito
salesiano. La garanzia della santità di don Rinal-
di inciderà positivamente sui capitolari.
C'è, in questa beatificazione, un qualcosa in più,
un supplemento di significatività, che la fa oltre-
modo importante. La beatificazione di un nostro
fratello o sorella è sempre preziosa e illuminante;
ci aiuta infatti a valorizzare e ad amare meglio la
vocazione salesiana e a sottolinearne alcuni aspetti.
Questa di don Rinaldi, però, racchiude un signi-
ficato eminente e di particolare attualità per l'i-
dentità del nostro carisma nella sua globalità; ci
presenta il terzo successore di Don Bosco come cu-
stode e rivelatore del segreto della « spirito sale-
siano», per l'animazione e la guida di tutta la
nostra Famiglia; egli indica chiaramente a ogni
gruppo il vincolo comune che ci unisce in essa.
La vita di don Rinaldi è la più bella confuta-
zione di quella superficialità spirituale che ci mi-
naccia oggi. Oltre a conservare e custodire, egli
interpretò, spiegò, diffuse e accrebbe la vitalità di
tutto il patrimonio ricevuto. Si è detto di lui che
fu -<<lampada dalle molte luci»: ci aiuterà ad at-
traversare con passo sicuro l'ombrosa zona del de-
licato trapasso di questo scorcio di secolo. Don
Rinaldi, sotto un'apparenza di semplicità bona-
ria, era in realtà un uomo dinamico ecreatore; con
spiccata tendenza all'azione, calma e robusta; au-
dace nelle sue iniziative, anche se guidato sempre
dalla prudenza. Era difensore geloso dell'eredità
ricevuta, ma non temeva le novità, quando intui-
va che ad esse si applicava, sviluppandolo, lo spi-
rito di Don Bosco.
Possedeva un'intelligenza pratica particolarmen-

1.5 Page 5

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te acuta. Era riservato e raccolto nel suo atteggia-
mento esteriore, ma si rendeva conto con occhio
sicuro dell'ambiente e delle situazioni in cui vive-
va, e.aveva il buon intuito di adattarsi e di valo-
rizzarle per le sue iniziative. Non gli sfuggivano
i cambiamenti dei tempi - in meglio o in peggio
- e sapeva rispondere alle esigenze nuove che es-
si comportavano. Era rispettoso di tutti coloro con
cui agiva, incapace di imposizioni autoritarie, ma
aveva l'abilità di attrarli con la sua bontà e di far-
li collaboratori.
Ancora oggi don Rinaldi ci illumina, attraver-
so la sua incomparabile paternità sacerdotale, a
saper individuare nella bontà salesiana quattro
aspetti veramente indispensabili: quello dell'amore
di predilezione per la gioventù nella pratica costan-
te del Sistema Preventivo, quello del posto privi-
legiato da dare nell'educazione alla celebrazione
viva e amata del sacramento della Penitenza, quel-
lo di un fraterno spirito di famiglia nelle comuni-
tà e quello del costante dominio di sé per « farsi
amare».
Noi pensiam9 di trovarci oggi agli inizi di una
nuova epoca della nostra vita salesiana, ripensata
laboriosamente e comunitariamente durante un
ventennio in fedeltà alle origini, nell'orbita del
Concilio Vaticano II come risposta alle interpel-
lanze dei tempi nuovi. Ebbene, la figura di don
Rinaldi «Beato» ci avvicina straordinariamente e
con attrente attualità al Fondatore; illumina e svi-
luppa i contenuti del suo carisma con sentimenti
filiali, ancorati alla più indiscussa conoscenza del
suo spirito e del suo cuore; la sua intraprendenza
e saggia capacità di svilupparne i germi ancora na-
scosti ci ammonisce che ogni dinamismo innova-
tivo deve provenire dalla piena sintonia con il più
genuino suo spirito.
L'evento della beatificazione di don Rinaldi ci
assicura che egli continua come «intercessore» la
stessa funzione che esercitò durante tutta la sua
vita, anche se in modo diverso. Ora lo fa insieme
a Don Bosco santo, a Don Rua beato, a 1Santa Ma-
ria Domenica Mazzarello e a tanti ·altri fratelli e
sorelle glorificati. Questo ruolo però noi lo dob-
biamo interpretare riflettendo su quanto egli ci ha
lasciato di ammestramento in vita. In questo sen-
so lo guardiamo come a «guida» sicura, che ci in-
segna ad affrontare con autenticità salesiana le
esigenze proprie del progredire dei tempi.
Don Rinaldi beatificato interceda e guidi il no-
stro cammino in avanti per l'educazione alla fede
di innumerevoli giovani nel mondo.
D. Egidio Viganò
Rettor Maggiore dei Salesiani
(Dalla lettera del Re/tor Maggiore
alla Famiglia salesiana)

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6 · 15APRILE 1990
IL PROGRAMMA
DELLA
BEATIFICAZIONE
La giornata di domenica 29
aprile 1990 a Roma si artico-
lerà in due momenti:
Ore 9,30 in Piazza San Pie-
tro: Beatificazione di don
Filippo Rinaldi presieduta da
Papa Giovanni Paolo II.
Ore 17,00 all'Università
Pontificia Salesiana: Com-
memorazione del nuovo
Beato tenuta da S. E. il Car-
dinale Rosalio Josè Castillo
Lara.
I cooperatori salesiani che
per l'occasione converranno
a Roma potranno partecipare
all'incontro organizzato per
loro presso i Missionari della
Consolata in via delle Mura
Aurelie, 11-13. L'incontro
(alle ore 14,00) prevede tra
l'altro i saluti di Paolo San-
toni, coordinatore generale
dell'Associazione e di Jo-
landa Masotti, coordinatri-
ce nazionale per l'Italia.
Nei giorni poi di venerdì (4
maggio), sabato (5 maggio) e
domenica (6 maggio) si terrà
un solenne triduo di comme-
morazione nella Basilica del
«Sacro Cuore» e di «San
Giovanni Bosco ».
Altre commemorazioni si
svolgeranno a Torino nella
Basilica di Maria Ausiliatrice
e in altre città.
MADRE MARINELLA:
<<ATTUALE LA LINEA
CHE Cl HA TRACCIATO>>
La Superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice
ricorda con riconoscenza
la figura e l'opera di don Rina/di
Suor Marinella Castagno, Superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice
ha indirizzato alle Consorelle, in occasione della beatificazione di don
Rinaldi, una lettera di cui riportiamo qui alcuni brani. Dopo aver espresso
la grande gioia «per la nuova grazia che il Signore concede a tutta la
Famiglia salesiana », suor Castagno ricorda che don Rinaldi «ha avuto
una parte molto importante nella storia del nostro Istituto, da lui seguito
con cuore di padre per molti anni, in Spagna prima, a Torino poi e infine
a livello mondiale nella veste di Rettor Maggiore». «La via tracciataci
da don Rinaldi è di grande attualità e ci indica mète da raggiungere
per essere oggi autentiche figlie di Don Bosco».
Richiamando, « non solo come dovere di riconosqenza, ma come biso-
gno del cuore», alcuni tratti della figura di don Rinaldi, suor Castagno
afferma che egli «ebbe una rara intuizione dell'animo femminile e una
fiducia non comune - soprattutto allora - nelle risorse delle religiose:
le seppe animare in modo veramente sorprendente. Mi pare di poter
dire che quanto Don Bosco vide in madre Mazzarello e nelle giovani
Mornesine; al momento della fondazione dell'Istituto, don Rinaldi con-
tinuò a scoprirlo nelle nostre sorelle di Spagna, di Nizza, di Torino. Ogni
suo intervento fu stimolo 'e sprone efficace sia ad un 'azione educativa
schiettamente salesiana, sia ad un governo illuminato e sicuro; egli
sapeva sostenere, consigliare con pazienza, bontà, fermezza e
speranza».
Dopo aver ricordato le innumerevoli iniziative promosse da don Rinaldi
- la società di mutuo soccorso, la cassa di risparmio, il Segretariato
del lavoro, le scuole serali di lavoro e di studio, le scuole di religione
per operaie e impiegate, le scuole estive, l'assistenza medica gratuita,
ecc. - suor Castagno afferma che « la sua parola illuminante e pre-
cisa, pur se discreta e prudente, rispettosa dell'autonomia voluta dalla
Chiesa, è una miniera a cui possiamo attingere a piene mani tesori di
saggezza salesiana e di paternità spirituale». E così prosegue: «Le
parole di don Rinaldi, se formeranno oggetto della nostra lettura e medi-
tazione, non solo ci aiuteranno a mantenere integro e vivo lo spirito del
Fondatore, pur nel costante evolversi delle situazioni».
E così conclude: « La Chiesa ci offre oggi in don Rinaldi non solo un
modello, ma anche una guida in un momento che deve darci una forte
spinta per superare remore, timori, incertezze e seguire con decisione
le orme dei Fondatori. .. Per questo cammino è indispensabile un parti-
colare aiuto della Vergine. Don Rinaldi, che amò con tenerezza di figlio
e confidenza di fanciullo Maria SS.ma, ci invita a una imitazione costante
della Madre nostra, Maria Ausiliatrice» .
Sr. M0arinella Castagno
Superiora Generale
delle Figlie di Maria Ausiliatrice

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' _ Sp_eciale _
.__= _.-.,/.,._,_-_, don Rina/di
15 APRILE 1990 , 1
I Don Bosco chiama Filippo Rinaldi: particolare
quadro (Fumagalli) nella cc Cappella delle vocazioni,,
DALLA VOCAZIO~;•f::;ARDIVA»
ALLA PERFEZIO-NE
SACERDOTALE
Dopo molte resistenze,
don Rina/di si « lasciò
vincere» infine da Don
Bosco, che lo voleva
salesiano. I numerosi,
importanti incarichi
nella Congregazione,
sempre assunti in
spirito di obbedienza.
La scelta di dedicarsi al
sacerdozio, il giovane Filippo Rinaldi
la maturò molto lentamente, anzi si
può dire - e lo riconobbe lui stesso
- che vi oppose una tenace resisten~
za. Sembrarono vane perfino le in-
sistenze di Don Bosco in persona,
che intuiva in lui la vocazione <:: non
perdeva occasione per farla emerge-
re. Filippo continuava a non voler-
ne sapere. Cercava tutte le scuse per
sottrarsi alla paterna pressione del
Santo . Un giorno, « stanco di quella
insistenza» (sono parole sue), scris-
se a Don Bosco di avere « sovente
mal di capo, la vista-d·ebole quindi
impossibilitato a intraprendere e con-
tinuare gli studi». Pensò che questi
argomenti avrebbero fatto finalmen-
te desistere Don Bosco.« Credetti di
aver vinto», raccontò poi. Ma si in-
gannava. Don Bosco, che quanto a
tenacia dava punti a tutti, non ave-
va nessuna intenzione di cedere, per-
ché intimamente convinto che la
vocazione il giovane Filippo l'aves-
se ben radicata cl.entro di sé. Difatti
gli rispose a stretto giro di posta:
« Vieni: il mal .di' capo passerà e di vi-
sta ne avrai a sufficienza per studia-
re». Invece di · vincere - dirà in
seguito don Rinaldi - « mi sentii
vinto e dopo aver riflettuto un po'
pensai di ubbidire a Don Bosco» .

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- A,· ~_Sp_eciale
. ;~ don Rina/di
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8 · 15 APRILE 1990
J primi ·vent'anni
Aveva all'epoca vent'anni. Come
era trascorso quel primo ventennio
della sua vita? Filippo Rinaldi era
nato a Lu Monferrato, Diocesi di
Casale, il 28 maggio 1856, ottavo
di nove figli. I genitori erano conta-
dini e creséevano i loro figli in un
ambiente di forti e profonde tradi-
zioni cristiane, impartendo loro una
schietta educazione religiosa. Una in-
fluenza determinante aveva la ma-
dre, Antonia Brezzi, e Filippo ne
conservò per sempre un ricordo ri-
conoscente. Il padre, Cristoforo, si
segnalava a sua volta per la profon-
da religiosità.
Il ragazzo ebbe la prima istruzio-
ne da un maestro privato e a 10 anni
fu inviato a Mirabella, un paese vi-
cino, dove Don Bosco aveva aperto
il suo primo Istituto fuori Torino.
Qui, dunque, il ragazzo fece la sua
prima esperienza di vita salesiana.
Ma dopo un solo anno di permanen-
za all'Istituto, tornò a casa, e si de-
dicò con i famigliari al lavoro dei
campi. Anche in quel periodo si se-
gnalò per l'impegno spirituale e la
frequenza ai Sacramenti, anche se
conduceva una vita piuttosto ritira~
ta. Ci fu soltanto qualche segno di
ribellione a 17 anni, allorché si mise
in testa che era tempo di prendersi un
po' di libertà, disertando magari
qualche funzione religiosa per andare
a bere un buon bicchiere di vino in
compagnia degli amici.
Un tal genere di «trasgressione»
può oggi farci sorridere, abituati co-
me siamo a registrare comportamenti
di ben maggiore gravità. Ma nel cli-
ma di profonda religiosità che all'e-
poca, e nella famiglia Rinaldi in
particolare, si respirava, la « ribellio-
ne» di Filippo, peraltro rientrata in
brevissimo tempo, poteva indurre
qualcuno a parlare di «crisi». Paro-
la grossa, che tuttavia si inserisce nel
ritardo con cui maturò in lui la vo-
cazione. Di questo ritardo, il postu-
latore don Fiora, nelle note biogra-
fiche accluse agli atti del processo di
beatificazione, avanza una spiegazio-
ne. Egli vede in Filippo Rinaldi una
insicurezza dovuta in parte alle pre-
carie condizioni di salute, che erano
in effetti consistenti, ma soprattutto
alla scarsa considerazione di sé che
« lo faceva credere ìmpari al grave
compito del sacerdozio». Ne senti-
va la grandezza, ma appunto per
questo temeva di non poterne assu-
mere la responsabilità. Arrivava a
vedersi religioso laico, ma non sa-
cerdote.
Duplice vantaggio
Infine, come abbiamo visto, si
«lasciò vincere» da Don Bosco. E
tuttavia gli rimase nell'anima il cruc-
cio di non essere stato più pronto al-
la chiamata del Signore. In seguito
lo dichiarò apertamente più-volte, ri-
cordando che « resistetti interiormen-
te ed esteriormente alla vocazione dai
10 ai 20 anni compiuti». Don Fiora
giunge alla conclusione che « a di-
stanza, la sofferta e vittoriosa scelta
della vocazione abbia portato un du-
plice vantaggio nella vita di don Ri-
naldi: lo aiutò in avvenire a vincere
la riluttanza psicologica nel prende-
re decisioni per cui divenne ardito e
sicuro realizzatore di opere aposto-
liche; inoltre gli fece fare una espe-
rienza personale che gli tornò
utilissima per dirigere molte anime
IDon Filippo Rinaldi, in primo
plano, e don Pietro Rlcaldone In
visita alla scuola agraria ·
·
di Cumiana.
(Foto Archivio Salesiano)
che a lui si rivolsero per la scelta della
vita religiosa e sacerdotale».
A 21 anni - era il 1877 - Filip-
po entrò nell'Istituto di Sampierda-
rena che Don Bosco aveva destinato
a coloro che egli chiamava i « Figli
di Maria», a quanti, cioè, a causa di
vocazioni all'epoca considerate adul-
te, dovevano seguire corsi accelerati
di studi per recuperare gli anni per-
duti. All'Istituto trovò come Diret-
tore don Paolo Albera, che egli
definì il « mio angelo custode». Il
giovane •incontrò inizialmente im-
mancabili difficoltà nella ripresa de-
gli studi, dopo dieci anni di abban-
dono. Ma via via i voti migliora-
rono, tanto che gli fu possibile sal-
tare la seconda ginnasiale. In seguito
si presentò come privatista alla scuo-
la statale e ottenne l'abilitazione ma-
gistrale.
Ma più ancora che la riuscita nel-
lo studio, è sempre più evidente in
questo periodo il progresso spiritua-
le: il giovane Filippo tendeva con tut-
te le sue forze alla perfezione della
vita cristiana. Dagli appunti scritti a
Sampierdarena risulta chiaro che tut-
ta la sua vita è impostata su princìpi
sovrannaturali. Conduce una lotta
aperta a quelli che egli considera i
suoi difetti, giudica il mondo serena-
mente e per contrasto sente la gioia
di darsi a Dio, confida nell'aiuto del
Signore e della Madonna per realiz-
zare le sue aspirazioni alla perfezio-
ne. « È un orientamento pratico di
vita religiosa - scrive il postulatore
- senza idealismi e senza illusioni di
fantasia, con quella concretezza che
guiderà don Rinaldi durante tutta la
sua vita».
Padronanza di
Nel 1879, Filippo entrò nel novi-
ziato di San Benigno Canavese (To-
rino) e ricevette da Don Bosco l'abito
talare. Divenne poi l'assistente dei
suoi compagni, che ne lodavano «il
tatto, la longanimità e l'amore al do-
vere, congiunti con una crescente pa-
dronanza di sé nella parola e nei
modi» . Il 13 agosto 1880 Filippo
emise la professione perpetua. Se la
scelta vocazionale seguì vicende non
ordinarie, così fuori del comune fu

