Bollettino_Salesiano_199209cooperatori


Bollettino_Salesiano_199209cooperatori

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Q =---.
ANNO 116- N. 13 • 2• QUINDICINA • 15 SETTEMBRE 1992
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70)
RIVISTA FONDATA
DA S, GIOVANNI BOSCO
NEL 1877
SUSSIDIO
1'01U'U!l1VO
1991-1991
L'IIPIGIO
APO!!OLICO
2I
COI PUCI!O 111111111!0 ~
•-~~~~ ALL'IDUCAZIOD o
I PBOIOZIOII DILLA DOIIA &
1/ 65

1.2 Page 2

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~ il &uemno
Quindicinale di informazione
e di cultura religiosa fondato
da San Giovanni Bosco nel 1877
Anno 116 - N. 13 - 2• Quindicina
15 SETTEMBRE 1992
SOMMARIO
2 SUSSIDIO FORMATIVO 1992-93
Pasquale Massaro
3 1. LE SFIDE PIÙ URGENTI
PER L'EDUCAZIONE
ALLA FEDE DEI GIOVANI
5 L'impegno apostolico
del Cooperatore Salesiano nel RVA
6 2. IL CAMMINO DI EDUCAZIONE
ALLA FEDE DEI GIOVANI
8 3. ACCOMPAGNARE I GIOVANI
NEL CAMMINO VERSO
LA MATURITÀ UMANA,
L'INCONTRO CON CRISTO ,
L'APPARTENENZA ECCLESIALE
11 I sette pilastri della sapienza nel RVA
Nicola Palmisano
12 4. PROPOSTA DI SANTITÀ
ALLA DON BOSCO: SPIRITUALITÀ
GIOVANILE SALESIANA
15 La Spiritualità Salesiana
del Cooperatore
16 PASQUA 1993 IN TERRA SANTA
CON L'ACS
Direzione e Amministrazione:
Via della Pisana, 1111 - C.P. 9092
00163 ROMA Aurelio
tel. 06/65.92.915 - Fax 06/65.92.929
Direttore Responsabile:
UMBERTO DE VANNA
L'Edizione di metà mese è particolarmen-
te destinata ai Cooperatori Salesiani ed è
curata dall 'Ufficio Nazionale ACS
(Pasquale Massaro)
Via Marsala, 42 - 00185 ROMA
tel. 06/44.60.945 - Fax 06/44.63.614
Per riceverla rivolgersi al proprio Centro
ACS, che, tramite l'Ufficio lspettoriale , in-
vierà la richiesta all 'Ufficio Nazionale.
Registrazione:
Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
Stabilimento Grafico SEI - Torino
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Sussidio Formativo 1992/93
Il Comitato dei Coordinatori ha scelto per il Sussidio Formativo
1992/93 questo tema : «L'impegno apostolico del Cooperatore Sale-
siano con preciso riferimento all'educazione alla fede dei giovani e
promozione della donna».
È un tema schiettamente «salesiano», che aiuterà i Cooperato-
ri a fare un «salto di qualità» nel loro impegno educativo-
apostolico . Don Bosco ha indicato chiaramente che il loro compito
principale è quello di educare i giovani alla fede e il Regolamento
di Vita Apostolica richiama in diversi articoli (vedi a pagina 5) que-
sto fondamentale impegno.
Il Sussidio è stato realizzato partendo da due fonti autorevoli:
gli Atti del Capitolo Generale 23° dei SDB («Educare i giovani alla
fede: compito e sfida alla comunità credente oggi») e gli Atti del Ca-
pitolo Generale 19° delle FMA («Educare le giovani : un apporto alla
nuova evangelizzazione nei diversi contesti socio-culturali») . Sono
i documenti ufficiali dell'ultima Assemblea mondiale dei SDB e del-
le FMA, frutto del lavoro di numerosi Salesiani e Figlie di Maria Au-
siliatrice che si riconoscono - come i Cooperatori - nel carisma
di Don Bosco fondatore.
Sarebbe bene, nel presentare ai Cooperatori il Sussidio For-
mativo , t.are riferimento a questi documenti, facilmente reperibili
nelle Comunità locali dei SDB e delle FMA.
Più immediatamente il Sussidio fa riferimento a un prezioso
volume edito dalla LDC («Conversava con noi lungo il cammino»
PER EDUCARE I GIOVANI ALLA FEDE) in cui Don Giovanni Battista
Bosco e Suor Bianca Maria Bianchi hanno sintetizzato per le comu-
nità ecclesiali i documenti dei due Capitoli Generali. È un testo che
ha avuto larga diffusione e accoglienza nella Chiesa italiana e che
è indispensabile per preparare la presentazione delle otto lezioni
in cui è suddiviso il Sussidio Formativo. È disponibile presso le Li-
brerie LDC al prezzo di lire 11 .000.
Alla elaborazione del Sussidio Formativo hanno partecipato in
diversa misura e modalità Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice e
Cooperatori , che ringrazio cordialmente a nome di tutti . Essi sono
Don Giovanni Battista Bosco, Suor Bianca Maria Bianchi , Don Dal-
mazio Maggi , Suor Maria Collino, Suor Anna Ronchetti, Pompeo
Santerelli .
Nonostante la buona volontà non è stato proprio possibile con-
tenere il testo delle otto lezioni in un solo fascicolo del Bollettino
Salesiano edizione Cooperatori e pertanto esse saranno pubblicate
nel fascicolo di Settembre (le prime quattro lezioni) e in quello di
Ottobre (le altre quattro lezioni) .
Nel testo si parla spesso di «educatori alla fede» e di «comuni-
tà»: sono termini che spontaneamente devono essere tradotti in
«Cooperatori Salesiani» (che Don Bosco volle autentici educatori
alla fede) e in «Centro ACS» (autentiche comunità impegnate nel
compito educativo-apostolico).
Ora il compito di tutti è che il Sussidio Formativo 1992/93 possa
realmente «qualificare» i Cooperatori Salesiani (genitori, insegnan-
ti , catechisti, animatori ,... ) come «educatori alla fede» e far rivivere
nell'Associazione i frutti che il vento dello Spirito Santo ha prodotto
nei Capitoli Generali dei SDB e delle FMA.
Pasquale Massaro

