Bollettino_Salesiano_199406cooperatori


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RIVISTA FONDATA
DA S. GIOVANNI BOSCO
NEL 1an
ANNO 118 - N. 11 • 2• QUIN DICINA • 15 GIUGNO 1994 SPEDIZION E IN AB BONAMENTO POSTALE (50)
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Quindicinale di informazione
e cu ltura religiosa ed ito
dalla Congregazione Salesiana
di San Giovann i Bosco
Anno 118 - N. 11 - 2' Quind icina
15 GIUGNO 1994
SOMMARIO
Presentazione
2 PRESENTAZIONE
3 LEZIONE n° 1
LA FAMIGLIA
AMBIENTE EDUCATIVO
7 LEZIONE n° 2
EDUCARE:
FAR CRESCERE
LA PERSONA
11 . LEZIONE n° 3
EDUCARE:
UN PROCESSO UNITARIO
15 LA CHIESA
DOMESTICA
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E questo il secondo Sussidio dedicato alla Famiglia, secondo la scelta
fatta dall'Associa zione nella Conferen za Nazionale del 5-8 Dicembre '92.
Lo scorso anno il Sussidio ci ha fatto riflettere sulla Famiglia come luogo
privilegiato di relazioni; quest'anno esso ci in.vita a considerare la Fami-
glia come «comunità educante».
Quella dell'educazione, come ci ha ricordato più volte il Rettor Mag-
giore, è una delle sfide più gran.di del nostro tempo: un.a sfida per la socie-
tà, ma anche per la Chiesa. La Chiesa, in.fatti,- afferma Giovanni Paolo
Il - «si sente direttamente interpellata dalla dom.ar.da educativa» (luve-
n.um Patris, n.. 14).
Ma dentro questa sfida ce n'è un'altra: quella di riscoprire e di pro-
muovere la Famiglia come prima comunità educante.
Se l'educazione «è prima di tutto - come scrive il Papa nella recente
"Lettera alle Famiglie" - un.a elargizione di umanità da parte di ambe-
due i genitori» (n.. 16), non può non essere la Famiglia l'ambiente educati-
vo primario e fondante e non può non innestarsi nella Famiglia, come un
prolungamento della sua azione educativa, ogni altro intervento o con.tri-
buto educativo che da altri soggetti o ambienti può essere offerto.
Da questa logica muove, e questa logica vuole contribuire ad affer-
mare e a rafforzare, il presente Sussidio. Ed è una logica di profezia, in
una cultura sociale che troppo sta emarginando la Famiglia.
I Cooperatori Salesiani, poi, san.no di poter portare a questo impegno
profetico il contributo del proprio carisma. Molto ha da dire Don Bosco
alle famiglie riguardo al loro compito educativo, egli che allo «spirito di
famiglia » volle improntare i suoi istituti e i suoi oratori.
E dei valori del sistema educativo salesiano è internamente pervaso
questo Sussidio, sia nei riferimenti diretti, sia nella visione positiva e otti-
mistica del fatto educativo che sostiene le riflessioni proposte.
Il Sussidio è frutto della collaborazione di tanti. All'interno di un pro-
getto unitario hanno lavorato tante menti e tante man.i, e di questo certa-
mente si troverà traccia nella diversità di stile e di articolazione della trat-
tazione delle singole unità tematiche.
Non abbiamo voluto eliminare questa diversità perché essa non nuo-
ce alla funzione del nostro Sussidio, che è quella di uno strumento forma-
tivo, non di un saggio o di un 'opera letteraria.
Valorizziam.olo, questo Sussidio, utilizziamolo nei nostri Centri, ma
fa cciamolo conoscere anche nelle parrocchie, negli oratori, nelle scuole
salesiane, nelle chiese locali, perché esso può dire qualcosa a tutte le fa-
miglie, non solo ai Cooperatori Salesiani. Potrà così meglio essere, n.el-
l'An.no Internazionale della Famiglia, un.a di quelle che il Papa definisce
«testimonianze dell'amore e della sollecitudine della Chiesa per la Fami-
glia» (Lettera alle Faniiglie, n.. 3).
La Redazione