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Anno Scolpslico t-87.l .·-7:I
BSAIE SEIESTULE
ce&N011 1 i!·on ,m_.'l 11~~111 Ilttr~rn
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_ Sp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990 9
Classe ·dL
ISAIE ANNUALI
. . 1 [,1 - · OSSERl'UIONI
il percorso dì preparazione al sacer-
dozio, accelerato per volontà di Don
Bosco, al quale stava a cuore che don
Rinalcli diventasse presto sacerdote.
E lo divenne il 23 dicembre 1882, a
Ivrea.
Solo nove mesi dopo, Don Bosco
scelse don Rinaldi come direttore
della Casa di Mathi per le vocazioni
tardive. Lo riteneva il più adatto sia
perché aveva fatto personalmente
l'esperienza di vocazione adulta sia
perché era maturato all'esercizio di
autorità nel ruolo di assistente dei
chierici. Solo lui, don Rinaldi, non
riusciva a convincere.se stesso di es-
sere adatto a quel compito, ~rièhe se
rimaneva intatta la disponibilità a fa-
re la volontà di Dio e dei Superiori.
Ma confratelli e allievi erano di tut-
t'altro avviso. Ha scitto un ex allie-
vo, don Maggiorino Olivazzo: « Lo
zelo, la cadtà, la paternità del Diret-
tore fece della Casa una vera fami-
glia. Teneva conferenze, predicava,
confessava, animava tutti ... Regna-
I La pagella di don Filippo Rinaldi
conservata a Genova
Sampierdarena.
va in casa santa allegria».
I cinque anni trascorsi a Mathi fu-
rono un periodo che, come ha scrit-
to don Ceria nella sua biografia, si
possono considerare « come centrali
nella sua esistenza perché durante il
quinquennio portò a compimento la
trasformazione iniziata quando _co-
nobbe e seguì la sua vocazione... Ne
"uscì visibilmente.padrone di sé e spi-
ritualmente superiore alle contingen-
ze della vita quotidiana. Al solo
vederlo dava allora l'impressione di
fermezza, di benignità e di uomo
pio».
Alla morte di Don Bosco, il suc-
cessore don Rua inviò don Rinaldi in
Spagna, come direttore della Casa
salesiana di Sarria. L'esperienza spa~
gnola di don Rinaldi fu determinan-
te ai fini dello sviluppo salesiano nel-
la Penisola Iberica; di essa parliamo
in altra parte del giornale.
Doti di governo
Il Rettor Maggiore don Rua, visi-
tando le Case salesiane di Spagna nel
1894, si convinse delle eccezionali do-
ti di governo di don Rinaldi, della
sua fedeltà allo spirito di Don Bosco.
Due anni dopo lo volle con sé, a To-
rino, come Vicario e primo collabo-
ratore. Ma in Spagna rimase
vivissimo il suo ricordo, come scris-
se don Bordas, « non solo nella Fa-
miglia salesiana, ma anche tra lo
stuolo assai largo dei benefattori,
ammiratori e amici. Si elogiavano in
particolare le sue virtù, il suo gran-
de criterio pratico, la sua prudenza,
il suo grande cuore e il suo ardente
zelo per il bene delle anime». E l'ar-

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_ Sp_eciale
don Rina/di
stesso tempo fermo e soave. Sapeva
rendere la pietà amabile, dimostra-
va facile· e amabile l'esercizio della
perfezione». Don Rinaldi si dedicò
con impegno all'assistenza spiritua-
le delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
delle ex àllieve, favori la collabora-
zione dei laici e animò le varie asso-
ciazioni che compongono la Famiglia
salesiana, promosse nuove organiz-
zazioni a livello mondiale.
Risultati pratici
I Chiesa di S. Valerio a Lu Monferrato e nella pagina a fianco:
Lu Monferrato, panorama visto dal campanile della Chiesa parrocchiale e
lapide-ricordo posta nel 1931 presso la casa dove nacque il Beato.
· (Foto Marzi)
civescovo di Valenza, mons. Olae-
chea, così si espresse: « Ho l'impres-
sione di non aver trovato nella mia
non breve esistenza, un sacerdote che
mi abbia dato più alta l'idea della pa-
ternità amorosa di Dio».
Nel suo nuovo incarico di Prefet-
to generale diede altre validissime
prove delle sue capacità di governo.
don Ceria ne ha tracciato un quadro
efficace: regolarità di vita religiosa e
di lavoro, paterna disponibilità a ri-
solvere tutti i problemi che quotidia-
namente arrivavano a lui, generosità
con tutti finché poteva, compatimen-
to per tutte le miserie pur senza man-
care al dovere della correzione,
calma imperturbabile nelle avversità
e nelle ristrettezze finanziarie .
Benché l'ufficio di Prefetto gene-
rale ·comportasse pesanti responsabi-
lità e un duro lavoro quotidiano, don
Rinaldi tenne il suo animo sacerdo-
tale aperto ad opere e attività che te-
stimoniano il suo zelo e sono al
tempo stesso forme originali e nuo-
ve di apostolato. « Ogni mattina -
ha ricordato don Tirone, membro
del Consiglio Superiore - celebra-
va la Messa alle 4,30 e poi, per un
paio d'ore, sedeva al confessionale
sempre molto frequentato. Chiama-
to anche di giorno, lasciava il lavo-
ro e si recava al confessionale. A chi
si meravigliava, rispondeva: "Cosi ci
ricordiamo di essere preti..." ». Suor
Maria Lazzari ha ricordato che « nel~
la direzione delle anime era allo
Eletto Rettor Maggiore - su que-
sto avvenimento riferiamo a parte -
don Rinaldi portò le sue ricchezze
spirituali al vertice della Congrega-
zione, dando significative prove di
santità. Sul piano pratico si occupò
intensamente della formazione del
personale e incrementò le vocazioni.
Don Rua ricordò che i Salesiani alla
morte del Rettor Maggiore don Al-
bera erano 4788 distribuiti in 404
Case. Don Rinaldi li portò a 8836,
aumentandoli di oltre 4000 unità,
con oltre mille case. Lo slancio mis-
sionario di don Rinaldi si trasferì a
tutta la Congregazione, con risultati
eccezionali. In quest'opera, egli as-
secondò pienamente l'orientamento
della Chiesa del suo tempo. Con lui,
la Congregazione assume veramen-
te dimensioni ecclesiali e mondiali.
L'avvenimento più importante spi-
ritualmente sotto il Rettorato di don
Rinaldi fu la beatificazione di Don
Bosco. Il riconoscimento da parte
della Chiesa della santità del Fonda-
tore « parve a don Rina.Idi come una
conferma dell'orientamento fonda-
mentale del suo governo, quello cioè
di far rivivere nella sua genuinità ed
efficacia il carisma di Don Bosco in
tutti i confratelli».
Col passare degli anni, la salute di
don Rinaldi andò declinando e ben-
ché continuasse a lavorare alacre-
mente considerò l'opportunità di
dimettersi dall'incarico di Rettor
Maggiore. Ma fu invitato a desiste-
re. E fino all'ultima ora continuò a
ricevere confratelli, a scrivere lette-
re circolari, a tenere conferenze. Mo-
rì il 5 dicembre 1931, all'improvviso,
come aveva previsto che sarebbe ac-
caduto.
Gaetano Nanetti .

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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,t.
cclL BUON P~DRE»·/
GLI TRACCIO · /; .
LA VIA DA SEGUIRE~
Il rapporto fra
don Rina/di e
Don Bosco, dal primo
«chiassoso» incontro
a Lu Monferrato
alla collaborazione
per l'ampliamento
dell'Opera salesiana.
Don Bosco capitò a Lu
Monferrato nell'ottobre del 1861. Ci
si era recato in gita con un gruppo
dei suoi ragazzi, banda in testa e l'al-
legria di sempre. L'esuberanza, ma-
gari un po' rumorosa, della comiti-
va sconvolse la sonnacchiosa vita del
paese abituato ai silenzi della cam-
pagna, al punto che il sindaco in per-
sona intervenne ·per ingiungere al
prete «rivoluzionario» di far fagot-
to assieme alla sua compagnia fra-
cassona e di rito.rnarsene da dove era
venuto. Fra i molti bambini che si
eran~ raccolti per osservare incurio-
siti gli indesiderati ospiti, c'era anche

2.2 Page 12

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_ Sp_eciale
don Rina/di
12 15 APRILE 1990
il piccolo Filippo Rinaldi, che a Lu
Monferrato era nato cinque anni
prima.
Fu, quella, la prima volta che co-
lui al quale sarebbe toccato di diven-
tare il suo terzo successore, vide Don
Bosco. Il sacerdote, alle prese con l'i-
rato sindaco, non ebbe naturalmen-
te modo di scorgere il bambino. Ma
un fatto che accadde nel pomeriggio
della stessa giornata, stabilì un sal-
do rapporto di amicizia fra Don Bo-
sco e la famiglia Rinaldi. I ragazzi
della comitiva avevano fatto ritorno
a Torino assieme ai loro assistenti,
mentre Don Bosco si era trattenuto
in paese perché aveva in programma
di recarsi a Mirabello, in visita a una
famiglia amica. Solo che nessuno ac-
cettò di provvederlo della carrozza
per il viaggio: la gente di Lu Mon-
ferrato era proprio arrabbiata con
lui. .. L'unica persona che gli si av-
vicinò per chiedergli se poteva aiu-
tarlo fu Cristoforo Rinaldi, il padre
di Filippo, che con il proprio ca-
lesse condusse il sacerdote a desti-
nazione .
la causa di beatificazione, annota:
« Non possiamo definire il mistero
di questa luce, ma essa spiega, con
altri elementi, il fascino che Don
Bosco esercitò poi sempre su don
Rinaldi».
Tuttavia, Filippo abbandonò gli
studi e fece ritorno in famiglia. Ma
non fu dimenticato da Don Bosco,
che coltivava in cuor sud la speran-
za di farne un salesiano . Quando,
dopo non poche resistenze, don Ri-
naldi lasciò infine scorrere la voca-
zione che peraltro da sempre aveva
nel cuore, tenne costantemente gli
occhi fissi su Don Bosco per imitar-
ne l'esempio come educatore e apo-
stolo della gioventù. A suà volta,
Don Bosco ne seguì passo passo la
formazione sacerdotale. Don Rinal-
di stesso ricordò più tardi ciò che il
Santo gli diceva: « Il tal giorno da-
rai il tal esame. E in quell'altro gior-
no ·prenderai il tal ordine. E io
obbedivo. Il giorno della mia prima
Messa, quando Don Bosco mi do-
mandò se ero contento, gli risposi
con tutta schiettezza: "Se mi tiene
con lei, sì; se no, non saprei che fa-
re". Don Bosco sorrise». E aggiun-
se: « Fu Don Bosco che mi tracciò la
via». A questo proposito, il biogra-
fo don Ceria ha annotato che «l'a-
ver insistito tanto col giovane Rinaldi
perché si facesse prete è un caso as-
sai più unico che raro, anzi l'unico
che si conosca» .
Giovane Direttore
Don Rinaldi non deluse le aspet-
tative che in lui Don Bosco aveva ri-
posto. Se ne ebbe una delle tante
riprove allorché il Santo lo incaricò
di dirigere la comunità salesiana di
Mathi, nel Canavese. Contava sul
I Lu Monferrato, Chiesa Santa Maria, particolare della « Cappella delle
vocazioni» che ricorda un episodio della vita del Beato e in alto
don Filippo Rinaldi in visita alla casa salesiana di Caserta.
(Foto Archivio Salesiano)
Jncontri a Mirabella
A quell'incontro, il piccolo Filip-
po non era presente. Ebbe invece oc-
casione di avvicinare per la seconda
volta Don Bosco qualche anno do-
po, quando entrò nel collegio sale-
siano di Mirabello, dove Filippo
frequentò il ginnasio. Lui stesso rac-
contò l'episodio nel 1931 : «Conta-
vo allora poco più di 10 anni. Il buon
Padre era in refettorio, dopo il suo
pranzo, e ancora seduto a mensa.
Con grande amorevolezza si informò
delle mie cose, mi parlò all'orecchio
e, dopo avermi chiesto se volevo es-
sere suo amico, soggiunse subito,
quasi per chiedermi una prova della
mia corrispondenza, che al mattino
andassi a confessarmi. Sono luci che
brillano di più viva chiarezza, ora che
la vita volge al termine».
Qualche mese dopo, sempre a Mi-
rabello, ci fu un altro incontro. È
ancora don Rinaldi a raccontarlo:
« Confessandomi da lui, lo vidi real-
mente rifulgere all'improvviso di
luce arcana sul volto» . Con riferi-
mento a questo episodio, il postu-
latore don Fiora, nella relazione per

2.3 Page 13

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,-\\
-- _ SJJ...eciale _
,.,~ donRinaldi
giovane sacerdote, allora ventisetten- ospitò i primi quattro membri della
ne, per allargare la sua opera e sape- comunità era poverissima, addirittu-
va che don Rinaldi aveva le doti ra squallida, ma don Rinaldi si mise
giuste per assecondarlo nella realiz- d'impegno per rènderla più confor-
zazione dei suoi piani. La casa che tevole, adattandosi a ogni genere di
servizio. E quando la comunità creb-
be fino ad accogliere sessanta perso-
ne, Don Bosco ·constatò di persona
che la casa, per quanto migliorata e
resa più accogliente, era ormai ina-
datta, cosicché accelerò i lavori di co-
. struzione dell'edificio annesso alla
chiesa di San Giovanni Evangelista
a Torino.
«Sei tranquillo ora?·»
Il giovane direttore doveva pensa-
re a tutto, e le difficoltà erano tante
che talvolta si sentiva dominato dal-
1'inquietudine. Allorà correva da
Don Bosco. Questi lo riceveva, lo fa-
ceva sedere accanto a sé, lo lasciava
parlare senza mai interromperlo, gli
occhi sorridenti, quasi divertito. Poi
gli diceva: « Mentre termino questa
lettera urgente, tu leggi questo» e gli
metteva in mano uno dei tanti libri
posati sulla scrivania. Ma lasciamo
che sia lo stesso don Rinaldi a nar-
rare il seguito: « Che dovevo fare?
Benché non ne avessi nessuna voglia,
mi mettevo a leggere. E lui continua-
va a scrivere come se io non esistes-
si. Dopo un bel po' posava la penna,
mi sorrideva dolcemente e mi dice-
va: "Ebbene, ti è passata?". Oppu-
re, in altra occasione: "Sei tranquil-
lo, adesso?". Mi benediceva e io me
ne andavo rimesso in pace». Un epi-
sodio, questo, che inquadra ad un
tempo, come meglio non si potreb-
be, sia la paternità di Don Bosco sia
il carattere in fondo pacato e sereno
di don Rinaldi.
Con il trasferimento a Torino, don
Rinaldi si trovò a un quarto d'ora di
strada da Valdocco, dove c'era Don
Bosco, ed egli godeva della vicinan-
za con il Padre che amava. 'Tanto più
che Don Bosco non trascurava occa-
sione per chiamarlo all'Oratorio. Gli
accordò il privilegio di assistere alle
riunioni del Capitolo Superiore. Era
un modo per attestare la sua stima
e l'intima convinzione che don Ri-
naldi sarebbe stato un giorno chia-
mato a continuare là sua opera. La
salute di Don Bosco stava declinan-
do e ciò era motivo di tristezza per
don Rinaldi. Tristezza che divenne
cocente dolore alla morte di Colui
che era stato un padre, una guida, un
sostegno.
Luca Chiarinelli

