Bollettino_Salesiano_198211


Bollettino_Salesiano_198211

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BOLLETTINO
ANNO 106 N.11 1• QUINDICINA • 1 LUGLIO 1982
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° (70J
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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BOLLETTINO SALESIANO
eld
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
Fondata da un Giovanni B01co nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
IVNiaDdIeRllIaZZPiOsana 1111 - Casella post. 9092
00163 Roma-Aurelio. Tal. 06/69.31 .341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Gen. Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE GIUSEPPE COSTA
Collaboratori. Giuliana Accornero - Marco Bongioanni - Um-
berto De Vanna - Elia Ferrante - Domenica Grassiano - Adolfo
L'Arco
Fotogra fia Fulgenzio Ceccon Archivio Guido Cantoni
Propaganda G'iuseppe Clemente!
Dlffualone Arnaldo Montecchio
Fotocompoalzlone e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Reglatrazlone Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL ■ BOLLETTINO SALESIANO• SI PUBBLICA
* ti primo di ogni meae (undici numeri, eccetto agosto) per
la Famiglia Salesiana;
* li 15 del meae per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazlone. La Direzione invita a mandare notizie e foto
riguardanti la Famiglia Salesiana, e s'Impegna a pubblicarle
secondo il foro interesse generale e la disponibilità di spazio.
Edizione di metà meee. Redattore don Armando Buttarelli.
Viale dei Salesiani 9, 00175 Roma. Tef. (06) 74.80.433.
IL ■ BOLLEfflNO SALESIANO• NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni nazionali e 20 lingue di-
verse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) In:
Antille (a Santo Domingo) - .Argentina Auatralla Austria
a.Iglo (in fiammingo) - ■olivia• Braille Canada Centro
America (a San Salvador) - CIie ■s Clneae (a Hong Kong) -
Colombia EcuadOf' Filippine Francia Germania
Giappone Gran Bretagna India (in Inglese, malayalam,
tamil e telugù) - Irlanda Italia Jug011lavla (in croato e in
sloveno) - Korea del Sud ■S Utuano (edito a Roma) -
Malta M. .alco Olanda - Paraguay Perù Polonia
Portogallo Spagna Stati Uniti Sudafrica Thallandla
Uruguay Venezuela.
DIFFUSIONE E ABBONAMENTI
Il BS à dono di Don ■oeco al componenti la Famiglia Sa-
lesiana, agli amici e sostenitori delle sue Opere.
È Inviato In omaggio a quanti lo richiedono.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti del
possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecch io.
IN QUESTO NUMERO
~ 1 LUGLIO 1982
ANNO 106 - NUMERO 11
IN COPERTINA:
Madagascar: Gabbiano sul mare
Servizio di copertina: pp. 3-4.
LE IDEE
Oltre il mare, 3. 4
Dossier Africa (Sud Africa, Ngwane e Lesotho), 13•25
ESPERIENZE
Duemìla e più ragazzi in Basilica, 7
In migliaia a Parma per ascoltare Zichichi. 7
In festa per fare comunità, 9
Vacanze a Uxbrldga, 18 -19
PROTAGONISTI
Filo diretto con Raffaello Farina, 8
GIAPPONE /
Incontro fra l'On. Pertini e don Livlabella, 5
ECUADOR /
Alto riconoscimento ad un Infaticabile salesiano, 8
Cuenca ha perso un apostolo, 9
MOZAMBICO/
Siamo sempre stati fieri di lei, 9
Da attivista a mlulonarlo, 10-12
Processo a 1uor Euubla Palomlno, 2fl•31
RUIIIICHE. Don Bosco è notizia, 5•9 - libreria, 32 - I nostri
santi, 33 - I nostri morti, 34 - Solidarietà, 35
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2 BOLLETTINO SALESIANO I LUGLIO J982

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OLTRE IL MARE
Il mareè scritto dalla storia dei gabbiani.
Gabbiani in alto, eppure nel profondo del
cuore dell'uomo, che hanno visto la tempesta e
il segreto desiderio, il delirio e l'approdo uma-
no.
Mi segnano di orizzonte e di libertà.
E penso.
Penso alla gioia di esistere, nonostante il do-
lore, l'odio, le prepotenze, le atrocità del mon-
do.
La gioia di Qualcuno, non per qualche cosa.
La gioia dell'essere, non dell'avere, di cui
abbiamo fatto la sbornia.
Non il possesso, il potere, il successo di que-
sta società mercantile, consumistica, alluci-
nante, di tutte le cose che, possedute, deludono,
che, perdute, ci prostrano, che, sperate, ci av-
velenano, ci fanno impazzire.
La gioia dei santi, di san Francesco: due ba-
stoncini di legno incrociati, ed egli suona. Suo-
na davvero, trascina uomini e cose sull'altra ri-
va.
Solo, per i monti, assoluto dominio dei bri-
ganti. Ma tu chi sei? Sono il giullare di Dio.
La gioia di Don Bosco, il suo dono di amore
che crea gioia nel primo incontro con Barto-
lomeo Garelli, che crea santità nel cuore di Do-
menico Savio, la santità dello stare allegri.
Gabbiani sul mare.
Oltre il mare, oltre il cielo, mi incontro con
Dio per dirgli che sono contento di Lui.
Per parlargli, così, nel vento che viene.
Parlargli con il cuore. Il cuore che fu il luogo
privilegiato di Don Bosco.
Parlargli come si parla ad un amico. Perché
solo questo Dio che mi ama, può farmi inna-
BOLLETTINO SALESIANO I LUGLIO 1$18? 3

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morare. Solo questo Dio mi può fare impazzire.
Ho bisogno
del «mio» Dio
Ho bisogno del «mio» Dio, di questo Dio che
è arrivato un giorno sulla mia sponda come una
grande mareggiata di speranza, di misericordia,
di perdono.
Di questo Dio ho bisogno.
No, la fede non è un pacco di notizie. Cre-
dere è stabilire un rapporto d'amore con una
Persona, è morire dalla voglia di sapere:
chi è
come è fatto
quali sono le sue promesse
che cosa mi chiede
come può accontentarmi
perché si vuole legare a me
dove mi porta, quale è il suo paese.
Credere non è accontentarsi di sapere che
Dio esiste. È compiere un atto estremo di con-
cretezza, di esperienza, di comunicazione, di
comunione. Condotti per mano da Cristo stesso.
Coinvolti dalla Chiesa, attraverso i sacramenti,
nella sua intimità.
In questa concretezza, Dio - che è il Dio di
tutti, che è dentro di noi e che è fuori di noi -
diventa il «mio» Dio. Non un Dio impersonale,
generico. Non un Dio astratto, inutile, che ma-
gari ha salvato il «genere umano». Ma il «mio»
Dio, che mi ha visto moribondo, ed ha deciso di
morire per me.
Come dimenticare il suo volto? Come di-
menticare le mani, con le quali mi ha caricato
sulle sue spalle? Come pagare questo debito di
amore, di riconoscenza per tutta la vita? Per Lui
che è morto al mio posto!
Quando Andrea e Giovanni seguono Gesù
per vedere dove abita, l'evangelista riferisce
l'ora: «Erano circa le ore quattro del pomerig-
gio».
Gesù, «sapendo che era giunta la sua ora» -
ecco il testamento, il dono, la vita per sempre in
quell'ora! - dopo avere amato i suoi che erano
nel mondo, «li amò sino alla fine». L'ora in cui
la storia si quarta nell'incontro con la salvezza:
«Era verso mezzogiorno, e si fece buio su tutta
la terra fino alle tre del pomeriggio)).
Paolo racconta la sua conversione: «Ero in
viaggio e mi avvicinavo in Damasco, verso
mezzogiorno».
André Frossard ricorda l'ora in cui, entrato
in chiesa, da miscredente, ne esce da cristiano:
«Erano le ore 17,10» in quella cappella del
quartiere di Parigi.
Parlare con Dio è stabilire un rapporto per-
4 BOI.LETTII,'() ~lESI.ANO I LUGLIO 19'01
sonale, un evento indimenticabile, di amore, di
amicizia, di gratitudine: mi ha salvato dal
pianto, dalla morte, dal peccato. Dove lo trovo
un Altro come Lui?
È innamorarsi, abbandonarsi interamente,
liberamente in Lui.
Mangiarlo nell'Eucaristia, ma anche nella
Parola, secondo la sconvolgente vicenda di
Ezechiele: «Apri la bocca e mangia ciò che ti
dò... mangia questo rotolo, questo libro, e poi
va' e parla alla casa di Israele».
Come è squallidamente fredda, invece, la
notizia che diamo, spesse volte, di Dio!
Un Dio per
il «mio» cuore
La Persona p1u cara, pm vicina, l'amico.
Quello che ti conosce per davvero, che ti capi-
sce, che ti piglia sul serio, che ti salva. Quello di
cui non puoi fare a meno di meravigliarti.
L'amico. Quello con il quale tu discuti, passi
volentieri il tuo tempo, al quale confidi i tuoi
progetti, i tuoi abbattimenti (come farebbero gli
altri a capirti?), al quale parli dei tuoi fratelli,
delle loro sofferenze, delle loro gioie, della spe-
ranza di costruire insieme il domani dei deboli.
È l'Amico con il quale talvolta litighi. Ma per
rappacificarti immediatamente dopo, con
un'amicizia ancora più intensa, più vitale. L'A-
mico del quale, talvolta, ti stanchi, ed allora ti
allontani, ma poi ritorni sul tuoi passi, per dirgli
che ti è indispensabile, che non puoi fare a me-
no di Lui.
Non un Dio cerebrale, ma un Dio al quale
rivolgere parole semplici, sincere, affettuose. Le
parole di chi ama:
- che gioia incontrarti!
- come ti chiami?
- dove abiti?
- che bai, o Signore? Mi sembri così sciu-
pato!
- è possibile rivederci?
...:...... a quando? Ho bisogno di sapere, di co-
noscere, di essere te!
Credere è far passare questo Dio per il cuore:
perché è qui che si decide la vita dell' uomo.
Il cuore: è qui che Dio diventa vivo. Miste-
rioso, eppure sensibile. Indefinibile, eppure
umano. Qui, la risposta o il rifiuto, il peccato o
la speranza. Qui l'aridità o il pianto.
Il pianto che implora dalle profondità del
vuoto. li pianto della beatitudine che ha trovato
Dio. E non ha più parole.
Più lontano del mare, del cielo, al di là del-
l'orizzonte, della libertà, delle ali del gabbiano.
Nino Barraco

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DON BOSCO È NOTIZIA
CECOSLOVACCHIA
EHrcltava un Influsso
maleflco
Bratìslava. A due anni di
prigìone è stato condannato
dal tribunale della città slo-
vacca ìl sacerdote Gunter
Matej Romf, salesiano, 37,
anni per avere violato la leg-
ge che proibisce l'apparte-
nenza a congregazioni re-
ligiose e soprattutto per
avere «Illegalmente» impar-
tito l'Istruzione religiosa a
una quarantina di giovani
zingari, allievl di una scuola
per ragazzi handicappati.
Numerosi ragazzi, depo-
nendo come testimoni, han-
no manifestato un profondo
affetto verso ìl sacerdote, ma
una istitutrice ha sostenuto
che «egli esercitava un ìn-
flusso negativo su dì loro,..
(ANS)
GIAPPONE
Incontro fra l'On. P•rtlnl
Oon Uvlabella
Il 1O marzo 1982 il signor
Presidente della Repubblica
onorevole Sandro Pertini, in
visita ufficiale al Giappone, sì
è incontrato con la colletti-
vità Italiana a Tokio, costì-
tuita per circa due terzi da
missionari di varie famiglie
religiose. In quella circo-
stanza, un funzionario del-
1'Ambasciata presenta il de•
cano dei Salesiani in Giap-
pone, don Leone Marìa Li-
vìabella, Il quale parla del
suo apostolato missionario
intrapreso 56 anni fa. Il
Presseidente ascolta con
attenzione. A guisa di
coommento don Liviabella
conclude: «Signor Presi-
dente. preghi per me...•.
Pronta e squillante la ri-
sposta di Pertini, ìl quale af-
fettuosamente ribatte: «È lei
che deve pregare per me!.
11 breve incontro viene
suggellato da una stretta di
mano e dal cordiale sorriso
del Presidente, con visibile
commozione di don iviabella,
unico superstite dei primi
salesiani enuti In Giap-
pone conmoonsignor Ci-
matti. Questo l'incontro e...
quest'altro il seguito.
«Da quando - ha scritto
recentemente don Liviabella
ai suol amici In Italia - il
Presidente m'ha detto: «È lei
che deve pregare per me,.
ogni giorno, nella santa
Messa, dopo la comunione,
la prima domanda che faccio
al Signore è per il Papa, la
seconda è per Pertini, la ter-
za per il Rettor Maggiore e
poi... gli altri•.
Garlbaldl fra gU amici
di Don Bosco
ITALIA, Mogllano Veneto
I festeggiamenti del centenario salesiano del Col-
legio «Astori» hanno vissuto un momento significativo
con l'inaugurazione del monumento a Don Bosco
(nella foto), opera in bronzo dello scultore Carlo Balll-
jana. Pensiamo - ha dichiarato il presidente della lo-
cale unione exallievi dott. Stelio Cocconcelli - d'aver
individuato in Ballijana l'artista adatto per tale lavoro
data la sua conoscenza e ammirazione per il Santo di
Valdocco_e anche la sua particolare sensibilità religio-
sa che gli hanno permesso di penetrare ciò che di più
caratteristico c'era In Don Bosco educatore: la sua
profonda intuizione e Incondizionata accoglienza del
giovane. All 'inaugurazione era presente fra gli altri il
Vicario del Rettor Maggiore don Gaetano' scrlvo.
ETIOPIA, Makale
L'Aspirantato salesiano di Makale è già una realta:
ben 25 giovani vi frequentano le scuole supenon men-
tre i primi cominciano a dedicarsi agli altri come istrut-
tori nella scuola tecnica.
Nella foto: Il sgnor Cesare Bullo salesiano coadiu-
tore con i suoi aspiranti.
Le celebrazioni centenarie
della morte di Garibaldi
hanno toccato il culmine Il 2
giugno 1982. Tuttavia ce-
lebrazioni sono avvenute
dappertutto e anche all'e-
stero. In Giappone, ad
esempio, per in1ziat1va dell'I-
stituto italiano di Cultura si è
svolta una conferenza su
«Garibaldi, la Francia e i
movimenti di liberazione».
L'ha tenuta l'addetto cultu-
rale italiano a Tokio profes-
sor Pietro Insana.
Alla conferenza è seguito
un dibattito dove non poteva
mancare - ed Infatti non è
mancata - una specifica
domanda sull'atteggiamento
di Garibaldi nei confronti
della Chiesa cattolica. Ri-
spondendo con assoluta
obiettivìtà a quel punto il
professor Insana - fra l'altro
exallievo dell'Oratorio sa-
lesiano del Domenico Savio
di Messina - ha voluto ri-
cordare un episodio pres-
socché sconosciuto e che
trova fra l'altro riscontro nel
volume Xl delle Memorie
Biografiche del Santo. Que-
sto il fatto.
A Genova nel 1875, nella
prefettura, pur dopo la par-
tenza del prefetto Colucci
che aveva già negato l'ap-
provazione alle scuole tec-
niche salesiane di quella
provincia. perdurava una
sorda ostilità contro le isti-
tuzioni di Don Bosco. Questa
cessò per l'Intervento di Ga-
ribaldi. Venuto a Genova e
accortosi di quel malanimo, il
generale volle conoscerne il
motivo e poi esclamò:
«Ma lasciatelo un po· stare
tranquillo Don Bosco. t un
prete che fa del bene!• .
In un'altra accasione ebbe
a dire:
«Ouello, si, che è un bravo
prete e un vero sacerdote di
Dio, amante dell'umanità. Fa
del bene alla gioventù, ed è il
solo nell'Italia,..
80LLEH1NO SALESIANO ! U/OLIO !982 5

1.6 Page 6

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. - - - - - - - - - - - - - - FIio diretto con - - - - - - - -- - - - - - .
- Quale è il compito deffe Uni-
versità Cattoliche e deffe Università
Ecclesiastiche?
- Risponderò con le parole usate
dal Papa nella Costituzione Aposto-
lica Sapientia Chrlstiana (15 aprile
1979). Ciò che caratterizza le Uni-
versità Cattoliche è il compito di •at-
tuare una presenza pubblica, stabile
ed universale del pensiero cristiano
In tutto lo sforzo diretto a promuo-
vere la cultura superiore... Per le
Università Ecclesiastiche il compito è
più specifico: occuparsi «particolar-
mente della Rivelazione Cristiana e di
quelle dlsclpline che ad essa sono
connesse, e che, perciò, più stret-
tamente si ricollegano alla missione
evangelizzatrice• propria della
Chiesa. Pertanto, la preparazione
degli insegnanti delle scienze sacre,
l'Investigazione sulla Rivelazione di-
vina e sulla tradizione cristiana, Il
dialogo con i fratelli separati e con I
non cristiani, la considerazione delle
questioni che dallo svolgimento delle
culture si pongono via via alla Chie-
sa, sono altrettanti campi affidati
particolarmente all'attenzione delle
Università Ecclesiastiche.
- In questo quadro, come si In-
serisce l'Università Salesiana?
- Ogni singola Università Eccle-
siastica ha, come è ovvio, una sua
caratteristica peculiare, proprio In
funzione della connessione che la
lega al vasto e variegato compito
evangelizzatore della Chiesa.
Oserei dire allora che, in forza
della missione propria dell'Opera
Salesiana, diretta alla educazione
della gioventù specialmente più po-
vera e all'evangellzzazlone dei ceti
più umill, la nostra Università ha un
suo posto inconfondibile nel con-
certo delle Università Ecclesiastiche,
tanto a livello culturale, quanto a li-
vello apostolico. Esso è manifestato
dalla centralità che vi hanno i pro-
blemi riguardanti l'educazione In
genere, e specificamente la cate-
chesi e la pastorale giovanile. Lo
hanno rilevato autorevolmente tanto
Paolo VI quanto Giovanni Paolo Il
nelle visite da loro fatte alla nostra
Università. Vi ha insistito Il Capitolo
Generale Speciale della Congrega-
zione Salesiana. nel 1971, ed Il re-
cente Capitolo XXI nel 1977, come
pure Il Rettor Maggiore, che è anche
Gran Cancelliere dell'Università,
nella sua lettera del settembre 1979,
RAFFAELLO FARINA
Rettor Magnifico dell'Unlver•ltà
Pontificia Salulana
dando alcune direttive per la revisio-
ne degli Statuti dell'Università stessa.
Una concretizzazione della nostra
risposta a queste decisive solleci-
tazioni è la •Struttura Dipartimentale
di Catechetlca e Pastorale Giovani-
le•, di recente Istituzione, e gestita in
sofidum dalle due Facoltà di Sacra
Teologia e di Scienze dell'Educaz,o-
ne.
Lo svolgimento di questo compito
ha di mira non solo la missione della
Congregazione Salesiana, ma anche
l'aiuto da prestarsi alla Chiesa in ge-
nerale e alla sua opera di promozio-
ne cristiana ed umana in tutte le la-
titudini, nella coltivazione e nell'ap-
profondimento della intuizione ca-
rismatica di Don Bosco e nella con-
tinuazione della sua applicazione alle
mutate condizioni del tempi e al di-
versi tipi di cultura in cui sia l'Opera
Salesiana, sia in genere la Chiesa
stessa, sviluppano la loro azione.
- Ci può tracciare un profilo del-
l'Università in cifre?
- L'UPS ha 100 docenti di nazio-
nalità diverse per oltre 600 studenti
provenienti da 40 Nazioni che fre-
quentano 5 Facoltà (Teologia,
Scienze dell'Educazione, Filosofia,
Diritto Canonico, Lettere cristiane e
cfasslche). Ha inoltre una Struttura
Dipartimentale per fa Pastorale gio-
vanile e fa Catechetica, Istituti e
Centri di ricerca applicata. L'Univer-
sità dispone nella sua biblioteca di
oltre 400 mila volumi; questa è cer-
tamente una delle più ricche di Roma
ed Il suo mantenimento comporta
continue, rilevanti spese. Esistono
ancora 14 Istituti superiori affìllatl al-
l'UPS e sparsi In Europa e in Ame-
rica.
- Che rapporto c'è tra docenti e
studenti?
- I docenti stabili dell'Università
sono, per statuto, tutti confratelll sa-
lesiani. Il loro Impegno connaturale è
modellare il proprio stile di rapporto
con gll studenti sull'esempio lascia-
toci da Don Bosco, cioè sulle linee di
una dedizione e di una fraternità, che
permetta, a livello universitario,
un'applicazione autentica dei criteri
che ispirano l'azione educatrice del
nostro Santo, cioè Il suo famoso
«Sistema Preventivo•. Abbiamo at-
testazioni numerose, anche recenti e
recentissime, che tale sforzo è per-
cepito dagli studenti, ed è molto ap-
prezzato.
- Quali i problemi principali che
l'Università si trova ad affrontare?
- SI possono ridurre, schemati-
camente, ai problemi dello sviluppo e
dell'aggiornamento. Lo sviluppo ri-
guarda in primo luogo l'internazio-
nalizzazione del Corpo Docente, cioè
la preparazione di Docenti prove-
nienti, possibilmente da tutte le prin-
cipali aree culturali dalle quali ven-
gono già gli studenti, per facilitare un
confronto più diretto ed efficace delle
diverse culture tra loro, e con le aree
di ricerca in cui si esercita l'attività
accademica dell'Università. Riguarda
In secondo luogo l'aggiornamento di
mezzi didattici, in particolare delle
Biblioteche, e di tutta la strumenta-
zione richiesta da una ricerca seria e
moderna.
Tutto ciò comporta un volume di
spese rilevantissimo, come è facile
capire, perché ogni Università è un
Investimento a lungo e lunghissimo
termine, la cui •Onda di ritorno• non
rifluisce, di per sé, sull'Università
stessa, ma sugli organismi per i quali
essa lavora. Sicché, da un punto di
vista economico ristretto alle strut-
ture universitarie, il nostro lavoro è
«a fondo perduto». Così no, non
possiamo sostenerci da noi, ma sia-
mo sostenuti In maniera essenziale
dalla Società Salesiana e dai suoi
Cooperatori. Esiste anche una «As-
sociazione degli Amici dell'Università
Salesiana•, già molto benemerita, ed
aperta a tutti I volonterosi che dànno
credito al nostro lavoro.
Atto rtconosctmento ad un
lnfatlcabll• salesiano
In occasione dei suoi ses-
sant'anni di sacerdozio don
Carlo lzurìeta fondatore e
sempre animatore del centro
giovanile salesiano •la Tlla•
di Quito ha ricevuto l'alta
onorificenza di e.Commen-
datore della Repubblica. da
parte del Presidente Oswal-
do Hurtado Larrea. L'onori-
ficenza è stata solennemente
consegnata dal dottor Luigi
Vatencia Rodriguez, Can-
celliere della Repubblica, già
allievo del festeggiato e buon
testimone delle molte be-
nemerenze da lui acquisite
nel lungo lavoro tra i giovani
e I poveri della città.
Una casetta per n 90°
Don lzurieta è stato con- La Famiglia Salesiana
sacrato sacerdote a Torino messicana ha deciso di ri-
nella Basilica di Valdocco nel cordare i novant'anni di
1921 ed ha commemorato il presenza salesiana In quella
suo 60° di sacerdozio nel nazione con la costruzione
Tempio di Cristo Re della di un esemplare della casetta
Capitale ecuadoriana. (ANS) di Don Bosco sull'esempio
6 BOLLETTINO SALESIANO ! LUGLIO 1982