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Le sfide più urgenti
per l'educazione alla fede dei giovani
D alla situazione giovanile e dalla
collocazione concreta dei giovani nei
confronti della fede , le comunità credenti
si sentono sfidate a prendere posizione e
ad impegnarsi. Ma in quale direzione?
Alcune sfide per la lo ro gravità, ur-
genza ed ampiezza sembrano interpel-
lare più direttamente e fortemente le co-
munità.
Si presentano per una parte come
provocazioni all'impegno di educatori
alla fede ; e per l'altra come opportunità
real i cariche di potenzialità. Sono occa-
sioni nuove che sol lecitano la creatività
e il coraggio .
Ne vengono segnalate cinque:
La sfida della «lontananza-
estra11eità» dei giovani
dal mondo della fede
I giovani lontani sono numerosi e
sono una forte sfida alla comunità, che
avverte di essere a sua volta lontana da
ess i, per mentalità e mancanza di comu-
nicazione:
- Come raggiungere i giovani superan-
do le barriere fisiche, psicologiche e cul-
turali che ci separano dal loro mondo?
- Come entrare in contatto con coloro
che, pur essendo nei nostri ambienti,
sono lontani e non si interessano della
fede?
La stessa maniera di vivere e di pre-
sentare la fede da parte della comunità
viene scossa, ed essa è spinta ad inter-
rogarsi :
- La comunità vive davvero la fede
come la dimensione che da il sapore e
l'orientamento alla vita?
- Quali sono le vie che la fanno appa-
rire nel suo vero valore ai giovani di
oggi e li aiutano a seguirla?
È la categoria più numerosa, ma le
radici della loro lontananza e le sue ma-
nifestazioni sono diverse.
l.l. Alcuni sono lontani perché, pur es-
sendo vissuti in famiglie fondamental-
mente sensibili al fatto religioso , a poco
a poco , per influ enza di ambie nti in pro-
gressiva scristianizzaz ion e, si sono tro-
vati ad aver persa la fede senza che ne
abbiano fatto un rifiuto cosciente. È que-
sto un all ontaname nto silenzioso.
1.2. Ve ne so no altr i che sono lontani ,
semp licemente perché sono nati in fa-
miglie e in co ntesti cultura li dove il sen-
so della vita, i suoi criteri, le apparte-
nenze sono del tutto estranei ai valori
religiosi.
1.3. Altri sono lontani perché, privi delle
condizioni fondamenta li per vivere, im-
poveriti ed emarginati, neppure sanno
che esistono valori cristiani e religiosi ;
o, se lo sanno , li sentono senza peso e
significato per la loro espe ri enza di vita
presa dall'assillo della sopravvivenza
quotidiana.
1.4. Al la categoria dei «lontani » appar-
tengono anche quei giova ni che esclu-
dono esp licitamente ogni riferimento re-
ligioso. Educazioni sbagliate possono
aver li fatti passare da una religiosità in-
tensa al suo rifiuto .
I motivi sono vari : o per testimonianze
negative ; o perché di questa religiosità
non si è curata pedagogicamente la qua-
lità, la gradualità e l'assimilazione perso-
nale ; o perché la si è sostituita con l'ade-
sione a sistemi di pensiero o a movimen-
ti politici che non riconoscono la capacità
umanizzante dell'esperienza religiosa; o
perché, più consumisticamente , essi si
sono messi sulla via dell 'accumulo del
benessere e la fede è diventata, per loro,
irril evante e di ostacolo.
1.5. Finalmente vi sono giovani che si
dicono lontani da Di o, perché lontani
dalle pratiche religiose e dalle istituzio-
ni ecc lesia li o dal magistero , non dal-
l'impegno etico. Essi offrono una buona
base e una sufficiente disponibilità al
dialogo.
2. 1La sfida della «povertà»
Osservando la condizione sociale di
povertà con gli occhi di Don Bosco eco-
statando come essa distrugga tanti gio-
vani , il cui orizzonte di vita si limita alla
ricerca dell 'immediato per sopravvivere
o un ideale svuotato di senso , ci sentia-
mo sfidati a fare più consistente e quali-
ficata la presenza tra i poveri .
L' incontro quotidiano con loro, arric-
chito dai segni della presenza di Cristo,
produce nelle comunità nuovi stimoli
per una fede vissuta con più verità, aiu-
ta a celebrare il Regno e la salvezza , a
cercare con realismo nuovi motivi di
conversione e di solidarietà, a fare della
fede una realtà sa lvifi ca della storia.
31La sfida dell'«irrilevanza
della fede nella vita
e nella cultura»
Nel mondo de l benessere il valore re-
ligioso è stato posto ai margini delle
compo nenti del la nuova società e degli
aspetti che si stimano essenziali al vive-
re socia le.
Per i giovani, specialmente per quelli
che vivono in questo clima , la domanda
su Dio non é rilevante , e il linguaggio
religioso (salvezza, peccato, fede , futu-
ro) è svuotato del suo sig ni ficato. Non
ha senso dunque parlare de ll a re lazione
fede-v ita o fede-cu ltura. La proposta re-
ligiosa non trova più spaz io culturale
per esprimersi in forma comprensibile .
E i giovani credenti? Anch 'essi tendo-
no a vivere la loro fede «in privato »,
senza agganciarla con la vita reale .
Queste situazioni di isolamento, di pri -
vatizzazione e di estraneità si vivono e
si incontrano sem in ate dovunque, spe-
cialmente dai mezzi della comu nicazio-
ne sociale.
Ben presto i giovani sembrano essere
posti di fronte a un'alternativa senza
sbocco:
- orientarsi nel sociale e aprirsi all a
vita adulta senza seguire e ispirarsi a
criteri rei igiosi;
- restare fedeli al proprio orizzonte
ideale, quello della fede , privilegiando il
privato.
E anche gli educatori si domandano:
- Come educare i giovani nella rico-
struzione di una nuova identità cristiana
all'interno dei processi di sviluppo dei
valori umani?
La comunità stessa, rischia di non po-
ter re nd ere credibi le la propria fede e di
non poterla trasmettere, se non trova il
luogo adatto, la durata sufficiente e il
linguaggio necessario per l'educazione
alla fede dei giovani.
Il lu ogo non può essere che quello
della vita e della storia: è la nuova real-
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sociale. La durata è quella delle di-
verse fasi o età della vita. il linguaggio è
quello capace di comunicare entro la
nuova cultura.
4. 1La sfida delle «altre regioni»
Dopo 2000 anni il cristianesimo è per-
cepito ancora, nei paesi non cristiani,
come religione lontana dalle proprie
sensibilità culturali e straniera, a volte
addirittura considerata pericolosa da al-
cuni gruppi religiosi di tendenza fonda-
mentalista.
Un dialogo sincero e pratico , un 'atten-
ta e profonda inculturazione della fede
cristiana e una coraggiosa evangelizza-
zione della cultura, una testimonianza
della comunità impegnata nella carità e
nel servizio con entusiasmo e capacità
di sacrificio sono la più valida risposta
alla sfida dell 'incontro con i giovani di
altre religioni .
- Come può la comunità realizzare un
dialogo sincero e aperto con talune reli-
gioni, sottolineando i loro valori positivi,
riconoscendo i loro limiti?
- E come vivere i valori del «Sistema
Preventivo», soprattutto l'amore e la
bontà, come la prima testimonianza cri-
stiana e la strada migliore per far pre-
sente il Vangelo?
5. I La sfida della «vita»
Le sfide descritte finora sono indivi-
duate nei fatti e provocano inquietudini
e opportunità reali. Ma c'è una sfida che
è sintesi e matrice di tutte le altre e tutte
le attraversa: la sfida della «vita ».
Molti giovani la sperimentano nelle
sue manifestazioni più dolorose: nella
fame che cerca il pane; nell'oppressio-
ne che cerca la libertà; nella solitudine
che cerca la comunione; nella profana-
zione che cerca la dignità; nello smarri-
mento che cerca una sicurezza; nell'as-
surdo che cerca un senso ; nella violen-
za che cerca la pace.
Ci sono giovani che sono felici nei
loro studi, nella loro famiglia, tra gli
amici , nel benessere , nel tempo libero e
finiscono col non avere bisogno della
fede e di un 'altra vita.
61Per educare alla fede
occorre formare una nuova
mentalità
Si tratta di abbattere u_na sorta di dif-
fusa indifferenza, di andare contro cor-
rente ; e di educare al valore della soli-
darietà contro la prassi della concorren-
za esasperata e del profitto individuale.
4/68
Per i giovani è molto forte la tentazio-
ne di rifugiarsi nel privato e in una ge-
stione consumistica della vita . Nei più
c'è la sfiducia che sia possibile fare
qualcosa di valido e di duraturo.
A questo si aggiunge la diffidenza che
nasce dalla grave frattura fra etica e po-
litica, che si traduce in ricorrenti notizie
di corruzione, puntualmente riferite e
amplificate dai mezzi di comunicazione
sociale.
- Come aiutarli a trasformare in pro-
getti concreti questo nobile sentimento,
senza che essi cadano nella tentazione
della violenza, dell'utopismo, o in forme
di religiosità intimista che le sette offro-
no in abbondanza e a buon mercato?
- Come, soprattutto, fare in modo che
essi stessi non soccombano alle tenta-
zioni consumistiche e allo sfruttamento
dei loro fratelli?
7 ILa risposta storica
di Don Bosco
Per rispondere a queste sfide ci viene
incontro l'esperienza esemplare di Don
Bosco.
Pur nelle mutate situazioni sociali e
politiche, la realtà che colpi il giovane
Giovanni Bosco nel suo primo impatto
con la Torino dell ' immigrazione e dello
sfruttamento giovanile era, per certi
aspetti , simile alla nostra.
Per affrontarla egli scelse la via del-
l'educazione integrale , rispondente ai
bisogni dei giovani di allora. La sua
scuola di santità si faceva progetto di
vita calata in impegni concreti : una spi-
ritualità non privata, ma impegnata nel-
l'azione.
La comunità che si ispira a Don Bosco
è consapevole che la lotta contro la po-
vertà , l 'ingiustizia e il sottosviluppo è
parte della sua missione. Si sente per-
tanto coinvolta profondamente in essa
secondo il proprio carisma e il proprio
stile: con intelligenza e realismo e, sem-
pre , con carità.
Convinta, poi , che un'efficace educa-
zione alla dimensione sociale della cari-
costituisce la verifica della sua capaci-
tà di comunicare la fede, la comunità
credente cerca innanzitutto di testimonia-
re la giustizia e la pace di fronte ai giova-
ni e di promuoverle ovunque. Vive perciò
in profonda sintonia con i grandi proble-
mi del mondo ed è attenta alle sofferen-
ze dell 'ambiente in cui è inserita.
In contesti di benessere economico,
saprà orientare i giovani a porsi critica-
mente di fronte alla società , aiutandoli
soprattutto a scoprire il mondo nasco-
sto , ma non per questo meno tragico ,
delle nuove povertà e delle loro cause.
- Quali sono le «sfide» maggiormente
presenti nella realtà giovanile del terri-
torio in cui i Cooperatori operano a li-
vello locale e ispettoriale.
8 ILasciarsi interpellare
dalle sfide
Di fronte alle sfide la comunità si sen-
te interpellata. Le coglie con umiltà e
con passione pastorale , e si lascia sfi-
dare . È convinta che non si tratta soltan-
to di semplici problemi giovanili, ma di
«segni dei tempi ». Per mezzo di essi il
Signore si manifesta e la interpella.
La comunità risponde verificando la
propria vita, le prospettive e i progetti
che l'hanno guidata finora nel suo impe-
gno pastorale ed è convinta di poter an-
dare incontro ai giovani. Si manifesta in-
fatti una felice coincidenza tra ciò che i
giovani chiedono e ciò che il nostro im-
pegno apostolico ci sospinge a dare.
Alla radice di questa speranza stanno
alcune convinzioni.
La missione giovanile , dove si speri -
menta la gioia del proprio servizio, con-
sente di camminare al passo con i tem-
pi . Collaborando all'opera di Dio, Egli ci
la sua grazia e la sua luce.
Con le loro sollecitazioni i giovani im-
pediscono di fermarci sul passato, ci
educano e ci spingono a trovare rispo-
ste nuove e coraggiose.
L 'aurora di una «nuova evangelizza-
zione» convoca ad un impegno per la
costruzione di una società più umana e
chiede, soprattutto, di rinnovare in con-
testi nuovi , quasi con un 'salto di qualità,
la nostra fede nella Buona Novella por-
tata all 'uomo dal Signore Gesù.
Dio opera nella storia; lo Spirito del
Signore risorto è presente dovunque c'è
del bene e chiama la comunità a confes-
sare Cristo e a risvegliare la sua propria
fede.
Non ci sono risposte puntuali e di si-
cura efficacia per l'insieme delle sfide o
per alcune di esse in particolare. Esse
non sono difficoltà passeggere , ma ind i-
cazioni di un «cambio di epoca » da va-
gliare alla luce della fede.
A questa convinzione ci porta anche
l'esperienza spirituale vissuta al seguito
di Don Bosco .
Lo Spirito, presente nel suo cuore, at-
tirava i giovani oltre la sua persona,
verso Dio. Nella complessità delle situa-
zioni e nella precarietà delle risorse,
Don Bosco «viveva come se vedesse
/ 'Invisibile» seminava con fiducia stimoli
di fede, gesti di bontà e formava perso-
ne che ne fossero portatori.
È l'esperienza da comunicare oggi ai
giovani : la vita, per questa presenza mi-
steriosa dello Spirito, anche nella po-
vertà , porta in sé la forza del riscatto e il
seme della felicità.
Questo é in sostanza «educare alla fe-
de».

1.5 Page 5

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L'impegno apostolico del Cooperatore Salesiano
nel Regolamento di Vita Apostolica
il RVA «conferma, quale carattere distintivo dell'Associazione, la carità operativa a favore dei giovani » (Presen-
tazione del Rettor Maggiore , pag . 6)
• promuovere l'Associazione, incrementare il numero dei soci , intensificare la formazione «affinché si diffonda nei
popoli a favore dei giovani la forza viva di un amore cristiano veramente inserito nella storia» . (Presentazione
del Rettor Maggiore, pag . 7)
• tutti i membri dell 'Associazione crescano nella loro unione con Dio e nerla partecipazione generosa alla missio-
ne della Chiesa, «secondo lo spirito salesiano di predilezione alla gioventù» (Decreto di approvazione, pag . 10)
«I Cooperatori salesiani intendono vivere il Vangelo alla scuola di San Giovanni Bosco . Sono nati dall'invito che,
fin dalle prime origini , egli fece a laici, uomini e donne, e a membri del clero diocesano, di "cooperare" alla sua
missione di salvezza dei giovani, soprattutto di quelli poveri e abbandonati » (Proemio § 1.)
«Per contribu ire al la salvezza della gioventù, "porzione la più delicata e la più preziosa dell'umana società " lo
Spirito Santo suscitò, con l' intervento materno di Maria, san Giovanni Bosco» (RVA 1, § 1.)
«Lo stesso Spirito, al fine di continuare ed estendere questa missione, lo guidò nel dar vita a varie forze aposto-
liche, tra cui i Cooperatori salesiani» (RVA 1 § 2.)
• Il Cooperatore «si impegna nella stessa missione giovanile» (RVA 3)
«Nelle scelte pastorali privilegia i giovani» (RVA 4 § 3.)
• porta «ovunque un 'attenzione privilegiata alla gioventù bisognosa » (RVA 7)
«si rende presente in movimeti apostolici e in organismi che si prefiggono specialmente il servizio alla gio-
ventù » (RVA 11 § 2.)
«" Ai Cooperatori salesiani - affermava Don Bosco - si propone la stessa messe della Congregazione di San
Francesco di Sales , cu i intendono associarsi" . Per questo , nello svolgimento del loro impegno apostolico, i Coo-
peratori prestano un 'attenzione privilegiata ai giovani» (RVA 13 § 1.)
«Il Cooperatore porta ovunque la preoccupazione di educare ed evangelizzare, che Don Bosco riassumeva così :
formare " onesti cittadini, buoni cristiani" ». (RVA 14 § 1.)
«Condivide con i giovani il gusto dei valori autentici come la verità , la libertà , la giustizia, il senso del bene
comune e del servizio » (RVA 14 § 2.)
«Li educa all'incontro - nella fede e nei Sacramenti - con il Cristo risorto, perché trovino in Lui il significato
della vita e crescano come uomini nuovi» (RVA 14 § 3.)
«Ai Cooperatori sono aperte tutte le forme di apostolato. Tra queste, seguendo Don Bosco, si preferiscono:
- l'animazione di gruppi e movimenti giovanili » (RVA 16)
«Il Cooperatore partecipa all'esperienza spirituale di Don Bosco, vissuta con particolare intensità tra i giovani
del primo Oratorio di Valdocco » (RVA 27 § 1.)
«Il centro e la sintesi dello spirito salesiano è quella "carità pastorale " che Don Bosco ha vissuto pienamente
facendo presente tra i giovani l'amore misericordioso di Dio Padre » (RVA 28 §1 .)
«Questa carità .. .lo unisce a Dio...e ai giovani, da salvare con amore di predilezione» (RVA 28 § 2.)
«Formula della Promessa:
...Ti ringrazio ...per avermi. ..fatto conoscere ... la Famiglia apostolica di Don Bosco, che vive per Te al servizio
dei giovani.
·
Prometto di impegnarmi ...a lavorare nel tuo Regno , specialmente per la promozione e la salvezza dei giovani»
(RVA 40)
• La via che porta alla santità salesiana:
... «tacendo del bene alla gioventù» ... (RVA 50)
5/69

