Bollettino_Salesiano_198614


Bollettino_Salesiano_198614

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò cl parla
5 BREVISSIME
9 REPORTAGE
Non è allegro il tam tam dell'antlco suonatore
di Giuseppe Costa
Con questo primo articolo sulla Nigeria Il BS ri-
prende la serie dei suoi articoli sull'Africa. In que-
sto primo Intervento l'articolista che è stato in
Nigeria presenta un quadro generale del Paese.
13 VITA ECCLESIALE
Il labirinto delle nuove fedi
di Silvano Stracca
Un fenomeno che interessa la chiesa del nostro
tempo è certamente Il pullulare di nuove religioni e
sette. Qual è la situazione? Cosa pensarne. L'arti-
colo, a partire da un recente documento vaticano,
risponde a questi e ad altri interrogativi.
18 PROTAGONISTI
Aleasandro Scotti: un Interprete dell'autentico
e ormai lontano mondo contadino
di Gaetano Nanetti
Una figura che certamente onora il laicato salesia-
no Impegnato nel sociale.
21 COMUNICAZIONI SOCIALI
I tamburi del cattollcl
di Pierdante Giordano
L'esperienza •televisiva• delle Edizioni Paoline
come invito alla conoscenza e alla professionalità
per i cattolici che operano in questo settore.
In copertina:
Non è allegro
li tamtam
dell'antico suonatore
(Foto tratta dal volume
di Pater Holmes
Nigeria giant of Africa)
(Servizio a pag. 9)
1 OTTOBRE 1986
ANNO 110
NUMERO 14
24 EDITORIA
Da vent'anni a servizio della pastorale
giovanile
di Giovanni Ricci
La rivista •Note di Pastorale Giovanile• ha com-
piuto vent'anni e Giovanni Ricci intervista il suo di·
rettore don Antonio Martinelli.
26 PASTORALE GIOVANILE
L'educazione religiosa In famiglla
di Umberto De Vanna
L'educazione religiosa del ragazzi rappresenta un
punto cruciale dell'impegno educativo familiare.
Umberto De Vanna, studioso ed educatore, ne
analizza alcuni aspetti.
29 COMUNICAZIONE SOCIALE
Un soffio d'anima per la cultura teatrale
di Sergio Centofanti
I quarant'anni dell'Istituto del Dramma popolare di
S. Miniato hanno coinciso con Il particolare suc-
cesso di •Fiorenza•. Il BS presenta I due avveni-
menti Intervistando don Marco Bongioanni, nostro
apprezzato collaboratore, direttore artistico di S.
Miniato nonché autore assieme ad A. Trionfo del-
l'adattamento teatrale di Fiorenza• di T. Mann.
33 VITA SALESIANA
Santi in lista d'attesa
dì Luigi Fiora
Il postulatore salesiano per le cause dei santi fa il
punto sulle «cause• da lui seguite e che interessa-
no particolarmente la Famiglia salesiana.
RUBRICHE
Scriveteci, 4 Pigy di Del Vaglio, 6 La lettera di
Nino Barraco, 7 - I nostri santi, 37 - I nostri morti,
38 Solldarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 18n
Quindicinale di Informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Vla della Pisana 1111 - Casella post. 9092
• 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31 .341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 Intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero Marco
Bongloannl Eugenio FIZZottl - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
e Fotocomposizione, Impaginazione stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il 15 del mese per I Cooperatori Sale•
siani.
Collaborazlone: La Direzione invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famlglla
Salesiana, e s'Impegna a pubblicarle secon-
do Il loro Interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufflcio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldinl)
Via Marsala 42 00185 Roma Tal. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) in: Antille (a Santo Domin-
go) • Argentina Australia Austria Bel•
glo (In fiammingo) Bolivia Brasile Ca-
nada - Centro America (In Guatemala) - Cl-
le - Cina (a Hong Kong) - Colombia Ecua-
dor - Filippine Francia Germania Giap-
pone India (In inglese, mafayafam, tamil e
telugu) • Irlanda e Gran Bretagna Italia
Jugoslavia (Tn croato e In sloveno) - Korea
del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta
- Messico - Olanda Paraguay Perù Po-
lonia • Portogallo - Spagna Stati Uniti •
Thailandia Uruguay Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - -- - -- # -
1 OTTOBRE 1986 3
DOMANDE
SULLA SANTITÀ
Molti laici sono santi.
Ieri furono, e domani saranno, l'anima del mondo
(LG 38), anche se la maggior parte di essi non è cata-
logata nella lista dei canonizzati.
Ma che cos'è la santità?
Ogni tanto qualcuno si fa delle domande sul1a sua
realtà.
Basterà parlare dell'aspetto morale della condotta?
Si tratterà sem"p!icemente dell'atteggiamento spiritua-
le di chi si disintende dal mondo? La si potrà identifi-
care con determinate modalità ascetico-culturali? Sa-
solo frutto di una evoluzione etica dell'uomo?
Avrà esclusivamente dimensione individuale, o com-
porterà incisività sociale? La si potrà considerare co-
me un dato unicamente del passato, o è un tema di at-
tualità? Dei santi di ieri si fa semplice memoria o biso-
gna ancora ascoltarne la profezia?
Ciascuno risponderà a queste e ad altre domande a
modo suo. La risposta, però, non è questione di gusti,
bensì di oggettività storica, di competenza di fede e di
conoscenza di tanti impegni sociali oggi esistenti e de-
rivanti da santi.
Il Vaticano Il ci insegna che una persona è santa se
partecipa, nel Cristo e nel1o Spirito, al1a vita stessa di
Dio.
Ciò avviene attraverso l'esercizio della Fede, della
Speranza e della Carità che ne permeano l'esistenza:
una interiorità che coinvolge la maniera di pensare e
di giudicare (Fede), che guida J'intenzionaUtà e che
sostiene l'intensità dell'operare (Speranza), che dà
forma al modo quotidiano di amare nei vari livelli del-
le proprie relazioni (Carità). Questa presenza di Dio
nella persona comporta una crescita in umanità; di-
viene un prezioso tesoro della storia ed è sorgente di
un divenire migliore.
Le sopra riferite domande non sembrano davvero
pertinenti.
La santità non si riduce a moralismo, anche se la
Fede, la Speranza e la Carità trasformano necessaria-
mente la condotta. Neppure si identifica con delle mo-
dalità religioso-culturali: si incarna in esse ma le tra-
scende. Non è frutto di evoluzione umana; è piuttosto
un supplemento di anima portato dall'alto. La si vive
personalmente, ma come dono di comunione e di no-
vità sociale per i contemporanei e per i posteri.
Quando poi si tratta di santi «fondatori», al cui sti-
le di imitazione del Cristo guardano non pochi laici
(basta pensare a S. Benedetto, a S. Francesco, a S.
Ignazio, a S. Teresa, a Don Bosco), la presenza di Dio
in loro eccelle rendendoli profezia per i secoli; il tipo
di santità che hanno testimoniato, pur incarnata in
una determinata epoca, è stata destinata dallo Spirito
a inculturarsi dinamicamente in tempi e spazi nuovi,
successivi ed universali.
Il Vaticano 11 ha proclamato che il Battesimo è per
tutti vocazione al1a santità (LG cap. 5). La santità è
unica (LG 41), ma le sue modalità sono inesauribili. li
fatto che siano molteplici e svariate le sue forme nei
differenti generi di vita e nelle varie professioni, è un
appello a sentirsi chiamati, non già ad entrare nell'a-
nonimato di una massa beata, ma a potenziare l'origi-
nalità della propria persona e della propria missione
storica, divenendo, con la Fede, la Speranza e la Cari-
tà, dei veri segni e portatori dell'amore di Dio agli uo-
mini.
· In tanta varietà c'è senza dubbio un modo di santità
tutto fatto per la tua persona, per dar significato pe-
renne alla tua esistenza e per fare di te un efficace pro-
motore del bene nella famiglia, nel quartiere e nella
società in cui vivi.
Ascolta che cosa diceva Don Bosco nel 1878 a dei
laici Cooperatori di Torino; «Voi fate dei sacrifici,
ma tenete a mente che Gesù Cristo fece di Sé sacrificio
ben più grande, e non ci avvicineremo mai abbastanza
al sacrificio che Egli fece per noi. Ral1egriamoci ! Co-
loro che si sforzano di imitarlo, che fanno quanto
possono per "salvare delle anime" stiano tranquilli
sulle loro sorti nell'eternità» (MB 13, 630): saranno
definitivamente santi!
don Egiruo Viganò

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4 · I OTTOBRE 1986
Un lettore cl segnala
Sono un assiduo lettore del Bollettino.
Ho 82 anni e dopo aver dato la mia vi-
ta alla Patria, alla Famiglia e alla So-
cietà, oggi vado verso la completa ce-
cità.
Nel Bollettino del 1° luglio ho letto l'ar-
ticolo di Gaetano Nanetti che coincide
proprio con il caso che sto per nar-
rarvi.
In breve racconterò qualcosa del mio
passato: alla giovane età di 17 anni mi
diedi alla vita militare diventando ma-
resciallo maggiore e sottotenente. Ho
combattuto in tutte le guerre ed in
quella del 1939/45 ho meritato parec-
chi encomi solenni ed una decorazio-
ne al Valor Militare.
Oggi mi trovo a casa con un' infinità di
mali fino a ridurmi al massimo dell'in-
validità.
Nell'impossibilità di uscire di casa, un
signore conosciuto durante la mia pre-
sidenza alla federazione provinciale
del NASTRO AZZURRO, ha incomin-
ciato ad occuparsi di me. Preciso che
questo signore non è un parente.
Desidero far conoscere questo gesto
generoso di volontariato.
Questo signore si chiama Leogrande
Giuseppe ed abita a Taranto in via Pio
Xli, 18.
Nel ringraziare per la pubblicazione vi
prego di voler gradire un cordiale salu-
to da un vecchio soldato religioso e
patriota.
Comm Michele Francav,1/a. Vìa Cesare Bartisti
74100 Taranto
Vorremmo poter dedicare molto più
spazio a queste cronache ma purtrop-
po non è possibile. Ringraziamo as-
sieme al commendatore Francavi/la
anche noi il signor Giuseppe Leogran-
de per la testimonianza evangelica
che ci dona con il suo impegno.
siano»: spazio aperto al dialogo tra le
varie componenti della Famiglia Sale-
siana e gradevole, vivace rassegna di
spiritualità, in chiave non agiografica,
ma squisitamente umana.
Leggendo quella fresca, filiale testi-
monianza, chi potrebbe dubitare della
santità di Lino Liviabella?
Santità che fiorisce su un humus fami-
liare, che merita una doverosa segna-
lazione.
Oltre al Maestro e al fratello missiona-
rio, menzionato nello scritto (il leggen-
dario «Don Livia•, pioniere, al seguito
di Mons. Cimatti, dell'opera salesiana
in Giappone), la famiglia Liviabella,
un'antica dinastia marchigiana di mu-
sicisti, vanta altre presenze salesiane.
Di cuore salesiano fu la sorella Livia,
musicista e benefattrice dell'opera,
mentre già nel secolo scorso il Mae-
stro Oreste Liviabella genitore di Lino,
Leone e Livia vinse il 1° premio nel
1895 con l'Inno per il I Congresso dei
Cooperatori Salesiani tenutosi a Bolo-
gna.
Notissimo è anche il suo Inno - an-
ch'esso vincitore di concorso - com-
posto per il IX Congresso Eucaristico
tenuto a Bologna nel 1927.
L' Inno del Primo Congresso dei Coo-
peratori Salesiani fu per molti anni il
primo inno ufficiale salesiano.
Tuttora la famiglia Liviabella, è impe-
gnata nella militanza musicale Lucio
Liviabella, l'au1ore dell'articolo è do-
cente al Conservatorio di Torino e
membro dell'Orchestra sinfonica della
Radiotelevisione italiana, mentre Ful-
vio ed Hans, suoi figli, vanno emer-
gendo fra le giovani leve musicali qua-
li apprezzati violinisti.
Dall'argomento traggo lo spunto per
augurarmi che nell'ormai imminente
centenario della morte di Don Bosco
una solenne manifestazione musicale
dia a tutti la possibilità di pregare all'u-
nisono senza barriere linguisticfie co-
me seppero insegnare Mons. Vincen-
zo Cimatti in Giappone e nel corso del
suo magistero artistico, il maestro Li•
no Liviabella.
Prof. Pietro Insana
Direttore de/l'lst1turo ltaflano d1 Cultura
per I Paesi Bass, AMSTERDAM
Ringraziamo ilprofessore Insana delle
sue precise segnalazioni che arricchi-
scono ulteriormente quanto il BS ha
pubblicato su Lino Liviabella. Nel con-
tempo possiamo assicurar/o che la
commissione per le celebrazioni cen-
tenarie sta prendendo gli opportuni
contatti per una manifestazione arti-
stico-culturale degna de/l 'avveni-
mento.
La famiglia Liviabella nel 1912.
Sono riconosciblll In primo plano
da sinistra Il M. Oreste Liviabella,
don Giovanni Battista Albera,
Lauro Llvlabella, la signora Llvia-
bel1a, l'Istitutrice Anna Helbling.
In seconda fila in alto Leone, futu-
ro missionario salesiano, Lino e
In bianco Livia Liviabella.
Una solenne manifestazione
musicale per Il centenario
Col più vivo interesse ho letto l'articolo
con cui l'amico Lucio Liviabella evoca
il profilo artistico e spirituale del pro-
prio genitore, Maestro Lino, Insigne
compositore ed ex-allievo salesiano
coerente con gli insegnamenti rice-
vuti.
L'interessante contributo si ricollega
alla impostazione che, da qualche an-
no in qua, è stata data al BS, sempre
meno «bollettino» e sempre più «sale-

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- - - - - - --~-~--5'1·_:_
Sii'
ITALIA
Don Viganò da
cinquant'anni saJesiano
.,----~------:•
b'tef
1 OTTOBRE 1986 · 5
vari precampobosco, hanno
partecipalo allo speciale
campobosco del1'86 che
voleva commemorare il
centenario della venuta di
I 1 primo settembre 1986
il nostro Rettor
maggiore don Egidio
Viganò ha celebrato il 50°
anniversario della
professione religiosa.
L'anniversario è stato
ricordato alla Casa
Generalizia di via della
Pisana a Roma con molta
semplicità ed intensità
d'affetto da parte dei
confratelli della casa che
assieme al vicario generale
don Gaetano Scrivo, ai
Superiori generali presenti in
Casa e al loro direttore don
Ottorino Sartore hanno
detto al settimo successore di
don Bosco il loro grazie.
evangelizzazione, specie fra i
giovani e nelle Missioni, mi è
caro.impartire a Lui, ai
Confratelli, e a quanti gli
sono cari una particolare
Benedizione Apostolica».
A don Egidio Viganò
vadano anch.e gli auguri
affettuosi dell'intera famiglia
dei lettori del Bollettino e di
quanti lavorano ad esso.
SPAGNA
Al Barrio del Pilar di
I
Madrid cresce l'impegno dei
cooperatori
Nella foto:
Immagini della recita
.. superstar,,
don Bosco a Barcellona.
L'itinerario del campobosco,
compreso tra il 19 e il 27
luglio, ha previsto la visita
dei seguenti luoghi:
Barcellona, Colle Don
Bosco, Chieri, Castelnuovo,
Murialdo, Valdocco, Torino
e Mornese. Questa grande
marcia della gioventù iberica
nella terra delle origini
salesiane è stata organizzata
dalla Delegazione Nazionale
Salesiana di Pastorale
Giovanile, che ha inteso far
conoscere ai giovani spagnoli
i luoghi in cui è nata la
spiritualità di don Bosco.
Non si è trattato dunque di
una semplice escursione
turistica ma di un vero e
Durante la celebrazione
eucaristica del mattino poi,
don Gaetano Scrivo ha dato
lettura del seguente
telegramma di Giovanni
Paolo li:
«A don Egidio Viganò,
Rettore Maggiore della
N el lontano 1974 -
ci ha dichiarato
«
don Mario
Cogliandro, delegato
mondiale per cooperatori -
sono stato a Madrid per la
prima volta ed in quella
occasione ebbi modo di
conoscere l'attività di una
suora salesiana, suor Nati
Ortiz, aiutata da una
famiglia di Cooperatori.
Operavano in due piccole
stanzette dove un gruppo di
ragazze imparavano a
dattilografare mentre nel
vicino cortiletto i ragazzi
giocavano».
E dopo più di dieci anni?
«L'ambiente - hanno
scritco da Madrid - si è
ingrandito ed è stato reso
diventati apostoli di altri
giovani, quanti si sono
sottratti alla droga, al vizio,
al furto. Tutto questo è stato
possibile grazie all'aiuto dei
Cooperatori».
Il campo bosco '86 festeggia
il centenario della venuta di
don Bosco a Barcellona nei
luoghi dQve nacque e visse
don Bosco
e irca 700 giovani
provenienti dai centri
salesiani di tutta la
Spagna, dopo aver
presenziato localmente ai
proprio pellegrinaggio svolto
nel solito stile salesiano,
nell'allegria e nella
preghiera. Ricordiamo che
già in aprile, nei giorni 25,
26 e 27, 400 giovani circa
provenienti da Euesc,
Saragozza, Andorra,
Minorca e da diverse case
della Catalogna, si erano
riuniti a Poblet in Tarragona
per commemorare il
summentovato centenario.
I Nella foto:
Alcuni giovani
partecipanti al
Campobosco '86
Società di San Giovanni
Bosco, nel 50° anniversario
della professione religiosa,
più funzionale mentre la
cooperazione è cresciuta.
Il centro è frequentato da
esprimo un vivo augurio per
la circostanza, con
sentimenti di
compiacimento, di stima e di
benevolenza, che il ricordo
almeno duecentocinquanta
ragazzi che vengono
coinvolti in innumerevoli
iniziative culturali, sportive e
religiose».
degli Esercizi Spirituali da Recentemente poi la
lui predicati nella Casa
Pontificia rende più sentiti e
cordiali, e mentre invoco sul
suo zelante mistero a guida
della famiglia salesiana lo
speciale aiuto del Signore,
affinché essa, nello spirito di
Don Bosco, cominui ad
essere aperta a tutte le
esigenze dell'odierna
filodrammatica ha preparato
il recital « Superstar» che tra
attori e tecnici vari ha visto
impegnati per un lungo
periodo ben quaranta
giovani.
«In questi 15 anni - ha
scritto suor Nari - non
abbiamo perso tempo.
Quanti giovani sono

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6 · I OTTOBRE 1986
ETIOPIA
Un quadro di don Bosco del
J936
P adre Piero Gheddo,
direttore di Mondo e
Missione, ci ha fatto
pervenire la foto che qui
pubblichiamo.
li quadro - ci ha scriuo
padre Gheddo - è
conservato nella chiesa
parrocchiale cattolica (di rito
etiopico) di Addì Caieh, in
Eritrea. Esso è stato dipinto
dal militare italiano Nicola
Neri nel 1936, su iniziativa
del cappellano militare p.
Reginaldo Giuliani, o.p.,
morto in fama di santità.
Questo quadro
probabilmente è il primo di
san Giovanni Bosco con un
bambino nero in Africa.
U N P 0 1SéRtll
IL 5/~NOl<E
)
gNél
CR.ISrt~HBIM
(-===;::==-
r-v---,.,[YJ
ITALIA
il servo di Dio Filippo
Rinaldi che gli sarebbe
paese dove si risponde
<<si» 11 Dio
diventato successore alla
guida della Società
Salesiana. Di Lu, fra le
D al 22 al 24 agosto
Lu Monferrato in
provincia di
Alessandria ba celebrato il
5° convegno decennale delle
vocazioni luesì. L'iniziativa
merita d'essere approfondita
e lo faremo. Per intanto
aJtre, era Madre Angela
Vallese, che guidò la prima
spedizione delle Suore
Salesiane alle missioni della
Patagonia divenendo
leggendaria per il suo
impegno apostolico e
umano.
diciamo subito che questo
convegno si ripete ormai da
cinquant'anni e riunisce ogni
volta tutte le vocazioni
religiose e sacerdotali del
paese che, tenendo conto
anche dei defunti, in poco
più di un secolo, ha dato
alla Chiesa non meno del
dieci per cento della sua
popolazione. La Famiglia
salesiana è particolarmente
legata a questa cittadina che
ha dato moltissime vocazioni
e che Don Bosco ebbe molto
cara tanto ch'era sua
intenz.ione aprirvi la prima
sua casa fuori Torino. Fu
proprio durante una visita a
Lu che Don Bosco «pescò,>
Un'auJa informatica a
servizio dell'educazione
e on una signfficativa
cerimonia il IO luglio
u.s. è stata
inaugurata al Centro di
formazione professionaJe dei
SaJesiani di Barriera a
Catania un'aula di
informatica la cui
strutturazione può
considerarsi all'avanguardia.
Essa rappresenta il fiore
all'occhiello del reparto di
elettronica, guidato con
iDLeUigente passione da don
Felice Bongiorno che negli
ultimi 1empi, incoraggiato
dai responsabili ispettoriali e
dello stesso centro, si è
UN Pf) I $éR.J//
SRrPIN4
)
adoperato affinché fosse
realizzata una struttura
adeguata ai profondi
mutamenti tecnologici in
i
allo nella nostra società e in
grado di fornire agli alUevi
una professionaJità idonea
alle richieste e alle nuove
esigenze del mercato del
lavoro.
Tutto ciò inserito nel piano
NON ESIST'é
L '.Q/.TBZNAHèA-!
formativo del CNOS (Centro
nazionaJe opere salesiane) di
Catania, suddiviso in cinque
'"g.. ))
((
settori (oltre al già citato
eletLronico, vi sono i reparti
grafico, chimico,
elettromeccanico e
meccanico), che ospitano
circa seicento allievi, con cui
i Salesiani realizzano un
progetto educativo-formativo
capace di dare una
qualificazione e una
professionalità moderna e
funzionale alle esigenze e alle
tecnologie delle aziende e del
mondo produttivo in genere.
Come ha ribadito don
Tanoni, responsabile
nazionale del CNOS,
presente all'inaugurazione, è
proprio l'attenzione ai
giovani, secondo lo stile
educativo di don Bosco, e
alle moderne problematiche
che spinge gli operatori della
formazione professionale a
comuire unità didattiche e
sussidi per un sempre
migliore approccio con un
nuovo modo di trasferire ai
giovani contenuti di
formazione adatti alle
moderne problematiche,
suscitate dall'avvento delle
nuove tecnologie, che hanno
trasformato società, scuola e
mondo del lavoro.
Il prof. ing. Alberto Faro,
direttore dell'istituto di
informatica e
telecomunicazioni
dell'Università di Catania,
ha tenuto una chiara
relazione sulle reti per lo
scambio di informazioni con
sistemi computerizzati.
n prof. Salvo Rosta,
insegnante presso l'Istituto
«G. Marconi» di Catania,
ha esposto quali sussidi
didattici sono disponibili allo
stato attuaJe per l'elettronica
programmabile.
Infine Enrico Uncini,
direttore della JEN
Elettronica, ha presentato il
progetto di rete locale
realizzato nell'aula di
informatica. Essa presenta
undici persona! computer
Lemon, una stazione <<file»
e dieci stazioni «utenti»
collegati tra loro. Il basso
costo raggiunto dai persona!
computer a 16 «bit», ha
permesso lo sviluppo di
sistemi di combinazioni alti
a creare reti locali per lo
scambio di informazioni e
dati a breve distanza, come
richiesto in molte attività
(uffici, scuole, industria...).
Tali reti locali si
differenziano da quelle a
lunga distanza in quanto il
loro scopo è quello di
collegare nel modo più
economico diversi posci di
lavoro con alte velocità di
scambio di informazioni.

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- - - - - --
- - - -~ -
1 OTTOBRE 1986 7
a lettera di Nino Barraco
DA COLLEVALENZA
CON AMORE
Nelle foto:
La sala d'Informatica
del CFP di Catania
Barriera e alcune
Immagini della
cerimonia inaugurale
Infatti, in tale sistema, più
computer possono sfruttare
periferiche anche di alto
costo, come hard-disk,
stampanti, plotter, senza
interferire tra loro.
Pertanto si tratta di una
struttura, se non unica
quantomeno rara, nel campo
della formazione
professionale siciliana e
nazionale e decisamente
all'avanguardia, che viene
messa a disposizione dai
Salesiani per tutti quei
giovani indirizzati a
costruirsi una qualificazione
che favorisca il loro
inserimento in un settore,
quale quello del lavoro,
sempre più condizionato dai
mutamenti del progresso
tecnologico.
Giovanni Rapisarda
Un film contro la
delinquenza
I I Centro culturale
salesiano dì Roma
dìretto da don Ettore
Segneri in collaborazione
con 1a RAI e l'Istituto Luce
ha iniziato le riprese di un
film che ha per soggetto
l'impegno dei giovani contro
quel potere occulto che allo
stesso modo di mafia,
camorra stringe in una
morsa le zone che ne sono
« infette»: in questo caso si
tratta della 'ndrangheta e
della Calabria.
Il film diretto da Leandro
Castellani si intitola «li
coraggio dì parlare» ed è
tratto dall'omonimo libro di
Gina Basso, edito dal
gruppo editoriale Fabbri.
Esso rappresenta una sorta
di protesta tendente a
denunciare gli illegali sistemi
della 'ndrangheta e tutti i
suoi soprusi che attanagliano
la terra calabrese.
Carissimo,
ogni giorno è tempo dello Spirito. Tempo di program-
mi. Tempo di itinerari.
Collevalenza. Una città, un paese? Fino al 1951 era un
gruppo dì case, con una boscaglia, dove i cacciatori della
zona andavano a prendere gli uccelli con il «roccolo», una
specie di caccia a reti fisse.
A sei chilometri a sud di Todi, oggi rappresenta un cen-
tro di straordinaria spiritualità attorno ad un Santuario,
che è il Santuario dell'Amore misericordioso.
Una architettura ricca di simboli, la composizione a ci-
lindri, an habitus di interiorità, un miracolo di luce.
Un piazzale capace di contenere oltre 20.000 persone,
un campanile alto 46 metri, una corona grandissima di ra-
me, a baldacchino, su tutta la massa candida dell'altare.
Una piccola cappella a fianco della costruzione. È la
cappella del Crocifisso dì Collevalenza. Un Crocifisso an-
cora vivo, tutt'uno con l'Ostia eucaristica.
Una fontana, le piscine come a Lourdes, una via crucis
nella valle.
Collegata internamente da un corridoio di mistero, una
cripta, dove è sepolta Madre Speranza.
Ecco, Madre Speranza. Un'umile suora che ho avuw il
dono di conoscere, uno sguardo profondo, una persuasio-
ne ostinata dì misericordia.
Nata in Spagna il 30 settembre 1893, morta a Colleva-
lenza 1'8 febbraio 1983. Una notte, quella di Natale del
l930: fonda la Congregazione delle Ancelle del!'Amore
misedcordìoso. L'Assunta del 1951: ed è il ramo maschile
dei Figli dell'Amore misericordioso.
Dalla Spagna estatica dei santi all'Umbria dolce e misti-
ca. Una suora chiamata dallo Spirito a diffondere l'infini-
ta amabilità del Padre. Una spiritualità sbocciata nel cuo-
re della Madonna, che, portando avanti il messaggio di S.
Teresa di Gesù Bambino, diventa parola, animazione, se-
gno dell'amore di Dio.
Da questo annunzio dì amore, le attività dìffuse nel
mondo: l'assistenza all'infanzia, alla gioventù femminile,
agli infermi, l'aiuto, tutto particolare, ai sacerdoti.
Qui, dove venne Giovanni Paolo II, a deporre la conso-
lazione dell'Enciclica «Dives in misericordia», a dare for-
za ecclesiale all'umile voce di questa suora, ogni giorno è
ricerca, tenda, incontro, per capire quanto Dio sia padre,
quanto Dio ci ami, quanto Dio abbia bisogno di perdona-
re, di accogliere, di abbracciare, quanto Dio sia felice nel
vedere i figli contenti.

1.8 Page 8

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8 · I 01106-RE 1986
Protagonisti del film sono
giovani auori cui fanno da
«chiocce» Riccardo
Cucciolla, Leopoldo Trieste,
Lello Arena ed Enzo
Cannavale tuui volti
conosciuli dello schermo
italiano.
Manifestazione per la pace
organizzala daJ Ce_ntro
Giovanile Salesiano cli
Foggia
I 1Centro Giovanile
Salesiano della
parrocchia del S. Cuore
di Foggia ha organizzato dal
23 mano al 6 aprile il I0
Concorso anistico-letterario
«Don Bosco» sul tema
«Verso la pace, verso una
grande famiglia», seguito da
una mostra e da una grande
manifestazione all'aperto
con canti, poesie, dialoghi
sulla pace. La premiazione
delle scuole e degli alunni
partecipanti al concorso ha
concluso la manifestazione,
organizzata, tra l'altro, col
patrocinio dell'Assessorato
alla Pubblica istruzione del
Comune di Foggia. Erano
presenti le scuole elementari
A. Gabelli, A. Manzoni e
S. Giuseppe e le medie
S. Altamura, U. Foscolo.
Ha partecipato anche
l'Istituto Statale d'Arte.
Sono intervenuti il sindaco
di Foggia dr. Enzo Petrino.
I
Nella foto:
Un momento della
manifestazione di
Fogg ia
l'assessore alla Pubblica
La Giornata della Famiglia
Istruzione prof. Davide
Salesiana di Puglia
Leccese, l'ispettore dei
salesiani dell'Italia
meridionale don Amedeo
Verdecchia e altre
D omenica 13 aprile
I986 si è svolta a
Lecce,
personalilà. Hanno
nell'imponente complesso
partecipato n1 concorso circa che attornia la basilica
700 ragazzi a ognuno dei
dedicata a San Domenico
quali è stato consegnato un Savio, la IV Giornata
diploma di presenza.
Regionale della Famiglia
L'argomento preciso su cui Salesiana di Puglia, offrendo
verteva la manifestazione e agli intervenuti momenli di
dal quale i ragazzi dove-vano intensa gioia, di profonda
trarre un componimento
rinessione e di autentica
letterario o artistico era il commozione. Alle ore 9,30,
seguente: «Quali sono oggi i nonostante un'insistente
maggiori ostacoli alla pace pioggerellina, la gran folla di
nel tuo ambiente e nel
convegnis1i si è radunata
mondo intero e quali sono le intorno alla statua del santo
tue proposie per costruire giovinetto, mentre, scortato
una società e un mondo più da un vigile urbano in
giusto e più fraterno>).
motocicletta e da dieci
Un tema in sintonia con
pattinatori della locale PGS,
questo 1986 che dall'ONU è giungeva un tedoforo per
stato dichiarato Anno
accendere il quadripode della
Internazionale della pace. Il pace. La banda dopo il
responsabile del centro
«silenzio» ha intonato l'inno
giovanile ha infine spiegato: ((Giù dai colli»: decine e
«Abbiamo dedicato a San decine di voci si sono levate
Giovanni Bosco questo
in un unico coro mentre
concorso perché egli ha dato altrettante colombe venivano
la sua vita per i giovani e
fatte librare in volo.
perché è un modello per tutti Dopo il saluto di don Bruno
gli educatori». La
Bertolazzi, il Presidente
manifestazione, che è
dell'Amministrazione
riuscita molto bene, è servita Provinciale, on. Giacinto
anche per collegare le varie Urso auspicava che la pace
scuole tra di loro e per
tanto invocata da tutti
iniziare un discorso comune divenisse una splendida
e associativo sulla pace.
realtà per l'umanità imera.
Guidati dallo speaker
ufficiale, prof. Pietro Mulé,
i convegnisti si sono portati
nella sala-teatro «don
Bosco», per ascoltare la
relazione del prof. De
Leonardis sul tema:
«Vocazione e missione dei
laici nella Chiesa e nel
mondo a 20 anni dal
Concilio Vaticano 11° e nello
spirito di don Bosco». Sono
seguiti un'azione scenica
realizzata dai cooperatori di
Martina Franca, il
lungometraggio di don
Sandro Rotino sul Salento,
l'esibizione del gruppo
folcloristico «La zite>1 di
Gravina di Puglia direuo da
Ferdinando Fiore e infine il
saluto di commiato del
delega10 regionale
Lamparelli che ringraziava
l'infaticabile organizzatore
della manifestazione Di
Nanni.
Si è svolio il 18° corso di
rinnovamento per salesiani
P er 31 salesiani (20
sacerdoti e 11
coadiutori) i mesi di
luglio ed agosto 1986 sono
stati dedicati
all'aggiornamento. Si tratta
del I8° corso di
aggiornamento organizzato
dalla regione salesiana
italiana. Per esso dal 3 luglio
al 4 agosto a Roma e dal 4
agosto al 22 agosto questi
salesiani hanno avuto
incontri significativi con
diverse esperienze religiose
presenti a Roma: Piccole
Sorelle aJJe 3 fontane,
Comunità di S. Egidio,
Trappisti, Madre Teresa con
le sue suore al Celio,
I'Auxilium delle FMA, la
Casa generalizia salesiana di
via della Pisana.
Una giornata certamente i
corsisti ricorderanno con
vero piacere: la mattinata
con il Papa a Castelgandolfo
il 25 luglio 1986.
Eccoli nella foto ricordo.

1.9 Page 9

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_ REPORTAGE- - - - - - - - - - - - - - --58--
Ni ge ria
1 OTTOBRE 1986 9
NoN È ALLEGRO IL TAM TAM
DELl!ANTICO SUONATORE
Viaggio nell'Africa nera.
Un grande Paese ricco di
risorse ma che non riesce
a trovare il suo giusto
ruolo. Lo splendore del
National Theatre di
Lagos e lo squallore della
sua periferia. Il peso del
tribalismo, il sincretismo
religioso, la voglia di
uscire dal «tunnel».
Lagos, agosto 1986. Il
volo Roma-Lagos non è certo fra i
migliori che può offrire I'Alitalia.
Lo stesso arrivo a Lagos non è da
meno. Oli interminabili controlli
doganali avvengono fra un viavai di
militari, amici, faccendieri e porta-
bagagli. In tanta confusione non è
raro così il caso di chi spacciandosi
per funzionario doganale all'arrivo
vi chieda il passaporto con i relativi
cento dollari da cambiare obbliga-
toriamente in moneta locale, la
naira.
Dopo mezz'ora l'ignaro viaggia-
tore si renderà conto a sue spese che
è stato derubato e che le parole in-
glesi più diffuse in Nigeria sono:
«bribe» e «bribery» ovvero busta-
rella e corruzione. Queste due paro-
le con i relativi atteggiamenti sono

1.10 Page 10

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10 · 1 OTTOBRE 1986
NIGER
ATLANTIC
OCEAN
CAMEROUN
talmente diffusi che tutti ne parlano
come la vera piaga del Paese: dal
generale Ibrahim Babangida che ha
preso il potere con le armi il 27 ago-
sto I985 ai vescovi.
Di chi la colpa? Della povertà
certamente. Ma anche dei bianchj
- gli «oibo» in lingua yoruba - e
dei loro modelli di vita che qui ban-
no «comprato» di tuuo sin da
quando i primi portoghesi nel XV
secolo sbarcarono a Lagos.
<<L'unico vero problema in Nige-
ria - mi ha dichiarato un ingegnere
- per noi imprenditori non è la sta-
bilità politica ma il sapere chi dob-
biamo pagare».
La Nigeria raccoglie così oggi i
frutti da un lato dell'insensatezza
dei suoi stessi amministratori che
negli Anni Sessanta e Settanta -
tempi di vacche grasse per via del
petrolio - andavano in giro attra-
verso l'Occidente affermando di
avere tanto denaro da non sapere
come spenderlo e dall'altro lato del-
l'ingordigia capitalistica che qui,
come altrove, si regge sulJa non eti-
ca del business a tutti i costi.
Con i suoi 927.339 kmq la Nige-
ria è veramente, come la chiama Pe-
ter Holmes, il gigante d'Africa.
La sua popolazione - l'ultimo
censimento attendibile risale all'or-
mai lontano 1963 - si aggirerebbe
sui cento milioni. Si calcola che nel
Paese vivano almeno duecento tribù
nessuna delle quali tuttavia può
vantarsi d'essere nata veramente in
Nigeria. Ne ricordiamo qualcuna.
Gli Hausa: vivono al nord; loro
roccaforte è la città di Kano. Sono
in gran parte musulmani e giunsero
qui verosimilmente attorno al XII
secolo provenienti dalla Valle del
Nilo o dall'Asia Minore.
l Futani: anch'essi musulmani;
giunsero qui dal Mali attorno al XV
secolo.
Gli Yoruba: il loro centro cultu-
rale più vivo è l'Università di lle Ife
dove ha anche insegnato l'austriaca
Susanna Beier divenuta sacerdotes-
sa della antica religione yoruba do-
po che per anni aveva seguito le ri-
cerche del marito, Ulli Baier raccol-
te nel volume «The retum of the
Gods». Susanna Beier, tutt'ora vi-
vente ha creato il suo centro ad
Oshobo.
Gli lgbo: gente fiera in buona
parte cristfana concentrata nell'est
del Paese ma sparsa un po' dapper-
tutto.
In Europa gli lgbo sono noti per
la tragica secessione del Biafra, nel
1967.
Altri tribù sono i Nupe, i Tiv, i
Kanuri, gli Edos. Quest'ultima tri-
è concentrata in massima pane
nel Bendel State ed in particolare
nella provincia di Denin.
Alla straordinaria varietà tribale
con tutti i problemi legati al tribali-
smo s'accompagna una altrettanta
divisione religiosa.
Cosi attorno alle due religioni più
diffuse, la musulmana e la cristia-
na, pullulano e coesistono centinaia
di sette e di chiese. Senza tolleranza
e rispetto - tradizionale patrimo-
nio di questo Paese - difficilmente
la pace potrebbe qui regnare.
E poi nel Paese ci sono anche al-
tre preoccupazioni. L ' economia del
Paese precipita sempre più con il
precipitare del prezzo del petrolio.
Tn ogni caso questa enorme re-
pubblica federale di 19 stati collega-
ti da una rete autostradale una volta
splendida ma ora sforacchiata come
un vecchio copertone senza nuovi
fatti economici tipo una imprevedi-
bile impennata del prezzo del petro-
lio o un più realistico prestito inter-
nazionale, potrà rimettersi a cam-
minare. Né basta tappezzare di slo-
gans le strade di Lagos tipo « tu
puoi salvare il tuo paese o farlo pre-
cipitare» (You can let her faJI or sa-
ve her) per sanare l'economia. Così
come non basta il «sanitation day»
- un giorno al mese c'è una specie
di mobilitazione generale per la pu-
lizia delle strade - per togliere i fo.
colai d'infezione che rendono qui
endemiche quasi tutte le malattie
tropicali e subsabariane.
Certo, se chi va a Lagos, autenti-
ca megalopoli di almeno otto milio-
ni di abitanti attraversa in macchina
Eko Bridge e Carter Bridge, non
può non pensare a città come Lon-
dra e New York. Così come una vi-
sita al National Theatre di lganmu
con l'annessa galleria nazionale
d'arte moderna non può non far
pensare al sogno finito all'alba di
un Paese che forse per sempre ha
perso l'occasione di diventare
«great».

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - -- - - - -sB-
Intanto l'attuale capitale è al li-
mite della vivibilità: i quartieri ghet-
to tipo Maroko continuano a cre-
scere, la delinquenza dilaga per non
dire che il traffico all'interno della
capitale è quasi impossibile.
Certo in Nigeria il grado di alfa-
betizzazione è meno basso che al-
trove in Africa così come sono alti,
sempre in rapporto ad altri paesi
africani, il numero dei laureati in
medicina e quello dei letti ospedalie-
ri. Ma a che servono gli ospedali
Suonatore di tamburo e sotto
cartelloni pubblicitari per le vie
di Lagos Invitanti alla solidarietà
nazionale
senza medicine o le scuole senza fu-
turo per chi le frequenta? Per non
dire che la fine dell'Oil-boom ha
fatto fallire il pur lodevole progetto
di scuole gratuite per tutti e di un
servizio sanitario nazionale gratui-
to. È in atto infatti nel Paese una
drastica riduzione delle scuole -
soltanto nell'Ondo State le scuole
superiori sono state ridotte da 500 a
150 - mentre si fanno pressioni
verso l'episcopato perché riprenda
la gestione delle scuole e degli ospe-
dali che negli anni Settanta gli erano
stati sottratti. Indubbiamente nei
centri di Lagos, Kano, lbadan,
Enugu, Port Harcourt, Kaduna esi-
stono anche industrie che potreb-
bero «abbagliare» il viaggiatore
sprovveduto. Asse centrale dell'eco-
nomia resta l'agricoltura che deve
fare i conti oltre tutto con l'barmat-
tan, l'irregolarità delle acque, la
non rotazione razionale delle coltu-
re, i parassiti. Dove si sono fatti in-
terventi come al Nord e negli alti-
piani di Jos i risultati non mancano.
Fra le coltivazioni tipiche ci sono le
palme oleifere che specie nell'Oyo
State e nell'Ondo State caratterizza-
no il paesaggio, l'arachide, il cacao
e le grandi piantagioni di caucciù
presso Benin. Proprio in campo
agricolo il Ministero degli Esteri ita-
liano ha finanziato attraverso il Di-
partimento per la Cooperazione in-
ternazionale alcuni progetti di fatti-
bilità agricola e di sistemazione dei
suoli.
t OTTOBRE 1986 · 11
Edificio pubblico a Lagos
Stando al reddito nazionale
47.683 milioni di dollari nel 1977 -
la Nigeria non può usufruire del
FAI, il fondo speciale gestito dal
sottosegretario Forte.
Eppure nelle campagne la miseria
regna sovrana ed il 300"/o dei bambi-
ni ha un peso da denutriti. La vita
nella bush - è qui che vive il 750Jo
della popolazione - è carica di po-
vertà, di ignoranza e di sofferenza:
qui quattro pareti di laterite impa-
stata a fango e coperte alla meno
peggio da lamiera arrugginita o da
rami di palme e foglie di banano
fanno una casa-capanna monoca-
mera per almeno sei o più persone;
qui, per lo più mancano luce, strade
ed acqua e qui gli ammalati, in
mancanza di medicine e di veri me-
dici, continuano a morire per colpa
dei locali babalawo, specie di stre-
goni-praticoni.
La comunità cattolica nigeriana è
piuttosto giovane avendo accolto i
pri;ni missionari cattolici, gli irlan-
desi, soltanto nel 1885. I cattolici,
più di sei milioni sono concentrati
soprattutto nell'est; tra di essi è be-
ne organizzata la Legio Mariae e la
San Vincenzo. La presenza dei reli-
giosi non è numerosa.
I vescovi sono 34 e sono molto at-
tenti all'evoluzione sociale del Pae-

2.2 Page 12

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12 · I OTTOBRE 1986
I Il f iume Osho e (a sinistra) l'Ingresso del templo
sacro. In basso: mercato lungo l'autostrada
lbadan-Benln
se smentendo nei fatti l'accusa di
scarso impegno sociale che da alcu-
ni osservatori è stata fatta ai cattoli-
ci nigeriani.
Proprio in un documento da loro
preparato in occasione del 25° anni-
versario dell'indipendenza (I otto-
bre 1985) si legge che l'agricoltura
va considerata «la chiave della so-
pravvivenza nazionale e l'investi-
mento a lungo termine più redditi-
zio per il Paese».
« La nostra popolazione - scri-
vono testualmente i vescovi - è lar-
gamente rurale e si aspetta una vita
migliore nei campi attraverso servizi
socialj, decentramento dei centri ri-
creativi e delle industrie, elettrifica-
zione rurale e sistemazione delle ac-
que».
Quale dunque il futuro di questo
Paese? A meno di essere un indovi-
no yoruba la risposta non è facile. È
certo che oggi un africano su quat-
tro è un nigeriano e che soltanto
uno sviluppo radicato nelle molte-
plici culture locali può dirsi effi-
cace.
Sempre nel documento citato i
Vescovi cattolici individuano per la
Nigeria cinque «punti nodali>> di
futuro: unità del Paese nella diversi-
tà delle tribù, uno sviluppo a misura
d'uomo con particolare attenzione
ai più deboli e alle aree rurali una
autentica cultura democratica, l'in-
coraggiamento dell'iniziativa priva-
ta locale, una leadership nei con-
fronti degli altri paesi africani che
parta dalla convinzione che «sol-
tanto un popolo libero può guarda-
re in faccia gli altri popoli».
Non è un programma facile. Esso
dovrà fare i conti innanzitutto con
quel colonialismo internazionale
più o meno mascherato che attra-
verso multinazionali d'ogni genere
domina l'Africa; dovrà vedersela
anche con le vecchie e nuove oligar-
chie locali. Ad un anno dal golpe i
militari del generale Babangida, è
giusto riconoscerlo, appaiono sem-
pre più come una scialuppa di salva-
taggio per il Paese ed a Babaogida si
riconoscono da tutti attaccamento
al Paese e dinamismo politico inter-
nazionale. Ciò non basta. Senza un
processo di coscientizzazione edu-
cativa, per sua natura lungo e pa-
ziente, perfino un nuovo «oil-
boom» supposto che avvenga sa-
rebbe fallimentare ed i tolk.ing
drummers (antichi suonatori di
tamburo tipici ancor oggi del folk-
lore locale) continuerebbero a tra-
smettere il lugubre tam tam del gi-
gante che muore.
Giuseppe Costa
1. Continua

2.3 Page 13

▲back to top
-58- _ VITA E._CCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1 OTTOBRE 1986 13
IL LABIRINTO
DELLE
NUOVE FEDI
La pubblicazione di un
«rapporto» sulle sette e sui nuovi
movimenti religiosi da parte di
vari dicasteri vaticani.
Quale la situazione in America
Latina? Il vescovo di Livorno
parla dell'Italia.
-~(I)
E
o(I)
oo
IL.
«Non possiamo rima-
nere semplicemente soddisfatti nel
condannare e combattere le sette,
vedendole poste fuori legge o espul-
se e gli individui "deprogrammati"
contro la loro volontà. La "sfida"
delle sette o dei nuovi movimenti re-
ligiosi dev'essere uno stimolo a rin-
novarci in vista di una maggiore ef-
ficacia pastorale».
La risposta costruttiva alla «sfi-
da» delle sette su scala mondiale è il
filo conduttore di un interessante
«rapporto» pubblicato da vari dica-
steri vaticani e basato sulla docu-
mentazione, diretta e capillare, for-
nita dalle conferenze episcopali di
ogni parte della terra. Si tratta in-
fatti di un fenomeno di dimensioni
tali da superare nella sola America

2.4 Page 14

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14 · 1 OTTOBRé 1986
Latina, dal punto di vista quantita-
tivo, il fenomeno del passaggio dei
cattolici al protestantesimo nelJ'Eu-
ropa centrale lungo l'arco del secolo
XVI.
«Questa sfida», trascrive il rap-
porto, «deve sviluppare in noi e nel-
le nostre comunità lo spirito di Cri-
sto nei loro confronti, temando di
capire "il punto di vista in cui si tro-
vano" e, quando possibile, di rag-
giungerli nell'omore di Cristo...
senza permei/ere che le preoccupa-
zioni a motivo delle sette diminui-
scano il nostro zelo per il vero ecu-
menismo tra tutti i cristiani».
Il rapporto ha un carattere
«provvisorio». Intende offrire es-
senzialmente un primo quadro ge-
nerale sulla presenza e l'attività di
sette, nuovi movimenti religiosi,
«culti». È il risultato di uno studio
avviato congiuntamente dal Segre-
tario per l'unione dei cristiani, da
quelli per i non cristiani e i non cre-
denti, daJ Pontificio consiglio per la
cultura, in collaborazione con la Se-
Il problema delle •Sette• Interessa il Segretariato per l'E· retramento della sensibilità ecumenica in quegli ambienti,
cumenismo della CEI, non però come corollario o appendi· e non sono pochi, nei quali l'azione delle Sette viene confu-
ce di altro ambito di competenze. Sarebbe erroneo sul pia- sa con l'azlone del Protestanti.
no ecumenico confondere con le •Sette• quanti sono com• Il secondo criterio ecumenico, che deve sempre caratte-
presi nelle diverse sfere di interesse ecumenico e di dialo- rizzare l'azione della Chiesa e che deve essere messo In
go del Segretariato, cioè I Fratelli Protestanti, Ortodossi ed atto e tenuto costantemente presente anche nei confronti
Ebrei.
delle Sette, consiste nell'accoglienza della -sfida pastora-
Il problema delle •Sette• è invece affidato all'attività del le• che le Sette propongono alla Chiesa stessa.
Segretariato con un articolo specifico del Regolamento, do- le •Sette• perciò devono essere affrontate non solo con
ve al numero 6 si recita •Il Segretariato segue con attenzia. la denuncia delle loro pericolosità e delle loro deformazioni,
ne e favorisce i posslbill dialoghi con i Gruppi, Movimenti e non solo con la persuasione alla resistenza ferma e decisa,
Sette Religiose presenti in Italia•.
anche se sempre caritatevole. la loro azione deve essere
Proprio nella formulazione di questo articolo il Segreta· accolta anche come provocazione ad un purificante esame
riato ha avuto Il primo impatto con la problematica che le di coscienza per le nOS1re Comunità cristìane. Di fronte al
Sette suscitano. La possibilità infatti di un dialogo, per fenomeno di tanti Fratelli che sino all'-altro ieri• facevano
quanto attualmente sia rifiutalo da tali movimenti, non deve parte delle nostre Parrocchie e che ora hanno aderito ai
mai essere preventivamente esclusa. Con la speranza di Gruppi e alle Sette, viviamo Infatti la dolorosa esperienza
una possibile apertura nel futuro si è perciò tentato di sosti• delle famiglie in cui un membro abbandona Il suo contesto
tuire l'espressione •Sette•, la cui risonanza è ormai sostan- familiare: chi si allontana è certamente colpevole; ma la
zialmente negativa, con una espressione meno... scostan• sua colpa non garantisce nella ragione e nella rettitudine
te. Nella difficoltà di trovare una espressione più conve- coloro che sono rimasti. E le colpe di coloro che sono rima-
niente, si è voluto almeno ampliare li quadro di tale fenome• sti, rn questo caso le colpe, o almeno le responsabilità delle
no, affermando l'interesse del Segretariato per I •Gruppi, nostre Comunità parrocchiali e diocesane, potrebbero es-
Movimenti e Sette Religiose presenti In Italia•.
sere: la mancanza di formazione teologica e di catechesi
Come primo intervento concreto nel confronti del proble- degli adulti per cui facilmente si può cadere preda di chi
ma «Sette• li Segretariato per l'Ecumenismo della CEI, a presenta verità facili, immediate, semplicistiche; una istru-
seguilo della pubblicazione del documento «il fenomeno zione religiosa ed una predicazione che fra i tanti e troppi
delle Sette e nuovi Movimenti Religiosi: sfida pastorale• da temi trattati dimentica l'annunzio della •buona novella",
parte di vari Organismi Vaticani, ha sentito Il bisogno di per cui è facile farsi coinvolgere da chi si presenta come
preparare un sussidio formativo e informativo. Cosi il conte- depositarlo di facili messianismi, sostenuti talvolta da lusin-
nuto del documento Vaticano, rielaborato In forma sempli- ghe e magari da offerte di denaro; la pericolosa mancanza
ce e pastorale, potrà essere facilmente divulgato nelle Co• nelle nostre realtà ecclesiali di un profondo clima di comu-
munità Ecclesiali.
nità, per cui molte persone trovano attraverso la Setta la ri-
Dalle competenze stabilite in base al Regolamento del sposta alla forte domanda di ■appartenenza, di partecipa-
Segretariato e da questo suo primo intervento si nota per• zione attiva e di responsabilizzazione•; infine la monotonia
ciò come il problema delle Sette si presenti non solo distin• e la incomprensibilitàdi tanti momenti di liturgia e dell'inse-
to ma assolutamente diverso dal problema ecumenico; im• gnamento cui le nostre Comunità dovrebbero reagire con
pegnato quest'ultimo a ristabilire rapporti di unità fra le fantasia creativa. Questa, pur nel giusti llmitl delle norme li·
grandi confessioni cristiane.
turgiche, soddisfarebbero quei bisogni di gestualità, di par-
Precisato questo diverso ambito, mi pare di poter dire pe- tecipailone e di gioia di cui spesso le Sette offrono esem-
rò che, nei confronti delle Sette, la Chiesa deve assumere pio positivo.
due atteggiamenti che sono costanti nel suo impegno ecu• Come si vede la sfida pastorale delle Sette, sotto tanti
manico. Anzitutto, di fronte alle gravi deformazioni di valori aspetti, rientra nell'ambito di competenza del Segretariato:
cristiani ed umani che spesso si possono constatare nelle quale suo specifico ed urgente settore; quale momento di
Sette (quali le aberranti interpretazioni della Bibbia, l'isola• collaborazione interconfessionale di fronte alle deformazio-
mento e l'esasperazione di alcuni valori teologici e morali nidi valori umani fra le grandi confessioni; come accoglien-
cristiani, Il pesante condizionamento della libertà umana za di una sfida che, attraverso la purificazione delle Chiese,
soprattutto nel confronti dì categorie più deboli ecc.), è op. renda In questa veramente trasparente Il volro di Cristo.
portuno che l'azione delle Chiese, nella elementare difesa Forse è per l'oscuramento di questo volto, o almeno per il
dei valori dell'uomo e del cristiano, non si sviluppi isolata• suo annebbiamento, che molti fratelli vanno cercando om-
mente ma in comunione ecumenica. Si apre qui il terreno bre e fantasmi nelle Sette.
alla collaborazione fra le diverse confessioni in base a valo-
ri condivisi della fede e per la difesa dei diritti umanl. Tale
Alberto Ablondl
collaborazione, oltre che offrire occasione per una testimo-
Vescovo di Livorno
nianza comune fra confessioni ancora separate, potrebbe
Presidente del Segretariato CEI
evitare nell'opinione pubblica, soprattulto Cattolica, un ar-
per l'ecumenismo e il dialogo

2.5 Page 15

▲back to top
- - - - - -- - - - - #-
greteria di Stato, tutti preoccupati
per il dilagare del fenomeno, con
maggiore o minore intensità, in
ogni continente.
Due sono gli interrogativi di fon-
do a cui cerca di rispondere il «rap-
porto». Anzitutto, perché questi
movimenti religiosi, sette o culti
hanno tanto successo? In secondo
luogo, che cosa deve cambiare nella
pastorale perché la Chiesa possa of-
frire per prima risposte vere a do-
mande diffuse in una società sper-
sonalizzata e anonima? Le conclu-
sioni finali sull'atteggiamento da te-
nere nei confronti delle sette vengo-
no rafforzate dal messaggio conclu-
sivo del recente Sinodo straordfoa-
rio, riportato a grandi linee.
Il problema delle sette o dei nuovi
movimenti religiosi non viene visto
solo come un fatto esterno alla
Chiesa. «Infatti lo spirito settario,
cioè un atteggiamento d'intolleran-
za unito a un proselitismo aggressi-
vo, non è necessariamente il fatto
costitutivo di una "setta'', e, in
ogni caso, non è sufficiente a carat-
terizzarla. Uno spirito del genere
può riscontrarsi nei gruppi di fedeli
appartenenti a Chiese o comunità
ecclesiali» che dovranno essere aiu-
tati a «progredire verso un atteggia-
mento più ecclesiale» .
Esiste dunque una reale «difficol-
tà nel discernere tra sette di origine
cristiana e Chiese, comunità eccle-
siali o movimenti cristiani». Quasi
tutte le Chiese locali «avvertono l'e-
mergere e il rapido proliferare di
ogni sorta di nuovi movimenti reli-
giosi o pseudoreligiosi, gruppi o
esperienze». Ciò rappresenta un
problema «serio», in alcuni casi
«allarmante». Solo i paesi a preva-
lenza islamica ne sembrano im-
muni.
I più vulnerabili e colpiti sono i
giovani. «Più essi sono "senza lega-
mi", disoccupati, inattivi nella vita
parrocchiale o nel lavoro parroc-
chiale volontario, provenienti Ò-<\\ \\lll
ambieme familiare instabile o ap-
partenenti a minoranze etniche, di-
moranti in luoghi piuttosto lontani
dall'influsso delJa Chiesa, ecc... ,
più essi sembrano essere un bersa-
glio adatto al proselitismo dei nuovi
movimenti e gruppi».
I giovani non sono però i soli
«bersagli» vulnerabili. Talune sette
trovano i loro adepti tra gli adulti.
Altre prosperano nelle famiglie di
elevato tenore di vita economico e
culturale. Spesso i «campus» uni-
versitari risultano «un terreno favo-
revole» per la moltiplicazione delle
sette o per i loro tentaùvi di recluta-
mento. Ugualmente «rapporti diffi-
cili con il clero o situazioni matri-
moniali irregolari possono condurre
a una rottura con la Chiesa e alpas-
saggio a un nuovo gruppo».
«Pochissimi», annota il rappor-
to, «sembrano entrare in una setta
per motivi disonesù. L'accusa mag-
giore che si può rivolgere alle sette è
forse che sovente esse abusano delle
buone intenzioni e dei desideri delle
persone insoddisfatte. Esse ottengo-
no, infatti, maggiore successo là do-
ve la società o la Chiesa non sono
riuscite a rispondere a quelle inten-
zioni o a quei desideri».
Quali le cause del successo delle
sette? Il rapporto indica come terre-
no di cultura ada1to per il loro at-
tecchire « le strutture spersonaliz-
zanti dell'odierna società che crea-
no molteplici situazioni di crisi a li-
vello sia individuale sia sociale».
Queste situazioru di crisi «rivelano
bisogni d iversi, aspirazioni e pro-
I OTTOBRE 1986 · 15
blemi che esigono, ognuno, risposte
concrete e adeguate. Le sette pre-
tendono di avere e dare risposte; e
lo fanno nello stesso tempo sul pia-
no sia affettivo sia intellettuale, ri-
spondendo molte volte ai bisogni
afferlivi in maniera da obnubilare le
facoltà intellettuali».
Qui stala «sfida pastorale» per la
Chiesa, chiamata ad analizzare luci-
damente - come fa appunto il
«rapporto» - i motivi dell'espan-
sione delle sette. «La struttura di
molte comunità è stata distrutta; i
tradizionali modi di vita disgregati;
i focolari disuniti; gli uomini si sen-
tono sradicati e soli. Di qui un biso-
gno di appartenenza». Ed ecco che
le sette offrono «calore umano, at-
tenzione e sostegno nelle piccole co-
munità, protezione e sicurezza, ri-
socializzazione di individui emargi-
nati come, per esempio, i divor-
ziati».
Altra domanda oggi diffusa è
quella di avere risposte. Le sette of-
frono risposte semplici e belle e
pronte a situazioni complesse, una
teologia del successo, «una "nuova
verità" per persone che spesso co-
noscono poco /"'antica verità"»,
direttive chiare, prove di elementi

2.6 Page 16

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16 · I OTTOBRE 1986
soprannaturali: trance, medium,
profezie, possessioni, ecc.
C'è una ricerca d'integrità e iden-
tità. Molti «sperimentano la rottu-
ra». Sono stati feriti dai genitori o
dai professori, dalla Chiesa o dalla
società. Si sentono esclusi. Le sette
offrono «integrazione, armonia,
pace, spontaneità, creatività», sen-
sazioni ed emozioni, aiuto per i pro-
blemi della droga e delf'alcoot am-
pio spazio alla partecipazione nelle
celebrazioni, uno stile di preghiera e
di predicazione strettamente legato
alle caratteristiche e alle aspirazioni
delle persone.
Nella società di oggi, si avverte
anche un forte bisogno di riconosci-
mento. Le persone vogliono uscire
dall'anonimato, non essere solo un
numero o un membro senza volto
tra la folla. «Le grandi parrocchie o
congregazioni, i rapporti ammini-
strativi e il clericalismo lasciano po-
co spazio per avvicinare ogni perso-
na individualmente nella sua situa-
zione personale». Le sette offrono
una certa cura per l'individuo, pos-
sibilità di partecipazione e di espres-
sione, l'opportunità di appartenere
ad un gruppo elitario.
E ancora, dice il «rapporto», si
nota un bisogno di trascendenza.
La società dell'efficienza lascia Wl
grande vuoto. Il senso del mistero,
del UJ.isterioso è molto avvertito. Le
sette offrono un «senso della sal-
vezza», un'educazione biblica, me-
ditazione e realizzazione spirituale,
risposte chiare e semplici alle do-
mande di senso ultimo.
Bisogno di direzione spirituale.
« Direzione, devozione, impegno,
guru...» sono i termini ricorrenti
nelle risposte delle Conferenze epi-
scopali di tutto il mondo.
Le sette offrono <<capi carismati-
ci», «devozione quasi isterica a un
capo spirituale influente: messia,
profeta, guru».
Bisogno di visione. In un mondo
carico di conflitti, di violenza, d'jn-
certezze, di paura, le sette offrono
«una nuova visione di sé, dell'uma-
nità, della storia, del cosmo», «pro-
mettono l'inizio di una nuova era».
Infine, bisogno di partecipazione
e d'impegno. Molti sentono il desi-
derio di partecipare alle decisioni,
alle realizzazionj future. Le princi-
pali espressioni utilizzate nelle ri-
LE SETTE IN AMERICA
LATINA
In America Latina le sette rappresentano la •coscienza infelice» di un
continente schiacciato dalla miseria e dallo sfruttamento, ma dotato dl
grandi energie sia spirituali sia economico-politiche. L'esplosione delle set-
te è iniziata negli anni '50 per poi imporsi dopo ìi 1960.
Si calcola che, a partire dal 1965, il 15 per cento dei 360 milioni di latino-
americani siano passati dal cattolicesimo ai movimenti settari; anzi, in alcu-
ni paesi, le percentuali sono notevolmente superiori: Il 30% In Portorico, il
25% in Guatemala.
Così descrive la situazione il presidente del CELAM, monsignor Quarraci-
no: •I gruppi settari si sono abbattuti come una valanga sulle nostre popola-
zioni col fanatismo tipico di ogni setta, con dollari e mezzi economici in ab-
bondanza, con un proselitismo di pessimo stampo che si credeva superato.
E, come se le sette provenienti dal Nordamerica non bastassero, in questi
ultimi anni hanno cominciato ad apparire altri gruppi settari provenienti dal-
l'Oriente.
•Sia la Chiesa cattolica, che costituisce la maggioranza nel nostro conti-
nente, come le Chiese protestanti storiche (luterane, anglicane, metodiste,
calviniste, e le chiese ortodosse orientali), che costituiscono invece una mi-
noranza, hanno coltivato e coltivano un dialogo ecumenico quasi sempre
esemplare e promettente. Infatti, anche queste Chiese soffrono, come la
Chiesa cattolica, per l'impatto dei vari gruppi religiosi che non vogliono as-
solutamente entrare nel dialogo ecumenico e nel più dei casi si presentano
con un'aggressività che sembra di carattere patologico.
•Si deve inoltre aggiungere che, a causa dell'impegno sociale da parte
della Chiesa cattolica e delle Chiese protestanti storiche, a favore della pro-
mozione umana e della giustizia, poteri economici, forze ciecamente con-
servatrici e governi legati a questi movimenti liberi si sono dimostrati molto
benevoli verso le sette ed hanno aperto le porte perché erigessero un muro
di difesa che togliesse forza all'impegno sociale dei cattolici e delle chiese
protestanti storiche.
«Un simile atteggiamento, che io considero come una manifestazione di
interessi miopi, può pure costituire una collaborazione - senza dubbio co-
sciente - alla realizzazione di quella frase che fu un giorno pronunziata da
un vecchio presidente nordamericano: "Finché l'America Latina sarà catto-
lica non potrà essere dominata"...
sposte sono appunto «partecipazio-
ne, testimonianza attiva, costruzio-
ne, elite, impegno sociale». E le set-
te offrono «una missione concreta
per un mondo migliore, un invito a
una donazione totale, una parteci-
pazione a più livelli».
Riassumendo, si può- dire che le
sette «vanno verso le persone là do-
ve operano, in maniera calorosa,
personale, discreta, facendo uscire
l'individuo dall'anonimato, pro-
muovendo la partecipazione, la re-
sponsabilità, l'impegno, seguendo
le persone in maniera intensa con
molteplici contatti, con visite domi-
ciliari, con una presenza e una dire-
zione continua. Aiutano le persone
a riaffermare i propri valori e ad af-
frontare le domande essenziali in se-
no ad un sistema inglobante... ».
Se tutto questo ha una parte note-
vole nel successo delle sette, esisto-
no tuttavia anche altre ragioni come
le tecniche di reclutamento e le pro-
cedure d'indottrinamento, «spesso
molto sofisticate», con cui vengo-
no attratti individui inconsapevoli
d'essere di fronte ad una messinsce-
na e ad una macchinazione che li
porterà a farsi convertire.
Al riguardo il «rapporto» accen-
na, tra l'altro, alle tecniche di domi-
nazione, alla pratica delle lusinghe,
alla distribuzione di denaro e di me-
dicine, all'esigenza di abbandono
incondizionato al leader, all'isola-
mento, al bombardamento intellet-
tuale, al mantenimento dei reclutati
in uno stato di occupazione conti-
nua senza lasciarli mai soli, alla
sminuizione - nel caso di sette cri-
stiane - dello stesso ruolo di Cristo
a vantaggio del fondatore.
I vari sintomi della patologia del-
le società moderne rappresentano

2.7 Page 17

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- - - - - - - - - - -5'1-
altrettante «forme di alienazione da
sé, dagli altri, dalle proprie radici,
dalla propria cultura... Vi è un vuo-
to che domanda di venire colma-
to... Le risposte al questionario sot-
tolineano con forza numerose defi-
cienze nella vita attuale della Chie-
sa, che possono rendere più facile il
successo delle sette. (Occorre qufo-
di) porre principalmente l'accento
sugli approcci pastorali positivi. Se
essi risultassero efficaci, la sfida
delle sette potrebbe rivelarsi un utile
stimolo per un rinnovamento spiri-
tuale ed ecclesiale».
Di qui l'insistenza su alcune linee
fondamentali, a cominciare dal «ri-
pensamento del sistema delle comu-
nità parrocchiali tradizionali». È
necessario che esse siano più frater-
ne, vicine alla gente, «comunità ec-
clesiali di base» dove si sperimenta
una fede viva, l'amore, la fraterni-
tà, la speranza, l'apertura alle per-
sone in situazioni difficili come i di-
vorziati, i «risposati», gli emargi-
nati.
In secondo luogo si mette l'accen-
to sull'importanza di informazione
e formazione permanente. <<La
Chiesa non dev'essere solo un segno
di speranza per la gente, ma deve
anche dare le ragioni di questa spe-
ranza, aiutare tanto a porre le do-
mande quanto a rispondervi. Il po-
sto centrale della Sacra Scrittura è
di estrema importanza in tale pro-
cesso. Bisogna inoltre adoperare di
più e meglio i mezzi della comunica-
zione sociale».
Occorre poi «aiutare le persone a
rendersi conto che sono uniche,
amate da un Dio personale, con una
storia che è la loro storia e che va
dalla nascita alla resurrezione pas-
sando attraverso la morte. L "'anti-
ca verità" deve diventare continua-
mente per loro una "nuova veri-
tà"... La cura pastorale non dev'es-
sere unidimensionale: deve esten-
dersi non solo alle dimensioni spiri-
I OTTOBRE 1986 17
tua/i, ma anche a quelle fisiche, psi-
cologiche, sociali, culturali, econo-
miche e politiche».
Altro elemento importante è la ri-
scoperta della centralità della Paro-
la di Dio. <<Molti insistono sulla di-
mensione biblica della predicazio-
ne, sul bisogno di parlare il linguag-
gio della gente, sulla necessità di
una preparazione accurata della li-
turgia, per quanto possibile, com-
piuta in gruppo e con la partecipa-
zione di laici. La predicazione non
dev'essere teorica, intellettuale, mo-
raleggiante, ma presuppone la testi-
monianza di vita del predjcatore».
E, da ultimo, la necessità di «una
maggiore promozione dei ministeri
diversificati e una formazione con-
tinua di responsabili laici. .. Si nota
troppo spesso una distanza che de-
v'essere colmata tra fedeli e vesco-
vo, e anche tra vescovo e sacerdo-
te». I sacerdoti, in particolare, do-
vranno sempre più essere «fratelli,
guide, consolatori, uomini di pre-
ghiera» e sempre meno «ammini-
stratori, impiegati d'ufficio o giu-
dici».
Silvano Stracca

2.8 Page 18

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_STORIA SALESIANA._ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
18 I OTTOBRE 1986
Alessandro Scotti
UN INTERPRETE
DELl!AUTENTICO
(E ORMAI LONTANO)
MONDO CONTADINO
Alessandro Scotti, cooperatore
salesiano, difese nelle piazze
e in Parlamento, i concreti
interessi dei rurali, sempre
ispirandosi ai principii cristiani.
Con la disinvoltura ter-
minologica propria della nostra
epoca, oggi i giornali l'avrebbero
chiamata la «guerra del vino». Ma
allora - siamo nel 1919 - , anche
per via di una vera guerra ancora
tiepida, il contrasto che oppose i vi-
ticoltori piemontesi al governo Nitti
ci si limitò a definirlo più tranquil-
lamente «lotta» contro la tassa sul
vino. Non per questo si deve credere
che si trattasse di una bagatella di
poco conto. E difatti impegnò il go-
verno e i piccoli coltivatori del Pie-
monte in un estenuante braccio di
ferro.
L'area collinare della Regione,
particolarmente adatta alla coltiva-
zione della vite, conosceva già a
quell'epoca una larga diffusione
della piccola proprietà contadina,
che aveva nella vigna la fonte prin-
cipale delle proprie entrate. Qui i
raccolti di uva si misuravano - e si
misurano tuttora - in milioni di
quintali ogni anno. Si erano svilup-
pate cooperative, erano sorte canti-
ne sociali, aveva preso piede, grazie
anche alle colture specializzate in
luogo di quelle promiscue, una fio-
rente industria enologica.
Ebbene, nel marzo del 1919, sugli
stupefatti viticoltori piemontesi si

2.9 Page 19

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- - - - - -- - - - -s/1-
1 OTTOBRE 1986 19
abbatté l'inattesa quanto sgradita
notizia che il governo di Roma ave-
va deciso di istituire una tassa sul vi-
no, sostituendo la vecchia imposta
al consumo con una tassa all'origi-
ne, presso il produttore. I viticoltori
dell'Alessandrino e dell'Astigiano
insorsero inviperiti. La tassa era og-
gettivamente pesante e a quell'epo-
ca non era ancora diffw~a la spiace-
vole consuetudine dei giorni nostri,
che vede il produttore quasi indiffe-
rente di fronte a nuovi balzelli, dato
che poco gli costa riversarli pari pa-
ri sul consumatore, a sua volta ab-
bastanza dotato finanziariamente
per assorbire la «stangata». Nelle
condizioni economiche dell'Italia
del 1919, povera e ancora prostrata
da una guerra disastrosa, aumenta-
re il prezzo del vino avrebbe avuto
ripercussione immediata sui consu-
mi, e, quindi, sul reddito dei pro-
duttori.
R ifiuto dei controlli
di Stato
Ma non era neppure l'aspetto fi-
nanziario la vera molla che aveva
fatto scattare il malcontento nelle
campagne piemontesi. Ciò che più
irritava i contadini erano le modali-
previste per il controllo sul pro-
duttore ai fini di stabilire l'entità
della tassa, controllo visto come un
tentativo dello Stato di introdursi
nei meccanismi più delicati della
conduzione dell'azienda familiare.
No, non c'erano sofisticazioni a
quell'epoca, il famigerato metanolo
quasi non si sapeva che cosa fosse,
insomma il vino era genuino al cen-
to per cento, uva e basta. Solo che i
viticoltori, le guardie di finanza in
casa non ce le volevano.
Nelle campagne piemontesi fu
tutto un rumoreggiare di comizi, di
assemblee, di cortei di protesta. Ad
Alessandria, il 20 settembre 1919,
durante un'affollata e vivacissima
Comizio di Alessandro Scotti a
Mondovì (1948)
assemblea di viticoltori, sul podio
degli oratori salì un giovane di 30
anni, faccia larga e cordiale da con-
tadino, un po' impacciato nell'abito
della festa, ma dalla parlantina
sciolta. Si chiamava Alessandro
Scotti. L'abito civile lo impacciava
anche perché per molti anni aveva
indossato l'uniforme di ufficiale
combattente. Era stato congedato
da appena otto giorni. E alla guer-
ra, che aveva combattuto guada-
gnandosi medaglie al valore e atte-
stati per gli atti di eroismo, Scotti
fece riferimento allorché prese la
parola: «A guerra finita e vittorio-
sa, tra i primi provvedimenti del go-
verno Nitti c'è quello della tassa sul
vino. È questa La ricompensa ai con-
tadini, che per 1'80 per cerito hanno
fatto la guerra vera, la ricompensa
alle donne rurali e ai vecchi contadi-
ni che restando a casa hanno prov-
veduto il pane al Paese». Ricevette
consensi entusiastici.
Fu quella la prima apparizione
pubblica di un uomo che dedicò poi
l'intera sua vita alla difesa dei con-
tadini, di quel mondo rurale che egli
conosceva dall'interno per essere
nato da una famiglia contadina, ul-
timo di sette fratelli che vivevano
con i genitori su un pezzo di terra
(con l'immancabile vigna), assieme
a due buoi e a una mucca. Una fa-
miglia che andava a Messa la dome-
nica e recitava in comune il Rosa-
rio. Dal padre Giovanni, ex bersa-
gliere di La Marmara, aveva appre-
so l'autentico amore di Patria, dalla
madre Luigia aveva ricevuto un'e-
ducazione ancorata saldamente ai
principi cristiani (avrebbe voluto
vedere il figlio sacerdote). Principi
che Alessandro, divenuto in seguito
cooperatore salesiano, trasferì ai fi-
gli e che portarono uno di essi, Elio,
a farsi sacerdote di don Bosco (è at-
tualmente rettore del Tempio di
Don Bosco a Castelnuovo d'Asti).
R imi successi del
movimento
Furono ancora quegli stessi prin-
cipi a permeare la successiva attività
pubblica di Alessandro Scotti. Per-
ché da quella memorabile assem-
blea di Alessandria, prese vita l'idea
di costituire un movimento di con-
tadini. Ad esso e al partito che fu in
seguito costituito, Alessandro si de-
dicò con la passione e la prorom-
pente vitalità che metteva in tutte le
cose in cui si impegnava. È questa,
del resto, l'impressione più viva che
si riporta di lui leggendo un volume
dedicato alla sua vita, scritto dallo
storico Giovanni De Luna («Ales-
sandro Scotti e il partito dei conta-
dini» - Franco Angeli editore).
La formazione di un movimento
che inizialmente si proponeva un
solo obiettivo: l'abolizione della
tassa sul vino (in seguito parzial-
mente ottenuta), riscosse immediata
adesione fra i contadini piemontesi,
tanto da costringere i partiti tradi-
zionali a disputarsi la presenza nelle
liste elettorali di esponenti del movi-
mento stesso. Il fratello di Alessan-
dro, Giacomo, fu incluso nelle liste
del partito popolare e ottenne di es-
sere eletto alla Camera dei deputati
nelle elezioni del 1919.

2.10 Page 20

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20 · I OTTOBRE r986
Ua clamorosa
vittoria anche per
Alessandro
Con i suoi monumentali baffoni,
Giacomo Scotti seppe conservare in_
parlamento i tratti più genuini della
sua origine contadina, saldamente
ancorato alla base sociale che rap-
presentava, attento a tenersi a debi-
ta distanza dagli intrighi dei «pro-
fessionisti della politica». Incurante
delle ironie dei suoi colleghi parla-
mentari, egli si definiva apertamen-
te «deputato contadino», e del
mondo contadino portò alla Came-
ra, come una ventata d'aria fresca,
il linguaggio schietto e semplice,
senza fronzoli o sottintesi. Era stato
eletto per ottenere l'abolizione de11a
tassa sul vino e quella misura chiese
insistentemente nei suoi discorsi.
Era oltretutto iniquo - egli sosten-
ne, da conoscitore della materia -
che si colpisse con la tassa allo stes-
so modo il Barolo, cbe costava 500
lire (all'ettolitro, si badi bene) e un
qualunque altro vinello, che ne co-
stava 20 (sempre all'ettolitro).
Con la stessa schiettezza, senza
peli sulla lingua, sciabolava critiche
sui suoi colleghi deputati, al solo in-
tento, tuttavia, di tutelare i suoi
rappresentati, i contadini: «Avete
imposto le tessere annonarie, ma
nessuno di voi, non un deputato,
non un ministro, sta con la tessera.
Vedo che quando andate in albergo
mangiate a sazietà. Questa è la veri-
tà. Domando perciò che per giusti-
zia sia data la libertà a tutti gli agri-
coltori condannati per delle suppo-
ste violazioni dei decreti annonari,
che venga un'amnistia a liberare
questi poveri vecchi e queste povere
donne».
Le principf basilari
La linea di condotta di Giacomo
era sempre concordata col fratello
Alessandro, anche quando venne la
decisione di trasformare il movi-
mento in partito dei contadini d'Ita-
lia. li nuovo partito fece dei principi
cristiani, della terra intesa come Pa-
tria, e della famiglia, le sue basi
Manifestazione contadina del
1920
fondamentali. Il simbolo - 1re spi-
ghe di grano e un grappolo d'uva -
si ·richiamava ai prodotti della terra
cui si era riferito Gesù nell'ultima
cena, frutto del sudore e del lavoro
dell'uomo. <<L'uomo dei campi -
era scritto in un opuscolo del parti-
to - è il più semplice perché più di
ogni altro vive a contatto con le leg-
gi semplici e profonde che regolano
la natura e nel medesimo tempo è
quello che conserva il suo carattere
di uomo nel più alto significato del-
la parola».
Venne il giorno in cui anche sulla
gente dei campi si abbatté la violen-
za delle squadre fasciste, che toccò
direttamente i fratelli Scotti quando
un gruppo di fascisti assali la loro
cascina e li costrinse a usare il fucile
da caccia per metterli in fuga. La
parentesi fascista interruppe le atti-
vità del partito dei contadini, ma vi-
de sempre Alessandro Scotti denun-
ciare con coraggio i soprusi e le in-
giustizie del regime. Con l'armisti-
zio dell'8 settembre, Alessandro ri-
trovò il suo ruolo come punto di ri-
ferimento della comunità contadina
e prese parte alla Resistenza con l 'o-
nestà intellettuale di sempre, e che
lo portava a difendere i contadini
dai soprusi dei fascisti e da quelli di
certe formazioni partigiane. In que-
gli anni oscuri, Alessandro trovò il
tempo di dedicarsi a una iniziativa
che testimonia la sua fede: il restau-
ro del santuario della Madonnina di
Costigtiole, per impetrare dalla Ver-
gine la grazia di tenere lontani gli
orrori della guerra e di far tornare
tanti figli dispersi nel mondo.
Nel dopoguerra, con la ricostitu-
zione del partito dei contadini,
Alessandro riottenne la fiducia dei
contadini che lo elessero deputato
in successive legislature. Dai banchi
di Montecitorio, Scotti continuò la
sua battaglia in difesa dei contadini,
sollevando sempre problemi concre-
ti, in sintonia con le reali esigenze
del mondo rurale. Dopo le elezioni
del 1958 il partito andò verso la dis-
soluzione per le molte incompren-
sioni esterne e le divergenze interne.
Scotti si ritirò a vita privata e visse
gli ultimi dieci anni, dal 1964 al
1974, nella sua casa di campagna, in
un atteggiamento di sereno distacco
da avvenimenti che sembravano
sempre più lontani. Lo preoccupa-
vano l'inquietudine ribellistica dei
giovani, lo spopolamento delle
campagne, e, soprattutto, il declino
dei valori religiosi e dell'amore per
la Patria. Attese la fine «con serena
accettazione della volontà di Dio -
ricorda il figlio don Elio - perfino
col desiderio di essere chiamato dal
Padre». Di una cosa tutti oggi sono
certi: chi voglia studiare a fondo il
mondo rurale non può prescindere
dalla vita e dall'esperienza di questo
«profeta contadino».
G.N.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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_ COMUNICAZIONE SOCIALE- -- - - - - - - - - -5'1-
Televisione
1 OTTOBRE 1986 21
ITAMBURI
DEI CATT
I:universo mass-mediale
è spesso un mondo inesp
!.:esperienza delle Edizion
con Telenova e la necessi
d'essere professionalment
posto.
L'etere è impregnato di
messaggi. Un brulichìo invisibile di
parole satura l'atmosfera e assume
contorni identificabili solo sui cri-
stalli dei videoconfidenti. Il loro nu-
mero è in rapido aumento. li biso-
gno di sentirsi avvolti da immagini e
suoni ha conquistato nuovi devoti.
E il loro numero cresce, grazie an-
che alla nuova ondata di proseliti-
smo lanciata dalle emittenti televisi-
ve di Stato e da quelle private. La
concorrenza per lottizzare la fetta
più consistente di audience non ri-
sparmia i colpi più audaci: con esiti
disastrosi per eh.i ha difese fragili.
La tecnologia della convinzione si è
fatta sempre più raffinata e, quindi,
efficace. 11 problema non sfugge al-
l'attenzione delle coscienze sensibi-
li. È la ragione che ha fatto scatena-
re dibattiti e iniziative mai immagi-
nate precedentemente.
Non si sono ancora spenti gli echi
del tam-tam lanciato al MEETING
di Rimini. I mass-media sono stati
passati al setaccio e hanno eviden-
ziato il Joro incredibile potere. Salu-
tando gli organizzatori del Meeting,
il papa stesso ha dichiarato: «La
Chiesa nulla ha da temere dallo svi-
luppo dei mass-media, anzi essa
vuole che i suoi figli vi siano impe-
gnati in prima fila, affinché ciò che

3.2 Page 22

▲back to top
22 · 1 OTTOBREi 1986
è opera dell'uomo sia veramente al
servizio della crescita integrale della
persona». Richiamando il dovere di
presenza dei cattolici nella comuni-
cazione sociale, intesa come una
delle «frontiere primarie del compi-
to missionario» della Chiesa, il pa-
pa affermava: «La rivoluzjone in-
formatica e telematica richiede alla
Chiesa un nuovo impegno di cono-
scenza e di approfondimento di
quel linguaggio e di quelle tecnolo-
gie che stanno cambiando il volto
del lavoro, dell'apprendimento e
del tempo libero, per poter svolgere
un adeguato servizio alla verità».
Uno dei primi impegni, quindi, è di
conoscenza della complessa realtà
chiamata in gioco dai mass-media.
Ma non è tutto; o, forse, oggi è area
di inutile riserva per credersi vivi.
<<Di parole ne possiamo dire tante e
belle - dice nel microfono don
Tommaso Mastrandrea, direttore di
Telenova, la TV delle Edizioni Pao-
line, intervistato per il Bollettino
Salesiano -. A livello teorico delle
analisi della comunicazione sociale
che influenza l'opinione pubblica,
noi cattolici siamo all'avanguardia.
Però non scopriamo il vero punto
del problema: l"'impresa" nella co-
municazione del Vangelo. Ci faccia-
mo dei discorsi addosso nelle scuo-
le, nelle università e nei convegni.
Ma non abbiamo sciolto il nodo».
Il punto cruciale, secondo Mastran-
drea, sarebbe appunto la «presen-
za» effettiva, operativa nella comu-
nicazione. Ribatte: «Non significa
apparire in video, ma sapere cos'è
l'impresa industriale, vivere nella
concorrenza, saper gestire le leggi di
mercato, muoversi con alta profes-
sionalità a confronto con gli altri.
Certo, abbiamo il dovere della for-
mazione cristiana dell'opinione
pubblica. Ma è compito di chi? Non
si fa opinione pubblica quando fac-
ciamo corsi o seminari sulla comu-
nicazione». E ribadisce con vigore.
«Quando i cattolici capiranno que-
sto, capiranno che il discorso serio è
fare comunicazione. Fare buona ra-
dio. Fare buona televisione. Solo se
c'è buona qualità ti fai ascoltare e
sei accettato: questo fa scattare il
meccanismo per offrire una visione
cristiana del mondo e delle cose. Ma
su questo punto siamo carenti». È
la stessa convinzione del dott. Losa,
direttore editoriale di Canale 6, una
delle testate televisive più autorevoli
di Milano e che è a chiara identità
cattolica. «La Chiesa - confessa
nell'intervista - non ha ancora ca-
pito come e quanto peso hanno que-
sti mezzi di comunicazione sulla
gente. Oggi, tra un omelia in chiesa
e 15 minuti in TV, molti preferisco-
no la scelta più tradizionale. l nostri
Pastori sono abituati al contatto di-
retto con la gente, starci insieme,
parlarci. Ci vuole anche quello. Ma
nel 2000 c'è la telematica! Dobbia-
mo usarla! È il mezzo per raggiun-
gere le persone lontane, è il modo di
contrastare certi bombardamenti
discutibili se non chiaramente noci-
vi». Sono battute che stanno a indi-
care nuove e pressanti esigenze della
comunità cristiana e del suo essere
nella storia, oggi, «segno di con-
traddizione>>, «segno di speranza»,
«luce» e «sale» della terra. Ammo-
nisce l'istruzione pastorale «Com-
munio et progressio» scaturita dal-
l'ultimo Concilio: «Non sarà quindi
obbediente al comando di Cristo chi
non sfrutta convenientemente le
possibilità offerte da questi stru-
menti per estendere al maggior nu-
mero di uomini il raggio di diffusio-
ne del Vangelo» (n. 126). E un più
recente documento dei Vescovi ita-
liani proclama: «C'è innanzitutto
da assicurare presenza. L'assentei-
smo, il rifugio nel privato, la delega
in bianco non sono leciti a nessuno,
ma per i cristiani sono peccato di
Sala studio e a fianco sala
registrazione di Telenova a
MIiano
omissione» (La Chiesa italiana e le
prospettive del Paese, 1981 n. 33).
L'interesse di queste poche pagi-
ne è di capire come la Chiesa italia-
na risponde alla sua consapevolezza
di presenza nella comunicazione so-
ciale. Il Bollettino Salesiano è già
intervenuto a presentare il panora-
ma, a volte significativo a volte in-
certo, dell'impegno dei credenti at-
traverso la stampa, il teatro, la rete
di sale cinematografiche, l'emitten-
za radiofonica. TI quadro generale
appare ricco, ma molto arruffato.
Scarsamente incisivo. In progressi-
vo declino per deterioramento di
mezzi, invecchiamento di persone e
di idee. Per risse in famiglia e per
smanie di protagonismo. Ma, so-
prattutto per l'arretratezza dell'ap-
parato «mediale». «Non si può fare
l'hobbistica! » si lascia sfuggire don
Mastrandrea nel corso dell'intervi-
sta. L'impressione è che la Chiesa si
sia fermata alla carta stampata: ha
conosciuto i «tamburi», si è abitua-
ta al loro innocuo tam-tam che ri-
suonava facile in tempi di diffuso
consenso, ma ignora i nuovi mes-
saggi scanditi dai «bit». La presente
riflessione si sofferma a1 <<medium»
attualmente più diffuso, pjù effica-
ce, più penetrante: la televisione.
Sarà lo strumento di comunicazione

3.3 Page 23

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- - - - - - --
- - -~ -
del prossimo futuro. Se oggi l'etere
è impregnato di messaggi televisivi,
tra una manciata di anni creerà
drammatici problemi a chi si trove-
rà a districarvisi. E i cattolici avran-
no un loro pezzo di cielo?... Attual-
mente, se un pezzo c'è, stenta a far-
si riconoscere. L'indefinibilità del-
l'etere è un'anomalìa non solo cat-
tolica; è un male diffuso e si alimen-
ta grazie al susseguirsi di instabili
ministri e al regime di politica no-
strana che ormai nel decennale del-
l'esplosione dell'emittenza «libera»
non ha saputo ancora dare una re-
golamentazione che garantisca la li-
bertà di espressione a chi trasmette
e il rispetto dei diritti di chi è chia-
mato a districarsi tra mille confusi
messaggi.
Per assicurare spazio e coordina-
mento all'emittenza radio-televisiva
cattolica è sorta in Italia una Fede-
razione, sostenuta dalla Conferenza
Episcopale Italiana (CEI). Di volta
in volta assume denominazioni di-
verse: ALIAS (Antenne Libere As-
sociate; la cui carta intestata risale
al 1976 presso Bologna), CORAL-
LO (Consorzio Radio-televisioni
Libere Locali; vede la luce nel 198 l)
e RETE BLU del 1982. Tre sigle per
indicare fantasmi e qualche pagina
ciclostilata all'anno (qualcosa di
meno fumoso è a vantaggio della re-
te radiofonica!). RETE BLU, per la
nostra ricerca, ci interessa maggior-
mente. Si definisce come «consor-
zio nazionale delle emittenti televisi-
ve» e figura come l'unica organiz-
zazione nell'ambito cattolico «in
spirito di missione e con rigorosa fe-
deltà al Magistero», anche se ci tie-
ne a precisare che «la chiara ispira-
zione cristiana del Consorzio non
implica né coinvolge in uno stretto
rapporto di dipendenza diretto e uf-
ficiale la Gerarchia e l'Episcopato».
Nell'elenco di RETE BLU figurano
32 emittenti televisive. L'ufficio
centrale è una soffitta di un vecchio
abitato di Via S. Calimero, 15 a Mi-
lano. Si confonde con un'agenzia
turistica e raramente ha personale
di servizio. In compenso sta nascen-
do il TECNlTER, il TECNICO-
RALLO e un non ancora battezzato
ente che dovrebbe confederare ulte-
riormente Alias, Corallo e Rete Blu.
Così l'Italia cattolica avrebbe esau-
rito il gioco delle sigle! L'amara iro-
nia con cui osserviamo il modesto
panorama della presenza dei cattoli-
ci nella comunicazione televisiva
italiana deve spingerci a considerare
in modo diverso il problema. Con
più onestà, senza illusorie gratifica-
- zioni o tranquillizzanti falsi ottimi-
1 OTTOBRE 1986 23
smi per quel poco che si fa. È reali-
stico riconoscere che, a ruota del-
1'ultimo treno perduto, di fronte al-
l'invadenza crescente della RAI e di
Berlusconi (senza considerare il pal-
lido scodazzo di qualche altro mo-
destissimo network), ai cattolici
non resta che un insignificante bal-
bettio, troppo simile al silenzio.
Forse, resta praticabile lo spazio
«locale». È la convinzione di Ma-
strandrea: « Questo significa che la
realtà da occupare non è di serie B,
ma ha un ambito di territorio più ri-
stretto. Lo spazio per noi cattolici è
quello locale: facendo TV forti lo-
calmente e associandole attraverso
un pool di studi e programmi. Se in
ogni regione ci fosse un'antenna
forte di ispirazione cattolica allora
sarebbe facile consociarsi e rappre-
sentare una realtà unitaria. Così si
può incidere anche a livello di alta
qualità professionale. Fare televi-
sione non è mettere la telecamera in
sacrestia». Fare una televisione se-
ria, che non sia solo «riproduzio-
ne» in video della Messa o della pre-
dica del parroco e che non sia inzep-
pare il palinsesto delle innumerevoli
repliche dei due o tre telefilm e car-
toni animati acquistati, richiede un
budget di vari miliardi al mese.
«Quale imprenditore cattolico - si
chiede Mastrandrea - è disposto a
investire in questo settore?>> O qua-
le realtà ecclesiale è disposta a que-
sti nuovi investimenti? È una do-
manda esigente. Oggi la Chiesa, in
Italia, sostiene i suoi consunti
«tamburi». Alla logica generale
sfuggono poche eccezioni. Tra que-
ste certamente i «Paolini», il cui ca-
risma nella Chiesa è la particolare
presenza nella comunicazione socia-
le. Telenova di Milano è una isolata
voce di novità che cerca di superare
la pressoché esclusiva presenza della
Chiesa italiana nella comunicazione
sociale in quel segmento ridotto che
è la carta stampata. L'impegno mo-
rale dei cattojjci non può più sotto-
valutare l'attuale scenario della co-
municazione. Proprio perché, come
conclude Mastrandrea «Noi abbia-
mo in esclusiva la più grande notizia
da dare al mondo, la notizia che la
gente aspetta: che Gesù Cristo ha
salvato il mondo».
Pierdante Giordano

3.4 Page 24

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_ EDITORIA- - - - - - - - - - - - - - -
24 · 1 01TOBRE 1986
«Note di pastorale giovanile»
n~ostteodria1e
giovanile
compie 20 anni di vita
DA VENT'ANNI
AL SERVIZIO
DELLA
PASTORALE
GIOVANILE
3
«Note cli pastorale gio-
vanile», il mensile del Centro Sale-
siano cli pastorale giovanile ha com-
piuto venti anni di vita. Sono stati
venti anni al servizio di un settore
della pastorale estremamente deli-
cato e in continua evoluzione. «La
rivista - cliceva il primo editoriale
- si presenta come un interrogati-
vo: davanti alla fluidità della storia,
alle continue trasformazioni del
mondo giovanile, e all'urgenza di
dover cambiare, essa vuole aiutare
lo spirito a mantenersi vigilante, e a
prendere coscienza delle linee della
sensibilità del nostro tempo». Si
può dire che sia la rivista che il Cen-
tro cli cui è espressione sono rimasti
fedeli a questa impostazione, come
risulta anche da quanto ci ha detto
Don Antonio Martinelli, Direttore
del Centro di Pastorale Giovanile
che ci ha rilasciato questa breve in-
tervista.
D. «Note di Pastorale Giovani-
le» è espressione del Centro di Pa-
sforale Giovanile. È del Centro
quindi che dobbiamo prima di tutto
parlare...
R. Si, in fondo la rivista vive in
questo Centro, nato dalle linee di
rinnovamento che si riconducono al
Concilio Vaticano II, e ad alcune
riunioni internazionali volute dalla
Congregazione Salesiana di don Bo-
sco per rielaborare la pedagogia che
si ispira al Santo dei giovani. Oggi
la vita e l'attività del «centro» si
esprimono in alcuni particolari im-
pegni: promuovere ricerche e studi
sui problemi attuali della situazione
dei giovani; raccogliere e coordina-
re le migliori esperienze educative
salesiane circa la formazione dei
preadolescenti, degli adolescenti
dei giovani; clivulgare mediante un
proprio servizio editoriale riflessio-
ni, testimonianze, confronti e dibat-
titi in campo educativo; sostenere
ad accompagnare esperienze con i
giovani a livello di chiesa italiana;
studiare forme nuove cli evangeliz-
zazione dei giovani anche in conte-
sti particolarmente difficili.
Lo strumento fondamentale del
«centro» per le diverse iniziative è
appunto la rivista. Strumento pre-
zioso ed indispensabile per un reale
ed efficace clialogo con le realtà lo-
cali, educativo e pastorali. La sua
storia in questi primi vent'anni è la
storia dei numerosi collaboratori
sparsi in tutt'Italia, esperti nelle va-
rie discipline ed educatori specializ-
zati che hanno fatto dei giovani non
solo l'obiettivo dei loro studi, ma il
centro di interessi educativi e di re-
lazioni umane molto interessanti.
Ed è anche la storia di una cbjesa
sempre più rivolta aJ mondo dei gio-
vani per intuirne gli orientamenti e
le attese.
D. Questi venti anni di vita di
<<Note di pastorale giovanile» han-
no accompagnato, e occorre dire da
protagonista, la storia della più re-
cente pastorale giovanile in Italia.
Sono stati anni non facili, ma anche

3.5 Page 25

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- - - - - - - -sB-
stimolanti. Ce ne può fare un bilan-
cio?
R. Questi vent'anni di vita di
«Note di pastorale giovanile» sono
coincisi con una crescente attenzio-
ne della Chiesa italiana ai giovani e
alla pastorale giovanile. Ecco alcu-
ne date significative.
1968: è il momento di cambio
profondo, a livello di cultura totale,
con enorme ripercussione nel rap-
porto giovani/Chiesa. Recipro~a~
mente. Ci si rende conto che s1 e
chiamati a confrontarsi con un
mondo nuovo e diverso rispetto al
mondo degli adulti.
1977: l'incontro dei Vescovi per il
sinodo sulla catechesi dei giovani
aiuta a prendere coscienza che, al di
dei gruppi specializzati, la_ past~-
rale di giovani ha bisogno d1 un ri-
pensamento organico, di un pro-
getto.
1979: vede la luce in ltalfa il Cate-
chismo dei giovani. È senz'altro un
documento di vasta risonanza, an-
che se non sono mancati i contrasti.
Ha tuttavia provocato una pubblici-
stica interessante che ha rimesso in
movimento il problema-giova~. .
1980 o più precisamente gli anru
'80: l'esplosione dei movimenti,
formati com'è noto, per tanta par-
te di ele~enti giovanili, ha messo in
evidenza delicati problemi di ordine
ecclesiologico e pastorale.
1985: convegno di Loreto. Loreto
non è stato un convegno sui giovani
e nemmeno se n'è parlato diretta-
mente. Dallo spirito di Loreto è na-
ta però l'affermazione_ dei vescovi
italiani: «particolare rilevanza ec-
clesiale e sociale riveste la pastorale
giovanile sia come r_iflessi_o~e atten-
ta sul mondo dei g10vam sia come
concreto impegno educativo teso ad
offrire le ragioni dell'esistenza e la
fiducia per il futuro ».
D. Ritorniamo alla rivista e al
Centro e più precisamente ai loro
programmi attuali o a breve sca-
denza.
1 OTTOBRE 1986 · 25
R. Attualmente stiamo lavoran-
do su tre piste. La prima è l'anima-
zione. È un vasto campo che da vari
anni ci impegna, e dopo un attento
esame all'animazione culturale nel-
la sua globalità, stiamo cercando di
vedere le conseguenze pratiche che
derivano nei diversi ambienti educa-
tivi, quali per esempio la scuola, un
centro giovanile, un'associazione
sportiva, ecc.
II secondo: l'oratorio. Il termine
si riferisce a quell'istituzione povera
e semplice di Chiesa creata per rag-
giungere il maggior numero d~ ra-
gazzi e di giovani. Sembra a n01 che
possa svolgere una ~unzione_ oggi
molto preziosa sul p1ano dei rap-
porti tra le persone e gli organismi
ecclesiali e sociali.
Il terzo: la trasmissione della fede
alle giovani generazioni. È il ~ero
l'unico problema che la Chiesa
7e
continuamente chiamata ad affron-
tare e a risolvere. E su questo punto
vorremmo che ci fosse più attenzio-
ne non solo verbale ma concreta,
op~rativa, di studio, di ricerca da
parte di tutte le comunità cristiane.
D. Per celebrare i venti anni di
«Note di pastorale giovanile» avete
promosso a Roma dal 5 al 7 settem-
bre un convegno dal tema: «Giova-
ni lontani e comunità ecclesiale: un
dialogo impossibile?». Don Marti-
nelli: è veramente un dialogo im-
possibile?
R. No è un dialogo possibile.
Possibile' ma ad alcune condizioni
che rigu~rdano per alcuni versi i
giovani e per altri le comunità eccle-
siali. La Chiesa deve far riemergere
la sua irrinunciabile preoccupazione
«educativa». I giovani e la Chiesa
devono essere disponibili ad un im-
pegno di trasformazione rec~proca.
La Chiesa deve concentrarsi verso
la storia quotidiana. I giovani e la
Chiesa devono condividere un co-
mune cammino, per una speranza
contro ogni speranza, per un prota-
gonismo giovanile che superi l'alter-
nativa marginalità o integrismo. l
così detti lontani interpellano la
Chiesa e la sollecitano a verificare la
sua capacità di offrire un evangelo
che sia <<buona notizia» e di soste-
nere in esso una reale esperienza di
fede.
(A cura di Giovanni Ricci)

3.6 Page 26

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___pASTORALE GIOVANIL_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ __
26 · l OTTOBRE 1986
Preadolescenti e fede
!!EDUCAZIONE RELIGIOSA
IN
FAMIGLIA
Il Vangelo di Luca ri-
corda che Gesù a 12 anni si ferma
per tre giorni nel tempio di Gerusa-
lemme per sentire parlare di Dio. È
un episodio bellissimo, che getta
qualche spiraglio sulla nostra legit-
tima curiosità di conoscere almeno
qualcosa sulla vita giovanile di Gesù
e sui rapporti che intercorrevano
nella famiglia di Nazaret. Gesù si
dimostra un normale preadolescen-
te che sente il bisogno di affermare
la propria personalità e di fare nuo-
ve esperienze. Come ogni ragazzo,
Gesù non intende semplicemente di-
sobbedire o dare un dispiacere ai ge-
nitori, ma incomincia a sentire di
avere una personalità propria e cre-
de sia giunto il momento di farlo
conoscere anche agli altri. Maria in-
vece in questa circostanza si com-
porta con Gesù come una madre
cbe si sgomenta e che non si accorge
che suo figlio è già tanto cresciuto
da avere una sua personalità.
L rifiuto della
dipendenza familiare
Parlare dell'educazione alla fede
dei ragazzi in famiglia, fa pensare
immediatamente all'insieme dei
conflitti e delle rotture che caratte-
rizzano il rapporto genitori-figli ne-
gli anni dell'adolescenza. Questo at-

3.7 Page 27

▲back to top
- - - - - - - - - - -~ -
teggiamento di conflitto è abbastan-
za recente, perché fino a qualche
anno fa i ragazzi si inserivano pre•
sto nel mondo del lavoro e non c'e-
ra spazio per l'adolescenza. Oggi in-
vece la condizione di dipendenza dei
figli dai genitori si protrae sempre
più. Non può meravigliare che i ra-
gazzi, diventati precocemente adul-
ti, tanto evoluti per l'estendersi del-
la cultura e per l'influsso dei mass-
media, mal sopportino una situa-
zione di dipendenza e rifiutino so-
prattutto la famiglia, cioè proprio
quella realtà che maggiormente li ha
condizionati nella loro fanciullezza,
1 OTTOBRE 1986 27
e dalla quale tutto sommato più
hanno ricevuto. E il rifiuto si esten-
de facilmente a tutto ciò che frena il
loro bisogno di autonomia e di li-
bertà, a tutto ciò che non viene ben
motivato e di cui non capiscono il
significato. Naturalmente anche la
fede va incontro alla stessa logica.
Dai frutti si conosce
l'albero?
Ci sono dei genitori che non ri-
mangono affatto traumatizzati dal
nuovo atteggiamento dei ragazzi di
fronte alla fede. C'è addirittura chi
pensa che l'abbandono della pratica
religiosa da parte del figlio sia il se-
gno di una nuova personalità cre-
sciuta, il cammino verso l'età adul-
ta. Ma sono anche molto i genitori
che sono sinceramente dispiaciuti e
vanno in crisi. Perché spesso vengo-
no presi da un senso di colpa e si do-
mandano sinceramente dove banno
sbagliato. «Dai frutti si conosce
l'albero », dice il Vangelo. Come
non vedere allora nel rifiuto della
Messa e in generale nella poca di-
sponibilità verso tutto ciò che sa di
vita religiosa, la conseguenza di una
religione non ben assimilata? Come
non riconoscere la propria incapaci-
tà di diventare significativi ai loro
occhi con la propria testimonianza
di vita? Naturalmente anche per
questo rifiuto, come per molti altri
aspetti della contestazione adole-
scenziale, i genitori possono non
avere alcuna responsabilità diretta.
Tanto più che a volte il rifiuto è più
netto proprio nelle famiglie in cui la
pratica religiosa è più genuina e vis-
suta in modo attivo. I genitori dun-
que sono semplicemente coinvolti
anche in questo caso nel generale al-
lontanamento da tutto ·ciò che i ra-
gazzi hanno ricevuto negli anni del-
la loro fanciullezza.
Una crisi drammatica
L'abbandono della pratica reli-
giosa da parte dei ragazzi è un qual-

3.8 Page 28

▲back to top
,28 • 1 OTTOBRE 1986
Genitori che amino i loro figli e sia-
no disposti a far consistere questo
amore in una più sentita riappro-
priazione del ruolo di genitore. Ge-
nitori che non abbiano necessaria-
mente la risposta pronta a tutto, e
nemmeno che si sforzino di appari-
re agli occhi dei loro figli come in-
censurabili, ma che siano sempre
pronti al dialogo e al confronto, di-
sposti ad aiutare i loro figli a riflet-
tere e a farsi delle convinzioni.
chi sarà questo
ragazzo?
Foto Archivio SEI
cosa di serio, perché porta a scelte
che sanno di definitivo. E la respon-
sabilità ricade in gran parte sui cri-
stiani adulti, sulla comunità cristia-
na. I ragazzi infatti non si trovano
di fronte alla fede e a Dio in posi-
zione di rifiuto di principio. Essi
non hanno crisi filosofiche o tenta-
zioni di ateismo. Non hanno diffi-
coltà a vedere Dio nella loro vita, a
sentirselo accanto e magari alleato
nel momento della loro crescita, o
quando intendono affermare la loro
personalità di fronte agli altri. Se
vanno in crisi è perché Dio è «tabù»
per la nostra società e anche in fa-
miglia si parla pochissimo di lui.
Nessuno poi è capace di parlare con
loro di Dio e della fede in modo in-
teressante e adeguato. Se non
avranno dei genitori preparati, o
non incontreranno un prete amico e
una comunità viva, che offrano
l'occasione di rinnovare la loro vita
di fede, incontrando un Dio simpa-
tico, ben presto i ragazzi entreranno
nel grande gruppo dei cristiani ano-
nimi di cui è piena la Chesa.
L compito della
famiglia
Nella famiglia, la crisi religiosa
trova una linea di superamento
creando un nuovo rapporto di af-
fetto e di dialogo, di rispetto reci-
proco, che favorisca uno scambio
che arricchirà i ragazzi e li aiuterà a
maturare. L'interno di una famiglia
oggi è spesso una società in miniatu-
ra, nella quale ogni componente
porta un contributo culturale e una
sensibilità diversa dall'altro. Non è
il caso, nemmeno con i ragazzi, di
nascondersi o fingere un accordo
che oggi non è più possibile. Biso-
gna semplicemente che i ragazzi si
accorgano che gli altri hanno delle
convinzioni che li guidano nelle loro
scelte di vita e che il più grande de-
litto contro l'amore e contro lavo-
lontà di maturare è rifiutare il con-
fronto o emarginare chi non la pen-
sa come loro. Il nodo del problema
è che mai come in questi anni i ra-
gazzi hanno bisogno di genitori
adulti e attivamente responsabili.
Se un ragazzo batte i piedi e dice
di non voler più andare a Messa, è
chiaro che non si aspetta come ri-
sposta: «E allora fai come vuoi,
non andarci più», e .nemmeno:
«Guai se non ci vai! Ti ordino di
andarci!)}. Ciò che il ragazzo sem-
plicemente si aspetta è che gli si dia
una mano a riconsiderare il proble-
ma. Ma per questo compito non
sempre i genitori sono sufficiente-
mente preparati o sensibili. In fon-
do i genitori dovrebbero chiedersi
come servire meglio i loro ragazzi in
questi anni difficili. E aiutarli a
mettersi di fronte a Dio con dispo-
nibilità, senza forzature, senza pre-
tendere obbedienze, contenti che i
ragazzi maturino nella libertà e nel
rispetto le loro convinzioni reli-
giose.
Nell'età della scuola media i ra-
gazzi cambiano: pensano già con la
loro testa, chiedono una certa auto-
nomia. Disobbediscono e battono i
piedi, ma alla fine da loro si può
sempre ottenere ciò che si vuole. È
importante saper diventare per i
propri figli , anche nel campo della
fede, una mano forte e amica che
sostiene, senza per questo pretende-
re di piegarli al nostro volere. Dan-
do tempo al tempo. Permettendo al
loro stato di crisi di decantare. Nei
preadolescenti di oggi vivono già
l'uomo e la donna di domani. Chi
sarà quel ragazzino apparentemente
mite e infantile, che ogni tanto dice
delle cose che ci lasciano di stucco?
Quali sono i progetti di Dio di lui?
Sono questi ragazzi che vogliamo
servire.
Umberto De Vanna

3.9 Page 29

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s/1- _ COMUNICAZIONE SOCIALE_ _ _ _ _ __ _____
Teatro
1 OTTOBRE 1986 29
UN SOFFIO
D'ANIMA
PER LA CULTURA
TEATRALE
Fra le mille e più iniziative
culturali che inzeppano testate
degli italiani emergono sempre più
le manifestazioni dell'Istituto del
Dramma popolare di S. Miniato.
A quarant'anni dalla sua
fondazione ne parliamo con il
direttore artistico don Marco
Bongiovanni.
Foto Sprìnt S. Miniato
L'Istituto del Dramma
Popolare di San Miniato «al Tede-
sco», una cittadina posta sulla riva
sinistra dell'Amo a mezzo tra Pisa e
Firenze, nasce poco dopo la secon-
da grande guerra per opera di un
piccolo gruppo di cittadini che in-
tendeva «riportare il teatro alle sue
origini cristiane». Quattro sanmi-
niatesi, un sacerdote, don Nello Mi-
cheletti, un avvocato, Giuseppe
Gazzini, uno scenografo, Dilvo
Lotti e un attore, Gianni Lotti, die-
dero il via nell'estate del 1947 a
quella Festa del Teatro che, perdu-
rando tuttora, compie, oggi, 40 an-
ni: «La Maschera e la Grazia» di
Henry Ghéon, affidata alla regia di
Alessandro Brissoni inaugurò l'atti-
vità teatrale dell'Istituto del Dram-
ma Popolare. Da allora si sono suc-
ceduti molti nomi tra gli autori dei
testi: Bernanos, Cesbron, Green,
Pomilio, Eliot, Copeau fino a Karol
Wojtyla col suo «Giobbe». Col
tempo si sono dati il cambio anche
presidenti, direttori artistìd, consu-
lenti, attori, registi e cosi via discor-
rendo: eppure si può dire che, forse
unica istituzione culturale in Italia,
San Miniato si sia mantenuta fedele
alla sua identità originaria in tutto
l'arco della sua lunga esistenza. In

3.10 Page 30

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30 · I OTTOBRE 1986
occasione del suo 40° anniversario,
dopo la realizzazione del dramma di
Thomas Mann, «Fiorenza», abbia-
mo intervistato il direttore artistico
di San Miniato, don Marco Bon-
gioanni. Giornalista e critico teatra-
le di consumata esperienza don
Bongioanni vive alla casa generali-
zia salesiana in qualità cli «direttore
editoriale SDB» e come collabora-
tore di tutto il settore comunicazio-
ne sociale. L'attività che conduce a
San Miniato, risulta dunque rubata
qua e al suo lavoro ordinario. Gli
abbiamo subito chiesto quale sia l'i-
dentità di San Miniato, ossia dell'I-
stituto del Dramma Popolare (IDP)
che ne anima la manifestazione tea-
trale. È quella - ci ha detto - di
una testimonianza spiritualista nel
campo della cultura, oggi notevol-
mente insidiata da interessi spuri a
tutti ben noti...
Spiritualista non vuole subito dire
religiosa o addirittura «sacra» ben-
ché il religioso e sacro non sia a
priori escluso. San Miniato è invece
affascinato da una verità incarnata
e compromessa nell'uomo e nella
storia, palpitante nel cuore della
persona e della società, a qualsiasi
cultura e civiltà appartengano. San
Miniato non chiede professioni di
fede né verifica etichette: ma vuole
sincerità e autenticità di espressione
e comunicazione. Il discorso sareb-
be lungo e anche delicato a volerlo
approfondire. Ad autori e Legisti
che talora insistono sui santi e sul
sacro io soglio ripetere: non offrite-
ci tonache e monache, offriteci
l'uomo genuino, laico quanto si
vuole ma credibile nella sua tempo-
ralità e clisponibile (almeno natural-
mente) a quel «di più» che Cristo è
venuto ad offrirgli. Dateci que-
st'uomo magari con risvolti cli hu-
mor e allegria (chi ha detto che il
santo debba essere triste? Don Bo-
sco l'ha proposto allegro!) e avrete
le nostre attenzioni.
Cosa vuol dire invece per te San
Miniato? Come hai vissuto e come
vivi questa esperienza da salesiano?
Per me San Miniato è un modo di
essere prete. Un prete che s'incarna,
nel senso di cui ho detto prima. Un
prete può avere per la sua pastorale
aree territoriali o non: aree giovani-
li, aree emarginate, aree carcerarie,
aree a rischio, aree burocratiche,
aree aziendali. .. e anche aree cultu-
rali: c'è il prete che fa il docente
universitario e c'è il prete che fa l'o-
peratore mass-mecliale; c'è quello
che fa il musico e quello che fa l'ar-
tista, il giornalista, e via dicendo. Il
problema non sta tanto nel mestiere
quanto nell'essere prete e nel sentir-
si prete, ovviamente senza pesare
«dal di sopra» ma facendosi com-
pagno di strada... Sì, c'è un po' dj
DonBoscoin tutto questo, uno stile
pastorale che Don Bosco ha « conte-
stato» ai verticalisrni clericali che
imperversavano nell'Ottocento...
Poi va tenuto conto che oggi il tea-
tro è molto sentito dai giovani. I
due terzi delle platee sono riempite
dai giovani. Ci sono giovani anche
sui palcoscenici, e di più ve ne sa-
rebbero se imprenditori e compa-
gnie consentissero maggiore accesso
alle nuove leve anziché arroccarsi
sui vecchi «mostri sacri» di sconta-
to successo, che alzano i costi e insi-
diano l'avvenire del teatro. Il teatro
è giovane. c'è il mio riconoscermi
anche come salesiano. Senza conta-
re quanta sensibi]jtà ebbero il fon-
datore dei salesiani e tutta la tradi-
zione domboschiana per il teatro...
Sì, d'accordo, il «teatrino» dei vec-
chi tempi era un'altra cosa, non vo-
leva essere «professionalità» e cele-
brava il clivertire-istruire-educare,
che però si trova alle radici della
stessa classicità teatrale. Ma lo
IDon Marco Bongioanni al centro
tra I titolari dell'OSI
G. Paternieri e I. Zammarano,
durante una pausa delle prove di
•Fiorenza» a Roma
(Foto Sprint S. Miniato)
spontaneismo di quel teatro orato-
riano ha avuto oggi un suo ricono-
scimento nelle espressioni dramrna-
tUigiche giovanili, recepite anche
dal professionismo, e nelle «speri-
mentazioni» tentate persino da
sommi maestri. ..
Chi collabora con te a San Mi-
niato?
L'intera comunità samminiatese,
di cui - almeno nei «momenti ope-
rativi» - sento di far parte. C'è un
Presidente dell'IDP, il comm. Sil-
vano Vallini, molto attento alle sor-
ti e ai bilanci dell'istituzione; ci so-
no enti di credito come la «Cassa di
Risparmio di San Miniato» e altri
che cooperano in modo determi-
nante; c'è uno staff di cooperatori e
animatori molto solerti che lungo
l'anno e soprattutto in occasione
della manifestazione «concretizza-
no» nell'organizzazione tecnica e
logistica le proposte culturali... Né
vanno dimenticate una solidarietà
<<ecclesiale>> e una solidarietà «civi-
ca» sensibilmente clisponibili...
Soprattutto ci sono i giovani.
Giovani studenti, giovani professio-
nisti, giovani lavoratori, che vengo-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

▲back to top
-----------5'1-
no «stagionalmente» a prestare la
loro opera. Ma io non sono effi-
cientista né utilitarista, e non misu-
ro il peso della presenza giovanile
solo dal quantitativo dell'apporto
che ognuno viene a offrire in con-
creto. La presenza dei giovani è
sempre determinante e significativa
per se stessa. La loro attenzione al
teatro e alla festa del dramma è un
fatto positivo da non emarginare.
Chi emarginasse quest'attenzione
(fosse anche «platonica» come non
è mai), emarginerebbe una scuola,
emarginerebbe un interesse cultura-
le, emarginerebbe l'avvenire stesso
dell'impresa samminiatese, che non
nasce e non vive solo sugli «sgobbo-
ni» ma matura anche nei «cervelli»
e nei «cuori». Perciò la presenza di
tutti i gio,aùi samminiatesi (e din-
torni) che credono e amano e osser-
vano e auingono, comunque lo fac-
ciano, è preziosa, va difesa, va pro-
mossa. A rischio di «suicidio» in
tempi più o meno brevi!
In concreto come si realizza la vo-
stra testimonianza teatrale, come si
fa e come si esprime San Miniato in
occasione di ogni suafesta annuale?
Che prospettive hai per il 1987?
Non bo ancora un'idea precisa
per la prossima Festa, sebbene at-
tragga la mia attenzione un quintet-
to di grandi autori la cui presenza in
Italia manca o da decenni o in asso-
luto. San Miniato si propone da
sempre una «novità assoluta» alme-
no per l'Italia, se non per il mondo.
In questo senso fa da talent-scout, è
scoperta vera e propria di un teatro
che significhi attesa di valori e che
nelle inquietudini umane di qualsia-
si cultura e civiltà del nostro tempo
individui il bisogno di Vangelo sul
cui filo cammina tutta la Storia.
Parole grosse? Per niente. Sono
un condensato di programma e di
metodo, parametro di giudizio e di
Lorenzo de' Medici (Arnoldo Foà)
muore assistito da Fra Gerolamo
Savonarola (Virginio Gazzolo).
Dopo S. Miniato Il dramma di
Thomas Mann è stato richiesto
dal circuito stagionale 1986-87
(Foto Sprint S. Miniato)
1 OTTOBRE 1986 · 31
scelta sui testi che giungono a San
Miniato da ogni parte d'Italia e del
mondo. Perciò diventa difficile per
i candidati far breccia a San Minia-
to. Faccio l'esempio di Fiorenza,
dramma non recentissimo di Tho-
mas Mann. È stato soppesato per
più di tre anni, da me e da esperti
collaboratori (studiosi, scrittori,
teatranti). Poi ha fatto in sede di
Consiglio samminiatese un ingresso
travagliatissimo, subendo anche du-
re contestazioni. Di una verifica
di idoneità che è stata tra le più ri-
gorose. Quando l'ha spuntata ba
avuto un successo che a San Minia-
to era inatteso e che è stato tra i più
totali in quarant'anni.
Ebbene, che cos'ha significato
Fiorenza? Intanto dell'ottimo tea-
tro, che ha sorpreso anche studiosi e
critici che in Thomas Mann «tea-
trante» non avevano mai creduto. E
poi - tralasciando svariate ragioni
culturali che non sto qui a elencare
- ha significato una riflessione sul-
lo scontro-incontro tra umanesimo
«laico» (Lorenzo de' Medici) e
umanesimo «cristiano» (Girolamo
Savonarola). Sembra un'antitesi.

4.2 Page 32

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32 T OTTOBRE 1986
Invece cliventa una sintesi, incontro
cli componenti che viene a permeare
La storia a tutto vantaggio dell'uo-
mo. Questo mi ha fatto ripensare al
Concilio. Una verità conciliare è
stata riproposta all'intera cultura
italiana, al popolo, ai giovani, a
giornalisti e critici. Ecco in concreto
cos'è San Miniato.
Potrei fare un altro esempio con
li Processo di Shamgorod dj Elie
Wiesel, dramma ebraico d'autore di
stretta osservar;za ebraica, dove si
celebra l'olocausto di ebrei che pur
potendosi salvare sotto la croce,
preferiscono il martirio piuttosto di
tradire la loro fede. Il New York Ti-
mes ha dedicato mezza pagina a ri-
levare l'importanza «ecumenica>> cli
questa rappresentazione samminia-
tese. In altro senso, il dramma
«Giobbe» cli Karl Wojtyla, rappre-
sentato ne11'85, è entrato nel vivo
del problema del dolore cui è sotto-
posto, soprattutto oggi, anche l'in-
nocente. L'autore e il regista hanno
stagliato il problema nell'innocenza
cli Cristo che si immola (e immola
l'innocente con sé) per rerumere e
ricostitwre l'umanità, quasi un
«parto»: dove il mistero non viene
spiegato ma cliventa «credibile»...
E via con simili esempi.
importa però molto che queste
«testimonianze» siano e restino ve-
rità teatrali dove non prevarica af-
fatto la verità dottrinale morale di-
dascalica che, se mai, deve rimanere
«impastata» nell'autentica dram-
maturgia e farsi vero teatro...
Cosa fanno oggi i salesiani per il
teatro? Cosa pensò e fece Don Bo-
sco, e cosa farebbe oggi?
Si potrebbe dire che si fa molto,
come vuole la nostra tradizione. Ma
se si tiene conto delle esigenze odier-
ne, cli osmosi tra ricerca sperimen-
tale (o «espressione drammaturgi-
ca») e professionalità vera e pro-
pria, che è spessore culturale, che è
chiave di comprensione e creatività
rispetto ai vari meclia, allora devo
clire che non ci siamo ancora... Sia-
mo appena alle «premesse»...
Don Bosco fece quanto di meglio
si poteva fare ai suoi tempi. Allora
il teatro rimaneva se stesso, non
aveva sbocchi negli altri media a cui
oggi fa da supporto non solo come
I
ti personaggio di Fiorenza è
stato impersonato da Sabrina
Capucci
(Foto Sprint S. Miniato)
teatro, ma come scuola di creatività
e di linguaggio... Don Bosco se ne
servì tuttavia per la gioia del quoti-
diano e per la crescita culturale e
spirituale dei giovani. li teatro per
lui era divertimento-istruzione-edu-
cazione. Aveva finalità autentiche.
Ma Don Bosco non volle mai «sci-
miottare» i teatranti cli professione,
aveva il senso del limite...
Oggi si sono affacciate esigenze
diverse. Il panorama del teatro è
mutato. I giovani che lo coltivano a
livello «educativo» sono i medesimi
che devono leggere il cinema, la te-
levisione, ogni altro sbocco nei me-
dia fino a una musica diventata sor-
prendentemente mimica e spettaco-
lare... Il teatro acquista cosi una
funzione chiave per l'oltre-da-sé: è
cultura in se stesso ed è mezzo cul-
turale per altro. Allora non basta
più l'amatorismo e la filodrammati-
ca, ma occorrono autenticità e pro-
fessionalità, tanto per essere cultori
come per essere critici, come per es-
sere educatori.
Cosa farebbe Don Bosco?... È
inutile chiederselo. Don Bosco visse
nel suo tempo, non nel nostro. Ma
dietro cli lasciò una ereclità di
principi inequivocabili. Dobbiamo
chiederci non già cosa farebbe lui,
ma cosa resta da fare a noi in base
ai suoi esempi e suggerimenti.
Cosa si può fare oggi in Italia per
la cultura teatrale giovanile?
Non ghettizzarla. Non chiuderla
né dentro confini «giovanilistici»,
perché essa non si limita al gioco o
alla espressione giovanile ma va
orientata alla formazione dell'uo-
mo, della persona compiuta (il cit-
tadino e il cristiano autentici) e delle
sue compiute rumensioni culturali;
né dentro confini «teatrali>), perché
lo stesso teatro - pur costituendo
valore e messaggio culturale auto-
nomo - fa parte di un sistema sola-
re in cui i vari media, teatro incluso,
si arricchiscono e si disvelano colle-
gandosi e integrandosi l'un l'altro
per linguaggi e contenuti «inter-
scambiabili»; e nemmeno dentro
confini «strumentali» come potreb-
be essere il ristretto ambito finaliz-
zato all'educazione, alla scuola, alla
religione, all'ideologia, alla morale,
alla politica... e via discorrendo. U
teatro, come tutta la cultura, va li-
berato da «pastoie» cli qualsiasi ti-
po, per essere promosso nella sua
pura autenticità. Allora sarà anche
ciò che desideriamo, specie per i
giovani, per la loro capacità di ar-
ricchirsene, per i loro approcci con i
media, per i vari messaggi di cui
può essere veicolo. A questo propo-
sito bisognerebbe rinfrescare i prin-
cìpi - stupendi e fondamentali -
suggeriti dal Vaticano II nella costi-
tuzione Gaudium et Spes, capitoli
sulla cultura. Questo si può fare,
oggi, per la cultura teatrale giovani-
le vista come valore in sé e come ap-
proccio ad altri settori culturali e al-
la cultura tout court.
C'è un futuro per il teatro?
Fin che esiste l'uomo, sì. Le «cri-
si» ricorrenti sono solo fenomeni cli
respiro. Il teatro nasce dalla vita, è
giocare alla vita, è rivivere lavita se-
condo «modelli» 0abili ma stimo-
lanti) confonni ai desideri... Perciò
il teatro si trova anche nella creati-
vità dei «primitivi» e dei bambini.
Il teatro non è cancellabile dalla sto-
ria dell'uomo. Ha un futuro perché
ha un passato.
Sergio Centofanti

4.3 Page 33

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_VITA SALESIANA--------------~-
1 OTTOBRE 1986 · 33
Don Michele Rua
SANTI IN
LISTA D'ATTESA
A che punto sono le «Cause»
dei candidati salesiani alla
santità «ufficiale»?
Risponde il postulatore
don Luigi Fiora.
Laura Vicuiia
«Oggi abbiamo gran-
dissimo bisogno di Santi». Questo
incisivo appello è stato rivolto ai
cattolici dai Vescovi raccolti nel Si-
nodo Straordinario del 1983 nella
Relazione finale. «I Santi e le Sante
- afferma ancora l'autorevole do-
cumento - sono sempre stati fonte
e origine di rinnovamento nelle più
difficili circostanze in tutta la storia
della Chiesa».
Facendo eco a questo pressante
invito, il nostro Rettor Maggiore ha
rivolto ai Salesiani, e attraverso lo-
ro a tutta la famiglia Salesiana, una
importante lettera-circolare in cui la
santità è indicata come esigenza pri-
ma e fondamentale in vista del Cen-
tenario della morte di San Giovanni
Bosco.
Don Bosco è per noi una testimo-
nianza viva di santità, ma il nostro
Superiore mette in evidenza che egli
è stato anche i1 geniale creatore di
«una autentica Scuola di santità».
La generazione dei Salesiani che se-
gui la sua morte, guidata dai primi
suoi discepoli, vide una vera fioritu-
ra di Santi, vissuti spesso nelle iden-
tiche Comunità ed emulandosi nel-
!'esercizio delle virtù eroiche. Nel-
l'ambito di poche Case salesiane
(Valdocco, S. Benigno, Foglizzo e
Valsalice) si formarono, col Beato
Michele Rua, il Beato Luigi Versi-
glia, i Venerabili Andrea Beltrami e
Augusto Czartorysld, i Servi di Dio
Don Filippo Rinaldi, Don Luigi Va-
riara, Mons. Vincenzo Cimatti, il
Beato Luigi Orione. Anche le figlie
di Maria Ausiliatrice, dopo S. Ma-

4.4 Page 34

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34 · I OTTOBRE 1985
ria D. Mazzarello, ebbero la loro
espressione di santità nella Venera-
bile Suor Teresa Valsè-Pantellinj e
nelJa Serva di Dio Suor Maddalena
Caterina Morano.
Rileva ancora il Rettor Maggiore
che, da questa presenza animatrice
dei nostri Santi, è scaturita nella
Congregazione quella passione apo-
stolica, quella forza di espansione e
quella audacia missionaria che, do-
po Don Bosco, ha continuato a so-
stenere il movimento salesiano nella
vita della Chiesa. Caratteristico il
frutto di questa santità nelle figure
del Venerabile Zefferino Namuncu-
rà e della Venerabile Laura Vicufi.a,
vissuta ai confini del mondo civile e
premio all'impegno apostolico dei
missionari della Patagonia. Anche
il Beato Callisto Caravario, giovane
sacerdote martire in Cina, fu allievo
di Mons. Cimatti e da lw avviato al-
la vita religiosa.
Dopo questa premessa offriamo
qui ai lettori della famiglia Salesia-
na in uno schematico prospetto le
posizioni delle Cause dei nostri Ser-
vi di Dio. Rispondendo subito ad
una domanda che spesso ci viene ri-
volta possiamo dichiarare che tutte
le nostre Cause sono vive, cioè sono
oggetto diretto di studio e di esame
presso la Congregazione dei Santi,
ma esse raggiungono piuttosto len-
tamente i vari traguardi del loro
curriculum verso la Beatificazione
per il gran numero di Cause (oltre
1000) che sono promosse presso la
Congregazione stessa: anche i Santi
sono in lista di attesa!
Venerabile Laura Vicuiia. Il risul-
tato più importante che abbiamo
raggiunto quest'anno è quello della
Venerabilità di Laura Vicufia. La
Causa fu largamente studiata dopo
il 1950: poi ebbe una sospensione,
come tutte le altre Cause di adole-
scenti, fino al 1983, quando venne
riconosciuta, in risposta a talune
obiezioni, anche ai giovani la capa-
cità di esercitare le virtù in grado
eroico. Preparata la cosiddetta
«Positio super virtutibus» (cioè la
raccolta critica del materiale docu-
mentario per dimostrare le virtù
eroiche della Serva di Dio) la Causa
fu giudicata favorevolmente prima
dal «Congresso Peculiare» dei Con-
sultori Teologi, poi dai Cardinali
nella Congregazione Ordinaria; fi-
nalmente il S. Padre Giovanni Pao-
lo Il il 5 giugno p.p. emanò il De-
creto con cui riconosceva le virtù
eroiche della Serva di Dio e quindi il
titolo di «Venerabile».
Aggiungiamo che a Santiago del
Cile è già stato fatto nei mesi scorsi
il Processo su un presunto miracolo
attribuito alla intercessione della
Venerabile. Qualora, dopo il severo
studio che dovrà essere compiuto
presso la Congregazione dei Santi,
il miracolo fosse riconosciuto vera-
mente come tale, si aprirebbe il
cammino verso la Beatificazione. È
chiaro però che, in questo momen-
to, è prematura ogni previsione di
giudizio positivo sul miracolo e
quindi ogni data per il possibile pro-
gresso della Causa. Il nostro compi-
to è di pregare.
J nostri Beati
Per il Beato Michele Rua la Ca-
nonizzazione, e perciò il riconosci-
mento del titolo di Santo dipende
solo più dal fatto di poter presenta-
re un miracolo ali'esame della Santa
Sede. Ci furono anni in cui era abi-
tuale presso tanti devoti il ricorso
alla intercessione di Don Rua: ora il
ricorso è piuttosto affievolito. Di-
pende dalla nostra fede far ottenere
al successore di Don Bosco il titolo
che veramente gli compete.
J nostri Venerabili
Oltre Laura Vicuòa, la Famiglia
Salesiana si onora di àltri cinque
Venerabili: Andrea Beltrami, Zeffe-
rino Namuncurà, Augusto Czarto-
ryski, Teresa Valsè-Pantellini, Don-
na Dorotea Chopitea. Come per il
Beato Don Rua si attende, per la lo-
ro Beatificazione, solo più un mira-
colo. La Chiesa, con l'autorità del
Sommo Pontefice, ha riconosciuto
l'esercizio delle virtù eroiche, ma at-
tende «un segno» dal cielo - il mi-
racolo - per la Beatificazione.
Servo di Dio Don Filippo Rinal-
di. La sua Causa è ad un momento
Don Luigi Variara
decisivo. Nel mese di ottobre si ter-
rà il «Congresso Peculiare» dei
Consultori Teologici e abbiamo ra-
gione di credere che esso avrà esito
positivo. Ora si aspetta la Congre-
gazione Ordinaria dei Cardinali e,
dopo di essa, se avrà avuto voto fa-
vorevole, la dichiarazione di Vene-
rabilità da parte del Papa.
Qualora ciò si realizzasse - come
da tanti si auspica - si dovrebbe
procedere alla fase dell'esame di un
presunto miracolo, per cw abbiamo
già raccolto le testimonianze nei
Processi celebrati presso la Curia
Vescovile di Mondovi. Qualora poi
il miracolo fosse riconosciuto vali-

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -# -
Mons. Vincenzo Cimatti
I OTTOBRE 1986 · 35
Artemide Zatti
Don FIiippo Rinaldi
do ai fini della Causa sarebbe aper-
to, anche per Don Rinaldi, come
per Laura Vicuiìa il cammino verso
la Beatificazione. È evidente anche
per questo caso che ognuno dei tra-
guardi sopra descritti è condiziona-
to dal buon esito dagli esami da su-
perare e non è assolutamente possi-
bile formulare previsioni di risultati
e date. La nostra attesa ci stimoli al-
la preghiera.
Serva di Dio Maddalena Caterina
Morano. È stata preparata da vari
anni la «Positio super virtutibus»,
che dovrebbe svolgere ora lo stesso
iter della Causa di Don RinaJdi, ma
Donna Dorotea Chopitea
nessuna data è ancora stata fissata
dalla Congregazione dei Santi.
Servo di Dio Luigi Variara. La
Causa ha avuto un giudizio positivo
da parte del Relatore, cioè da un
esperto che, secondo la nuova pras-
si della Congregazione dei Santi, è
incaricato di seguire la Causa e di
dare gli opportuni suggerimenti per
preparare Ja <<Positio super virtuti-
bus». Si sta lavorando alla prepara-
zione di questa «Positio» che dovrà
poi essere sottoposta aJ giudizio dei
Consultori Teologici e dei Cardi-
nali.
La preparazione è a buon punto.
Servo di Dio Rodolfo Komorek.
Come per Don Variara, ha avuto un
giudizio favorevole dal Relatore e si
sta preparando la «Positio super
virtutibus». La causa è allo stesso
punto del Variara.
Servo di Dio Simone Srogi. U
Promotore della fede prima e poi il
Relatore hanno formulato un giudi-
zio positivo sulla Causa e sono state
date alcune indicazioni per la prepa-
razione della «Positio». Questa è
già stata preparata e attende gli ulti-
mi ritocchi per essere data alla
stampa e essere sottoposta poi al
giudizio dei Consultori Teologi e

4.6 Page 36

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36 · 7 OTTOBRE 1986
dalla rivoluzione del 1936: i martiri
sono 95. A suo tempo sono già stati
fatti i Processi diocesani cioè sj so-
no raccolte nelle singole diocesj le
testimonianze sul martirio. Per vari
anni tutte le Cause spagnole di mar-
tirio furono sospese per ragioni di
carattere generale: da due anni se ne
è ripreso lo studio. Dato il numero
dei martiri e la complessità della
Causa, essa è stata affidata al sac.
Emanuele Lope.z, della lspettoria di
Siviglia, che vi sta Lavorando attiva-
mente. Non si è ancora in grado in
questo momento di dire quali saran-
no le tappe e i tempi attraverso cui
La Causa dovrà procedere.
I Don Luigi Fiora parla con
don Casetta Incaricato di seguire
Il processo di Artemide Zattl
dei Cardinali. È Causa di interesse
ecumenico perché si tratta di un
confratello arabo, di rito melkita,
apostolo tra i musulmani, del paese
di Gesù.
Servo di Dio Mons. Luigi M. Oli-
vares. La sua Causa su cui è già sta-
to fatto un ricco studio per quella
che un tempo si chiamava la «Intro-
duzione della Causa» è in esame
presso il Relatore. È leggermente in
ritardo rispetto alle precedenti uni-
camente per ragioni di turno, non
per difficoltà inerenti alle virtù.
Servo di Dio Mons. Vincenzo Ci-
matti. È la prima nostra Causa tutta
impostata secondo la riforma pro-
mossa dalla Congregazione dei San-
ti nel 1983. Tale riforma esige, tra
l'altro, una più severa impostazione
storico-critica di tutto lo studio pre-
paratorio. Il Relatore ba espresso
un giudizio iniziale favorevole sulla
Causa e su quanto si è fatto per la
preparazione della «Positio super
virtutibus». Questa è ormai tenni-
nata e sotto stampa, articolata in 4
parti: 1) Ricostruzione biografica;
2) Sintesi delle \\-irtù; 3) Documen-
ti; 4) Sommario del Processo di To-
kyo e di Torino. Si comporrà di due
volumi, di circa complessive 1700
pagine. Con la «Positio» la Causa
incomincerà il suo iter per l'esame
dei Consultori Teologi e dei Cardi-
nali. L'attesa non sarà breve, sia
per le altre Cause che precedono la
nostra sia perché il Servo di Dio è
morto appena poco più di 20 anni
fa.
Servo di Dio Artemide Zatti. È
nella identica posizione di Mons.
Cimatti. Il Relatore ha dato un giu-
dizio favorevole sulla Causa e sulla
«Positio super virtutibus» che è già
stata preparata e pronta per la
stampa. Le tappe future ~ono quelle
già segnalate per le altre Cause.
Serva di Dio Alessandrina De Co-
sta. Rientra nello schema delle Cau-
se precedenti 1983. U Promotore
Generale della fede diede un giudi-
zio lusinghiero sullo studio prepara-
to per la «Introduzione della Cau-
sa». Ora per preparare la «Positio
super virtutibusi> è stata assegnata
ad un Relatore che non ne ha anco-
ra incominciato l'esame.
Martiri Spagnoli. La nostra Con-
gregazione è tra quelle più colpite
Serva di Dio Eusebia Palomino.
Si è svolto il Processo diocesano a
Huelva (Spagna) e si è raccolta una
ricca documentazione. Il Relatore
ha fatto il primo esame della Causa
e ba espresso giudizio favorevole.
Ora Suor Domenica Prassiano e
Suor Giuliana Accornero sono im-
pegnate a preparare la «Positio su-
per virtutibus». La Causa è al suo
inizio a Roma, ma la devozione ver-
so la Serva di Dio è in larga diffu-
sione.
Serva di Dio Suor Maria Trancat-
ti missionaria. La Causa è al mo-
mento della prima impostazione: è
appena incominciato il Processo in
Equatore per raccogliere Le testimo-
nianze e la documentazione.
Serva di Dio Laura Meozzi, ispet-
trice in Polonia. È appena iniziato il
Processo diocesano in Polonia nella
diocesi di Katowice.
Don Giuseppe Quadrio, profes-
sore all •Ateneo Salesiano. La Causa
vera e propria non ba ancora avuto
inizio con un atto ufficiale, ma si
sta raccogliendo e ordinando con
alacrità da Don Eugenio Valentini il
materiale documentario per il Pro-
cesso che dovrà svolgersi a Torino.
Si sono sollecitate relazioni giurate
da parte di coloro che l'hanno co-
nosciuto: si rinnova ora l'invito e si
prega di inviare le relazioni alla Po-
stulazione Generale di Roma.
Luigi Fiora
Postulatore per
le Cause dei Santi

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 OTTOBRE 1986 37
..
.I
;~-
:
'
I
MARIA AUSILIATRICE
E PAPA GIOVANNI
e irca 2 anni fa fui colta da
dolori molto forti: fatte tut-
te le analisi mi riscontrarono
delle aderenze. L'unico rimedio
era l'intervento. Cosl mi rivolsi a
Maria Ausiliatrice e a Papa Gio-
vanni, cui feci la promessa di
pubblicare la grazia della guari-
gione, se mi fosse stata conces-
sa. Sono già passati parecchi
mesi dall'operazione senza ave-
re più nessun dolore, così inten-
do mantenere la promessa
fatta.
Rosa Galizzi - Ventimiglia
PERDITE DI SANGUE
M ia nipote di due mesi
aveva delle perdite di
sangue e i medici non sapevano
cosa fare, visto che dopo tanti
accertamenti non risultava nien-
te. lo ho tanto pregato S. Dome-
nico Savio per la bambina che
soffriva molto e dopo tre giorni
la piccola Giovanna stava bene
e poteva essere dimessa dall'o-
spedale.
Giovanna Tasclllo - Squille (CE)
rono molte persone, I famigliari
e le Suore di M. Ausiliatrice di
cui sono ex allìeva.
L'intervento ebbe eslto felicis-
simo anche se comportò la
pneumectomia.
Anche i medici ammisero un
aiuto particolare dall'alto.
A diversi anni (6 anni) di di-
stanza, mia sorella gode di buo-
na salute.
Sono certa che D. Bosco con-
tinuerà a vegliare sulla mia fami-
glia ed a intercedere per noi.
Elia Bosco - Asti
GUARITA DUE VOLTE
D esidero ringraziare pub-
blicamente Maria Ausilia-
trice e Don Bosco: per la loro in-
tercessione ho ottenuto da Dio,
per due volte di seguito, la per-
fetta guarigione da malattie che
mi tenevano in grande angustia
e apprensione. li ringrazio an-
che di cuore per la protezione
continua sui miei figli e su tutta
la mia famiglia.
Vera Miglio - Vercelli
DISTURBO CARDIACO
I SANTI, MODELLI
E INTERCESSORI
R ingrazio pubblicamente
Eusebia Palomino per gli
innumerevoli aiuti che attribui-
sco alla sua intercessione: g ravi
difficoltà familiari appianate,
momenti difficili nella scelta del-
la vocazione, varie occasioni
giornaliere. Voglio dire che nei
Santi oltre che dei modelli, ab-
biamo validi intercessori.
Maria C. - Messina
DOLOROSO ASCESSO
SALVATI DA UN GRAVE
INCIDENTE STRADALE
M io fratello tornando da
Catania con tutta la fa-
miglia e le due nipotine ha avuto
un grave incidente scontrandosi
con un'altra macchina. Furono
subito soccorsi: avendo saputo
il fatto e temendo Il peggio ho
gridato con tutta la mia fede:
•don Bosco salvali•; e con gran-
de sorpresa dei medici dopo un
po' di giorni d'ospedale godono
tutti buona salute. Desidero per-
ciò rendere grazie a don Bosco
e a tutti I santi salesiani.
SENZA CASA
e ercavo senza esito una
casa per la mia famiglia,
ma tutti gli alloggi erano troppo
piccoli o troppo cari per le no-
stre possibilità.
È un problema comune a mol-
ti questo e crea profonde soffe-
renze.
Viaggiando dappertutto vidi
un cartello stradale che indicava
«Centro giovanile Laura Vlcu-
fla• e cominciai cosi a pregare
questa santa sconosciuta. In
breve tempo trovammo la casa.
Anna Fumaga/11 - Volvera (TO)
S ono un ex frequentatore di
Valdocco e ho 27 anni.
Sr. Gina Politino - Catania
Desidero ringraziare pubblica-
mente don Bosco per avermi
guarito da un doloroso ascesso INTERVENTO
UN TERRIBILE GIORNO
alla guancia destra che da una
settimana ml costringeva a letto
gonfiandosi sempre più. Allora
ho invocato il santo durante tut-
ta una notte e al mattino, visto
l'eccessivo gonfiore ho chiesto
a mia moglie di preparare Il ne-
cessario per un ricovero ospe-
daliero. Mentre aspettavo che la
roba fosse pronta ho sentito il
collo bagnato e guardando ho
visto che era finalmente scop-
piato, anche se esternamente, il
doloroso ascesso. Ora inizio a
stare bene e spero con l'aiuto di
don Bosco di non dover più pati-
re una cosa simile.
Cosimo Cappuccio -Torino
AL POLMONE
D esldero pubblicare que-
sta straordinaria grazia
ottenuta per intercessione di
S. Giovanni Bosco.
Mia sorella doveva essere
sottoposta ad un delicato inter-
vento per un adenoma del pol-
mone.
I medici non nascondevano il
grave rischio e l'esito incerto.
La mia fede era vivissima: ero
certa dell'aiuto della Madonna e
dell'intercessione di S. Giovan-
ni Bosco.
Pregai con fervore e certezza
di essere esaudita; a me si uni-
e hi vi scrive è una ragazza
di 20 anni, assidua lettri-
ce del Bollettino, che trovo mol-
to interessante. Con questa mia
desidero ringraziare anche se
con ritardo don Bosco e Maria
Ausiliatrice per due cose: per un
difficile esame che non credevo
di superare e per una grazia
concessami in un terribile gior-
no di primavera in cui era grave-
mente compromessa la mia sa-
lute. Spero mi accontenterete
pubblicando q ueste poche righe
anche perché è la prima volta
che vi scrivo.
Teresa Tufaro - Cosenza
D esidero comunicare, an-
che se con un po' di ritar-
do, una grazia ricevuta per mez-
zo di Maria Ausiliatrice e di don
Bosco: da vari anni accusavo un
disturbo cardiaco che mi preoc-
cupava, poiché già mio padre
era stato sottoposto ad un deH-
cato intervento.
Tuttavia durante una messa
mi sono rivolta con fiducia a don
Bosco perché mi proteggesse.
Ho potuto constatare già dal
mattino successivo che i soliti
disturbi non c'erano più. Ora sto
senz'altro meglio e spero che
don Bosco e Maria Ausiliatrice
mi proteggano sempre.
Mariagrazia Galioto - Roma
DOLORE ACUTO
N ostra sorella e cognata,
madre di famiglia, è stata
tormentata sin dall'adolescen-
za, da un acuto insopportabile
dolore all'addome che le com-
prometteva la serenità persona-
le e familiare. Il male ribelle ad
ogni cura e diagnosi, in Europa
ed In America, è stato definito ir-
riducibJ/e. Abbiamo sempre pre-
gato per lei Maria Ausiliatrice
ed i Santi Salesiani ed abbiamo
notato con gioia, ormai da circa
un anno, l'attenuarsi del dolore
contemporaneamente allo svi-
luppo della sua Fede fino ad
una totale conversione con fre-
quenza Eucaristica giornaliera.
Giorgia e Panfilo Morroni
Venezia

4.8 Page 38

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38 · 7 OTTOBRE 1986
I NOSTRI
MORTI
FORTUNATO CONTARATO, diaco-
no salesiano t Padova, a 88 anni
Da giovane fu sempre molto buo-
no, attivo nell'azione cattolica, lmpe..
gnato nell'insegnamento del catechi-
smo, ottimo cristiano: doti tutte eredi•
tate dalla sua famiglia molto religiosa
e rafforzate dalla sua buona volontà.
Benpresto maturò in lul Il desiderio di
donarsi al Signore come missionario:
in CIie le sue occupazioni principali
furono quelle dell'assistenza ai gio-
vani e dell'insegnamento oltre all'ani-
Rlazione del Piccolo Clero. Ma il suo
più grande e legittimo vanto fu quello
di aver lavorato e con esiti lusinghieri
nel campo delle vocazioni. Nel 1972
fece ritorno In Italia, nella comunità di
Monteortone dove visse serenamen•
te e sempre desideroso di rendersi
utile. Quando la salute e l'età lo obbll•
garono a fermarsi poteva dire: la
cosa che più ml pesa è quella di non
poter lavorare•. Vicino alla morte, in
un momento di lucidità, ebbe a sus-
surrare: •Ancora poco, poi sarò con
la mia Mamlta•. Era l'espressione
confidenziale con la quale era solito
invocare la Madonna.
SI è preparato all'Incontro col Pa-
dre, soffrendo pazientemente soprat-
tutto per l'Impossibilità di rendersi
ancora utile col suo lavoro.
ROSA slg.ra FASANO, cooperatrl•
ce t Torino
Fu Instancabile nel lavoro a lavore
delle Missioni e nell'amore a don Bo-
sco. La sua vita fu Interamente dedi-
cata all'educazione cristiana della fa-
miglia, nella quale Infuse le sue elet-
te virtù cristiane.
Carica di meriti e di sofferenze è ri-
tornata al Padre.
AGNESE slg.ra DHO RAVERA,
cooperatrice t Torino, a 68 anni
Faceva parte del Centro Coopera-
tori •San Giovanni Bosco• presso
l'Opera Don Bosco di Torino-
Mirafiori (Agnelli).
Donna di profonda pietà e spirito
cristiano, Il Signore te ha dato la gioia
di vedere il figlio Guglielmo, attual-
mente direttore dell'Istituto Salesia-
no di Cumiana, ordinato sacerdote.
Nativa di Roccaforte (Mondovì) ha
sentito forte l'esempio dei sacerdoti
salesiani del paese, che tanto diede-
ro per il bene delle anime: Don Mi-
chele Unla e Don Giovenale Dho. Di
questi ne segui gli esempi di genero-
sità, vivendo dedicata alla famiglia.
Attingeva forza per adempiere benei
propri doveri di mamma e di sposa
cristiana nella preghiera recitata da-
vanti alla effigie di Don Bosco nella
nostra chlesa, dove comunitariamen-
Con I sentimenti religiosi profondi
cui si educò, fece quel miglioramen-
to di sé, manifestando con semplici-
tà, fede e speranza nella beata eter-
nità In cui amiamo vederlo, sciolto
dall'umano limite, a godere finalmen-
te della pienezza della vita, la sola
che veramente ci gratifichi.
te partecipava alle funzioni llturg~
che, e nelle adunanze del Centro
Cooperatori, dalle quali coglieva l'In-
vito a realizzare nascostamente le
opere di bene.
MONTOLI slg.ra MARIA, coopera-
trice salesiana t Busto Arslzlo (VA)
a 78 anni
Donna di profonda lede e Intensa
vita di preghiera, per tutta la vita fu
Cooperatrice Salesiana; le stavano a
GALLICI slg. TULLIO, cooperatore cuore le opere e missioni di D. Bo-
t Torino a 35 anni
sco, che faceva conoscere In tutti I
Devotissimo di M. Ausiliatrice e dl
-Don Bosoo; lettore attento del B.S.;
generoso amico e benefattore di al-
cuni nostri missionari e divulgatore
delle loro opere.
La sua grande fede cristiana, in-
cullagli già dalla prima infanzia da
genitori esemplari, gli fece sopporta-
re con serenità ammirevole la sua
lunga malattia che l'aveva costretto
ad interrompere prima la sua grande
passione per lo sci agonistico e poi
gli studi universitari, dedicandosi ad
modi, raccomandando e diffondendo
la devozione al Santo al punto di es-
sere chiamata •parente di D. Bo-
sco•. La devozione era radicata In fa-
miglia fin dal tempi della vecchia zia,
Flglia di Maria Ausiliatrice, contem-
poranea del Santo.
Con la vita, traduceva In pratica gli
esempi e le parole del Santo, appresi
dalla lettura attenta delle sue biogra-
fie, sicura che nell'altra vita racco-
glieremo il frutto delle buone opere
compiute quaggiù•.
opere di bene ed al lavoro, divenen-
do un manager molto stimato per la
sua Intraprendente Intelligenza e
grande carica di umana e cristiana
VENÈ slg.ra GINA, cooperatrice
salesiana t Vercelli il 1O aprile
carità
Cooperatrice salesiana della prima
ora, pia, zelante, generosa, per le
BIANCO slg. GIULIO t Costigllole
Opere Salesiane e per le Missioni,
trascorse la Sua lunga vita nell'amo-
d'Asti a 81 anni
re alla famiglia, che educò santa-
Cresciuto in una numerosa, bella e
religiosa famiglia, vide, oltre al due
fratelli Angelo ed Aldo, anche un f~
glio, Emilio, fare parte dei Salesiani
di don Bosco, e con semplice ma vi-
vo orgoglio ha goduto di tanto privile-
gio.
Innamorato della vita, aperto ed
entusiasta dalle novità, visse Inten-
mente, e nelle opere di bene.
Sempre presente a tutte le manife-
stazioni della Famiglia Salesiana,
diede costante esempio di amore al-
l'Istituto che amò grandemente.
Il buon Dio e Maria Ausiliatrice ac-
colgano la Sua bell'anlma In Cielo e
La ricompensino con le gioie del Pa•
radlso.
samente l'ambiente familiare e so-
ciale, pur con l'Intima sofferenza per
quanto gli fu limite o condizione a de-
sideri o progetti.
DI spirito vivace, sempre Interes-
SIOLI slg . FRANCESCO, salesiano
coadiutore t Sesto San Giovanni
(Ml) a 81 anni
sato e pur discreto, la sua cordialità Una esistenza semplice ed opero-
lo ha fatto benvolere.
sa trascorsa per oltre quaranta anni
nelle missioni del Malo Grosso in
Amazzonia (Brasile) dove ha prodi-
gato le migliori energie nel lavoro
apostolico senza tralasciare attività
complementari - fu a lungo incari-
cato della stazione meteorologica
della missione - utili a migliorare la
conoscenza del territorio e Il tenore
di vita degli Indigeni.
Rientrato ln Italia a causa della or-
mal compromessa salute, si rende
disponibile In comunità con presta-
zioni che, seppure modeste, sono si-
gnificative della sua forza Interiore;
nel contempo, affronta con sereno
coraggio la propria precarietà fisica
dando un esempio silenzioso ma
coerente di fiducioso abbandono alla
bontà di Dio non sempre facilmente
visibile nel monotono susseguirsi del
giorni forzatamente Inoperosi.
PEIRA slg .na GIUSEPPINA t a
Chieri (TO) a 72 ann1
Il fratello Rocco, deve a Lei l'aver
potuto seguire la vocazione salesia-
na. SI era Impegnata di assistere pa-
pà e mamma e fu fedele fino in
fondo.
Da molto tempo, colpita da gravis-
sima malattia, non disse mal nulla
per poter assistere l'anziano padre e
in seguito per non distogliere il fratel•
lo dal lavoro in Vaticano, lavoro da
Lei ritenuto molto importante.
Dopo la morte del padre aiutò, co-
me poté, le Suore F.M.A. addette al-
l'Istituto salesiano S. Luigi di Chieri.
Si spense serenamente, conforta-
ta dalla Benedizione del Santo Padre
e dalle preghiere di molte anime
buone.
PISTONE slg.ra MARIA MADDAL
NA t Caramagna Piemonte a 97 anni
Fu mamma di 4 figli e cinque figlie.
Con gioia vide tre delle sue figlie
consacrarsi al Signore nella Congre-
gazione Salesiana.
Fu donna semplice, di vita cristia-
na esemplare.
Accettò ogni sacrificio della pro-
pria lunga vita con grande coraggio e
cristiana rassegnazione.
Lascia In quantl la conobbero una
viva testimonianza di bontà, di pietà
ed un grande amore a D. Bosco ed
alle sue figlie Salesiane.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede ln ROMA, rlco•
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredita.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per
le missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sito In... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente per l'eserclzlo del culto, per la formazione del Clero e
del Religiosi, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro dei due Enti su Indicati:
....annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
in Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente per l'eserclzlo del
cullo, per la formazione del Clero e dei Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
r OTTOBRE 1966 39
Borsa: Maria Ausiliatrice, confido ,n
Te, a cu,a d i N N , Bologna,
L 1.000000
Boraa: Mari■ Auslllatrtce, m nngra•
zlamento, a cura di Simonetta Anto-
nio, NO
Borsa: Maria Au111l1trlce, Santi Sa-
lesiani, In memorie del compianto
Ilario, a cura di 01111 e Novelli,
L 1.000.000
Borsa: Marta Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio della mam•
ma Margherita, a cura dl Bottasso
Bernardino. Savigliano CN,
L. 1.000.000
Borsa: In memorie di Concetta e
G/orgls Poidomanl, a cura di Sorelle
DI Martino. Ragusa, L 1,000 000
Bor■a: Maria Au111latrlce, S. Gio-
vanni Boaco, invocando gru,a per
la oogtla.ta Mana, colpita da 91'8V8
male, a cura di N.N , L. 500.000
Borsa: Maria Auslll■trlce, Don Bo-
sco, In rmgraziamento, a cura di Vin-
cenzo Marzetti, L. 500 000
Borea: Don Rlnaldl, a cura di N.N.,
LiYomo. L 500 000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, in ringrazia•
mento 8 perprotezlonll el miei cari. a
cura di R. Nives, L. 500.000
Borsa: Maria Auallfatrlce e Don Bo-
1co, per grazie ricevute e Invocando
protezJOne, a cura di N N., RC,
LS00.000
Borq: Maria Auslllatrlce, S. Gio-
vanni Bosco, in fTlfHTIOna di mlO ma-
nto, inwx:ando prolez,one e 111uto. a
cura M. A., Ivrea, L. 400.000
Borsa: In memorie e suffragio dei
mioi cari 8COmJ18f$/, 1 cura di Cigoli-
nl Sandro, Milano, L. 300.000
Borea: Don Di MUl8 Glusappe,
salesiano, a cura dai suoi ex allievi
dJ Isernia, L 300.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Gian-
none Maria, S. Cataldo CL
L 250.000
'
Boru: Gesù Sacramentato, Maria
AuslUatrlce, Santi Saleslanl, per
grana ncevuta e per pt'OlezJol,- per i
truelcari, a cura di R. T , Crescentl/10
ve. L 200.000
Borea: Marta Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio. Implorando
protezione, a cura dalla Famiglia
Locatelll-Ferrero TO , L. 200.000
s . Borq: Mari■ Auslll1trlce e Gio-
vanni Bosco. in memona del m,ei
csrf e chiedendo~ e amore 1n fa.
miglia, a cura di Maroeo Pia, Vicen-
za. L 200.000
Borsa: Don Boaco, In memoria dtll
nostro padrs Giuseppe, nel centena•
rio della nascita, a cura di Coveul
F lii, FE, L 200.000
Borsa: Maria Au111latrlce a S. Gio-
vanni Bosco, per protezione e suf-
fragio del miei defunti, a cura di Bra-
mati Luigia, MIiano
Borq: Maria Auslllalrice, S. Gio-
vanni Bosco, nngrazlsmento per
grazJa ncevvta, a cura di Borzl Car•
melina. Catania. L 200.000
Borsa: Maria Aualllaltfce e Don Bo-
svceo. a cura di TagUanottJ Ambrosina·
Bor■a: In memonà di m,a sorella
Bussi Maria, a cura di Concina Gio-
vanne, Confienza PV, L. 150.000
Borq: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento e
lmp~rsndo sempre protezione, a cu•
ra d1 R. O.
Boru: Maria Austllatrlce, a cura di
Sovaro Catarina, Macello TO,
L. 150 000
Borsa: Don Euaeblo Vismara, in
wff,aglo e per riconoscenze, a cura
M. C., VA
Boru: Maria Ausfllatrlce, Don Bo-
aco, Domenico Savio, per nngrazla-
mento e prot11zlone, a cura di T. C ,
Varese, L 150 000
Borq: Maria Au1lll1trlce, Santi Sa-
leslanl, proteggeteci tutti, a cura di
M. R., Alessandria
Borea: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
aco, Mons, Clmattl,
mento e prou,zJone, a
per ringrazia-
cura di v,-
Vitall Emllll. AT, L 130.000
Bor■a: Don Bosco, Evlga Carboni,
a cura di Accardl Maria, L. 125.000
Borsa: Maria Auelllatrlce, Santi Sa-
e. lesiani, tutti In attesa del/a grazia, a
cura di C.. Torino
Borea: Maria Aullllaltfce, s . Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento e
per proreZJOne, a cura di Cordero
Mana 1n Cucco; Nlchel,no TO
Borse Missionarie
da L. 100.000
Boru: S. Giovanni Bosco, proteggi
sempre I mlfll cari, a cura di N N .• Ti-
rano
Borae: S. Giovanni Bosco, In suffre•
gio del nostri defunti. a cura di Mon-
torfano Uno, Rho Ml
Borsa: S. Domenico Savio, per ot•
tenere grazie, a cura di Roberto &
Grazia, TO
Borsa: S. Cuore di Ge~. Mari■ Au•
1lllatrlce e Don Bo■co. a suffragio
dei defunti e a prottuJOne della fami-
(IJls. a cura di e a G Tonno
Borsa: Maria Aualllatrlce, S. Gio-
vanni Bosco, p regett1 per noi, per la
pace nel mondo, e proteggeteci sem-
pre, a cura di P G.E .C
Boraa: Mari■ Au1lllatrlce e Don Bo-
sco, In nngrazlamento e per prou,-
nonr, della mia 1111a tanto debole, a
cura di Bettonl Domenica, Vigilo BO
Bor■a: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, per gnu/e ricevuta e Invocando
protezione per I miei cari, a cura di
N.N., Casale Monf. AL
Borq: Maria Ausllfalrice, a cura di
Zuccarsllo Pan01S1 Nunzlat,na, CT
Borq: Maria Auslllatrfce, Maria
Maz:zarello, vi prego, guememl,
cura d, Chlrloo Bello lns. Assunta,
Regg,o Calabria
Borea: Don Filippo Rlnaldl, perp,o.
tezlont1, a cura di Boglno Una, To-
rino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento, a
cura di Zucchieri Dr. Andrea, Faenza
RA
Borsa: Maria Au1lll11rtce e Don Bo-
sco, proteggete Claudio e tvsno, a
cura dl Testa Giuseppe, Campofran-
co CL
Borsa: Santi Salaslanl, chiedendo
preghiere per i miei figli, a cura di
Baldarl Giovanna, Soverato CZ
Borea: Maria Auslllatrlce, a cura di
Glannuzzo Mario, A T
Borsa: Maria Aualllatrlce e S. Glo-
vannl Bosco, a cura di N N., Monta.
schano NO
Boru: Maria Au■fllatrlce a Santi
Salesiani, S6COfldo Intenzioni. a cu-
ra dl M. G , Vigona
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di Mari Maria, Capace10 Se. SA
Borq: Don Bosco, a cura di Barlso-
ne LJuba, Acqui T. AL
Borq: Miria Auslllaltfce, In memo-
ria e suffragio di Giovanni e Maria
Muttonl, a cura dei figli, CO
Boraa: Marfa Ausiliatrice I S . Gio-
vanni Bolco, per graz,a ricevuta e
ch1B<Jendo protez10ne, a
ca.odino Rosa, Cavagllà
cura
ve
di
Mar•
Boru: Maria Auslllatrlce S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento
protezione sulle famiglia, a cura di
Oplnaltre Luigia, Borgarello TO
Borsa: In memons del papà, a cura
di Garuzzo Piera, Genova
Bor■a: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Carducci A Maria
Terni
'
Bor1&: Maria Ausiliatrice e Santi
SI IHlanl, nel X anniversano della
mons di Francesco LBgnan1, a cura
di Legnani Maria e F., Milano
Bor■a: Marfa Ausiliatrice a Don Bo-
sco, Invocando protez,one s gnu,e
per la lam/gl/a, a cura di B. Cavalli AL
Boru: Maria Ausiliatrice, a cura di
Cuo Annunziata, Poggiomarino NA
Borsa: Maria Ausiliatrice Don Bo-
sco, In suffrag,o del manto s d8I ge-
nitori, a cura dt Pnsco Concetta, Na-
poli
Borea: S. Giovanni Bosco, a cura di
Patarini Elisa. Cogno BS
Bor■a: Maria Auslllatrlce, Santi S•
lesl1nl, per grazie ricevuts e per fa
salute dtllla mamma. a cura di L p .,
M ess,na
Borea: Maria Auelllatrtce • Don Bo-
sco. a cura di Gelsomino Pietro, CL
Borea: Maria Auslllatrlce, a cura di
Saracco Caterina, Corsione AT
Borq: Don Bosco, a cura di RO$SI
Benedena, Vicenza
Borsa: Maria Aualflatrlca e S. Gio-
vanni Bosco, a cura dl Palombo En-
rica, Siena
Borea: Maria Aualllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento, a
cura di Paolettl Maria, Porano TR
Borsa: Maria Au111latrice, Santi S•
leslanl, per ringraziamento " Invo-
cando prolezione, a cura di M. P .• AL

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