2.4 Page 14

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- A·-~~_ -·;;~ doSnpR_eicniaal/edi
I Z!\\
-- 14 15 APRILE 1990
Ai membri del
Capitolo generale
del 24 aprile 1922,
don Rina/di si rivolse
dopo la votazione
con parole di grande
umiltà: « Che cosa
avete mai fatto? ... ».
Il 24 aprile 1922, un lu-
nedì, don Filippo Rinaldi uscì verso
le nove dal suo ufficio a Valdocco.
Indossava il vestito di sempre, al-
quanto malandato, sulle spalle ave-
va il pastrano cui mancava un
bottone che non si era curato di so-
stituire, calcato in testa aveva un cap-
pello che denunciava un uso troppo
prolungato nel tempo. Si diresse, as-
sieme ad altri confratelli, verso la sa-
la dove si sarebbe riunito il Capitolo
Generale della Società salesiana. Vi
entrò come Prefetto generale, cari-
ca equivalente a quella attuale di Vi-
cario generale. Di lì a qualche ora,
ne sarebbe uscito come terzo succes-
sore di Don Bosco. Eletto al primo
scrutinio.
Il Capitolo Generale, convocato
ad alcuni mesi dalla morte di don 1
Paolo Albera, per eleggere il nuovo
Rettor Maggiore riunì a Valdocco i
Delegati, gli Ispettori, i Vicari Apo-
stolici provenienti da ogni parte d'I-
talia e dall'estero. Nella sala c'erano
uomini dai nomi già allora prestigio-
si, destinati a entrare nella storia del-
la Chiesa e della Congregazione: il
cardinale Cagliero, figura straordi-
naria di missionario salesiano, il pri-
mo a mettere piede in Patagonia;
mons. Versiglia, Vicario apostolico
in Cina, che avrebbe subìto il marti-
rio -nell'amata terra cinese; don Pie-
tro Ricaldone, che sarebbe divenuto
a sua volta Rettor Maggiore.
ELETIO AL PRIMO
SUCCESSORE DI