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Il cammino di educazione alla fede
1.1ll cr~do dell'educatore
salesiano
Farsi «prossimi» ai giovani
come Don Bosco
E ducare i giovani alla fede è, secondo
Don Bosco , «lavoro e preghiera». L'edu-
catore è consapevole che impegnandosi
per la salvezza della gioventù fa espe-
rienza della paternità di Dio.
Don Bosco ci ha insegnato a ricono-
scere la presenza operante di Dio nel-
l'impegno educativo, a sperimentarla
come vita e amore.
Per questo iI «credo dell'educatore
salesiano» suona come segue.
- Noi crediamo che Dio ama i giovani:
questa è la fede che sta all 'origine della
nostra vocazione, e che motiva la nostra
vita e tutte le nostre attività pastora Ii.
- Noi crediamo che Gesù vuole condi-
videre la «sua vita" con i giovani: essi
sono la speranza di un futuro nuovo e
portano in sè, nascosti nelle loro attese ,
i semi del Regno.
- Noi crediamo che lo Spirito si fa
presente nei giovani e che per mezzo
loro vuole edificare una più autentica
comunità umana e cristiana: Egli è già
all'opera, nei singoli e nei gruppi, e af-
fida loro un compito profetico da svol-
gere nel mondo che è anche il mondo
di tutti noi.
- Noi crediamo che Dio ci sta atten-
dendo nei giovani per offrirci la grazia
dell'incontro con Lui e per disporci a
servirlo in loro , riconoscendone la di-
gnità ed educandoli alla pienezza della
vita.
Il momento educativo diviene, così, il
luogo privilegiato del nostro incontro
con Lui.
In forza di questa grazia nessun gio-
vane può essere escluso dalla nostra
speranza e dalla nostra azione, soprat-
tutto se soffre l'esperienza della pover-
tà, della sconfitta e del peccato. Noi sia-
mo certi che in ciascuno di essi Dio ha
posto il germe della sua «vita nuova ».
Questo ci spinge a renderli coscienti
di tale dono e a faticare con loro , perché
sviluppino la vita in pienezza. Quando la
dedizione sembra non raggiungere il
suo scopo, noi continuiamo a credere
che Dio precede la nostra sofferenza
come il Dio della speranza e della sal-
vezza.
6/70
L'impegno di educazione dei giovani
alla fede si imbatte sovente in un osta-
colo: molti giovani non sono raggiunti
né dal nostro messaggio né dalla nostra
testimonianza. Rimane tra noi educatori
e la maggior parte di loro una distanza
che spesso è fisica, ma che è soprattutto
psicologica e culturale.
Eliminare le distanze tra noi e loro, far-
si prossimi, accostarsi a loro è dunque il
primo passo. E anche in questo Don Bo-
sco ci fu maestro. «Sento, o miei cari -
egli scriveva da Roma nel 1884-, il peso
della mia lontananza da voi e il non ve-
dervi e il non sentirvi mi cagiona pena
quale voi non potete immaginare».
Egli si metteva alla ricerca dei giova-
ni: usciva per le strade , sulle piazze; en-
trava nei cantieri e nei posti di lavoro. Li
incontrava a uno a uno e li invitava nel
suo Oratorio.
Questo amore e i gesti che lo accom-
pagnavano non appartenevano soltanto
a un metodo pedagogico , ma erano l'o-
riginale espressione della sua fede nel
Signore e della sua volontà di annuncia-
re Cristo ai giovani .
Andare e incontrare i giovani dove si
trovano, accogl ieri i disinteressatamente
e con premura tra noi , metterci in atten-
to ascolto delle loro domande e aspira-
zioni sono scelte fondamentali che pre-
cedono qualsiasi altro passo di educa-
zione alla fede.
Il cammino di educazione alla fede
inizia col valorizzare il patrimonio che
ogni giovane ha in sè, e che un vero
educatore con intelligenza e pazienza
saprà scoprire. Egli utilizzerà opportu-
namente la ragione e la sua sensibilità
pastorale per scoprire il desiderio di Dio
a volte sepolto, ma non del tutto scom-
parso dal cuore del giovane. Metterà in
gioco la sua carica di comprensione e di
affetto , studiando di «farsi amare».
L'accoglienza genera, poi, una circo-
lazione di reciproca amicizia , stima e
responsabilità, al punto da suscitare nel
giovane la consapevolezza che la sua
persona ha un valore e un significato
che oltrepassa quanto egli stesso aveva
immaginato. E questo mette in azione
ogni sua migliore energia.
L 'accoglienza tocca più profondamen-
te quando a coinvolgere il giovane non
sarà solo una persona, ma tutto un am-
biente carico di vita e ricco di proposte.
Paradigma di ogni ambiente è l'Oratorio
di Valdocco: «casa che accoglie, parroc-
chia che evangelizza, scuola che avvia
alla vita e cortile per incontrarsi da ami-
ci e vivere in allegria».
L'ambiente «oratoriano» non è prima-
riamente una specifica struttura educati-
va , ma un clima che caratterizza ogni
opera educativa. I rapporti improntati
alla confidenza e allo spirito di famiglia ,
la gioia e la festa che s'accompagnano
alla laboriosità e al compimento del pro-
prio dovere, le espressioni libere e mol-
teplici del protagonismo giovanile, la
presenza amicale di educatori che san-
no fare proposte per r ispondere agli in-
teressi dei giovani e suggeriscono nel
contempo scelte di valori e di fede , ne
costituiscono le caratteristiche principa-
li . A questo clima ritorna con nostalgia
Don Bosco nella lettera dell'84 da Ro-
ma , quando chiede che si rinnovino «i
giorni dell 'affetto e della confidenza cri-
stiana» fra giovani ed educatori , «i gior-
ni dei cuori aperti con tutta semplicità...,
della carità e della vera allegrezza ... ».
Don Bosco fu inventivo nel creare am-
bienti in cui fondeva educazione e fede
e dove i suoi giovani diventavano «mis-
sionari dei giovani».
Per questo fu sempre esigente circa
la qualità educativa dei suoi ambienti ,
tanto da non esitare a prendere decisio-
ni anche dolorose nei confronti di quei
giovani e di quei collaboratori che in
qualche modo rifiutassero apertamente
o compromettessero il clima educativo .
Così, nello stretto rapporto fra l'incon-
tro personale con ogni giovane da parte
dell 'educatore e la ricca sollecitazione
dell'ambiente, maturarono nella storia
salesiana esperienze esemplari di san-
tità giovanile.
Un incontro significativo o l'accoglien-
za cordiale in un ambi ente divengono
momenti di inizio di un cammino «ver-
so » la fede o di un ulteriore itinerario
«di » fede. Si mette allora alla prova il
cuore oratoriano dell'educatore, la sua
personale esperienza di fede in Gesù
Cristo e la sua capacità pedagogica.
Si tratta di un cammino «educativo»,
che prende i giovani nella situazione in

1.7 Page 7

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cui si trovano e si impegna a sostenerli
e orientarli a compiere i passi verso la
pienezza di umanità a loro possibile.
È dunque percorribile anche in quelle
situazioni in cui l'annuncio esplicito di
Cristo risulta difficile, impraticabile, o
dove sono ancora da creare le condizio-
ni minime perché sia ascoltato . In simile
stato di precarietà il riferimento al Van-
gelo fa da ispiratore, indicando valori
umani autentici , e dando fiducia alla sof-
ferta e silenziosa testimonianza degli
educatori.
31Cammino adeguato,
progressivo, graduale,
personale e comunitario
Il cammino di educazione alla fede
pone al centro dell 'attenzione alcuni
aspetti .
3.1. Il cammino si adegua a coloro che
devono incominciare: la scelta educati -
va di privilegiare i più poveri é la condi-
zione previa per dialogare con tutti , an-
che con quelli che sono meno informati
sull' «evento » cristiano .
Il linguaggio facile e immediato , un
ambiente accogliente e lo stile di rap-
porto familiare rendono accessibile il
mistero salvifico e si trasformano in
buona notizia e invito per quanti sono
lontani.
Il collocarsi dalla parte degli ultimi e
dei più poveri determinerà non solo l' i-
nizio del cammino , ma ogni ulteriore
tappa, fino a quelle conclusive .
A colui che ha già percorso un tratto
di strada non si può certamente chiede-
re di partire da capo , ma lo si può invita-
re a ritornare sempre alle realtà , alle
parole e ai segni più semplici e fonda-
mentali , per sostenere con la propria te-
stimonianza e azione il passo di quanti
stanno iniziando.
3.2. Il cammino procede sempre verso
ulteriori traguardi: si apre fino a quegli
orizzonti di donazione e di santità che lo
Spirito sa svelare ai giovani. L'esempla-
re avventura di Domenico Savio e di
Laura Vicufia é paradigma della espe-
rienza educativa di Don Bosco , e ci fa ri-
conoscere i frutti straordinari che la vita
di fede produce nei giovani.
La missione educativo-pastorale risul-
terà quindi carente tutte le volte che non
saremo capaci di scorgere nei nostri
ambienti questo dono posto da Dio, o
non ci troveremo preparati a sostenere
una risposta generosa.
3.3. Il cammino prende atto che ogni
giovane ha un suo passo, diverso dal
passo degli altri ; che gli esiti delle tappe
non sono uguali per tutti e che , quindi , il
percorso va adeguato ad ogni singolo
caso . Se la fede è dialogo d'amore di
Dio e con Dio ; se è un'alleanza da Dio
proposta nella concretezza della vita,
allora non esistono «clichés » che si pos-
sano ripetere . Gli educatori , costituiti
dalla iniziativa dello Spirito amici di Dio
e dei giovani , si impegnano a prevenire,
favorire, seguire le loro parole e i loro
gesti .
Anche i fallimenti educativi possono
essere esperienza di ogni cammino.
Non li consideriamo fatti accidentali o
dimensioni estranee al processo educa-
tivo . Ne sono parte integrante e vanno
assunti con atteggiamento di compren-
sione. Sono , in alcuni casi , conseguenza
delle gravi condizioni in cui si trovano a
vivere certi giovani.
Da tutto questo risulta evidente che il
cammino deve essere pensato come
unico, perché unica è la meta cui è
orientato , uniche le indicazioni legate
alla natura della fede , e sono costanti
alcune caratteristiche dell 'esperienza
giovanile .
Ma non è difficile comprendere che il
cammino deve progressivamente deter-
minarsi in itinerari particolari, commisu-
rati sui giovani che lo percorrono.
Gli itinerari si presentano appunto
come determinazioni più dettagliate di
esperienze, contenuti e traguardi , a se-
conda dei giovani e delle situazioni par-
ticolari.
3.4. Vi è un aspetto del cammino da non
trascurare: è la comunità educativa,
composta di giovani e adulti insieme.
Essa è il soggetto che percorre il cam-
mino «verso » la fede e «di » fede. Non si
possono fare distinzioni del tipo: i giova-
ni sono i «destinatari» della proposta,
mentre gli adulti sono da ritenere soln
elaboratori tecnici e autorevoli della
medesima. Una simile prospettiva ripor-
terebbe tutto il discorso nell 'ambito dei
servizi professionali , staccati dalla vita.
Il cammino è unico e coinvolgente ,
sempre . Anche se esso interpella ogni
singola persona in ordine alle sue spe-
cifiche responsabilità di fronte a Dio, la
proposta però è sostenuta da tutti coloro
che riconoscono in Gesù il fondamento
e il senso della vita .
Nella comunità educativo-pastorale
tutte le persone , siano esse impegnate
in compiti di educazione e sviluppo
umano o più esplicitamente sul versante
del discorso di fede , sono «educatori dei
giovani alla fede".
La loro gioia più grande è comunicare
ad essi le incommensurabili ricchezze
di Cristo . Tutte le risorse e le attività de-
vono concorrere per servire la stessa
persona, aiutandola a crescere verso la
vita e verso l' incontro con il Signore ri-
sorto.
- Mi sento in sintonia con il credo del-
l'educatore salesiano?
- So farmi prossimo ai giovani come
Don Bosco?
- Programmare concretamente per il
proprio Centro un cammino di educazio-
ne alla fede dei giovani, adeguato - pro-
gressivo - graduale - personale - comu-
nitario.
giovani non possono restare il riferimento teorico;
devono diventare un criterio indispensabile della vit.a e
dell'organizzazione dell'Associazione dei Cooperatori
Salesiani.
(Don Antonio Martinelli, Consigliere Generale per la Famiglia Salesiana)
7/ 71