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LA FAMIGLIA
AMBIENTE
EDUCATIVO
PARTIAMO
DAI FATTI
Un fenomeno che caratterizza la nostra epoca è l'assenza più o meno
prolungata delle donne da casa perché impegnate in un lavoro. Quali
le conseguenze di questa assenza soprattutto per i figli più piccoli?
Risponde uno studio condotto su bambini di età scolare che ha
rilevato che il lavoro fuori casa della madre, soprattutto durante i
primi tre anni del bambino, è associato a livelli più bassi di capacità
cognitiva e comportamentale.
AMBIENTE
Ogni coppia di fidanzati fa
progetti per il proprio futuro,
sognando una vita a due piena
di relazioni e di intimità. Il pe-
riodo di fidanzamento è anche
un tempo di preparativi: si pro-
getta un nido, una casa dove i
due possano sentirsi a proprio
agio, si scelgono gli arreda-
menti in base ai gusti dei due,
si va con l'immaginazione al
tempo nel quale finalmente po-
tranno avere un proprio luogo,
dove trovare serenità, dove po-
tersi appartare, dove potersi
amare, dove poter trovare se
stessi.
Tutto è fatto con buoni propo-
siti: anche le famiglie di apparte-
nenza dei due vivono questo
momento di preparativi parteci-
pando attivamente a costruire
questo luogo di sogno.
I due curano i minimi parti-
colari, le tende, i quadri, i colori
che devono rendere la casa ac-
cogliente, le piante e i fiori che
devono ornare l'ambiente.
Finalmente tutto è pronto:
hanno preparato anche la came-
retta del bambino che sperano
di mettere al mondo. Hanno
preparato un luogo accogliente
per loro due e per chi aspettano
domani con ansia.
Forse si fanno coinvolge-
re troppo in questo affannoso
ritmo ed è così che molti tra-
scurano di preparare il luogo
più importante per poter acco-
gliere qualcuno, «il loro cuo-
re» .
Venuto il momento delle noz-
ze, tutto accade in fretta e si ri-
trovano sposi.
Che delusione, passati i primi
giorni di entusiasmo, ritrovarsi
ciascuno solo con se stesso, ac-
corgersi ogni giorno di più che
l'altro non è proprio come lo si
credeva!
Cominciano le difficoltà. È
passato poco o molto tempo da
quel giorno, non ha importanza,
ma è tempo che i due imparino
ad educarsi vicendevolmente
per costruire la vera casa, la
nuova famiglia. Devono adope-
rarsi per mentalizzarsi a creare
ambiente, a dare colore non
solo ai muri, ma alla loro vita a
due.
Devono darsi uno stile di vita
nuovo, fatto di gesti di amore, di
dialogo, di rinunce, di sacrifici,
di gioie e dolori condivisi.
LA DIFFICOLTÀ
PER LA FAMIGLIA
DI OGGI
DIESSERE
AMBIENTE
Purtroppo non tutti sono di-
sposti ad accettare, a mettersi in
cammino, meglio crogiolarsi in
ciò che piace, che dà godimen-
to, che non richiede sacrifici.
Da tempo ormai dobbiamo
constatare che la famiglia è in
crisi . Soffre principalmente, al
suo interno, la mancanza di re-
la zioni interpersonali; questa
sembra essere una delle più
grandi difficoltà che la famiglia
deve affrontare. Troppe case
oggi sono alberghi. La famiglia
non si ritrova più, ciascuno ha i
suoi orari, i suoi impegni, i suoi
hobbies e nessuno vuole rinun-
ciare alle sue cose. C'è una di-
sattenzione a creare clima di fa-
miglia, ci sono gli impegni ester-
ni a volte futili, lo scontro di
mondi così diversi che non rie-
scono ad incontrarsi, la man-
canza di tempo per il dialogo,
per la conoscenza di ciò che è
veramente l'altro, la mentalità
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non progettuale del cammino di
famiglia, il vivere del provviso-
rio, il vivere ciò che la giornata
propone, ciò che gli altri ci im-
pongono.
Tutto ciò accade quando ci si
lascia vivere, quando si taglia
quel filo che permetteva di
ascoltarsi.
In un simile ambiente l'arrivo
di un figlio non trova certo un
luogo adatto ad accoglierlo. Il
bambino viene semplicemente
sopportato, non accettato, mal
tollerato.
Quella casa che la coppia ave-
va così diligentemente ordinato
si trova ad essere un ambiente
spento, freddo, ostile, dove nes-
suno dei componenti «la fami-
glia» si trova bene. La casa di-
venta terreno di battaglia, luogo
dove gli egoismi personali si cu-
rano con la sopraffazione degli
altri membri.
UNA PROPOSTA
In alternativa c'è per la fami-
glia una proposta: «rigenerare la
famiglia per renderla comunità
in cui vivere insieme con uno
stile di vita che favorisce la cre-
scita della vita».
Ecco, bisogna «Educarsi alla
comunità familiare». L'educa-
zione crea famiglia e la famiglia
diventa spazio educativo e for-
mativo per tutti i suoi membri.
Ciò di cui ciascuno ha bisogno
per crescere è un'atmosfera di
casa, una presenza, un affetto,
un calore umano e questo lo
può dare solo la famiglia.
Non si può vivere nè crescere
senza famiglia e la famiglia non
può vivere senza amore.
Questo è vero soprattutto per
i bambini, per i giovani che cre-
scono e vivono in famiglia . Men-
tre l'adulto l'amore che non tro-
va in casa se lo va a cercare, o si
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illude di poterlo comprare, i
bambini, i giovani, rimasti senza
amore, «muoiono».
Siamo convinti che ogni es-
sere che nasce, nasce per vive-
re e crescere nel corpo e nel-
lo spirito, nella razionalità e
nella libertà. Ma per raggiun-
gere la pienezza dell'uomo ma-
turo, ha bisogno di un ambien-
te che abbia le seguenti carat-
teristiche:
a) La stabilità
Un rapporto di coppia, che
vuole essere di per se stesso
educativo deve essere durevole,
permanente, non soggetto a va-
riare, non provvisorio, costante
nei suoi modi di essere. Sappia-
mo bene quanto è decisivo l'in-
flusso dell'ambiente familiare
per quanto riguarda la forma-
zione del carattere e dello stile
di vita dei figli. La stabilità del-
l'amore della coppia è quella
che fa sviluppare nel ragazzo
un carattere resistente alle ten-
tazioni, capace di assumersi re-
sponsabilità, costante e tenace
negli impegni, resistente alle
passioni.
b) La continuità
Altra esigenza è la continuità
della presenza delle medesime
persone, specialmente dei geni-
tori.
Non si può creare ambiente
senza la presenza dei soggetti.
La mancanza anche di uno, fa
perdere continuità al discorso
educativo, perché è il confron-
to giornaliero che permette di
essere ciascuno educatore del-
l'altro.
Troppe assenze, troppi avvi-
cendamenti di presenze, non
permettono un normale pro-
cesso di maturazione e di iden-
tificazione. È difficile vivere
senza avere una propria im-
magine, una propria identità
che solo nella famiglia, e con
il suo aiuto, il giovane può sco-
prire, nella continuità del con-
fronto e dell'amore dato e rice-
vuto.
e) La fedeltà
Nella famiglia si dà vita ad
una scuola di umanità in quanto
c'è comunione di vita, di espe-
rienze, di solidarietà.
Lo stile educativo familiare
deve essere esperienziale, inter-
personale, cordiale, vitale.
Ma qualunque sforzo educati-
vo sarebbe inutile se in quel-
1'ambiente non si venisse a crea-
re un clima di fiducia reciproca
che educa alla verità.
È la verità che ci fa liberi e
permette ad ognuno di aprirsi,
di comunicare, di riuscire ad in-
teriorizzare un atteggiamento di
servizio reciproco, senza che
nessuno si senta utilizzaio, sfrut-
tato dall'altro.
È con la fiducia che ciascuno
pone nell'altro, che si educano
i figli ad avere fiducia nel pros-
simo, nella vita, nel domani, in
Dio. Resta determinante nel
bene, e a volte anche nel male,
l'educazione che la famiglia sa
dare come esempio di fedeltà
fra i suoi membri e di fedeltà a
Dio.
Da questa fedeltà il figlio im-
para a far dono della propria
vita prima alla famiglia e poi al-
1'esterno di essa.
La casa allora diventa am-
biente educativo che vive di un
clima di serenità, di fiducia, fon-
dato sulla certezza dell'amore,
innanzitutto dell'amore fedele
dei genitori fra loro, testimo-
nianza dell'amore di Dio.
In questo ambiente ben defi-
nito, circondato da cure, soste-
gno, protezione, ciascun mem-
bro comincia a crescere e ad
amare la vita come dono prezio-
so di Dio.

