Bollettino_Salesiano_196710


Bollettino_Salesiano_196710

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1.1 Page 1

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Noi non ci fe1·miamo mai;
vi è sempre cosa. che inca.lza. cosa....
Dal momento che noi ci fermassimo,
la nostra Opera
comincerebbe a deperire
Spedizione In abbonamento postalo • Gruppo 2• 2• quindicina
I NOSTRI DUE CONVEGNI NAZIONALI
Come era stato a11111mziato, dal 21 al 26 aprile si
sono tenuti i convegni nazionali dei. Consiglieri e dei
Delegati Ispettoriali e Regionali d' ltalia, il primo ad
Ariccia e il secondo a Frascati ( N.oma).
Sono stati giorni d'intenso studio, di ed1fua11li rela-
zio11i, di profi.cue discussioni, conclu.1·i con direttive pra-
tiche per l 'attività della nostra terza Fami(!lia.
lnvito quami hanno i11cariclii di responsabilità tra
i Cooperatori a leggeme atte11ta111e11/e gli atti che ripor-
tiamo i11 questo 11umero del Bollettino Dirigenti.
Ed ora una parola ml/e linee direttive e programma-
tiche dei 11osh i incontri.
C1 siamo raccolti a Roma, quasi per dare espressione
concreta al fatto che il nostro .M.ovimer,/o è .<orlo dalle
es~(!enze vive della Chiesa, 'l)uole mantenere inalterata
fedeltà al Papa e si pone, con volontà incondizionata
e pronta, al servizio della ctmsa cattolica. Do11 Bosco,
che fece nella periferia di Torino la prima esperienza
dei Cooperatori Salesiani, andò a R oma per averR dal
Papa "l'ultimo sigillo" alla grande idea co11 la quale
non creava una associazione devota, 111a apri11a di fatto
il cammino a qutll'apostolato dei laici che è diventalo
11110 forza e una carattnistica del c11/folicesimo attuale.
Il nostro Convegno è anche il primo grande incontro
dei Cooperatori che si svolge dopo il Co11cilio Vaticano I I.
Questo avvenimento, che è fondame;r1tale per la storia
della Chiesa del 11ostro secolo, se ha dato apporli di
idee e direttive di azione a tutti i settori della vita
cattolica, si può ben dire che ha come riscoperto i11
tutta la genialità della sua natura il Laicato cattolico,
ne ha rivelato le i111111e11se e11crgie spii ituali e le ,ha im-
messe nel grande alveo del mondo perché vi portassero
il divino fermento del Vangelo e tutta la ricchezza
dell'opera dell'uomo 11el piano della salvezza.
Noi sentiamo la gioia di con,ilatare che Don Bosco ha
tmtidpato u11 secolo fa nella Chiesa le gra11di idee sui
laici, quando ha fo11dato I' U11io11e dei Cooperatori
Salesiani, ma avvertiamo nello stesso tempo la re,po11-
sabilità che questa co11stata:;io11e ci fa assumere di
frolTte alla Chiesa e al mondo. li Co11cilio, con la ma
11uova e più esplicita dottrina sui laici, è per 11oi il
111011ito ad 1111 preciso dòvere di rin11ovamc11to; per
questo il nostro incontro ha tratto ispirazione e si è
wolto alla luce del Vaticano Il. Con esso abbiamo
inteso prepararci anche al prossimo Congresso Mondiale
dell'Apostolato dei Lnici ed entrare così nrl ltrande
movimento rirmm;atore col 11oslro modesto contributo.
Per dare le esattt dimensioni del nostro incontro debbo
rilevare ancora che v i ha11no preso parte i Comiglieri
Jspettoriali di tutte le lspèttorie d'Italia e che perciò
es.w ha avuto 1111 carattere veramente 11azio11ale, rap-
presentando tu/li i Cooperatori Salesiani della Penisola;
che i Co11siglieri so110 gli elementi piu qualificati della
11ostra Associazione per gli impegni che vi hanno as-
sunto e per il contributo di collaborazione che vi por-
tano; che si sono trovati uniti insieme Delegati Ispetto-
riali e Consietieri, a indicare i due elementi essenziali che
reggono ta 'struttura dei Cooperatori e a realizzare
concretamente quella stretta unione tra Sacerdoti e
Laici che il Concilio ha promosso e che costituisce un
presupposto indispensabile per ogni efficace apostolato.

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Vorrei aggiungere che per la prima_ volta ci _si è riu-
niti dopo L'elezione del pel~gato }!azw~ale dei G_oope-
ratori. È un f ntlo che dice I orça~1zzl!-zi~ne: lo s~ilup~~
e la maturità dei Cooperatori Salesiani d Italia, e e e
da augurarsi che essi 11011 solo possano continuare la
loro missione col passo che è stato segnato dall'opera
insuperabile del nostro Rettor Maggiore, ma debbano
essere sempre un esempio e un punto di orientamento
per gli altri Cooperatori del mondo.
Quesle le dimensioni esteriori del nostro co11vegno.
Ecco ora le linee direttive e programmatiche che ne
hanno costituito l'ispirazione e il contenuto.
1. Primo intento fu quello di chiarire e definire a
noi stessi i grandi insegnamenti del Concilio sull'apo-
stolato dei laici.
Questo avvenimento riempie d~ sé la r~nlt_à ~ella_
Chiesa contemporanea, ma esso puo correre il rise/no dt
restare più famoso che conosciuto; può lasciare il ri-
cordo di una spettacolare mamfestazione religiosa più
che essere La norma della nostra azione; può aver de-
stale tante vaghe spera11ze in noi, ma non averà gui-
dati sul piano della buona volontà pratica e realiz-
zatrice.
Il nostro incontro doveva servire a formarci dal/!' idee
chiare sui compiti che la Chiesa affida ai Laici e ad
assimilarle come nostro patrimonio personale fino a
farle diventare co11vinzioni, cioè una forza interiore
della nostra vita.
C'è un posto e c'è una missione a cui siamo chiamati
dalla Chiesa e a cui ci ha preparati Don Bosco creando
i Cooperatori Salesiani; noi vogliamo assolvere questo
compito Là e come Dio ci chiama, accanto a tutte ~e
altre associazioni di apostolato laico, co11 quello sla11cw
dinamico e costruttivo che richiede l'ora della grande
Chiesa che stiamo attraversando. Il Papa Paolo Vf
ha mostrato in varie occasioni di avere una grande
fiducia nell'opera apostolica della Congregazione $ale-
sia11a; basti ricordare il suo discorso al Capitolo Ge-
nerale.
La sua attesa si estende anche ai Cooperatori e noi
i1oglia1110 corrispondere a questo invito con la decisione
e la generosità degli impegni più sole11ni.
2. Una seconda preoccupazione ci ha guidati nel
nostro lavoro: la forma:tionedcl Cooperatore apostolo.
Lo zelo per le anime procede dall'impulso di c~~tà.
che noi alimentiamo nel cuore.. Nulla vale a sostz.tuire
questa fiamma che è la vera ùpi-ratrice e sostenitrice
delle buone opere. Ma anche l'apostolato esige. una
tec11ica che bisogna imparare, suppone una orgamzza-_
zione dei quadri, segue metodi che si adattano a tempi
e a persone, si vale dell'intuito personale ma lo educa
attraverso la scuola, ha bisogno di generici, ma è gui-
dato dagli specialisti e dai qualificati. L'esempio del
mondo chefa propaganda dei suoi principi seguen_do le
leggi di una tecnica scaltra e raffinala è per noi una
lezione.
Don Bosco, che pure era premuto dall'ardire di uno
zelo senza limiti verso i giovani, non si _precipitò_ a~-
l'azione appena ordinato sacerdote, ma, dietro consiglio
det Cafasso, attese meticolosamente alla sua fo1111:a-
zione in vista dell'apostolato futuro. E qua11do m-
comùiciò a lavorare, nonostante l'assillo e la varietà
delle sue occupazioni, procedette tutt'altro che a ca-
saccio. Studiava le forme di attività, tracciava rego-
lamenti, faceva confronti, si arricchiva e si perfez·ionava
continuamente. Il momento più originale e caratteristico
dell'opera di Don Bosco è certamente quello dell'ac-
costamento dei giovani, ma 11011 è dubbio che l'intento
di formare i suoi collaboratori all'apostolato gli prese
maggior impegno e costò più laboriose preoccupazioni.
Noi Salesiani non vogliamo dimenticarne l'esempio per
troppa fretta e superficialità, difetti che sono L'opposto
della saggezza organizzatrice di Do11 Bosco. Il nostro
convegno, comunque, ha voluto ripresentare la necessità
di una studiata e organizzata f onnazione ali'apostolato
e offrire delle indicazioni utih per questo compito a
cui è subordinato ù buon esito del nostro lavoro.
3. Un terzo orientamento ha diretto j lavori del
convegno; i Cooperatori Salesiani, nei loro Centri
come nelle Ispettorie, hanno bisogno di guide e di
animatori. Inutile dire che ai Consiglieri è riservato
questo compito e che prop1 io per questo essi si sono
raccolti da tutta l'Italia per prendere coscienza di
qurrta reatlà e per cercare i1~siemP la i'Ìa eh~ permetta_
di far fronte alla loro non piccola responsabzlztà. Ogm
movm1ento, è noto, raccoglie attorno ai propri ideali
schiere di simpatizzanti, ma essere anima e guida è
privile$io di poch( che vivono. con pr?fonda_ convin-.
zione i loro ideali, sono pronti a sacrificarsi per essi
e sanno trasfo11dere negli altri la proprìa passione.
Don Bosco è stato un infaticabile lavoratore, con
11111/e iniziative sempre tra mano, ma ha saputo anche
trovarsi dri collaboratori e organizzare la cooperazione
di molti per fare il be-ne. Se egli, nella dispersione delle
forze apostnliche del suo tempo, ha ripetuto con insi-
stenza incalzante il grido: «Uniamoci per fare il
bene•>, 11011 è stato meno abile e premuroso nel coordi-
nare e nel valorizzare l'opera di coloro che gli presta-
vano aiuto, con l'animo di un moderno imprenditore
delle cose di Dio. I Co11siglùri nei nostri Centri di
Cooperatori sono coloro che hanno la convinzione
dell'apostolato e sentono il coraggio di prenderne l'ini-_
ziativa I' di organizzarne le opere. Nel convegno d,
Ariccia ci si.amo ripromessi di aiutare i Consiglieri a
perfe::::ionani in quest'arte difficile, chP. è l'arte di
essere capi.
<• Aiutatemi a salvare le anime, ripete Don Bosco,
perché ho deciso di non cedere, dovessi anche
cadere sul campo•>. L'invocazione è rivolta a cia-
scun Cooperatore e a ciascun Dirigente. È' quello che
possiamo chìamarP. ~ il grido di dolore ,1 di Do11 Bosco.
Nell'intensità dei lavori del convegno, nella decisione
dei propositi, nel dilatare il loro animo a tutta la lar-
ghezza delle aspirazioni di rni si sono fatti eco il
Concilio e il Papa per gli uomini del nostro tempo e
per 1111 mondo che bisogna rendere cristiano, i Consiglieri
si sono prepai ali a mettere a disposizione della Chiesa
le risorse della loro vita con generosità di apostoli,
con cuore di "Salesiani".
DON LUIGI FIORA
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1.3 Page 3

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CRONACA DEI CONVEGNI
IL CONVEGNO CONSIGLIERI
ISPETTORIALI COOPERATORI
SALESIANI D'ITALIA
Si è svolto ad Ariccia (Roma) nella casa <• Divin
Maestro>> dal 21 al 23 aprile scorso, in un clima di
fraternità salesiana che costituì la più bella caratte-
ristica del convegno.
Lo presiedette il direttore generale dei Cooperatori
Salesiani don Luigi Fiora. Regolatore del convegno, il
Delegato Nazionale don Armando Buttare/li con la
collaborazione del prof. Dambra. Il numero dei
Consiglieri presenti ( u5 Consiglieri ispettoriali
appartenenti alle 20 zone d'Italia) ha già una sua elo-
quenza se si pensa che al primo Convegno tenutosi a
Roma nel 1959 erano stati presenti solo una cinquan-
tina di Consiglieri. Parteciparono all'incontro anche
tutti i Delegati ispettoriali e regionali d'Italia.
LA BENEDIZIONE
DEL SANTO PADRE
La sera del 21 si aprirono i lavori invocando l'as-
sistenza divina con il canto del Veni Creator. Subito
dopo don Buttarelli comunicava all'assemblea la
benedizione delPapa e leggeva il seguente telegramma:
Ai solerti benemeriti Consiglieri e Dele-
gati Nazionali Italiani dei Cooperatori
Salesiani riuniti Convegno Roma per stu-
diare molteplici aspetti problemi loro a.po-
stolato alla luce recente Concilio Sua. Sa.n-
Ù tà paterna.mente incoraggiandoli a. perse-
verare nei buoni propositi di esemplare
vita. cristiana. di sempre pi~ fervida fe-
conda attivit~ dietro orme glorioso fon-
datore Sa.n Giovanni Bosco invia. implorata
particolare benedizione.
CARDINALE CICOGNANI
Al termine della lettura l'assemblea levò a Sua San-
tità Paolo VI una fervidissima ovazione, che disse
quanto sia sentito l'amore al Papa nella nostra Fa-
miglia.
Anche il telegramma di S. E. 111011s. Franco Costa,
presidente della Consulta Generale Apostolato dei
Laici, fu salutato con nutriti applausi.
Subito dopo don Fiora portava il saluto paterno
del Rettor Maggiore, appena tornato dalla Spagna,
e annunziava tra la gioia di tutti che la domenica 23
avrebbero avuto il privilegio di ascoltarne la parola.
Quindi inaugurava il convegno con una prolusione
programmatica sulle finalità del medesimo, dirette a
un approfondimento di idee e a uno scambio di
esperienze che servissero a qualificare sempre meglio
i Consiglieri ispettoriali e a sensibilizzarli mag-
giormente alle attese della Chiesa e della Congre-
gazione.
Dopo breve pausa, l'avv. Umberto Casonato
svolse la prima relazione: IL COOPERATORE SALESIANO:
UN (< SALESIANO >) AL SERVIZIO DELLA CHIESA, CON
DON BOSCO. La riportiamo integralmente a pag. 42,
seguita da una breve sintesi della successiva d1-
scussione.
I COOPERATORI SALESIANI
IN ITALIA, OGGI
Nei giorni del convegno i Consiglieri partecipa-
rono alla santa Messa comunitaria di don Fiora e
meditarono sulla Fede in preparazione all'Anno
della Fede, sotto l'illuminata guida di do11 Carlo Colli,
direttore al Pontificio Ateneo Salesiano. Più oltre
riportiamo il suo ricco schema di meditazione sulla
«Spiritualità salesiana •>.
Alla ripresa dei lavori don Buttarelli tenne la se-
conda relazione su: I COOPERATORI SALESIANI IN ITALIA,
OGGI, PER UN DOMANI PIÙ EFFICIENTE. La prima parte
risultò una consolante panoramica della nostra Terza
Famiglia in Italia a tutt'oggi: 147.000 iscritti, rac-
colti in 632 Centri locali, di cui 300 presso i Salesiani
35

1.4 Page 4

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e 332 presso le Figlie di Maria Ausiliatrice, dipen- Allora i parroci resteranno gradevolmente sorpresi
denti da 20 Centri isçettoriali o regionali, più una al sapere che Don Bosco manda i suoi Cooperatori
cinquantina di "gruppi" che si aV\\,iano a diventare in loro aiuto, e li benediranno.
Centri.
I Cooperatori in Italia sono in un periodo d1 ripresa,
anche se non tutti i Centri sono vitali e attivi. L'apo-
stolato che vi si svolge si estende a tutti i settori
elencati da Don Bosco: gioventù, stampa e altri mezzi
di comunicazione sociale, moralità, cultura religiosa,
formazione lpiritualc, vocazioni, missioni. lVIa c'è
2. Si. plaude allo zelo con cui i Cooperatori dif-
fondono la stampa salesiana (Meridiano 12 - Dimen-
sioni - Primavera - Ditemi/a - Gioventù Missionaria)
e si invitano a moltiplicare le loro industrie per farla
conoscere, ma insieme si raccomanda di propagan-
dare tutta l'altra stampa cattolica.
anche l'apostolato individuale e capillare che i Coope- 3. Si è parlato di formare salesianamente .i Coope-
ratori svolgono in famiglia, nella scuola, nella par- ratori. Si domanda: con quali mezz.i? Dori B1tttarelli
rocchia. Abbiamo tra i Cooperatori degli insegnanti, risponde: con la vita d.i Don Bosco, con la lettura del
dei professionisti, dei dirigenti di organizzazioni Bollettino Salesiano e con altre pubblicazioni nostre.
cattoliche che sono autentici apostoli. Essi lavorano Annunzia poi che è in cantiere tutta una serie di
con l'ardore e l'efficacia che comunica loro lo spirito "quaderni" preparati per i Cooperatori e intitolati:
di Don Bosco e il suo metodo educativo applicato (( Sussidi per l'ap()stolato >>. Inoltre ai Consiglieri ispet-
con sapienza.
toriali e locali come agli Zelatori raccomanda viva-
I Consigli ispettoriali sono funzionanti - ove più mente di leggere il Bollcttùw Dirigenti.
e ove meno - in quasi tutte le regioni. Dal loro fun-
zionamento dipende quello dei Consigli locali, in
molti dei quali si nota un sensibile progresso di orga-
nizzazione e di attività. La prima Conferenza an-
COOPERATORI
nuale si fa in quasi tutti i Centri, mentre la seconda
ED EXALLIEVI
la si tiene in pochi. La formazione religiosa spirituale
dei Cooperatori ha un indice positivo nei 53 corsi di
Esercizi Spirituali chiusi organizzati quest'anno in
Italia, e in quelli aperti, che si tengono in numerosi
Centri. Per la cura delJe vocazioni si sono avuti
molti incontri d.i Insegnanti e qualche altra ini-
ziativa.
Questo, a grandi linee, il quadrn di oggi; e per do-
mani, quali le prospettive? Qui don Buttare.Ili pro-
pone, tra l'altro, un traguardo da raggiungersi da
tutti: curare di più la formazione salesiana e apostolica
di quelli che desiderano militare n.elle n.ostrr. file. Ab-
biamo una grande massa umana che vuof bene a
Don Bosco: bisogna formarla. Questo lavoro tocca
soprattutto ai Consiglieri. Quindi nella scelta, tanto
dei Consiglieri ispettoriali quanto di quelli locali,
dare la preferenza ai non impegnati affinché possano
dedicarsi all'apostolato proprio del loro settore. Se i
Consiglieri sono quelli che formano la spina dorsale
dell' Un.ione, debbono essere disponibili, efficienti,
attivi. Essi, col loro lavoro, sgravano il Sacerdote
Delegato da tanti impegni e gli danno la possibilità
di fare meglio "il prete".
Don Buttare/li additava ancora ai Consiglieri due
direzioni di lavoro: andare ai giovani immettendo
nelle file dei Cooperatori elementi giovani e formaa,doli
Nella d1scussione è emersa ripetutamente la pro-
posta di incrementare le file dei Cooperatori con
l'iscrizione degli Exallievi migliori. A.i vari quesiti
risponde esaurientemente il Delegato Nazionale
don Arcadio Vacalebre, che poi offre ai convegnisti
un ciclostilato con le idee g'ià approvate nel Consiglio
Nazionale di Firenze. Il Movimento Exallievi vuole
salesianizzare tutti gli Exallievi in modo che sentano
il bisogno di essere Cooperatori e di salesianizzare
anche le loro famiglie.
Del resto ecco come l'articolo 62 del Regolamento
sintetizza il pensiero della Federazione Nazionale
Italiana: (( L' Uniotie favorisce l'inserimento degli Exal-
lievi, con loro spontanea e libera scelta, 11ell' Unione
dei Cooperatori Salesiani per una più intima e diretta
partecipazione all'apostolato della Congregazione Sale-
siana. Gli Exallievi che prendono parte alle pratiche
rel(giose e alle attività apostolichr proprif' dell'Unione
Exolli.evi assolvono in tal modo gli impegni ordinari
religiosi e apostolici dei Cooperatori. Sono tenuti sol-
tanto a partecipare alle manifestazioni solenni e ufficiali
dell'Unione dei Cooperatori, come per tsempio alle
due Conferenze annuali•>.
in gruppi a parte: mirare a /are dei Cooperatori
u11'associazio11~ sempre più ecdesiale. Don Bosco non
ha fondato i « Cooperatori dei Salesiani », ma i
«Cooperatori Salesiani >>, e li ha voluti nella Chiesa,
Concludeva la discussione il Superiore don Fiora,
che si compiaceva della bella chiarificazione a ri-
guardo degli Exallievi e sottolineava due punti:
per la Chiesa, con la Chiesa.
1. Si è detto: gli Exallicvi migliori devono essere
Alla relazione del Delegato Nazionale è seguita
una discussione animata, che riassumiamo nei punti
principali:
invitati a entrare tra i Cooperatori. Direi meglio:
tutti gli Exallievi che sono "attivi" nel Moviment~
Exallievi sono per c1ò stesso, di fatto, dei co<?perator~
salesiani. Ma essi debbono prendere coscienza d1
1. I Cooperatori non sono abbastanza conosciuti, questo fatto e debbono fare regolare e volontaria
non di rado anche dal Clero. Parliamone quindi, iscrizione tra i Cooperatori Salesiani. Noi abbiamo
diciamo chi sono, diciamo che lavorano per portare il compito d'avviare a questa iscrizione gli Exallievi
aiuto ai Vescovi e ai Parroci, ma salesianamente veramente attivi, salvo il loro diritto di iscriversi
(per esempio nella cura dei giovani di una parrocchia). o meno.
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1.5 Page 5

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2. Bisogna chiarire un equivoco. Una volta si
diceva: i Cooperatori fanno apostolato, gli Exal-
lievi no. Oggi, dopo il Concilio, tale distinzione non
regge. L'equivoco sta nella parola <1 apostolato••
che si applica a molti in modi diversi: c'è un apo-
stolato di grande impegno e un apostolato di minore
impegno, nell'ambito della propria associazione e
fuori della propria associazione, con certe opere o
con altre, ecc. I Cooperatori e gli Exallievi e tutte
le altre associazioni hanno tutte un d()'{Jeredi aposto-
lato, ma ogni associazione lo svolge secondo le fin.a-
lità, lo rpirito e le caratteristiclur dc/La propria Asso-
ciazione. Gli Exallievi se riuscissero a portare ad una
coerente vita cristiana i proprii soci per ciò stesso
farebbero grande opera di apostolato autentico, senza
fare le opere di altre associazioni.
tanto gradita, anche perché vediamo nella sua per-
sona la presenza del Papa».
Mom. Glorieux ringraziò in tono familiare e con-
tinuò nello stesso tono l'interessante conversazione
che pubblichiamo a pag. 48.
La serata ebbe un piacevole diversivo: L'Ora
Salesiana, un'ora dì serenità e di buon umore
offerta con amore fraterno dai Chierici salesiani
di Genzano e dal Gruppo Giovani Cooperatori
Romani di via Marsala.
IL RETTOR MAGGIORE
ALL'ASSEMBLEA CONCLUSIVA
LA PRESENZA DI
MONS. GLORIEUX
Quando l'assemblea si sciolse, i gruppi di studio,
composti di Consiglieri di tutte le regioni d'Italia,
preposti a quel settore specifico, si riunirono in sedi
separate per discutere un loro ordine del t:,iorno.
Più oltre, a pagina 53 e seguenti, diamo un breve
resoconto dei loro studi e delle relative proposte.
Quando nella seduta pomeridiana, i capi-gruppo in-
formarono l'assemblea del lavoro fauo dai loro gruppi,
don Fiora li ringraziò e commentò sottolineando
soprattutto L'importanza dell'apostolato tra i giovani.
È La nostra qualifica specifica disse - che ci fa
muovere nell'alone di simpatia che circonda Don Bo-
sco. Dobbiamo affrontare il problema dei giovani,
intenderlo e farlo intendere in chiave di ottimismo e
di fiducia. Abbiamo un tesoro da sfruttare. I principi
educativi di Don Bosco sono universali: il Sistema
preve11tivo dev'essere tradotto i11 lcr111i11i di famiglia
e applicato all'educa:::ione dei figli. Penso all'interesse
che desterebbe il nostro Bolleltino se in una serie di
articoli presentasse ai genitori i principi del metodo
educativo di Don Bosco e li guidasse come per mano
ad applicarli nell'educare i loro figli.
I\\el pomeriggio del 22 si ebbero due altre relazioni.
La doti. Serafina Buonocore trattò il tema: 11.. CON-
SIGLIERI! ISPETTORL\\LE: FIGURA MORALE E COMl'ITI.
La bella relazione e una sintesi della discussione
che ne seguì si possono leggere a pag. 45 e se-
guenti.
Più tardi, accolto da calorosi applausi, giunse
Mons. Achille Glorieux, Segretario del • Consìlimn de
Laicis 111 per tenere la relazione su: 1 COOPERATORI
SALESIANI AL PASSO CON CL. CONCIT, [O. Don Fiora lo
presentò all'assemblea. « In questi giorni - disse -
noi trattiamo i nostri problemi, ma guidati da una
preoccupazione: farci idee chiare sulla voce quasi
angosciosa della Chiesa che chiama i laici all'aposto-
lato. Per questo la sua presenza, Monsignore, ci è
li 23 aprile, all'assemblea conclusiva intervennero,
con iti Ispettori don Secondo De Berrzardi (Ro-
mana) e do1t Guglielmo Bo11acelli (Adrialica) anche
il rev.mo Procuratore Generale dei Saleriani don Luigi
Castano, il Delegato Nazionale per le Vocazioni
do71 Giimppe Cleme11tcl e il Delegato Nazionale per la
pastorale giovanile do11 Elio Scotti. Don Iluttarclli
presentò la il campagna » annuale sull'Anno della
Fede • (vedi pag. 62 e seguenti}, parlò del prossimo
Congresso mondiale dcli'Apostolato dei Laici e
invitò a dare sviluppo aJ ramo giovanile dei Coope-
ratori, che si presenta ricco di promesse e di possi-
bilità. Il Direttore del Bollettino Salesiano tenne una
breve relazione sull'organo dei Cooperatori, che pur
nei suoi 90 anni di vita, sente ancora tutta la vitalità
e lo spirito giovanile che gli ha impresso il suo santo
Fondatore.
Don Fiora parlò della stampa salesiana, compia-
cendosi che la campagna di quest'anno abbia supe-
rato quelle degli anni precedenti.
Meridiano 12 ha raggiunto le 133.000 copie. Anche
la rivista Dimemio11i per gli adolescenti e i giovani va
destando simpatie e raccogliendo consensi in tutti
gli ambienti giovanili. C'è pure La giovanissima ri-
vista per ragazzi Duemila, che ha avuto dovunque
una grande e bella accoglienza. La Lihrtria Dottrù,a
Cri.stio11a (LDC) dopo l'esortazione dei Vescovi
d'Italia a incrementare la cultura cattolica, molti-
plica I.e sue pubblicazioni. «Siamo nel campo della
catechesi - dice don Fiora - quindi non spendo
parole per convincere i Cooperatori a collaborare
con la preghiera e con tutte le forme di propaganda
che suggerisce uno zelo ardente.
A questo punto arriva il Rettor Maggiore. li canto
entusiasta del ritornello «Don Bosco ritorna>> dice
all'evidenza la venerazione e la gioia dei presenti.
Lo rileva do11 Fwra e lo commenta il do/I. Nùw
Banaco di Palermo, che porge al Reuor Maggiore
~ il saluto piu caldo, piu devoto, piu affettuoso di
questo secondo convegno nazionale dei Consiglieri
Jspctcoriali », e li dichiara tutti pronti ad accogliere
con commossa gratitudine il messaggio che vorrà
loro affidai-e. Il Reuor Maggiore se ne compiace e
risponde con le parole paterne e orientatrici che
pubblichiamo a pag. 57.
37