2.5 Page 15

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Cappella dedicata
SCRUTINIO Ia don Rinaldi
nella Chiesa
«Santa Maria».
Quadro del Crida
realizzato
nel 1957.
DON BOSCO
~. _ Sp_eciale _
~~~~~ don Rina/di
15 APRILE 1990 15
Un lungo
applauso
Gli elettori erano 64. Per l'elezio-
ne, le Regole prescrivevano la mag-
gioranza assoluta di 33 voti. A don
Rinaldi ne andarono 50. Proclama-
to il risultato, un lungo applauso ri-
suonò nell'aula. Poi si fece silenzio.
E don Rinaldi si alzò a parlare: « Che
cosa mai avete fatto? ... Questa ele-
zione·è motivo di confusione per me
e per voi. Ecco che si fa manifesta
una grande verità: il Signore, con
questa elezione, vuole confermare
che non sono gli uomini che guida-
no la Società salesiana, ma è Maria
Ausiliatrice, la quale come ne fu ispi-
ratrice e madre, continua ad esserne
patrona e guida. Pregate perché io
non guasti ciò che hanno fatto Don
Bosco e i suoi successori».
Fu il cardinale Cagliero, affaccia-
tosi alla finestra, ad annunciare con
la sua voce squillante a quanti sosta-

2.6 Page 16

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-A•:.~_ Sp_eciale
•- ·; ;9 donRinaldi
(' ~
- 16 · 15 APRILE 1990
vano nel cortile in attesa, l'esito del-
le votazioni: «Habemus Patrem!
Don Rinaldi! ». La notizia fu accol-
ta da tutti con entusiasmo. Gli stu-
denti uscirono dalle aule, gli artigiani
dai laboratori, accorsero sacerdoti e
Figlie di Maria Ausiliatrice. Tutti si
strinsero attorno ·a don Rinaldi, che
nel frattempo era apparso nel corti-
le, il volto sereno e sorridente di sem-
pre, e negli occhi un velo di profonda
commozione per una così spontanea
e gioiosa manifestazione di filiale af-
fetto. Seguito dai Padri Capitolari,
il nuovo Rettor Maggiore raggiunse
il Santuario di Maria Ausiliatrice e,
in ginocchio sul gradino più basso
dell 'altare, si raccolse in preghiera.
Nel frattempo, il cardinale Caglie-
ro aveva steso il telegramma diretto
al Santo Padre Pio Xl. Il messaggio
diceva: « Membri Capitolo generale
partecipano alla Santità Vostra ele-
zione nuovo Rettor Maggiore nella
persona di don Filippo Rinaldi, il
quale, per primo suo atto, offre se
stesso e Salesiana Società agli ordini
e ai consigli del Supremo Pastore del-
la Chiesa». Sarebbe poi giunta, tra-
mite il Segretario di Stato cardinale
Gasparri, la risposta del Papa: «Au-
gusto Pontefice, grato per omaggio
filiale devozione, fa voti perché be-
nemerito Istituto, sotto la sapiente
direzione del nuovo Rettor Maggio-
re, prenda sempre maggiore incre-
mento a gloria di Dio e a vantaggio
spirituale gioventù cristiana».
Cittadino onorario
A don Rinaldi era giunto anche un
altro telegramma, inviatogli dal dott.
ò . B. Filippello, sindaco di Castel-
nuovo d'Asti, la cittadina che avreb-
be preso in seguito il nome di Ca-
stelnuovo Don Bosco. Il sindaco lo
informava che con decisione unani-
me e per acclamazione, il Consiglio
comunale gli aveva conferito la cit-
tadinanza onoraria. « Con questo at-
to - aggiungeva il sindaco - i
concittadini di Don Bosco hanno vo-
luto testimoniare la grande stima e
la viva simpatia che li stringono al
successore di colui che fu il loro più
-grande concittadino e l'alta ammira-
zione che sèntono per la Società sa-
IIncontri di don Rinaldi al Colle Don Bosco, con un gruppo di insegnanti e a
Valdocco con un gruppo di Presuli.
Nella pagina a fianco: Don Rinaldi è morto. Il corteo funebre passa davanti
alla Basilica di Maria Ausiliatrice.
(Foto Archivio Salesiano}

2.7 Page 17

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15 APR/LE -1990 17
CONCORDE LA STAMPA
ALLA SUA MORTE:
UN CONTINUATORE
DELL'OPERA DI DON BOSCO
La scomparsa di don Rinaldi ebbe particolare un lutto nazionale... Al do-
larghissima eco sulla stampa italiana lore di una perdita come quella di Don
e in quella di molte altre Nazioni. Fu Rinaldi può legittimamente associarsi
un coro unanime di cordoglio per la la consolazione del constatare come
morte del sacerdote, di rispetto e di dal Paese, dal popolo, dall'autorità
stima per la figura e l'opera di colui non meno che dalla Chiesa, la Con-
che fu visto come il continuatore di gregazione salesiana sia considera-
Don Bosco.
ta una istituzione di importanza ge-
Su «L'Italia» di Mila90, Antonio Co- nerale, alle cui sorti sono congiunti
jazzi cosi concluse il suo commosso interessi vitali della civiltà».
articolo: « Nel lutto che colpisce più di Nell'articolo comparso sul «Corrie-
mille Case salesiane e addolora 20 re di Sicilia» si leggeva tra l'altro: «Og-
mila cuori di Figli e Figlie, e associa gi, dinanzi al nostro sguardo si
milioni -di allievi, di benefattori, di sim- proietta tutta la sua vita di apostolo,
patizzanti, don Rinaldi si erge con la vita piena di pensiero e di opere, di
possente statura di lottatore instanca- fede cristiana e di carità. Attorno a
bile, di lavoratore evangelico, di fede~ don Rinaldi era ormai un coro di ac-
le, eroico, geniale continuatore clam~zioni riconoscenti, e gli occhi
dell'Opera che il beato Don Bosco, .dei grandi e dei piccoli, posandosi sul
profetizzandolo suo terzo successo- suo volto buono e benefico trovarono
re, gli aveva affidato. Sante le mani · la conferma della loro speranza. La
del Padre, pure, benefiche, operose bontà di don Rinaldi fu un apostolato
le mani dell'erede. Esse trasmettono che si estese a tutti e tutti abbracciò:
ora ad altri la grande eredità spi- egli non pensò mai a se stesso, ma
rituale».
consacrò le energie del suo ingegno
Filippo Meda scrisse su «Scuola al bene altrui»:
italiana moderna»: «La morte di don «La Stampa» di Torino scriveva:
Rinaldi è un lutto della Chiesa, ma è . «Una delle caratteristiche di don Ri-
anche un lutto del mondo civile, e in naldi fu il grande senso .pratico della
vita. E anche in questo ricordava Don
Bosco. Aveva il colpo d'occhio sicu-
ro, che gli faceva veder chiaro e giu-
sto nelle situazioni più complesse e
delicate; ma soprattutto eccelleva per
la bontà del cuore e la semplicità e
profondità dei sentimenti».
«L'amico del popolo»di Belluno, ri-
cordando la visita che il Rettor Mag-
giore aveva fatto alla città, cosi
concludeva l'articolo commemorativo:
«Quanti ebbero l'onore di avvicinarlo
ebbero modo di ammirare la s·ua sem-
plicità, la sua modestia, la sua chia-
roveggenza.
Sotto le apparenze più umili si na-
scondeva un grande uomo di virtù e
di governo».
Su «L'awenire d'Italia» si poteva
leggere: «Fu una gloria sua quella di
aver provveduto alla vita e all'espan-
sione delle Missioni con tanta larghez-
za di vedute e col} tanta fede nella
Provvidenza divina, da strappare
l'ammirazione di tutti e confortare
grandemente il cuore del Papa delle
Missioni, il Pontefice Pio Xl"·

2.8 Page 18

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G~ì" _ ~(:p'f _eciale
_ ,o:;~-~ don Rina/di
I Z')I
r 18 · 15 APRILE 1990
lesiana e per tutti i continuatori del-
1' opera di Don Bosco» .
Nei giorni immediatamente se-
guenti all'elezione, don Rinaldi e i
Padri Capitolari si recarono in pel-
legrinaggio a Valsalice per rinnova-
re dinanzi alla tomba di Don Bosco
- all'epoca non ancora trasferita a
Torino - il proposito di attuare in
ogni parte del mondo il programma
da lui tracciato. Da Valsalice a Riva,
patria di Domenico Savio, e infine ai
Becchi, nella casa natale del Fonda-
tore. Ovunque, il nuovo Rettor Mag-
giore fu accolto con calorose dimo-
strazioni di simpatia, alle quali don
Rinaldi rispondeva con commosse
parole di ringraziamento .
L'elezione ebbe larga eco sulla
stampa italiana e straniera. Sul quo-
tidiano torinese « La Stampa», lo
scrittore Gigi Michelotti tracciò que-
sto profilo: «Come il nome, è popo-
larissima tra i salesiani e tra quanti
furono dai salesiani educati e dalla
simpatica istituzione non sanno stac-
carsi, la figura di don Rinaldi. Con
la sua alta, solida persona, molti ne
soverchia con le spalle, ma le spalle
incurva, quasi volesse scusarsi di es-
sere più alto degli altri. Porta gli oc-
chiali a stanghetta e di essi si serve
per la lettura, ma quanti lo avvicina-
no sanno che è al di sopra degli oc-
chiali che bisogna cercare il suo
sguardo, che è sottile e penetrante e
pieno di grande soavità. La sua pa-
rola è semplice, piana, come chi dalla
lunga esperienza ha appreso a saper
molto compatire e perdonare. E non
lo si avvicina senza sentirsi migliori».
Tutti coloro che conoscevano don

2.9 Page 19

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Rinaldi avevano la certezza che egli
non aveva mai pensato di occupare
il posto che fu di Don Bosco. «Ave-
va una grande umiltà», scrisse di lui
don Ricaldone - « convinto delle
sue insufficienze. Le manifestò ogni
volta che si trattò di accettare qual-
che carica». E don Azzini: « Non
ambì mai onori ..'. era così modesto e
così umile che chiunque non l'avesse
personalmente conosciuto e l' avesse
visto, l'avrebbe ritenuto per l'ultimo
sacerdote della nostra Congregazio-
ne ». E don Marchisio: «Fece sem-
pre figurare i suoi collaboratori, met-
tendosi lui in secondo fila ... ». Non
solo non pensava al Rettorato, ma in
vista del Capitolo preparò una peti-
zione per chiedere che lo sollevasse-
ro dall'incarico allora ricoperto di
Prefetto generale. « Prego il Capito-
lo di eleggere un Prefetto giovane.
Questa è una carica che richiede mol-
ta attività e lavoro. Quando si invec-
chia (don Rinaldi aveva allora 66
anni) è difficile sostenere tutta la re-
sponsabilità di un Prefetto generale
dei Salesiani... Alla mia età hanno
ceduto le armi don Alasonatti, don
Rua, don Durando, don Belmonte,
e questo in tempi in cui la Congre-
gazione non aveva il lavoro comples-
so che richiede oggi». E aggiungeva:
« Abbiamo bisogno che nel Capito-
lo entrino i giovani. .. ». Il Capitolo
lo sollevò bensì dall'incarico di Pre-
fetto generale, ma per affidargli
quello, ancora più impegnativo, di
Rettor Maggiore.
Fra l'aprile e il maggio
del 1925, don Rina/di visitò, nella ve-
ste di Rettor Maggiore, numerosi
centri della Romagna, de/l'Umbria e
del Lazio, sempre accolto da autori-
tà e popolazioni con cordialità e sim-
patia. Giunto a Roma, il 5 maggio
il Rettor Maggiore fu ricevuto in
udienza dal Santo Padre, Pio Xl.
Di quell'udienza, il «Bollettino Sa-
lesiano» riportò un dettagliato re-
soconto, evidentemente basato sul
racconto che poi ne fece lo stesso don
Rina/di.
« Quando don Rinaldi apparve
sulla soglia, il Santo Padre stava scri-
vendo e mentre il nostro Superiore
faceva le genuflessioni, senza alzare
la fronte, esclamò: "Venga, don Ri-
naldi, venga!''. Il nostro Superiore
si credette in dovere di chiedere scu-
sa a Sua Santità per aver domanda-
to udienza in giorni di tanto lavoro,
ma confessò anche che gH sarebbe di-
spiaciuto di lasciare Roma senza ri-
cevere la benedizione e udire qualche
consiglio dal Papa. ''Già, andare a
Roma senza vedere il Papa!. .. " ri-
spose sorridendo il Santo Padre.
"Ma io sto bene: lo dica a tutti che
non si preoccupino. Da principio te-
mevo anch'io per la fatica che rite-
nevo superiore alle mie forze, ma
ora, ripeto, sto bene" . "Santo Pa-
dre, preghiamo tutti perché il Signore
doni a Vostra Santità ottima salute''.
"Lo sappiamo, e le preghiere di tante
anime buone, insieme con le conso-
lazi_oni che ci vengono procurate,
compensano e ci rendono sopporta-
bile la fatica". "Deo gratias!" escla-
mò don Rinaldi ammirando la sere-
nità e la calma che risplendeva sul
volto del Papa.
« Pio XI ricordò poi un grande
pellegrinaggio di sacerdoti torinesi
giunti a Roma per l'Anno Santo e ciò
gli fornì l' occasione per sottolineare
come Torino avesse avuto un nutri-
to gruppo di santi sacerdoti: il Cot-
tolengo, il Cafasso, Don Bosco, don
Guala, don Murialdo. E continuò:
"Così, in quest'Anno Santo che ci
invita alla santità, abbiamo esempi
di molti Santi che ci si schierano di-
nanzi con le numerose beatificazio-
ni e canonizzazioni". Poi, alludendo
al processo di canonizzazione, allo-
ra in corso, ma che procedeva a ri-
lento, chiese: "E Don Bosco? ... ".
"Vostra Santità - rispose don Ri-
naldi - disse già altra volta che toc-
ca a Lui farsi strada... ". Il Santo
Padre sorrise amabilmente, e don
Rinaldi aggiunse: "Intanto noi pre-
ghiamo" . Quindi il discorso si por-
tò su altre cose e, tra l'altro, il Papa
raccomandò al nostro Rettor Mag-
giore di aprire molte Case salesiane.
"Santo Padre - osservò don Rinal-
di - forse ne apriamo troppe... ".
"Non vogliamo dire che ne dobbia-
te aprire oltre il possibile, ma vi ri-
petiamo ciò che dice uno scrittore: se
non possiamo fare tutto quello che
vogliamo, dobbiamo fare tutto quel-
lo chx possiamo. Se facessimo tutti
quello che si può, quante cose si fa-
rebbero di più a questo mondo!" ».
(Dal «Bolle/lino Salesiano »
del maggio 1925)

2.10 Page 20

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- A·f: _ -. .~]; doSnpR_eicniaalledi
[I~
20 15 APRILE 1990
DoN RINALDI IN SPAGNA:
UNO SPLENDIDO SVILUPPO
DELLE OPERE FAVORITO
DA CORAGGIO E BONTÀ
La salesianità del
Beato ha trovato
nel!'esperienza
spagnola delle
espressioni più
significative.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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_ Sp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990, 21
Se ripercorriamo le pri-
me vicende della storia salesiana in
Spagna e ricerchiamo le cause dello
splendido sviluppo che la Congrega-
zione ha avuto nella Penisola Iberi-
ca, non possiamo prescindere dalla
presenza e dall'azione di don Filip-
po Rinaldi. I primi salesiani arriva-
rono a Utrera (Siviglia) nel 1881,
mandati dallo stesso Don Bosco e
guidati nei loro primi passi da don
Cagliero e Don Bosco in persona vi-
sitò, nel 1886, la seconda casa sale-
siana a Sarria, a Barcellona,
lasciando indelebili ricordi della sua
santità, del suo senso sociaie e della
sua visione del futuro; colui che die-
de però il maggiore impulso sia nel-
1'assimilazione dello spirito del
Fondatore, sfa nella moltiplicazione
delle vocazioni e delle opere, fu, sen-
za alcun dubbio, don Filippo Rinal-
di. Giunse in Spagna nel 1889,
inviato dal Beato don Michele Rua,
come Direttore della casa di Sarria,
che aveva bisogno di un buon « col-
po di timone». Al suo arrivo esiste-
vano due sole case di salesiani, a
Utrera e a Sarria, e una delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, a Barcellona-
Sarria, aperta nel 1886, con l'aiuto
della venerabile cooperatrice donna
Dorotea de Chopitea.
Le eccezionali doti dell'umile don
Rinaldi cominciarono ben presto a
dare i loro frutti. Il suo modo di es-
sere, la sua personalità così vicina a
quella di Don Bosco, il suo caratte-
re paterno, la sua facilità nel com-
prendere situazioni e ambienti, il suo
spirito organizzativo e il suo senso
realistico unito a una grande fiducia
nel futuro, permisero a molti, eccle-
siastici e civili, di scoprire il carisma
salesiano. In poco tempo scompar-
vero le iniziali difficoltà e la casa Tal-
leres a Sarria alzò il volo verso
orizzonti insospettabili. Gli alunni si
sentivano' amati da don Rinaldi co-
me quelli di Valdòcco da Don Bosco;
l'ambiente respirava profonda pietà,
spirito di famiglia e grande allegria
mentre ovunque fervevano lo studio
e l'apprendistato di diversi mestieri.
I ragazzi attorniavano don Rinaldi
nel cortile o lo cercavano nel suo uf-
ficio e nel confessionale, trovando
sempre accoglienza e parole di inco-
raggiamento. Quanti grandi salesia-
ni spagnoli decisero la loro vocazione
ispirandosi direttamente a Don Ri-
naldi; o per merito della sua direzio-
ne spirituale! Sacerdoti come il padre
Guillermò Vifias e il martire don Jo-
sé Calasanz o coadiutori come José
Recasens, sono il frutto della perso-
I A sinistra: don Rinaldi incontra Alfonso Xlii
e la regina, reali di Spagna a Madrid.
I
Sopra: don Rlnaldi a Sarrià 1'11 l!Prile del 1926.
(Foto Archivio Salesiano)
nalità di don Rinaldi e a loro volta
si trasformarono in esempi di vita
per i giovani. La testimonianza del
salesiano don Salvador Rosés, che
. entrò da ragazzo a Sarria lo stesso
mese dell'arrivo di don Rinaldi, nel-
l'ottobre del 1889, riflette in manie-
ra efficace la vita di quella casa sotto
la direzione del nostro Beato. Così
scrive don Rosés: «Sono vissuto
quattro anni a Sarria e don Rinaldi
era il mio Direttore e il mio confes-
sore. Mi ricordo che noi ragazzi era-
vamo completamente incantati da
lui. Quella allegria serena e inaltera-
bile come la superficie dei laghi ita-
liani, quella soavità di modi che nuHa
sembrava poter scomporre, quella
paternità profonda capace di far
sbocciare fiori nei terreni più aridi
del cuore, quelle possenti mani da
atleta che diventavano leggere come
colombe quando sfioravano carezze-
voli i bambini, quel suo sguardo co-