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PAROLA
«Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di senti-
DI DIO
menti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pa-
zienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente,
se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdona-
to, così fate anche voi.
Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione.
E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo
corpo. E siate riconoscenti!
La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammestratevi e ammonitevi con
ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali.
E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù,
rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre».
(Colossesi, 3, 12-17)
PAROLA
DELLA
CHIESA
I genitori, poiché han trasmesso la vita ai figli, hanno l'obbligo
gravissimo di educare la prole: vanno pertanto riconosciuti come i
primi e i principali educatori di essa. Questa loro funzione educati-
va è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere sup-
plita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell'at-
mosfera vivificata dall'amore e dalla pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l'e-
ducazione completa dei figli in senso personale e sociale.
"1
(Cane. Val . II - Gravissimum Educationis, 3)
È questo un tempo di rilancio delle istituzioni educative e di richiamo all'insostituibile
ruolo educativo della «famiglia».
Resta, infatti,determinante, nel bene e, purtroppo, a volte anche nel male, l'educazio-
ne (o la non educazione) familiare e, d'altra parte, resta sempre indispensabile educare le
giovani generazioni ad assumere fin dall'ambiente familiare la responsabilità di interpreta-
re il quotidiano secondo il perenne insegnamento del Vangelo, senza trascurare le esigenze
del necessario rinnovamento.
(Giovanni Paolo Il - Juvenum Patris, n. 18)
PAROLA
«L'Oratorio era allora una vera famiglia» (MB 3,353).
DI DON
«Alla scuola di sua madre Giovanni imparava quell'ammirabile
BOSCO dolcezza e quel metodo preveniente i disordini, che rende l'educa-
tore padrone del cuore dei suoi allievi» (MB,, 1,64).
«Il suo ideale era pure che l'Oratorio divenisse, per i ragazzi che vi avrebbe accolti,
quasi un focolare domestico. Non era forse perché Mamma Margherita aveva fatto per lui
della casetta dei Becchi una specie di Oratorio?» (Pio XII, Discorso del 31.1.40).
«Molti di voi hanno già famiglia. Ebbene, quella educazione che voi avete ricevuta
nell'Oratorio da Don Bosco, partecipatela ai vostri cari» (MB 14,511).
«Varie volte avviene che coi genitori stessi bisogna usare questa carità di istruirli, cor-
reggerli, riprenderli» (MB 12,628).
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d) La preghiera
Uno dei compiti educativi più
gravi e più belli di una mamma
e di un papà è di iniziare i loro
figli all'incontro con Dio amore.
Educare alla preghiera signifi-
ca fare della casa un luogo di
preghiera dove ciascuno possa
trovare ristoro dopo un giorno
di duro lavoro.
L'assenza della preghiera,
l'assenza di Dio, sarebbe una
vera sciagura. Lo sforzo educati-
vo sarebbe esclusivamente teori-
co, tecnicistico e darebbe pochi
frutti.
Non si tratta di insegnare del-
le preghiere, ma di aprire il cuo-
re dei figli all'incontro con Colui
che li ama.
Prendendo spunto da avveni-
menti della vita quotidiana, si
può far riconoscere la bontà di
Dio, questo aiuta a creare nella
famiglia un clima di raccogli-
mento spirituale, di calma.
INTERATTIVITÀ
EDUCATIVA
Un figlio che prova a fare
questa esperienza facilmente
sviluppa sentimenti di fiducia,
di sicurezza, si convince che
anche lui ha un posto ed è utile
a qualcuno.
Comincia a collaborare in fa-
miglia, ad offrire un suo contri-
buto, sente di avere pari dignità.
In famiglia ciascun membro
deve sentirsi utile, deve poter
contribuire agli avvenimenti,
deve poter partecipare alle gioie
e ai dolori.
È così che la presenza di cia-
scuno incide su tutti gli altri ed
ognuno si sente autore di un
processo di crescita della comu-
nità familiare, dove la diversità
di carattere, di età, di sesso,
vengono ad essere prezioso ap-
porto.
L'educazione non è, d'altron-
de, a senso unico, dall'educato-
re all'educando, ma è a doppio
senso e a senso incrociato, dove
ciascuno si lascia educare dal-
1'altro, anche se piccolo, e tutti,
in modo e con ritmi diversi, di-
ventano persone mature, aiutati
non da uno, ma da un ambiente
che tutti hanno saputo creare e
continuamente rivitalizzare.
La prova della bontà del clima
educativo familiare è la vita
esterna ad esso, dove ciascuno è
costretto a vivere e a realizzarsi.
Nell'affrontare le esperienze
della vita, ciascuno organizza e
confronta la realtà dando rispo-
ste che sono espressione del suo
stile di vita. Uno stile di vita for-
matosi, in massima parte, in
quell'ambiente familiare che gli
ha dato modo di assimilare dei
principi normativi che hanno
alla base valori di verità.
Allora, è necessario costruire
un ambiente familiare che edu-
chi a valori veri e autentici,
«che susciti sentimenti di mise-
ricordia, di umiltà, di pazien-
za, di gratitudine, di coraggio,
di lealtà».
PREGHIERA
O Signore, grazie per aver creato la famiglia, luogo privilegiato per la crescita e l'edu-
cazione dei tuoi figli!
Ti preghiamo affinché le nostre debolezze, i nostri egoismi e la sfiducia non ci allonta-
nino l'uno dall 'altro facendoci sfuggire il dialogo, ma invece possiamo aprirci alla confi-
denza reciproca, sapendo che Tu sei in mezzo a noi per «costruire la casa» e.farne un tem-
pio della tua pace e del tuo amore. Amen.
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EDUCARE:
FAR CRESCERE
LA PERSONA
PARTIAMO
DAI FATTI
Un insegnante chiede: «Come può la scuola intervenire per riparare i
guasti provocati in un bambino dai maltrattamenti, dalla
trascuratezza e dal rifiuto dei genitori? I bambini maltrattati ripetono
più facilmente la classe frequentata, sono più indisciplinati e quelli
trascurati presentano scarsi risultati accademici. Può la scuola
sostituirsi alla famiglia?».
L'ABDICAZIONE
EDUCATIVA
gli si possano educare da sè, li-
beramente, senza bisogno di
guida, attraverso la molteplicità
Non è facile oggi incontrare
genitori che dicano di vivere se-
renamente e fiduciosamente il
loro compito educativo . Molti si
sentono in crisi, avvertono una
certa incapacità a fronteggiare
le sollecitazioni e gli influssi che
vengono dall'esterno e si chiedo-
no disorientati quali modelli e
valori trasmettere ai figli.
Se a questo aggiungiamo il
fatto che oggi tendono sempre
più a ridursi gli «spazi familiari»,
cioè i tempi di una contempora-
nea presenza a casa di genitori e
figli, ci rendiamo conto di quan-
to sia diffuso il rischio della «ab-
delle esperienze che la vita oggi
consente.
L'educazione dei figli, dunque,
sempre più come problema,
come una responsabilità a cui,
per varie ragioni, si tende a sfug-
gire. Ma non sarà forse anche
perché non ci è ben chiaro cosa
significhi educare? Perché siamo
legati, più o meno consapevol-
mente, a un modello di educa-
zione secondo il quale sono i ge-
nitori a decidere e a determinare
quello che i figli devono diventa-
re, per cui, non riuscendo più o
riuscendo sempre meno in que-
sto, abbiamo la sensazione di fal-
lire e ci lasciamo andare?
dicazione educativa», della ri-
nuncia, da parte dei genitori, ad
educare.
Si tratta, per lo più, di una ab- COSA SIGNIFICA
dicazione pratica, dovuta cioè al
moltiplicarsi degli impegni, alla
EDUCARE
mancanza di tempo, all'essere
materialmente e mentalmente Che cosa significa, appunto,
occupati dalle cose da fare. Ma educare? Nella tradizione sale-
c'è anche una forma di abdica- siana è stata sempre di casa una
zione teorica, che si fonda sulla visione ottimistica dell' educazio-
convinzione, a volte anche co- ne, fondata sia su ragioni so-
moda o poco profondamente prannaturali, teologiche, sia su
maturata, che i genitori oggi · ragioni antropologiche.
possano incidere poco e che i fi- Le prime si riassumono nella
consapevolezza dell'azione invi-
sibile della Grazia nel cuore del-
l'uomo, che può suscitare pro-
positi e itinerari di bene impre-
vedibili alle valutazioni umane;
le seconde si riferiscono a una
visione positiva dell'uomo, se-
condo la quale ci sono in ogni
essere umano, in ogni ragazzo,
delle potenzialità di bene, che è
compito dell'educazione far
emergere, sviluppare, portare a
maturazione.
Il soggetto in età educativa, il
fanciullo, non è una «tabula ra-
sa», un vuoto da riempire, per
cui l'educazione si possa far
consistere nell 'inculcargli abiti
mentali e morali, nel fare attec-
chire e costruire in lui una iden-
tità quale piace all'educatore; nè
è una «pianta storta», natural-
mente storta, da raddrizzare,
per cui l'educazione si possa ri-
durre a un'opera di correzione,
all'insieme degli interventi volti
a correggere gli atteggiamenti e
i comportamenti sbagliati del
fanciullo e a fargli acquisire le
buone maniere, le buone regole
di comportamento.
Il fanciullo è già «qualcuno»,
viene al mondo con un patrimo-
nio, con un corredo di potenzia-
lità e di risorse che attendono
solo di svilupparsi nel tempo, di
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1.8 Page 8