1.6 Page 6

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IL SAl.UTO DEL
PROFESSOR BACHELET
Prima del Rettor Maggiore, aveva rivolto il suo
saluto ai convegnisti il prof. Vittorio Bachelet, presi-
dente della massima organizzazione cattolica dei
laici in Italia, l'ACI. Lo presenta all'assemblea
don Buttarelli che, tra la commozione dei presenti,
rievoca la figura del padre, il gen. Bachelet, esemplare
Cooperatore Salesiano. Il saluto del prof. Bachelet
è pubblicato a pag. 56.
Prima di sciogliere la seduta, fu letta e approvata
la t Mozione finale >> del convegno (vedi pag. 39).
Coronò l'indimenticabile incontro fraterno la bel-
lissima azione liturgica nella quale il celebrante, che
era lo stesso Rettor Maggiore, con un'appropriata
omelia mise il miglior suggello ai lavori del coQ-
vegno.
All'agape fraterna presero parte anche i membri
della nuova Presidenza Nazionale degli Exallievi con
a capo il presidente Angelini, appena eletto. La
loro presenza accrebbe il clima di cordialità e portò
anche una nota di commozione. Ma lasciamo che ne
parli, non senza buon umore, il Consigliere ispetto-
riale dott. Nino Barraco su Vita Cattolic(I. di Palermo,
da lui diretta:
«E tutto, per la verità, si sarebbe concluso bene se,
alla fi11e, non fossero intervenute a guastare la festa...
le lacrime degli J.,,xallievi.
fl cambio di consegna tra Chiesa, al quale è andata
la calorosa ovazione di ringraziamento, e Angelini,
nuovo presidente della Federazione, cui è stato rivolto
un coro di auguri (se permette, anche il mio, di modestis-
simo collega) ha rovinato cuori: e digestione... Scherzi
a parte, è stata quella La riprova di come si possa ser-
vire don Bosco... fino alle lacrime.
Meno mQ/e che e'erano i Cooperatori - i bra'l.i,
bravissimi Cooperatori che ricordo a uno a uno, con
pungente e affettuoso nostalgia - a ormeggiare in
tempo la barca, 1iparandola da un comune... nau-
fragi-<>! ».
FISSIAMO
RISULTATI
GENERALI DEL CONVEGNO
tecniche, le strutture sono solo mezzi, che attingono
la loro efficacia dalla vita interiore.
2 . Il vero formatore di ogni apostolo è Gesù Cristo,
che scelse i 12 Apostoli, volle per sè il privilegio di
formarli e spese a questo fine quasi tutta la sua vita
pubblica. Anche oggi Gesù vuole riservarsi il privi-
legio di formare i suoi apostoli.
3. Il nostro Movimento è sorto con uno spiccato
càrattere ecclesiale, che oggi si potenzia nel rinnova-
mento voluto dal Concilio. Nel convegno abbiamo
visto quali sono le prospettive della Chiesa, a cui
dobbiamo ispirarci. Servire al massimo la causa
della Chiesa: questo è essere Cooperatore Salesiano
come l'ha concepito Don Bosco.
4. Altra realtà emersa dai lavori del convegno:
l'appartenenza dei Cooperatori alla Famiglia Sale-
siana. Voi siete <• Salesiani nel mondo>>, non tanto per
la vostra cooperazione quanto perchè ne vivete la
spiriti.•alità, che è un modo moderno e attuale di
vivere il Vangelo tradotto in stile di oggi. Il mondo,
disorientato come idee e come pratica, ha bisogno di
chi ~li tracci il cammino, di chi gli indichi il cielo,
senza rifiutare, anzi servendosi dei valori della terra.
Don Bosco è simpatico a tutti e ha tanti tratti di
somiglianza con Papa Giovanni, anche per questa
sua carica di umanità.
5. In questi giorni avete anche ricevuto tante idee
e direttive come Consiglieri, vale a dire come guide
e animatori del nostro Movimento. Forse si potevano
desiderare direttive più particolari e pratiche; ma
sono le grandi idee, le forti convinzioni, quelle che
muovono all'azione. Don Bosco ha avuto alcuni
grandi princìpi e si è lasciato portare da quelli. In
questi giorni sono stati ripetuti i suoi principi, le sue
idee; voi li avete assimilati, avete confrontato con
essi le vostre esperienze, vi siete spiritualmente ricari-
cati; siete quindi in grado di fare da guide e da
animatori. « Se voi sarete quello che dovete essere,
incendierete il inondo >>(S. Caterina da Siena):
Don Fiora rilevava in fine lo spirito di famiglia
che aveva dominato il convegno: spirito vivo e mag-
giormente sentito perché si e.ra in molti e provenienti
dalle regioni più lontane, tutti però animati daglj
stessi sentimenti e mossi dagli stessi ideali. Si è
toccato con mano che, nella Chiesa come nella nostra
Famiglia, l'universalità accresce intensità all'amore.
Questo il tema della meditazione dell'ultimo giorno.
La dettò lo stesso don Fiora, che invitò ciascun Con-
sigliere anzitutto a un bilancio intimo per fissare j
risultati personali; quindi propose alcuni punti di
meditazione che costituissero come i risultati generali
dell'inc.ontro.
1. È sempre valida l'affermazione di Pio XII,
che nello storico discorso del 1952 ha messo in guardia
i Cooperatori salesiani dal *pe1 icolo che l'azione
spenga la fiamma dell'orazione>>. L'organizzazione, le
38
In altri tempi, quando la società
viveva di fede, bastava unirsi nella
pratica di pii esercizi; oggi invece,
oltre al pregare, che non deve man-
care mai, bisogna operare, inten-
samente operare; se no, si corre
alla rovina.
DON BOSCO nel 1880

1.7 Page 7

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LA MOZIONE FINALE
APPROVATA DALL'ASSEMBLEA
I Consiglieri lspettoriali dei Cooperatori Salesiani
d'Italia, riuniti insieme ai Delegati lspettoriali in Ariccia
(21-23 aprile 1967), per il 2° Convegno Nazionale, pre-
sieduto dal Direttore Generale rev.mo don luigi Fiora,
ELEVANO IL LORO RIVERENTE PENSIERO al Vicario
di Cristo, del Quale hanno ricevuto con profonda gioia la
Benedizione Apostolica;
ESPRIMONO ai Pastori della Conferenza Episcopale
Italiana la loro devozione, pronti come sono ad accogliere
filialmente le Loro direttive e collaborare con gli organismi
diocesani e le Associazioni dell'apostolato dei laici;
INVIANO un filiale e riconoscente saluto al Sesto Suc-
·cessore di Don Bosco, ai membri del Consiglio Superiore,
agli Ispettori e Direttori delle case salesiane d'Italia.
In particolare desiderano far giungere l'espressione della
loro più viva riconoscenza ai Delegati e alle Delegate
lspettoriali, ai Delegati e alle Delegate locali, ai Direttori
Diocesani e ai Decurioni, i quali tutti, con il loro zelo e
la loro dedizione, guidano spiritualmente i membri dei
635 Centri Cooperatori d'Italia.
PRESO ATTO
dei segni dei tempi, che aprono nuovi orizzonti all'im-
pegno degli uomini di buona volontà;
dei solenni documenti conciliari, che invitano i battez-
zati ad entrare decisamente nel campo dell'attività apo-
stolica;
della corrispondenza del movimento dei Cooperatori
Salesiani alle prospettive indicate dallo Spirito Santo
e dalla Gerarchia della Chiesa;
RIMEDITATE CON GIOIA
le parole dei Pontefici che riconoscono Don Bosco come
un inviato di Dio per una missione speciale: procurare il
bene della Società, mediante l'educazione ·cristiana della
gfoventù; e come provvidenziale suscitatore di apostoli
per i tempi moderni nei Salesiani, nelle Figlie di Maria
Ausiliatrice e nei Cooperatori (Terza Famiglia Salesiana);
RICORDATE
le profetiche parole di Don Bosco sulla incidenza aposto·
lica della Congregazione Salesiana nella Chiesa, se re-
sterà fedele alla sua missione;
PRENDONO SEMPRE PIÙ VIVA COSCIENZA della
loro appartenenza alla Congregazione Salesiana e del
privilegio e della responsabilità che essa comporta.
Quindi:
1. AUSPICANO una maggiore disponibilità dei sacer-
doti Delegati per la formazione spirituale e apostolica dei
Cooperatori;
2. SI IMPEGNANO:
a) a chiarificare a se stessi, ad assimilare, a vivere e
irradiare la "spiritualità salesiana", specialmente:
con lo studio degli scritti e l'imitazione della vita di
San Francesco di Sales, di San Giovanni Bosco e dei
Santi salesiani;
con una impostazione di vita ricca di Fede, di Speranza,
di Carità, di ottimismo e di gioia cristiana;
b) a organizzare efficacemente i Consigli, ai vari livelli,
perchè siano realmente "anima" di ogni attività;
e) a vivere le ·•attività apostoliche" della Congregazione
Salesiana:
facendo del problema della gioventu, in tutte le sue
implicazioni, l'impegno fondamentale della loro vita;
assimilando e applicando il sistema educativo di Don
Bosco nella famiglia, nell'insegnamento, nella profes-
sione, nella vita sociale;
preparandosi adeguatamente per contribuire ad una
rinnovata catechesi, all'orientamento vocazionale, alla
difesa spirftuale e morale della gioventù e del PORolo;
3. SI IMPEGNANO ANCORA:
a favorire l'afflusso di elementi giovani, qualificati ed
attivi, in Centri e Gruppi giovanili;
a rendersi disponibili per un'ampia collaborazione apo-
stolica con le altre Associazioni salesiane e cattoliche in
genere, a livello parrocchiale e diocesano.
Mentre guardano con simpatia al movimento degli
Exallievi e delle Exallieve di Don Bosco, attendono da
essi e dai loro congiunti, un afflusso di nuove energie per
il progresso della Terza Famiglia Salesiana.
39

1.8 Page 8

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IL CONVEGNO DE I
DELEGATI ISPETTORIALI
(FRASCATI 25-26 APRILE 1967)
Fu presieduto dal Rev.mo Don Luigi FIORA e
vide presenti (oltre al Delegato Nazionale) anche il
Direttore del << Bollettino Salesiano l> don Pietro
Zerbino, il Capo Ufficio Centrale, do11 Agostino Ar-
ch1mti, nonchè, in particolari momenti delle due gior-
nate, i Delegati Nazionali per gli Exallievi don
Arcadio Vacalebre, per la Pastorale Giovanile
don Elio Scotti, e per le Vocazioni don Giuseppe
Clemente!.
L'ispettore dell'Adriatica, dcn Guglielmo Bonacelli,
assistè ai lavori delle due giornate, apprezzatissimo
dai presenti per la sua sensibilità ai problemi del
settore Cooperatori.
Il Convegno dei Delegati Ispettoriali quest'anno
ebbe una fisionomia particolare, dovuta al fatto che
si era all'indomani del Convegno dei Consiglieri
lspettoriali di Ariccia, dove alcuni problemi erano
già stati approfonditi.
Si è cercato quindi di fissare l'attenzione su qualche
particolare problema di specifica competenza del
Delegato, e si è data l'approvazione ad alcune ini-
ziative importanti.
Il tutto alla luce di un esame della situazione del
movimento.
Ma procediamo per ordine.
CAMPAGNA ANNUALE 1967-68:
ANNO DELLA FEDE
Fu pure presentata la formulazione esatta della
Campagna che contiene anche il richiamo alla solenne
ricorrenza del Centenario d ella Consacrazione della
Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino. Eccola:
STRENNA DEL RETTOR MAGGIORE
1968
ANNO DELLA FEDE
Accogliendo con filiale devozione l'esorta-
zione del Sommo Pontefice per il centenario dei
Ss. Pietro e Paolo
IN V I TO
tutta la Famiglia salesiana
a celebrare l'anno della fede
col generoso e fervido proposito di
approfondire il valore autentico della fede
rawivarne la coscienza e l' efficacia
nella propria vita
• renderle testimonianza nell'ora presente
con coerenza cr-istiana.
La Vergine Ausiliatrice
valido sostegno e difesa della f ede
nel centenario della consacrazione della sua
Basilica in Torino
ci conforti nel nostro impegno.
Il tema fu magistralmente trattato da don Mario
Midali (vedi relazione a pag. 62), che presentò i mo-
tivi ideologici della Campagna, che vuole essere in
sintonia con quanto il Santo Padre desidera per
l'anno sociale prossimo nonché (per l'aspetto cultu-
rale) con l'invito della CEI allo studio della Costitu-
zione Conciliare ~ Verbum Dei >>.
Gli interventi dei presenti - numerosi e perti-
nenti - servirono molto bene a chiarire, ·a precisare
e a porre i necessari limiti all'argomento, per aver
quindi una sicura area di azione per il buon esito della
campagna.
La partecipazione attiva dei presenti consentì
di trasferire la trattazione del tema sul piano pra-
tico delle iniziative concrete. Di esse si riferirà a suo
tempo.
RELAZIONE CIRCA LA
SITUAZIONE PRESENTE
Il Delegato Nazionale in essa presentò non tanto
una esposizione di dati, cifre, elenchi, quanto il
come si erano raggiunti i traguardi che i Delegati
si erano prefissi nel novembre passato.
a) Circa l'impegno per una più coscientp e maturata
isaizione tra i Cooperatori si è potuto riconoscere
che si sono osservati i criteri dati e un buon passo
avanti si è fatto. Gli iscritti di questo anno sono
stati quindi in minor numero, ma meglio rreparari.
40

1.9 Page 9

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Inoltre è nettamente diminuita la sproporzione fra
uomini e donne (siamo a uno su tre), è aumentato il
numero dei giovani (sul totale uno su sei e di età al
di sotto di 25 anni).
b) IL ramo giovanile non è più un sogno; sta av-
viandosi a divenire realtà. Si hanno circa 50 tra
Centri e gruppi che stanno acquistando una fisionomia
propria con un'area di attività che fa veramente
bene sperare. Fu questa la più bella notizia della
relazione, se si pensa che in non podu casi si tratta
di gruppi che animano parrocchie, oratori, opere
apostoliche di vasta portata, maschili e femminili.
c) La categoria insegnanti è stata meglio curata e
se ne hanno i segni osservando sia il numero rilevante
dei neo-Cooperatori insegnami, sia il numero dei
convegni organizzati per loro in ogni parte d'Italia.
d) Ancora scarsa la presenza dei Cooperatori nelie
Consulte Parrocchiali o Diocesa,1e. Buona quella
nella Consulta Generale.
e) Ben riuscito il lavoro di informazione e chiarifi-
cazione sui Cooperatori, che si è svolto nelle Case di
formazione dei Salesiani e in quelle delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
Settimane e giornate di studio sono state fatte
quasi dappertutto.
Molto meno i Delegati hanno potuto fare nei n-
guardi dei confratelli delle altre Case.
Circa altri settori la relazione notò:
a) Urge esaminare in profondità la situazione dei
Cooperatori Sacerdott', specialmente Decurioni, e
dedicarsi ad un "rilancio" di questo importantissimo
settore. Sono diminuiti, tra l'altro, gli incontri e i
Convegni.
b) L'andamento della campagna sul dia,ogo: bene
nel piano ideologico, meno bene su quello pratico.
e) "L'inchiesta" svolta di recente ha soddisfatto
abbastanza. (11 tempo concesso, troppo limitato, non
consenti di tare di più).
d) Consigti lspettm iali: Qualcosa si è già mosso in
bene. Il Convegno di Ariccia ne ha dato la dimostra-
zione.
1>) Si sta curando la collana «Quaderni per l'apo-
stolato •>, che comincerà a uscire ad ottobre pros-
simo e ha lo scopo di dare un valido sussidio a chi
vuole approfondirsi nel settore specifico di aposto-
lato.
f) Un gruppo di studio ha lavorato per presen-
tare ai Superiori proposte concrete per una even-
tuale nuova edizione del Regolamento.
PROPOSTE PRESENTATE,
DISCUSSE E APPROVATE
a) La Conferenza mensile di giugno dovrà essere
sulla «Popolorum. progressio •>. Sarà mandato lo schema
sull'argomento. Si è suggerito di diffondere abbon-
dantemente in quella occasione il testo dell'enci-
clica.
b) Per qualificare di più i Cooperatori, specialmente
gli Zelatori e i Consiglieri, si inizierà con il no-
vembre prossimo una scuola di apostolato, a cura
dell'Ufficio Nazionale, sia per corrispondenza che
per gruppi presso i centri.
e) Un viaggio apostolico in India, (si effet-
tuerà in novembre) darà modo a un gruppo scelto
di Cooperatori (ci si augura che siano numerosi e
di categorie particolarmente indicate, come inse-
gnanti, medici...) di stabilire un concreto rapporto
con le missioni, suscettibile di benèfici risultati.
d) Perchè meglio si conosca il nostro movimento,
i Delegati han.no accolto la proposta di divulgare
un numero unico che presenti al lettore il mondo
dei Cooperatori in Italia.
"Ho studiato molto sul modo di fondare i Cooperatori Salesiani. Il loro vero scopo
diretto non è quello di coadiuvare i Salesiani, ma di prestare aiuto alla Chiesa, ai
Vescovi, ai Parroci sotto l'alta direzione dei Salesiani nelle opere di beneficenza, come
catechismi, educazione dei fanciulli poveri e simili. Soccorrere i Salesiani non è altro
che aiutare una delle tante opere che si trovano nella Chiesa cattolica. È vero che ad
essi si farà appello nelle urgenze nostre, ma essi sono strumento nelle mani del Vescovo.
L'unico che finora intese la cosa nel giusto senso è il Vescovo di Padova, il quale
disse chiaramente che non si deve avere gelosia dei Cooperatori Salesiani, perchè
sono cosa della Diocesi, e che tutti i parroci dovrebbero con i loro parrocchiani essere
Cooperatori".
DON BOSCO (Mem. Bio91. XVII. 26)
41

1.10 Page 10

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RELAZIONI E DISCORSI
Il Cooperatore salesiano:
un 11Salesiano" al servizio della Chiesa, con Don Bosco
Relazione dell'avv. Umberto Casonato, Consigliere lspettoriale
Cari confratelli e consorelle,
A questa mia relazione avrei po-
tuto dare un titolo più idoneo a
mettere subito i.o evidenza la so-
stanza di quanto sto per dire. Per
esempio: «il Salesiano Coopera-
tore •>, anzichè il Cooperatore Sa-
lesiano. E in tale caso nessuno
avrebbe dovuto stupirsene.
Come anche nessuna meraviglia
e sorpresa deve suscitare l'indirizzo
"Cari confratelli e consorelle",
che ho usato. Al termine di questa
mia relazione, ma soprattutto al
termine di questo convegno, ci
renderemo ancor più conto che
essi sono i termini sostanzialmente
più idonei a qualificarci.
Cari confratelli, siamo qui per
chiarire a noi stessi - l'afferma-
zione non sembri assurda - chi
veramente siamo; chi è il "Coo-
peratore salesiano", presente oggi
in tutto il mondo.
Siamo innanzi tutto figli veri, co-
scienti e respansabili di Don Bosco.
E questa r<'altà, di per sè così evi-
dente, dice già tutto e potrebbe da
sola esaurire l'argomento, avendo,
come certamente abbiamo, idee
chiare su che cosa significhi essere
figlio cosciente e responsabile di
Don Bosco.
Uno dei più grandi Papi della
storia della Chiesa, quel grande e
santo Pontefice che rappresentò
Cristo col nome di Pio XII, ricordò
e affermò in modo lapidario, in
quel discorso del 12 settembre 1,952
che costituisce la MagnaCharta per
noi Cooperatori : «Apostolo nato e
suscitatore di apostoli, Don Bosco
dh-i11ò, or è tm secolo, la mobilita-
zione del laicato contro l'azione del
mondo nemico della Chiesa>>.
Orbene, non possiamo esatta-
mente comprendere "chi" siamo,
se non torniamo alle origini, se non
iniziamo il nostro studio e la no-
stra ricerca partendo proprio dal-
1'epoca della geniale e santa intui-
zione del nostro Padre e Fonda-
tore.
Mi si consenta pertanto di ini-
ziare con brevi cenni storici.
Dobbiamo risalire aJl'autunno
del 1841, all'inizio dell'opera degli
oratori, quando Don Bosco era sa-
cerdote da pochi mesi.
Sin dai primi tempi del suo ora-
torio, Don Bosco si avvide che i
sacerdoti, legati ad altre e gravi oc-
cupazioni, potevano dargli mano
solo saltuariamente, per cui ricorse
ai laici, che si offrirono di buon
grado a fare catechismo, scuola e
assistenza, in tempo di funzioni e
di ricreazioni. Altri laici egli inte-
ressò per il collocamento e l'assi-
stenza dei giovani, venuti da lon-
tano senza pane e senza occupa-
zione, presso offici.ne e presso pa-
droni onesti.
È da allara, che Don Bosco pensa
ad una mobilitazione del laicato cat-
tolico. In verità, questo primo nu-
cleo di collaboratori o cooperatori,
è composto indifferentemente da
sacerdoti e laici: sono i primi "aiu-
tanti" di Don Bosco, i.o un certo
senso disorganizzati, ma pieni di
iniziativa e di entusiasmo.
È soltanto in un secondo mo-
mento che Don Bosco vede la ne-
cessità di organizzarli. Concepita,
nella sua santa intuizione, l'orga-
nizzazione di coloro che lo aiute-
ranno a rendere stabile la sua atti-
vità a vantaggio dei giovani, mette
la sua opera sotto la protezione di
San Francesco di Sales, pensa su-
bito a una "congregazione" che
sarà composta da "salesiani" co-
stituenti due famiglie distinte sì,
ma tra loro identiche, direi, per
il 90%.
Due famiglie che si identificano,
oltrechè nel loro Fondatore, nel
fine (la perfezione e la santità), 11ei
mezzi per raggiungere il fine stesso
(lavoro apostolico, salvezza della
gioventù), nella spiritualità (asce-
tica di San Francesco di Sales),
perfino in alcune regole.
Famiglie che hanno gli stessi
Superiori (Rettor Maggiore, Ispet-
tori e Direttori); lo stesso sistema
educativo, quello preventivo ba-
sato su religione, ragione, amore-
volezza; Je stesse devozioni (San-
tissimo Sacramento, Maria Ausi-
liatrice, il Papa), e addirittura le
stesse pratiche di pietà principali.
In che cosa, quindi, differiscono
queste due famiglie e più precisa-
mente questi due rami di una
stessa famiglia ? In che cosa con-
siste, in altri termini, il 10% di
non identità ?
Sembra in null'altro che in que-
sto: i salesiani, sacerdoti o religiosi,
tendono alla perfezione vincolati
dai "voti" e vivono in comunità;
i salesiani laici o Cooperatori, ten-
dono alla stessa perfezione, senza
"voti" e non vivendo in comunità.
Si tratta di uno stato giuridico di-
verso dinanzi alla Chiesa.
È tanto presente in Don Bosco
l'ideale che in null'altro differi-
scano o null'altro distingua i due
rami della sua unica Famiglia che,
42