1.8 Page 8

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Accompagnare i giovaninel cammino
verso la maturità umana, l'incontro con
Cristo, l'appartenenza ecclesiale
1. 1La maturità umana
I giovani ai quali ci rivolgiamo per primi
sono «poveri ». La loro povertà si presen-
ta sotto molte forme: povertà di condizio-
ni .di vita , di senso, di prospettive , di pos-
sibilità, di consapevolezza, di risorse . È
la vita stessa che si trova depauperata
dalle sue risorse principali . Non affiora
alcuna esperienza religiosa finché non si
scopre la vita nel suo vero senso. E, vi-
ceversa, ogni esperienza di vera vita
sprigiona una tensione religiosa.
A partire dall'ammirevole armonia di
grazia e di natura così significativamen-
te manifestata nella persona di Don Bo-
sco educatore , è facile comprendere
che la fede richiama la vita, e la vita, ri-
conosciuta nel suo valore, sente - in
certa maniera - il bisogno della fede.
I. I. Attenzione alle esigenze
della crescita
Il cammino di fede incomincia con il
«renditi umile, forte e robusto » sotto la
guida materna di Maria e col sostegno
degli educatori.
Una prima indicazione per sostenere
lo sviluppo della maturità umana è l'at-
tenzione alle esigenze caratteristiche di
ciascuna fase della crescita:
- l' infanzia che scopre il mondo circo-
stante con meraviglia;
- la fanciullezza che si apre a quanto
esiste attorno e al rapporto positivo con
le altre persone;
- l'adolescenza con il desiderio di co-
noscere se stessi, di accettarsi , di
esplorare e sperimentare la propria
identità;
- la giovinezza con le esigenze della
ricerca di orientamento, lo sforzo di rag-
giungere una sintesi soddisfacente e il
desiderio di partecipare e offrire contri-
buti alla vita sociale.
1.2. I giovani in situazione di bisogno
Per questo non possiamo trascurare ,
ma dobbiamo prendere in considerazio-
ne la particolare situazione di bisogno
in cui molti giovani si trovano.
L'educazione vuole aiutare a supera-
re quelle carenze radicali , economiche
o affettive, che di fatto condizionano la
successiva apertura ai valori.
In questo impegno la fede viene già
proclamata nella testimonianza della cari-
8/72
tà. Contemporaneamente la persona si
scioglie da pesanti condizionamenti e si
rende libera. Su questa linea si muove
ogni iniziativa che intenda offrire ai giova-
ni condizioni degne di vita, luogh i di di-
stensione, o li prepari a inserirsi nel mon-
do del lavoro e ad acquistare una cultura
sufficiente. Sono così create le condizioni
favorevoli perché i giovani si aprano a ri-
cercare e ad accogliere la verità e il gusto
di quegli autentici valori che li conducono
alla piena maturità umana e li rendono
protagonisti della loro vita.
1.3. Alcune mete per maturare
in umanità
1.3.1. Il giovane deve imparare ad acco-
gliere la vita.
Ciò significa anzitutto che deve accet-
tare se stesso. Per alcuni giovani questo
avviene in maniera spontanea. Il trovar-
si in un mondo di persone che li amano,
che dialogano con loro e lavorano nel
costruire la storia, piccola o grande, è
per essi di grande aiuto.
Per altri, invece, è questa la prima e
grande scommessa. Pensano - e lo
soffrono internamente - che la loro vita
non meriti di essere vissuta. Esperienze
negative o carenze fondamentali li por-
tano a lasciarla correre o a cederla a
basso prezzo.
L'educatore della fede deve allora ac-
compagnarli con intelligenza e con cuo-
re, affinché riconoscano il valore inesti-
mabile della vita. Essi ne scoprono così
il duplice carattere di dono e di compito.
E un passo indispensabile perché diven-
gano «soggetto» della propria storia, e
responsab ili della propria crescita . Se
vengono offerte loro esperienze positi-
ve , se si aiutano a decifrare i condizio-
namenti culturali e strutturali, personali
e collettivi dentro i quali si è svolta fino-
ra la loro storia, percepiscono che il
cambiamento è possibile, che c'è futuro,
che vale la pena sperare.
Quando queste prime «chiusure» alla
vita vengono superate, è possibile far
emergere altri interrogativi, suscitare
altri atteggiamenti, mettere in attività al -
tre energie.
L 'idea positiva di sé porta verso una
progressiva apertura alle relazioni in-
terpersonali e dà la capacità di comuni-
carsi agli altri, riconoscendo il loro valo-
re, accogliendo la loro diversità e accet-
tando i loro limiti. Predispone anche a
mettersi in rapporto positivo con l'am-
biente, con la realtà e il mondo.
La pedagogia di Don Bosco affida lo
sviluppo di questa dimensione alle atti-
vità che i giovani svolgono insieme in
un clima di allegria e collaborazione .
essi incontrano adulti, capaci di amare
le cause più nobili e di trasmetterne
l'entusiasmo.
1.3.2. L 'accoglienza della vita e la bra-
ma di gustarla fino in fondo svelano e
fanno· toccare con mano la profondità
delle aspirazioni umane e i loro limiti.
Sta qui un altro passo da compiere e
un grappolo dì esperienze da proporre,
in linea con l'incontro tra vita e fede .
L'adulto è ormai capace di esprimere
con proprietà questa relazione, mentre
l'adolescente e il giovane la vivono an-
cora confusamente e la soffrono nella
propria carne.
E compito dell'educatore mettersi al
loro fianco e aiutarli a rendersene con-
to, vivendo esperienze arricchenti , che
chiamiamo di «pienezza» : realizzazioni
di ideali sognati inte nsamente come do-
nazione, protagonismo, rinuncia al pro-
prio comodo per servire i più bisognosi ,
contemplazione della natura o della ve-
rità, momenti di realizzazione.
Anche le esperienze «del limite e del-
la miseria» sono capaci di far crescere
e maturare interiormente: così le perso-
nali insoddisfazioni, la coscienza della
propria povertà, le situazioni umane di
dolore e di miseria.
Ma come può un giovane comprendere
questo? Ponendosi in ascolto della sua
propria voce interiore, e imparando a leg-
gere i fenomeni della convivenza umana.
Seguito dall 'educatore, egli si apre alla
dimensione etica e matura in due direzio-
ni : coglie l'incidenza dei suoi atteggia-
menti e delle sue azioni sulla propria vita,
e comprende la sua responsabilità verso
gli altri con i quali condivide di fatto i ben i
principali. Separare questi due aspetti o
subord inarli l'uno all 'altro è far nascere e
dar forza alla radice dell 'individualismo.
Sono due versanti su cui corre la matura-
zione della persona.
l.3.3. Prende cosi corpo la domanda sul
senso della vita e la ricerca del suo si-
gnificato ultimo.
Non si tratta di un problema «intellet-
tuale ». Al di là del come riescono a espri-
merlo, molti giovani fanno ricerca di sen-
so, specialmente quando sperimentano
nella propria vita una profonda insoddi-
sfazione, a volte radicale, e pensano al fu-