1.7 Page 7

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- fra gli altri - dei Salesiani che moltl di quei religiosi
spagnoli.
sono salesiani e Rglie di
·• •v1::9no
L'«umile casetta» de' Maria Ausiliatrice.
Becchi sorgerà a Coacalco
in un terreno situato tra Il
Noviziato e lo Studentato
salesiano. La costruzione è
patrocinata da don Vega e
In migliaia a Parma per
ascoltare Zlchlchl
S~lesiani ePas
dai Cooperatori che potran- li 3 aprile u.s. i Salesiani d1
no contare anche sull'aiuto Parma non credevano ai loro
del generosi giovani sale- occhi: oltre duemila parmi-
siani messicani.
giani - in massima parte
giovani - hanno invaso tutti
,.gli spazi possibili dell'Istituto
di via Satti per ascoltare il fi-
Duemila più ragazzi
In Baslllca
sico Antonino Zichichi che
ha parlato sul tema: «L'Uo-
mo e l'universo».
Il 6 maggio u.s., festa di
san Domenico Savio, ha vi-
sto riuniti a Valdocco oltre
duemila ragazzi ADS e PGS
dell'lspettoria Subalpina. Nel
ricordo del Santo loro coe-
taneo i ragazzi hanno vissuto
cosi una giornata di pre-
ghiera, gioia e allegria che
ha avuto nella Basilica di
Maria Ausiliatrice, In Teatro e
al Parco Ruffini dì Torino i
momenti più significativi
L'iniziativa è stata dell'U-
nione Exallievi che non è
nuova ad iniziative del ge-
nere. Gli Exallievi salesiani di
Parma infatti da qualche an-
no organizzano convegni
culturali che riscuotono un
successo continuo e cre-
scente. In questa occasione
c'è anche da dire che il suc-
cesso è stato maggiore an-
che per il fatto che il grande
fisico possiede le doti del di-
vulgatore di classe: si serve
di un esempio concreto ri-
cavato dall'esperienza di tutti
I giorni e perviene al prin-
Il
htsl
Pi
cipio scientifico rigorosa-
mente spiegato e controllato.
Tra i molti esempi che 21-
chichi ha citato Il più im-
pressionante è stato quello
di un'ipotetica bomba ato-
mica da un megaton fatta
esplodere su una città come
Mosca, Londra o Nuova
York: l'unica cosa da fare
sarebbe quella di creare una
cintura di sicurezza profonda
La sede del Salesianum ha ospitato dal 9 al 15
maggio 1982 il convegno europeo su «Salesiani e Pa-
storale per il mondo del lavoro». L'incontro, che ha vi-
sto confluire a Roma Salesiani e Figlie di Maria Ausi-
liatrice che operano nel settore è stato organizzato e
animato dal Dicastero della Pastorale Giovanile in col-
laborazione con Il Centro Nazionale Opere Salesiane
(CNOS) e il Centro Italiano Opere Femminili Salesiane
(CIOFS) che in Italia coordinano e rappresentano l'at-
tività salesiana nel campo della scuola professionale.
NelJe toto: Alcune immagini del Convegno.
trenta chilometri che la iso-
r Cauna ricorda monsignor lasse per sempre, senza
Stefanlnl
possibilità di uscita per gli
Il
prossimo
quattro
luglio
abitanti destinati, dunque, a
morte certa per contami-
Casarsa della Delizia In pro-
vincia di Pordenone ricor-
derà il ventennale della
morte di monsignor Giovanni
Maria Stefanini, spentosi in
nazione atomica.
Ecco perché - ha con-
cluso Il Fisico - deve trion-
fare la cultura dell'amore che
Zichichi identifica con la
quel paese all'età di 85 anni. cultura cattolica non retriva
La figura di questo zelante
sacerdote divenne famosa
ma, anche per questo attua-
lissima.
perché durante il suo mini-
stero sacerdotale a Casarsa
fiorirono ben 129 vocazioni
per la vita sacerdotale e re-
Grazie, signor Patrizio
ligiosa. Una cifra certamente L'Ufficio Diffusione del
notevole se s1 pensa che Bollettino ha ricevuto nel
Casarsa a quel tempo con- primi di maggio una lettera
tava non più di tremila abi- che volentieri rendiamo
tanti.
pubblica: «Spett.le Ufficio,
Quale il suo segreto? sono un vecchietto di quasi
Il 6 aprile 1982, martedì della Settimana Santa. sono
..Faccio Il parroco», era so- 75 anni e ricevo Il Bollettino giunti a Lomè, capitale del Togo i primi Salesiani pro-
lito rispondere.
dall'età di 15 anni da quando venienti dalle due ispettorie della Spagna del Sud. Lo
In occasione del venten- cioè san Giovanni Bosco era ::~n~~rno è stata celebrata una messa di rlng~ra-
nale a Casarsa confluiranno soltanto venerabile. Ho an-
la maggior parte dei 129 in cora i numeri del Bollettino
NeUa foto: L'arcivescovo della città monsignor
un appuntamento di fede e di dedicati alla sua beatifica- Dasseh circondato dai novelli missionari Lucas Ca-
amore. La Famiglia Salesia- zione e canonizzazione nelle mino, Juan Manuel Melgar e Antonio Cesare Fernan-
na è ampiamente rappre- cui foto si vedono moltissimi dez unitamente ad altri preti e missionari della Diocesi.
sentata a Casarsa per Il fatto parapioggia perché piove-
BOLLEtTINO SAlfSIAN() , IUGilO 1!111? 7

1.8 Page 8

▲back to top
va... lo appre.zzo e ammiro la essendo stati approvati i suoi
vostra santa opera e perciò scritti. Antonino Petix fu al-
prima di morire vorrei che lievo dei Salesiani a Ran-
altri conoscessero la vostra daz.zo in provincia di Cata-
opera; vi spedisco perciò vari nia. Essendo nato Il 5 giugno
indirizzi... Vacca Patrizio, 1874 e morto il 18 ottobre
09022 Lunamatrona...
1935.
Signor Patrizio, noi la rin- Sposato e padre di 9 figli si
graziamo e le auguriamo distinse soprattutto per l'ap-
ancora una lunga vita.
passionato servizio di poveri.
AHegnato Il Grlnzane
Cavour
Antonino Peti• veno
gll Alt.ari
La congregazione per le
Cause dei Santi ha comu-
nicato che il Processo di
beatificazione e canoniz-
zazione del Servo di Dio An-
tonino Petix può proseguire
Nel Castello di Grinzane
nei pressi di Alba in Pie-
monte si è avuta l'assegna-
zione del premio letterario
Grlnzane Cavour. La ceri-
monia è avvenuta il 29 mag-
gio in concomitanza ad un
convegno su «Giovani e let-
teratura., un tema quest'ul-
timo pertinente visto che il
«Grìnzane Cavour• è stato
voluto dalla Società Editrice
Internazionale di Torino con
lo scopo di contribuire me-
glio alla conoscenza dello
sterminato pianeta della
cultura giovanile. Con que-
sto premio la massima edi-
trice salesiana - già am-
piamente affermata In campo
scolastico - entra viva-
cemente net settore dei «va-
ria•. I due superpremi sono
andati a Gennaro Manna per
«La casa di Napoli» (Rusconi
~
ITALIA, Consegnalo Il 16° Oscar Don Bosco
Il 6 gennaio 1982 presso la Casa generalizia sale-
siana di Roma si è svolta la cerimonia d i consegna de-
gli Oscar Don Bosco. Si tratta d i una simpatica inìzia-
tiva avviata ad opera di alcuni cooperatori insegnanti
con in testa la signorina Paolinelli e il professor Fran-
cesco Rodinò che si propone di premiare tutti gli anni
quei ragazzi di Roma e del Lazio che si sono distinti per
bontà e impegno nello studio.
Con questa iniziativa i promotori intendono «con-
tinuare a portare ogni anno nella scuola l'afflato della
sana pedagogia del grande educatore Don Bosco per
un mondo sempre migliore•.
Nella foto: Don Egidio Viganò consegna uno dei
prem i.
8 SOUETtlNO SALESIANO I LUGLIO 1982
ARGENTINA
Dagll Appennini... alle Ande
«Certamente non sapevo dove fosse Buenos Aires e
nemmeno la Pata9onia, ma sapevo che là aveva avuto
inizio la vita missionaria del Figli di Don Bosco...•. A
scrivere cosi è t'exallievo Dino De Maria, dell'Unione di
Bologna, il quale, appreso che l'amico don Giovanni
Corti desiderava la presenza di un «oratoriano bolo-
gnese» alla inaugurazione del nuovo collegio «S. Juan
Bosco• non ha esitato a partire. La mia conoscenza
con don Corti - egli scrive - era stata breve ma fat-
tiva. Dal 1946 al 1948. Lui chierico e io allievo con in
comune soltanto Don Bosco e il... pallone.
Con il pietrisco ricavato a seguito del bombarda-
menti riuscimmo a rendere «omologabile» il campo di
calcio. Tornei e sbucciature a non finire ridussero In
breve tempo il campo liscio come un biliardo.
La visita all'antico assistente dell'oratorio ha per-
messo al signor De Maria di vedere ben tre collegi co-
struiti dal «suo» don Corti e di assistere alle manife-
stazioni inaugurali della nuova opera. Quindici giorni
nel Chubut argentino hanno ancora fatto d ire al signor
De Maria: «Mi sembra di vedere Don Bosco felice e
sorridente nel vedersi rivivere In Patagonia, in un'opera
inserita In mezzo ad un abitato pieno di fanciulli che
non conoscono cosa sia una casa, una famiglia, una
tavola, un pasto caldo... proprio come la vecchia peri-
feria della Torino dei suoi tempi. Penso alla gioia di
Don Bosco nel vedersi rispecchiato nel suoi figli ».
Nella foto: il nuovo centro salesiano e un momento
della cerimonia inaugurale.

1.9 Page 9

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editore) e, per la letteratura 1891 a Legnano in provincia
straniera all'americano Mic- di Milano. Essendo laureato
hale Chricton, per «Congo» in scienze naturali, i Supe-
edito da Garzanti-Vallardi. riori gli diedero l'incarico di
Gli altrl quattro finalisti ordinare, per l'aspetto et-
erano Tadeusz Konwicki nografico la Esp0sizione
(«Piccola Apocalisse», Fel- Missionaria Internazionale.
trinelli), Vladimir Konwicki Fu cosi che giunse in Ecua-
(«La Ballata di Savva», Jaca dor dove finl con il rimanere.
Book), Primo Levi («Lillt», Nel 1931 vi fonda la prima
Einaudi) e Antonio Terzi («La scuola agricola dello Ya-
fuga delle api», Bompiani). nuncay e via via, anno dopo
L'originalità del premio è anno, verranno tantissime
rappresentata anche dalla altre realizzazioni. Già in vita
presenza tra i giurati - noti sono stati dedicati al suo
critici - delle classi di undici nome una scuola professio-
istituti superiori di tutta Italia. nale ed una strada della
Proprio il voto dei ragazzi è stessa Cuenca. Con don
stato determinante.
Crespi è certamente scom-
parso un «pioniere» che con
In festa per fare comunità coraggio e costanza ha sa-
puto seminare ampiamente.
Da ormai tre anni la par- «Don Crespi - ha scritto
rocchia S. Maria della Spe- un giornale ecuadoriano -
ranza di Roma dedica la pri- fu la sintesi meglio riuscita di
ma settimana di giugno alla come debba essere un sa-
«Festinsieme». Si tratta di un lesiano: apostolo nel lavoro,
vero e proprio festival fatto di servitore di Cristo nel con-
dibattiti, bancarelle, concerti, fessionale, testimone di Dio
concorsi vari, lotterie, mostre nella pratica delle virtù più
e avente come unico obiet- alte, cultura come il mezzo
tivo quello di trasformare il più adatto per l'azione apo-
giovane quartiere del Nuovo stolica. Don Crespi fu uno
Salario in comunità eccle- del doni più alti fatti all'E-
siale.
cuador dalla Comunità Sa-
lesiana».
INDIA, Madras
Ecco tre Immagini che c,
giungono da Madras e che
raffigurano Salesiani Coa-
diutori al lavoro tra i giovani.
Le prime due foto in alto so-
no state scattate al St. Jo-
seph's Tech (si tratta del si-
gnor Lourduraj Medabalimi e
del signor Philip Asirvatham)
la terza foto invece è stata
scattata nella tipografia di
Siga diretta dal signor
Amalraj Phico.
MOZAMBICO
«Slamo Hmpre stati fieri
di lel»
La notte tra il lunedl 31
maggio e martedl 1° giugno
1982 suor Vera Occhiena,
Figlia di Maria Ausiliatrice
missionaria in Mozambico è
stata uccisa con un colpo
contundente. Ora riposa nel
cimitero di Maputo dopo un
funerale che - ha dichiarato
una testimone - è stato co-
me una testa.
Un monumento
Suor Vera era nata a Ca-
a Don Bosco
priglio d'Asti Il 6 settembre
Di monumenti a Don Bo-
sco ne esistono tanti Più o
meno belh. 1n marmo o in
bronzo; d'art1sti noti e meno
noti; ma pur sempre espres-
sione di fede e di amore.
Ecco, ad esempio, un busto
in onore del nostro Santo
voluto dagli abitanti di Poz-
zolo Formigara in provincia
di Alessandria. Un busto in
marmo bianco in mezzo al
verde, ma soprattutto un'in-
vocazione: proteggi la gio-
ventù pozzolese.
1922 vicino a Colle Don Bo-
sco. Prima di quattro sorelle,
Vera Occhiena, sfollata a
Castelnuovo Don Bosco,
aveva preso parte alla Re-
sistenza interrompendo per
questo i suol studi universi-
tari. Due anni dop0 essere
entrata tra le Figlie di Maria
Ausiliatrice, nel 1947, si sa-
rebbe laureata in lettere e
lingue.
Aveva conseguito anche il
diploma di assistente sociale
e In teologia distinguendosi
sempre per Intelligenza e
generosità.
ECUADOR
Ha insegnato in numerosi
Cuenca ha perso un
apostolo
Istituti superiori ed ha con-
tribuito allo sviluppo della
rivista Primavera. Per andare
Il 30 aprile 1982 è morto a in missione in Brasile, nel
Cuenca in Ecuador don '58, suor Vera chiese ad una
Carlo Crespi. Era nato nel consorella, che aveva otte-
ruto il consenso dei genitori,
di convinèere la madre a la-
sciarla partire. «Era tale il
suo entusiasmo - ricorda
l'anziano padre - che non
potemmo opporci, slamo
sempre stati fieri di lei».
Nel 1970 suor Vera venne
destinata alla missione di
Maputo in Mozambico no-
nostante le difficoltà polìti-
che e Il dilagare di soprusi e
violenze d'ogni tipo.
L'accoglienza sofferta del
suo sacrificio
hanno
scritto in un necrologio le
Suore della rivista Primavera
- annunci a tutto il mondo
giovanile la ragione della
nostra speranza.
REP. DOMINICANA
A un aalHlano IJ Premio n••
zJonale di didattica
Il sacerdote salesiano don
Heliodoro Ramos con il suo
volume Matematica agri-
cola., ha vinto Il Premio na-
zionale «Didattica. patro-
cinato dal Ministero della
Pubblica Istruzione di quella
Nazione.
Don Ramos ha scritto il li-
bro sperimentandolo sugli
alunni della Scuola agraria
salesiana di La Vega che
promuove fra l'altro anche la
pubblicazione di testi per
l'agricoltura ampiamente
adottati anche altrove.
BOU/iTTINO SALESl~NO 1 LUGLIO I ~ 9

1.10 Page 10

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DA
ATTIVISTA
A
MISSIONARIO
Slamo a Bua Hiw nel 1957: don Ponchione è a sinifrtra di mol18ignor Carretto.
N ell'arco della vita di ogni
persona c'è un momento, un
incontro, un avvenimento
che det.ermina una svolta decisiva,
un nuovo orientamento alla nostra
esisten7.a..
- Per me fu la lettura casuale
del --Bollettino Salesiano», dice don
AJbino Ponchione, un veterano delle
missioni salesiane della Thailandia.
Malgrado i suoi 80 anni di età, di
cui 52 trascorsi nel clima debilitante
della Thailandia e ben cinque in-
terventi chirurgici, conserva ancora
la freschezza e l'entusiasmo degli
anni giovanili.
Ha via via ricoperto un po' tutte
le cariche della multiforme attività
salesiana: direttore, maestro dei
novizi. docente allo studentato
teologico, economo, consigliere
ispettoriaJe, predicatore e confessore
ricercato dai giovani e da istituti
religiosi ...
Attualmente è archivista nella
casa ispettori.aie di •Saint Domi-
nic», la scuola più prestigiosa di
Bangkok, che lo vide direttore nel
1964, quando l'opera era ancora agli
inizi.
Sereno, sorridente, mi accoglie nel
suo ufficio ordinatissimo e accetta
di raccomandarmi qualcosa delle
sue molteplici esperienze missio-
narie e delle tante peripezie vissute
durante questi anni.
- Tra le moltissime grazie ri-
cevute, vorrei sottolinearne parti-
1Q 80HET1JNO SALESIANO I LUGLIO 1982
colannente due: la conversione e la
vocazione salesiana, missionaria,
sacerdotale.
- La conuen;ione? Non eri cat-
tolico?
- Si, sono nato da una famiglia
tradizionahnente religiosa, ad
Agliano d'Asti, nel 1902, battezzato
un mese dopo, il 2 marzo, nella
parrocchia di San Giacomo. Sfor-
tunatamente un incendio doloso
distrusse tutta la nostra proprietà,
per cui i miei genitori furono co-
stretti a trasferirsi a Torino in cerca
di lavoro, quando avevo solo due
anni. Frequentate le scuole ele-
mentari, a undici anni trovai il mio
primo lavoro come commesso presso
il negozio Berruti di via Po, dove
rimasi due anni.
- Qualche ricordo di quel tempo
lontano?
- Si, uno molto brutto, che fu
forse la causa della mia avversione
alla Chiesa e ai preti. Un giorno,
mentre facevo pulizia nei sotter-
ranei deUa ditta, mi apparve d'im-
provviso un sacerdote che prese a
fissarmi con grande severità.
Fu tale lo spavento che, tornato a
casa, mi ammalai e durante tutto un
mese vissi sotto l'incubo di quella
figura. Ovviamente non volli più
tornare in quel negozio.
Dovetti cercarmi un altro lavoro.
Avevo tredici anni e a quei tempi i
garzoni non erano molto richiesti e
pefgio ancora pagati. Ho fatto un
po tutti i mestieri: fabbro, mec-
canico dentista, sarto, falegname,
incisore, decoratore, modellatore...
finché trovai un'occupazione stabile
in una segheria di Borgo San Paolo,
dove lavorava mio padre.
Attivista tutto rosso
- Avevi abbandonato ogni
prati.ca religiosa!
- Non solo, ma mi iscris.si al
pa:rtito socialista, attivista sempre
m prima fila nelle riunioni, con-
gressi, dimostrazioni di pia.1.za,
cortei. Ero rosso dalla punta dei
piedi ai capelli del capo; anticleri-
cale convinto: preti, chiesa, pratiche
di pietà erano come fumo negli oc-
chi.
Nel 1924 fui chiamato sotto le
anni e inviai.o a Parma alla scuola
di applicazione. Promosso caporale
maggiore, per una grave disobbe-
dienza mi busca.i 18 giorni in cella di
rigore, in parte poi condonati in
occasione della festività di qualche
Santo.
Durante il periodo militare rimasi
a lungo ricoverato all'ospedale, dove
incontrai una suora, Luisa De
Thomaìs, un vero angelo di bontà...
- Come fai a ricordarne ancora
il nome?
- Credo siano state le sue pre-
mure e soprattutto le sue preghiere
a dare inizio alla mia conversione.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
Mi circondava di attenzioni,
sempre pronta ad assecondare i miei
desideri, che talvolta erano solo
capricci. Finl per conquistarsi la mia
stima che si trasformò in breve in
piena confidenza.
Non si scandalizzava, né mi rim-
proverava quando le raccontavo le
mie bravate. Anche in fatto di re-
ligione, si mostrava sempre discreta,
comprensiva. Ma io che la scrutavo,
capivo che quella sua vita di totale
dedizione era alimentata da una
fede incrollabile, da una pietà ge-
nuina, che sbocciava nella carità più
eroica verso i malati che serviva con
cuore di mamma.
- Sorella, le dicevo talvolta, mi
piacerebbe credere come lei!
- La fede è un dono di Dio, mi
rispondeva sorridendo, e il Signore
non la nega mai se ~liela chiediamo
con umiltà e fiducia. Io pregherò
sempre per te...
Nell'ottobre del 1925 venni con-
gedato. Cercai subito un altro posto
di lavoro, e lo trovai nella fabbrica
Scuola S. Domenic. Don Ponchione ne fu ìl primo direttore.
In giro per Bangkok.
di penne stilografiche «Aw-ora». Un
buon posto: il lavoro mi piaceva,
guadagnavo bene e fu proprio qui
che Dio mi attendeva al varco.
Come in tutte le fabbriche, in-
contrai compagni di ottimi principi
morali ed altri un po' meno...
A quell'epoca ero un divoratore di
libri; leggevo tutto quello che mi
capitava sotto mano: novelle, ro-
tocalchi, romanzi non sempre rac-
comandabili.
Un giorno dell'aprile 1926, lo 1i-
cordo esattamente, un compagno mi
mette sotto gli occhi un fascicolo:
«Vedo che leggi tanta robaccia -
mi dice - prova a leggere anche
questo!».
Era il «Bollettino Salesiano»: il
colpo di fulmine con cui Dio mi
aveva atteso con infinita pazienza,
cambiava di colpo la mia vita.
Una scelta radicale
- Possibile che quel/,a l,ettura
abbia operato un totale cambia-
mento?
- Beh, la grazia di Dio stava già
scavando dentro di me; quello fu
solo il tocco finale. Ero stanco,
scontento di quella vita scioperata,
monotona, senza slanci e senza
scopi. Era tempo che facessi una
scelta... Perché non tentare la via
più ardua, quella che avevano scelto
quegli uomini coraggiosi, partiti per
terre lontane, di cui il Bollettino
presentava le gesta meravigliose?
- Cosa successe?
- Quel giorno stesso, quando
tutti in famiglia erano riuniti per il
pranzo: mamma, papà, il fratello
maggiore e una sorellina, comunicai
loro la mia decisione: mi faccio sa-
lesiano e missionario.
Le mie parole suscitarono una
fragorosa risata: nes.suno poteva
crederci! E ne avevano ben ragio-
ne... Io invece ero deciso: nulla e
nessuno avrebbe potuto fermarmi
dal tentare quella via che prevedevo
ancora lunga e difficile.
- Ha incontrato davvero molte
difficoltà.
- Avevo ventidue anni, la mia
cultura si era fermata alle elemen-
tari... e alle spalle vi era una vita
ricca di esperienze non tutte edi-
ficanti. Trovai g:rnnde comprensione
e generoso aiuto da don Guido Fa-
villi, che mi ottenne un posto, come
«figlio di Maria», al liceo Valsalice.
Il 19 luglio 1926 diedi un defini-
tivo addio ai familiari e agli amici
increduli, che giuravano che non
avrei resistito «tra i frati» più di tre
giorni.
Mi impegnai a smentirli.
A Valsalice, dw·ante un corso di
esercizi spirituali, predicati da don
Rinaldi a tutti i direttori e ispettori
d'Euorpa, incontrai il vescovo mons.
Felice Guerra, tornato da poco
dall'Ame1ica latina, che un giorno
mi apostrofò:
- So che vuoi farti missionario;
BOLLETTINO SALESIANO P LU(JtlO 1982 11