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essere coltivate e di esprimersi.
Il fanciullo è una «persona», una
persona in potenza naturalmen-
te, ma già dotata di tutte quelle
dimensioni che, sviluppandosi,
formeranno la sua identità e la
sua ricchezza personale. Ci sono
già in lui, inscritte, le sue poten-
zialità fisiche, intellettive, psico-
affettive, morali e spirituali; ci
sono già le sue propensioni, le
sue inclinazioni, il suo tempera-
mento; ci sono già le sue ener-
gie, i suoi talenti e i suoi limiti. Il
fanciullo è già se stesso; quello
che egli può diventare è già in
lui. Solo che tutte le potenzialità
di cui egli è dotato, perché si svi-
luppino pienamente, hanno bi-
sogno di essere stimolate, eserci-
tate, sostenute, orientate.
Lo sviluppo delle potenzialità
umane non è un processo auto-
matico, non è un percorso retti-
lineo, senza ostacoli, inciampi,
rischi di deviazione. È un per-
corso faticoso, che il fanciullo
non può compiere da solo e lun-
go il quale ha bisogno di essere
sostenuto da ·altri con amorevole
cura.
L'educazione è appunto que-
sto sostegno offerto al fanciullo
perché egli sviluppi tutte le sue
potenzialità, perché diventi se
stesso. L'educazione è, sostan-
zialmente, promozione della
persona, è un processo median-
te il quale si aiuta l'altro ad esse-
re sempre più e sempre meglio
se stesso.
Per i genitori, dunque (ma il
discorso vale per ogni educato-
re), educare significa - secondo
l'espressione usata dai vescovi
italiani nel Direttorio di Pasto-
rale Familiare - «rispettare e
promuovere pienamente l'iden-
tità personale e sociale dei figli»
(n. 143).
«Rispettare» fa capire che l'i-
dentità c'è già nei figli e che oc-
corre tenerne conto, che non si
può ignorarla; «promuovere» la-
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scia intendere il sostegno e l'im-
pegno dei genitori perché essa si
sviluppi e maturi.
ALCUNE
ATTENZIONI
Aiutare i figli a sviluppare pie-
namente le loro potenzialità è
un compito impegnativo per i
genitori, ma non certo impossi-
bile, anche oggi. Esso comporta
alcune attenzioni ed esigenze,
che si pongono anche come
condizioni per l'efficacia dell' a-
zione educativa.
1. Individuare le potenzialità
dei figli: si tratta di sforzarsi di
conoscere bene i figli, di capire
il loro mondo, le loro situazioni
interiori, di scoprire e di tenere
presenti le loro capacità e i loro
talenti, evitando sia di sottovalu-
tarli sia di sopravvalutarli.
2. Favorirne il libero svilup-
po: le potenzialità dei ragazzi
possono oggi essere facilmente e
fortemente condizionate e «alie-
nate» da stimoli, proposte e mo-
delli di massa, indiscriminata-
mente e abbondantemente diffu-
si dai mass-media e da occulti
centri di potere. Si tratta, per i
genitori, di essere vicini ai figli e
di abilitarli a decodificare, cioè
ad interpretare criticamente i
messaggi da cui sono raggiunti;
si tratta, quindi, anche di salva-
guardare le loro potenzialità dai
condizionamenti fuorvianti e di
orientarne lo sviluppo verso tra-
guardi possibili, personalmente
meditati e coerenti.
3. Infondere fiducia in se
stessi: lo sviluppo delle proprie
potenzialità, per un ragazzo o
un giovane, anche se guidato e
sostenuto dai genitori e dagli
educatori, è sempre, fondamen-
talmente, un autosviluppo. E
questo autosviluppo diventa dif-
ficile se non c'è la fiducia in se
stessi, l'autostima. È, perc10,
un'attenzione educativa fonda-
mentale, da parte dei genitori,
quella di infondere nei figli la fi-
ducia in se stessi. Si tratta di ap-
prezzare e di saper valorizzare il
positivo che c'è nei figli, quello
che essi sanno fare (nello studio,
a casa, nel gioco e nelle attività
creative), di non drammatizzare
su eventuali loro insuccessi, di
non ingigantire le dimensioni e
la portata di alcuni loro limiti
(quanto sono deleterie, per i ri-
svolti di frustrazione che posso-
no avere nell'animo dei figli,
espressioni del tipo: «tu non ca-
pisci niente», «tu non sai fare
niente», «lo sapevo che non po-
tevo fidarmi di te» etc.!).
4. Non identificarsi nei figli: i
figli sono altro dai genitori, sono
già e devono essere aiutati a di-
ventare sempre meglio se stessi,
non una copia dei genitori. È fa-
cile, invece, e frequente nei ge-
nitori la tentazione di proiettarsi
nei figli, di desiderare e di esige-
re che i figli facciano certe scel-
te, che pensino alla loro stessa
maniera, che si propongano i
loro stessi obiettivi. Si tratta al-
lora, per i genitori, di essere vi-
gilanti sulla propria relazione
con i figli, di interrogarsi su di
essa e di evitare possibili, a volte
anche involontarie, degenera-
zioni possessive.
5. Essere vicini ai figli, ma
non assillarli: i figli hanno bi-
sogno di sentirsi e di essere libe-
ri, ma hanno altrettanto bisogno
di sentire vicini i loro genitori, di
sentirli interessati alla loro cre-
scita e al loro bene, di trovarseli
accanto quando vogliono o han-
no bisogno di loro. Anche quan-
do, in certe fasi del loro svilup-
po, sembrano prendere le di-