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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sin dall'origine, egli chiama i primi
salesiani interni, ed i secondi sale-
siani esterni.
Ed è tanto convinto, Don Bosco,
della unità sostanziale della famiglia
salesiana, che quando scrive le
"regole" o "costituzioni" della So-
cietà Salesiana, vi inserisce un ca-
pitolo particolare (il XVI) che ri-
guarda i Salesiani esterni.
Purtroppo i tempi non erano
maturi, e con il Decreto di lode
della Santa Sede vennero anche
delle osservazioni dei Consultori
che in sostanza dicevano: il XVI
capitolo, intitolato De e:,·temis,
deve essere tolto, perchè non si
concepisce una famiglia religiosa,
in senso canonico, con elementi che
non abbiano voti e vita comune.
Questa è la storia che dice la
lungimiranza di Don Bosco, che
precorreva i tempi e voleva essere
all'avanguardia del progresso an-
che in questo campo.
Don Bosco lasciò passare un de-
cennio, tentando nuove vie per ar-
rivare al suo intento ma sempre
inutilmente.
Desistendo allora dal suo primi-
tivo disegno, ottenne da Pio IX il
riconoscimento della sua Terza
Famiglia con Breve pontificio in
data 9 maggio 1876. I C':>0~eratori
vennero allora nconoscmt1 come
una organizzazione laicale di apo-
stolato, senza vita comune e senza
voti, quasi terz'ordine degli antichi,
che successivamente il Codice di
Diritto Canonico avrebbe classifi-
cato fra le cosiddette <t Pie Unioni •>-
Susseguentemente Don Bosco,
insieme a Suor Maria Domenica
Mazzarello, magnifica e munifica
Santa, fonda la sua seconda Fa-
miglia, l'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
A questo punto, non vi è chi
non veda e non tragga questa con-
clusione logica: i Cooperatori Sa-
lesiani non sono una qua/,siasi asso-
ciazione jondata da Don Bosco, ma
sono e devono essere considerati
come parte i11tegrante, sostanziale,
della Famiglia salesiana.
Possiamo idealmente raffigurare
la grande Famiglia Salesiana, in un
rigogliosissimo albero che, ben ra-
dicato nella terra di Cristo, attra-
verso nodose radici (ascetica di
San Francesco di Sales) emerge
forte e robusto, sfidando il vento
e le intemperie del mondo esterno
con un formidabile tronco (Don
Bosco e la sua spiritualità) dal
quale si dipartono tre rami: i Sa-
lesiani, le Figlie di Maria Ausilia-
trice, i Cooperatori. Tre rami di un
unico ceppo, magnificamente e stu-
pendamente lanciati vC'rso l'ester-
no, per la conquista (evangelizza-
zione) dello spazio e del mondo cir-
costante; tre Famiglie, espressioni e
sante creazioni di un unico Fonda-
tore, alimentate e spronate da un'u-
nica santa e provvidenziale linfa.
Voi comprendete quindi come
sia stato appropriato il mio saluto
iniziale, quel "cari confratelli",
senza fare rustinzione fra i pre-
senti: salesiani interni, nostri cari
e amati superie>ri, e salesiani ester-
ni; voi comprendete quindi come
e perchè sarebbe più corretto chia-
marci Salesiani Cooperatori che
Cooperatori Salesiani.
1\\1:a se vi potesse essere ancora
qualcuno (non certo tra i membri
della triplice famiglia) che avesse
dubbi sul fatto che i Cooperatori
sono parte integrgnte e sostanziale
della famiglia salesiana, sarà suf-
ficiente por mente ai sei capitoli
costituenti il «Regolamento >>, per-
chè ogni dubbio sia fugato.
A questo proposito, una osser-
vazione è, a mio avviso, determi-
nante: il termine «Regolamento 1>,
è usato dal Fondatore solo margi-
na/mente, come titolo, quasi neces-
sario dopo che Roma non aveva
approvato le Costituzioni com'egli
le intendeva, mentre le norme in
esse contenute sono da lui espres-
samente chiamate Regole (vedasi
avviso, in chiusura, e l'art. I del
capo III che così suona: "Chiun-
que ha compiuto 16 anni può farsi
Cooperatore purchè abbia ferma
volontà di conformarsi alle Regole
quivi proposte" >>. E occorrerC'bbe
forse spendere altre parole, sul-
l'argomento, dopo che si è letto il
primo paragrafo del regolamento
stesso?
E della sostanziale fratellanza
del Cooperatore con i Salesiani e
colle Figlie di Maria Ausiliatrice
non se ne ha conferma dalJa let-
tura dei n. 4 e 5 del quinto capitolo,
nei quali il Cooperatore è espres-
samente chiamato confratello?
si può ritenere che il n. 5 del
quinto paragrafo si riferisca ai Sa-
lesiani Religiosi; chè non si com-
prenderebbe il perchè Don Bosco
avrebbe inserito nelle Regole dei
Cooperatori una norma riguar-
dante i Salesiani religiosi.
E che dire del n. 4 del terzo ca-
pitolo ? Si noti come è usato il ter-
mine ascrivere e non quello di
iscrivere, il che significa che il di-
rettore di ogni casa della Congre-
gazione, deve considerare il richie-
dente o il postulante Cooperatore,
come si trattasse di un aspirante al
noviziato, e lui stesso (personal-
mente o attraverso il delegato lo-
cale) ne deve garantire verso il
Superiore.
Inoltre come è consolante per
noi Cooperatori il leggere il se-
guente articolo, che, se riguarda i
Salesiani, tuttavia sembra che Don
Bosco l'abbia voluto appositamente
inserire nelle nostre Regole per
confortarci e sostenersi: « I mem-
bri della Congregazione salesiana
considerano tutti i Cooperatori come
altrettanti frate/li in Gesù Cristo...
tutti soci,... tutti figli del nostro
Padre celeste, tutti fratelli in Gesù
Cristo >>(Reg. IV, 1-2).
Nella discussione che seguirà la
presente relazione, emergeranno
certamente altri elementi, altre di-
mostrazioni autentiche e interpre-
tative sulla· identità che vuole vi
sia, tra il Salesiano Religioso e il
Salesiano Cooperatore, una diffe-
renza semplicemente istituzionale,
ma con identità costituzionale.
Ma se questa è la conclusione
a cui si deve giungere, grande è
la responsabilità che incombe su
ciascun membro della terza Farni-
glia Salesiana (anche se "secondo-
geniti", ci corre l'obbligo di porre
nel giusto posto di seconda fami-
glia, le care ed amate consorelle
sales-iane, Figlie di Maria Ausilia-
trice). Grande responsabilità legata
al non meno grave onere di avere
idee chiare per poter essere degni
del privilegio della fratellanza che
ci viene riconosciuta.
Cari confratelli, si è parlato di
tre rami: non nascondiamoci che il
nostro ramo, in rapporto allo svi-
luppo e alla floridezza degli altri
due, è rimasto, consentitemi la pa-
rola, alquanto rachitico.
A questo mancato, ritardato svi-
luppo non sono probabilmente
estranei tre equivoci che per diverso
43

2.2 Page 12

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tempo hanno offuscato la figura
del Salesiano Cooperatore.
I. Cooperatore non è il benefat-
tore: colui che dà la sua benefi-
cienza e non vuole vivere come in
una vita religiosa, non può essere
Cooperatore salesiano, anche se dà
alla Congregazione sostanze in-
genti.
Don Bosco, tra le forme di coo-
perazione, mette anche la benelì-
cienza, ma non ne fa una condi-
zione t'ssenziale; e prec.isa in modo
chiaro che quella può essere una
delle forme che presuppongono
tutta la impostazione della vita
spirituale nel Cooperatore.
2. Cooperatore non è l'exallievo:
vi è una distinzione netta e sostan-
ziale tra loro. Non vi è dubbio che
l'exallievo che ha ben assimilato i
princìpi e lo spirito di Don Bosco,
sia "Cooperatore" in potenza; ma
resta nitida ed evidente una diver-
sità scsranziale: una diversità di
vocazione.
L'exallievo resta figlio dei sale-
siani; il Cooperatore, come si è
visto, ne è fratello.
3. Cooperatore non è il collabora-
tore, il simpatizzante, l'aiuto dei
salesiani: a tal riguardo nulla può
essere più chiaro delle parole di
Don Bosc0: << Ho studiato molto sul
modo di fondare i Cooperatori sale-
siani. ll loro vero scopo diretto non
è quello di coadiuvare i salesiani,
ma di prestare aiuto alla Chiesa, ai
Vescovi, ai Parroci, sotto l'alta di-
rezione dei salesiani... essi sono stru-
menti 11.elle mani del Vescovo•>.
·Che "apertura" veramente cat-
tolica è quella di Don Bosco! Egli
si sente servitore dell'intera Chie-
sa. E per questo fonda i Coopera-
tori, che non saranno i Cooperatori
dei Salesiani, bensì Cooperatori
del bene ovunque, in parrocchia,
in diocesi, ma con lo spirito sale-
siano.
Quanto del Vaticano II noi sco-
priamo in questa larghezza di ve-
dute di Don Bosco, in questo invio
dei laici al servizio della Chiesa!
C hi è, per concludere, il "Coo-
peratore" ? Il Cooperatore è il sa-
lesiano laico; il buon cristiano che
si caratterizza nella sua spiritua-
lità, nella sua apostolicità e nella
sua fratellanza con le altre due fa-
miglie di Don Bosco.
Tre caratteristiche, che lo quali-
ficano e lo distinguono da altre as-
sociazioni o spiritualità laicali, che
esistono nella Chjesa (terzi ordini
e simili...).
I. La spiritualità del Salesiano
Cooperatore è la stessa eh<" anima
i Salesiani religiosi sotto l'insegna
del ~ Da mihi animas 1>. Il Coope-
ratore è soldato di un esercito di
generosi che tende alla perfezione
propria nella ascetica di S. Fran-
cesco di Sales e nella spiritualità
di Don Bosco.
2. Apostolicità del Cooperatpre:
il Cooperatore è operaio specializ-
zato ne11'ambito generale dell'apo-
stolato dei laici ed è specializzato
in particolare in quelle che sono
fo mansioni e la missione specifica
della Società Salesiana. Quali stru-
menti in mano del Vescovo e atti-
visti a favore della Chiesa, hanno
per campo della loro attività par-
ticolarmente quello della gioventù:
ricerca delle vocazioni; mezzi di
comunicazione sociale; catechesi;
istruzione ed educazione del gio-
vane, con criteri moderni e validi
per i nuovi tempi.
3. Fratellanza con i Salesiani re-
ligiosi e le Figlie di Maria Ausilia-
trice: tale fratellanza, si è già visto,
è fondata sul 90°/ç_ di concreta iden-
tità: fondatore, hne, mezzi, supe-
riori, regole, spiritualità.
Cari confratelli, permettemi di
concludere con una esor tazione:
Occorre prepararci, occorre pre-
pararci per poterci impegnare e
portare nei nostri Centri questi
princlpi e diffonderne l'ortodossia.
Occorre prepararci a far sentire
la necessità di una vera e propria
vocazione per poter validamente
essere dei Salesiani Cooperatori,
perchè il Cooperatore è un costume
di vita, è uno stato, prima ancora
di divenire un'attività.
Ricordiamo quello che Don Bo-
sco ci rnecomanda al n. 1 del
VI capitolo del Regolamento:
<< ••• la modestia negli abiti, la fru-
galità nella mensa, la semplicità nel
suppellettile domestico, la castiga-
tezza nei discorsi·, la esattezza nei
doveri del proprio Stato... ►>.
È lo stesso Don Bosco che ci ri-
corda che la nostra vita deve es-
sere tale che <i si possa in qualche
modo assimilare a quella di chi vive
in comunità religiosa >>.
Soltanto se si è consci di questa
necessità di vocazione potremo ve-
ramente divenire quella «milizia
leggera 1> della Famiglia Salesiana,
quegli << attivisti della causa del
bene ►>, che sparsi in tutte le classi ed
esposti a tutte le più. van·e circo-
stanze, lavorano, co11 la vita, con
la parola, con l'azio11e, a riparare
le rovine, a prevenire il male, a
gettare 'negli animi i germi della ve-
rità, della virtù, della Fede, della
religione e della pietà >> (Pio XII,
Discorso ai Cooperatori Sa!rsiani,
r2 settembre 1952).
Dalla discussione che ne segui.
La relazione piacque soprattutto
perchè mise in evidenza che i Coo-
peratori Salesiani non sono un'as-
sociazione qualunque creata da Don
Bosco, ma La su.a vera << Terza Fa-
miglia ~, e come tale una forza apo-
stolica a servizio della Chiesa, come
le prime due Famiglie.
Interessò molto la figurazione
delle tre Famiglie salesiane in un
poderoso unico tronco da cui si di-
partono tre rami; simboli delle tre
creazio11i uscite dal cuore di un
unico fondatore, alimentate da una
unica linfa.
Qualcuno, accennando a un gran-
de cartellone che presentava in f or-
ma plastica l'albero salesiano nella
sala del convegno, rilevò che il ra11W
dei Cooperatori era assai me110 svi-
luppalo degli altri. Don Fiora
spiegò: anche il Capitolo Generale
ultimo notò la cosa e invitò i suoi
membri a un esame di coscienza.
Don Bosco ha fatto nascere d'i·mpeto
la Congregazione, che è andata
avanti in forma travolgente la-
sciando un poco indietro l'altra fa-
miglia. Ma oggi va prendendo co-
scienza di quello che può fare anche
in questo campo : è l'epoca i11 cui la
Congregazione non scopre, ma ri-
scopre e riconquista la ricchezza di
questo patrimonio che Don Bosco
ci ha donato. E questo, in perfetta
sintonia con il Concilio, che ha ri-
scoperto le immense ricchezze del-
l'apostolato dei laici.
44

2.3 Page 13

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Il Consigliere lspettoriale: figura morale e compiti
Relazione della dott.ssa Serafina Buonocore, Consigliere lspettoriale
« In ogni tempo si giudicò neces-
saria l'unione tra i buoni per gio-
varsi vicendevolmente nel fare il
bene e tenere lontano il male. Cosl
facevano i cristiani della Chiesa pri-
mitiva, i quali alla vista dei pericoli
che ogni giorno loro SO'/Jfastavano,
senza punto sgomentarsi, uniti in un
cuor solo e in un'anima sola, si ani-
mavano l'un l'altro a stare saldi
nella fede e pronti a superare gli in-
cessanti assalti da cui erano minac-
ciati... Così soglùmo anche fare gli
uomini del secolo nei loro affari tem-
porali.
Dovranno forse i figliuoli della
luce essere meno prude11ti che i figli
delle tenebre? No, certamente. Noi
cristiani dobbiamo unirci iii questi
difficili tempi, per promuovere lo
spirito di preghiera, di carità, di
azione con tutti i mezzi che la reli-
gione somministra».
Queste parole, lette da noi tante
e tante volte, il nostro Fondatore
mise all'inizio delle Regole che ci
ha lasciato. Egli pensava ad una
unione mondiale dei buoni, ad una
mobilitazione del laicato intero, per
il bene della civile società.
Ma è una utopia queUa di Don
Bosco, o il suo pensiero affonda le
radici in qualcosa di vero e di rea-
lizzabile?
Non è un'utopia. Don Bosco,
da buon teologo, sa che noi, <i in-
seriti nel Corpo Mistico di Cristo
per mezzo del Battesimo, fortificati
dalla virtlt dello Spirito Santo per
mezzo della Cresima, siamo depu-
tati dal Signore stesso all'aposto-
lato 1> (Decreto Ap. Laici).
I Laici possono però esercitare
!'.attività apostolica o individual-
mente o uniti in varie comunità
o associazioni.
<< l'apostolato individuale è di
grande necessità e urgenza in quelle
regioni in cui la libertà della Chiesa
è gravemente impedita...
I fedeli sono chimati ad esercitare
l'apostolato i11dividuale nelle diverse
condizioni della loro vita; tuttavia
ricordino che l'uomo, per sua natura,
è sociale e che piacque a Dio di riu-
nire i credenti in Cristo per fame il
popolo di Dio e un unico corpo.
Quindi l'apostolato associato corri-
sponde felicemente alle esige11ze
umane e cristiane dei fedeli e al
tempo stesso si mostra come segno
della comunione e dell'unità in Cri-
sto clze disse : "Dove sono due o tre
riuniti in mio nome, Io sono in mezzo
a loro" (Mat. 18, 20).
L'apostolato associato è di grande
importanza anche perchè sia nella
comunità della Chiesa, sia nei vari
ambienti, spesso richiede di essere
esercitato con azione comune. In-
fatti le associazioni erette per una
attività apostolica in comune, sono
di sostegno ai propri membri e li for-
mano all'apostolato, dispongono bene
e guidano la loro azione apostolica,
così che possono sperarsi frutti molto
più abbondanti che non se i singoli
operassero separatamente» (ibidem).
Questi principi, raccolti lette-
ralmente dal Decreto Conciliare
sull'Apostolato dei laici, non vi
sembrano una consolante conferma
del grandioso progetto di San Gio-
vanni Bosco? A me sembra di sì,
specialmente se penso al «funi-
culus triplex... •> del Regolamento.
Quindi: apostolato associato an-
che. E noi Cooperatori siamo una
associazione di apostolato e non solo
un'associazione di apostoli. Non vi
sembri que-sta una espressione che
voglia far colpo. Intendo dire che
noi dobbiamo anche avere una
struttura organizzativa.
Preciso che, se vogliamo anche
in questo essere in linea con Don
Bosco e con il suo spirito, dob-
biamo far sì che << la lettera non uc-
cida lo spirito •>, che le strutture
non siano talmente complesse o
elefantiache da essere quasi fine a
se stesse ed esaurire così il lavoro
di tanti Cooperatori.
Un'organizzazione semplice dun-
que, ma sempre organizzazione.
Senza di essa l'organismo non
avrebbe il sostegno, la macchina
sarebbe priva del motore.
Ora eccomi al punto centrale
della mia relazione.
La struttura principale della no-
stra associazione, a raggio ispetto-
riale, è il Consiglio, composto dal-
l'Ispettore Salesiano, dal suo De-
legato e da un determinato numero
di Consiglieri Ispettoriali, i quali
ricevono un mandato esplicito dal-
l'Ispettore competente, su pro-
posta del Delegato Ispettoriale
Si delinea allora la figura siuri-
dica, se cosl si può dire, d1 cia-
scuno di noi.
Il Superiore ci chiama; il Supe-
riore ci manda. Siamo dei chiamati,
degli inviati. Ma inviati e chiamati
con un atto particolare che si di-
stingue da quello per cui fummo
accolti ed inseriti tra i Cooperatori,
e che, se non indica una << voca-
zione particolare ,>, dice però un
impegno eccezionale al quale pur
dobbiamo corrispondere.
È qui il momento di dare la ri-
sposta ad una ipotetica domanda:
Il Co11sigliere Ispettoriale (e ana-
logamente quello locale) è un vero
e proprio dirigente? Cioè sta sul
piano della direzione o su quello
della esecuzione? Ha una carica o
un incarico ?
li Manuale Dirigenti ci anno-
vera tra i collaboratori, non tra i
dirigenti. Ciò potrebbe sembrare
una... diminutio capitis, o addirit-
tura una mancanza di fiducia verso
di noi laici. Occorre fare invece un
rilievo: e in questo vi rimando a
quanto già sentimmo nella rela-
zione dell'avv. Casonato.
Tl Superiore dei Cooperatori è il
Superiore salesiano. Lo leggiamo
nel Regolamento. Don Bosco ci
ha voluto talmente ~ salesiani i>,
talmente «confratelli e consorelle •>
dei Salesiani religiosi, che ba dato
un unico Superiore per le due fa-
miglie.
11 Cooperatore sa (e ne è lieto)
di avere come Superiori il Rettor
Maggiore, il Direttore Generale,
l'Ispettore e il Direttore, i quali di-
rigono attraverso i loro Delegati.
15

2.4 Page 14

▲back to top
Questo vincolo di unità, segreto
che spiega la nostra forza, la nostra
efficienza, fa sl che noi Consiglieri
Ispettoriali siamo sul piano esecu-
tivo e non direzionale.
Ma se esaminiamo poi la fiducia
di cui ci onorano i nostri Superiori,
gli incarichi che essi ci dànno, al-
lora possiamo ben dire che pur
senza compiti direttivi e senza ca-
riche, abbiamo una responsabilità
abbastanza grave.
Ho desiderato illustrare questo
punto anche per tranquillità di chi,
non potendo (dico 1lQn potmdo)
fare molto, fare tutto, fare come
pure vorrebbe, può sentirsi a di-
sagio con sè e con la Famiglia
Salesiana, quasi venisse meno al
suo dovere.
D'altra parte, in casi concreti di
impossibilità ad assolvere il nostro
compito, nulla vieta che, con un
atto di lealtà che i Superiori non
giudicheranno certamente male,
esponiamo la nostra situazione, di-
sposti a rimettere ad altri l'inca-
rico avuto, se l'età, la salute, o la
mancanza di tempo ci vietano di
svolgere ogni apostolato.
P ermettetemi ora che, seguendo
quanto dicono il "Manuale'' e il
"Bollettino Dirigenti", dica qual-
che parola sulle doti e i compiti del
Consigliere Ispettoriale.
I Consiglieri anzitutto vengano
scelti tra gli Zelatori e le Zelatrici
più ferventi e più qualificati.
Oltre a essere forniti di doti per-
sonali di rilievo e di fervido spirito
sales.iano, i Consiglieri devono
spiccare per vita cristiana profon-
damente vissuta e disporre di tem-
po e di mezzi sufficienti per poter
compiere le mansioni particolari
loro affidate, per poter prestare ai
Dirigenti il loro valido aiuto.
Essi debbono dirigere l'esecu-
zione pratica deUe attività, stimo-
larle e affiancarle, e tutto ciò su
pi:\\no ispettoriale o regionale, coor-
dinando il lavoro dei singoli Cen-
tri, sempre in pieno accordo con il
Delegato Ispettoriale.
Triplice è la funzione del Con-
sigliere: di consulenza, di rappre-
sentanza, di collaborazione qualifi-
cata.
Il Consigliere è anzitutto in ser-
rizia di co11sule11:::a. Vivendo egli
a contatto con le masse, fra le varie
classi sociali, in mezzo al popolo,
è in grado di indicare ai dirigenti
le varie nçcessità della vita spiri-
tuale e anche materiale dell'am-
biente, del paese, della zona in cui
il Centro Cooperatori funziona. È
anche in grado di suggerire i modi
e i mezzi più pratici di orientare e
potenziare l'apostolato nei vari
settori, secondo le circostanze.
Quest'ufficio richiede naturalmente
perspicacia, sano criterio pratico e
discrezione. La prima dote, quindi,
di un buon Consigliere è l'equi-
librio psicologico, l'intelligente
ponderazione delle situazioni, dei
problemi, delle possibilità di apo-
stolato; la serena presentazione
dei casi e delle proposte; la saggia
valutazione delle risorse; l'asso-
luta rettitudine drgli intendimenti.
Egli non deve avere mai altra pas-
sione che quella del bene comune,
della salvezza delle anime, della
gloria di Dio.
lt secondo ufficio è quello di
rappresenta11.za.
Rappresentanza, anzitutto, nei
Consigli o Consulte dell'Aposto-
lato dei Laici o di altro qualsiasi
organismo che la Chiesa metta in
funzione per il coordinamento e
il potenziamento dell'apostolato.
Tocca a loro rappresentare i Coo-
peratori Salesiam ad ogni convo-
cazione, impegnare l'adesione e la
collaborazione dei rispettivi Cen-
tri alla iniziativa per cui viene
chiesta; devono, quindi, misurare
le possibilità del loro Centro, stu-
diare con i Delegati e i Decurioni
la pratica cooperazione. Ciò sup-
pone: mente aperta ai problemi
del tempo, esatta cognizione delle
competenze degli organismi coor-
dinatori e direttivi, e dello spirito
della nostra terza famiglia, che si
basa sull'ottimismo, umiltà, gene-
rosità, docilità ai Superiori.
Per meglio riuscire nel loro uf-
ficio i Consiglieri dovranno sempre
essere aggiornati sugli atti della
Santa Sede riguardanti l'aposto-
lato dei laici, sulle disposizioni ve-
scovili e parrocchiali, sui movi-
menti specializzati di apostolato:
per categorie, per classi, per atti-
vità. Garbo, chiarezza, praticità
nell'intesa sull'apporto da ch.iedere
al proprio Centro risparmieranno
incomprensioni, equivoci, delu-
sioni.
Dipenderà proprio dalla loro
qualifica di vita esemplare, di com-
petenza, di discrezione, di tatto
il prestigio e il credito del Centro,
dell'Ispettoria, del Paese che essi
rappresentano.
Di qui la necessità di un'ade-
guata formazione spirituale, di una
ricca vita interiore alimentata dalla
pratica sacramentale, dalla medi-
tazione quotidiana, da una genuina
devozione ali'Ausiliatrice, da una
solida preparazione dottrinale, teo-
logica, etica, filosofica. Nè si tra-
scuri l' importanza della cultura
generale unitamente aUa forma-
zione pratica e tecnica. (Per colti-
vare << buone relazioni umane >} bi-
sogna favorire i genuini valori
umani, anzitutto l'arte del convi-
vere e del cooperare fraternamente
e di instaurare il dialogo).
Ma i Delegati e i Decurioni hanno
anche bisogno di collaborazione
continua per l'organizzazione e il
funzionamento dei Centri locali,
per lo svolgimento del programma
di apostolato nei vari settori, e ciò
a raggio internazionale, nazionale,
ispettoriale, e locale, per i Consigli
corrispondenti.
Questo terzo ufficio richiede
maggiore sacrificio: sacrificio di
tempo e di servizio... Solo un gran-
de amor di Dio e delle anime, so-
stenuto dalla fede e dallo spirito
soprannaturale, dà lo zelo propor-
zionato ai bisogni e incoraggia a
sacrificarsi in questi umili servizi
di collaborazione funzionale.
I Consigli hanno una funzione
determinata dalla esigenza dell'uf-
ficio, della formazione e dell'apo-
stolato.
r. Le esigenze di ufficio sono:
a) cura dello schedario; b) corri-
spondenza; c) propaganda.
La collaborazione di ufficio po-
trebbe essere data ad un unico
Consigliere con l'ausilio di uno
Zelatore disponibile.
2. FtmrUJ:sione. La cura della
formazione impegna alla program-
mazione, alla organizzazione e allo
svolgimento deUe pratiche mensili,
annuali e straordinarie, che ser-
vono al progresso spirituale dei
Cooperatori (Esercizi Spirituali,
Ritiro Mensile...). Anche questa
attività converrà affidarla a un
unico Consigliere.
46