2.2 Page 12

▲back to top
Ratburi. Una foto ricordo con i primi chierici indigen i.
perché non ti metti a studiare per
diventare pret.e?
- Alla mia età?, risposi. Ho la
ment.e arruginita per affrontare
studi cosi impegnativi e difficili.
- Con la tua volontà, invece,
sono sicuro che riuscirai. Provaci!
Verso la meta
- Poi tutto andò liscio?
- No, no: mi attendevano an-
cora due prove. La vocazione mis-
sionaria, il sacerdozio, sono vette
che si devono conquistare sudando,
soffrendo. l superiori, d'altra parte,
volevano giustamente mettermi alla
prova, dato i miei precedenti...
Nell'agosto di quello stesso anno
fui inviato a VilJa Moglia «addetto
alla manutenzione dei maiali».
Mi sentii umiliato, disilluso, fru-
strato nel mio desiderio di prose-
guire gli studi e mi sfogai con un
amico che lo riferl al direttore, don
Giuffre. Questi mi mandò a chia-
mare: «Se hai paura di sporcarti le
mani - mi disse - se desideri fare
il signorino, è meglio che te ne torni
a casa. Chi va in missione deve es-
sere pronto a tutto!•·
Quelle parole mi sconvolsero;
compresi in un lampo come la vita
cui aspiravo esigeva una dedizione
totale. come il Cristo venuto per
12 1101.LETTINO SALESl"1JO I UIOUO 19/12
servire, non per essere servito, ob-
bediente fino alla morte in croce.
Caddi in ginocchio e chiesi per-
dono per quella mia ribellione det-
tata dall'orgoglio.
Nell'ottobre successivo mi invia-
rono a Lanzo Torinese dove iniziai il
corso ginnasiale. Qui ebbi la fortuna
di conoscere una zelante coopera-
trice, 1a sig.ra Maria Dolo, che si
prese a cuore il mio caso e, senza
avvisare nessuno, mi ottenne cli
proseguire gli studi all'istituto
missionario «Cardinal Cagliero» cli
Ivrea.
- Qui finirono i tuoi guai?
- Non ancora... Appena il di-
rettore seppe che volevo lasciare la
casa per andare a Ivrea, senza il suo
consenso, mi licenziò in tronco, re-
quisendomi anche i libri che mi
aveva prestato.
- Non mi piacciono i sotterfugi,
disse. Chi vuol abbraccia.re 1a nostra
vita deve essere sempre sincero,
leale.
Un'altra dura lezione, anche se
non avevo alcuna colpa.
Con lo strazio nel cuore corsi dal
rettor maggiore don Rinaldi, che
avevo conosciuto a Valsalice:
- Padre, non mi mandi via. Mi
aiuti a diventare missionario sale-
siano.
- Non temere, figliuolo, se Dio ti
chiama, nulla e 11.e$Uno potrà op-
porsi ai suoi disegni. Andrai a Ivrea
e la Madonna ti aiuterà a diventare
un bravo missionario, secondo il
cuore di don Bosco.
A Ivrea, dove rimasi due anni, dal
1927 al 1929, trovai in don Ras.si un
vero padre. 11 19 settembre di quel-
l'anno feci la mia vestizione clericale
e il mese successivo ricevevo il cro-
cifisso missionario dalle mani del
cardinale Gamba, arcivescovo di
Torino. li 12 dicembre mi imbar-
cavo a Genova sul «Coblenz,., con
altri tredici confratelli, diretti in
Thailandia.
Il 14 gennaio 1930 giungemmo a
Bang Nok Khuek, sede centrale
della missione dove iniziai l'anno cli
noviziato.
Il mio sogno si era realizzato: ero
salesiano e missionario. Promisi che
sarei stato fedele per tutta la vita.
Una promessa cbe mi sforzai di
mantenere, lavorando in tutti i
campi che l'obbedienza mi avrebbe
affidato.
Ecco la storia di uno dei tanti
meravigliosi figli che don Bosco ha
lanciato in tutte le parti del mondo
a realizzare il piano salvifico di Dio:
una vita di dedizione a servizio di
Dio e dell'uomo.
Antonio M. Alessi

2.3 Page 13

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M usimangu - che non
«
odiava nessuno - ave-
va detto: 'Ho in cuore
una sola, immensa paura. Ho paura
che il giorno in cui es& saranno
convertiti all'amore, troveranno noi
convertiti all'odio'. Oh, Le parole
gravi e oscure!•· E un piccolo, in-
tenso brano tratto dal più famoso
Hbro sul Sudafrica che mai sia stato
scritto, il libro di Alan Paton
«Piangi, terra amata», letto nel
mondo con commozione da milioni
di persone. Condensa, quella frase a
prima vista enigmatica, una ter-
ribile, funesta previsione sul futuro
di questo paese: che mai esso potrà
godere i frutti dell'amore, sommerso
per sempre sotto le torbide acque
dell'odio. Quando i bianchi - vuol
dire Musimangu esternando la sua
paura - giungeranno ad accettare il
nero come un loro fratello, quando
rinunceranno per amore a sfruttarlo
e a tenerlo segregato, sarà forse
troppo tardi perché nel frattempo la
marea d'odio alimentata dal raz-
zismo avrà rotto gli argini dilagando
nel cuore della popolazione nera.
Una prospettiva agghiacciante,
angosciosa: un mondo senza amore!
Purtroppo già si colgono segni in-
quietanti in questa direzione, primo
fra tutti l'intensificarsi, all'interno
del paese, della lotta armata, veicolo
di violenza, di contrapposizione, di
odio, e fonte di spargimento di
sangue.
Ma veramente è questo il tragico
destino riservato al Sudafrica? C'è
una grande speranza, che, nono-
stante tutto, resta a sostenere l'a-
nimo di quanti hanno fiducia in un
avvenire di pace. :E; la speranza
contenuta nell'invocazione che apre
l'inno cantato dai neri in apertura
delle riunioni animate da spirito di
fratellanza: «Nkos Sikelel 'i Afrika»,
Dio salvi l'Africa. Molti, in Suda-
fiica, contano sull'aiuto di Dio, e lo
pregano perché conceda a tutti,
bianchi e neri, di progredire nel
paese dove sono nati e di beneficiare
delle ricchezze di cui è dotata la
terra dove sono cresciuti. Sono gli
stessi che rimangono fedeli a.Ilo
spirito sinceramente cristiano che
animava il grande leader nero Al•
bert Luthuli, Premio Nobel per la
pace, nella battaglia per la libera-
zione del suo popolo.
«Noi - scrisse Luthuli - non
combattiamo con armi da fuoco
ricorriamo alla violenza, sicuri che
lo schieramento dei fucili dei soste-
nitori della supremazia bianca è
impotente contro la forza dello
spirito».
Egli voleva creare, pacificamente ,
un Sudafrica nuovo, fondato sulla
collaborazione fra gente di ogni
razza e colore, senza spargimento di
13 80u.ETTINO SALESIANO I LUGLIO 1982

2.4 Page 14

▲back to top
sangue, senza sofferenze. La sua
offerta, la sua mano tesa furono
sempre respinte dai bianchi soste-
nitori della discriminazione razziale.
Da qualche anno la sua testimo-
nianza non violenta è stata ripu-
diata anche da quei neri che hanno
purtroppo scelto la via della lotta
armata.
L'attuale presidente di una delle
maggiori organizzazioni nere, l'A-
frican National Congress (ANC), ha
sottolineato l'evoluzione del mo-
vimento da non violento qual era al
momento della nascita (1912) e nei
decenni successivi, a organiz1,azione
provvista di un suo braccio armato,
quando ha detto·: «La lotta armata
è l'unico modo di combattere la di-
scriminazione razziale, stante la
volontà del Sudafrica di non ad-
divenire a qualsiasi modifica del-
l'attuale sistema sociale basato sullo
sfruttamento della maggioranza
nera• (Oliver Tambo).
Il rischio di un conflitto interno è
enorme. Lo ha evidenziato ama-
ramente a più riprese anche l'ar-
civescovo di Durban, mons. Denis
Hurley. Secondo il presule, se non
fossero tanto forti le forze di sicu-
rezza e non mancassero basi ope-
rative aJl'estero per i guerriglieri,
scoppierebbe immediatamente un
sanguinoso conflitto generale, de-
stinato a sconvolgere l'intero paese.
Del resto, le numerose rivolte afri-
cane, iJ tragico episodio di Shar-
peville nel 1960, quello di Soweto
nel 1976, con centinaia di vittime, le
insistenti proteste nelle miniere,
sono i segni di un pauroso 1ibollire
degli animi. Il futuro del Sudafrica
si prospetta denso di incognite. Sul
paese si proietta sinistra l'ombra
della violenza.
Alla radice di questa esplosiva
situazione c'è un nome: «apart-
heid•, che vuol dire letteralmente
separazione, ma che concentra in
una ideologia, un sistema di vita,
una dottrina, un corpo di leg~, ad-
dirittura una specie di fede religiosa.
L'apartheid delinea l'aspetto più
tragico di un paese che è ricco di
storia come pochi aJtri nel Conti-
nente. Una storia che è impossibile
ripercorrere in poco spazio, perché
offre materia per un libro. E difatti
innumerevoli sono i libri sulla storia
del Sudafrica. Dovremo limitarci a
qualche cenno, al solo fine di dare aJ
lettore una cornice entro cui in-
quadrare iJ dramma oggi vissuto da
questo paese io rapporto al suo
problema di fondo: quello del raz-
zismo. Perché dal lontano 6 aprile
1652, allorché il medico olandese
Jan van Riebeck, assieme ad altii 90
uomini, mette piede a Table Bay
14 S QUETIINO SALESIANO I LUG!/0 l'l/!1
LA TORRE DI BABELE
IN AFRICA
Quando la torre di Babele fu rn-
nalzata, un buon peuo - bisogna
riconoscerlo - fu assegnato all'A·
frica. Per Quanti sforzi abbiano fatto
linguisti e etnologi per classificare
le lingue e gli 1diomì parlati in que-
sto Continente, ancora non sono
riusciti a stilare un elenco esau-
riente. A tutt'oggi sono arrivati a
quota 700 e solo di una parte di
queste innumerevoli lingue è stato
possibile individuare le origini.
Naturalmente, non tutte hanno
uguale Importanza né hanno la
stessa diffusione. Alcune di esse,
anzi, sono in via di lenta, ma ine-
sorabile estinzione, anche perché
molti africani, per poter comunicare
tra loro superando le barriere lin-
guistiche, oltre che per necessità
dettate dalle esigenze nate con la
dominazione coloniale, si espri-
mono usando lingue europee, so-
prattutto l'inglese. il francese e 11
portoghese. Nelle aree francofone
o anglofone, le due lingue sono
anzi «lingua ufficiale•.
Nell'Africa del Sud, le popola-
zioni si esprimono generalmente in
lingua ban1ù, con variazioni a se-
conda delle regioni, ma tutte prov-
viste di elementi molto simìli tra di
loro. Gli idiomi bantù sono parlate
da una settantina di gruppi etnici
Gli altri grandi ceppi delle lingue
parlate in Africa sono quello delle
lingue sem1-bantù, e quello delle
lingue camilico-semitiche, queste
ultime prevalenti nell'Africa setten-
trionale. Il Sud Sudafrica dispone
inoltre di una hngua del tutto arti-
ficiale, l'afrlkaans, di vaga deriva-
zione olandese con immissioni di
francese e tedesco. É usata dagli
afrikaners, la gente bianca discen-
dente dagh antichi boeri.
In Africa si parlano anche hngue
cosiddette .segrete», cioè 1diom1
particolari usati soprattutto dar
membri delle società inrz,atiche
durante le cerimonie magiche In
genere sono derivazioni dalla lin-
gua parlata correntemente, ma con
forti deformazioni in senso dialet-
tale, in modo da renderle del tutto
incomprensibili ai «profani •
sulla penisola del Capo, fino ai
giorni nostri, il razzismo ha domi-
nato la scena, via via ingigantendo
fino ad assumere le sbalorditive di-
mensioni di og~.
Ecco, in rapida sequenza, il fluire
degli avvenimenti che segnano il
lungo cammino del Sudafrica at-
traverso i secoli. Nel 1652 sbarca,
dunque, Van Riebeck. Al suo se-
guito, pochi anni dopo, giungono
coloni olandesi e tedeschi. Sono
contadini, conoscono bene la terra,
scelgono la migliore per impiantare
le loro fatt01;e. Inevit.abile lo scon-
tro con le popolazioni locali. Sono i
Khoi che per primi tentano - lance
contro fucili - di sbarrare iJ passo
ai nuovi arrivati. Ma è iJ popolo
Xhosa che, agli inizi del 1700, im-
pegna duramente i boeri (così si
chiamavano i contadini olandesi) in
scontri che hanno una fisionomia
nettamente militare. È la prima di
una lunga serie di guen-e che si
protrarranno per tutto il secolo,
coinvolgendo via via altre popola-
zioni indigene. È in questo terreno
bagnato di sangue che affonda le sue
radici favversione che divide ancora
oggi bianchi e neri.
Nel 1795 fanno la loro comparsa,
nella colonia del Capo, gli inglesi, i
quali premono a loro volta sui boeri
costringendoli a ritirarsi verso nord.
Il momento di massima conflittua-
lità fra inglesi e boeri si verifica nel
1836, quando ha inizio il leggendario
esodo dei boeri (il «grande trek» ),
che li porta a fondare le colonie del
Transvaal e dello Stato libero di
Orange, riconosciute dagli inglesi
come autonome.
Nel 1860 ha inizio l'immigrazione
degli indiani, importati dai colti-
vatori inglesi di canna da zucchero
come mano d'opera da adibire aJ
lavoro nelle piantagioni. E io questo
stesso periodo che affiorano dia-
manti e oro. L'interesse inglese per
il Sudafrica aumenta di colpo in
modo vertiginoso, tanto che per
impossessarsi dei ricchi giacimenti
la Gran Bretagna non esita a im-
pegnare la lotta su due fronti, quello
dei boeri e quello degli indigeni zulù,
e su entrambi si trova a subire pe-
santi rovesci. Nel 1899, gli inglesi
decidono di sferrare un colpo deciso
ai boeri: è guerra aperta. L'accanita
resistem.a opposta dai coloni olan-
desi viene infine stroncata e la pace
imposta dai britannici prevede per
le due repubbliche boere la condi-
zione di colonie della Corona con
governi autonomi.
Nel 1910, le quattro colonie bri-
tanniche del Capo, del Natal, del
Transvaal e Orange si accorpano
dando vita all'Unione Sudafricana.
È con il presidente Smuts, che il
parlamento sudafricano comincia a
dare forma di legge agli orienta-
menti razzisti che hanno sempre
animato la comunità bianca. I
bantù vengono spogliati con iJ Nativ
Land Act delle loro terre, il Colour
Bar Act riserva ai bianchi iJ lavoro
specializzato nelle miniere, viene
decretata la segregazione degli in-
diani, il Wage Act, del 1925, esclude
i braccianti e i domestici di colore
dalla normativa salariaJe, per cui a
fissare le paghe saranno, a loro

2.5 Page 15

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Cape Town, il Salesian lnstitute. (facciata esterna)
piacimento, i singoli padroni.
A partire dal 1948, con l'avvento
al potere del partito nazionalista
fondato dai coloni di origine olan-
dese, la legislazione è ossessiva-
mente rivolta a comprimere i neri e
gli indiani. Tutta la popolazione
viene schedata in base alla razza:
bianchi, meticci, asiatici, bantù;
l'Immorality Act, che già dal 1927,
proibiva i matrimoni fra bianchi e
neri, viene estesa a tutte le persone
dei vari gruppi razziali; ogni forma
di sindacalismo nero è proibito; si
consolida la separazione nelle
scuole, negli uffici pubblici, nei lo-
cali di divertimento, nei servizi.
Si succedono i «premier» e si in-
tensificano i giri di vite. Con Wer-
woerd, arresti arbitrari, processi
senza garanzie, detenzioni preven-
tive non si contano. Lo stesso go-
verno britannico è costretto ad
ammonire il Sudafrica, tuttora
membro del Commonwealt, e ciò
induce i nazionalisti ad affrettare i
tempi verso la proclamazione della
Repubblica (1961).
Questi i punti salienti di una
storia ricca di avvenimenti, ma an-
che carica di tante sofferenze, da
una parte e dall'altra della barri-
cata. Di questa storia i neri vedono,
e spesso celebrano, altri aspetti, non
meno significativi: la strenua resi-
stenza degli indigeni alla penetra-
zione prima boera e poi inglese, i
massacri delle popolazioni inermi, la
fierezza di tanti capi che si sono
succeduti alla guida della resistenza
contro gli invasori. E ancora: i primi
grandi movimenti di protesta sul
finire del secolo scorso, la nascita
delle prime organizzazioni di massa,
la ribellione contro i «pass», cioè i
famigerati documenti su cui i neri
debbono segnalare ogni loro minimo
spostamento, gli scioperi nelle mi-
niere, la fondazione, nel 1912, del-
1'African National Congress, l'ele-
zione di Luthuli alla sua presidenza,
il massacro di Sharpeville di cui
furono vittime decine di donne e
bambini, la messa al bando del-
l'ANC, l'arresto del leader nero
Nelson Mandela e la sua condanna
all'ergastolo, la rivolta e il massacro
di Soweto, dove mille ragazzi ven-
nero uccisi dalla polizia durante una
manifestazione contro la discri-
minazione nelle scuole.
È corso molto sangue, durante
questi secoli, ma ancora maggiore è
il cumulo di sofferenze patite da
milioni di persone. Grande è anche
la paura che attanaglia milioni di
bianchi, timorosi di essere un giorno
sopraffatti dalla marea nera, o sol-
tanto di dover sopportare un lungo
periodo di violenza. L'incendio cova
sotto le ceneri. È possibile tenere
sempre coperte le fiamme? È come
clùedersi: è pas&bile che un popolo,
per di più largamente minoritario,
riesca a opprimere all'infinito un
altro popolo, che è invece larga
maggioranza?
Non avrebbe senso nascondersi
l'oggettiva complessità della situa-
zione sudafricana. Come non sus-
sistono dubbi sulla legittimità della
richiesta di un pieno riconoscimento
dei diritti umani per tutti, e ciò non
solo in risposta a una primaria esi-
genza cristiana, ma anche in ot-
temperanza alle più elementari re-
gole di convivenza civile, cosl è al-
trettanto chiaro che a questo risul-
tato si oppongono resistenze che
sono il frutto di una mentalità e di
una cultura formatesi attraverso i
secoli, e che hanno scavato una tana
profonda nel cuore dei sudafricani
bianchi di origine boera. Almeno
dieci guerre, una dopo l'altra, si so-
no succedute durante il periodo di
espansione dei coloni olandesi verso
il Nord del paese. L'avanzata ha
sempre trovato di fronte lo sbar-
ramento delle popolazioni bantù,
impegnate a difendere i loro pascoli.
I neri sono diventati, agli occhi dei
boeri, il nemico, per di più un ne-
mico «selvaggio», alle cui atrocità si
doveva rispondere con pari atrocità.
Il deposito di odio stratificato nei
secoli sembra avere risorse inesau-
ribili. Sono trascorsi i decenni, i
tempi sono mutati radicalmente, si
sono affermati principi nuovi, ma il
discendente dell'antico boero non ha
cambiato di molto la sua mentalità
nei confronti del nero. L'avversione
ha poi trovato un formidabile pun-
tello nell'interesse allo sfruttamento
della manodopera africana. Né bi-
sogna dimenticare - lo abbiamo già
accennato - la paura. Quattro mi-
lioni di bianclù sono niente, posti a
confronto con 18 milioni di negri, se
questi raggiungeranno, tutti, la co-
scienza di rappresentare una massa
d'urto formidabile. Che succede-
rebbe dei bianclù se anziché a una
pacifica coesistenza all'interno di
una società multirazziale si arri-
vasse allo scontro? I bianchi si
considerano, e sono, africani. In
particolare gli «afrikaners», quelli le
cui lontanissime origini sono olan-
desi, non hanno altra patria che il
Sudafrica. Cacciati di qui, non sa-
prebbero dove riparare, diverreb-
bero degli apolidi. Per scongiurare
questa eventualità, essi si sforzano
di mantenere la popolazione nera
non solo in condizione di subordi-
nazione, ma di comprimerne lo svi-
luppo economico, sociale e politico.
A questo punto occorre fare una
15 BOLLETTINO SALESJANO I LUGLIO 1982