1.9 Page 9

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PAROLA
«Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è
DI DIO giusto.
Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento
associato a una promessa: perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra.
E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina
del Signore.
(Efesini, Cap. 6,1-4)
PAROLA
DELLA
CHIESA
La famiglia è la prima e fondamentale scuola di socialità: in
quanto comunità di amore, essa trova nel dono di la legge che la
guida e la fa crescere. Il dono di sé, che ispira l'amore dei coniugi
tra di loro, si pone come modello e norma del dono di quale
deve attuarsi nei rapporti tra fratelli e sorelle e tra le diverse gene-
razioni che convivono nella famiglia. E la comunione e la partecipazione quotidianamente
vissuta nella casa, nei momenti di gioia e di difficoltà, rappresenta la più concreta ed effi-
cace pedagogia per l'inserimento attivo, responsabile e fecondo dei figli nel più ampio oriz-
zonte della società.
(Giovanni Paolo Il - Familiaris Consortio, n. 37)
Poiché «la fecondità dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei figli,
ma deve estendersi alla loro educazione morale e alla loro formazione spirituale», l'opera
educativa, strettamente connessa con la generazione e quale suo naturale compimento, è
destinata a formare l'uomo nella pienezza della sua dignità personale e, quindi, anche del-
la sua nativa dimensione sociale: «generando nell'amore e per amore una nuova persona,
che in ha la vocazione alla crescita ed allo sviluppo, i genitori si assumono perciò stesso
il compito di aiutarla efficacemente a vivere una vita pienamente umana».
(C.E.I. , Diretlorio di Pastorale Familiare, n. 173)
PAROLA
DI DON
BOSCO
«Dobbiamo fare buon uso della sanità in servizio e gloria di
Dio» (MB 7,834).
«Si ricordino per quanto è possibile di un'amorevole assisten-
za... si incoraggino con parole di benevolenza, e non appena dimo-
strano di dimenticare i propri doveri loro si ricordino in bel modo e
si richiamino a sani consigli» (MB 5,53).
«Abbi sempre l'occhio aperto, aperto e lungo ... Vigila specialmente sui libri che leggo-
no, pur mostrando sempre buona stima di tutti e senza mai scoraggiare nessuno; ma non
stancarti di vigilare, di osservare, di comprendere, di soccorrere, di compatire»
(MB 10,1022).
«Il punto sta di scoprire in essi (nei giovani) i germi delle loro buone disposizioni e
procurare di svilupparli» (MB 17,85).
«In ogni giovane, anche il più disgraziato, vi è un punto accessibile al bene, e dovere
primo dell'educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trar-
ne profitto» (MB 5,367).
«Si dia ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la
musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la
disciplina, giovare alla moralità e alla sanità» (Sistema Preventivo 2,111).
9/73

1.10 Page 10

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stanze o volersi contrapporre ai
genitori, hanno ugualmente bi-
sogno della loro vicinanza e del-
la loro posizione contrapposta,
perché hanno bisogno, per la
loro crescita, di distinguersi dai
genitori e di sentire al tempo
stesso che non per questo il loro
affetto viene meno. È bene,
dunque, che i genitori interpreti-
no correttamente il bisogno di li-
bertà dei figli e vi corrispondano
non con l'abdicazione, con l'e-
stranearsi da loro, ma con una
vicinanza non passiva, che non
cede, che rispecchia una presen-
za amorevole ma distinta: una
presenza che sa proporsi, ma
non assilla e non si impone.
NÈ AUTORITARISMO
NÈ PERMISSIVISMO
Da quanto finora detto risulta
come siano da evitare due atteg-
giamenti educativi nei quali i ge-
nitori possono essere tentati di
incorrere: l'autoritarismo e il
permissivismo.
Si tratta di due atteggiamenti
opposti: nel primo, l'educazione
si configura nei termini dell' ob-
bedienza e dell'adeguamento
dell'educando all'educatore, del
figlio al genitore, obbedienza e
adeguamento considerati come
sostanza dell'educazione, come
valore in sè; nel secondo, l'edu-
cazione si riduce a un esperien-
zialismo assoluto (all'accumulo
delle più svariate esperienze,
nella convinzione che bastino
queste a formare il giovane), a
uno spontaneismo di scelte e di
comportamenti che emargina,
fino ad annullarlo, il ruolo del-
1'educatore. (Sono questi, ovvia-
mente, i due atteggiamenti
estremi, tra i quali se ne posso-
no collocare altri più o meno vi-
cini all'uno o all'altro).
Due atteggiamenti opposti,
che però hanno in comune il fat-
to di non considerare la persona
dell'educando, del giovane: il
primo perché impone un model-
lo esterno al giovane, a cui egli
deve adeguarsi; il secondo per-
ché ignora il sotegno che il gio-
vane può ricevere, per la sua
crescita, dai genitori, dall'edu-
catore.
autoritarismo nè permis-
sivismo, allora, da parte dei ge-
nitori, ma accompagnamento
educativo, ossia quella vicinan-
za premurosa («assistenza» la
chiamava Don Bosco) che sa
sostenere e aiutare senza farsi
opprimente.
PREGHIERA
Signore Gesù, che sei innamorato dell'uomo e soprattutto dei piccoli, tu che hai fidu-
cia in ciascuno di noi, anche in quelli che sembrano più poveri, ti preghiamo: dai a noi
educatori un pò del tuo amore e della tua sapienza affinché possiamo aiutare ogni fanciul-
lo a sviluppare le sue potenzialità e a realizzarsi secondo il progetto che tu hai su di lui.
Dacci occhi benevoli, ottimisti, che sappiano leggere nei nostri figli o nei fanciulli che ci
sono affidati tutte le ricchezze che tu hai dato loro, per accompagnarli nella loro crescita.
E tu Maria, madre nostra, dai al nostro cuore un po ' della tua pazienza e della tua
dolcezza accogliente di mamma!
10/ 74