2.5 Page 15

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3. L'apostolato, deve sempre te-
ner conto dei settori indicati dal
Regolamento: cura della gioventù.
cultura religiosa, vocazioni e mis-
sioni, strumenti di comunicazione
sociale, eventuali attività di bene-
fìcienza .
(Particolari settori come sono in
I talia, ad esempio, il Segretariato
Moralità e l'AIART, possono es-
sere considerati settori a sè stanti
o uniti ad altri affini).
A questi settori, come a quello
per la segreteria e la formazione
religiosa e la rappresentanza, -va
preposto un Consigliere Ispetto-
riale.
A lui compete stimolare e aiu-
tare i Consiglieri locali, program-
mare iniziative, il tutto e sempre
in piena docilità con il Delegato
Jspettoriale e con i suoi colleghi
di Consiglio.
C arissimi Consiglieri Ispettoriali,
a mc anzitutto, e p(\\i a voi,
l'augurio fraterno di essere vera-
mente all'altezza del nostro com-
pito, di essere Cooperatori, quali
Don Bosco ci desidera, quali la
Chiesa oggi ci vuole.
Siamo çenerosi .I I nostri Sacer-
doti salesiani vedano in noi anime
generose, anime assetate di anime,
per il bene dei Cooperatori di tutti
i Centri, per la salvezza di quella
gioventù per la quale in Don Bo-
sco ha hattuto un cuore "grande
come l'arena del mare".
Dalla discussione che ne segui.
I Consiglieri espressero alla dott.
Buonocore la loro compiace11za per
la lusinghiera presentazione fatt a
della figura del Consigliere l spetto-
riale dei Cooperatori , e diedero vita
a un nutrito scambio di idee su vari
punti della relazione. Espressero so-
prattutto questi voti.
1. I/ numero dei Consiglieri sia
proporzio11ato alle attività del Ce,i-
tro. /11 ogni caso 11011 manchi il Con-
sigliere di Segreteria, che ~ indi-
speusabìle per il f1wzio11ame11to del
Centro.
2. Ogni Consigliere lspettoriale
abbia l'elenco dei Consiglieri fspet-
toriali d'Italia per utili scambi di
idee e di esperienze tra Consiglieri
dello stesso settore.
3. Ogni Consiglio Ispettoriale
scelga un Consigliere che rappresenti
i Cooperatori presso la Consulta
Diocesana per l'Apostolato dei Laici.
4. Pur 11011 essendo richiesto un
Consigliere per i due apostolati i11-
dispensabili della preg-hiera e della
sofferenza, si fanno voti che 11011 si
trascuri questa forza divina che
viene alimentata da tanti Coopera-
tori anziani e infermi, i quali of-
frono con gioia le loro so.fferenze e le
loro preghiere per i Cooperatori.
Cristo ha redento il mondo 11011 quan-
do ha predicato, ma quando è salito
sulla croce.
5. Il Consiglio si raduni almeno
una volta al mese e ogni Consigliere
conosca tutti i Consiglieri dei Co,i-
sigli locali dipendenti dal suo Centro
ispettoriale o regionale.
D on Fiora chiuse la discussione
invita11to tutti i Centri a fare un ca-
lendario delle attività dell'anno.
Quindi richiam,) il pensiero di Do11
Bosco, il quale volle chefosse lasciata
ai Cooperatori molta libertà di azio-
ne : organizzati, si; qualificati, si;
ma non formalizzarsi. Quando, per
esempio, un direttore di Oratorio ha
un gruppo di Cooperatori ben for -
mati che dirigono le varie attività
dell'Oratorio, questi corrispondono
in pieno all'ideale di Don Bosco,
senz'altre attività. Questo vale pure
per 1m gruppo di Cooperatori che
collabora col suo parroco, anche se
non è legato a un'opera salesia:na.
Ci sono poi i Cooperatori .forzata-
mente isolati, che però lavorano con
lo spirito di Don Bosco e moralmente
1111iti agli altri membri dell'Unione.
Per esempio una maestra di monta.-
g11a che porta nella scuoi.a lo spirito
e il metodo di Don Bosco, 1111 pro-
fessionista che fa della o·ua profes-
sione un apostolato, un impiegato,
un operaio che bonificano l'ambiente
del loro lavoro ecc., sono Coopera-
tori nel senso pieno della parola,
anrhe se per motivi •1ari 11011 pos-
sono esercitare un apostolato asso-
ciato. Quindi 11011 schematiz::::ia.mo
in mm'Jera troppo rigida.
" In questi tempi i malvagi cercano di spar1;1ere l'empietà e il malcostume, e vogliono
rovinare specialmente rincauta gioventù, con società, con pubbliche stampe, con riu-
nioni che hanno per iscopo più o meno aperto di allontanarla dalla religione, dalla Chiesa,
dalla sana morale. Orbene, i Cooperatori Salesiani e le Cooperatrici si studino di opporsi
a questi attentati. E come? Propaghino massime buone, libri, stampe, società cattoliche,
catechismi e simili " .
DON BOSCO nel 1885 ai Cooperatori di ·Torino
47

2.6 Page 16

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11Cooperatori Salesiani al passo con il Concilio"
Pensieri raccolti
dalla viva voce del rev.mo Mons. Achille Glorieux, Segretario del "Consilium de Laicis"
Ringrazio molto delle parole che
mi sono state rivolte. Devo io rin-
graziare di essere stato invitato qui,
perchè per un sacerdote trovarsi
in mezzo a confratelli e laici che ri-
flettono sulla loro qualità, sulla loro
personalità nella Chiesa, che r.iflet-
tono sui bisogni della Chiesa e del
mondo oggi, è una cosa che fa
bene al cuore. Aggiungo che come
sacerdote francese, per la mia de-
vozione a S. Francesco di Sales,
e come sacerdote cattolico, per la
mia devozione a S. Giovanni .Bo-
sco (presso la tomba del quale sono
andato, gicvane sacerdote, nell'ot-
tobre 19:H) mi piace molto tro-
varmi con voi e riflettere con voi.
Si è detto che io vi avrei dato
degli insegnamenti: io mi farò eco
di quanto è stato detto dal Con-
cilio e più recentemente dal Pon-
tefice nella sua ultima Enciclica.
Perchè io credo che dobbiamo
camminare al passo col Concilio;
e questo si fa quando si ha una vi-
sione chiara delle grandi verità
fondamentali e specialmente di
quanto noi siamo nella Chiesa, e
quando si prende coscienza più
viva dei bisogni della Chiesa e del
mondo oggi. Questa sarà la linea
maestra di quanto vi dirò.
Ricordate la v.isione nuova che
il Concilio ha dato della Chiesa:
questa chiesa che noi eravamo abi-
tuati a vedere un po' sul tipo di
una magnifica grande costruzione,
nella quale noi entravamo col bat-
tesimo e nella quale noi avevamo
un posto. Il Concilio ha detto:
Sì, anche questa è la Chiesa, ma
la Chiesa è piuttosto un popolo,
un gran popolo, il popolo di Dio,
di tutti i battezzati, di tutti i fra-
telli di Cristo, popolo nuovo che
continua la storia della :Ribbia. Po-
polo di Dio che con Cristo va verso
il Padre per la salvezza delle anime,
per la salvezza dell'umanità tutta
e del mondo.
Questa è una V1s1one nuova, e
voi sapete come nel lavoro della
Commissione Dottrinale che pre-
parava lo schema sulla Chiesa, ci
fu una svolta decisiva quando,
dopo aver parlato del mistero della
Chiesa, invee<' di parlare della Ge-
rarchia e dell'Episcopato, si decise
di parlare prima del popolo di Dio,
fatto di fratelli, tutti uguali, per-
chè tutti battezzati; solo le fun-
zioni, i ministeri sono diversi, e
sono fonte di responsabilità, per-
chè la Gerarchia è al servizio del
popolo di Dio. Su questa prospet-
tiva ecco la fisionomia nuova della
Chiesa, che non ci riguarda più
dal di fuori; ecco la coscienza di
essere membri di questa Chiesa,
che si trova oggi in una vitalità
ammirevole e nella quale noi ab-
biamo da vivere la nostra partt'. È
questa Chiesa che ha voluto svi-
luppare in noi tutti il senso di po-
polo, di famiglia, il senso di co-
munità; senso del quale si prende
fortemente coscienza nelle cele-
brazioni liturgiche, quando si è
tutti radunati con la presenza del
sacerdote ad aspettare Iddio che
viene in mezzo al suo parola, Cri-
sto che viene in mezzo al suo po-
polo per far salire la nostra devo-
zione verso i_l Padre.
Questa grande comunità non è
una comunità chiusa, ma è tale
per aprirsi sempre di più sugli al-
tri. Allora la Chiesa nuova, o me-
glio, con una fisionomia rinnovata
dal Concilio, è molto più sensibile
ai bisogni di tutti i continenti, di
tutte le Chiese locali; non più una
Chiesa nazionale, una Chi<'Sa d'Ita-
lia, una Chiesa di Francia con i
suoi problemi, ma una Chiesa
aperta alle dimensioni del mondo,
e voi conoscete per esempio, in
Italia, il Seminario di Verona per
l'America Latina, perchè non si
può star tranquilli in un paese
quando si sa che altrove mancano
tanti sacerdoti. E voi conoscete
laici missionari, come i medici del
CUAM di Padova, che vanno a la-
vorare in Missione.
Allora in questa Chiesa rinno-
vata prende un risalto molto più
forte la gerarchia, percbè questo
popolo ha dei capi, dei dirigenti
che sono al suo servizio, i Vescovi,
il Vicario di Cristo, che oggi banno
un risalto così impressionante. No-
tate: in quale epoca della storia la
Chiesa ha avuto una successione
di Pontefici come i 6-7-ro ultimi?
Non è orgoglio il nostro, ma feli-
cità di avere tali capi che ci addi-
tano la via giusta e ci permettono
di rispondt"re meglio alla nostra
vocazione.
La Chiesa rinnovat:1, presentata
come ha fatto la costituzione sulla
Chiesa << Lumen Gentium », ci per-
mette di vedere meglio cosa sono
i laici nella Chiesa. Io vi confesso
che nel lavoro della Commissione
dell'Apostolato dei Laici (ricor-
davo prima di entrare qui il caris-
simo don Bogliolo, salesiano, che
ha lavorato tanto con noi come
"minutante" della Commissione,
e che vi potrebbe raccontare tante
cose su questo lavoro...), noi ab-
biamo avuto difficoltà fino all'ul-
timo momento, prima della pre-
sentazione dello Schema, a trovare
le parole giuste per parlare della
Chiesa, della gerarchia, dei laici e
dei reljgiosi. Quando noi prende-
vam(I i nostri testi, si diceva, per
esempio: i laici davanti alla Chiesa.
Era parola errata, perchè non si
trattava della Chiesa, ma della Ge-
rarchia. Per tanto tempo noi, voi
laici e noi sacerdoti, si è parlato
della "Chiesa" per parlare della
"Gerarchia", quasi che, come si
dice, la Chiesa fossero solo i preti.
Ora il Concilio ha voluto rmno-
vare questo, e di un atteggiamento
forse un po' passivo in tanti laici
fa sc-rgere un atteggiamento attivo
che viene a superare tanti piccoli
atteggiamenti nocivi per il bene
48

2.7 Page 17

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della Chiesa. Forse ricordate che
l'anno scorso, nel corso della set-
timana di a~giornamento pasto-
rale, il cardmale Urbani disse:
<< Purtroppo dobbiamo riconoscere
che la roscie11za di essere membri at-
tivi e operanti della Chiesa e per la
Chiesa è soltanto di alcuni nuclei di
cristiani. Nella ma.ssa dei battezzati
-vige ancora la mentalità di essere
nella Chiesa come soggetti passivi,
come spettatori di un dramma che
si svolge nella scena del mondo ».
Le vostre responsabilità nei vo-
stri gruppi debbono spingervi ad
allontanare questa prospettiva falsa
in quanti avete attorno a voi e sui
quali potete avere influsso.
Tutti i battezzati sono membri
attivi, perchè, come dice la Costi-
tuzione «Lumen Gentium » sulla
Chiesa bello perchè nella frase
che sto per leggervi sono i Vescovi
che parlano): «I sacri Pastori sanno
benissimo quanto contribuiscano i
laici al bene di tutta la Chiesa.
Sanno di non essere stati istituiti
da Cristo per assumersi da soli tutto
il peso della missione salvifica della
Chiesa verso il mondo, ma che il loro
eccelso ufficio è di pascere i fede/i e
di riconoscere i loro ministeri e ca-
rismi, in rrwdo che tutti concorde-
mente cooperino, nella loro misura,
al bene comune ».
E ricordate che nello stesso ca-
pitolo è messo in rilievo il sacer-
dozio universale dei fedeli. Dice il
Concilio: «IL sacerdozio comune
dei fedeli e il sacerdozio ministeriale
o gerarchico, quantunque differi-
scm10 essenzialmente e 110n tanto di
grado, sono tuttavia ordinati l'uno
all'altro, poichè l'uno e l'altro,
ognuno a suo proprio modo, parte-
cipano all'unico sacerdozi.o di Cri-
sto l>. I fedeli, in virtù del regale
loro sacerdozio, concorrono aUa
oblazione dell'Eucarestia e lo eser-
citano con il ricevere i sacramenti,
con la preghiera e il ringrazia-
mento, con la testimonianza di una
vita santa, con l'abnegazione e
l'operosa carità.
E allora da questo nasce l'im-
pulso che voi avete sentito nel vo-
stro cuore da anni e anni, questo
atteggiamento apostolico, questa
spinta ad essere apostoli, perchè
(frase incisiva del Decreto sul-
1'Apostolato dei Laici): «la voca-
zione cristiana è per natura sua vo-
cazione all'apostolato>>. Così dun-
que la vocazione all'apostolato non
è una scelta libera, non è. neppure l'evangelizzazione del mondo, anche
un dovere imposto, ma è l'espres- nelle sue espresnoni temporali>>.
none nonna/e di una i,ita cristiana E allora il Papa pensava a voi
coscimte.
come a tanti altri gruppi laici.
A coronare in qualche modo «Con commozione, pensiamo - di-
quanto diceva sui laici, il Concilio ceva Paolo VI - a tutte queste
ha affermato anche questa grande forze generose già all'opera nel
cosa, che per voi è ~ià di patrimo- mondo che voi già rappresentate qui
nio comune nella vostra tradizione e, - aggiungeva, - pensiamo an-
di Cooperatori (voi tutti sapete di che a tattli cattolici di buona i lO-
essere chiamati alla perfezione, lontà che potrebbero fare anche
alla santità); ma per la massa di ta11to loro per il regno di Dio, se
cristiani, di laici, con i quali voi fossero pùì coscienti delle loro re-
trattate, dovete far capi re che an- sponsabilità i>.
che loro, che tutti_, sono cliiamati
alla santità. Questo è stato uno dei
capitoli più impressionanti della C osì rinnovati nei nostri pen-
Costituzione della Chiesa. Il bat- sieri sui laici nella Chiesa, il Con-
tesimo consacra a Dio, dunque c'è cilio ci ha invitati a guardare il
una santità fondamentale (così par- mondo con uno sguardo nuovo.
lava S. Paolo, quando scriveva ai La Cliiesa e i Padri conciliari
"santi" di Efe.so, di Roma ecc.), hanno voluto aprirci una visione
e il Concilio lo dice: « O1testa san- nuova sul mondo. (Badate che la
tità della Chiesa costantemente si costituzione pastoraìe della Chiesa
manifesta e si deve manifestare nei nel mondo contemporaneo è nata
frutti della grazia che lo Spirito in questa casa. Una sessantina di
produce neifedeli; si esprimein varie vescovi e sacerdoti hanno passato
forme presso i singoli, i quali nel loro qui una settimana di lavoro. En-
grado di 1•ita tendono alla perfe- trando qui bo ritrovato come l'eco
zùme della carità ed edificano gli del fine gennaio-febbraio '64. Qui
altri•>. È chiaro dunque che tutti abbiamo trovato la prospettiva
i fedeli di qualsiasi grado sono giusta; ma proprio sulla parola
chiamati alla pienezza della vita mondo ci sono state tante e tante
cristiana e alla santità.
discussioni e difficoltà per trovare
la via giusta). Voi conoscete il
Vangelo, le parole di Cristo: «Non
Q uesti grandi temi sui laici nella vi lascio nel mondo, il mondo vi odia
Chiesa sono stati le basi dei lavori perchè 11011 siete del mondo >>; però
che abbiamo avuto in questi ul- Cristo era venuto per salvare il
timi giorni, nella prima sessione mondo. I due significati della pa-
plenaria del "Consiglio dei Laici". rola mondo sono indicati chiara-
Abbiamo ricevuto dal Papa questo mente nel numero 2 di questa co-
organismo nuovo, con pochi parti- stituzione. l I Concilio, dopo aver
colari ma con tutta la ricchezza che chiarito questo significato e ricor-
veniva dal Concilio, e abbiamo ten- dato che il mondo deve essere re-
tato sotto la presidenza del cardi- dento e che Cristo è passato per la
nale Roy, Arcivescovo di Quebec passione e per la Croce prima della
nel Canada, di vedere cosa la Chie- Resurrezione, dice che dobbiamo
sa può aspettare dai nostri lavori. guardare questo mondo con gli oc-
Abbiamo avuto dal Santo Padre· chi del Signore, dobbiamo vedere
parole di incoraggiamento che ci ciò che c'è di buono nel mondo
hanno colpito, quando a questo e cercare di elevare tutto. E per
piccolo organismo nascente disse una ragione molto profonda: non
che con quella riunione si apriva solo perchè Cristo ha voluto la sal-
una nuova tappa nel processo se- vezza del mondo, ma anche (eque-
colare dell'inserzione del laicato sta è stata una sfumatura impor-
negli organi e nell'attività qualifi- tante), perchè era difficile distin-
cata della Chiesa (parole gravi, che guere i due aspetti del mondo.
possono aprire tante prospettive). Aache all'inizio della costituzione
<< Non solo la Chiesa - diceva il si era nella prospettiva di dire
Santo Padre - gli dà la sua fi- << la Chiesa parla al mondo >l, ma
ducia, ma è rom,inta che il laicato molti dei presenti hanno osservato:
cattolico le porterà una nuova ef• anche la Chiesa è nel mondo, fa
ficienza spirituale, apostolica, per parte del mondo, nasce nel mondo.
49

2.8 Page 18

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E allora, vedete, questa frase
della costituzione è molto signifi-
cativa: «Il Concilio testimoniando
e proponendo la fede di tutto il po-
polo di Dio riunito da Cristo, non
può dare dimostrazione più elo-
quente della solidarietà, del rispetto
e dell'amore di esso nei riguardi del-
l'intera famiglia umana, dentro la
quale è inserito, che instaurando
con questa un dialogo sui vari pro-
blemi sopra accennati ecc. ».
La Chiesa è inserita nel mondo,
fa parte del mondo, anche se ne
è distinta. Questo spiega perchè
la preoccupazione del mondo sia
stata così forte in tutta la seconda
parte del Concilio. E noi dobbiamo
essere molto attenti a questo: si è
voluto affermare che L'ordine tem-
porale ha un suo essere, ha le sue
leggi, ha una sua certa autonomia
nel piano divino, e che bisogna
quindi rispettare tutto questo, an-
che perchè ci sarà per molti non
cristiani la possibilità di prendere
contatto con loro, quando essi ve-
dranno che i cristiani, i cattolici
riconoscono tutto il bene che si
trova in loro. E allora la Chiesa
(ricordate? è stata anche qut"sta la
grande frast" di questa costituzione)
ha voluto presentarsi come al ser-
vizio del mondo, dell'umanità, per
salvarla e portarla a Cristo.
In questa prospettiva, era neces-
sario che il Concilio facesse capire
ai laici come il loro inserimento nel
mondo dà a loro il dovere e la fa-
coltà di agire sul mondo. Questo
è nel numero 31 della Costituzione
della Chiesa, nel quale si insiste
sulla secolarità della vita dei laici.
<• L'indole secolare è propria e pecu-
liare dei laici. Infatti, i membri del-
1'ordine sacro (...) per la loro spe-
ciale '/JOcazio11e sono destinati prin-
cipalmente e propriamente al sacro
ministero. Per loro vocazione è pro-
prio dei Laici cercare il regno di Dio
trattando le cose temporali e ordi-
nandole secondo Dio. Vivono nel se-
co/,o, cioè implicati in tuUi i singoli
doveri e affari del mondo e nelle or-
dinarie condizi'oni della 1n.ta f ami-
tiare e sociale, di cui la loro esistenza
è come intessuta. Ivi sono da Dio
chiamati a contribuire, quasi dal-
l'interno a modo di fermento, alla
santificazione del mondo mediante
l'esercizio del proprio ufficio e sotto
la guida dello spirito evangelico, e
in questo modo, a tnanifestare Cristo
agli altri, principalmente con la te-
stimonianza della loro stessa vita,
e col fulgore della loro fede, della
loro speranza e carità. A loro quindi
particolarmente spetta di illuminare
e ordinare tutte le cose temporali,
alle quali sono strettamente legati,
in modo che sempre siano fatte se-
condo Cristo~-
Programma magnifico che fa ve-
dere come la Chiesa tutta, per
mezzo deUa sua gerarchia, si af-
fida ai laici per questa santifica-
zione del mondo, per questa vera
promozione del mondo verso il suo
destino naturale e soprannaturale.
E allora bisogna (nella seconda
parte della conversazione) riflet-
tere un po' agli atteggiamenti che
debbono essere quelli dei laici de-
cisi a rispondere all'attesa della
Chiesa e del mondo nella loro vita.
E questo suppone un rinnova-
mento della vita spirituale e un
senso più vivo dell'impegno apo-
stolico che la Chiesa aspetta da voi.
Qu.ando mi hanno fatto leggere
la frase: " Cooperatori Salesiani,
siate quello che siete " detta dal
Santo Padre per invitarvi a un
rinnovo dell'affermazione della vo-
stra qualità di Cooperatori Sale-
siani, io subito ho pensato che vale
anche per la vostra qualità di cri-
stiani, di battezzati. Bisogna rico-
noscere sem~re di più che il no-
stro mondo e in piena evoluzione
e con delle condizioni di vita tanto
diverse da quelle dei nostri geni-
tori, dei nostri nonni; per loro la
vita era una vita trnnq_uilla, si
aveva tempo di riflettere; quando
finiva il giorno e c'era poca luce,
si pensava. Adesso quando si pen-
sa? Ma il dramma di queste vite
ril:nanc, vite che sono disumane,
con le quali non si riflette più. E
io credo che anche per noi sacer-
doti, con questa magnifica inven-
zione che è la TV, la sera che era
il tempo della lettura, della pre-
ghi<'ra e anche del sonno, così ne-
cessario per una vita equilibrata e
per la meditazione, tutto viene si-
lurato. Per questo bisogna ritro-
vare questa esigenza di essere
quello che si è, col Dio vivente,
presente nell'anima; stare presenti
a Dio che è presente. Se no si ri-
mane alla superficie. S. Paolo dice
che è il Cristo, è lo Spirito che
prega nella nostra anima; ma lo
Spirito lo fa quàndo noi siamo pre-
senti e disponibili per agire sul suo
impulso, se no cosa sarà la nostra
preghiera tutta superficiale?
C'è un dramma: quando si pen-
sa a tutte le responsabilità date ai
Laici ? Quante esigenze, quanta pre-
parazione! E la più fondamentale
è di avere una vita interiore, una
vita spirituale. Si dà quanto si
possiede. Ora in questo campo,
specialmente nell'anno che viene,
del quale il Papa ha voluto fare
l'anno della Fede, per tutti i cri-
stiani che desiderano mettere in
opera il Concilio, c'è L'occasione di
una ripresa profonda, generosa,
che permetta di attingere all'essen-
za della vita cristiana.
Nei nostri paesi, in cui la Chiesa
ha ancora tutte le sue possibilità
di azione, forse le idee sono meno
chiare. La vita cristiana sarà la vita
di preghiera, la vita di pratica reli-
giosa, sarà la messa domenicale,
saranno le riunioni con sacerdoti;
si riceve tutto dall'esterno: sacra-
menti (sì, fondamentali), aiuto del
sacerdote, appoggio reciproco; ma
allora c'è il pericolo che si sviluppi
cli meno questa vita fondamentale
con il Cristo. Vita al servizio della
quale è tutto l'ordine della Chiesa,
sia sacerdotale che sacramentale.
Pensiamo a quei nostri fratelli che
vivono dove non ci sono sacerdoti
o sono perseguitati, come per
esempio in Cina e in alcune regioni
della Russia; pensiamo a tanti laici
in paesi liberi, dove non ci sono
sacerdoti, o li vedono una volta al
mese o più raramentt". La loro vita
spirituale è di credere a Dio, di vi-
vere di carità nella speranza cli
avere tutto questo dall'interno. Il
sacramento è al servizio di questo;
fondamentale, indispensabile, ma
al servizio di questo.
Ll dobbiamo ritrovare le basi
della nostra vita. I cristiani ai quali
S. Paolo scriveva non vedevano
spesso il sacerdote, almeno non in
tutte Le comunità, ma vivevano la
loro vera vita cristiana, e allora,
più vicini alla fonte originale del
Vangelo, capivano meglio questi
richiami fondamentali di Cristo
alle virtù che poi, con l'evolversi
della Chiesa, si sono chiamate i
"consigli", ai quali s'impegnano i
religiosi, ma che sono consigli e
inviti per tutti quanti.
E con quanta gioia ho letto nelle
Regole fatte da Don 13osco per i
Cooperatori: «A i Cooperatori 110n
50