1.9 Page 9

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turo. L'insoddisfazione può avere origini e
motivazioni diverse: la frustrazione di
fronte all'impossibilità di raggiungere un
modello di felicità che hanno desiderato,
o l'esperienza del vuoto, dopo aver vissu-
to proposte che promettevano l'appaga-
mento dei propri bisogni.
In questo processo di maturazione, gli
educatori hanno un ruolo insostituibile.
Sono chiamati a offrire il loro aiuto nella
riflessione, rendendo accessibile ai gio-
vani la ricchezza della propria esperien-
za di adulti .
Ci sono alcuni ambienti che offrono
per loro natura una riflessione sistema-
tica su i problemi dell ' uomo. La vera
prassi educativa sa mettere a disposi-
zione anche modalità meno formali
come valutazioni rapide, ma non super-
ficiali , su eventi e situazioni, o conver-
sazioni spontanee in contesto di disten-
sione e di gioco , o confronti personali
opportunamente predisposti.
l.3.4 Nel giovane la domanda e la ricer-
ca di senso diviene «invocazione».
È desiderio cioè di una risposta, di un
orizzonte o di una prospettiva che faciliti
la soluzione dell ' interrogativo , posto
dalla vita, sulla sua origine e il suo ter-
mine, sul compito proprio della persona
perché essa giunga a pienezza.
Ogni processo di educazione dovreb-
be avere in questa risposta il suo tra-
guardo. Si compie un'esperienza umana
matura, che è anche un 'esperienza «re-
ligiosa» perché la persona arriva a im-
mergersi nel progetto di Dio .
2 I L'incontro autentico
con Gesù Cristo
Il nostro servizio di educatori alla
fede non può certo arrestarsi al livello
della crescita umana, anche se cristia-
namente ispirata.
L'educazione alla fede chiede di pro-
seguire verso il confronto e l'accettazio-
ne di un evento rivelato: la vita dell 'uo-
mo raggiunge la sua pienezza solo in
Gesù Cristo.
«Sono venuto perché abbiano la vita e
l'abbiano in abbondanza». Sta qui la de-
finitiva risposta al grido che sale dall 'e-
sistenza in forma di «invocazione».
2.1. L'incontro personale con Gesù
nella fede
Ma l'incontro con Gesù non è un in-
contro «qualunque ». L 'educazione alla
fede cerca di prepararlo, di offrirlo, di
approfondirlo perché sia un incontro
personale nella fede.
È infatti assai frequente riscontrare tra i
giovani una vaga simpatia verso la perso-
na di Gesù . Molti sono i messaggi e le im-
magini di Lui immesse sul mercato dai
mass-media, e molti sono i giovani che
conservano tracce di un 'esperienza reli-
giosa infantile e hanno impressioni ester-
ne e generiche sulla vita della comunità
cristiana. L'incontro con Cristo resta spes-
so superficiale e fugace. D'altra parte,
un'esposizione sistematica della fede può
risultare per questi giovani soltanto una
bella storia, o l'ideologia articolata di un
gruppo religioso , non «annuncio e pro-
messa» di salvezza.
- Attraverso quale cammino mettere il
giovane in contatto profondo con Cristo?
- Quali aspetti del suo mistero è me-
glio sottolineare?
2.2. È un incontro che avviene
nella testimonianza di vita
Questo incontro è fortemente centrato
sulla testimonianza dei cristiani . A solleci-
tare e a sostenere l'incontro di fede con
Gesù Cristo si esige la vita vissuta di una
comunità credente e la sua interpretazio-
ne mediante la parola della fede.
Nelle strutture in cu i operiamo si veri-
ficano a volte degli insuccessi, perché ci
affatichiamo a trasmettere in maniera
impersonale formule di fede che , sgan-
ciate dalla loro efficacia per la vita , ri -
sultano del tutto incomprensibili .
La fede è ricercata e desiderata,
quando i giovani si incontrano con
un 'autentica esperienza evangelica .
2.3. Alcuni traguardi per far incontrare
il Signore Gesù
Ecco alcuni traguard i a cui tendere
progress ivamente, perché l'incontro con
Gesù Cristo superi la sola curiosità e si
trasformi in un incontro nella fede .
2.3. l. Percepire i segni di Cristo Salva-
tore.
Sono la sua presenza nella comunità
credente e la sua incidenza nella storia
umana.
Questi segni si trovano:
- nelle persone che appartengono alla
comunità;
- negli atteggiamenti ch e la memoria
di Cristo suscita in loro ;
- nel culto cristiano celebrato degna-
mente.
È un traguardo, questo, alla portata di
tutti , anche di quelli che sono meno vici-
ni all'evento cristiano.
I segni hanno un linguaggio e trasmet-
tono messaggi. La pedagog ia li sceglie, li
prepara e li presenta perché parlino con
forza alla sensibilità dei giovani.
Ma ci sono segni e messaggi che
sfuggono alle nostre intenzioni. Vengo-
no prodotti dallo stile dell'istituzione
educativa o pastorale, dai rapporti delle
persone fra loro, dal buon gusto e dal
senso religioso che appare nei segni
stessi della fede: oggetti , luoghi, gesti .
La percezione dei segni può predi-
sporre a capire la testimonianza dei di-
scepoli di Cristo. I gesti umani e di fede
delle persone che stanno vicine ai gio-
vani costituiscono il primo richiamo alla
fede . Non ci si riferisce solo ai gesti reli-
giosi , ma anche alla disponibilità per un
dialogo con i giovani e alla capacità di
impegnarsi nella salvezza dei poveri.
La testimonianza ri vela ai giovani il
valore universale della fede , quando
essi vengono a conoscenza di modelli
eminenti di carità o di impegno che trag-
gono la loro motivazione e la loro forza
dall'amore di Cristo .
2.3.2. La testimonianza viene esplicitata
dall'annuncio di Gesù della sua vicenda
umano-divina e degli insegnamenti da
Lui proclamati.
È un annuncio che da parte degli edu-
catori è una chiara confessione di fede.
Le circostanze consiglieranno la via
da preferire: la conversazione persona-
le , la catechesi, un sereno dialogo inter-
religioso. Si deve garantire , comunque ,
il carattere di «buona notizia». Gesù va
presentato come verità che illumina la
ricerca del giovane; come vita che sti-
mola le energie di bene; come via che
conduce al proprio compimento.
In questa stessa prospettiva la Parola
di Dio deve apparire a ognuno come
apertura ai propri problemi , risposta
alle proprie domande , allargamento ai
propri valori , e insieme soddisfazione
alle proprie aspirazioni.
2.3.3. L 'annuncio porta a scoprire la
presenza di Cristo nella propria vita
come chiave di felicità e di senso.
Si avvia allora il processo di conver-
sione ch e, trasformando l'esistenza ,
conduce all'età adulta quella forma di
Cristo ch e il Battesimo ha impresso in
no i. L'annunc io e la scoperta implica-
no, poi, l 'adesione alla Persona di Cri-
sto. Dal Cristo annunciato il cammino di
fede procede verso il Cristo amato , con-
templato e, finalmente , seguito con l'at-
teggiamento del discepolo.
Non tutto è graduale . Il Maestro pro-
pone percorsi nuovi, ch iede precise rot-
ture, indica esodi e rilancia nella dire-
zione delle forti esigenze evangeliche.
A questo punto del cammino è possi-
bile che avvenga il primo grande cedi-
mento da parte di quanti lo hanno in izia-
to , non solo per le difficoltà che la fede
pone , ma anche per le sviste degli edu-
catori , più preoccupati delle cose che di
accompagnare fraternamente il dialogo
tra il giovane e Dio.
2.3.4. La perseveranza nella conversio-
ne e nel seguire Cristo porta, di conse-
guenza, a rielaborare la propria visione
della vita, a viverla in modo nuovo.
Significa rompere con l'alienante at-
teggiamento di peccato e con i modelli
di vita che ne derivano. Si esige una ri-
comprensione delle rea ltà e una condi-
visione di quella che fu la passione di
Gesù : il Regno di Dio.
Per coloro che continuano, alla cate-
chesi deve seguire il confronto della fede
con i grandi problemi culturali. Sono i pro-
blemi intensamente sentiti , fondamentali
per una vera maturazione della mental ità
di fede. Questa richiede una precisa coe-
renza di pensiero e di vita. Tralasciare
tale aspetto significa preparare la tante
volte deprecata rottura tra fede e cultura
personale, tra pratica religiosa individua-
le ed etica sociale. Ci si impegni dunque
9/7 3

1.10 Page 10

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nell'accompagnare coloro che prendono
in seria considerazione il confronto della
propria vita con la fede .
2.3.5. La pratica della fede implica il ra-
dicamento di atteggiamenti e di compor-
tamenti sostenuti dalle corrispondenti
convinzioni.
L'educazione alla fede abilita il cre-
dente a rendere ragione della propria
speranza.
La fede che riconosce la presenza e
l'amore del Padre fiorisce nel l'atteggia-
mento filiale verso di Lui , la «pietà». La
preghiera è il linguaggio datoci dallo
Spirito per rivolgerci al Padre e va svi-
luppata secondo le diverse forme che la
tradizione cristiana ha maturato.
La cura della «pietà» ebbe nei tempi
passati forme pedagogiche adeguate
alla condizione dei giovani di allora. Per
noi è oggi urgente ripensare momenti e
forme convenienti di iniziazione a parti-
re dalla famiglia stessa.
3 IIntensa appartenenza
ecclesiale
L'incontro con Gesù Cristo nella fede
ha nella Chiesa il suo luogo privilegiato.
Mosso dalla testimonianza viva della
comunità cristiana o di qualche creden-
te , il giovane matura attraverso una con-
divisione piena nel «popolo di Dio».
Senza la fede della Chiesa la nostra
fede e quella dei giovani sarebbe molto
povera. Mancherebbe il riferimento indi-
spensabile per vivere da credenti . Se non
si partecipa alla vita della Chiesa, si è
lontani dal luogo in cui si sperimenta, in
modo privilegiato, il dono della salvezza.
L'obiettivo finale di questo percorso si
propone di aiutare i giovani a vivere l'e-
sperienza della Chiesa, maturando così
il senso di appartenenza alla comunità
cristiana.
3.1. Nella Chiesa in progressiva crescita
di appartenenza
L'appartenenza dei giovani alla Chie-
sa non giunge immediatamente a matu-
rità. Se non viene intesa bene dagli edu-
catori e non viene curata saggiamente,
rimane allo stato di simpatia generica,
di adesione esterna, di prudente distan-
za e autonomia.
I giovani si muovono oggi con reali-
smo tra appartenenze molteplici e limi-
tate. L'appartenenza ecclesiale può ma-
turare come adesione del cuore e della
mente, soltanto se la Chiesa viene per-
cepita come comunione con Dio e con
gli uomini nella fede e nella carità,
come segno e strumento del Regno.
Le istituzioni infatti , civili o religiose
che siano , raccolgono solamente un
consenso parziale ed esterno. Si è capi-
to che la persona è superiore ad esse
come valore e come finalità . Soltanto se
si percepisce la Chiesa centrata sulle
persone - la persona di Gesù Cristo ,
quelle dei credenti e quelle degli uomin i
da salvare - più che sull'organizzazio-
ne o sulla legislazione , essa potrà pro-
vocare una decisione di fede .
3.2. Percorsi che fanno crescere
il senso di appartenenza
3.2.l. Prendere atto del bisogno che i
giovani hanno di amicizia e di rapporti
interpersonali profondi, di partecipazio-
ne e solidarietà.
È far emergere il loro senso della fe-
sta , il gusto dello stare assieme.
Gli educatori accolgono questi valor i,
li approfondiscono, li condividono , par-
tecipando ai momenti in cui i giovani li
esprimono e curando di portarli a un'ul-
teriore profondità.
In pieno accordo con il Sistema Pre-
ventivo, tutto questo si carica già di si-
gnificato ecclesiale, se si realizza in un
ambiente di ampia accoglienza in cui
sia possibile entrare in contatto con i
credenti , con i segni ecclesiali e con le
comunità cristiane.
3.2.2. L 'esperienza del gruppo giovani-
le, dove il giovane si sente personal-
mente accolto e valorizzato.
Egli stesso sperimenta la gioia del
condividere, si apre alla comunicazione
e alla responsabilità in un clima di reci-
proca fiducia. Impara così anche la com-
prensione e il perdono .
3.2.3. Il gruppo diviene luogo di scoper-
ta della Chiesa.
Quando i gruppi sono inseriti in ampie
comunità educative o cristiane, impe-
gnate in un progetto comune, costitui-
scono già un'esperienza concreta di
Chiesa. Matura allora una maggiore
consapevolezza. Si arriva alla scoperta
della Chiesa come comunione più pro-
fonda e come servizio universale.
Questo avviene, però, quando nella
comunità sono vivi i segni della realtà
ecclesiale: lo sforzo di comunione tra le
persone , la presenza complementare di
vocazioni diverse , il giudizio evangelico
sugli eventi, la celebrazione della fede .
È utile anche l'incontro con altri cre-
denti , il contatto con altri gruppi e comu-
nità cristiane, con cui sia possibile co-
municare esperienze, condividere pro-
getti comuni di impegno sociale e apo-
stolico.
Giova anche una conoscenza suffi-
ciente della storia della Chiesa, che fac-
cia scoprire la presenza e l'azione di
Gesù che suscita sempre in essa nuove
energie di rinnovamento e santità.
3.2.4. Sviluppo del senso ecclesiale
quando esso diventa atto di fede nella
Chiesa.
Persone e gruppi vengono accompa-
gnati verso questo traguardo, aiutandoli
a porre la Parola di Dio al centro della
propria esistenza. Alla sua luce questa
viene riletta , e si impara a condividerla
e a celebrarla con altri credenti .
Si partecipa alla pastorale organica
della Chiesa locale , si valorizzano gli in-
segnamenti del Papa e dei Vescovi , ri -
conoscendo la loro missione di unità e
di guida.
3.2.5. L 'esperienza positiva di parteci-
pazione giovanile alla vita della comuni-
cristiana fa crescere il senso di ap-
partenenza alla Chiesa.
Quando le co munità cristiane accol-
gono e valorizzano il loro contributo di
vitalità, i giovani assumono le proprie
responsabilità, assimilano i valori e le
esigenze della comunità e si sentono
stimolati alla creatività e all 'impegno.
3.2.6. La partecipazione più intensa al
mistero della Chiesa si realizza attra-
verso la preghiera, l 'ascolto della Paro-
la, la celebrazione della salvezza.
Nella fede si comprende che la Chie-
sa è «mediazione» dell'incontro con Dio .
Si vive questa mediazione con gratitudi-
ne per conformarsi a Cristo nel pensiero
e nella vita.
Promuovendo la tradizione che viene
da Don Bosco, proponiamo questo in-
contro soprattutto, ma non soltanto, nei
sacramenti dell 'Eucaristia e della Ricon-
ciliazione. In essi si vive, insieme con i
giovani , il rapporto personale con Cristo
che riconcilia e perdona , che si dona e
crea comunione, che chiama e invia,
che spinge a diventare artefici di una
nuova società.
La partecipazione frequente a questi
sacramenti sembra attraversare un mo-
mento di stasi. Il segreto per superarlo è
educare agli atteggiamenti che stanno
alla base della celebrazione cristiana: il
silenzio, l'ascolto, la lode, l'adorazione ; è
formare al linguaggio simbolico , concre-
tamente ai simboli fondamentali dei sa-
cramenti ; è offrire esperienze di celebra-
zioni gradual i e ben curate; è accompa-
gnare il tutto co n una catechesi sacra-
mentale progressiva che faccia vedere il
rapporto tra la celebrazione e la vita gio-
vanile illuminata dalla fede in Gesù.
In tutto ciò va colta la profondità del
mistero e la sensibilità giovanile. Sono
necessarie infatti sia /'educazione alla
celebrazione che /'educazione nella ce-
lebrazione.
La catechesi della Confermazione ac-
quista una funzione importante come
mezzo privilegiato per suscitare nel ra-
gazzo e nel giovane il senso della pre-
senza dello Spirito e la volontà di impe-
gnarsi per il Regno .
La catechesi del Matrimonio prepara a
vivere \\'amore da persone mature, ad
aprirsi generosamente alla vita e ad
esprimere la Chiesa nella propria fami-
glia.
*
10 / 74