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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EDUCARE:
UN PROCESSO
UNITARIO
PARTIAMO
DAI FATTI
Una madre si lamenta: «Non so più come fare, io e mio marito non
siamo d'accordo su come educare i figli, io dico una cosa e lui dice
l'opposto e vedo che i bambini ne risentono».
È un problema grave. Dai risultati di una ricerca emerge che il
disaccordo dei genitori nell'allevare i figli è direttamente correlato
con problemi di comportamento dei bambini quali: usare sotterfugi,
aggredire fisicamente gli altri, parlare in modo scurrile, stuzzicare e
prendere in giro, cercare quai e ignorare le regole dei genitori.
PLURALISMO
CULTURALE
V iviamo in una società e in
un'epoca caratterizzata dal plu-
ralismo cultmale e dal relativi-
smo etico, una società e un'epo-
ca cioè in cui non esistono più
una «visione delle cose» e un or-
dine di valori unitari, ricono-
sciuti e condivisi dall'intero
gruppo sociale.
Ci sono oggi tante «culture»,
tanti modi di vedere le cose, di
concepire la vita, di considerare
l'uomo e i suoi rapporti con la
realtà e la società. E tutte queste
«culture» vengono considerate
ugualmente valide, ugualmente
degne e «vere»: nessuna può
pretendere di essere più vera di
un'altra.
Anche sul piano dei valori, si
tende sempre più a concepirli e
a viverli in un'ottica soggettiva,
individualistica, come espressio-
ne della libertà di dare il senso
che si vuole alla propria espe-
rienza. Ci sono sempre meno
valori socialmente condivisi e
sempre più valori individuali: i
valori - si sostiene - rientrano
nella sfera della libertà persona-
le, e ognuno è libero di credere
nelle cose in cui vuole.
PLURALITÀ
DI AGENZIE
EDUCATIVE
Al pluralismo culturale ed eti-
co è inevitabilmente connesso il
plmalismo educativo. Come esi-
stono vari modi di vedere le cose
e di concepire l'uomo, così ci
sono vari modi di concepire l'e-
ducazione, il processo di forma-
zione della persona.
Ma soprattutto ci sono oggi
nella società tante «agenzie edu-
cative», tanti luoghi e ambienti,
tante «emittenze», che offrono e
trasmettono una varietà di mes-
saggi, di modelli, di proposte.
Se una volta era soprattutto o
unicamente la famiglia a deter-
minare la formazione delle per-
sone, oggi sulla crescita e sulla
formazione dei giovani incidono
ed esercitano il loro influsso tan-
te realtà sociali, tanti canali di
comunicazione, tanti ambienti e
gruppi . Ci sono, infatti, oltre alla
famiglia e alla scuola, anche la
televisione, il cinema, il gruppo
dei pari, i luoghi di ritrovo e di
divertimento, i gruppi giovanili
ecclesiali, i club privati, le aggre-
gazioni spontanee intorno a spe-
cifici interessi, etc.
Ognuna di queste «agenzie»
offre i propri stimoli, i propri
modelli, diversi, quando non op-
posti, da quelli che offrono altre
agenzie. E così i giovani, che
trascorrono gran parte del loro
tempo nei più vari ambienti, che
passano facilmente dalla scuola
alla sala-giochi, alla televisione,
alla riunione di gruppo, alla piz-
zeria, alla discoteca, e così via,
sono oggi raggiunti, spesso
preocemente, da una molteplici-
tà di sollecitazioni che, se non
riescono o non vengono aiutati a
valutare e ad ordinare, li diso-
rientano e li spingono magari al
facile e rassicurante adegua-
mento ai comportamenti di
massa, ai comportamenti più «di
moda».
È il rischio della frammenta-
zione dei momenti educativi, il
rischio della dispersione educa-
tiva, che non favorisce certo nei
giovani la formazione del carat-
11 /75

2.2 Page 12

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tere, che rende difficile la matu-
razione della personalità.
Sottoposti o esposti alle più
varie sollecitazioni educative, i
giovani rischiano di lasciarsi gui-
dare dalla logica del «provviso-
rio» e di assumere atteggiamenti
e fare scelte solo sulla base di
momentanee esigenze, di mo-
mentanei impulsi emotivi, com-
promettendo la capacità di scel-
te motivate e convinte.
Le considerazioni fin qui fatte
conducono all'ovvia costatazio-
ne che la molteplicità delle agen-
zie educative, lungi dal ridurre o
dall'alleggerire il compito edu-
cativo dei genitori, lo rende anzi
più arduo e più impegnativo.
Esso, infatti, si configura ormai
come impegno non solo di offri-
re ai figli la propria proposta
educativa, ma di accompagnarli
anche, di guidarli a mediare e a
ricomporre unitariamente, con
un attento discernimento, il
molteplice e il vario delle solleci-
tazioni e delle proposte che essi
ricevono fuori dalla famiglia.
NECESSITÀ
DIUN
ORIENTAMENTO
UNITARIO
È questa certamente la parte
più impegnativa della responsa-
bilità educativa dei genitori:
aiutare i figli, con pazienza e
senza coercizioni, a orientarsi
in mezzo alla molteplicità di sti-
moli, modelli e messaggi da cui
sono raggiunti, a costruirsi un
percorso unitario e coerente di
crescita.
Le varie agenzie possono di-
ventare «positivamente educati-
ve», se i messaggi da esse emes-
si vengono filtrati, riconsidera-
ti ' valutati e riordinati in fun-
12 / 76
zione della crescita armonica
dei soggetti. E questo è un com-
pito che solo la famiglia, che
solo i genitori possono assolve-
re, in quanto «primi e principali
educatori dei loro figli» (Vat. II,
G.E., n . 3).
E lo possono assolvere, questo
compito, solo se essi costituisco-
no una presenza educativa uni-
taria. I genitori possono educa-
re veramente i figli, se hanno un
progetto educativo comune, se
seguono lo stesso orientamento.
Un progetto educativo comu-
ne significa ritrovarsi e concor-
dare sulle mete educative da
raggiungere e sui metodi da se-
guire. Significa anche corre-
sponsabilità educativa, sentirsi
entrambi e nella stessa misura
responsabili della crescita e della
formazione dei propri figli.
Nel «Direttorio di Pastorale
Familiare», i Vescovi italiani,
trattando della responsabilità
educativa dei genitori, li invita-
no ad «operare congiuntamen-
te» (n. 177) . Congiuntamente
non significa necessariamente
insieme, contemporaneamente
presenti: significa concordemen-
tde a '
in maniera unitaria, in modo
essere l'uno la giustificazione
dell'altro. Ma significa anche in
maniera complementare, appor-
tando ciascuno la propria moda-
lità specifica di essere genitore,
cioè la propria maternità (fatta
di un amore più tenero e com-
prensivo) o la propria paternità
(fatta di un amore più esigen-
te). Infatti, subito dopo, nello
stesso paragrafo, i Vescovi ag-
giungono: «nella convinzione
che il ruolo paterno e il ruolo
materno, lo spirito di paternità e
quello di maternità, sono ugual-
m ente necessari nell'educazione
dei figli».
ATTEGGIAMENTI
DA CORREGGERE
Presenza educativa unitaria,
dunque. Che non è un fatto
scontato, che è frutto di uno
sforzo di crescita insieme. Che
presuppone, soprattutto, il supe-
ramento, da parte dei genitori,
di possibili atteggiamenti che
non vanno nella direzione della
responsabilità e della correspon-
sabilità educativa.
L'atteggiamento, per esem-
pio, della delega al coniuge, da
parte di uno dei genitori, della
responsabilità educativa. Non si
tratta per lo più, ovviamente, di
una decisione della coppia o di
una scelta consapevole, ma è
l'intrecciarsi stesso dei rapporti
familiari o la consistenza degli
impegni esterni a determinare la
scarsa presenza educativa di
uno dei genitori (generalmente
del padre), con la conseguenza
che è soprattutto uno, dei geni-
tori, a portare il peso educativo
e che per i figli l'altro genitore
assume scarsa rilevanza educati-
va e quindi anche il suo ruolo
parentale ne risente. Certamen-
te nessun genitore vorrebbe ave-
re una presenza o un ruolo mar-
ginale, ma se non si è attenti ad
evitarla, ci si potrebbe trovare in
questa situazione anche senza
volerlo.
Oppure l'atteggiamento di di-
saccordo con il coniuge su certe
scelte o interventi educativi.
Certo non è facile, anche fra
marito e moglie, raggiungere
una piena identità di vedute sui
problemi educativi; ma è chiaro
che frequenti divergenze fra i
genitori in questo campo com-
promettono l'efficacia educativa
dei loro interventi e possono in-
durre i figli ad approfittarne, uti-
lizzando di volta in volta come
meglio conviene loro le posizio-
ni discordanti dei genitori.