2.9 Page 19

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è prescritta nessuna opera esteriore,
ma si raccomanda ÙJro la modestia
negli abiti, la frugalità nella mensa,
la semplicità nelle suppellettili do-
mestiche, la castigatezza nei di-
scorsi, l'esattezza nei doveri del pro-
prio ufficio ,>. troviamo la vera
logica profonda e che corrisponde
proprio alle esigenze attuali. In
questo mondo del comfort, del
lusso, del denaro mai bastante,
sempre di più in questo mondo di
lussuria, ecco, lì troviamo le chia-
mate del Vangelo, i consigli evan-
gelici che S. Giovanni Bosco vi ha
proposto in modo particolare. E
questo, vedete, vi metterà in un
modo più facile, più naturale, alla
scuola dell'apostolato; perchè più
fedeli a queste virtù essenziali che
il Vangelo ci propone, sarete più
ricchi e più disponibili per rispon-
dere all'attesa della Chiesa, che
oggi chiama sempre di più al-
l'apostolato.
E anche lì bisogna rinnovare,
forse, le disposizioni del vostro es-
sere per ascoltare le chiamate della
Chiesa, che adesso si fa sempre più
missionaria in tutto il mondo. Io
ho dimenticato, all'inizio, di dirvi
che sono lettore fedele del Bollet-
tino Salesia1w, che ricevo in due
edizioni: l'edizione italiana e quella
francese, che non si ricopiano, e
dunque ho un arricchimento. E
sempre di più si vede la presenza e
l'apostolato della grande Famiglia
Salesiana in tutte le parti del mondo.
È una ricchezza, ma, affermo,
mai risponderete abbastanza a que-
sta chiamata. Perchè si vedono
adesso tutte queste chiamate del
mondo, e non si possono soddi-
sfare. Io ho la grazia di essere a
contatto con molti missionari nel
quadro delle opere pontificie delle
Missioni, e di sentire le loro ne-
cessità. Leggevo recentemente il
Bollettino Diocesano di Kotonou
nel Dahomey. L'Arcivescovo afri-
cano parlava del suo Seminario
maggiore e diceva: «Quest'anno
avremo due sacerdoti; per tre anni
poi non ne avremo, perchè non ci
sono seminaristi. E poi speriamo
per più tardi, perchè ve ne sono
tre nel secondo anno>>. Vedete que-
sto popolo immenso che spera due
sacerdoti quest'anno, che spera,
forse fra tre anni, di averne due
altri: sono cose drammatiche!
E il Papa due anni fa faceva que-
sta costatazione: nel 1952 dai paesi
occidentali ne sono partiti come
missionari 850; nel 1956 - dieci
anni fa - 200 i.n meno (650); nel
1961, la metà: 330. E nel campo
finan7,iario alle domande ango-
sciose di questi Vescovi o religiosi
missionari, in genere si può ri-
spondere per metà o per un terzo
delle loro domande. E quando si
vedono tutte le ricchezze, sia in
uomini che in mezzi, che si tro-
vano in Occidente, questo fa male.
È vero che a sostituire in una certa
misura i Missionari sacerdoti, re-
ligiosi e religiose, ci sono i missio-
nari laici, e questo non va sotto-
valutato; però, diceva uno dei Ve-
scovi missionari : bellissimo ! li ac-
cogliamo, fanno tanto del benel
Ma si prestano per qualche anno,
non è che si diano veramente.
Certo è molto e sarebbe necessario
sviluppare sempre di più questo
apostolato. Voi avete forse sentito
parlare di una proposta. I paesi che
si dicono moderni hanno anche
un'armata permanente che spende
uomini e milioni. Diceva un Ve-
scovo missionario: (( Lo Stato è ca-
pace di obbligare al servizio mili-
tare la più parte dei giovani maschi.
Perchè la Chiesa non potrebbe su-
scitare, per amore di Dio e delle
anime, un certo servizio di apo-
stolato per due anni e non solo
per ragazzi, ma anche per ra-
gazze?,>.
Al Congresso Missionario ita-
liano dell'anno scorso ho letto que-
sta relazione che mi pare fonda-
mentale: «Fintantochè la preoccu-
pazione missionaria rùnarrà una
cosa, sì, grande, bella, ma margi-
nale (un giorno all'anno, una set-
tùnana all'anno), fino a tanto che
non farà parte della vita stessa della
Chiesa, delle parrocchie e delle or-
ganizzazioni, l'espansione. della
Chiesa non potrà farsi l).
Q uesto aspetto missionario per
i paesi lontani non ci fa dimenti-
care affatto il lavoro missionario
nei nostri paesi così detti cristiani.
È una delle grandi scoperte di que-
sti ultimi decenni: i nostri paesi
così detti cristiani si scristianiz-
zano; e allora ecco questo senti-
mento, questo dovere di cercare,
ognuno dove vive, di essere mis-
sionario. Ci sono tanti mezzi e voi
avete tutte le vostre organizzazion i
apostoliche alle quali vi dedicate,
ma diceva il cardinale Urbani nella
stessa conferenza alla quale mi ri-
ferivo prima: «Senza una testimo-
nianza di vita cristiana, l'agire non
basta ,). In qul'sto campo ho tro-
vato in un discorso del Papa
(udienza dell'ottobre scorso), un
testo che mi ha commosso. Di-
ceva: «La testimonianza che si
chiede dal cristiano deve essere quasi
quasi una trasparenza che rivela
Cristo, che rivela i valori sopran11a-
turali, chefa indovinare la Chiesa >>.
E aggiungeva: «Come mai questa
trasparenza si rivela di rado, anzi
come mai tanta gente vede nella
Chiesa un ostacolo, quasi un impedi-
mento, per non dire addirittura una
de/ormazione di Cristo? È noto
q1umto dagli avversari della Chiesa
sia stato scritto su questo tema, e
come anche tante singole persone
facciano fatica a scoprire nelleforme
concrete in cui la Chiesa si presenta
qualche consolante e folgorante ir-
radiazione cristiana.
Leggiamo - dice il Papa - una
testimonianza del nostro tempa. È
un'anima non ancora battezzata che
dice della sua avversione alla Chie-
sa: La meschinità delle pratiche de-
vote sentiva della 111uffa degli am-
bienti male aerati, e poi il fasto
esteriore, il gusto del lusso, dell'ap-
parato, la professione delle devozioni
ai Santi... Qualche settimana prima
del mio battesimo mi pareva ancora
assai pe,wso entrare in ,ma colletti-
vità così eterogenea che porta gravi
responsabilità nel corso della storia.
lo conosco tanti cattolici, spregevoli,
amorfi, indifferenti alle ingiustizie
commesse sotto i loro occhi.
Quante simili denunzie - prose-
gue il Papa - potrebbero essere ci-
tate! Come mai dunque la Chiesa
non mostra la sua virtù di segno,
la sua bellezza, la sua prerogativa di
presenza di Cristo? Rispondere sa-
rebbe lungo. Anche il Signore ,wn
da tutti fu riconosciuto. Ma pos-
siamo accontentarci di indicare due
punti: I. La Chiesa appare oscura
e non diversa dalle cose umane a chi
la guarda solo di fuori, a chi non la
conosce, a chi non vuole riconoscere
in Lei un suo segreto trascendente.
i. La Chiesa in certi suoi momenti,
in certi suoi aspetti, 11011 è bella, non
è splendida, non è significatit•a e
parlante perchè i suoi figli non sono
esemplari, non vivono da veri cri-
51

2.10 Page 20

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stiani. Quale respomabilità, quale
colpa hanno talora i figli della Chie-
sa che non ne riflettono la spiritua-
lità, la santità e non sono segni di
Cristo. Sapete che il Concilio ha af-
fidato il 1tome di st'gno a tutto il
popolo di Dio, a tutti i fedeli, e così
a tutti /a obbligo di testimon:iare
Cristo. J,0 ha applicato ai sacerdoti,
ai religiosi, ai missiorw:ri, ai co-
niugi cristiani, così che tutti siamo
invitati a riconoscere e celeb,-are
nella Chiesa il segno e la bellezza di
Cristo, così come tutti siamo tenuti
a concorrere con la nostra autentica
vita cristiana a dare alla Chiesa una
più viva e operosa capacità di ra-
diare Lo splendore salvifico e santi-
ficante di Cristo >>.
E allora davanti a questo il Con-
cilio offriva ai cristiani sia nei ca-
pitoli della Costituzione sulla Chie-
sa e del Decreto sul!'Apostolato
dei Laici, sia nella Costituzione
sulla Chiesa nel mondo di oggi,
tutti questi campi di apostolato che
sono aperti a loro. Ricordate i
5 capitoli della seconda parte del
cosiddetto schema 13, sulla fami-
glia, sulla cultura, sul mondo eco-
nomico-sociale, sulla vita civica e
politica, sulla pace e lo sviluppo?
Proprio nel prolungamento di que-
sta costituzione pastorale il Papa
ha pubblicato in queste ultime set-
timane l'enciclica << Populorum pro-
gressio », che rimarrà come uno dei
grandi avvenimenti della seconda
parte di questo secolo. E farei una
domanda, senza attendere la ri-
sposta: quanti cattolici l'hanno
letta ? Tutti i cattolici ne hanno
parlato, ne hanno parlato a lungo,
hanno letto i commenti dati dalla
stampa di tutte le parti; forse molti
hanno speso più tempo a leggere
questi articoli e a parlarne tra loro
che non a leggere l'Enciclica. Ora
questo è un fatto drammatico,
perchè - prima cosa - l'Enci-
clica si legge facilmente; - secon-
da cosa - perchè abbiamo pro-
prio il quadro che il Papa propone
per i nostri sforzi.
Bello il confronto che ha usato
il cardinale Roy in una conferenza
tenuta nell'isola di Portorico tre
settimane fa. Per far capire le ra-
gioni che spingono la Chiesa verso
questo camP.0, disse: Facciamo un
confronto: 11 nostro mondo è abi-
tato da 3 miliardi e 300 milioni di
abitanti. Noi lo possiamo rappre-
St'ntare in un villaggio di 330 ani-
me. Che cosa vi vediamo? Noi ve-
diamo c.he in questo paesetto
roo persone sono ricche, e 230
S<'llO povere. Le prime vivono da
una parte del ruscello che attra-
versa il villaggio. Le seconde dal-
l'altta partt". I ricchi sono <'ristiani
quasi tutti, almeno per tradizione.
Invece i 230 poveri che rappresen-
tano i 2 miliardi e 300 milioni di
abitanti del terzo mondo sono qua-
si tutti asiatici e africani, e non cri-
stiani.
Allora nasce il dramma di questi
popoli immensi che vedono i cri-
stiani in maggioranza possedere
tutta la evoluzione (non la cultura
perchè tanti paesi d'Asia hanno
una civiltà e una cultura più antica
della nostra). E il c'è il dramma
tremendo dal quale le nostre ge-
nerazioni sono afferrate, se in qual-
che modo non viene data una ri-
sposta a questa attesa. Certamente
non si tratta di fare - come hanno
detto alcuni iiornali - la minac-
cia dei poveri ai ricchi, ma un ri-
chiamo alla no.stra coscienza.
Sul messale, nella settimana do-
po Pasqua (l'Enciclica è uscita il
martedì di Pasqua) al giovedì, nella
colletta della messa, si ringrazia il
Signore per aver radunato tutti i
popoli in una grande famiglia.
Questa preghit'ra si recita da se-
coli. E noi cosa abbiamo fatto di
questi fratelli venuti vrrso di noi ?
Li abbiamo trattati da fratelli ?
Questa è una domanda che ci è
posta oggi e alla quale, come di-
cevo, bisogna rispondere. Queste
sono le aperture che vi la Chiesa
a seguito del Concilio, sulla vostra
vita religiosa, profonda, rinnovata;
le aperture immense dell'apostolato,
alle quali 'lJOÌ siete seusibili, perchè
voi siete già Cooperatori, ma sia per
voi, per una vita generosa, sia per
gli altri, sui quali voi potete avere
influsso, bisogna veramente riflettere.
Ma allora, ecco la formazione !
Vedete, si sente parlare oggi di al-
cune difficoltà nel campo dei laici
nella Chiese perchè alcuni laici,
spinti dal Concilio, qualche volta
prendono atteggiamenti che susci-
tano qualche difficoltà. Perchè i
laici possano rispondere all'attesa
della gerarchia e della Chiesa tutta,
questo suppone da parte loro uno
sforzo di preparazione spirituale,
teologica, dottrinale; e voi. siete
ben preparati con l'appoggio dei
vostri confratelli sacerdoti sale-
siani. Questa preparazione è ne-
cessaria per capire tutto il campo
aperto nella Chiesa, e per capire
più profondamente il vero signifi-
cato di una società gerarchica nella
quale ci sono quelli messi a capo
dal Signore, per servire, ma a capo.
Un rinnovo della vita interiore, di
questo senso della Chiesa, per-
metterà ai laici di rispondere alle
aspettative della Chiesa stessa.
Io non posso fare di meglio, per
concludere, che leggere alcune ri-
ghe che il Santo Padre il 12 mag-
gio dell'anno scorso indirizzava
agli alunni degli Istituti Salesiani:
«Siate soprattutto cristiani con-
t>inli, figli degni della Chiesa dei
tempi nostri, che con la celebrazione
del Concilio Ecumenico ha tracciato
per i laici del mondo e nel mondo,
uomini e dorme, 1111 precùo pro-
gramma di vita e di azione. L'ora
non è dei pavidi, dei pigri, degli as-
senti, ma invece dei generosi, dei
forti, dei puri, dei convùiti, di chi
crede, spera e ama, di chi è pronto
a pagare di persona per l'estensione
del Reg110 di Cristo per l'a1.,'Venire
dei tempi migliori ».
L'opera dei Cooperatori col tempo sarà così apprezzata che mi par di vedere non solo
famiglie, ma città e paesi interi a farsi Cooperatori Salesiani.
li servo di Dio PIO IX
52

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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RELAZIONI
DEI GRUPPI
DI STU O.I O
Gruppo di studio per la
formazione spirituale
(dirige la signora Maria T. Ferrara)
Premessa
I Consiglieri del Gruppo si sono
trovati tutti d'accordo nell'affer-
mare che senza vita interiore, senza
ricchezza spirituale non si riuscirà
mai ad arricchire gli altri. La fe-
condità di ogni apostolato è stret-
tamente legata a questa ricchezza.
Conseguenza ovvia: i Consiglieri
devono essere i primi e i più con-
vinti di questo preciso dovere di
accrescere la propria spiritualità.
Proposte
1. Ogni Centro Cooperatori ab-
bia un Consigliere per la forma-
zione spirituale, che collabori ve-
ramente con il Delegato in questo
insostituibile settore.
2. Il Consigliere ispettorialc per
la formazione spirituale mantenga
i contatti con questi Consiglieri lo-
cai.i, che quindi deve conoscere e
d~ cui deve avere l'elenco e l' indi-
rizzo (circolari , telefono, visite sul
posto, riunione annuale ecc.).
3. I Consiglieri per la formazione
spirituale si preoccupino che in
ogni Centro: a) i Coop<!ratori siano
avviati a fare la meditaz ione; b) il
Ritiro mensile non si riduca a una
conferenzina più o meno b1eve e
a1le preghiere della buona morte,
ma sia un vero ritiro; e) s'incre-
mentino gli Rserci.z i Spirituali (i
Consiglieri daranno l'esempio par-
tecipandovi - se possibile - ogni
anno); d) vi sia una buona pratica
sacramentale, come voleva Don
Bosco.
4. Si i. rilevata l'esigenza di Eser-
cizi Spirituali differenziati (per
coppie di sposi, per giovani, -per
insegnanti, per genitori di sale-
siani ecc.). Inoltre si son fatti voti
che in tutti i Centri si miri ad af-
fermare quella che è la vera natura
degli Esercizi, cioè un colloquio
con Dio e non una breve- vacanza.
Gruppo di studio cultura
religiosa
(dirige l'insegnante Oddino Denti)
Premesse
I Cooperatori appartengono a
una Famiglia religiosa che si po-
trebbe definire " catechistica".
Don Bosco nel Regolamento
(capo II, 1) affida ai Cooperatori
anche il lavoro apostolico del Ca-
techismo.
11 Concilio varie volte ha richia-
mato l'attenzione dei fed eli e dei
pastori sull'urgenza di una buona
istruzione religiosa.
I Consiglieri ispettoriali per la
Cultura religiosa hanno quindi uaa
grande responsabilità, soprattutto
in vista dell'<1 Anno della Fede•>.
Proposte
I Consiglieri ispettoriali addetti
alla cura di questo settore dell'apo-
stolato salesiano s'impegnano:
1. a) per una conoscenza perso-
nale sempre più precisa e convinta
della Dottrina Cristiana, dei Do-
cumenti del Concilio, degli Atti or-
dinari e straordinari del Magistero
della Chiesa;
b) a prestare valida cooperazione
al Delegato ispettoriale perchè in
ogni Centro si formi un Consiglio
locale attivo, e perchè in ogni Con-
siglio locale sia presente e operante
il Consigliere del settore «Cultura
Religiosa »;
e) a dare il loro valido aiuto per-
chè i Consiglieri per la Cultura
Religiosa siano forniti di tutti i
mezzi convenienti al loro aposto-
lato: testi, elaborati, sussidi ecc.
2 . Invitano i Cooperatori sale-
siani a svolgere l'apostolato cate-
chistico nelle forme tradizionali,
ma anche nelle forme particolar-
mente adatte ai nostri tempi (corsi
di aggiornamento, tavole rotonde,
cineforum ecc.).
3. Rivolgono un invito partico-
lare ai Cooperatori Insegnanti
perchè in ogni ordine di scuole ove
siano inseriti, ma in particolare
nelle scuole superiori, siano .validi
strumenti del pensiero cristiano
nell'insegnamento delle discipline
filosofiche, storiche, letterarie; e
sappiano suscitare un vero dialogo
di illuminazione cristiana, renden-
dosi pure abili a rispondere alle
difficoltà del mondo giovanile mo-
derno.
4. Intendono dare lode a tutti
quegli umili e coraggiosi Coope-
ratori che sanno fare della loro
presenza in ogni ambiente jl dono
di una vera seminagione di pen-
sieri religiosi e buoni, sull'esempio
della santa Mamma di Don Bosco.
Gruppo di studio stru-
menti di comunicazione
sociale
(dirige il dott. Nino Barraco)
Premesse
Dato che radio e televisione sono
~tati argomento di studio di altra
,·ommissiooe, il Gruppo si limita
53

3.2 Page 22

▲back to top
ai problemi della stampa e del ci-
nema.
Gli strumenti di comunicazione
sociale sono i veicoli su cui mar-
ciano le idee. Oggi la battaglia delle
idee si combatte sul campo della
carta e delle onde.
Il 3° articolo del capitolo Il del
Regolamento invita a diffondere
la buona stampa.
Il Concilio ha emesso un decreto
su questo tema.
Proposte
Il Consigliere stampa:
1. consideri suo compito di fon-
do togliere al Delegato il lavoro
materiale del settore stampa, per
lasciargli maggiore disponibilità di
attendere al lavoro formativo;
2. approfondisca il problrma, si
tenga aggiornato, legga ogni giorno
il quotidiano cattolico e ogni mese
qm1lche rivista cattolica d'impe-
gno;
3. ottenga che in ogni Centro il
Consigliere stampa diventi un ani-
matore intelligente, impegnato, co-
raggioso dell'apostolato stampa;
Il Gruppo dei Consiglieri sud-
detti, in fine:
a) esprime la necessità di un
grande quotidiano cattolico che,
articolato in pagine regionali, su-
pe,rando molteplici difficoltà di or-
dine finanziario e ideolo~ico, sia
tribuna di verità, impegno di giu-
stizia, strumento di dialogo, bat-
taglia di idee;
b) fa voti perchè sorga una scuola
di animatori di ci_nedibattiti che
traduca in espressione di catechesi
illuminata l'apostolato nel settore
del cinema.
Gruppo di studio cura
gioventù
(dirige la signora Paola Spada)
Premessa
Non saremmo salesiani se non
fossi.mo impegnati nel lavoro spe-
cifico a beneficio della gioventù.
Le Ìont1 a cui i Cooperatori si
ispirano per tale lavoro sono le pa-
role di Don Bosco (Regolamento,
cap. II, 4) e le parole che oggi la
Chiesa rivolge ai laici attraverso i
documenti conciliari.
É indispensabile formare in ogni
Centro ispettoriale e in ogni Cen-
tro locale un C('nsigliere che sia
sensibile a questo problema e abbia
una formazione adeguata.
li settore gioventù ba una du-
plice funzione: 1. la cura della gio-
ventù, considerata nell'adolescenza,
nel periodo del prefidanzamento,
nel periodo del fidanzamento e ol-
tre; :?. la formazione di gruppi
giovanili di Cooperatori, come
espressione di ringiovanimento dei
Centri e quindi di contiuuità apo-
stolica.
Proposte
.4) Per la cura riel/a giove11tù si
elencano e consigliano le seguenti
esperienze:
1. Corsi per fiùanzati.
2. Corsi per genitori riguardanti
il problema dell'educazione e for-
mazione dei figli.
3. << Tribuna della giovinezza •l
articolata in incontri in forma di
dibattiti tra giovani e ragazze, mo-
derati da un Cooperatore e da una
Cooperatrice di esperienza.
4. «Tribuna dei genitori 1>: in-
contri tra genitori e ragazzi.
5. Cinefamiglia: incontri ricrea-
tivi cli famiglie con la presentazione
di film a tematica. Ad esempio:
dialogo tra genitori e figli (Diario
di Anna Frank) e molti altri temi.
6. Manifestazioni a favore del-
l'unità e santità della famiglia.
7. Inserimento dei Cooperatori
negli Oratorj come dirigenti, ca-
techisti, elementi per organizza-
zioni sportive, turismo ecc.
8. importantissimo nel settore
gioventù il lavoro degli Insegnanti
nella scuola attrli.verso il sistema
preventivo di Don Bosco e l'invio
dei giovani nei nostri Oratori e
Centri giovanili.
9. Collaborazione del settore
gioventù con i settori stampa e
moralità, che interessano soprat-
tutto il mondo giovanile.
R) Per .la formazione di gruppi
giovanili di Cooperatori si propone
che ogni Centro ùi Cooperatori
adulti abbia l'obiettivo di for-
mare, nel modo e con i mezzi che
si credono più opportuni, un grup-
po giovanile che assicuri al Centro
la sua continuità.
A questo fine sono da leggere
gli ultimi numeri del Bollettino Di-
rigenti, che riportano esperienze
interessanti di gruppi giovanili già
esistenti.
Tutti i Consiglieri del settore
gioventù si augurano che inizi pre-
sto una collaborazione a carattere
nazionale, con scambio di espe-
rienze e di consigli che rendano a
tutti più facile il lavoro di orga-
nizzazione e di funzionamento dei
Centri di Cooperatori giovani.
Gruppo di studio dei con-
siglieri di segreteria
(dirige il rag. Agostino Lazzara)
Premesse
Apparentemente questo non
semhra un settore apostolico come
gli altri, ma non è cosl. Ogni asso-
ciazione ha bisogno di un minimo
di organizzazione. Quindi il lavoro
del Consigliere di Segreteria è un
servizio reso a tutto l'Ufficio Ispet-
toriale.
Svolgendo bene il loro lavoro i
Consiglieri di Segreteria mirano
anche al fine apostolico di liberare
almeno in parte il Delegato da un
compito che è più dei laici che del
sacerdote, in modo che egli possa
dedicarsi con più respiro all'opera
della formazione spirituale.
Questa idea va diffusa anche tra
i Consiglieri di Segreteria locali.
Proposte
Sviluppare i contatti umani e or-
ganizzativi tra Consiglier;i ispetto-
riali e Consiglieri locali con fre-
quenti visite ai Centri, onde ren-
dere più agevole l'impostazione
delle programmazioni, del funzio-
namento della segreteria ecc.
Coordinare il lavoro dei Consi-
glieriispettoriali addetti ai vari set-
54