sì particolare, capace di suggestioni
irresistibili e carico di riflessi del Cie-
lo, quella parola calda, che leniva co-
me un balsamo le ferite aperte,
donando conforto e riposo, quello
spirito, infine, così umano e com-
prensivo, che allontanava dalla co-
scienze le nubi più fitte, infondendo
speranza e ottimismo e facendo pre-
gustare delle ore di paradiso: tutto
questo era ben compreso da noi ra-
gazzi. E che dire, poi, dei valori e del
tessuto di virtù di quell'apostolo sa-
lesiano giovane e pieno di fervore, di
quell'anima tutta di Dio, appena for-
matasi nelle.mani di uno dei santi più
insigni di tutti i tempi? Non è strano
che noi bambini lo amassimo con
tutte le nostre forze e che ci sentissi-
mo disposti a fare per lui qualunque
sacrificio».
Cresceva, intanto, la fama dell'O-
pera di ·sarria in tutta la Spagna e
molti Vescovi sollecitarono la presen-
za salesiana nelle loro diocesi. Co-
minciò, così, il periodo di espansione
della Congregazione in tutta la Pe-
nisola Iberica. Già nel 1890, nella
stessa Barcellona, fu inaugurata, al-
la presenza di don Rua, l'opera di
San José de Roèafort; nel 1891, la
Scuola Agricola di Gerona, con an-
nesso oratorio.
Nel frattempo don Rinaldi, in-
tuendo lo sviluppo che avrebbe avu-
to la Congregazione in Spagna,
cominciò a occuparsi delle nuove vo-

3.2 Page 22

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A'_
_ ~Cp1 _ec.ia,,e
!~~!J:/~aldi
0
cazioni. La sua esperienza persona-
le e la sua fede nel carisma salesiano
gli fecero intraprendere con entusia-
smo questo lavoro che non si presen-
tava facile. Si preoccupò innanzi-
tutto che le case salesiane rispecchias-
sero in pieno e vivessero intensamen-
te secondo lo spirito' di allegria,
studio e pietà voluto dal Fondatore;
lui stesso era il direttore spirituale di
molti giovani che guidava personal-
mente; durante le sue « Buone not-
ti» non mancava mai di parlare delle
Opere salesiane già diffuse in Euro-
pa e in America. Nel 1892, quando
le case salesiane erano già quattro e
in grande sviluppo, il Rettor Maggio-
re, don Rua, giudicò opportuna la
formazione della lspettoria spagno-
la di Nostra Signora della Misericor-
dia, e pose alla sua guida lo stesso
don Rinaldi. A partire da questo mo-
mento, don Rinaldi percorre la pe-
nisola, anima i confratelli, prepara
con cura ognuna delle nuove case che
vengono moltiplicandosi : nel 1892
Siviglia-Trinidad, nel 1894 Rialp,
Malaga e Vigo-Arenal in Spagna e
Braga in Portogallo. L'anno succes-
sivo apre .una nuova casa dedicata in-
teramente al noviziato, a Sant
Vincenç dels Horts, vicino a Barcel-
lona. E ancora: Bejar a Salamanca
nd 1895 e Lisbona nel 1896; nel 1897
Carmona, Ecija, Baracaldo, la se-
conda casa a Malaga e una casa per
i novizi in Portogallo a Pinheiro; nel
1899 San Matias a Vigo, San José a
Salamanca e Sant'Antonio a
Valencia; Ciudadela, Madrid-Atocha
e Montilla nel 1899 e Cordova nel
1901, anno del suo ritorno in Italia
come Prefetto generale al posto di
don Domenico Belmonte. Il bilancio
della sua gestione era estremamente
positivo: appena arrivato aveva tro-
vato due case e ne lasciava, alla sua
partenza, ventuno e·sei delle FMA.
La Congregazione, sufficientemente
consolidata, si era organizzata in
quattro lspettorie, a Barcellona, a
I Parrocchia santuario
dedicata a Maria
Ausiliatrice
a Barcellona
Madrid, a Siviglia e a Lisbona. Cia-
scuna di esse poteva contare sulla
presenza di salesiani capaci che sa-
rebbero stati in grado di continuare
negli anni successivi lo sviluppo del-
la presenza salesiana.
Questo ricordo del lavoro di don
Rinaldi in Spagna rimàrrebbe incom-
pleto se non citassimo qualcuna del-
le sue geniali iniziative. Dal 1895
pubblicò le « Letture Cattoliche»,
sull'esempio di Don Bosco, con una
tiratura di cinquemila copie. Nel
1900 uscì il primo numero di un set-
timanale dedicato ai giovani, « L'O-
ratorio Festivo», che arrivò alle
quarantamila copie, distribuite in
tutti gli Oratori salesiani e lette con
grande soddisfazione da migliaia di
ragazzi.
Don Rinaldi pose grande attenzio-
ne e zelo nello sviluppo degli Orato-
ri. Don Rua, in una lettera successiva
alla stta visita in Spagna, scriveva:
« Una delle cose che riempirono di
soddisfazione il mio cuore durante la
mia visita fu il grande numero di
Oratori che ho incontrato e l'atten-
zione e la sollecitudine con cui sono
curati». Don Rinaldi dedicò molte
delle sue energie anche alla cura dei
Cooperatori, che ricevettero un for-
te incremento dal suo arrivo in Spa-
gna. Servì come modello in questo
lavoro la figura di donna Dorotea de
Chopitea.
Eletto Rettor Maggiore nel 1922,
don Rinaldi tornò in Spagna quattro
anni più tardi per visitare le Opere
salesiane, che nel frattempo erano di-
ventate quarantadue, e le sedici case
delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Poté vedere come stava sorgendo,
sulla cima del Tibidabo, a Barcello-
na, la chiesa 'profetizzata qa Don Bo-
sco; conie Gerona, da lui fondata,
si fosse trasformata in un fiorente
seminario. Visitò Cordova e i suoi
duecentocinquanta « Legionari di
Domenico Savio», Campello con la
sua Scuola teologica dove si forma-
vano i sacerdoti salesiani. A Madrid
pose la prima pietra, insieme al re Al-
fonso XIII, della nuova chiesa che
sarebbe sorta nel quartiere di Estre-
cho. Una visita che fece « rivivere e
rinverdire il ricordo della sua pater-
nità, del suo zelo, della sua sagacia
e c}le gli procurò ovunque accoglien-
ze trionfali ».
José Antonio Rico

3.3 Page 23

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A -(i."'·
Sp_eciale _
don Rina/di
'
15 APRILE 1990 , 23
GLI SCRITII
DI DON RINALDI:
IN ASCOLTO
DEI TEMPI
E CON LO SGUARDO
A DON BOSCO
La SEI ha pubblicato
una antologia degli
scritti del Beato.
Ne viene fuori
un quadro
sorprendente.
Quando ebbe tempo di
scrivere tutto questo? La domanda
fiorisce spontanea a chiusura delle
350 pagine dell'antologia di scritti del
Beato don Filippo Rinaldi, Rettor
Maggiore della Congregazione sale-
siana e terzo successore di Don Bo-
sco dal 1922 al 1931 e pubblicata
dalla Società Editrice Internaziona-
le a cura di don Stefano Maggio.
Quando poté preparare le tracce del-
le conferenze e dei discorsi, stilare le
lettere circolari, redigere le lettere
personali, mettersi a tavolino per
stendere testi di riflessione spiritua-
le? Prima e durante la massima re-
sponsabilità alla testa della Pia
Società, don Rinaldi (oltre le nume-
rose incombenze di cui la sua esisten-
za fu piena) non aveva sprecato il
tempo se a lui può essere attribuita
l'organizzazione di ben 37 iniziative
fra religiose e socio-assistenziali: e al-
lora, ci chiediamo di nuovo, quan-
do scriveva - e, in precedenza,
rifletteva - quello che l'antologia ci
restituisce, e che è soltanto una par-
te del suo impegno di testimonianza
spirituale e culturale?
Impresa come questa della raccol-
ta di testi lasciano talvolta, alla fine,
la sensazione di un'occasione delu-
sa, di una scommessa non mantenu-
~'llfJ'l/1'/ DI DON Bosco
DEL BEATO DON RINAlD
Colflère,,;,e e se,itt;
I
___ a arra tliStefimo1Ar,,n ',tl ~10

3.4 Page 24

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A'_
s:_ ip_eciale
don Rina/di
24 · 15 APRILE 1990
ta. Fra l'altro è per lo più difficile of-
frire materiale compatto, senza ca-
dute di toni, sul filo di una tensione
che, giustamente, ti attendi da un
personaggio che deve mantenere
quanto promette. A don Rinaldi il
rimprovero non può essere indirizza-
to; non lo si può di fronte alla ric-
chezza di sollecitazioni e suggestioni
che si susseguono nei vari capitoli: le
diverse serie di «conferenze» alle Fi-
glie di Maria e alle «zelatrici» di
Maria Ausiliatrice, le « lezioni di pe-
dagogia salesiana», le «strenne» an-
nu"ali alle FMA, le « lettere circolari»
del Rettor Maggiore, l'epistolario e
testi vari riuniti sotto la giusta speci-
ficazione del « maestro di santità sa-
lesiana».
Raramente il linguaggio è, come si
dice, «datato», anzi fa meraviglia la
spigliatezza della forma anche negli
anni più tardi: come se dalla frequen-
tazione della gioventù degli oratori
don Rinaldi avesse tratto la moder-
nità dell'espressione, uno stare all'a-
scolto dei tempi non frequente anche
in persone integerrime e pie. Baste-
rebbe ripercorrere le« Lezioni di pe-
dagogia salesiana», tenute nella
piena maturità (aveva 40 anni quan-
do iniziò, 48 quando smise) ai novi-
zi studenti di teologia di Foglizzo,
provenienti da tutto il mondo. Cer-
to, si trattava di parlare dei vari cam-
pi di applicazione del sistema
preventivo, quindi di un settore in-
tensamente sentito, ma anche inten-
samente comunicato. Sono quaran-
tacinqu_e pagine che forniscono la
chiave del segreto salesiano di coin-
volgimento fra i giovani, una interio-
re incarnata partecipazione all'apo-
stolato di Don Bosco, del quale con-
tinuare a diffondere l'insegnamento.
Eccola, quindi, la «catechesi» sul
sistema preventivo: se non lo co-
noscevate, lo apprenderete, in caso
contrario ne rinnoverete la fami-
liarità.
E la vivacità di rappresentazione
letteraria (non si dimentichi che an-
che don Rinaldi, come Don Bosco,
scrisse alcuni testi per il teatro) ren-
de di godibile fruizione le lettere che,
come Rettor Maggiore, don Rinaldi
scriveva periodicamente ai confratel-
li. Esemplare, nelle sue movenze di
racconto, quella indirizzate ai sale-
siani il 24 gennaio 1924, in occasio-
ne dei cinquant'anni dall'approva-
ESULTÒ PER LA
BEATIFICAZIONE
DEL FONDATORE NEL 1929
A conclusione dei solenni riti per la
beatificazione di Don Bosco, che furo-
no per don Rinaldi motivo di immensa
gioia spirituale, nel giugno 1929 il Ret-
tore Maggiore e una folta rappresentan-
za salesiana furono ricevuti in udienza
dal Papa. Don Rinaldi rivolse al Santo
Padre un indirizzo di saluto esprimen-
do l'esultanza della Famiglia salesiana
per il grande e atteso avvenimento. « Se
noi salesiani - disse tra l'altro - sia-
mo andati avanti per più di 42 anni nel-
la certezza confermata dagli avveni-
menti che Don Bosco continuava ad
essere il Direttore, l'Autore, il Padre
dei salesiani, ciò sarà ancora più dac-
ché la Santità Vostra, con atto so-
vrano del suo apostolico potere, ce
l'ha presentato circonfuso dell'aureo-
la dei Beati, quale modello e proìet-
tore della nostra vita spirituale e della
nostra missione educativa. Da parte
nostra, con l'aiuto celeste, faremo
del nostro meglio per non renderci
indegni... ».
« Anche in noi - proseguì don Ri-
naldi - il nostro Beato farà si che si
continui degnamente il magnifico edi-
ficio dell'educazione cristiana della gio-
ventù, da lui intrapreso e fondato
unicamente sulla carità benefica e pa-
ziente. Solo questa carità divina può
educare, cioè edificare nelle tenere ani-
me, patrimonio inalienabile della Chie-
sa, le virtù soprannaturali che creano
la santità quaggiù in terra prima che
brilli eternamente negli splendori dei
Santi».
Il Papa Pio XI rispose con un discor-
so di cui riportiamo questo brano:
I La sede centrale della Società
Editrice Internazionale di Torino
in una foto d'epoca
(Foto Archivio SEI)

3.5 Page 25

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« Quando pensiamo che voi, salesiani,
salesiane, allievi ed allieve, ex allievi e
cooperatori, vescovi, prelati, cardinali
non siete qui ora che una debole rap-
presentanza dei tanti e tanti che, in spi-
rito, come una grande, apocalittica
visione, vediamo dietro di voi, sopra
voi, insieme con voi, l'animo nostro è
veramente rapito di ammirazione e di
esultanza. Quanti sono - si chiese il
Papa - i figli di Don Bosco e coloro
che partecipano all'opera sua? Anche
solo a contarli nel momento presente
sono migliaia e migliaia. I salesiani da
sette a ottomila, le brave Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice da otto a novemila. E
quanti sono gli allievi salesiani? Non ri-
sponderemo a quest'ultima domanda
che con la risposta del vostro Superio-
re Maggiore, il quale domandandogli
noi se potesse darci almeno con appros-
simazione il totale degli alunni salesia-
ni in questo momento, modestamente
ci rispose di non saperlo e quindi di non
potercelo dare. Ecco una bella testimo-
nianza di modestia, ed ecco ancora, la-
sciateci dire, una superb~ affermazione,
perché in sostanza il buon padre vole-
va dire che essi sono tanti che neanche
sappiamo quanti sono».
o
zione definitiva delle Costituzioni
salesiane. Una circostanza che avreb-
be potuto trasformarsi in memoria
burocratica ma che, sotto la sua pen-
na, assume il fasto e il contorno di
un avvenimento, come in effetti era,
di portata storica.
« Le Costituzioni, miei cari - scri-
ve-, sono l'anima della nostra So-
cietà, e questa fu l'anima di tutta la
vita di Don Bosco; perciò la storia di
esse è tutta nella vita di lui. Anzi pos-
siamo dire che nelle Costituzioni ab-
biamo tutto Don Bosco; in esse il suo
unico ideale della salvezza delle ani-
me; in esse la sua perfezione coi santi
voti; in esse il suo spirito di soavità,
di amabilità, di tolleranza, di pietà,
di carità e di sacrifizio... ».
Le dieci pagine del resoconto del-
la solenne beatificazione del Fonda-
tore il 2 giugno del 1929, straripano
di gioia quasi fanciullesca, da diffon-
dere ai salesiani in tutti i punti della
terra dove la loro missione li ha por-
tati. Sembra di rivivere un avveni-
mento nel cuore di un sacerdote che
per tutta la vita ha atteso quel mo-
mento in cui « il cielo e la terra han-
no riconosciuto il culto filiale che era
tributato privatamente nell'intimo
dei nostri cuori alla santità del Pa-
dre, dal giorno fortunato in cui l'ab-
biamo conosciuto personalmente, o
da quando la divina Bontà ci ha chia-
_ ~Cp" _ec.,a,,e _
~don Rina/di
15 APRILE 1990 25
mati a rivestirci del suo spirito e a di-
venire suoi figli» .
E non è possibile percorrere senza
intima emozione l'ultima lettera ai
confratelli, alla vigilia della morte,
dal titolo quasi presago « Per vivere
accanto a Don Bosco», il 24 novem-
bre 1931, con le ultime raccomanda-
zione del padre che esorta ancora
una volta i suoi figli all'austerità dei
costumi (la Congregazione si trova
confrontata con qualche difficoltà
economica), al soccorso verso i ra- .
gazzi bisognosi, alla preghiera e al-
l'azione in favore delle missioni (ad
esse era stata dedicata una parteci-
pata « Lette,ra » dal Rettor Maggio-
re) e per la Spagna cattolica, nella
quale cominciavano le persecuzioni
contro la Chiesa. E in questa ultima
circolare ai salesiani dètta per il 1932
le ultime «strenne», i pensieri che ac-
compagneranno per tutto l'anno i
membri della Pia Società, novizi e
coadiutori, alunni ed ex allievi: con
l'esortazione paterna alla pratica dei
sacramenti come alimento di devo-
zione e seme di vocazioni.
Delle otto parti in cui l'antologia
si divide, quattro riguardano la com-
ponente femminile della famiglia sa-
lesiana. Don Rinaldi aveva iniziato
la propria attività nell'oratorio rifon-
dando l'associazione delle Figlie di
Maria, ribattezzata Figlie di Maria
ORDINATE NELLA SEI
LE INIZIATIVE EDITORIALI
Un campo in cui don Rinaldi dimostrò una eccezionale operosità in-
ventiva è quello della comunicazione sociale. Si deve a lui la fondazio-
ne di una grande Casa editrice, la Società Editrice Internazionale (SEI).
Don Bosco aveva avviato diverse iniziative editoriali a Valdocco, pub-
blicando libri e riviste destinati soprattutto alla gente del popolo. Ma
non era stato ancora possibile dare una ordinata sistemazione a un set-
tore che tuttavia aveva una grande importanza per i Salesiani. A que-
st'opera si accinse don Rinaldi, il quale ottenne il risultato creando
appunto la SEI. Il sostegno finanziario lo ottenne ricorrendo anche ai
Cooperatori e ai benefattori di diverse nazioni europee e americane.
Promosse inoltre la pubblicazione di numerose riviste: "El Oratorio Fe-
stivo» in Spagna, «Voci Fraterne», «Unione» per gli ex allievi e le ex
allieve, il periodico «Maria Ausiliatrice» per la Basilica di Valdocco, la
rivista «Gioventù Missionaria» per le missioni. Una speciale cura riser-
vò al «Bollettino Salesiano». Allestl inoltre biblioteche per la gioventù,
fondò circoli di cultura, favorì la «schola cantorum» ecc.
o

3.6 Page 26

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-o-~,~-,,
Sp__eciale
, ·-·;"' _donRinaldi
,~
- . 26 · 15 APRILE 1990
I Don Filippo Rinaldl accompagna I Principi di Savoia in visita a Valdocco
e nella pagina seguente « Cappella delle vocazioni,, a Lu Monferrato
Immacolata Ausiliatrice. Poi l'ope-
ra sua« più indovinata e personale»
- così venne indicata-, cioè quel-
la che in seguito fu conosciuta come
«le Volontarie di Don Bosco» . Inol-
tre l'interesse costante alle FMA, cui
predicò esercizi spirituali e indirizzò
argomentate «strenne» augurali.