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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SINTESI DELLA SCUOLA NAZIONALE DI FORMAZIONE A.C.S.
* FONTANAZZO 1992 *
I SETTE PILASTRI DELLA SAPIENZA
NEL REGOLAMENTO DI VITA APOSTOLICA
(Capp. 1-4)
1 - PRIMATO DI DIO: DIO È AMORE (art. 1-2; 32-34)
2 - FEDE IMPEGNATA NELLA SOLIDARIETÀ (art. 27-28)
3 - RADICI NELLA MEMORIA STORICA (art. 1 - Il Fondatore;
art. 26 - Prez iosa eredità)
4 - FIDUCIA NELL'UMANO (la ragione, la verità, i semi del Verbo
nella storia, i giovani, i valori temporali ... art. 13, 16, 29-31)
5 - CHIESA = COMUNIONE (art. 3-6, 8-9, 14-15, 18-25)
6 - SOCIETÀ = VILLAGGIO GLOBALE, ORGANISMO STORICO
(art. 7, 10- 12)
7 - COOPERATORE = PERSONA-CELLULA a doppia competenza:
«buon cristiano» e «onesto cittadino» (art. 2-3, 5-6, 8-12, 17)
Alla luce del la Prima Lettera ai Corinzi (capp. 12-13)
Sac. Nicola Palmisano
11 /75

2.2 Page 12

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Proposta di santità alla Don Bosco:
spiritualità giovanile salesiana
1. fSpiritualità educativa
/1 cammino di educazione alla fede rivela
progressivamente lai giovani un progetto
originale di vita cristiana e li aiuta a pren-
derne consapevolezza. Il giovane impara
a esprimere un modo nuovo di essere
credente nel mondo, e organizza la vita
attorno ad alcune percezioni di fede, scel-
te di valori e atteggiamenti evangelici :
vive una spiritualità.
In tutte le comunità che si ispirano a
Don Bosco , come già accadeva nell 'O-
ratorio di Valdocco , l'impegno spirituale
nasce da un incontro che fa scoccare
l'amicizia. Da questa scaturiscono il ri-
ferimento continuo e la compagnia ri-
cercata per l'approfondimento della vo-
cazione battesimale , e il cammino verso
la maturità di fede.
Il collocare il giovane , con i suoi dina-
mismi interiori, al centro dell 'attenzione
'èlell 'educatore e quale criterio pratico
per la scelta degli itinerari da percorre-
re , manifesta la caratteristica fondamen-
tale della spiritualità giovanile: è una
spiritualità educativa, che si rivolge a
tutti i giovani indistintamente e privile-
gia i più poveri.
L'assumere la sfida della lontananza-
estraneità e dell'irrilevanza della fede
nella vita chiede agli educatori di ac-
compagnare e condividere l'esperienza
dei giovani . «Amate le cose che amano i
giovani » ripete Don Bosco «perché i gio-
vani amino ciò che amate voi» .
Far crescere i giovani in pienezza
«secondo la misura di Cristo, uomo per-
fetto" è la meta di ogni impegno aposto-
lico.
2 11nuclei fondamentali della
Spiritualità Salesiana
2.1. Spiritualità del quotidiano
Il quotidiano ispirato a Gesù di Naza-
ret è il luogo in cui il giovane riconosce
la presenza operosa di Dio e vive la sua
realizzazione personale.
2.1. l. È sintesi tra fede e vita
È facile proclamarsi cristiani in modo
generico. Difficile è vivere da cristiani ,
12/7 6
sciogliendo i nodi che rendono proble-
matica l'esistenza e aprendosi alle esi-
genze pratiche delle beatitudini. L'armo-
nia interiore di un giova rle e la gioia di
vivere esigono la «grazia di unità».
Nell 'esperienza di Don Bosco questa
è un'intuizione, gioiosa e fondamentale
insieme: non c bisogno di staccarsi
dalla vita ordinaria per cercare il Signo-
re . Le prime pagine del «Giovane Prov-
veduto» proclamano questa esigenza
giovanile: «Voglio che siate felici ».
Quando gli educatori nello stile del Don
Bosco di Valdocco , vivono la carità pa-
storale e danno origine a, un ambiente
di famiglia in cui «si prova il bisogno e
la gioia di condividere tutto» facilitano
l'armonia e suscitano nei giovani la do-
manda sulla felicità.
2.1.2. È riscoperta dell'Incarnazione
Alla base della valutazione positiva
della vita quotidiana c'è la continua sco-
perta dell 'evento dell 'Incarnazione.
La condizione umana di Gesù rivela
che Dio è presente nella vita, e di que-
sto Dio afferma la trascendenza. Gesù-
Uomo è il sacramento del Padre, la
grande e definitiva mediazione che ren-
de Dio vicino e presente. Egli ci insegna
che il luogo per incontrare Dio è la real -
umana: la nostra e quella degli altri ,
l'odierna e quella storica. «Tutte le volte
che avete fatto ciò a uno dei miei fratelli,
lo avete fatto a me». È la vita umana,
che ci immette nell 'evento dell'Incarna-
zione.
2.1.3. È amore alla vita
Assumere con coerenza l'aspetto or-
dinario dell'esistenza; accettare le sfide,
gli interrogativi, le tensioni della cresci-
ta ; cercare la ricomposizione dei fram-
menti nell 'unità realizzata dallo Spirito
nel Battesimo ; operare per il supera-
mento delle ambiguità presenti nell 'e-
sperienza giornaliera; fermentare con
l'amore ogni scelta: tutto ciò è il passag-
gio obbligato per scoprire e amare il
quotidiano come una realtà nuova in cui
Dio opera da padre.
Nell 'amorevolezza dell 'educatore che
con «bontà , rispetto e pazienza» accom-
pagna la costruzione della loro persona-
lità; nell 'accoglienza incondizionata del-
la comunità che esprime la sua predile-
zione per loro , i giovani scoprono un se-
gno di Dio che ama e previene . Nono-
stante le esperienze negative della pa-
ternità o dei rapporti familiari che pos-
sono aver vissuto , il cuore nuovo , che si
stanno costruendo , li aiuta a guardare il
mondo in maniera diversa .
2.2. Spiritualità della gioia
e dell'ottimismo
Il quotidiano va vissuto nella gioia e
nell 'ottimismo, senza rinunciare per que-
sto all 'impegno e alla responsabilità.
2.2. l. La gioia della bontà
Ciò che appare evidente a Valdocco è
la gioia, l'ottimismo, la speranza .
Don Bosco è il santo della gioia di vi-
vere. I suoi ragazzi hanno imparato così
bene la lezione da dire con linguaggio
tipicamente «oratoriano» che «la santità
consiste nello stare molto al)egri».
Ai giovani emarginati del suo tempo
Don Bosco presentò la possibilità di
sperimentare la vita come festa e la
fede come felicità.
La musica, il teatro, le gite, lo sport, la
quotidiana letizia di un cortile sono stati
sempre valorizzati dal Sistema Preventi-
vo come elementi educativi di primaria
importanza. Suscitano numerose ener-
gie di bene , che saranno orientate verso
un impegno di servizio e di carità. In
tale contesto la festa non è mai manife-
stazione di un vuoto interiore alla ricer-
ca di compensazioni ; né l'occasione di
distrarre dalla realtà spesso dura e per-
ciò da rifuggire. E invece occasione per
costruire amicizia, e sviluppare quanto
di positivo c'è nei giovani .
Questo stile di santità potrebbe mera-
vigliare certi esperti di spiritualità e di
pedagogia, preoccupati che vengano
sminuite le esigenze evangeliche e gli
impegni educativi.
Per Don Bosco, però, la fonte della
gioia è la vita di grazia, che impegna il
giovane in un difficile tirocinio di ascesi
e di bontà.
2.2.2. L'impegno della crescita
Per tutta la sua vita Don Bosco indiriz-
zò i giovani sulla strada della santità
semplice serena e allegra, congiungen-
do in un'unica esperienza vitale il «corti-

