Bollettino_Salesiano_197511


Bollettino_Salesiano_197511

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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XC IX N . 11 1° GIUGNO 1975
Spedlz. In abbon. post. - Gruppo 2° (70) -1~ quindicina

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCIX • N. 11
Giugno 1975
Direttore responsabile
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
C.C.P. 1-5115 intestato a:
Dir. Gen. Opere D. Bosco - Roma
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriali
2. Ho 14 anni:
che farò della mia vita 7
4. La Bibbia. libro per la vita
Artlcoh
6. Vietnam. lenere dalla bufera
8. I mille Salesiani di Polonia
1O. Nel paese del Leone
e dell'Elefantessa
12. Salvo D"Acquisto
è anche nostro
16. Sette domande per il Vescovo
18. I campeggi della Parola di Dio
20. Di uomini cosi, ti puoi fidare
22. Due nidi per mettere le ali
24. Le lunghe missioni del Vescovo
Notizie
della famiglia Salesiana
28. Le nozze d"oro sacerdotali
del Rettor Maggiore
Giornata di preghiere
per le missioni salesiane
Nuovo Vescovo salesiano
in Argentina
Chiedono di far parte
della Famiglìa Salesiana
29. La Consulta mondiale
dei Cooperatori Salesiani
Il « Regolamento dei Cooperatori»
ha cent'anni
Gli «Incontri continentali»
Missioni che si aiutano fra loro
Cooperatori: nuovo
« Manuale dei dirigenti»
30. La maestra degli indios
C'è posto per i laici
nelle missioni di Don Bosco 7
Rubriche
15. Educhiamo come Don Bosco:
Ragazzi, abbiamo bisogno di voi
9-21. Pubblicazioni salesiane
31. Grazie per l' intercessione di M.
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
Un ragazzo dal cuore
generoso - racconta il
Vangelo - un giorno
offri a Gesù tutto ciò
che aveva, non tenendo
niente per sé; e Gesù
si servì della sua col-
laborazione per la sal-
vezza di tanti uomini.
Ancora oggi il Signore
cerca i giovani genero-
si, capaci sul suo esem-
pio di « dare la vita per
gli altri ». Ogni ragazzo
cristiano è chiamato a
realizzare nella vita la
sua « vocazione alla li-
bertà, alla verità, all'a-
more», secondo il de-
stino che Dio propone
a ciascuno.
La folla fece sosta nella zona di
Tabgà, alle sette sorgenti, un
posto incantevole, con alberi e larghe
chiazze di erba. In fondo alla radura
una roccia a picco sul lago di Tibe•
riade. E Gesù si mise a parlare alla
grande moltitudine che lo ascoltava.
Gente che non si preoccupava del
tempo che passava: che non pensava
al mangiare e al bere; gente lontana
da luoghi abitati.
Ma il giorno cominciò a declinare,
e venuta la sera, i suoi discepoli, av-
vicinandosi a lui, gli osservarono:
«Questo posto è lontano dall'abitato
e già l'ora è tarda: rimanda indietro
queste persone, perché andando nelle
campagne attorno e nei paesi trovino
alloggio e si comprino da mangiare... io.
Ma Gesù rispose:<< Non c'è bisogno
che vadano via: pensate voi a dar loro
da mangiare~- Qualcuno domanda:
«Dobbiamo andare a comperare del
pane per duecento denari e dar loro da
mangiare? •· Ma Filippo protesta:
t Duecento dena ri di pane non bastano
neanche per darne un pezzenino a
ciascuno! •·
Gesù domanda: «Di pane, quanto
ne avere? •· Dopo aver cercato tutto
intorno, Andrea, fratello di Pietro,
torna da Gesù a riferirgli: ~ C'è un
ragazzo qui che ha cinque pani di
orzo e due pesci; ma che cos'è questo
per tutta la gente ? •·
Portateli qui•• disse Gesù. E in-
tanto fece adagiare tutte le persone.
Prese i cinque pani e i due pesci
dalle mani del ragazzo, e dopo aver
alzato lo sguardo verso il cielo, rese
grazie, li benedisse, e li diede ai di-
scepoli, e i discepoli ai gruppi di per•
sone. Così pure divise fra tutti i due
pesci, finché ne vollero. E mangiarono
tutti, e furono tutti sazi; e con gli
avanzi riempirono dodici canestri.
Erano più di cinquemila persone.
Spezzare il cerchio dell'egoismo
Questo fatto del Van~elo è impres-
sionante. Manifeata prima di tutto la
potenza miracolosa di Gesù.
Ma ci sono altri particolari interes-
santi. Gesù prima di operare il mira-
colo insiste con gli apostoli perché
siano essi a preoccuparsi della situa-
zione penosa di tanta gente, e a risol•
verla. Non è la prima volta che lo fa.
È il suo stile. Gesù chiede collabo-
ratori...
Ma la nostra attenzione si concentra
specialmente su quel ragazzo che si
è portato dietro alcuni pani e pesci.
Non è un egoista. È un ragazzo dal
cuore generoso. Capisce che c'è da
fare un sacrificio fX:C il bene di tutti
e lo fa, con semplicità, offrendo tutto
ciò che ha a Gesù. Non ha tenuto per
nemmeno un panino. Ha dato
tutto. Ed è diventato collaboratore di
Gesù, per la salvez~a di tante persone.
Tutti siamo chiamati ad esserlo.
Per diventarlo è necessario che ognuno
guidi bene se stesso, cioè:
- controllare accuratamente la
rotta della propria vita: che direzione
ha l verso l'egoismo (direzione sba-
gliata), o la generosità (direzione
giusta)?
- convertirsi continuamente, per
resistere alla tentazione di un ritorno
egoistico su se stessi;
- convergere, cioè destinare tutto
se stesso (ciò che sono e ciò che fac-
cio), verso gli altri, nell'amore del Si-
gnore.
Per farlo occorre operare su tutte le
dimensioni dello sviluppo della per-
sonalità in fonnazione:
- nella vita del corpo: sforzarsi a

1.3 Page 3

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amr,òavtltl.
lasciare le cose superflue, per acco-
gliere soltanto le cose necessarie allo
sviluppo ordinato della persona (mor-
tificazione, sobrietà, fare a meno
di..);
- nel mondo interiore: impegnarsi
ad andare oltre la fantasia e i senti-
menti, oltre quello che fanno gli altri,
per acquistare capacità di coscienza e
di responsabilità personale;
- nella personalità: abbandonare
un po' alla volta le piccole cose che
possono interessare e appassionare i
ragazzi, per concentrare gli sforzi, le
scelte sulle cose che contano, i <t va-
lori t, capaci di organizzare bene la
personalità, di dare un senso giusto
alla vita. Il valore più grande della
vita è la capacità di a11sare.
L'amore è la luce e la forza che il-
lumina e coinvolge tutta la vita.
~ il più grande comandamento del
Signore: a.mare Dio e il prossimo.
Il problema
della propria vocazione
L'apostolo Giovanni è quello tra i
quattro redattori del Vangelo che ha
per simbolo l'aquila, perché si è al-
zato più di tutti nella contemplazione
della luce di Dio. Ha affermato:
Dio è amore!•·
Ed è nell'amore di Dio che con-
frontiamo la nostra capacità di amare.
Le altre creature, che non hanno
un'anima spirituale e immortale, si
lasciano guidare dagli istinti, dalle
sensazioni, da primordiali passioni...
Noi, invece, scopriamo la legge del-
l'amore all'interno della coscienza,
che è illuminata e stimolata dalla ve-
rità, dai principi morali, dalla fede
cristiana che è la religione del-
l'amore•·
Si tratta di conoscersi di più per
dominarsi me~lio, per essere più ca-
paci di aprim agli altri: non solo di
stare con gli altri, ma di fJifJere per gli
altri, di fare dono della propria vita.
È per questo che c'è una ~nde
clilferenza tra erotismo, amiazia e
amore: l'amore come dono di sé.
Gesù ha riconfermato con la sua
morte in croce quello che aveva af-
fermato con la sua vita e la sua pa-
rola: Non v'è amore più grande di
quello di chi dà la vita per gli altri I •·
Non intendeva solo f dlire la vita at-
traverso una morte drammatica come
la sua. Con quelle parole voleva dire
anche: impegnare, spendere ogni
giorno la propria vita per gH altri, con
coraggio e generosità.
È il compito che Dio affida a tutti:
è la vocazione all'amore•· Vi sono
modi diversi di realizzarla secondo il
destino che Dio propone a ciascuno.
Le vocazioni personali sono modi
diversi di vivere la vocazione cristiana
di tutti - vocazione alla libertà, alla
verità e all'amore -, secondo le ca-
pacità, tendenze, ideali, aspirazioni...
personaH, e secondo le necessità di-
verse richieste dalla missione della
Chiesa. Essa ha la missione di essere
segno e mezzo dell'unione dell'uomo
con Dio e degli uomini tra di loro.
Nel matrimonio gli sposi - e geni-
tori - continuano l'azione creatrice
di Dio nel mondo, accrescono il Po-
polo di Dio e preparano nuove forze
spirituali per la missione della sua
Chiesa nel mondo.
Nella vita co11Sacrata - nelle sue
espressioni diverse, che si comple-
tano tra loro: ordini, congregazioni,
istituti per le varie opere di carità e
di apostolato - uomini e donne si
professano «religiosi 1> per essere se-
gno e mezzo che rende presente Cri-
sto al mondo, il suo spirito, il suo
stile di vita, per continuare la sua
opera di liberazione.
Nel 111foistero sacerdotale, nei suoi
diversi gradi e servizi alla comunità
- diaconato, presbiterato, episco-
pato -, giovani dotati e generosi ac-
cettano di vivere in modo diverso,
per poter far meglio presente la per-
sona del Cristo ";vente, che nella per-
sona del sacerdote continua ad an-
nunciare il Vangelo, a comunicare la
vita divina con la parola di Dio, i
Sacramenti e il Sacrificio eucaristico;
a guidare i fedeli a costruire il Regno
di Dio.
Ogni giovane cristiano deve sentire
l'impegno di affrontare il problema
della propria vocazione •·
Da « Pescatori d"uomlnl 1t
di BOSCO-CLEMENTEL, Ed. LDC 1974 3

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Sempre p1u numerosi
cristiani (e anche non
cristiani) affrontano
oggi la lettura della
Bibbia: magari la but-
tano nella valigia delle
vacanze, fra un roman-
zo russo e un poliziesco
americano. Leggere la
Bibbia è un•impresa
splendida, ma esige
ben altro impegno che
leggere un giallo. Ma-
rio Galizzi, un esperto
in studi biblici, presen-
ta qui « una chiave di
lettura », della Bibbia.
T ra la fine del secolo XIII e l'inizio
del secolo XII avanti Cristo un
popolo nuovo appare nell'orizzonte
della storia: il popolo ebreo. Geogra-
ficamente esso occupa la regione
montagnosa della Palestina, con dira-
mazioni all'est del fiume Giordano.
I suoi santuari sono Gilgal, Sichem,
Silo, e poi Bete! e Gerusalemme.
Politicamente si presenta come una
confederazione o, come si diceva
nell'antichità, una anfizionia di do-
dici tribù. Religiosamente non sono
dei politeisti, ma enoteisti cioè ado-
ratori di un solo Dio.
La storia di un popolo
Come gli altri popoli anche Israele
ha le sue tradizioni, e le genealogie
che le diverse tribù si tramandano,
convergono tutte su un unico ante-
nato: Abramo, figlio di Tare, nato
nel secolo XIX a Ur, città della Me-
sopotamia, morto più che centenario
a Ebron, città della Palestina. Suoi
immediati discendenti furono Isacco
e poi Giacobbe, detto anche Israele.
Da costui nacquero 12 figli, i capo-
stipiti delle dodici tribù che poi for-
marono l'anfizionia. Ci vollero però
ben cinque secoli perché i dodici
divenissero tribù e insieme popolo.
Furono secoli assai duri e quasi tutti
trascorsi in Egitto. L'oppressione
che caratterizzò la fine di quel periodo
fece sì qhe tutti quei secoli passassero
sotto il nome di << schiavitù •>. D'al-
tronde, quando non si è popolo, si è
schiavi.
Venne poi un uomo della loro
razza, Mosè. Benché educato nella
corte del faraone, egli rifiutò di in-
tegrarsi tra gli oppressori. Egliamava
quelli della sua razza e fece loro com-
prendere che erano figli di Abramo,
adoratori di un solo Dio: Jahvé, e
li condusse verso la libertà. Ai piedi
del monte Sinai diede loro una legge
e poi li portò verso la terra di Abra-
mo, Isacco e Giacobbe. Mosè non
vi arrivò, ma il popolo conquistò
sotto la guida di Giosuè la monta-
gna, mentre i popoli del mare, i fili-
stei, conquistarono la costa. Cosi
nacque Israele come popolo, la cui
coscienza nazionale era caratterizzata
da queste verità: «È il nostro Dio,
Jahvè, che ci ha donato la libertà, la
legge e la terra ».
Le seguenti tappe della sua storia
si possono riassumere in breve: un
periodo di _anarchia, che va sotto il
nome di «periodo dei giudici» seguì
la conquista. Nel ro40 ha inizio la
monarchia gloriosa sotto Saul, Da-
vide e Salomone. Ben presto però
(935 avanti Cristo) il popolo si sud-
divise nei due regni di Israele e di
Giuda. Il primo fu travolto dalla
potenza assira nel 732 e il secondo
scomparve ad opera dei Babilonesi
nel 587.
II
II
4

1.5 Page 5

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Sui fiumi di Babilonia i deportati
meditano la loro storia: è il cosiddetto
pe,.,;odo dell'esilio (a. 587-538). Im-
portante dal punto di vista religioso
perché gli Israeliti da enoteisti di-
ventano monoteisti. Essi ormai cre-
dono che il loro Dio, Jahvè, è l'uni-
co Dio.
Il ritorno a Gerusaletnme inizio
all'ultima tappa verso Cristo. Israele
non è quasi mai un'entità politica a
sé stante. Esso appare piuttosto come
una colonia dei grandi imperi, per-
siani prima e poi macedoni, seleucidi
e romani.
Segue il periodo della vita terrena
di Cri~to e poi l'inizio dell'esperienza
ecclesiale e universale, di cui la
Bibbia ci informa fin verso la fine
del primo secolo.
Le grandi linee della storia or ora
tratteggiate sono state tolte dalla
Bibbia e potrebbero essere confer-
mate da documenti non biblici. Ma
La Bibbia non fa della semplice storia
umana. Se la leggessimo soltanto
come documento storico, noi non
raggiungeremmo mai il suo vero
significato.
Che cos'è la Bibbia? La "Bibbia è
quel libro o serie di libri (sono 72)
che ci aiutano a scoprire sotto i segni
storici l'agire di Dio. Essa ci aiuta
a trovare nella storia - nel succe-
dersi d~gli e~enti wnani - un senso,
una tra1ettona verso un fine ben sta-
bilito perché Dio agisce in essa. Per
questo noi chiamiamo la Bibbia una
storia santa_, Ja storia per eccellenza;
non semplice resoconto di un pas-
sato che non ritorna, ma segno indi-
catore all'umanità della giusta via,
quella che conduce al Regno di Dio.
Chi l'ha scritta?
Degli uomini con l'aiuto di Dio.
S.iamo a_bitll'.'-ti _a chiamarli agiografi,
cioè scntton d1 cose sante, ma sa-
rebbe meglio chiamarli profeti, poi-
cM essi interpretano e richiamano
il passato in vista del tempo in cui
vivono e dell'avvenire. Il loro modo
di esprimersi è assai vario sia perché
P.arlano in epoche diverse sia perché
~ias~un~ scnve seguendo la propria
mchnaz1one personale. Nessuna me-
raviglia quindi se nella Bibbia, scritta
nello spazio di oltre un millennio,
ci siano modi di esprimersi assai dif-
ferenti o, come si dice, tantissimi
generi letterari. Chi conosce la lette-
ratura sa che noi oggi non parliamo
come cinquant'anni fa, e che i nostri
scrittori e poeti non si esprimono
come_ nel se~olo scorso. I generi let-
terari cambiano. Per questo Dio,
quando ha parlato attraverso gli
agiografi per rivelare che lui aveva
PALESTINA · BIBBIA • ISPIRAZIONE
Palestina significa Herra dei Filistei». Sono un gruppo dei «popoli del
!'lare» proveniente dal centro Europa che verso la metà del Xlii secolo a. C.
invasero le coste del Medio Oriente.
Bibbia: dal plurale greco «biblia », significa «libri». È infatti una raccolta
di 72 libri: 46 formano l'Antico Testamento e 27 il Nuovo.
Ispirazione. Il Concilio Vaticano Il ha dichiarato: « La Santa Madre Chiesa,
per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri del Vecchio o del
Nuovo ,:e;stamento, con tutt~ le loro parti, perché, scritti sotto l'ispirazione
dello Spirito Santo, hanno 010 per autore e come tali sono stati consegnati
alla Chiesa».
(Costftuz,.one sulla Divm. a Rivelazione, n. 13).
agito o agiva in determinati eventi,
lo ha fatto con il modo di esprimersi
dell'epoca in cui si rivelava; ancor
più, lo ha fatto adattandosi all'incli-
nazione dell'agiografo, che secondo la
sua cultura si esprimeva con maggiore
o minore eleganza.
Due punti focali
Molteplicità di generi letterari, ma
non molteplicità di argomenti. Il
tema della Bibbia è unico: narrare
l'esperienza umana e in modo par-
ticolare di Israele nel suo rapporto
con Dio, e narrarla in modo tale che
sia per ogni uomo un confronto della
propria vita in relazione con Dio.
Leggere quest'esperienza non è
tanto facile. È necessario possedere
una chiave di lettura, come si dice
cioè quel punto focale senza di cul
ogni cosa perde senso. Ebbene, due
sono i punti focali: uno per l'Antico
e l'altro per il Nuovo Testamento.
I due hanno però uno stesso nome:
evento-pasquale, e nessuno dei due
è pienamente comprensibile senza
l'altro.
Nell'Antico Testamento l'evento
pasquale è dato dall'uscita dall'Egitto,
e dall'Alleanza che il popolo di
Israele ha contratto con Dio al Sinai.
Suo simbolo è il sangue dell'Agnello.
Nel Nuovo Testa.mento l'evento
pasquale è dato dalla Passione-Morte-
Risurrezione e Ascensione di Cristo.
Col suo sangue Gesù è diventato il
realizzatore della nuova é definitiva
Alleanza tra Dio e l'umanità. Togliete
questi due punti focali e la "Bibbia
perde ogni senso, diventa un caos.
Un modo di leggere
Conosciuta la chiave, si tratta di
usarla nel giusto senso. Chi legge
l'Antico Testamento inizi la sua let-
tura con il libro dell'Esodo. Si faccia
poi una domanda: perché e come Dio
ha fatto di Israele un popolo? Si
legga allora il libro della Genesi, e la
storia che precede l'Esodo rivelerà nel-
l'agire di Dio una perfetta linearità.
Per la storia successiva due do-
mande: come si è comportato e come
deve comportarsi il popolo di Israele
in relazione al Patto sancito con Dio
presso il monte Sinai? Verso quale
meta intende Dio condurre il suo
popolo?
La risposta alla prima domanda è
presente in tutti i libri dell'Antico
Testamento storici, profetici e didat-
tici, e dà la ragione d'essere di Israele.
La risposta alla seconda domanda
porterà a tre conclusioni:
1. il cammino attraverso il deserto
è es~~p!are di tu~a 1~ sto~ia degli
uom1ru 10 cerca di D10 (hbro dei
Numeri: consiglierei di tralasciare il
Levitico e il Deuteronomio, eccetto
l'ultimo capitolo; sono monotoni e
possono disanimare il lettore);
2. la conquista della terra non è
una meta (libro di Giosuè), ma un
in~aggio per una missione (cfr.
G10s. 24);
3. la meta è il Cristo. In Gesù
tutto ciò che è antico acquista il suo
vero senso.
Eccoci al Nuovo Testamento. Leg-
gendolo ci incontriamo con una co-
munità illuminata dalla luce della
Pasqua di Cristo e sostenuta dallo
Spirito. È lo Spirito che l'aiuta a
esplicitare il senso salvifico di tutto
ciò che Gesù ha fatto nella sua vita
t~rre~a (V';lngeli). È lo ~pirito, dono
di Cnsto risorto, che guida la Chiesa
nel suo cammino attraverso i secoli
(Atti degli Apostoli). Meta di questo
suo cammino è l'incontro con Cristo
alla fine dei secoli (Apocalisse). La
Pasqua di Cristo ha infatti messo i
discepoli in atteggiamento di attesa
e tutto tende a far capire (lettere degli
Apostoli) come dev'essere vissuta
l'attesa.
Ecco in poche parole qualcosa delle
immen~e ricchezze racchiuse nella
Bibbia. Un antico proverbio rabbi-
nico dice: «La Bibbia è come un
pozzo. Getti dentro il secchio e lo
tiri fuori sempre pieno d'oro>>.
MARIO GALIZZI 6

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I 141 Salesiani in Viet-
nam - quasi tutti gio-
vani vietnamiti - sono
stati travolti dalla bu-
fera della guerra, sono
stati costretti ad ab-
bandonare le opere con
tanti sacrifici realizzate
nel martoriato paese,
e a cercar rifugio nella
capitale congestionata
(nulla si sa in questo
momento della loro
sorte). In nove conci-
tate lettere scritte ai
loro Superiori in Roma
hanno raccontato il
loro drammatjco esodo
dagli altopiani, e la
speranza «pasquale»
che li sorregge.
N ove lettere dal Vietnam, ceco
la commossa testimonianza di
un momento drammatico vissuto con
limpida fede.
La prima lettera, del 6 marzo, a
firma del superiore salesiano in Viet-
nam, precede la bufera, e descrive i
141 salesiani (quasi tutti vietnamiti
e quasi tutti giovani: solo 28 sono
già sacerdoti, 64 sono chierici e
19 novizi) ancora intenti a progettare
6 e a realizzare.
Il superiore don Massimino parla
dell'acquisto di un terreno, per edi-
ficarvi una scuola apostolica: Ciò
condurrebbe a un noviziato d1 circa
35 candidati ogni anno, con una tren-
tina di professioni. Noi siamo entu-
siasti di questo progetto I». La lettera
presenta poi • una lunga lista di cose
da farsi, se gli amici ( I) ci lasceranno
in libertà : erezione di una casa re-
golare a Danang, organizzazione dei
Giovani Cooperatori, altra opera per
assistere « ragazzi delinquenti», con-
solidamento del primo gruppo di
Volontarie di Don Bosco, richieste
(da scoraggiare per ora) d1 gio\\·ani
confratelli che vorrebbero recarsi in
missione in altri paesi...
E su questa fioritura di progetti,
si scatena la bufera.
L'esodo dagli altopiani
Una lettera del 22 marzo constata:
• La situazione militare precipita •;
un'altra dice che ormai il Vietnam
del Sud a molti sembra perduto de-
finitivamente». Ed ecco l esodo dagli
altopiani: «Abbiamo deciso di eva-
cuare tutti i ragazzi e i confratelli dj
Dalat, per andare a Saigon •·
A Dalat c'è lo studentato teolo-
gico, quello filosofico, il noviziato,
una scuola di orientamento aposto-
lico con 300 ragazzj_Per primi ven-
gono messi al sicuro i ragazzi; poi
sarà la volta dei Salesiani, a partire
dai più giovani. Ma tre Salesiani
hanno deciso di rimanere a Dalat,
per proteggere le tre case; e 18 chie-
rici chiedono insistentemente di ri-
Alcuni giovani dell'a■plrantato di Thu Due,
Il 20 man o scorso, sulla barca che Il tra-
sporterà dagll altopiani centrai! v■rso S ai-
gon.
manere anch'essi, • con grande con-
sapevolezza del pericolo, e con eroica
generosità*· «Volevamo restasserO
al massimo 4 o 5, ma insistevano
tutti, e siamo stati costreni ad ac-
cetta me 18 •·
A Dalatc'èil vescovoappenaeletto,
«nuovo, giusto arrivato il giorno
precedente, pronto a dift:ndere il
suo gregge •· E i Salesiani saranno
al suo fianco, • per fargli da guardia•·
Bisogna essere pronti, per affrontare
il difficile a periodo di transizione,
che è il più favorevole per i ladroni,
per coloro che sono decisi a distrug-
gere •· E per essere a fianco della
popolazione: Qui abbiamo timore
delle piraterie dei soldati indiscipli-
nati: sono proprio questi che fanno
paura alla gente•·
Ma ecco che • di colpo la situa-
zione è cambiata totalmente: non ci
sarà battaglia, dalle radio estere ab-
biamo saputo che si farà il passaggio
pacifico dal governo di Saigon nelle
mani dei comunisti •· Allora è inu-
tile tenere sul posto tuni quei gio-
vani confratelli • formati con tanta
pena e tanta cura»: via tutti a Saigon,
rimarranno solo tre Salesiani non
vietnamiti (t gli stranieri in generale
non vengono uccisi, ma solo cacciati
via •...).
Ed ecco l'esodo: lunghe ore di
marcia, e poi per i ragazzi si trova
posto sopra una nave, per i Salesiani
ci sono dei barconi (21 ore di mare

