Bollettino_Salesiano_198512


Bollettino_Salesiano_198512

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò cl parla
5 BREVISSIME
19 VITA ECCLESIALE
Dalla stampa missionaria I giornali laici arriva-
no alle missioni. Mondo e Missione, Nigrizia, Bol-
lettino Salesiano. Tre riviste con tanta informazio-
ne missionaria. Abbiamo messo a confronto i tre
direttori con don Luc van Looy, consigliere gene-
rale per le missioni salesiane.
9 PASTORALE GIOVANILE
Con un piede nella tradizione. I giovani africani
guardano al futur~. Dopo aver presentato la si-
tuazione giovanile europea con particolare atten-
zione all'Italia, BS, con questo articolo apre uno
spaccato della situazione giovanile in Africa.
13 EMMAUS C'È ANCORA
A pochi chilometri da Foggia è sorto Il •Villaggio
Emmaus•. VI abitano con tre salesiani ragazzi in
difficoltà.
16 VITA SALESIANA
Signor Ministro, ci regala un francobollo? Men-
tre ci prepariamo a celebrare l'anno centenario
della morte di Don Bosco, un lettore ci ha chiesto
se per l'occasione, verranno emessi francobolli
commemorativi. Non abbiamo trovato risposta mi-
gliore che questa: una veloce rassegna del fran-
cobollo salesiano» e un invito al Ministro delle
Poste ...
In copertina:
Con un piede
nella tradizione
i giovani africani
guardano al futuro
(Foto SAF)
(Servizio a pag. 9-12)
1 LUGLIO 1985
ANNO 109
NUMERO 12
26 MISSIONI
Come nasce e cresce una città nella foresta. È
un capitolo dell'Impegno missionario salesiano In
Thailandia.
29 PROTAGONISTI
La famiglia è come la terra ferma per i naufra-
ghi. Un incontro-intervista con il giornalista scrit-
tore Melo Freni.
32 STORIA SALESIANA
Compleanno di un film. Poco più di cinquant'an-
ni fa Il regista Alessandrini con la Lux produsse ìl
film •Don Bosco»: eccone una rievocazione.
RUBRICHE
Scriveteci, 4 - Pigy, di Del Vaglio, 6 La lettera di
Nino Barraco, 7 - libri & altro, 24-25 - I nostri san-
ti, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di inlormazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
• 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31 .341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioannl • Eugenio Fizzotti • Gaetano Na-
netti • Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione e stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
* Il 15 del mese per i Cooperatori Sale•
~iani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldini) -
Via Marsala 42 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) in: Antille (a Santo Domin-
go) - Argentine - Australia Austria Bel•
gio (in fiammingo) • Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (a San Salvador) ·
Cile - es Cinese (a Hong Kong) • Colombia
Ecuador - FIiippine - Francia - Germania
- Giappone - Gran Bretagna - India \\in in-
glese, malayalam, tamil e telugu) - lr anda
- itaila - Jugoslavia (in croato e in sloveno)
Korea del Sud - es Lituano (edito a Ro-
ma) - Matta - Messico - Olanda - Paraguay
- Perù - Polonia - Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Sudafrica Thailandia - Uru-
guay - Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il es è dono-omaggio di Don Bosco al
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - - - - - - -~ -
t LUGLIO 1985 3
LA
RICONCILIAZIONE
si deve tradurre in un progetto pratico di «ricon-
ciliazione». E la riconciliazione risulta oggettiva-
mente possibile solo se è intimamente animata da
una spiritualità. Essa infatti, prima di esprimersi
in convivenza amicale tra noi, è mistero in Dio e
viva sintonia personale di alleanza con Lui.
C'è bisogno, dunque, di una spiritualità che ci
faccia ascoltare innanzitutto nel Vangelo l'auten-
«Beati i misericordiosi!» (Mt 5, 7).
tica «profezia della misericordia» secondo cui
Gesù aveva un cuore buono: ne contempliamo Iddio manifesta l'infinito suo amore soprattutto
spesso le fattezze attraverso la devozione al suo nel comprendere e perdonare (cf Esortazione
«Sacro Cuore».
apostolica «Dives in misericordia»).
È un cuore permeato da atteggiamenti di umil- Da questo ascolto procede la scoperta di un
tà, di comprensione, di interesse verso gli altri, di grande segreto: quello della coscienza e dignità di
gentilezza, di disponibilità, di volontà, di concor- « penitente» che approfondisce in noi il senso del
dia, di perdono: esclude la collera, il rancore, i Li- peccato· e ci abilita al perdono e alla concordia.
tigi, le vendette, la suscettibilità, la freddezza, il La Chiesa ha ricevuto appunto quale sua mis-
legalismo, il disamore. Non rinuncia alla verità, sione specifica e originale quella di essere porta-
ma la realizza nella carità.
trice di riconciliazione: così immette nella vita
La «misericordia» è in noi un riflesso della dell'umanità l'energia della misericordia, scon-
bontà di Dio che ci impegna ad essere fedeli alla fessando la grave falsità che la lotta eccitata dal-
rivelazione del suo amore facendo del bene a tutti l'odio sia il motore della storia.
coloro che si trovano nel bisogno, includendo gLi Le proiezioni sociali ed ecclesiali di questa mis-
stessi nemici (Mt 5, 44-47).
sione ci sono state proposte dal recente convegno
Basterebbe ricordare tre momenti del Vangelo: di Loreto. Studiamone·attentamente le conclu-
la parabola del figlio prodigo (Le 15, 11-31), il sioni.
dialogo di Gesù con Pietro circa il perdono: Esse ci insegnano a fare della conflittualità
quante volte? (Mt 18, 21-22), e la descrizione del non un ideale né un metodo, ma una realtà da af-
giudizio finale: avevo fame, ero nudo, mi trova- frontare e da far maturare nello sforzo di conver-
vo in prigione (Mt 25, 31-46).
genza e di comunione, sotto l'impulso di una ca-
Ma, in un mondo pieno di conflitti familiari e rità illuminata dalla verità salvifica, che con la
sociali, che idealizza e giustifica il confronto del- sua irrinunciabilità coopera alla pace.
l'odio e assume il metodo della forza come dina-
mica di lotta, l'atteggiamento della misericordia
Don Egidio Viganò

1.4 Page 4

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4 · 1 LUGLIO 1985
Ml sono rivisto In quell'artlcolo
Ho letto l'articolo a firma di Marco
Bongioanni sulle comunicazioni socia-
li dal titolo: « Il teatro di casa fra passa-
to e futuro».
Mi sono rivisto in quell'articolo, quan-
do appunto a Foglìzzo negli anni c~u-
ciali 1943/1945 si allestivano teatri e
operette che venivano off~rti _ogni do-
menica nel bel teatro dell Istituto Sa-
lesiano.
Ricordo benissimo il mio Maestro di
musica Don Roberto Bosco, che ben-
ché fossi ancor giovanissimo, volle in-
serirmi in quella orchestra di cui parla
l'articolo formata da molti orchestrali
dell'EIAA che al sabato sera si riuniva-
no alle loro famiglie sfollate nel Cana-
vese.
.
Mi è caro ricordare che tutti i suonatori
?a di strumenti a corda (viole, violini , vio-
loncelli) provenivano Torino,_ m~n-
tre gli orchestrali degli strumenti a fia-
to (clarino, tromba, saxofono, trombo-
ne) erano del luogo o dell'lstltuto (o~~-
toriani, coadiutori). Don Roberto dm-
geva, sedeva al pianoforte, ma soprat-
tutto era un buon concertatore ed ar-
rangiatore perché tutte le parti erano
da lui elaborate e scritte tutte a mano.
Considerata la mia grande passione
per la musica (suonavo già infatti di-
versi strumenti nella banda dell'orato-
rio) Don Roberto mi assegnò il primo
cla;ino nell'orchestra (che in generale
accompagnava le opere~e) con pa~i
molto impegnative che m1 aiutarono 1n
seguito nella lettura musicale ed a
porre le basi nello studio della compo-
sizione della concertazione e degli ar-
rangia~enti musicali. Da 35 anni diri-
go Bande Musicali e Cori e svolgo le
mansioni di organista in alcune par-
rocchie. Posso quindi affermare che
tutta la mia vita è stata intessuta_dall~
musica iniziata appunto in quegli anni
a Foglizzo.
..
.
Ricordo quindi ancora 11 Direttore, 11
compianto Don Murtas, Don F1ora,
Don Tibiletti, giovani professori, Don
Bongioanni sempre indaffarato e natu-
ralmente Don Roberto.
Maestro Ubaldo V1otl1 - Dogf,an/ (Cuneo)
Fenomeno droga:
che cosa si può fare?
Nel Bollettino Salesiano del mese di
aprile del corrente anno è appars? un
articolo molto interessante dal titolo
La battaglia contro la droga si chiama
prevenzione. A questo articolo noi del
Centro Informazione e prima Acco-
glienza di Vasto vogliamo fare_rifer!-
mento per aggiungere ulteriori noti-
zie.
La Famiglia Salesiana, giustamente
citata perché in prima linea nell'oper~
di prevenzione, è entrata a fa_r parte d1
coloro che si occupano attivamente
del problema droga. .
.
Con questo impegno sI vuole rispon-
dere a quanto ha chiesto _il C.G. 2~ al-
la Congregazione Salesiana: «~1tor-
nare ai giovani, al loro mondo, a, l_or~
bisogni, alla loro povert~. I_?ales1~n1
diano ad essi una vera pnorita manife-
stata in una rinnovata presenza edu-
cativa spirituale ed affettiva. Cerchino
di far 'ra scelta coraggiosa di andare
verso i più poveri, ricollocando even-
tualmente la nostra opera dove mag-
giore è la povertà» (n~. 6). .
Anche il Rettor Maggiore - c1 è noto
- vuole orientare, in questo sessen-
nio l'azione salesiana «ad una mag-
gio~e audacia di presenza tra i più po-
veri».
.
L'invito del Rettor Maggiore è per noi
un Impegno. Noi siamo convinti che il
tossicodipendente, l'alcolizzato siano
i nuovi «poveri» ed il vivere «con»,loro
sia una maniera - anche se non I uni-
ca - di «ricollocare" la presenza sa-
lesiana.
In Abruzzo nell'ambito delle Opere
Salesiane, ~ono nati gruppi di volon-
tari con la specifica finalità del recu-
pero degli emarginati e dei disadatta:
ti finalità che si colloca anche negli
spazi previsti dalla_ !egg~ region~le
«Disciplina delle att1v1tà d1 pre~enz10:
ne e di recupero degli alcolisti e dei
tossicodipendenti», di recente appro-
vazione.
La nostra organizzazione è cosi strut-
turata:
Soggiorno PROPOSTA: CENTRO
RESIDENZIALE
Ortona (CH), c. da Villamagna 4 ,
tel. (085) 9106464
.
Si qualifica come ~~a. prop_osta 1~te-
grale di vita per tutti I g1o~an1 eh~ vivo-
no nell' emarginazione f1s1ca, ps1c_h1ca,
sociale, soprattutto ex-tossicodipen-
denti e che decidono per una nuova
qualità di vita per sé e per gli altri.
Si avvale di una filosofia e di una me-
todologia propria (attinta d_alla peda-
gogia del sistema prevent1v_o dI _don
Bosco), di regole ed org?-~1zzaz1one
ispirata alla genuina trad1z1one sale-
slana.
Il Soggiorno, animato dal _salesiano
don Luigi Giovannoni, ospita attual-
mente un gruppo di giov~~i ~ ragc1:zze
i quali, in un clima di fam1hantà e fidu-
cia nella semplicità e nel lavoro, cer-
ca~o di riscoprire i valori essenziali
della vita.
Soggiorno PROPOSTA: CENTRI DI
INFORMAZIONE E PRIMA ACCO-
GLIENZA
L'Aquila, v.le don Bosco 6
tel. (0862) 24440
Vasto, via San D. Savio 1
tel. (0873) 2041
Ortona, p .za San Giuseppe 1
lei. (085) 913351
.
Le persone che vi operano, sono moti-
vate da una scelta decisa e sincera
per il volontariato attivo. Ne~le_sin~ole
sedi promuovono - a van hvel11 :--
una adeguata e capillare informa~10-
ne. Seguono i casi che non necessita-
no della residenza nel Soggiorno e
fanno da tramite per tutti quelli per cui
invece è necessario. Sono realtà rico-
nosciute a livello sociale e politico
(mediante un allo costitutivo hanno ot-
tenuto il riconoscimento per l'eserci-
zio delle attività di prevenzione e recu-
pero e sono iscritti all'Albo Regionale
in qualità di Enti Ausiliari) ed.operano
in pieno accordo con 11 Soggiorno.
Soggiorno PROPOSTA: CENTRI DI
COOPERAZIONE
Sono diffusi in varie città d'Italia (Orto-
na, Vasto, L'Aquila, Ancona, Terni,
Sulmona Gualdo Tadino, Macerata,
Rimini, Porto Recanati, Civitanova
Marche, Senigallia).
Sono gruppi di amici che si occupano
della diffusione della nostra azione,
che collaborano fattivamente per le
cose materiali, promuovono borse per
casi particolari, tengono contatti tra i
Centri di Accoglienza, il Soggiorno
Proposta e l'esterno. .
.
I vari centri sono tutti tendenti allo
stesso fine, con lo stesso metod? e lo
stesso spirito. Le person~ che v_1ope:
rano sono pslcologi, med1c1. ass1stent1
sociali, genitori, giovani ed ex-
tossicodipendenti.
.
Abbiamo ritenuto nostro dovere infor-
marvi di tale iniziativa perché pensia-
mo che essa sia una risposta, concre-
ta ed umile, alla domanda del vostro
articolo «Che cosa si può fare ?..
Soggiorno Proposta
Centro d, informazione 1' accoglienza
v,a S Domenico Savio, 1 Te/ 0873/2041
66054 Vasto (CH)

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- - - - - - - ~ - - - -~
1 tuGLiO 1985 · 5
MACAO
I gioielli
del ,,ecchio mi~sionario
L e 1'010 che
pre~entiamo vengono
da Macao e
riproducono il gruppo dì
danza delle scuole elementari
salesiane risultato primo
assolUlo fra 1utte le scuole d1
Macao. «Auualmente - ci
ha scritto presentandocele
don Ercole Tiberi - il
Bollettino pubblica cose più
serie, pratiche e con meno
poesia. Quest'anno però che
è l'anno della giovencù, un
po' di fiori e di poesia forse
non dispiaceranno...».
Certo che non dispiacciano.
don Ercole.
b,cre nella banda dà molla
,oddisfazione, ma mene in
.:orpo tanta paura di
,bagliare. Per fortuna
abbiamo imparato ad andare
d'accordo, a furia di far
prove. Siamo proprio
dhcnta1i molto più
111'f'ia1a1i».
Queste confessioni di alcuni
elcmc111i della banda
musicale « I ragazzi di Don
Bosco». che da sei anm
ITALIA
allieta le più svariate
drcostanze delristituto
Suona per far contenta la Salesiano alla « Doganella»,
genie
uno dei quartieri più
popolari ed emarginati di
or~e non
Napoli. «All'inizio c'è stata
resisterei a stare una cena di fficollà nel
in collegio se
reperire i ragazzi - amm\\!tte
non suonassi nella banda», il maestro Corrado Guercia,
confessa candidamente
salesiano coadiutore-.
Sal\\'atore, 1erza media,
Temevano di non farcela.
originario di Caivano. « Ed Ora ~ono già 45 quelli che
io non dormo la noue
suonano perfettamente e 25
quando ~tinmo per andare in stanno imparando. Un
giro a suonare - aggiunge successo senza precedenti, se
Mario, 14 anni,
si pensa al punto di parte111.a
trombetti~ta -. Come capitò (molti per fauori ambientali
quando fummo invitati a
e familiari avevano gravi
Lecce, a Foggia o a
carenze scolasùche) e alla
Soverato. O peggio ancora mancanza assoluta di
quando do1 ci amo wonare strumenù. Abbiamo
in piaua S. Pietro, alla
cominciato dal nulla e poco
presenza del Papa». «Non è alla volta siamo arrivati a un
facile, sa! - aggiunge
buon livello di
Aniello, seconda media,
preparazione».
suonatore di tamburo -
La banda è un elemento che
suoniamo per far contenta la
geme», rileva Arturo, che da
due anni suona il sax ed è
deciso a frequentare il
conservatorio. « È ciò
facendo - aggiunge
Mimmo, il clarinettista - ,
formiamo gruppo. Ce ne
accorgiamo q uanto più passa
il tempo. Sappiamo stare al
passo con gli altri,
comprendiamo meglio eh.i
sbaglia. E riusciamo anche a
suonare da soli, in assenza
del maesrro. Ovviamente c'è
un vice, che è uno di noi.
Ma non per questo ne
approfittiamo>>.
Un'avventura entusiasmante,
dunque, capace di
coinvolgere i ragazzi, di
favorirne la maturazione. di
l'alorizzamc le capacità,
sopranuno se essi
provengono da quelle sacche
di emarginazione e di
sottosviluppo che si
chiamano Secondiglìano,
appartiene alla più genuina
tradizione salesiana. Non per
niente una delle più antiche
foto di D. Bosco lo ritrae in
Rione Amicizia, Forcella,
Quartieri spagnoli.
« Una casa salesiana senza
musica è come un corpo
senz'anima», ebbe a dire un
mezzo ai birichini di
giorno D. Bosco. «l ragazzi
Valdocco mentre
imbracciano gli strumenti
di Don Bosco» a Napoli
dimostrano di avere
musicali. Proprio come nelle
foto che ricoprono le pareti
della sala del complesso
quest'anima e quindi di
essere un corpo vivo.
«Suoniamo qualcosa?>>,
bandistico e che ripercorrono
le tappe del cammino
compiuto fino a oggi. «Sono
propone uno di loro. Sotto
con gli strumenti. Uno, due,
tre. Via. li pczio s'intitola
stati i ragazzi a rendere
«Fantino». È una marcetta
accogliente questa sala -
sottolinea il maestro
brillante, la prima che hanno
imparato: il passato si fonde
Guercia -. Stiamo anche così con l'oggi e fa sognare
allestendo un settore
riservato all'audizione
ad occhi aperti un futuro più
felice.
musicale».
La banda infatti non è naia
come un diversivo. «Noi
Nella foto:
La banda suona...