2.6 Page 16

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precisazione. Per semplificare, si è
soliti distinguere la popolazione del
Sudafrica in bianchi e neri, e dei
bianchi si dice genericamente che
sono razzisti. In realtà, molti bian•
chi, specie quella di origine inglese,
sono favorevoli, almeno in linea di
principio, a una evoluzione che
consenta, in tempi ragionevoli, di
approdare a un diverso as.setto dei
rapporti interraziali. Essi si rendono
conto che l'ingiustizia non può
protrarsi all'infinito e temono il
peggio, per cui si battono, nelle sedi
istituzionali e all'interno dell'opi-
nione pubblica, per una soluzione
pacifica dell'annosa vertenza. Chi,
invece, resiste su posizioni di chiu-
sura sono appunto i bianchi di ori-
gine boera, i cosiddetti «afrikaners•,
e in modo speciale le frange più ol-
tranziste.
Per mantenere intatto il loro po-
tere, i bianchi favorevoli all'apart-
heid hanno escogitato una serie di
strumenti repressivi. Il solo elenco
dei diritti negati alla popolazione di
colore produce una sensazione di
stupore, di incredulità prima ancora
di sconcerto e di ribellione morale.
Pur di ottenere questo risultato, gli
stessi bianchi si sono a loro volta
autolimitati, con rigore tipicamente
calvinista, non poche libertà, per cui
anche se un bianco decidesse di av-
viare una propria personale forma
di integrazione, per esempio spo-
sando una donna nera, o andando
ad abitare in un quartiere riservato
agli africani, ne sarebbe impedito in
for.1;a di legge e il suo comporta-
mento ricadrebbe sotto le relative
sanzioni.
La segregazione razziale ha rag-
giunto, specie in passato, aspetti
grotteschi, coinvolgendo perfino le
panchine dei giardini pubblici, in
parte riservate ai bianchi e parte ai
neri. Oggi, anche per fronteggiare la
crescente opposizione che si è an-
data sviluppando a livello inter•
nazionale (I.Ililumerevoli sono le
prese di posizione dell'ONU), certe
forme assurde di separazione sono
scomparse o si sono attenuate. Ciò
ha fatto pensare a molti di essere di
fronte ai primi segnali di un allen-
tamento della morsa. Più di tutti ci
hanno creduto gli stessi intransi-
genti del partito nazionalista, i quali
sono corsi ai ripari minacciando
scissioni. Sono quem che la pensano,
né più né meno, come il reverendo
H.B. Senekal «servitore della chiesa
riformata olandese", che in una re-
cente riunione si è cosl espresso:
«Dio ci ha fatto bianchi e vuole che
lottiamo per restare bianchi... Lot-
tiamo dunque contro tutti i malsani
progetti di integrazione razziale nel
16 SOLLETT1NO SALESIANO I LUGLIO 198?
lavoro, nelle chiese, nello sport,
nella cultura...».
In effetti, specie un paio d'anni fa,
con l'avvento al potere del primo
ministro Pieter Botha, si è visto, o si
è creduto di vedere, qualche spi-
raglio di apertura. Alcune leggi
particolarmente efferate sono di
fatto decadute, si è consentito ai
neri di organizzarsi in sindacati, è
circolata un'aria più respirabile che
ha fatto sperare in un cambiamento
di rotta. Ma Botha, che pure è ap-
parso sinceramente incline a una
evoluzione sostanziale, ha dovuto
presto fare i conti con gli estremisti
del suo partito, ha temuto una
perdita di consensi elettorali e ha
quindi dovuto tirare i remi in barca.
Per questo, oggi, l'arcivescovo mons.
Hurley può dire che non si è andati
al di là della facciata.
Se parecchi ristoranti hanno
aperto le porte anche ai clienti neri
(ma la maggior parte continua a
respingerli), se nei luoghi pubblici,
negli alberghi, nei campi sportivi si è
meno rigidi di un tempo, la discri-
minazione rimane nei suoi aspetti
essenziali, quelli che coinvolgono i
tratti fondamentali della convi-
venza civile: la separazione tra
quartieri residenziali (i neri debbono
abbandonare quelli dei bianchi,
dove lavorano, a una certa ora e ri•
tornare nei loro ghetti periferici,
dove peraltro i bianchi possono en-
trare solo se muniti di permessi
speciali), la discriminazione nell'e-
ducazione, nell'economia, nella
cultura, per non dire della vita po-
litica, dalla quale i neri sono total-
mente esclusi (non partecipano alle
elezioni).
Mons. Hurley ha levato di recente
la sua protesta per un fatto indi-
cativo dei progetti, in parte già at-
tuati, elaborati dal governo suda•
fricano. Parte della popolazione di
una parrocchia della Diocesi di
Durban è stata forzosamente spo-
s tata altrove, in base alla legge sui
cosiddetti «bantustans• o «Home-
lands,. (cosi si chiamano le riserve
bantù), una legge destinata ad ar-
recare altre atroci sofferenze agli
africani, a disgregare famiglie, a
rendere sempre più difficile la vita
dei neri. Essa prevede la creazione
di una costellazione di stati «in-
dipendenti", dove i neri apparte-
nenti alle diverse etnie dovrebbero
rientrare, assumendone la relativa
cittadinanza, previa perdita di
quella sudafricana, dandosi un go-
verno, liberi anche di esercitare i
diritti politici. Questa sarebbe, nella
convinzione dei bianchi, l'attuazione
pratica della formula, ad essi cara,
di «svilupposeparato•.
Cape Town, il Salesian lnstitute. (l'interno)
Il primo bantustan a raggiungere
l'indipendenza è stato quello del
Transkei, nel 1976. Ha un suo go-
verno con tanto di primo ministro,
una capitale, Umtata, e accoglie ora,
su una superficie di 43 mila chj.
lometri quadrati, tre milioni di
abitanti, tutti del gruppo Xhosa. Ne
sono seguiti altri e alla fine dell'o•
perazione ne esisteranno dieci in
tutto. A quel punto, il governo di
Pretoria potrà dire che nella Re-
pubblica Sudafricana non esiste-
ranno più neri, almeno di diritto,
essendo i neri tutti tranquillamente
sistemati nelle loro rispettive patrie
«indipendenti•. I neri che si tro-
veranno in Sudafrica saranno stra-
nieri, in possesso di un permesso di
lavoro, rinnovabile a determinate
condizioni. Insomma, come gli ita-
liani in Svizzera e in Germania. E
allora, finalmente, dicono i bianchi,
nessuno ci verrà a dire che oppri-
miamo gli africani. Li chiamiamo
solo per lavorare assieme a noi, co-
me gli svizzeri, appunto, chiamano
gli italiani. E a chi è mai venuto in
testa di chiedere il diritto di voto
per gli italiani che lavorano nella
Repubblica elvetica?
Ma non si è atteso che l'opera-

2.7 Page 17

▲back to top
~vn:.
'1
I
f illlllllll
zione fosse conclusa per dare via li-
bera alla protesta di fronte a quella
che si configura come una paui-osa
mistificazione. Va detto subito che i
dieci bantustans disporranno,
complessivamente, di non più del 13
per cento dell'attuale territorio del
Sudafrica. Questo significa che ai 18
milioni di neri si concederà una
percentuale irrisoria di territorio,
mentre il restante 87 per cento ri-
marrà in mano ai quattro milioni di
bianchi. E che tipo di territorio? Il
Sudafrica è un paese ricco di terra
arabile, ma anche di terre aride o
addirittura sterili Quando si è de-
cisa la definizione dei confini dei
bantustans si è preferito puntare
più sulle seconde che sulle prime.
Naturalmente è inutile cercare qui
oro o diamanti. Certamente le fi.
nalità del Sudafrica non sono quelle
di ridurre alla fame gli abitanti dei
bantustans, ma solo di metterli in
condizione di dover emigrare in
Sudafrica, dove la loro opera resta
indispensabile, per trovare lavoro.
Questo vuol dire alimentare una
tragedia. Una famiglia Xhosa che
prima abitava nel pur famigerato
quartiere di Soweto, ora è smem-
brata. La moglie, se non lavo1·ava, è
stata costretta a fare ritorno (o an-
darci per la prima volta se non vi
era neppure nata) nella sua nuova
«palria» con la conseguente, ine-
vitabile rottura dell'unità familiare.
Nel bantustan dovrà arrangiarsi,
sperare nei pochi soldi che il marito
potrà inviarle, adattarsi a un tenore
di vita alquanto basso. Già oggi, il
reddito pro capite di tante popo-
lazioni dei bantustans è pari a
quello di_ molti poverissimi paesi
africani. E peraltro vero che negli
ultimi tempi si è attenuato nei
bianchi il convincimento che i ban-
tustans siano la formula magica
destinata a risolvere tutti-i proble-
mi, per cui si è meno inclini alla ri-
gidez7.a a proposito della cittadi-
nanza obbligatoria.
Nel suo complesso, questa realtà è
ben presente alla cosciema della
comunità internazionale. Contra-
riamente alle aspet.t.ative di Pre-
toria, nessun paese del mondo ha
finora riconosciuto i nuovi Stati
«indipendenti». li mondo sembra
essere d'accordo pii) con Luthuli che
con il governo sudafricano. E Lut-
huli ebbe a scrivere: «A chi appar-
tiene il Sudafrica? La grande mag-
giol'anza degli africani afferma che il
paese appartiene ai milioni di per-
sone di razze diverse che lo abitano,
senza distinzione di colore. Questo
punto di vista richiede anzitutto che
gli uomini siano considerati uo-
mini». Queste pal'Ole vogliono si-
gnificare «integrazione» e non
«bantustan».
C'è purtroppo un altro consi-
stente elemento che concoITe a
rendere irta di ostacoli l'impervia
strada verso l'integrazione razziale:
l'interesse materiale. Il Sudafrica è
un paese ricco, industrializzato a
livelli europei, una autentica isola
nel gran mare della miseria africana.
Una agricoltura fiorente laddove le
terre sono coltivabili, oro il primo
produttore mondiale), diamanti,
platino e quella risorsa oggi - in
epoca nucleare - tanto ambita:
l'uranio. Tutte ricchez7,e che ri-
chiamano capitali esteri cui si ag-
giungono capitali interni, e insieme
danno origine a uno sviluppo
straordinario, a una alta capacità
tecnologica, a ricerche d'avanguar-
dia.
Ma non ci sono solo le ricchezze
naturali, c'è anche una ricchezza
umana costituita dalla manodopera
segue a pag. 20
17 BOUETTINO s.llESIANO 1 LUGLIO 1 '8,·
,-

2.8 Page 18

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VACAIIZE
L'ESPERIENZA DI UXBRIDGE
L'inglese
in Inghilterra
T empo di vacanze. Tempo - per
Don Bosco e la sua Famiglia -
di maggior lavoro a servizio dei
giovani perché es.so non vada perduto
o, addirittura, male usato.
Fioriscono cosi tutti gli anni mol-
teplici iniziative: colonie, campi-scuola,
festivals e manifestazioni varie tutte
aventi quel volto gioioso e sereno che
faceva dire a san Domenico Savio: qui
facciamo consistere la santità nello
stare molto allegri.
Ecco ad esempio, in questo servizio le
immagini di un soggiorno estivo in In-
ghilterra per lo studio della lingua in-
glese.
Si tiene ad Uxbridge nei pressi di
Londra ed è organizzato dalle Figlie di
Maria Ausiliatrice con l'aggiunta di
qualche salesiano. Ne è responsabile
Laura Girotta, una suora venuta dal
Libano che si muove con la stessa di-
sinvoltura con cui dirigerebbe una se-
zione di asilo.
Oltre cinquecento adolescenti hanno
in tal maniera la possibilità di vivere
un'autentica esperienza di college bri-
tannico con un'animazione educativa
salesiana. Poca cosa rispetto agli oltre
cinquecentomila ragazzi italiani che tra
luglio e agosto invadono questa terra;
moltissimo se consideriamo che molti
di loro finiscono con il trovarsi in si-
tuazioni certamente poco chiare da un
punto di vista educativo.
La vita al college è semplice: scuola
per cinque mattine alla settimana e
quindi gite e incontri di gruppo sempre
con l'animatore in mezzo. Molto tempo
viene dedicato anche alla pulizia e alla
cucina; ragazzi così che a casa non
mancano di fare capricci hanno l'op-
portunità di cucinare e... far bucato.
Riuscire a ritagliare uno spazio dove
far pensare il giovane in un contesto -
quale quello di molte vacanze - di
proposte decisamente consumiste è
l'obiettivo ,educativo primo. Il resto
verrà da sé. Molti avranno la possibi-
lità di un incontro con il sacerdote e la
possibilità di scoprire anche la gioia di
una preghiera ben fatta. Poi, dopo aver
speso gli ultimi spiccioli a Carnaby
Street verrà il giorno della partenza e
con essa spunterà perfino qualche la-
crima di nostalgia per delle giornate
tutte da ricordare.
1. Un viaggio a Londra ha
sempre un faacino specie
per i ragazzi.
2-3. L'arrivo e la sistemazione
al college è sempre... pro-
blematica: «aister,mimette
aseieme a Paola•, dice Da-
niela che ha già trovato
un'amica.
4. Si va a IIJ)8880 per la città.
6. È l'ora della partita. E del
rellto quel prato verde è
proprio invitant,e.
6-7. A pranzo ei va al eelf eer-
vice ma a cena bisogna ar-
rangiarsi ed ecco allora i
soliti spaghetti.
8. C'è sempre qualcosa da or-
ganizzare: ecco le infati-
cabili suor Laura Girotto,
euor Patricia MacCUR.ke.r e
euor Clelia Ferrari.
9. La gioia del canto ma anche
quella d'incontrare dei
fratelli e delle sorelle alle
quali raccontare tutto.
10. Si riparte. Chissà se l'an110
pro88imo ci rivedremo?
2

2.9 Page 19

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2.10 Page 20

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LA CHIESA CATTOLICA: NO ALL'APARTHEID
È doloroso dover constatare che il paese, ormai unico al mondo, dove il razzismo viene praticato sulla scorta di un
organico corpo di leggi, aderisce almeno al settanta per cento alla religione cristiana. Cristo è venuto tra gli uomini
a significare la comune derivazione dall'unico Padre, senza più distinzioni tra liberi e schiavi, a dare la dimensione
nuova e rivoluzionaria dello spirito di fratellanza che deve animare i rapporti sulla Terra. Eppure, molti di coloro che
in Sudafrica si raccolgono nelle chiese a pregare in nome di Cristo, si dichiarano al tempo stesso nettamente con-
trari a qualsiasi forma di integrazione tra bianchi e neri. A più riprese, la Nederdmitsch Hervormde Kerk, una delle
chiese riformate olandesi, ha confermato la propria convinzione che «la separazione razziale è la più atta a servire
gli ideali cristiani•...
Naturalmente questo aberrante principio non trova spazio alcuno in tante delle pur numerose componenti cri-
stiane che formano la variegata comunità cristiana del Sudafrica. Di certo non in quella cattolica, oggi forte di più di
un milione e 800 mila fedeli e tuttavia minoritaria In un paese che conta oltre 20 milioni di abitanti. Ma è indubbio
che il già frazionatissimo ovile cristiano (in Sudafrica esistono non meno di 2 mila confessioni, nate sul posto o im-
portate, sincretiche o di derivazione africana) trova nella divergenza di comportamento nei confronti dell'apartheid
un ulteriore motivo di divisione. Del resto è inevitabile che una questione fondamentale per il Sudafrica come quella
razziale permei di sé la vita religiosa in quanto paese, peraltro molto attiva e vivace.
L'atteggiamento della Chiesa cattolica a questo riguardo è netto e non si presta a equivoci. Senza spingersi
troppo indietro nel tempo, basterà ricordare qui che fin dal 1959 l'arcivescovo di Durban, mons. Denls Hurley, di-
chiarò che i pieni diritti politici dovevano essere estesi a tutti i cittadini sudafricani. «Bisogna operare, disse, per
ottenere il necessario cambiamento di mentalità contraria alla gente di colore, propria del bianco, e la legislazione
restrittiva che da essa deriva• . A sua volta, nello stesso periodo, l'arcivescovo di Città del Capo, Owen Mac Cann,
dichiarò che «la preservazione della civiltà cristiana significa essenzialmente l'integrazione del normale sistema di
vita, non solo su un plano economico, ma anche su un plano sociale».
Erano dichiarazioni che anticipavano le conclusioni cui sarebbe pervenuto, nel luglio del 1966, il Concilio Vati-
cano 11, contenute espressamente nella Costituzione pastorale su «La Chiesa e Il mondo contemporaneo» (Gau-
dium et Spes): «Il fine ultimo dello sviluppo economico consiste nel servizio di ciascun uomo, di qualsiasi razza... i
fedeli evitino ogni forma di razzismo... superino I particolarismi di razza... gli odii razziali rendono inutili gli sforzi per
la pace...».
Anche di recente, mons. Hurley, nella sua qualità di presidente della Conferenza episcopale, ha ribadito la posi-
zione della Chiesa cattolica sul grave problema della discriminazione razziale, proprio allo scopo di respingere le
critiche di quanti accusano la Chiesa di entrare in campo politico. Non si tratta di fare politica nella comune acce-
zione del termine, ha detto in sostanza il presule, ma piuttosto di intendere come «politica» in senso lato la ferma
difesa dei principi che esigono il corretto esercizio dei diritti e dei doveri civili. Ciò, per. i cristiani, sottolinea mons.
Hurley, comporta il dovere di denunciare le ingiustizie sociali e di promuovere un clima di rispetto e di reciproco
amore fra le razze. In pratica, questo atteggiamento si è concretizzato nell'adozione di decisioni coraggiose. come,
per esempio, l'apertura di molte scuole cattoliche a studenti di tutte le razze.
Anche altre confessioni religiose si sono schierate contro l'apartheid. La Chiesa anglicana ha duramente contra-
stato la pratica razzista, e il decano di Johannesburg, Il vescovo Conville French-Beytagh fu, nel 1971, condannato
a cinque anni di prigione per «incitamento alla violenza». In realtà aveva solo aiutato organizzazioni antiapartheid,
come riconobbe il processo d'appello, che annullò la precedente sentenza.
Anche le chiese luterane hanno ripetutamente condannato la violazione dei diritti dell'uomo. Le decine di chiese
cosiddette indipendenti, cioè le sette religiose tondate e dirette esclusivamente da africani, sempre fluttuanti tra fu-
sione e rottura, sono anch'esse contro l'apartheid, ma al tempo stesso contrastano l'estremismo dei gruppi neri ri-
tenendolo fonte di fatti sanguinosi.
Ancorate alla segregazione razziale restano le tre chiese riformate olandesi, di derivazione calvinista, alle quali
aderiscono la maggioranza dei bianchi e tutti gli uomini oggi al potere in Sudafrica.
a buon mercato. Il salario dei neri è
infatti di gran lunga più basso ri-
spetto a quello percepito dai bianchi
(anche se negli ultimi tempi le di-
stanze si sono relativamente accor-
ciate). La conservazione di questo
stato di oose è considerato essenziale
non solo dai bianchi che si giovano
di una non equa distribuzione della
ricchezza, ma anche da tutti i
partners commerciali del Sudafrica,
che sono innumeretoli, in ogni parte
del mondo, Africa inclusa. Infatti,
molti dei paesi africani che nelle
sedi internazionali si battono perché
siano decise sanzioni contro il Su-
dafrica, sembrano assumere questo
atteggiamento più che altro per
onor di fi.nna, per scarico di co-
scienza, nella certezza che il «veto»
opposto da qualche grande potenza
impedirà alla richiesta d1 avere
20 BOLLErTINO SALESIANO I LUGLIO 1982
corso. Se infatti si dovesse pervenire
alle sanzioni, moltissimi paesi afri-
cani si troverebbero a loro volta a
dover fronteggiare enormi difficoltà
economiche.
La condizione di alto sviluppo del
paese, se beneficia in primo luogo e
in misura maggiore i bianchi, si ri-
flette però, sia pure parzialmente, su
molti neri. Nelle zone industriali e
minerarie, i neri godono infatti di un
reddito annuo pro capite che non ha
l'eguale in vaste aree del Continen-
te. Ma vive forse l'uomo di solo pa-
ne? Egli chiede anche giustizia. Ed è
proprio pensando alla realizzazione
di una maggiore giustizia, che la
Conferenza episcopale sudafricana
incoraggia la formazione di sinda-
cati neri: «Vogliamo porre il peso
morale della Chiesa - è stato di-
chiarato - a fianco della lotta che
essi conducono».
C'è infine un altro elemento che
va sottolineato al fme di inquadrare
nei suoi molteplici aspetti la situa-
zione di questo paese: la sua posi-
zione geografica, strategicamente di
straordinaria importanza. Il gover-
no sudafricano ama definirsi «ba-
stione del mondo occidentale» nel-
l'Africa australe, dove si sono af-
fermati regimi legati a doppio filo
all'Unione Sovietica. Il paese è col-
locato in una posizione-chiave, e nel
confronto in atto fra Est e Ovest,
rappresenta una pedina di incal-
colabile valore. Le stesse forze ar-
mate sudafricane costituiscono l'e-
sercito più agguerrito oggi esistente
a sud del Sahara. Di qui l'appoggio
che il Sudafrica ottiene dall'attuale
amministrazione americana. Al
tempo stesso è innegabile che il