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agitato con barche sovraccariche),
e per i chierici allontanati all'ultimo
momento. un fortunoso volo aereo.
Oggi, Pasqua,
abbiamo distribuito il riso
Una lettera da Dalat in data
30 marzo (Pasqua) dice che sono
rimasti in cinque, • a testimoniare,
vicino al vescovo, a disposizione del
vescovo per aiutare i poveri •· E si
tratta davvero dei poveri, perché
• sono rimasti solamente loro: i ric-
chi hanno i mezzi per trovarsi un
posto sicuro•· Ed ecco la scarna
cronaca (sempre in data 30 marzo)
del salesiano laico Cesare Bullo.
« Ieri abbiamo fatto il solito giro
con le auto, per t rasportare rifugiati.
C'erano sei fratelli (il più grande
17 anni, la più piccola 3): la mamma
li aveva caricati sopra un camion,
e mentre stava per salire anche lei
il camion è partito lasciandola a terra.
Sono rimasti soli, per il momento
sono con noi ~-
«Oggi, Pasqua, abbiamo aiutato i
profughi a evacuare, a trovare cioè
un posto più sicuro; abbiamo por-
tato un po' di riso a quei poveri,
molti dei quali sono cattolici•·
«Domani andremo di nuovo, con
due macchine, sempre per traspor-
tare il riso e distribuirlo... ».
In margine, l'annotazione: «I tre
chierici che sono con noi stanno fa-
cendo un'esperienza fone a contatto
con i poveri, il dolore, la miseria.
Un'esperienza che avrà ripercussioni
decisive sulla loro vita di apostoli
e salesiana».
Ma il 6 aprile giunge notizia da
Sai~on: «I cinque di Dalat sono
taghati fuori; non sappiamo più nulla
di loro •·
Anche a Danang c'erano Salesiani;
uno è rimasto, il parroco, con il suo
vescovo e Ia sua gente : «Ci sono
tanti rifugiati, e tutti poverissimi •·
Ha scritto che resterà con loro fino
alla morte». E ancora in data 6 aprile
la notizia: Non sappiamo pii1 nulla
di lui •·
Santificati
dalla mancanza di tutto
Intanto le opere salesiane nella
zona di Saigon si sono riempite di
profughi (c'è una scuola tecnica nella
capitale, un centro giovanile, un
ospizio a Go Vap, la casa della dele-
gazione, un aspirantato a Thu Due).
Con tanta ressa, le case diventano
• squallidi abituri da rifugiati, san-
tificati dalla mancanza di tutto: di
acqua, luce, perfino di lavandinL. •·
E intanto si rannodano le fila, si
rìor~anizza al meglio la vita. «Pur
tra il frastuono degli aerei e il tonfo
delle bombe~. riprende perfino la
scuola, per i ragazzi e i giovani Sale-
siani. A Go Vap, tra i liceali: Ab-
biamo ripreso le lezioni, dopo le...
vacanze pasquali •· Nell'aspirantato
di Thu Due: «Due bombe sono ca-
dute sul palazzo del presidente, e ci
hanno fatto perdere due ore di le-
zione... I ragazzi studiano, ma sono
distratti, i professori non meno, le
anime lacerate t. Il maestro dei no-
vizi: t Faccio loro qualche confe-
renza; domani parlerò sulla fedeltà
alla vocazione nelle difficoltà...•·
È vero che «non si può program-
mare per una settimana di seguito~.
ma pure qualche giorno dopo scri-
vono: «Teologato, filosofato e no-
viziato funzionano nonnalmente •·
Però nessuno si fa illusioni: Diventa
sempre più chiaro che siamo chiusi
in una trappola, dalla quale come
gruppo non potremo scappare•·
Da Roma il Rettor Maggiore e gli
altri superiori hanno intensificato i
contatti, hanno sollecitato i Salesiani
dei paesi vicini ad aiutarli, a interes-
sarsi per un'eventuaJe uscita dalla
trappola. Ma le spera07,e per ora
sono minime. • Sappiamo che i con-
fratelli di Hong Kong e di Manila ci
accoglierebbero volentieri•• scrivono
dal Vietnam, ma «come uscire di
qui? Nessun cittadino vietnainita
atto alle armi fra i 17 e i 43 anni può
lasciare il Vietnam (il governo non
fa eccezioni). E quanto ai Salesiani
esteri, essi potrebbero uscire, ma
non vogliono ò.
Perdura la più angosciosa incertezza
sul futuro: «La caduta di Saigon può
avvenire da un giorno all'altro, ma
può essere dilazionata anche di un
anno ,. E in tale situazione ci sono
«tante preoccupazioni in testa, e
tanto dolore in cuore•· Ma «siamo
in braccio alla Provvidenza 1>, com-
menta don Massimino, e si ricorda
di quella suora che durante un ter-
remoto esclamava: Oh bontà di
Dio, che mi culla I •·
C'è un senso teologico in tutto
questo. Si legge nella lettera datata
in giorno di Pasqua: <e Personalmente,
quest'esperienza mi fa pensare sem-
pre più aJla Risurrezione. Ci si arriva,
ma attraverso la Settimana di Pas-
~o~ ~
Poco plil d i un anno fa Il Retto , Maggio r•
e ra tra 911 H plrantl di Thu Due In festa .
Ora di loro non ■I sa nulla, n6 d el 141 S ale-
alanl del Vietnam.
7

1.8 Page 8

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I Salesiani di Polonia nel 1974 hanno celebrato il 75° di fondazione : nella fot.o, l'Arclve•eovo . .realano Beranlek a O•wieclm durante
la commemorazione della ricorrenza.
- una realtà, questa della Polonia
E salesiana oggi, appena immagì-
nabile se si r_iflette alla sua colloca-
zione geografica. Una realtà di cifre
sorprendenti (tra l'altro, la Polonia è
la nazione europea che, dopo 1talia e
Spagna, invia il maggior numero di
missionari salesiani nel mondo).
Una realtà costante nel tempo, che
ha visto i suoi inizi già nell'ultimo
decennio del secolo scorso. Il fascino
di Don Bosco in quegli anni agiva su
molti giovani di tutta Europa spin-
gendoli a prendere il treno, magari
con il cartello al collo: «Destinazione
Don Bosco - Torino l>. E dalla Polo-
8 nia vennero in Italia cosl numerosi,
che fu aperta una casa di formazione
tutta per loro.
·
A Lombriasco, vicino a Torino, la
gente ricorda ancora bene i Pulàcc,
come li chiamava: ragazzi e giova-
notti buoni disciplinati studiosi, che
nella casa salesiana imparavano a di-
ventare figli di Don Bosco.
La prima opera salesiana in tetra
polacca era stata aperta nel 1898, ma
grazie a quell'ondata di vocazioni ge-
nerose già nel 1905 era possibile eri-
gere un'lspettoria. Nel r933 le Ispet-
torie erano due, e oggi c'è personale
per una terza. In riconoscimento della
sua peculiare situazione, la Polonia
salesiana è stata costituita in Delega-
zione retta cioè da un «Delegato
del Rettor Maggiore •>, nella persona
di don Stanislao Rokita).
La gente di Lombriasco, nel 1893,
guardava con stupore ai ragazzi
Pulàcc che al giovedl pomeriggio usci-
vano a passeggio per la campagna in
squadre ordinate, e non immaginava
che uno di quei ragazzi in pantaloni
rigorosamente a mezz'asta - un certo
Augusto Hlond, dodicenne - un
giorno sarebbe diventato cardinale di
santa romana Chiesa. Augusto era
venuto a Lombriasco sulla scia di un
suo fratello maggiore, e altri due fra-
telli presto li imitarono: saranno tra i
costruttori della Congregazione in

1.9 Page 9

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I Salesiani polacchi vi-
venti nella loro patria
sono oggi quasi nove-
cento, e un centinaio si
trovano alrestero {so-
prattutto nelle missio-
ni dell'America Latina).
Le vocazioni alla vita
salesiana - che fioriro-
no in modo sorpren-
dente e quasi avventu-
roso agli inizi dell'ope-
ra nel secolo scorso -
continuano a fluire an-
cora oggi. E sono gio-
vani religiosi "diversi",
con una vocazione sto-
rica differente, e vi-
vono con consapevo-
lezza un'inedita espe-
rienza di « chiesa in si-
tuazione».
Polonia. E quanto al card. Augusto,
sarà nella sua patria tra i più tenaci
difensori della dignità umana dap-
prima di fronte al nazismo e succes-
sivamente di fronte al materialismo
ateo.
I loro insegnanti
sono materialisti
Oggi le vocazioni continuano a
fluire, la Congregazione Salesiana è
- nonostante i tempi difficili - in
espansione.
I ragazzi vengono preparati seria-
mente alla vita salesiana, attraverso
lo studio della dottrina cristiana; si
riuniscono per esercizi spirituali, tra-
scorrono qualche settimana in convi-
venza fra loro, o con i novizi. Al no-
viziato giungono già con idee precise,
con l'esperienza di una scuola e di una
società ufficialmente materialista, e
con la maturità dei diciotto anni. Di-
venuti salesiani, se non possiedono il
titolo liceale frequentano speciali
<< corsi per corrispondenza•> che com-
portano per il sabato e la domenica
tempi di scuola piena. Molti loro in-
segnanti sono materialisti e atei, e co-
stituiscono un pericolo, ma - asse-
riscono gli stessi giovani salesiani -
anche un vantaggio. Un pericolo, per-
ché certe obiezioni richiedono da loro
un supplemento di fede e di studio;
e un vantaggio perché nell'« educa-
zione socialista >> si insiste molto sullo
spirito di servizio agli altri e sul ser-
vizio sociale, concetti che ritrove-
ranno poi ampiamente rafforzati nella
vita religiosa.
« Ci sentiamo con una
vocazione storica differente>►
La storia, lo sappiamo, si è acca-
nita contro questo popolo, oggetto
della golosità di vicini potenti, tra-
versato dai torrenti distruttori degli
eserciti, sempre teso a scrollarsi pe-
santi gioghi dalle spalle. Ma esso ha
fatto quadrato con la propria fede
millenaria. Singolare, anzi unico,
questo popolo sembra racchiudere
nella sua stessa costituzione psicolo-
gica una vocazione e un destino pri-
vilegiato: realizzare neUa propria vita
secolare la piena partecipazione al
mistero della croce.
In questa cornice acquistano risalto
i mille Salesiani polacchi, la ricchezza
della povertà evangelica io cui essi vi-
vono, il loro sofferto desiderio di al-
lacciamento al Papa e a Don Bosco,
la loro sete di attuare il Concilio e il
rinnovamento religioso. E tutto ciò
in una realistica accettazione della
condizione storica in cui si trovano
collocati.
In una recente conversazione, gio-
vani Salesiani che si preparano al sa-
cerdozio hanno formulato queste va-
lutazioni: (< Noi ci sentiamo con una
vocazione storica differente. In un
mondo socialista difficilmente rever-
sibile, almeno a breve tempo, sen-
tiamo di dover essere religiosi e sa-
cerdoti in modo nuovo. Questo mondo
socialista ha bisogno anch'esso di
Cristo, e noi vogliamo portare in esso
la bandiera del cristianesimo. Il 94%
dei nostri concittadini - hanno ag-
giunto - ancora oggi sono battezzati
e cattolici. La nostra stessa naziona-
lità è vincolata con la nostra fede. Il
sistema socialista non ci dà un,a pro-
sperità materiale che corrompa la
vita morale. Noi non sentiamo le ten-
tazioni della mentalità occidentale;
qui non c'è tanto l'in:flusso negativo
dei mass-media, o della. società dei
consumi. La famiglia era e rima.ne
profondamente sana e cristiana. In
definitiva il contrasto con il regime
rafforza le nostre convinzioni di fede:
la nostra mentalità - paradossal-
mente - esce irrobustita, o per oppo-
sizione, o per sviluppo, dal sistema
materialista. Ora noi vogliamo por-
tare la bandiera della fede da Oswie-
cim fino in capo al mondo >l.
Questi giovani Salesiani polacchi
guardano avanti a sé con una gene-
rosa ipoteca sul futuro, e la loro espe-
rienza di «chiesa in situazione ~ den-
tro un paese socialista risulta di mas-
simo interesse.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
Incontri missionari per giovani,
a cura del Centro Salesiano Pastorale
Giovanile. LDC 1975. Cinque volu-
metti di pag. 40 e L 350 ciascuno.
In programma i volumetti risultano 1 O:
i primi 5 sono già pubblicati. Ogni vo-
lumetto contiene la traccia di tre in-
contri per gruppi giovanili.
Il metodo è strettamente aderente alle
esigenze di Questo pubblico. In cia-
scun incontro si parte concretamente
«dal tavolino». con la presa in visione
di una situazione storica o di un con-
tenuto biblico. la seconda fase è di
riflessione (individuale o comunitaria)
attorno a una traccia proposta. La
terza fase sfocia naturalmente nella
preghiera (viene offerta una «liturgia
della parola») davanti al pitl interes-
sato per gli impegni giovanili, il Si-
gnore.
I primi due fascicoli (Vangelo made
in Europe e Missionari a casa no-
stra?) ricavano la situazione su cui ri-
flettere da lettere e testi di un missio-
nario salesiano in Ecuador (Ju~n
Bottasso). Gli altri tre fascicoli (Cristo
missionario, Cristianesimo missiona-
rio, Giovani, Vangelo e impegno mis-
sionario) rielaborano materiale già al-
lestito dal «Foyer missionario» di
Sassuolo: punto di partenza è sempre
la Bibbie.
Sabino Palumbieri, l'ateismo, sfida
alla fede (Una scommessa sul-
l'uomo). Ed. Dehoniane, novembre
1974. Pag. 208, L 2000.
Docente di Dogma presso lo «Studio
teologico salesiano» di Scanzano,
l'autore affronta in quest'opera di alta
divulgazione il processo di ateizza-
zione del nostro tempo, consideran-
dolo come forma mentis e stile di vita
che si fa sfida alla fede. E questa sfida
si disputa non nel campo neutro del-
l'oggettivazione accademica, ma nella
coscienza del singolo, e net confronto
fra gli uomini del nostro tempo in ri-
cerca di un progetto vero di uomo.
Il volume, di taglio robusto e snello
insieme, passa in rassegna i maggiori
esponenti dell'ateismo moderno ana-
lizzando le matrici del fenomeno stes-
so. L'ateismo contemporaneo - viene
a dire l'autore - pone Dio e l'uomo
in termini di alternativa radicale: aut
Deus, aut homo. A sfida globale, il
cristiano oppone una risposta globale:
et Deus, et homo, proprio percM
Deus factus est homo.
Se ne consiglia la lettura agli opera-
tori di pastorale che tanto spesso in~
ciampiamo negli abitualmente lon-
tani; agli insegnanti di religione alle
prese con le ricorrenti crisi giovanili;
ai laici impegnati che operano nelle
correnti della cultura contemporanea;
e in particolare a chi studia teologia. 9

1.10 Page 10

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eone e
Alle volte, in un piccolo
paese del Terzo Mondo
che lotta per aprirsi un
posto nel consesso dei
popoli, anche una sem-
plice scuola come quel-
la Salesiana di Manzini
nello Swaziland pul>
svolgere un ruolo de-
cisivo.
•M i farebbe la cortesia di recarsi
nello Swaziland, per dirigere
la nostra scuola di Manzini? t. Mi
trovavo a Malta dopo aver girato
tanto il mondo, e speravo proprio
che Il un giorno le mie stanche ossa
avrebbero potuto riposare in pace.
Ma era il 1967, anno in cui parole
come Mi farebbe la cortesia di...••
pronunciate da un Ispettore sale-
siano, volevano ancora clire sempli-
cemente: «Guarda che ho deciso di
mandarti... •· Così feci i bagagli e
partii per quel lontano Stato scono-
sciuto in fondo all'Africa nera.
Avevo letto qualche articolo sullo
Swaziland, ma confesso che sapevo
poco o nulla a suo riguardo, e sup-
rrr
I ..,..
ponevo che facesse _parte della grande
Repubblica del Sud Africa: non
avevo minimamente idea che potesse
essere un regno. Ma era proprio
cosl, ed era così già durante i ceo-
tocinquant'anni dell'epoca coloniale.
Io però lo imparai solo dopo il mio
arrivo.
Lo Swaziland è uno Stato piccolo
e pacifico, totalmente circondato da
altri Stati: su tre lati dal Sud Africa,
e sul quarto dal Mo1..ambico. La sua
superficie raggiunge appena i 17.000
kmq, e all'epoca della sua indipen-
denza contava 400.000 abitanti, in
maggioranza Swazi, popolo di ori-
gine Bantù.
Era insomma lo Stato più piccolo
dell'Africa meridionale, e anche il
meno conosciuto. Ricordo che una
lettera speditami dall'Irlanda, mi era
giunta in Swaziland dopo essere stata
dirottata, per errore delle poste, nella
Svizzera (in inglese: Switzerland).
Ma tutto sommato è un bel paese,
che gode di un clima dolcemente
temperato, e ha tutti gli ingredienti
base per un prosperoso avvenire.
Mbabane è la città più grande
( 14.000 abitanti) e serve da capitale
amministrativa; ma la capitale mo-
rale è Lobamba dove abita la Indlo-
vukati, cioè l'Elefantessa, in altre
parole la Regina Madre. Il re stesso
è conosciuto come Nggwenyama,
cioè il Leone. L'attuale monarca si
chiama Sobhuza II, e ha il difficile
compito di guidare il suo paese lungo
un sentiero ~ intennedio fra la cul-
tura tradizionale Swazi e quella oc-
cidentale.
Il principino declassato
11 nome del casato reale è Dlamini,
e nei primi tempi io ero stupito che
nella scuola ci fossero tanti ragazzi
con questo cognome. Come andavano
le cose ? La spiegazione risultò sem-
plice e interessante. Secondo la tra-
dizione Swazi, la fertilità e la salute
del re vengono a coincidere pratica-
mente con il benessere della nazione.
f:: normale quindi che il re sposi ogni
anno diverse mogli prese dalle varie
parti del regno, e metta al mondo
un gran numero di figli. L'attuale re
ha più di cinquanta mogli.
La sua progenie viene classificata
secondo l'importanza deUe mogli che
la generano; cosi tra i •principi•
che abbiamo nella scuola c'è notevole
diversità di gradi e condizioni. Ho
imparato tutto questo a mie spese il
giorno in cui ho ,•oluto espellere uno
di loro, e ho scoperto che sua madre
era nientemeno che la favorita del re I
Ne fui informato da sua eccellenza
il Ministro dell'educazione in per-
sona. Più tardi, tuttavia, ricevetti un
messaggio dal re attraverso un suo
consigliere, che mi avvertiva che il
giovane principe era stato opportu-
namente declassato I
I membri del clan Dlamini erano
migrati dal!'Africa Centrale in veste
di conquistatori. I nemici sconfitti
erano presto diventati loro fedeli vas-
salli, in modo che dal 184-0 in poi il
re Mswati, figlio di Sobhuza I, era
riuscito a saldare insieme qualcosa
come 70 tribù in ciò che ora si chiama
nazione Swazi. Ed è quest'unità che
probabilmente salverà il paese, ora
pa••• Swaziland, con la ca•• monrn• la danze
antlcha, un piccolo
meti strada
fra le cultura tradlzlon■I• Il prograaao
moderno.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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I
che impara a vivere nell'indipendenza.
Le guerre tribali, che sono il flagello
di tanti altri stati africani, qui sono
del tutto sconosciute.
Lontano dai coccodrilli
Questa unità risultò evidente il
giorno dell'indipendenza (1968), in
cui il re parlò davanti al Consiglio
nazionale Swazi, nel villaggio di
Lobamba. Il consiglio per tradizione
si riunisce una volta all'anno nella
proprietà della Regina madre, ma
quella fu una convocazione parti-
colare. Nonnalmente gli stranieri
non hanno possibilità di assistere
agli incontri del consiglio, ma per
quella circostanza speciale alcuni
ospiti furono invitati. Mi venne in-
dicato il mio posto (dico posto e non
sedia, perché era solo un posto•
ia cui potevo tutt'al più accocco-
larmi a terra) da un tale, in costume
tradizionale Swazi, che mi sorrideva
come se mi conoscesse. Era di nuovo
il Ministro dell'educazione...
Il re e il suo consiglio .reale, il Li-
gogo, finalmente arrivuono e pre-
sero posto. Riconobbi molti consi-
glieri: avevano i 1oro figli nella mia
scuola, ed ero solito incontrarli alle
riunioni dei genitori * che si ten-
gono durante l'anno.
Dopo di loro entrò la Regina Ma-
dre, circondata da un seguito di re-
gine inferiori e dame di corte con la
capigliatura ad alveare. Secondo la
tradizione, la regina madre esercita
un potere quasi grande come quello
del re stesso, ed è venerata come
Elefantessa.
Poi il primo ministro (un Dlamini,
naturalmente) parlò per più di un'ora
sui negoziati con il governo britan-
nico. Poi si alzò il re: La libertà
- disse tra l'altro - non può cam-
biare il passato del nostro Paese.
Ma può cambiare il futuro, e noi
dobbiamo conoscerne bene i rischi.
Noi finora siamo rimasti a guardare
gli altri dalla sponda del fiume, e
abbiamo visto che alcuni di loro sono
finiti in bocca ai coccodrilli. Ma ab-
biamo imparato i loro errori. Ora
che conosciamo i posti pericolosi
del fiwne, cercheremo di fare il no-
stro viaggio attraver.io le acque si-
cure e lontano dai coccodrilli n.
Erano parole sagge e cora~iose,
e di cuore augurammo allo Swaziland
che imparasse davvero la lezione
dagli errori degli altri Paesi africani
e liberati,. Negli anni successivi il
re decise di fare a meno del sistema
parl_amentare ereditato dagli inglesi,
sostituendolo con qualcosa di più
affine all'antica tradizione Swazi,
ma ha saputo salvaguardare la pace.
Lunga vita allo Sw aziland!
L'analfabetismo al momento del-
l'indipendenza raggiungeva il 75% ,
ma sta scendendo rapidamente. Nuo-
ve scuole sono state costruite un po'
dappertutto, oltre a un bel collegio
agricolo e all'università che muove
i primi passi. In questo quadro lavo-
rano i Salesiani.
Sono stati chiamati nello Swazi-
land dal primo Vescovo, un Servita
che aveva conosciuto le nostre scuole
in Sud Africa. Due Salesiani nel
1953 si recarono da Johannesburg a
Manzini, centro commerciale del
Paese e sede episcopale, per prendersi
carico della piccola scuola. L'opera
è cresciuta insieme con i suoi ragazzi,
e ora comprende tutti i corsi dalle
elementari al liceo, una scuola mis-
sionaria, la parrocchia, le associa-
zioni, ecc.
Il liceo è considerato il migliore
del Paese. I suoi alunni occupano
posti di responsabilità nei quadri
direttivi. Due sono stati ordinati
sacerdoti in diocesi, e vari altri sono
in seminario. Diversi sono negli Stati
Uniti e in Gran Bretagna a continuare
gli studi. Nella festa per l'indipen-
denza la banda della scuola e i gruppi
ginnici erano stati chiamati ad esibirsi
nello stadio, e da allora le loro presta-
zioni sono continuate nelle feste
civili degli anni successivi.
Un giorno un ministro del governo
mi disse: • Sarebbe difficile imma-
ginare l'attuale Swaziland senza la
scuola superiore dei Salesiani•· Al
che io ho replicato con entusiasmo:
Lunga vita allo Swaziland, e al
Leone, e alla Elefantessa I •·
K. ROBA
(dal e Bolletuno Salesiano» degli Steii Unni,
novembre 1974)
J]
Il Uc- sa•••lano d• M• niln l, eh• dA Il ■uo
contributo • •..•••..u•on• d.i plcco•o P••••
•fric.-no.

2.2 Page 12

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Prima di diventare eroe
e medaglia d'oro, prima
di essere immortalato
nel bronzo eccetera, fu
anche ragazzo, studen-
te, e calciatore in erba
nei cortili salesiani di
Napoli-Vomero. E pri-
ma ancora, fu un frugo-
lo nell'asilo delle FMA.
Perché non ricordar-
cene?
Il babbo ora non è più, ma vive an-
cora la signora Ines Marignetti,
la mamma di 81 anni, lucida, serena
e forte. Ricorda bene il suo Salvo,
ragazzo del ginnasio: << Andava dai
Salesiani, non era interno ma esterno.
Ci andava la mattina e non tornava
che alla sera: stava tutto il giorno B,
fino alle sette, quando suo padre
andava a ritirarlo. Che cosa faceva?
Andava a scuola, poi a refezione, poi
al doposc1mla, e giocava. I Salesiani
guardavano i ragazzi giocare, face-
vano tanti giochi. A lui piaceva
molto il pallone: giocava con i preti,
loro pure erano giovani, gli piace-
vano gli s port ~-
Salvo D'Acquisto, questo ragazzo
che nel 1934-36 giocava al pallone
con i giovani preti del Vomero, è
ora reputato un eroe (gli hanno dato
la medaglia, gli hanno fatto il mo-
numento, gli hanno dedicato scuole
e vie delle città, stanno girando un
film sulla sua vita). Forse anche da
quel cortile del Vomero, da quelle
aule, da quei Salesiani sportivi ha
attinto forza per <J,uel gesto che re-
stitul la vita a 22 innocenti condan-
nati a morte.
Un sopravvissuto, Angelo Ama-
dio, allora diciassettenne, che lo vide
morire, ancora recentemente ammet-
12 teva: 4 Quel gesto, proprio non so
se sarei riuscito, io, a compierlo.
Vivere piace sempre, ma soprattutto
quando si è giovani, e Salvo non
aveva ancora 23 anni. No, un uomo
comune non poteva fare quel gesto... ~-
Era il 22 settembre 1943, alcuni
soldati delle famigerate SS a Torre
di Palidoro frugavano in una cassa
piena di cartaccia. Ll dentro c'era
una bomba, i soldati erano avvinaz-
zati, la bomba esplose e caddero
riversi: un soldato morto e due feriti
gravi. Qualcuno doveva pagare, e
quel qualcuno fu - liberamente,
volontariamente - Salvo D'Acquisto.
Quando il carico delle formiche
è troppo pesante
Lo ricordano: volto aperto e fran-
co, con candore quasi infantile.
Occhi limpidi e sereni, sguardo
fermo d'una purezza cristallina. So-
brio nei gesti e nelle parole, di modi
accoglienti, e sempre educato. Di
indole mite, portato per natura alla
contemplazione e al raccoglimento,
appassionato per lo studio.
Era buono, ricorda la mamma:
«La bontà era una sua particolare
virtù; e quando poteva compiere
una buona azione, sapeva poi anche
essere discreto 1>. E aggiunge: ~ Non
conobbe agiatezze, non ebbe perciò
tanti vizi o capricci. Vivendo così
nel sano ambiente della sua famiglia
religiosa e onesta... formò il suo ca-
rattere serio e riservato i>.
Gli piaceva leggere: «Tutti i soldi
che gli donavano li usava per com-
perare libri>>. Gli piaceva studiare:
«Negli studi riusciva bene >>. Gli
piaceva cantare: aveva una bella voce,
cantava nel coro deU'orchestra Scar-
latti di Napoli. Gli piaceva fischiare:
<< A casa fischiava tutto il giorno».
Gli piacevano le cose buone. << Lui
ammirava sempre tutto quel che po-
teva trovare di bello: lo guardava e
lo pensava. Un giorno in campagna
si sedette sulla scala a guardare le
formiche. Uscivano dal loro buco e
andavano in cerca di qualcosa da
immagazzinare. Lui aveva notato che
se una fonnica, poveretta, aveva un
carico troppo pesante, c'era sempre
un'altra formica che andava a darle
una mano. Aveva scoperto la solida-
rietà tra le formiche >>. Prima di sco-
prirla e praticarla fra gli uomini.
La scuola lo maturò. «Appare ve-
rosimile - ha scritto il generale Fi-
.lippo Caruso alludendo al ginnasio
frequentato dai Salesiani - che l'as-
siduità della preghiera e della medi-
tazione religiosa abbia notevolmente
contribuito a maturarne lo spirito,
a affinarne la sensibilità, a rafforzare
in lui quell'abito di semplicità e di
purezza che fu nella sua breve vita
come un noviziato di santità ►>.
E a 18 anni, terminato il liceo,
Salvo volle essere carabiniere se-
condo una fiera tradizione di fami-
glia: come il nonno materno, e come
diversi zii. Ricettivo verso gli ideali,
Salvo che «1mava la sua patria come
la sua famiglia>>, accettò la disciplina
non come una condanna da soppor-
tare con amara rassegnazione, ma
come condizione normale di vita,
liberamente e serenamente accolta.
Al loro posto,
accanto alla loro gente
Ed ecco i tempi difficili che met-
teranno a dura prova la sua fede
civica e cristiana. La guerra, in cui
compie il suo dovere di combattente
sul fronte libico. Poi, per rendersi
più utile, il corso di sottufficiale e il
relativo esame a Firenze. Può pas-
sare da Napoli a salutare i suoi.
«Signora Ines - chiederanno un
giorno alla mamma - qual è il più
bel ricordo che lei conserva di Sal-
vo?». << Quando tornò dall'Africa e
passò a casa: mi strinse forte che
quasi mi stritolava tra le sue braccia.

2.3 Page 13

▲back to top
èan
n
Poi è andato a fare il corso, e non
ci siamo visti più ~-
Nel settembre 1942 è vice briga-
diere, e assegnato alla Legione di
Roma. Nel dicembre è a Torrim-
pietra, a 30 km dalla capitale. La
situazione militare precipita; con pro-
fonda tristezza Salvo assiste allo
sfacelo dell'Italia mussoliniana: il
popolo soffre, e lui non si rassegna.
Viene 1'8 settembre 1943, l'armi-
stizio. I tedeschi occupano << manu
militari>>, la parte di penisola che
controllano; nello scompiglio gene-
rale l'esercito italiano senza capi e
senza direttive si sbanda, si scioglie,
si disperde. Ma i carabinieri no.
Quando avanzano le truppe di libe-
razione essi non retrocedono, ancora
rimangono al loro posto, fedeli alla
loro gente (per questo, i nazisti nel
1944 saranno costretti a decretare
lo scioglimento della loro Arma).
L'8 settembre 1943 anche i cara-
binieri di Torrimpietra se ne sono
rimasti al loro posto. Ma le SS hanno
occupato la vicina Torre di Palidoro,
quasi in riva al mare (che secoli
prima serviva alla gente del borgo
per avvistare le navi corsare). I ca-
rabinieri, pretendono le SS, ora
avrebbero il compito di vigilare sul-
l'incolumità dei soldati tedeschi.
Intanto dalla radio, dai manifesti
murali, dai giornali, dalle conversa-
zioni in crocchio, dalle confidenze
bisbigliate, si propagano e si infit-
tiscono delle notizie sempre più al-
larmanti: i minacciosi proclami delle
forze d'occupazione nazista, i terri-
ficanti racconti sui soldati italiani
deportati, sui civili rastrellati senza
discernimento e rinchiusi nei carri
piombati, sulle rappresaglie inumane.
E Salvo... Ha scritto la sua maJ]lma:
«Dalla sua innata bontà - nel ve-
dere la sua cara patria martoriata
(mentre egli ne sperava un grande
destino), nel vedere il popolo afflitto
e depresso - dovette scaturire il
wand~ sacrificio di imn:iolarsi per
I altrui salvezza».
Quindici giorni dopo l'armistizio,
ecco il fattaccio: la bomba esplode
a Torre di Palidoro, -i-1 soldato tedesco
rim.ane ucciso, il comandante delle
SS decide che è un attentato, che
occorre applicare la legge marziale,
che cinquanta ostaggi dovranno finire
fucilati.
Ordine: scavare la fossa
Il sospetto si orienta subito sui
vicini carabinieri: se pure non sono
i colpevoli, essi dovevano almeno .
prevenire, dovevano impedire. Il
mattino del 23 settembre una moto-
carrozzetta con due SS si presenta
alla casenna di Torrimpietra. Il vice
brigadiere D'Acquisto in quel mo-
mento è il graduato più alto, lo fanno
salire in moto e lo portano a Palidoro.
Per Torrimpietra è un giorno come
ogni altro: la gente lavora tranquilla.
Verso le undici arriva un camion
di SS e si ferma in piazza: i soldati
smontano, sparacchiano in aria, ur-
lano e gesticolano. Fuori tutti, mani
in alto, <• Raus, Raus ! >>. << Avanti,
radunarsi sulla piazza ».
Ventidue persone vengono raci-
molate, e vengono inquadrate. Spiega
un interprete: «Dunque avete sa-
puto cosa è successo questa notte ?
Avete fatto atti di sabotaggio contro
i nostri camerati tedeschi, e dovete
essere fucilati oggi stesso in cin-
quanta >>. Bisogna salire sul camion,
pigiati dentro, spinti a moschettate.
Il camion parte per Palidoro, si
ferma sulla piazzetta: giù tutti e ben
inquadrati I
Sopraggiunge anche il vice briga-
diere D'Acquisto, guardato a vista
da due soldati. E c'è il comandante
tedesco, alto e nervoso, col frustino
in mano: si avvicina a D'Acquisto,
gli intima di guardare gli ostaggi e
di indicare il colpevole.
È tutto così assurdo. Salvo po-
trebbe davvero puntare il dito a ca-
saccio, salverebbe tutti gli altri, di
sicuro salverebbe anche sé (forse
anche la sua vita è in pericolo). Ma
protesta che gli ostaggi sono inno-
centi, che non sanno nulla. Allora i
soldati lo insultano, lo percuotono,
tentano di strappargli i gradi, e non
riuscendo gli strappano la giubba di
dosso. «Se non si trova il colpevole
- gridano - , mo.riranno tutti! ~-
Poi avanti, Ji nuovo pigiati sul ca-
mion. ~ Vogliono solo spaventarvi,
perché qualcuno di voi faccia il nome
di un colpevole», cerca di confor-
tarli Salvo D'Acquisto.
13

2.4 Page 14

▲back to top
Questa volta si va alla Torre di
Palidoro. I soldati hanno ammuc-
chiato in precedenza vanghe e badili.
Si smonta, e di nuovo tutti inqua-
drati. Il comandante come al solito
sbraita, ricomincia l'interrogatorio.
Deve uscir fuori il colpevole del-
l'attentato. Ma non lo si trova, non
c'è. Molti ostaggi neppure sanno
con precisione che cosa sia capitato,
perché sono li. Allora il comandante
ordina di prendere le vanghe e di
scavare una fossa comune.
Costernazione, pianti, crisi di de-
lirio; e su tutto, il vociare scomposto
dei soldati. Le vanghe affondano nella
sabbia lente: bisogna lavorare, ma
ognuno cerca di tirare in lungo, ogni
ritardo è un morso di vita in più:
i più fragili gridano tremando la loro
disperazione.
Un ostaggio interpella Salvo D'Ac-
quisto: «Brigadiere, dica lei qualc he
cosa, ai tedeschi I Noi non siamo
soldati, non siamo della polizia, non
abbiamo fatto niente, non ci possono
ammazzare cosl >>. D'Acquisto è chiu-
so in una morsa d'angoscia. Ora sa
che le SS fanno sul serio, che ogni
appello alla ragione e alla pietà è
sprecato. Trova la forza di dire:
<< Non abbiate paura, vado a parlare
all'interprete >>, e lo raggiunge. C'è
troppo baccano, lì; si appartano.
Uno scambio vivace, poi insieme
si recano dal comandante. «Se viene
fuori il responsabile delJ'attentato
- domanda D'Acquisto attraverso
l'interprete -, gli ostaggi saranno
liberati ? ». 11 comandante annuisce.
È un momento di vertigine. Sotto
i suoi occhi, lo scempio della patria
sconfitta e calpestata, l'odio e la bar-
barie, e quegli innocenti portati al
macello. Salvo fa dire dall'interprete:
«Il responsabile sono io•>-
Tutti perdonati
Il comandante ha uno scatto, come
colpito da una frustata. Passeggia
nervoso, disorientato. Quel gesto
l'ha colto di sorpresa, lo umilia.
Ma Salvo è già tornato agli ostaggi.
<< Che cos' ha detto?~. domandano.
~ Sentite, io ho fatto tutto quello che
potevo. Penso che non vi ammaz-
zeranno 1>. E dopo una pausa: «Forse
vi porteranno a lavorare in Germa-
nia >>. E dopo un'altra pausa, come
parlando a se stesso: << Del resto,
una volta si nasce e una volta si
muore ». (Soltanto a sera, o l'indo-
mani, molti ostaggi arriveranno a
sapere a quale prezzo era stato gio-
cato il loro destino).
Intanto la buca è terminata, il plo-
tone dei soldati sta in disparte, anni
alla mano, inesorabile. Ed ecco so-
praggiungere il comandante, più stra-
volto che mai. Si avvicina all'orlo
della buca, batte il frustino contro
gli stivali, e grida al primo ostaggio:
«Fuori!», al secondo: <<Fuori! », e
cosi a tutti gli altri. Gli ostaggi escono
sospettosi e increduli. Nella buca
Salvo D'Acquisto è rimasto solo:
«Tu, resta Ii».
Di nuovo gli ostaggi sono inqua-
drati su due file, lungo la torre. E
il comandante ricomincia a strillare.
«Sembrava una iena», ricorda un
sopravvissuto. Gli ostaggi pensano:
SCHEDA BIOGRAFICA DI SALVO D'ACQUISTO
Famiglia. Era nato 1115-10-1920 a Napoli-Vomero da modesti genitori (Sal-
vatore e Ines Marignetti), ricchi di virtù umane e di solida fede cristiana.
Scuola. Regolare curriculum fino al liceo, poi nel 1942 il corso sottufficiali.
La scuola lo porta all"incontro con la Famiglia Salesiana: è all'asilo « Maria
Ausiliatrice», poi compie il ginnasio presso i Salesiani, al Vomero.
Carabiniere. A 18 anni si arruola volontario, e il 15-1-1940 è ·promosso
carabiniere.
In guerra. Combatte sul fronte libico dal novembre 1940 ai primi di gen-
naio 1942, nella 608' sezione carabinieri.
Sottufficiale. Il 7-9-1942 rientra in Italia per sostenere gli esami alla «Scuola
Centrale Carabinieri» di Firenze: è promosso vice brigadiere. Il 15-9 è asse-
gnato alla legione di Roma, e nel dicembre è destinato alla stazione di Tor-
rimpietra (30 km. da Roma).
Immolazione. Il 22-9-1943 nella vicina Torre di Palidoro un soldato tedesco
delle SS muore dilaniato da una bomba. Il giorno seguente le SS catturano
22 civili, e Salvo·D'Acquisto si accusa del delitto per salvarli dalla fucilazione.
Viene trucidato.
Riconoscimenti. L'l-9-194~ gli è assegnata la medaglia d'oro al valor mili-
tare. L'8-6-1947 a Palidoro viene eretto un monumento in suo onore. Molte
scuole e vie sono intitolate al suo nome. A quando, anche una scuola salesiana 7
14
è la fine. Invece l'interprete traduce:
«Avete sentito che cos'ha detto il
comandante? Ha detto che lui non
si arrabbia, che lui è buono oggi,
e che voi siete tutti perdonati ». Gli
ostaggi quasi non credono, si guar-
dano stupefatti, ridono, piangono.
(! E ora prendete i badili e portateli
al comando».
Non se lo fanno dire due volte.
Poi via, di corsa a casa, ad abbrac-
ciare la moglie, i figli, con l'incre-
dulità e la gioia di chi torna da un
viaggio durato dieci, vent'anni.
Solo uno degli ostaggi, oltre a
Salvo, è stato trattenuto: un ragazzo
scambiato per un carabiniere tra-
vestito in borghese, che per sua for-
tuna riesce a dimostrare di avere
appena diciassette anni. Lo spin-
gono via in malo modo. «Uno dei
soldati - ha raccontato poi - mi
allontanò dopo avermi tempestato
di pugni e calci, fino a tramortinni.
Stavo muovendo i primi passi con
la sensazione netta di ricevere da un
momento all'altro una scarica nella
schiena. Pochi minuti dopo sentii
una voce secca, quasi metallica:
«Viva l'Italia I», e contemporanea-
mente, la scarica.
«Mi voltai d'istinto, temendo che
avessero sparato su di me. Feci ap-
pena in tempo a vedere il brigadiere
b'Acquisto impallidire, e cadere ri-
verso nella fossa che noi stessi per
una crudele beffa del destino gli
avevamo scavato.
<< Un graduato sparò ancora sul
povero corpo crivellato un'ultima
scarica, poi i soldati spinsero col
piede un po' di terriccio sul cadavere
ancora caldo, e si allontanarono 1>.
Una ventina di giorni dopo, in
piena notte, alcuni abitanti di Pa-
lidoro e Torrimpietra insieme con
il parroco andarono a prendere la
salma, la avvolsero in un lenzuolo, e
in còrteò la trasportarono al cimitero.
Su quella tomba delle mani pietose
presero l'abitudine di posare fiori,
anche quando le truppe naziste di
occupazione facevano buona guardia.
«Lei che è la mamma - hanno
chiesto di recente alla signora Ines -
come spiega il gesto di SaJvo, che ha
affrontato cosl sereno la morte per
salvare gli altri?*·
«Prima cosa: l'amore fraterno,
che lui ha sempre sentito per il pros-
simo, veramente. Poi, è cresciuto
sano, con la religione, con la mode-
stia, con sentimenti onesti. Poi, ha
voluto andare nella famiglia dei cara-
binieri dove certamente na acquistato
il senso del dovere e la saggezza di
uomo. Posso dichiarare che è stato
Dio, che lo ha illuminato a compiere
quel gesto~-
ENZO BIANCO

2.5 Page 15

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I ragazzi crescevano e Don Bosco, in
quel primi anni del suo sace1dozio, non
sapeva più dove ,accoglierli. Sogni stia-
ordinari continuavano a visitarlo e a con-
fortatlo.
« Una notte - ,accontò Don Bosco -
ml sembrò di trovarmi in una grande pia-
nura piena di una sterminata quantit/J di
giovani. Alcuni rissavano. alt/i bestem-
miavano. Un nugolo di sassi volavano
per l'aria, lancleti da coloro che si pic-
chiaveno. Erano ragazzi abbandonati dalle
loro famiglie, ragazzi precocemente cor-
rotti. lo stavo per allontanarmi, quando
ml vidi accanto una splendente Signore,
la Madonna. che mi disse: "Fatti avanti
u a questi giovani e lavor11".
Ml avanzai, ma che fare 7 Non c'era lo-
cale dove radunatli. Mi rivolsi B quella
Signora e lei mi disse: "Ecco 11 locale"
a mi fece vedere un prato. "Ma qui non
c'è che un prato", obiettai. Ella mirispose:
"Mio Figlio e gli apostoli non possede-
vano un palmo di terra". Incominciai a la-
vorare in quel prato, predicando e con-
fessando: ma vedevo che riusciva quasi
inutile ogni sforzo; ci voleva un recinto
con un po' di fabbricato per reccoglierli
e per elloggiarnB elcuni, abbandonati dai
genitori e respinti dalla societ/J. Allora
quelle stupenda Signora mi condusse più
in 1/J e mi disse: "Osservar. E io vidi una
chiesa piccola e bassa. un rettangolino
di cortile e giovani a non finire. Ripigliai
a lavorare. La chiesetta divenne insuffi-
ciente. Ricorsi ancora a Lei: la Signora
mi fece vedere un'altJB chiesa molto più
grande con un edificio vicino. Poi micon-
dusse In un tratto di terreno coltivBto e
soggiunse: "In questo luogo dove iglo-
riosi martiri di Torino, Avventore e Otta-
vio, soffrirono il martirio, su queste zolle
occorre che Dio siB onorato in modo spe-
cialissimo". Cosi dicendo, posò un piede
sul luogo dove era evvenuto il martirio
e me lo indicò con precisione. Intanto mi
vidi circondato da un numero immenso
e sempre crescente di ragazzi. Bastava
che lo guardassi la Signora e subito cre-
scevano enche i mezzi e il locale. Mentre
accadevano queste cose. cercavo dei
giovani che mi aiutassero. Alcuni mi
aiutavano un po'; poi se ne andavano e
mi lasciavano solo. Tentavo di trattenerli
e gli dicevo che non mi abbandonassero.
Sconsolato. mi rivolsi nuovamente a
quella meravigliosa Signora e lei ml disse:
"Vuoi sapere come lare perch~ non ti
scappino più 7 Prendi questo nastro e le-
gagli la fronte". Presi riverente Il nastrino
bianco dalla sua meno e vidi che sopra
era scritta una semplice parola: "Obbe-
dienza". Provai a !ere quanto ml aveva
detto la Madonna. Avvicinai i migliori
ragazzi. uno per uno. Dicevo a ciascuno:
"Ragazzo, ho bisogno d, te" e gll legavo
Il capo con quel nastrino. Vidi subito una
cosa prodigiosa: si fermavano ad aiu-
tarmi. Sorsero cosi i Salesiani,.
C'è una stagione dell'anno in cui mi-
lioni di ragazzi terminano gli studi o l'ap-
prendistato al lavoro. Che cosa dovremmo
dire a questi giovani. noi della precedente
genera?ione, già provati dalle battaglie
della vita 7 Dovremmo dire : Ragazzi,
siate i benvenuti in questo mondo
irto di difficoltà, d'incertez:ze e di
pericoli. Dovunque guardiate, dentro o
fuori del vostro Paese, i problemi sono
giganteschi. Che farà la vostra genera-
zione per combattere il continuo aumento
della delinquenza, il dilagare delle e bu-
starelle». la pornografia nei libri e nel
cinema 7
Abbiamo bisogno di giovani one-
sti, Intransigenti al punto da considerare
spregevole una bugia e disonorevole
una promessa non mantenuta.
Abbiamo bisogno di ragazzi ge-
nerosi, puri, rispettosi e sinceri, ra-
gazzi che costruiscano nell'entusiasmo
un mondo migliore di quello attuale.
Abbiamo bisogno di ragani che
lottino contro ogni egoismo e ri-
fiutino di dar libero corso agli istinti
della violenza dell'odio, i quali ge-
nerano le guerre e i I loro triste corteo di
miserie.
Abbiamo bisogno di una GIO-
VENTO ARDENTE MARIANA, quale
li vuole la splendente Signora dei sogni
d1 Don Bosco: giovani dal tre grandi
amori bianchi: l'Eucaristia; la Mamma
Celeste; la Chiesa e il Papa. Abbiamo bi-
sogno di giovani pronti a combattere i l
nemico Satana, pronti alle «dure bat-
taglie che li attendono».
CARLO DE AMBROGIO
abbiamo
hm~voog,po 15

2.6 Page 16

▲back to top
s
Mons. Pietro Carretto
è da 24 anni vescovo
in Thailandia. Presiede
oggi la diocesi di Surat
Thani, nella lunga pe-
nisola che scende a sud
dello stato. Vive in una
zona « strettamente »
missionaria, dove l'E-
vangelizzazione è il
problema numero uno.
Gli sono state rivolte
sette domande su que-
sto problema, che è
stato Effrontato a fon-
do dall'ultimo Sinodo
dei Vescovi.
Domanda: In Thailandia, quali
sono le difficoltll più gravi per l'Evan-
gelizzazione?
Mons. Carretto: Anche se la Li-
turgia cattolica moderna cerca di ri-
cuperare elementi e colore locale, il
Cattolicesimo ha ancora un mar-
chio europeo. In Thailandia nei se-
coli passati si è verificato un feno-
meno diametralmente opposto: è il
Buddhismo che ha assunto un mar-
chio tipicamente thailandese. Nella
vita civile di questa nazione non c'è
un'azione importante che non sia
accompagnata da un rito buddhista.
Anche le azioni più ordinarie, come
l'apertura di una strada, l'inaugura-
zione di una fabbrica, la costruzione
di un caseggiato, sono precedute da
una formula buddhista. li Cattolice-
simo resta perciò un poco estraneo al
contesto socia!~ nonostante ogni buo-
na volontà. Dobbiamo poi aggiungere
che in molte parti del Paese un con-
tatto vero con il Cattolicesimo non
si è ancora avuto.
Domanda: Il Buddhismo è quindi
in pratica la «religione di stato •·
Son(J possibili, di conseguenza, fri-
zioni, scontri, persecuzùmi a danno
dei Cattolici?
Mons. Carretto: Non credo. Nella
Costituzione un articolo impone aJ
16 Re di essere buddhista, ma egli è
contemporaneamente anche e Patro-
no universale delle varie religioni
riconosciute dallo stato thailandese:
la cristiano-cattolica, la cristiano-pro-
testante, la maomettana. Il Re par-
tecipa alle manifestazioni religiose di
tutti i gruppi religiosi.
Dom.anda: L'Opera Salesiana in
Thailandia ha raggiunto mete soddi-
ifacenti ~l campo dell'Evang,l~za-
:.rione?
Mons. Carretto: Evangelizzazione
è una parola grossa, e a parlare di
risultati in campo soprannaturale si
corre sempre un duplice- rischio:
fare del trionfalismo e prendere delle
cantonate. Diciamo che noi abbiamo
prestato e stiamo prestando un ser-
vizio buono alla nazione, e che que-
sto ha creato molta simpatia verso
i CattoHci, e anche conversioni. Noi
cerchiamo di creare scuole-pilota, e
le autorità riconoscono cordialmente
la serietà del nostro insegnamento.
Il Re e la Regina visitano volentieri
gli istituti dei Salesiani e delle FMA.
L'opera dei bambini ciechi affidata
alle Figlie di 1\\1. Ausiliatrice a Bang-
kok è molto cara ai sovrani e a tutto
il popolo thailandese.
Una forma di Evangelizzazione
che è anche specificamente un'opera
sociale è la costruzione di speciali
villaggi. Ne abbiamo organizzato uno
riuscitissimo, battezzato • l\\ladonna
di Fatima•· I lettori assidui del
Bollettino Salesiano hanno sentito più
volte parlare di esso. La costruzione
di un secondo, dedicato a Maria Au-
siliatrice, ha avuto inizio nel 1970.
Dom.anda: In che senso la costru-
~011.e di questi villaggi è opera sociale
e di Evangelizzazio11e?
Mons. Carretto: Noi chiediamo
aJ governo un vasto terreno, e cer-
chiamo di radunarvi famiglie che vi-
vono in zone molto popolose, che
perciò rischiano di trasferirsi in
città. Questa gente, abile nella col-
tivazione dei campi, nella metropoli
passerebbe all'industria. Questo fe-

2.7 Page 17

▲back to top
se
nomeno causa un danno economico
alla nazione: abbandonare la terra
per la fabbrica vuol dire, nel giro di
pochi anni, costringere lo stato a
importare ciò che prima produceva.
Ma il danno è specialmente spirituale:
i giovani che qui vivono in un con-
testo familiare, in città sono aUo sba-
raglio, entrano in una crisi etica e
spirituale di proporzioni a volte
paurosa.
I missionari, nella costruzione dei
villaggi, prestano un'opera che a pii-
ma vista è difficile dire di Evangeliz-
zazione, ma che pure è presupposto
necessario: costruzione di strade,
acquedotti, ambulatorio, scuola, e
finalmente chiesa e assistenza spic-
catamente spirituale. Le famiglie si
legano in cooperative, costruiscono
case, coltivano il terreno, organiz-
zano il commercio. I risultati, mi
creda, sono confortevoli.
Nei villaggi e fuori di essi l'inizio
dell'Evangelizzazione avviene attra-
verso l'opera tipica dei Salesiani:
l'oratorio. I ragazzi e le ragazze lo
frequentano volentieri, si divertono,
e imparano cose utili per la vita.
Domanda: Nelle scuole la cate-
chesi è possibile?
Mons. Carretto: Al mattino, se-
condo le leggi, tutti i ragazzi prima
della scuola, devono issare la ban-
diera e cantare l'inno nazionale: su-
bito dopo diamo il «Buon giorno »;
è un discorsino breve a carattere for-
mativo che inquadra la giornata. In
classe s'insegna la morale.
I testi sono obbligatori e siamo
avvantaggiati dal fatto che la morale
buddista e la cristiana sono molto
vicine. Il buddismo è fondato su
cinque precetti che, su per giù, cor-
rispondono al quinto, sesto, settimo
ed ottavo comandamento.
Domanda: Quali rapporti inter-
corrono fra bonzi e missionari?
Mons. Carretto: Cordialissimi: ci
incontriamo spesso e da amici. Nei
momenti di necessità comune lavo-
riamo insieme: se un'inondazione
mette in pericolo. persone e case,
collaboriamo nel prestare aiuto. I no-
stri Padri hanno insegnato il catto-
licesimo nella scuola buddhista uffi-
ciale, nel seminario maggiore dove
i bonzi hanno un corso regolare.
Domanda : Vede un futuro valido
per la Chiesa cattolica in Thailandia?
Mons. Carretto: Non sono pro-
feta, ma tutto me lo fa sperare. Con-
trollando il passato si possono trarre
buoni auspici per l'avvenire.
Quando noi salesiani siamo giunti
in Thailandia, nel 1927, in tutto vi
erano due vescovi. Adesso vi sono
due arcivescovi thai, e ciò è molto
significativo, ed otto vescovi. Il nu-
mero dei cattolici è limitato: su una
popolazione di 30.000.000 di abitanti
sono 650.0001 tuttavia non mancano
buone vocazioni maschili e femmi-
nili ed i fedeli vivono il loro batte-
simo con fervore ed impegno.
Non sono questi, presupposti per
essere ottimisti ?
« La Thallandla I, un paese che produce
In abbondanza riso bambini»,
ha detto un giorno il Vescovo salesiano
mons. Pietro Carretto.
Ed ecco il Vescovo, In mezzo
ad alcuni dal suol 'tanti plccoll amici.
17

2.8 Page 18

▲back to top
Perché non catapultar-
si - almeno per qualche
giorno durante le va-
canze - fuori dal solito
ambiente ovattato di
benessere 7 I « Cam-
peggi della Parola di
Dio » sono la proposta
nuova, ma intessuta di
valori perenni, che le
FMA da un paio d'anni
offrono a giovani deci-
se per un cristianesimo
meno di buccia e più di
sostanza.
L 'addensarsi di nuvoloni neri grevi
di tempesta aveva messo in agi-
tazione i pochi abitanti di Praillcs,
un villaggetto sopra Etroubles, in
val d'Aosta. C'era da • nascondere il
fieno t, come dicono lassù q_uando,
dopo averlo ammucchiato sui prati,
lo raccolgono nei fienili. Come avreb-
bero potuto, le poche braccia dei
lavoratori, gareggiare in velocità con
l'imminente tempesta?
Qualcuna delle campeggiatrici se
ne accorse. Erano le 16,30: il tempo
in cui di solito si preparava la Messa,
suore e ragazze unite. Non si sa da
chi scoccò l'invito: eEhi, diamo su-
bito una mano? ~- Quel che imporra
è sapere che il temporale venne. E
coi fiocchi. Però, il fieno era già tutto
• nascosto• nei fienili.
Lo stesso sorriso largo di soddi-
sfazione sui visi grondanti sudore
• cuciva a punti di solidarietà e ami-
cizia • ragazze, suore e valligiani.
A Prailles l'estate scorsa, come a
Laischer (sempre in val d'Aosta) lo
scorso anno, come a Danta di Cadore
e a Città Reale negli Abruzzi, le ra-
gazze e le suore non sono andate
con la specifica intenzione d'impe-
gnarsi in opere sociali. • Il Campeg-
gio della Parola di Dio,, organizzato
dalle Figlie di Maria Ausiliatrice in
questi ultimi anni, nasce da un'altra
esigenza: 9-uella di offrire alle giovani
smo non sfonda. Niente negozi As-
senza assolut.i di juke-box e di slo-
gam televisivi... Proprio quel che
vogliamo! E non per aristocratico
disprezzo della <e cultura di massa >J,
d'oggi un esperienza forte, di tipo ma per educarci a saperne fare a
spirituale, senza paura di catapul- meno, almeno per un po' di tempo.
tarle fuori dal solito ambiente ovat- Allo sbaraglio di una vita scomoda
tato di benessere e in pauroso decollo ma sana, la giovane imbocca quasi
verso la nevrosi.
naturalmente la strada dell'incontro
con Dio nelle cose schiette, non so-
fisticate, e più ancora dell'incande-
Nel circuito della Sacra Scrittura scente circuito della Sacra Scrittura,
fatta a lungo og~etLo di silenziosa
A Prailles - come negli altri posti meditazione e dialogo giornaliero,
dov'è attecchito un vero • Campeg- come della Celebrazione eucaristica
18 gio della Parola d1 Dio• - il turi- quotidiana liberamente scelta.
Ai suoi tempi Don Bosco avt:va
ideato specie di tcampeggi volanti ••
quando per le vacanze autunnali ac-
compagnava i suoi ra~azzi migliori
nel Monferrato. Respiravano l'aria
•pulita• delle colline, dormivano nei
cascinali o nei fienili, pregavano in-
sieme e intrattenevano i contadini,
a sera, con una specie di Carro di
Tespi che si trasferiva di villaggio in
villaggio.
Per quei tempi e ra una formula
coraggiosa e un genere di turismo
educativo. Oggi però quello che conta
è strappare al chiasso, al vuoto e al
materialismo di vacanze comode quel-
le ragazze che potranno diventare

2.9 Page 19

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poi lievito nell'attività pastorale delle
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Le campeggiatrici della Parola di
Dio sono ragazze tra i J.6 e i 20 anni:
diverse per provenienza ed estrazione
sociale, ma tutte con una gran voglia
d'impegnarsi a fondo per un Cristia-
nesimo meno di buccia e più di
sostanza.
Un gruppetto di loro ha codificato
la legge del campo, traendola di peso
dalla Sacra Scrittura:
«Non sono venuto per essere ser-
vito, ma per servire.
Fare agli altri quello che vorresti
fosse fatto a te.
Da questo conosceranno che siete
miei discepoli: se vi amate.
Non abbiamo qui una dimora per-
manente.
Nessuno potrà rapire la vostra
gioia».
C'è il tempo del deserto
Cinque robuste tende azzurn: e
arancione, una delle quali è per le
suore (che condividono in tutto la
vita con le ragazze); un torrente che
si utilizza nei modi più vari: per
rigovernare piatti e pentole, come per
assicurarsi notte e giorno il sotto-
fondo musicale; una fontanella dov'è
bello lavarsi senza tante storie anche
quando l'acqua è gelida, e ancor più
bello è il bere al ritorno dagli alti
monti... ecco l'ambiente in cui si
svolge la vita di Campeggio.
Ma non è tutto. Poco lontano c'è
una rustica casetta in cui, a turni di
dieci giorni scanditi sulla stessa du-
rata dei turni delle ragazze, passano
le loro vacanze le suore. Sono F.M.A.
che trascorrono questi dieci giorni
in una vita di essenzialità con Dio,
con le Sorelle, con le ragazze e la
natura.
<( Al mattino le suore stanno a pre-
gare *, dice mamma Adriana, l'arzilla
settantenne che con papà Eniro abita
vicino a noi. «Eh, no! - aggiunge
a chi insiste per sapere e vedere -.
Io non vado mai a disturbarle. Dopo;
venga dopo... E le sentirà cantare
ridere anche. Mi fanno tanta com~
pagnia! ».
Le suore, infatti, ogni mattina si
appartano. Recitano lodi e poi s'im-
mergono nella Parola di Dio. Un
argomento al giorno, entro una tema-
tica biblica unitaria. <t Il Dio fedele 3,
lo scorso anno; ~ Il Dio vivente\\
la scorsa estate.
C'è il tempo del <t deserto•> in cui
ognuna da sola medita, anzi respira
e beve la Parola scritturale. Viene
poi il momento comunitario in cui
si compie uno scambio meraviglioso
di beni: quelli che lo Spirito ha do-
nato nella maltinata a ognuna ma
per l'arricchimento di tutte. Si, ;nche
delle ragazze. Perché, quando nel
pomeriggio ci si arrampica insieme
per qualche sentiero alpestre, o si
prepara e poi si condivide la Cele-
brazione eucaristica, la gioia trabocca.
Quel Dio che s'è fatto spazio dentro
è l'irruenza d'una Vita che si comu~
nica poi reciprocamente.
«Il contatto più familiare mi ha
fatto riscoprire le suore>>, ha detto
p1u d'una ragazza del Campeggio.
fa; <t Sono donne come noi: ridono
scherzano, vanno a gara a chi sa
meglio la polenta. Ma soprattutto,
che carica di Dio e che gioia di Cristo
rivelano! Madre Mazzarello, sullo
!'ltile di Don Bosco, doveva essere di
questo stampo>>.
Il momento più suggestivo è quello
del fuoco di campo, con i canti a
canone, gli spirituals, qualche scher-
zetto ben dosato. E improvvisi,
amati silenzi, in cui ognuno ascolta
il crepitìo della fiamma o la voce del
vento prima di entrare decisamente
in preghiera.
Però il momento più forte è cer-
tamente la Messa vespertina. Li
tutto tende a diventare Comunione.
Quello che tu «vivi », è col Cristo
che si fa lode del Padre e Pane per
)a tu~ fam~. Quello che tu respiri è
11 comvolg1mento d'ognuna in una
Messa che afferra quell'intenzione
improvvisamente suggerita dallo Spi-
rito, quel *grazie ~. quella lode, quella
stessa implorazione di perdono. Tutto
cosi autentico, cosi libero dalla reto-
rica, dal convenzionalismo. Non c'è
più l'io, ma il noi.
Nella Messa, celebrata con breve
omelia ogni ~iorno, la vita riemerge
nuova, con I tangibili segni d'una
gioia che anche il casuale gitante
avverte, ammira, sovente sente ri-
fluire anche dentro di sé. Sì, perché
succede alla domenica (in cui ci sono
anche i pochi abitanti del villaggio,
sempre al lavoro durante la setti-
mana), ma anche negli altri giorni,
che chi è venuto una volta da noi ci
ritorna, solo proprio per "!a gioia del
pregare insieme, del cantare dentro
il gran calore del Cristo vivo, in una
Messa compartecipata e vissuta.
Un fienile aperto sul cielo
E allora l'ultimo accenno è proprio
alla nostra chiesetta, ricavata da un
fienile.
A Prailles suore e ragazze hanno
rispettato la rustica linea architetto-
nica di un architrave che dava. sa-
goma e slancio all'ambiente. Vi han-
no appoggiato da una parte il Taber-
nacolo, dall'altra la Bibbia. Cristo
Parola e Cristo Pane sono così un'uni-
ca realtà.
Da una parte il fienile è aperto sul
cielo: di giorno s'affacciano le nubi
di notte la luna veleggia in un mar~
di silenzio. Dall'altra parte pende
dal soffitto un arcaico portapane di
legno, stile valdostano: due pagnotte
alludono al senso del <( Pane Vivo
disceso dal Cielo».
La mensa è una rustica tavola con
candelabri e portafiori di corteccia.
Fuori le campane dell'Amen e
dell'Alleluja (due campanacci con la
scritta che grida in rosso la lode) rin-
toccano a ogni Celebrazione euca-
ristica.
E a chi solo s'affaccia, sorride
~aria. Realizzata in corda, pare l'av-
vio, sottovoce, d'un Magnificat. «So-
no venuta al campeggio con poco
Cristo e niente Ma.ria - aveva detto
Maria Teresa, una ragazza per
niente all'acqua di rosa - . Parto
con tanto ~risto che mi scoppia den-
t~o, pr~pno a causa della presenza
d1 Mana nella mia vita, incredibil-
mente rinnovata dall'aver scoperto il
senso del suo "Eccomi" e del suo
"Magnificat" •>.
A cura dell'Ufficlo Stampa FMA
LA PREGHIERA DI PAOLA
« Cristo, Tu che mi ami
d'un amore eterno,
non mi abbandonare mai.
In questo grande silenzio
in cui la Tua Parola trova spazio
io ti ho finalmente trovato.
Tu sei in me
e io non mi sento più inutile.
Sono ricca ora,
pur con le mie tasche vuote
e tutta la mia povertà interiore.
Sono serena.
Tu lo sai:
prima ridevo, scherzavo,·
ma dentro ero maledettamente sola.
Perché me ne stavo cosi poco con Te,
e sempre solo in superficie...
Ti scongiuro di non abbandonarmi
ora che mi hai afferrato dentro
perché soltanto con Te, per Te, in Te,
avrò la forza
di dimenticarmi per gli altri».
È la preghiera di Paola, 19 anni. Sui
quaderni dei Campeggi della Parola di
Dio ce ne stanno tante di preghiere come
questa: scritte tutte d'un fiato, alla sera
in tenda al lume della pila, o accanto al
fuoco di campo agli ultimi bagliori della
fiamma.
19

2.10 Page 20

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IIl
■■
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UOIIUI ,.....
COSI
ti uuoi
I are11
1120.000 indios disper-
.si oggi nell'Amazzonia
sembra abbiano il de-
stino segnato: si vanno
lentamente estinguen-
do. 11 missionario che
constata la loro fiera
dignità, e la totale leal-
tà quando abbracciano
la fede, prova per loro
commossa ammirazio-
ne, e nostalgia per un
mondo che sta crollan-
do nell'incontro-scon-
tro con la cosiddetta
civiltà dei bianchi.
Si calcola che nelle stenninate fo-
reste dell'Amazzonia vivano an-
cora circa 120 mila indios, distribuiti
almeno in una cinquantina d1 gruppi:
Macusc~ Yanomami, Tucano, Macù,
\\Vai, Xavante, ecc.
Purtroppo i rapporti che essi eb-
bero con i colonizzatori fin dalla
metà del '500 sono stati segnati quasi
20 sempre da persecuzioni, spoliazioni,
massacri: nell'animò degli indios è
rimasto l'odio, il sospetto, la diffi-
denza. Di qui deriva la difficoltà
dell'avvicinamento e di un'azione
condotta anche con le intenzioni più
pure e generose.
Dal principio del secolo, i Sale-
siani furono impegnati nella evan-
gelizzazione dei Bororos, tra i quali
ottennero felici risultati. Padre Ce-
sare Albisetti, che vive ottantaquat-
trenne, a Sangradouro, ha raccolto
in una monumentale enciclopedia
una colossale documentazione delle
tradizioni, dei costwni, dell'anima
dei Bororos. Purtroppo quel fiero
popolo, come pare triste destino di
tutte le tribù di indios del Brasile,
si va estinguendo lentamente. Non
pochi si sono assimilati ai bianchi;
un centinaio di famiglie superstiti
vivono a Meruri dove conservano
e tramandano la ricchezza spirituale
della loro stirpe.
I Xavantes
Ma oggi i Salesiani sono pure im-
pegnati in una difficile opera di assi-
stenza, di conservazione e di evan-
gelizzazione dei Xavantes.
Questi indios che vivono tra il
Rio das Mortes e il Rio Araguaia,
sono almeno sette gruppi, legati tra
loro daUa storia di comuni sacrifici
e talora di aspre ostilità. Alcuni
gruppi sono assistiti dai Gesuiti,
altri dall'organizzazione governativa
la FU.NA.I. (fondazione nazionale
indios).
Due gruppi di circa 400 e 800
persone vivono presso le missioni
salesiane di Sangradouro e Sa.o Mar-
cos: là, si può dire, si tocca quasi
con mano il mistero del!'anÌina de-
gli indios, la profonda distanza tra
loro e la nostra (( civiltà >>, e il mira-
colo che solo l'amore di Dio sa com-
piere per la salvezza dei fratelli.
I Xavantes sono di statura media
e corporatura robusta, pelle color
rame scuro, capellj nerissimi, tagliati
sulla fronte e cadenti sul collo, nello
stesso modo per gli uomini e le donne.
Abitano nell'(( aldeia », che è un
villaggio di capanne disposte a se-
micerchio; le capanne sono rotonde,
eguali, costruite di pali, canne, foglie,
secondo un disegno preciso e una
tecnica perfetta.
La vita dei Xavantes è regolata da
tradizioni millenarie e da severe
norme di comportamento per ogni
età e per ogni attività e situazione.
Il matrimonio è preparato e celebrato

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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S&ngradouro ( Mato Groaso): I ragani e i
giovani dall'aldela (vlllegglo) a ttorniano I
missionari in un giorno di festa.
con riti sacri e austeri sotto gli occhi
della tribù; rari sono 1casi di divorzio;
i bambini sono amati.
Tradizioni millenarie
La tribù ha una rigida organizza-
zione sociale. L'autorità dei genitori,
degli anziani, dei capi, è sacra e ri-
spettata. I frutti della caccia sono
divisi fra tutti, cominciando dai più
vecchi.
Dagli anni r2-13, i ragazzi vivono
completamente separati dalle ragazze,
anche dalle sorelle; dormono in una
capanna a parte, sotto la sorveglianza
di due adulti.
Regolato da severe norme e da
austeri riti è il passaggio dei ragazzi
alla adolescenza (12-13 anni) e poi
all'età virile (circa 17 anni).
L'entrata nell'età virile è caratte-
rizzata dalla perforazione degli orec-
chi, che a sua volta viene preparata
da un lungo e duro tirocinio: corse,
caccia, lotta libera, gara di nuoto,
lotte· con i serpenti. Nel giorno sta-
bilito, alla presenza di tutta la tribù,
in silenzio, il capo con un osso fora
gli orecchi e vi infìla due bastoncini
di legno: non un gesto, non un la-
mento. Allora i giovani sono uomini
a pieno diritto: sono fieri e mostrano
una maschia bellezza.
Incontro e scontro
con la civiltà bianca
Non solo per i Xavantes, ma per
tutti i gruppi di indios in Brasile,
come ho accennato, si pone il pro-
blema della sopravvivenza. Sembra
assurdo, ma è un fatto tristemente
vero che il contatto con la civiltà
dei bianchi infiacchisce i corpi, li ren-
de facilmente disponibili alle ma-
lattie, specialmente alla tubercolosi.
Permettere agli indios di parteci-
pare indiscriminatamente ai com-
forts del nostro modo di vivere, spe-
cialmente all'alcool e al tabacco, vuo]
dire condannarli al suicidio.
Le missioni sostengono la neces-
sità di lasciarli vivere nel loro am-
biente, secondo i loro usi e costwni,
preparandoli ad accostarsi gradual-
mente alla nostra civiltà: tutto ri-
chiede spirito di sacrificio e tanto
amore.
La stessa evangelizzazione dev'es-
sere fatta con estrema prudenza e
carità, con sommo rispetto della loro
libertà e delle loro tradizioni.
Dei due gruppi di Xavantes affi-
dati alle cure dei Salesiani, solo al-
cune decine hanno ricevuto il Bat-
tesimo: ma quei pochi lo vivono
gioiosamente, con commovente coe-
renza.
P. Giaccaria di Sangradouro e il
coadiutore Heide di Sao Marcos,
con un lavoro paziente e amoroso,
da 12 anni hannò raccolto una docu-
mentazione interessant1ssuna sulla
storia, le tradizioni, le istituzioni,
la lingua, la religiosità dei Xavantes:
un libro di altissimo valore culturale
ha già visto la luce; altri due sono
pronti e attendono il mecenate che
dia loro la possibilità di pubblicarli.
L'_attività più amata dai Xavantes
è la caccia nella foresta, con le frecce
e le armi da fuoco. La caccia ha
qualche cosa di rituale: in essa, i
giovani specialmente, mostrano la
loro forza e coraggio.
Ogni famiglia Xavante di San-
gradouro e di Sao Marcos ha un
pezzo di terreno che lavora in pro-
prio: alcuni possiedono anche due
o tre mucche.
Molti giovani lavorano presso i
Salesiani. Cuca 200 ragazzi e ragazze
vivono come in collegio presso i Sa-
lesiani e le Figlie di Maria Ausilia-
trice, dai quali ricevono istruzione
e formazione morale.
I Xavantes amano la musica e il
canto. Quando il vescovo e io siamo
giunti a Sào Marcos, vollero farci
festa con la banda: e con quanta pe-
ri.zia e quanto entusiasmo davano
fiato alle trombe!
Ogni notte, per tutta la notte, il
fuoco arde al centro dell'aldeia: è
una specie di fuoco sacro, che tiene
lontani gli spiriti del male.
Alle 4 del mattino ci svegliò il
canto dei ragazzi; quando scendem-
mo alle 6 per la Messa, già correvano
da ore. Alla Messa erano presenti
una trentina di giovani; fecero la
Comunione e cantarono, nella loro
lingua difficile ma melodiosa: << Resta
con noi, Signore I o.
Quando stavamo per partire, tre
giovani si avvicinarono al vescovo e
gli domandarono qualcosa. Il vescovo
sorrise, li benedisse e ·partimmo.
Gli domandai, curioso:
- Cosa volevano quei tre Xa-
vantes?
- Mi pregavano di battezzare
loro figli.
- E tu che cosa hai risposto?
- Ho detto che a metà agosto
ritornerò, e allora ci metteremo
d'accordo.
- Non conosco le vostre regole -
dissi scuotendo la testa - ma credo
che li puoi senz'altro accontentare.
Di uomini così ti puoi fidare.
GIOVANNI BATTI STA FARESIN
(riduz. di T. Bosco)
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
Vangelo secondo Barabba. LDC
1974. Pag. 192, L. 1800.
Un tuffo nella vita emarginata dei gio-
vani, vista attraverso la filigrana di
quel Vangelo in nome del quale si
tenta il loro ricupero alla vita normale.
Il libro, originatissimo, è nato ad
Arese, nella casa di rieducazione sa-
lesiana, e ha per autori «ragaz.z.i, edu-
catori. e amici» di quell'opera singo-
lare. Barabba non è un pretesto:
« Piccoli Barabba o Barabitt, sono
chiamati in Lombardia i giovani in dif•
ficoltà». E proprio le loro testimo-
nianze scritte - ma prima ancora vis-
sute e sofferte sotto la pelle - in•
sieme con sobrie riflessioni dei loro
educatori, fanno da contrappunto a
brani degli altri quattro Vangeli. E
fanno da contropelo alle quietudini
della coscienza.
I ndice di cc Cat echesi » 1963-1973.
LDC 1974. Pag. 88, L. 1600.
Un prezioso strumento di lavoro per
i catechisti, come pure per docantì e
studenti di catechetica. La scelta del
periodo (undici anni che hanno visto
- oltre al potenziamento della ri-
vista - il rinnovamento operato dal
Concilio) risulta quanto mai indovi-
nata.
Il volume comprende una tavola delle
voci (49 principali, 124 secondarie),
una tavola degli autori, e !"ampio in-
dice analitico dei contenuti: impo-
stato secondo la tavola delle voci,
quest"ultimo raccoglie i titoli e i sot-
totitoli di tutti gli articoli apparsi su
« Catechesi».
Con questo indice, la massa enorme
e necessariamente informe di mate-
riale sparso in cento fascicoli viene a
riordinarsi come in un'enciclopedia
organica e completa.
Carlo De Ambrogio, Educhiamo
come Don Bosco (volume 2°).
Ed. Cooperatori lspettoria Subalpina,
Torino 1976. Pag. 11 O, Lire 1000.
La felice rubrica omonima che ogni
mese appare sul Bollettino Salesiano
con le sue notazioni psicologiche e
salesiane semplici ma efficaci, ha
fornito il materiale per un secondo
volume (con tiratura decisamente
alta, ma anche con collocazione si-
cura).
E come il primo volume, c'è da au-
gurarsi che anche questo trovi i
suoi traduttori in lingue estere, per
quel pubblico che non è in grado di
affrontare i grossi trattati. ma pure
ha bisogno di consiglio (e a conti
fatti è, anche nella Famiglia Sale-
siana, il pubblico più numeroso). 2 1

3.2 Page 22

▲back to top
Alcune Volontarie di
Don Bosco animano in
Belgio una cc Casa Fa-
miglia» per bambini
moralmente abbando-
nati, che incontra la
simpatia e la cordiale
solidarietà di tanti ami-
ci della Famiglia Sale-
siana.
N ijoli e Nigenti: a Tournai (Bel-
gio) queste parole non suonano
soltanto« nido gioioso», e g nido gt"n-
tile •• ma indicano due opere affini
dove oggi 93 bambini abbandonati
dalle famiglie, o semplicemente senza
famiglia, trovano il tepore necessario
per la vita, e in quel tepore comin-
ciano a mettere le ali.
È una storia semplice, che ruota
attorno alla figura di una giovane di-
rettrice di scuola materna, tante So-
plue (zia Sofia), divenuta in seguito
Volontaria cli Don Bosco. Una storia
cominciata 12 anni fa a Mons, quando
zia Sofia, seguendo un impulso spie-
gabile solo nella logica del Vangelo,
prese io affitto una casa modesta, la
battezzò Nijoli e vi raccolse i primi
spauriti «uccellini senza nido e senza
ali 1>.
Il ~ijoli ha porte e finestre-spiega
zia Sofia - . Per la porta entrano i
bambini con il mandato del Giudice
della gioventù•>, e dalla finestra en-
trano quelli senza altro mandato che
la miseria o l'incapacità dei loro geni-
tori, miseria e incapacità non ricono-
sciute dalle autorità competenti ma
ugualmente reali e desolanti. (Va
detto di passaggio che il riconosci-
mento delle autontà pennette di ri-
cevere un sussidio che assicura il bec-
chime agli uccellini entrati per la
porta, mentre a quelli enrrau dalla
finestra dovrà provvedere in tutto e
per tutlo zia Sofia).
Chi sono questi uccellini? La so-
ciologia contemporanea li classifica
con la denominazione poco elegante
d.i moralmente abbandonati•• e di-
chiara che essi • costituiscono uno dei
grossi problemi della nostra epoca 11.
Chi sono, dunque? C'è per esempio
Jacques (non è il suo vero nome, ma
22 serve per intenderci), arrivato dalla
finestra, portato un giorno da un si-
gnore sotto un grande mantello, come
se fosse un pacco da recapitare. È
piccolissimo, e sua madre è in pri-
gione. Sua madre è stata messa al fre-
sco per vagabondaggio: · una povera
donna assolutamente incapace di nu-
trire e educare gli otto bambini che
pure ha messo al mondo. A Nijoli,
Jacques ha presto la ventura di incon-
trare un suo fratellino e una sua so-
rellina, e i tre ora formano insieme
con tutti gli altri una grande famiglia:
la loro vera famiglia, ormai.
A Nijoli arrivano un giorno tre so-
relline di età diversa: tutte insieme
fanno 11 anni; e di peso diverso:
tutte inl;ieme fanno 25 chili appena.
Occorreranno lunghi mesi di cure per
rimetterle in polpa e in salute, e tanta
tenerezza, perché possano rendersi
conto che la vita è bella e che anche
per loro vale I na di lottare per
sopravvivere...
1 diventano così
nido risulta troppo
piccolo e bi a trovarne un altro.
C'è appunto a Kain, vicino a Tournai
dove sorge già un solido Istituto Sa-
lesiano, un vecchio convento che le
brave religiose accettano di affittare
a zia Sofia al prezzo simbolico di
10 frr..nchi (quasi 200 lire al mese).
~el 6rande fabbricato la porta è più

3.3 Page 23

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Zia Sofia a alcuni dal suoi 93 piccoli « mo-
ralmente abbandonati 11.
larga e le finestre sono più nwnerose,
cosl gli uccellini aumentano di nu-
mero...
E un giorno del 1966, arrivano i
severi membri della ASBL per fare i
conti e applicare le leggi: il numero
e massimo dei bambini accettabili 48,
e ne risultano invece 50; perché quei
due in più? << Forse avremo lasciato
una finestra aperta - cerca di spie-
gare zia Sofia - , e loro si sono in-
trufolati... ». Certo d' ora innanzi zia
Sofia e le sue aiutanti dovranno fare
attenzione a chiudere sempre bene.
Ma intanto, come dice il Vangelo,
<e benedetto chi viene nel nome del
Signore»...
È chiaro comunque che si deve co-
struire e alJargare, e per costruire oc-
corre prima acquistare il vecchio sta-
bile. Ma dove prendere il danaro?
Zia Sofia non ha tesori nascost~ né
uno zio d'America, e le banche (si sa)
prestano solo a coloro che sono già
ricchi.
Ma quando si ha volontà e fantasia,
si trova sempre il modo di mettere
insieme qualche soldo: si vendono
fiammiferi, si invita il famoso can-
tante Adamo che accetta di cantare
per i Nijoli, si sollecita il contribut~
di mille piccole gocce versate da tanti
amici vicini e lontani. E davanti alle
consistenti garanzie offerte da tanto
spirito di iniziativa, anche le banche
aprono gli sportelli... Finalmente si
può acquistare il vecchio stabile, eco-
struire un padiglione nuovo.
Rimane da rimborsare a poco a
poco il debito alla banca; rimane da
riadattare, modernizzare, abbellire.
Nel 1970 i bambini a Nijoli sono 70,
entrati chi dalla porta e chi dalla fine-
stra. Sono allegri e divertenti, man-
giano a pieni bocconi il becchime c_he
viene preparato per loro. Sono pic-
coli, gentili, capricciosi e monelli
come tutti gli altri bambini. Con la zia
Sofia collabora un'équipe di 12 educa-
trici: belghe, valloni, fiamminghe,
francesi, un'algerina. Hanno diffi-
coltà, incomprensioni; hanno senza
dubbio momenti di stanchezza, di
cattivo umore, di scoraggiamento. Ma
non si fermano a rinchiudersi su se
stesse, anche perché... non ne hanno
tempo.
Nel 1972 viene aggiunta alla cas.::
una nuova costruzione, dove vanno
a sistemarsi 32 bambini. Nel 1974 ri-
tornano i severi signori della ASBL,
fanno bene i conti e stabiliscono, ac-
ci.g,liIati, che ci sono 18 bambini in
pmAncora
una
voIta
·1
I
cuore
e'
pm.,
grande che le leggi ~ I~ disposizi~ni:
zia Sofia nel mese d1 giugno acqlllsta
un altro vecchio edificio dove tutto è
da rifare, lancia un appello ai generosi
che non mancano mai, e apre il nuovo
cantiere. C'è un proverbio francese
che sembra inventato da zia Sofia:
«Petìt à petit, l'oiseau f ait son nid >>
(a poco a poco, l'uccello fa il su~
nido). A da-re ~a mano ac_corrono ~
Soci Costrutton del!'Austna, alcuni
religiosi con i loro allievi, le guide
Scout, i Salesiani con i loro studenti.
Tutti lavorano sotto la direzione del
parroco del villaggio. Cosi viene
messo in ordine il secondo nido, Ni-
genti. ~ settembre i 18 b!l~in\\jn più
a Nijoh vengono trasfent1, e p1u nes-
sun regolamento potrà dar loro fa-
stidio.
Le educatrici sono salite a 18; al-
cune di loro, ai posti-chiave del-
l'opera, sono Volontarie di Don Bo-
sco. Tutte insieme si dedicano a quei
bambini con l'amore con cui anche il
Signore amava i piccolì.
I bambini crescono, qualcuno mette
già le ali e si prepa_ra _a las~iare i_l ni~o:
Il più piccolo ha dieci mesi e fa, pr1m1
passi della sua vita, il più grande ha
16 anni e fa i suoi primi passi nel
mondo del lavoro.
E. B. 23

3.4 Page 24

▲back to top
I ndios mimetizzati nel-
l'interno - Don Milane-
sio punta di diamante
- 12 bambine nella valle
del Chichinal - Grave
incidente in riva al Neu-
quén - l'ultimo sogno
missionario di Don Bo-
sco - « Promettetemi
di amarvi come fratel-
li» - la miseria è di ca-
sa a Roca - 18 buoi per
il miracolo di don Ste-
fenelli - Fecero fuggire
il parroco a sassate.
loro spirito di sacrificio comincia- , valicando due volte sopra muli le
rono a fare miracoli.
Ande, scendendo nelle pianure del
Cile e toccando Antuco, Angeles,
u•· I odios 1n·1met·izzati· ne
interno
Concepciòn e Cillani. Battezzò in
quella escursione 1117 fra indigeni
Don Angelo Savio, insieme a un e figli di famiglie cristiane, celebrò
salesiano coadiutore, spinse a sud 6o matrimoni e preparò alla prima
fino a Santa Cruz, con un viaggio Comunione 1836 neofiti. Per questo
per mare di cinque giorni. Scrisse a mons. Cagliero poté scrivere nel
Don Bosco il 6 gennaio 1886: «Qui luglio del 1886 che la parte della Pa-
I fndi ve ne sono molti, sebbene nelle tagonia settentrionale più importante
relazioni si cerchi di farli scompa- e più popolata era dai missionari in-
rire. Per far sparire gli indigeni, chi teramente conosciuta, visitata e ca-
impiega un modo, chi un altro. Caro techizzata ».
Don Bosco, poco vi è da sperare che
i Qoverni prestino valido aiuto per
civilizzare questi disgraziati; è molto
se lasciano libertà di azione•·
Attendati lontano dalle coste, per
paura, gli Indi si avvicinavano di
Dodici bambine
nella vaUe del Chichinal
In quello stesso luglio, alla casa
salesiana dì Patagònes si presentò
le
IO
M ons. Cagliero iniziò la sua prima
escursione tra gli indi il 4 no-
vembre. Viaggiava con don Mila-
ncsio, due sal.esiani laici e un cate-
chista. Visitò dieci stazioni missio-
narie, predicando, catechizzando, bat-
tezzando. I primi nuclei indiani non
erano molto lontani da Viedma e da
Patagònes. Abitavano in ra11chos for-
mati da quattro rozze pareti di fango
e coperti di paglia. Dentro, nessun
mobile: un fuoco sempre acceso che
anneriva di fumo ogni cosa, un muc-
chietto di pelli sudicie in un angolo,
pentole, carne cruda e un sacchetto
di mate appesi tutt'intorno alle pa-
reti. Vita miserabile.
I materiali •normali • da costru-
zione, in Patagonia, erano i pali e
il fango. La stessa casa t episcopale
di mons. Caglièro non sfuggiva alla
regola : due camere, entrambe a
pianterreno, una per il Vescovo e
una per il segretario. Una finestra per
camera. Porta e finestra chiudevano
così bene che il vento (laggiù c'è
quasi sempre) lasciava di norma pe-
santi strati di sabbia e di polvere
su tutto.
L'escursione missionaria del ve-
scovo, a cavallo attraverso deserti,
montagne e valli, durò 26 giorni.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice,
che fino allora avevano assistito le
prime ragazze indie nelle scuole e
negli oratori, furono inviate da mons.
Cagliero nelle missioni lontane. En-
travano a due a due nelle capanne,
24 e con la loro delicata presenza e il
I tanto in tanto alle case del porto per il figlio del cacico Sayuhueque, che
tentare scambi. Offrivano pelli di domandò di parlare con il vescovo.
guanaco, piume d'uccelli, coperte Don Milanesio si era fermato presso
lavorate dalle loro donne, e chiede- la loro tribù (1700 persone) e presso
vano acquavite, mate, tabacco, riso, la tribù vicina del cacico Yancuche
zucchero. Si spingevano avanti in (8oo persone}, aveva fatto catechismo
piccoli gruppi, senza armi, per non ai bambini e ne aveva battezzati al-
dare pretesto ai soldati. Eppure spesso cuni. Ora i due cacichi mandavano
venivano maltrattati, sottoposti a un invito al vescovo perché venisse lui
ingiustizie.
stesso a evangelizzare gli adulti, e a
Da qualcuno di loro, don Savio iniziare una residenza stabile di mis-
seppe che nelle pianure interne e sionari presso le tribù nell'immensa
lungo le sponde dei fiwni, esistevano valle di Cruchinal. Mons. Cagliero
molte tolderie. Vi si spinse con co- vi si recò insieme a Don Milanesio.
raggio. Trovb un indio che sapeva Racconta lo stesso mons. Cagliero:
un po' di spagnolo, se lo fece amico «Nell'immensa valle di Chichinal
e poté averlo accanto come interprete. battezzammo 1700 indigeni. Face-
Riusci così ad evangelizzare, a por- vamo tutti i giorni tre ore di cate-
tare pace, anche a dare i primi bat- chismo al mattino e tre nel pomerig-
tesimi.
gio. L'episcopio era una capanna di
-tronchi e fango, dal tetto dì rami che
Don Milanesio
mi riparava dal sole, e dalla pioggia...
quando non pioveva. Nessuna trac-
punta di diamante
cia di letti; dormivano sulle pelli che
con grande affetto ci avevano dato
Don Milanesio continuò ad essere quei buoni selvag~i. Di indole buona
la u punta di diamante, della
sione. Mons. Cagliero lo definl
mis-
<• una
I
e capaci di
muoveva no
entusrnsmo, essi ci com-
talvolta con l'ingenua
vera provvidenza del Rio Negro ». interpretazione, sempre la più ge-
Lo storico Eugenio Ceria cosi rias- nerosa, che davano alle prescrizioni
sume la sua attività: Grazie al suo della Chiesa.
zelo indefesso, tutta la valle del Rio Una volta dodici bambine erano
Negro sino ai confluenti Limay e state istruite per la Prima Comu-
Neuquèn, e tutta la valle destra e nione. Era la prima volta che face-
sinistra del Ncuquèo coi suoi nwne- vamo tra i selvaggi di quella regione
rosi affluenti, sino ai confini del Cile la cara funzione. Avevamo raccoman-
e della provincia di Mendoza erano dato il digiuno dalla .mezzanotte
esplorate. Egli in una missione per- (allora vigeva il prece/lo che chiunque
corse ben 2500 chilometri a cavallo, oolesse ricevere la Comunione d01Jeva

3.5 Page 25

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MISSIONI SALESIANE
1B75©
nidel
essere digiuno da ogni ge11.ere di cibo
e bl!'IJanda dalla mezzanotte prece-
dente - 11.d.r.). Le bambine avevano
ricevuto la S. Comunione la dome-
nica mattina, avevano passato tutta
la giornata presso la M~sione, erano
Itornate il lunedl, e la sera di quel
giorno stavano avviandosi verso la
loro capanna, quando mi chiesero:
Vledma (Patagonia): mons. Cagfiero con
alcunl missionari e un gruppo di indi che
festeggiano Il loto battesimo con l.t sto•
"Padre, abbiamo fame". Feci loro
dare tutto quello che avevamo. Ma
le vidi tornare cli nuovo, riportando
rica foto-ricordo Il 20 ottobre 1886).
intatto il pane, la carne e quanto
avevamo loro donato, domandan-
domi: "Quando possiamo mangia-
re?". Allora capii! Le povere bam-
bine non avevano mangiato dopo la
Comunione, e perciò erano digiune
da sabato sera, avendo passato ben
48 ore senza prendere né cibo né
bevanda! Così esse avevano inter-
pretato e applicato la legge del di-
giuno eucaristico!
Tali erano le consolazioni cli fre-
sca, spontanea, verginale vita reli-
Don Milanesio nel 1908 c11ntinua lmperter•
rito, nonostante il peso degli anni, le sue
peregrinazioni missionarie.
giosa, non inquinata dall'acre sapore
di peccato che purtroppo pervade
tutta la civiltà bianca ed europea.
Era questo il continuo ed unico sol-
lievo che valeva a ristorarci dai pe-
ricoli e dalle inaudite fatiche che
incontravamo nell'evangelizzare l'im-
mensa e impervia regione ».
Grave incidente
in riva al Neuquén
Nel 1887 mons. Cagliero intra-
prese una nuova lunga missione. Lo
accompagnarono Don Milanesio e
altri due salesiani. Il viaggio di evan-
gelizzazione doveva spingersi per
1500 chilometri: valle del Rio Negro,
valli andine, varcare le Cordigliere
e scendere nel Cile, a Concepciòn.
Per 1300 chilometri tutto procedette
bene. Il vescovo poté amministrare
997 battesimi, quasi tutti a Indi
adulti, benedire 101 matrimoni, di-
stribuire un migliaio di Comunioni
Ie amministrare 1513 Cresime. In-
calcolabili le ore passate a far cate-
chismo ai piccoli e ad evangelizzare
i grancli.
La mattina del 3 marzo, avevano
lasciato Malbarco sulla riva del Neu- 25

3.6 Page 26

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L'ultimo sogno mlstlonario di Don Bosco,
nella raffi9uradone del pittore Borrell
(Barcellona-S.rrli, Spag...): una pHtorella
dall'otto di un monu Indica al aanto le fu.
ture missioni lontane : Valparelto, Mada-
gascar, Pechino, Calcutta...
quèn quando avvenne un gravissimo L'ultimo sogno missionario
I incidente. Lo racconta il vescovo di Don Bosco
stesso: ~ Attraversavo la Cordigliera
a 2000 metrj di altezza e dovevamo A Valdocco, Don Bosco sta vi-
salirne ben altri mille. Il sentiero si vendo gli ultimi anni della sua vita,
snodava sul fianco delle aspre pareti
Rranitiche e piombava a picco nel-
I abisso. li mio cavallo s i impennò
e cominciò a saltare all'impazzata.
luminosi di bontà e di santità. :--:ella
notte tra il 9 e 11 10 aprile 1886 ha il
suo ultimo 1t sogno ,1 missionario. Lo
raccontò, con la voce ormai rolta
Io, invocando Maria AusiJjat rice, dalla sta nchezza e dalla commozione,
mi gettai di sella. Una punta rocciosa a Don Rua e al suo segretario don
mi penetrò nelle carni spezzando Viglietti. È una visione grandiosa
due costole e forando il polmone. e serena del futuro dei suoi missionari.
Rimasi come morto, respiravo a fa- Trascriviamo qualche brano dagli
tica e non riuscivo a parlare. I miei appunti del suo segretario:
compagni mi si appressarono ed io, t ... Da una vena spinse lo sguardo
come riuscii a balbettare qualche in fondo all'orizzonte... Vide una
parola, per rianimarli cercavo di quantità immensa di giovanetti, i
prendere la cosa in burla, e dicevo qualt, correndo intorno a lui, gli
che siccome abbiamo ventiquattro andavano dicendo: "Ti abbiamo
costole, se ne poteva ben sacrificare aspettato, ti abbiamo aspettato tanto,
qualcuna. Dovemmo tornare indietro ma finalmente ci sei; sei tra noi e
e attraversare due fiumi e due cor- non ci sfuggirai!. ..".
digliere per trovare il primo _posto Una pastorella che guidava un
ove potessi fermarmi e curarmi. Ma immenso gregge di agnelli, gli disse:
quale cura! C'era appena un empi- - Spingi il iuo sguardo, spin-
rico che curava le malattie con si- getelo voi tutti. Che cosa vedi ?
stemi affatto primitivi, ed io gli chiesi
se vi fosse un fabbro ferraio per ri-
parare le mie due costole spezzate.
E ciò per alleggerire il dolore degli
accompagnanti che erano più addo-
lorati di mc!
Stetti un mese, e, come Dio
volle, guarii; ancora convalescente
- Veggo montagne, poi mare, poi
colline, quindi di nuovo montagne
e mari.
- Leggo, diceva un fanciullo
Valparaiso.
- Io leggo, diceva un altro, San-
tiago.
ripresi il cammino, e con un viaggio - Ebbene, continuò essa, parti
di quattro giorni coi miei missionari da quel punto e vedrai quanto do-
passai di nuovo le Cordigliere a più vranno fare i Salesiani in av-.enire.
di 3000 metri, e scesi alla dolce pia- Tira una linea visuale e guarda.
nura cilena sulle sponde del Pacifico. I giovani, aguzzando lo sgua rdo,
E ,si stabilirono le basi delle nuove esclamarono in coro: "Leggiamo
Case salesiane di Concepciòn, Talea, Pechiuo".
Santiago e Valparaiso.
- Ora, disse la pastorella, tira
Così quell'anno, sempre a cavallo, una sola linea da un'estremità all'al-
con cinque mjei compagni, dormendo tra, da Pechino a Santiago, fanne un
la notte in fondo ai fossi o sotto gli centro in mezzo all'Africa, ed avrai
alberi, avevo attraversato l'America un'idea esatta di quanto debbono
26 dall'uno all'altro Oceano•·
fare i SaJesiani.
- Ma come fa re tutto questo?, -
esclamò Don Bosco. - Le distanze
sono immense, i luoghi difficili, e i
Salesiani pochi.
- Non ti turbare. Faranno questo
i tuoi figli, i figli dei tuoi figli e dei
figli loro... Tira una linea da San-
tiago al centro dcli'Africa. C he cosa
vedi?
- Dieci centri di stazioni.
- Ebbene, questi centri che tu
vedi, formeranno studio e noviziato
e daranno moltitudini di missionari
affine di provvederne queste con-
trade. Ed ora volgiti da quest'aJtra
parte. Qui vedi altri dieci centri nel
mezzo dell'Africa fino a Pechino. E
anche questi centri somministreranno
i missionari a tutte queste contrade.
c'è Hong- Kong, Calcutta, più
in là Madagascar. Questi e più altri
avranno case, studi e noviziati».
« Promettetemi
di amarvi come fratelli»
Don Bosco si spense a Valdocco il
3r gennaio c888. A mons. Cagliero,
che era tornalo a Torino quando le
notizie sempre più allarmanti gli
avevano fatto comprendere chiara-
me nte che la fine non era lontana,
disse negli ultimi giorni: «Vogliatevi
tutti bene come fratelli, amatevi,
aiutatevi e sopportatevi a vicenda
come fratelli. L'aiuto di Dio e di
Maria Ausiliatrice non vi mancherà.
Promettetemi di amarvi come fra-
telli•· Benedisse nominatamente molti
missionari, le loro case, i loro amici.
Gh disse ancora: • Propagate la de-
vozione a Maria Santissima... Se
sapeste quante anime Maria Ausi-
liatrice vuol guadagnare al Cielo
per mezzo dei Salesiani!•·
Don Bosco aveva organizzato un-
dici spedizioni di missionari, tutte
dirette verso l'America del Sud.
L'ultima . era partita nel dicembre
del 1887. Nel tempo in cui il Santo
mori, nell'America mendionale la-
voravano quasi J 50 Salesiani e 50
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Mons. Cagliero tornò in Patago-
nia nell'aprile del 1889. Mentre al
suo primo arrivo come vescovo, nes-
suno si era accorto di lui, ora Yiedma
e Patagònes lo accolsero con grandi
dimostrazioni di rispetto. E non
Patagones, verao le fili• del ••colo •corso:
la banda del c:olleglo aaluiano.

3.7 Page 27

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erano manifestazioni formali. Nella
settimana santa che ~i celebrò subito
dopo, le chiese si riempirono di gente.
Numerose furono le confessioni e le
Comunioni pasquali. Il lavoro mis-
sionario, anche tra i «civili ~. comin-
ciava a dare frutto.
La miseria è di casa a Roca
Negli anni seguenti jJ lavoro mis-
sionario continuò: Patagònes, Viedma,
Chosmalal, Pringles, Babia Bianca,
Conesa Sur, Rawson, Fortin Mer-
cedes, Junln de los Andes, Generai
Acha, S. Rosa, Victorica, Roca,
Choele-Choel, Trelew... Ogni nuovo
centro di missione che spuntava
nelle valli o lungo i fiurru aveva una
storia di sacrifici e ili lavoro. Impo~-
sibile narrarle tutte.
Accenneremo, a modo di esempio,
a due ili esse: un centro per gli Indi,
Roca, e una fondazione per i «civili,,,
Bahia Bianca.
Nel 1887 Roca era un forte mili-
tare, a 600 chilometri da Patagònes,
sulla sponda sinistra del Rio Negro.
Attorno aJ forte si agglutinarono
rapidamente le prime case. Due anni
dopo Roca era un centro con due-
mila abitanti. Nelle terre tutto in-
torno c'erano tolderie di Indi dediti
all'allevamento del bestiame. Mons.
Cagliero mandò lassù don Stefenelli,
sacerdote giovane e pieno di forze.
Arrivò a cavallo, con pochi pesos in
tasca. Con l'aiuto della gente si pose
subito a costruire la chiesa e due col-
legi per i ragazzi. Gli edifici vennero
su poveri come i ragazzj che dovevano
ospitare. Ma affidati ai Salesiani e
alle Figlie di M. Ausiliatrice comin-
ciarono a funzionare a dovere. La
povertà, però, non se ne andò rna1.
Una povertà che rasentava la miseria,
e che unita alla soliturune e alle vio-
lente e frequenti intemperie, rendeva
assai difficile la vita dei missionari.
Ancora nel 1933, il prefetto generale
dei Salesiani, dopo aver visjtato la
residenza di Roca, scriveva: <! Questi
grandi missionari prescindono dalla
materia in una forma che non sembra
umana. Tutto ciò che è conforto,
comodità, alle volte persino decenza,
non entra nel campo delle loro preoc-
cupazioni: vivono ili lavoro, ili spi-
rito di sacrificio; la materia non eser-
cita nessun influsso su di essi. Case
povere di personale e ili mezzi, vitto
povero, poveri ambienti; ed è edifi-
cante vedere in tanta povertà di cose
materiali tanta ricchezza di spirito.
I Missionari anelano solo a lavorare
per le anime ».
18 buoi per il miracolo
di don Stefenelli
Don Stefenelli, vedendo la mise-
ria estrema della zona, ebbe l'idea di
fondare una Scuola Agricola, che
servisse da modello alla gente. In
una terra scarsissima di piogge biso-
gnava pensare innanzitutto ad irri-
gare. Sceso a Buenos Aires, comprò
un motore a vapore della forza di
14 cavalli, e una pompa centrifuga
capace ili sollevare 300 mila Litri
d'acqua all'ora. Sei tonnellate di
metallo. Ma come fare a trasportare
quella roba -a 6oo chilometri di di-
stanza, senza strade di nessun genere,
tra arbusti spinosi ed erba legnosa ?
Don Stefenelli ci pensò su, poi no-
leggiò un carro e t8 buoi. Aggio-
gandone 6 alla volta e viaggiando da
sole a sole, in un mese trasportò
motore e pompa a Roca. Lassù in-
·-
nalzò terrapieni, scavò canali, e in
pochi mesi iniziò la coltivazione ili
Jegurru, cereali e alberi da frutta.
Risultati superlativi.
Fu come aver dato un segnale.
Bianchi e Indi venivano alla scuola
salesiana, guardavano bene tutto,
poi tornavano alla loro terra e face-
vano altrettanto. Oggi l'Alto Rio
Negro è una delle regioni più fertili
e ricche dell'Argentina.
Fecero fuggire il parroco
a sassate
Il territorio ili cui Bahia Bianca
era il centro, era vasto come il Pie-
monte. Gli abitanti vivevano russe-
minati a grandi distanze, raggruppati
in colonie. Molti venivano dall'Italia.
Era gente semplice, che però a con-
tatto con il nucleo cittadino perdeva
rapidamente ogni idea religiosa, e a
volte anche ogni dignità wnana.
Mons. Cagliero soleva chiamare la
città «Bahia Nera >>, e aggiungeva
gli aggettivi C< scostumata, empia ».
Pullulavano associazioni massoniche.
Si facevano chiassate contro il Papa.
Nel 1885 l'arcivescovo di Buenos
Aires vi arrivò per fare la visita pa-
storale. Non poté nemmeno scendere
dal treno. Inviò un sacerdote come
parroco. Lo fecero fuggire a sassate.
A questo punto l'arcivescovo di
Buenos Aires disse a mons. Cagliero:
<1 Provi lei >>. Cominciò come al solito,
mandando avanti don Milanesio.
Era l'aprile del 1890. Lo fece seguire
da don Borghino e da don Cavalli.
Tre salesiani decisi e rotti a tutti i
wsagi. Ripararono una vecchia chiesa,
costruirono un grande salone per la
scuola. Diviso da tramezzi poteva
ospitare varie classi. La scuola si
riempi in un amen. I ragazzi si affe-
zionarono a quegli uomini ruw e
buoni, che facevano scuola per niente,
mangiavano pane e formaggio e dor-
mivano per terra. Alcuni mesi dopo
arrivarono le Figlie di M. Ausilia-
trice, che aprirono un'altra scuola a
200 metri di wstanza.
Dietro i ragazzi vennero i papà e
le mamme. Prima della fine del r890,
nella chiesa furono distribuite 3350
Comunioui. Non fu tutto facile. I
giornali scatenarono una guerra vio-
lenta contro Salesiani e suore, co-
prendoli di titoli ributtanti e ili nere
calunnie. Ma anche la guerra si
calmò. Nel 1894, per l'inaugurazione
della grande e bella chiesa di << Nostra
Signora della Pietà », l'arcivescovo
dj Buenos Aires fu ricevuto dalla
città con ogni segno di onorè. Il
tempo delle chiassate anticlericali
era terminato.
TERESI O BOSCO 27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
GIORNATA DI PREGHIERE
PER LE MISSIONI SALESIANE
Il martedì 11 novembre 1975, a cen-
t'anni esatti dalla partenza dei primi mis-
sionari salesiani da Torino per l'America
Latina, sarà in tutta la Congregazione de-
dicato alla preghiera, alla riflessione, alla
rievocazione. È questa l'intenzione del
Rettor Maggiore, che in una lettera in-
viata il 17-2-1975 agli Ispettori ha pre-
cisato: « In quel giorno ci troveremo
tutti unìti nel rivivere in spirito il grande
evento, nel ringraziare il Signore per quel
che con la sua grazia si è potuto realiz-
zare in questi anni, nel rinnovare il nostro
impegno missionario». Sarà quindi una
giornata «senza manifestazioni esterio-
ri», ma con «carattere eminentemente
spirituale».
A Torino la giornata di preghiere sarà
seguita i I 13 novembre dalla «comme-
morazione civile»; domenica 16 novem-
bre avrà luogo nella basilica di Maria Au-
siliatrice una concelebrazione, ripresa
dalla televisione, con consegna del cro-
cifisso a un gruppo di missionari par-
tenti.
L'anno missionario si apre anche in
Argentina con analoga « giornata di pre-
ghiere». fissata però il giorno 14 di-
cembre, ricorrenza centenaria dell'arrivo
dei primi missionari in America Latina.
In particolare a Buenos Aires è prevista
una concelebrazione nella chiesa «Ma-
ter Misericordiae » che fu la prima chiesa
affidata ai Salesiani nel nuovo continente.
NUOVO VESCOVO SALESIANO
IN ARGENTINA
L'Osservatore Romano del 6-4-1975
ha dato notizia del trasferimento di alcuni
Vescovi salesiani in Argentina. e della
nomina di un nuovo Vescovo.
Il nuovo Vescovo è mons. Argimiro
Daniel Moure, che lascia in Congrega-
zione la carica di Ispettore dell'lspettoria
La Plata; ha 54 anni, e succede al sale-
siano mons. Eugenio Peyrou, che nel
1974 aveva presentato alla Santa Sede le
dimissioni.
Mons. Mario Picchi, già Ausiliare del
Vescovo di Comodoro Rivadavia, è stato
trasferito sempre come Ausiliare alla sede
arcivescovile di La Plata.
Infine mons. Angelo Alemàn, Ammi-
nistratore apostolico della diocesi di
Viedma, succede a mons. Maurizio Ma-
gliano (deceduto nel 1974) come Ve-
scovo di Rio Gallegos.
La diocesi di Viedma, che finora era
stata sempre affidata a Vescovi salesiani
(l'ultimo fu mons. Borgatti, deceduto nel
1973), è ora passata a un VescovÒ del
clero diocesano.
Le Nozze d'oro sacerdotali del Rettor Maggiore. A Roma con una cor-
diale e fi!iale manifestazione è stato commemorato il 50• di sacerdozio del Rettor
ra Maggiore. La celebrazione si è svolta aprile scorso nel salone-teatro del «Don
Bosco 11, gremito di appartenenti e amici della Famiglia dì Don Bosco. Tra gli altri
erano presenti gli Ispettori e Delegati delle lspettorie d'Europa, Stati Uniti e Au-
stralia venuti a Roma per Un Incontro Continentale; e inoltre le Figlie di Maria
Ausiliatrice riunite alla loro Casa Generali:zìa per l'imminente Capitolo Generale.
Il Coro polifonico della Parrocchia salesiana di Ancona ha eseguito i canti; il
sen. Giuseppe Alessi ha tenuto con la nota bravura il discorso ufficiale, presen-
tando don Rlcceri come « Padre e centro di unità della Famiglia Salesiana».
Il 19 settembre prossimo il Rettor Maggiore celebrerà la Messa giubilare nella
Basilica romana del Sacro Cuore.
28
CHIEDONO DI FAR PARTE
DELLA FAMIGLIA SALESIANA
Le «Figlie dei Sacri Cuori», congre-
gazione fondata in Colombia dal Servo
di Dio don Luigi Variara (salesiano),
hanno chiesto alla Santa Sede «la no-
mina del Rettor Maggiore a Assistente
religioso dell'Istituto». Con questo gesto
esse intendono far parte ufficialmente
della Famiglia Salesiana, come è stata
descritta nell'art. 5 delle Costituzioni Sa-
lesiane rinnovate.
La richiesta è stata avanzata nel corso
del 7° Capitolo generale dell'Istituto, che
si è svolto nei mesi di marzo e aprile
scorsi a Medellln (Colombia).
Secondo la proposta avanzata alla
Santa Sede, al Rettor Maggiore ..,iene
conferita « la facoltà di delegare le sue
funzioni - d'accordo con la Superiora
generale e il suo Consiglio - alla persona
del Sacerdote salesiano che egli giudi-
cherà conveniente».
Alla base della richiesta, le Suore Ca-
pitolari hanno posto significative motiva-
zioni: anzitutto il loro Istituto è già di
fatto inserito nella Famiglia Salesiana,
grazie allo spirito che il suo fondatore gli
ha impresso fin dagli inizi; inoltre perché

3.9 Page 29

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è anche partecipe della missione di Don
Bosco; infine perché cosi viene meglio
assicurata la vitalità dell'Istituto stesso.
LA CONSULTA MONDIALE
DEI COOPERATORI SALESIANI
L'11-2-1975 il Rettor Maggiore ha co-
stituito una « Consulta mondiale provvi-
soria» dei Cooperatori Salesiani, nomi-
nando i quindici membri che la costitui-
scono (4 Salesiani, 2 FMA, 9 Coopera-
tori residenti in varie parti del mondo).
Questa Consulta, che ha già comin-
ciato la sua attività, era prevista dal nuovo
Regolamento dei Cooperatori. Essa ha lo
scopo (sono parole del Rettor Maggiore)
di «consigliare la Direzione generale dei
Salesiani; dare pareri, suggerimenti e cri-
tiche; aiutare a cercare il meglio». Oltre
a svolgere un «compito consultivo per-
manente nell'animazione mondiale dei
Cooperatori», la Consulta è attualmente
impegnata a raccogliere osservazioni sul
nuovo Regolamento per una sua even-
tuale rielaborazione, a preparare il « Con-
gresso per il Centenario del Regolamen-
to» stesso (che cade nel 1976), a stu-
diare l'opportunità di creare un organismo
(un consiglio dei Cooperatori) a livello
mondiale.
La Consulta si è riunita una prima
volta in marzo, e una seconda in aprile
1975.
IL << REGOLAMENTO
DEI COOPERATORI»
HA CENT'ANNI
11 « Regolamento dei Cooperatori»
compilato da Don Bosco nel 1B76, l'anno
prossimo compie cent'anni, e i Coopera-
tori commemoreranno la ricorrenza con
un « Congresso mondiale». È questa la
proposta avanzata nel marzo scorso dalla
«Consulta mondiale dei Cooperatori».
Si prevede che il Congresso avrà luogo
a Roma e durerà cinque giorni. dal 30 ot-
tobre al 4 novembre 1976. Avrà carattere
di studio, sul tema: « Impegno dei Coo-
peratori Salesiani nella famiglia, nella
Chiesa e nella società». È prevista l'ela-
borazione di un questionario, con cui si
ri leveranno la situazione attuale, le ini-
ziative intraprese, le difficoltà e le prospet-
tive dei Cooperatori e dei loro Centri in
merito al loro impegno. Ove risultassero
utili, vengono suggeriti dalla Consulta
- come preparazione al Congresso -
dei pre-congressi ai diversi livelli.
Tutte queste anticipazioni attendono
ancora la conferma ufficiale.
te INCONTRI CONTINENTALI»
SUL RINNOVAMENTO
Durante il 1975 sono previsti tre «In-
contri Continentali» dei Superiori sale-
siani con Ispettori e delegati delle
74 lspettorie salesiane; argomento: fare
Il manifesto vincente. Il Concorso
indetto nella Famiglia Salesiana per
il manifesto diii «CMS » si è con-
cluso nel mese scorso con la pro-
clamazione del vincitore: il primo
premio è andato all'opera contrasse-
gnata dal motto « Sol Alumbra », ri-
sult11to 11pp11rtenente all'exallievo ma-
drileno Nicola Ortega Garcia.
Nel concorso, che si è snod11to at-
traverso due fasi - ispettorl11la e in-
ternazionale -, erano giunte in fi-
nale complessivamente 37 opere-, di
cui 23 provenienti dalle lspettorie
delle FMA e 14 da quelle salesiane.
ìl punto sul rinnovamento della vita re-
ligiosa e apostolica nella Congregazione,
secondo gli orientamenti scaturiti dal-
l'ultimo Concilio e dal Capitolo Generale
Speciale (1971 ).
Il primo di questi Incontri ha avuto
luogo a Roma nei giorni 1-9 aprile scorso,
con la partecipazione degli Ispettori d'Eu-
ropa (compresi gli undici d'Italia), quelli
degli Stati Uniti e Australia.
Nell'Incontro che si è svotto a Roma,
dapprima i superiori delle diverse Regioni
hanno tracciato il quadro delle situazioni
locali, quindi il Rettor Maggiore con
un'ampia relazione ha puntualizzato gli
attuali problemi della Congregazione in
ordine alla sua missione nella Chiesa.
Sono se_guite riunioni per gruppi lingui-
stici, e nelle successive riunioni plenarie
si sono formulate delle «conclusioni ope-
rative».
Queste conclusioni sono state enu-
cleate a partire da tre preoccupazioni di
fondo: come fronteggiare le esigenze che
l'attuale situazione dei giovani pone ai
Salesiani sul piano dell'educazione alla
fede; come attuare in Congregazione il
decentramento salvaguardando l'unità;
come rendere l'lspettoria sempre più
«comunità formativa».
Le svariate conclusioni operative emer-
se nell'Incontro dovranno essere attuate
dagli Ispettori con i loro Consigli durante
gli anni che mancano al prossimo Capi-
tolo Generale della Congregazione (pre-
visto per il 1977).
Il secondo Incontro Continentale è
fissato a Belo Horizonte (Brasile) dal 23
al 31 maggio con gli Ispettori dell'Ame-
rica Latina; il terzo è previsto nei giorni
11-20 ottobre prossimo, a Bangalore
(India) per gli Ispettori dell'Oriente Asia-
tico.
MISSIONI CHE SI AIUTANO
TRA LORO
La missione salesiana del Mato Grosso
collabora con la missione sorella del
Ohaco Paraguayo.
Verso la fine del dicembre scorso, in ri-
sposta a un appello lanciato dal missio-
nario padre Giovanni Berta, Direttore di
Puerto Maria Auxiliadora, padre Corazza
e altri del Mato Grosso si recaron.o nel
Chaco e si resero conto degli svariati pro-
blemi del posto. Trovarono in quella po-
vera missione due Salesiani, sei Figlie di
Maria Ausiliatrice e quattrocento indi
Moros, alle prese con un problema per
loro fondamentale: quello dell'energia.
Qualche tempo dopo, una piccola équipe
tornò dal Mato Grosso a Puerto Maria
Auxiliadora, portando un motore diesel
di 13 HP, un generatore di corrente, e
una pompa dell'acqua, per installarli sul
posto.
«A parte il sole infuocato durante il
giorno, e le nuvole di mosquitos durante
la notte - hanno dichiarato al ritorno i
componenti della piccola équlpe -- ci
siamo sentiti felici di poter praticare lo
slogan della nostra campagna di frater-
nità: condividere il pane con i più biso-
gnosi».
(Notiziario di Campo Grande, feb-
braio 1975).
COOPERATORI: NUOVO
MANUALE DEI DIRIGENTI»
La « Consulta mondiale dei Coopera-
tori» nelle sue riunioni di marzo e aprile
ha messo a punto il nuovo « Manuale dei
Dirigenti». Esso si affianca al « Regola-
mento dei Cooperatori» entrato in vigore
l'anno scorso, lo completa e ne facilita
l'applicazione alla vita dell'Associazione.
Ogni capitolo del manuale è articolato
in tre parti complementari: gli orienta-
menti pastorali, le norme giuridiche, e le
indicazioni pratiche riguardanti i vari temi.
Il Manuale viene proposto ad experi-
mentum per i prossimi anni.
29

3.10 Page 30

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NElMONDO SALESIANO
LA MAESTRA DEGLI INDIOS
A 94 anni compiuti. dopo 69 anni
spesi nella vita missionaria, nel gennaio
scorso è deceduta a Cuiabà (Mato
Grosso) una figura leggendaria tra gli
indi Bororos e Xavantes: donna Maria
Fellpa Mesquita, missionaria laica, da
tutti conosciuta come la «maestra». Il
suo lungo servizio missionario fu Impre-
ziosito da rinunce e sacrifici, ma la sua
morte serena è stata addolcita dalla pre-
senza confortante degli indios per i quali
tanto aveva lavorato.
c •t POSTO PER I LAICI NELLE
MISSIONI DI DON BOSCO?
Per i laici della Famiglia Salesiana, c'è
pasto nelle missioni di Don Bosco?
Cooperatori, Exallievi, giovani di oratori
o d'altre opere, possono recarsi a lavo-
rare accanto ai missionari salesiani? E
come?
Una riunione «informale» su questi
argomenti - promossa dal Consigliere
per la Pastorale Adulti don Raineri, con
la partecipazione del Superiori (salesiani
e delle FMA) per le missioni, e di alcuni
esperti - ha avuto luogo nel marzo
scorso presso la Casa Generalizia.
Anzitutto si è fatto i I punto della si-
tuazione. Risulta infatti che:
- diversi Giovani Cooperatori ed
Exallievi chiedono di andare in missione
(e alcuni di essi vi si sono già recati, per
lo più come singoli);
- ricerche condotte sulle 104 Spedi-
zioni missionarie salesiane effettuate fi-
nora hanno dimostrato che insieme con
Salesiani e FMA in passato si erano re-
cati in missione anche svariati laici, e tal-
volta intere famiglie;
- di fatto sono già in attività alcuni
gruppi di laicato missionario salesiano,
come Vibra, Missione Maria Ausiliatrice,
Giovani Cooperatori, e giovani in qualche
modo collegati con la Famiglia Salesiana
come quelli di Terra Nuova e Operazione
Mato Grosso.
Nella riunione sì è quindi awiata un'In-
teressante discussione su come favo-
rire questa attività missionaria, e su come
impostarla. Alla fine sono emerse queste
linee d'orientamento:
cc Porta luce, amore, gioia I ».
Paolo VI ha distribuito In San Pietro
a 600 missionari partenti il crocifisso
«segno di fede e di liberazione,. La
prima suora a ricevere il crocifisso
dal Papa tu una delle 22 Figlie di
Maria Ausiliatrice presenti: Virginia
Escribano (nella foto), spagnola. Il
cerimoniere aveva Intimato di essere
sollecite e di non parlare, ma suor
Virginia non poté fare a meno di
dire al Papa chi era e dove andava,
e di chìedere una benedizione. Il
Papa premiò la sua... disubbedìenza,
lasciandole il programma: « Porta
luce, amore, gioia».
...J
Il nuovo Vescovo dell'Alto Orinoco. t mons. Enzo Ceccarelli Catraro, nella
foto durante la consacra:tione episcopale awenuta nella sua cattedrale di Puerto
Ayacucho il 15-12-1974. Il nuovo vescovo è nato in Argentina (provincia
di Rosario), da genitori italiani. il 31-8-1918. Ha compiuto il noviziato a Villa
Moglie nel 1935-36, e l'anno seguente è partito per Il Venezuela sua seconda
patria. Sacerdote nel 1947, professore di lettere, per qualche tempa lavorò nelle
missioni dell'Alto Orinoco. Ora ha lasciato la carica di Vicario lspenoriale. per
fare ritorno a Puerto Ayacucho, sua attuale sede episcopale.
- il missionario laico salesiano dev'es-
sere non solo un volontario, ma anche un
vero missionario, unendo insieme pro•
mozione ed evangelizzazione;
- il missionario laico deve andare In
missione con l'idea dello scambio, cioè
dell'aiuto da dare e del bene da ricevere
(di fatto il lavoro missionario contribuirà
non poco alla sua formazione);
- avere in programma di aiutare gli in-
digeni a divenire essi stessi dei promotori
ed evangelizzatori;
- per non bruciare esperienz.e ed
energie preziose, ci vuole sempre una
preparazione adeguata (anche se non
esagerata);
- non occorre creare nuovi organismi,
ma sarebbe sufficiente utilizzare quelli
già esistenti (per es. i Giovani Coopera-
tori in Italia possono utilizzare i servizi
offerti sul piano tecnico da Terra Nuova);
- per i Giovani Cooperatori che vanno
a inserirsi nel lavoro missionario della Fa-
miglia Salesiana, che ha un suo spirito
e le sue esigenze, è necessaria una prepa-
razione speciale ad hoc;
- occorre agire in collaborazione con
la Chiesa locale, per essere sicuri di ri-
spandere alle sue esigenze, e occorre
dialogare con i Vescovi.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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PROPRIO COME A NAIM
Surendranath Mondol è il catechista del villaggio Bongaon.
uno de, tanti sperduti nelle foreste dell'Assam (India). Il
26 settembre 1974 gli giunse una chiamata insolita: una dele-
gazione veniva a cercarlo dal non lontano villaggio di Singe-
danga, un villaggio pagano. C'era una ragazzina bramina
di appena otto anni - dissero - paralizzata: non poteva met-
tersi a sedere, e tanto meno camminare. Ma essi avevano sen-
tito parlare dei miracoli operati da Gesù (Il aveva raccontati
il catechista stesso). Credevano nel Divino Maestro, e ave-
vano altrettanta fede anche nel catechista. Volevano perciò
che a tut1i i costi si recasse al loro villaggio, dalla bambina
malata per guarirla.
Il catechista protestò che lui i miracoli non li sapeva fare,
ma la loro fiducia in fui era cosi tanta che alla fine la spunta-
rono. «Gesù, aiutami tu I», mormorò il catechista awiandosi
con loro. E lo accompagnarono fino ai piedi del lettuccio dove
giaceva la piccola paralitica.
Surendranath allora fece una preghiera fervorosa al buon
Dio (sembrava una sfida. e... tremava). Po, disse ai familiari :
«Perché Gesù la possa guarire, essa deve appartenere a fui ,
deve cioè essere battezzata». I familiari si dissero d'accordo,
e allora Il catechista la lstrul in breve sulle principali verità
della fede. Quindi la battezzò. Infine recitò ad alta voce un
Padre Nostro, un'Ave Maria, e usci dalla stanza. Cosi fecero
tutti gll altri.
Nessuno si era accono che intanto la bambina si era messa
a sedere sul lettino. Non avevano ancora raggiunto la porta
per congedare il catechista, che si trovarono la bambina ac-
canto a loro: era guarita I E proprio come nel fatto evangelico
di Naim, la piccola venne consegnata ai suoi genitori.
0,1 Notiziario /spottor/1/e, di Madras
SOGNAI DON BOSCO
Sono una cooperatrice ed exallieva salesiana, molto devota
di S. G. Bosco. Vorrei raccontare quanto mi è capitato fa notte
dal 6 al 7 dicembre 1974.
Avevo già subito vari Interventi chirurgici, e ora mi trovavo
nella necessità di subirne un altro per un'iniezione andata in
suppurazione. Ero stanca, intimorita, e in condizioni non fa -
vorevoli, perciò pregai con fede Don Bosco che mi ottenesse
di non andare di nuovo sotto i ferri. Quella notte la sofferenza
e l'insonnia mi tormentarono più del solito. Quando finalmente
riuscii ad assopirmi, sognai Don Bosco che, mettendomi una
mano sulla spalla, mi diceva: «Allegra, coraggio I ll. Mi svegliai
di soprassalto. e mi resi conto che il male si era risolto da solo.
Ero sola, gridai per invocare qualcuna del vicinato che mi
venisse in aiuto, e per manifestare la mia gioie. Riconoscente.
invio quello che posso nella mia povera condizione. e de-
sidero rendere pubblica la grazia.
S•trlano (Cl)
MARIA GIUSEPPA STAGUAN()
PENSAVO : cc DON BOSCO DEVE GUARIRLO
Tre anni fa dovevo recarmi a Mornese i:er gli Esercizi Spi-
rituali, ma un forte dolore al ginocchio. che mi tormentava
ormai da un mese, mi toglieva ogni speranza di poter viag-
giare. Confidai fa mia pena a mio fratello, coadiutore salesiano.
e lui mi rispose: «Vai, val: ti guariranno là I».
Partii con le altre direttrici da Venezia. sperando nell'aiuto
di Maria Ausiliatrice. Era Il Centenario dall'Istituto, e la comi-
tiva fece una sosta a Torino. La sera stessa partecipammo alla
Messa celebrata nella cameretta di Don Bosco. Il mio gi-
nocchio mi doleva al punto che a stento potei trascinarmi
alla Comunione. Dopo la Massa sentii raccontare che una si-
gnora, venti giorni prima, aveva appoggiato il braccio al pul-
pito di Don Bosco e si era sentita guarita. Senza pensarci
tanto, mi awicinai anch'io al pulpito, vi appoggiai con forza
il ginocchio, invocando l'aiuto del Santo. Prima di coricarmi
non volli né ungere 11 ginocchio né fasciarlo come il solito:
«Don Bosco deve guarirlo». pensavo.
Al mattino mi alzai senza alcun dolore. Potei continuare il
viaggio, fare gli Esercizi; non ho mai più sentito nulla.
A Don Bosco e a Maria Ausiliatrice tutta fa mia ricono-
scenza, con la ferma fiducia di ottenere anche la grnia spiri·
tuale chiesta insieme.
8/od (Jugoslavia)
Sr. TERESA SELAK, FMA
POSSO CAMMINARE DI NUOVO
In pochi anni sono stata sonoposta a cinque difficili inter-
venti chirurgici. L'ultimo è stato il più difficile, perché ese-
guito sul midollo spinale, ma mi ha permesso di camminare
nuovamente.
Sempre fiduciosa, mi sono affidata all'intercessione di
Maria Auslllatrfce, e sono sempre stata esaudita, tanto che
in breve tempo ho potuto riprendere le mie ordinarle occupa-
zioni. Perciò mi sento in dovere di ringraziare pubblicamente
la Madonna.
Rimini
GIOVANNA PIVI-POLETTO
LA NOSTRA CARA MAMMA
Nel febbraio del 1974 la nostra cara mamma fu colpita da
un fatto cardiaco con varie complicazioni che la ridussero in
fin di vi1a. Fu ricoverata d'urgenza, ma i medici giudicarono
la situazione preoccupante, data anche l'età avanzata. Per vari
giorni non poté prendere altro che qualche sorso d'acqua.
Ci ciamo rivolte con fede all'intercessione di Don Bosco,
e contro ogni previsione umana, dopo venti giorni la mamma
fu dimessa. Ormai è trascorso più di un anno, e non ha più
sentito alcun disturbo, nonostante i suoi 80 anni.
Riconoscenti, desideriamo che venga pubblicata la gruia.
Montachi,rugolo (P,rma)
Sote/11 MUSATTI. FMA
E INVECE TORNAVA LA VITA
Mio fratello, colto da improvviso malore, viene ricoverato al
policlinico di Messina per gli accertamenti sulla natura del
male. Purtroppo. non si riesce a individuarlo. Il malato entra
in coma, e vi rimane per venti giorni.
Mi rivolsi con fede a Maria Ausiliatrice, offrendo il sa-
crificio di dovermi allontanare dal capezzale del fratello per i
miei impegni di lavoro; ero sicura che al mio ritorno l'avrei
trovato ancora in vita. Infatti, quando dopo venti giorni potei
tornare, mio fratello per la prima volta apri gll occhi e co-
minciò a balbettare qualche parola. Eravamo attorno al suo
letto come per coglierne l'ultimo respiro, e invece tornava la
vita. Tunl grìdarono al miracolo, compresi I medici che lo
avevano già dato per spacciato.
Intensificai la fede e la preghiera. Dopo sene mesi il malato
ha cominciato a riprendere la vita normale, in un miglioramento
lento ma costante. Ringrazio la Vergine Ausiliatrice, insieme
con tutta la famiglia.
Catania
Sr. ANGELINA ANASTASI, FMA 31

4.2 Page 32

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DI
MN GIOVANNI
BOICO
LA PACE E SERENITA CHE VOLEVAMO
I primi anni di matrimonio furono molto duri. Mio marito
non riusciva a trovare un'occupazione stabile, vivevamo fra
stenti e angosce, in casa non c'era quella pace e serenità che
volevamo.
Il mio rifugio e la mia speranza era M aria Ausiliatrice.
Da lei ho attinto la forza di continuare con fiducia: ero certa
che l'aiuto divino non sarebbe mancato.
Infatti, dopo vari anni. mio marito ebbe finalmente un posto.
Ma soltanto provvisorio, e la mia fede fu messa di nuovo alla
prova. Altri anni di ansie e di preghiere perseveranti, e questa
volta è arrivato un lavoro stabile. Le Suore Salesiane mi hanno
sempre aiutato molto, e grazie a loro ho potuto mettere mia
figlia in collegio per poter seguire mio marito. 11 distacco ci
costa molto, ma siamo riconoscenti ella Madonna che ha ri-
solto la nostra difficile situazione.
P. Armerins (Enna)
CARLA LA VERSA
Maria Bianco (Torino) ringrazia l'Ausiliat rice e D on Bo-
sco perché il cognato, gravemente ferito in un incidente stra-
dale e ricoverato in reparto rianimazione, ha potuto riprendersi
bene.
Caterina Andrusiani ringrazia l'Ausiliatrice per una grazia
ricevuta e l'invoca per un'altra di cui ha urgente necessità.
E. G. (Alessandria) (lettera firmata) ringrazia M . Ausilia-
t rice e Don Bosco che aveva invocato con tanta fede, perché
suo marito ha potuto evitare un'operazione delicata che do-
veva essere eseguita entro brevissimo tempo. La salute è tor-
nata intatta senza l'intervento chirurgico.
Rita Rapetto Gandolfo (Prel/J IM) ringrazia M . Ausilia t ric e
e Don Bosco per la guarigione del marito da un secondo in-
farto al miocardio, e per altre grazie ottenute alla sua famiglia.
Jacopo Franchi (Chiavari): « Ho letto e sentito tante per-
sone ringraziare Don Bosco per la salute ricuperata. lo in-
tendo ringraziarlo per una grazia tutta speciale: di avermi con-
dotto a celebrare in salute e gioia il 65° anniversario del mio
matrimonio. Credo che anche questa sia una grazia, e non
proprio da poco».
Sr. Elena Andria/o FMA (Venezia). Lo scorso novembre una
mia nipotina di quattro anni fu ricoverata in clinica per so-
spetta meningite. Mi rivolsi con fede a M aria Ausilia trice.
La meningite fu scongiurata, e ora la piccola sta bene. Rin-
grazio anche per la guarigione di mia sorella, e adempio la
promessa di pubblicare la grazia, pregando la Vergine di pro-
teggere sempre tutti i miei cari.
Anna Nardi (Varazze). Accusavo seri disturbi che mi face-
vano soffrire e mi preoccupavano non poco. Ho invocato con
fede l'Ausiliatrice e Don Bosco, e i disturbi sono passati.
Con riconoscenza.
Gino Paggetti (Firenze). Ancora una volta M aria Ausilia-
trice mi ha esaudito in un momento grave e di tanta trepida-
zione. Desidero ringraziarla pubblicamente.
Mayita Bullòn (lima, Perù). Mille grazie, Ausiliatrice
cara, per avermi esaudita in diverse necessità di salute e di
studio, e per aver aiutato la mia cara mamma e gli zii. Ti amerò
sempre come una buona madre, e parlerò con affetto filiale
a tutti della tua bontà. Se ci concedi tante grazie materiali,
come sarai felice di concederci quelle spirituali I
B. M. (Caramagna, Cuneo). Manifesto profonda ricono-
32 scenza a Maria A ., a S. G . Bosco e a S. D . Savio per la
protezione e particolare assistenza esperimentata in momenti
difficili. Continuo a chiedere l'aiuto della Madonna per altre
grazie che mi stanno a cuore.
C. G. (Cabiate, Como). Ringrazio vivamente Maria Ausi-
liatrice che da me invocata mi ha sensibilmente protetta.
Continui la Vergine a proteggere me e la mia famiglia.
LO MISI SOTTO LA SUA PROTEZIONE
Un mio nipotino di 11 anni per un grave incidente ebbe la
perforazione della cornea all'occhio sinistro, con pericolo per
il vitreo. Si temeva la perdita totale dell'occhio. Con fede lo
misi sotto la protezione di San Domenico Savio: cominciai
una novena. e promisi di portare il nipotino a Torino a rin-
graziarlo presso il suo altare.
Il bimbo è guarito: l'occhio non solo è salvo, ma pressoché
normale. Mantengo la promessa, e invoco la protezione del
Santo su tutti i miei cari.
Genova-Quarto
EGIDIA MONACO
ALTRE MAMME RICONOSCENTI
Ero in attesa per la terza volta, e conoscevo il rischio do-
vuto al mio sangue Rh negativo. Ero preoccupata, quasi di-
sperata, quando una mia cognata FMA mi parlò di Dome-
nico Savio: mi fece leggere sul Bollettino Salesiano la rela-
zione delle sue grazie, e mi donò l'abitino del Santo, che portai
per tutta la gravidanza.
A otto mesi mi nacque una bambina, prematura di tempo e
di peso, e col problema del sangue. Mi rivolsi ancora con
molta fede a Domenico, e fui esaudita senza che si rendesse
necessario il cambio totale del sangue.
Oggi la mia Liriys de Lourdes è robusta, cammina, comincia
a parlare, e sulla sua culla veglia sempre S. Domenico Savio.
Mio marito e tutta la famiglia si uniscono a me nel ringrazia-
mento.
Caracas ( Vtm11zu11/a)
LELYS MARINA FUENTES DE GARC}A
Cl HANNO PURE S EGNALATO GRAZIE
Adinolli Maria - Alessi D'Asaro Salvatore Allegretti Eligio Alvo Elena -
Amato Rosa • Andreatti Osvaldo Anelli Luigina • Arri Palnùra At2eni
Adriano • Avalle Petronilla• Baccarella Fl'BJlca • Baj Silvia vod. Bracagnolo •
Barbaglia Angela - Barosselli Primina - Basso Elena Giordano &attici
Eugenio - Bellarbi Francesca - Benazzo Maddalena • Bemi Alberti,w
Bertoli Vittoria • Bettegazzi Severina • Bettini Rina BiancanLAmina - Biele
Giuseppe - Biaio Maria - Bisoni Maria - Blasetti FranCellca - Boari Alme -
Bolloli Rosa Bologni Mario • Ilologìno Mario • Borlenghi Mnria - Bottìno
Famiglia - Bressan Amalia - Brozzetti Gemine - Bruni Pietro • Bruno Do-
menicn • Brunod Tcnìlia • Bruaegan Lucia • Brun:one Maria • Buccola
Loreta - Buffa _Maria Butera Cino • Buttici Giuseppina • Caberlin Gino
Cafri Fo•ca - Caggiano Giweppina - Calamai Adilia • Calestini Virginia •
Calia Maria • Canuavo Francesca Capello Francesca - Cappelb M. Luisa
in F uria - Camona Maria Pia - CamOSAo Antonia - Campodonico Maria ..
Cappelluti Nicoletta - Cari Maria • Caraocelo Caterina • Cardinale Giu-
seppina • Carfi Felicia • Caruaro Costantina • Cassoni Carlotta - Cavagliano
Dom.enica CavagUaoo Domenico • Cerruti Maria • Charbonier Emma -
Chini Rosa e Cinfen-i Santina - Cinqueonce Annn • Ciorlia .Elvi,a - Cinvegna
Elvira - Colli Maria • Columba Benedetto - Comini Lena • Concar Giu-
seppe - Conte Maria Corrado Beatrice - Cortesi Giuseppina • Cosentino
Francesca CoS9ani Adele - Cosseta Carla • Costantini Mario • Cozzetti
Antonino D'Ale,isandd AJbeno - Damiani Elide • Dante Angela • Das-
sano Elsa De Filippo Alfonsina - Del Conte Pia Delfino Luigia De
Lorenzo Resmgno Maria . Del Togno Giampiero e Caterina • Deh) Con-
solina • De Luca Angela • De Marco Addolornta - De Nicola Giovanru, •
De Paoli Tersilla • Dc Sanlis F::nza - De Stefania Milria - Diale Caterina -
Di Francesco Luiaia. Di Gregorio Bua Pasqua - Di Noi Rosa • Direttrice
F.M.A. di Campione Dongarra Famiglia • D'Onofrio Ines • Dottori

4.3 Page 33

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Erano trascorsi cinque anni dal nostro matrimonio e ci
mancava tanto la gioia di un figlio. Abbiamo fatto tante cure,
interpellato tanti medici, ma invano. Un giorno la suora che
mi faceva le punture mi disse di provare a portare l'abitino di
San Domenico Savio e a pregare, e io le diedi ascolto.
Il 21 ottobre 1974 ml nacque un bel bambino, Enrico, e
io e mio marito ne siamo felicissimi. Prego Domenico Savio
che me lo faccia crescere sano e buono.
Alassio (Savona)
ANNA e LINO CH!APUZZ/
Mi sono sposata a 18 anni, e i mali di cui soffrivo (diabete
e anemia mediterranea) resero difficile e pericoloso il primo
parto. Dovevo rinunciare ad avere altri bambini, anche se li
adoro. Un giorno mi accorsi di aspettarne un altro, e in cuor
mio fui contenta, ma potete immaginare quanti timori e
preoccupazìon i.
Più preoccupati ancora erano i medici, che non tralascia-
rono nessuna cura. Ma io mi rivolsi anche a Maria Ausilia-
trice e a San Domenico Savio: portai il suo abitino e lo
pregai tutti i giorni.
Il parto dovette essere anticipato, ma tutto andò bene: il
bambino nacque sano e robusto. Oggi ha già due anni, e io
prego il Santo che non abbandoni mai lui né la sorellina che
ha già sette anni.
Napo/I
Leu,,,a flrmatli
Da più di vent'anni riceviamo il Bollettino Salesiano, e ora
prego di pubblicare la grande grazia che ho ricevuto. M ia
nuora aveva tanto desiderato che sbocciasse il primo fiore,
ma purtroppo dopo sei mesi la speranza fu spezzata. Quando
fu nuovamente in attesa, ho pregato tanto San Domenico
Savio, davanti a un bel quadro regalato dai Salesiani di
Scanzano. per tutti i nove mesi, nella speranza che arrivasse
la felicità nella casa di mio figlio. Infatti, a settembre è nata
una bellissima bambina, che gode ottima salute. Vogliamo
asprimere la nostra felicità e la nostra riconoscenza. Che i I
Santo ci aiuti sempre.
Castellammare (Napoli)
FRANCESCO BONIFACIO
L'ultima delle mie figlie ebbe il grande dolore di perdere il
primo figlio nel parto. Ebbe poi il conforto di due figlie, anche
se con taglio cesareo; ma desiderava tanto un maschietto.
Per questo pregavamo tanto San Domenico Savio. Quando
fu di nuovo in attesa, intensificammo le nostre preghiere. Lo
scorso agosto arrivò il giorno atteso, di nuovo un parto ce-
sareo, ma venne alla luce un bellissimo maschietto che chia-
mammo Gabriele, come Il nonno paterno. Desidero esprimere
la nostra riconoscenza sul Bollettino Salesiano.
Salerno
CARMELA ROMA In ALFONO
RINGRAZIANO ANCORA SAN DOMENICO SAVIO
Angela Mariani (Desio, Milano): « La mia bambina sof-
friva di un male che nessun medico riuscl a guarire, nonostante
tutte le cure fatte. Disperata, mi sono rivolta a S .D.S. e sono
stata esaudita: la bambina è migliorata».
Giuseppina Bonetti (Palermo): « Dopo tre maternità sfor-
tunate mi rivolsi a S.D.S. Ora mi è nato un bambino sano e
salvo, che ho chiamato Domenico. Lo invoco anche per mio
figlio e mia cognata».
Domenica e Tommaso Geuna (Bagnolo, Cuneo): « Nel
1969 mia moglie era in difficile stato di gestazione. Mi sono
rivolto a S.D.S. Ci è nata una bella bambina, sana e robusta,
Maria Grazia, che ringrazia insieme con noi».
Giuseppina Rotiroti (Serra S. Bruno CZ): «Affetta da it-
tero gravidico e ricoverata in ospedale, dopo tre settimane ho
dato alla luce un bel bambino, al quale abbiamo dato nome
Domenico in onore a S.D.S. per la sua efficace protezione».
Antonia Salvi (Roma): « Dopo 12 anni di matrimonio senza
figli, avendone persi quattro, mi è nata una bambina bella e
sana, per cui ringrazio S.D.S., M.A. e D.B. ».
Antonino e Tanina Guarnieri (Torino) ringraziano S.D.S.
e M.A. per la felice nascita di Maria Ausilia.
Zià Dorina (Torino) ringrazia S.D.S. per la felice nascita
del nipotino Giorgio.
Francesca • Draio Giovanna - Fabbella Calogera - Facdn Anna - Falzone
Maria - Fanetti Angiolina - Fantini Antonio - F11vre Ant,1ela • Favre Palmira
• Ferraris Faustina • Ferreri Berrumlino - Ferruda Fidenzio - Filippini
Domenica - Fili•etti Giuseppina - Finocchi Mllria - Fiume Caterina - Fiori
GCaiurmseeplpai-nGn a-bFboiagzlizaitBi MriganroiulicMciaw- Fr-aGiraellMianariiSaennntai-naFr-oGlaalMvaanrioaLnninaa-
Fulco
- Gani
Emilietta - Garino Romano e Elvirn - Garrè Giovanna - Garronc Giusep-
pina - Gastaldi De Dominici Giovanna - Geltrudini Caterina - Gemellaro
Maria - G..noni Maria - Gherardi GiWJeppina - Ghiglia Marino - Giaoo-
muzzi Gioacchino - Giallombardo Adalgiaa - Giambelli Maria - Giambrone
Anna - Giannetto Giuseppe - Giannini Carmen Suom - Gigli Teresa Silvia •
Giordano Anna - Giordano Caterina - Giovanelli Elvira- Gogl.iardi Concetta -
GraJSo Antonill - Gruso Gina - Grimaldi De Lw:i Felicita - Griva Giuseppe
• Guam.ieri Attilia - Guerren,, Carmela - Gugliatta Antonino - facchini
R0<1inn - lnvemizzi Carla - lorfìda Olga - Lanuschio Maria • Lembo Giu-
seppa - Lenardon N . - Lentini Mariassunta - Lenuzza Tino - Levequc
Giuseppe - Liberti Rosa - Liboà Anna - Licalzi Calogero - Longhitano
Serafina - Lo Savio Liruhl - Lovnto Luigia - Luce Cervato - Maggio Sera-
fina - Magnana Maria - Magoga Caterina - Magro Michela - Malinvemi
Famiglia - Mancuso Angela - Mandia Francesco - Mantelli Carolina -
Marengo Maria • Margarona Rosina Suora - Mariano Anna - Marongiu
Ortensi11 - Màrsanò Paolina - Màrsilio Candida - Marzani Ester - Ma.s-
sarenti Famiglia - Materia R0<1a - M=acehl Francesco - Mazzottn Antonio
- Melone Mllddaleru, - Meloni Giovanna - Meneghini Tullia - Medini
Carolina - Merlo Ma.riuceia - M erlotti Maria - Micolì M. Stella - Milani
Lucia - Mingaio Brigida - Mirarchl Bettina - Mittica Pina - Moenza Anto-
nina - Montemurro Gemma Nerina - Monti Maria • MQnticclli Marghe-
rita - Moru:eglio Evasio - Morelli Pasquale - MCln'll Giovanna - Motti Gia-
oomo - Mura Francesca Murari Ida - Murgia Elisa - Nicolazzi Rita -
Nicolini Jolanda - Oberosler Orlando - Olivini Davide - Olla Anastasia -
Omati Santina - Orescano Concetta - Orlando Concetta - Onini Rosa -
Ottonello Leoncini Anna - Paniccia Anna - Parisi Rosario - Parodi Lorenzo •
Past.réllo Marilena - Patemoster Francesca - Pellegrini Rosa - Pennati
Luit,li - Peroni MMia - Persella Anna - Pesando M . Teresa - Pesola Bet-
tina - Petratto Luigi - Pira Santa - Pizzi Fortunatirut - Poggi Lina - Polani
Domitilla - Poletti Maria - Prete AnBiolina - Quarta Mario - Randi Con-
cetta - Ranieri Anna - Ravinale Cristina - Raviola Luigi - Revello Domenica
- Riccadonna Anna - Ricci Giuseppe - Ricotta Costanza - Rigobcllo Gio-
vanna - Rinaldi Lucia - Rina.Idi Maria Luisa - Riva Onelia - Rizzo F.ran...
cesca - Robecchi Santina - Roochi Massimo - Ronchi Sergio - Ronco Maria
- Rondano Rosina Sorba ... Rosina Gaudenzia - Rossi Annina - Rossi Letizia
- Ro..iuo Erminia - Ruflìno Rosanna - Saccà Mllria - Sacchettini Caterina -
Saggia Rina - $agoni Angela - Sandaz Dina - Sanna Franceschina • Sanna
Maria - Siintoro Amalia - Sooru Piero - Setti Adriano - Settimo Margherita -
Sfondrini Mariuccia - Siletti Wilma - Silò Franco - Stilo Angela - Stivola
Ninetta TartaaUni Giulia - Terranova Antonio - Terrazzano Michele •
Testa Domenica - Tir..ui Pietro - Tolassl Ada - Tomaselli Antonina - To-
medì in,. Elvirn - Toni Gemma - Tosi Ester - Trat,1ella Palmira • Tre-
moloda Stella - Tretta Maria - Turturici Antonina - Ugliottl Maddalem -
Vacca Ines - Valenza Rosario - Valle Letizia - Valle Rosa - Vanzo Candida
- Vergano M, L. - Verze.roll Andre.ina - Vìcìni Angela - Vìgorito Giulia -
Viola Famiglia • Viretto Mar11herita • Visalli Caterina - Vitiello Emma -
Vivona Francesca - Voa.rino Rina - Volpini Battista - Webu Angelina -
Zadro Teres11 - Zanderigo Giovanna - Zantini Antonio - Zen.i Luigia -
Zeno Pa,qwlina - Zerl/lno Paolo - Zimbado Maria - Zimbardo Antonia -
Zinchetti Antonia - Zuccarcllo Maria - Zucchetto Concetta.
33

4.4 Page 34

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$ALES/ANI DEFUNTI
Sac. Olov. Bardata AcscnJ t a Scluciua
a 66 anni.
Dalla generoaa Sardegna ragl{iunee I'lttituto
Sate,io.no di Cìe.nznno, ove maturò la 1u1 vo.
cazione ■alcslana e aace.rdotalc. I n un lavoro
inintc.rrotto di oltre 40 anni 1vol1c con im•
pegno non comune le mansioni ordìnuie
delle noatre Cuc: la acuoi.. la diociplina, la
direzione dcll'Ontorio, il mirunuo parroc-
chiale. Nella ,ua umllti fu acmp<e fedele al
dovere ni mai aapirò al riconooc:imento della
sua fatica. Ancon due mesi prima della eua
dipartiia, compl un'ultima ubbidien>:a a lui
costo.a, che ali avrt aumenbu. la r,compenu
od ciclo.
Sac. Parten.lo ~ t a Frucati -
Villa Son • 54 anm.
Dotato di nraordinario ingegno, lruegnanie
■ Umato e apprettato nei licci ulealanl di Alu-
1io, Pordenone e Roma - S. Cuore, ove 11li
fu affidata pure la preaide.nu, venne poi
chiamato a dJriaere le nostre Cuc di Ronu,.
Gerini e F'ra,cati - ViUa Sora. Fu autentico
aa.letiano in mcz~ ai giovani. che amava, vi•
vc.ndone i gravi problemi, e pu loro nai6cb
le aue mlaliori energie, pur con la aua mal-
ferma ealute. Punto come pochi nelle idee,
che esponeva con men111iglion preci,ione, in
queero rcmpo di contesrazione ali ~ uau, do
tutti riconoaduto la dote dello oncatl\\. La ,ua
inrcllieonn e il tratto •qui1ito rim1naono
scolpiti in coloro che l'hanao conotciuto o ne
pianaono la ,comparaa i.m.matura.
Coad, Salvatore Mlll'II t a Lanusei a 63
anni.
Ha viHuto con couenza e acrupolositl la 1uo
vita rellljiou, occupato specialmente come
infe.rmiue, nel naacondimento e ndla ded.i.-
iione, Jir oltre 40 anru. Dopo un lunao pe-
riodo I malarti1, riprese con lena il 1uo diu-
turno lavoro~ pieno di premure e anenaìonl
pu ,I buon andamenro dcUa Cua. Intuendo
delle nc«.1iti impron-isc, provvedeva dJ po.r-
1001 aecon.d.o le varie esjgeni:e, inc:u.ranto della
sa.Iute ,c.mpre m.alle.nn.a. "La 1ua memori•
rimarti in bcncdisione.
Sac. Rocco Rubino t a Bari • 65 •nnf.
SI ttra 1liuo con fatica dlll letto e al confra-
tello che lo ànvìtava a fer1nar1{ in camera per
non affaticani, ri1po1e che doveva scende.re
in clùt11 per {are la Comunione, poichf d.a
vari giornl non celebrava più e voleva andare
lui a ricevue il Si..,orc. Durante 11 celebra-
zione cucari1tica più volte chieoe al 11c:ri1ta
ae era eil ,iiunto il momento dclla Comu-
nione e lo inviti> ad andare ad aeccrtancne.
Ricevuto Ceeù ncl cuore, poggi6 11 tetta aul
butono con cui ti accomp1anava nd brevi
trarti d1 cammino, e 1pitb. Guù era nnuto
a prenderlo per portarlo nella cau del Padre.
Sac. Alleo Gatta t a Geruoano a 7s anni.
Dotato di un ingegno brillante, profuH nol-
l'in•eNnamento le aue migliori entrai• fln
quando pot~ lavorare. Con ciru1le lena atteoe
alla dirctione deali upir■nti: meueva co.,l a
profiuo del giovani, le spiccate attirudlni di
direzione 1pirituale. Purtroppo una p1rali1i
pro,reuiva venne a frenare la aua e.uberante
donuione: durante il lun1ro calvario nella
sua 1erena ru1egn.a.z:ione alla volontl d1 Dio,
ba conrinuato i.n maniera mirabile ad n1e.re
un • maenro • pu , giovani ed i confratelli.
Sac. Du1Uo Pini t a La Spezia a 6o anni.
Fu salcaiano e aacerdote -z:e-Janrc e generoso,
soprattutto in mezio ai gio,-arii. Come inse-
gnante, e.ra •ppn:iuto per la sua predea
programma.tionc, pu 11 Wdattica chiara e
semplice. Sewulva con anenta prcmun gli
ex-allievi, che riconobbero sempre in lui il
loro valido educatore e maeatro.
COOPERATORI DEFUNTI
JEUaa Plssl t a Dova,
Moglie dd preaìdente locale degli E:a:-allievi
Don Bosco, e:n coopuatrice 1aleaian1 da
28 anni. La 1ua 61un eailc e dolce attirava
le pereone di oani ceto, ed era la confidente
cli centinaia cli creature che in lei riversavano
pene e gioie., necu•hJ. spirituali e materiali.
Fu di fede esemplare I tutti. Era con,iduota
la •mamma• dei SalCJiani e delle Fi11lie dl
M. Au11llatrlrc della piccola cittadina cala-
brese.
Moiu. Mario Volpe t a Livorno a 68 anni.
Fu un aacerdote di Dio, dedito a un instanca-
bile., soffut.o e acnuoto su-vizio del S.ia-nore
e del pro.-ai mo Aveva ricoperto i mportantJ
incariclu nclla tua Oiocni, e fu membro dcl-
l'Asaociazione Biblica lialiana. 1 611U di Don
Bosco ricordano e pi■naono in 1ui un amico
fedele.
OlUHpplna CurlonJ ved, Pfold t a Mìlano
a 85 anni.
Ex-allieva dello rialie di M. Ausiliatrice, fu
fedelissima a Don Bosco, del quale propatr6
intensamente. la dovoz,one, e. da cui ottenne
iirazie inaigni. Lo ricambib donandogli l'unica
6alia nell'latituto delle FM.A. Vedova e sola,
negli ultimi ■on1, vine ne.Ila preghiera, con•
fortata dalla prcoenu delle vicine Fielic di
M. Al.WUatrice.
Caare Antonio Dtdone t a Fontaniva
(Padova) a 7S anni.
Tre anni da ,offerenae ■«t.ttate c~n ru~e~n••
zione e pa.zien1a1 tre anni di Vita en1h■na.
piU intcn.Ja, nutrita di Cristo nei Sacramcnh,
hanno compiuto e purificato il suo camnùno
terrestre. Dal letto ho continuato a e11cre
maestro di vita per , figli, ai qu.all ba lasciato
come testamento: • amatevi come fr■tclli •• e
per tutti quelli che l'hanno conoaduto. La
su.a vita ti porrebbe ainteriusre jn quctr■
definizione: ~ au.to un uomo buono.
Rosario c:av. 9u.lllllJDIUlte t ad Aliminuu
(Palermo) a 7<1 anni.
Coopcrarore nella parrocc hia aalcaiana del
Redentore di Bari, ,i ~ di.ttinto per limp,-
dezn cri1tallin1, fede profonda, caritl verao
i fratelli bi1ogno•1, apirito di preghiera, d1-
1po:nibiliti 1ere,na e 1eria. Svoue il suo com-
pito di funzionario di P.S. io Italia t in ACric1
con cosciente dcdi%1Qnc. e offerse con ae.ne..
rosit.à 11 1u1 viti a.I Padre: e Sono pronto
alla Sua chiamata, in oifl.,i momento•,
Rosa Cllrllnl t prcuo Rimini a 62 anni.
Vine di lavoro, dl preghiera, per la fami11li•
e per i fratiru. Donna cnugica, dinamica,
u-via, luna:ivit.,urente, caritatevòlc, a.ocievolc,
1e:re.n.1 anche nelle avvenid, (u 1timata da
mtti. Lucia 11l'1m.ato consone, cav. Ferd,..
nando Montii::ellr. i. continuazione de.I 1uo
messaggio di cariù.
Mons. Carlo CbJesa t a Torton.a a 95 anni.
72. anni di 1ace-rdazio, 50 di inaegnamento
neJ Seminario dioceaano, 30 anni di 1uistenz.a
relipoaa alle Figlie di M. A. nell'latituto
San Giuoeppe, 1000 le cifre concrete di una vita
tutta visouta con fede e dedizione al bene della
Chiesa e della Oiocui, a ed,fìcazione del
Clero e del Laicato, Fu un ammiratore di
Don Roseo e suo gcnuo10 coopcntore. Ma
volle fare nmo nel nucondlmento. L'Opera
e 1■IC11iana gli
profondamente arara; Don
Boaeo, di cui promouo il culto opecie nelle
arandioae feste della bcan6cazione e canoni%•
uzione. lo ha accolto con ,:ioi• nella casa
del Padre comune.
Alberta SJolcad IUnaldJ In l'WpplnJ t ad
Arborea (Oristano).
Il 1uo ricordo vive nel cuore d, clu la conobbe,
Do«. Ernaco Occl t ad Arborea (Oristano),
A ricordo di quantl lo conobbero e lo ati-
marono.
TCNlla casreltaro In DemaabtrJ t a Con-
.uno MonL (Alcuandria) a 77 anni.
Donna umile ma ricca d1 (cdc. acrvl con amore
una aore!la inferma e il ma.rito cieco cb circa
rrent' anni. Trovava 11 1ua fora nella Meua
quotidiana. Ha dato con 11io1a il figlio Don
Luiai alla Famiglia Saleoiana.
Ludovica MtcUon t • Falketto (Cuneo)
a 81 IUllÙ.
Di bonti squisit• e di a,andc pietà, portava
la pace dove putava. Gli ulttmi anni, quando
1rii le forze si indebolivano, furono tutti una
preahicra.
Antonla Perona t a Fallcctto (Cuneo) a 77
anni.
Vi11e per Ja ramia:lia, nt:l lavoro, nel ucri•
flcio, nell'umilti.
Pietro l'cllce PMmarinl t a Spirano (Ber•
gamo) _. 87 anni.
Ammiratore di Don Botco e auo coopen-
tore fin daJ 1917, con 1'ncmp10 del auo costante
nai6cio educò 0 110 611h a una Ylta di inte-
ariti e dl lavoro. Ne retraili ben quan:ro al
Signore: Don Ciuuppc, porroco nella dio-
cesi di Bergamo. Don Pietro è mis.sionario
comboniano in Uganda, Don Batti•"' è 1a-
lcsi11.10, e mis,s:ionario in Venezuela. L'unica
fi&1:lia è a.ncb'ena nt.iHionaria in Venezuela
tra le Figlie di M. A. Non ba IRlciato in eredità
ricchezze- matcriaH, m• i 1apie-.nti conai1Li
di un padre tuno dedito ai 1uoi 6glì. Ai funerali
hanno conùlebrato oltre 30 sacerdoti, rra
i quali Don Henrique,r, del Co~glio Supe-
riore Salesiano, a totimon,uc la riconoscenza
della Chiesa e della Conarcrazione.
Conuaa A1berdna dc La •orat di anni 81,
moncata il 29 M.arzo, Sabato Santo. Legata
alle Opere di S. Giovanni Boaco da sineolare
ammirazione, vi•ae ne.lt• preghiera e nella
Bcne6cenn. E1empio di vita crilliana intet•
1u11 di bontli. Miria Au1ili1trice avrli accolto
in cielo Ja pia cooporatrica.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Don Francesco Ori11lia - CC111rina Pace •
lnvemizzi Giovanni - Liti Maddalena •
Muratori Giuliana Luaa • i>.po Antonino •
Papa Serafina • Robino Michehna ved. Correte
• Sibona Giovanna vcd. Del Tetto - Ucci
Ernesto Dr.
Per quanti cl hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. ricon0$Cìuta _giuridica•
mente con O. P. oel 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente per10nalità giuridica per Decreto
13-1-1924 n. 22. possono legalmente ricavare Legali ed E111dit,. Formule legalmente valide sono:
se t..ttul d'un legato: «... lascio alla Dnzlone G11netalll Op11r11 Don Bosco con nde In Rom• (oppure all"lst.ituto Salesiano p,r le missioni con ude
In Torino) titolo di legato la somma di lire . •••.... (oppure) l'immobile sito in .... •·
se tn11t1sl, ,n-.ece, di nominare erede di ogni sostanu l'uno o l'altro dol due Entì su indicati:
1 ... annullo ogni mia precedente dt~slzlone testamentaria. Nomino mio erede univer~le le Dirttzlon• Gena,11/e Opere Don Bosco con sede in Roma
(oppure l'Istituto Salesiano per le M/1#/onl cr,n sede In forino) lasciando ad esso quanto ml appartiene e qualsiasi titolo•·
34 (luogo dat•)
(firma p,r dìSIIISO)

4.5 Page 35

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Borsa: Maria Ausilhtrlce, in m,-
moria t:. ~11.f/ragio di Mcms. Ertttslo
Contt, o cura di Corte Viola, Sestri
uVllJlte (GE), L. 100.000
Borsa: D. Filippo Rlnaldi, in
11remoria ,ufjragù, di Gillio Lodo-
vi,a, a curo delle Famiglie Tab3sso,
Chieri (TO), L. 60.000
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Bosco e Zeffirino Namuncurà,
per grazia ri.cevuta, da Coniugi
Damiani, Mede (Pavia), L. 60.000.
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a cura dei nipoti di Genova. L. 60.000.
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Giovanni Bosco, a cura di Canta
Giu&eppe e Filomeno, Arco Ftlicè
(Napoli), L. 50.000.
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no1tro caro _papd Reposs, Antonio,
a cura della figlia Repo••i Rosina,
Abbiategrasso (Milano), L. 50.000.
Borsa: In memQYÌQ di Ftr,ario An-
giolttta, a cura del figlio Don Paolo
Ferrario, parroco di S. Pietro in
Ca•telvecchio (Va.rese), L . 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura
di Martinelli .Franca, Minervino
Mur11e (BA), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausilhtrlce e Don
Bosco. per lt mìt nu,:srità e Ptr i
miti figli, a cura di Invemizzi Maria.
Caviuonc di Truccazzano (Milano),
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DEL BOLLETTINO SALESIANO
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, S. Domenico Savio
e Beato D. Rua, in n'ng,CLw-ianumto
e chiedendo ancora prottziont, a
cura di M. P., Acqui Terme (Ales-
sandria), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gfo-
vanni Bosco e S. Domenico Savio
perché prottggano sempre la mia
famiglia. a cura di Bracco Alina,
Milano, L. 50.000.
Borsa: Marla Auslllatrice e Santi
Salesiani, per grazia rict.fJ.ttla t.
invocando ancora prott-1/Wne rulla
Famig/i.a, n cun di N. N. Gattfoaro
(Vercelli), L. 50.000.
Borsa: / n suffragio tùl figlio Pic-
cintlli St,fm10 di Pùcin,lli Lw'g,,
a cura di Da Col Piccinollì Moria,
Pisogne (Brescia}, L. 50.000.
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r1-eonoscen.~a e cldt.dt11do protezione
pt!r sé t pu i propri c.an·, a cura di
Benso Rcnaca, Padova, L. 50.000.
Borsa: In suffragio del/• Amn~ del
P1.1.rgatori.o più dimtnticatt, o cura
di Tngarelli Arcangelo, Noicattaro
(Bari), L. 50.000.
Borsa: In ml,rwria di Avlnt"a n;-"go
Gaetana Tedesco, a cura del figlio
Sac. Dr. Calogero Avenia, Conicattl
(AG), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, implorando pro11ziorM
~ g,-a2it, a cura di N . N., L . 50.000.
Borsa: In memoria di Ugo Pa11e
nll pn·mo anniversario della mo·rte,
a cura della moglie Pane Osvalda,
L. 50.000.
Borsa: In memoria di Don Felù:t.
t Don Giacomo iWussa, a cura di
Ti. B., L. 50.000.
297 anni di missione. I sei missionari in cima alla gradinata (la foto è stata scattata
alcuni mesi fa a Shillong, India) vantano queste cifre record: 457 anni di età comples-
siva, 324 anni di professione religiosa, e 297 anni di vita missionaria; in media, 76 anni
dì vita, 54 di professione e 49,5 di missione per ciascuno. In basso a destra, il Superiore
delle missioni salesiane don Bernardo Tohill.
Borsa: Maria Ausillatrice e Don
BoscoJ in m~moria dti genitori,
a cura Piana Carlo, Cirié (Torino),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausllhtrlce e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di M. .E.,
L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo•
vannJ Bosco, in ringraziamento dei
benefici ricevuti e i'nvocando grazie.
e btnedizioni, a cura di Gillio Lo-
dovica e Famiglia, Chieri (TO), Lire
50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Con-
solatrice, a cura di Pcyrache Adele,
Torino, L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria ddla
mamma Fiora VittoriQ, a cura della
figlia Guglielmi Rosa, Vallebona
(Imperia), L. 50.000.
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria
Ausiliatrice e Don Boseo, per
aver otttnulo la ,olu.ti di un caro
congiunto, a cura di Basetta Carlotta,
Mede (Pavia), L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura
di Vinovo Cado e Mariella, Torino,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausllhtrlce e S. Gio-
vanni Boseo, p,rchi proteggano i
,wstri &acerdoti e li Jac.ciano santi,
a cura di N. N., Torino, L. 50.000.
Borsa: S. Domenico Savio, ·in
zu,ringraziamento e per invoea,~ gra-
a cura di N. N., Torino, L. 50.000.
Borsa: /ri suffragio dei coniugi Cara-
mt:IHrto, a c.ura di Borgogno Pierino,
Torino, L. 50.000.
Borsa: Beato D. Michele Rua,
a cura di Grio Ines. Trieste, L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vannJ Bosco, iffl}()(ando una grazia,
a curn di Piccini Lucia, Trieste,
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausillatrice e S. Do-
menico Savio, per la guarigion• di
una bambina, a cu.rn di Pantaleo
Giacomo, Andnmo (LE), L. 50.000.
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo•
vannJ Bosco, per ottenne ,wa grazi.a,
a cu.ra di Maria Teresa, S. Secondo
(TO), L. 50.000.
Borsa: Maria Auslliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in memcria di Pattcca
Maria Carolitia, a cun di Zannino
Lina, Luigi e Giulio, Pazzano (Reg-
gio C.), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni BoR0, in menwria dilla ~ÙJ
Pacecca Maria Carolina, a cura
di Zanmno Lina, Luigi e Giulio,
Pazzano (RC), L. 50.000.
Borsa: A t.urti i S(lnti Salesiani,
cura di M..alaAngelina, Bosa (NU),
L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura
di Bazzano Laura e Maria, Trino
(VC), L. 50.000.
Borsa: Carlo Maria Bianchi,
a cura di Bianchi Ma.ria, Mestre (VB),
L. 50.000.
Borsa: Pio XII, a cura di N. N.,
L. 50.000.
Borsa: « Opus Justiliae Pax»,
a cura di N. N., L. 50.000.
Borsa: Marla Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e Santi Salesiani,
per gra~ia ric(tt}ut.a, a cura di una
Coopernu:ice di Rom..<\\, L. 50.000.
Borsa: In suffragio d,l marito Pa,qualo
D'Agos1ino, a cura di Morali Anna,
Genova, L. 50.000.
(<1onuru•>

4.6 Page 36

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iii
".,'
...tu::
"a.",
·e.;
oii:
Spedlz. 1.n abboo. postale - Gruppo (70) - 1• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Quindicinale di informazione e di cultura religiosa
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene-
meriti e amici delle Opere di Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 - 10100 Torino • Tal. 48.29.24
Direttore responsabile: Teresio Bosco
Autoriu. dal Trib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
C. C. Postala n. 2-1366 Intestato a: Direzione Generale
Opera Don Bosco - Torino
-h• C.C.P. 1-6115 intast. a Dir. Gen. Opere D. Bosco - Roma
Parcambio d'IndirizzoInviare
l'lndlrlzzoprecadente
________________________________ .....................................·- - -..- · · · · - - ·..- ·...· - - -............, _
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z
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