2.3 Page 13

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le» , lo «studio» serio e un costante sen -
so del dovere.
Egli offre oggi, come risposta fedele
all'amore gratuito di Dio , una preziosa
rilettura del Vangelo, nello spirito delle
beatitudini.
Al di fuori di un cammino seriamente
impegnato, la crescita diventa sempre
più difficile. L'educatore lo ricorderà
spesso ai giovani , quando essi avranno
l'impressione che ristrutturare la pro-
pria vita alla luce del Vangelo richieda il
distacco da beni irrinunciabili .
Libertà, giustizia, solidarietà, corpo-
reità molte volte porranno il giovane
credente davanti a un bivio: o stare con
il Signore Gesù, accettando il travaglio
della fede , oppure scegliere di realizza-
re la vita al di fuori del suo influsso. E
questo un momento cruciale, un passag-
gio arduo ma necessario, per giungere
alla sintesi in cui si sperimenta la fortu-
na di vivere insieme al Signore della
vita e della storia.
Giovanni Paolo Il , con felice intuizio-
ne, ha definito il luogo della fanciullezza
e adolescenza di Don Bosco, il Colle
delle Beatitudini giovanili: perché da li
parte un messaggio di gioia e di respon-
sabilità per i giovani che guardano a
Don Bosco come a padre e maestro.
2.3. Spiritualità dell'amicizia
con il Signore Gesù
Il quotidiano è ricreato dal Cristo del-
la Pasqua che dà le ragioni della spe-
ranza e introduce in una vita che trova
in Lui la pienezza di senso.
2.3.1. Incontro con Gesù Cristo Risorto
Vivere lo spirito delle beatitudini nello
stile di Valdocco è realizzare legami di
stretta amicizia tra Gesù e il giovane .
Non ci si contenta più del primo in-
contro e della simpatia verso il Signore .
Si vogliono approfondire la conoscenza
e /'adesione alla sua Persona e alla sua
causa. Si cerca una risposta concreta al
suo amore , ricambiato con impegno e
generosità.
I giovani , quando sono giunti a questa
relazione con il Cristo Signore, si apro-
no alla radicalità evangelica.
L'esperienza dell'Oratorio, con la sto-
ria personale e comunitaria di Domeni-
co Savio, Francesco Besucco e Michele
Magone dice come tutti i giovani posso-
no percorrere la via di questa amicizia
con Cristo.
Amico, Maestro e Salvatore sono i
termini che descrivono la centralità del-
la persona di Gesù ne/l'esperienza spi-
rituale dei giovani che vivono lo stile di
Don Bosco.
La dimensione personale del rapporto
- «Gesù è mio amico e compagno »
dice Francesco Besucco - spinge a co-
noscere la totalità del mistero di Cristo
morto e risorto.
2.3.2. Per edificare un cuore nuovo
Preoccupazione costante di Don Bo-
sco fu di educare alla fede , camminando
«con i giovani per condurli alla persona
del Signore risorto » affinché ... cresces-
sero «come uomini nuovi ».
Don Bosco amava ripetere che «/'edu-
cazione è cosa di cuore»: anche il cam-
mino della spiritualità richiede un cuore
nuovo. Se non si raggiunge questo cen-
tro che muove la vita umana , non si rea-
lizzerà alcuna conversione profonda e
duratura.
A contatto con il Signore risorto i gio-
vani rinnovano un amore più intenso per
la vita. In amicizia con il Signore risorto
si plasmano un «cuore oratoriano», che
vibra con la irrequieta sensibilità giova-
nile e con la forza silenziosa ma effica-
ce dello Spirito Santo.
2.4. Spiritualità di Comunione
Ecclesiale
Il quotidiano si sperimenta nella Chie-
sa, ambiente naturale per la crescita
nella fede attraverso i sacramenti. Nella
Chiesa troviamo Maria prima credente,
che precede, accompagna e ispira.
2.4.1. Desiderio di vivere insieme
Sorretti da una spiritualità che nasce
dal rapporto tra persone che trovano in
Cristo un am ico comune, i giovani sen-
tono un grande bisogno di stare insie-
me. Da amici condividono e celebrano
la gioia di vivere, per aiutarsi vicende-
volmente. Fanno cosi l'esperienza di di-
venire lievito in mezzo agli altri ragazzi
e giovani.
Per esigenza naturale, inoltre, orga-
nizzano e, in qualche misura, istituzio-
nalizzano /'amicizia creando gruppi col-
legati ai più vari interessi della loro esi-
stenza: dal gioco alla cultura e all'impe-
gno religioso.
2.4.2. Comunione nella responsabilità
La relazione personale con il Cristo
risorto e l'esperienza di gruppo sfociano
in un rapporto filiale con la Chiesa.
Don Bosco fu un uomo di comunione.
Insegnò ai giovani a vivere il mistero
della Chiesa, che racchiude , nella debo-
lezza dell 'umano, la grazia invisibile
della presenza di Dio.
La sua personale testimonianza quoti-
diana e l 'ambiente di famiglia che creò
all 'Oratorio suscitarono nei giovani il
senso della collaborazione e della cor-
responsabilità.
Anche oggi la diversità di interessi , di
doni e di valori che convivono nella comu-
nità educativa sono una testimonianza
della presenza del Signore che unisce tut-
ti in un cuor solo e in un'anima sola. Que-
sto spirito di famiglia è segno efficace del-
la Chiesa che si vuole costruire insieme,
per un servizio fraterno verso coloro che
hanno maggior bisogno.
2.4.3. Collaborazione nella Chiesa
particolare
La storia dei giovani all 'Oratorio, vi-
vente bon Bosco, è ricca di espressioni
concrete di amore alla Chiesa. Infatti, la
comunione cerca continuamente di col-
legarsi con tutte le forze impegnate per
la salvezza e per la costruzione del Re-
gno di Dio.
Questa comunione , poi , si esprime
nella stima e nella fraternità operativa
verso i Pastori e verso quanti cooperano
per il bene di tutti , dei giovani in partico-
lare.
Cerca, inoltre, il dialogo e l' intesa con
coloro che sono responsabili della pa-
storale locale, lasciandosi guidare da
una matura visione di fede , capace di
comprendere e accettare gli aspetti
umani della Chiesa, i suoi limiti e le sue
carenze .
2.4.4. Amore verso la Chiesa universale
Sentire come propri i grandi interessi
della Chiesa universale , intervenendo in
maniera proporzionata alla capacità di
ciascuno, rappresenta un impegno co-
stante nella storia salesiana.
Ha il sapore di «grande avventura reli-
giosa» la preparazione della prima spe-
dizione missionaria nella Congregazio-
ne. Tutto l'Oratorio , infatti , venne coin-
volto , e ciascuno si senti parte attiva. Fu
un 'esperienza che sviluppò tra i giovani
una viva sensibilità verso la mondialità
de/l 'impegno apostolico.
E tra le componenti di una spiritualità
giovanile salesiana ci sono l 'amore
esplicito al Papa e /'adesione convinta
al suo magistero.
2.4.5. Cristo incontrato nei sacramenti
L' incontro e la relazione con il Cristo
risorto si vivono in maniera particolare
nella celebrazione dei sacramenti .
Il Sistema Preventivo riconosce ed af-
ferma la loro importanza nella crescita
cristiana dei giovani.
J Battesimo, inizio del cammino di
educazione alla fede , impegna gli stessi
giovani in una catechesi rinnovata e in
una testimonianza di vita coerente con
la configurazione a Cristo Signore.
La Confermazione, sacramento che
porta a realizzare la maturità della fede
attraverso i doni dello Spirito, assume
particolare importanza nell'età giovanile.
2.4.6. Il sacramento del Perdono
Il sacramento della Riconciliazione,
che celebra l'amore di Dio più forte del
peccato, fu da Don Bosco presentato ai
giovani come una delle colonne fonda-
mentali dell 'edificio educativo.
13/ 77

2.4 Page 14

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Per questo a Valdocco veniva cele-
brato frequentemente ed era circondato
di particolari attenzioni .
Se ne curava , innanzitutto, la prepara-
zione attraverso un ambiente accoglien-
te , ricco di amicizia e di fraternità. Ciò
aiutava i giovani a superare la naturale
riluttanza a manifestare i segreti del
proprio cuore.
Lo si voleva, poi , orientato alla vita:
doveva, cioè, migliorare i rapporti inter-
personali ; creare le condizioni per un
impegno più manifesto nel compimento
dei propri doveri ; sostenere la conver-
sione e il rinnovamento del cuore, per-
ché il giovane potesse «darsi a Dio» con
un proposito efficace.
Infine, si prolungava nella direzione
spirituale, per rinforzare l'adesione al
Signore , e nell 'incontro fraterno con l'e-
ducatore attraverso la condivisione
gioiosa della vita.
I frutti educativi del sacramento della
Riconciliazione sono molti .
I giovani sostenuti dall 'amore che
comprende e perdona trovano la forza
per riconoscere il proprio peccato e la
propria debolezza, bisognosa di soste-
gno e di accompagnamento. Imparano a
resistere alla tentazione dell 'autosuffi-
cienza. Offrono il perdono come ricam-
bio della riconciliazione ricevuta. Si
educano al rispetto delle persone. Si
formano una coscienza retta e coerente.
Il regolare ricorso al sacramento del-
la Riconciliazione dà efficacia al proces-
so di conversione e di rinnovamento .
2.4.7. Il sacramento dell'Eucaristia
La celebrazione dell 'Eucaristia prepa-
rata attraverso un clima di solidarietà e
di amicizia è vissuta come un incontro
festivo , pieno di simboli ed espressioni
giovanili. E celebrazione gioiosa della
vita.
Diventa così per i giovani un significa-
tivo momenio di crescita religiosa : la si
chiama seconda colonna dell 'edificio
educativo nel Sistema Preventivo. Dal-
1'Eucaristia, infatti , il giovane apprende
a riorganizzare la sua vita alla luce del
mistero di Cristo che si dona per amore.
L'Eucaristia diventa, così , per lui una
fonte di energie nuove per crescere nel-
la grazia . «L'educazione al vero amore
passa attraverso l'Eucaristia».
La tradizione ricorda un 'altra espres-
sione tipica di rapporto con la persona
del Signore Gesù: la visita e la preghie-
ra davanti al SS. Sacramento. Nella pa-
rola di Don Bosco spesso ritorna il ri-
chiamo alla «visita » come mezzo per
esprimere a Dio il «grazie» per i doni
dell 'esistenza.
2.4.8. La preghiera giovanile
La preghiera , fatta con lo stile di Don
Bosco, presenta alcune caratteristiche
particolari .
14/78
È la preghiera del buon cristiano,
semplice e popolare: affonda le sue ra-
dici nella vita. Ama il clima festoso degli
incontri tra i giovani, ma sa trovare an-
che il momento per un dialogo persona-
le con il Signore. Si esprime con formu-
le brevi e spontanee, ricavate dalla Pa-
rola di Dio e dalla liturgia.
Ogni generazione è chiamata a inven-
tare la sua preghiera , in fedeltà alla tra-
dizione e nel coraggioso confronto con
la cultura e i suoi problemi.
Per questo , la preghiera salesiana sa
accettare le nuove modalità che aiutano
i giovani a incontrare il Signore nella
vita quotidiana. È, cioè , flessibile e crea-
tiva, attenta agli orientamenti rinnovato-
ri della Chiesa.
Don Bosco usava più spesso il termine
«pietà» che non quello di «preghiera».
La pietà esprime la coscienza di esse-
re immersi nella «paternità di Dio» e
guarda, più che alle parole , ai gesti del-
l'amore di chi cerca di piacere in tutto al
Signore.
2.4.9. Maria Madre e Aiuto della Chiesa
La spiritualità giovanile salesiana dà
un posto privifegiato alla persona di Ma-
ria .
Don Bosco fin dall'inizio della sua vo-
cazione , nel sogno dei 9 anni , la ricevet-
te come guida e sostegno. Con il suo
materno aiuto compi il disegno che il Si-
gnore aveva sulla sua vita . Al termine
della sua fatica potè affermare con veri-
tà: «Tutto ha fatto Maria».
A contatto con la comunità credente i
giovani imparano a guardare a Maria
come a colei che «infonde speranza ,, e
suggerisce loro alcuni atteggiamenti ti-
picamente evangelici : l'ascolto, la fedel-
tà, la purezza, la donazione, il servizio .
I giovani vivono tutti certi tempi diffici-
li di trasformazione ma anche di entu-
siasmo , per la novità che li attende e
che desiderano con tutte le loro forze.
Maria , invocata e onorata con il titolo
di «Ausiliatrice» , è per loro «segno di
certa speranza e di consolazione».
Quando giungono a una devozione
mariana motivata, i giovani scoprono gli
orizzonti verso cui li sospinge l' Ausilia-
trice: un ardente zelo apostolico nella
lotta contro il peccato e contro una vi-
sione del mpndo e dell 'uomo contraria
alle beatitudini e al «comandamento
n u o v o ».
2.5. Spiritualità del servizio
responsabile
Il quotidiano viene consegnato ai gio-
vani in un servizio generoso , ordinario e
straordinario.
2.5.1. Divenire onesti cittadini
e buoni cristiani
Il giovane credente , spinto dallo Spiri -
to , è a servizio dell ' uomo , come la Chie-
sa , esperta in umanità .
Il servizio misura il cammino della
spiritualità. Don Bosco, padre e maestro
della gioventù , richiedeva ai suoi giova-
ni di diventare «onesti cittadini e buoni
cristiani ». La sintesi dei due elementi è
il frutto più maturo della spiritualità gio-
vanile. La semplicita della formula na-
sconde la fatica da compiere e l'impe-
gno mai completamente realizzato.
Essere onesto cittadino comporta
oggi per un giovane promuovere la di-
gnità della persona e i suoi diritti , in tutti
i contesti ; vivere con generosità nella
famiglia e prepararsi a formarla su basi
di reciproca donazione; favorire la soli-
darietà, specialmente verso i più poveri ;
sviluppare il proprio lavoro con onestà e
competenza professionale; promuovere
la giustizia , la pace e il bene comune
nella politica; rispettare la creazione; fa-
vorire la cultura.
2.5.2. Impegno con la creatività
dell'amore
La storia dei giovani all'Oratorio, vi-
vente Don Bosco, è ricca di questo ap-
prendistato della vita cristiana: essere
al servizio degli altri , in maniera ordina-
ria e in forrne talvolta straordinarie.
Oggi si aprono al giovane nuovi cam-
pi di servizi. C'è l'animazione educativa
e culturale nel territorio, per vincere l'e-
marginazione e diffondere una cultura
di partecipazione ; c il volontariato civi-
le e missionario, per collaborare con al-
tri organismi alla promozione umana e
al l 'evangelizzazione.
2.5.3. Impegno per tutta la vita
come e con Don Bosco
Molti giovani sono ricchi di risorse
spirituali , presentano germi di vocazio-
ne apostolica e giungono fino a far ma-
turare l'incontro e la simpatia iniziale
per Don Bosco in volontà di donarsi per
continuare la sua missione.
Molte vocazioni nascono , di fatto , da
una felice esperienza di servizio in un
quartiere, in rioni poveri , in una cate-
chesi all 'Oratorio , nella visita agli infer-
mi , negli impegni di volontariato e di
educazione. I giovani si domandano: «In
quali spazi sociali ed ecclesiali mi inse-
rirò per esprimere il mio amore alla vita
e al Signore della vita?».
È certa per alcuni la chiamata alla fa-
miglia e a una professione, vissute
come servizio responsabile alla Chiesa
e agli uomini . Per altri è sempre più evi-
dente la scelta del sacerdozio e della
vita religiosa.
Tutti , in ogni caso , guidati dallo Spiri-
to del Signore e animati dai valori della
spiritualità salesiana , accolgono e vivo-
no la propria esistenza come vocazione.