Nelle pagine dedicate alle Salesia-
ne colpisce l'attualità del linguaggio.
In anticipo di decenni su quello che
sarebbe stato definito « spirito con-
ciliare», don Rinaldi si indirizza a
donne il cui compito è di farsi coin-
volgere dai destini della gente; alcu-
ne da religiose vere e proprie, altre
in una « secolarità consacrata» il cui
concetto era-nuovo per l'epoca. Quei
testi vanno letti e meditati: sarà fa-
cile capire quale tensione animava
colui che li pronunciava e l'ispirazio-
ne donboschiana dalla quale erano
dettati; e allo stesso modo si potrà
comprendere l'attenzione con cui lo
ascoltavano le solerti, onnipresenti,
efficientissime, materne FMA, allo- E infine il « maestro di santità sa-
ra e oggi.
lesiana» . Il modo discorsivo con il
Del resto è inutile aggiungere che quale vengono enucleati testi e pen-
sarebbe deviante una lettura pura- sieri di don Rinaldi rende agile la let-
mente devozionale di questi scritti di tura di questa ultima parte che
don Rinaldi. A parte il loro valore al- introduce, per quanto possibile, nei
l'interno della cultura cattolica, in es- segreti di un'anima conquistata dal-
si scorre una costante sollecitudine l'amore di Dio, da Cristo e da Ma-
pedagogica sul dovere di stato: fare ria. Un cammino, una imitazione di
qui tutto il possibile per il bene della Gesù a completamento, diremmo, di
gente, delle anime, della gioventù, un'esistenza spesa nelle preoccupa-
appoggiandosi e chiedendo l'aiuto . zioni concrete, saldamente ancorata
divino e quello materno di Maria. all'attenzione verso il prossimo. La
Tutto il resto sarebbe stato dato in santità corona l'opera del Beato.
soprappiù. Questa è la logica che Ed è consolante che questa raccolta
percorre la cinquantina di lettere, di testi si chiuda con lo slancio del
scelte fra parecchie centinaia dell'e- cuore verso Don Bosco e la sua spi-
pistolario integrale, ognuna con un ritualità, il suo insegnamento, il suo
significato specifico nel tono, nel det- esempio. In un flo rilegio che potrà
taglio: la pietà non è mai dolciastra, accompagnare qualche lettore nelle
la concretezza dei problemi viene ri~ brevi meditazioni quotidiane, ali-
spettata, si documenta una cono- mentare la fede con il nutrimento
scenza delle cose umane e delle realtà della testimonianza. Quella che don
spirituali che non esclude le une a fa- Rinaldi ha saputo lasciare.
vore delle altre.
Angelo Paoluzi

3.7 Page 27

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Sessantaquattro i testi che hanno deposto
durante la causa. Tutti avevano conosciuto di
persona don Rina/di. Ma è fra la gente
che si è affermata e sta crescendo la
sua fama di santità.
La causa di beatificazio-
ne del servo di Dio don Filippo Ri-
naldi ha percorso un itinerario molto
lungo, come sempre avviene quando
la Chiesa deve pronunciarsi sulle vir-
tù di un suo figlio da additare ai
fedeli come esempio degno di vene-

3.8 Page 28

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Don Pietro
Ricaldone,
successore di don
FIiippo Rlnaldi alla
guida della
Congregazione e
convinto testimone
della santità
del Beato.
razione e di imitazione. Nel suo com-
plesso, la «causa» ha attraversato
tre «processi», coprendo un arco di
tempo che va dal 1947 al 1981. Ad
essi sono seguiti, negli anni successi-
vi , ulteriori accertamenti che i mem-
bri di varie istanze della S. Congre-
gazione per la causa dei Santi hanno
richiesto per poter esprimere il giu-
dizio definitivo.
Sono state udite le deposizioni di
64 testimoni, che avevano conosciu-
to direttamente e in varie·occasioni
don Rinaldi. Molti di essi sono nel
frattempo deceduti. Ricordiamo in
particolare don Pietro Ricaldone,
che lo conobbe a Torino nel 1888,
per venti anni fu suo primo collabo-
ratore nel Consiglio Superiore dei sa-
lesiani e gli subentrò nell'ufficio di
Rettor Maggiore della Congregazio-
ne. È considerato infatti il principa-
le testimone. Gli altri testi hanno
potuto rendersi conto delle virtù del
servo di Dio in diversi momenti e sot-
to molteplici aspetti della sua vita:
nella comunità salesiana, nelle atti-
vità proprie dei vari incarichi ricoper-
ti, presso le Figlie di Maria Ausi-
liatrice e nell'apostolato tra la gio-
ventù femminile, nei molti contatti
con l'ambiente dei laici.
Ad integrare le testimonianze pro-
cessuali sono state accolte quattro
biografie di don Rinaldi, con parti-
colare riguardo per quella scritta
da don Ceria, che si impone per la
serietà storica universalmente rico-
nosciuta. Don· Ceria conobbe per-
sonalmente don Rinaldi ed ebbe mo-
do di conoscere a fondo l'ambiente
in cui egli visse e operò. Inoltre fu
in confidenza con tutti coloro che eb-
bero consuetudine quotidiana con
lui, fonti preziose di informazioni.
Le altre biografje sono opera di Luigi
Castano, Pietro M. Rinaldi - pro-
nipote del servo di Dio - e L.
Larese-Cella.
Ma che cosa hanno riferito i testi-
moni durante le loro deposizioni?
Troppo lungo sarebbe,citare tutte le
testimonianze. Ci limiteremo a co-
glierne alcune, desumendole dal-
l'ampia relazione stesa dal Postu-
latore don Luigi Fiora (al quale il
Rettore Maggiore Don Viganò ha
rivolto pubblicamente un plauso
per la costanza e l'intelligenza con
cui si è impegnato a risolvere le va-
rie difficoltà). La relazione è con-
trofirmata dal relatore padre Yvon
Beaudoin.
Eroismo cristiano
Durante tutta la sua vita, don Fi-
lippo Rinaldi ha dimostrato, come
religioso, sacerdote, superiore, un
fortissimo impegno di perfezione e le
sue virtù presentano tutte le caratte-
ristiche proprie dell'eroismo in sen-
so cristiano. «Non solo egli osservò
fedelmente i comandamenti di Dio,
i precetti della Chiesa e i doveri del
proprio stato, ma affrontò con co-
raggio situazioni molto difficili e ar-
due per praticare i consigli evan-
gelici. Esercitò non soltanto alcune
virtù, ma l'insieme e la totalità di es-
se, dando prova di santità di gra~
lunga superiore a quelle delle perso-
ne, anche buone e pie, che si trova-
no nelle stesse condizioni di vita. È
unanime il riconoscimento che egli
svolse il suo impegno di perfezione
con prontezza, con gioia, con inal-
terata costanza dalla giovinezza fino
alla morte».
Don Pietro Ricaldone affermò:
« Egli non praticò né predicò mai
un'ascetica sublime, ma, al contra-
rio, piana, semplice, accessibile, co-
me quella di San Francesco di Sales
e di San Giovanni Bosco, il quale ul-
timo diceva sempre: "lo sono con-
tento che i salesiani siano buoni
cristiani e buoni sacerdoti". Questo
spiega perché in lui non abbiamo mai
visto nulla di straordinario, ma una
vita ordinaria vissuta cosi perfetta-
mente da potersi considerare straor-
dinaria».
Don Angelo Zannantoni, alunno
a Valdocco e poi salesiano ai tempi
di don Rinaldi, ha dichiarato: « don
Rinaldi ha praticato tutte le virtù in
modo eroico. In mezzo a enormi dif-
ficoltà e lungo tutta la sua vita egli
è stato costantemente un salesiano
modello, pronto, generoso, costan-
temente sereno e fedele a ogni suo
dovere». E suor Rosalia Dolze, figlia
di Maria Ausiliatrice: «Non ho tro-
vato e conosciuto altri sacerdoti e Su-
periori che gli fossero uguali in virtù
e santità, pur essendo persone de-
gnissime e religiosi pieni di virtù. Il
servo di Dio eccelleva e tutti supera-
va in modo eminente».
Una vita
di fede
Don Rinaldi ha vissuto durante
tutta la vita la sua fede « come ade-
sione viva del cuore e nello stesso
tempo come testimonianza attraver-
so la parola e l'azione... Tutto era in
lui sempre e solo ispirato dalla fede».
È ancora don Zannantoni a ricorda-
re che coloro che lo avvicinavano
« avevano la distinta impressione di
un uomo il cui abbandono alla vo-
lontà di Dio era totale». Suor Tere-
s~ Graziano, figlia di Maria Ausi-
liatrice, affermò: « Lo spirito di fe-
de affiorava in tutte le manifestazio-
ni del suo pensiero e del suo cuore.
Prendeva occasione da ogni cosa per
elevarsi a concetti soprannaturali, e

3.9 Page 29

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a parlare di Dio, ad esortare chi lo
avvicinava a pie e sante considerazio-
ni». E suor Ida Diana aggiunse: « Il
senso profondo della sua fede traspa-
riva dal modo con cui stava alla pre-
senza del Santissimo Sacramento,
dal come celebrava la Mèssa o pre-
siedeva le altre funzioni religiose.
Soprattutto quando esortava alla
devozione a Gesù Sacramentato, a
Maria Ausiliatrice, la sua parola era
eco viva di fede vissuta e comuni-
cativa».
Anche ai laici non sfuggiva lo spi-
rito di fede di don Rinaldi. Arturo
Poesio, presidente mondiale degli ex
allievi, sostenne che il « servo di Dio
era indubbiamente adorno di vero
spirito di preghiera. Si può dire che
pregava sempre». Don Rinaldi fu
inoltre un convinto propagatore della
fede come predicatore. Non si pote-
va dire un oratore in senso classico,
ma le sue parole erano piene di pa-
terna bontà, di semplicità, eppure di
grande profondità di concetti e sem-
pre adatte alle persone che ascolta-
vano e alle circostanze. Ecco~ a
questo riguardo, una serie di testimo-
nianze di confratelli: « Il suo parlare
era per lo più di argomenti religiosi,
ecdesiali, missionari»; « La sua pa-
rola era sempre rasserenante e con-
fortante»; «Parole che fluivano dal
cuore»; « La sua parola trasmetteva
la fede: no'n voce che si ascolta e pas-
sa, ma che si radica nei cuori».
Don Rinaldi si impegnò perché lo
spirito di fede animasse la vita dei
suoi confratelli salesiani. Don Gui-
do Favini ricordò che «era preoccu-
patissimo dell'eccessivo lavoro cui si
sobbarcavano i salesiani nel loro di-
namismo apostolico ... e deplorava
che pregassero troppo poco. Lo vidi
sostare a una finestra e, guardando
il movimento dei salesiani nel corti-
le, disse: "Vedi come corrono, come
si affannano e sgobbano... È trop-
po! Non possono poi pregare con
calma e trarre tutto il frutto delle
pratiche di pietà"». Don Ricaldone
mise in evidenza come il servo di Dio
si occupasse «con vero slancio della
formazione del personale, che egli in-
crementò con le sue visite, le confe-
renze, e specialmente con riunioni
frequenti». Molte testimonianze at-
testarono la sua devozione a Maria
Ausiliatrice, e la venerazione per i
Santi, l'ossequio filiale e docilissimo
per la Chiesa, il Papa e i Vescovi.
Q,. . _ .C:,fp_eciale _
'"'"'""=-....·•;·":, don Rina/di
15 APRILE 1990 29
mente per compiere opere di bene».
Fiducia in Dio
All'amore di Dio, don Rinaldi as-
sociò.intimamente un eroico amore
Dalla sua intensa fede scaturiva la
virtù eroica della speranza. « Il suo
pensiero era pienamente orientato
verso i beni eterni»; « Non confida-
va solo ih se stesso, ma riponeva tut-
verso il prossimo. Le testimonianze
sono un riconoscimento unanime e
ammirato della sua carità. Don Zer-
bini insistette su un tratto tipico di
don Rinaldi: la paternità, «che è la
ta la sua fiducia in Dio, tanto che era caratteristica più bella e più cara a
solito dire: "Se anche personalmen- Don Bosco. Chi avvicinava don Ri-
te debbo subire qualche insuccesso . naldi sentiva di avvicinare un papà».
nelle mie operazioni, non importa; se « Rappresentava al vivo - è la testi-
l'opera è voluta da Dio, penserà egli monianza di don Matta - la bontà
a farla trionfare" »; « Non dava al- di Don Bosco: la stessa comprensio-
cuna importanza ai beni di questa ne per le umane miserie, lo stesso ze-
terra, dai quali era pienamente di- lo e amore per le necessità del
staccato e dei quali si serviva unica- prossimo, la stessa premura nel rice-
STENDEVA LA MANO
PER LE MISSIONI
E PER I GIOVANI POVERI
-La sua ultima lettera annuale ai Cooperatori, don Rinaldi la scrisse
pochi ·giorni prima di morire. È quasi una invocazione rivolta alla carità
di quanti_sç>stenevano l'Opera salesiana, perché aiutassero gli aspiranti
missionari e i giovani poveri che la Congregazione assisteva già allora
in tanti Paesi del mondo.
«Nell'anno trascorso - scriveva don Rinaldi - con la grazia di Dio
e le vostre elemosine, abbiamo potuto sistemare molte Case destinate
alla formazione del nostro personale missionario, provvedere al man-
tenimento dei numerosi aspiranti e di un numero assai più grande di
poveri giovani, orfani e abbandonati, raccolti nelle nostre Case. E ciò
in vari Stati d'Europa - particolarmente in Italia-, nella Cina, nelle
Indie, nel Giappone. Sono molti, anche in quelle lontane missioni, i gio-
vani che dobbiamo ricoverare, che dobbiamo istruire e mantenere..
«Ora la mia più grave preoccupazione è questa: come potremo man-
tenere tanti aspiranti missionari e tanti poveri giovani, che dobbiamo
provvedere di tutto? Non parliamo poi di tante altre necessità. Mi do-
mando: che fare in condizioni cosl preoccupanti? Null'altro che invo-
care con fede l'assistenza del Signore e la generosità dei buoni
Cooperatori. Ed ecco l'umile successore di Don Bosco che si presenta
a voi con due sacchi, uno a favore degli aspiranti missionari, l'altro per
tanti giovani poveri. Il mom~nto (chi non lo prova?) è assai difficile...
Ai nbstri non mi stanco di raccomandare ogni maggiore economia nei
viaggi, nei vestiti, in ogni altra cosa e posso assicurare che alcuni sono
pronti a privarsi dei cibi che si possono ritenere non strettamente ne-
cessari. Che fare di più? Null'altro, come ho detto, che pregare con mag-
gior confidenza il Signore a venirci in aiuto con· l'ammirevole sua
Provvidenza e insieme chiamar soccorso a tutti i nostri buoni Coope-
ratori».
D

3.10 Page 30

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I I· membri del primo capitolo del salesiani spagnoli riuniti a Sarrlà nell'agosto del 1900.
Presiede don Paolo Albera e gli è a fianco don Rlnaldl. (Foto Archivio Salesiano)
vere, consolare, portare soccorso a
chi batteva al suo cuore di padre».
Oltre che ai salesiani, la carità di don
Rinaldi si allargò con preoccupazio-
ne paterna alle Figlie di Maria Au-
siliatrice, nonché alle giovani del-
1'oratorio femminile di Valdocco.
Affermò l'oratoriana Felicita Gasti-
ni: « Ogni domenica si portava a que-
sto oratorio non solo per tenere
l'istruzione religiosa, ma per confes-
sare le allieve, dar loro udienza inte-
ressandosi anche delle cose più
minute... Per le ragazze era veramen-
te un padre. Si interessava per tro-
vare lavoro ... visitava le ammalate,
aiutandole ove fosse il caso, con sus-
sidi e medicine».
Dopo la fede e la paternità, tutte
le testimonianze concordano nel ri-
conoscere la prudenza come virtù ca-
ratteristica di don Rinaldi. « Il servo
di Dio - attestò suor Graziano -
era già per sua natura molto calmo
e riflessivo. Ma in lui la prudenza
non era soltanto una qualità natura-
le, ma vera virtù soprannaturale... e
si notava che prima di agire e di da-
re qualche consiglio, si raccoglieva in
se stesso e pregava. Sembrava pro-
prio che attingesse da una luce inte-
riore le deliberazioni che doveva
prendere e i consigli che doveva
dare».
Don Rinaldi manifestò in più oc-
casioni il suo amore per la giustizia,
giustizia verso Dio e verso il prossi-
mo. «A Dio diede tutto se stesso e
la sua vita - testimoniò don Cande-
la - e non risparmiò mai il lavoro
e le sue forze per procurare a Dio tut-
ta la gloria possibile». E verso il
prossimo - disse don Bordas - la
sua giustizia si manifestava nel mo-
do di trattare gli altri per sovvenire
ai loro bisogni senza alcuna distin-
zione di età, di merito, di cariche».
Quanto alla virtù della fortezza, egli
l'esercitava nel difendere i diritti del-
la Chiesa, della famiglia, della Con-
gregazione, specialmente per ciò che
riguarda l'educazione cristiana. don
Ricaldone ricordò che nel 1931,
quando il fascismo fece chiudere i
circoli cattolici e quindi anche gli
oratori salesiani, don Rinaldi ne eb-
be gran pena e manifestò vivo sde-
gno. In segno di pubblica protesta·
abbandonò Torino e inviò il suo Vi-
cario a fare le più ferme rimostran-
ze presso le autorità. Queste infor-
marono telegraficamente Mussolini,
e il giorno dopo gli Oratori furono
riaperti. « L'atteggiamento deciso
di don Rinaldi - commentò don
Ricaldone - aveva ottenuto il suo
effetto».
Le testimonianze riferirono poi
sulla virtù della temperanza pratica-
ta da don Rinaldi; sul tratto delica-
to e casto che traspariva da tutto il
suo atteggiamento esterno impronta-
to alla massima correttezza; sulla sua
povertà nel senso autenticamente
evangelico con il totale distacco da
tutti i beni terreni; sull'ubbidienza
(«Per lui, la voce di Don Bosco, di
don Rua, di don Albera era un co-
mando»); sull'umiltà («C'era in lui
la volontà permanente di considerar-
si piccolo e di non mettersi mai in
evidenza»).
Sulla base delle testimonianze, la
relazione di don Fiora può conclu-
dere dicendo che « tra tutti coloro che
gravitano attorno alla Famiglia di