1.6 Page 6

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6 · I LUGUO 1985
Cesano Maderno {MO:
don Viganò celebra
il 75° della FMA
<< L e giornate
salesiane di
Cesano
rimarranno a lungo nella
mia memoria!» ci ha scritto
il Rettor Maggiore che ha
celebrato l'On noi la festa del
75° di presenza delle suore a
Cesano.
È stato il Parroco, don
Emilio Meani, ad invitarlo,
non poteva scegliere dono
più bello. né poteva trovare
occasione più bella per Far
tornare. nell'oratorio che ha
visto nascere la loro
vocazione, 150 suore di varie
congregazioni e le Figlie di
Maria Ausiliatrice che hanno
lavorato in questa casa.
È stata una gran festa,
quella del 18-19 maggio
1985. Iniziata con l'arrivo di
Madre Emilia Anzani da
Roma - Madre Emilia è
stata qui qualche anno come
in~egname nella scuola
Media e poi come Direttrice
-, si è calamitata imorno al
Rettor Maggiore quando è
arrivato. verso le 17.
preceduto dalla scorta del
Motoclub e dalla banda
musicale. L'accoglienza della
popolazione è s1a1a calda.
I Nella foto:
L'arrivo di don Egidio
Viganò a Cesano
spomanea, in una parola:
salesiana.
Il Reuor Maggiore ha
parlato alle suore, ha
risposto alle loro domande;
in serata ha pregato con i
giovani di tutto il decanato e
la domenica mattina, dopo
la solenne concelebrazione
delle ore 9 si è incontrato di
Q(J4N/)() ffK.CIO Pél-
l)OM/W/)6PI
~ TB)l.(X;t({.()
"-=L~.._=:_~=_:~-(-OVID
6 ' fll/J)éN/e
I.. 'lt,,-NORAHl~
Rt;l..lf:,,-fOS.Q
J(~\\:.ti))
visto come protagonisti
Fabio Sbalzarini,
l'instancabile don Meroni e
l'intera sua e.lasse. Ma ecco
come il Giornale di Milano
del 19 marzo ha presentato
il premio.
«Per la terza volta in dieci
anni uno studente
dell'istituto salesiano di viale
Matteotti a Sesto San
Giovanni si è classificato
finalista nel concorso
"Philips" mettendo in
risalto il lavoro di ricerca
che ogni anno si effettua in
questa scuola.
A rappresentare tutto il
gruppo di studiosi della vita
delle api è staw Fabio
Sbalzarini, tredici a nni di
Cinisello Balsamo, a lunno di
terza media. li lavoro
nuovo con i giovani, questa
presentaLO dal ragazzo al
concorso aveva per titolo
volta per una chiacchierata a
ruota libera. Don Viganò e i
"Attorno a un alveare",
ultimo atto di una trilogia
giovani si sono trovati in
sulle api avviata nel '75.
sintonia, gli hanno anche
La "scoperta" di quest'anno
detto che avrebbero
volentieri pranzato con lui.
(<La prossima volta
combineremo!>) ha risposto,
e questo (, arri vederci >l è
staLO souolineato anche
è una sorpresa mai
evidenziata negli studi
precedenti. Le api, nel
cercarsi nuovi spazi, sono
riusci te ad incrinare il vetro
che copriva l'arnia,
prima di partire, quando ha
salutato la popolazione,
dopo aver assistilo alle
manifestazioni di gioia che le
rompendolo. Con questo
riconoscimento i ragazzi
della scuola salesiana hanno
voluto ripagare in un certo
ragazze avevano preparalo senso il gran lavoro svolto
per lui.
dagli insegnanti : uno staff di
Due giorni, \\·issuti
persone impegnate non solo
intensamente e volati via in a far studiare i ragazzi, ma
fretta. come capita per i
momenti più felici, ma ci
rimane in cuore l'arrivederci
e la volomà di andare
avanti, oltre i «75 anni di
grazie>> che il Reltor
Maggiore ha definito
soprattullo a guidarli verso
traguardi culturali di
notevole impegno e
prestigio.
Un esperto di zoologia è don
Meroni, professore di
scienze, da anni impegnato
(<prologo per un più fecondo
avvenire>) .
coi suoi ragazzi nello studio
della vita che conducono le
api. Per la terza volta i suoi
ragazzi sono stati premiati
sull'argomenro api.
- Come mai tanto interesse
C'è una scuola che conosce su quest'insetti?
tutto sulle api
I) "Quest'interesse risale
agli anni bellici, quando
L a scuola media
salesiana di Sesto
S. Giovanni per la
tu110 era tesserato e a borsa
nera. In un istituto del
bresciano da noi gestito
terza volta ha conseguito un c'erano da sfamare cento
premio speciale al Concorso ragazzi e abbiamo risolto
PHJLJPS per giovani
pane dei problemi con un
ricercatori.
allevamento di api. Da allora
La ricerca di quest'anno
mi sono sempre interessato a
<<Attorno ad un alveare» ha ques ci insetti avendo la

1.7 Page 7

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- - - - - - - - - - -sB-
fortuna poi di Lrovare nei
miei allievi persone
interessate a questo mondo
prodigioso e meraviglioso".
- Ma viviamo a Sesto, una
città industriale, di smog...
"Ceno, qui a SesLo è
impensabile mantenere un
apiario compleLo, ma
qualche piccola arnia di tipo
sperimentale l'abbiamo
sistemata nell'orto botanico
della scuola dove
conduciamo i nostri studi".
- Come siete arrivati ai tre
premi?
"Da dieci anni portiamo
avanti ricerche
d'osservazione in una specie
animale. Nel '75, con uno
studio in generale sulle api
scoprimmo un apicoltore che
raccoglieva da anni un miele
inquinato, così com'era
risultato a tutte le successive
analisi. Nell'83 il figlio di un
apicoltore nostro allievo
inventò un apparecchio per
raccogliere il miele e
quest'anno abbiamo
osservato come le api hanno
rotto un vetro d'arnia,
rendendo cosi in un certo
senso giustizia di tanti
pregiudizi sulla loro
pericolosità e dannosità,
visto che noi siamo riuscili
ad osservare questo fauo
eccezionale vivendo di
giorno in giorno vicino ad
esse" .
- Oltre al motivo
scientifico, ci sono altre
ragioni che vi spingono a
questo impegno con le api?
2) "Certameme non
trascuriamo quello pratico,
cioè l'impegno di far
conoscere e riscoprire pregi e
virtù di quel nobile ed antico
alimento che è il miele e
degli altri prodotti
dell'alveare. Il noSLro
interesse si traduce in
mostre, conferenze,
proiezioni in più città della
provincia di Milano.
3) Non ultimo motivo è
quello di richiamare
l'attenzione di tutti su
quanto possono insegnarci
queste piccole creaLUre. Per
noi profani interessare i
ragazzi di una città come
Sesto a questo mondo
anima le rasenta un'impresa
di... sesto grado!"».
Giovani verso ìl fu1uro
I I Centro Psico-
Pedagogico «Yiktor
Frankl» di Messina
diretto da don Umberw
Romeo anche quest'anno ha
organizzato UD seminario di
studi apeno a tutti. li
seminario di quest'anno -
l'iniziativa è giunta alla sua
nona edizione - ha avuto
come tema: «I giovani verso
il duemila» e si è svolLo dal
15 al 17 maggio 1985. Alla
manifestazione che si è
articolata in tre giorni con
gli interventi del prof.
A. Agnello docente di
pedagogia presso l'Università
di Messina, di don
Giancarlo MiJanesi, docente
di sociologia presso
l'Università Salesiana di
Roma, del dott. Pietro
Arena, giudice del tribunale
I LUGLIO 1985 · 7
a lettera di Nino Barraco
QUALE FUTURO
PER LA STORIA
Carissimo,
ci troviamo nel turbine dei grandi eventi dello Spirito.
1950 anni dalla Resurrezione.
L'Anno Santo che abbiamo vissuto. Come dimenticare?
L'impossibile che è avvenuto. La memoria, l'attualità di
UD evento che ha fatto entrare l'umanità nella sua più
grande trasformazione storica.
Vent'anni dal Concilio.
Questa notizia che dura ancora oggi. Una nuova Chie-
sa, la Chiesa di sempre ma rivissuta in termini di auualità,
che fa sue le gioie, le speranze, le lotte degli uomini. Una
Chiesa sempre più altare, sempre più libera da nine le
compromissioni del potere.
Una Chiesa pronta a riconoscere per prima le sue colpe,
aperta al dialogo, alla ricerca, in comunione con il mondo.
Vigilia del terzo millennio della storia.
Passaggio epocale, di un'era della terra.
L'uomo che ha raggiunro prospettive quasi illimitate
nella compenetrazione della natura, e che pure rimane tra-
fitto da domande mai chiuse sul suo futuro.
Quale futuro? Ecco, la Chiesa si fa annunzio, presenza,
servizio di futuro.
Abbiamo celebrato il Convegno delle Chiese.
Grande dono di Dio, dello Spirito, consolatore perfetto,
datore di ogni bene, padre dei poveri. Occasione torica
per gestire una intenzione profetica. Evento, nella profon-
dità biblica.
Una presenza per il futuro.
Una responsabilità che è di Chiesa.
Una responsabilità che è di ciascuno di noi, chiamati ad
essere profezia di speranza per il mondo. Non fuo1·i del
mondo. ma dentro il mondo. senza riempirci di mondo.
Responsabi li tà di laici che vivono il mistero nella ~ecola-
rità.·Laici che 1cs-timoniano la dimensìonc mistica nell'ùr-
dine temporale. Che costruiscono le beatitudini, la -:on-
templazione, la purezza del cuore, la povertà della vita,
l'obbedienza dell'amore nella gestione delle cose del
mondo.
Essere contemplazione e vertenza, spiritualità e secolari-
tà. È la definizione dei laici come !'«anima del mondo».
Appartenere a Dio, alla storia della sua salvezza. alla
preghiera, alla contemplazione, alla sua unione.
Appartenere ai fratelli, alle lotte, alla sroria della loro
salvezza.
Appartenere agli ultimi soprattutto, al loro dolore.
Appartenere alla storia della città.
Appartenere al futuro della terra.

1.8 Page 8

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8 I LUGLIO 1985
dei minori della città, del
prof. Antonio Leocata,
primario di pediatria presso
l'Ospedale Garibaldi di
Catania, del don. Melo
Freni, giornalista e scrittore,
hanno preso parte almeno
quattrocento persone. n
seminario ha inteso
rispondere ad almeno tre
interrogativi con lo sguardo
rivolto al futuro: verso quale
maturità? verso quale
ramiglia? verso quali valori?
Dalla complessità della
situazione giovanile attuale
- ba concluso fra l'altro
don Romeo - alcune
«cose» sono certe: i giovani
vanno avanti perché
vogliono vivere e da
protagonisti per realizzare
una società migliore,
vogliono subito risposte
autentiche, vissute, concrete,
attuali, cercano testimoni di
valori perché sono assetati di
fatti e non di parole.
Restaurato a Torino
l'organo del S. Gio vannino
' antico organo della
Chiesa di
U S Giovanni
Evangelista a Torino voluto
più di cento anni fa da Don
Bosco, è stato recememento
restaurato.
L'organo che ha ripreso a
suonare il 4 maggio scorso
con un concerto del maestro
organista Giovanni Borra fu
voluto da Don Bosco e fu
realizzato dal cav. Giuseppe
Bernasconi di Varese nel
1882. Dopo varie peripezie
l'organo diveru1e inservibile.
Nella foto:
L'organo della Chiesa
di S. Giovanni
Evangelista
Il restauro è stato portato a
termine dalla Ditta
Francesco Michelmto di
Albignasego (PD) che è
riuscita a dare alle canne
dell'organo una intonazione
dolce e rotonda. L'organo
- come si è detto - è stato
inaugurato il 4 maggio con il
primo di quattro concerti
che sono stati realizzati
l'intero mese di maggio. Il
programma ha visto alla
tastiera rispettivamente il 4,
l' 1I, il 18 e il 26 maggio i
maestri Giovanni Borra,
Massimo Nosetti, Guido
Donati, Arturo Sacchetti.
Centinaia di musicofili - in
buona parte giovani -
hanno potuto cosi ascoltare
con le famose composizioni
di Bach, Mendelssohn ,
Schumann anche opere del
salesiano don Virgilio
Bellone morto nel 1981 e di
altri autori meno conosciULi
ma pur sempre valorosi.
L'organo del S. Giovanni
Evangelista non è il solo ad
a rricchire le chiese salesiane
della Città piemontese.
Organi di valore si trovano
alla Basilica di Maria
Ausiliatrice e presso la
Cappella del Centro
Giovanile Salesiano della
Crocetta. ln quest'ultima
cappella i concerti sono
diventati un appuntamento
culturale consueto per tanti
giovani. È sperabile che tali
iniziative si moltiplichino
nella convinzione che il
gusto per il bello musicale
rappresenta una dimensione
culturale significativa.
Concerti al Colle Do n Bosco
L a cripta del tempio di
don Bosco a
Castelnuovo Don
Bosco ha ospitato domenica
28 aprile 1985 un conceno
del Coro Madrigal di
Bucarest direuo dal maestro
Marin Costantin. La
manifestazione è stata
organizzaia dall'Unione
Musicale di Torino e faceva
pane di tutta una serie di
concerti tenuti nel territorio.
11Coro di Bucarest,
attentamente seguito da una
gran folla, ha eseguito
musiche di Palestrina,
Gastoldi, Monteverdi,
Donati, Lasso, Negrea,
Bretan, Tbeodorescu.
Moldovan, Pascanu,
Penderecki, Schoggl, Marbe.
L'interesse della gente é
stato vivissimo. Sono così
sempre più numerose le
manifestazioni culturali che
fanno del complesso
costruito sul Colle Don
Bosco una srrunura aperta
ad iniziative di crescita e di
promozione culturale olcre
che religiosa.
Ad Amatrice (Rieti) un
nuovo quadro di Do n Bosco
M enm; ci si avvicina
alla grande festa
centenaria del
1988, Don Bosco continua
ad affascinare quanti lo
conoscono e fra questi, tanti
artisti. Il quadro che
presentiamo è opera della
pittrice Pandolfi Tilesi
Letizia e si trova nella
Chiesa delle Anime Sante di
Amatrice in provincia di
Rieti. L'artista con questo
Nella foto:
Il Coro durante il
quadro ad olio ha volu10
dare del Santo una
interpretazione moderna
ritraendolo con i giovani
della cittadina clie lo rissano
per trarne aliti di speranza e
di fede. Su tutto dominano
la lìgura di Maria
Ausiliatrice ed una intensa
luce-simbolo di Dio.
TAIWAN
Festa ali 'Ausiliatrice
I centocinquan1 'anni di
costruLione della prima
chiesa sono stati
ricordati nell'isola di Taiwan
con una grande processione
in onore di Maria
Ausiliatrice. Alla proce~sione
hanno preso parte con
l'intero epi\\COpato
formosano e molti religiosi
migliaia di amici e
simpatizzanti dell'opera
sale,inna

1.9 Page 9

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5n__ _ PASTORALE GIOVANILE_ _ __ _ _ _ _ __ _ _ _
Anno Internazionale
dei giovani
I LUGLIO 1985 9
C oN UN PIEDE
NELLA
TRADIZIONE
I GIOVANI
AFRICANI
GUARDANO
AL FUTURO
Una inchiesta di
don Piero Gaviali,
missionario salesiano
nello Zaire. La fam iglia,
la religione, il denaro,
il lavoro e, anche,
lo stregone.
Qual è il comportamen-
to dei giovani africani, oggi? Quale
la loro mentalità? Quanto è rimasto
in essi della tradizione africana e in
che misura dipendono dalle influen-
ze della cultura europea? Quali so-
no le loro esperienze, quali gli ob-
biettivi che si pongono per l'avveni-
re? E il loro atteggiamento rispetto
al matrimonio, al denaro, al lavo-
ro? E di fronte alla religione? Que-
ste e molte altre domande trovano
risposta in un dossier realizzato, in
occasione dell'Anno internazionale
della gioventù, da un sacerdote sale-
siano, missionario in Africa. Dal
i 966, don Piero Gavioli vive e lavo-
ra a L□bumbashi, nel Sud Shaba,
regione dello Zaire, e dal 1977 è re-
sponsabile diocesano della pastora-
le giovanile.
«La mia esperienza - dice don

1.10 Page 10

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10 · 1 LUGLIO 1985
Gavioli - è sicuramente molto li-
mitata e parziale. Perciò non ho la
pretesa di conoscere i giovani del-
1'Africa, di un Continente tanto va-
sto e differenziato». Di qui il carat-
tere «aperto» che egli ha preferito
dare alla sua inchiesta, accogliendo
contributi di varia provenienza.
Don Gavioli ha così confrontato le
sue impressioni con quelle dei con-
fratelli che lavorano in altre regioni
dell'Africa nera. Ha discusso con
salesiani del Congo, del Gabon, del
Camerun, si è recato in Ruanda, nel
Burundi, oltre che a Brazzaville e a
Kinshasa, rispettivamente capitali
del Congo e dello Zaire, nonché in
altre missioni nello Shaba e nel Ki-
vu. Inoltre, ha studiato a fondo do-
cumenti elaborali da persone che la-
vorano tra i giovani un po' dovun-
que in Africa. <<Tutto ciò - affer-
ma don Gavioli - mi ha aiutato a
confrontare i miei punti di vista con
quelli di persone che hanno più
esperienza di me. Ne è uscito un
dossier che propongo molto sempli-
cemente come strumento di cono-
scenza e di lavoro sia per gli adulti
che per i giovani».
Ed è ai giovani che don Gavioli
ha lasciato ampio spazio per espri-
mersi, in tutta libertà, su questioni
che loro interessano in modo parti-
colare, sollecitandoli con domande
mirate. Ne è uscito un campionario
di risposte che sottolinea una molte-
plicità di interessi, spesso molto di-
versi tra loro, talvolta addirittura
contraddittori. Facciamo un esem-
pio. Alla domanda: «Quali sono i
terni che i giovani sentono più vicini
alla loro problematica», le risposte
ottenute vanno dallo studio alle re-
lazioni fra giovani e ragazze, dagli
spettacoli alla moda, dal tribalismo
aU'impegno ideale, dall'amore per
il prossimo al lavoro, dalla corru-
zione e le ingiustizie a come prepa-
rare l'avvenire, dalla crisi economi-
ca alla miseria della gente, dall'e-
vangelizzazione alle vocazioni sa-
cerdotali, dalla solitudine morale
dei giovani al senso del matrimonio.
È interessante vedere qual è l'at-
teggiamento dei giovani africani nei
confronti della famiglia. Si coglie
facilmente un misto di attaccamen-
to alle amiche radici e di afferma-
zione di esigenze nuove, di rispetto
per i genitori e di bisogno di mag-
giore Libertà. AJJa domanda: «I ge-
nitori hanno diritto di sapere e di
controllare tutto ciò che fanno i lo-
ro figli»? Le risposte, pressoché
unanimemente, riconoscono non
solo questo diritto, ma anche quello
del richiamo all'ordine in caso di in-
frazioni. E ciò perché i genitori «ci
hanno messo al mondo e hanno su
di noi tutti i diritti», perché «sono i
nostri superiori», «sono responsa-
bili della nostra educazione>>, «so-
no guardiani della saggezza». E,
ancora, perché «colui che rispetta i
genitori sarà un uomo felice» e per-
ché «i genitori debbono preservare i
figli dai pericoli che li circondano».
Tuttavia, in questo quadro, che
rivela il permanere fra i giovani
africani di un'alta considerazione
per la famiglia e per i genit0ri, gli
stessi giovani sembrano rivendicare
una maggior libertà d'azione, «sia
pure - come sottolinea un interpel-
lato - nei limiti del buon senso» e
della« necessaria misura», come af-
ferma un altro. Ciò vale anche per
le ragazze, che non vorrebbero esse-
re costrette a rientrare in casa al tra-
monto, come invece è desiderio dei
genitori. Anche se per le ragazze gli
stessi giovani danno risposte meno
«aperte>>: «una ragazza - risponde
qualcuno - si fidanza in casa non
al bar». E un altro: «c'è sempre
qualcosa da fare in casa per una ra-
gazza». Insomma, c'è chi pensa che
le giovani debbano godere di una
minore libertà rispetto ai giovani.
Esiste poi il grosso problema del
matrimonio, che i giovani in Africa
sembrano voler affrettare, e soprat-
tutto contrarlo con libertà di scelta,
anche senza il consenso dei genitori.
Perché tanta fretta? Il 60 per cento
delle risposte sostiene che ci si af-
fretta per poter avere dei figli. Ma
c'è anche chi afferma di volersi spo-
sare al più presto per sottrarsi alle
difficoltà che incontra nella casa
paterna o chi sostiene che « la vita
non è lunga e quindi è meglio non
arrivare in ritardo». Giudiziosi e
pacati si dimostrano i giovani afri-
cani per quanto attiene alle condi-
zioni di una buona preparazione al
matrimonio. Essi indicano, come
condizioni materiali da realizzare
prima di sposarsi, un lavoro fisso,
qualche risparmio, una casa, vestili
e aurezzi da cucina. Quanto alle
condizioni morali e psicologiche si
indicano, fra l'altro, un tempo di fi-
danzamento sufficiente ad accertare
la serietà del partner e di capire il
suo carattere, la maturità, l'amore
reciproco. rI venti per cento dichia-
ra di volere un matrimonio reli-
gioso.
È forte, nei giovani africani, il
senso dell'onestà, la condanna della
corruzione. ln modo più o meno
esplicito e più o meno tinto di indi-
vidualismo familiare e tribale, i gio-
vani - nota don Gavioli - auspi-
cano l'affermarsi di una nuova
«qualità della vita», di un mondo
più giusto e più sviluppato dove eia-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - - -sB-
scuno sia riconosciulo per quel che
vale. Desiderano eliminare la mise-
ria che li opprime, disporre di cibo a
sufficienza, di buone cure mediche
e rifiutano ogni forma di sfrutta-
mento.
Quamo al lavoro, l'inchiesta evi-
denzia un singolare atteggiamento
nei confronti del lavoro materiale:
una parte dei giovani lo considera
umiliante «agli occhi della gente
delle città». ritiene che faccia «per-
dere prestigio» e lo giudica <<poco
remunerativo». Si arriva perfino a
valutarlo «più umiliante ancora di
essere preso come ladro». Ma sono
molti i giovani che la pensano diver-
samente: «non ci sono mestieri
spiacevoli», «il lavoro è un dovere
per l'uomo», « il lavoro ben fatto
procura gioia», «è a causa della no-
stra pigrizia se un lavoro materiale
ci appare degradame».
E il denaro? Per sondare gli
orientamenti dei giovani a proposi-
to del denaro, della ricchezza, è sta-
ta loro rivolta questa domanda: «Se
ti dessero una certa somma di dena-
ro in pagamento di un lavoro, quali
sarebbero le tue prime spese?>>. Le
risposte hanno puntato sugli abiti
(«perché se non si è vestiti bene si è
criticati dagli altri»), sulla casa
(«per rendersi indipendenti dalla fa-
miglia»), sull'istruzione («perché
mi prepara all'avvenire», t<per svi-
luppare le mie capacità intellettua-
li »), sull'aiuto ai genitori («è un do-
vere aiutare i propri genitori») o al-
le persone anziane («perché vorrei
vedere felici i vecchi»).
L'Africa è stata, e lo è parzial-
mente tuttora, terra di stregoni e di
magia. Hanno ancora presa sui gio-
vani? Se uno di essi cade ammalato,
preferisce rivolgersi al medico o allo
stregone? Al medico, risponde una
parte dei giovani, che motiva così la
sua scelta: ha gli apparecchi neces-
sari alle analisi, conosce le malattie,
ha i farmaci adatti per guarirle. Chi
invece preferisce andare dallo stre-
gone, dichiara di farlo perché, «se
si tratta di stregoneria, il medico
non ci può far nulla», perché «certe
malattie non sono conosciute dal
medico, ma dallo stregone)>. ln so-
stanza, sembra che anche fra i gio-
vani, lo stregone sia ancora un per-
sonaggio capace di svolgere un cer-
to ruolo. Ciò lo si deve anche aJ fat-
to che in vaste regioni dell'Africa il
medico non esiste proprio e chi cade
1 LUGLIO 1985 · 11
ammalato non ha altra scelta che ri-
volgersi al «guaritore-stregone».
U rapporto fra giovani africani e
la religione è stato colto facendo ri-
ferimento all'opera di evangelizza-
zione. Non sono mancate risposte
dure: «i preti hanno tradito la fidu-
cia della gente», «i missionari euro-
pei hanno introdotto la loro religio-
ne per consentire ai colonialisti di
sfruttare le nostre risorse», «perché
il Papa è sempre un bianco?». Ac-
canto a queste risposte di taglio ra-
dicale, ce ne sono altre che sottoli-
neano in positivo l'opera dei missio-
nari: «i missionari hanno lasciato il
loro Paese dove la maggior parte
della gente vive nell'agiatezza per
venire a condividere la nostra mise-
ria», « hanno lottato contro lo
schiavismo, contro la stregoneria»,
«si sono impegnati per lo sviluppo
UN CONTINENTE GIOVANE:
HA MENO DI 15 ANNI
LA METÀ DEGLI ABITANTI
L'Africa ha una popolazione
giovane. Circa la metà degli
africani ha meno di 15 anni. Sui
420 milioni di abitanti dell'intero
Continente, 260 milioni hanno
meno di 24 anni. L'accrBsci-
mento demografico è uno degli
aspetti più rilevanti dell'Africa.
La natalità è la più elevata del-
l'intero globo: 46 per mille, me-
diamente, contro il 20 per mille
dell'Europa e dell'America del
Nord e il 40 dell'America Latina
e dell'Asia.
È soprattutto nelle città che si
può constatare la crescita de-
mografica e l'importanza nume-
rica dei giovani. Verso le città si
riversano soprattutto gli abitanti
delle zone rurali, attirati dai ser-
vizi - acqua, elettricità, scuole,
ospedali, spettacoli - che i
centri urbani offrono. Ma la po-
polazione delle città africane
crescono più velocemente che
la disponibilità di alloggi e la
possibilità di impiego. Si allar-
gano cosi le bidonvilles alle pe-
riferie cittadine e crescono i di-
soccupati. La popolazione urba-
na è costituita in maggioranza
da giovani. A Nairobi, ad esem-
pio, il 78 per cento degli abitanti
ha meno di 30 anni, e il 30 per
cento è in età compresa fra i 15
e i 20 anni.
Per il loro numero, I giovani
rurali costituiscono il gruppo più
importante del Continente afri-
cano, anche se sono tenuti in
scarsissima considerazione a
causa dell'altrettanto scarsa
considerazione che i go~erni ri-
servano all'agricoltura. E inevi-
tablle che sorga in essi una for-
te attrazione per la città. Ma la
città spesso rifiuta dl dare ciò
che essi cercano: scuole, lavo-
ro, denaro, e li spinge verso
comportamenti devianti (delin•
quenza, alcool, droga, prostitu-
zione). Più fortunati i giovani
che possono frequentare corsi
di studi perché le famiglie sono
dotate dei mezzi necessari. Ma
è proprio fra i giovani studenti
che nascono la contestazione e
la critica delle istituzioni e il ri-
fiuto di tutto ciò che sa di corru-
zione e di ingiustizia.