2.5 Page 15

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La spiritualità salesiana del Cooperatore
I. SPIRITUALITÀ DEL QUOTIDIANO
11 «quotidiano» ispirato a Gesù di Nazareth è il luogo in cui il Cooperatore riconosce la presenza operosa di Dio e vive
la sua realizzazione personale:
- è sintesi fra fede e vita
- è riscoperta dell'incarnazione
- è amore al la vita
- è preghiera semplice e fiduciosa
RVA 7 Apostolato secolare
RVA 8 In famiglia
RVA 9 Nel matrimonio
RVA 10 Nell'ambiente di vita e di lavoro
RVA 11 Nella realtà sociale
RVA 27 Esperienza di fede impegnata
RVA 28 Centralità dell'amore apostolico
RVA 32 Preghiera semplice e vitale
2. SPIRITUALITÀ DELLA GIOIA E DELL'OTTIMISMO
Il «quotidiano» va vissuto nella gioia profonda e serena e nell'ottimismo, senza rinunciare all'impegno e alla respon-
sabilità, prevenendo il male e moltiplicando il bene, con disponibilità e generosità:
- è espressione della gioia di vivere
- è assunzione di impegni di crescita
- è annuncio del messaggio delle Beatitudini
RVA 12 Testimonianza delle Beatitudini
RVA 29 Presenza salesiana nel mondo
RVA 30 Stile di azione
RVA 31 Affabilità nelle relazioni
3. SPIRITUALITÀ DELL'AMICIZIA CON IL SIGNORE GESÙ
Il «quotidiano» è ricreato dal Cristo della Pasqua che dà ragioni della speranza e introduce in una vita che trova in Lui
la pienezza di senso, nel dialogo personale col Signore che diventa compagno nel cammino di santità:
- è incontro personale con Gesù Cristo Risorto
- nella celebrazione dei sacramenti, soprattutto della riconciliazione e della eucarestia
- è plasmare un cuore nuovo
RVA 33 Parola e Sacramenti
RVA 50 Una via che porta alla santità
4. SPIRITUALITÀ DI COMUNIONE ECCLESIALE
Il «quotidiano» si sperimenta nella Chiesa, ambiente naturale per la crescita nella fede attraverso i sacramenti. Nella
Chiesa troviamo Maria «Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei cristiani», guida speciale della Famiglia Salesiana:
- è desiderio di vivere insieme
- è comunione nella responsabilità
- è espressione di concreti gesti di amore alla Chiesa (particolare e universale)
- è guardare a Maria come a colei che infonde speranza ed è segno di certa speranza e di consolazione
RVA 6 Il carattere ecclesiale dell'Associazione
RVA 18 Solidali nelle Chiese locali
RVA 22 Partecipazione alla vita della Famiglia Salesiana
RVA 33.3 Parola e Sacramenti
RVA 35.1 Devo·zioni privilegiate
5. SPIRITUALITÀ DI SERVIZIO RESPONSABILE
Il «quotidiano» viene donato in un servizio generoso, ordinario e straordinario:
- è mettersi al servizio degli altri in maniera ordinaria, disponibili a tutte le forme di apostolato, nelle strutture civili, ec-
clesiali e salesiane, con spirito di iniziativa e con la creatività dell'amore
- è lasciarsi ispirare nella diversità delle situazioni e degli impegni, dalla carità pastorale, sintesi e centro dello spirito
salesiano
- è impegnare con una Promessa solenne e pubblica tutta la vita come e con Don Bosco
RVA 15 Metodo della bontà
RVA 16 Attività tipiche
RVA 17 Strutture in cui operare
RVA 20 Corresponsabili nell'azione
RVA 40 La Promessa
15/ 79

2.6 Page 16

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PASQUA 1993 IN TERRA SANTA CON L'ACS
L'ASSOCIAZIONE COOPERATORI SALESIANI
in collaborazione con l'Opera Roman~ Pellegrinaggi-Quo Vadis
promuove da mercoledì santo 7 aprile 1993 a martedì dopo Pasqua 13 aprile 1993
un PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA col seguente programma di massima
7 APRILE - Mattino: partenza in aereo da ROMA per TEL AVIV. Pranzo a bordo. Arrivo e trasporto in pullrnan a
NAZARETH (o TIBERIADE ). Cena e pernottarnento.
8 APRILE - NAZARETH (o TIBERIADE). Pensione cornpleta. Mattino: visi ta alla Grotta dell'Annunciazione, Nuova
Basilica, Chiesa di S. Giuseppe e salita al MONTE TABOR (Santuario della Trasfigurazione) . Pornerigg_io,
partenza per Haifa e visita del San tuario «Stella Maris» sul Monte Carmelo.
9 APRILE - Da NAZARETH al MONTE DELLE BEATITUDINI , TABGA (primato di S. Pietro) e CAFARNAO (Casa di S.
Pietro e Sinagoga). Traversata in battello del Lago di Tiberiade . Pranzo. Pomeriggio: sosta al fiume
Giordano ed a GANA. Ri entro a NAZARETH (o TIBERIADE) per cena e pernottamento.
10 APRILE - Da NAZARETH a GERICO, QUMRAN (Mar Morto) e GERUSALEMME . Pranzo. Nel pom eri ggio, visita al
Monte Sian, Cenacolo e Dormizione. Cena e pernottamento.
11 APRILE - GERUSALEMME . Pensione completa. Messa di Resurrezione al S. Sepolcro. Vi sita della Basilica e del
Calvario. Pomeriggio: Monte deg li Ulivi (Getsemani, Orto degli Ulivi, Basilica dell'Agonia, Tomba della
Madonna, Cappella del Pater Noster, Cappella del Dominus Flevit, ecc.).
12 APRILE - Da GERUSALEMME a BETLEMME (Basi lica del la Natività, Grotta di S. Girolamo) . Pranzo. Nel pomerig-·
gio ad EIN KAREM (S. Giovanni Battista) ed EMMAUS. Rientro a GERUSALEMME per cena e pernotta-
meoto.
13 APRILE - GERUSALEMME. Prima co lazione. Visi ta della Città Vecch ia (Basilica di S. Anna, Piscina Probatica ,
Spianata del Tempio co n le Moschee di Omar e di Al Aqsa, Muro Occidentale). Pranzo. Nel pomeriggio,
tr asferim ento in pullman a TEL AVIV e partenza in aereo per ROMA.
Quota indicativa: L. 1.200.000 a persona (di cu i 200.000 all'iscrizio ne).
La quota comprende: viaggio aereo ROMA per TEL AVIV e ritorno (classe turistica, aerei jet di linea); tasse d'imbarco;
transfer di partenza; pensione completa dal pranzo del giorno (in aereo) al pranzo del 7° giorno (bevande escluse);
trasporti in pullman, visite ed escursioni; assistenza tecnico-religiosa. Alberg hi di 2• categoria· o «Casa Nova» (camere
a 2-3 letti con bagno o doccia) .
La quota non compre·nde: i facchinaggi, le mance, gli extra, il transfer di ritorno.
Viaggio di andata: partenza da Roma-Fiumicino: mercoledì 7 aprile alle ore 12,30 (essere all'aeroporto alle ore 10,30) -
arrivo a Tel Av iv ore 16,45.
Viaggio di ritorno: partenza da Tel Aviv martedì 13 apri le ore 17,10 - arrivo a Roma-Fiumicino ore 19,45.
Per partenze da altri aeroporti italiani in coincidenza con Roma-Fiumicino supplemento di L. 50.000.
È richiesto il Passaporto individuale.
RINUNCE E RIMBORSI: Chi in qualsiasi momento rinuncia al viaggio perderà l'importo versato a titolo di iscrizione. Per i
ritiri che si verifichino da 30 giorni prima della partenza fino a 5 giorni prima della partenza verranno addebita ti, oltre al-
l'acconto versato come iscrizione, anche gli importi dei servizi già pagati dall'Organizzazione e non più recuperabili. Non
spetta alcun rimborso a chi per qualsiasi ragione (anche per forza maggiore) rinuncia al viaggio a partire dal 4° giorno
prima rispetto a quello della partenza, o non si presenta al raduno, o interrompe il viaggio già iniziato, oppu re non potes- ·
se iniziare il viaggio stesso per irre·golarità o dimenticanza del Documento necessario per l'espatrio. Le rim:mce dovranno
essere comunicate per iscritto.
Termine delle iscrizioni: febbraio 1993.
Saldo della quota: marzo 1993.
Tutti i partecipanti al Pellegrinaggio verranno dotati della TESSERA TGS 1993 e di TRAVEL ASSISTANCE CARD 1993
del l'ITAL ASSISTANCE (quota complessiva L. 10.000)
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi a:
ASSOC IAZIONE COOPERATORI SALESIAN I
Via Marsala, 42 - 00185 ROMA - Tel. 06/44.60.945 - Fax 06/44.63.614
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