Don Bosco e al di fuori di essa, la sua
fama di santità non solo si è affer-
mata, ma va continuamente crescen-
do come dimostrano le relazioni di
grazie, la continuità delle sue opere
e l'interesse alla sua figura».
G.C.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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A _ JCJ'fp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990, 31
«Mi DAVANO PER MORTA.
A SALVARMI SONO STATE
LE PREGHIERE
A DON RINALDI>>
1945, 20 aprile, ore
13,30. È in partenza da Villanova,
diretto a Mondovì, il trenino che an-
che in quei giorni tormentati e dolo-
rosi compie il tragitto tra le due
cittadine della provincia di Cuneo.
Come sempre, è affollato di viaggia-
tori, col loro carico di preoccupazio-
ni e di speranze: la guerra ormai
volge al termine. Tra i passeggeri,
una giovane suora molto conosciuta
nella zona, suor Carla de Noni, del-
la Congregazione delle missionarie
della Passione di Gesù. Suor Carla
è in missione speciale, porta con sé
un pacco dal contenuto prezioso.
Ore 13,40. All'improvviso un ae-
reo nemico si avvicina e comincia a
mitragliare il convoglio. II momen-
to è drammatico: panico, urla, do-
lore, sangue. Tra i feriti più gravi,
trasportati all'ospedale, c'è suor Car-
la. L'adagiano su una barella e la la-
sciano senza soccorso. Alla Madre
Superiora accorsa disperata i medici
lasciano capire che per lei purtrop-
po non c'è alcuna speranza.
1990, aprile. L'automobile proce-
de rapida sulla strada che unisce
Mondovì a Villanova. Non c'è più
traccia di quelle rotaie che un tempo
percorreva il trenino mitragliato. In
cima al paese, abbarbicato sulla col-
lina, suoniamo alla porta del conven-
to delle Missionarie della Passione.
Ad accoglierci con un sorriso è pro-
·prio suor Carla. Nessuno potrebbe
sospettare, data la sua vitalità, che
stia per compiere ottant'anni né che
sia stata la protagonista di una vicen-
da molto particolare, durante la qua-
le la sua vita è stata data più volte
per spacciata: solo una piccola cica-
trice sul mento ci ricorda la sua av-
ventura. Assistono al colloquio suor
Celina Costa e suor Ignazia Berto,
due testimoni di quel periodo.
Suor Carla de Noni, gravemente ferita
nel 1945 durante un mitragliamento aereo,
· rievoca il momento
della sua miracolosa guarigione.

4.2 Page 32

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I Suor Carla De Noni
con le due consorelle
citate nell'artlcolo
« Suor Carla, vuole raccontarci co-
sa faceva quel giorno sul treno ver-
so Mondovì?».
« L'inverno '44-45 è stato partico-
larmente duro da queste parti: molti
nostri giovani erano rifugiati in mon-
tagna e combattevano per la patria
contro le truppe tedesche che ci ave-
vano occupato. Noi religiose, per di-
sposizione del vescovo, monsignor
Briacco, cercavamo di portare il
maggior aiuto possibile a questi gio-
vani che spesso facevano capo a S.
Lucia, un santuario affidato al no-
stro convento, per i viveri, i volanti-
ni, le comunicazioni e i medicinali.
Quel giorno uno dei comandanti ave-
va chiesto alla nostra fondatrice, ma-
dre Margherita Lazzari, se poteva far
recapitare un pacco di viveri ad al-
cuni partigiani nascosti vicino a
Mondovl. Per questo motivo mi tro-
vavo sul treno. Quando hanno co-
minciato a mitragliare, sono stata
colpita da cinque pallottole che mi polso, esclamò: "Lei ha ancora il co-
hanno asportato quasi completamen- raggio di vivere!". In quei momen-
te la mandibola e provocato altre fe- ti, d'altronde, c'era ben poco da
rite alla schiena. Trasportata alla fare: mancavano medicinali, aneste-
meno peggio su un camioncino ver- tici, sangue per le trasfusioni. Le mie
so l'ospedale, mi hanno abbando- condizioni peggiorarono a tal punto
nato sopra una barella senza pre- che madre Lazzari pensò di riportar-
starmi alcuna assistenza. ,"Questa mi in.convento e i medici suggeriro-
qui muore, tanto vale lasciarla mo- .no di farlo in fretta perché ormai per
rire in pace'', sentivo che dicevano me era questione di ore. Tornata in
attorno a me».
comunità ricevetti l'assoluzione sa-
« Nonostante le ferite., lei rimane- cramentale, ma non fu possibile
va cosciente?».
somministrarmi il Viatico: la mia si-
« Sì, e lo sono sempre stata duran- tuazione era ormai disperata. La no-
te tutti i giorni della malattia, mal- stra Madre, allora, si ricordò del suo
grado il fatto che continuassi a padre confessore, don Rinaldi, di cui
perdere sangue e non riuscissi a nu- era stata penitente prima di diventa-
trirmi perché non avevo più la capa- re suora. Madre Lazzari aveva con-
cità di chiudere la bocca. Né potevo siderato sempre don Rinaldi un santo
parlare. I muscoli della lingua erano e ne comìervava come memoria pre-
stati, infatti, tranciati e pezzeti di os- ziosa un fazzoletto. Mentre tutte le
so della mandibola si erano infilati altre sorelle pregavano in cappella
in tutta la bocca. I medici si decise- per strappare un miracolo con l'in-
ro infine a medicarmi solo all'arri- tercessione di don Rinaldi, la Madre
vo della mia Madre Fondatrice, ben superiora mi appoggiò il fazzoletto
quattro ore dopo il mio ricovero in sul mento. In quel preciso momento
clinica. Durante la prima notte un· provai un immediato sollievo, come
medico di guardia, toccandomi il se la morte si allontanasse da me so-

4.3 Page 33

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stituita da una sensazione di vita
nuova. Indicai un bicchiere di latte
che avevo sul comodino: non pote-
vo certo ancora deglutire né parlare,
ma mi ero sentita rivivere e perciò mi
sembrava di aver riacquistato le fun-
zioni vitali».
In realtà, le condizioni di suor
Carla, non più in pericolo di vita,
erano però ancora preoccupanti. Il
medico della comunità, il dottor Fe-
noglio, che prese in cura la giovane
suora, incominciò una serie di dolo-
rose operazioni per asportare i pez-
zetti ossei della mandibola che si era
frantumata; alla fine del trattamen-
to nel viso, sorretto da bende, era
rimasto un vuoto di oltre sei centi-
metri. Il dottore era pessimista: «Per
bene che vada non riuscirà più a
parlare né a masticare», diceva alla
superiora. Ma le suore continuava-
no a pregare don Rinaldi.
« Suor Celina - prosegue il rac-
conto suor Carla indicando la suora
seduta a fianco - che mi ha assisti-
to durante quei giorni, mi diceva
sempre: "Padre Rinaldi non fa le co-
se a metà, l'ha conservata fino ad
ora, farà la grazia completa". Un
pomeriggio, verso la fine di giugno,
mi assopii e riposai serenamente. Ap-
pena sveglia, mi sono sentita gua-
rita». ·
È suor Celina a prendere la paro-
la, con una testimonianza vivace e
diretta di un momento tanto emozio-
nante e Straordinario: «Io ero rima-
sta nella camera attigua per non
svegliarla. Era la prima volta che
sembrava dormire tranquilla dal
giorno del mitragliamento. Dopo
un'ora e mezzo circa comincio a sen-
tire dei rumori strani, entro .nella
stanza e la vedo in piedi. "Ma suor
Carla, che cosa fa?", le domando
sempre più allarmata anche perché
vedo che si sta dirigendo decisa ver-
so uno specchio e comincia a to-
gliersi tutte le bende dal viso. E per
di più la sento parlare! Mi dice:
"Tocchi qui sul mento". Allora per
lo spaventò sono corsa fuori dalla
stanza e sono andata a chiamare la
Madre Fondatrice. Le si era riforma-
to completamente l'osso della mar.i-
dibolal ».
A questo ricordo il viso di suor
Carla si illumina di una gioia profon-
da. Ed è un momento commovente.
« Vede, sono sensazioni difficili,
che non si possono spiegare facil-
mente. In quell'istante ho sentito il
desiderio di alzarmi, di parlare. Mi
sono sfasciata e mi sono resa conto
che effettivamente potevo parlare,
potevo toccare un osso là dove pri-
ma era rimasta solo pelle, la mia lin-
gua era tornata al suo posto e non
pendeva più inerme. Quello che pro-
vavo dentro di me era qualcosa di
difficile da descrivere, un momento
di grande e profonda emozione».
« Quale fu il parere dei medici di
fronte a questa improvvisa gua-
rigione?».
·
La Chiesa
Monastero dove
vive suor
Carla De Noni
,,
C'f • ,
_ ..,p_ec,a,e _
~ don Rina/di
15 APRILE 1990 33
« Il giorno dopo il dottore Feno-
glio _venne per la consuéta visita ac-
compagnato quest~ volta da suo
figlio. Appena entrato in camera lo
salutai: "Riverisco, dottore". Lui ri-
mase per un attimo senza parole,
sembrava molto perplesso, poi silen-
ziosamente cominciò a sfasciarmi.
Sempre più sbigottito, mi toccava il
mento, guardava dentro la bocca, mi
batteva forte con uno strumento sul-
la mandibola. Tutte queste operazio-
ni erano alternate a commenti

4.4 Page 34

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-1•_~
, _.~
doSnpR_eicniaal/edi
(?2;).
34 15 APRILE 1990
Suor Carla De Noni
viene decorata
pittoreschi: "Ma cosa diavolo c'è
qui? È possibile? C'è di nuovo l' os-
so?!''. A quel punto mi rivolsi al suo
bambino dicendo: "Vedi come è bra-
vo papà, che toglie le ossa e poi le
rimette". Il medico allora si bloccò,
si fece pallido e serio serio mi rispo-
se: "Non sono io che ho fatto que-
sto. È Qualcuno superiore a me. Le
sue mandibole sono di nuovo com-
plete"».
Il dottor Fenoglio ribadirà questo
commento quando sarà ascoltato co-
me teste nella causa di beatificazio-
ne di don Rinaldi. Madre Margherita
Lazzari, la superiora di suor Carla,
si mise subito in contatto con i sale-
siani e inviò una relazione sull'acca-
duto anche al vescovo di Mondovì,
monsignor Sebastiano Briacea.
« Suor Carla, ci vuole parlare del-
la sua Madre Fondatrice, Margheri-
ta Lazzari, che era una grande devo-
ta di don Rina/di? ».
« Era una Madre di grande fede e
preghiera, di una carità sconfinata
che aveva attinto da padre Rinaldi.
Sì, noi lo chiamiamo padre, perché
lo consideriamo il padre comune di
tutte noi. Madre Lazzari viveva pro-
fondamente padre Rinaldi nel suo
spirito, ne parlava sempre e lo invo-
cava in tutte le difficoltà. Anche noi
continuiamo a raccomandarci a pa-
dre Rinaldi, sicure che ci assisterà
sempre».
«Da quel giorno come coltiva la
memoria di don R ina/di?».
« Sempre di più, in maniera sem-
pre più viva e sempre più forte, per-
ché attribuisco a lui, alla sua in-
tercessione presso Dio la mia gua-
rigione. Madre Lazzari una volta
mi disse: "I giorni dolorosissimi
che abbiamo passato il buon Dio
li ha permessi per la gloria di·padre
Rinaldi" ».
« Sarà presente a S. Pietro il 29
aprile, giorno della beatificazione di
don Rina/di?».
Prima di rispondere suor Carla
sorride dolcemente: « Se Dio vorrà,
è un mio grande desiderio, soprattut-
to per un atto di riconoscenza. Ve-
de, padre Rinaldi non solo ha
permesso la mia guarigione, ma mi
ha fatto vivere quei giorni e quelle
sofferenze con una grande forza d'a-
nimo e con tanta pace. In quel mo-
menti ho potuto sentire nel mio
spirito quella intensa forza che solo
i Santi possono ottenere per le nostre
necessità».
Alla morte della Madre Fondatri-
ce, suor Carla è stata per lunghi an-
ni madre generale della Congrega-
zione. Nel corso della sua vita ha an-
che meritato di essere decorata con
la Medaglia d ' argento al Valor mi-
litare come partigiano per la_sua
azione concreta svolta durante la
Resistenza. Al momento del com-
miato, partiamo da Villanova di
Mondovì con la sensazione di aver
conosciuto la testimonianza vivente
non solo di un miracolo, ma anche
di una intensa fede , una donna pro-
fondamente caritatevole e capace
con amore di partecipare agli altri il
grande mistero di una guarigione che
ia scienza non riesce a spiegare .
Monica Ferrari

4.5 Page 35

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6\\ _ .C.:',fp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990 35
«Ho coNosc1uTo
PERSONALMENTE DON RINALDI:
UN MAESTRO DI VITA,,
Don Eugenio Valentinl
Don Eugenio Valentini, 85 anni,
eminente studioso, è rimasto
una delle poche persone che hanno avuto
la fortuna di frequentare il Beato.
« Ho conosciuto perso-
nalmente don Rinaldi». Sono ormai
poche le persone che possono pro-
nunciare questa frase e vantare la
fortuna di aver incontrato il terzo
successore .di Don Bosco. Don Eu-
genio Valentin( è tra queste. Ottan-
tacinque anni appena compiuti, cela,
dietro un aspetto affabile e cortese,

4.6 Page 36

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- A:· ~_·_ .;.,. _doSnpR_eicniaal/edi
(2;\\ ,,
36 15 APRILE 1990
-= ·
--
una intensa vita di studio e di inse-
gnamento. Laureato.in teologia e in
matematica, professore emerito, più
volte direttore della Facoltà di teo-
logia prima a Torino poi a Roma, è
stato Rettore magnifico dell'Ateneo
salesiano della Crocetta dal 1952 al
1958. Don Valentini è anche uno
scrittore molto fecondo, che ha pub-
blicato manuali di teologia, spiritua-
lità e pedagogia. Fra i tanti volumi
dati alla stampa spicca il testo dedi-
cato a don Rinaldi dal titolo: Don
Rina/di maestro di pedagogia e spi-
ritualità salesiana. La sua testimo-
aianza al BS sarà quindi quella della
persona che ha conosciuto don Ri-
naldi e quella dello studioso che ne
ha approfondito il pensiero.
I Don FIiippo Rinatdt net 1924 in
visita alla scuota agraria di
Lombriasco (Foto Archivio Salesiano)
«Don Valentini, si ricorda quan-
do ha visto per la prima volta don
Rina/di?»
« Le posso dire il giorno preciso:
era il 30 settembre 1917 ed ero appe-
na arrivato a Torino da Modena, do-
ve sono nato, per frequentare il
ginnasio presso la Casa madre della
Congregazione, di cui in quegli anni
era Prefetto generale don Rinaldi.
Mi rammento che spesso don Rinal-
di incontrava noi studenti e ci inco-
raggiava con parole adeguate. Ma i
ricordi più precisi risalgono al 1925
circa, quando trascorsi, prima di es-
sere ordinato sacerdote, un periodo
come assistente nella casa dei novi-
zi. Don Rinaldi nutriva una attenzio-
ne intensa e straordinariamente pa-
terna per le case di formazione.
Quando veniva a trovarci era molto
amabile, molto disponibile ed eser-
citava su noi giovani un fascino e un
carisma particolari e suggestivi. Mi
ricordo ancora le sue prediche ai no-
vizi: erano talmente belle che appe-
na tornavo in camera mi affrettavo
a trascrivere su un quaderno qualche
sua frase che mi aveva colpito in mo-
do speciale. Anche se non era quello
che potrebbe essere definito come un
fecondo oratore, le sue parole erano
sempre precise, puntuali, vere e par-
lavano ai nostri cuori. Penso che po-
trebbero ancora oggi aiutare a ri-
solvere tanti problemi».

4.7 Page 37

▲back to top
« Quali altri contatti ha avuto con
_don Rina/di?»
« Dopo essere stato assistente alla
casa dei novizi venni richiamato nella
Casa generalizia, dove soggiornava
don Rinaldi, per insegnarè matema-
tica ai ragazzi. Potevo incontrarlo,
così, più di frequente e in me creb-
bero la stima e l'ammirazione che già
provavo. Mi ricordo che le sue udien-
ze erano molto frequentate da per-
sone di ogni ceto, che si rivolgevano
a lui per un consiglio e un aiuto mo-
rale. Don Rinaldi riusciva sempre ad
ascoltare tutti, a comprendere i pro-
blemi, anzi, a risolverli con direttive
sicure. Don Virginio Battezzati, il
suo segretario, un giorno mi disse:
La testimonianza del primo chierico cinese
COSÌ RICORDO
DON RINALDI
A Hong Kong vive don Francesco Wang, un
salesiano cinese che ha conosciuto don Rina/di in
gioventù e ha passato molti dei suoi ottanta anni
nelle carceri comuniste. Silvano Stracca l'ha
incontrato e ha raccolto la sua testimonianza.
"Era il settembre del 1930 quando sono sbarcato a Venezia. Passando
per Padova, Venezia, Milano, sono arrivato a Torino. Al momento del pran-
zo, il rettor maggiore, don Rinaldi, presentando ai consiglieri del capitolo
generale don Sante Garelli che era stato il mio primo direttore a Shangai,
disse ad alta voce: "Ecco don Garelli che ci ha portato una vocazione ci-
nese". E volle che sedessi al suo tavolo.
Ricordo molto bene quel mio primo incontro con il nuovo beato. Poi, la
sera di quello stesso giorno, ho raggiunto il noviziato ·vicino Chieri. Tutti
gli altri novizi avevano già fatto la loro professione il 16 di settembre. Sic-
come io ero arrivato solo il 30 del mese, ho cominciato il noviziato in ritar-
do. Così, malgrado sapessi bene che il rettor maggiore era anziano e
malato, ho preso il coraggio di mandargli una lettera.
"Venga - ~li scrissi - a ricevere la professione del primo chierico ci-
nese". Infatti, 10 non sono il primo salesiano cinese. Isalesiani erano giunti
a Macao nel 1906. Ed in quei ventiquattro anni due cinesi erano già diven-
tati coadiutori. Ma la mia era la prima vocazione clericale.
Quel santo uomo di don Rinaldi venne sino a Villa Moglia, affaticandosi
non poco, solo per ricevere la mia professione. A pranzo mi volle di nuovo
al suo tavolo e, prima di tornare a Torino, m'incoraggiò a camminare sulla