2.2 Page 12

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12 · 1 LUGUO 1985
del nostr:o Paese», «non è la stessa
cosa essere missionario e essere co-
lonialista», «le suore aiutano gli in-
felfoi come loro fratelli, aiutano i
poveri, i malati, anche se sono mal-
vagi», «iJ cristianesimo ha portato
l'amore per gli altri, l'apertura ver-
so le altre razze».
Dal complesso delle rilevazioni
effettuate risulta che il giovane afri-
cano che vive a sud del Sahara at-
traversa un'epoca contrassegnata
dal passaggio da un sistema cultura-
le a un altro. Ne ritrae un senso di
estraneità, a mezza strada fra i ri-
chiami di un ambiente ancora im-
pregnato di tradizione e i modelli
che ha sott'occhio e che non appar-
tengono al suo luogo d'origine. An-
che quando il giovane prende le di-
stanze dall'universo culturale tradi-
zionale, questo ha comunque im-
presso nella sua personalità un mar-
chio indelebile. Spesso il giovane
non conosce che sommariamente il
patrimonio tradizionale quanto a
credenze, riti, costumi, ma egli ha
assimilato una lingua e, attraverso
di essa, delle categorie di pensiero,
che sono radicate tanto più in pro-
fondità quanto più restano a livello
inconscio. «L'educazione del giova-
ne - afferma il gesuita padre Rai-
mond Daniel - è pertanto marcato
da una bipolarità culturale, ed egli
la vive spesso penosamente. Da un
lato, c'è lo spirito di competizione
che libera una certa aggressività; e
dall'altro uno spirito di sottomissio-
ne che colloca il giovane in condi-
zioni di dipendenza dagli anziani.
Non dobbiamo quindi sorprenderci
se cogliamo nel giovane africano
delle esitazioni, delle inibizioni, del-
le contraddizioni».
Benché attratto dai beni che la so-
cietà moderna offre - annota don
Gaviali - il giovane africano mani-
festa, almeno a parole, una sorte di
nostalgia per l'Africa che è scom-
parsa. La società tradizionale appa-
re ai giovani come una specie di pa-
radiso perduto, una società idilliaca
che essi vorrebbero ritrovare. Tut-
tavia i giovani africani rimangono
legati a quelle tradizioni alle quali
riconoscono un valore anche nella
società di oggi: la solidarietà, il ri-
spetto per gli anziani, il senso di ap-
partenenza al clan, alla tribù. Si di-
mostrano inoltre particolarmente
sensibili a tutto ciò che riguarda la
promozione dell'uomo nero, ed ap-
poggiano le iniziative dirette a rida-
re dignità ai popoli e ai Paesi afri-
cani.
«I giovani africani vivono però in
un mondo che non fa loro dei rega-
li. Le loro aspirazioni cozzano con-
tro una realtà dura, che li disillude
rapidamente. Finiscono così per
scoprirsi senza radici e senza avve-
nire. Si sentono in balia di un passa-
to che non hanno conosciuto e di un
avvenire che sembra loro sfuggire.
"Non siamo più africani - ha det-
to un giovane -, non siamo euro-
pei, siamo senza identità, non ci ri-
conosciamo pìù". La soluzione è
spesso la fuga. Fuga nel senso stret-
to della parola, quando essi abban-
donano il proprio Paese per tentare
la sorte altrove, di preferenza in Eu-
ropa. Ci sono più medici beniniani
nella regione di Parigi che nello
stesso Benin. Se non si può abban-
donare la propria terra, la mancan-
za di speranze per l'avvenire con-
danna molti giovani a vivere alla
giornata, a prendere la vita come
viene, senza porsi troppi interroga-
tivi. E allora si cade facilmente nella
droga, nell'alcool, nella violenza».
U mondo adulto, osserva amara-
mente don Gavioli, non dà certo ai
giovani ideali di vita, impegnato co-
m' è a utilizzare tutti i mezzi possibi-
li per fare denaro, molto denaro, vi-
vendo nella corruzione e sul sac-
cheggio dei beni pubblici.
Tutto ciò non vuol dire che in
Africa manchino i giovani disposti
a impegnarsi per costruire il loro fu-
turo. Al contrario, è proprio dei
giovani lottare per la giustizia, con-
tro l'oppressione e lo sfruttamento,
essere generosi, altruisti. È compito
di tutti, degli adulti onesti, dei sa-
cerdoti e dei missionari che operano
in Africa, ma anche di coloro che
vivono lontani dal Continente, aiu-
tarli a diventare testimoni di amore
e di fraternità. Come? Premendo
sui governi dei Paesi industrializzati
perché aiutino l'Africa a uscire dal
sottosviluppo, aiutando le giovani
Chiese africane ad ampliare la loro
azione, e sostenendo i missionari
che, in quelle Chiese, dedicano tutte
le loro energie a favorire la crescita
dei giovani e farne la forza trainan-
te verso la realizzazione di un mon-
do più giusto e più solidale.
Gaetano Nanetti

2.3 Page 13

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5n_ _ PASTORALE GIOVANILE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1 LUGLIO 1985 · 13
Vi raccontiamo
E MMAUS
la storia
di una comunità
C'È ANCORA giovanile animata nel Sud
d'Italia dai Salesiani.
Com'è nata e vive.
I protagonisti.
« La moltitudine aveva
un cuore solo e un'anima sola e nes-
suno diceva sua proprietà quello
che gli apparteneva, ma ogni cosa
era tra loro comune... Nessuno tra
loro era bisognoso, perché quanti
possedevano campi o case li vende-
vano, portavano l'importo di ciò
che era stato venduto e lo depone-
vano ai piedi degli Apostoli; e poi
veniva distribuito a ciascuno secon-
do il bisogno».
La pagina degli «Atti degli Apo-
stoli» che descrive la prima comurù-
tà cristiana nata dalla Pasqua di
Cristo, si attaglia bene alJ'origioale
esperienza di «Emmaus», una co-
munità formala da un gruppo di sa-
lesiani e di giovani volontari, sposa-
ti, celibi e nubili, che vivono colti-
vando trenta ettari di terra sulla
strada che da Foggia conduce a
Manfredonia, nel cuore del Tavolie-
re della Puglia dove d'estate il sole
spacca il terreno.
La storia di Emmaus comincia in
un quartiere povero alla periferia di
Foggia, nella parrocchia del Sacro
Cuore, all'indomani del Concilio e
del capitolo speciale della Congre-
gazione salesiana indetto per attua-
re il rinnovamento voluto dal Vati-
cano Il. Una storia che applica alla
dura realtà di una zona meridionale
la scelta preferenziale per i poverì,
fatla dai vescovi di tutto il mondo
nell'aula conciliare, e che si tradur-
rà nella splendida affermazione di
Giovanni Paolo Il: <d'uomo è la via
della Chiesa».
L'uomo di questa zona che si
chiama Candelaro, e dove la comu-
nità di Emmaus nasce all'inizio de-
gli anni settanta, aveva il problema
della casa, il problema del lavoro,
quello della scuola e quello dell'as-
sistenza sanitaria. A partire da que-
sti problemi, una piccola comunità
salesiana, con il parroco don Nicola
Palmisano, avvia un'azione di co-
scientizzazione e di formazione del-

2.4 Page 14

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14 · 1 LUGLIO 1985
la gente per fare della parrocchia
non un centro devozionale, ma una
vera comunità. Per ottenere questi
risultati punta soprattutlo sulla
scuola popolare e su un'opera di ca-
techesi profonda ma adeguata, se-
condo la pedagogia di Dio, alla
mentalità della gente.
Col passare del tempo, proprio i
catechisti laici, che sono i primi e
più diretti collaboratori di don Ni-
cola, avvertono l'esigenza di vivere
una vita cristiana più intensa, met-
tendo tutto in comune secondo il
modello della prima comurutà cri-
stiana. A ciò si aggiunge per molti il
problema della ricerca di un'occu-
pazione; un problema cronico del
Mezzogiorno, dove è stato troppo
spesso risolto con la valvola di sfo-
go dell'emigrazione o con il cliente-
lismo o la raccomandazione del
«padrino» o del politico di turno.
I giovani della comunità di Em-
maus si ribellano a tale logica. Non
accettando di passare sotto queste
«forche caudine» dei nostri gior-
ru,cercano di risolvere il problema
del lavoro con una soluzione auto-
noma, libera, autogestita. Matura
cosi nel 1978 l'idea di formare una
cooperativa di persone che non si li-
mitino a mettere insieme la propria
opera, ma condividano la stessa vi-
ta, mettano in comune i beni ed i
frutti della loro attività, aprano le
porte ai «lontani», a quei giovani
che sono più difficilmente raggiun-
gibili dalla parrocchia tradizionale.
Due ettari di terra ed una casa co-
lonica a venticinque chilometri dal
capoluogo dauno: ecco il non facile
avvio di Emmaus. Sei anllÌ senza lu-
ce, senza acqua potabile, vissuti tra
sacrifici enormi. Non tutti i giovani
ce la fanno. Qualcuno rinuncia.
Non è facile improvvisarsi comadi-
llÌ. L'apprendistato è lungo e fatico-
so, fra i sorrisi ironici dei coltivatori
degli appezzamenti vicini che sem-
brano dire: «questi non durano».
Ma a poco a poco sono costretti a
ricredersi, passando dallo scettici-
smo all'ammirazione.
Due ettari di terra non bastano a
risolvere tutti i problemi della co-
munità. Ci si guarda intorno per
trovare altre soluzioni. Nel 1982 ar-
riva inattesa l'offerta degli Ospedali
Riuniti di Foggia, che concedono
alla comurutà in uso gratuito un po-
dere di trenta ettari più un antico
cascinale colonico da riadattare eri-
strutturare. Quanto mai opporru.na
giunge infine la decisione della Re-
gione Puglia di inglobare l'iniziati-
va in un progetto di unità riabilitati-
va locale con un consistente finan-
ziamento per la costruzione del
«villaggio Emmaus».
I tempi tecnici dello stanziamento
sono però lunghi, mentre la vita del-
la comunità non può incepparsi nel-
le more delle pastoie burocratiche.
Si continua, perciò, a far affida-
mento soprattutto sulle proprie for-
ze. E non tarda il momento in cui i
salesiani ed i giovani della comunità
sperimentano in prima persona che
è proprio vero che chi dà, riceve ge-
nerosamente.
Nel 1976, alle prime notizie del di-
sastroso terremoto nel Friuli, don
Nicola, don Michele ed i giovani
erano subito partiti per portare il lo-
ro aiuto a quella gente. Tarcento,
Borgo Erba: i nomi di una scono-
sciuta storia di solidarietà. Nel 1983,
finalmente, gli abitanti di quei co-
muni possono entrare nelle nuove
case antisismiche, lasciare i prefab-
bricati dove hanno vissuto per anni.
Quei prefabbricati vengono messi
all'asta. Da Emmaus scrivono per
parteciparvi. Dal Friuli giunge una
risposta sorprendente: ve li regalia-
mo in segno di gratitudine per
quanto avete fatto per noi. L'unica
condizione è che la comunità prov-
veda allo smontaggio e al trasporto.
Detto e fatto. Nasce così, pian pia-
no, nella pianura pugliese, un nuo-
vo villaggio che ancora non è finito,
e che, quando anche l'tùtimo ca-
pannone sarà ultimato, potrà ospi-
tare complessivamente una C:' •ran-
tina di persone.
Le difficoltà iniziali non sono co-
munque poche. Una per tutte: la
scarsità d'acqua. Senza poter irriga-
re il terreno si resla vincolati come
sola coltivazione al grano. Si proce-
de pertanto allo scavo di un pozzo
profondo cinquanta metri, che ha
una capacità di otto litri d'acqua al
secondo. In tal modo, si possono ir-
rigare sino a dieci ettari di terreno,
spezzando la schiavitù della mono-
cultura del grano a vantaggio della
possibilità di piantare alberi da frut-
ta, carciofi, pomodori, ecc.
Una tale diversificazione consen-
te alla comunità di autofinanziarsi
attraverso la vendita sul mercato dei
propri prodotti. Per aiutare a capire
la portata dell'innovazione, basterà
ricordare che, ai tempi della mono-
cultura del grano, sullo stesso ap-
pezzamento di trenla ettari viveva
una sola famiglia. Una volta otte-
nuta dal comune la licenza di vendi-
ta, non è stato un problema per la
comurutà smerciare la produzione.
La stessa parrocchfa d'origine si è
rivelata un serbatoio prezioso.

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -5'1-
I LUGL,0 1985 · 15
Le foto documentano
la vita della comunità:
lavoro e partecipazione
Da quanto detto sin qui, saltano
subito agli occhi alcune peculiari ca-
ratteristiche di un'opera come Em-
maus. In primo luogo, la profonda
radicazione della comunità nel terri-
torio dal punto di vista sia civile che
ecclesiale.
Poi, la positiva collaborazione
tra giovani volontari, che non sono
semplici esecutori di ordini calati
dall'alto, ed i salesiani che animano
la comunità che, nel frattempo, si è
arricchila ed ora è formata da don
Nicola, che ha avuto importanti in-
carichi a Livello regionale per la pa-
storale giovanile, don Michele
Mongello, il concreto realiz.z.atore
dell'opera, don Michele De Paolis,
che per molti anni ha lavorato in
America centrale e meridionale a li-
vello di responsabilità elevate, e don
Giorgio Praresi, un professore inge-
gnere che ha condiviso a Roma l'e-
sperienza dei baraccati della Tor-
raccia.
Una terza annotazione viene sug-
gerita dalla « fedeltà» dei molti gio-
vani che sono rimasti coerenti con
la scelta delle origini. Una fedeltà
che, se ha dell'eccez.ionale in un
mondo gio"anile dove valori come
l'impegno duraturo sono in crisi, si
spiega e comprende alla luce degli
ideali evangelici ed alternativi che
Emmaus propone: l'amore alla ter-
ra e alle persone e la proposta di un
modello di società basato sulla fra-
ternità e sulla nonviolenza, che na-
sce dal basso, valorizza il più picco-
lo, dà voce ed accoglie tutti, special-
mente chi sta peggio.
Un ulteriore motivo di originalità
di Emmaus è che non si tratta di
una comunità terapeutica. U giova-
ne che vi approda per venir fuori
dal giro della droga, della delin-
quenza, della prostituzione, del va-
gabondaggio o della depressione
psichica, , iene accolto ed associato
nella comunità, anche se con re-
sponsabilità diverse rispeno a quelle
dei membri stabili.
Egli partecipa, si sente responsa-
bile in qualche misura della vita del-
la comunità. E man mano che ne
acquisisce i valori, cresce pure il suo
senso di responsabilità verso l'altro
e capisce di dover risolvere il suo
problema personale aiutando gli al-
tri a venir a capo dei propri.
«È una novità fondamentale -
sottolinea don Nicola - nella varie-
tà di comunità che vanno sorgendo
ora in Italia, soprattutto di quelle
che partono dal principio che ci so-
no degli "operatori" e degli "uten-
ti''. Il nostro compilo educativo co-
me salesiani è quello di far sì che
tutti condividano il progeuo asso-
ciativo. E questo ricmra totalmente
nel metodo preventivo di don Bo-
sco. Penso a quelle che lui chiama,a
"compagnie dei giovani", racco-
mandando ai salesiani di non met-
terci troppo il naso dentro».
« L 'intuizione di don Bosco»,
prosegue l'animatore della comuni-
tà, «ci ha guidati nella nostra scelta
di "protagonismo giovanile'' che
portiamo a,anti. le scelte della co-
munità )i fondano sempre sulla ra-
gione, sul dialogo, sull'incon1ro,
~ullo stimolare il giovane in quel che
ha di positivo. E nel far che venga
fuori. Siamo infaui convinti che il
sistema pre, en1i\\O del fondatore ,ia
fecondo anche nd c.:ampo delle to~-
sicodipcndenze e delle a ltre forme
moderne di disagio giovanile».
«La nostra opera,1. tiene a rimar-
care ancora don Nicola, «è impre-
gnata sin nelle radici di spirito ~aie-
siano. li ragano non dCVl' ,en1ir,i
un ''mantenut o•·, macapirec.:hec.:ol
suo lavoro può guadagnarsi il piallo
che mangia. È un insegnamento che
don Bosco ripeteva continuamente
ai suoi ragazzi, agli apprendisti in
particolare: fare il vostro lavoro e
col vostro la, oro mantenete, i e di-
ventate onesti ciltadini e buoni cri-
stiani. Perciò ril'iutiamo rette, dia-
rie, stipendi; i finanziamcmi pubbli-
ci e privati sono accolti ed anche sa-
lesianamente sollecitali solo se ri-
guardano strutture e meni di pro-
duzione o di animazione».
« Un altro principio di fondo è il
rispetto assoluto della dignità della
persona. Il titolo per cui un giovane
viene accolto è il bisogno che pre-
senta. Nessuna discriminazione,
quindi Come sacerdoti, siamo con-
sapevoli di a, cr a che fare con gio-
vani che hanno avuto pessimi ap-
procci con la comunità ecclesiale,
che nutrono pregiudizi marcati ver-
so il "prete". Di qui tutto un lavo-
ro vitale per far cadere tali pregiudi-
zi lentamente, giorno per giorno,
nel contatto familiare cd umano)).
« In definitiva, la nostra comuni-
è un segno di speranza nel sud
d'Italia dove queste esperienze sono
ancora rare», conclude don Nicola.
«Ce Io dicono gli altri più che ve-
derlo noi ste~si. lo un periodo di ri-
nusso nel pri,ato, in cui i giovani
hanno preso la via della discoteca e
dei giochi sessuali e sono tramonta-
te le tensioni ideali e politiche degli
anni sessanta e seLtanta, una comu-
nità come Emmaus suscita entusia-
smo e speranza proprio perché ha il
coraggio di andare controcor-
rente».
SiJvano Stracca

2.6 Page 16

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_ VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ __ _ __ _ _ _ _ _ __ _
Verso iI 1988
S 1GNOR MINISTRO,
Cl REGALA
UN FRANCOBOLLO?
La storia di un «pezzo di carta»
chefa ancora collez ione.
Quante sono le emissioni
con soggetto salesiano?
Ne tentiamo una presentazione.
«E poi - ci ha scritto un lettore -
nel 1988, anno centenario
della morte di Don Bosco,
ci sarà una emissione speciale?».

2.7 Page 17

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~ - - - - - - - - - -# -
I LUGLIO 1985 · 17
Da quando sir Rowland
Hill il 6 maggio 1840 varò in Inghil-
terra quella riforma postale che die-
de il via al primo francobollo, que-
sto minuscolo quadratino cartaceo
di strada ne ha fatto, indubbiamen-
te, tanta e senza perdere con il tem-
po in smalto e fascino.
Si direbbe anzi che esso sia cre-
sciuto. Non foss'altro infatti per se-
guire la tradizione di quel primo
francobollo inglese riproducente la
effigie della Regina Vittoria dise-
gnata dal pittore H. Corbould ed
inciso su acciaio dal celebre Frede-
rick Health sta di fatto che di fran-
cobolli ne escono tanti e molti an-
che belli. Così, come ogni cosa bel-
la, essi vengono raccolti, commer-
cializzati e collezionati. Forniti di
albi a stampa e non, di linguette
gommate, di pinzette, di scale per la
misurazione delle dentellature, di fi-
ligranoscopi e di altro ancora, mi-
lioni di «post masters» - Pitigrilli
li chiamò causticamente «raccogli-
tori di sputi internazionali» - ali-
mentano tutta un'intensa attività
commerciale e culturale che va, ap-
punto, sotto il nome di «filatelica».
La prima emissione commemora-
tiva di francobolli, manco a dirlo,
uscl in Gran Bretagna nel 1887.
Vennero ricordati i cinquant'anni di
regno della Regina Vittoria. Un an-
no dopo, il 31 gennaio 1888 a Tori-
no moriva san Giovanni Bosco.
Caro Bollettino - ha scritto un
lettore di Padova - in occasione
del centenario deUa morte di Don
Bosco, il Ministero delle Poste
emetterà un francobollo speciale?».
Lo speriamo è la risposta. Intanto
proviamo a vedere quel che è stato
stampato io questi anni curando di
farne una rassegna non troppo in-
completa.
Quella che presentiamo è dunque
una rassegna «a canguro» che an-
dava fatta in ogni caso e che potrà
essere completata dall'intervento di
qualche lettore paziente e preciso.
Contrariamente a quanto potreb-
be sembrare, l'Italia non ha il mi-
glior francobollo a soggetto salesia-
no. La palma - a detta degli esperti
- spetta al Prìncipato di Monaco. I
Monegaschi del resto sono soliti
preparare serie commemorative
molto belle e graficamente assai cu-
rate. Quel che difetta è semmai la
distribuzione fuori dal Principato.
È stato così anche per un valore di 4
franchi pro-Croce Rossa dedicato a
Don Bosco alla fine del 1977. Il
francobollo ebbe un notevole suc-
cesso fra gli intenditori.
La stessa cosa non si può dire per
la «serietta» italiana da L. 120 e da
L. 70 del 29 marzo 1977 che l'Am-
ministrazione delle Poste e delle Te-
lecomunicazioni dedicò alle Missio-
ni salesiane.
Ne vennero tirati 15 milioni di
esemplari per ciascun valore.
Renzo Rossotti, filatelico torine-
se, la definì una serie «infelice, anzi
sbagliata>> e poi, si chiese su Stampa

2.8 Page 18

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18 · 7 LUGLIO 1985
Sera del 18 marzo 1977 « Dov'è Don
~osco»?
«Enigmatico e retorico il primo
valore, peggio che mai il secondo;
un globo diviso in cinque settori, a
simboleggiare i continenti, mostra
al centro una immagine microscopi-
ca di san Giovanni Bosco».
Miglior sorte toccò invece a san
Domenico Savio nel 1957, anno
centenario della morte, al quale l'I-
talia dedicò un valore di L. 15. Vi
svetta l'effige del ragazzo santo cir-
condato da coetanei lavoratori e
studenti di tutte le razze; ai lati i
simboli del lavoro e dello studio:
vaso, ruota dentata, squadra, spiga,
lira, libro, rullo tipografico e ramo-
scello d'olivo. In alto si legge il mot-
to lasciato da Don Bosco: «Lavora-
re è pregare».
Una buona attenzione a Don Bo-
sco è stata data dalle Poste Vatica-
ne. Qui è possibile trovare il Don
Bosco di 80 centesimi del 1936 in
occasione dell'Esposizione Mondfa-
le della Stampa Cattolica. Rima-
nendo sempre oltre Tevere sono da
ricordare i valori - rispettivamente
di L. 60 e di L. 6 - del 21 marzo
1957 dedicati a Don Bosco con san
Domenico Savio, suo «allievo pre-
diletto».
Nella stessa serie il Vaticano ne
dedicò altri due a Domenico Savio.
Furono valori di L. 4 e di L. 25.
Il resto dei Paesi Europei non
sembra che siano stati particolar-
mente generosi nei confronti di un
Santo i cui meriti vanno aldilà dei
confini italiani. Soltanto la Spagna
ed il Belgio infatti hanno dedicato
francobolli a Don Bosco e alla sua
opera. 11 centenario della presenza
salesiana in Spagna porge l'occasio-
ne alle Poste di quel Paese di emet-
tere un valore di 14 pesetas mentre il
cinquantenario della canonizzazio-
ne del Prete educatore viene ricor-
dato nel 1984 dal Belgio con una
emissione di 8 franchL Ambedue i
bozzetti evidenziano l'indissolubile
legame che lega Don Bosco ai gio-
vani. ll valore belga ha una singola-
rità: il bozzeno è stato disegnato da
un salesiano.
L'America Latina è terra salesia-
na per antonomasia, è la terra so-
gnata da Don Bosco e qui troviamo
il maggior numero di emissioni fila-
teliche.
Particolarmente attenta è l'Ar-
gentina: ben quattro valori sono de-
dicati ad opere o persone salesiane e
per tutti basta ricordare un valore
del 1972 dedicato all'azione salesia-
na in Patagonia - la Terra del Fuo-
co! - assieme al valore di 8 pesos
commemorativo del cardinale sale-
siano Giovanni Cagliero nel J965.
Proprio sull'intrepido missionario
capo della prima spedizione salesia-
na in Argentina, nella cartolina del
primo giorno d'emissione si può
leggere: « la vita e l'azione dell'illu-
stre Porporato si sono proiettate
nella vita della Repubblica con un
valido apporto alla cultura, alla ci-
viltà e al progresso di quella regio-
ne».
I 75 anni delle scuole professiona-
li nel 1968; il centenario della Casa
salesiana di Villa Colon nel 1972
unitamente al centenario della pre-
senza salesiana nel 1977 sono altret-
tante circostanze nelle quali l'Uru-
guay dimostra con una emissione fi-
latelica la propria stima e ricono-
scenza a Don Bosco e ai suoi figli.
Singolare, e per più motivi, è la
serie boliviana emessa nel 1948 in
occasione del 3° Congresso lntera-
mericano di Educazione Cattolica.
Fu stampata dalla tipografia sale-
siana di La Paz e sottolinea ancora
una volta il Don Bosco educatore.
U Panama, ricordando che in
quel Paese c'è «libertad de cultos»
nel 1963 dedica un francobollo alla
facciata del Tempio nazionale Don
Bosco di Panama city. Non è un
tempio arcbitettonicameme eccezio-
nale eppure qui la gente confluisce a
centinaia di migliaia per una pre-
ghiera al Santo «miracoloso». Se
non ci credete, recatevi a Panama
city per la festa di Don Bosco e tro-
verete una città in festa anche se il
calendario civile non lo prevede. La
stessa cosa può dirsi, con qualche
sfumatura diversa per il Santuario
di Maria Ausiliatrice di San Salva-
dor finito anch'esso su un franco-
bollo. L'occasione venne data dalla
visita del Papa a El Salvador nel
1983. Lo stesso El Salvador nel
1966 aveva voluto ricordare con
una unica emissione il 150° anniver-
sario della nascita di Don Bosco ed
il Congresso Eucaristico Nazionale.
La Colombia poi nel 1957 ha vo-
luto ricordare sempre con un unico
francobollo l'attività sociale salesia-
na, la devozione a Gesù Bambino e
don Juan, un salesiano che ha dedi-
cato gran parte della sua esistenza a
diffondere questa devozione e a so-
stenere le attività sociali.
La Repubblica Dominicana ed il
Paraguay - sono gli unici Paesi ad
averlo fatto se non andiamo errati
- hanno voluto rendere omaggio
alle Figlie di Maria Ausiliatrice ed
alla loro Confondatrice santa Maria
Mazzarello. L'occasione venne data
dal centenario della morte di que-
st'ultima (1881-1981). Ed è sempre
un centenario che al Brasile nel
1983 ]'opportunità di ricordare Don
Bosco ed il suo sogno di Brasilia: è
un francobollo in cui prevale un co-
lore azzurro intenso mentre il boz-
zetto nell'insieme ispira futuro e
speranza. E per concludere una
ghiottoneria filatelica regalataci
dallEcuador nel 1980: si tratta di un
francobollo dedicato alla «Scutica-
ria salesiana» ovverossia ad una or-
chidea selezionata dal salesiano don
Angelo Andreetta.
A questo punto non ci resta che
girare al Ministero delle Poste la ri-
chiesta del lettore padovano che
sappiamo essere anche quella di mi-
gliaia di lettori post-masters o no
che siano: signor Ministro nel 1988
ci regalerà un francobollo, vera-
mente bello, su Don Bosco?
Gfoseppe Costa

2.9 Page 19

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5'1- _ EVANGELIZZAZIONE E SVILUPP0._ _ _ __ _ _ ___
Dibattito
1 LUGLIO 1985 · 19
D ALLA STAMPA MISSIONARIA
I GIORNALI LAICI
ARRIVANO ALLE MISSIONI
Un incontro-confronto
fra i direttori di «Mondo
e Missione», Gheddo,
di «Nigrizia», Zanotelli,
del «Bollettino
Salesiano», Costa,
e don Luc Van Looy.
Informazione e denuncia.
I missionari sul fronte del
sottosviluppo e della fame.
::======= Tre direttori di riviste
missionarie - padre Piero Gheddo,
di «Mondo e Missione», padre
Alessandro Zanotelli, di « Nigrizia»
e don Giuseppe Costa, del «Bollet-
tino Salesiano» - si sono confron-
tati fra loro e con il responsabile
delle Missioni salesiane, don Luc
Van Looy, sui temi della stampa
missionaria, del suo rapporto con
chi opera sul campo, del sottosvi-
luppo nel Terzo Mondo e del contri-
buto che al suo superamento posso-
no dare i missionari. Promuovendo
l'incontro, il «Bollettino Salesiano»
ba inteso non solo stabilire un pro-
ficuo collegamento con due fra le
più autorevoli riviste missionarie
italiane, ma anche rimarcare la pro-
pria vocazione, in piena consonan-
za con lo spirito missionario che
anima da sempre i figli di Don
Bosco.
BS - Prendiamo le mosse dalla
stampa missionaria. Come operato-
ri del seltore, quale giudizio ne da-
te? Qual è l'accoglienza che il più
vasto mondo delle comunicazioni
sociali riserva alla stampa missio-
naria?
Gheddo - Credo che le riviste mis-
sionarie italiane - 36 associate alla
Federazione stampa missionaria,
ma in realtà molte di più, forse 70,
80 - abbiano realizzato un miglio-
ramento non solo tecnico,_ma anche
di impostazione. Sono più ricche di
idee, più attente a tutto ciò che av-
viene nelle aree di evangelizzazione,
forniscono una massa considerevole
di notizie non soltanto sull'attività
dei singoli Istituti missionari, ma
anche sulle giovani Chiese nei vari
Continenti. Molte di esse si sono
imposte all'attenzione del mondo
dei mass-media. Difatti, attraverso
la rivista che dirigo, bo potuto sta-
bilire una fitta rete dj contatti con la
stampa laica, che chiede a me e ai
miei collaboratori contributi per co-
prire spazi di informazione missio-
naria.
8S - Questo si traduce in un mag-
gior interesse della stampa laica per
le notizie che riguardano le mis-
sioni?
Gheddo - Certo. Naturalmente è
un interesse che chiede di essere ali-
mentato da parte nostra. Purtroppo
il tempo a disposizione è poco, e tal-
volta mi sono trovato personalmen-
te nell'impossibilità di aderire a
pressami richieste, che mi venivano
da autorevoli settimanali e quoti-
diani. In ogni caso, c'è un dato cer-
to: tanto più la stampa missionaria
si qualifica come missionaria, con
una sua precisa identità, tanto più
acquista spazio nell' opinione pub-
blica e presso la stampa laica. Ohre
che qualificarci professionalmeme,
dobbiamo fare discorsi specifici, ca-

2.10 Page 20

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20 · I LUGLIO 1985
rauerizzati da un forte senso di
identità missionaria ed ecclesiale.
Non avrebbe molto senso fare di-
scorsi che già fanno altri.
Zanotel/i - È vero, la stampa mis-
sionaria ha fatto molti passi avanti,
è decisamente migliorata. Semmai il
problema è quantitativo: direi che
ce n'è fin troppa. Personalmente
preferirei si arrivasse a stabilire un
quadro entro cui coUocare alcune
testate che forniscono servizi ben
fatti, esaurienti su aree determinate
e lasciare ad altre il compito di rife-
rire sull'attività interna dei singoli
Istituti missionari. Sentiamo, ad
esempio, la mancanza di una rivista
che segua in modo specifico le vi-
cende dell'Asia. Credo che incide-
remmo più a fondo se puntassimo a
rendere un servizio per aree ben de-
limitate. Senza dubbio, oggi il
«mercato» giornalistico è molto ri-
cettivo, la richiesta di notizie sulle
missipni e sulle giovani Chiese è in
continua crescita da parte dè'gli or-
gani di informazione laici.
BS - Tutti gli organi di informa-
zione, o una parte di essi?
Zanotelli - Direi tutti. Non farei
eccezioni. Sono cadute molte bar-
riere ideologiche che esistevano in
passaw. La stessa stampa di sinistra
segue con interesse ciò che diciamo
e ciò che facciamo in campo missio-
nario.
Costa - on posso che conferma-
re, sulla bai.e della mia esperienza al
«Bollettino Salesiano», l'interesse
della stampa laica per gli argomenti
mi~sionari. l nostri servizi sul mon-
do missionario sono seguiti con at-
tenzione e pumualità. Mi risulta
tu11avia che la rkhiesta ,ada oggi,
anche da parte dei lettori, in dire-
zione di servizi più qualificati, di
più ampio respiro. Ritengo che il
cliché rraditionale dcli'informazio-
ne sul missionario che racconta al
giornale la sua attività in forma
semi-avventurosa, sia ormai supera-
to. Oggi la geme ci chiede servizi se-
ri e documentati sulla realtà missio-
naria ed ecclesiale nella più vasta
cornice sociale, economica, politi-
ca, umana in cui il missionario si
trova ad operare, e che egli conosce
spesso meglio di altri perché vive e
opera a contatto con quella realtà.
Attraverso la sua esperienza, non
solo i lettori delle nostre riviste, ma
anche la stampa laica possono trar-
re quella concretezza di informazio-
ne di cui si sente il bisogno nel mon-
do moderno.
Gheddo - Vorrei fare un riferi-
mento a ciò che diceva prima Zano-
telli a proposito di specializzazione
della stampa missionaria. Concor-
do con lui. E proprio per questo,
noi di «Mondo e Missione» ci sia-
mo farti promotori di una iniziati-
va, che richiede la collaborazione di
tutti gli Istituti missionari; dirella a
realizzare uno strumento capace di
favorire la penetrazione nella stam-
pa laica. Parlo di una agenzia, con
notiziario settimanale, che lanci in-
formazioni sulle Chiese e i missio-
nari in Asia. Noi pensiamo che pos-
sa trovare favorevole accoglienza
presso la stampa e il pubblico italia-
ni, piuttosto a corto di informazioni
sui Paesi asiatici.
BS - Auguri alfa nuova agenzia.
A don Van Looy, che ha svolto aUi-
vità missionaria sul campo e che
ora, per il suo ufficio, è a contatto
diretto con chi cominua ad operare
sul campo, chiediamo che cosa si at-
tende il missionario dalla scampa
missionaria.
Van looy - I missionari sono
molto sensibili all'esattezza dell'in-
formazione che li riguarda. Non
amano vedere pubblicare fotografie
di vecchia data spacciate per attuali,
o leggere statistiche superate...
BS - È un appunto alle riviste
m,.ssw. nart.e.?...
Van Looy - Be', diciamo che
qualche volta capita... Ma al di di

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - - - - - - - -# -
questi incidenti... sul lavoro, ho no-
tato che l'interesse, specie dei giova-
ni, verso l'informazione missiona-
ria riguarda tematiche molto più
ampie rispetto al passato. Si chiedo-
no risposte alle domande sul rap-
porto missioni e mondo politico,
missionj e problemi sociaU, ecc. ln
molti Paesi dj missione si assiste a
una contrapposizione fra cittadini e
potere, fra popolo e sistema. Qual è
l'aueggiamento dei missionari in
questi frangenti? Stanno da una
parte o stanno dall'altra? O stanno
nel mezzo? Ecco, attraverso le rivi-
ste missionarie si vorrebbero delle
risposte merutate e illuminanti.
Costa - A questo riguardo, penso
che la stampa missionaria si trovi a
volte a dover affrontare un proble-
ma molto serio. Da un lato c'è l'esi-
genza dj fornire informazioni che
denuncino situazioni di ingiustizia.
Dall'altro sussisre l'indubbio lega-
me fra la stampa missionaria e i
missionari e quindi insorge il rischio
che questi ultimi subiscano le conse-
guenze ru un atteggiamento di de-
nuncia. Nasce di qui l'esigenza di
stabilire un corretto rapporto fra
impegno a fornire una informazio-
ne rispettosa della verità e della giu-
stizia, e impegno a rispettare la sin-
gola persona del missionario nelle
aree dove il rapporto sociale e poli-
tico si svolge in termini conflittuali.
Cito, come casi emblematici, il Ni-
caragua, il Mozambico. Qui, in
concreto, il dilemma è: diamo in-
formazione rischiando l'espulsione
dei missionari o quanto meno di
creare loro dei fastidi, oppure la
stampa missionaria deve farsi cari-
co di queste spiacevoli prospettive?
È un tema su cui vale la pena di ri-
flettere.
1 LUGLIO 1985 · 21
BS - Che cosa ne pensa padre Za-
notelli?
Zanotelli - Il problema è grosso.
Per quanto mi riguarda, come diret-
tore di «Nigrizia» non mi pento di
aver parlato, semmai mi pento di
non aver parlato abbastanza. Cer-
to, non abbiamo mai agito al.La leg-
gera. Al contrario, soppesiamo i
pro e i contro, riflettiamo spesso a
lungo, ma poi agiamo secondo co-
scienza. E debbo ringraziare i miei
Superiori perché nei sei anni della
mia rurezione, mi hanno lasciato la
più completa libertà. Mai un inter-
vento dall'alto. La nostra coscienza
di missionari ci impone di denuncia-
re tutte le ingiustizie, senza paura. E
la mia esperienza, non certo priva di
problemi con gli Stati, mi porta a
dire che se qualcuno ha paura sono
proprio certi governi, che di fronte
alla denuncia fanno spesso marcia
indietro. Ho anzi l'impressione che
non usiamo abbastanza gli strumen-
ti di cui disponiamo.
Gheddo - Sono anch'io del parere
che i missionari debbano parlare
quando sono a conoscenza dj situa-
zioni di ingiustizia. «Nigrizia» si
spinge molto avanti. con i suoi inter-
venti. Ma anche noi, quando si trat-
di dire cose chiare sul Vietnam
abbiamo parlato, anche a costo di
fare, a quei tempi, la figura dei pro-
vocatori. E abbiamo parlato quan-
do in Cile i generali hanno commes-
so dei soprusi, tanto che mi hanno
proibito di tornare in quel Paese.
Però, a mio avviso, la stampa mis-
sionaria deve arrivare alla denuncia
partendo dai valori dell'evangeliz-
zazione.
BS - Che cosa intende dire esatta-
mente?
Gheddo - Intendo dire che noi
siamo missionari non per denuncia-
re, ma per evangelizzare, per porta-
re il messaggio di Cristo a tutto il
mondo. Ecco perché neJJa mia
stampa io cerco di dare la massima
importanza alla testimonianza dei
missionari, evidenziandone i conte-
nuti di spiritualità. L'impegno per
la salvaguardia della rugnìtà del-
1'uomo viene di conseguenza. Se de-
dico un articolo di molte pagine al
missionario che spende la propria
vita per gli altri, lo faccio perché so-

3.2 Page 22

▲back to top
22 I LUGLIO 198S
no convinto che la sua testimonian-
za influisce sui cambiamenti delle
situazioni sociali, sulla eliminazione
delle oppressioni.
BS - Ma un responsabile delle
Missioni, quando si trova di fronte
al servizio di una rivista missionaria
che denuncia una sùuazione e po-
tenzialmente può esserefonte di dif-
ficoltà per la presenza dei missiona-
ri in certi Paesi, che atteggiamento
assume? Sentiamo don Van Looy.
Van Looy - Come giustamente
diceva padre Zanotelli, la verità è
in se stessa difesa dei valori della
Chiesa, difesa dell'uomo. E quan-
do noi difendiamo l'uomo, stiamo
facendo opera di evangelizzazione.
li missionario pona avanti un di-
scorso che coglie l'uomo nella sua
integralità, ed ha l'obbligo di ope-
rare per la salvaguardia dell'uomo.
Non c'è dubbio che la stampa è, a
questo fine, un mezzo potente, che
incute timore anche ai governami, e
va utibzzato più di quanto non si
faccia ora per informare i popoli.
La mia opinione è che noi dobbia-
mo essere i primi a informare sulle
situazioni che si creano, è un nostro
diritto. Ma una cosa è informare e
un'altra denunciare. Noi dobbiamo
informare la gente sulla realtà qua-
le sappiamo coglierla, ma non è
compito nostro attaccare i sistemi.
Tocca ad altri, anche sulla base del-
le nostre informazioni, prendere i
provvedimenti. E aggiungo che il
missionario è spesso più informato
Padre Zanotelli,
direttore Nìgrizia
di tanti «esperti» e di tanti politici .
Avrà la sua interpretazione dei fat-
ti, ma non manca certo di informa-
zione.
Gheddo - In.formare, d'accordo.
~a anche qui bisogna stare attenti.
E sbagliato fornire informazioni sul
Terzo Mondo insistendo solo sugli
aspetti negativi, quasi che in quei
Paesi non ci sia altro che gente inca-
pace di fare qualcosa di buono.
Inoltre è sbagliato attribuire tutti i
mali al «capo», a colui che sta al
vertice dello Stato. Non c'è dubbio
che nel Terzo Mondo ci sono capi
poco raccomandabili, ma per poter-
sene sbarazzare bisogna saper dare,
non solo qui, ma anche alla gente di
là, l'idea chiara che non basta la de-
nuncia. Occorre anche avviare un
processo di maturazione, che ce-
menti l'unità del popolo, che crei
organismi di base rappresentativi,
che elimini le divisionL ln questa vi-
sione, che parte dal basso, dal po-
polo, viene in evidenza il valore del-
la Chiesa. Perciò io combinerei la
denuncia delle oppressioni con l'e-
same dei fatti positivi di una cresci-
ta del popolo. Crescere nello svilup-
po vuol dire liberarsi dei despoti o
di multinazionali sfruttatrici, ma
anche far maturare quel popolo.
BS - Si è introdotto nel discorso il
tema dello sviluppo, che oggi ha un
corollario sempre più preoccupante
nella fame di cui soffre tanta parte
dell'umanità. Come si pone il mon-
do missionario di fronte a questa
problematica?
Van looy - Mi limito ad esprime-
re un pensiero sul problema della
fame, anche perché, di recente, in
Etiopia, l'ho vista da vicino. Ebbe-
ne, io credo che il problema della
fame sia anzitutto un problema po-
litico. Se guardiamo all'Etiopia, ma
anche al Mali, al Niger, dobbiamo
constatare che spesso la gente è af-
famata perché impedita dalle fron-
tiere a compiere quei trasferimenti
aila ricerca di cibo cui era abituata
prima della nascita degli Stati na-
zionali. Inoltre, lafame è il risultato
di politiche sbagliate all'interno dei
Paesi e anche all'esterno di essi. I
Paesi industrializzati sono disposti
ad inviare cibo, ma sono più restii a
inviare specialisti per aprire pozzi, o
a fare opere durature e utili.
Don Luc Van Looy,
Consigliere Generale
per le Missioni
Se c'è la fame vuol dire che c'è
chi la permette, si tratti di governi
esteri, di governi locali o della situa-
zione internazionale nel suo com-
plesso. Se ci fosse volontà politica,
la soluzione al problema fame si
troverebbe.
Gheddo - Una delle radici della
fame sta, per me, nel modo di pro-
durre. I nostri agricoltori ricavano
I00-120 quintali di riso per ettaro,
in India non si arriva a sei quintali.
Eppure, sulle rive del Mecong, in
Vietnam, ho visto che cosa sono
riusciti a fare i missionari per mette-
re in produzione vasti territori otte-
nendo ris1ùtati strepitosi, anche tre
raccolti all'anno. VogUo dire cbe ci
sono senza dubbio responsabilità di
governi, cause esterne, interventi di
multinazionali, e ciò va denunciato
ma per sconfiggere la fame e avvia~
re lo sviluppo bisogna far leva sulle
capacità dei popoli, aiutarli a cre-
scere. La fame è stata debellata do-
ve si è creata la capacità di produr-
re, dove si sono realizzate delle
strutture di produzione capaci di
rendere la gente autosufficiente.
Zanotelli - GU interventi dall'e-
sterno, ispirati da motivi poUtici o
da interessi economici, giocano un
ruolo fondamentale nella mancata
risoluzione del problema farne. Fac-

3.3 Page 23

▲back to top
- - - - - - - - - - - - -s11-
cio un esempio. Oggi esistono stru-
menti sofisticatissimi in grado di
stabilire, attraverso la rilevazione
del grado di umidità del suolo, qua-
le sarà la produzione agricola dei
prossimi due o tre anni. Ebbene, a
Londra e a Washington sapevano in
anticipo che cosa sarebbe accaduto
in Etiopia, ma non sono intervenuti
preventivamente, nella speranza che
la carestia travolgesse il regime mar-
xista di Addis Abeba. Non è forse,
questo, un condizionamento dall'e-
sterno? E gli esempi si potrebbero
moltiplicare.
Gheddo - Senza escludere gli
sfruttamenti internazionali, insisto
nel dire che se in un Paese c'è la fa-
me ciò dipende soprattutto dal fatto
che quel popolo non è cresciuto ab-
bastanza. E qui vedo la funzione dei
missionari: partire dall'interno per
trasformare la mentalità, la cultura,
l'educazione del popolo, per favori-
re la nascita di vere comunità.
Costa - A mio parere, gli aspetti
che padre Gheddo e padre Zanotelli
evidenziano, l'uno calcando sull'a-
spetto culturale, l'altro sui condi-
zionamenti internazionali, sono
presenti entrambi nella realtà del
sottosviluppo. È difficile negare che
i Paesi industrializzati coltivino
egoisticamente nel Terzo Mondo in-
teressi economici cli prima grandez-
za e che si sforzino di mantenerli
anche se ciò può avere un alto costo
in vite umane. Così come è evidente
Padre Gheddo,
direttore Mondo
e Missione
-;::.
Don Giuseppe Costa
direttore Bollettino
Salesiano
che ci sono interessi politici e strate-
gici, a causa della concorrenza in at-
to fra le superpotenze per allargare
le loro .wne di influenza nel Terzo
Mondo. Al tempo stesso, lo svilup-
po non è qualcosa che cade dall'al:
to deve scaturire dall'interno dei
p~poli attraverso il cambiamento d i
mentalità. Ci può e ci deve essere -
e purtroppo è molto scarso e tutt'al-
tro che disinteressato - l'aiuto
esterno espressione di solidarietà
umana.' Ma esso non sarà nulla più
che assistenzialismo senza una reale
crescita dall'interno, che va favori-
ta senza però la pretesa di sradicare
cuÌture che hanno pieno diritto di
cittadinanza. Semmai, esse vanno
arricchite, nel ri~peno dei valori
propri di ogni singola persona.
Van looy - E invece assistiamo
proprio, specie per quanto._r(guard_a
l'Africa, a un processo d1 1mpos1-
zione di sistemi, di culture che non
si amalgamano con la realtà cultu-
raie del Continente. La democrazia,
il marxismo, la stessa cultura isla-
mica in Africa non auecchiscono,
sono solo causa di conflittualità.
Questa dicotomia fra cultura africa-
na e cultura imposta è una delle
cause profonde del sottosviluppo.
Gheddo - È proprio questo l'erro-
re culturale. Da una cultura di sussi-
stenza che provvedeva alle esigenze
della famiglia, si è passati a un mer-
1 LUGLIO 1985 23
cato ad una società ad alto svilup-
po d~mografico. A una cultura afri-
cana tractizionale che bastava a se
stessa, si è sostituita un Lipo di cul-
tura in cui i popoli non si sono inte-
grati.
Zanotelli - Al punto in cui è arri-
vata, l'Africa potrà risolvere.la sua
crisi solo tagliando netto con 11 mer-
cato internazionale. Non propongo
l'autarchia, ma continuare sulla
strada delJa produzione a fini esclu-
sivamente di esponazionc, impedi-
sce ali' Africa di rispondere alle esi-
genze alimentari interne.
BS - Dopo questo sintetico sguar-
do alle cause della fame, è il caso di
ritornare ai missionari. L'Italia ha
stanziato 1900 miliardi per interven-
ti d'emergenza. Da più parli si chie-
de che, nel definire la destinazione
di questi fondi, sifaccia riferimento
all'esperienza dei missionari. Quale
apporto potrebbero realisticamente
dare?
Gheddo - Una cosa deve essere
chiara: i missionari non vogliono i
soldi del governo italiano. I missio-
nari chiedono di menere a disposi-
zione la loro esperienza maturata
sul campo, di fornire indicazioni
utili a stabilire quali azioni concrete
svolgere. E c'è poi un suggerimento
di fondo: il governo italiano non
dia i miliardi agli altri governi, ma
agisca ctirettamente sul posto, fi-
nanzi i volontari che aiutano la gen-
te a crescere.
Zanote/li - Sono d'accordo. È pe-
rò importante non abbandonare
mai l'atteggiamento critico nei con-
fronti di quegli stanziamenti. E ciò
perché dietro quei soldi ci sono mol:
ti interessi, di industrie e anche d1
partiti. È chiaro che se i missionari
accettassero quei soldi diventereb-
bero agenti del governo, una testa
di ponte de!l 'industria italiana. Il
missionario deve collaborare a livel-
lo locale, sostenendo, con l'infor-
mazione e l'esperienza, le iniziative
poste in atto a beneficio della gente.
Personalmente ritengo che tutti gli
aiuti dati da governo a governo sia-
no stati in generale negativi. Accet-
to solo gli aiuti d'emergenza e quelli
dati a livello di comunità locale. Gli
altri li vedo come fattori di dipen-
denza culturale ed economica.

3.4 Page 24

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ANTONIO UGENTI
Paolo VI, Un papa da riscoprire,
SEI, Torino. 1985. pp 188,
L. 10.000.
Man mano che ci si allontana
dalla stagione conciliare la per-
sonalità di papa Paolo VI si ingi-
gantisce. Antonio Ugenti, un sa-
cerdote giornalista nato a Torit-
to (Bari) nel 1945, attraverso
una serie di interviste ha inteso
delineare In certo qual modo la
personalità di Papa Montini.
Non è caduto nella tentazione di
chi in simili casi è portato a fare
enfasi e mitizzazioni ma sempli-
cemente e con intelligenza ha ri-
portato i giudizi di persone co-
me fra gli altri Giulio Andreotti,
Dominique Chenu, Yves M.
Congar, Jean Guitton - l'auto-
re dei famosi dialoghi» con
Paolo VI, Pomllio e Valerio Vol-
pini chiamato, quest'ultlmo, pro-
prio da Paolo VI alla direzione
dell'Osservatore Romano.
Ne è nato così un libro agile ed
utile non soltanto a rievocare
una figura ma a far rivivere la sta-
gione del Concilio Vaticano Il.
ANTONIO
UGENTI
Paolo VI
MARIO GIUSTI
Plcclnilandia, Edizioni Paoline,
Roma, 1984, pp. 154, L. 16.000.
Si tratta di un volume cartona-
to utile soprattutto al bambini
delle prime classi elementari.
L'Autore, per altro non alle
prime armi in questo genere di
pubblicazioni, con l'aiuto degli
splendidi disegni - un po' tradi-
zionali! - di Carla Ruffinelll e
con grande sensibilità educativa
riesce a coinvolgere I suoi pic-
coli lettori.
Ora attraverso piacevoli e me-
morizzabili filastrocche ora con
Indovinelli seguiti da disegni,
ora, più semplicemente, con
l'invito a colorare o a ritagliare,
Mario Giusti stimola la fantasia
dei bambini guidandoli nello
stesso tempo ad apprendere
concetti e nozioni.
Piccinilandia è un volume d,
facile uso didattico utilizzabile in
famiglia o a scuola: un modo in-
telligente di come possiamo to-
glierci dall'imbarazzo di fare un
regalo a un bambino in una del-
le tante circostanze liete della
sua vita donandogli un libro.
Le Beatitudini del Vangelo,
Ed. S.D.B. , Roma 1985. pp. 285
(extracommerciale).
Dal 20 al 26 febbraio 1985 si è
tenuto a Roma presso la Casa
generalizia salesiana l'XI setti-
mana di spiritualità della Fami-
glia Salesiana. Oggetto di quel-
la Settimana furono le beatitudi•
ni del Vangelo considerate so-
prattutto nella prospettiva di una
spiritualità giovanile. Con lode-
vole tempestività - a cura di
don Mario Cogliandro - esce
ora questo volume che racco-
glie gli interventi ed i contributi
dati in quella circostanza da
specialisti e non, Le giornate
sulle Beatitudini del Vangelo -
scrive don Sergio Cuevas consi-
gliere generale per la Famiglia
Salesiana - In chiave giovanile
- come approfondimento e sti-
molo alla Strenna del Rettor
Maggiore alla Famiglia Salesia-
na - hanno segnalato un cam-
mino, una proposta e un impe-
gno di fronte ai giovani chiamati
ad essere •felici-. Le prospetti-
ve che questo libro presenta so-
no le stesse della Settimana: bi-
bliche, storiche, ecclesiali, so-
ciali. Vengono perciò riportate
le relazioni di don Bissoli, di don
Aubry, di don Gallo, di don De
Pablo. La prospettiva delle indi-
cazioni date è in chiave decisa-
mente pastorale ed in tal senso
vanno letti gli interventi di don
Tonelli, di don Martinelli e di
suor Emilia Musattl. Come ai
•settimanalisti» cosi a quanti
leggeranno questo volume don
Egidio Viganò. rettor maggiore
dei salesiani, dà un mandato
preciso:
.-È Indispensabile superare il
pericolo di una certa superficia-
lità spirituale che si limita a offri-
re ai giovani spazi ricreativi e
iniziative intelligenti. Occorre ri-
scoprire il criterio oratoriano che
ci riporta alle origini del lavoro
apostolico di Don Bosco invitan-
doci a fondere insieme la propo-
sta del Vangelo con !"indispen-
sabile competenza nelle proble-
matiche giovanili di oggi».
NUOVI DOCUMENTARI
SALESIANI
La SAF di Torino,
un'équipe di confratelli
coadiutori salesiani,
che dirige la Scuola di
Applicazioni Fotografi-
che, lavora da anni per
presentare la realtà
missionaria della Chie-
sa, e in particolare dei
Salesiani e delle Figlie
di Maria Ausiliatrice,
con capacità, intelligen-
za e viva sensibilità.
Hanno già realizzato una trentina di docu-
mentari a colori, a passo 16 mm.
Gli ultimi due documentari sono usciti in que-
sti giorni:
- Meghalaya, Dimora delle nuvole. Rapido g_iro
in una terra meravigliosa, proibita ai turisti. E il
Nord-Est dell'India, in zona di confine con il
Bangladesh, Birmania, Buthan, Tibet-Cina. Di
qui l'interdizione agli stranieri. Queste popola-
zioni primitive, vivono sulle colline verso le pen-
dici dell'Himalaya, divise in tribù, senza caste,
gente fiera e indipendente. I Salesiani entraro-
no in questo ambiente nel 1922. I 5000 cattolici
di allora sono ora oltre 600.000. Il documentario
«Meghalaya» (Meghalaya significa nella lingua
locale «Dimora delle nuvole») una rapida am-
pia visione geografica e apostolica del lavoro
missionario.
Il documentario dura 30'.
- Volontariato, esperienze brasiliane. Il proble-
ma del volontariato si è ormai imposto all'atten-
zione del mondo e della Chiesa. Ci sono decine
e decine di organismi di servizio internazionale
di volontariato, e il numero degli organismi e dei
volontari aumenta. Quelli italiani di ispirazione
cristiana si sono federati nella FOCSIV di Mila-
no. È da aggiungere il volontariato missionario
spicciolo ma notevolissimo che fa riferimento a
molte Congregazioni Religiose. Ci sono giovani,
ragazze, coppie di sposi, gruppi che vogliono
dedicare un tempo limitato, ma anche due o tre
anni per un servizio missionario. Essi affianca-
no e completano l'opera del missionario, in una
comur:ie azione di promozione umana ed evan-
gelizzazione. Il documentario presenta alcune
di queste esperienze, e vuol mostrare ove porta
questo cammino missionario del laicato
cristiano.
Durata 26'.
Chi volesse avere copia dei documentari, si
rivolga alla SAF, Via Maria Ausiliatrice 36,
10152 Torino.

3.5 Page 25

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- - - - - - - - - - -# -
I LUGLIO 1985 25
L'AVVENIMENTO
~ Con la bella stagione tutti gli anni arrivano anche I
premi letterari: in Italia ne esistono in ogni angolo. Lo
scetticismo allora diventa d'obbligo a meno che l'im-
pegno culturale ed educativo degli organizzatori è tale
da spazzare ogni perplessità. E quanto mi pare stia
capitando per il Premio Grinzane Cavour promosso
dalla Società Editrice Internazionale di Torino. Il nor-
vegese Truls CDra con «Nube di vernice» (Garzanti) e
Sebastiano Vassalli con «La notte della cometa» (Ei-
naudi) sono, rispettivamente per la narrativa straniera
e italiana I «supervincitori» della quarta edizione del
Premio Grinzane Cavour 1985. In occasione della con-
segna dei Premi, come ormai consuetudine, gli orga-
nizzatori hanno voluto dedicare un dibattito di due
giorni (24-25 maggio) ad un tema particolare. L'argo-
mento di quest'anno ha visto discutere specialisti di segnano non soltanto l'efficienza della macchina pub-
varia estrazione su: «Best-sellers: vera gloria?».
blicitaria ma soprattutto il livello di gradimento del let-
Già l'interrogativo ci insospettisce dal momento che tore critico ed attento. C'è chi al Grinzane Cavour ha
non conosciamo l'interrogante. È certo tuttavia - e sostenuto la non esistenza del best-seller c'è chi ha
l'ampio interesse mostrato dalla stampa lo conferma proposto, come il presidente dello stesso Premio Ugo
- che molti lettori pagherebbero per sapere perché Ronfani di affidare alla Presidenza del Consiglio la
un libro diventi best seller ed un altro non lo diventa preparazione di una specie di hit parade del libro fa-
pur vendendosene migliaia di copie. La validità del cendone un servizio pubblico.
convegno indetto dalla SEI ci sembra vada sostenuta Per conto mio lodo la Società Editrice Internazionale
soprattutto dalla parte del lettore. Dall'altra parte infat- per il premio e per il convegno ritengo tuttavia che l'u-
ti - dalla parte dell'industria culturale, per intenderci nico giudice di un libro non può non essere che il letto-
- non è difficile trovare risposte dal momento che chi re. Un lettore intelligente, si intende e non un •erudito»
produce un prodotto cerca di piazzarlo sul mercato. da parte del sistema.
Evviva dunque i premi letterari? Certamente se essi
Eppure il jazz...
La cultura musicale odierna
offre un panorama piuttosto va-
rio di generi, scuole e tecniche
differenti quali il rock, il country,
la disco-music, il folk, il punk e
la musica classica che attraver-
so i mass-media sono entrati a
far parte dell'humus intellettua-
le del cittadino medio italiano:
un genere però, già sorto da
uno stato di emarginazione
socio-culturale, stenta ancora a
inserirsi nell'atmosfera musica-
le della penisola. Si tratta del
jazz, quello stile compositivo
afro-americano forse troppo re-
moto dal carattere melodico e
solare dell'ispirazione italiana,
amante della linea musicale lim-
pida priva di eccessive compli-
canze ritmiche.
Eppure li Jazz a dispetto delle
sue umili origini, che si ricolle-
gano ai malinconici canti negri
prima nelle piantagioni del Sud
degli Stati Uniti poi nelle immen-
se metropoli del Nord, è buona
musica e di notevole levatura
culturale, dotata di una propria
storia ormai secolare, tanto che
viene spesso accostata, secon-
do un proficuo gemellaggio, al
genere «serio» e «classico• per
eccellenza. Proprio per questo
motivo è di buon auspicio che
siano in particolar modo le nuo-
ve leve, ossia i giovani a interes-
sarsi, dopo un periodo di indiffe-
renza seguito al tentativo di En-
rico lntra negli anni '60, e a riac-
costarsi a questo importante ge-
nere musicale. Un dato rincuo-
rante che testimonia una cultura
in cammino nonostante l'Indu-
stria del consumismo corriva
produttrice di merce allettante
ma scadente.
Il jazz non propone musica fa-
cile, almeno ad un primo ascol-
to, né è vero che sia tutto uguale
come può apparire a orecchie
profane: certo vi sono degli ele-
menti costitutivi che lo caratte-
rizzano bene da altri generi, co-
me il forte impianto ritmico tipi-
camente africano, il tempo sin-
copato che dà l'impressione di
un procedere singhiozzante,
l'improwisazione e Infine la pe-
culiarità della variazione su un
tema, una melodia fondamenta-
le che viene continuamente ri-
presa ma deformata e quasi
stravolta.
Ma questo é semplicemente
uno schema base sul quale co-
struire tutta la storia del jazz ben
più complessa di quanto è stato
prospettato in precedenza: sor-
to dalla confluenza dei vari go-
spels e spirituals (canti religiosi)
con i work songs (canti di lavo-
ro) e il blues (di contenuto profa-
no) elaborati sotto il segno del
canti popolari portati nel nuovo
mondo dai colonizzatori europei
il nuovo genere musicale trova il
suo ambiente naturale per ve-
nire alla luce in New Orleans,
un importante porto fluviale, a
cavaliere tra l'otto e il nove-
cento.
Le prime bands si esibivano
in parate stradali o in funzioni
religiose in occasione di nozze o
funerali.
Solo negli anni '20, quando
esplode l'era discografica del
jazz, i bianchì s'impossessano
del nuovo genere, prima misco-
nosciuto, e sono proprio loro
con l'Origina! Dixieland Jass
Band a Incidere il primo d•sco
della storia del jazz.
Altre tappe fondamentali d1
questa evoluzione sono costitui-
te dallo swing che rappresenta
una sorta di cedimento di fronte
alle esigenze commerciali (Ben-
ny Goodman è considerato il
«re• dello stile), Louls Arm-
strong che introduce nel jazz la
dimensione solistica, Charlie
Parker e Dizzy Gillespie inven-
tori del be-bop, Gery Mulllgan,
Omette Coleman e altri ancora
tutti impegnati in una musica
«seria• per una cultura vera.
Sergio Centofanti

3.6 Page 26

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_VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ __
Thailandia
e OME NASCE E CRESCE
UNA CITTÀ
NELLA FORESTA
~-~ Trent'anni fa mons.
Pietro Carretto, succeduto a mons.
Gaetano Pasotti come vescovo del
Vicariato di Ratburì in Thailandia,
si trovò di fronte a un grosso pro-
blema. Molti cristiani del centro di
Bang Nok Khuek, culla dell'opera
salesiana in questo paese, erano co-
stretLi a emigrare in cerca di lavoro.
- Mi sanguina il cuore, disse ai
suoi collaboratori, nel veder partire
tanti giovani alla disperata ricerca
di un'occupazione che permetta lo-
ro di formarsi una famiglia. La
Chiesa ama tutto l'uomo, va incon-
tro a tutte le sue necessità; non pos-
siamo rimanere indifferenti di fron-
te a questi figliuoli costretti a emi-
grare lontano, tra popolazioni non
cristiane, con il pericolo di rovinarsi
materialmente e spiritualmente.
Studiarono il piano, prospettan-
do diverse soluzioni e inviarono un
giovane sacerdote, don Delfino
Crespi, perito agrario, a fare un so-
pralluogo nel vasto territorio affi-
dato ai Salesiani nel sud della peni-
sola, dove si trovavano grandi
estensioni di terreno incolto.
La risposta fu incoraggiante:
- Ho visitato diverse zone coper-
te da foreste vergini, enormi distese
di terra abbandonate, che, disbo-
scate e coltivate razionalmente, po-
trebbero offrire lavoro e benessere a
centinaia di famiglie. Avrei anche
localizzato un luogo adatto, quasi
al centro della penisola, u.n terreno
pianeggiante tra le colline e il mare,
I S.E. mons. Pietro
Carretto all'interno del
tempio
a 350 km da Bangkok, 250 dal no-
stro capoluogo.
Mons. Carretto fece subito i passi
presso il governo, ottenendo subito
un primo lotto di sei chilometri qua-
drati di superficie, altri li avrebbero
aggiunti in seguito se l'esperimento
avesse dato buoni frutti.
Furono tutti d'accordo nel tenta-
re l'audace esperimento. Don Cre-
spi, a capo di una trentina di robusti
giovanotti, divenne così il coraggio-
Tra i Figli
di Don Bosco c'è ancora
spazio per l'avventura:
ecco la storia di
Ban Seng Arung
in Thailandia.
so pioniere di una colossale impresa
che doveva avere vaste ripercussioni
sul piano economico-sociale del
paese. Sepolti nella foresta selvag-
gia, affrontando pericoli e difficol-
di ogni genere, armati di accette,
roncole, zappe, badili, aprirono
dapprima un sentiero nella mura-
glia verde, lungo diversi chilometri.
Dopo mesi di estenuante lavoro
raggiunsero il luogo prescelto: una
radura circondata dalla foresta im-

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - - -# -
penetrabile, fino allora regno invio-
lato di belve feroci, scimmie, uccel.-
li, serpenti. ..
Lavorando alacremente, abbat-
tendo alberi secolari, sradicando ar-
busti che venivano sistematicamen-
te bruciati, rubando sempre nuovo
terreno alla giungla, riuscirono a
preparare il terreno per le colture
adatte al luogo; palme di cocco, pa-
pajas, ananas, ortaggi.
Vivendo in capanne improvvisate
si adattarono a mangiare quello che
la foresta offriva loro: carne di cin-
ghiale, di scimmia, di serpente; llll-
to fa brodo in mancanza di meglio.
- Cosa mi avete pTeparato? -
chiese mons. Carretto durante la
sua prima visita.
- Roba buona, monsignore!
Mangi senza timore, è la centoses-
santottesima scimmia - disse con
fierezza il cacciatore che l'aveva ab-
battuta.
Arrivarono nuovi coloni con le
loro famiglie, la foresta continuò a
retrocedere sotro la spinta di questi
boscaiuoli-agricoltori, offrendo
sempre nuovi spazi alla coltivazione
di frutta e ortaggi tropicali.
Dopo tre anni di massacrante la-
voro il villaggio Ban Seng Arung, il
« Villaggio dell'Aurora» è una real-
tà. Viene portata a termine una lar-
ga strada di 13 km che lo collega ad
altri centri abitati e i raccordi tra i
poderi affidati ai coloni che vi co-
struisco no comode abitazioni,
sfruttando la grande ricchezza e va-
rietà di legname offerta dalla fo-
resta.
Accanto a una prima cappella, la
scuola, sale di riunione, campi da
giuoco e si dà inizio alla costruzione
di un grandioso tempio in onore
della Madonna di Fatima, che era
venuta pellegrina durante l'anno
santo, nel 1950, in questa 1e1Ta roc-
caforte dd buddismo.
Sarà una delle più belle ~hie~e
della Thailandia, sormontata da
un'ampia cupola snella e ariosa, co-
!itruita nella parte più alta del cen-
tro, con un largo vialone alberato di
accesso lungo cento metri. Sarà
inaugurata solennemente il 19 aprile
1966 a ricordo del XXV di sacerdo-
zio di mons. Carretto e di don Cre-
spi che ne erano stati gli instancabili
realizzatori.
li \\·illaggio con 11nua a svilupparsi
Don Franco De Lorenzi
con una famiglia nel
giorno del loro
battesimo
ed estendersi con l'arrivo di nuovi
nuclei familiari; sorgono negozi, un
grande mercato, una stazione di ser-
vizio, l'ambulatorio medico, la
nuova residenza dei missionari e
delle suore indigene che accudisco-
no la 5cuola masd1ile e femminile,
primaria e secondaria.
Nel I 969 giungono anche le suore
Cappuccine di stretta clauSLLra, scia-
mate dalla prima residenza di Ban-
pong, dove erano giunte nel 1935,
«per arare con la loro vita di pre-
ghiera e sacrificio il terreno e prepa-
l LUGLIO 1985 · 27
rare le vie del Signore alla conver-
sione di questo grande popolo». Da
questo centro di spiritualità parti-
ranno in seguito altre claustrali per
fondare nuove case di clausura in
altre regioni della Thailandia.
Oggi Huey Yang è una cittadina
lanciata verso un sicuro avvenire;
una grande strada asfaltata la colJe-
ga alla capitale e all'estremo sud del
paese. l prodotti della terra sono tra
i pi □ pregiati e ricercati sul mercato,
particolarmente il cocco che vi cre-
sce rigoglioso e viene esportato nei
mercati più lontani.
Quando vi sono ritornato ultima-
mente, sono rimasto sbalordito dal-
le profonde trasformazioni realizza-
te nel giro di così pochi anni; una
landa selvaggia era diventata un
centro pulsante di vita e di attivirà.
Un vero miracolo, dovuto al corag-
gio, alla fede e tenacia di pochi va-
lorosi missionari che avevano cre-
duto in Dio mettendosi a servizio
dell'uomo.
Merita ricordare come, dopo
questo primo felice esperimento, i
due protagonisti, mons. Carretto e
don Crespi, ne tentarono un secon-
do, 350 km più a sud, aprendo,
sempre in piena foresta, il <<Villag-
gio Maria Ausiliatrice» a Phanorn.
Anche qui tra incredibili difficol-
e peripezie di ogni genere sorgeva
nel giro di pochi anni un centro resi-
denziale che dà lavoro e benessere a
centinaia di famiglie.
Le grandi giare per la
raccolta dell'acqua

3.8 Page 28

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28 · I LUGLIO f985
Jn questi giorni è tornato in lla-
Lia, per una breve visita ai parenti,
don Franco De Lorenzi, parroco di
Huey Yang, così abbiamo avuto le
ultime notiz_ie su quel centro che
avevo visto proteso verso un florido
avvenire.
- Sul piano economico-sociale,
mi dice, il progresso è in costame
aumento. li terreno si è dimostrato
molto ferace, anche se in questi ulti-
mi tempi abbiamo avuto qualche
grossa preoccupazione.
- In che senso?
- Il disboscamento, sovente ir-
razionale delle fo reste, ha in parte
disseccato le sorgenti idriche per cui
da qualche anno viviamo sotto l'in-
cubo della siccità che danneggia i
raccolti. Per ora raccogliamo l'ac-
qua durante la stagione delle piogge
in grandi giare, ma è un rimedio in-
sufficiente alle necessità di una po-
polazione in progressivo aumento.
Abbiamo tentato dì scavare pozzi
artesiani scendendo a grande pro-
fondità, ma senza risultato. Ora ab-
biamo in progetto la .costruzione di
un canale, lungo 17 km, per racco-
gliere l'acqua di una cascata; occor-
rerebbe anche una diga per la crea-
zione di un bacino artificiale, ma
sono progetti che esorbitano dalle
nostre possibilità. Speriamo sul-
I Huey Yang, il
grandioso tempio in
onore della Madonna di
Fatima
l'aiuto del governo o di qualche or-
ganizzazione internazionale.
- Qualche al1ro progetto più
abbordabile?
- Siamo molto impegnati con
l'assistenza ai poveri che non man-
cano mai. Con l'aiuto di un gruppo
di giovani della S. Vincenzo contia-
mo costruire un nuovo ospizio per
vecchi soli, il primo sta andando in
rovina. Ci preoccupiamo poi di an-
dare incontro alle famiglie più biso-
gnose, acquistando e distribuendo
piccoli appezzamenti di terra per la
coltivazione del cocco.
- E suJ piano religioso?
I Raccolta di rottami di
f erro per la co struzione
di un ospizio per
anziani soli
- Possiamo dirci soddisfatti, i
cattolici sono fervorosi; non man-
cano conversioni di intere famiglie;
lavoriamo molto tra i 1200 ragazzi
delle nostre scuole che ci danno
grandi soddisfazioni per la loro par-
tecipazione a tutte le nostre attività
culturali e formative. Da questo
centro, soprattutto dalle nostre
scuole, sono già uscite delle buone
vocazioni per il seminario e per i re-
ligiosi e le suore.
U centro di spiritualità delle Cap-
puccine di clausura esercita un
grande fascino sulla popolazione.
Pensi, queste religiose che in Italia
ormai da molti anni non avevano
più una vocazione, qui hanno dovu-
to aprire aJLrì due conventi e stanno
per iniziarne un quarto. Da notare
che tutta la Thailandia conta poco
più di 200.000 cattolici, un fatto
quindi che ha veramente del prodi-
gioso.
- Quale il vostro impegno at-
tuale?
- Continuare a lavorare da buo-
ni figli di don Bosco perché il nostro
centro concinui a essere « Aurora»,
annunciatore di quel messaggio di
salvezza che Cristo è venuto a offri-
re a tutti gli uomini.
A nto nio Alessi

3.9 Page 29

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.11- _ PROTAGONISTl_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Melo Freni
r LUGLIO 1985 · 29
L A FAMIGLIA
È COME
LA
TERRAFERMA
PER I
NAUFRAGHI
Premio Naxos 1985 per la
regia televisiva, giornalista, poeta
e scrittore f ra i più impegnati.
n suo incontro con la
Famiglia Salesiana.
Come giudica l'editoria cattolica.
Le sue pubblicazioni più recenti.
Melo Freni, poco più
che cinquantenne, sposato, ha una
figlia cli 12 anni. A guardarlo, ab-
bronzato e brizzolato, sembra venu-
to fuori da uno dei suoi paesaggi
tutto sole e tutto cielo.
Giornalista, poeta e scrittore di
razza da 23 anni lavora alla RAl: lo
potete vedere la domenica a «Tg
l'una»; lo potete soprattutto ascol-
tare. Freni infatti è essenzialmente
un narratore. Caldo e colto come la
terra che gli ha dato i natali, predili-
ge, applicandolo a sé, un verso di
Esdra Proudon: «La formica è un
gigante in questo mondo di dra-
ghi». Siciliano e giramondo pur ri-
siedendo a Roma non è il Quasimo-
do che si rifugia nel mito o scrive
con amarezza Più nessuno mi porte-
rà nel Sud. AJ contrario, per lui e
l'ha scritto in un verso: «Ci sono i
treni che vanno al Nord e ci sono i
treni che ritornano al Sud».
Uno dei suoi romanzi, La fami-
Melo Freni
glia Ceravo/o, edito da Rusconi nel
1980 è stato «tradotto» in sceneg-
giato televisivo e lo vedremo in au-
tunno sul terzo programma. Del li-
bro ne sono state vendute 15.000
copie mentre il film ha già ricevuto
il Premio Naxos 1985 ed é stato pre-
sentato ai festivals di Mosca e Berli-
no. Recentemente ha pubblicato
con l'Editore Vallecchi, che lo vor-
rebbe tutto per sé, Le passioni di
Petra.
l valori che sottendono agli scritti
di Freni sono tami ma fra tutti
emerge la famiglia considerata dallo
scrittore come la terra ferma per i
naufraghi. Nel suo passato, fra le
cose care, ci sono tre anni di Liceo
presso i Salesiani del S. Luigi di
Messina, la vita oratoriana, tanti
incontri.
Don Bosco cd i Salesiani per lui
sono di casa così come è di casa da
sempre il Bollettino Salesiano. Sono
andato a trovarlo.
D. Quali sono i tuoi legami con
la Famiglia Salesiana?
R . P er quello che è oggi la mia
vita di giornalista, io ritengo che la
prima radice vada cercata proprio
negli anni del liceo che io feci a
Messina presso i Salesiani delJ'lsti-
tuto S. Luigi. Furono gli anni nei
quali effettivamente capii le richie-
ste professionali che facevo a me
stesso. Capii proprio allora che in
futuro avrei fatto il giornalista.
Merito certamente del professor
Enzo Maganugo, insegnante d'arte,
che durante l'estate mi assegnava da
fare relazioni sugli scavi archeologi-

3.10 Page 30

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30 1 LUGLIO 1985
ci di Lipari; merito di don Giuseppe
Panascì, professore di latino e gre-
co, il quale attraverso l'insegna-
mento di Simonide, Bacchrnde,
Pindaro oppure dj Eschilo, Sofocle,
Euripide ci insegn lVa il rapporto
dell'uomo con se stesso, dell'uomo
con la vita, dell'uomo con il proble-
ma di Dio.
Merito ancora con altri di don
Calogero Conti, professore di filo-
sofia che con metodo assolutamente
matematico ci faceva capire come in
fondo gli amichi filosofi hanno da-
to risposte tali ai problemi dell'uo-
mo da poterle considerare attuali
anche per noi che abbiamo i proble-
mi dello scudo stellare o del nuclea-
re. A quegli anni insomma io devo
non soltanto una parte fondamen-
tale di me stesso ma direi l'intero
bagaglio di quella che sarebbe stata
ed è oggi in effetti la mia vita.
D. Ma il tuo è so{(anto un lega-
me scolastico?
R. No certamente. La mia fami-
glia per il fatto che un fratello di
mamma - don Tullio Rizzo - è
sacerdote salesiano ha sempre guar-
dato con simpatia al mondo di Don
Bosco. E poi c'è l'oratorio di Bar-
cellona, vicino al mio paese, dove
mi recavo finché mi fu possibile...
In fondo ho cercato di fare sempre
il buon oratoriano salesiano.
D. Mp, dal punto di vista religio-
so, che cosa ti ha dato la scuola
salesiana?
R. Chiaramente sono un creden-
te. Voglio tuttavia precisare che i
salesiani incontrati sul mio cammi-
no non hanno tentato di affogarmi
in un mare di problematiche
teologico-religiose. In altri termini:
non sono un bigotto né lo erano i
miei educatori. Don Panascì ci met-
teva sempre sull'avviso di stare at-
tenti a saper distinguere fra religio-
ne e superstizione. Così la sua scuo-
la era fatta da lezioni di umanità au-
tentica dove c'era tanto rispetto per
la libertà di ognuno e dove si capiva
che credere è soprattutto pagare di
persona. È questo il pensiero anche
dei miei compagnj di classe di allo-
ra, tutta gente ben piazzata nel so-
ciale, riflessiva e con un pizzico di
scetticismo per condimento. Fra i
miei compagni mi piace ricordarne
due che ho incontrato recentemen-
te: il professor Santoro, preside alla
Facoltà di medicina di Messina e
quel grandissimo medico che è il
prof. Cuppari e che ora si trova a
New York. Ci è stata insegnata una
religione fatta di impegno nella vita
e di onestà anche se, ovviamente, la
messa era la Messa.
D. Nelle tue pubblicazioni ci so-
no temi che ritornano costantemen-
te. Il tema della famiglia è tra que-
sti. Cos'è per te questa famiglia?
R. Per me la famiglia è il nucleo
essenziale del vivere sociale. Senza il
suo apporto ci viene a mancare quel
concetto politico assoluto che sta al-
la radice dello Stato o di un paese. È
il luogo dove sei cresciuto ed anche,
come succede ad Assunta nel ro-
manzo La famiglia Ceravo/o, il luo-
go deUe trasformazioni e differen-
ziazioni fra una generazione e
l'altra.
D. Non credi, in 1al modo, di es-
sere un «familisrn»?
R. Faccio dare una risposrn pro-
prio alla protago nista del mio ulli-
mo romanzo, Le passioni di Pe1ra.
È una ragazza siciliana che imorno
agli anni Settanta studia a Padova.
Qui finisce con l'essere coinvolta
nell'esperienza brigatista. Crollate
le utopie ed i miti impos;ibili, in
coincidenza con la morte del padre,
torna al paese, alla famiglia. È qui
che scopre, riinnestandosi in alcuni
valori, il significato autentico di
ogni vera rivoluzione. QueUo di Pe-
tra è un ritorno alla famiglia come
bisogno esistenziale, non come fat-
to familistico destinato a crollare
con il cambio generazionale.
Secondo me questa ricostruzione
di valori è un fenomeno fo crescita.
A tal proposito mi piace ricordare
che proprio nelle scorse settimane
sono stato al seguito della moglie
del Governatore dello Stato di New
York, la signora Matilda Cuomo, in
visita in Italia. Ebbene: i Democra-
tici americani imposteranno la loro
prossima campagna elettorale sul
recupero dei valori familiari.
Cuomo fa uno sgravio del 40% di
tasse a turte quelle famiglie che ten-
gono i vecchi in casa invece di man-
darli all'ospizio, così come dà un
contributo a quelle famiglie che
avendo in casa un ragazzo drogato
si fanno direttamente carico del suo
recupero.
D. Per la qualità dei ralori che
promuovi e per ciò che dici sei fon-
df11nentalmente uno scri//ore catto-
lico. Che 1ipo di problemi ha con le
editrici e l'industria cullurnle i11 ge-
nere chi si professa tale?
R. Tranne che noll sia Pomilio
- ma anche lui trova difficoltà -
lo scrittore cattolico fa parte di una
minoranza. Come tale gli è sempre
stata negata quel certo tipo di pale-
stra di cui ha bisogno o nell'edito-
ria, o nella programmazione, oppu-
re nella 11roduzione se parliamo di
teatro o di cinema.
Quello che è grave è che spesso lo
scrittore cattolico bravo quanto gli
altri - e il mio caso potrebbe essere
esemplare - non può disporre di
quelle poche edirrici cattoliche. Non
ho timore di dire che La jl1111iglia
Ceravo/orni fu rcstitwta da una no-
ta editrice cattolica con una letteri-
na di un rigo e mezzo: «JI suo libro
non ci interessa». Come me potrei
citare altri casi di scrirtori cattolici
che poi ~iqemaLicamente finiscono
con l'andare da Bompìani. eia Ru-
sconi, da Mondadori.
D. Perché avviene questo?
R. Forse perché l'editore cattoli-
co che è un tecnico si porta dentro
dei complessi che l'autore che è un
artista non possiede.
D. Torniamo al 1110 ultimo lavo-
ro. Petra è una ragazza che « ritor-
110» a casa: è anche l'immagine-
simbolo di 11110 giove111ù che loma
ai valori?
R. Ceno. Verso la fine del ro-
manzo faccio comparire un vecchio
che indica certezze sullo sfondo di
una terra che brucia: sono i bagliori
di una raffineria che brucia i falsi
miti del duemila.
D . «Lafamiglia Ceravo/o>> 1•errà
trasmesso i11 1ele1·isione. Che pro-
bferni comporta la 1rasposizìo11e di
un romanzo scri110 a film?
R. Per me nessuno, anche perché
quanti per primi recensirono il volu-
me vi trovarono scansioni filmiche.
E del resto 23 anni di televisione e di
cinema , ·i,1i e commenrati mi hanno

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - -- - - - -~ -
MELO FRENI: UNA PROSA
SEMPLICE E SCORREVOLE
I LUGLIO 1965 · 31
.. Erano state inutili le insi-
stenze dell'ingegnere Federico
perché sua figlia ritornasse a
casa, s, preparasse agli esami
senza l'obbllgo della frequenza,
come molti altri studenti faceva-
no. Le suggeriva addirittura di
cambiare facoltà, ma Petra si
sarebbe sent,ta una fallita
La signora Isabella cercava di
convincere suo marito a recarsi
personalmente a Padova, di ac-
certarsi da vicino dello stato
delle cose, ma si trovava sem-
pre di fronte a un netto rifiuto,
con la motivazione che quel ge-
sto, quella mancanza di fiducia,
avrebbe potuto far scattare nel-
la figlia una reazione più perico-
losa. Anche frate Mazzullo con-
tinuava a consigliare l'esercizio
della pazienza, finché tutto non
si sarebbe chiarito da sé; ..Atti-
vamente,. ripeteva, «cioè senza
desistere dai buoni consigli e
dalle esortazioni, e senza ri-
sparmiare critiche a tutto ciò
che c'è da condannare, ma
sempre senza offuscare Il ba-
gliore del forte amore paterno...
L'ingegnere controllava .in
cantiere tutte le notizie della
stampa che giornalmente arri-
vava nelle edicole locali, aspet-
tava con ansia la tarda mattina-
ta, quando i furgoni partiti dal-
1'aeroporto di Ca1ania distribui-
bano i giornali del continente.
Nascondeva molte notizie a sua
moglie, ma quando capitavano I
fatti più gravi, era la televisione
a portargli in casa le tensioni
che lui voleva evitare.
La tranquilla distesa della na-
tura, che continuavano a scor-
gere dalle finestre e dalle ter-
razze della loro casa, pareva
avesse smesso di infondere,
nel groviglio dei presentimenti e
delle paure, quella serenità che
in ogni momento vi si era spri-
gionata come dolce invito alla
vita.
Cosa portava più la primave-
ra? Da un maggio all'altro, in
quegli ultimi anni, annunciava
più cose dt diverso, nonostante
le campane continuassero a
suonare per le novene che fini-
vano a giugno, e l'odore delle
erbe selvatiche rimaness~ intat-
MU,OFRl'.Nl
LE PASSIONI DI PETRA
to lungo i sentieri a ridosso della
ferrovia. C'era un'aria, nei pae-
si, che invece di alleviare esa-
sperava l'incomprensibilità di
episodi la cui eco arrivava da
lontano, e l'esacrazlone per i
quali diventava più forte della
pietà. Per questo, anche le lon-
tananze svanivano e tutto quel-
lo che accadeva, in qualunque
posto accadesse, entrava con
prepotenza nel bilancio emotivo
di tutte le famiglie, dovunque.
All'improvviso Petra non si fe-
ce più viva. Sua madre non si
staccava dal telefono, suo pa-
dre era inquieto, ma neppure
con la signora Pircher, quella
della pensione, era possibile
comunicare.
Passarono tre giorni e furono
tre terribili giorni. L'ingegnere si
mise in contatto con la facoltà,
ma di sua figlia non seppero dir
nulla. Ancora un giorno di atte-
sa, poi fu proprio la signora del-
la pensione a farsi viva; Petra
era in ospedale per un malore
improvviso, una cosa da nulla di
cui non preoccuparsi. Ma era
possibile che per una semplice
astenia, come la Pircher aveva
assicurato, si ricorresse al rico-
vero?
Argomenti e materia per dire
e contraddire, nel tentativo di
trovare una spiegazione e un
conforto, restavano pur sempre
spiegazioni cieche, Invenzioni
senza possibilità di conferma,
sicché l'ingegnere decise di
partire, con la mente piena di
tristissime immagini, ma con
nel cuore un filo di speranza.
insegnato ad usare ambedue i co-
dici.
D. Che posto occupa il paesag-
gio nel tuo film?
R. li film valuta mollo l'elemen-
LO paesaggistico. Oltre Lutto essen-
do un film la cui sceneggiatura pre-
vedeva il commento dei dialoghi
con quasi il 500'/o di parte visiva, ho
dovuto scegliere immagini molto
belle. La parte paesaggistica in fon-
do nel mio film è finila con il diven-
tare quasi comprotagonista numero
uno di tune le sequenze.
D. li film ed il romanzo hanno
ricevuto molti premi. Per « Le pas-
sioni di Petra» pre,•edi alrreuanto?
R . Io personalmente non concor-
ro a premi. Sono gli editori che con-
corrono. In questo momenfl) per
me il più bel premio è che il libro
venga letto e amato dai lettori. I n-
tanco la prima edizione di 5000 co-
pie è stata interamente venduta cd è
pronta la ~econda...
Giuseppe Co~ta

4.2 Page 32

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_STORIA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ __ __
Il film « Don Bosco»
C oMPLEANNO
DIUN
FILM
I Tutte le foto di questo
articolo si riferiscono
al film «Don Bosco"
Un anniversario da non
dimenticare.
J.:era dei «telefoni bianchi»
e l'entusiamo attorno al Santo dei
giovani.
Cosa produrrà il mondo del cinema
per l'anno centenario della morte di
Don Bosco?
-l .
~
"_' .,._
~ :-.1
. ..-.--.a.
P rogramma insolito
per le sale cinematografiche dì pri-
ma visione, agli u ltimi tepori della
primavera dì quel lontano I935. U
rnormorìo del pubblico e il buio
della sala venivano spezzati dalle
note ancora troppo taglienti del
Maestro Ghedini e dalla candida la-
ma di luce che incideva sullo scher-
mo il titolo di un nuovo film: Don
Bosco. Portava la firma di un regi-
sta trentenne, Goffredo Alessandri-
ni, alla sua terza fatica dopo La se-

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - - -sB-
1 LUGLIO 1985 · 33
IIIIIIIIIIIIII
gretaria privata (1931) e Seconda B
(I 934).
Proprio alcune settimane fa cade-
va il Cinquantesimo anniversario
dell'anteprima nazionale del film
Don Bosco. Dal punto di vista stori-
co e culturale merita farne memo-
ria. Anche perché recentemente è
stato fatto oggetto di studio da par-
te di alcuni critici cinematografici
che, in una rassegna a Locarno, lo
hanno frequentemente citato per il
fatto che è il film con cui la Casa di
produzione-distribuzione Lux di R.
Gualino, nel 1935, ha dato inizio al-
la propria gloriosa attività. Ed è nel
corso di questa commemorazione
che il film è stato recuperato come
uno degli «esemplari di proto-
neorealismo italiano» . Così, ci sia-
mo interessati anche noi alla storia
del film e siamo andati alla ricerca
dei documenti d'epoca. Ne è emerso
un quadro affascinante.
Ci ha sorpreso il giudizio più che
positivo della stampa quotidiana
che loda in modo corale il film di
Alessandrini. Così come ci ha sor-
preso il silenzio compatto delle rivi-
ste cinematografiche che sorgono
proprio nell'arco centrale degli An-
ni 30 («Lo schermo» inaugurato
nell'agosto 1935, «Cinema» che na-
sce nel 1936, <<Bianco e nero» che
appare nel 1937, «Film» del 1938,
ecc.). L'unico riferimento al film è
offerto da «Lo schermo» (Novem-
bre '35 pag. 44) che accompagna
una fotografia documento con la
didascalia: «Alla presenza degli Ar-
civescovi di Parigi e Quebec ha avu-
to luogo a "L'Ermitage" la proie-
zione del film Don Bosco di G.
Alessandrini. Il film, presentato
con un discorso di Padre Offray, ha
avuto grande successo; assistevano
alla rappresentazione numerosi pre-
lati parigini e un pubblico attentissi-
mo. Il "Paris-soir" scrive tra l'al-
tro: Don Bosco, film cattolico, rag-

4.4 Page 34

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34 · 1 LUGLIO 1985
CURIOSITÀ
SUL FILM ccDON BOSCO»
- È uno dei primissimi film che fa uso del sonoro (musica e parla-
to), anche se riporta diverse «didascalie scritte» (come si usava
spesso per il film muto).
- Ha avuto un costo complessivo di oltre 2 milioni di lire (del
tempo!). Ha richiesto sei mesi di lavorazione ininterrotta, impiegan-
do oltre quarantamila metri di pellicola (il film ne utilizzerà meno di
3.000).
- Per la ripresa sonora è stato utilizzato un nuovissimo impianto
portato appositamente da Parigi.
giunge il Cammino della vita, film
sovietico, e spesso lo eguaglia in
bellezza» .
Non meraviglia il silenzio dei cri-
tici ufficiali se ci si addentra nell'in-
tricata vicenda del cinema italiano
così come apparè negli Anni 30.
Tentiamo uno sguardo veloce: si
evidenzierà il valore «culturale)> e
«politico» di un film come Don Bo-
sco.
Siamo nella tanto deprecata epo-
ca cinematografica dei telefoni
bianchi. 11 cinema, visto prevalente-
mente come «industria» per il di-
vertimento delle folle, scarica in Ila-
lia soprattutto prodotti americani
che, lentamente, impongono anche
ai nostri autori una particolare scel-
ta di stile e di contenuti. Chi sfoglia
i giornali e le riviste cinematografi-
che dell' epoca trova le pagine tra-
bordanti di volti levigati e sorridenti
delle «star» d'oltre Oceano (Clark
Gable, Greta Garbo, Roberr Tay-
lor, Marlene Dictrich, Jean Har-
low, ecc.) e spaccati di scenografie
di rilm con appartamenti sunruosi,
macchine lussuosissime, uomini in
smoking e donne, avviluppate in co-
stosi drappi di seta, adagiate ai di-
vani, attente a trascorrere il tempo
in lunghe conversazioni telefoniche
(i famosi «telefoni bianchi >}), alle-
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - -# -
gre e spensierale. L'Italia copia da
H ollywood, precipitando sempre
più su film scadenti, artisticamente
inefficaci , scivolando grezzamentc
sul gusto basso e popolare del pub-
blico (tenta perfino di contrapporre
allo «star system» hollywoodiano i
caserecci «divi» Elsa Merlini. Ame-
deo Nazzari, Clara Calamai, Ar-
mando Falconi! ...). Ma è il Regime
fascista a imporre una svolta. Mus-
solini nel 1927 firma un decreto che
limita l'importazione delle pellicole
straniere (inizia un processo di «au-
tarchia culturale»), incentiva il sor-
gere dei cineclubs culturali (in parti-
colare i GUF universitari), sostiene
una pubblicistica specializzata di
questi anni il pullulare di riviste di
cinema e di spettacolo; lo stesso fi.
glio del Duce, Vittorio, dirige «Ci-
neI,1a» del '36), fonda una Scuola
Cinemacografica di Stato (il Centro
sperimentale di Cinematografia, nel
1935) e l' lstirut0 Luce per la produ-
tione di film di propaganda del Re-
gime. E altre ini1iative ancora, co-
me conseguenti al principio del regi-
me, riassumo nello slogans: li cine-
ma è l'arma più forre.
È compren ibilc come la tenden-
za ufficiale del cinema italiano è
quella di adcguan,i alla politica cul-
turale del Regime: presentare I' Ita-
lia come nazione forte, virile, eroi-
ca, celebrativa, rivoluzionaria. li
rosa e il nero diventano i colori più
diffusi del cinema nosLrano. ~la in
contrasto fra loro. I «telefoni bian-
LA DIMENSIONE NATIVA
DI DON BOSCO
Se dalle sbarre di una prigio-
ne una socie1à condannata lo
invoca, urlandogli un disperato
grido di aiuto, egli accorre a sal-
varla.
Se dei giovani «delinquenti,.
(quelli della Generala) provano
un'ansia di liberazione e voglio-
no uscire dalle sbarre esisten-
ziali dentro cui l'umanità-bene li
ha condannati, egli accorre a li-
berarli.
I cultori delle cronache hanno
rimproverato ad Alessandrini di
aver fatto •evadere,. cinque ra-
gazzi dalla fila, fatto che non
corrisponde alla storia. Ma non
si poteva rendere visivamente e
in modo altrettanto drammatico
l'anelito dell'uomo alla libertà. Il
linguaggio filmico è diverso dal
linguaggio storico. Per dire cer-
te verità può legittimamente ri-
correre all'invenzione. Ciò che
conta, nel caso, è che quei cin-
que ritornano e che con tutti i lo-
ro compagni apprendono che la
"liberazione» vera è quella di
Don Bosco e la sicurezza di ria-
verli tramite il trinomio ragione-
religione-amore.
Con un gioco di •refrains» il
film rimbalza questo •leit-motiv»
delle sbarre di cui l'uomo è pri-
gioniero: da una parte il carce-
rato, dall'altra Don Bosco. Per il
condannato a morte o per i «dif-
ficili• della Generala quelle
sbarre devono cadere, cedere
ai liberi orizzonti e al begli spazi
dove ogni creatura nasce e cre-
sce con il diritto a essere libera.
Il Monferrato è Il...
Marco Bongioannl
I W GL,0 19!!5 35
chi», lo «strapaese», il melodram-
ma o la commedia sentimentale, i
film-fumcttoni da roLocalco si alter-
nano alle esaltazioni eroiche di alpi-
ni (Le scarpe al sole del '35), di
aviatori (Luciano Serra pilota dello
stesso G. Alessandrini), di uomini
generosi e forti che gridano fedeltà
all'Italia (// grande appello di M.
Camerini del '36). Ne citiamo solo
alcuni, ma la produzione è note-
vole.
li Don Bosco di Alessandrini non
entra in questi schemi. Viaggia soli-
tario. Questo dà ragione del grande
forzato silenzio in cui è racchiuso
dalla stampa di Regime.
Se questa è la sorte del momento
per il film della Casa produttrice di
Torino, molto più lusinghiero è
l'impatto con il pubblico e la sua
riuscita nel tempo. Tant'è che il sa-
lesiano don Molfino, che ha curato
i contatti tra la Congregazione sale-
siana e la Casa produttrice, lusinga-
to dal successo del film, meno di
vent'anni dopo promuoveva tra i
produttori una nuova trascrizione
cinematografica della vita del Santo
piemontese!
Diverse ragioni hanno fauo nau-
fragare il progetto. Intanto, è signi-
ricativo il primo esaltante risultato.
Oggi, a cinquant'anni di distanza,
la pellicola Irova altri elementi di
validità. Dagli studiosi di storia del
cinema, il film viene segnalato come
e perienza significativa di anticipa-

4.6 Page 36

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36 · I LUGLIO 1985
zione di un genere cinematografico
che renderà famoso il cinema italia-
no in tutto il mondo: il · neo-
realismo (un modo di far cinema, ti-
pico del dopoguerra, in cui si dà ri-
salto al realismo della vita quotidia-
na con il suo corollario di miseria e
di drammaticità; in cui diventa pro-
tagonista la massa, il popolo e non
il singolo individuo; in cui si tratta-
no problemi « reali» come la delin-
quenza, la violenza, la disoccupa-
zione, l'emarginazione, ecc.).
È su questa linea che la critica at-
tuale ha riscoperto il cinquamena-
rio film Don Bosco. Un film, si è
detto, «proto-neorealista». Un film
che il regista Alessandrini fa uscire
dagli schemi enfatici e retorici del-
l'epoca (anche se la tentazione era
fortissima, trattandosi di un «per-
sonaggio>> da illustrare più che di
una «vicenda»!) e dal genere evasi-
vo e sognante che il Regime tendeva
a soffocare. Alessandrini in Don
Bosco ha prodotto qualcosa di nuo-
vo, di originale, anche se irr modo
ancora aurorale.
Il film porta in primo piano l'am-
biente contadino, la gente umile e
laboriosa del Monferrato, i paesag-
gi incantati ma anche rudi delle col-
line castelnovesi, la periferia povera
ed emarginante di Torino con la sua
fauna giovanile disarmata e sfrutta-
ta, prodotto dell'urbanismo irrazio-
IIIIIIIIIII
IIIIIIIIIIIIIIIII IIIII
nale e dei primi faticosi passi di in-
dustrializzazione dell'Ottocento.
La figura di don Bosco emerge
come elemento di convergenza e di
unità su questo panorama di feriali-
tà di vita, come voce trainante in un
coro ricco di umanità, di saggezza
contadina, di forte religiosità e
schietta fede popolare, di ansie e
turbamenti giovanili, di disperate
ricerche di ragioni per vivere con re-
sponsabilità e dignità personali.
Non appare, nel film, come «eroe»
distaccato dalla sua gente. È un uo-
mo incarnato, convivente. Un prete
che sa prendere su di sé il carico del-
la povertà e dell'ingiustizia (basti
pensare alle scene iniziali del film:
Giovannino maltrattato dal fratel-
lastro Antonio o defraudato di un
gruzzolo di denari da un nipote del
defunto don Calosso). Un prete
che, nella anonima città provinciale
si fa «uno dei tanti» nell'affannosa
ricerca di occasioni di lavoro per so-
pravvivere (sono sequenze, anche
dal punto di vista artistico, rese con
originalità e forza drammatica in-
consuete per quel tempo). Un prete
che rischia per costruire solidarietà
e scommette su llna pedagogia nuo-
va Oa scena delle carceri e la sequen-
za della passeggiata con i reclusi
della «Generala»). Un prete che an-
che nella morte abbraccia e spinge a
vivere quanti la Provvidenza gli ha
affidato (la stupenda scena del pro-
gressivo coinvolgimento «corale»
di quanti, dentro e fuori la camera
di don Bosco, pregano per l' amico
morente). Ci sembra una vigorosa e
significativa « novità» dell'opera di
Alessandrini, abbastanza unica in
un contesto culturale dove la perso-
nalità del singolo doveva essere
esaltata fino a raggiungere le di-
mensioni del «mito» e dove ciò che
era platea, popolo, semplicità e ve-
rità quotidiana dovevano restare
eclissati perché giudicati non signi-
ficativi, non educativi. Alla distan-
_za di un Cinquantennio è consolan-
te notare il rinnovato apprezzamen-
to positivo di critici laici per un film
religioso che, già negli Anni 30, ave-
va riscosso un vastissimo interesse
di pubblico, favorendo così una pri-
ma conoscenza di un Santo che fi-
gura tra i più grandi del nostro seco-
lo e della storia della cristianità.
Proprio per la straordinaria statura
di questo educatore cristiano pie-
montese, per la ricchezza ancora
non sufficientemente sondata della
sua personalità umana e della sua
carica spirituale, viene spontaneo
chiederci se non sia oggi il tempo in
cui l'aspirazione del primo commit-
tente del film, don Molfino, non
possa trovare, soprattutto per le
nuove generazioni, altri vigorosi ar-
tisti che sappiano riproporre, con la
novità di Alessandrini, un'ulteriore
immagine cinematografica degna di
don Bosco. È una nostra speranza.
Pierdante Giordano

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 LUGLIO 1985 · 37
UNO STRANO
COMPORTAMENTO
N el Bollettino di qualche
mese fa trovai molto stra-
no il comportamento di una let-
trice che «disturbava• suor Eu•
sebia per poter avere un allog-
gio. Anch'io dopo alcuni ripen-
samenti capii che non era cosa
futile ma di grande importanza
per mia madre avere casa vicino
a me, sia per l'età (79 anni), sia
per l'operazione subita (protesi
al femore) e l'invocai con gran-
de fiducia. Il 24 dicembre 1984
ml venne comunicato che l'allo-
gio c'era e che si aspettava sol-
tanto l'adesione di mamma. Ora
è nella casa vicino, contenta e
serena.
Ringrazio Dio che per inter-
cessione di suor Eusebia tutto
sia andato nel migliore dei modi.
Per tutti noi chiedo ancora un
cuore grande che sappia amare
tutti I fratelli.
Silvana De Grandi• Torino
MAI ABBANDONATA
D a sempre Maria Ausiliatri-
ce e i santi Giovanni Bo-
sco e Domenico Savio non mi
hanno mai abbandonata nelle
piccole e grandi difficoltà. Non
l'avevo mai fatto di ringraziarli
pubblicamente e lo faccio ora
attraverso il Bollettino Salesiano
con viva riconoscenza imploran-
do di non lasciarmi mal manca-
re la loro protezione.
Gianna Baroli Milano
È NATO GIANDOMENICO
S crivo per ringraziare san
Giovanni Bosco e san Do-
menico Savio per avermi esau-
dito. Dopo tanta attesa infatti è
nato un bel bambino che ho vo-
luto chiamare GianDomenico. È
la gioia di tutti. Spero che i due
Santi lo proteggano sempre as-
sieme al fratellino Giuseppe.
Lettera firmata Cassibife (SR)
HO SEMPRE CREDUTO
NELLA MADONNA
S ono una exallieva e da
tempo volevo fare pubbli-
care una grazia che ho ricevuto
Ho sempre creduto nella Ma-
donna, anche se col passare de-
gli anni la mia fede si era un po'
affievolita; nel momenti difficili,
però, tornavo fiduciosa a Invo-
care l'aiuto di Maria e con il suo
aiuto riuscivo a superare questi
periodi.
Non mantenevo però la pro-
messa dì fare pubblicare la sua
protezione da quando ero anco-
ra ragazzina.
Sono stata esaudita nel ritor-
no a me di una persona che mi
era stata lontana per lungo tem-
po e desidero ringraziare per
non avermi mai abbandonato e
spero che la Madonna mi aiuti
anche in questo momento non
molto felice, promettendo che
questa volta pubblicherò subito
la grazia per quello che Maria
Ausiliatrice e San Giovanni Bo-
sco potranno fare per me.
Lettera fìrmata Reggio Emilia
UN LAVORO ADEGUATO
H o pregato un Intero anno
Maria Ausiliatrice e san
Giovanni Bosco. A Pasqua mio
figlio ha avuto un lavoro ade-
guato al suo titolo di studio e si
trova molto bene. Erano ormai
rimasti come l'unica speranza.
Non sono stata delusa.
Lettera firmata - Cuneo
LA GIOIA DI UN BIMBO
D opo un matrimonio reali~-
zato con vero amore cri-
stiano e con felicità ricca di
grandi speranze, per ben sette
anni dure prove hanno sfiducia-
to il mio cuore.
trovare nella preghiera, la forza,
la serenità spirituale senza le
quali non è possibile vivere.
Ma il Signore é ~empre Padre Grazie a Don Bosco e Maria Au-
tenero verso chi Lo ama.
siliatrice ho potuto ritrovare la
Qualche anno e mezzo fa ho forza per affrontare con serenità
avuto la fortuna di conoscere la vita.
una Suora F.M.A. alla quale,
avendo manifestato la mia gran-
Lettera firmata Torino
de pena che per motivi di salute
avevo dovuto interrompere la
gioia di realizzare quattro mater- SUPERA CONCORSO
nità consecutive, ml ha regalalo
un libretto e l'Abitino del piccolo
S. Domenico Savio, il Santo del-
le Mamme e delle Culle.
Flducia e Fede hanno acceso
di speranza il mio cuore e Do-
menico Savio non ha deluso le
mie attese.
Dopo 9 mesi di ansiosa attesa
il piccolo Carlo (ho dato il nome
del papà di Domenico Savio non
V orrei far pubblicare una
grazia che Maria Ausilia-
trice mi ha co,,cesso Il 24 mag-
gio, giorno di Maria Ausiliatrice,
ho dovuto dare esami ad un
concorso ma ero molto impre-
parata
Dall'inizio del mese di maggio
ho pregato con fervore Maria
potendo chiamarlo come mio Ausiliatrice con la recita del Ro-
marito) è venuto a riempire la sario e I ascolto della Messa
nostra casa di luce di cielo, a quotidiana. La Madonna mi ha
rallegrare d'immensa gioia me. aiutata ed ho avuto un buon ri-
mto marito, tutta la mia estesa sultato.
famiglia.
Ringrazio Maria Ausiliatrice
Ora Carlo, nato 11 giorno 1o per questo perché senza di lei
aprile, é già Cristiano, figlio di non sarei stata in grado di supe-
Dio, gioia e speranza di noi ge- rarlo. La prego ancora di aiutare
nitori.
mia sorella a guarire da una ne-
Lo cresceremo come Gesù frite. Vi prego d1 pubblicare que-
nella casa di Nazaret e ogni sta mia lettera perché ho tanta
giorno lo raccomanderemo al voglia di farlo sapere.
suo Protettore perché lo difenda Angela Melito Reggio Calabria
da ogni male.
Ho voluto pubblicare questa
che ritengo una vera grazia del
Signore, perché altre mamme,
che possono trovarsi in difficoltà FORTE DOLORE
simili, sappiano aver Fede e fi- ADDOMINALE
ducia nel Signore, nella Madon-
na, nel piccolo e grande S. Do-
menico Savio che D. Bosco. illu-
minato dallo Spirito Santo, sep-
pe valutare quale stoffa prezio-
sa di santità.
A vevo avuto qualche anno
orsono un forte dolore ad-
dominale che non poteva far
prevedere che un cattivo avve-
nire per la mia salute: ho invoca-
Mimmo e Annetta Franzese to ardentemente S. Giovanni
Ottaviano (NA) Bosco e questo dolore m1 è
scomparso come per incanto. lo
non credo molto alle accidenta-
TANTA FORZA
lità per cui ritengo che questa
improvvisata mia ritrovata salu-
V oglio ringraziare pubblica-
mente Don Bosco e Maria
Ausiliatrice per avermi data tan-
ta forza nell'affrontare gravi pro-
blemi finanziari e che si sonori-
te sia per lo meno un fatto mira-
coloso Avevo promesso ohe l'a-
vrei comunicato al Bollettino Sa-
lesiano perché ne fosse fatta
pubblicazione. ma per pusillani-
mità. per ignavia e anche per
solti, anche se non nel modo
sperato.
Ciò che vorrei far sapere a tut•
molta indolenza non l'ho mai
fatto: lo facc:10 ora.
ti è la grande pace che si può
Morom Gwseppe Brescia

4.8 Page 38

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38 · 1 LUGLIO I985
I NOSTRI
MORTI
NEGRI cav. CESARE, salesiano
coadiutore t Fossano (Cuneo) a 82
anni
Una vita trascorsa all'Insegna di
un servizio totale e generoso per I
giovani, tanti giovani, ohe, ora exal-
llevl, hanno beneficiato del suo dotto
e qualificato Insegnamento di mate-
matica, e del suo servizio ordinato e
competente di Segretarlo della
Scuola.
RAZZA mons. LIONELLO, exallle-
vo e cooperatore t Frascati (A.orna)
11 2911/1985
La sua scomparsa ha suscitato vi-
vo cordoglio nella Diocesi di Frasca-
ti. Dottore In filosofia, teologia e dirit-
to canonico, fu rettore del Seminario
diocesano, arciprete parroco della
Cattedrale e per 20 anni vicario ge-
nerale della Diocesi. Due suol fratelli
sono sacerdoti: padre Ludovico cap-
puccino e don Renato, salesiano In
Argentina.
Promotore di diverse iniziative a
favore del laicato, era stato assisten-
te diocesano della GIAC e dalla
ACLI. Appassionato ricercatore, ave-
va pubblicato alcuni volumi di storia
diocesana ad in particolare la storia
dalla chiese di Capocroce, di S. Ma-
ria In Vivario e della Cattedrale.
Devotissimo di Don Bosco, exallle-
vo, fu fervido cooperatore e zelò Il
culto al Santo e l'incremento dell'o-
ratorio salesiano dì Capocroce, dove
dal 1912 Pio X volle la Domus iuven-
tutis.
Nel suo testamento dice:
•Spero di non aver scandalizzato
nessuno; come pure non ho voluto
male a nessuno; ma se par caso
avessi scandalizzato o fatto del male
a qualche mio fratello sappia che l'ho
fatto Involontariamente e scongiuro
di volermi perdonare anche lui per la
carità Cristo•.
BARUCCI sac. GIOVANNI, salesla•
no t Bangalore (India} a 80 anni
Ordinato sacerdote nel 1930, don
Barucci era quasi subito partito per
l'India. Appena giunto a Madras fu
nominato segretario del vescovo sa-
lesiano monsignor Mederlet con Il
quale ebbe modo di conoscere bene
l'arcidiocesi di Madras.
Dal 1943 al 1946 dovette rimanere
Internato in campo di concentramen-
to. Dal 1952 inizierà a lavorare tra I
seminaristi come confessore e pro-
fessore di teologia morale. Dal 19n
lo troviamo allo studentato teologico
di Krlstu Jyoti a Bangalore.
Lo spirito giovanile espresso co-
stantemente nella serenità delle bai·
tute, la sua capacità di lavoro, la sua
familiarità con gli studenti gli marita•
rono un appellativo semplice ma si-
gnificativo: •Il capitano•. I salesiani
Indiani lo ricorderanno a lungo.
GESUELE sig.ra ANNA, coopera-
trice t Napoli a 86 anni
È scomparsa una nobilissima figu-
ra di sposa e madre esemplare. Nel
difficili anni dell'immediato dopo-
guerra, sola - il marito era prigionie-
ro In Germania - con indicibili sacri-
fici è riuscita ad educare i suoi sei fi.
gli che, tutti hanno messo in pratica
gli insegnamenti ricevuti. Assidua
lettrice del Bollettino Salesiano fu fe-
lice di dare li nome di Savio Domeni-
co ad uno dei figli.
GUADAGNINO rag. LUIGI, coope-
ratore t Napoli a 75 anni
Attivo cooperatore salesiano fu de-
votissimo di Maria Auslllatrlce e dal-
l'Eucarestia impegnandosi in ciò nel-
l'imitazlona di S. Giovanni Bosco. Ha
lasciato di un ricordo caro e molto
rimpianto.
CENCINI slg.ra ROSARIA ved. SA·
VINO, cooperatrice t Venosa (PT) a
85 anni
Zelante cooperatrice, devota di
Maria Ausiliatrice a di don Bosco, a
cui donò un figlio, don Giuseppe.
Donna di fede profonda, sempre
pronta a dire con un sorriso luminoso
la buona parola a tutti. La si vedeva,
fino a quando ha potuto, sempre allo
stesso banco in chiesa con la corona
dal rosario con compostezza e devo-
zione, per cibarsi dell'Eucaristia, per
pregare per I sacerdoti e i salesiani.
Accettò serena le sofferenze degli ul-
tlml mesi, lasciando a tutti quelli che
la conoscevano un grande esempio
di vita cristiana.
FASANARO ROMANO slg.ra GIU•
SEPPINA, cooperatrice t Catania a
81 anni
SI è spenta serenamente il 13
maggio u.s. Sopportò silenziosa-
mente e coraggiosamente con cri-
stiana rassegnazione la sua lunga
sofferenza. Exallleva dell'Istituto
Maria Ausiliatrice• di Catania, fu
sposa e madre esemplare che seppe
educare i suoi due figli all'amore di
Dio, di don Bosco a del prossimo. La
sua vita è stata dedicata Interamente
alla famiglia lasciando una testimo-
nianzadi generosa donazione agli al-
tri. Nel suo ricordo, i familiari, si sen-
tono dolcemente forzati a continuare
questa tradizione. Il vuoto che lascia
tra quanti le vollero bene, è colmato
dalla certezza che ora in Cielo è an-
cora più vicino a loro con lo spirito.
MIGLIASSO sao. GIOVANNI, sale-
siano t Vercelli a 68 anni
chtarl davanti ai suoi occhi i tratti la-
ceranti che tormentano l'animo dai
giovani di oggi a, da buon samarita-
no, lenisce ferita, rimette In sesto esi-
stenze spirituali fragili e disperse, rl•
lancia cuori affranti a lacerati dal
dubbio.
Cosi a Muzzano, come Direttore
della Casa di Esercizi, cosi a Borgo
San Martino fra I giovani del San
Carlo. Don Giovanni fu insegnante
abile ed esperto, usando strumenti a
metodi adatti per rendersi interes-
sante presso gli scolari. Amava la na-
tura viva a aveva competenze parti-
cola.ri nell'Insegnamento della scien-
za naturali. Per divulgare tale disci-
plina compilò un tasto di riconosciuti
pregi contenutistici e didattico-peda-
gogici.
Fu un valoroso Missionario e i luo-
ghi del suo apostolato non caddero
mal dalla sua mente. Per I'Ispettoria
dell'Ecuador raccolse sempre offerte
e aiuti finanziari ma, soprattutto. cer-
di scoprire frasche vocazioni mis-
sionaria.
SCAGLIOTTI slg.ra TERESA, coo-
peratrlce t Giarole Monf. (AL} a 84
anni
Era partito giovanissimo par la Molto devota di Maria Ausiliatrice
Missioni dall'Ecuador, dova rimase e di san Giovanni Bosco fu lieta di
per ventidue anni, lasciando tracce dare una figlia alla Famiglia Salesia-
profonde del suo zelo instancabile na come suora.
nella guida spirituale dal giovani e Leggeva il Bollettino Salesiano
del Confratelli. Rientrato In Italia per con vero amore,
motivi di salute e di famiglia prestò
successivamente Il suo servizio nelle
Casa salesiane di Canelll, Asti e
COATEZ sJg.ra BEATRIZ, coopera-
trice t Nata! (Brasile} a 92 ·anni
Muzzano Biellese riscuotendo l'ap- Visse la sua lunga vita dedicando-
prezzamento del fedeli, dal Parroci e
dal Vescovi per la sua apertura pa-
si all'Insegnamento nella scuola ele-
mentari con amore e competenza.
storale.
Intraprendente a generosa coordinò
Trascorse nel Collegio San Carlo
gli ultimi sei mesi della sua prezlosa
per più di 40 anni la attività dal Coo-
peratori a dei devoti di Maria Ausi-
esistenza, dando a quanti lo conob-
bero esempi luminosi di una profon-
liatrice.
Era serena a allegra, generosa nel
da e intensa vita di sacerdote e di
educatore.
sacrificio e nel servizio ai piccoli. La-
vorava con Impegno par l'Oratorio
Quella di Don Giovanni Migliasso
è una personalità complessa per la
Festivo.
Tutti la ricordano come la
·
vera
varietà dagli aspetti attraverso i quali mamma dei salesiani di Nata!.
si espressa, ma tutto in lui à chiaro,
limpido e trasparente.
Possedeva un'alta carica di uma-
nità, fatta di sorriso conciliante, di
CATELLO sig.ra EMMA, coopera-
trice t Napoli il 10/211985
bontà accogliente e persuasiva, di Donna semplìce sllanzlosamante
amore· e di pazienza. Egli avvicina i disponibile al lavoro ed all'apostolato
giovani uno par uno, ne Intuisce gll cl ha lasciato quasi In punta dl piedi
stati d'animo e le necessità; sono per raggiungere la meta finale.
I
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Erediti!.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istilli/o Selesleno per le
missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'Immobile sito in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di Istruzione e educazione
di cullo e di religione•.
'
- sa si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su Indicati:
• ... annullo ogni mia precedente dlsposizlone testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opera Don Bosco con
sede In Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede In
Torino) !asciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, par
gli scopi perseguiti dall'Ente, a particolarmente di assistenza a bene-
ficenza, di istruzione e educazione, di culto a di religione•.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
1 LUGLIO 1985 39
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria di Laura Bertlni B Franco Loca-
te/li. a cura dei figli, L. 1.000.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, in suffragio di Pozzi Luigia, a
cura di P. Gabriele, Grosio SO,
L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausltlatrlce, in memo-
ria di Sr. Maria Bonino FMA a invo-
cando protezione, a cura delle sorel-
le Elisa e Giuseppina L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
do posto di lavoro per il nipote, a cu-
radi N.N., Venezia, L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, per la grazia di un figlio, a cura
di Monti Giuliana, Faenza,
L. 400.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria di Don Josè Maria Berto/a, a
cura della nipote Laura, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, Implorando la guari-
gione di zio Ilario, a cura delle nipoti
Liliana ed Enrica, Torino, L. 300.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria di Don Carlo, Salesiano. nel2°
anniversario dalla morte, a cura delle
sorelle Teresa e Giovanna, Cassano
Murge BA, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio•
venni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Petracca Caterina T. Gioia
Tauro AC, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Arneodo Quintina, CN, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, In suffragio dai defunti, a cura di
Franchi Concetta, PC, L. 250.000
Borsa: In memoria di D. Giulio Pa-
razzini, a cura di Borghi Irma, VA,
L. 250.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
per Lucia, Pietro, Paolo, Andrea,
Mamma e Papà, L. 220.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, per gra-
zia ricevuta, Invocando ancora prote-
zione, a cura della Fam. Bianchi-
Zucca, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Maroone Anita, Moneglia GE,
L. 200.000
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Don Caravarlo, a cura di N.N., VA,
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slllatrlce e Don Bosco, invocando
protezione per I miei figli, a cura di
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sco, proteggete i miei figli Gianfran•
co e Carlo, a cura di Spartà Diego,
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cura di N.N.
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sulla famiglia. a cura di Livio Ignazio,
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dei miei defunti a invocando prote-
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la famiglla. a cura di N.N., Palazzolo
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ne. a cura di E.U.
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rando protezione sulla famiglia, a cu-
ra di D.C.
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randa protezione, a cura dei nonni A.
e G., Torino
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invocando protezione, a cura di Mu-
gnaini Weima, Lucca

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