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Sudafrica, proprio a causa della sua
situazione interna, si trova a svol-
gere un ruolo che insidia la pace. Le
sue continue incursioni militari nei
territori dei paesi vicini - Angola e
Mozambico in particolare - per
colpire le basi dei guerriglieri che
operano in Namibia (altro grosso
nodo da sciogliere) e nello stesso
Sudafrica, creano pericolose ten-
sioni in un contesto internazionale
già abbastanza pericolosamente
teso.
È dunque alla situazione interna
che deve essere rivolto lo sforzo di
quanti auspicano una evoluzione in
senso pacifico. Se si spazio alle
correnti che predicano apertamente
il ricorso alla violenza, c'è non solo il
rischio di un tremendo bagno di
sangue che coinvolgerà neri e bian-
chi, ma anche di innescare una pe-
ricolosa miccia sotto i barili di pol-
vere degli arsenali di tutto il mondo.
Bisogna far maturare le coscienze,
preparare i neri ad assolvere a nuovi
ruoli, far riflettere i bianchi sulla
impossibilità di vivere per sempre
alla giornata. Insomma, si 'tratta di
predispolTe il futuro. L'opera delle
Chiese locali e dei missionari è ri-
volta a conseguire questo risultato.
Lasciarli soli sarebbe diserzione.
Essi non debbono essere considerati
un corpo separato solo perché lon-
tani migliaia di chilometri. La loro
causa deve essere la nostra, poiché
in un modo o nell'altro ci coinvolge,
sia che vogliamo coglierla come un
atto di fratellanza cristiana, sia che
vogliamo vederla come un contri-
buto alla pace nel mondo. Il Su-
dafrica è un paese, che, più di tanti
altri, ha veramente bisogno di
amore e di aiuto fraterno.
SUDAFRICA - Repubblica dal 1961 (già Unione sudafricana indipendente dal 191Oe membro del Commonwealth
fino al 1961). Superficie: Ùn milione e 221.037 Kmq (come Italia, Francia e Germania insieme). Popolazione: 24 milioni
e 990 mila abitanti, di cui 4 milioni e mezzo circa di bianchi. 2 milioni e mezzo di «coloured. (cioè meticci), 620 mila
asiatici (in gran parte indiani) e 18 milioni e mezzo di neri. Capitali: legislativa, Città del Capo (un milione e 300 mila
abitanti); amministrativa (sede del governo), Pretoria. Religioni: i bianchi sono in maggioranza cristiani appartenenti
alle varie chiese protestanti, cosi come I neri. I cattolici sono un milione 783 mila fra bianchi e neri; numerosi gli ani-
misti.
21 BOLLETTINO $1\\Ll:SIANO I LUGUO 1!182
r

3.2 Page 22

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<I La Cattedrale della capitale
Manzini.
P er avere un'idea del N~ane
- ex Swaziland - bisogna
immaginare una regione
grande come il Lazio incastonata in
un territorio comprendente l'Italia,
la Francia e la Germania messe in-
sieme, tale essendo la superficie del
Sudafrica che ingloba questo piccolo
paese. Un Lazio, però, retto da una
monarchia, perché a capo del Ng-
wane c'è da sempre un re. Anzi,
Sobhuza Il, il monarca attualmente
sul trono, è il sovrano che può van-
tare il più lungo regno del mondo: è
re dal 1921, e pare intenzionato a
conservare il record ancora a lungo
nonostante i suoi 82 anni suonati. Si
ignora chi sarà il successore, perché,
secondo la tradizione, il nome del-
l'erede al trono sarà rivelato solo
dopo la morte di Sobhuza II.
Già protettorato britannico, lo
Swaziland è, sulla carta, una mo-
narchia costituzionale. Di fatto, nel
1973 il sovrano sospese la Costi-
tuzione e sciolse i partiti nonché gli
organismi rappresentativi. In altri
termini, il sistema parlamentare è
stato ufficialmente abolito. L'op-
posizione si è organizzata clande-
stinamente.
Benché cosi piccolo, il Ngwane ha
sempre resistito a ogni tentativo del
Sudafrica di inglobarlo ufficial-
mente. Ciò non toglie che il regno
sia in concreto un satellite del
22 • BOLLE TTINO SALESIANO I LUGLIO 1982
grande paese che lo circonda, specie
in campo economico. Ricco di ri-
sorse idriche, il Ngwane è sotto il
tiro sudafricano per quanto riguar-
da il loro sfruttamento. A Pretoria
esiste un progetto che prevede la
costruzione di una diga destinata a
utilizzare le acque swazi, un pro-
getto che, se portato a termine,
avrebbe come conseguenza di im-
pedire l'irrigazione di 700 acri di
terra arabile, con le conseguenze che
si possono immaginare per l'eco-
nomia del paese. Per ora, tuttavia, il
Ngwane è costretto, se vuole vederci
la notte e far funzionare le sue pur
modeste industrie, a importarn
energia elettrica dal Sudafrica per
almeno due terzi del fabbisogno.
Tentativi di ridurre la dipendenza
economica da Pretoria sono stati
fatti dal Ngwane mediante l'inten-
sificazione dei rapporti con il Mo-
zambico, resi teoricamente possibili
dalla ferrovia che collega la capitale
Mbabane a Maputo, e che trasfe-
risce nel vicino paese carbone e
materiali ferrosi.
Anche i rapporti politici con il
Sudafrica non sono idilliaci. Il ter-
ritorio del Ngwane viene utilizzato
dai guerriglieri dell'African Natio-
nal Congress come base per incur-
sioni in Sudafrica. I guerriglieri non
hanno certo in tasca il permesso di
transito, ma il governo locale chiude
un occhio e la popolazioneswazi non
nasconde le sue simpatie per i na-
zionalisti africani. Lo stesso Su-
dafrica, tutto sommato, si dimostra
tollerante dato che concede ad al-
meno 10 mila profughi dal proprio
territorio di vivere nel Ngwane, a
patto che non si diano troppo da
fare in campo politico. Nei confronti
dei più accesi sostenitori dell'ANC,
infatti, la polizia sudafricana è
molto attiva e non fa complimenti
quando si tratta di oltrepassare i
confini per catturarne qualcuno.
Per il resto, lascia correre. Tanto
più che il Ngwane si presta a sod-
disfare i cittadini sudafricani viziosi,
che trovano qui quelle case da gioco
o quei locali di divertimenti equivoci
che sono proibiti per legge in Su-
dafrica. Il re Sobhuza, pur consi-
derando turpi queste attività, le
consente dal momento che costi-
tuiscono una fonte di entrata per le
casse dello Stato. Ma non solo in ciò
il Ngwane può considerarsi poco
esemplare: nel paese abbonda in-
fatti la corruzione e qualsiasi ten-
tativo di stroncarla trova enormi
ostacoli. Una commissione di in-
dagine, istituita nel 1981, fu presto·
sciolta, per ordine del re, quando
cominciò a indagare in ambienti
legati alla monarchia.
r

3.3 Page 23

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PICCOLI VAGABONDI A MANZINI
N ell'ottobre 1978 un gruppo di
sette liceali, allievi della «Salesian
High School» di Manzini uscì per le
vie cittadine per mettersi in contatto
con alcuni dei giovani «sbandati»
che in numero sempre maggiore
vagabondavano nella città in cerca
di espedienti. C'era più d'una ra-
gione per compiere quel passo.
Negli ultimi tempi si era verificato
un notevole aumento di rapine da
parte di imberbi «vagabondi». Si sa
che degli adulti hanno preso a re-
clutare ragazzi «fagan-style» - os-
sia tipi da addestrare come - «ma-
nolesta» - e a ingaggiarli poi per la
criminalità organizzata.
Questi ragazzi vennero invitati
dai nostri allievi a «mangiare qual-
cosa In compagnia,., Arrivarono
guardinghi, con molta diffidenza.
Fu allestito per loro un posto di
ospitalità e un dormitorio. In capo a
una settimana sei o sette giovani
mangiavano e dormivano in questa
sistemazione provvisoria. A feb-
braio raggiunsero il numero di
ventidue. In aprile erano trenta.
Oggi ci manca il posto. Purtroppo
non abbiamo la possibilità di ospi-
tarne altri.mentre già occorre fare i
salti mortali per provvedere alle
basilari necessità di vita di quanti
abbiamo potuto provvisoriamente
sistemare...
Colloqui occasionali con questi
«discoli» denunciano che sono
varie la cause dell'abbandono, del
vagabondaggio, della delinquenza
in cui essi sono caduti. Alcuni non
hanno mai avuto famiglia. Sono
degli «sfortunati errori,., tirati su da
chissà chi per qualche anno, e poi
abbandonati ad «arrangiarsi» da
soli, come animali. Altri - la parte
maggiore - sono i ..residuati» della
distruzione della convivenza fami-
liare. Nello Swaziland non esistono
istituzioni assistenziali, non vi sono
sistemi di pubblica vigìlanza, non
funzionano case di alcun tipo per
raccogliere i minori abbandonati. Si
dà il caso di ragazzi fuggiti via dai
propri parenti essendosene questi
disinteressati totalmente. Qualcuno
se ne viene in città a cercare lavo-
ro, per rimediare in qualche modo
una retta scolastica... Altri sempli-
cemente scappano. Quasi tutti
hanno avuto qualche grana con la
polizia, qualcuno ha pure speri-
mentato qualche periodo di car-
cere.
Tra gli scopi basilari del nostro
progetto vi è ovviamente la rein-
tegrazione di questi ragazzi nel-
l'ambiente familiare loro proprio (se
esiste). Ma i tentativi In questa di-
rezione hanno avuto successo in
sue soli casi.
Quando cl è noto dove i ragazzi
stanno di casa, li riportiamo lì. Il
giorno dopo essi si trovano nuo-
vamente per strada. Lo Swaziland
ha avuto una forte tradizione fa-
miliare, ma in città questa tradizio-
ne si sta man mano sgretolando. Se
un padre di famiglìa deve andare al
lavoro e lascia sola la madre, que-
sta è incapace di imporre al ragaz-
zo Swazi la disciplina e l'educazio-
ne tradizionale.
Il fatto sta che un numero rile-
vante di ragazzi non può essere ri-
mandato a casa propria. Occorre
allora forma alternativa di educa-
zione. I più giovani - tra i 1O e I 15
anni di età - vengono indirizzati a
scuola La «Salesian High School»
di Manzini ha integrato nelle sue
classi scolastiche una decina di
questi «vagabondi permanenti». Gli
altri vengono addestrati a lavori di
carpenteria da un insegnante tec-
nico della scuola. A parte qualche
difficoltà iniziale, gli «scolari»
sembrano promettere bene. Alcuni
fanno notevoli progressi. Il gruppo
degli apprendisti è invece com-
posto da elementi più anziani che
hanno trascorso molto più tempo in
strada: costoro mancano general-
mente di una qualsiasi istruzione e
trovano pressoché insopportabile
la lieve forma di «disciplina». Co-
struiscono tavoli, panche, manufatti
da vendere... Cl contentiamo che
impari e che a poco a poco aiutino
ad affrontare il loro proprio man-
tenimento...
Ci troviamo in condizioni molto
simili a quelle che affrontò Don
Bosco quando diede inizio al suo
lavoro in favore dei ragazzi abban-
donati di Torino. I giovani «sban-
dati» di Manzini, di cui ci stiamo
attualmente occupando, non sono
che a un passo dalla strada. Il loro
maggiore interesse · sopravvivere.
Non importa come. Il progetto a lo-
ro riguardo è ancora ben lontano
da un minimo di traguardi. Ma lo
spirito di Don Bosco e il sostegno
degli amici nel portare avanti que-
sto stesso progetto, ci condurrà Dio
volendo a qualche approdo.
Bisogna riuscire. Troppi ragazzi a
Manzini trascorrono tutta la loro
infanzia e adolescenza per le stra-
de.
L.McDonnel sdb
NGWANE (Swaziland) - lndìpendente dal 1968. Superficie 17.363 Kmq (quanto il Lazio). Popolazione: 690.571 abi-
tanti. Capitale: Mbabane. Religione: protestanti 200 mila, cattolici 36 mila, li resto animisti.
23 BOUETTINO SALESIANO I LUGLIO 1982

3.4 Page 24

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D i un paese come il Lesotho si
potrebbe dire, per più di un
motivo: piccolo, ma tanto
complicato. È un territorio minu-
scolo, se rapportato alle prevalenti
dimensioni africane: il Piemonte e la
Liguria messi insieme, ma con una
popolazione nettamente inferiore.
Eppure ha vissuto una serie di av-
venimenti spesso contraddittori, ha
conosciuto momenti difficili, ci sono
stati incidenti, insomma, è corso
sangue.
La storia del Lesotho è la storia
del popolo Bashoto, che ha dato
vita, nel corso dei secoli, a una cul-
tura tra le più raffinate del!'Africa
australe. Un popolo che mantiene
tuttora la sua coesione etnica, e per
difenderla ha saputo resistere alle
pressioni della Gran Bretagna pri-
ma, del Sudafrica poi, che miravano
a una sua integrazione nel più vasto
ambito sudafricano. L'eroe nazio-
nale, che il popolo Bashoto celebra,
e Moschoeshoe, fondatore della
stirpe e capo supremo. Oggi è una
monarchia, il re si chiama Mosc-
hoeshoe II, ma di fatto il paese e
nelle mani del capo Leabua Jonat-
han e del partito da lui fondato.
L'indipendenza del Lesotho risale
al 1966 e il paese vi approdò dopo
una strenua resistenza nei confronti
dell'amministrazione britannica,
che avrebbe voluto imporre un po-
tere più centralizzato, in contrasto
con il tradizionale sistema demo-
24 BOLI.ETWIO SALESIANO I LUGLIO 1982
cratico basato su assemblee locali e
nazionali guidate dai «capi». Ot-
tenuta l'indipendenza, il Lesotho ha
visto nascere il contrasto fra capi
tradizionalmente conservatori e
tuttavia non sordi alle istanze che
provenivano dalla base, e «inno-
vatori», più favorevoli all'istituzione
di organismi rappresentativi. La
diatriba nascondeva interessi pre-
cisi: i «capi», legati al sistema trn-
dizionale, volevano conservare un
potere che li rendeva arbitri del-
l'assegnazione delle terre arabili
(scarse, perché il paese è montuoso),
di diritto possedute dal re, ma di
fatto controllate dai notabili locali.
La vittoria conseguita nelle ele-
zioni del 1970, consentì al capo Jo-
nathan di prendere in mano la si-
tuazione, costringere il re ad ab-
dicare in favore del figlio, bandire
gli altri partiti, sospendère la Co-
stituzione e instaurare un regime
autoritario. Tutte decisioni che fo-
mentarono scontri armati tra le
opposte fazioni. Dal 1970 non ci
sono più state elezioni, si sono in-
vece intensificati gli intrighi, acuite
le polemiche, consolidate le tensioni
che sfociano spesso in manifesta-
zioni di violenza. Il Lesotho è una
«enclave» incastonata nel Sudafrica
e da quest'ultimo è totalmente di-
pendente dal punto di vista eco-
nomico. Ciò non ha impedito al go-
verno di Mbabate di operare di re-
cente un ribaltan1enti dei rapporti
con il Sudafrica. Da alleato s1 e
trasformato in aperto critico della
politica sudafricana e in particolare
della pratica dell'apartheid. Non
solo: il Lesotho ha avviato contatti
con l'URSS e con Cuba, anche se
non si è usciti finora dal terreno
delle affermazioni teoriche. Se il
Sudafrica non lo vorrà, si dice qui,
I Salesiani sono giunti nel Sud
Africa nel 1896. Essi oggi banno
cinque opere impegnate soprat-
tutto nel campo dell'insegna-
mento scolastico e professionale.
Dal 1961 vi lavorano anche le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice. Dal
Sud Africa allo Swaziland il salto
non è stato difficile ed è sorta cosi
a Manzini nel 1953 un'opera che
attraverso la scuola mira alla
formazione dei futuri dirigenti
del Paese.
Nel 1980 infine i Figli di Don
Bosco sono andati nel Lesotho
aprendovi una parrocchia e al-
cune scuole.
nessun russo o cubano, anche solo a
livello diplomatico, potrà mai rag-
giungere il Lesotho. A Pretoria ba-
sterebbe, come ritorsione, chiudere
le frontiere con il piccolo paese per
asfissiarlo economicamente.

3.5 Page 25

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GANDHI E CHURCHILL:
DUE FUTURI «GRANDI» IN SUDAFRICA
Non si diedero alcun appunta-
mento, e difatti non si incontrarono,
né seppero l'uno dell'altro, ma due
uomini dei quali si sarebbe detto in
seguito che furono «grandi», in-
crociarono le loro strade in Suda-
frica: Wìnston Churchill e il Mahat-
ma Gandhi. Se incontro vi fu. deve
essere Inteso come collocazione di
entrambi dalla stessa parte della
trincea, e non in senso figurato.
perché tutti e due si trovarono Im-
pegnati a fianco degli inglesi nella
guerra contro i boeri nel 1899.
Collocazione più che normale per
Churchill, ufficiale britannico della
riserva, anche se giunto sul teatro
di guerra come inviato del «Mor-
ning Post», un giornale di Londra, e
solo in un secondo tempo passato
al servizio attivo nell'esercito in-
glese impegnato in Sudafrica.
Scelta un po' più sorprendente
quella di Gandhi, l'uomo destinato
a passare alla storia come uno dei
più grandi profeti della «non vio-
lenza».
Tuttavia, per Il Mahatma ci sono
convincenti giustificazioni, alla sua
partecipazione alla guerra, che egli
stesso, in seguito, si è sentito in
dovere di dare. Era, a quell'epoca,
impegnato in una difficile opera ri-
volta a ottenere il riconoscimento
dei diritti civili ai suoi connazionali
indiani emigrati in Sudafrica e
piuttosto maltrattati dagli Inglesi. La
sua azione era improntata alla non
violenza.
Ma allorché la violenza esplose
con la guerra anglo-boera, Gandhi
ritenne di poter giovare alla causa
degli indiani partecipandovi con I
connazionali a fianco degli inglesi,
convinto che, a guerra ultimata, i
britannici non avrebbero potuto
non tenere in considerazione que-
sto apporto. Lo stesso Gandhi si
arruolò come volontario, ma im-
pegnandosi nel corpo di sanità.
Analogo atteggiamento assunse
più tardi, nel 1906, quando le au-
torità britanniche decisero quella
che si sarebbe rivelata una spedi-
zione punitiva contro popolazioni
inermi, ma che all'epoca fu fatta
passare come un'operazione mili-
tare destinata a sedare una rivolta
indigena.
Ecco come lo stesso Gandhi
racconta la sua esperienza. «L'uf-
ficiale medico inglese che si tro-
vava sul posto fu molto contento di
vederci. Ci disse che i bianchi non
curavano volentieri gli zulù feriti,
che le ferite degli indigeni si sta-
vano infettando, e che lui non sa-
peva che cosa fare... Salutò quindi
Il nostro arrivo come un dono di Dio
per quella povera gente. Anche gli
zulù furono felici di vederci. I sol-
dati bianchì, invece, cercavano di
convincerci a non curare gli zulù. E
poiché noi non davamo loro ascol-
to, si infuriarono e commisero ogni
sorta di abusi contro gli indigeni».
Con ben diverso spirito partecipò
alla guerra anglo-boera il futuro
primo ministro britannico. Era
giunto in Sudafrica come g iorna-
lista, ma sotto sotto covava una
gran voglia di imbracciare il fucile e
di battersi. Gli accadde invece di
essere catturato dai boeri. Riuscì
non senza rischi a evadere dal
campo di prigionia e a riguada-
gnare avventurosamente le linee
inglesi. Qui, dimessi i panni del
corrispondente di guerra per quelli
di ufficiali, cercò la «gloria» sui
campi di battaglia.
Questo il suo racconto della cat-
tura («Gli anni della mia giovinez-
za» ed. Bompiani): «In quel mo-
mento comparve un uomo a caval-
lo. Era giunto al galoppo sfrenato.
Vidi la sua sagoma alta, scura, col
fucile impugnato nella destra... Mi
urlò di arrendermi... Pensavo di
avere con me la mia Mauser e cal-
colai che avevo il tempo dì sparargli
per primo. E lo avrei ucciso volen-
tieri (sic). Feci l'atto di prendere la
pistola. ma mi accorsi che non c'e-
ra, me l'ero tolta poco prima. Ora il
boero mi aveva sotto la mira del
suo fucile. Volsi lo sguardo e vidi
che era comparso un altro uomo, e
anche lui mi teneva sotto tiro. Non
c'era scampo. Alzai le mani. Ero
p,rigioniero».
Churchill, evidentemente umiliato
nel suo spirito guerriero, si consola
ricordando ciò che Il «grande Na-
poleone» ebbe una volta a dire:
«Quando un uomo è solo e inerme,
non è vergogna se si arrende• .
Come la storia insegna, i grandi
condottieri sono soliti spalleggiarsi
a vicenda. Altrimenti, che ci sta-
rebbero a fare le frasi famose?
Ecco una caratteristica capanna ed i... suoi numerosi abitanti.
Servizio a cura di Gaetano Nanetti e Giuseppe Costa. (Jo' oto Famiglia Cris tiana)
LESOTHO - Indipendente dal 1966. Superficie 30.355 Kmq (quanto il Piemonte e la Liguria insieme). Popolazione.
un milione e 216 mila abitanti. Capitale: Maseru (45 mila abitanti). Religione: cristiani il 73 per cento, cattolici 471 .700,
animisti il 18 per cento.
2 5 801.LET/INO SALESIANO I LUGLIO 1982

3.6 Page 26

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Proc sso a
Suor Eusebia
P lontino
Il 12 aprlle 1982 si è aperto Il processo che - si spera - por•
terà l'umile Suora agli onori degli aJtarl. Ecco un reportage sul•
l'avvenimento scritto da suor Domenica Grasslano nostra col•
laboratrlce e attenta studiosa della Serva di Dio.
S e c'e~a al mondo una perso~a
a cui non potesse capitare tn
nessun modo, d'essere pro-
cessata o di aver a che fare con i
tribunali, era proprio lei. E invece ci
casca dentro mani e piedi e tutta
intera, a quarantasette anni dalla
morte.
La cosa incominciò così, per quel
che riguarda le Figlie di Maria Au-
siliatrice: la consigliera generalizia,
madre Maria del Carmen Martin
Moreno, nel 1974 si trovava in visita
d'ufficio nella Spagna del Sud: An-
dalusia con nomi conosciutissimi in
tutto il mondo di città famose: Se-
villa, Granada, Ca.dice, Malaga,
Cordoba. E con città e paesi sco-
nosciutissimi: per esempio Valverde
del Camino, perduto fra i monti e
che dà di spalla al Portogallo. Ma
proprio qui madre Carmen trovò la
sua sorpresa: i valverdegni in massa
(possiamo ben dirlo) e sindaco
compreso, l'assalirono, a pal'Ole
s'intende. Pretendevano (dico 'pre-
tendevano') che di una suorina da
niente, morta nel 1935, si iniziasse la
causa di beatificazione e canoniz-
zazione.
Dop r tura ri'1es"iionP
Madre Carmen, tornata a Roma,
aveva fatto la sua relazione al
Consiglio Generalizio. Ed era parsa
una perorazione, tanti erano gli ar-
gomenti che piazzava sul tavolo.
Dopo 1ematura riflessione•
eravamo ormai nel 1975 - il Con-
siglio deliberò. E mi raggiunse una
lettera della Madre Generale, suor
Ersilia Canta, che mi chiedeva di
andare a vedere se e che cosa ci fosse
di vero in ciò che raccontavano i
valverdegni sulla «presunta santità»
della suorina, ossia di suor Eusebia
Palomino Yenes. E che anzitutto
per fare una Causa occorreva scri-
vere una biografia della «candidata»
e che poi ci sal'ebbe stato il Proces-
26 80UETTINO SALESIANO I 1.UGLIO 198?
so... Ma ci volevano dei «segni»...
Nacque cosl il libro «Un Carisma
nella scia di Don Bosco». E per me,
quella suorina era diventata un
fiore, un fiore di paradiso!
Sette anni per far
c:"J_j-e ., F r ae
L'avevo innaffiato amorosamen-
te, a volte con lacrime, e con un
fiume di parole consegnate alla
stampa. Mi lamenLavo che tardasse
tanto a forare la terra della sua se-
poltura e fam baciare dal sole.
Nella notte oscura in grembo alla
terra, metteva radici in silenzio a
larghissimo raggio.
Era un fiore silveslre. Ne avevo
trovato le 01me, nel '75, come dissi
in Andalusfa e scoperta il seme
nell'alta Castiglia. Si sarebbe potuto
chiamare margherita o violetta
senza sbagliare poi che aveva del-
l'una la semplicit.à e dell'altra l'u-
miltà. Però il suo nome era ed è
Eusebia Palomino Yenes, Figlia di
Maria Ausiliatrice.
Seguendo le sue piste ero arrivata
a Valverde del Camino, dove aveva
trasmi~ato per obbedire a Dio. E
in quella tena di pini umbratili ed
eucalipti profumati, lei, povera
'campesina', non aveva impressio-
nato nessuno al suo arrivo. Di me-
stiere cuci.mera, guardarobiera,
portinaia e ort.olana, viveva le sue
giornate come la Sulamite, all'om-
bra de] suo Signore, perduta nel suo
amore.
Presto però l'effluvio di quel fiore
incominciò a spandere un profumo
singolare che si chiama «olor de
santidad». E Valverde lo fece suo!
Capitavano cose tanto strane! La
lavandaia, Herminia Caballero,
raccontava che le uova si moltipU-
cavano nel cesto della cuciniera,
perché potesse far la frittata alle
bambine povere del patronato sco-
lastico; gli spinaci crescevano da
La Serva di Dio suor Eusebia Palomino
Yencs nata a Cantalpino (Salamanca) il 15
dicembre 1899 morta a Valverde del Ca-
mino (Huelva) il 10 febbraio J9S5.
oggi a domani larghi come una ma-
no d'uomo; l'acqua sprizzava dal
pozzo secco (e spmza oggi ancora);
l'olio scaturiva dal recipiente vuoto;
i ceci cuocevano in pochi minuti...
Suor Eusebia Palomino Yenes
moriva aJla vigilia della rivoluzione
spagnola (1936-1939), il 10 febbraio
alle ore 0,30.
Il giorno 11 nella serata piena di
vento, l'avevano accompagnata aJ
cimitero in una processione gloriosa
e, dicono, nessuna delle tante can-
dele accese che la scortavano come
s'usava un tempo per le martiri
cristiane, s'era spenta. E le campane
avevano suonato a gloria, improv-
visamente, come si suona per la
morte d'un innocente, ossia d'un
bambino. Lei lo aveva detto prima
di morire, questo.
Da quel giorno, il giorno della
Madonna di Lourdes e di Bernar-
detta. era incominciata per i val-
verdegni l'attesa, perché lei aveva
anche detto: «Tornerò, verrò a fare i
miei gh·etti».
Il processo
Quando il Postulatore Generale
Salesiano, Don Luigi Fiora, telefonò
che la Sacra Congregazione dei
Santi teneva pronto il Decreto
d'Apertura del Processo 'cognitio-
nale' di suor Eusebia, e che mancava
soltanto la firma del Papa (che a
quel momento si trovava in Africa),

3.7 Page 27

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e che il signor Vescovo della diocesi
di Huelva avrebbe nominato i
membri del tribunale, e che dovevo
prepararmi a dichiarare ai signori
giudici come 'teste' cosiddetto 'de
auditu', capii che il fiore-fioriva!
E il mio cuore fece una capriola.
Il giorno
che fece il Signore
La notizia nella Spagna Salesiana
(salesiana in senso amplissimo) si
propagò come una scintilla in un
canneto arso dal sole: il 12 aprile,
lunedl dell'Angelo, a Valverde del
Camino si sarebbe tenuto il solenne
Atto d'apertura del processo di
beatificazione e canonizzazione di
suor Eusebia, figlia legittima di
Agostino Palomino e di Juana Ye-
nes.
La data l'aveva fissata S.E.
monsignor Raffaele Gonzalez Mo-
raJejo, vescovo della diocesi di
Huelva da cui dipende ora la can-
didata agli altari. Preciso che alla
morte dipendeva dall'arcidiocesi di
Siviglia.
Volammo da Roma a Siviglia, il
Postulatore don Fiora, il vice po-
stulatore don Jesus Borrego, la re-
verenda madre Maria del Carmen
Martin Moreno in rappresentan:,,a
della Madre Generale, e il 'teste'
che, in verità, si sentiva molto più
'giornalista' che non 'imputato'.
Tenevamo con allegria tra le mani
l'invito ufficiale con programma
dettagliato e tutte le precisazioni
del caso. Su ogni foglio la fotografia
di lei, che in vita non aveva mai di-
sturbato nessuno e che ora pareva
mettere in moto me-tzo mondo, se
non tutto intero.
si era tolto dal tabernacolo il San-
tissimo, per trasformare la chiesa
parrocchiale in saJa, non essendovi
in tutta Valverde un salone capace
di ospitare la folla che si attendeva e
che superò l'attesa. Né la poté con-
tenere la parrocchia: invasi gli altari
laterali, il pulpito come un grappolo
umano, le corsie, gli angoli, i con-
fessionali.
Raccontru·e come si è svolto l'Atto
d'apertura, risulta difficile perché la
parola letta perde l'afflato, le vi-
brazioni, l'intonazione, la commo-
zione propria della parola viva.
S'iniziò con un canto popolare
alla Madonna detta Nostra Signora
del Riposo. Poi il parroco salutò i
presenti, incominciando da Sua
Eccellenza, a nome proprio e della
Comunità parrocchiale. Presentò
suor Eusebia creatura di bontà, di
umiltà, di obbedienza. Disse: «Se la
Chiesa la dichiarerà santa, nessuno
si rallegrerà quanto noi... Per in-
tanto cerchiamo di imitare le virtù
di questa donna che seppe vivere
semplicemente il Vangelo nella sua
interezza». Infatti questo è suor
Eusebia: vangelo vissuto.
Rappr"~ e - 7-
Dopo il «Veni Creator Spiritus»
parlò il rappresentante di Cantal-
pino, paese natale di suor Eusebia.
Delle 67 lettere che suor Eusebia
scrisse ai genitori e a sua madre
vedova - ricuperate e stampate
nell'Epistolario in lingua spagnola a
cura del Rev.mo Padre Manuel
Garrido Bonano, benedettino -
non ve n'è una in cui non nomini
Clemente: «Muchos besos a Cle-
mente; Clemente sarà contento; a
Clemente un fuerte abrazo de mi
parte» ...
Era il nipotino, orfano della so-
rella Antonia ch'era morta dando
alla luce un secondo figlio, morto
purein tenerissima età
L'uomo che ora stava al micro-
fono a rappresentare Cantalpino,
senza saperlo rappresentava molto
più se stesso. L'accolse un applauso
prolungato, caldissimo. E molti
avevano le lacrime agli occhi.
Clemente Esteban Palomino
parlò con voce tremolante: ringraziò
il signor Vescovo, Valverde, le Figlie
di Maria Ausiliatrice per quello che
si stava operando per la sua «tia,.:
zia Eusebia. Si rivolse al «pueblo» di
Valverde (che quand'era piccolo
l'aveva sfamato insieme alla nonna
sola e in miseria). Concluse: «Non
posso dire altro. Grazie a tutti,
grazie alla Vergine del Riposo»!
E fu la volta di Madre Carmen
Martin Moreno. A nome delJa Ma-
dre Generale espresse il grazie del-
l'Istituto intero, anzitutto a Dio
Padre da cui procede ogni dono e
che ci regalò la «Serva di Dio» suor
Eusebia favorendola di grazie ab-
bondanti, facendola segno di fede, di
speranza e di carità tanto che fu
sempre e solo un«si» alla volontà di
Dio e ai bisogni del prossimo. Suor
Eusebia fu una pietra preziosa del
monumento che Don Bosco elevò a
Maria Ausiliatrice. Suor Eusebia,
diede la vita goccia a goccia nelle
differenti circostan:,.e della vita; vita
breve, vissuta qui in un grande amor
di Dio... Press'a poco così parlò, fa.
Nostra Signora
del Riposo
li Reverendo don Domingo
Martin, parroco di Valverde, le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, il loro
Cappellano don Francisco Arrovo, i
fabbricieri, le Autorità civili, le ex
allieve, le allieve, i loro genitori e i
nonni, la gente in su e la gente mi-
nuta s'erano accordati s u tutto
senza contestazione di nessuno, ivi
compresa la cantoria che è famosa
e che scelse un pl"Ogramma squisito.
La domenica di Pasqua tutti
cantavano «Questo è il giorno fatto
dal Signore• a gola piena e si ral-
legravano della Risurrezione di
Cristo e di quella del loro 'fiore', la
'querida sor Eusebia'!
L'Atto non doveva contenere se-
gno alcuno di culto pubblico. E così
La parrocchia di Valverde del Camino. gremita all'Atto dell'apertura del processo di
suor Eusebia Palomino, il 12 aprile 1982, lunedl di Pru,qua.
BOLLHTINO SALESIANO I LUOLIO 1982 27

3.8 Page 28

▲back to top
cendo seguire i ringraziamenti.
Il vice Postulatore, D. Jesus
Borrego fu accolto da un grande
applauso. A Valverde già lo cono-
scevano. E bevvero tutti le sue pa-
role come elisir degli dèi, se cosl
posso dire. A sprazzi ricordo che
fece anche grandi oomi: gente che
ruotò intorno all'umile Figlia di
Maria Ausiliatrice, magari a sua
insaputa. Nominò anche un car-
dinale. Parlò di don Fulgenzio
Sanchez, ispettore di Spagna aJ
tempo di suor Eusebia. Fa specie,
ma questo don Fulgenzio si recava a
Valverde a chieder consiglio, nelle
circostanze difficili proprio a Jei,
cuciniera incolta nelle scienze
umane... E poi ispettore nell'A-
merica centrale, scriveva nel 1957 a
suor Liduvina, una delle suore
ch'erano allora in Valverde: «No me
dejen de la mano... Non lascino ca-
dere dalle mani la santina che ll
custodiscono, suor Eusebia. Era un
tesoro. Non dubito che merite1·ebbe
l'onore degli altari»!
Don Jesus terminò, riportando le
parole del salesiano monsignor An-
tonio Javierre traendole daJla pre-
fazione della biografia: «Suor Eu-
sebia appartiene a quel pugnetto di
grani d1 sale che, provvidenzial-
mente, il cielo lascia cadere su ogni
capitolo della storia della famiglia
cristiana a dar sapore alla nostra
vita, troppe volte insipida, e a sol-
levarci dalle nostre sempre più gravi
preoccupazioni» ...
Monsignor Raffaele
Moralejo Gonzalez
In forma solenne, elegante pur se
semplice insieme, s1 che tutti po-
tessero comprenderlo, il vescovo di
Huelva evocò la piccola suora, di cui
teneva fra le mani il Decreto della
Costituzione del Tribunale per il
processo che, in prima sessione, già
si stava celebrando.
Para~onata la vita cristiana -
ogni cnstiano è chiamato alla san-
tità - al cero pasquale, simbolo
della Fede: fede ardente, fede
fiamma, fede che si consuma in
amore... come si consumò quella cde
nuestra querida sor Eusebia,., il
vescovo e pastore elogiò i suoi figli
di Valverde che seppero, non solo
conservare la memoria della 'loro'
suorina, ma anche imitarne le virtù!
(In vita suor Eusebia chiamava
Valverde 'tacita de plata' ossia
tazza d'argento).
E diciamolo, Valverde è terra di
santi, anche se oggi, purtroppo, ha i
suoi problemi, incominciando dal-
l'aspide della droga, ma perché buon
28 B«LETTIIYO SALESIANO I LUGLIO 1!182
li nipote di suor Eutiebia, Clemenle Esleban Palornìno, mentre saluta il Vescovo, all'u•
seita dallo Parrocchia.
sangue non mente, confidiamo che
l'onda malefica pas&. Non possiamo
tacere quello che D. Jesus de Mora y
Mora, il parroco di suor Eusebia in
Valverde, scrisse nel Bollettino
parrocchiale alla morte di lei, pro-
fetizzando: «•.•Delle rivelazioni, vi-
sioni, profezie e miracoli deciderà il
giudizio infallibile della Chiesa. Il
suo sepolcro sarà glorioso perché su
di lei riposa la mano di Dio».
Lei, che dalle sue mani aveva ri-
cevuto il sacramento degli infermi.
E lui, testimone della sua morte, la
preconizzava 'santa'!
Continuava il Vesc.ovo: «La bel-
le-Lza della perfezione attira ~li
animi quando la si vede incatnata tn
una creatura semplice e amata, po-
vera, umile, tutta di Dio. Ciò che fa
la Chiesa è ora vedere se suor Eu-
sebia, attraverso questo processo
merita l'onore degli altari; vedere se
fu, se è testimone di Cristo e del suo
Vangelo. Se, come il cero pasquale
simbolo della morte e rism:rezione di
Cristo, per Cristo visse e mori san-
tificandosi e santificando.
Tante altre cose disse monsignor
Moralejo. E sono incise più nei cuori
che nel nastro magnetico. Alla fine,
poi, esortò in particolare i valver-
degni ad essere pazienti. Il processo
sarà lungo; durerà molto. La vita di
suor Eusebia sarà passata al mi-
croscopio prima che venga proposta
a modello a tutti i cristiani!
«Figli carissimi - concluse -,
non crediate che sia facile farsi
santi; farsi santi risulta tremendo!
E vi dico: ciò che più mi ha com-
mosso, ciò che più mi ha attirato e
stimolato è la grande povertà di
suor Eusebia, che insieme al padre
che non trovava lavoro anche per-
ché malaticcio e per una ferita ad
una mano inabile ai lavori pesanti,
la portò sulle vie della fame ad ele-
mosinare; e poi già più grandicella,
a servire, in Salamanca e le cost.ò
enormemente separarsi da sua ma-
dre. Ma non c'era rimedio! Serva
all'Asilo dei poveri vecchi, fu angelo
buono e arrivò persino a baciarne le
piaghe che medicava con tenerezza...
La povertà formò alla santità il suo
spirito maturandolo, purificandolo,
facendole scoprire ciò che è pri-
mario, principale nella vita quaggiù:
servire Dio e atmufo. Si sentiva co-
me cli fuoco, amandolo. Sl, era
un'anima tutta di Dio! Tanto poca
cosa nel fisico, poco meno che
analfabeta, conquistò tutti i cuori
specie di Valverde, perché •SÌ sen-
tiva che in lei parlava Dio»! ...
Verso la conclusione
Fu cantato l'Alleluia di Haendel e
poi si presentò al microfono il Po-
stulatore Generale. E parlò in ita-
liano, lento, pacato, chiaro. Tutti
poi dichiaravano che avevano capito
tutto. Ci sarebbe da dubitarne, ma
crediamo sulla parola, anche in base
all'applauso fiume che accompagnò
le sue ultime parole. Disse don
Fiora: «Ora p()Sffiamo di diritto dire:
non più suor Eusebia, ma «la serva
di Dio Eusebia Palomino»! (subisso
d'applausi). Però lui continuò: «E
venga il giorno in cui potremo dire:

3.9 Page 29

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la beata Eusebia Palomino».
Personalmente debbo dire che ciò
che impressionò l'assemblea fino a
ridurla a silenzio d'altare, fu il giu-
ramento dei membri del tribunale.
Quando, per primo giurò il Vescovo,
ebbi un brivido: era la Chiesa che
interveniva d'autorità col «sl» che
apriva il cammino verso la gloria, al
piccolo fiore da niente.
Dopo l'ultimo canto alla Vergine
Santa- l'inno a Nostra Signora del
Riposo di José Blaz Mora di Val-
verde - «Vergine del Riposo /
ascolta la nostra orazione / è Val-
verde che ti chiama / esaudiscici per
compassione», la chiesa si vuotò
lentamente.
Stretti come acciughe in un ba-
rile, ci trovammo in un corridoietto
d'un'uscita secondaria e c'era anche
il Vescovo, preso d'assalto dai gior-
nalisti della Radio Nazionale. Però
diede la preferenza all'ometto che
gli baciò la mano e gli disse: «Sì,
Eccellenza, ciò che lei ha detto sulla
povertà della mia famiglia, è tutto
as.solutamente sconosciuta. Ma pa-
reva che tutti fossero fratelli e da
sempre.
Le antiche «nifias» di suor Eu-
sebia ci salutavano con le lacrime
agli occhi. Le esclamazioni, gli ab-
bracci, le parole si succedevano si
mescolavano in un brusìo da arnia,
senza stonature e la pioggia im-
provvisa nondisturbava nessuno.
Mi presentarono Dona Lourdes e
Don Heliodoro, venuti da La Co-
rona, che sarebbe come dire da Ao-
sta a Palermo. Marito e moglie
sprizzavano di gioia, pareva fosse il
giorno del loro matrimonio, acca-
duto 43 anni prima.
Lei era stata educanda al collegio
delle Figlie di Maria Ausiliatrice in
Salamanca, quando Eusebia Pa-
lomino si trovava come serva: un
fiore innaffiato dal dolore. Ma di
quella 'serva', Dona Lourdes aveva
subito percepito la santità. E mi
raccontò che, terminati gli studi,
s'era portata via dal collegio una
forchetta e un piatto solo perché
'vecchia', quella che suor Eusebia
saliva, secchio alla mano, per rag-
giungere il suo regno, ossia la cu-
cina. Volevo vedere la stanza dove
mori e che ora è trasformata in un
piccolo museo sacro. Là mi imbattei
in altri due sposi, sposati da pochi
giorni. Sono Gregorio Sanchez
Martin e Isabel Almaraz Lopez di
Cantalpino. Avevano fatto il viaggio
di nozze a tappe, nella loro auto, con
metà Valverde, ossia suor Eusebia.
La sposa le portava il suo ramo o
mazzo sponsale.
Li guardavo con intensa com-
mozione: un poco 'hippy' se volete,
ma ti rubavano il cuore con quella
voglia di sapere tutto della loro
compaesana di principio del secolo,
figuriamoci! E per la quale in tutte
le ore del lunedì di Pasqua le cam-
pane di Valverde, come quelle di
Cantalpino avevano suonato a festa.
L'amica d'infanzia
A Cantalpino vivono ancora pa-
recchi amici e amiche d'infanzia
della Serva di Dio suor Eusebia.
Però Esperanza Lopez e suo fratello
Blaz ora erano a Valverde per la
terza volta. Esperanza che ha più o
meno l'età che avrebbe suor Eusebia
se vivesse su questa terra, si sarebbe
fatta portare in barella se fosse
stato necessario, pur di potersi
presentare al Tribunale e dichiarare
con giuramento... ciò che ha di-
chiarato nei giorni 13 e 15 aprile e
che non possiamo sapere perché sta
sotto il vincolo del giuramento. E lei
non apre bocca.
Per quel che so io dal 1975 quando
l'incontrai la prima volta, Dofia
Esperanza è convintissima che la
sua cara antica amica d'infanzia è
,,J.
.' ~
.~.., ,,
..i,
'santa' e che già negli anni «de nina»
ne dava segni evidenti.
Prima di ripartire per Salamanca,
Esperanza Lopez ha esclamato:
«Ora posso morire. E contenta».
Monsignor Rafael Moralejo Gon:iales presta giuramento assistito d.al Postulatore Ge-
nerale, Don Llligi Fiora e d.aJ Cancelliere D. Juan Mllntero.
Maria Luz
vero. Era una realtà».
Clemente cosi parlava umilmente
e il vescovo ne era commosso. Ma
sappiamo da Dona Esperanza Lopez
che, sl i Palomino erano i più poveri
tra i poveri di Cantalpino, però
«virtuosos y honrados campesinos».
Gente da lontano
con o senza invito
Quanti incontri! Oltre i valver-
degni, oltre al Buitro, a Candon, al
Fozuelo, a Huelva ecc., c'era gente
Eusebia - a quel momento già po-
stulante - li aveva lavati e asciu-
gati...
Dofia Lourdes, con tutta la sua
paura dell'aereo, vi era salita il sa-
bato santo, decisa, per venire a
Valverde a testimoniare «de visu»
davanti al Sacro Tribunale, sulle
«virtù eroiche» della Serva di Dio
suor Eusebia Palomino.
Ha restituito all'Istituto la for-
chetta; non il piatto almeno fin che
vive.
Navigavo tra la gente nel 'patio'
ctel collegio, andando verso la scala
Attirò la mia attenzione una si-
gnorina che frammischiava al suo
perfetto castigliano, qualche parola
italiana. Si chiama Mari Luz Ro-
man. Viaggiò con sua madre tutta
una notte in treno da Madrid a Si-
viglia a Huelva a Valverde, per
partecipare all'Atto d'apertura del
Processo.
Mari Luz non è ex allieva delle
Figlie di Maria Ausiliatrice. Lau-
reata nel 1980, alla fine de11'81 stava
ancora a braccia conserte, senza la-
voro.
Sua madre s'incontrò casual-
29 BOUl;TTINO SALESIANO 1 LUG.iO 1981

3.10 Page 30

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~i., .
•• ..
. ·~-
i.....~
T
Il loculo dove riposa suor Eusebia dal 1935. Si trova contro la
parete che cinge il cimitero dJ Valverde, all'angolo. È il terzo
dal ba880. La lapide è seminascosta dal molti fiori, che sempre
ornano la sua tomba.
Puerto Casado - Alto Paraguay. Misiòn Saleiaiana «P.L. Farina..
- 16 de Julio 1979.
Ringraziamento a suor Eusebia che su.Iva lo missione dall'i-
nondazione.
mente con suor Eugenia Sanchez,
appunto in Madrid e si sentl spinta
a domandarle la carità d'una pre-
ghiera, spiegandole il perché.
Suor Eugenia fu novizia a Sarrià-
Barcelona con suor Eusebia. Diede,
dunque, un'immaginetta della Serva
di Dio alla signora, raccomandan-
dole di avere fiducia.
Bene, stava per cominciare la
novena cli Natale. Madre e figlia
pregavano con fede e fiducia estre-
me. Diceva la signora a suor Eu-
sebia: •Per favore, falle trovar la-
voro per il prossimo gennaio».
Il 28 dicembre Mari Luz riceveva
la nomina: insegna storia dell'arte
in un Liceo di Madrid.
Avevano promesso di render vi-
sita alla loro protettrice: le vacanze
di Pasqua e l'apertura del processo
le portarono a Valverde, felici!
J
Questo si, è un incontro favoloso!
- Usted es la autora del libro,
30 80LLETTINO SALESIANO I LOOL/0 I 982
verdad?
- Sl, Fernando.
Mi raccontò come s'era imbattuto
nel libro. L'aveva letto, ne aveva
fatta una sintesi, con riflessioni fi-
nali, personali. Badate: cliciotto
anni, liceista, a Huelva.
Lo pregai di danni i suoi fogli. Gli
chiesi la sua fotografia. E l'indirizzo.
Trascrivo le sue riflessioni.
« •••E io dico:
- A te studente a cui van male le
cose, coraggio! Compì ìl tuo dovere
come Dio lo esige ogni giorno, e nòn
temere.
- E tu, povera vittima della
droga, del sesso, della perversione,
abbi fede, slegati, anche se ti costa e
abbi fiducia in Dio.
- E tu, sfruttato, messo da
parte, clispreZ1,ato, moribondo, non
t'importi il morire perché verrà
giorno in cui il tuo dolore sarà ab-
bondantemente compensato.
Suor Eusebia è morta ormai. Già
ha attraversato il deserto. Però vive
nel cielo per sempre. La vita ai ap-
pare come un soffio che sfuma e
scompare perdendosi per l'eternità.
No. Una cosa sappiamo: l'uomo
attraverso il tempo e le sue dimen-
sioni, avrà sempre al suo fianco il
Signore. Perche, almeno per me,
nulla vale quanto il sorriso pul'O e
innocente d'un bimbo che è specchio
di Dio, e l'amore cristallino e tra-
sparente d'un giovane cuore che va
verso Dio.
Non è facile. È duro.
Non fu facile per suor Eusebia. Fu
duro. Avrebbe potuto gridare col
poeta: "Non ti basta sapermi in-
seguita / senza terra da seminare,
senza pace, senza un giardino /
senza un domani, in mezzo a un
deserto, / perché Tu per la vita mi
abbia scelta? / A volte sento un
dolore tagliente / cli tal forza nel
mio fianco che mi sveglio / dal fra-
gile sonno che mi finge morta /
gridandoti: Perché, o Dio, mi hai
eletta?"
Fu sempre cosl nella storia come
nei piani di Dio: ciò che è grande,
r

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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trascendente germina dalla picco•
lezza, dalla irrilevanza; senza dub-
bio perché sia manifesta la primizia
dello spirito sopra la mateeria; del•
l'uomo sopra il potere o la tecnica».
~I qu i .,o de •e ,-:r-i~
È a disposizione di chi visita il
collegio delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice di Valverde, in vista di suor
Eusebia. Ho potuto metterci il naso.
Ho leggicchiato qua e là.
sento una foria e un calore speciale.
Oggi, qui di fronte alle vestigia di
santità che ho visto, ringrazio il Si-
gnore per questa fon.a che mi anima
ad esseresanto nella umiltà che suor
Eusebia insegna. Maria Ausiliatrice
mi ha condotto qui• (Un missio-
nario).
«Suor Eusebia benedetta, con•
cedimi ciò che con tanto amore ti
chiedo» (Josefa Orio).
«Con vivo ringraziamento al mio
parroco, don Gregorio, alle Figlie di
Maria Ausiliatrice e a suor Eusebia
Non osiamo parlare di «miracoli•
per adesso. Parliamo di «grazie e
favori•. E sono tanti, tanti. E pare
che la sua sollecita intercessione
presso il buon Dio, sia di preferenza
per i più deboli, e ha bisogno di
guadagnarsi il pane che per lei pie•
colina, era sempre tanto scarso, e
per ~uo padre tante volte bagnato di
lacnme amare.
Ma non solo questo. Tanto per
esemplificare: in una Missione sa•
lesiana, il fiume era straripato e
continuava a piovere dirottamente.
L'acqua era ormai ai bordi del vil-
laggetto-missione. Non c'erano ar-
gini; nessuna altura per difesa...
Pregarono suor Eusebia. Continuò
ancora a piovere. Ma l'acqua non
avanzò più di un dito. E là dove si
fermò piantarono un palo, come una
stele e vi inchiodarono la fotografia
della loro protettrice.
Doile Lourdes e Don Heliodoro Vlcente Rodriguez, da Le Coruila a Valverde del Camino,
per il Proces110 di suor Eusebia.
Un missionario: «Dal Cile, dove
lavoro, sono venuto alcuni giorni in
Spagna e considero una grazia di
Dio l'aver potuto visitare i luoghi
santificati da suor Eusebia, una
donna che nella sua semplicità
seppe essere tanto trasparente, che
tutti poterono vedere Dio attra•
verso la sua vita. Il suo esempio e la
sua intercessione mi sono di stimolo
per la mia missione in America La-
tina» (3 luglio 1981, José Lope-.i).
Un gruppo di Figlie di Maria
Ausiliatrice: «Suor Eusebia, fa' che
sappiamo seguire il tuo cammino di
santità semplice e salesiana» (se-
guono dodici firme).
«Grazie suor Eusebia di avermi
concesso la fortuna di vedere i luo-
ghi dove hai lasciato il profumo
delle tue virtù. Parla al Signore
dell'Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice e della Congregazione
Salesiana» (24 maggio 1981, D. Sil-
vano).
«Ogni volta che mi avvicino alle
orme che ha lasciato suor Eusebia,
alla quale ho chiesto una grazia
personale, questo Fratello di San
Juan de Dios» (12 settembre 1981.
Fra' Ignazio Gart6n y A.mer6n).
Ogni firma è un omaggio. Ogni
frase è una vita.
Quante vite legate per l'eternità a
quella di suor Eusebia Palomino? Di
Don Bosco è detto: «Iddio gli diede
un cuore grande come l'arena di
tutte le spiagge del mare»..Della sua
'piccola figlia' si può dire lo stesso
perché anche lei «credette contro
ogni speranza•. Egli fu «padre di
molte genti, come gli era stato det•
to». E lei madre... Le disse, in sogno
una Pastora (la Madonna): «Non
temere, avrai anche tu il tuo greg•
ge» ...
s€-
Perché la Chiesa dichiari «santa»
una persona candidata agli altari,
oltre le «virtù eroiche•, si richiedono
'segni' o miracoli.
Fui al tribunale, non una volta
sola.
Fui al cimitero, non una volta
sola.
Una volta mi inginocchiai al suolo
e bruciai i tanti messaggi che mi
erano stati affidati, mentre un folto
gruppo di gente di Valverde e no,
pregava.
Alimentavo la fiamma che si le-
vava verso il cielo terso, come in-
censo, come il palpito del cuore.
La lapide era quasi invisibile, co-
perta com'era di fiori quasi tutti
rossi: un rosso fiamma che faceva
pensare al sangue di Cristo e a lei,
fragile piccola vittima d'amore,
olocausto gradito al Padre, al Figlio
e allo Spi.rito Santo.
La immaginavo, distesa nella
cassa di zinco, che i valverdegni le
avevano regalato, nel 1935, in vista
del domani... Pensavo alle sue pa-
role trascritte dalla sua direttrice,
suor Carmen Moreno: «Quand'ero
ragazzetta, piangevo ogni volta che
moriva un bambino, perché avrei
voluto morire io, per andare a ve-
dere il Signore•...
E mi ricordai di una preghiera di
Santa Macrina, la sorella di San
Basilio: «Tu che hai addolcito per
noi lo strazio della morte, che hai
fatto del termine della nostra vita,
l'inizio della vita vera... metti al mio
fianco un Angelo di luce che mi
conduca al porto»...
Sia quell'angelo per noi, la nostra
cara Serva di Dio, suor Eusebia.
E gliel'ho detto.
E sono partita.
Ma il mio cuore è rimasto là.
M. Domonìca Grassiano
31 BOUETTINO SALfS/ANO I I UGt 10 1982

4.2 Page 32

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LIBRERIA
gllere In famiglia? A chi ri-
volgersi per fare «vacanze
impegnate»? Ecco una fonte
di risposte utili e pedagogi-
camente efficaci.
* ENZO BIANCO
La mano talea di Don lo•
sco, E/leDICi, Leumann,
1982, pp. 198, L 4.500
Don Enzo Bianco per I
lettori del Bollettino Sa-
lesiano non ha bisogno di
presentazioni: vi ha
scritto, dirigendolo ap-
passionatamente, per
molti anni e ci auguriamo
che voglia farci dono an-
cora di suoi scritti. Nei
suoi molti anni di lavoro
al Bollettino ha seguito
con intelligenza le vicen-
de del mondo salesiano
rivelandone le cronache
più belle e rilevandone gli
aspetti più significativi nei fatti e nel protagonisti. Fra
questi ha certamente evidenziato sempre con simpatia
le figure del Coadiutori Salesiani, di quei religiosi cioè
non ecclesiastici che Don Bosco ha voluto come ele-
menti essenziali per il suo progetto. Don Enzo, con ef-
ficacia li ha voluti definire come «la mano laica di Don
Bosco». Con lo stile narrativo che lo contraddistingue
unitamente a quella sua frequente capacità di far sin-
tesi, l'Autore presenta molte vite vissute di questi sa-
lesiani.
È una galleria di volti che partendo dal secolo scorso
- l'ora delle origini - giunge al nostri giorni diven-
tando cronaca. I lettori del Bollettino potranno leggen-
dolo ritrovarvi contenuti già apparsi sulla rivista ma è
tuttavia la prima volta che viene presentato uno studio
tanto vario e al tempo stesso profondo sulla figura del
Coadiutore. Lo raccomandiamo a tutti.
Ai giovani perché possano conoscere qualcosa su
questa singolare figura di religioso e al meno giovani
perché sappiano cogliere quella sintesi che don Bian-
co qui realizza tanto felicemente.
Il volume insomma è ricco - come giustamente
osserva introducendolo don Paolo Natali, Consigliere
generale per la formazione dei Salesiani, - di ,spira-
zione e di suggestioni e chissà - osserva ancora don
Natali - che «a qualcuno non sia dato di scoprire nel
Salesiano Coadiutore conosciuto attraverso queste
pagine, il ruolo e Il posto in cui potersi realizzare nel
servizio alla chiesa e alla società».
* ADOLFO L'ARCO
S. AHonso amlço del popolo,
Edizioni Dehoniane, Napoli,
1982, pp. 202, L. 6.000.
Ancora un libro di un no-
stro brillante e antico col-
laboratore: don L'Arco.
Questa volta ci ha regalato
una vivace vita di san Alfon-
so, «un santo tra abati in-
cipriati e cicisbei• vissuto
nell'Italia meridionale del
Settecento e fondatore dei
religiosi Redentoristi.
Don L'Arco affronta la vita
di questo santo con il suo
abituale entusiasmo e con
quella «veracità» tutta na-
poletana che gli fa intuire gli
aspetti essenziali di un Santo
32 BOLLETTINO SALESIANO
tipicamente meridionale.
S. Alfonso ebbe influssi
notevoli nel risveglio religio-
so di fine Settecento che
sembra attraversare quel
periodo storico mentre per la
sua preparazione e sensibi-
lità pastorale fu proclamato
prima nel 1871 dottore della
Chiesa da Pio IX e quindi nel
1950 da Pio Xli patrono dei
moralisti.
I suoi contemporanei ri-
masero affascinati dalla sua
figura - fra l'altro nel secolo
successivo Don Bosco ne
ricevette notevoli influssi -
e per i rapporti che ebbe con
la società in cui visse, San
Alfonso merita d'essere co-
nosciuto e studiato. Don
L'Arco con questo volume ce
ne offre l'opportunità.
-Jr CESARE BALDONI
Il campo delle fragole, SEI,
Torino, pp. 186, L. 8.000.
È un romanzo tutto da
leggere. E non soltanto per
la qualità dell'Autore, scrit-
tore e giornalista .asciutto ■
e finemente • poeta. che ha
ormai totalizzato numerosi
premi letterari. La storia del
personaggio-ragazzo
di
questo romanzo - che ar-
ricchisce la collana Quinta
Stagione - è un po' infatti
come la storia dei ragazzi di
oggi e di sempre alla ricerca
di una loro identità. Con sullo
sfondo gli ultimi bagliori si-
nistri della guerra, e I primi
anni della ricostruzione Ce-
sare Baldonl ci ha regalato
* DOMENICO VOLPI
Turismo e tempo llbero, Ediz.
Paoline, 1982, pp. 156.
Segnaliamo
volentieri
questo volume che il nostro
collaboratore professor Do-
menico Volpi ha pubblicato
con le Edizioni Paoline.
Attento osservatore e stu-
dioso di stampa per ragazzi e
non, Domenico Volpi ha
raccolto in questo volume
una serie di nozioni e pro-
poste per Il turismo ed il
tempo libero soprattutto
giovanile.
Il volume è quasi una mini
enciclopedia a cui ncorrere
per risolvere i mille problemi
a cui va incontro chi, ad
esempio, vuol intraprendere
un viaggio. C'è poi tutta una un volume alla Vasco Pra•
parte dedicata al «faidate• tollni e In taluni aspetti anche
quando mal utile per stimo- alla Thomas Mann.
lare i ragazzi ad un uso in- Giustamente ha scritto il
telligente del tempo libero. critico Geno Pampalonr: .11
Con questo libro Domenico campo delle fragole rivela
Volpi ha dato alle famiglie e l'ansia di realizzarsi in una
agli animatori uno strumento suprema coincidenza fra
valido di consultazione e di "io" e la verità, tra l'auto-
guida: come fare una col- biografia ed I valori perenni
lezione? Quali giochi sce- dello spirito...
I UBRI PRESENTATI SU QUESTA RUBRICA vanno richiesti
alle Editrici
o contrassegno (spese di spedizione a carico del ri-
chiedente):
o con versamento anticipato sv conto corrente postale
(spedizione a carico dell'Editrice):
LAS: Libreria Ateneo Salesiano - Piazza Ateneo Salesiano 1,
00139 Roma. Ccp. 57.49.20.01.
LDC: Libreria Dottrina Cristìana - 10096 Leumann (TO). Ccp
8128.
SEJ: Società Editrice Jnternaz,onale - Corso Regina Margherita
176, 10152 Torma. Ccp. 20.41.07.

4.3 Page 33

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I NOSTRI SANTI
Mi sento in do-
vere di rendere
pubblica
una
grande grazia ri-
cevuta dal Signore
per intercessione
di Ilaria Au•llla•
trice. Alla fine dello
scorso mese d1
marzo mia madre
(92 anni) è stata
ricoverata urgen-
temente in clinica a Roma e operata
all'intestino. Sembrava migliorare
quando, a pochi giorni dall'Intervento
si resero necessari nuovi esami e ac-
certamenti. Ho pregato allora il Signo-
re e Maria Aus1hatrice perché la mam•
ma potesse guanre e tornare a vivere
con noi. SI è lentamente ripresa ed ha
pot\\Jto tornare a casa vivace e attiva
come è sempre stata
Vorrei che questa breve storia con-
tribuisse a diffondere la fede nel Si-
gnore e nella protezione della Madon-
na.
Mario Paganini Morana, Ml/ano
NON C'ERANO PIU RIMEDI
zia per intercessione di .uor EuHbla
Palomlno. Le promisi subito che se mi
fossi sentita meglio avrei scritto una
lettera anch'io.
Da quel giorno non sono guarita del
tutto. tuttavia va meglio. Il solo pen-
siero di suor Eusebia mi rasserena.
G. Ferralis, Macomer
LE PROMISI DI VISITARE MORNESE
Mio papà era
gravemente am-
malato. Ho pregato
santa Maria Maz•
:rarello di aiutarlo e
permettergli di ri-
vedere Mornese,
paese caro a lui e
alla Santa. Ora mio
papà è comple-
tamente ristabilito!
Ringrazio
di
cuore Madre Mazzarello pregandola
ancora di tenere sotto la sua protezio-
ne tutta la mia famiglia. La ringrazio
pregandovi di non pubblicare il mio
nominativo.
M.B., Milano
Sento Il dovere di ringraziare la Ma•
donna e di far pubblicare la grazia ri-
cevuta. Mio fratello, nonostante il do-
lore lancinante che aveva continuava il
suo lavoro. Nel luglio del 1981 venne
ricoverato all'ospedale dove I dottori
diagnosticarono uno stato gravissimo
e che purtroppo non c'erano più ri-
medi Pregammo allora con fede. Nel
mese di settembre fece ritorno a casa
ma dopo una settimana dovette andare
in clinica ma il responso era sempre lo
stesso: tumore al polmone. Non ci
perdemmo d1 coraggio e continuammo
a pregare. Ricoverato una terza volta
all'Ospedale Forlanini di Roma dopo
26 giorni mio fratello veniva dimesso
perché guarito. Ora sta bene, lavora e
con noi tutti ripete Incessantemente il
suo «grazie• a Maria Ausiliatrice.
Sciotti Mario, Velletri
Ml SENTO MENO MALE
Appena iniziata
la primavera ho
sentito subito stati
di ansia per motivi
1mprecisat1:
mi
spaventava tutto.
Ml capitava spesso
di trovarmi sotto
mano il Bollettino
Salesiano e leg-
gevo con com-
mozione tutte le
lettere scritte per grazie ricevute.
Qualche giorno fa sentendomi male mi
imbattei nel Bollettìno e lessi una gra-
LUCA SI E RIPRESO
Non erano an-
cora
trascorsi
quaranta giorni da
quando Luca era
nato, che d'urgen-
za veniva traspor-
tato all'ospedale d1
Niguarda, a Mi-
lano: tutte le cure si
rivelarono insuf-
licienti e Luca di-
minuiva di peso a
vista d'occhio ed I medici disperavano
In una guarigione. Fu allora che Ini-
ziammo ad Invocare S . Domenico Sa•
vlo e, dopo pochi giorni, inspiegabil-
mente, Luca tornava a casa riempien-
do di gioia ti cuore del genitori e dei
parenti che tanto avevano· trepidato
per lui.
Ora Luca si è ripreso molto bene ed
è guarito, grazie all'intercessione di S.
Domenico Savio
Alessandra e Enrico Festarl
Novate Milanese
VOLEVANO CHE ABORTISSI
Non trovo parole adatte per espri-
mere la mia riconoscenza a Maria Au-
siliatrice e a Domenico Savio. M1 trovai
In attesa d1 una creatura che data la
mia età di oltre quarant'anni e a di-
stanza di dodici mesi dall'ultima gra-
vidanza, poteva diagnosticare una
nascita anormale. Tra i miei parenti si
sollevò una gran burrasca e volevano
a tutti i costi che abortissi. Per la mia
formazione e per le mie convinzioni
profondamente cristiane ml trovai in
un tormentoso conflitto. Angosciata ne
parlai con la Superiora delle Figlie di
Maria Ausiliatrice che mi incoraggiò ad
una decisione coscienziosa e respon-
sabile. Mi esortò a pregare più inten-
samente e a mettere tutta la mia fiducia
in Maria Ausiliatrice e nei Santi Sale-
siani, dandomi l'abitino di Domenico
Savio che indossai con grande fiducia.
Passai veramente dei momenti bur-
rascosi sotto la pressione di tutti e di
fronte ad una alternativa e decisione
che mi opprimevano giorno e notte. Mi
decisi per la vita. La preghiera fu il mio
sostegno e finalmente apparve il se-
reno. Il 9 ottobre 1981 nacque Rita
Domenica Maria, un fiore di bimba.
Angelo e Fina Marino
Paterson (Stati Uniti)
GLI INTESTINI
SI ERANO BLOCCATI
Compaesana di
Alexandrlna sono
stata da lei grazia-
ta. Dopo molti anni
di crisi alla cistifel-
lea, nel gennaio
scorso fui ricove-
rata urgentemente
nella Clìnica della
Trinità ad Oporto
per essere operata
d'urgenza. I miei
intestmi si bloccarono per quindici
giorni. Una domenica assistevo alla
Messa trasmessa in lelevlstone. Chiesi
con molta fede ad Alexandrina che se I
miei intestini riprendessero a funzio-
nare avrei resa pubblìca la grazia.
Senza accorgermene mi addor-
mentai e quando mi svegliai sentii che i
miei intestini si erano messi a funzio-
nare. Quando giunse il chirurgo che mi
operò gli raccontai l'avvenuto ed egli
esclamò: «Qui c'è un miracolo!•.
Angelina Alves Ferreira
Oporto (Portogallo)
Cl HANNO SEGNALATO GRAZIE
Aless4ato LUCla - Ameno Cecd1a Baracchi Carlo
Bausano Adelma Bauu Marta Belard1 Rosa
Bleler Giuseppe - Bogan, Rosa Locah - Btun, Ca-
terina - Capelli Glovann, Cel)flto Marta - CerutlJ
Francesco - Chasseur lsohna • Chlronna FIiippo e
Grazia Coppola Lana Marrl Corda Luchina An-
gelina - Clancarelll Anna O'Angelo Giuseppe
Debernardl Anneua • DI Tuccl Anlonleua - Eubino
Giuseppe - Fasolo Francesco Feòallo Bruna
Guagllardo Plntavalll M Antonietta Guertni Maria
Angela - Gregorio Vincenza • Gallo Angela - Gallo
Balma Elvira - Garzonlo Albano Mana Ga111co Irma
• Gua.gllardo Antonietta • LorenzJ Romeo• Magg,ont
Carla - Marmi Teresa Massaro Teresa Massaglle
Emlha • Mennl Agnese - Mess,01 C..tenna Mon•
dlno Maria - Morell1nl Corbella Gat>rìella Pagano
Marcello - Palombo C..n1gl1a Anna Parnlo Giovan-
na Ragazzi Tersllla R1cagno Antonia • Rigano
Assunta - Rivoh Francesca Sa1ta Fernanda • S1gg1a
Mana A Velia Susselto Santa Ernesta - Tnsogllo
M. Turbll Odette - Varaceli! FIiomena
BOUETTINO SALE.SI/I.NO I U/Gl/O 11182 33

4.4 Page 34

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I NOSTRI MORTI
SOCCHI Sac. GUIOO Salesiano 1 Ver-
celli a 74 anni
Ostacolato nel periodo giovanile a
realizzare la sua vocazione sacerdo-
tale e missionaria, dopo la laurea In
giurisprudenza alla Cattolica, fu ze-
lante parroco nella sua diocesi di Cre-
mona e successivamente salesiano
missionario in Ecuador e Venezuela.
DI carattere esuberante ed lrrequ,eto
per la salvezza delle anime, vivificò la
sua vila spirituale e la sua azione apo-
stolica con lo zelo per le vocazioni,
l'ardore nella predicazione. la fedeltà
nel confessionale. Visse gli ultimi ann,
consumandosi lentamente nella pre-
ghiera e nella sotlerenza silenzoosa e
serena
COLZANI Sac. UMBERTO Salesiano I a
New Delhi a 74 anni
Il Signore lo chiamò improvvisa-
mente mentre si stava preparando a
celebrare Il suo 50" di professione re-
ligiosa e di vita missionaria. Chiamato
all'Ideale missionario in età adulta,
partl per l'Assam, India nel 1931 e
professò nel 1932. Ordinato sacerdote
nel 1941 si dedicò con grande zelo al
lavoro missionario tra la tribù Gare ove
profuse le sue migliori energie di apo-
stolo sia nel campo spirituale che in
quello materiale. Dotato d1 carattere
espansivo. faceto. gentile e soprattutto
pieno di carità, ha saputo conquistare
l'affetto de, suoi cari Gare e di tutti
coloro che lo hanno avvIcInato. Le sue
non poche abilità lo portarono fino alla
Segreteria della Nunziatura Apostohca
di Nuova Delhi dove disimpegnò Il suo
compito con grande delicalezza ed
etlicienza Da ultimo volle dedicare
tutto se stesso all'inclp1enIe scuola
professionale di Nuova Delhi mentre
da sacerdote zelante e pio si dedicava
pure ad altre opere dove lo nchledeva
Il suo ministero sacerdotale Fedele
agl'lnsegnamenti di Don Bosco non
mancò d'instillare Ira I suoi Gare e poi
tra i giova.il l"amòrè all'Eucaristia. alla
Vergine Ausiliatrice e alla Sedè dI Pie-
tro. Rich,esto più volte, nelle sue brevi
v,site m famiglia. di rimanere in !talla m
v,sta anche della sua precaria salute.
volle sempre e generosamente rima-
nere fedele alla sua chiamata missio-
naria. l'fmprovvlsa scomparsa ha la-
sciato un gran vuoto nella sua lspet-
torìa e tanto rimpianto in coloro che lo
avevano conosciuto. Rimane però la
sua bella fìgura di sacerdote, di sale-
siano. di missionario sempre dispo•
niblle a tultl specie per I poveri e I più
bisognosi. Un simbolo di fedeltà al suo
Ideale.
MAROCCO LUIGI Salesiano Coadlu•
tore t Torino a 66 anni
Ha frequentato per cinque anni le
scuole professionali dell'Orato·io co•
me allievo falegname dal 1928 al 1933
DI animo buono e mite, desideroso d1
ded1car·sJ al Signore nel servizio al
giovani, entrò nella Congregazione
salesiana, Fu maestro di falegnameria
abile e stimato pnma a San Benigno
Canavese e poi aU-Oratorio dI Valdoc-
co dal 1945 al 1967. Chiuso il ,eparto
di falegnameria con grande suo d1·
sappunto accolse l'Invito di mettersi al
servizio della comunità di Valdocco
come provveditore e addetto alla ma-
nutenzione della casa: assolse queS10
delicato e sacrificato lavoro con abi-
lità, entusiasmo e S1raordlnario im•
pegno fino a pochi gIornI dalla morte.
Dopo breve malattia, assistito da,
Confra1elll è spirato nella pace del Si•
gnore, I suoi funerali si svolsero nella
Basllica di Mana Auslliatnce alla pre-
senza dl molh salesiani, specie coa•
diutori, e di Exalhevl falegnami che Il
signor Marocco aveva sempre seguito
con cuore d, amico e fratello
REPETTO aac. LINO, Salesiano H
MIHlonarlo t La Spezia a 75 anni
Logorato da un lungo lavoro mis-
sionario in Cina e nelle Filippine. si è
spento serenamente dopo lunga de•
genza all'Ospedale con i conforti della
lede cristiana.
Era nato a Ge-Sampierdarenain una
famiglia religiosa, di vecchio e rìgido
stampo ligure, parente con la Beata
Maria Repetto, recentemente beatifi-
cata da S.S. Giovanni Paolo Il. La sua
vocazione alla vita Salesiana nacque
frequentando Il nostro Oratorio Don
Bosco in Sampierdarena nel gruppo
dello Scautismo Cattolico dt allora e
quandoiaceva esperienza di operaio.
01 animo profondamente torte, sen-
sibile, discreto, Intelligente (conosceva
tléné 4 lingue), nella nostra Parroc-
chia-Santuario di N.S, della Neve. dove
lavorò oltre 18 anni come vice-par-
roco, era apprezzato come guida spi-
rituale.
Aveva una speciale attenzione e
cura per le vocaz,om refigjose e sa-
cerdotali alle quali profuse le sue
Qualità di educatore salesiano: ,n bel
numero di giovani raggiunse Il sacer-
dozio.
In questi anni di parrocchia attesa
agli ammalati e ai bisognosi, Imme-
desimandosi nei problemi altrui
I funerali svoltisi a La Spezia e Sam-
pierdarena, videro molte persone,
amici e beneficati, presenti e raccolti m
preghiera.
Ora Il suo corpo riposa nel Cimitero
di Ge-Cesino, vicino ai suol genitori
alla attenzione amorosa dei suoì nu-
merosi nipoti e parerill.
TALIAJIO GIACOMO Salesiano Coa-
diutore I Torino a 76 anni
I lunghi anni di malattia non gn tOI•
sere mai il sorriso e l'abituale serenità.
Aveva olferto 11 suo dolore e la sua vita
quale olocausto per il ritorno della pa-
ce in Iran. paese a Lu, tanto caro dove
aveva speso ,1 meglto della sua esi-
stenza e per l'Incolumità de, suol con-
fratelli Ingiustamente accusati dalla
Rivoluztone islamTca. Per oltre 45 anni
si era prodigato come cuoco, sacrista.
guardarobiere sia alla parrocchia della
Consolala che all'Istituto Andisheh di
Teheran finché per la salute e la rivo-
luzione non dovette essere ricoverato
al Coltolengo di Torino. Umile e buo•
no. il sìgnor Giacomo seppe vivere
nella «ferialità• una vita sIraordlna-
namente ttfestiva» .
VINCIGUERRA Sac. CARLO Salesiano
t Cassano M, (BA) a 62 anrn
Don Carlo era nato, nono ed ultimo
d, una famiglia onesta e laboriosa, a
Cassano Murge (Bari) 11 :28 novembre
1920. Conosciuti I Salesiani ne rimase
affascinato, Fu ordinato sacerdote 1'8
aprile 1950 e venne Inviato a dirigere
l'Orator1o· d1 Torre Annunziata dove si
distinse per capacità organizzative e
volontà di bene. Nel 1954 fu nominato
direttore della Casa di Andria e suc-
cessivamente a Buonalbergo, a Lecce,
a Napoli. Fu anche economo ispetto-
rlale della Meridionale per qua1tro anni
ed Infine dal 1979 direttore al Centro
polivalente di Lecce fino a quando non
è stato stroncato da una cirrosi epa-
tica. Con la morte di don Vlnclguerra
l'lspettorla Meridionale ha perso un
confratello di valore che ha amato Don
Bosco e i giovani fino In fondo. La sua
vita - ha scritto l'ispettore don Aliano
- vissuta nel dono al giovani resta
ricchezza autentica per quanti lo han-
no avuto fratello nella consacrazione,
padre, guida e amico nel cammino
spirituale.
FABOZZI CARMELA ved, La Face
Cooperatrice t Portici (Napoli) a 86
anni
Donne di profonda léde religiosa.
completamente dedicata al bene della
famiglia, trascorse i suo, anni tra casa
e Chiesa. Alimentava una profonda
devoZlone a San Giovanni Bosco ed
era santamenle orgogliosa d1avere un
fratello sacerdote salesiano e missio-
nario, Nutriva una speciale ammira•
zlone per Il Papa e leggeva per intero e
con vero piacere ogni mese Il Bollet-
lìno Salesiano. L'ha resa serena negli
ultimi mesi della sua esistenza il pen-
siero dl aver fatto sempre del bene In
vita sua.
MENZIO CATERINA In MENZIO Coo-
peratrice t Caselette (TO) a 67 anni
Aveva tanta lede, semplice ma pro-
tenda unita a grande devozione alla
Madonna Auslllatrìce; amava Don Bo-
sco e i Santi Salesiani; aveva fatto suo
Il Servite Domino in laetitia . Era De-
legata Cooperatori di Caselette· par-
tecipava attivamente a movimenU e
iniziative. Visse con dedizione totale la
sua missione d1 sposa e di mamma.
Sopportò in silenzio Il suo lungo e pe-
noso calvario, annientata nel corpo,
giorno dopo giorno. Lascia un lncol•
mablle vuoto e un immenso rimpianto:
unico conforto è la certezza che la
nostra mamma è già nella pace di Dio.
PEREGO ANCILLA ved. CANTù Coo•
peratrlee t Vimercate (Milano) a 90
anni
Madre profondamente buona e
saggia seppe educare alla vita crlstla•
na I suol dodici figli e donò alla tami•
glia salesiana il figlio don E.nrico Can-
tù. Sostenne con cristiana fortezza
molteplici sacrifici e nnunce ma sem-
pre contenta di donare tutta se stessa
agli altri. Accettò con 9I0,a tante sof-
ferenze per l'unione e la pace delle
famiglie. Lascia In eredità una viva te-
de nella Eucaristia suo cibo quotidiano
e una fervente devozione alla Madon-
na Auslllatrlce e il suo esemplare con-
tinuo aiuto economico ai più poveri.
Morl il 18 aprile 1982 dopo aver par-
tecipato alla santa messa e ricevuto Il
CrlS1o In attesa di risorgere come Lui.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE•
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA ricono-
sciuta giuridicamente con OP. del 2-g-1971 n, 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ri-
cevere LegaU ed Eredità.
Formule valid e sono:
- se si tratta d' un legato:• ...lascio alla D1rez1one Generale Opere
Don Bosco con sede In Roma (oppure all'/st,tuto Sa/es1ano per /e
missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire,...
(oppure) l'immobile sito In,.. per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di istr uzione e educazione, d i
culto e di religione• .
- se si tratta Invece di nominare erede di o gni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su indicati:
• ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
Sllde In Roma (oppure /'Istituto Sales/ano per le Missioni con sede In
Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi tito lo, per
gli scopi p erseguiti dall'Ente, e particola rmente di assistenza e bene-
ficenza. di istruzione e educazione, di culto e di religione• .
(luogo e data)
(firma per disteso)
34 B0LLErllN0 SALESIANO I LUGLIO 1982

4.5 Page 35

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SOLIDARIETÀ
Silvia. Besnale CO
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Sa•
leslanl, In onore di P.G_, a cura di Pa-
Borse di studio per giovani Missionari pervenute alla Direzione Opere Don Bosco rola Ida, Ozegna TO
Borsa: Maria Auslllatrlce, S. Giovanni
Bosco, In suffragio del cari defunti, a
cura di Ginepri Giuseppe, Pellegrino
BorH: Maria Auslllatrlce s. Giovanni
Bosco, In memoria e su/fregio del Col.
Ferrara, a cura della Vedova, L.
1.000.000
Borsa: S. Domenrco Savio, ottienlc,
l'imporrante graz,a, a cura d1 N.N., L
500.000
Boru: S. Domenico Savio, per graz,e
ricevute e Invocando ancora prorezio-
ne sul nipotino Savio. a cura d, V,r-
golino Rita, Gaeta, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giovanni
Borsa: In memoria e suffragio di Giu-
seppe Primo SDB. nel anniversario
delta morte, a cura della sorella Teresa
Borsa: S. Giovanni Bosco, implorando
protezione sui nìpotì, a cura dJ nonna
Irene
Borsa: Mula Ausiliatrice, S. Giovanni
Bosco, S, Maria Mazzarello, m suffra·
gìo dei nostri de/unii e Invoca.odo
proiezione, a cura d1 Bosco-Ta11a-
gnone, sorelle
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giovanni
Borsa: DonGiorgìo Serié, a cura di
Piatti Carolina, Tirano SO
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giovanni
Bosco, a cura dì Moretti Franchi Fe-
licita ved. Chiesa, Offlaga BS
Borsa: In memona e suffragio di Gio-
11anm Meschiari, a cura di Mesch,an
Ines. Modena
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Ausi•
llatrlca, s. Giovanni Bosco, In suffragio
di mio marito Giuseppe e dei miei ge"
nitori, a cura di Ballisti Margherita,
Parmense
Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazia
ricevuta, a cura d1 N N.. Inveruno
Borsa: S. Giovanni Bosco, Santi Sa•
lesianl, proteggete la mia famiglia, a
cura di Mariani Maria, Solarolo RA
Borsa: In memoria del salesiano D.
Umberto Bastasi. a cura del Dr Mano
Carbognani
Borsa: In memoria dello zio Don G10•
vannl Pian, ,a cura di Pizzamiglio Rila.
Gradisca d'Isonzo GO
Bosco, Anime del Purgatorio, In me~
moria e suffragio deigenitori Letterio e
Maria e dello sposo Salvatore, a cura
di Defrancesco Caterina. Calania, L
300.000
Borsa: Don Bosco, a cura dell'Allievo
sempre riconoscente, 0.G.• L 300.000
Bosco, invocando protezione sul/a fa-
miglia, a cura di Raiterl Ercolina
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
in memoria e suffragio di Al/ara Clelia
ved. Orecchia, a cura di Ralteri Erco-
lina
Borse: Maria Auslllatrlce e Santi Sa,
Cardé CN
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bosco,
a cura di Castagnara Alessandra, Ca-
misano Vìcentìno
Borsa: S. Giovanni Bosco, ,n memoria
e suffragio di Gaetano Sa/emme, a
cura della moglie Elvira, Colle a Vol-
BorH: Maria Au1lllalrlce, S. Giovanni
Bosco, Invocando protezione, a cura
di Giorgio e Ivana
Borsa: S, Cuore, Maria Auslllatrlca, S.
Giovanni Bosco, Papa Giovanni, a cura
di Sca,pelli Emilia, Roma
Borsa: Maria Auslllalrlce e S. Giovanni
Borsa: Bianchi Paolina. In suffragio, a
cura di Liliana e Osvaldo Ercoli, L
250,000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Sa-
leslanl, per grazia ricevuta. a cura dl
N.N,, Padova, L, 250,000
feslanl, invocando protezione sol/a
famiglla. a cura di Franchi M. Teresa
BorH: Mons. Yenlglla e Don Cara.
vario, a cura di Tosi Giuseppe, Varallo
turno IS
Borsa: Maria Aualllatrlc• e Santi Sa•
laalanl, per grazia ricevuta e chieden-
do protezione. a cura di De Agostinl
Bosco, in suffragio dei miei defuntf. a
cura di Chlappl Virgilio. Fiesole FI
Borsa: Merla Auslll■trlce, per grazia
ricevuta e in suffragio dei miei genitori
Antonio e Giuseppina, a cura di Profl-
llo Valeria, Canneto ME
Borsa: In memoria e suffragio della
mamma. a cura di P.B.. L 200.000
Borsa: Don Bosco, in memoria di Luisa
e Attilio. a cura di Masottl Cristofoll,
Padova, L 200.000
Boraa: Maria Ausiliatrice, a ~ura di
Arca Una, Cuglierl OR, L 200.000
Boraa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, a suffragio del nostro figlio
Francesco, a cura di Saggio F_Buson
Guido, Padova, L 200.000
BorH: Don Domenico Arrigom. a cura
di Valtorta Maria, Sovico Ml , L 200.000
Borsa: Don Bosco, In riconoscenza per
protezione avuta, a cura di Amari SIi-
via, Pietrablssara GE
Bona: S. Cuore di Gesù, Maria Au•I•
!latrice e Santi Saleslanl, par grazie
ricevute e invacando protezione per
persone care, a cura di Cardinale Ma-
ria, Cagliar,
BorH: S. Gemma Galganl, a cura di
Garavelli Gianni, Cingia de Botti OR
Borsa: TerHa Neumann di Koner•
1reuth, per la pace net mondo, a cura
d i Garavelll Gianni. Cingle de Botti OR
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bosco,
per una grazia particolare, a cura di
Congera Angela, Cagliari, L 200.000
Bona: Maria Aualllatrlce, Santi Sa-
leslanl, per grazia ricevuta, a cura dì
Mova Aldo, Mazzè TO
Borsa: Padre Alfio Barbagallo e sorelle
Domenica e Concettina, di Pedara. a
cura del fralelli, In suffragio del geni-
tori, L 200.000
Born: Chiedendo preghiere per la mia
famiglia, a cura di Noli Adele, Roge•
redo-Casatenovo CO, L 150.000
Boraa: S. Domenico Savio, In memoria
delta sorella Fortunata, a cura di Mo-
cali Sorelle. Sabblonete MN
iloraa: Maria Auslllatrlce, S. Giovanni
Bosco, invocando protezione per la
sorella Teresita, a cura di Galimberti
Giuseppina, Milano
Boru: Maria Autlllatrlce, In suffragio
del/e anime del Purgatorio, a cura di
A.G-, Torino, L. 120.000
Bo,.a: Maria Auelllatrlca, Don Bosco,
invocando grazia e protezione, a cura
di Motta Graziella, Ragalda CT
BORSE DI L. 100.000
Boraa: Mon,. Clmattl Santi Saleelanl,
a cura di Galli Maria, Pleveottovllle PR
Borsa: Don Bosco, continua a proteg•
gerci, a cura di N.N.
Bo,.a: Don Bosco, fa' che cessino le
incomprensioni fra di noi. a cura di
N.N.
Borsa: Maria Aualllatrlce, Santi Sa•
IHlanl, aiutateci e disponete per Il
nostro bene, a cura di N.N
Borsa: Patrizia Raffaele, in memoria e
suffragio, a cura dì Tealdo Lu1setta,
Vesime, AT
Borsa: S. Domenico Savio, In memoria
di mio marito ex allievo, a cura di Ber-
tacchi Santarelh Maria, Cardoso di
Stazzema LU
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura d1
Cappelletti Una, Stazzano, AL
' - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - F oto Mario Rebeschlnl
Borsa: Maria Auaillatrlce, Don Bosco,
Domenico Savio, ringraziando per la
guarigione dalla sorella Olga e invo-
cando protezione, a cura di Booca
Norma. Torino
Boraa: In memoria di Pietro Cavaliere,
a cura delle Cooperatrici d i Messina
Bo..a: Don Bosco, Madre Mauarello,
Domenico Sevlo, proteggete le due
nfporlne orlane, a cura d i Moneta
Emilia, Milano
Borsa: Merla Auslllatrlce, S. Domenico
Savio, In ringraziamento e propizia-
zione. a cura di Gamerro Don Antonio,
Ivrea TO
Boria: Zeffirino Namuncurà M. Mo•
rano, proteggete sempre Fabio e Bea-
trice, a cura di Modena Pina Bosco,
Tonno
35 BOLLITTINO SAUSIANO r LUGLIO 1982

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GIANFRANCO
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Gesù
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notizia
Presentazione di Vittorio Messori
11 Cristo della fede, la buona notizia
da duemila anni, si svela a noi negli
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indifferenti. Una rilettura moderna
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