2.3 Page 13

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PAROLA
«Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la
DI DIO grazia di Dio era sopra di lui» (Le 2,40).
«Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene,
per edificarlo» (Romani 15,2).
«Sono cresciuta come una palma in Engaddi, come le piante di rose in Gerico, come
un ulivo maestoso nella pianura; sono cresciuta come un platano. Come cinnamòmo e bal-
samo ho diffuso profumo; come mirra scelta ho sparso buon odore; come gàlbano, ònice e
storàce, come nuvola di incenso nella tenda. Come un terebinto ho esteso i rami e i miei
son rami di maestà e di bellezza» (Siracide 24,14-16).
PAROLA
DELLA
CHIESA
Il diritto-dovere educativo dei genitori si qualifica come es-
senziale, connesso com'è con la trasmissione della vita umana;
come originale e primario, rispetto al compito educativo di altri,
per l'unicità del rapporto d'amore che sussiste tra genitori e figli;
come insostituibile ed inalienabile, e che pertanto non può essere
totalmente delegato ad altri, né da altri usurpato.
(Giovanni Paolo Il - Familiaris Consortio, n. 36)
1664 L'unità, l'indissolubilità e l'apertura alla fecondità sono essenziali al matrimonio.
La poligamia è incompatibile con l'unità del matrimonio; il divorzio separa ciò che
Dio ha unito; il rifiuto della fecondità priva la vita coniugale del suo «preziosissimo
dono», il figlio.
1665 Il nuovo matrimonio dei divorziati, m entre è ancora vivo il coniuge legittimo, con-
travviene al disegno e alla Legge di Dio insegnati da Cristo. Costoro non sono sepa-
rati dalla Chiesa, ma non possono accedere alla Comunione eucaristica. Vivranno
la loro vita cristiana particolarmente educando i loro figli nella fede.
1666 Il focolare cristiano è il luogo in cui i figli ricevono il primo annuncio della fede.
Ecco perché la casa familiare è chiamata a buon diritto «la Chiesa domestica»,
comunità di gra zia e di preghiera, scuola delle virtù umane e della carità cri-
stiana.
(Catechismo della Chiesa Cattolica)
PAROLA
«Allegria, studio, pietà. È questo il grande programma il quale
DI DON praticando tu potrai vivere felice, e fare molto bene all'anima tua»
BOSCO (Vita del giovane Besucco Francesco).
«lo vi assicuro che vi raccomando ogni giorno nella Santa
Messa, domandando per ognuno i tre soliti S, che i nostri sagaci giovani sanno interpreta-
re: sanità, sapienza, santità» (MB 11,124).
13 / 77

2.4 Page 14

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Oppure, ancora, l'estempora-
neità degli interventi, quell'in-
tervenire da parte dei genitori,
singolarmente o insieme, in ma-
niera episodica, affrontando i
singoli casi secondo la reazione
del momento e non alla luce di
un più alto principio o criterio
educativo. Gli interventi episodi-
ci rischiano di essere contrad-
detti dai successivi e di contrad-
dire i precedenti, e finiscono co-
sì per disorientare e perdere di
efficacia.
sfere della persona, in particola-
re alla sfera fisica e intellettiva.
Sappiamo già che nella perso-
na, oltre a quella fisica e intellet-
tiva, ci sono anche altre dimen-
sioni; quella psico-affettiva,
quella morale, quella spirituale.
Esse vanno tutte sviluppate ed
educate, contemporaneamente.
L'educazione non può mai esse-
re equilibrata, se non si mira a
far crescere armonicamente tut-
ta la persona, corpo e spirito,
coscienza e intelligenza, affetti e
volontà.
EDUCARE
TUTTE LE
DIMENSIONI
DELLA PERSONA
Un altro atteggiamento edu-
cativo, oggi abbastanza consue-
to, è da evitare o da correggere:
la tendenza a limitare il discorso
e l'impegno educativo ad alcune
Non si educa bene se si educa-
no solo alcune «parti» della per-
sona, perché in questo caso l'e-
ducazione non solo sarà incom-
pleta (mancando altre parti), ma
sarà anche per certi aspetti alie-
nante, perché le varie dimensio-
ni della persona sono tra loro
connesse e interdipendenti.
E invece oggi così spesso si
trascurano le componenti affet-
tive, morali e spirituali dell'edu-
cazione. Si bada alle esigenze
materiali, di salute, di istruzione
dei figli, ma poco si è attenti ai
loro bisogni interiori. Poco ci si
preoccupa, in genere, dei valori
non materiali del vivere (dell'a-
more del bello e del vero, della
libertà interiore, della creatività,
del bisogno di senso, della fede);
poco ci si preoccupa della for-
mazione della coscienza, del di-
scernimento etico, del senso del
bene e del male oggettivi; poco,
ancora, della maturazione psi-
chica dei figli , delle loro esigen-
ze e dei problemi relazionali, del
loro spesso travagliato bisogno
di costruirsi l'identità.
L'educazione «integrale» deve
ancora penetrare nella coStien-
za educativa della maggior parte
delle famiglie, anche delle fami-
glie cristiane. Ma per chi si ispi-
ra ai valori del sistema educati-
vo salesiano, questo è un fonda-
mento pedagogico già acquisito.
Si tratterà, allora, di metterlo
coerentemente in pratica e di te-
stimoniarlo e farlo apprezzare
anche ad altre famiglie.
vivere
(._)
a
nelramore
...J
.2
Li:
PREGHIERA
O Dio eterno e Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, tu che sei trino e uno, tu
che ci insegni la comunione e l'unità d'amore pur nella distinzione delle persone: ti pre-
ghiamo, guarda alla nostra società, alle nostre famiglie così divise, così frantumate.
Fà che i nostri figli non crescano disorientati a causa delle nostre incapacità e dei nostri
errori; dai a tutti noi lo spirito di sacrificio necessario per cercare l'unità sempre e in ogni
modo, perché i nostri figli possano fare esperienza del tuo amore e scoprirti presente ac-
canto a loro. Amen.
14/ 78

2.5 Page 15

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LA CHIESA
DOMESTICA
Catechismo della Chiesa Cattolica
1655 Cristo ha voluto nascere e crescere in seno alla Santa Famiglia di Giuseppe e di Maria. La Chie-
sa non è altro che la «famiglia di Dio». Fin dalle sue origini, il nucleo della Chiesa era spesso costituito da
coloro che, insieme con tutta la loro famiglia, erano divenuti credenti. Allorché si convertivano, desidera-
vano che anche tutta la loro famiglia fosse salvata. Queste famiglie divenute credenti erano piccole isole di
vita cristiana in un mondo incredulo.
1656 Ai nostri giorni, in un mondo spesso estraneo e persino ostile alla fede, le famiglie credenti sono
di fondamentale importanza, come focolari di fede viva e irradiante. È per questo motivo che il Concilio
Vaticano II, usando un'antica espressione, chiama la famiglia «Ecclesia domestica», Chiesa domestica. È
in seno alla famiglia che «i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi an-
nunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale».
1657 È qui che si esercita in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della
madre, dei figli, di tutti i membri della famiglia, «con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il
ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l'abnegazione e l'operosa carità». Il focolare è
così la prima scuola di vita cristiana e «una scuola di umanità più ricca». È qui che si apprende la fatica e
la gioia del lavoro, l'amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino
attraverso la preghiera e l'offerta della propria vita.
1658 Bisogna anche ricordare alcune persone che, a causa delle condizioni concrete in cui devono vi-
vere - e spesso senza averlo voluto - sono particolarmente vicine al cuore di Gesù e meritano quindi af-
fetto e premurosa sollecitudine da parte della Chiesa e in modo speciale dei pastori: il gran numero di per-
sone celibi. Molte di loro restano senza famiglia umana, spesso a causa delle condizioni di povertà. Ve ne
sono di quelle che vivono la loro situazione nello spirito delle Beatitudini, servendo Dio e il prossimo in
maniera esemplare. A tutte loro bisogna aprire le porte dei focolari, «Chiese domestiche», e della grande
famiglia che è la Chiesa. «Nessuno è privo della famiglia in questo mondo: la Chiesa è casa e famiglia per
tutti, specialmente per quanti sono «affaticati e oppressi» (Mt 11,28)».
In sintesi
1659 San Paolo dice: «Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa... Questo miste-
ro è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa» (El 5,25.32).
1660 L'alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una donna costituiscono fra loro un'intima
comunione di vita e di amore, è stata fondata e dotata di sue proprie leggi dal Creatore. Per sua natu-
ra è ordinata al bene dei coniugi così come alla generazione e all'educazione della prole. Tra battez-
zati essa è stata elevata da Cristo Signore alla dignità di sacramento.
1661 Il sacramento del Matrimonio è segno dell'unione di Cristo e della Chiesa. Esso dona agli sposi la
grazia di amarsi con l'amore con cui Cristo ha amato la sua Chiesa; la grazia del sacramento perfe-
ziona così l'amore umano dei coniugi, consolida la loro unità indissolubile e li santifica nel cammino
della vita eterna.
15 / 79

2.6 Page 16

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1662 Il matrimonio si fonda sul consenso dei contraenti, cioè sulla volontà di donarsi mutuamente e defi-
nitivamente, allo scopo di vivere un'alleanza d'amore fedele e fecondo.
1663 Poiché il matrimonio stabilisce i coniugi in uno stato pubblico di vita nella Chiesa, è opportuno che
la sua celebrazione sia pubblica, inserita in una celebrazione liturgica, alla presenza del sacerdote (o
del testimone qualificato della Chiesa), dei testimoni e dell'assemblea dei fedeli.
Ciò che la Famiglia è di diritto è chiamata a diventarlo di fatto nel cammino della sua storia. Ogni Fa-
miglia deve scoprire e trovare in se stessa l'appello insopprimibile a diventare ogni giorno di più se stessa,
attuando tutti i valori che definiscono la sua specifica identità. In ciò essa non deve essere ostacolata, ma
aiutata da tutte le forze sociali che sulla Famiglia si fondano o fanno riferimento, prime fra tutte lo Stato.
La Famiglia può diventare se stessa solo nell'amore. L'amore, perciò, da custodire, rivelare e comu-
nicare, è il fondamentale compito o missione della Famiglia per il benessere degli individui che la com-
pongono e di conseguenza per il benessere della società che degli stessi individui è composta. Ogni compi-
to particolare, che essa è chiamata a svolgere, non può che costituire l'espressione e l'attuazione concreta
di questa fondamentale missione.
«( ... ) La famiglia, nella quale le diverse generazio-
ni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a rag-
giungere una saggezza umana più completa ed a com-
porre convenientemente i diritti della persona con le al-
tre esigenze della vita sociale, è veramente il fonda-
mento della società. Tutti coloro che hanno influenza
sulla società e le sue diverse categorie, quindi, devono
collaborare al bene del matrimonio e della famiglia; e
le autorità civili dovranno considerare come un sacro
dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera na-
tura, la moralità pubblica e la prosperità domestica».
(Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, n. 53)
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