strada che avevo scelto, malgrado le prove che potevano presentarsi: "Ri-
cordati d'essere un salesiano per tutta la vita".
Solamente due mesi e sei giorni dopo, don Rinaldi morl. Non ho mai
dimenticato le sue parole, soprattutto nei lunghi anni di carcere. Ora pre-
go tanto per i~ nuovo beato dalle cui mani ho ricevuto la vestizione e nelle
cui mani ho fatto la mia professione.
Sarei felicissimo di poter venire a Roma. Vorrei avere la gioia d'inginoc-
chiarmi dinanzi al Papa. Rivedrei tanto volentieri l'Italia, che considero la
mia seconda patria. Ma sono vecchio, logoro, malato. Il Signore ha dispo-
sto dunque diversamente ed io accetto la sua volontà.
Pregherò da Hong Kong per don Rinaldi e pr~gherò per la Cina, su cui
il rettor ma~giore riponeva grande speranza. Una volta, offrendo un calice
per le missioni in Cina, don Rinaldi aveva detto: "Vedo il sangue". Preve-
deva il martirio di monsignor Versiglia e di don Caravario. Don Caravario
era stato mio assistente a Shangai e a monsignor Versiglia avevo rivolto
il discorso di benvenuto al suo arrivo a Shangai.
In quest'ora di gioia mi piace associare nel ricordo questi tre beati sale-
siani che tanto hanno amato la mia terra, la Cina».
D
A~_Sp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990 37
"Don Rinaldi conosce gli uomini" .
Questa sua qualità, che gli derivava
anche dalla sua lunga esperienza co-
me padre spirituale e confessore, gli
consentiva di aiutare le persone che
si rivolgevano a lui. Come Rettor
Maggiore, poi, questa sua conoscen-
za degli uomini gli permetteva di
mettere l'uomo giusto al posto
giusto».
«Lei, nel 1959, ha pubblicato un
libro su don Rina/di. Come è nata l'i-
dea di scriverlo?».
« Ci pensai nel 1956, in occasione
del venticinquesimo della morte di
don Rinaldi. Il libro, però, è stato
stampato più tardi, come dispensa di
un corso di pastorale pratica a gio-
vani preti salesiani. Vede, don Rinal-
di conosceva gli uomini, sì, ma
conosceva soprattutto Don Bosco. In
questo libro ho cercato di mettere in
luce lo studio che don Rinaldi aveva
compiuto sul pensiero del Santo. So-
no andato alla ricerca di tutti gli
scritti e di molte testimonianze orali
senza aggiungere nelle pagine del li-
bro nulla di mio che non fosse stret-
tamente necessario. Ho solo ripro-
dotto le sue parole, il suo pensiero su
Don Bosco ricavandone la conferma
di quello che avevo intuito in tutto
il tempo che l'ho conosciuto: la sua
analisi di Don Bosco era così chia-
ra, la sua interpretazione così pro-
fonda che a volte sembrava che fosse
lo stesso Don Bosco a parlare attra-
verso don Rinaldi. Man mano che
proseguivo negli studi cresceva la mia
stima per la sua santità».
« C'è quaicosa in particolare che
vorrebbe sottolineare sia come testi-
mone sia come studioso?».
« Don Rinaldi era una figura me-
ravigliosa, dalla grande statura mo-
rale. In base alla mia çonoscenza
diretta e anche alle mie ricerche d'ar-
chivio e ai miei studi, mi pare che
don Rinaldi lanci al mondo d'oggi il
messaggio della concordia tra mo-
dernità e tradizione, tra creatività e
ubbidienza, tra carità e giustizia, ol-
tre che una esortazione a una corret-
ta e profonda valorizzazione della
donna».
M.F.

4.8 Page 38

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A _
_ ~Cp" _eciale
don Rina/di
38 15 APRILE 1990
PER LE STRADE DI LU
A -CACCIA DI PERCHÉ
Andare a Lu Monferra-
to, paese dove è nato il beato don Fi-
lippo Rinaldi, non è difficile. Si trova
a circa quindici chilometri da Casa-
le Monferrato dopo Occimiano e Mi-
rabello. Il paese appare quasi
all'improvviso dietro alle tanto de-
cantate colline. Se non fosse per un
orribile ripetitore posto proprio al
centro fra l'antica torre e la chiesa
dell'Assunta, si direbbe ancora che
sembra, pur non essendolo, un bor-
go medievale.
Pietro Rinaldi in Ricordi di fami-
glia ha scritto:
«Ali'occhio del forestiero che si
aggira per il Monferrato, Lu si pre-
senta non molto diverso da tanti al-
tri borghi appollaiati sui colli ridenti
ed ubertosi di questa fertilissima ed
amena zona del Piemonte. Il solito
agglomerato di case, più o meno pit-
toresco, strade ripide e strette che sal-
gono su verso la chiesa e verso i
ruderi di un antico castello di cui non
rimane che una torre solida e quadra~
ta ». Certo le colline circostanti so-
no ormai come volti glabri ma le Al-
pi ne definiscono ancora l'orizzonte.
In una giornata di precoce prima-
vera andare a Lu è riposante. Mi ha
accolto l'anziano ma ancor vivido
parroco don Mario Meda. « Senta,
mi dice accogliendomi, prima di vi-
sitare il paese e i ludghi legati alla me-
moria del Beato, andiamo a bere un
bicchiere di quello buono. Sa, me
l'ha detto il postulatore don Fiora
che è stato anche mio insegnante:
faccia assaggiare del vino buono
monferrino, che sia buono, neh! ».
E così è stato. Mezzo bicchiere di
moscato bianco bevuto alle 9,30 del
mattino presso la cantina del signor
Giovanni.
« Vorrei vedere i francesi abbatte-
re le vigne che producono questo vi-
no», ci dice subito l'anziano
viticultore. Proprio così: qui per chi
distrugge il proprio vigneto c'è un
premio. Di reazioni? Poche. E del re-
sto Lu, i dati ci vengono forniti dal
parroco, ha poco più di 1300 abitanti
degli oltre tremila di una volta.

4.9 Page 39

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,-
- Sp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990 39
Sconsolatamente ma sereno il par-
roco specifica: « Quest'anno abbia-
mo avuto 40 funerali e 6 battesimi».
Di ragazzi e giovani se ne vedono
ben pochi e quest'ultimi non hanno
certo voglia di fare i contadini.
Le foto dell'articolo sono di Frànco Marzi
I
Nella piazzetta antistante la chie-
sa parrocchiale incontriamo un grup-
po di Luesi: con loro è anche il
sindaco.
A parlare di Lu e delle sue tradi-
zioni religiose s'accalora. «Sa che

4.10 Page 40

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A _
_ .C:,1p_eciale
don Rina/di
40 · 15 APRILE 1990
I
Due foto ricordo di convegni
vocazionali a Lu
vogliono di~truggere quest'aria buo-
na mettendo un inceneritore proprio
da noi?» . « No», rispondo. «Eque-
sto, prosegue, nonostante che il 980Jo
e rotti della popolazione è contraria.
Ma noi ci difenderemo ».
All'ombra della grande chiesa par-
rocchiale color rosso mattone sem-
bra d'ascoltare storie d'altri tempi.
Eppure è proprio vero: in questo
paese ogni famiglia ha qualche pa-
rente sacerdote o appartenente a isti-
Il Sindaco di Lu Monferrato
tuti religiosi. I più numerosi sono i
salesiani e le Figlie di Maria Ausilia-
trice. Come mai? Per il sindaco è un
problema di radici e di sane tradizio-
ni ; per la moglie di un pronipote del
Beato è lo spirito che si respirava nel-
le famiglie: preghiera e vita austera;
per don Verri, anziano sacerdote di
85 anni, architetto, era invece la te-
stimonianza degli stessi preti. « A Lu,
osserva, abbiamo avuto, a partire
dalla seconda metà del secolo scor-
so, parroci molto in gamba» . Per il
parroco attuale erano gli stessi reli-
giosi o religiose che con la gioia del
loro vivere diventavano contagiosi
per il paese.
Comunque sia, da Lu sono venuti
salesiani e suore eccezionali come,
tanto per ricordarne qualcuno, don
Borghino, chiamato il Don Bosco
della Valtellina, don Pietro .Rota che
fu ispettore salesiano in Brasile e in
Portogallo ed i cui genitori ospitaro-
no Don Bosco in visita a Lu ed aiu-
tarono le suore ad aprire nel 1876
una primissima loro opera, don Lui-
gi Rinaldi morto .a Boston.
Da Lu proveniva con altre suor
Angela Vallese che fu prima missio-
naria salesiana in Patagonia ed a lei
è dedicato il belvedere della cit~
tadina.
E del beato Rinaldi?
Proprio all'ingresso del paese c'è,
lo ricorda una lapide, la casa dove è
nato ed è il luogo probabile dove
Don Bosco incontrò il padre di don
Filippo che lo condusse in barroccio
nella vicina Mirabello.
C'è la casa del nipote del Beato:
Filippo, padre di 13 figli dei quali set-
te divennero salesiani.
Qui abita ancora qualche pronipo-

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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I CONVEGNI VOCAZIONALI
DI LU
Per iniziativa del parroco don Cesare Robione, dal 1946, ogni dieci an-
ni, a Lu si riuniscono tutte le «vocazioni» del paese. È un modo per con-
tarsi e rivedersi ma soprattutto per scambiarsi esperienze.
Ecco come il « New York Times » commentò il convegno del 2/8 set-
tembre 1946.
«Circa duecento cittadini di Lu, una borgata nel Piemonte in Italia, so-
no convenuti al loro Qaese natio da tutte le parti del mondo per un singo-
larissimo congresso. E chiaro che di singolare Lu non ha soltanto il nome
perché tutti i congressisti, uomini e donne dalle più svariate età, erano ec-
clesiastici e membri di ordini religiosi. Si calcola che viventi siano circa
trecento le vocazioni luesi. A tener conto dei defunti, si pensa che in que-
sti ultimi cent'anni questo eccezionale paese abbia dato non meno del die-
ci per cento della sua popolazione alla Chiesa, un primato assoluto, forse
unico, nelJa storia del Cristianesimo».
L'iniziativa si è ripetuta nel 1956, anno centenario della nascita del bea-
to don Filippo Rinaldi, nel 1966, nel 1976, anno centenario della fonda-
zione delJa casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nel 1986. In quell'anno
su 1470 abitanti c'erano 107 vocazioni viventi.
Il calo progressivo è evidente ma è anche evidente che la percentuale
resta alta.
Quali le cause? Per lo stesso beato Rinaldi la prima causa era da ricer-
care nelle famiglie. Lo disse ad un vescovo belga che andando a Lu non
aveva scoperto nulla di particolare. « Lei, gli disse don Rinaldi, a Lu do-
veva entrare nelle famiglie, conoscere le mamme soprattutto, la loro fede
semplice e profonda, il loro spirito di sacrificio. È in quel clima che si svi-
luppano le vocazioni».
I La casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice
a Lu vista dall'orto
_ Sp_eciale _
don Rina/di
15 APRILE 1990 , 41
te e qui viene tenuto ben in evidenza
e con fiori freschi un busto in mar-
mo bianco del Beato.
A don Rinaldi è intitolata anche la
scuola del paese. «Speriamo anche,
mi ha detto don Pier Giorgio Verri,
anche lui discendente dei Rinaldi e
salesiano, che si possa dedicare a Lui
anche la strada, via Spalto, che pas-
sa davanti alla casa dove è nato».
«Qualcuno, dice ancora don Ver-
ri·, ha proposto di dichiarare don Ri-
naldi patrono del paese. Ma come si
fa a detronizzare S. Valerio?».
Certo i Luesi da Don Rinaldi s'a-
spettano tanto, me lo dà ad intende-
re anche un anziano signore che ai
funerali del terzo successore di Don
Bosco portò lo stendardo del comu-
ne. « Io, dice, non ho conosciuto don
Rinaldi o almeno non lo ricordo an-
che se' quando ci fu il cinquantesimo
della casa delle suore salesiane si fe-
ce una gran festa e venne lui stesso.
Però lo prego sempre perché faccia
un miracolo a Lu».
Di quale miracolo si tratti non sap-
piamo ma è certo che a Lu, paese che
si spegne, vogliono vivere.
Nella chiesa principale c'è aria di
festa e di vigilia, si fanno restauri e
si sistemano luci mentre don Verri se-
nior e architetto, già insegnante alla
scuola Beato Angelico di Milano, im-
partisce ordini e fa notare il ricco ba-
rocco settecentesco degli altari ed i
quadri del pittore olivetano Fu-
magalli.
Questi ultimi, tre, decorano la co-
siddetta cappella delle vocazioni. Qui
è sintetizzata efficacemente la storia
del paese con don Rinaldi e Don Bo-
sco al posto d'onore assieme ai no-
mi di tutti i"« vocati» di Lu.
A destra dell'altare maggiore si la-
vora alla sistemazione di una cappel-
la dedicata al neo Beato: vi domina
un quadro del Crida realizzato nel
1956 che vede Maria Ausiliatrice al
centro e, rispettivamente ai lati, Don
Bosco e don Rinaldi.
Il tutto verrà inaugurato nel mese
di agosto quando in paese si farà una
grande festa. « Chissà se potrà veni-
re il Rettor Maggiore don Viganò,
chiede il parroco don Mario Meda.
Mi dicono che ha scritto ai Salesiani
una bella lettera dedicata a don Ri-
naldi. È vero?».
Non posso che annuire incorag-
giandolo a sperare.

5.2 Page 42

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A _
_ ~e-p. _eciale
don Rina/di
42 · 15 APRILE 1990
Una rapida visita alla casa delle
suore salesiane è d'obbligo. Qui ci
sono quattro suore appartenenti al-
l'ispettoria pi Alessandria: dal 1876
è l'unico asilo del paese. « Tutti son
passati da qui, sottolinea la direttri-
ce suor Pierina Trisoglio, luese, da .
_monsignor Evasio Colli, vescovo di
Parma a tantissimi altri salesiani e
non».
« Le suore, dice il parroco don Me-
da, fanno parte del paese. Vede quel
campo? Prima c'era un orto ma l'i-
spettrice delle suore mi ha fatto rea-
lizzare il campo di pallacanestro . Mi
disse che si trattava di una piccola
spesa. E invece è costato più di tren-
ta milione. Dovrebbe vederlo pieno
di ragazzi! Pazienza per l'orto.»
Già i ragazzi. La direttrice mi fa
anche vedere una sala giochi tutta
I CHIODI
ALLE
SCARPE
Don Bosco fu più volte a Lu. Le Me-
morie Biografiche raccontano un sim-
patico episodio probabilmente del
1879. Eccolo come lo racconta don
Ceria a pagina 387 del quattordicesi-
mo volume.
« Tornando Don Bosco da visitare
la signora Isabella Grossetti inferma,
una turba di gente che aspettava per
vederlo, gli si mise attorno e lo segui-
va. Nel crocicchio di via Montaldo e
di via Circonvallazione adocchiò in
mezzo alla folla un ragazzo in mani-
che di camicia e senza scarpe, che te-
neva gli occhi fissi sopra di lui.
Fermatosi a guardarlo, gli domandò:
- Come ti chiami?
- Quartero.
- Vuoi venire con me a Torino?
- Volentieri. Sono venuto qui per
questo.
- Dunque vieni. Là io ti farò met-
tere i chiodi alle scarpe.
Gli astanti risero della facezia.
Ma Don Bosco, intesosi coi paren-
ti, lo accolse nell'Oratorio e ve lo ten-
ne fino al termine del ginnasio. Se don
Quartero è un modello di parroco, lo
deve a quel prowidenziale incontro». ·
per loro: si va dal vecchio biliardino
ai videogiochi. « Quella di Lu, è una
gioventù ancora sana, sottolinea don
Pier Giorgio Verri. Il problema è che
i giovani guardano alla città e ai po-
sti statali o quasi. Non uno vuol fa-
re il contadino. Per ora siamo riusciti
a salvare il paese dalla costruzione di
un inceneritore le cui polveri accen-
tuerebbero l'esodo>> . Che attenda
anche don Verri un miracolo?
La visita si conclude a pranzo: il
parroco, don Verri senior, i due fo-
tografi. Si incomincia con !'«albe-
se», olio, carne cruda e formaggio,
per proseguire con agnolotti e con-
siglio bevendo grignolino. Il tutto
con moderazione, s'intende, e stret-
ti fra l'altro dal dover tornare subi-
to a Roma e dal rammarico di dover
lasciare gente tanto ospitale.
Prima di rimettermi in macchina
do ancora un'occhiata al paese:
ascolto il rumore dei nostri passi sul
selciato mentre il « tro ... tro » d'un
trattore si confonde con i rintocchi
del campanile. Rileggo ancora quan-
to ha scritto don Pietro Rinaldi, pro-
nipote del Beato, suo biografo oggi
in America: « ... Le campane di Lu,
campane a distesa, campane da mor-
to, campane da festa. Chi di noi di-
menticherà mai le campane del
nostro paese? ... »
Giuseppe Costa

5.3 Page 43

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Un SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
Don Filippo Rinaldi non è solo
il terzo successore di don Bosco
alla guida della Famiglia Salesiana,
e l'ultimo Rettor Maggiore ad avere
conosciuto personalmente il Santo.
La sua figura , infatti, occupa un
ruolo di primo piano nella storia
della Congregazione di cui fu
organizzatore e anima, sia per il
carisma che ne guidò le scelte,
sia per le doti di bontà paterna
e santità.
In occasione della beatificazione di
don Rinaldi, perciò, la pubblicazione
di un 'ampia scelta dei suoi scritti
si offre come necessario strumento
per meglio comprenderne il
pensiero, ancora oggi fortemente
attuale, e la devozione a Maria
Ausiliatrice, che lo confortò in ogni
istante della sua esistenza.
Custode e rivelatore dello «spirito
salesiano», acuto osservatore dei
cambiamenti della sua epoca,
aperto ad una presenza attiva dei
laici nel la Chiesa, come don Bosco
seppe capire il ruolo che gli
strumenti di comunicazione sociale
avrebbero svolto per la diffusione
della fede e l'educazione di giovani
ed adulti.
Don Rinaldi fu un uomo del suo
tempo che seppe guardare avanti,
un apostolo della gioventù che fu
guida ed esempio: un personaggio,
dunque, che è necessario
conoscere per apprezzare a fondo
cosa significa, oggi, la presenza
salesiana nel mondo.
LO SPIRITO DI DON BOSCO
NEL CUORE
DEL BEATO DON RINALDI
Co1,jère11ze e scritti
a cmu di Stefa110 Maggio
pag. 356, Lire 30.000

5.4 Page 44

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA