Bollettino_Salesiano_197611


Bollettino_Salesiano_197611

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BIllETTIN I SALESIAN I RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO 100 • N , 11 - 1• GIUGNO 1971
Spedii. In abb. post. • Gruppo 2" (70) . 1• quindicina

1.2 Page 2

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Mondo dei giovani
Prevenire la droga, 6
Educhiamo come Don Bosco:
Insegnategli che Gesù li ama, 21
Famiglia Salesiana
Le VDB a una svolta, 8
Cooperatrici. Mani al lavoro e cuore
a Dio", 22
Da mezzo secolo in missione, 31
Nell'azione
Argentina. Rispondere al Dio che chia-
ma. 29
Bolivia. Lettere dal Rio Yacapanl. 14
Ad Aranjuez cl si dà da fare, 28
India. Tirupattur. comunità di fede, 12
Shantinilaya, luogo di pace, 13
Le banche del riso, 30
Irlanda. Salesiani a Belfast, 30
Italia. Visiteranno la Patagonia, 23
Due corsi estivi sulla C.S., 28
A servizio della parrocchia, 29
Uruguay. Da cento anni, i salesiani, 28
Venezuela. Le • Mamme Margherite
di Caracas, 17
Storia Salesiana
Kubitschek. Brasilia e un sogno, 24
Giappone. Tanta musica e pochi sol-
di, 25
Ru br iche
Libri, 23 e 29
Ringraziano i nostri santi. 32
Preghiamo per i nostri ·morti, 34
Crociata missionaria. 35
LA
COPERTINA
Foto di
Giuseppe Modena
Ad Altamlra (Caracas) un centro so-
ciale accoglie ogni giorno 400 malati
e 450 alunni della periferia povera.
E trova nel lavoro disinteressato e
sacrificato delle • Dame salesiane • le
sue caratteristiche: organizzazione,
precisione, ritmo, distinzione, delica-
tezza. E un calore materno che lo ren-
de inconfondibile. (Servizio a pag. 17-20)
e L'epistolario di Madre Mazzarello, pubblicato l'anno
scorso, venuto a ricordare la radice popolare della
Famiglia di Don Bosco. Le poche suore ch e n el lon-
tano 1872, in un paesino del Monferrato, si insegna-
vano a vicenda l'uso della penna, sono diventate oggi
nel mondo un segno di liberazione per i poveri: sono
un esercito di 18.000 suore che insegnano alla gioventù
di ogni colore com e si vince l'ignoranza e la miseria, e
come si diventa figli di Dio.
O ggi tante deHe sue 18.000 « fi.
glie )► sono chine, in tutto il
mondo, sui banchi di scuola dove deci-
ne di migliaia di bambini d'ogn'i colore
imparano come si fa a scrivere. Quella
difficile operazione in punta di dita
che lei, prima superiora delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, imparò a 35 anni
suonati. Solo a 35 anni infatti, nel
1872, madre Maria Mazzarello metten-
dosi con docilità alla scuola di una
delle sue «figlie» imparò veramente
a usare la penna.
E prima? Prima erano altri tempi...
Niente scuola per le ragazze
<< A quei tempi - ha scritto il suo
biografo Ferdinando Maccono - in
quasi tutti i villaggi difettava la scuo-
la per le ragazze, e poche erano le gio-
vani che sapessero poco più del leg•
gere; quasi nessuna sapeva scrivere,
specialmente tra quelle che abitavano
le cascine. In Mornese non si parlava
affatto di scuola per le fanciulle; per-
ciò nessun stupore che la Maria non
la frequentasse. Se avesse potuto
andarvi, avrebbe cerro fatto buona riu-
scita, perché l'ingegno l'aveva sveglio
e pronto, e la memoria tenace ►>,
Sl, la piccola Maria sarebbe stata
formidabile anche a scuola, come in
tutto il resto. Era la prima di sette fi-
gli (era nata il 9.5.1837 presso Mor-
nese nel Monferrato), e non voleva
essere seconda a nessuno. Anzitutto
nel catechismo: « Vedete? - rimpro-
verava le altre il solerte don Pesta-
cino - . Questa è delle cascine, non
può venire sempre, e sa. E voi state
in paese, venire tutti i giorni, e siete
ignoranti. Perché questo? Perché non
studiate e non state attente come la
Maria>>.
La Maria batteva anche i ragazzi che
sanno scrivere: « Non voglio lasciar-
mi vincere da nessuno - confidava
alle amiche - . Nemmeno i ragazzi mi
fanno paura, li voglio vincere tutti ►>.
Raccontano pure che, giovane con-
tadina in aiuto al padre, nei lavori
dei campi faceva meglio che i garzoni
da lui assoldati. « Quella ragazza - la-
mentavano essi - ha le braccia di
ferro; è fatica enorme starle dietro ».
E per non sfigurare o non doversi
sfiancare, si cercavano un altro pa-
drone.
Ma anche se non andava a scuola,
Maria a leggere imparò lo stesso (suo
padre 'l'aveva aiutata), come pure a
fare di conto. « Eseguiva i calcoli sulle
dita in modo sveltissimo e senza erro-
ri», al punto che « il padre si faceva
spesso aiutare da lei nei suoi calcoli
di paga agli operai, o di vendita del-
l'uva e del vino».
E molti anni più tardi... « Un gior-
no a Nizza Monferrato madre Maria
Mazzarello, sentendo dire che per innal-
zare un muro ci volevano tante centi-
naia di mattoni, tante misure di sab-
bia e calce, e poi tante giornate di la-
Direttore
DON ENZO BIANCO
Col laboratori
Sr Giuliana Accornero - Pietro Ambrosia
Teresio Bosco - Carlo De Ambrogio - Sr Maria
Ella Ferrante - Jesus Mélida
Fotografia
Antonio Gottardt
Archivio: Guido Cantoni
Composizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa
Officine Grafiche SEI - Torino
Responsabile
Don Teresio Bosco
Autorizzazione del
Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
BOLLETTINO SALESIANO
Rivista della Famiglia Salesiana
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informaz. e cultura religiosa
ANNO 100 • NUMERO 11
1• Giugno 1976
Viene inviato grat is al membri della Fa-
miglia Salesiana e agli amici delle Ope-
re di san Giovanni Bosco
Esce In 34 edizioni nazionali
e in 14 lingue
con 960.000 copie mensili
Direzione e Amministrazione
Via della Pisana, 1111 - C.P. 9092
00100 Roma-Aurelio
Tel. (06) 64.70.241
C.C.P. 1/ 5115 Intestato a:
Direzione Generale Opere D. Bosco - Roma
Per ricevere il Bollettino Salesiano
rivolgersi alla Direzione, oppure a:
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino - Tal. (011) 48.29.24
Per il cambio d'indirizzo
comunicare con i l nuovo anche l'in-
dirizzo precedente

1.3 Page 3

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ELIIIIIIRE
SIPEIIIRI
l ■ PIRI~
I SIRIIERE
Foto di santa Maria Mazzarello: è s tata scattala nel 1879,
e è una delle rarissime foto che si conservino dl lei.
La santa In quell'occiulone posava con Il gruppo di FMA
della seconda Spedizione missionaria. La riproduzione è
un particolare m olto lngrandJto.
voro, si volse a madre Emilia e le
disse: "In conclusione, che spesa in
tutto?» Quella rispose. "Vado a pren-
dere la rnarit11 e un foglio". E corse
via. Lei volgendosi a un'altra suora
disse ridendo: "Queste suore che han-
no s1udiaro tanro, non sanno fare un
como senza caria e matita; io lo fac-
cio sulle dita ». E in un attimo lo fece,
cd esattamente, e prima che madre
Emilia fosse tornata con i suoi arnesi ».
C'era un settore Jn cui la piccola
Maria riusciva meglio ancora: la vita
cristiana. Don Pestarino. suo confes-
sore e maestro di spirito. lo ponò a
« una costante unione con Dio » a
« una pietà allegra e operosa che la ren•
deva cara a tutti », a " una riserva•
1ezza umile e insieme disinvo.lta che le
cattivava stima e benevolenza •>. Don
Pestarino ha messo su in paese le « Fi-
itlie di Maria» {una novità rivoluzio-
naria per la gio\\lentù di quei tempi ).
e Maria giovanissima si associa con
enrusiasmo. Sua sorella Felicina dirà:
• Si vedeva giìl allora che Dio la desti-
nava a cose grandi ».
Anche se non sapeva scrivere.
Poi la storia galoppa. 1860: Maria
ha 23 anni, quando sulle colline del
Monferrato esplode il tifo. La gente
muore. Maria cura gli alni (in casa di
un parente sono tutti a letto, e lei la
!'infermiera per tutri); poi quando gli
alm guariscono, lei si ammala. Il tifo
si incactivisce contro di lei, e quando
potrà lasciare il letto sarà ridotta a
un'ombra. Niente più ,·anga e .1ratro,
per tutra la vita. Maria allora impu-
gna l'ago, e divenca sarta.
Sopra un cavallo bianco,
Don Bosco
Poi le portano le bambine del v1ct-
nato perché imparino il mestiere. In
paese dicono « mandare le figliole da
Maria » che è come dire: « Mandarle
a farsi buone». « Ci insegn?va a cuci-
re e pregare». ricorderanno. E lei:
« Ogni punro, sia un alto di amor di
Dio».
Poi le affidano due orfane da tenere
giorno e none. Poi altre. Presto è una
vera scuola (di cucito, anche se non
di... scrirrural. e con alunne « es1erne
e interne». Tanti vestili. ma ammoni-
sce Maria: « Essere belle davanti a
Dio».
Le bambine tornano alla domenica,
e è l'oratorio. Giusto il tempo, perché
sta per arrivare a Mornese. sopra un
fantastico cavallo bianco, proprio l'Jpo•
stolo degli oratori: Don Bosco.
Davvero: sopra un cavallo bianco.
E' ottobre 1864, e Don Bosco con i
ragazzi dell'Oratorio è in giro per il
Monfcrrnto, di pnese in paese, ospite
di parroci e di conoscenti (quasi a dire
che le ferie e il turismo non saranno
cose solo del vcnte~imo secolo). Si tra-
~feriscono in comiti,•a: Don Bosco in
tesm, poi la b:mdJ, poi i ragazzi, e ulti-
mo un ciuchmo che trasporta a turno
i più stanchi. A sera Don Bosco la
« buona notce » n chi lo vuole ascol-
tare, e Maria è in prima fila, davanti
a tutti, ragazzi e popolani, e beve avi-
damente quello che Don Bosco dice.
Qualcuno le fa osservare che non s111
bene, per una ragazza, fare così. Ma
lei dà una scrollatina e replica: « Don
Bosco è un santo! E' un santo, e io
lo sento... ».
Suor Maria Impugna la penna
Nel 1872 (quanti altri incontri con
Don Bosco. nel frattempo). quindici
« Figlie di Maria » di Mornese diven-
tano le prime « Figlie di Maria Ausilia-
trice». Le dirige da vicino il solerte
don Pestarino (che s'è fotto salesiano),
e da lontano Don Bosco. Da lontano,
ma non troppo: quando può viene a
Mornese, e gradualmente con il suo
consiglio va formando il gruppo secon-
3

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do un disegno sempre più nitido.
Le suore devono eleggere tra loro
la superiora. « Maria », dicono col vo-
to le sue compagne. Non è un contro-
senso che si chiami a governare una
che si .ritiene iJletterata e inadatta?
Maria ha tanta fiducia in Don Bosco
e spera che la liberi dalla carica. Don
Bosco ha tanta fiducia in Maria, e la
riconferma ìn carica . Maria è confusa.
Pensa che c'è proprio niente in lei del-
la Superiora Generale. Continua come
prima, va in giro a raccogliere sassi per
i muratori che costruiscono la loro ca-
sa, va a lavare il bucato nel fiume.
Ed ecco una nuova difficoltà. Don
Pestarino viene a dire alle suore che
per ordine di Don Bosco devono sme t-
terla con il dialetto monferrino e d'ora
innanzi parlare sempre in i.ta1iano. So-
lo così porranno istruire e educare un
giorno le bambine che Don Bosco man-
derà loro. Le suore ubbidiscono, ma
che fatica per tulle tradurre il dialetto
in lingua tricolore...
T ra le nuove suore ce n'è una istrui-
ta, che si mette a far scuola alle con-
sorelle e alle postulanti. Anch e suor
M aria va a scuola, e impugna decisa-
mente la penna. (Qualche tentati vo
l'aveva già fatto anni prima, con una
compagna maestra; ma questa è la vol-
ta buona). Ne escono caratteri rudi-
mentali, ma chiari.
Due motivi per scrivere
C'è subito un buon motivo per im-
parare a manovrare quell'arnese. Un
giorno suor Maria lo afferra e scrive
a don Cagliero: dovrà rife rire a Don
Bosco che è tempo di roglierla da su-
periora. Don Cagliero - che è stato
nominato « direttore generale» delle
FMA - 1e risponde che Don Bosco
« cercava una superiora che fosse, più
che sapiente, umile e ubbidiente». E
lei , che appunro è umile e ubbidiente,
dovrà rassegnarsi a fare la superiora.
Ma nel 1874 torna alla carica. Don
Cagliero è venuto a Mornese, e lei si
butta in ginocchio e lo scongiura a ma-
n i giunte. « Soprattutto per la igno-
ranza ». Don Cagliero dice che riferirà
a Don Bosco. Infatti riferisce: « Suor
Maria ha doni particolari da Dio. Alla
sua limitata istruzione suppliscono
abbondantemente le sue virtù ». E tut-
to rimane come prima.
Lei continua a ritenersi non adatta,
le altre sì. In realtà, anche nell'ordi-
narietà delle occupazioni quotidiane,
« madre» Maria rivela vere doti di go-
verno. H a anche acquistato un modo
di fare appropr iato e d istint0 (al pu n-
to che una signora del gran mondo,
venuta un giorno a tratta re con lei, si
persuase che appartenesse a « una fa-
miglia signorile » ).
E per l'ennesima volta Maria torna
ft VOSTRA AFFEZIONATISSIMA MADRE IN GESU'"
Ecco qualche brano di lettera, dal volume Lettere di Santa Maria
Domenica Mazzarello • (Editrice Ancora, 1975).
Sull'andare in America
( A don Giovanni Cagliero). Adesso senta che cosa le voglio dire:
mi tenga - ma davvero , sa? - un posto in America. E' vero che sono
buona a far nulla: la polenta però la so fare . E poi starò attenta al bucato,
che non si consumi troppo sapone; e se vuole imparerò anche a fare un
po' di cucina. Insomma, farò tutto Il possibile perché siano contenti, purché
ml ci faccia andare. (Lettera 5)
A una suora studente
Suor Giovanna, studiate sempre, non è vero? Credo studierete anche
il modo di farvi s anta. Ricordatevi che per uscire santa e sapiente, bisogna
parlare poco e riflettere assai. Parlar poco colle creature, pochissimo
delle creature, e niente di noi stessi. Bisogna star raccolte nel nostro
cuore se vogliamo sentir la voce di Gesù. State dunque raccolta e umile,
e vi farete una gran santa. (Lettera 19)
Contro la malinconia
E voi, suor Giuseppina, ringraziate che sono lontana, se no vi tirerei le
orecchie ! Non sapete che la mallnconia è la causa di tanti mali? Per stare
a llegra bisogna andare avanti con semplicità, non cercare soddis fazioni né
nelle creature. né nelle cose di questo mondo. Pensate solo a adempiere bene
li vostro dovere per amore di Gesù, e non pensate ad altro. Se sarete
umile. e avrete confidenza in Lui. Egli farà il resto. (Lettera 21)
Sulle case dell'Istituto
(A don Cagllero). Mi rincresce tanto il sentire che Ella seppe ben
poche notizie di questa Casa. Credo bene dirle che finora vi fu sempre
la pac e e l'allegria, e la buona vo lontà d i farsi sante in tutte. e ne rin-
grazio lddio. lo resto meravigliata e ins ieme confusa guardando tutte
queste figlie sempre allegre e tranquille. Si vede proprio che malgrado
la mia indegnità la cara nostra Madre Ausiliatrice c i fa proprio delle grandi
grazie .
Adesso abbiamo s ei case, e fra un mese o due se ne aprirà Lina a
Lanzo e un 'altra a Mathi.
Dimenticavo la cas a c he abbiamo in Paradiso, la quale è sempre aperta:
il Direttore di e ssa non ha ne(;sun riguardo né ai superiori, né- al capitolo;
prende chi vuole, e ne ha già sette, di noi. (Lettera 6)
Alle suore missionarie lontane
Mie sempre a mate figlie, vi raccomando di amarvi e di usarvi sempre
tutta la carità. Compatite i vostri d ifetti l'una con l'altra, avvisatevi dei
vos tri difetti. ma s empre con carità e dolcezza. Abbiatevi anche riguardo
alla salute; pensiamo che la vita che abbiamo non è più nostre, perché
l'abbiamo data a lla Comunità; dunque, teniamola da conto per servircene
per la gloria di Dio.
Buone care sorelle, facciamo il bene finché siamo in tempo. Non
scoraggiatevi mai per qualunque difficoltà possiate incontrare. Dite sempre:
Ge sù deve es sere tutta la nostra fo rza! , e con Gesù i pesi diventeranno
leggeri, le fatic he soavi, le spine s i conve rtiranno in dolc ezza (Lettera 37)
Dio vi benedica e vi faccia tutte sue, insieme alla vostra
aff.ma madre in Gesù
povera suor Maria Mazzarel/o
a insistere per essere sostituita. Allora
Don Bosco pensa bene d i sen ti re per-
sonalmente il parere di ciascuna suo-
ra. Esse, nell'indicare Maria come supe-
riora, sono d 'accordo tutte (natural-
mente meno una: lei ).
Ma l'aver imparato a scrivere - sia
pure con gli immancabili errori (ah,
le doppie!) - le servirà presto per una
seconda cosa mo lto importante. Un
giorno del 1874 Don Bosco è venuto
a dire che a Mornese le suore sono
ormai troppe, e che bisogna fondare
un,i seco nda comunità a Borgo $311
Martino. Due anni p iù tardi b isogna
dar vita addirittura a ci nque nuove co-
munità. Nel 1877 ad ahre tre, di cui
una nientemeno che in America... Ora
le suore la chiamano «superiora» (e
ciò le dà fastidio; del resto, lei coman-
da soprattutto con l'esempio); ma la
chiamano anche « madre». E sì, lei
si sente davvero madre per tutte quelle
«figliole». Le vede con gioia cresce-
re nello spirico e diventa.re suore Il a
Mornese, ma poi le vede con dolore
allontana rsi per raggiungere le nuove
opere di qua e di lii del l'Oceano: quar-
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tro al tre case nel 1878, altre qua11ro
..
nel '79, addirittura otto nel 1880.. . Co-
me fare per non perdere i contatti con
queste sue figlie che vanno a mener
su casa lontano? Ecco: per fortuna ha
imparato a scrivere.
E scriverà loro le sue faticose let-
tere, con grafia in principio da gallina
ma poi via via più sicura, con qualche
erroretto ma traboccanti di sapienza
soprannaturale e di vero affetto di ma-
dre.
Immagini semplici,
come quelle di Gesù
Le sue lettere giunte fino a noi so-
no srare raccolte con cuta, e pubblicate.
Sono 68, ma si sa di molte altre andate
purtroppo perdute. Cinque sono rivol-
te a Don Bosco, altre cinque a <lon
Cagliero, 43 alle sue figlie, al tre a per-
sone varie.
Sono il ritratto parlante della sua
anima. Qualcuno ha scritto - ma le
parole grosse saranno le più adatte per
«spiegare» questa figlia dei campi? -
che esse sono « l'inconscio auwbiogra-
fico della sua santità».
Il suo stile è quello di chi conversa
con un interlocutore che è Il davanti,
e ben vivo: giunge fino al punto di
fargli delle domande, e d i immaginare
ciò che risponderà.
Parla per immagini, e immagini sem-
plici, tolte dalla vita di ogni giorno
(come quelle di Gesù). Erbe e fiori,
orti e giardini, campi, spine, fuoco,
neve. Ma carica queste immagini di un
pensiero caldo e incisivo, bonario e fa.
miliare, fortemente spirituale e forma-
tivo. li cuore è un orto o un giardino,
in cui crescono i fiori (le virtù) oppu-
re le erbacce. Le malignità sono come
pustole sul cuore. Il fuoco, la legna,
sono gli arti virtuosi che ravvivano
l'amore. La casa di Mornese è un nido,
la comunità una barca. Non bisogna
restare a mani vuote, ma prepararsi
un corredo di virtù. L'amor proprio è
una bestia, un brutto nemico: biso-
gna fargli guerra, schiacciarlo, romper-
gli le corna, farlo friggere.
« Vi viene ancora la stizza - scrive
a una suora in America - , quando il
fuoco non si accende? Abbiate pazien-
za e procurate di accendervi di divi-
no amore ,>. E sa sorridere di sé, come
quando scrive al Cagliero che vorrebbe
andare anche lei in Missione: « Per
spaventarmi mi dissero che in America
ci sono di quelli (selvaggi) che mangia-
no i cristiani; ma io non ho paura:
sono così secca, che non mi vorranno
mangiare certamente».
E si firma: « La povera ,suor Ma-
ria MazzareUo >>. « vostra aHezionatis-
sima madre in Gesù».
C'è in queste lettere la sua saggezza
Altra foto logorata dal tempo: la casa di Mornese, dove nacque La Congregazione
delle Figlie di Maria Ausillatrlce.
cristiana. U catechismo ben assimilato
le risonanze del Vangelo e delle Let'.
tere paoline sentite spiegare nelle istru-
zioni domenicali. Echi della dottrina
spi ri tuale di santa Teresa e della teo-
logia morale di sant'Alfonso attinte al-
le conferenze formative degli anni di
vi rn d'associazione. E atrraverso Don
Bosco, la saporosa dottrina spirituale
di san Francesco di Sales così conna-
turata in lei che era - c~me ha osser-
vato don Caviglia - « salesiana per
istinto ».
Non si troverà nelle leuere un si-
stema dottrinale vero -e proprio, ma
una serie di idee-madre semplici e fe-
conde: suUa preghiera (« parlate mol-
to con il Signore»), sull'allegria (la
chiamava « santa allegrezza » ), sul cam-
mino ascetico che conduce aUa santità.
E in ogni riga c'è una vivida carità.
<< L'amore di Dio - ha commentato
il card. Garrone - è presente ovun-
que nelle sue lercere, sponraneo e co-
municativo, con un rono insieme deli-
cato e fermo, che è segno della voca-
zione a madre».
Un messaggio per l'uomo d'oggi
Certo le sue figlie, più istruite di
lei, le hanno insegnato a scr.ivere. Ma
lei è srarn fa madre e la maestra della
sua comunità e del suo Istituto.
E da allora tutto è stato come in un
crescendo. Le giovani suore oggi si
preparano in scuole proprie dell'Isti-
[Uto, alcune a livello universitario (in
Brasile, India, Argentina...; a Torino
c'è una « Pontificia Facoltà cli Scienze
dell'Educazione» dove studiano suore
provenienti da rune le parti del
mondo).
Ed ecco un altro fatto significativo.
L'università Gregoriana - che nei se-
coli ha forgiato studiosi d'ogni gene-
re, vescovi, cardinali, e perfino papi -
recentemente ha aperto le sue porte
alle donne. La prima che vi ha conse-
guito una laurea, è una Figlia di Ma-
ria Ausiliatrice.
C'~, L?- .tut_w questo, un messaggio
per J cr1sttan1. Una donna venuta dai
campi è diventata maestra e modello
di vita cristiana. A riprova di quel che
diceva il Concilio, che cioè « tutti i
fedeli, di qualsiasi stato o grado, sem-
pre e ovunque, sono chiamati alla pie-
nezza della vita cristiana e alla perfe-
zione della carità»; a riprova che a
rnni gli strati del popolo di Dio è
aperta la via della piena realizzazione
in Cristo.
E c'è anche un messaggio per l'uomo
d'oggi. Anche quello più povero, del
Terzo Mondo, del Quarto Mondo.
Oggi, dicono le statistiche, ci sono
810 milioni di analfabeti, altri 200 mi-
lioni di analfabeti di ritorno, più altri
300 milioni <li semi-analfabeti. La loro
percentuale-.. dicono sempre le sta•
ristiche - tende a diminuire; ma il
loro numero in assoluto, da10 ]'aumen-
to della popolazione mondiale, per ora
continua a salire. Da quel gruppetto
di suore che nel 1872 a Mornese si
insegnavano a vicenda a tenere la pen-
na in mano, è scaturito assai più che
l'esercito delle attuali 18.000 Figlie
di Maria Ausilfatrice chine su migliaia
e migliaia di bambini di ogni colore
che imparano a leggere e a scrivere.
C'è qui il segno misterioso, e la prova
sicura e confortante, che Dio ha posto
negli umili delle insondabili capacità
di superamento e di espansione verso
la virn.
E NZO BIANCO
5

1.6 Page 6

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ccc. Questi morivi cambiano di \\'tllta
in volta, si intrecciano fra. loro. si wm-
mano... che co~a possiamo forc? Direi:
cominciamo con l'istruire.
I ragazzi sono curiosissimi su que-
sto argomento. Hanno un mucchio di
notizie giuste e sbagliate, ma tutte mli
da fare della droga un qualcosa di mi-
sterioso. magico. proibito, un qualcosa
di cui si parla con un certo malessere
o pizzicore.
Cominciamo ad affrontare questo
problema con chiarezza e semplicità.
Vediamo queste sosLanze e gli effetti
che producono nella realtà. Studiomo-
le dal punto di vista chimico e fisio-
logico; valutiamone gli effeni e Jc con-
seguenze. C allora esse corneranno a
essere quelle che sono in realtà: delle
sostaru:e tossiche.
Istruire è la parte più facile del la-
voro: la si affida di solito a persone
preparate, alla scuola. e il problema è
risolto. Ma poi viene i,l difficile, quel-
le altre cose a cui noi genitori a volte
non diamo importanza, e in cui so-
vente sbattliamo. Mcnue è proprio qui
che dobbiamo impegnarci.
l'ach é i rayfl::i si drO!Jfltw'? Che C()Sfl possn,w /"N' i
genitori puché non ttccmfo'? Sul/'nryom,·nlo ecco ww
conuersa:ione ft>n ufo da tlll<l mwnmfl-llH'dico a w1
[Jruppo di yenilori milrmt•si.
S;>no una m.1drc che ha avuto una
« formazione mentale ,, medica, e
quindi come tale mi pongo davanti al
problema ddla drog,1. Vorrei esporre il
frurto dell'cspctienlll che ho m:11ur.110
nel corso del mio lavoro.
lo considero la tossicomania una ma-
latcio contogiosa grnve, di cui non pos-
sediamo una terapia di sicura effica-
cia. L'unica cosa vernmcnce utile che
possiamo fare, è cercare di pre,•c111rla.
In questo sforzo dobbiamo impe-
gnarci cuni, perché ,inmo tu11i com
volti. Ognuno di noi nel suo ambicn•
te, nella famiglia, deve lavorare per
questo.
Cominciamo con l'istruire
I motivi che vengono chiamati in
causa per l'uso giov11nile della droga,
~ono molti: la cu~iosità, l'imitazione,
la crisi della famiglia e della scuola,
il disadanamcnco, la rivolta contro la
società consumistica, la crisi dei valo-
ri. l'insicurcua, b labili1à psicologica,
Solitudine, la grande malattia
Il fatto comune, che bo trovato in
tutti i giovani con i quali ho parlato
- e sono andata negli ambienti più
diversi, da quelli così detti bene, a
quelli della periferia milanese -. è la
solitudine. La solitudine è la grande
malatua. I giovani non sono mai tnnto
soli come oggi. Essi soffrono per que-
sta solitudine, e cercano di uscirne a
tutti i cosu, ma purtroppo in genere
hanno solo l'illusione di riuscirci,
E qui il discorso ritorna sulla f.1mi-
glia.
I ragazzi si lamentano: non riesco-
no ad avere un dialogo con i genitori,
che non hanno 1cmpo per loro. pcsso
entrambi i gcni1ori lavorano, tornano
a casi stanchi, c'è la televisione. il tele-
fono, ci sono le faccende, Ali nmici.
Non c'è tempo di parlare! e non c1
sono più neppure i nonni. come isti-
tuzione· essi avevano una funzione
così importante! Allora i giovani per
sfuggire alla ~olitudine cercano i loro
compagni, si nfugiano nel Aruppo, e le
generazioni sì spaccano. si dividono.
Ma anche nel gruppo si sentono so-
li, perché il gruppo li isola dagli altri.
Mi ha colpim. per esempio, la ~oluu-
dine in cui vivono oggi i gio\\'ani uni-
versitari nel mondo dell'università.
Quando studiavo io. noi comunicava•
mo con 1ut1i, ci si conoscesse tl no.
Ci informavomo n vicenda sulle mace-
rie, i profes~ori, suoi luoghi dove c'era
più possibilità di imparare, di fare pra
tica. Oggi inv1.-cc gli studenti non sono
più informali ,u qu:into :1,•v1ene hr.m-
6

1.7 Page 7

▲back to top
colano di qua e di là. non sanno bene
che cosa conviene fare. Questo perché
non sanno più comunicare fra loro, se
non dentro il loro gruppo ristretto.
Non si aiutano più.
Sono insicuri
1 giovani crescono tra di loro, e cer-
cano di risolvere i problemi: ne han-
no tanti, a modo loro; ma mancano
della grande esperienza degli adulti, e
cosl rischiano di invecchiare senza ma-
turare veramente.
l giovani sono insicuri, banno paura
della vira, e quindi banno bisogno di
senrirsi appoggiati, sostenuti. Creden-
do di non poter uovnre questo appog-
gio in famiglia, lo cercano tra i com-
pagni che frequentano. Ma possono
mettere insieme soltanto le comuni in-
sicurezze. Il senso di sicurezza di cui
hanno bisogno può giungere loro solo
da un vero incontro con l'adulto, con
i genitori. Un incontro che però deve
avvenire presco: lo si può instaurare
facilmente fino ai tredici anni. dai tre-
dici ai quindici diventa difficile, dopo
impossibile.
Hanno bisogno di modelli adulti
Tanti genitori dicono: « Io sono un
fratello, un compagno per i miei fi-
g),i ». Anche questo è sbagliato. li ge-
nitore deve sempre tenere il suo ruo-
lo di adulto: se egli si equipara al fi-
glio, perde la sua funzione. Perché il
ragazzo si abitua a considerare il pa-
dre un fratello, e perciò nel suo subco-
sciente ritiene di non poter ritrovare
in lui il sostegno forre di cui ha invece
bisogno.
E' necessario, certo. vivere con
figli , parcecipare ai loro divertimenti,
ai loro sport, ai loro interessi. Ma
mantenendo sempre il proprio ruolo.
I ragazzi hanno bisogno di vedere nei
genitori delle persone adulte nel sen-
so più pieno della parola. Dei mo-
delli. Guai se il genitore fa delle bel-
lissime prediche, dà degli ottimi con-
sigli, e poi non li segue nella sua con-
dotta di ogni giorno: si squalifica agli
occhi del figlio. (Non dobbiamo di-
menticare che non c'è giudice più se-
vero e più distaccato del giovane).
Io invito sempre i genitori 11 esa-
minare spesso il loro comportamento
con i figli, per vedere se Lrascurano
qualcosa, se esagerano in altro, se so-
no sempre coerenti, se la loro condotta
costituisce un modello che vale la pe-
na di imitare.
Diamo loro troppo
Altro errore è quello di colmare i
figli di doni, di dare loro tutto. Noi
per affetto desideriamo accontentare
il più possibile i loro desideri. A volte
diamo loro quello che noi abbiamo de-
siderato da ragazzi, e non abbiamo po-
tuto avere. E' sbagliato!
I figli devono meritarsi e conqui-
starsi quello che desiderano: solo così
le cose otrenure avranno pieno valore
ai loro occhi.
Spesso mi sono sentita dire: « I miei
mi fanno molti regali, che servono a
farsi perdonare del tempo che non mi
concedono. Jo cosl chiedo sempre di
più. Non mi danno il loro tempo, e
allora paghino i miei desideri! » Que-
sto mi è stato detto spesso.
L'abbondanza delle cose donate ha
I giovani non sono mal stati tanto soli come oggi. Per sfuggire alla solitu-
dine si rifugiano nel grupp0, e così le generazioni si dividono. Ma anche i
gruppi oggi sono Isolati, e i giovani non comunicano rra loro.
i suoi effetti negativi. I giovani oggi
sono spesso annoiati. hanno quell'aria
di sufficienza e distacco... Passano da
un interesse a un altro con molta volu-
bilità. Ritengo che anche questo di-
penda dal fatto che hanno troppo.
E' necessario invece coltivare nei no-
stri figli degli interessi stabili. Chi ha
dei veri interessi non si droga. Que-
sto lavoro non è facile, va fatto con
intelligenza, senza mai imporsi, coglien-
do al volo le occasioni valide.
In Ubertà controllata
A.lcro problema è quello della liber-
tà. E' giusto che i giovani abbiano la
loro parre di libertà. Ma deve essere
una libertà controllata. Devono impa-
rare a usarla gradualmente, venire re-
sponsabilizzati, apprendere che la loro
libertà finisce dove comincia quella de-
gli altri. E abituarsi a rispettarla. Dé-
vono sapere che in tal modo essi ne
soffrono, però per il loro stesso pro-
fitto.
Una cosa importante da tenere pre-
sente: la casa non deve diventare un
albergo dove si entra e si esce quando
fa comodo. Ci devono essere degli ora-
ri, si devono abituare a dire dove van-
no e con chi vanno (questo non è una
diminuzione della libertà: è un logico
rapporto di vita sociale).
Ancora: sapere sempre di quanto
denaro dispongono, e cercare di capire
come lo spendono. Oggi c'è la tenden-
za a dare troppi soldi. E' bene invece
che il giovane impari il valore del de-
naro, e impari ad amministrarlo.
Non occorre poi che dica quanta è
importante vigilare sulle amicizie.
Altro punto: bisogna essere sempre
attenti a cogliere i mutamenti di umo-
re, di comportamento. di rendimento,
senza drammatizzare e senza interpre-
rnre ciò che è dovuto a normale crisi
d'adolescenza come se fosse una « de-
vianza ».
Può sembrare che i giovani si ribel-
lino a questa libertà controllata, ma
nel profondo del loro animo la desi-
derano. Quante volte mi hanno detta:
« lo vado e vengo come voglio! Fac-
cio i comodi miei! Tanro a loro non
interessa! >> Qui sta il punto: « A loro
non interessa » , e i ragazzi non con-
trollati si sentono abbandonati.
Parlare con i figli
D'altra parte i genitori. soprattutto
le madri, devono far aLtenzione a che
questa controllo non diventi una limi-
tazione eccessiva della libertà del ra-
gazzo, non assuma cioè un carattere
ossessivo. non diventi la manifestazio-
ne di un inconscio sentimento di pos-
sesso.
Facciamo un umile esame del nostro
7

1.8 Page 8

▲back to top
componamenio. Molti genitori dicono:
« Io cerco di parlare con mio figho.
ma non ci riesco. E' chiuso, mi sfugge,
è 5garbam ,._ Questo perché? for5c
perché noi siamo disposti a parlare
con i nostri figli, ma solo quando fa
comodo a noi. O ra non è concepibile
chiamare il figlio e dirgli: « Adesso
parliamo ». Quello si rifiuta. Bisogna
invece srnre all'erra ~empre. essere sem-
pre disponibili. In pra11ca possono ba-
~iare pochi minuti, ma al momento
giusto.
11 ragazzo ha un problema, una do-
manda da fare, ha da raccontare ma-
gari un episodio che ci sembra di nes•
suna importanza; ma sempre egli ha
inconsciamente bisogno di sentire che
cosa noi ne pensiamo. come reagiamo.
E la nostra remdone o risposta gh s<:r•
ve da metro, da punto di riferimento.
li giovane è egocentrico per na-
tura, t! quello che desidera soprattutto
è risvegliare l'interesse degli altri. Può
giungere anche a cattive azioni, pur di
interessare qualcuno. E la droga è uno
dei mezzi per rendersi interessami. Par-
lare con i figli può evirare tanti guiu.
Perché non cerchino l'evasione
Quanto ho detto sembrerà ovvio e
risaputo. lo invece ritengo necessario
richiamare l'attenzione dei genitori su
4ucste cose Proprio perch<! sembrano
così ovvie, i genitori ritengono già di
Jpplirnrle, e J0\\1l'C'C le trascurano.
Solitudine. insicurezza, mancanza di
un valido appoggio nei genitori, trop-
pa facilità nel soddisfare ai loro desi-
deri, mancanza di interessi veri, lìbcr-
tò incontrollata, sono tutte cose che
ponano i nostri ragazzi a una profonda
in~oddisfazione. che li gettano nell'an-
goscia. Allora cercano l'e,•asione da una
realtà che non li appaga, cercano qual-
cosa che dia sollievo all'angoscia, eque-
sto qualcosa oggi puri roppo arriva fa-
cilmente alla loro porrnta di mano: la
droga. La droga che ~embra tutto anu-
tire, che sembra dare coraggio, che li
porta fuori della realtà...
Insi,m su queste cose perché ho po•
tuto constatare che proprio i genitori
che sono convinti di e~sere sempre nel
giusto, cli avere sempre ragione, insom-
ma quelli che sono ~empre sicuri di
sé, ~ono poi 4uelli che fanno più errori.
Essere buoni genitori è difficile. Ma
fra tutti i nostri compiti, è quello più
importante e dt maggiore responsa-
bilità.
PAO!.A BLRAR.00 G1RALDI
(l....1 C'On\\eNB.21ona:. qui rid.tunw. ~ !-tuu. tenut:•
n,1 dicembre 'M~.Oti'O pn:nn il licèn s~amtiheo
a.dc111i,,nu · Sant•~\\mbro11:10 • d, ~hlano. '-"tklrù
ml.illJrrh.'ntO d.:aJ ft-fctO UJlJlJr,ll fl.J r~•Sl7J
l .Juc..1U\\11 dc-I gcnnJ•o 1'17b~.
LE VOLONTARIE
A VIA SVOLTA
Con la loro prima Assemblt·a Gen erale fissala per il JY7ì,
le « V olonlarfr di Don !fosco» / (Inno compiere al loro
/siituto un 11uouo p llsso mH111li. Ecco gli obiellivi ch e si
prefiggon o. Ed ecco anch e ch i son o, quan fr son o, di ch e
si occu p"no, con quale s pirito lauor"no. queste consa-
crale ch e nel nume di Don Bosco agiscon o « dal d i cfrn-
lru del m ondo».
Con un sobrio comunicato ufficiale
la Presidente dell'Istituto, Velia
ranniccari. nel gennaio scorso annuncia-
va « Vale11dmm delle facoltà at1r1bm-
te1111 dalle Coslttu:m111, mdico e rom}()•
ro fu prima Assemblea Ge11era/e ord11111-
ru1, che avrà i1111.w il 5 luglio 1977 111
Roma, pres.ro ,I S11les1111111m... » Al di
In ddla pura forma protocollare, 4uc-
~lil risulta la ~ostanza dei farti le
VDB celebrando la loro prima Assem-
blea Generale giungono a una woha
Formuleranno la ~lcsura definitiva del-
le loro Costituzioni. Elegge.ranno 1,er
la prima volra nella loro storia il loro
Con~1.glio Centrale. E cercheranno di
meritarsi dalla Santa Sede, per quel
che dipende da loro. 11 riconoscimenio
d1 "Istituto secolare di diritto ponti•
f1c10 ».
Non basta. « Per noi - ha de110
una delle attuali responsabili VDB -
l'Assemblea Generale sarà un invito
ad npprofondi re meglio la coscicnz,1
della nostra posizione e missione nella
Chiesa, per alimentarc la nostra voca-
zione e viverla autenticamente nello
spirito salesiano»
Una storia di sei decenni
Le VDB, nonosiante la crisi che col-
pisce gli istituti religiosi, continuano
o crescere. Le statistiche del 1975 in-
formano che esse $ODO 553. In mag-
gioranza vivono in ftalia: 339 (di cui
301 già consacrate). All'estero sono
214, di cui gua~1 un centinaio non
ancora consacrate in tantissimi paesi
i gruppi stanno B·ppena sorgendo. So-
no 47 in Spagnn, 3-1 in Messico, 28
nelle Filippine, 19 in Francia e altret-
tante in Belgio, 14 a Macau, 12 in Ve-
nezuela, 10 ncll'UruAu,1y. 7 J Hong
Kon~. 6 rispeuivamt'ntc m Argentin,1,
Brasile ed Ecuador, 3 in Colombia co
me pure in Thailandia. Sono raccolte
in -19 gruppi, opernnti in 15 nazioni
diverse.
La loro storiJ coma ormai sci de-
cenni. Dapprima fu preistoria, per CO>Ì
dire. Un gruppo dt Figlie di Maria ,1
Torino insisteva pcr potersi impcgnn-
re di più: volevano essere consacrate
come le Figlie di Maria Ausiliatrice
ma senza formt1re delle comunità. con
tinuand9 cioè ad Jbitare a casa loro,
a vivere « nel mondo"· Nel 1917 don
rilippo Rinaldi pensò di accomcnrnr-
le. fl gruppo divenne ufficialmente
associazione religiosa e prese il nome
di « Zelat,rici di Maria Ausiliatrice ».
Più volce esso fu sul punto di e)tin-
guersi. Nd 1956 cambiava ancora no•
me (., Cooperatrici Oblate di San Gio•
vanni Bosco » ), e octenuto il pieno
,lppoggio del Re11or Maggiore d'allora
- don Ziggiotti - cambiava anche
ritmo di marcia. L'anno dopo i gruppi
da 3 erano 9 (di cui uno in Francia).
Nel 1959 trovavano il nome dcfini-
uvo: « Volont..1rie d1 Don Bosco"·
Dal 1961 si pensa di trasformare la
Associazione in lstituro secolare vero
e proprio, e quest'idea orienta il la-
voro successivo. Finalmente nel 1971
Jl Cardinale di Torino erige le Volon-
rarie in « Istituto secolare di diritto
d iocesano». Uno dei 113 Istituti già
approvati che oggi conta la Chiesu nel
mondo.
Il piccolo seme, rimasro per decen-
ni sotterra, ecco è diventato pianta in
piena espan&ionc.
Rendono testimonianza, e basta
Che fanno le VDB? Vivono " nel
mondo». Sono impegnare nelle pro-
rc~~ioni più ùiver-.e, con una prefcren
8

1.9 Page 9

▲back to top
za per quelle di carattere educativo e
sociale. fn una raccolta di dati del
1973 figuravano insegnanti, di-rettrici
di scuole, assistenti sociali, dottoresse
e infermiere. Anche impiegate e ope-
raie. Anche arcigiane, esercenti, casa-
linghe. Qualche giornalista e avvoca-
to, assessore comunale, perfino un sin-
daco.
In quanto Volontarie, si impegnano
ad esercitare un qualche apostolato,
organizzato o no, a servizio della Chie-
sa; molte sono impegnate nei vari ra-
mi dell'azione cattolica, o in altre orga-
nizzazioni a caranere civico, sociale o
assistenziale. Alcune lavorano in un
centro di spiritualità, altre in un Isti-
tuto Montessori; a una è affidato un
dispensario medico; altre prestano ope•
ra in un lebbrosario, in un Istituto
per poliomielitici. Molte sono impe-
gnare nelle parrocchie, negli oratori,
nei aitechismi. In Italia mandano avan·
ti tre librerie cattoliche.
Sono pure impegnate nel lavoro mis-
sionario, alcune direttamente sul po-
sto, altre organizzando gruppi di rac-
colta di indumenti, medicine, ecc. Vari
« laboratori missionari » sono diretti
da una Volontaria. Il BS talvolta si è
occupato di loro. Nel giugno dell'anno
scorso ha raccontato la storia di « tan-
te Sophie » che a Tournai (Belgio) ha
creato due « nidi » per bambini mo-
ralmente abbandonati; nello scorso feb-
braio ha intervistato Berta, la Seiiorita
parroco che a Puerto Pinasca ha pre-
so su di sé la responsabilità di una
parrocchia. E se non fosse che le Vo-
lontarie ci tengono troppo a passare
inavvertite, il BS avrebbe ancora tan-
ce altre vicende italiane da raccon-
rnre. Perché questo è tipico delle VDB:
non indossano divise, non cercano rico-
noscimenti, non vogliono dare nel-
l'occhio. Conservano un «riserbo))
sulla loro condizione di consacrate nel
mondo: rendono restimonìanza di vi-
ta cristiana, e basta.
Ognuna rimane a casa sua
L'Tstituto è aperto a signorine di
ogni ceto sociale, e chiede loro più vi-
ta attiva che contemplativa. in un apo-
stolato che risponda alle necessità del-
la Chiesa, alle possibilità concrete del-
le singole persone, e alle preferenze
proprie di Don Bosco: i giovani, i po-
veri.
Niente vita in comune, ognuna ri-
mane a casa sua. Alle giovani che in-
rendono diventare Volontarie, viene
richiesta un'incllna.zione alla vira di
preghiera e un tempo sufficiente per
assolvere al minimo di impegni deri-
vanti dalla loro appartenenza all'Isti-
tuto. Si chiede sopranutto volontà de-
cisa a consacrarsi wrnlmente a Dio ,
sufficiente marurità psichica e affet-
tiva, quel tanto di salu te che basta,
e capacità di assicurarsi una certa indi-
pendenza economica. Gradualmente
vengono portate a vivere i consigli
evangelici, nella loro specifica consa-
crazione. Una consacrazione che per
sei anni è temporanea, prima di esse-
re perpetua. E sempre si accompagna
con una dinamica « promessa di apo-
stolato».
L'Assemblea
Le VDB sono rette da una Presi-
dente, che con sei Consigliere forma
il Consiglio Cemrale. Nel 1977 si chiu-
Un momento Importante nella breve storia delle VDB: una Volontaria nel
1970 riceve dal Rellor Maggiore il crocefisso. E ' la prima VDB missionaria,
e parte per l'America Latina. Lavorerà in mezzo agli tndlos.
de un sessennio di governo. che è il
primo dall'erezione dell'Istituto seco-
lare. La prima Assemblea Generale
- qualcosa di simile ai « capitoli ge-
nerali » degli ordini e congregazioni
religiose - cade dunque al momento
opportuno per fare un bilancio e per
programmare.
Le Costituzioni che reggono ora
l'Istituto saranno il primo obiettivo
dell'Assemblea: esse sono state appro-
vate « ad experimentum », e davvero
sono state sperimentate nella vira con-
creta di ogni giorno, a contatto con le
molteplici situazioni esistenziali e di
apostolato. Si tratta ora di dar loro
una formula'.llione più stabile.
Altro compico, l'elezione del Consi-
glio Centrale. Avverrà per Ja prima
volta (in precedenza, quando l'Istituto
non era ancora approvato, il Consiglio
era nominato dal Rettor Maggiore). E
infine tanti temi e problemi da trat-
tare. In tre settimane piene, dal 5 lu-
glio, giornata •d ·apertura, al 26 lu-
gUo 1977.
E per questo passo avanti dell'in-
tero Istituto, una lunga preparazione.
Non si tratta solo di scegliere e man-
dare delle delegate, non è solo un fat-
to giuridico o di sr-rurture. C'è da tra-
smettere e far confluire delle espe-
rienze provenienti dai quattro Conti-
nenti. C'è da disporre il proprio ani-
mo all'ascolto dello Spirito Santo.
Un augurio e una realtà
Questo simpatico ramo della Fami-
glia Salesiana si merita che rutto pro•
ceda nel migliore dei modi. Il loro
impegno salesiano è cordiale e ammi-
revole. Esse sono legate a Don Bosco
sotto tanti aspetti. Arraitutto vedono
nel suo successore, il Rettor Maggiore,
colui che ha il compito di vigilare sul
loro Istituto. Poi banno nei salesiani
i loro ass istenti spirituali. E non po-
che di loro sono oltre che Volontarie
anche Cooperatrici salesiane, e presta-
no i.n questa associazione un prezioso
lavoro di animazione ai vari livelli, in
particolare nel ramo dei « Giovani Coo-
peratori ».
Ma soprattuno sono nella Famiglia
Salesiana una presenza confortante:
« La volontaria di Don Bosco - ha
detto la Presidente dell'Istituto, e le
sue paro le esprimevano insieme un
augurio e una realtà - si sforza di
realizzare in sé un ideale di vita che.
in un clima di sereno equilibrio, la
rende a tutti di amabile esempio. e fa
di lei una creatura in cui risplende e
opera una grazia - divina e umana
insieme - che le apre ogni cuore,
ogni casa, ogni ambiente sociale, per
portarvi nostro Signore».-
9

1.10 Page 10

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Jl■■Y
dei
lillri
rilegali
E' sopravvissuto uno di qLiei rar i artigiani del bLion
tem po antico, che nella bollega-laboralorio iniziavano
wi num ero risfreflo di allievi ai segreti del l'art e. V ive
a Marrero nella Louisian a (Stati Un ili), si chiama Gia-
como R olando, per gli amici « Brother Jimmy ».
Joseph Santino si trovò per un ani-
mo nei pasticci. Si era presentato a
un importante convento del Michigan
(Stati Uniti) a offrire i suoi servizi co-
me rilegatore di libri, e sperava di
essere preso a lavorare nella biblio-
teca. Ma « Ci vuole qualche lettera di
presenrazione >>, gli disse chiaro la suo-
ra bibliotecaria. E lui non ne aveva.
Di colpo si illuminò in viso e puntò
il dito verso lo scaffale: « Io conosco
colui che ha rilegato questa Bibbia! >>.
La Bibbia solenne e robusta, con
dorso arrotondato a regola d'arte co-
me solo sanno fare i veri maestri del-
la rilegatura, faceva bella mostra di
sé fra gli altri tomi.
« L' ha rilegato Brother Jimmy, quel
salesiano coadiutore di Marrero, e io
sono suo allievo». « Se è così - re-
plicò la suora bibliotecaria spianando
il volto in un largo sorriso - lei non
ha più bisogno di ktterc di raccoman-
dazione: è assunto».
E cosl fu. li coadiutore Giacomo
Rolando, per gli amici « Brorher Jim-
my », è famoso neglì Srati Uniti e al-
trove, tra gli intenditori della sua pro-
fessione. Di lui hanno parlato i gior-
nali di New Orleans, su di lui i canali
televisivi sei e otto della città hanno
realizzato i loro servizi. E a ragione,
perché a lui ricorrono i veri intendi-
tori, i bibliofili che gli commissionano
lavorazioni d'arte: membri della ge-
rarchia cattolica americana. nobili del-
la vecchia Europa, presidenti degli
Stati Uniti, pezzi grossi anche dal-
l'esrero...
I segreti dell'arte
Non solo Jimmy conosce in tutu J
dettagli i 26 passaggi che si devono
compiere per una rilegatura perfetta
(e il lavoro non si può buttare giù,
occorrono almeno tre giorni), ma pos-
siede in modo insuperabile alcune tec-
niche che, in quest'epoca delle cose
fatte in fretta e in serie, sono sempre
meno conosciute. Un bel dorso roton-
do richiede perizia non comune. Così
la doratura, così la copertina in cuoio
lavorato. E soprattutto, il « foredge ».
<< E' una tecnica inventala in Gran
Bretagna anorno al 1660 - spiega
Jimmy - . Nello stato della Louisiana,
i rilegatori che sanno ancora farlo si
possono contare sulle dita della ma-
no», garantisce Jimmy a chi va a tro-
varlo nel suo laboratorio. Un labora-
torio invaso di libri rilegati, che occu-
pano tutte le pareri e LUI te le super-
fici orizzomali esistenti. Prende .in ma-
no un grosso libro, una « vita di Cri-
sto ». A prima vista sembra un comu-
ne libro dal taglio dorato. Ma pre-
mendo sulla copertina in modo che il
taglio appaia obliquo, ceco apparire su
di esso, dipinta all'acquerello, la sce-
na del presepe. « Questo è il "fo.
redge" - dice Jimmy -, un'arte che
sta scomparendo». Ma lui non si è
fermato lì, è arrivato al « doppio fo.
redge », enormemente più di(fidle.
Perché capovolgendo il libro, e dando
al taglio delle pagine la solita penden-
za, salta fuori sul taglio stesso una
seconda scena, dipinta con !"acquerello,
nello stesso posto in cui si vedeva già
la prima, e dove iJ libro nella posi-
zione normale presenta la doratura.
I capaci di applicare questa tecnica
sono ancora più rari, naturalmente.
Jimmy è uno di quei rari artigiani del
buon tempo antico, che nella bouega-
laboratorio iniziavano ai segreti del-
1'ane un numero ristretto di allievi de-
gni di loro.
« Non posso lasciare i ragazzi »
Quest'uomo singolare, con l'intelli-
genza sui polpastrelli deHe dira, è una
figura minuta, rotonde~ta e sorriden-
te, dalla conversazione traboccante di
humour. Dicono che assomiglia a Fio-
rello La Guardia, il leggendario sin-
daco di New York. Dicono che somi-
glia a un folletto. Noi panni di Babbo
Natale è comicissimo e simpaticissi-
mo: i ragazzi si piegano in due dalle
risa, e i più piccoli corrono ad accoc-
colarsi sulle sue ginocchia.
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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m1ss1onari: la filatelia e l'apicoltura.
Raccoglieva francobolli e miele, e ven•
deva gli uni e l'aJrro per aiutare le
missioni lontane.
In cielo avremo le ali
L'antica casa di salesiani di Marrero ( Louisiana, S1atl Uniti) dove Brother
Jimmy ha dedicato al giovani e alla sua arte gli anni migliori di vita. Sotto: Jlm-
my nella oamere1ta d'ospedale prova i primi passi dopo l'amputazione di un arto.
Ma la sua gioia è tutta spirituale,
è una vittoria sulie prove amare del-
la vira. Nato cieco da un occhio e ri-
masto presto orfano, trovò nell'am-
biente salesiano di Torino, sua città
natak, una vera famiglia. Imparò il
suo mesriere alla scuola di un maesuo
eccezionale, il coadiutore Pio Colombo,
noto per le sue pubblicazioni in ma-
teria. E divenne salesiano come Jui.
Nel 19.33 « i Supe~iori mi dissero:
"La tua missione è a Marrero negli
Scaci Uniti", e mi mandarono qua.
Non mi sono più mosso>>. Allora ave-
va 21 anni, e la casa salesiana di Mar-
rero apriva i battenti. Sono vissuti in-
sieme, da allora fino ad oggi. Per qua-
rant'anni ha insegnato ai ragaz:z.i come
si rilegano i libri.
Dopo un paio d'anni era già famo-
so. Un giorno riceveLte una lettera pie-
na di lusinghe. Veniva dalla Facoltà
di Belle Arti dell'Università di Michi-
gan, e diceva: « E' facile trovare per-
sone capaci di insegnare un mestiere
ai ragazzi, ma è difficile incontrare per-
sone dotate del talento artistico che
ha lei ». Quindi lo si invitava a pian-
tare tutto e a trasferirsi presso l'Uni-
versità, con un invidiabile stipenclio.
Firmato, il Magnifico Rettore dell'Uni-
versità. Jimmy rispose semplicemente:
<{ Non posso lasciare i miei ragazzi >>,
e non li lasciò.
Sono 250 gli allievi che ha seguito
lungo tutto l'arco del corso e ha pre-
parato aHa professione. Da lui essi
hanno pure imparato che si possono
fabbricare finti libri, che ad aprirli suo-
n:tn<> il c:irillon. Jhnno... ammirato e
gustato un suo capolavoro, il « Libro
della scienza infusa». che con~iene non
pagine. ma una fiaschetta generosa.
Ma Jimmy è stato assai più che un
istruttore. Era sempre con i suoi ra-
gazzi sul campo sponivo, con loro suo-
nava nella banda o cantava nel coro
(e all'occorrenza clirigeva l'una e l'al-
tro). Con loro prendeva parte alle sfi-
late e parate, e soprattutto a quella
del << martedì grasso» a New Orleans,
dove Ja gente che accorreva ad assi-
stere Jo ·riconosceva e riservava un ap-
plauso ti.mo per lui.
Eccdleva pure nella fotografia, che
sapeva non solo << prendere » con buon
gusto, ma anche sviluppare e stampare
da solo. Due altri hobbies mise parti-
colarmente a frutro per i suoi amici
Da qualche anno i salesiani di Mar-
rero hanno lasciato il vecchio collegio
per ragazzi poveri e abbandonati, e
hanno preso la direzione di un nuovo
istituto superiore. Passati nel nuovo
edificio, Jimmy era rimasto nel suo
vecchio laboratorio. Un paio d'anni fa
le autorità decisero però di abbattere
l'antico edificio. Che fare? Liquidare
la legatoria?
Tre amici di Jimmy organizzarono
una << Campagna per la ricostruzione
della rilegatoria s31lesiana », misero in•
sieme quel tanto di dollari che occor-
reva, e con materiale prefabbricato co-
struirono una rilegatoria più grande e
più comoda. Ll Jimmy ha ripreso a
lavorare. Le ordinazioni continuano a
piovergli addosso da tutte le parti.
Non ha più ragazzi che frequentano
corsi normali, ma ha sempre degli adul-
ti che vogliono impratichirsi del me-
stiere, delle tecniche più raffinate.
Ma Ji mmy, che ha 66 anni e non si
è mai concesso un po' di riposo, da
qualche tempo si trova nei guai con
la salute. Ha avuto due attacchi car-
diaci, diabete, difficoltà di circolazione
sanguigna. Per tutto questo il dottore
gli ha imposto di ridurre drasticamen-
te l'attività. Facile a dirsi.
L'anno scorso, alla vigilia di Natale,
ancora una volta Jimmy ha indossato
la tuta rossa con risvolti bianchi di
Babbo Natale, e è andato nel vicino
ospedale di Touro, per divertire i bam-
bini malari. Il mattino dopo, la sua
sveglia suonò regolarmente alla 4.30,
ma come Jimmy provò a scendere dal
letto si rese conto che le gambe non
lo reggevano più.
I medici si allarmarono. Uaa gam-
ba. a causa del diabete, andava in can-
crena. Si lasciò trasportare all'ospedale
e commentò; « Se il Signore vuole che
vada in Paradiso con due gambe, be-
ne! Altrimenti ci arriverò saltellando
su una gamba sola>>.
Dopo la prima operazione, consta-
tato che gli avevano amputato l'arto
fin sotto il ginocchio, sorrise : « Cin-
que unghie in meno da tagliare>>. Ma
ci sono voluti al~ri tre interventi, e
poi le stampelle. Ora sta guarendo, e
guardando in prospettiva dice: <{ Per
fortuna in cielo avremo le ali».
In prospettiva: cerco Jimmy ha iJ
suo nome già scritto nel « libro della
vita» di cui parlava san Giovanni. E
quando sarà arrivato lassù, c'è da
,commeirere che rilegherà anche quello.
11

2.2 Page 12

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TIBUPATTUB
comunità di fede
suno si dedicava con continuità e suc-
cesso ai fedeli. I quali erano appe-
na 250.
Ma nel 1961 si costrul una nuova
chiesa, e la casa parrocchiale. Il nu-
mero dei fedeli prese ad aumemare
regolarmente, e oggi sono l 500 (di
cui quasi mille nel centro cittadino).
Centro di iniziative
Da allora - sotto la spinta dell'in-
T irupaltur, un puntino nell'immensa geografia del-
l'lndia, conta quattro comunità di salesiani e due di
traprendeme parroco indiano don Giu-
seppe Amaladassou - la parrocchia si
è andata trasformando in tutri i sensi:
FMA . E lutto n ella parrocchia cristian a - scu ole, cen- è diventata un attivo centro di inizia-
tri, gruppi, clinica, banda musicale - si chiam a col
nom e caro a Don Bosco : « Aux ilium ».
tive pastorali e sociali.
Anzituno ha preso sotto la sua cura
otto nuove stazioni missionarie, stac-
cate dalla vicina parrocchia di Kovi-
T irupattur, nel Nord Arcot baciato
dal sole, è una citcà poco cono-
sciuta. Città amica, di scarse attratti-
ve, fino a ieri pro.fondameme radicata
nelle sue tradizioni. Negli ultimi de-
cenni era cambiata poco o niente. Ma
negli ultimissimi anni si è svegliata, e
con un fiorente collegio universitario,
quattro scuole superiori, diverse ele-
mentari, una clinica e un'importante
stazione ferroviaria, punta decisa ver-
so iii futuro.
Ma questo non è tutto: Tirupattur
ba pure una parrocchia cattolica con
i fiocchi, nel centro della città. Si chia-
ma « Maria Ausiliatrice», e ha 35 anni
di vira.
La storia di questa cristianità risale
a mol to prima, è legata alla missione
di Kolivoor poco lontana, affidata ai
Preti delle Missioni Estere di P arigi
fin dalla prima metà del secolo scor-
so. La chiesa che essi allora costrui-
rono a pochi chilomerri da Tirupartur,
è ancora in piedi con la maestà di una
piccola cattedra.Je.
La parrocchia di Maria Ausiliatrice
ha ottenuto l'indi,pe.ndenza nel 1940.
E per parecchi anni è sembrata son-
necchiare come la sua città. Non acca-
deva mai nulla. I parrocchiani frequen-
tavano la chiesa, che serviva pure agli
studenti della vicina casa salesiana. J
preti che badavano alla parrocchia vi-
vevano in quell'istituto. E cambiavano
abbastanza spesso, al punto che nes-
loor. E i fedeli, o almeno buona parte
di essi, stanno maturando nella vita
di fede e neHo spirito religioso. La
loro frequenza alla messa domenicale
è buona, la foro vita sacramentale e
l'impegno dei laici nell'attività parroc-
chiale sono lodevoli sotro tutti i punti
d i vista. Tanto più che molti parroc-
chiani sono poveri, e devono lortare
per guadagnarsi la vita.
C'è poi l'Azione Cattolica, diffusa
nei due gruppi Juniors e Seniors. Gli
Juniors sui vent'anni e olrre, si ritro-
vano ogni settimana per il loro incon-
tro, nel quale approfondiscono lo stu-
dio della Bibbia. Sono molto attivi in
parrocchia, visitano i villaggi e aiurano
in vari modi le famiglie povere. 11
gruppo dei Seniors comprende i padri
di famiglia, molti dei quali occupano
posti di responsabilità nella vita cirta-
dina. E sono molto impegnati nel so-
I
• • lo '
4-.... _
ciak Si danno da fate pet trovare un
posto di lavoro ai giovani della parroc-
chia. Don Amaladassou ritiene che il
loro contributo è stato decisivo nella
crescita della comunità.
••••I Molte giovani e madri di famiglia
.,,.,,,..-- .....
aderiscono all'Associazione Mariana
locale; s'impegnano nel far visita ai
.. -......
poveri, ai malati dell'ospedale, ecc.
I soci del Club Domenico Savio,
bambini e bambine con meno di J4 an-
ni, fanno anch'essi del loro meglio.
Ogni domenica o festa si ritrovano in
trecento, e sotto la guida delle FMA
e delle loro allieve più grandi giocano,
camano, stud iano e discu tono. Sono
pieni di vivacità ed entusiasmo, e fan-
no sperare bene per il futuro.
U.na delle tante lniziatlve sociali avviate dalla comunita salesiana a Tirupattur:
la filatura. Ogni macchina, una famiglia che può vivere.
Tante scuole
I l parroco è total mente dedito alla
sua gente. Ha potuto realizzare due
nuove chiesette in centri vicini, a
Bommycuppam e Kandili. Consapevole
della povertà materiale della sua comu-
nicà, ha dato vita a una quantità di
progetti a vantaggio di giovani e vec-
12

2.3 Page 13

▲back to top
chi. La scuola commerciale « Auxi-
lium )>, approvata dal governo locale,
ha già dieci anni di vita. Tra l'allro
offre corsi mensili di steno e dattilo-
grafia, per gli studenti delle scuole su-
periori. Finora sono stati preparati 250
allievi, e il 90% di essi ha rrovaro im-
piego. La scuola oggi accoglie 110 stu-
denti.
Il Centro giovanile « Auxilium »
offre possibilità di studio a 150 ragaz-
zi poveri. Otire loro viuo, vestito, Ji.
b~i, divisa scolastica, tasse d'iscrizione
ecc. Sessanta ragazze frequentano la
vicina scuola « Maria Immacolata»
delle FMA, cinquanta bambini frequen-
tano le elementari atlla << Domenico
Savio», i rimanenti frequentano le
scuole starali. Nel Centro questi gio-
vani ricevono regolare istruzione cate-
chistica. E si occupano in una quan-
tità di iniziative: giochi, divertimenti,
musica, ecc. Soprattutro musica. In ven-
ticinque hanno costituito il « Gruppo
musicale Aux-ilium » che si esibisce
nelle manifestazioni pubbliche.
C'è ancora una Scuola tecnica che
porta a una professione i ragazzi po-
veri privi di istruzione. Diventano tor-
nitori, fresatori, verniciatori, e si assi-
curano cosl un avvenire.
Il nome « Auxilium »
La clinica « AuxiJium >> ha medici
locali e le suore di Sanc'Anna, e rende
un prezioso servizio ai poveri della
zona.
li « Centro per la tessitura delle
stuoie >> era un promettente progetto
della parrocchia, di cui beneficiavano
specialmente donne povere, e vedove.
Alcune difficoltà finanziarie hanno co-
stretto a chiudere almeno per qualche
tempo. Ma alcuni telai sono stati di-
stribuiti alle famiglie, e le donne pos-
sono così lavorare a casa loro.
C'è poi un laboratorio di sartoria
che ,insegna alle giovani il disegno, il
taglio e il cucito degli abiti. Per le gio-
vani che imparano a cucire ci sono
buone prospettive di lavoro. Alcune
macchine da cucire sono state donate
a famiglie povere, che trovano cosl no-
tevoli possibilità di mantenersi.
L'ultima impresa del parroco è l'im-
pianto di una fabbrica di pasta ali-
mentare (spaghetti). li progetto è a
buon punto, e già molti guardano con
vivo interesse alle possibilità di lavoro
che si offrono in un prossimo futuro.
Da un capo all'altro deHa parroc-
chia fa capolino il nome « Auxilium ».
E l'Ausiliatrice è amara, venerata e in-
vocata. << Propagate la devozione a Ma-
ria Ausiliatrice - ha detto Don Bo-
sco - , e vedrete che cosa sono i mi-
racoli». E' vero. A Tirupattur se □e
vedono molti.
ITTIRA MANDOTH
L'edificio del nuovo centro sanitario, con due suore di Sant'Anna che vi !avocano.
SBAITIIILAYA
luogo di pace
Nei pressi di Ba~1galore (India Sud) da pochi mesi e
sorto un ospedale, costruito dai missionari.
A Shantinilaya, che vuol dire
« Luogo di pace», c'è oggi un
ospedale: piccolo, ma moderno e con-
fortevole. Prima, fino ~]l'anno scorso,
c'era solo un minuscolo ambuilatorio.
Lo aveva messo in piedi il << Gruppo
sociale » degli studenti salesiani che
si preparano al sacerdozio nel vicino
Teologaro di Bangalore (Sud India). E
lo mandavano avanti alcune Suore di
Sant'Anna. Tra esse, suor Martin, spe•
cialista in « miracoli>) medici.
Che sapesse fare miracoli - e vale
la pena narrare questa scoria - lo
ignorava un brav'uomo di Bangalore:
un uomo sposaco, che si aspettava dal-
la moglie il dono del suo primo figlio.
Ma le cose non andavano bene, e un
giorno aveva dovuto caricarla in fretta
sul carro tirato dai buoi, e portarla
aH'ospedale. I medici gli di,sscro che
era troppo rardi pc-r il bambino (era
morto da alcuni giorni), e che se vo-
leva salvare la madre doveva rivolger-
si a un ospedale più grande pc~hé
non sapevano curarla. li pover'uomo
non era in grado di sostenere 1a spe-
sa, e mestamence col suo carro si portò
la moglie a casa, a mo11irc. Fu allora,
lungo la strada, che gli dissero di anda-
re da suor Martin, e ci andò.
Quando suor Martin vide la povera
malata, rabbrividì. Sarebbe occorso un
vero ospedale con un'équipe completa
di dottori. Ma ti caso era cosl urgente
che bisognava tentare subito. O mai
più. Tentò, e salvò la povera mamma.
Ma poi suor Martin andò a trovare
.j salesiani. Bisognava provvedere.. met-
tere su un piccolo ospedale per la gen-
te di quelle parti. Tu1ti insieme si det-
tero da fare, anche il Rettor Maggiore
mandò aiuti.
Nel novembre 1975 ci fu la posa
della prima pietra, e poi maniche rim-
boccate. Lavorò la gente dei villaggi
\\aÌCini, lavorarono i giovani studenti
salesiani, le suore d i Sant' Anna si fe-
cero 'in quattro. In un mese l'edificio
era rermi□ ato: quaranta metri per die-
ci, venticinque posti letto, quindici mi-
lioni di spesa. La « Misereor » ha prov-
veduto a gran parte deH'attrezzatura,
più un'ambulanza con cui le suore gi-
rano anche i villaggi per svolgere ope-
ra di prevenzione e istruzione.
Ma suor Martin, per concinuare a
fare i suoi miracoli, ha bisogno di me-
dicine: contro febbre, diarrea, maJat-
rie della pelle; ha bisogno di antibio-
tici, vitamine; di bende, cotone, sirin-
ghe, termometri, ecc.
Con l'aiuto di tanti amici, Shanti-
niiaya sta diventando davvero un
« luogo di pace 1,.
13

2.4 Page 14

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Lettere dal
Rio Yapacani
116:..
Puo un'lspeiloria salesiana d'ltaliu «farsi missiona-
ria»? Quella Venela San Marco ci ha provalo, adot-
tando una parrocchia abbnndonata in Bolivia. Ecco,
ailraverso le lettere giunte da oltre oceano, le prime
suggestive impressioni sull'iniziativa.
Il Rio Yapaca11ì è rm a/fluente di
un affluente del Rio Amazonas.
Nasce a quattromila metri sugli alti-
piani della Bolivia, vicino al Pacifico,
ma si getta nell'Atlantico. Da quelle
parti c'è una parrocchia vasta quasi
come l 1ù1tera regione Campania
(12.000 kmq). La parrocchia era « in
vendita »: nessun sacerdote vi lavo-
rava. L'hanno ad,ottata i salesiani del-
l'Ispettoria Veneta San Marco, e vi la-
vorano da due anni. Un lavoro smisu-
rato. E nei ritagli di tempo, quei tre
salesiani prendevano la penna in mano
e scrivevano ai loro confratelli in
Italia ...
Marzo 1973, l'Ispettore della Bo-
livia don Giorgio Casanova all'Ispet-
tore di Mogliano V. Ho ricevuto
la sua lettera nella quale mi comu-
nica la proposta di mandarci una co-
munità a lavorare tra noi. Con il Ve-
scovo della diocesi e altri salesiani sia-
mo andati a San Carlos dc Yapacanl,
per vedere il luogo e studiare le pos-
sibilità di sistemazione e di lavoro.
Il Vescovo ci ofue in San Carlos
una chiesa parrocchiale (capacità 250
persone) fornica del necessario per il
culto. Da quattro anni la parrocchia
non funziona: bisognerebbe portare i
paramenti dall'Italia. C'è una casa par-
rocchiale a due piani con un soggiorno,
refettorio, quanro stanze e cucina. In
un. altro cor,po di edificio, più piccolo,
potrebbero vivere alcuni .Jaici (tre dor-
mitori).
C'è ,pure un Centro giovanile: sor-
ge di rimpetto alla chiesa, e conta un
ambulatorio, tre aule per scuola, pic-
colo teatro all'aperto, sala per riunio-
ni e proiezioni cinematografiche, pic-
cola piscina, serbaroio per l'acqua.
In tutti questi edifici non c'è asso-
lutamente nulla, esistono solo le mura.
Il paese ha circa 270 famiglie, 2.400
abitanti. L'incero territorio conta
30.000 capesinos. Vivono poveramente
e in condizioni di sorrosviluppo. NelJa
stessa missione lavorano i protestanti
(5 o 6 sètte), vi sono pure piccole
tribù di selvaggi.
I confratelli di qui vedono assai be-
ne l'iniziativa vostra. Per l'esito del-
l'esperienza è assolutamente necessa-
rio scegliere bene il personale. Dev'es-
sere equilibrato, con moira spiriruali-
tà e spirito di sacrificio. Deve venire
con il desiderio di imparare, e non so-
lo di insegnare. Ci vuole molta umiltà.
Venga un confrateUo due mesi pri-
ma, e prepari a poco a poco la casa
per ricevere gli altri.
13 maggio 1974, il Vescovo di
Santa Cruz. Con molta gioia ho rice-
vuto padre Aquilino Libralon, il pri-
mo dei tre salesiani che viene nella
mia diocesi per lavorate a San Carlos.
Dio sia benedetto! E grazie alla vo-
stra Ispettoria, che ci manda tre sale-
siani per badare a una zona immensa.
Ora mi sento proprio sollevaro dalia
pena che mi angustiava, nel vedere
quel posto abbandonato da tanli anni.
Darò a quei salesiani tutto l'appoggio
che si meritano.
16 maggio, don Aquilino. Sono
stato l'altro giorno, accompagnaro da
un confratello, per la prima volta a
San Catlos. Ho visitato un pochino
tutto. Sono stato anche dal Vescovo:
mi ha accolto a braccia aperte.
A San Carlos mi è corso incontro
un nugolo cli bambini, felicissimi. Ci
attendevano dall'ottobre scorso, poi
per Natale, poi per Pasqua... Final-
mente ci siamo.
La zona è immensa; io tante parti
non è mai passato un sacerdote. E ci
si può arrivare solo a cavallo. E' una
parre della Bolivia decisamente aperta
allo sviluppo agricolo, all'industrializ-
zazione, all'incremento deruografico.
Le promesse del futuro ci invitano ve-
ramente a lavorare, e a creare le pre-
messe di un'evangelizzazione sana e
profonda.
Qui non c'è pericolo di invadere il
campo apostolico del vicino, come in
Italia. I ghetti non esistono. Il Ve-
scovo ti tutti i permessi possibili,
e tutti i poteri, e tu vai e ti dài da
fare ...
19 maggio. Sono stato oggi per la
prima volta a celebrare la messa a San
Carlos, e per la prima volta ho dormito
là. Dopo messa, ricevimento con tutte
le autorità, discorso del sindaco, pran-
zo con i pezzi grossi del paese (il pri-
mo... compromesso? ).
10 luglio, don Tito. Siamo arrivati
ieri sera, sul calare del sole (sono don
Tito Solari, don Bruno Barban, il sale-
siano laico Severino Sbardellotto, e
d11e giovani volontari del servizio ci-
vile).
Don Aquilino ci ha accolti come fra-
telli e ci ha presentati a quante per-
sone incontrava. Turni lo stimano e lo
aiutano. E' una meraviglia sentire co-
me parla bene il castigliano. Ci ha pre-
pararo la casa, e ba preparato bene la
geme.
17 luglio, don Bruno. Il viaggio
è stato lungo (qui dicono largo).
La gente è buona, dignitosa. Ci sono
tramonni favolosi e tante stelle. C'è
tanta pace, e un silenzio da...regisrrare.
20 luglio. E' stata una festa il no-
stro arrivo. Quanti bambini e giovani!
14

2.5 Page 15

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Ci hanno aiutato a ripulire la chiesa,
il campo da gioco, e a sistemare l'am-
bulatorio. Don Aquilino ha già svolto
un bel lavoro di preparazione dei bam-
bini alla prima comunione (sono 200).
27 luglio, don Tito. Ci siamo tutti!
Speriamo di avere presto anche il ma-
teriale (30 casse spedite dall'Italia).
Ieri l'altro abbiamo potuto acquistare,
di seconda mano, una Jeep. LI Vesco-
vo è molto contento. C'è moltissimo
da fare per... prendere visione del da
fare.
Stiamo adattaudoci ad alcune « cate-
gorie fondamentali» di qui: parlare
molto, avere un senso del tempo piut-
tosto elastico...
Ci sentiamo molto impegnati nella
preghiera.
Chi non vede l'America Latina, non
può immaginarsi un mondo così.
4 agosto, don Bru.no. Finalmente
sono arrivate le casse! Nell'andarle a
ritirare, lungo la strada abbiamo in-
contrato dodici fra dogane e posti
di blocco.
15 agosto, il Vescovo. Nel ringra-
ziare ancora una volta per l'eccellente
servizio che sta prestando alla mia dio-
cesi l'Ispettoria salesiana San Marco,
voglio comunicarle che i suoi tre con-
fratelli si trovano già al lavoro al loro
posto, con soddisfazione generale. Il
sottoscritto ha nominato parroco il pa-
dre Solari, e suo vicario cooperatore il
padre Libralon. Essi prenderanno pos-
sesso ufficialmente della parrocchia il
prossimo 8 settembre.
Settembre, l'Ispettore della Bo-
livia. Sono stato presente quando è
avvenuta l'entrata canonica nella par-
rocchia. Era impressionante vedere
rutto il popolo, il paese pieno di fiori
e di palme, archi trionfali e festoni...
Sono ere confratelli con molto spirito
E' staia una festa Il noslro arrivo.
Quanti bambini e quanti giovani! Cl
hanno aiutato a ripulire e sistemare......
Veduta aerea dJ San Carlos de Yapacanl. A sinistra, sotto Il titolo: un'ansa
del fiume neUa fitta foresta.
di sacrificio e con molto entusiasmo.
Sono .arrivati nei loro « giri » fin dove
non si era mai visto un sacerdote
da vari anni, dove la gente non sa nulla
di ciò che sia una messa o un sacra-
mento. Eppure sono stati ricevuti con
molto giubilo.
7 novembre, don Tito. Siamo sta-
ti a Villa Busch, e la comunità ha de-
ciso di costruire una scuola professio-
nale e una cooperativa agricola.
A San Carlos la « novena di San
Carlo» è stata un caso raro, un fatto
popolare. C'era più gente che al nostro
arrivo.
Novembre. In località Comando
abbi·amo iniziato i lavori per la chie-
sa, con la cohlaborazione della gente.
Si danno da fare, con l'altoparlante
chiedono ogni giorno l'aiuto di tutti.
30 novembre, don Aquilino. Ab-
biamo finalmente ti ponte sopra il Rio
Yapacanl. E' venuto a inaugurarlo il
Presidente della Repubblica in per-
sona, il generale Banzer. E nàturalmen-
te i,J ponte porta iJ suo nome. C'era
un sacco di gente, lascio immaginare
le sbronze. Abbiamo chiesto aiuti per
il tempio e l'ambulatorio; qualcosa
abbiamo ottenuto.
Stiamo scoprendo il vero volto di
San Carlos, la realtà amara di questa
gente, sia dal punto di vista sociale ed
economico, ohe religioso e morale. La
famiglia è un disastro (abbiamo comin-
ciato a visitare le famiglie, anche per
un rilievo statistico). A volte resti mu-
to, a volte ti ritrovi con le lacrime, a
volte s.tanco. Infedeltà, irresponsabilità,
abbandono dei figli, akoofismo, pro-
miscuità, aborti, solirudine, bambini
che muoiono per denutrizione, vecchi
abbandonati, matrimoni «naturali»
tra giovanissimi senza prospettive... E
poi la povertà, la fame, gli insetti, le
infezioni, le malattie...
Dicembre, don Tito. Abbiamo
cominciato a costruire una piccola ca-
sa a Vibora (la terra è stata donata
dalla gente). I lavori vanno a rilento,
causa le piogge.
Febbraio 1975. Il tempo delle piog-
ge è... buono: piove ma non uoppo.
La casa di Vibora è terminata. A
Santa Fe ci hanno chiesto un progetto
per la chiesa. A Comando hanno pro-
grammato di porre il tetto per la festa
del villaggio.
Stiamo lavorando a pieno ritmo, e
chiediamo, anche a pieno ritmo, sov-
venzioni all'Adveniat per le 35 scuole
della parrocchia e altre opere.
5 maggio, don Tlto. Stiamo pre-
parando un piano pastorale. Ci aiutano
i sacerdoti che lavorano nella nostra
provincia. Le spine e le sconfitte non
mancano. Frutti non si può pensare
di vededi. Però qualcosa succederà.
Continuiamo ad andare ogni sera
per la recita del rosario nelle famiglie,
perché imparino almeno il Pl®r e
l'Ave.
Il vescovo verrà a cresimare un
gruppo di giovani che don Aquilino
sta preparando da mesi. Impariamo un
po' alla volta il mestiere.
Aspettiamo i rinforzi...
6 maggio. Proprio adesso torno
dall'os,pedale (piccolo edificio a un pia-
15

2.6 Page 16

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no, unico punto d'appoggio in tutta la
provincia per chi sta per morire). Vi
ho accompagnato una donna che da
16 ore è inerte e senza parola: ieri
sera un figlio di 17 anni, ubriaco, deve
averla bastonata per bene.
« Ogni giorno cc n'è una nuova! »,
commenta Severino. La novità è una
delle dimensioni che caratterizzano la
nostra vita qui: è la scoperta continua
di una realtà per noi ancora scono-
sciuta.
L'unico sacramento che risulta pre-
cettivo qui è il battesimo: la gente
sente che « si deve » battezzare. Poi
confessione, comunione, marrimonio,
sono un'idea da lasciare a qualche de-
vota, o un iusso di chi ha 9uattro sol-
di. Eppure sembra che abbiano un vi-
vo senso del sacro.
Daremo un forte impulso alla cate-
chesi, cercando di compromettere in
questo lavoro le persone più impe-
gnate di ogni comunirà. Punteremo con
tucte le forze sull'educazione della gio-
ventù, pc,r rinnovare la famiglia e crea-
re un minimo senso di solidarietà e
comunità.
14 luglio, don Ermanno Nigrls.
Finalmente siamo arrivati: ieri, dome-
nica. Al vederci, don Tito e Severino
rimangono con il boccone a mezz'aria:
non ci aspettavano in quel momento.
Abbracci e saluti, in una confusione
di li ngue. Va a finire che parliamo in
friulano.
C'è tanta cordialità, e mezzo bic-
chiere di vino (non lo vedevo da 15
giorni!). Cosa farò qui? Per ora « so-
no muto», ha derto don Tito ieri sera
presentandomi. E quelli del posto mi
credono muto sul serio!
7 agosto, don Gino Roccaro.
Finalmente dopo un viaggio piuttosto
lungo, e con qua.lche imprevisto, ieri
150" anniversario della Repubblica Bo-
liviana, sono arrivato a San Carlos.
Grandi manifestazioni di affetto da tut-
ti gli amici. Ho cominciato a dire la
messa in castigliano...
17 agosto, don Ermanno. E' tor-
nato don Gino dalla sua prima mis-
sione. E' felice: ha celebrato la festa
del villaggio a Ghercado, e ammini-
strata 13 battesimi.
Una signora tedesca, venuta a sru-
diare i problemi della colonizzazione,
ha fat10 un esame molto interessante
della popolazione: c'è un fortissimo
flusso migratorio di gente proveniente
dall'altopiano, che compera un camion
ed emigra. Questa gente ipona ,la « cic-
cia », e con essa l'ubriachezza, non so-
lo per l'uomo ma anche per la donna.
San Carlos con la nuova strada e
il ponte è avviata a divenire ciuà; con
problemi pastorali sempre più grossi.
Mi auguro che tutti i confratelli
capiscano la meraviglia di questa espe-
rienza che fu scelta dall'lspcttoria
« nello Spirita». Credo U1ile l'espe-
rienza, anche di soli J o 4 mesi, per
confratelli d'Italia che lo volessero.
Cambiano allora nel cuore rame cose,
e si comprendono i veri valori.
Novembre, don Aquilino. L'im-
pegno più grosso di questi mesi è sta-
SUamo scoprendo il vero volto di San Carlos, Il vero volto di questa gente... •·
f
"'
ta la visita alJe comunità più povere e
disperse, con « visita a tappeto» alle
case e celebrazione dell'Eucaristia di
notte, settore per settore. Abbiamo in-
contrato i taobi poveri, disperati se
non avessero un po' di fiducia e di spe-
ranza. Mio Dio! Cose che non si pos-
sono immaginare, e tanto meno raccon-
tare: solo si vivono.
Il 16 novembre i,niziamo il corso
di 15 giorni per i catechisti. Sono la
nostra speranza. Abbiamo avuto la gra-
zia di avere tra noi il Vesc_ovo ausi-
liare di La Paz, mons. Esquival. Ab-
biamo fatto con lui una revisione del
nostro lavoro. E' un tipo molto in
gamba, di una sempliicità unica, e po-
vero: abbiamo dovuto... prestargli le
camicie per' cambiarsi, col caldo che
faceva!
Pare che quanto prima vengono qui
le suore (una comunità dalla Colom-
bia, le suore del nostro Don Variara).
Le Figlie di Maria Ausiliatrice arrive-
ranno più avanti nel febbraio 1977.
E' cosa cena.
J• dicembre, don Tito. Stiamo
terminando il famoso corso per cate-
chisti. Ci pensavamo da tempo. Sono
18 i ,partecipanti. Ad aiutarci sono ve-
nute due suore americane, che si dedi-
cano a questo tipo di attività. Sono
stati 15 giomi di scoperta, per noi e
per Joro. Insomma è terminato bene.
li nuovo Ispettore della BoUvia,
don Rinaldo Valli110, all'Ispettore del-
la San Marco. Ho già potuta visitare
l'opera di San Carlos: è la miglior
opera missionaria che conosco. Penso
che la Congregazione potrebbe molti-
plicare questa esperienza.
I Salesiani che lei ha mandato sono
di prima qualità. Hanno formato una
vera famiglia, che ,prega unita e lavora
unita. Hanno accettato le ristrettezze
e i limiti della povertà con vera gioia
missionaria. Vedo ohe vanno compren-
dendo sempre meglio la realtà locale,
cosi diversa da quohla italiana. L'Ispet-
toria Boliviana li vede con simpatia, e
anche loro si trovano bene con i con-
fratelli.
Vog;lio ringraziare lei e la sua Ispet-
toria per questa presenza missionaria
in Bolivia. U fervore di questi confra-
telli ci cicorxla l'entusiasmo dei primi
missionari, e rinnova l'ideale apo-
srolico.
Oggi i Salesiani a Sa11 Carlos so110
qua/fro. Con lor.o lavorano tre gio-
va111 volontari ( Lucillo, Franco e Mo-
reno), e sono impegnati nella promo-
zione umana e sociale degli indios. 1n
luglio altri sei volontari li raggiunge-
ranno, e tutti insieme - salesiani
e volontari - /ormeranno un'unica
comunità operativa.

2.7 Page 17

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~-,-;.. ~ 0
'.
L'anno scolastico è finJto: le Dame salesiane consegnano I dJplo ml alle allieve pro m osse.
LE fflAfflfflE fflARliHERITE
DI CARACAS
Un Centro sociale ch e accoglie ogni giorno 400 ma-
lati e 450 alunni della peri/ eria povera, troua nel la voro
disinteressato e sacrificalo d elle « dam e salesiane» :
organizzazione, preciÙon e, ritmo, distinzion f', dedizio-
n e, delicatezza. E Llll calore m aterno ch e è impensabile
trovare n elle organizzazioni uff ieiali.
N e] 1963 a Caracas c'era un grup-
po di persone attorno a un ta•
volo, e un'idea sulla carta. Uno degli
innumerabili progetti di buona volon-
tà, che tanto spesso rimangono poi
sconfitti nell'uno col reale. Invece
quell'idea sulla carta del 1963, è stata
non solo realizzata ma ancbe larga-
mente ·scavalcata.
E ciò grazie ancbe a un gruppo ben
affiatato di << dame salesi.aae », che sul-
l'esempio di Mamma Margherita (loro
modello ufficiale) si prodigano in un
lavoro oscuro e generoso. Alcune atten•
dono ai servizi assistenziali, ailtre fan-
no scuola, al tre badano all'amministra•
zioae, e rutte con dedizione, entusia-
smo e un'allegria « boscbiaaa ».
Sulla carta, il 9 maggio 1963 a
Caracas s tava serino: <1 Comitato Na-
zioaaJe Organizzatore per la costru-
zione del Tempio Nazionale a san Gio-
vanni Bosco e delle Opere Sociali an-
nesse». Il progetto del comitato era
ambizioso, ma gli uomini riuniti quel
giorno attorno al cavolo lo porracono
a termine in breve tempo, e il 3 di-
cembre 1967 il Tempio Don Bosco ve-
niva inaugurato. Ma quel « fare insie-
me» di tante persone aveva dato vira
a una. realtà ancora più belfa che un
tempio in cemento armato: una vasta
famiglia di amici, affiatati tra loro e
pronti a fare ancora di più.
Fu a questo punto cbe, mentre pren-
deva consistenza il progetto per il
« Complesso sociale Don Bosco » da
realizzare come « annesso al tempio »,
padre Miguel Gonzalez (il salesiano
incaricato di tutte queste iniz.iative)
pensò al « Movimento sociale aposto-
lico delle dame salesiane ». C'era solo
da incanalare e orientare delle forze
prome e ingenti, e cbe forse altrimen-
ti sarebbero andate disperse. Il 13 mar-
zo 1969 le prime cinquanta dame te-
nevano la loro prima assemblea, confi-
guravano ,i,( loro movimento come <( ra-
mificazione moderna dei Cooperatori
salesiani », e si impegnavano su i piani
- congiunti - del sociale e dell'evan-
gelizzazione.
Quel che il Vescovo vide e benedì
Ancora una volta il progetto venne
realizzato senza perdere tempo. Il 15
maggio 1975, quando il Vescovo di
Caracas fu invitaro a benedire i locali,
iii complesso funzionava già da più
anni. E il Vescovo dovette aprirsi il
passo fra la ca<lai, perché Je varie se-
zioni dell'opera erano affollate. Come
al solito, del resto: come 365 giorni
all'anno.
Ed ecco quel cbe vide e benedì. Il
dipartimento della medicina generale
(11.107 paziemi assistiti durante il
1974 ), il reparto ginecologico (3.800
17

2.8 Page 18

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pazienti nello stesso anno), odontolo•
gia, oftalmologia, cardiologia, pedia-
1ria, laboratorio di analisi, raggi X, vac-
cinazione, p9icologia e psichiatria. E
poi il consultorio giuridico (con i suoi
avvocati), il consultorio pre-marrimo-
niaJ!e e matrimoniale (con medico, psi-
cologo, avvocato, sacerdote, sociologo,
ecc.). E poi la farmacia («abbiamo
costantemente bisogno di medicinali:
è un grave problema»; grave anche
perché i medicinali sono dari gratis o
quasi ai 400 malari giornalieri). E poi
il guardaroba, che tra l'altro regala a
quasi ~utte le future mamme il cor-
redino.
Ce ne sarebbe a sufficienza, ma il
Vescovo è stato accompagnato ancora
a benedire le scuole. Scuole per aiutan-
te infermiera, segretaria commerciale,
fiorista, dattilo e contabilità, estetista
e pettinatrice, raglio e cucito, confe-
zione, arredamento, cLisegno architet-
tonico, lingue (con moderne attrezza-
ture). E perfino scuola di chitarra. Non
poteva mancare, per i 450 allievi
- quanti se ne possono ospitare per
volta -, un centro di orìentamenro
scolastico e professionale. E ancora la
libreria, con le novità e gli oggetti re-
galo per nozze, battesimi, prime comu-
nioni.
Non è ancora finiLa: c'è pure, Il vi-
cino, il « Gine Don Bosco », con appa-
recchiature modeme, scher:mo panora-
mico e pellicole « pulite ». E il bar
(anch'esso intitolato a Don Bosco). E
lontano lontano, sulla costa, sta sor-
gendo anche la colonia marina pe~ i
ragazzi ...
-:Jf -~;
, \\j
\\
f
Oltre 400 dame
Dietro queste iniziative (« è diffi-
cile - ha seri tto il giornale locale
El Universal - vedere un'opera so-
ciale di pri1vati cO"Sl completa, ben se-
guita e ben amministrata »), c'è uno
splendido quadro di responsabili. Al
centro padre Gonzalez, che con due
o
altri salesiani è incaricato del Tempio
Don Bosco. Ma anche gli altri salesiani
del collegio danno una mano per quan-
to possono.
Ci sono pure 40 dipendenti, tra pro-
fessionisui, insegnanti, e impiegati vari
(e sono pagati secondo le leggi e i sin-
dacati). Ma soprattutto ci sono le da-
me salesiane, senza le quali il comples-
so sociale chissà come farebbe ad an-
dare avanti. Mancherebbe cli_ organiz-
zazione, precisione, ritmo, distinzione,
dedizione, delicatezza. E mancherebbe
soprattutto di quel calore materno che
lo rende i·nconfondibile.
Il modello delle dame salesiane
- si diceva - è Mamma MargheriLa,
che « seppe aiutare Don Bosco e
accompagnarlo nei difficili inizi della
18

2.9 Page 19

▲back to top
o
UN CENTRO SOCIALE
PER GLI ESCLUSI
O Il Vescovo di Caracas nel maggio 1975 ha
o
benedetto il complesso sociale: eccolo nel
reparto di odontoiatria.
O Uno scorcio della Libreria Don Bosco.
o Un corredino in dono a ogni mamma povera
del centro sociale.
O Scuola di chitarra : una gioia per sé e per
gli altri.
O Scuola per pettinatrici.
o Scuola di lingue, con attrezzature moderne.
f) Il bar: un rinfresco e quattro confidenze.
o Consultorio psicologico: qualche cosa non
funziona tra mamma e tiglio.
O Reparto pediatria: tanti piccoli e tanta pa-
zienza.
oo
19

2.10 Page 20

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sua opera gigantesca» (come spiega il
regolamento). Il loro motto è << Fare
il bene senza badare a nessuno ». La
loro tessera di riconoscimento riporta
le parole cli Paolo VI: « Se vuoi 1a
pace, lavora per la giustizia)>.
Alcune di loro, 250, sono « dame
attive », cioè svolgono personalmente
un'atrività setti.manale, almeno men-
sile, ma molte volte quotidiana, nel
comp,lesso sociale. Altre, circa 75, non
avendo tempo a disposizione, contri-
buiscono egualmenre con denaro o in
altra fo!'ma. Altre poi, che hanno con-
tribuito molto in passato, si trovano
per l'età, infermità, cambio di domici-
lio, nell'impossibilità di continuare:
sono « Dame onorarie » (e sono una
novantina).
In r,urro oltre 400, impegnate a fon-
do nel Complesso sociale. In cambio
« solo Dio sarà il remuneratore per il
loro lavoro sacrificato e silenzioso »
(dice ancora il regolamento). Per parte
loro i salesiani offrono un'assistenza
spiriruale « perché esse si fortifichino
nel'lo spirito»: esercizi spirituali, in-
contri di formazione e di spiritualità
salesiana.
Quadrare il bilancio
Quamocenro infermi curati ogni
giorno, e 450 giovani e adulti ogni
giorno nei vari tipi di scuola. Impianti
nuovi e costosissimi. Quaranta dipen-
denti da stipendiare. In tutto, nel 1975
si sono spesi 358 mila dollari, più di
Altaml.ra (Caracas). Il Templo nazio•
na le a san Giovanni Bosco e, sulla
destra, la sede del Centro sociale dove
lavorano le Dam e salesiane.
VERE MAMME MARGHERITE
Una Buona notte del Retto, Maggiore don Luigi Ricceri, alle dame
salesiane di Caracas.
Sono stato informato sull'opera che state svolgendo. Opera grandiosa,
ma fatta di lavoro semplice, modesto. continuo. come il lavoro della for-
mica che raggranella per poter distribuire.
·Devo dire, che, forse senza saperlo, state occupando nella storia della
Congregazione Salesiana il posto di quelle distinte signore della borghesia
e nobiltà torinese, che aiutarono tanto e tanto Don Bosco, e nei modi
più vari.
A qualcuno di quelle signore, Don Bosco scriveva (conserviamo di-
verse sue lettere) chiamandola • Cara mamma •. Che cosa stupenda, il
nostro Padre che scrive a quelle signore, sue grandi benefattrici, chiaman-
dole cara mamma •... Perché molte darne torinesi In tantissime occasioni
furono davvero per Don Bosco dell~ vere mamme Margherite •: e anche
se alcune di esse non potevano esserlo per l'età. perché giovani, lo erano
però con il cuore e i sentimenti.
lo dico ora a voi, seguendo la stessa linea di Don Bosco: continuate
questa tradizione stupenda e generosa, in servizio delle anime. con Don
Bosco. E a tutte dico: grazie per quanto state facendo . Continuate, conti-
nuate cosi perché resta ancora tanto da fare.
300 milioni di lire. L'amministrazione
ha il suo da fare per quadrare il
bilancio.
Ma ci riesce. Aiuti vengono dafle
offerte de.I Tempio, dai benefattori,
dalle rendite del cine. Modesti contri-
buti giungono dal Ministero della Sa-
nità e da un Ente scolastico. E poi il
complesso sociale, che pure ha come
principio <li accogliere « solo coloro
che non hanno mezzi», domanda loro
un contributo minimo (quando posso-
no pagarlo). Oltretutto, lo richiede la
psicologia moderna: ciò che è del tutto
gratuito, « non vale niente». Facendo
confluire tutti questi rigagnoli, e alrri
che la Provvidenza s'incarica di susci-
tare, si riesce in qualche modo a co-
prire tutte le spese.
Si viene cosi incontro a tanti tra-
gici problemi sociali. Ragazzi tolti dal-
la strada, disoccupati ohe imparano
una professione più vantaggiosa, ma-
lati che non avrebbero altra assistenza
o non l'hanno trovata dove era logko
cercarla.
.
E si fronteggiano anche tanti pro-
blemi sul ·piano spirituale e religioso.
Anzitutto molti esclusi dalla società,
giunti al « Complesso sociale Don Bo-
sco », si rendono conto che la Chiesa
non li esclude. E poi trovano ogni
giorno qualche dama saiesiana del
« gruppo fotmazione e catechesi >) che
rivolge loro una conversazione di orien-
cament0 morale e reiigioso (la scuola
cli religione è regolare nei vari corsi).
Presso il Centro, se fa al caso loro,
possono prepararsi alla prima comu-
nione e al matrimonio in chiesa ( rami,
tra i poveri, convivono con il solo ma-
trimonio civile, o senza alcun matrimo-
nio). Anche per loro c'è possibilirà cli
giorni di ritiro, di revisione cli vita,
di esercizi spirituali.
Non rifiutare mai nessuno
Il Complesso sociale all'inizio sem-
brava molto vasto. Ora risulta già pic-
colo, del rutto inadeguato ai bisogni
reali e al desiderio di soddisfarli. Ci
sono malati o studenti che arrivano
da venti, trenta e anche cinquanta ohi-
lomerri di distanza. Il principio che
le dame salesiane si erano dato: « Per
quanto è possibile, non rifiutare mai
nessun malato o allievo», diventa sem-
pre più difficile ,da rispettare; e le
emule di mamma Margherita si vedo-
no messe a dura prova.
Ogni tanto esse rimeditano le solle-
citazioni che la Chiesa ha rivolto ai
laici nei documenti del Concilio:
« Ovunque c'è chi manchi cli cibo,
bevanda, vestito, casa, lavoro, medici-
ne, istru2Ì.one, manchi dei mezzi neces-
sari per condurre una vita veramente
umana..., qui la carità cri·stiana deve
cercarlo e trovarlo con premurosa cura,
e sollevarlo porgendo aiuto».
Padre Gonzalez, che ha seguito con
crescente commozione lo sviluppo del
Complesso sociale, quando parla delle
dame salesiane ricorda le splendide
parole che Don Bosco disse della sua
mamma: <1 Dopo Dio, devo alfa mia
santa madre il lavoro che ho potuto
realizzare)>. E subito ne fa la para-
frasi: « Dopo Dio, dobbiamo a que-
ste dame salesiane il lavoro che abbia-
mo potuto realizzare».
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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EDUCHIAMO COME DON BOSCO
Nell'aprile del 1864, a Torino, Don
Bosco aveva appena terminato u.n cor-
so di Esercizi Spirituali ai suoi ra-
gazzi. Giornate incantevoli. I ragazzi
ne uscirono con una freschezza di
gioia nel cuore. Ma, come spesso suc-
cede, dopo gli Esercizi c'era stato un
improvviso crollo nei giovani a riguar-
do della loro vita spirituale. Il demo-
nio, scacciato fuori. aveva scoperto
(come racconta Gesù in una parabola)
che la casa era pulita, spazzata. ador-
na ma vuota, e allora con sette spi-
riti peggiori tentava di riprenderne
possesso. Don Bosco ebbe due sogni.
Raccontò: ., La notte che precedeva
il 3 aprile mi pareva di stare dal bal-
cone a guardare i ragazzi che si di-
vertivano nel cortile. A/l'improvviso vi-
di apparire un vasto lenzuolo bianco
che si stese a coprire tutto ìl cor-
tile; i ragazzi continuavano a giocare
e a gridare. Poi, vidi molti uccellacci
e spaventosi corvi svolazzare sopra
quel leryzuolo cercando un varco: ap-
pena lo trovavano picchiavano addos-
so ai giovani e li beccavano. Ogni vol-
ta che raggiungevano i ragazzi ne fa-
cevano strage: a chi cavavano gli oc-
chi; ad altri bucavano la lingua tanto
da ridurla In frammenti; ad altri an-
cora beccavano la frante; a molti stra-
ziavano e laceravano il cuore. E, cosa
strana, nessuno del ragazzi feriti rea-
giva; tutti restavano come insensibili,
non cercavano neppure di difendersi.
Subito dopo. udii un gemito corale,
straziante. prolungato: i feriti dai corvi
si agitavano, gridavano e si ritiravano
lontani dagli altri. Mentre stavo ra-
gionando su quello che vedevo, udii
bussare alla porta e mi svegliai •.
Don Bosco. dopo il racconto di que-
sto sogno, notò che durante la setti-
mana successiva le comunioni cala-
vano; pochi ragazzi si confessavano.
Dieci giorni dopo, sog.nò: ., M i pareva
di trovarmi presso la ringhiera a guar-
dare i ragazzi in ricreazione. Di lassù
vedevo i ragazzi feriti dai corvi. Ed
ecco, vidi avanzare un Personaggio con
un flacone di balsamo. un medicina/e
meraviglioso, accompagnato da un in-
dividuo che teneva in mano un panno-
lino. I due pietosi Samaritani comin-
cia_rono a medicare le piaghe dei fe-
riti'. .appena spalmavano l'unguento, i
fent, guarivano di colpo. Ne vidi al-
cuni però che, all'avvicinarsi dei due
prodigiosi infermieri. si scostavano e
sfuggivano perché non volevano esse-
re guariti. lo li conosco tutti e pro-
curerò di sanare le loro ferite.
Il Personaggio misterioso col vaset-
to di medicinale era Gesù; chi /'ac-
compagnava era il sacerdote.
Quando i ragazzi sono piagati dal
peccato, occorre accompagnarli al Per-
INSEGNATEGLI
CHE GESU1 LI AMA
sonaggio misterioso che Il guarisce:
Gesù. Venite a me voi tutti che siete
tribolati e stanchi, e lo vi conforterò •,
invita Gesù. Il Sacro Cuore è il rifu-
gio e il medico di ogni stanchezza
e ferita morale. Bisogna condurre
giovani a Gesù.
Spesso le piaghe .dei ragazzi si
moltiplicano se non li si conduce a
Gesù, perché sopravviene la cosiddetta
K stanchezza o ferita da motivazione »:
sotto l'impatto della colpa l'entusiasmo
svanisce. non hanno più gusto al la-
voro. gli sembra più semplice rifu-
giarsi In una specie di fuga piuttosto
che tent are di riaffermare la propria
volontà. E' una forma di cedimento e
di crollo che affligge centinaia di ra-
gazzi. I conflitti emotivi li spingono al-
1'Inazione e la loro profonda stan-
chezza diventa una specie di difesa del
loro animo contro una situazione mo•
raie, difficile e scabrosa. In questo
caso più che mai occorre portarli al-
l'amore al Sacro Cuore, fargli capire
che Gesù è accanto a loro, che non
gli è discosto. Nessuno è tanto vivo
quanto Gesù. E nessuno li ama come
Lu!.
Bisogna far conoscere ai ragazzi
che Gesù è una dolce Presenza. E'
una Presenza che persuade i Martiri a
sacrificargli la vita. E' una Presenza
che alimenta i fervori eroici del grandi
mistici e 1 loro drammi silenziosi. E'
una Presenza che il più umile del
giovani porta In sé quando riceve il
Pane Eucaristico e sente che la sua
anima diventa più forte. più generosa.
I cristiani nel corso dei secoli
usarono parecchie formule per espri-
mere questa Presenza divina: Uraga-
no invisibile dell'amore •. la disse il
romagnolo Giovanni di Fécamp morto
nel 1070; • abisso di cui non s1 pu6
misurare la profondità •, scrisse santa
Teresina del Bambino Gesù. Paolo co-
niò la formula più st upenda: • Non
sono più io che vivo: è il Cristo che
vive in me •. E sant'Agostino diceva:
Gesù è più io che il mio io . Quan-
do I giovani sono pieni di questa Pre-
senza Divina non temono nulla: pos-
sono pure svolauare su di loro I cor-
vi, non troveranno mai il varco per
cui penetrare.
Se poi i giovani sono feriti dal
peccato, occorre persuaderli che Gesù
li ama e che il Sacro Cuore è tene-
rissimo per loro. Gesù solo ha il me-
dicinale che guarisce e che risana; il
Sacerdote nella Confessione con un
pannolino spalma il balsamo nelle ani•
me, e tutto ritorna più bello di prima.
Carlo De Ambrogio
21

3.2 Page 22

▲back to top
■ani al
lavoro
mentare i laboraLOri diventa indispen-
sabile aggiornarsi. C'è sempre da rin-
giovanire i gruppi, con l'innesto di
Cooperatrici di età media o giovani
cuore a Dio
spose. Dalle testimonianze presentate,
risulta che esistono laboratori costi-
tuiti da Giovani Cooperanici, e impo-
stati con stile adeguato.
L'aggiornamento chiede pure nuove
75 responsabili dei Laboratori Mamma Margherita si
forme di attività, eia inventare con fan-
tasia e creatività. Un'esperienza che
sono incontrate a Torino per « una riflession e sulla ba dato buoni frutti, e va quindi in-
natura dei laboratori, e una uerifica di ciò che rea-
lizzano» soprrrlfulfo in favo re delle Missioni.
coraggiata, consiste nell'offrire alle ado-
lescenti fa possibilità concreta di ap-
prendere, nel laboratorio stesso, quan-
to è necessario per la loro missione di
Le responsabili dei laboratori litur- turgica, o accudendo al guardaroba di donne nella casa ( taglio, cucito, rica-
gico-missionari si sono riunite nel squadre sportive, oratoriane, al guar- mo, lavori manuali, economia dome-
nome di Mamma Margherita. E nel daroba del teatro, o cli comunità im- stica, ecc.).
luogo santificato dal suo lavoro per pegnare nell'apostolato...
Due coosigl i pratici sono stati for-
i raga.7..zi di Don Bosco: Torino-Val•
Ma i laborawri sono anche occasio- mulati per l'attività missionaria: indi-
docco. (E hanno ricordato quel giorno, ne per la formazione spirituale sale- viduare, attraverso le opportune con- ·
il 3 novembre 1846, quando Don Bo- siana delle Cooperatrici. Negli incon- sulenze, le missioni che sono veramen-
sco con il messale e il breviario sotto tri è possibile dare spazio al dialogo te bisognose; e poi produrre e inviare
il braccio, e Mamma Margherita con con Dio, alla 1iilessione, alla preghiera. ciò che risulta sicuramente utile.
'
un canestro di biancheria. percorsero
I laboratori possono anche favorire
Sul piano amministrativo si è insi-
a piedi tutta la strada che dai Becchi l'amicizia, in un clima di salesiana cor- stito sulla necessità dell'esatta registra-
portava a Torino. Allora Mamma Mar- dialità. Tante volte il lavoro in comu- zione di entrate e uscite, sulla colle-
gherita - prima Cooperatrice Salesia- ne si presta al canto, alla musica, e gialità cle!Je decisjoni, sulla hequente
na - a,priva il primo « laboraLO.rio », simili, in una serenità che apre iJ grup- comunicazione ciel bilancio alle parte-
per i ragazzi poveri che Don Bosco po a simpatizzanti che potranno un cipanti.
avrebbe ospitato presso di 5é).
giorno unirsi a esso.
Ora i « Laboratori Mamma Marghe-
La ri_flessione si è poi portata su Pazienza attiva
rita •> sono più di cenro nella sola Ita- alcune caratteristiche che qualificano
lia, senza contare i numerosi che sor- o devono qualificare i laboratori, per Il Rettor Maggiore concludendo i la-
gono all'estero. Nei giorni 19-21 mar- esempio il tono di solida spiritualità, vori ha esortare alla pazienza attiva:
zo 1976, 75 Cooperatrici responsabili, che vuole esduso tutto ciò che ne fos- « A voi, come madri di famiglia e don-
provenienti da 36 laboratori di 14 di- se in conrrasto. Poi il far oggetto di ne di esperienza, io dico: la vita porta
verse regioni italiane, hanno tenuto il conversazione gli argomenti dell'attr,a- tanti problemi, che non si risolvono
loro Convegno. Era presente il Ret- lità, per chiarire a sé - e trasmettere se non con la pazienza attiva. Non
tor Maggiore che già 16 anni fa le ave- ad altri - il pensiero e gli orienta- arrendersi, non rinunciare, non fer-
va radunate, e presenti vari altri diri- menti della Chiesa (ciò comporta rr.i marsi mai! » H11 suggerito l'inter-das-
genti. Per affrontate insieme i proble- l'alrro la presenza, sollecitata dalle re- sismo: « Nel 1850 c'erano già le Coo-
mi vecchi e nuovi, per coordinare il sponsabili, del sacerdote o della suora peratrici che lavoravano con Mamma
lavor-0 e programmare.
preparata). Altre caratteristiche su cui Margherita, e provenivano dalla no-
Il Convegno ha voluto essere « una si è insisriLO: la missionarietà dei la- biltà e dal basso ceto, operaie e casa-
rifle5sione sulla natura dei laboratori, boratori, e il clima di comunione fra- linghe: un vero inter-classismo, che
e una verifica di ciò che realizzano ». terna.
voi dovreste imitare anche oggi». Ha
Si sono avute relazioni (sulla spiritua-
Sul piano dei programmi è stato riproposto il ringiovanimento dei grup-
lità del lavoro, stùlo spirito missiona- osservato che per rilanciare e incre- pi: « Il problema dell'anagrafe si riso!-
rio dei laboratori); e poi testimonianze
dal vivo (sulla fraternità, sull'aprire i
laboratori a elementi giovani, su nuo-
ve proposte di attività); e poi i casi
AL
U. CUORE A DlO
pratici riguacdanti spedizioni di pacchi
e casse, scelta delle destinazioni, scel-
ta dei manufatti... Ma anzitutto è sta-
ta approfondita la « riflessione sulla
I
natura dei laboratori».
I laboratori sono...
i
I laboratori - si è detto - sono
mezzi con cui le Cooperatrici salesia•
ne si rendono uLili a chi è nel bisogno,
in patria o nelle lontane missioni, nelle
opere salesiane o in altre opere. Ci si
può rendere utili in vario modo, anche
preparando paramenti e biancheria li-
22

3.3 Page 23

▲back to top
ve con l'impiego dei globuli rossi... In-
teressate giovani signore e signorine
con attività a loro congeniali, e vedre-
te che i laboratori rifioriranno».
Le responsabili dei laboratori non
si sono accontentate di visitare i luo-
ghi di Don Bosco e Mamma Marghe-
rita a Tori.no-Valdocco, si sono recare
anche alla loro povera << casetta dei
Becchi». Per attingere alle fonti.
Occorre infatti una forte carica di
entusiasmo, per perseverare in un la-
voro a volte oscuro e misconosciuto.
Mamma Margherita stessa un giorno
aveva provaro lo smarrimento, quando
i « ragazzacci » dell'oratorio le avevano
devastato l'orto curato da lei con tanta
fatica. Aveva finito per sbottare con
Don Bosco: <( Come posso andare
avanti così? Me ne torno alla mia ca-
sa ai Becchi... ». Don Bosco l'aveva
lasciata sfogare per bene, poi senza
dire una parola aveva puntato il dito
verso I.a parete. Sulla parete era appe-
so un crocifisso. Mamma Margherita
abbassò gli occhi, e mai più parlò di
tornare a casa sua.
Sulle pareti della sala dove si è svol-
to il Convegno delle responsabili c'era
pure un crocifisso, e una scritta che è
il loro slogan: <i Le mani al lavoro, il
cuore a Dio».
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gazzi come si gioca
a l calcio. Spiega a
parole (semplici). e
! •11&11111~
con le foto (che lo
mostrano in azio-
neC).i sono almeno
tre motivi per met-
tere questo volume
1n mano a1 ragazzi. Primo. Pelé Inse-
gna lo sport vero, non il tifo. Secondo,
attraverso il racconto del la sua esi-
stenza dice ai ragazzi che possono
e devono mettere d'accordo sport e
scuola. Terzo, è un credente che dice
ai ragazzi di mettere d'accordo lo sport
anche con Dio.
Visiteranno
la Patagonia
GIAN FRANCO VENE'
Invece la verità
Ed. Sei 1976. Pag. 388, lire 4.500.
• Contro-inchieste • dice il sottotito-
lo, e il libro è a suo modo un'effi-
cace lezione di giornalismo. L'autore
ricorda che si, il giornalista deve ri-
spondere alle quattro fondamentali do-
mande • chi quando dove perché •,
ma precisa che in questo modo si
fanno al massimo i dispacci di agen-
zia. Un'informazione glornalistlcamen-
te completa vuole soprattutto una chia-
ve di lettura della notizia. e il vero
lavoro consiste nello scoprirla. Giran-
do, scartabellando, interrogando. Fa-
cendosi sbattere le porte In faccia.
E magari alla fine risulta che inve-
ce la verità era un'altra.
I Cooperatori salesiani, ohe nel no-
vembre scorso hanno visitaro le mis-
sioni dell'India, hanno ora in program-
ma una visita analoga alle antiche mis-
sioni salesiane della Patagonia e Terra
del Fuoco. Il viaggio si inserisce nelle
manifestazioni del « Centenario delle
missioni salesiane», e intende riper-
correre l'itinerario dei primi Figli di
Don Bosco in quelle tene.
Prima sosta a Buenos Aires ( visita,
tra l'altro, alla « Chiesa degli Italiani »
e al quartiere La Boca dove i primi
missionari lavorarono per gli emigrati).
Poi giù a Bahia Bianca e Fortfn Mer-
cedes ( tomba di Zef.firino Namuncurà,
museo missionario); festa di Natale
probabilmente a Patagones e Viedma
(dove sorsero le prime vere missioni
del card. Cagliero, fra gli indios). Quin-
di nell'interno, sulle Ande, a Junin de
los Andes (dove visse Laura Vicuiia).
Di nuovo sulla costa a Comodoro Riva-
davia (dove Don Bosco predisse in
sogno la scoperta del petrolio, e dove
sorge ora l'università del lavoro). Quin-
di nell'estremo sud del continente, a
Rio Gallegos e Punta Arenas (la dio-
cesi più australe dei mondo); infine
nella Terra del Fuoco (patria degli indi
Ona e Alakalufe) dal clima sopporta-
bile... d'estate.
La visita è programmata appunto
in piena stagione calda per quella par-
te del mondo, cioè dal 18.12.1976 al
5.1.1977. Qualche interrogativo pende
ancora sull'effettuazione del viaggio,
Cilusa l'incertezza del momento inter-
nazionale. A pane ciò, la proposta dei
Cooperatori si presenta come valida
alternativa al turismo meramente d'eva-
sione, che tanto spesso viene prati-
cato senza un vero ar.dcchimento del-
lo spirito.
Per informazioni: Segreteria Gene-
rale Cooperatori - Via della Pi-
sana 1111, Casella Postale 9092
00 I00 Roma• Aurelio.
Tcl. (06) 6-1.70.241.
ARCHIMEDE PIANAZZI
Ardisci e spera
Las. Roma 1976. Pagine 222. senza
prezzo.
E' la • Vita del
vescovo missionario
Luigi Mathias (1887-
1965) •. scritta da
chi visse al suo
fianco per lunghi an•
ni e • raccolse il
suo ultimo respiro•.
Un profilo scritto
• come un atto di
affettuoso ricordo per chi mi vol le be-
ne come un padre •. Ma il mate-
riale è preso dagli archivi, e dalla
viva voce di molti che lo conobbe-
ro•. nonché dall'autobiografia • Qua-
rant'anni di missione in India •.
il generoso missionario che si scel-
se come motto • ardisci e spera
meritava di essere ricordato nel cen-
tenario delle missioni salesiane. E si
meritava anche il biografo preciso, af-
fezionato e sorridente che ha avuto.
23

3.4 Page 24

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KUBITSCREK
Brasilia e n sogno
In un recente articolo in cui fa la storia di Brasilia, l' ex
presidente Juscelin o l{ubiisch ek ha raccontalo sul Sl'i -
timanale « Manch el e » il peso ch e ebbe, nel sorgere del-
la nuova capitale, un sogno avuto da Don Roseo n el 1883.
Q «
uando lessi queste parole (il spetto dell'incl't'dulilà generale, anda-
racconto dr un .sog110 dt Do11 vano sorgendo di 1anto in tanto nuovi
Bosco, Ndr) nelle sue Memorie Bio- idealisti a suo favore (e ] K 11e ele11-
grafiche, fui p reso da una profonda ca 4 o 5, poi prosegue). Sul piano mi-
commozione. E meditai sulla grande stico si fece udire, come un avverti-
civìlizzazione che dovrà svilupparsi tra mento profetico, il tanto citato sogno
i paralleli 15 e 20, proprio l'area nel- di san Gio\\•anni Bosco.
la quale stavamo in quei giorni co-
Il Santo dei Becchi, Italia, andava
struendo Brasilia ». Così ho seni/o soggetto a visioni, che costituivano ve-
reunteme,11e, in un orticolo apparso re anticipazioni di ciò che sarebbe acca-
i11 u11 sellim,male, l'ex Preside11te del duto in un futuro ancora remoto, Il
Brasile Juscelino Kubitschek, il voli- 30 agosto 1883 egli passò attravcr~o
tivo creatore dello prestigiosa capitale un'altra esperienza di questo izencre.
sudamericana.
Si 1rattò di un sogno-visione - e que-
Nell'articolo, che porta il titolo sta volta riguardante proprio il Bra-
« Perohé ho costruito Brasilia », dap- sile - raccontato in urui riunione del
prima JK fa in breve la storto di que- Capitolo Generale della sua Congre-
sta ideo del « trasferimento della capi- gazione alruni giorni più tardi, preci-
tale brasiliana,. (un'idea nata senza samente il 4 settembre.
precui contorni già nel lontano I 789,
Don Bosco raccontò che « fu ~olle-
11ef 1821 arricchitasi defle coordinate vato dagli angeli » e durame il viag-
geografiche, e più tardi del ben 11ome gio una delle guide celesti gli disse
di Bflmlia). Ma ecco le sue parole.
d'improvviso: « Guardate! Noi andia-
mo in viaggio lungo le Cordigliere! >>
Apparirà la terra promessa
Il santo rnccontò che aJJora vide « le
selve Amazoniche, con i loro fiumi
Il trasferimento della capitale rima- intricati ed enormi ». Visitò i villaggi
neva - come ha scritto lo storico Ota- degli indi e assistette, terrorizzato, al
vio Tarquinio de Sousa - « nel mon- sacrificio di due missionari salesiani
do delle belle fantasie», era conside- abbattuti dai selvaggi (episodio che 5i
rato « come un'utopia». Eppure, 11 dì- verificò pii, rardi in Amazonia. nel
A SIDISlra: l'ErmJda dedlcata a don
Bosco profeta dJ Brasilia •· Sopra:
JK durante la costruzione della nuova
capitale.
1934, quando morirono v1tt1 me degli
ind i Xavantc i missionari don Pietro
Sac.ilotti e don Giovanni Fuchs).
Ma non cm tutto. Il Santo prose-
gue nel suo racconto: « Tra il grado
15 e il 20 vi era un seno assai largo
e assai lungo, che partiva da un punto
ove formavasi un lago. Allora una vo-
ce disse ripetutamente: « Quando si
verranno a scavare le miniere nascoste
in mezzo a questi monti, apparirà qui
la terra promessa, fluente latte e mie-
le. Sarà una ricchezza inconcepibile...
E queste cose llV\\•crranno prima che
sia compiuta la second11 generazione •·
Quando lessi queste parole nelle sue
Memorie Biografiche (vof. XIII, so-
prattullo pag. 189-190), fui preso da
una viva commozione. E meditai sulla
grande civilizzazione che doveva svi-
lupparsi tra i paraIleii 15 e 20: pro-
prio l'area in cui stavamo cost~uendo
in quei giorni Brasilin.
Il lago della visione del santo già
figurava nel piano-pilota dell'urbani-
sta Lucio Costa. E 13 terra promessa,
annunciata ripetutamente &Ila voce
misteriosa, ancoro non esisteva di fat-
to, ma già si configurava attraverso
un anelito collettivo, che stava diven-
tamlo aspi razione nazionale. Ll « scor-
rerebbero latte e miele».
La visione di Don Bo,;co fu, di fatto.
un'anticipazione, un avvertimento pro-
fetico su ciò che ~arebbe aa:aduro nel-
l'altopiano centrale II panire dal l956.
Il primo cemento
fu per Don Bosco
Nel suo orticolo JK 11arra le ta11-
tim111e di//1coltà che dovette superare
per condurre i11 porto il suo progetto,
e dice anche lullo ,I conforto che g/1
ve1111e, qua11do 1{ progelln era solo agli
mn1, dalla lettura dt'ila profezia d, Do11
Bosco che u11 safesumo gli aveva reca-
pitato.
j K fII cosi persuaso dal sog110-pro-
/er.ia, che desti11ò il primo ferro e il
primo cemento giu11to 111:fla / utura Bra-
silia alla costrur.io,,e di 1111a « ermida »
(tempietto) dedteata a Do11 Bosco. E
volle subito, 111entre a11cora sorgevano
, cantieri, che i sules,am aprissero una
scuola provvisoria, i11 baracche postic-
ce, per i figfi dei costmttori. E vofle
che la pmna chiesa di Brasilia (mo-
dernissima, in 11110 cillà ultramoderna)
/nsse dedicata a D011 Bosco e a/fidata
ai suoi /igli, come pure 1111 collegio
annesso.
Sono passati ormai ve11t'a11ni da que-
gli avvenime11ti, 111a nel ricordo dd-
l'ex preside,zte brostl10110 Jusceli110
Kubitschek la « sua città è ancora e
sempre leg(lta - come dimostra il suo
rcce11te articolo - al vivissimo ricor-
do del sogno di Do11 Bosco.

3.5 Page 25

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MISSIONI SALESIANE
1U5©
eTapnotcab·msuosldicia
Una serie di concerli da Tokyo a l{ob<' - L 'umiliante
ballaglia col borsellino - Banda in fl>sla. in cerca di
voca:.ioni-A Hifoyoshi i bambini dei lebbrosi-« Per-
ché non venile a T okyo?» - Parroco pendolare- Ingi-
nocchiato davanti al primo sacerdote giapponese.
A veva la testa piena di vocaboli,
don Cimatti, que:I giorno. Gli
danzavano in testa legati ai loro stra•
ni caratteri come un teatro dei burat-
tini. Eppure bisognava ancora impa-
rare una pocsiota, una di quelte can-
tilene da seconda elementare. Don
Cimatti disse: « L'unica è che la mena
in musica. Chissà che non riesca a im-
pararla più facilmente;►•
Cosl, scherzando, tirò giù una cin-
quantina di note sul margine del li-
bro. Poi cominciò a canticchiarla. Poi
vennero i ragazzetti, e don Cimaui,
al pianoforte, suonò e cantò la sua
poesiola. Dieci minuti dopo la canea-
vano rutti, con gusto e allegria. Don
Cimntti non si fermò più. Ogni poesia
che doveva studiare, la musicò. Cre-
de,,a di far cantare solo i suoi ragaz-
zini, invece chissà come quelle can-
zoncine passarono di bocca in bocca,
e presto di città io cinà, e migliai,1
di giapponesi cominciarono a cantare
la sua musica semplice e melodiosa.
Lanciato dalla sua musica, don
Cimimi comincio a essere invitato a
suonare e ;l contare in tutto il Giap-
pone. Cimalti-Liviabella-Margiaria di-
vennero un rrio conteso e ricercatis-
simo.
Una serie dJ concerti
--------- da Tokyo a Kobe
(( Ho accettato - scrive in una let-
tera a don Rinnldi - una serie di con-
cerù da Tokyo fino a Kobe, per una
quindicina di giorni. Nel mese di
Maria saremo in giro nell'isola cen-
trale per cantare, con una secie di con-
certi, le lodi di Dio e far conoscere
la nostra opera. A noi tirino pure le
patate, ma Dio sia glorificato. Nd mas-
simo salone di Tokyo spero poter in-
tonare: "Cristo risusciti in tutti i cuo-
riI" nella bella melodia italiana dt:1
secolo XH ».
Al termine della catena di concerti,
in cui i tre missionari fra un pezzo di
musica e l'altro avevano parlato dì
Gesù, di Don Bosco e dei Salesiani,
tornarono velocemente a casa. Don
Cimarti annotò: • Un diecimila perso-
ne hanno ricevuto un po' di bene.
Stanchi, senza soldi, ma contenti! ».
Negli anni seguenti le catene di con-
certi si ripeteranno. Nel 19.H andrà
addirittura in tournée nella Manciuria
e nella Korea. E i titoloni dei giornali
confermeranno sempre un successo pie-
no. Nel 1935, tirando le somme, don
Cimarti si accorgerà di aver già dato
800 concerti in ogni angolo del Giap-
pone. E continuò ancora, fino allo
scoppio della seconda guerra mondiale.
In cene giornate i concerti erano addi-
ri nura quauro. L'ultimo brano era
quasi sempre l'« Ave Mariti» compo-
st.! da lui stesso su parole giapponesi.
L'umlUante battaglia
del borsellino
Quanto a denaro, queste . lunghe
sfacchinate musicalì non resero quasi
mai un centesimo. Ma regalarono mol-
tissima simpatia ai cattolici, e special-
mente ai salesiani. Un giornale di
Tokyo, dopo un concerto di don
Cimatti, scriveva: « Con la loro mu-
sica, i cattolici hanno lasciato una ma-
gnifica impressione, e hanno dimostra-
to come ci possa essere una civiltà del-
lo spirito». Soldi, niente. I salesiani
vi\\levano in una povertà che rasen-
tava la miseria.
A volte era proprio necessario fare
una spesa: comprare del cibo. o medi-
cine per i malati, o nffi11are una fetta
di terra per farvi giocare i ragazzi. Don
Cimalti si frugava in tasca poi scuo•
teva la testa con un malinconico sor-
riso: non c'era proprio niente.
Quello del borsellino vuoto fu per
molti anni il suo cruccio più grosso.
Banda in testa,
- - - - - - alla ricerca di vocazioni
Uno dei problemi che i Salesiani
affrontarono fin dall'inizio fu quello
delle vocazioni. Bisognava guardare
lontano: pensare che un giorno i Figli
di Don Bosco non avrebbero più dovu-
to venire dall'Europa, ma nascere nel-
lo stesso Giappone. « C:Onfidando nel-
la Provvidenza - scrive Don Ci-
maui - cominciammo ad acrogliere
fanciulli abbandonati e orfani. La vita
di Don Bosco, lo scopo della Socierà
Salesiana, l'Opera per le vocazioni
udulre, notificate con In stampa e con
25

3.6 Page 26

▲back to top
numerosa corri9pondenza agli I stituti
Religiosi e ai Parroci, ci mise in con-
dizione di a vere qualche elemento su
cui formulavamo le più belJe speran-
ze per il futuro. Fin dal 1927 sognava-
mo e cercavamo il locale per il semi-
nario diocesano e per il noviziato sa-
lesiano.
« Dal 1928 al 1934 gli allievi da noi
raccolti progredirono nella proporzione
di 1-2-9-16-25-36. Nei dieci anni se-
guenti ( 1934-44), trasportato il piccolo
seminario da Nakatsu a Miyazaki, si
può calcolare una media annuale di 40
allievi, divisi in 4 classi e un corso pre-
paratorio alla filosofia )>.
« Gli elementi del Seminario, prove-
nendo non solo dalla Provincia di
Miyazak.i, ma da alrre del Kyushu e
dall'Isola Grande, servirono pure co-
me mezzo di propaganda salesiana. Le
passeggiate estive fatte, come le prime
passeggiate di Don Bosco (banda in
testa, recite e conferenze...), in varie
zone delJa Provincia, servirono come
ottima propaganda cattolica ».
Don Cimatti considerava quei pri-
mi seminaristi come la pupilla dei suoi
occhi. Li incantava con la sua bontà.
Quale-uno ricorda che diceva loro con
semplicità: ~< Noi adesso ci arrabattia-
mo a tirare su case, a creare oratori
e scuole. Ma quando il Signore ci dirà:
"Piantate tutto e venite.con me", noi
non avremo dei figli a cui consegnare
in eredità quello che abbiamo fatto.
O meglio, i nostri figli siete voi, per-
ché voi sarete i primi salesiani giappo-
nesi. Fate in fretta a crescere, perché
io sono stanco, e appena sarà possibile
metteremo nelle vostre mani le case,
le scuole, le chiese, gli oratori, i debi-
ti, tutto. Vi staremo a guardare e di-
remo: "Fa piacere avere dei continua-
tori cosl in gamba!">>.
Le tappe di uno sviluppo
lento e tenace
Conviene segnare subito le date più
importanti dello sviluppo della Mis-
sione salesiana in Giappone; più avan-
ti sarà di~fici le tener dietro allo svi-
luppo cronologico di essa, che diventa
sempre più complessa, e dovremo limi-
tarci ad accennare in breve a opere e
avvenimenti.
Anno 1928. Con « Breve Aposto-
lico» le province di Miyazaki e Oita
sono erette in Missione indipendenre
e affidare ai Salesiani.
Anno 1935. Con « Decreto Aposto-
lico » la Missione è eretta in Prefet-
tura Apostolica. Don Cimarti è nomi-
nato Prefetto Apostolico.
Anno 194l. Col passaggio della Ge-
rarchia ecclesiastica in Giappone al
Clero locale ('Per le difficoltà che du-
rante la guerra incontrano gli stra-
nieri), la Prefettura Apostolica è affi-
data al giapponese Mons. Ideguchi.
Anno 1950. La Prefettura Aposto-
lica è smembrata in due Vicarie: quel-
la che comprende la provincia civile
di Miyazaki è affidata ai padri Save-
riani delle Missioni Estere di Parma;
quella che comprende la provincia ci-
vile di Oica resta affidata ai Salesiani.
Nello spazio di un anno i Salesiani si
ritirano definitivamente dalla Provin-
cia di Miyazaki, e danno nuovo impul-
so all'evangelizzazione della Provincia
di Oita.
A Hitoyoshi i bambini
dei lebbrosi
Hitoyoshi, uno dei tanti paesini giap-
ponesi sperduto sulle colline. Ma il
suo nome fa paura perché abitano
Mlyazakl, anni Trenta: lezione di « scherma per I giovani del piccolo seminarlo
salesiano. Alcuni di questi giovani, diventati poi sa lesiani, durante Il conflitto
mondiale dovranno combattere e morire sugli immensi fronti di guerra del
Pacifico; altri, provenienti dal quartiere cattolico di Nagasaki , avranno I familiari
uccis i dalla bomba atomica.
Una Figlia della carità di Mlyazaki,
con un orfano di guerra.
i lebbrosi. Nel vasto dispensario li cu-
rano le suore francescane. Hanno una
grave pena: i bambini. Il figlio di due
lebbrosi nasce sano·, ma se rimane
accanto ai genitori può prendere la
tragica malattia. Che fare? Le suore
ne parlano ai salesiani.
Don Cimatti e don Cavoli, entram-
bi romagnoli col fuoco dentro, deci-
dono che bisogna fare qualcosa. E' il
I930. Don Cavoli è riuscito a formare
un'attiva « San Vincenzo» di ragazze
giapponesi, e propone a don Cimatti
di affidare loro una casa-nido in cui
ospitare bambini. Don Cimatti
approva.
Pochi giorni dopo sette bambini
farfugliano in due povere stanze, im-
boccati dalle ragazze di don Cavoli.
Quando don Cimatti riesce a strappa-
re un minuto di tempo, va da quei
bambini, li incanta cantando piano pia-
no col suo vocione -da baritono, si fa
tirare la barba bianca.
Da cosa nasce cosa. Quelle ragazze ,
diventano più numerose, dtledono di
dedicare turca la vita ai bambini e ai
poveri. Diventano la « Caritas Kai »,
cioè le (< Suore della Carità». Nell'an-
no seguente aprono un ospizio per i
vecchi emarginati. Oggi sono 400. Nel
loro cencro di Miyazaki ospitano 2.000
sotto-poveri. La << Caritas Kai >► ha
aperto delle opere in rutto il Giappone,

3.7 Page 27

▲back to top
anche in Bolivia e in Brasile tra gli
emigrati giapponesi.
cc Perché non venite a Tokyo?»
« Voi lavorate per i ragazzi poveri.
E allora perché non venite a Tokyo? »,
si senrl dire un giorno don Cimatti da
Mons. Chambonj arcivescovo della ca-
pitale. Ci pensava da tempo. Tokyo,
la capitale del Giappone, già in que-
gli anni era una delle più vaste e ric-
che città del mondo. Quasi 6 milioni
di abitami. Una dis tesa sterminata di
case, caotica, rumultuosa. Una marea
gialla di edifici industr iali che si spin-
geva verso le acque azzurre del Paci-
fico fitto di navi. Ma accanto alla ric-
chezza, come in ogni citlà industriale,
spumavano le fungaie della miseria.
Don Cimatti andò a vedere, e an-
notò: « Il quartiere di Mikawashima
è poverissimo. Viene giudicato la zona
più misera di tutta li città. E' biso-
gnosa in tutti i sensi. Migliaia di ra-
gazzi vagano per le strade. Verremo
qui>►•
« Il 12 gennaio 1933 - scrive an-
cora Don Cimatti - si stabilirono a
Tokyo don Pietro Piacenza, il chierico
Claudio Filippa e il coad. Emilio Ra-
gogna. Il 29 gennaio si inaugurò l'ora-
torio e la parrocchia in quel quartiere
brulicante di gioventù, che subito fe-
ce amicizia con i nuovi venuti. La buo-
na popolazione, e specialmente i fan-
ciulli, presto qual ificarono don Pia-
cenza come ''il santo della strada", o
''il santo della barba".
« Nonostante ci fosse un'eccitazio-
ne speciale verso gli stranieri, in quel
tempo, don Piacenza seppe attirare un
numero stragrande di rag37.zi e guada-
gnarsene l'affetto e la simpatia...
« Un giorno - è sempre don Ci-
mani che scrive - un giovane del-
l'oratorio nel suo componimento parlò
dell'oratorio di Don Bosco. Il maestro
lo lesse davanti agli scolari, e fece al-
zare la mano a quelli che lo frequen-
tavano: sebbene fosse una scuola piut-
tosto distante da noi, più di una deci-
na alzarono la mano. Il maesrro parlò
bene dell'oratorio, ed esortò i ragazzi
a frequentarlo. Se si considera quanta
sia l'autorità dei maestri in Giappone,
che con una parola possono toglierci
tutti i ragazzi, si comprende il valore
di questo fatto.
« Cinque soldi per ogni pelo
delJa mia barba! »
« L'affetto da cui don Piacenza era
circondato faceva proprio pensare a
Don Bosco e al suo Oratorio. Era bel-
lo ammirare la scena che capitava,
quando doveva attraversare il cortile.
l ragaz:.!i smettevano momentaneamen-
te i loro giochi e correvano al suo pas-
saggio; un bell'inchino, un sorriso, e
wrnavano a giocare, oppure si aggrap-
pavano a lui con la mano protesa ver-
so la barba. "Guai a chi mi rocca la
barba! - diceva sorridendo, - un
pelo 5 soldi!".
« Questo quartiere è proprio il più
povero della città - scriveva in que-
gli anni don P iacenza - . Un terzo dei
ragazzi va a scuola senza pranzo. Le
case sono veri canili: in pochi metri
quadrati, si stipano fino a dodici per-
sone alla rin fusa. Malati in quantità,
tisici molti. Solo nella parte più vici-
na alla Missione (la parrocchia con ta
circa 500 mila abitanti), più di duemila
rag37.zi che hanno finito la scuola ele-
mentare sono a zonzo nelle strade:
vagabondaggio, furti, malavita... Occor-
re una scuola serale, un doposcuola,
una conferenza di San Vincenzo. Spe-
ro di cominciare tutto al più presto... )>,
Ma la morte prematura coglieva don
Piacenza il 5 giugno 1935. L'opera
salesiana in Tokyo, però, era stata così
ben avviata da lui, che si sarebbe svi-
luppata in maniera vigorosa.
Parroco pendolare
A Oita i Salesiani avevano m1z1ato
nel novembre I930 una modesta scuo-
la tipografica. Nel 1934 la trasporta-
rono a Tokyo. Venne trasformandosi
nell'attuale « Scuola Professionale Don
Bosco >>. Nel ramo della stampa catto-
lica diede origine alla <( Don Bosco
Sha it, l'« Editrice Don Bosco».
Una parrocchia tra i campi dei con-
tadini, a Tano. C'è la chiesa, ma nem-
meno una stanzuccia per un prete. Bi-
sogna andare e tornare ogni volta che
c'è da dir Messa, ogni volta che c'è un
ammalaco. Fare il parroco pendolare.
Don Cimatti scrive ai Superiori di To-
rino: « E' un servizio disagevole e dan-
noso alla salute. Non posso in coscien-
za mandare nessuno dei confratelli, e
quindi ci vado io».
I cristtani di Tano lo chiamano <( Pa-
dre Bene-bene». perché mentre cerca
le pardle giapponesi c,he non vengono,
don Cimarti sorride e dice « bene-
bene ». Un ragazzo di Tano ricorda :
« Con la lingua qualche volta non riu-
sciva a dirci quello che voleva. ma con
gli occhi ci comprendevamo. Ci sem-
brava di essere davanti al Signore. Noi
eravamo persuasi che egli ci vedeva
nel cuore. Sapevamo che ci voleva be-
ne, e avevamo per lui una fiducia sen-
za limiti >>.
Inginocchiato davanti al primo
sacerdote giapponese
Ragazzi attori dell'oratorio di Chofu: interpretano l'operetta n grande Visnu~,
musicata da don ClmattJ.
19 marzo 1939. Accanto al vescovo,
don Cimatti stende le mani sopra la
fronte di un pallido giovanotto giap-
ponese.
E' il primo sacerdote giapponese
cresciuto nel piccolo seminario di Miya-
zaki. Il primo frutto di dieci anni di
lavoro, di fatiche, di mortificazioni.
Racconta quel sacerdote: « Durante 1a
funzione della consacrazione vidi don
Cimatti piangere di commozione. Alla
fine, per primo venne a inginocc,hiarsi
davanti a me, e chiese la mia bene-
d izione».
Dietro questo primo sacerdote stan-
no crescendo altri giovani giapponesi:
le speranze per l'avvenire cristiano del-
la Missione.
Ma le not izie che giungono da ogni
parte del mo ndo riempivano il cuore
tli tristezza. Sta. per iniziare la seconda,
terribile guerra mondiale.
TERESIO Bosco
27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
AD ARANJUEZ
Cl SI DA' DA FARE
Ad Aranjuez, piccolo centro apparte-
nente alla parrocchia salesiana La
Merced • nella periferia di Sucre (Bo-
livia), gli abitanti si danno da fare.
Stimolati dal parroco don Romeo Pa-
lestro, gli uomini al sabato e alla do-
menica hanno lavorato per diversi me-
si nella costruzione di un salone de,
stinato a più usi. Nel salone ci si riu-
nisce ora per la messa nei giorni fe-
stivi. per la catechesi al bambini, il
cinema. i vari tipi di incontri della
piccola comunità.
Anche i ragazzi del movimento Gio-
ventù per Cristo si sono rimboccate
le maniche. e stanno costruendo un
canale lungo 700 metri per portare
l'acqua potabile fino al villaggio. Si è
pure fatta una raccolta di indumenti.
che sono stati distribuiti ai poveri
della zona.
Alla base di queste Iniziative è la
presenza del sacerdote. • Pueblo con
cura progresa •. dicono in Sudamerl-
ca: • Paese con sacerdote progredi-
sce • . E è vero.
(Ans)
DA CENTO ANNI
I SALESIANI IN URUGUAY
I Salesiani dell'Uruguay si prepara-
no a commemorare il centenario del
loro arrivo nel paese. Fu infatti con
la seconda spedizione missionaria.
giuntavi il 26-11-1876, che Don Bosco
mandò i suoi primi figli In Uruguay.
A capo della spedizione era don Luigi
Lasagna, autentica tempra di pioniere;
e la prima casa sorse nella periferia
di Montevideo, In un sobborgo chia-
mato Villa Col6n, per i ragazzi poveri.
L'anno seguente giungevano le Figlie
di Maria Ausiliatrice, con la loro pri-
ma spedizione. Uruguayana fu la loro
prima vocazione in terra d'America,
suor Laura Rodriguez, nel 1878.
Oggi i Salesiani in Uruguay sono
194 in 28 centri. e formano un'lspet-
toria; anche le Figlie di Maria Ausi-
liatrice sono costituite in lspettorla:
sono 224 e lavorano in 17 opere.
COME DIVENTANO COOPERATORI
1 giovani che diventano cooperatori
salesiani, al momento di impegnarsi
con una promessa davanti alla comu-
nità salesiana sono soliti motivare con
una breve dichiarazione il perché della
loro scelta. Ecco le motivazioni di due
giovani di Quito (Ecuador}.
Uno studente del Politecnico. Motivo
fondamentale della mia scelta è stata
la costatazione della povertà ed emar-
ginazione del mio quartiere. La vita è
dura, occorrono persone che si dedi-
chino ai poveri. Sono sicuro che se
molti del giovani che vivono senza
scopo conoscessero Cristo, prendereb-
bero coscienza della loro dignità e
vivrebbero per costruire un mondo
d'amore. Perché questo è Dio: Amore.
Un'universitaria. A una • messa dei
giovani • ml colpi il sorriso largo e
sincero del sacerdote, padre Jlmmy.
Frequentai il gruppo dei Giovani Coo-
peratori, e mi preparai. Ma ero Incerta
sulla scelta definitiva. Un giovane mi
chiese perché non ml decidevo a fare
la promessa, e gli risposi: • Non mi
sento preparata •. Ma egli: Anche
Pietro, Paolo, Giovanni e gli altri Apo-
stoli non erano preparati, eppure han-
no risposto subito e generosamente
alla chiamata del Signore: • Vieni e
seguimi •· M l sono decisa, e ora sono
felice. E dirò a tutti quelli che come
me Incontreranno Cristo sotto il volto
sorridente di Don Bosco, di rispondere
subito: con un NO alla tristezza e
un SI' alla gioia.
C'ERA UNA VOLTA GIOVANNINO BOSCO "
Le imprese del Santo dei giovani sono così adatte a spiegare il ca-
techismo. che questa giovane universitaria di Manila non solo le racconta
ma anche le disegna.
Sono 152 gli studenti che, grazie a una borsa di studio offerta dai
salesiani, frequentano varie scuole della capitale filippina, e nello stesso
tempo si impegnano nella catechesi al ragazzi di Tondo (il popoloso quar•
tiere di periferia che Paolo VI nel suo viaggio in Oriente volle visitare
di persona).
DUE CORSI ESTIVI
SULLA COMUNICAZIONE SOCIALE
Due corsi sugli audiovisivi e sulla
comunicazione sociale sono in pro-
gramma questa estate per Salesiani,
Figlie di Maria Ausiliatrice, Volontarie
di Don Bosco, Cooperatori, Exallievi.
li primo, ~ Uso degli audiovisivi nel-
la scuola e nel/a catechesi •. è un
corso monografico che si svolgerà nei
giorni 11-25 luglio 1976 presso li Sa-
lesianum di Roma. Organizzato per
insegnanti già sensibilizzati e iniziati
all'uso degli audiovisivi. si propone di
approfondire non tanto il discorso del
• fare • l'immagine, quanto quello di
• usare • l'immagine.
Il programma abbraccia tre parti: il
linguaggio dell'immagine; l'istruzione
programmata secondo la strategia del-
l'algoritmo: la lezione audiovisiva.
U secondo corso, una • Settimana di
riflessioni, di approfondimenti e di
esperienze sulla comunicazione socia-
28

3.9 Page 29

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LIBRI
le e sui mass-media •. avrà luogo nei
giorni 12-19 settembre 1976 a Roma,
presso l'Università Salesiana. Desti-
nato a coloro che desiderano avviare
un approfondimento generale sul te-
ma, affronta la problematica dei mass-
media, nonché l'uso Intelligente, co-
sciente e responsabile dei mezzi di
comunicazione sociale (stampa, cine-
ma, tv, radio, teatro). Scopo: per
un annuncio sempre fresco e vitale del
Vangelo, per una catechesi essenziale
e incisiva, per un dialogo educativo
più efficace, per lo sviluppo del senso
critico, sia estetico che morale • (Atti
del CGS).
Direttore dei due corsi è don Gian-
carlo Nettari, che dalla Conferenza de-
gli Ispettori d'ltalla è stato incaricato
del • Centro Nazionale per la Comuni-
cazione Sociale •.
Per informazioni e iscrizioni: don
Giancarlo Neffari, Via della Pisana 1111,
Gas. Post. 9092. 00100 Roma-Aurelio.
Tel. (06) 64.70.241.
NELLA VALLE SACRA DEGLI INCAS
Il Vescovo di Cuzco (Perù) ha affi-
dato ai salesiani tre parrocchie nella
Valle Sacra degli lncas: Yucay, Calca
e Huhuayllabamba. Sl ha così una
nuova presenza di figli di Don Bosco
nel cuore delle Cordigliere Andine.
L'opera della Valle Sacra è attività
missionaria dell'lspettoria Peruviana,
affidata a sette tigli di Don Bosco.
RISPONDERE
AL DIO
CHE CHIAMA
Quattro • campi
vocazionali • sono
stati tenuti in Ar-
gentina (lspettoria
di Rosario): a più
di duecento fra i
giovani migliori si
è offerta l'occasio-
ne di riflettere sul
proprio futuro. Vita
rude In accampa-
mento, cucina pre-
parata a turno, e s1
dorme sotto le ten-
de.
E una tenda an-
che per il Signore.
Ecco (nella foto)
tre giovani del ter-
zo corso, In conver-
sazione con il Si-
gnore che chiama e
manda i suol testi-
moni In mezzo ai
popoli.
A SERVIZIO DELLA PARROCCHIA
• Siamo d'opinione che non dobbia-
mo conservare solo per noi il mes-
saggio di Don Bosco, che dobbiamo
portarlo a una comunità che non sia
solo oratoriana ma si estenda all'in-
tero quartiere •. Partendo da questa
premessa, gli Exalllevl dell'Oratorio di
Bari si sono impegnati in una serie
di Iniziative a vantaggio della parroc-
chia • Nostra Signora di Fatima • .
Essi hanno assunto l'impegno della
catechesi per I fanciulli della scuola
elementare e della media. Per miglio-
rare la partecipazione dei ragazzi alla
messa festiva hanno costituito un
• gruppo di animazione liturgica • e un
• gruppo del cantori •. Hanno costruito
una • sala da gioco dove Intrattenere
i ragazzi che altrimenti se ne andreb-
bero per le strade. Hanno ottenuto
di portare questi ragazzi al cinema
dell'Oratorio, Insieme agli oratoriiini.
Hanno costituito un • gruppo teatrale •
e preparato uno spettacolo da presen-
tare durante il carnevale negli ospizi
e negli ospedali della zona.
Nulla straordinario, ma quanto ba-
sta per incidere In profondità sulla
gioventù di un quartiere. Questi gio-
vani Exallievi dell'Oratorio si sentono
parte viva del quartiere in cui vivo-
no. E si sono messi tanto più vo-
lentieri In atteggiamento di servizio,
in quanto la loro è una • parrocchia
povera •.
RAGAZZI IN PREGHIERA
Libro di preghiere per pre-adolescenti.
A cura del Centro Salesiano Pastorale
Giovanile. Ed. LDC 1976. Pag. 400,
lire 1.700.
Più che una rac-
colta di preghiere è
uno strumento per
educare i ragazzi (e
magari per educar•
si) alla preghiera.
E' un invito per gli
animatori a ripensa-
re la • teologia del-
la preghiera che
propongono ai loro ragazzi. Un ripen-
samento che li può portare a rinno-
vare metodi e contenuti.
Non già una trattazione teorica, dun-
que, ma un'esposizione ricchissima di
modelli : preghiera del mattino e della
sera. per l'anno liturgico e l'anno sco-
lastico, sui fatti di ogni giorno (ami-
cizia, scuola, notizie del giornale), per
la celebrazione eucaristica, della con-
fessione, eccetera.
I compilatori del volume hanno pre-
so in considerazione - e quindi mes-
so alla base della loro proposta edu-
cativa - due fenomeni con cui oggi
bisogna fare i conti se si vuole re-
stare nel reale: la secolarizzazione, e
la riscoperta della liturgia.
Il fenomeno capillare della seco/ariz-
zazlatJe ha portato al superamento di
un certo tipo di preghiera di domanda
(incentrata sull'idea di Dio tappabu-
chi l , e ha riportato la preghiera al
centro stesso dell'esistenza, là dove
l'uomo si interroga sul senso della
sua vita e sulle motivazioni per agire.
Quanto alla nuova liturgia, essa col-
locandosi all'interno di questa proble-
matica si preoccupa di indicare nel
mistero pasquale la dimensione ultima
dell'esistenza umana. facendo della
preghiera un , rendere grazie • che si
articoli ln una rioca gamma di atteg-
giamenti interiori.
I compilatori del volume hanno po-
sto queste Idee tra le righe •. E pro-
pongono un largo ventaglio di modelli
di preghiera. in forma ancora speri-
mentale e da approfondire. Anzi, mo-
delli alla creatività degli animatori.
La figura dell'animatore, essi riten-
gono, deve assumere un ruolo di pri-
mo piano. Non va dimenticato che il
ragan:o non sa pregare, che per edu-
carlo non basta mettergli in mano un
libro. L'animatore non può ridursi a te-
nere l'ordine tra i banchi e a indicare
le pagine. Educa alla preghiera pre-
gando con i suoi ragazzi. E prima, an-
cora. attraverso l'Impegno - disage-
vole ma fruttuoso - di tradurre e
adattare le proposte del libro al pro-
prio gruppo di ragan:I. (Un gruppo che
è - come dimenticarlo? - unico, in-
confondibile. irrepetibile nel tempo e
nello spazio) .
29

3.10 Page 30

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LE BANCHE DEL RISO
li Vescovo di Dibrugarh, il salesiano
mons. Roberto Kerketta, ha ottenuto
dai giovani di Mani Tese • il finan-
ziamento di una microrealizzazione che
va sotto il nome di • banche del ri-
so ,. SI tratta di risolvere. con la
spesa di quasi nove milioni di lfre.
un annoso e doloroso problema che
assilla alcune popolazioni della sua
diocesi.
Una parte di quegli abitanti infatti
è formata da tribù di aborigeni ,an-
cora primitivi. con scarsa istruziòne.
dediti all'agricoltura ma incapaci di
provvedere adeguatamente a se stessi.
Nei mesi di giugno-settembre essi se-
minano il riso, e lo raccolgono a no-
vembre-gennaio; ma Il periodo dell'ab-
bondanza dura poco: essi non sanno
amministrare il loro raccolto. Giunti
all'epoca della nuova semina, non han-
no più riso, o non ne hanno a suffi-
cienza per seminare e per mangiare.
E devono ricorrere ai prestiti che i
commercianti torniscono loro a condi-
zioni di usura. Per questo le tribù abo-
rigene vivono sempre nella più squal-
lida miseria.
Si tratta di insegnar loro a essere
più previdenti, e cioè ad accantonare
i l riso nei periodi dell'abbondanza, per
i periodi di magra. E si tratta di aiu-
tarli a realizzare tutto ciò.
E' quanto si prefigge la microrea-
lizzazione. Le • banche del riso sa-
ranno edifici destinati a raccogliere e
conservare il riso per i momenti della
necessità. Nei mesi del raccolto gli
aborigeni porteranno li riso alla ban-
ca, ricevendone in cambio un prezzo
proporzionato. Al tempo della semina,
ritireranno quanto occorre, pagandolo,
o impegnandosi a restituirlo col pros-
simo raccolto. Le • banche del riso •,
libere dalla preoccupazione di guada-
gnare, lavoreranno solo nell'interesse
delle tribù.
Mons. Kerketta ha scelto tre località
in cui far sorgere le • banche offerte
dagli intraprendenti giovani di • Mani
Tese•: Dlbrugarh, Doom Dooma, e
Jorath.
(Ans)
settimane. Nel 1975. non ostante i ri-
schi, vi si sono recati In due dall'Ir-
landa (padre Martin e padre Hugh) ,
più sette loro aiutanti.
La loro iniziativa risulta utile già
in questo, che porta i ragazzi a stare
lontano c..al le strade, e quindi dal pe-
ricolo. L'anno scorso. nel primo giorno
del • Progetto Estate • padre Martin
e i suoi si trovarono come sommersi
da un esercito di duemila ragazzi. di
età fra I sette e i diciassette anni.
Erano arrivati In massa al Centro Ri-
creativo messo a loro disposizione. e
non sarebbe stato possibile badare a
tutti: per fortuna nei giorni seguenti
diminuirono (anche se non furono mai
meno di trecento).
Due volte alla settimana era in pro-
gramma una gita alla spiaggia, con
un autobus a due piani che traspor-
tava cento ragazzi per volta. Era uno
spettacolo vedere tutti quei ragazzi ri•
denti e schiamazzanti, che si sporge-
vano dai finestrini dell'autobus, arma-
ti di secchielli e palette.
Ogni giorno poi c'erano gare a non
finire. dal mattino alla sera. Calcio,
pallavolo, ping pong, nuoto, judo, schet-
tini, ginnastica, disegno, pittura, e ogni
genere di giochi al coperto.
Uno del momenti più belli fu la
sfilata delle maschere. SI contarono
65 partecipanti, travestiti nelle fogge
più strane, che mettevano In burla i
personaggi celebri di ieri e di oggi.
La sfilata durò due ore e mezzo.
Ancora una volta le autorità scola-
stiche di Belfast hanno dato la loro
piena collaborazione: come pure il cle-
ro locale. che ha fatto di tutto per
mettere i salesiani a loro agio.
Il quartiere di Falls Road è rimasto
per tutto quel periodo incredibilmente
tranquillo, se si eccettua un paio di
incidenti (uno però risultato partico-
larmente doloroso: un giovane del po-
sto è caduto ucciso dai soldatil . Per
il resto, non ostante lo stato di forte
tensione. il lavoro non è mai stato in-
terrotto. Un lavoro pesante, anche se
massacrante. ma pieno di risultati po-
sitivi. Si è ormai instaurato un clima
ideale fra i ragazzi della zona e I loro
amici che arrivano puntuali ogni estate
per intrattenerli con lo stile di Don
Bosco.
SALESIANI A BELFAST
I salesiani torneranno anche que-
st'anno. durante l'estate. a Belfast (Ir-
landa del Nord) per occuparsi dei ra-
gazzi di un quartiere. come hanno già
fatto negli anni precedenti. Sono soliti
intatti recarsi nella zona di Falls Road
- un punto caldo della guerriglia fra
estremisti cattolici e protestanti - e
vi realizzano un impegnativo Proget-
to Estate per la durata di cinque
30
I SEGRETI DELL'UNCINETTO
Maria Cruc, la prima a sinistra, insegna i segreti dell'uncinetto a
donne (e... bambini) delle tribù Kekchl del Guatemala. Anche Maria è
una Kekchì, popolo quasi primitivo delle foreste che ha visto le sue povere
casupole rovesciate dal recente terremoto. Con quattro coetanee Maria
forma una piccola comunità apostolica. Sorrette da vera vocazione missio-
naria, esse svolgono tra la loro gente, a partire da un semplice uncinetto,
un proficuo lavoro di promozione umana e cristiana.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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DA MEZZO SECOLO
IN MISSIONE
Lasciare casa. famiglia. patria, e an-
dare lontano ad annunciare il regno
di Dio a chi non lo conosce ancora.
Ottantasei salesiani oggi viventi han-
no al loro attivo cinquanta e più anni
di lavoro In questa condizione. Lo ri-
vela una statistica compllata di recen-
te dall'Ufficio Missionario salesiano.
Missionari partiti in epoche in cui
la separazione era drammatica, un ve-
ro addio. senza la prospettiva inco-
raggiante di un aereo supersonico per
riportarli a casa attraverso gli oceani
con un balzo di otto ore.
Don Giuseppe Massimi, che si può
considerare il decano dei missionari
salesiani, era partito dall"ltalia per il
Brasile nell'anno 1900. Nato a Scan-
driglia (Perugia) nel 1881, ha dunque
oggi 95 anni. di cui quasi 76 trascorsi
come missionario in Brasile. A dodici
anni era entrato in un collegio sale-
siano di Roma, a 17 era novizio a Gen-
zano e don Rua gli consegnava la ta•
lare. A diciannove varcava l'oceano,
avventuriero per Cristo. Sarà per lun-
ghi anni direttore di opere salesiane
a Porto Alegre e Rio Grande. Ora è
confessore nella Casa del piccolo
operaio •, un'opera sociale di Porto
A legre.
I suoi 76 anni di attività In Brasile
sono un record, a cui si avvicina il
suo coetaneo don Giuseppe Dini, ro-
mano, partito nel 1902 (in America
quindi da 74 anni): è confessore a San-
ta Tecla, El Salvador, dopo essere sta-
to direttore per tantissimi anni nel
Centro America.
Stessa • anzianità di servizio • può
vantare il coadiutore Ettore Schneider
(romano non ostante il cognome), che
con i suoi salì 90 anni d'età tra-
smette le tradizioni del buon tempo
antico ai novizi dell' lspettoria San
Paolo.
Il veterano dei non Italiani è il po•
lacco don Clemente Korda, con 91
anni d'età e 72 di servizio attivo in
CIie: è confessore, naturalmente, e
anche incaricato dei cooperatori.
Questi longevi che hanno trovato nel-
l'intenso lavoro e nella grazia di Dio
il loro elisir di lunga vita, non sono
dei pesi inutili nelle loro comunità.
Se sacerdoti, sono i naturali confesso•
ri, i depositari dei segreti dell'anima.
Ma sia sacerdoti che laici. sono I te-
stimoni di una tradizione che si rifà
al • tempi eroici e al ricordo vivo
del fondatore. Sono una garanzia di
continuità.
Figurano, nell'elenco dei missionari
veterani, anche tre vescovi. Uno è
mons. Stefano Ferrando, partito nel
1923 per l'Assam; nel 1973 ha festeg-
giato insieme il 50° proprio e quello
dell'attività salesiana in Assam (ora è
rientrato in Italia, e vive nella sua
SALESIANI ITALIANI IN MISSIONE DA 50 E PIU' ANNI
"eN:' oeC::
tQ::).."..'
c"..' Qe)
Cognome e nome
I
Nascita
I !
provincia anno
Paese di
destinazione
I 1900 MASSIMI sac. Giuseppe
1902 DIN I sac. Giuseppe
SCHNEIDER coad. Ettore
1908 PEDRONI sac. Gìovanni
1911 MAZZOCCHIO sac. Francesco
1912 FANTINI coad. Ottavio
1914 ALBISffil sac. Cesare
1916 PEROTTI coad. Michele
1919 BARDELI sac. Galdino
SPECCHIA sac. Giorgio
1920 BOCCO coad. Giacinto
1921 RISATTI coad. Giuseppe
1922
BORIO sac. Armando
FASSO sac. Igino
GERONAZZO coad. Francesco
MAZZOGLIO sac. Eugenio
PONZETTI sac. Giulio
RISSONE coad. Pasquale
SPINARDI coad. Giovanni
UBEZZI sac. Bartolomeo
1923
BACCHIARELLO sac. Giuseppe
BATTEZZATI sac. Andrea
BONAMIGO sac. Antonio
CHIES sac. Giuseppe
CRESPI sac. Carlo
FERRANDO mons. Stefano
FERRARIS coad. Ernesto
GIACOMELLI sac. Fiorenzo
POMATI sac. Pietro
SALVETTI sac. Filippo
TIBERI sac. Ercole
1924
FRANCESIA coad. Domenico
GHIAINGHELLO coad. Cesare
GIRAUDI sac. Felice
MARENGO mons. Oreste
MAROCCHINO sac. Umberto
MASCHIO sac. Aurelio
MUSSO sac. Riccardo
PAGNUTT! coad. Nicolò
PESCATORE sac. Pietro
PESSANO sac. Umberto
RASSIGA coad. Mario
TENCO sac. Guido
1925
ALESSI sac. Antonio
DEVALLE sac. Michele
FAORO sac. Quinto
GARBERO sac. Pietro
LIVIABELLA sac. Leone
OLIVARES sac. Enrico
PAROLINI sac. Giuseppe
TONEL~O sac. Pietro
Perugia
1881 Brasile
Roma
Roma
1881 El Salvador
1886 Brasile
Sondrio
Agrigento
I 1889 Messico
1886 Perù
Firenze
1892 Cina
Bergamo
1888 Brasile
Cuneo
1888 Argentina
Varese
Lecce
1883 Cina
1888 Cile
Torino
1900 Cile
Trento
1900 Libano
Savona
Udine
Treviso
Alessandria
Torino
Asti
Cuneo
Pavia
1904
1906
1905
1903
1908
1904
1906
1907
Argentina
Brasile
Argentina
Argentina
Israele
Argentina
Argentina
Turchia
Cuneo
Pavia
Vicenza
Treviso
Milano
Genova
Cuneo
Torino
Novara
Cuneo
Pesaro
1907
1907
1903
1906
1891
1895
1898
1908
1906
1899
1907
India
Cile
Egitto
Cile
Ecuador
India
India
Argentina
Cina
Argentlna
Cina
Torino
Torino
Cuneo
Cuneo
Torino
Treviso
Alessandria
Udine
Torino
Genova
Novara
A lessandria
1906
1906
1909
1906
1909
1909
1906
1892
1902
1902
1904
1906
Cina
Uruguay
Egitto
India
India
India
Cina
Uruguay
Santo Domingo
Argentina
Cina
Cile
Vicenza
Cuneo
Belluno
Torino
Macerata
Milano
Sondrio
Treviso
1906
1908
1910
1901
1896
1909
1905
1903
India
India
Egitto
Cina
Giappone
Argentina
Argentina
India
Genova). Poi mons. Oreste Marengo.
recatosi ln India nel 1924 e attual-
mente Amministratore apostolico della
diocesi di Tura. Terzo, mons. Luigi La
Ravoire Morrow, nato negli Stati Uniti
e recatosi nel 1924 nelle Filippine pri-
ma. e poi In India: ora ha lasciato
a spalle più giovani la responsabilità
della diocesi, ma continua a lavorare
da missionario.
Degli 86 veterani elencati dall 'Uffi-
cio Missionario, 51 risultano itallani,
e 35 di altre nazioni. La tabella qui
sopra elenca quelli Italiani. (Sarà com-
pleta? Grazie a chi segnalerà even-
tuali lacune) .
31

4.2 Page 32

▲back to top
ERO PIUTTOSTO SCETTICA
Quando mia so-
rella fu ricoverata
per il parto. i me-
dici dissero che per
il bambino non c'e•
rano speranze, cau-
sa l'Insorgere di va-
rie complicazioni.
Debbo confessare
fino allora mi ero
mostrata piuttosto scettica circa l'esi-
stenza di Dio e le grazie dei santi.
Ma in quel momento di disperazione
volli fare un atto di fede e iniziai
una novena alla Vergine. chiedendole
di concedere a mia sorella la gioia
di stringere la sua creatura sana tra
le sue braccia.
E' nata una bellissima e sanissima
bambina, alla quale abbiamo messo
il nome Maria. Ora continuo a pre-
gare la Madonna perché aumenti la
mia fede, e continui a proteggere tut-
ta la mia famiglia.
Cagliari
RITA A.
Maria Letizia Barbero (Hualfin, Ar-
gentina) affidò a Maria Ausiliatrice e
san Giovanni Bosco la mamma soffe.
rente di disturbi cardiovascolari e di
coliche molto dolorose. Operata alla
cistifellea, I disturbi sono scomparsi.
e la mamma ha riacquistato la salute.
Tersilla Brunod (Aosta) ringrazia
Maria Ausiliatrice e Don Bosco per la
guarigione della figlia, e invia offerta
per le missioni.
Ivonne Berta/mio (Perrero, Torino)
ringrazia di vero cuore Maria Ausilia-
trice per aver ottenuto la grazia tanto
necessaria della salute.
Irma Fassina Salvato (Curtarolo, Pa•
dova) ha invocato Maria Ausiliatrice e
San Giovanni Bosco per la nipotina che
doveva subire un delicato intervento
al cuore. Ora ringrazia perché tutto è
andato bene, e la piccola è guarita.
Maria Pacciorini (Bellinzona) è rico-
noscente a Maria Ausiliatrice e a San
Domenlco Savio per la buona riuscita
di un'operai:lone subita da sua figlia.
Anna Dorato (Quargnento, Alessan-
dria) ringrai:ia Maria Ausiliatrice e il
servo di Dio Don Filippo Rinaldi per
un segnalato favore ricevuto In fami-
g l ia.
UNA NOVENA DI SUPPLICHE
Ho sei figli, e li
ho posti tutti sotto
la protezione della
Ausiliatrice e dei
santi salesiani. Pìù
volte ho toccato con
mano la loro Inter-
cessione. Quest'an-
no una mia figlia
maestra si era ri-
dotta in uno stato di grave esauri-
mento. perché alla scuola e al lavoro
aveva aggiunto un intenso impegno di
studio per conseguire la laurea di pe-
dagogia. Era diventata pelle e ossa
e senza energie. Si mise in cura da
uno specialista, ma io volli affidarla
anche alla bontà di san Giovanni Bo-
sco, e iniziai una novena di suppliche
più che di preghiere. Ebbene, in me-
no di due mesi la mia cara figlia ha
ripreso salute, studio e lavoro.
Rho (MIiano)
LUIGI VIANELLO
UNA BAMBINA
RITORNA SANA E TRANQUILLA
La mia piccola Enza Rita accusava
disturbi allo stomaco e capogiri che
la rendevano triste e sofferente. L'ho
fatta visitare da pediatri, ricoverare
In ospedale sotto la cura di speciali-
sti. ma tutti affermavano che la pic-
cina non aveva niente. Eppure essa
PREGHIERA DI UN MALATO
Ti ho chiesto, Signore, la forza per avere successo.
Tu mi hai reso debole perché Imparassi a confidare in Te.
Ti ho chiesto la salute per fare delle cose grandi.
M i hai dato l'infermità per fare delle cose migliori.
Ti ho chiesto la ricchezza per essere felice.
M i hai dato la povertà per essere saggio.
Ti ho chiesto il potere per essere apprezzato dagli uomm1.
Mi hai dato la debolezza perché mi accorga che ho bisogno di Te.
Ti ho chiesto l'amicizia per non essere solo.
Tu ml hai dato un cuore per amare tutti i fratelli.
Ti ho chiesto tutte le cose che avrebbero potuto rallegrare la mita vita.
Tu mi hai dato la vita perché ml rallegrassi di tutte le cose.
Non ho avuto nulla dì quello che avevo chiesto.
Ma ho avuto tutto quello che avevo sperato.
Quasi mio malgrado, Signore.
le mie preghiere non formulate sono state esaudite da Te.
GRAZIE, SIGNORE!
continuava a lamentarsi e a piangere.
M l sono allora rivolta con fiducia a
Maria Ausiliatrice, san Giovanni Bosco
e san Domenico Savio. Mi sentii ispi-
rata a tentare altre analisi, da cui ri-
sultò che la bimba era affetta da ver-
minosi. Bastarono sette giorni di cura
perché la piccola potesse tornare sa-
na e tranquilla come prima.
Gela (Caltanlssetta)
CETTINA LOVASCO
UNA DUPLICE GRAZIA
li 25 ottobre il
nostro Alberto di
quattro anni fu ri•
coverato all'Ospeda-
le in fin di vita per
un attacco di asma
bronchiale. I medi-
ci tentarono i me-
dicinali più adatti.
ma senza risultato
perché i bronchi erano completamente
bloccati. li primario ci disse che oc-
correva un miracolo, ma quello lui
non lo poteva fare. Tuttavia, si ten-
tava un'ultima iniezione: se neanche
quella avesse avuto effetto, non re-
stava che rassegnarsi. Angosciati. ci
rivolgemmo con tanta fede a Dio per
intercessione di san Domenico Savio.
Dopo alcune ore, il bambino riusciva,
seppure con difficoltà, a superare la
fase più critica, poi continuò a mi-
gliorare fino alla perfetta guarigione,
con nostra immensa gioia.
Il 27 ottobre, mentre mi recavo a
visitarlo in auto, fummo investiti vio-
lentemente da un'altra macchina, e
scaraventati a vari metri con diversi
capitomboli. Fummo tirati fuori dai rot-
tami, io indenne e mia suocera con
una frattura da niente in confronto
di quanto poteva capitare. Siamo mol-
to grati al piccolo Santo, e chiedia-
mo alla sua intercessione non solo
Il dono della salute. ma anche quello
più importante di saper educare cri-
stianamente il nostro piccolo.
Marotta (Pesaro)
ITALO e ELISABETTA DEL MORO
« VOGLIO ANCH'IO
L'INDIRIZZO DI QUESTO SANTO"
Mia nipote di tre mesi fu ricoverata
in ospedale per una brutta broncopol-
monite. Un giorno la mamma fu chia-
mata d'urgenza perché la piccola era
grave, ma il dottore non voleva la-
sciarla entrare. e l'infermiera disse
che era già morta. Ma chi poteva
trattenere una mamma? Entrò, e pose
sul petto della bambina l'abit ino di
san Domenico Savio. La piccola si
rianimò, cominciò a riprendersi e poi
guarl perfettamente. 11 dottore le dis-
se: Voglio anch'io l'Indirizzo di que-
sto santo! •.
Brescia
ERMINIA POETA
32

4.3 Page 33

▲back to top
TI
Cerutti Ricetti (Leinì. Torino) ringra•
zia Maria Ausiliatrice e san Domenico
Savio per una grazia Immensa ricevuta
a vantaggio del papà.
Lina Fantinato (S. Ambrogio di Pa-
dova} ha messo sotto la protezione
di san Domenico Savio l'arrivo del pri-
mogenito, che s, preannunciava dram-
matico. Tutto è andato nel modo mi-
gliore. e il bimbo é stato battezzato
con il nome del suo Protettore.
Anna Maria Del Sorbo Minna (Roma)
essendo prossima al parto e presen,
tandosi questo In maniera pericolosa,
si raccomandò a san Domenico Savio.
Il bimbo nacque prematuro, ma in per-
fette condizioni di salute.
Valeria e Umberto Corsini (Irma,
Brescia): Dopo tredici anni di matri-
monio non credevamo più di poter
avere un figlio. Invece ci è nato un
bel bambino. senza Il temuto intervento
chirurgico; è sano e forma la nostra
felicità •.
Rosa Aprile (Ribera. Agrigento):
Ml è nato Domenico. ma non c'era
speranza che sopravivesse, e fu bat•
tezzato subito. M l sono tanto racco•
mandata a san Domenico Savio, e ora
il bambino è salvo •.
Anna Bartolettl (Firenze): ringrazia
per la nascita del nipotino Giacomo
in difficili condizioni. e per la guari-
gione del figlio, ottenuta molti anni fa
Improvvisamente dopo una novena a
san Domenico Savio.
Mario e Annamaria Rissane (Torino)
ringraziano San Domenico Savio per
la nascita di Maurizio Domenico e lo
affidano alla sua protezione.
Luigina e Roberto Zane/lo (Cerrlna.
Alessandria) si sono rivolti a San Do-
menico Savio per scongiurare Il peri,
colo di perdere la propria creatura.
ed è venuto al mondo li caro Federico
Domenico.
NON SI TROVO' PIU' TRACCIA
DEL MALE
Un disturbo Im-
provviso aveva evi•
denzlat o al referto
medico una ciste
per cui a parere del
Professore si dove-
va procedere a un
Intervento. Per mag-
gior sicurezza ero
stata sottoposta al-
l'esame di un altro specialista, li qua-
le non solo aveva confermato la dia•
gnosi precedente. ma consigliava l'In-
tervento i l più presto possibile. Preoc-
cupata, perché era Imminente l'Inizio
dell'anno scolastico. ml rivolsi con fe-
de al beato M ichele Rua, di cui pos-
sedevo una medaglia da lui regalata
a Madre Morano. e pervenuta poi nel-
le mie mani. Con la fede p:ù viva
applicai la medaglia alla parte dolen-
te. Al momento dell'anest esia già In
sala operatoria. Il Professore con suo
grande stupore non trova neppure
traccia della ciste riscontrata solo
qualche giorno prima. Riconoscente
ringrazio don Rua. e lo prego di be-
nedire la mia attività.
Messina
S r. CLELIA NAAO FMA
Giustina Ga/1/ano (Torino) con l'ani-
mo angosciato ma fiducioso si è rl•
volta a don Michele Rua per racco-
mandargli Il marito gravemente am-
malato. e ha ottenuto la gioia di una
guarigione quasi miracolosa.
L.P.R. (Biella) adempie la promessa
di ringraziare Il beato Michele Rua
per aver ottenuto grazie diverse a
vantaggio suo e di altre persone.
E.8.V. (Bergamo) rende pubbliche
grazie al beato Michele Rua per aver
ottenuto la grazia, attesa invano per
tanti anni. di riunire la famiglia nella
pace.
Maria Pramotton (Donnaz, Aosta) ha
pregato con fede ardente il beato Mi•
chele Rua e una penosa situazione
familiare si è felicemente risolta
LA DOLCE RAGAZZINA DELLE ANDE
Avevo già letto
l'eroica offerta del-
la propria vita fat•
ta da Laura Vlcuiia
In cambio del ravve-
dimento della sven-
turata mamma, e ne
ero rimasta com-
mossa ed edifìca-
ta. Una sera, pri-
ma di addormentarmi. avevo letto sul
Bollettino Sales/ano I favori da lei elar-
giti. e mi ero soffermata a contem-
plare il suo volto soave. Poco dopo
ml sentii Improvvisamente immobiliz-
zata dalla parte destra e quasi bloc-
cata nell'uso della parola. Mi resi con•
to che si trattava di un· pericoloso
blocco circolatorio, e subito con la
Longit:mo SerufinA • MMCU10 Conc~mn• •
M•mi Piera - Mandra Frsncesca Maniscalco
Luigi • Parroc:na Prof. \\"i10 • Mm.udi Modn10
• ~1nno Coce,..,~ - ~1esima Francesa - ~1CUO•
110n 1,idia M11ltt Fmma • Mm!!OI• G,uupp,na
• ~1olo Maria Oaglio • ~lordlo Ang1olin~ - \\ lo-
tolonc ~btildc • 1',i Oltlln Rosnnn• :-0:1C0100
.\\nna - ~odan Onolo - Odorini R<»ma 011T1i-
bènc Giuseppin.a - Orrù Cord:i Bai-tistin.1 - J';eu•
Carla • Pnlermo Pio • Pnlmien Mama l'ant•
Cloru - Puolm1 CnziRi - Pnp.- ,\\nna ~,,fnrit"a - ri\\•
roln Giuse.ppin11 - Pnit1.•ris- Letizia - Pa,u ,,c-oira
Sanra - Pe2quin llrun.a • Pelle-j;Crino Luci..t - f'u...
1an:l11 Giuseppe • Polcuo G,ovanna • Pot. .\\nna
e Ahce - Prampohnl Ttrn-a Quintart.lh r1'°rm:1
• R•nduzo Man• . R1cc1 \\'mono e Armond• •
mano sinistra afferrai l'immagine di
Laura invocandola con tutto Il mio
fervore. Intanto accorse il medico. che
mi confermò I miei sospetti: si trat-
tava di angiospasmo. un brutto attac-
co che rasenta la trombosi. Non
soffermo a descrivere l 'angoscia e le
sofferenze di quella dolorosa vicenda.
Eppure. nonos-tante la mia età matu-
ra. poco alla volta mi sono ripresa in
modo insperato. e ora sono tornata
alla normalità Ml auguro che la dolce
raganina delle Ande possa presto
ascendere agli onori degli altari.
Catania
MARIA BELLONE FINOCCHIARO
LILLINA E' TORNATA ALLA VITA
Alcuni anni or sono mia figlia LII-
Una di 11 anni mentre camminava per
la strada fu violentemente urtata da
due cani. e cadde battendo la testa
sul selciato Raccolta priva di sensi,
stette tre giorni tra la vita e la mor•
te. Allora mi rivolsi con fede a Laura
Vicuiia. Gli accertament i radiografici
esclusero ogni lesione interna. e dopo
un periodo adeguato di cure. Lllllna
poteva tornare alla sua vita abituale.
8orb10 (Agrlgenlo)
ANGElA RASO
Cl VENNE IN MENTE
LA MAMMA DI DON BOSCO
La scorsa estate una nostra cara
Suora fu assalita da febbre altissima,
per cui dovette essere ricoverata In cli-
nica. Le vennero fatte tutte le analisi.
radiografie. fu curata con antibiotici
di ogni genere. fleboclisi, trasfusioni
di sangue. ma Invano. La causa del
male rimaneva misteriosa. e intanto la
ammalata aggravò al punto di ridur-
si In fin di vita. Ricevette I SS. Sacra-
menti, e si attendeva che ci lasciasse
da un momento all'altro. Fu allora che
ci venne in mente di Invocare l'inter-
cessione di Mamma Margherita, la
mamma di Don Bosco, da noi tanto
venerata. Quasi subito. con stupore di
tutti. la nostra cara ammalata diede
segni di notevole mlgliora111,ento. La
febbre che da tre mesi la consumava
cominciò a diminuire fino a scomparire
del tutto. con grande meraviglia di
tutti, compresi i medici curanti Ora
la nostra cara sorella è tornata in Mo•
nastero completamente guarita.
LUCCA
Medre M. ANSEtMA FAAIOlt
Priora Benedel!lne del SS. Sacramento
R..-a Andretn1 R,zzo l'l"lncesca - Rouh, l'lona
- Romanelli Carolin• • RopPolo Mo.n1 - Roui
Tc:reu Rub1.1no .\\t!O'tirui Salodm, Luno
f,;.alvo Catcn~ Pin.a .. S;i:mele '\\;'i<'OI~ .. Sc-u,rca
52nuna. Suon F.:\\I..\\ . !;pino Carohn1 Squ,1-
1ac-e Cltecino - Stnppa::tzon Cresccnz1a Ta11lu1•
nno Sebasti1n1t .. T,uu Oact:tno - Trurui C10\\an-
ni • Tat1onc ,\\ni,c,:1.- - TtarMlli(O GiRCIOfil • ·roma
1\\-fnriu - 'l'"orasso ~1arrnnnn • Toscano :\\.nA"dina
To~• Ester Tranrntr. Mnria Antonia • Tr11p11ni
Com·1ela - L Mt1 1\\nJ,:cilnlil - \\'alch1utrn f\\.1uta.
\\"nh·o .\\ntonm.J \\'c:Ludu.a P. - \\·ln,·,gucrn
.\\nn.J - Vuton ,\\n1t.1 Gu~sono \\·iz:z.1ni 1..,n~ •
Z,ppalà Tonina Zoll• Olg,. - Zoppo Sc.,h•
Bl'man:hna - Zucch, Ctaud•n•
33

4.4 Page 34

▲back to top
PER I NOSTRI MORTI
PREGHIAMO
SALESIANI DEFUNTI
Sac. Augusto Rlnaldl t a Ma~~r.11a • 90 anni.
Lsure-ato in scienze n:itunh e .\\grnrin1 dedicò
lo sun lunga v,ta :tllo studio è :tll'in$egnamcnto,
unendo senzu difficolta e senza forzature 1:1 scien-
za aHa fede. Ern soc-io della Societ8 Botanica lt-a-
linna e della Soc:1ct.ì Entomologicu Ttafo,na, so-
cio onon,rio del Gruppo l\\1icologico Macera-
tense, membro dell'.\\cc8dcmia di Agricol turn di
Tonno e dell'Accademia ri•ibcrina di Roma~
1't11o ~1udio appassior'lfllO delle meravigJie del
creato sapeva seopdrc e indicare la b~llezza, la
bonc!t e In sapienza di Dio. Lasciò di .sé un tnrto
uut.obiogra.fic:o i1uanto mai "i~nificati\\'o; • Pec-
c,uo mai commesso: perdere lCmpo •·
Sac. Giuseppe Castagn otto t a Watsonville
(l,;S.·\\) a 84 :inni.
Era nato in pro\\1inda di Cuneo. Panno per la
America, si rese noto p~r lo zelo con cui ce.r-
ea\\':) ..inim~ e te guidava soprnttutto nel mini-
stero della Confeisione. Gli piaC'c,·a molrissim.o
lavorare la terra. 11 i,rnrdino e l'orto d1 Padre
Giuseppe (come ~ra 4.•.hiamato in 1uua l' lspctto-
ria) crono f;lm()si. A\\'e\\'a conosciuto don Rua,
e lo ricordnva s.opronutto come personn nllegrn
e ~erentt. Morì improvvisamente: aveva pa.rhtto
n un gruppo di gio,·ani del suo ben noto , Penny
Club (il Club del Centesimo, che raccoglie
ofl'e.rH:i per i missionari e i poveri), poi :si e.ra riti-
rato m cnmc.rn per nddormenmrsi in Dio.
Sac. Vincenzo Ricaldone t ~ Torino a 78 anni.
Lo $Ua era uno famiglia di -s~lesi.tni: nipote del
Rcuor Mngglorc don Pietro. aveni due ahri
fratelli pure s11lesl:Jni e unn sorelle FMA. Lavorò
per 28 anni in Cma e p..:c 24 nelle Pi.Hppine.
Come direttore e maestro del no,~izi, formò vn~
rie gèncrazioni di missionari sopr:uturro nella
fede1 neJla solìda pied e n~ll'umore nlln Congre-
gazionè, a cui cru profondnmen1c a1ta.ccoto. Sj
distinse pér lu bonr9 e fo dedizione con cui era
sempre disposto a ,acrificars1 per gla altri.
Sac. Giovannl Affanni t Carocos (\\'ènezuela)
• 73 anni.
Era nato m pro,·incia dì Parma, e nv,,.·n studiaro
nel Seminario di quella citu\\, La Congrtgnzìone
gli tese te bracci.a in momenti pe:r lui molto dif-
ficili, ed e{l"li tspresse la sua rlConoscenza con
una dedizione totale di pnma nella m1s:sione
de:ll'Alto Orinoco, e poi' nclrispettoria venez.ue-
lnna. Sue carattcrisuche furono lo -zelo aposto-
lico con cui a,·Yicinavn il popolo e l'allegria che
esplodc\\',l nel c:tnto e in sonore risate. Lascia
come. ricordo varie chiesette costruuc s ulle Ande
,·enezue.lane.
Coad. Roberto Pollice t " Sangradouro (:-.foro
Gtosso) a 61 anni.
Visse in rruss1one per 40 anm, donandosi total--
mente al bene degli indigeni. Amava il lavoro
e il !rn.crific:io, fedele al programma di don Bosco
Lavoro e t.fmperanza n. Percib dcnunr1.nvu sen-
ia. unmre il manifest.arsi di atteggiamenti in ron--
tra~tQ eon il ,zenuino spirito salesi.t'lno che non
può muwre neanche col c~mbinrc dei tempi.
Coad, Carlo Gallen ca t a Torino 58 unni.
Visse la maggior po,rtc dèlht s-ua ,ita iJ \\ 'aJdocco,
prim3 tome allit:vo e pol com~ salesiano. Amav:i.
i · suoi rngaz.-zl N, e secQndo il piu genuir)O spinro
-.a1~si.mo, !t.&pcva infondere con la prcparmiione
tecnica h, fede e b d i ritturn morale. L,n foce,·~
con quella bont:ì, pnienza e rapacni'l di s-ucn--
fic10 chi: a,·en, appr e:,o ncll':sssìdua mt:ditaz.ione
dègli esempi e degli insegnamenti di Don Bost'o.
t Sac. Renato Raum er e Schio (Vìct:ni:1) ~, 53
unni.
Entrato iionmiss1mo in Congregazione, parti per
1c mi.ssìoni d'~\\rneric:1. Ui na1un ottinlist.a, ge-
ne.roso e anche audace., s i prodiM:ò nei collegi e
nelle p:irrocch1c, specie rr:i i conm1zionnli emi-
grati. Pas.suv~ le vilc"nzt:: u h1vorarc: nel lebbrò-
sario di Agua de Dios. Costrc:tto a rimpatriare
per snlute, diede allo studio, laureandosi in
Lingue e Lcucraturé suamer..:. Cosi potè inse-
gnare nei nostri istituti, in particolare a \\'erona.
Anche ìn tempi di dura contestazione, seppe
farsi apprezzare e seguire per la sua bontà e per
In $erie1à dell'insegnamento.
COOPERATORI DEFUNTI
Scarampi Con cella n. Bogliaccino t a Asti.
Serènnmc.nt<:, com'c-111 ,•issutn, è spit.1ta All'cu\\
di 88 pnni, lasciando m quanti la conobbero e
l'avvkin~rono esempi di hìborio~ìti, di sacrifi-
cio e di pn::ghicra. Donò al Signore ntlht vita
religiosa due dei suoi ue figli: Suor Conccna,
ddla Congr~gozionc delle Suore di CarìtA, e
Don Giuseppe, :salesiano. Dcvotissim;1 di Gesù
Sacramentato, Maria SS. e san Cìuseppe, ,'"ls§e
ht sua forte fede cris111ma in senip lkit.à t dona-
zione, e praticò con fcde.ltà il programma f:arc
del bene: a tutti 4 che \\'Olle pure nffidare a1 suoi
figli come spirituale crediti.
Antonio Ch iarella t • Vibo Valentia (Catnnzoro)
a 29 anni.
Frequentò fin da piccolo l'OratoTio di Yibo Va-
lentia, ~ p0i ,,i pres1ò I~ sua upp;Js.sionnrn colln-
bornz.ionc fino al servizio militare. ..Affascinato
da.Ha carriera militare, si nrruolò supcrnndo briJ-
lantemcnte gli esami di ufficinh:. Seppe conqui-
stn.rSi l'nmicizia e. ln simpatia dei superiori, cOllt:-
ahi e subalterni con lo cordialità e j} servizio ti-
pici di un autentico figlio di Don Bosco.
Maria Antonietta Ortolani t a Lugo (R:wennn).
Educata nelJ'lstituto delle f.'MA dj :"Jizza Mon-
ferrato, ebbe il privilegio di vivere a contano
con molte superiore d~II• FMA, e di assunilome
lo spirito sulesi.ano. Presidente dell'Unjone. Ex-
allieve di Lugo p<:r olrre 40 annì è fedele coopera-
trice.. fu d.i esempio a t\\JtlC per la sua Cede e la
devozione .a Maria .:\\u.siliatrice e a Don Bosco.
Antonietta Ugazio In G ambaro t n Galliote
(Novara).
Sposa e madr~ esemplare, sc-ppe creare neUa ..sua
fomigHa un clìma pmfond:tmente cristinno. Coope-
rntrìcc convint:1 e generosa, si prodigò con disin-
teresse per il bene dei bisognosi. seminando
ovunque nl suo possaggio serenità e gioia.
Alberto Mons. Bia nchi t a Cremona a 73 ,mni.
F'u per molti :mni ccnmonie-rc dd gn.nde vescovo
mons. Cazzani, che lo promosse Renore del
Santuario di Cara,·ngg10. Poi fu per 21 anni
parroco di S:1a Pietro in Cremona. l\\o.loas. lfom-
chi nutri un profondo amore al sacerdoiio, e
una solida devozione allo Madonna a Don Bo-
sco. che nve, a imp,irato ad amare ne.i tre 1.mni
pas!,ati presso i S:1lesiani n. Trc\\iglio. Infatti,
fu per tutta la , 1ta un 11ffez.ionnto, cx:1llic,·o e nt-
1n·o cooperatore.
Rosìna Peaquln ved. Joris t lssoitne (t\\osrn).
Fu una delle prim., cooptrmrk1 ddl'l niont' d1
lsso~nc, e finché polè cur ò il dl'coro delln Chiesa
p.srrut'.chiale ~ aiutò l'Asilo. Pur essendo molto
pover;1 , flVC\\'a ~empre qualcos,1 da donare, .se
non altro un:1 parola buona e uno preM:h•eru per
tutti , t i Signore la provò con Jn sofferenza~ ne.l
1966 una n,alauio inguaribile la immobilizzò
nel letto, e nel 1972 fu nnchc colpi1n da cecità
totale.. Ridotta a un'ombrn, immoblle, bisognosa
di tuno, donrwa a tutti la sua preghiem e il suo
esempio di 3ccettazioae fiduciosa della ,,.-olontà
di Dio, Pre81'va ç soffriva per gli ntei, i lonmni
da Dio, per i bisognosi dj tutto il mondo. eon
un fen·ore, un::1 fede e una serenità che s1 s pici:ra-
no soltanto con una pOtentè curie• d1 amore di Oi9.
Maria Caterina C alotta t o Pietrag:illo (Pateru:a)
a 84 anni.
Donna di gro.nde semplicità e ·virtù, consacri>
11.1 sua \\.'Ì1a :tllA famiglia e edific:6 il pnese con la
sua tè.stimonianza cristiana. Assidu,1 lcurice del
8()//rttino Saltsiano. visse ne.Ilo spi.rito d1 Don
Dosco. 11 cui qundro dominn\\'a nella ,iuu. c.a~a.
ed era orgogliosa di nvt'TI.! l'unico fro.tello sacèr-
dot:e !!-alesi.a.no e mi.ssionnrio. Dalla sua bocrn
sono uscite s~mprc. I! solo parole. di benediziQnc
per rutti.
Olim p ia Giordana ved, Qua glia t a C•sta-
gnole Piemonte a 79 anni.
lscriua tra i cooperatori fin dal 1928, curò e.on
assiduhn \\! cos,anza lo S\\'iluppo dell'A~socia-
zione, ed ebbe la gioi:i di vedere fiori.re il Centro
soprattutto in quesri ulnmi tmnL Fu pc.r tutti
esi.'mpio nell'opera cducauvn, nttu;rndo inte-
gralmente iJ sistema di Don Bosco ncU~ s.ui:1
numerosa fomiglia. Dev01.a di i\\,farin Ausiliatrice,
non tralasci:n·a m11i di onorarla con il ro~•c1rio
e col ri<;:ord:a.re i giorna a le.i dedicati.
Attilio Cimi no t a Sm Cataldo (Cilltanissetu)
.s 67 nnni.
Affezionato exalhc,·o del primo Orr,cor10 dì Ca-
tani~ • S1m Filippo Neri· e attivo cooperatort,
\\'Ollè e:hc i suoi ,re figli ricevessero l'edul!aziont
saleshma. e a quanti lo conobbtro lasclÒ esempio
rt'tt:itudin~ e di bontà.
Ad ela ide Surac:J t in Alessandri a 69 anni.
Fu donna di grande fede, di sincera pietà, e ~e-
ner osn cooperatrice. E..ra dcYotissìm.1 di Mana
Ausiliatrice, Don Bosco e santa Mazzurello: e
(1SS1duo lcttnce del 8nllt llinf> $(1/l'iiml✓J, d11 e-ui
traeva forza e coraggio per sostenere lri su11 ,·ita
sofferente. offcrtu per il 1rionfo del bene.
G elin da For tinl t a Fossano {Cuneo) • 81 anni.
Perst in gutrru l'unico figlio, e allora d1,·entò
ln , mllffima · di tnnu ~hierici del nostro i\\t~11co.
Sostenuca da grande fede:, lavoro con panicolarc
generositi\\ per il nostro Oratorio delht Crocetta,
assieme a suo mari10 \\'inc~nzo. ln castt suu si
respirava aria ~alcsiana, e si provuv-3 11,1; gioia
delle cose semplici. Lu su.n alta sensibiliti spiri-
tunle le facev.:1 nutrire profonda stlm!ì p er I sa-
cerdoti. ni quali sapeva ind.irizzare le anime -all.n
ricerca di Dio·.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Candida Renam, Margherita Capello vcd. Mor-
sero, Ma ria CinQunui ved. \\'lscà, ErminiJ De
C<1roli, Arduino :viaria lJc! Te1to, Lui~i Dèl
Tetto, Faus1ilìano l'Vloschin, Cnterina Prt\\'éS.Ìo,
Cinc;omma Petns, Cìuscppjt'la Piletta, EmilUJ
Porro, \\ng1ol(> Snnsoni, Antonio Tod:iro, Te-
reso T oja, Paolina ~\\ stcginno.
Per quanti cl hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GEN ERALE OPER E DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuta giuridica-
mente con O, P. del 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto
13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere Legati od Eredità. Formule legalmente valide sono:
se trattasi d 'un legato: «... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le missioni con sede
in Torino) a titolo di legato la somma di lire .. .. .... . (oppure) l'immobile sito in ..... ~-
se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro del due Enti su indicati:
«... annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma
(oppure l'Istituto Sales/ano per le Missioni con sede In Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene e qualsiasi titolo».
(luogo e data)
(firma per disteso)
34

4.5 Page 35

▲back to top
crociata
,nBorsa: Mons. Vincenzo Clm.aul,
mtmmia thll't:c Dllì"-"' Tombo
l'111ori4. a cura dd 6gho Or. Cior:
g,o Tomba, dtll'Un,on•_ Ex Alhcv1
di F'acm.11 (RA), 1... h0.000.
Borsa : lnll, Giw;eppe Scolli, chie-
rico sales.iano, offt.rta •n ,uo ntt-
moria da un gruppo di partnti t: omi,,,
I,. 200.000.
Bona: Don Bosco, o çura di Borgnn
Dd6nn, Mllngo (CN), 1... 100.000.
Borsa: Maria Au11Ula1rlce, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico S2-
vfo. ~ riconau.rn:za r muocond~
prottti~nt Julla fam,-,J/10. 21 cura di
Ve,deno Mari,, Colombo, Vedo.no
Lambro (:I.I I), I,, 100.000.
Borsa: Maria Ausilla1rlcc e S.
Giovanni Bosco:, o rocordo 1"[-
/ra11io di Raoul Vo/1111111, 11r/ dwmu
tJm1iv.01ario dd.Ju mor'tt, 11 eurn della
cugino Com illa, Milano, 1... 100.000.
Borsa: Card. Giovanni Ca11llero.
pioniere delle Miuioni Salesia-
ne. :t cura dì Don Carlo ?\\1ecac-c-1,
Cronrto, L. 100.000.
Borsa: Chledo pre11hlere, a cun
di Oompé Anna Cocnlotco, Fossano
(CN). 1... 100.000.
Bors•: Maria A111111iatrlce e S.
Giovanni Bosco, ;,, mimort.a t iu/•
frag1fJ dtd marito n ,u•tolomro, n curn
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DEL BOLLETTINO SALESIANO
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Maria, Alba (CN), I... S0.000.
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Au1ilia1ri.u aiura,ecil. a curn di
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d1.f/iale, a cura di K.N., Colfosco
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Giovanni Bosco, ,n r,ngra-::,amènto
e ,m:.oçando 011crJro prot1t~1om1. a cura
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Boua: Maria Aus lllalrlce, S. Cìo-
vannl Bosco, Don Secondo e Don
Pietro Bocch io, curo d, l:loccbio
f',erìrui e Felie110, Strona (VC), L.
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Borsa: Maria Auslllalrlcc e S.
GloVllnnl Bosco, per implorar,
n,d,•ione 11dla fa.miglia , in suffralio
da dr/unti, a cura di Darrocchr Ma•
n• Lu,sa, Fcnno (AP), L. 50.000.
Born: Maria Ausiliatrice, • cura
di lnvlw: Vondll. Rofflll, 1... 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, curo
di 1..ongo Joland•, Rom•, L. 50,000.
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Giovanni Bosco, a curn di Man-
fredi Ledo, Busto Arm:lo (VA), L.
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Bona: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Sa-
vio, ptr ,m~trare MrtLdi:r.r,ni e vo-
:ro porrrcolurt, curo dJ Nl\\·e Ma-
rtO, ì\\ll!Jtre (VE), L. 50,000.
Borsn: Maria Ausilla1rlce e Don
Bosco, p,r gra:io ricet.•uto t int.i-o~
rtmdo tmcora protezioru, a curu di
Poioh, Coli.sto, Megliodìno S. V,.
tille (PO). L. S0.000.
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di Caddh Gino, Sa,·onu, I,, S0.000.
Bor$a: M.arb Ausillalrlce e $.
Giovanni Bosco, in ,uff,,.,,o dtllo
~,o j\\l,Jani Giuup~, a cura di De-
molli Man,, C,.soratc Sempione (VA),
i,, SIJ.110!1.
Borsa , Maria Auslllalrlce, con•
'"'"" hl'I nfoturti, o c:ura di N.N..
Dowlhin i (CN), I,. 50.000.
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,i,ma ml aiutarci, a. cura di :,.J,;'1,,
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/a,n11l1a, cun di N.N., I,, 50,000,
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fu,111. n cura di Garda PuQu11~ e
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pt1r grarltudirte al Rtv.mo R euor
M11q,or, D. L. Ricuri, curo dcl-
l'Un,ono Exnllic"i Don llosco dì
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Bosco, " t1oi affido i mt'ti nipoti, :i
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Bosco, ptr ri,rrra:,Orrr r chìtdtr~ an-
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Bosco, S. Domen.i<:o Savio, o iu/-
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Bos.co, in ,;ngrciamtnto I chitdtndo
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Bosco. S. Domenico Savio, in ru/-
/ra,io d,11, wr<II• M. G. , implo-
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Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1 • quindicina
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