3.3 Page 23

▲back to top
tori, in modo da dare uno sviluppo
organico al lavoro programmato
per l'anno sociale. Si sono fatti voti
perchè nella seduta conclusiva ogni
segreteria inviti l'Ispettore affinchè
incoraggi i singoli responsabili dei
vari settori di apostolato nei loro
impegni di lavoro.
Indire anche un~ riunione an-
nuale di categoria per un Ritiro
minimo, allo scopo di alimentare il
fervore apostolico mediante una
accresciuta consapevolezza della
reale apostolicità del proprio la-
voro.
Gruppo di studio mora-
lità e A/ART
(dirige il rag. G. Meneghetti)
Prem e ssa
La difesa della pubblica mora-
lità è un campo specifico di atti-
vità della cooperazione salesiana e
si inserisce nel solco del «Sistema
preventivo», cardine della peda-
gogia di Don Bosco per la salvezza
della gioventù.
Propo st e
Non essendo possibile affrontare
tutto l'arco della problematica
odierna della moralità, si propon-
gono i seguenti punti:
1. Invio di lettere di solidarietà
a Magistrati, Questori ecc. che in-
tervengono a difesa della moralità.
2. Denuncia al Consiglio Regio-
nale dell'Ordine dei giornalisti di
pubblicazio11i periodiche più volte
colpite da sequestro, citando l'ar-
ticolo 48 della legge 3-2-1963,
n. 69.
- 3. Segnalazione all'Autorità di
P. S. della programmazione di pro-
vini di film i•ietati ai minori, du-
rante la proiezione di film, cui i
minori sono ammessi, citanto l'ar-
ticolo 5 della legge 21-4-1962,
n. 161.
4. Data l'importanza della TV
nella vita associata, propagandare
l'iscrizione all'A /ART, come unica
possibilità di intervento presso la
RAI-TV per una qualificazione
positiva delle teletrasmissioni .
5. Denunce di manifesti, puhbli-
cazio11i periodiche, l.ibri immorali
alla Magistratura o ali'Autorità di
P. S. (v. legge 12-12-r960, nu-
mero 159s).
NB. Firmarsi con titoli di studio
e qualifiche professionali (es.: in-
segnante, medico, ingegnere, pa-
dre o madre di famiglia ecc.)
omettendo l'appartenenza a orga-
nizzazioni cattoliche, sia per le ma-
nifestazioni di solidarietà (di cui
al n. 1) e sia per le denunce (di
cui al n. 5).
Il Gruppo di studio propone
à10/tre:
a) Filiale, rispettosa preghiera
alle competenti Autorità religiose
affinchè stimolino e controllino la
periferia per l'effettiva realizzazione
delle norme che vengono emanate
dall'alto.
b) La realizzazione di un opuscolo
pratico e aggiorna.to, contenente le
principali norme di intervento
concreto.
e) Attivizzazione dei Coopera-
tori insegnanti, soprattutto per ciò
che concerne una crociata per la
moralità fra le famiglie degli alunni
(stampa, TV, cinema, disponibi-
lità incontrollata di denaro ai ra-
gazzi).
Come esempio di pratiche at-
tuazioni, si cita l'attività encomia-
bile dei Cooperatori di Roma per
la moralizzazione delle località di
villeggiatura, mediante l'allesti-
mento di cartelli (realizzati sotto
l'egida dell'Azienda autonoma di
soggiorno) e contenenti un discreto
appello afla moralità del vestiario
e del contegno, accompagnati da
utili notizie sull'orario delle sante
Messe, delle corriere, dei treni ecc.,
con un richiamo agli articoli del
Codice Penale sulla mancata os-
servanza delle disposizioni in ma-
teria di moralità.
I Cooperatori di Roma sono
stati pregati d i trasmettere ai vari
Uffici lspettoriali d'Italia, copia
dei cartelli citati.
Per la moralità, come per ogni
altro settore, a un Consigliere
ispettoriale venga affidato il com-
pito di forn1are e attivizzare i Con-
siglieri locali nel campo specifico
della moralità.
Gruppo di studio voca-
zioni e missioni
(dirige la prof. Vetulia Italia)
Prem esse
Sono stati chiariti due punti es-
senziali:
a) Come debba intendersi l'apo-
stolato vocazionale nel senso più
ampio, più cattolico, più aperto e
intelligente.
b) Necessità di una distinzione
ben chiara fra azione apostolica
individuale, da semplice cristiano
e Cooperatore, e azione apostolica
a livello ispettoriale.
P r o po st e
1. Visite alle case di formazione
o aspirantati con interessamento
particolare per quei ragazzi la cui
situazione familiare si presenti par-
ticolarmente delicata.
2. Azione di orientamento sui
giovani; sui genitori attraverso in-
contri promossi dalle parrocchie o
dai Centri Cooperatori; sugli in-
segnanti attraverso incontri per in-
segnanti Cooperatori, exallievi e
amici, che trattino ad alto livello i
problemi dell'orientamento giova-
nile. I,'azione sugli insegnanti è stata
riconosciuta la più urgente e utile.
3. Proposta ai parroci, in oc-
casione della giornata missionaria
mondiale, di proiettare rratuita-
111e11le nelle sale parrocchiàii film a
sfondo missionario o vocazionale; in
modo più aperto, nellagiornata mis-
sionaria salesiana, si propongono do--
cumentari di vita missionaria.
4. Dare continuità all'inte-
resse per le missioni con la diffu-
sione della stampa missionaria e
con la proposta di un gemellaggio
tra una lspettoria e una missione,
con il proposito di devolvere, anno
per anno, tutte le offerte per la rea-
lizzazione di una sola opera, di cui
si sappia con precisione l'entità e
la relativa spesa, e si abbia poi la
soddisfazione di saperla realizzata.
5. Per i Laboratori: non solo de-
stinare alle missioni parte dei la-
vori, ma durante le ore di lavoro far
leggere qualche pagina di un perio-
dico missionario, assiduamente.
55

3.4 Page 24

▲back to top
IL SALUTO DEL PRESIDENTE GENERALE
DELL'AZIONE CATTOLICA ITALIANA
PROF. VITTORIO BACHELET
Rev.mo e caro Rettore IV[aggiore, caro don But-
tarelli, cari amici:
Don Buttarelli ve l'ha detto: io ho accettato di
venire oggi tra voi, non solo perché, come Presidente
dell'Azione Cattoljca, sono particolarmente interes-
sato a tutta la vita dell'Apostolato dei Laici in Italia
e particolarmente alla vostra, ma anche perchè
l'amicizia per i salesiani, diciamo megli.o, la devo-
zione speciale per Don Bosco è qualche cosa di_ ra-
dicato nella vita della mia famiglia. Non soltanto
perchè mio padre e mia madre, essenclo torinesi, ave-
vano un legame speciale con i salesiani, ma perchè
questo affetto, questa devozione è sempre stata da
loro e quindi anche da noi coltivata, e abbiamo sempre
considerato Don Bosco come amico, come per-
sona su cui si poteva... contare. Il mio papà - lo
e ricordava don ButtareIli - stato socio d'Azione
Cattolica, ma anche Cooperatore Salesiano.. . Anche
la mia mamma era molto devota di Don Bosco;
e quando è mancata, ha voluto dare a ciascuno dei
figli un piccolo segno di affetto e a me ha lasciato una
lettera di Don Bosco. Quindi vedete che ci sono
molti legami, anche di famiglia.
Però io vengo anche per darvi un saluto e per
dirvi tutta l'attenzione, tutto l'affetto, tutta l'ammira-
zione come Presidente dell'Azione Cattolica, e
credo di poter dire anche un poco da parte di tutte
le altre opere dell'Apostolato cattolico che fanno
parte della Consulta. Non ho nessun titolo di rap-
presentanza formale, ma credo di poterne inter-
pretare il senso e l'animo, dicendo eh.e davvero il
mio è un saluto molto caldo, molto affettuoso e
molto grato. Mi pare che una delle cose belle
di questi ultimi anni, vorrei di_re uno dei frutti
del Concilio, sia stato questo spirito, in parte nuovo,
di grande apertura, di cordiale simpatia fra le
diverse opere di Apostolato dei Laici.
Io partecipo a molti incontri, da molti anni, e
ho visto con grande piacere, in questi ultimi tempi
crescere questo spirito d'intesa, questo affetto reci-
proco. Ed è per q_uesto che ogni cosa che uno fa,
noi la sentiamo tutti un poco come nostra. Quindi
non- diciamo più: << H anno fatto il loro convegno,
hanno svolto la loro iniziativa, Dio li benedica!~-
Ma sentiamo che tutto quello che facciamo è in
qualche modo corresponsabilità di tutti, un passo
avanti che facciamo tutti insieme; e se qualche cOsà
non va, è qualche cosa che a tutti reca dolore.
E voi capite che efficacia può avere la nostra azione
se davvero noi ci moviamo tutti quanti insieme,
pur con tutte le diversità specifiche. Nessuno di noi
infatti pensa a una specie di uniformità che ci porti
tutti a fare la stessa cosa. Dio ci ha fatti uno diverso
dall'altro e noi non pensiamo d'inquadrare le opere
e le persone; ma tutti operiamo con questo spirito
comune, con un'intesa che diventa operativa. E
questo nello spirito del Concilio.
Io ho molto apprezzato il tema che è stato posto un
po' come centro di questo Convegno: (1 Stare al passo
con il Concilio)).
E qui vorrei dire che certi punti di contatto tra il
vostro lavoro e quello dcli'Azione Cattolica sono
interessanti. Questa stessa idea di Don Bosco di
chiamare i Cooperatori, non solo come un gruppo di
un- gente ricca di una spiritualità speciale, ma anche
pegnata operativamente al servizio dell'ideale cri-
stiano, per la propagazione della fede, per una testi-
monianza cristiana della vita, è una visione nuova,
una visione che annuncia quella che poi il Concilio
avrebbe esplicitato e fatta propria in modo luminoso.
Queste sono le idee sulle quali si sono mosse sin
dall'inizio le Associazioni di Azione Cattolica, così
come esse hanno professato una speciale fedeltà al
Papa. La scritta messa giù in fondo alla sala lo dice:
<< PIÙ LA SANTA SEDE SARÀ BERSAGLIATA,
P I Ù DAl COOPERATORI SARÀ ESALTATA~.
Vorrei ancora dire, per concludere, che io sono
particolarmente grato ai Cooperatori Salesiani, perchè
oltre a questi princìpi ideali, oltre a questo spirito di
affiatamento che va crescendo largamente in tutti,
in più di un caso, in molti casi, in un certo senso
stabilmente, noi abbiamo potuto contare sulla coope-
razione attiva dei Cooperatori, proprjo come A. C.
Vedete, l'Azione Cattolica è un po' un'organizza-
zione « tutto fare»; quindi qualunque cosa ci sia da
fare, s'impegna l'Azione Cattolica. Ed è giusto che
sia così, anche se non è sempre facile corrispondere a
tutti gli impegni. Allora noi tante volte, anche come
Azione Cattolica, abbiamo bisogno di aiuto; abbiamo
visto che tutte le volte che l'abbiamo chiesto ai Coope-
ratori Salesiani, l'abbiamo avuto generosamente.
E quindi anche di questo vi ringrazio, non solo come
Azione Cattolica, ma anche a titolo personale, perchè
chi ha una responsabilità e vede che le braccia tante
volte sono insufficienti, se trova aiuti, prova che
questa è una cosa bella e pensa: veramente siamo nello
spirito del Concilio, siamo nello spirito di Don Bosco.
56

3.5 Page 25

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......
~
·'t=:
·~ ~c..
,.. e~
t c..
~ Q.
IL DISCORSO DEL RETTOR MAGGIORE DON LUIGI RICCERI
« Noi vogliamo portare i Cooperatori Salesiani - ha detto
il Retto, Maggiore - a diventare collaboratori coscienti,
completi, integrali, tecnicizzati anche, per quello che ci
può essere di tecnica nell'apostolato; vogliamo portare i
Cooperatori al livello di collaboratori, non sotto di noi, ma
a fianco di noi; non solo quindi fedeli e docili esecutori,
ma capaci di iniziative, di responsabilità apostoliche, pur
sempre in accordo e sintonia col sacerdote».
Il nostro oratore dott. Barraco ha detto che il
Rettor ~ veniva senz'altro insignito della...
decorazio
Cooperatore Salesiano. l o devo dire
che forse è po' il mio destino questo, e ve lo
spiego. Non so quanti di voi ricordino il comunicato
che la Radio ha fatto (cosi mi hanno riferito) dopo la
mia elezione iJ 27 aprile 1965. La Radio ha dato
l'annuncio che era stato eletto come Rettor Mag-
giore dei Salesiani un certo Don Luigi Ricceri,
"Cooperatore Salesiano!". Con un sigillo di questa
fatta, io debbo dire senz'altro che ho un provviden-
ziale destino a questo riguardo...
Detto questo, voi capite con quanto piacere io
abbia gradito questo gesto simpatico che non fa
altro che ribadire quello che è un mio convinci-
mento e una mia linea; e appunto in questa linea vi
dirò che sono felice di trovarmi in mezzo alla nostra
Terza Famiglia. Ma poco fa - aggiungeva sorri-
dendo - l'illustre presidente deU'Azione Cattolica,
il prof. Bachelet, raccomandava anche un po' di...
segreto; e io dico anche a voi: non fate propaganda,
ma io sto molto volentieri in mezzo ai Cooperatori
salesiani (applausi).
Il Rettor Maggiore esprimeva un altro motii·o di
gioia per lui: l'i,zcontro col Presidente Generale del-
l'Azione Cattolica Italiana. Consentitemi di dire
- ha proseguito - che la collaborazione è una delle
idee che mi guidano, mi conducono, mi assi_llano!
anche perchè chi vi parla ha lavorato per molti anni
nell'A. C., e nell'A. C. giovanile, nei tempi di grande
fervore e per un buon decennio (purtroppo breve per
me), e ha avuto contatti con tanti suoi predecessori,
e con tanti che hanno lavorato attorno ai vari presi-
denti; ebbene, io ho visto sempre la necessità impre-
scindibile di questa collaborazione, pur 11ell'articola-
zio11e e nella distinzione.. Io sono lieto d i ringraziare,
nella persona del Presidente attuale dell' A. C.,
tutta l'A. C. e tutte le opere di attività cattoliche le
quali, ben diceva il Presidente, sono in questo piano
psicologico e operativo: conosdamoci, conrdiniamoci,
vogliamoci bene, ve, bo et opere, perchè (è lino slogan
di Don Bosco) le forze unite realizzano, le forze
disunite vanno in desolazione. Grazie allora al Pre-
sidente carissimo, se permette la parola, per tutti i
motivi che ha detto lui e che ho detto anch'io; grazie
di questa presenza, che non è una presenza di oc-
casione, una presenza accademica, ma è una presenza
che indica una realtà e che prepara una realtà ancora
pi1'1 intensa.
li Rettor Maggiore quindi effondeva paternamente il
suo cuore in sentimenti di viva compiacenza per il
lavoro svolto in Italia dalla nostra Terza Famiglia.
Vorrei - diceva - potervi stringere la mano a
uno a uno; ma ve la stringe Don Bosco, perchè
il grazie non è mio, esso viene solo attraverso un
portavoce, un altoparlante. Chi ve lo dà è Don Bosco,
è iJ Santo Padre Paolo VI, a cui mandiamo iJ nostro
devoto, devotissimo filiale pensiero e augurio
(applausi}.
Il vostro applauso dice quanto voi sentiate la ri-
conoscenza, l'apprezzamento verso questo Uomo,
questo santo e grande Cireneo, il quale sta realiz-
zando nelle sofferenze, ma anche nel coraggio e nella
fiducia, la grande ricchezza del Concilio, pur in
mezzo alle immancabili già scontate difficoltà che
importa questa realizzazione. Noi, modestamente,
Famiglia Salesiana, umilissimamente siamo accanto
a Lui; accanto a Lui non solo col.senso della cordia-
lità devota, filiale, ma anche con la volontà, per quel-
e l'atomo che possiamo fare nel collaborare con Lui.
li grazie a tutti, a ciascuno di voi; ma evidente
che il grazie primissimo va. ai motori pri.I\\cipali di
queste giornate e di tutta la vostra attività; e i motori
principali hanno due nomi: don Fiora e don Butta-
relli (applausi).
Ma voi d irete - proseguiva il Rettor Maggiore -
ci parla veTamente in confidenza, in famiglia, e ne
go<liamo, ma ci dia anche qualche idea. Io penso che
57

3.6 Page 26

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voi, cari Consiglieri, di idee ne abbiate avute a de-
cine, a centinaia in ~uesti giorni; basta tener presente
quella sintesi che e la << Mozione finale». Tuttavia
vi sottolineo due idee, che condenso in due parole,
molto semplici e che potrebbero apparirvi molto
consumate dall'uso, ma che contengono molta ric-
chezza: AVANTI, che è poi una parola di Don Bosco:
<• Noi non possiamo fermarci>>; e l'altra è una parola
di Paolo VI, l'ha detta a noi: PROGREDIRE:
Avanti-Progredire: ho detto che è parola di Don Bosco
l'una, di Paolo VI l'altra; quindi siamo perfetta-
mente in linea. Parole che nella loro essenzialità
importano una cosàe11za in profondità di quello che
voi siete.
Una coscienza: come cristiani autentici di oggi,
come salesiani. Da questa coscienza viene .la con"uin-
zio11e, che è la sorgente della operatività. È tutta
una scala questa da cui non ci si può assolutamente
allontanare. E con la convinzione, la volontà. lo vi
dico, carissimi Consiglieri: si tratta di uscire di qui
con una volontà, co11 1m se11so quindi di volere conci eto,
reale e realizzatore, di tutto quello che voi vi propo-
nete. Altrimenti cadremmo nell'accademia, nel vel-
leitarismo.
Volontà, dicevo, ma la volontà a sua volta è ani-
mata, illuminata e riscaldata dall'ottimismo. Otti-
mismo alla Papa Giovanni, alla Paolo VI, perchè
anche se Paolo VI non ha il sorriso di Papa Giovanni,
ha l'ottimismo solido e sostanzioso di Papa Giovanni,
che in mezzo a mille difficoltà lo mantiene sereno e
fiducioso nelle forze attive e positive che si muovono
già nella Chiesa del postconcilio. Dicevo dunque
l'ottimismo di Papa Giovanni, di Paolo VI, che è
della Chiesa, che è di Cristo (guai se Gesù non fosse
stato ottimista!) e di Don Bosco (se c'è un santo
ottimista è proprio lui).
Volontà fatta di ottimismo, attuata con stile e me-
todo. Stile che riflette uno spirito (avete parlato dello
spirito salesiano) e un metodo. Oggi non si lavora,
non si realizza, non si raggiungono mete col solo entu-
sias,no, t·on la sola b11011a volontà. La volontà deve essere
metodicizzata, deve avere dei programmi, delle mele,
degli strumenti, deve sapere dove vuole arrivare, e
come arrivare a queste mete.
In sintesi ho detto: Avant1'-Progredirc. Allora tra-
duciamo queste idee con una parola che ci ricorda i
bollettini di guerra: AVANZARE.
Avanzare allargando siste111aticame11te il raggio di
azione, che è già tanto largo e che è proprio del vostro
apostolato. Noi vogliamo portare i Cooperatori Sale-
siani a diventare collaboratori coscienti, completi,
integrali, tec11ici2:zali anche, per quello ché ci può es-
sere di tecnica nell'apostolato; vogliamo portare i Coope-
ratori al livello di collaboratori, a fiancn a noi, non
sotto di 11oi; a fianco a rioi (che è cosa molto di versa)
no11 solo quindi"fedeli e docili esecutori, ma capaci di
im".:::iative, di respomabilit(Ì apostoliche, pur sempre i11
accordo e iri si.11to11ia col sacerdote.
Io penso in questo momento a quello di cui sono
stati capaci i Cooperatori di Hong-Kong. L'avete
letto sul Bollettino Saleriano. I Cooperatori di Hong-
Kong hanno detto:« Qui c'è bisogno di mettere su una
scuola» (Siamo a Hong-Kong, paese di milioni di
pagani, dove una scuola cattolica diventa senz'altro
un centro di apostolato). Ebbene, i salesiani non
ce la fanno; ne hanno già cinque grandissime. Ne
metteremo su una noi, con personale scelto, aposto-
lico, fatto di Cooperatori e di Cooperatrici. L'am-
ministriamo noi, la dirigiamo noi, sotto l'alta dire-
zione dei salesiani.
:Vla quante altre forme di collaborazione veramente
efficienti, accanto ai sacerdoti, che non siano sempli-
cemente quelle attuate finora t
Tutto questo, importa un progredire, non solo in
senso orizzontale, ma in senso verticale.
Che vuol dire progredire in profoudità. Voi capite
cosa significhi. Cooperatore vuol dire c1 istiano co-
sciente. Bisogua che oggi ogni cristiano impegnato,
come siete voi, sia veramente cosciente, altrimenti
11011 si regge, 1io11 si regge!
Bisogna che ci sia una ipernutrizione di cultura,
di religione, di catechesi personale, una ipernutri-
zione di vira sacramentale. Senza di questo oggi e il
clima in cui si vive e iI mondo con cui si cozza, e
tutto quell'insieme di aridume, di deserto, di ghibli
portano a poco a poco a esaurirvi. Di qui la necessità,
appunto, di avere una vita supcrvitaminica. E questa
per voi è una necessità inderogabile. Quindi: Coope-
ratore che progredisce in profondità, in questo
senso: cristiano cosciente, che porta poi al cristiano
coere11tu.
Tante volte sentiamo (facciamoci co(aggio a dir-
celo) di anime che si votano a opere di apostolato,
ma poi, nella vita di testimoniam:a sono suscetti-
bili d_j_ critica, per mancanza di coerenza personale.
Ci può essere chi fa anche dicci visite alla settimana
ad ammalati per apostolato, ma poi nella sua vita
personale conserva difetti cosi negativi e repellenti
da annullare quasi quello che è la sua azione di apo-
stolato diretto. È importante questo, quanto mai
importante. E allora Cooperatore cosciente, coerente,
eh.e vive attivamente il Vangelo; ma lo vive alla Do,i
Bosco. Don Bosco è uno dei grandi nella storia
della Chiesa, che ha interpretato con la sua persona-
lità di Santo il Vangelo. Ebbene, voi siete Cooperatori
Salesiani, quindi con lo spirito salesiano, che porta
poi allo stile salesiat10. Vivere quindi il Vangelo atti-
vamente, ma <1 alla Don Bosco 1), per essere come
Lui (come lo defin1 Pio Xl, e come ebbe a ripetere
Papa Giovanni) servitori della Chiesa: non servitori
di quella casa salesiana, non servito,i di quel Delegato
salesiano, non servitori della Congregazione, ma ser-
vitori: della Chiesa, perchè tulli insieme siamo figli
della Chiesa e appzmto per questo filialme11te serviamo
la Chiesa.
Portate nel vostro cuore questo messaggio, che
non è altro che una firma, un sigillo a quanto si è
detto in questi bellissimi giorni; mentre io affido
questo messaggio a Maria Ausiliatrice. Ricordate che
Maria Ausiliatrice è Madre della Chiesa. Ebbene,
sia appunto la Vergine Ausiliatrice a guidarvi, a
confortarvi, uno per uno, nella vostra Ofera di apo-
stolato, come ha fatto con Don Bosco, nostro Padrt.
58

3.7 Page 27

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Spiritualità Salesiana
Meditazione di don Carlo Colli
Il Concilio (L. G. n. 39) dopo
aver affermato che «tutti nella
Chiesa... sono chiamati alla san-
tità •>, tosto soggiunge: « questa
santità... si esprime in varie forme
presso i singoli ».
Se unica è la fonte, Cristo, di-
versi sono i rivoli che da questa
fonte si dipartono. Ognuno di noi
ha la sua personalissima, inconfon-
dibile vocazione alla santità; è un
riflesso della pienezza della santità
di Cristo.
Ciò non toglie che alcuni di que-
sti raggi che si dipartono da que-
sta sorgente luminosa, abbiano,
per la particolare missione che de-
vono svolgere nella Chiesa, la fun-
zione di paradigmi, di tipi, di mo-
delli rispetto ad altri raggi minori.
Ci sia di esempio lo spettro so-
lare. Un unico raggio di sole pas-
sando attraverso a un prisma si ri-
frange nei colori dell'iride; ognuno
dei colori dell'iride, a sua volta, si
stempera in una gamma indefinita
di colori, ma ciò non toglie che
tutti questi colori non riflettano,
in qualche modo e nùsura, l'im-
pasto del colore fondamentale.
L 'esempio che abbiamo ripor-
tato ci dà modo di comprendere,
per quanto si possa comprendere
da un esempio, che cosa intendia-
mo per spiritualità nella Chiesa.
Ogni santo canonizzato dalla
Chiesa, evidentemente, ha prati-
cato tutte le virtù in grado eroico,
ma le ha praticate in modo tutto
suo personale, a seconda del suo
temperamento e a seconda della
missione che gli era stata affidata
da Dio. Tale modo peculiare è la
sua particolare spiritualità: chiun-
que per affinità di temperamento,
o per identità di missione, si sente
attratto a ripercorrerne le orme,
ne partecipa in diversa misura.
Ed è così che Don Bosco si è
posto nel filone ampio e maestoso
del mite e dolce Vescovo di Gine-
vra, pur rivivendolo in modo nuo-
vo e originale, adatto alla sua mis-
sione di apostolo della gioventù.
Ed è pure cosi che noi, attratti
dalla santità di Don Bosco, dal
suo amore per i giovani, ci siamo
posti alla sua scuola, per ripro-
durne e perpetuarne lo spirito, pur
in mutate condizioni.
Non possiamo, nel breve tempo
di questa meditazione, dare un
quadro completo della spiritualità
di Don Bosco. Ci limiteremo a co-
glierne qualche aspetto saliente at-
traversi:i i brani liturgici della
messa m suo onore.
La parola di Dio interpretata in
modo eloquente dalla vita di Don
Bosco (ogni santo è l'esegesi più
autentica d'una pagina del Van-
gelo) ci serva di stimolo per la no-
stra personale santità.
A) Fede viva e semplice,
industriosa e confidente
Molti sono i passi della messa di
S. G. Bosco che fanno rift-rimento
alla sua fede.
Ne fa cenno il brano di lettera
di San Paolo ai Filippesi: «No11 vi
a11iustiate di 11ul/a: 111a i11 ogni cosa,
mediante la preghiera e la supplica,
con rendimento di grazie, le vostre
domande .tiano rese note a Dio. E la
pace di Dio, che sorpassa ogni umano
sentire, custodisca i vostri çuori e i
vostripensieri in Gesù Cristo N . S. •>.
Vi ritorna ancora il salmo tra le
letture: «Confida nel Signore e fa'
il bene, avrai la terra e godrai sicu-
rezz a. Trova nel Signore la tua
gioia, e ti darà le richieste del tuo
cuore. R1:volgi al Signore La tua via,
confida in lui ed egli farà >>.
Nel canto di comunione la fede
di Don Bosco è paragonata nlla
fede stessa di Abramo: « Ha cre-
dulo contro ogni speranza, è diven-
tato padre di molte naz ioni, come
gli era stato promesso •>.
Sullo sfondo di questi testi bi-
hlici si staglia nitida la fede di
Don Bosco.
Anzitutto fede viva, lineare. sem-
plice.
La figura di Don Bosco non è
una figura tonnentata. Si dice che
un regista, richiesto un giorno di
girare un film su Don Bosco, dopo
averne letto la bio~rafia, vi abbia
e rinunciato dicendo: <• In Do11 Bo-
sco non c'è dramma: una figura
tutta luce, e ·co11 la sola luce 110n si:
può fare un quadro •>. La fede di
Don Bosco, più che a quella di un
San Francesco di Sales (che nel-
l'adolescenza ebbe a traversare una
penosa crisi), la possiamo acco-
stare a quella d'un Giovan-
ni XXIII, così come traspare dal
Giornale dell'anima.
La sua è una fede senza tenten-
namenti: può avere bensi dei mo-
menti di incertezza sulla strada mi-
gliore da seguire o sui disegni di
Dio a suo riguardo, ma questi non
sono mai tali da toccare il fondo
dell'animo suo, da farlo menoma-
mente dubitare della paterna bontà
di Dio che continuamente veglia
sui suoi passi.
Quando poi, superati tali mo-
menti di perplessità, gli si profila
con chiarezza il volere di Dio, al-
lora lo segue con decisione fino in
fondo nonostante qualsiasi contra-
rietà, tanto da poter essere consi-
derato pazzo o ostinato da chi non
conosceva la sua forte personalità
e la sua ricchezza interiore.
Fede vit•a, lineare e semplice, ma
industriosa.
Ad alcuni Santi, come ad esem-
pio a San G. B. Cottolengo, il Si-
gnore ha chiesto una fede che pog-
giasse unicamente in Lui senza mi-
nimamente preoccuparsi della ci-
59

3.8 Page 28

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cerca di risorse umane. Al con-
trario in Don Bosco la totale e as-
soluta fede in Dio non lo dispensa
dall'uso dei mezzi umani; anzi li
ricerca e li usa con accortezza, per
contribuire al realizzarsi del dise-
gno di Dio, pur non facendo asse-
gnamento su di questi per il com-
pimento di tale disegno. Don Bo-
sco soleva ripetere ai suoi: << Io
con_fido illimitatamente nella divina
Provvidenza ; ma anche la Provvi-
de11za vuol essere aiutata da immensi
sforzi nostri >>.
C'è però un particolare della fede
di Don Bosco che sembra faccia
un po' eccezione a questa regola:
ed è quando egli si rivolge alla sua
buona Mamma celeste. Nei con-
.fronti di Alfaria la sua fede si vena
di co11fide11te e affettuosa tenerezza,
e ha tutti i toni dell'infanzia spiri-
tuale.
Quest'uomo che, quando non è
sicuramente ispirato dall'alto, da
bravo piemontese, non tenta mai
la Provvidenza, che ricorre a tutti
i mezzi, che esplora tutte le vie
prima di avventurarsi nell'ignoto,
quando è preso alle strette, quando
la necessità incombe, diviene in-
genuamente audace con lv1aria, e
non esita a chiedere, a pretendere
dei mirac0li.
E la buona Mamma da lui invo-
cata come «Aiuto dei Cristiani •>,
gli viene incontro in modo cosl
straordinario da sembrare fiabesco,
se i fatti non fossero avvenuti in
un tempo non lontano da noi, e
non fossero accertati da testimoni
oculari.
B) Fermissfrna speranza
Sul fondamento di questa fede
a un tempo semplice e lineare, in-
dustriosa e confidente, poggia la
speranza: speranza cristiana che
non è semplice desiderio dei beni
futuri, ma è ferma certezza, sicu-
rezza di possederli un giorno,
avendone già nel dono dello Spi-
rito un anticipo, una caparra. Se
nella vita del cristiano noi doves-
simo porre una linea netta di de-
marcazione tra !'al di qua e !'al di
là, la dovremmo rorre non al mo-
mento della morte, ma al momento
del battesimo. La morte non farà
altro che darci una perfetta mani-
festazione di ciò cht' noi starno:
figli di Dio.
Nei testi liturgici della messa di
Don Bosco, il tema della fede è
continuamente intrecciato con
quello della speranza:
<< Confida nel Signore. .. avrai la
terra e m,rai sicurezza... confida
i,, lui ed egli farà >>.
Nella spiritualità di Don Bosco
la speranza ha un posto molto im-
portante: il pensiero del premio,
del Paradiso lo accompagna sem-
pre. I contemporanei affermano
che se all'improvviso Don Bosco
fosse stato richiesto dove fosse di-
retto, egli infallantemente avrebbe
risposto: «A l Paradiso ».
ùa quando giovane seminarista
a Chieri, attraverso la visione del
suo santo compagno Comollo, ne
ha avuto quasi una sensibile espe-
rienza, il pensiero dell'al di là, del
Cielo non lo abbandonerà più.
Questo sarà il centro di gravita-
zione della sua esistenza; questo lo
scopo ultimo della sua missione sa-
cerdotale ed educativa salvare
anime >>); questa La molla, la forza
segreta nelle sofferenze, nelle umi-
liazioni; questo il segreto della sua
imperturbabile serenità (<< un pez-
zo di Paradiso aggiusta tutto 1)).
Questa soprattutto l'anima della
sua ascesi, tanto mite e indulgente
nella forma (conforme a quella del
dolce- Francesco di Sales, e piena-
mente consona ad una spiritualità
giovanile), quanto severa ed esi-
gente nella sostanza. Ascesi fatta
di gioiosa accettazione delle pic-
cole o grandi contrarietà della vita
per amor di Dio, e d' un lavoro as-
siduo, sfiancante, diventato gene-
roso compimento della volontà di
Dio, strumento di apostolato ed
anche cilizio e mortificazione.
Siamo pienamente convinti che
senza una viva speranza non si ac-
cetta la croce: se il Vangelo finisse
il suo racconto al venerdì santo,
penso che, nonostante tutta la sua
sublime dottrina, nonostante le mi-
rabili cose fatte, Cristo non avrebbe
molti seguaci. Paolo direbbe anche
peggio (I Cor.): che sarebbe vana
la nostra fede e vana pure, perchè
senza fondamento, la nostra predi-
cazione. La nostra fede non sa-
rebbe che uno sciocco autolesio-
nismo, e noi saremmo veramente i
più miserabili degli uomini. Solo
la certezza della sua e della nostra
risurrezione, solo la certezza del
Paradiso che ci fa accettare la croce
come gesto della misericordiosa,
anche se infinitamente misteriosa,
bontà di Dio.
È ben vero che la croce non c'era
nell'originario piano di Dio. È an-
cora perfettamente vero che Dio
non vuole, di per sè, la ri1111ncia ma
il distacco: di fatto però, a causa
del peccato, è impossibile giungere
ad un perfetto distacco dalle cose,
senza passare attraverso alla dolo-
rosa ascesi della rinuncia, della
croce.
E la rinuncia, la croce non la si
accetta con amore senza una viva
speranza del Cielo, come Don Bo-
sco. Così personalmente la visse,
questo inculcò ai suoi giovani (il
pensiero delle ultime realtà vi oc-
cupa un posto veramente prepon-
derante), questo lasciò in eredità
spirituale ai suoi figli.
C) Carità grande,
benigna e paziente,
ottimista e gioiosa
La liturgia della messa ce la
pone in apertura del canto d'en-
trata quasi antifona che, in breve,
tutto racchiuda il poema della san-
tità di Don Bosco: << Dio gli ha do-
nato molta sapienza e molta pru-
denza e wz cuore grande, come le
sabbie sulla spiaggia del mare i>.
E veramente Dio, perchè fosse
atto a svolgere ·1a sua missione in
mezzo ai giovani, gli donò un cuore
grande, sensibile a tutte le più de-
licate sfumature delJ'affetto; un
cuore che, animato dallo Spirito
Santo, fosse capace di manifestare,
di essere nel mondo visibile ri-
flesso dell'amore di Cristo verso i
giovani.
.
Il suo sistema educativo, in ul-
tima analisi, spogliato da tutto ciò
che in esso vi è di caduco, di con-
dizionato dai tempi, ridotto a ciò
che in esso vi è di perennemente
valido, consiste tutto nella carità.
È Don Bosco stesso che ci auto-
rizza questa conclusione: «La pra-
tica di questo sistema è tutta pog-
giata sulle parole di San Paolo : La
carità è benigna e paziente; soffre
tutto, ma spera tutto e sostiene qua-
lunque disturbo •>.
Siccome poi parla di carità e non
60

3.9 Page 29

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di affetto, di amore, di am1c1z1a o
simili, Don Bosco non teme di
concludere che «... perciò solo il
cristiano può con successo applicare
il sistema preventivo>>. Non son
perciò possibili versioni profane o
naturalistiche di tale sistema: il
suo marchio di fabbrica è il Van-
gelo, è Cristo, alla cui carità te-
nera e ardente verso i giovani to-
talmente si ispira.
Abbiam detto << carità tenera e
ardente>>; infatti la carità di Cristo
è talmente completa, la sua mis-
sione di rivelare al mondo nella sua
totalità la carità del Padre è tal-
mente unica, che nessun santo può
e riesce ad espr.imerla pienamente.
Ognuno di essi non può rssere
che il riflesso di un aspetto della
carità di Cristo.
Cristo era bensì animato dalla
carità quando, pieno di zelo per la
casa del Padre, cacciava i venditori
dal tempio, quando stigmatizzava
l'ipocrisia dei farisei, quando, co-
me gli antichi profeti, minacciava
-castighi e sventure: ma non era que-
sto l'aspetto di cui Don Bosco do-
veva essere il visibile riflesso.
Don Bosco doveva essere nel
mondo manifestazione dell'amore
di Cristo per i giovani, e come tale
Ja sua carità non poteva che essere:
1. ... benigna e pazieme.
È quella mitezza di cui parla
l'Apostolo, che deve << manifestarsi
a tutti gli uomini >> quale visibile
manifestazione della presenza del
Cristo in mezzo a loro.
È la carità del padre del figJjuol
prodigo che ansioso attende il ri-
torno del figlio lontano.
È la carità del buon pastore che
va in cerca della pecorella smar-
rita, e, trovatala, festante la ricon-
duce all'ovile recandosela sulle
sp<!_lle.
E la carità di chi non vuol
spezzare la canna fessa, nè spe-
gnere il lucignolo fumigante; di
chi vuol perdonare non sette volte,
ma settanta volte sette; di chi si fa
tutto a tutti per condurre tutti a
salvezza.
2 .... e quindi anche una carità
ottimista.
I giovani, nonostante i loro at-
teggiamenti talora ostentatamente
spavaldi, sono insicuri di sè: sen-
tono un estremo bisogno che qual-
cuno dia loro fiducia. Ma questa
fiducia non gliela può ispirare se
non chi crede in loro, nella loro
capacità di bene, chi sa loro sco-
prire quanto di bello, di buono, di
giusto ci sia nei loro desideri, nelle
loro aspirazioni .
Don Bosco crede nei giovani,
perchè li ama: il suo sguardo buo-
no si posa sulle loro anime smar-
rite come lo sguardo di Cristo; sa
discernere nei loro cuori, nono-
stante le devastazioni prodotte dal
mondo e dalle passioni, un capi-
tale di energie ancora intatte, fre-
sche, disponibili; sa scorgere sul
loro volto sfigurato dal peccato i
lineamenti del figlio di Dio. E i
loro cuori allora si aprono alla con-
fidenza: una confidenza non loro
imposta o estorta, ma da essi
amata, desiderata, ricercata. Fi-
duciosamente a lui scoprono le
loro piaghe, ed egli, buon samari-
tano di anime giovanili, le medica
con materna delicatezza: più che
portare il dito sulla piaga, salesia-
namente, preferisce rafforzare
quanto in loro c'è ancora di sano,
di retto, di buono; La crescita di
questo non potrà che determinare
la scomparsa del male.
È questa la sua tecnica: la tec-
nica dell'amore che non umilia, che
in pieno rispetto della personalità
del giovane, senza minimamente
coartarne la libertà, sa suscitarne
le nascoste energie, sa scoprirne il
bene, lo sa incoraggiare, lo sa aiu-
tare fin quando questo non giunga
a pieno sviluppo. È la tecnica del-
l'amore che edifica, che costruisce,
che offre al giovane ogni aiuto per
realizzare pienamente se stesso se-
condo il disegno di Dio.
Non poteva trovarsi passo della
Scrittura che meglio esprimesse
questa caratteristica della carità di
Don Bosco, del brano della lettera
di Saf.l Paolo ai Filippesi:
«Fratelli, tutto ciò che vi è di
vero, di nobile, di giusto, di puro, di
amabile, di 011orevole, tutto ciò ch'è
virtuoso, degno di lode, formi l'og-
getto dei {•Miri pemieri ,►• Una sola
cosa è esclusa: il male(<< A me ba-
sta - diceva Don ]fosco - che
non facciate peccati >>).
3. C'è ancora un'ultima caratte-
ristica della carità di Don Bosco, la
più esteriormente visihile, e quindi
quella che spicca maggiormente agli
occhi di tutti: la carità di DonBosco
è una carità gioiosa, allegra.
La gioia è l'esplosione esteriore
della sua ricchezza interiore, della
sua fede, della sua speranza, della
sua carità indulgente e ottimista.
Tale gioia in lui non è solo
espansione d'un temperamento
esuberante, ma è frutto pure di
diuturna disciplina, di faticosa
conquista. Ai suoi figli suole ripe-
tere che << Dio ama colui che sa do-
nare con gioia o: cd egli riuscirà,
senza perdere la costante serenità,
il suo buon umore, la sua facilità
all'arguzia e alla facezia, con ele-
gante disinvoltura e con apparente
facilità, a compiere i sacrifici più
eroici, a superare le prove più san-
guinose.
Vi riuscirà così bene da far
credere, a chi non lo conosceva in-
timamente, che Don Bosco avesse
la vita facile, che camminasse sulle
rose.
E la sua gioia la sapeva irrag-
giare attorno a sè, la spandeva sul
volto dei suoi figli, formava il
clima-ambiente in cui voleva che
vivessero i suoi giovani.
E tale clima era taLuente da loro
avvertito, ad incitamento degli uni
e ad amabile rimprovero degli altri,
che il migliore di essi, Domenico
Savio, non esitò a dare una defini-
zione della santità giovanile che,
per quanto mi consta, non ha altro
riscontro nella spiritualità della
Chiesa: <• Noi facciamo consistere
la santità nello stare molto allegri •>.
Se infine volessimo conoscere il
segreto ultimo della sua gioia co-
stante, della sua ricca vita inte-
riore, quale la linfa che nascosta-
mente l'alimentava, non potrem-
mo trovarla altrove che- in un ap-
passionato amore a Gesù sacra-
mentato, pietra fondamentale della
sua spiritualità e del suo sistema
educativo.
Conclusione
A conclusione della nostra me-
ditazione, potremmo porre sulle
labbra di Don Bosco le parole che
Paolo rivolge ai cristiani di Fi-
lippi, a chiusura del brano ripor-
tato nella messa:
<< Ciò che avete imparato, ricevuto
e udito da me, ciò che avete veduto
in me, praticatelo. Cosi. il Dio della
pace sarà con voi >).
61

3.10 Page 30

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L'ANNO
DELLA FEDE
Relazione di don Mario Midali,
docente al Pontificio Ateneo
Salesiano
La presente relazione sull'anno della fede indetto
da Paolo VI, vuole essere una presentazione, necessa-
riamente molto sommaria, degli obiettivi che il
S. Padre si propone di raggiungere con l'indizione
di un anno tutto dedicato alla fede, nella presente
situazione della Chiesa. Da questa presentazione
potranno affiorare indirizzi pratici in vista della
formulazione di un programma di azione concordato
e a livello nazionale.
1
CONTINUITÀ
DI INDIRIZZI
L'anno della fede indetto dal Papa nell'esorta-
zione apostolica «Petrum et Paulum Apostolos»
non va considerato come un fatto a sè stante, come
un avvenimento staccato o estraneo a questo periodo
post-conciliare, oppure come un'iniziativa parallela
o marginale a quelle suscitate dal Valicano 11 e che
dovranno coprire l'area di molti anni prima di ve-
dere una loro piena attuazione. Esso va piuttosto
visto e giudicato nella cornice del Concilio, come
un'iniziativa che ha di nùra di imprimere nuovo
vigore al movimento di rinnovamento suscitato dal
Vaticano II, e che si ricollega al programma pro-
posto da Paolo VI nella sua enciclica t Ecclesiam
suam».
Tra questa enciclica, i documenti del Concilio e
l'esortazione relativa all'anno della fede esiste una
profonda e stretta continuità: identica è l'ispirazione
(l'esigenza di una Chiesa viva, cosciente della sua
particolare missione nel mondo d'oggi); identici
sono gli obiettivi (il rinnovamento interiore ed
esteriore della Chiesa in vista di un suo inserimento
apostolico in forma di dialogo nel mondo contem-
poraneo); identica la diagnosi della situazione esi-
stenziale della Chiesa degli anni '60 (i compiti gravi
che le incombono in ogni settore della sua attività,
le promettenti energie interne di cui dispone, il
crescente peso della sua presenza nel mondo, le
adesioni da parte di cristiani e non cristiani alle sue
iniziative, i pericoli di profanazione, di laicizza-
zione, di vanificazione che la minacciano). Vediamo
di chiarire la continuità di direttive e di indirizzi
tra questi diversi documenti, se non altro per dis-
sipare la sensazione di dispersione di energie e di
iniziative che potrebbe aver suscitato l'apparizione
di questo nuovo documento.
Come è noto nell' «Ecclesiam suam >> Paolo VI
intende indicare le tre mete che la Chiesa cattolica
degli anni '60 deve raggiungere per ottemperare
ai gravissinù impegni che le incombono oggi: 1) La
coscie11za della sua realtà profonda, cioè del suo
mistero, del suo "essere di Cristo e dello Spirito",
della sua missione salvifica verso l'intera umanità,
cioè del suo "essere per l'umanità". 2) [I ri1mova111ento
prima di tutto e soprattutto religioso e morale, l'ade-
guamento delle sue strutture temporali e mutevoli
alle esigenze dei tempi, l'aggiornamento della sua
legislazione che le consenta di imprimere nuova
efficacia alla sua azione Apostolica nell'umanità.
3) Il dialogo di salvezza sia in seno alla· Chiesa, sia
con i non cattolici, i non cristiani, i non credenti e
con l'intero mondo quale espressione moderna della
sua missione.
e È questa stessa tematica che ha animato dall'in-
terno i lavori del Concilio ed facile rilevarne la
presenza nei monumentali documenti da esso la-
sciatici. ln essi viene fissata la "coscienza di fede"
che la Chiesa d'oggi ha raggiunto di (Lumni
Gentium) alla luce della parola di Dio (Dei Verbum);
vengono indicate le direttive d'azione per il suo
rinnovamento interiore morale-reli~ioso, ed este-
riore disciplinare organizzativo (Christus Dominus,
Presbyterorum ordi11is, Optatam totius, Apostolicam
actuositatem, Gravissimum educationis, Perfectae ca-
ritatis, Orientalium Ecclesiarum, Sacrosanctum Con-
cili11m); da ultimo vengono definite le linee che essa
deve seguire nella sua missione apostolica, nel suo
dialogo con i cristiani ( Unitatis redi11tegratio), con i
non cristiani (Nostra aetate, ad Gentes), e con il mondo
contemporaneo (Dignitatis humanae, Ga14dium et
spes).
Nel pensiero e nelle intenzioni di Paolo VI la
commemorazione centenaria del martirio di Pietro
e Paolo offre una magnifica occasione per richiamare
l'intera Chiesa ad un rinnovato impegno nel raggiun-
gimento di questi obiettivi: essi infatti non possono
essere raggiunti senza un rinnovamento interiore,
senza cioè un rinfocolamento della fede che deve
divenire cosciente, sentita, vissuta e professata,
nelle forme e secondo le esigenze dell'ambiente
socio-culturale in cui operano la Chiesa e i suoi
62

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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membri. È quanto vien affermato espressamente
nell'enunciato dell'esortazione pontificia. Pietro e
Paolo furono dei "discepoli di Cristo", cioè dei
credenti, dei maestri della fede, anzi i primi teoriz-
zatori della fede (soprattutto Paolo) e i testimoni di
Cristo fino al martirio: il modo più consono per
onorare questi due grandi apostoli di Cristo e delta
Chiesa, patrimonio perenne dell'intero popolo di
Dio, consiste nel far in modo che la Chiesa riviva oggi
la loro vita di fede e testimonianza a Cristo. Il Papa
si auspica appunto che «la commemorazione centenaria
del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo si ri-
solva principalmente per tutta la Chiesa in un grande
atto di fede, E vogliamo ravi isare in questa ricorrenza
- aggiunge - la felice occasio11e che la Divina Prov-
videnza appresta al Popolo di Dio per riprendere
esatta coscienza della sua fede (ecco il tema della "co-
scienza''), per ravvivarla, per purificarla., per con-
f ermmla (ecco il tema del "rinnovamento»), per
confessar/a (ceco il tema del "dialogo" fattivo e
apostolico) ».
Anche solo la semplice illustrazione di questi
tre temi esigerebbe un lungo discorso, che non può
essere svolto in questa sede; nella presente relazione
mi limito ad alcuni cenni o indicazioni.
COSCIENZA,
2 RINNOVAMENTO,
TESTIMONIANZA DI FEDE
a) Coscienza di fede. Richiamo alcuni concetti
rivelati ed elaborati dalla teologia e dal Magistero
recente su questo argomento, che penso sufficienti
per aver un orientamento generale. Secondo il V.T.
la fede denota la particolare forma di esistenza del-
l'uomo legato a Dio; è dire "si" a Dio; è l'atteggia-
mento spirituale generico chiaramente determinante
i rapporti individuali con Dio; è quell'atteggiamento
di perseveranza dell'uomo nei confronti di una prov-
videnza invisibile eppur percettibile, nascosta eppur
manifestantesi, che trae forza dalla memoria viva
delle generazioni a riguardo di grandi interventi di
Dio. Questa fede veterotestamentaria assume un
aspetto tipicamente sterico, è il camminare assieme
a Dio che guida, è ubbidiente disposizione del po-
polo, un'insistente esigenza di decisione nel rapporto
relativo di guida di Dio e di dedizione dell'uomo,
di rivelazione progressiva di Dio attraverso parole
e atti e di decisione progressiva dell'uomo. Tale fede,
nella sua qualità di risposta a Dio, che agisce nella
storia, presenta delle manifestazioni condizionate
dalla situazione storica. L'uomo risponde alle esigenze
di Dio, aderendo a queste con l'ubbidienza, alle
promesse con la fiducia, alla fedeltà con la fedeltà.
Fede significa prendere sul serio Dio fino in fondo,
rifugiarsi in Lui, sperare in Lui, ubbidire pienamente
alla sua legge.
.
Tutti questi elementi li troviamo nel N.T.; in
esso però assumono una colorazione eristica o cri-
stiana. Nel N .T. fede significa innanzi tutto l'accet-
tazione del messaggio dell'unica azione di salvezza
éii Dio, che si realizza storicamente e in forma umana
in Cristo, e la sottomissione piena e incondizionata
a questa via di salve7.za decretata dal Padre e che si
attua nella legge della carità. È innanzi tutto un
atto con cui si aderisce a Cristo, ma indica anche
l'oggetto cleUa fede, l'unità del suo contenuto, la
sua formu Iazione dottrinale e la sua normatività.
Negli scritti neotestamentari essa è considerata
caratteristica cosi specificatamente cristiana, che si
potè dire in senso pieno: i credenti sono i cristiani
([ Tess., 1 1 IO), la fede è il cristianesimo (I Tim.
4, 16), la fede comune è distintivo cristiano (Tit. 1, 4).
Si dovrebbe ancora accennare alle riflessioni teolo-
giche sulla fede che ci offrono soprattutto San Paolo
e San Giovanni e la ricca tematica che viene rica-
mata attorno a questo argomento: fede, salvezza e
giustizia; fede, annuncio e grazia; fede, intelligenza
e volontà; fede, speranza e fiducia; fede e OFere;
fede, conoscenza, testimonianza e prova. Secondo
la teologia contemporanea piì.t attenta e aggiornata
(i cui risultati sono stati accolti dal Conéilio, ad es.
nella <• Dei Ve,rbum >> nn.5-P) la fede presenta diversi
aspetti: quello personale, quello storico, quello eccle-
siale.
_ cl suo aspetto personalP la fede è la presa di posi-
zione cosciente, convinta e libera dell'uomo verso la
persona di Dic 1;he si rivela e si comunica nella storia
in Cristo e nel suo spirito, è l' ''io" umano preso
nella sua concretezza esistenziale che si determina in
riferimento al "tu" divino, dando a questo "tu"
il proprio pieno consenso, la sua adesione di mente,
di cuore, di azione piena e totale. Jn questo modo iI
credente raggiunge la comunione con Dio, imprime
una nuova prospettiva alla sua vita, la estranea dalla
mondanità illusoria e costruisce così in senso auten-
tico la sua persona.
Questa unione ccstante e operativa del credente
animato dallo Spirito a Cristo e in Cristo al Padre
è t'aspetto primario ed essenziale della coscienza di
fede e si esprime nelle frasi «io credo in te», <• io
ti credo». Questo << credo in te» in quanto adesione
Fiena alla Trinità personale operante nel credente
e nella Chiesa e nel mondo, comprende necessaria-
mente anche ciò che la Trinità ha rivelato e operato
nell'intero arco della storia della salvezza e che può
esser considerato come << credo che», come credo in
queste verità rivelate e in queste formulazioni. Tanto
le verità rivelate che le espressioni verbali in cui sono
state fissate non rappresentano però il termine della
fede, che rimane sempre la Persona, cioè la Trinità
operante incessantemente.
Nel suo aspetto st01ico, secondo la sua essenza
la fede è incontro diretto con Dio; ma il Dio della
fede è quello che si è rivelato e comunicato storica-
mente in Cristo e che continua ad operare nella
Chiesa e nel mondo attraverso lo Spirito di Cristo
e con l'annuncio della parola, con i sacramenti, con
l'apostolato in génere della Chiesa, con il bene che
l'umanità compie sotto l'impulso di tale presenza
operativa. Da qui appare anche che oggetto della
fede è Dio che opera storicamente, è l'intera storia
della salvezza, storia che ha al suo centro Cristo
63

4.2 Page 32

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(quindi la fede è cristologica), ma che è frutto del-
l'azione della Trinità (aspetto trinitario della fede).
Da ultimo la fede è per natura ecclesiale: è nella
Chiesa che si è trovato la fede, che si è stati inseriti
nel mistero di Dio e di Cristo; è nella Chiesa e quali
membri di essa che si deve vivere, annunziare e
testimoniare la propria fede. La Chiesa si presenta
quindi come l'ambiente naturale della fede, come
comunità dei credenti, come comunione di fede,
come maestra o testimone di fede (Cfr. LG. n. 12).
b) Ri1111ovamento della fede. Da questa conoscenza
della struttura dell'atto di fede e del suo contenuto
nasce spontaneo il raffronto tra quella che dovrebbe
e essere la situazione del cristiano credente e quella
che di fatto la su.a personale situazione. Tale raf-
fronto denuncia sempre delle lacune, delle incoe-
renze, degli scarti sia al Livello delle idee o della
mentalità, sia al livello dell'orientamento o atteg-
giamento interiore, sia al Livello dell'attività o con-
dotta pratica.
La vera mentalità di fede, considera e giudica
l'intera realtà cosmica, l'umanità come concreta-
mente si realizza nella sua evoluzione storica e quindi
gli avvenimenti quotidiani, i movimenti di cultura,
Je correnti di pensiero e di vita che la attraversano,
alla luce del mistero di salvezza e di iniquità ope-
ranti in essa.
L'autentico atteggiamento interiore di fede è
quello del credente che si è compromesso fino in
fondo con Dio, con Cristo, col suo messaggio, che
ha accettato il suo regno con tutte le implicanze
che esso porta con sè. La condotta cristiana ispirata
ed animata dalla fede comporta in primo luogo
1m'adPsione totale alfa legge della carità come è stata
attuata da Cristo (Lui è il fine, Lui la norma ogget-
tiva o la legge); comporta poi una conformità piena
e costante a Cristo, alla sua persona, alla sua attività.,
ai suoi misteri, conformità che è resa possibile dalla
presenza dello Spirito nell'animo del credente e
dalla piena docilità di questi all'azione potente
dello Spirito di Cristo; comporta ancora l'assolvi-
mento perfetto della propria funzione di salvezza
nell'ambito della Chiesa locale, della Chiesa univer-
sale e dell'umanità.
Da qui sorge l'obbligo permanente di una revi-
sione e rinnovamento la metànoia di cui parla
il N.T.) della mentalità di fede perchè divenga
fede illuminata, del proprio orientamento interiore
perchè divenga convinto e coerente, della propria
condotta perchè sia retta, ferma e fortemente im-
pegnata.
e) Testimonianza o coufessione della fede. È questa
rinnovata coscienza di fede che può ispirare e garan-
tire una testimonianza o professione di fede nelle sue
espressioni verbali e operative autentica ed efficace
dal punto di vista apostolico.
Occorrerebbe qui affrontare iJ tema della Chiesa
sacramento universale di salvezza e dei singoli
membri di essa, "sacramenti viventi" di Cristo;
rimando alle numerose pubblicazioni apparse di
recente sull'argomento e ai commenti relativi alla
costituzione << Lumen Gentium )>.
CENNI SULLA
SITUAZIONE ITALIANA
I tre impegni ora descritti non sono propri e
specifici della Chiesa solo oggi, ma le incombono da
sempre, dal momento eh.e essa è per definizione una
comunità di credenti, una comunione di fede e
maestra di fede; essi assumono però un'urgenza
particolare nella situazione attuale della Chiesa
universale e anche della Chiesa italiana, di fronte
all'insorgere di fenomeni pericolosi che minacciano
l'unità di fede, denunciati a più riprese dal Sommo
Pontefice anche nell'esortazione stessa << Petrum et
Paulum >> e ultimamente nel discorso della CEI.
Sono i pericoli segnalati dalla famosa lettera del
card. Ottaviani della scorsa estate. Mi pare oppor-
tuno farne qui parola e riportare qualche brano più
significativo degli interventi del Magistero attuale
per due motivi: innanzi tutto per sdrammatizzare
una certa situazione allarmistica (creata soprattutto
dalla stampa laicista) che è dato di rilevare anche
in campo cattolico e italiano, e per ricondurre alle
sue proporzioni iI fenomeno denunciato; in secondo
luogo perchè sarà anche sulla base di tali indicazioni
che dovrà essere impostata e attuata la strenna del
prossimo anno se vorrà venir incontro alle esigenze
concrete dei cattolici oggi.
Nell'esortazione << Petrum et Paulum •> il Papa sot-
tolinea che l'anno della fede vuol rispondere ad un
bisogno urgente dell'ora presente, caratterizzata da
alcuni fenomeni dolorosi: la dimenticanza e la nega-
zione di Dio e quindi l'affievolimento del senso reli-
gioso e della fede, base di un sano ordine logico,
morale e sociale; la reclamizzazione di certa cultura
di estrazione soprattutto razionalistica, laica e acat-
tolica fortemente critica e storicistica; le infiltra-
zioni di tale cultura anche in campo cattolico so-
prattutto con riferimento ad alcune questioni dom-
matiche (Cristo, sacramenti, peccato originale, ri-
velazione, scrittura, magistero, morale coniugale,
ecumenismo).
Lo stesso Sommo Pontefice parla delle inevitabili
ripercussioni di questa situazione nell'ambiente
italiano nel discorso tenuto alla CEI. << Qualche cosa
di molto strano e doloroso sta avvenendo, non sol-
tanto nella mentalità profana, areligiosa e antireli-
giosa, ma altresì nel campo cristiano, non escluso
quello cattolico, e sovente, quasi per inesplicabile
<< spirito di vertigine)) (Is 19, 14) anche fra coloro
che conoscono e studiano la parola di Dio; viene
meno la certezza nella verità oggettiva e nella capa-
cità del pensiero umano di raggiungerla; si altera il
senso della fede unica e genuina: si ammettono le
aggressioni più radicali a verità sacrosante della
nostra dottrina, sempre credute e professate dal
popolo cristiano; si mette in discussione ogni dogma
che non piaccia e che esiga umi1e ossequio della
mente per essere accolto; si prescinde dall'autorità
insostituibile e provvidenziale del magistero; e si
pretende di conservare il nome di cristiano ar-
rivando alle negazioni estreme di ogni conte-
nuto religioso.
64

4.3 Page 33

▲back to top
Tutto ciò in Italia non ha avuto finora affermazioni
originali, per fortuna, nè hanno ottenuto una vasta
djffusione. Ma persone e pubblicazioni, che avreb-
bero la missione di insegnare e difendere la fede,
non mancano purtroppo anche da noi di far eco a
quelle voci sovvertitrici, per la celebrità, più che per
il valore scientifico, dei loro fautori; la moda fa legge
più della verità; il culto della propria personaHtà
e della propria libertà di coscienza si riveste del più
frettoloso e servile gregarismo; alla Chiesa non si
ubbidisce, ma si fa facile credito al pensiero altrui
e alle audacie irriverenti e utopistiche della cultura
corrente, spesso superficiale e irresponsabile. Vi è
pericolo di una disgregazione della dottrina e si
pensa da alcuni che ciò sia fatale nel mondo mo-
derno i).
Con questa messa in guardia il Papa intende uni-
camente segnalare alcuni fenomeni che destano
preoccupazione per iJ mantenimento dell'unità della
fede nel momento presente; non intende, mi pare,
offrirci una descrizione completa e dettagliata della
situazione della fede in Italia, né tanto meno sminwre
o sottovalutare il movimento religioso e morale di
rinnovamento in atto anche da noi dopo il Vati-
cano II.
A questo riguardo ci vengono offerte informazioni
più dettagliate dai notiziari sw lavori della CEI
compiuti il\\ questi due anni. Stando alla relazione del
card. Urbani tenuta ultimamente nell'adunanza
plenaria annuale, sarebbero pervenute segnalazioni
secondo cui una parte del clero e gruppi di laici cer-
cano in certo senso le proprie direttive di pensiero
in riviste o centri culturali cosiddetti d'avanguardia,
i quali non sempre parlano in modo conforme al
magistero, anche su argomenti che a quest'ultimo
sono più consoni e talora riservati, pur appellandosi
al pensiero di questo o quel teologo (i problemi sono
ad es. quelli della natalità ed etica coniugale, il celi-
bato ecclesiastico, la questione del divorzio, l'unità
dei cattolici in campo politico, come pure alcuni
aspetti della riforma liturgica, dell'ecumenismo e di
questioni più generali). L'orientamento della CEI
non è quello di limitare un dibattito legittimo, purché
serio e responsabile, quanto di far in . modo che
certe posizioni non vengano assunte come ispiratrici,
come direttive che possono causare contrasti. Se si
escludono però questi segni e forme di impaziem;a
e di intemperanza, peraltro sempre presenti nella vita
della Chiesa e in parte inevitabili, << 11essuno può
negare - disse lo stesso card. Urbani - che il clero
e il Laicato italiano, stretti intorno ai loro Vescovi
come a g uide e maestn·, custodiscano l'unità della
fede. Sarà impegno di tutti renden questa unità
nella fede unità di indirizzi pratici ~ di opere, pur nel
rispetto delle necessarie libertà e autonomie ove non
siano in gioco superiori esigenze della Chiesa e delle
anime•>.
Se da questo punto di vista la situazione italiana
non desta quindi gravi preoccupazioni, ma richiama
piuttosto alla necessità della vigilanza e della mode-
razione, sotto altri aspetti essa si presenta abbastanza
delicata, e i documenti della CEI ci danno al riguardo
importanti indicazioni, che vorrei radunare attorno
a questi quattro punti: 1) non c'è tempo per Dio;
2) formazione reljgiosa inadeguata; 3) crescente
interesse per la problematica religiosa; 4) infor-
mazione di derivazione laica su problemi morali e
religiosi.
a) «Non c'è tempo per Dio». Un primo fenomeno
riguardante soprattutto una grande massa di catto-
lici italiani di poca o nessuna pratica religiosa è
costituito dalla mancanza di Dio. Nella riunione ple-
naria dello scorso anno della CEI il card. Urbani
illustrando la diagnosi generale di una crisi ad un
tempo sociologica e spirituale del cristianesimo in
Italia, la sintetizzò nell'espressione: << non c'è più
tempo per Dio ». L'interesse preponderante per le
realtà temporali, per l'uomo e per il mondo per molti
cattolici diviene motivo di "fuga", cosciente o inco-
sciente, dalle realtà religiose, che sono i valori pri-
mari di una società, diviene causa di un assopi-
mento delle esigenze della fede che va vissuta in pro-
fondità e costanza; i cattolici impegnati si trovano
così a vivere e operare in larghe aree di indifferen-
tismo religioso.
b) Formazione religiosa carente. Se da un lato non
si può negare che il senso religioso e della fede è
ancora più o meno radicato in strati del popolo cri-
stiano d'Italia, dall'altro è stato sottolineato a più
riprese che la formazione religiosa dei nostri fedeli,
anche di una certa levatura e cultura, è assai inade-
guata e carente.
Lo ha sottolineato di recente (nell'udienza generale
del 20 aprile u. s.) lo stesso Sommo Pontefice in questi
termini: (( Il prinw (concetto di fede assai comune nel
linguaggio corrente) è quello che assimila semplicemente
la fede con il sentimento rrligioso, co11 la ci edenza
vaga e generica dPll'esistenza di Dio e d'un qualche
rapporto fra Dio e la nostra vita. Fede equivale reli-
gione, nel senso più largo di ql}esto termine, e può
comprendrre le nozioni più efementa, i dtlla vita spiri-
tuale e morale riferita alla Divinità... Nel linguaggio
ordinario si dice che uno conserva la fede, quando
ancora ammette certe fom,ule religiose ben pocc precise,
che sono un i;edimento residuo d'una ùtruzione cate-
chistica dimentfrata e d'un'osservanza religiosa deca-
duta, ma dotata di qualche occasionale reviviscenza.
È questa purhoppo la fede d,: molta gente del mo11do
odierno, una f6de d'abitudine, una fede conven-
zionale, una fede non capita e poco praticata, u11a
fede incoerente col rnto della vita e perciò noiosa
e pesante. Non è del tutto morta, ma non è per
niente viva>>.
Una comprova di questa situazione anche in Italia
ci è data dalle reazioni di molti fedeli alla lettura dei
testi conciliari. Tale lettura ha provocato in molti
un senso di meraviglia, per un linguaggio, per una
serie di temi e cli motivi dai quali erano iniglia e miglia
lontani. Questa lacuna nella formazione della men-
talità di fede è strettamente legata alla situazione non
certo florida in cui si trova la cultura teologica e la
pastorale in Italia. Dalla diagnosi di questo feno-
meno fatta da mons. C. Colombo nella sua ampia
65

4.4 Page 34

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relazione all'adunanza della CEI, è emerso che in
Italia si è fatta molta pastorale senza teologia, e poca
teologia per di più senza pastorale. Questa congiun-
tura si è ripercossa e si ripercuote sui fedeli; in alcuni
di loro suscita disorientamento di idee e disagio
anche di fronte al rinnovamento promosso dal Con-
cilio, in altri provoca facili entusiasmi, non certo mal
riposti, ma insufficientemente fondati, ed è causa
di approssimazioni e di certe intemperanze nelle
espressioni della vita di fede che vengono denunciate
e che se sono sempre meglio del disinteresse, della
indifferenza, del sonno spirituale, denunciano però
le lacune or ora indicate.
c) Crescente interesse per i problemi religiosi
Un terzo fenomeno in parte contrastante con
quello della dimenticanza di Dio segnalato pm
sopra, è rappresentato da un crescente interesse
per i problemi di indole religiosa e morale anche
tra i cattolici non particolarmente impegnati nella
pratica religiosa. Ne è un indizio significativo il
cosidetto boom del mercato librario cattolico e non
cattolico che si è interessato a questo settore di
problemi.
Va notato però che anche se si sta destando una
certa esigenza di informazione seria su temi piut-
tosto dommatici e speculativi (ad es. sul tema di
Cristo, dell'evoluzionismo e del peccato originale,
della presenza sostanziale di Cristo nell'eucarestia),
l'interesse maggiore della stragrande maggioranza
di fedeli va ancora ai problemi di carattere morale,
cui si è accennato in precedenza.
Questo crescente interessamento alla tematica
religiosa, va sicuramente giudicato in senso positivo
e può costituire l'inizio di una maturazione della
fede e l'avvio ad un cattolicesimo italiano più
aggiornato e adulto; tale auspicabile evoluzione
però può esser ostacolata e in parte compromessa
dall'informazione che su questi temi offre la
stampa di derivazione laicista, cui vorrei breve-
mente accennare.
o contrastanti con la dottrina cristiana e cat-
tolica.
La mentalità di fede di molti cattolici è cosi condi-
zionata da questa situazione di fatto.
INDICAZIONE
4 DI INDOLE
PRATICA
Sulla scorta del documento pontificio in esame e
alla luce delle indicazioni fatte soprattutto riguardo
alla situazione italiana, ci resta ora da segnalare in
forma schematica i vari settori in cui si potranno
intraprendere delle iniziative pratiche per raggiun-
gere gli obiettivi dell'anno della fede or ora illustrati.
1. P~ofessione della fede individuale e ecclesiale,
i:ella vita liturgica e nella testimonianza della vita.
E il primo obiettivo indicato espressamente e di
frequente nel documento pontificio «Petrum et
Paulum>).
Il Pontefice invita la Chiesa a << volor celebrare la
memoria dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, testi-
moni con la parola e col sangue della fede in Cristo
con uria autentica e sincera professione della medesima
fede, quale la Chiesa da loro fondata e illustrala ha
accolto gelosamente e ha autorevolmente formulata.
Una profess-ione di fede vogliamo offrire a Dio, al
cospetto dei beati Apostoli, individuale e collettiva,
libera e coscie11tP, interiore ed esteriore, umile e franca.
Vogliamo che questa professione salga dall'intimo di
ogni cuore fedtle e risuoni identica e amorosa in tutta
la Chiesa».
La recita del Credo ripetuta durante l'anno sia
nelle famiglie, come nelle comunità, nelle chiese lo-
cali ne sarà l'espressione liturgica. Oltre ad essa il
Pontefice richiede una testimonianza sincera e ope-
rosa nella vita.
d) Informazione di derivazione laicista. È un fatto
che il gran pubblico italiano anche apertamente
cattolico viene informato e attinge la sua forma-
zione su questioni di fede e di morale sovente assai
gravi e delicate da questo tipo di stampa. Non è
che si voglia qui formulare un giudizio pesante su
di essa o misconoscere alcuni servizi assai apprez-
zabili che essa ha offerto ad esempio alla diffu-
sione del messaggio del Vaticano II e delle grandi
encicliche di Papa Giovanni e di Paolo VI. Si deve
però constatare - e la constatazione può essere
amara, ma non per questo meno vera - che gli
articolisti che scrivono su questo tipo di stampa
non sempre sono competenti; a volte non sono bene
informati; sovente devono difendere determinati
interessi di ordine culturale, economico e politico
e quindi presentare versioni distorte e strumentaliz-
zate dei fatti, reclamizzare con toni scandalistici
alcuni episodi e avvenimenti ecclesiastici, esprimere
preferenze per soluzioni per lo meno discutibili
quando non proprio da rifiutare perchè difformi
2. Studio approfo11dito della propria fede, in queste
di verse direzioni:
a) conoscenza più adeguata della fede, come atto,
nella sua struttura e dinanùca;
b) approfondimento della conoscenza del contenuto
della fede e soprattutto del Concilio (il Pontefice
afferma che quest'anno della fede deve stimolare lo
studio della dottrina enunciata dal recente Concilio
Ecumenico).
c) crescita culturale del clero e del laicato catto-
lico nella scienza della verità divina che corrisponda
alla crescita culturale del mondo moderno e italiano,
in modo da dare una veste aggiornata alla propria
conoscenza e professione di fede.
d) informazione seria e impegnata su particolari
problemi di fede e di morale cristiana particolar-
mente agitati e sentiti nell'ambiente italiano;
e) segnalazione con serietà professionale e senza
inutili allarmismi dei pericoli che corre oggi la fede.
66

4.5 Page 35

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CONSIGLIERI ISPETTORIALI
DEI COOPERATORI SALE-
SIANI D'ITALIA PRESENTI
AL CONVEGNO NAZIONALE
ARICCIA (ROMA) 21-23 APRILE 1967
lspettorie Subalpina e Centrale - Torino
Cav. Eugenio Marchis; Rag. Giuseppe Guerzoni;
Sig.ra Valeria Dompè; Sig. ra M . Adalgisa Allara
ved. Palazzin; Sig.ra Felicita Alvagnini; Dr. ing.
Carlo Ruspa
/spettoria Novareso - Novara
Santino Catalfamo; lns. Elsa Dell'Occhio; Rag. Ce-
sare Brustia; Sig. Sergio Suardi; Sig.ra Giovanna
Mocchetto; lns. Maria Luisa Fizzotti; Rag. Au-
gusto Cavallero
/spettoria Lombarda - Milano
Sig.na Maria Beltrami; Cav. Umberto Villa; Sig.ra Pi-
rola Maria Pozzi; Rag. Carlo Brusa; Sig.ra Mar-
cella Pellegrini nata Franchini
/spettoria Veneta S . Zeno - Verona
M 0 Luigi Cordioli; Sig. Giulio Peron; Dr. Ottavio
Righes; Dr. Tarabocchia Antonio; M• Nedda Car-
letti
lspettoria Veneta S. Marco - Mogliano
Veneto
Cav. Renato Gressani; Dott. avv. Umberto Caso-
nato; Dott. Mauro Cerruti Quara; Rag. Giuseppe
Meneghetti; M O Evelino Pizzarotti
lspettoria Ligure - Genova
Comm. Gian Filippo lngrassia; Dott. Marcello
Federici; Dott. Giuseppe Mario lannino; Sig.ra Giu-
lietta Pitto; Avv. Francesco Marchelli; Comm. Luigi
Cogozzo; Comm. Carlo Moscatelli; Sig.ra Mar-
gherita Paparella
Regione Emiliana - Bologna
Comm. rag. Angelo Volta; lns. Oddino Denti; Sig. Ro-
~olo Testoni; lns. Anna Modugno; Dott.ssa Luisa
Lunelli Maccaferri; Sig.na Luisa Rigon; lns. Maria
Belletti; lns. Emilio Mazzoli
Regione Romagna - Faenza
Sig. Piergiorgio Cattani; Sig. Guerrino Sanzani;
Sig. Adriano Vah:ania; Sig. Valerio Cecchini;
Sig.ra Maria $intoni
Regione Toscana - Firenze
Avv. Luigi Clarkson; Sig. Carlo Pallottini
Regione Marchigiana - Loreto
Per. Guerrino Pietroni; Un. Daniela Pietroni; M 0 Lina
Melatti; Sig.ra Anna Maria Fortuzzi; Geom. Gior-
gio Gusella; M " Mariella Bernardini; Sig.ra Nisi
Eonice ved. Ceccarelli; Sig.ra Milvia Farinetti;
Sig.na Serena Castignani
Regione Umbra - Perugia
Sig.ra Maria Teresa Ferrara; Sig.ra Rita Cuzzel ;
Sig. Alessandro Tosti; Sig. Giancarlo Mezzetti;
Dott. Gino Ferranti
lspettoria Romana - Roma
Rag. Agostino Lazzara; Sig. Erasmo Montano;
lng. Carlo Spriano; Sig. Domenico Scafati; Rag. Gui-
do Simeone; Comm. Lorenzo Vaia; Sig. Aldo Co-
ressi; Col. Pasquale Di Blasi; Sig.ra Paola Spada;
Prof. Luisa Palumbo; M.sa M. Luisa Marana Fal-
coni; Prof. Vetulia Italia; Sig.ra Lina Privitera
Paone; Sig.ra Maria Santoro; Sig.ra Lucia Gillet
Regione Sarda - Cagliari
Sig.ra Amelia Falciani; Sig.ra Adriana Bella;
Sig.na Franca Abis
lspettoria Campana - Napoli
Prof. Linda Zamparelli; Cav. Carlo Zamparelli;
Sig.ra Emma Maggio; Sig.na Anna Marras; lns. Ni-
cola Della Monica; lns. Maria Ruggiero; lns. Elena
Lancellotti; Dr. Carmine Lenzi; Sig. Gerardo Celsi;
Sig.ra Anna Celsi; Sig. Giovanni Esposito; Prof. Se-
rafina Buonocore
lspettoria Pugliese - Bari
Sig.na Cecilia Caldarola; Sig.na Cira Di Cosmo;
lns. Italia Porzio; Univ. Mario Spedicato
Regione Calabra - Catanzaro
lns. Giacomina Morano; lns. Francesca Zavetteri;
Prof. Francesca Tuscano;
Sicilia Orientale - Catania
Avv. Nino Magnano; lng. GiuseppeZappalà; Avv. Sal-
vatore Pirrone; Cav. Giuseppe Gliozzo; Sig.ra An-
gelina Privitera Sapienza; Sig.ra Titina Chiarenza
ved. Sciuto; Dott. Rocco Garufi,
Sicilia Occidentale - Palermo
Sig.ra Lina Gallo; Prof.ssa Marianna Papa; Dott. Ni-
no Barraco; Sig.na Lucia Saporito; Sig.na Pina
Aiello
67

4.6 Page 36

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Spedizione in abbonamento po-
stale • Gruppo 20 - 2• quindicina
IL PENSIERO DEL PA-
STORE NEGRO PREMIO
NOBEL PER LA PACE
LUTHER KING
LA FORZA
DI AMARE
Edizione italiana a cura di P. ERNESTO BALDUCCI
Pagine 274 - L. 1150
NOVITA
Nelle migliori librerie e direttamente presso la
SOCIETÀ EDITRICE INTERNAZIONALE
Corso Reg. Margh. 176 - Torino (c.c.p. 2/171)
BOLLETTINO SALESIANO
I s1·
p
bb/"
u ,ca
il 1• del mese per i Cooperatori Salesiani
il 15del mese per i Dirigenti dei Cooperatori
S'invia gratuitamente al Cooperatori, Benefattori
e Amici delle Opere Don Bosco
Direzione e amministrazione:
Via Maria Ausiliatrice 32, Torino• Telefono 48.29.24
Direttore Responsabile Don Pietro Zerbino
Autorizzazione del Trib. di Torino n. 403 del16febbralo 1949
Per inviare offerte servirsi del conto corrente postale
n. 2-1355 intestato a:
Direzione Generale Opere Don Bo sco Torino
P er cambio d 'indirizzo inviare anche l'i ndirizzo precedente