Bollettino_Salesiano_199112


Bollettino_Salesiano_199112

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2 - 7 DICEMBRE 1991
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco .
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/65.92 .915.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco , Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugenio Fizzotti - Francesco Motto.
Collaboratori: Giuliana Accornero - Teresio Bosco - Paolo
del Vaglio - Monica Ferrari - Sergio Giordani - Pierdante
Giordano - Antonio Mélida - Gaetano Nanetti - Maurizio
Nicita - Nicola Palmisano - Angelo Paoluzi - Cosimo
Semeraro - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione : La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell 'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfonso Alfano) - Via Marsala 42 - 00185 Ro-
ma - Tel. (06) 44.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 40 edizioni nazionali e 19 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in: An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Cecoslovacchia (in slovacco) - Centro America
(in Guatemala) - Cile - Cina (a Hong Kong) - Colombia
- Ecuador - Filippine - Francia - Germania - Giappone
- India (in inglese, malayalam, tamil e te lugu) - Irlanda
e Gran Bretagna - Italia - Jugoslavia (in croato e in slo-
ven o) - Korea del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta
- Messico - Olanda - Paraguay - Perù - Polonia - Por-
togallo - Spagna - Stati Uniti - Thailandia - Uruguay
- Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta , nei limiti
del possibile .
Cambio di indirizzo : comuni care anche l'indirizzo vec-
chio.
SOMMARIO
3 SUI SENTIERI DEL TEMPO
di Don Egidio Viganò
7 COPERTINA
Natale, più festa quando nasce un bambino
servizio redazionale
8 SALESIANI IN TERRA SANTA
Betlemme, casa del pane
di Lorenzo Saggiotto
12 EST EUROPEO
Rinasce così la nuova Ungheria
di Umberto De Vanna
16 REPORTAGE
L'istituto Maria Ausiliatrice
quasi un'isola felice
di Silvano Stracca
20 PROFILI
Edoardo Giuseppe Rosaz un grande amico
di Don Bosco
di Francesco Motto
24 PROBLEMI GIOVANILI
Sogni colorati e in bianco e nero
di Margherita Dal Lago
28 STORIA SALESIANA
I primi cento anni dei salesiani in Belgio
di Lambert Petit
31 ARTEMIDE ZATTI
A Viedma un angelo si è fatto infermiere
di Teresio Bosco
34 EDITORIA
Una storia popolare e «verissima»
di Maria Teresa Graglia
37 DALLE MISSIONI
La nuova Etiopia vuole fiorire
di Giovanni Fedrigotti
RUBRICHE
Attualità Salesiane, 4 - Lettere, 6 - Padre e
Maestro dei giovani , 11 - Libri , 14 - Problemi
Educativi, 19 - La Buona Notte, 23 - Come Don
Bosco , 27 - I Nostri Santi, 41 - I Nostri Morti, 42
Solidarietà, 43
1 Dicembre 1991
Anno 115
Numero 17
In copertina:
il nostro servizio
di copertina a pag . 7
(foto Maurizio Urso)

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----------sB-
-::::::=============================S_ui-sentieri:-::::::::::::::===--10_,~_BRE-199~1-3
-=====================del ~ 1--======================~
Don Egidio Viganò
QUALE UOMO?
L'asiatico, l'europeo, l'africano, l'americano, il
polinesico? Ogni uomo è inseparabile dalla cultura del
suo popolo.
E ci sono tante culture. 'Inoltre, l'accelerazione del-
la storia ci parla, oggi, di una cultura emergente nuo-
va: forse di uomo nuovo?
A quale uomo, dunque, pensare?
Ho girato il mondo come credente in Cristo. Ricor-
do spesso quanto ha detto il Papa: «A Natale è nato
l'Uomo».
Cosa comporta l'essere credente per una visione og-
gettiva dell'uomo? Suppone uno sguardo arricchito
da quattro lenti d'ingrandimento. La prima è questa:
il discepolo del Signore guarda l'uomo, ogni uomo di
qualunque cultura età e condizione, come immagine
di Dio: il Creatore lo ha fatto a sua somiglianza. È
questa un'ottica profonda e illuminante.
La seconda è ancora più audacemente acuta: Dio
ha amato tanto questa sua immagine iniziale che ha
voluto Lui stesso farsi uomo: però all'incarnarsi non
ha inventato un altro uomo, ha scelto precisamente di
essere della stirpe del primo Adamo, in solidarietà con
tutti.
La terza è vincolata con la cultura. Il Dio fatto uo-
mo è un ebreo con la cultura israelita di venti secoli
fa, figlio di una famiglia di Nazareth, cittadino di una
società ristretta. La sua relazione con tutti gli altri è
radicata precisamente nella concretezza di queste par-
ticolarità. Dal di dentro di una cultura situata ha as-
sunto il compito di pulire tutto l'ambito culturale, di
rettificare le cose sbagliate, di lottare contro il male e
di sconfiggere il peccato. Rimane sempre un ebreo,
però fratello e amico di tutti: dalle particolarità del
suo paese si apre alla universalità.
La quarta è di prospettiva permanente: l'uomo Ge-
sù Cristo ha istituito la Chiesa per tutte le genti affin-
ché fosse il suo Corpo pluriforme lungo i secoli per
continuare la sua missione di liberazione e di vittoria
a favore di tutta l'umanità. Giustamente il Papa spes-
so afferma che l'uomo è la strada della Chiesa.
È bello girare il mondo con questo sguardo cristia-
no e vedere il Vangelo di Cristo presente in tutte le
culture: non per sostituire, non per abolire, ma per ar-
ricchire, per purificare e sviluppare.
Betlemme. Ragazzi dell'oratorio salesiano.
Vedo che tanti giovani di oggi si ispirano nelle loro
scelte a due valori particolarmente significativi: la
«mondialità» e la «solidariettl».
C'è da applaudire. Sono valori vincolati appunto
con il magnifico disegno di Dio Creatore. Sono fari
che illuminano la vera risposta alla domanda di fon-
do: quale uomo?
La «mondialità» non esclude nessuno, nonostante
le differenze di razza, di cultura, di condizione socia-
le, di età e di salute: il mondo çliviene mio paese.
La «solidarietà» si apre a tutti: ognuno è parte viva
di quella «famiglia umana» in cui ci si vuol bene e ci
si aiuta, incominciando dagli ultimi, precisamente
perché l'immagine di Dio - che ognuno porta in sé
- si purifichi e cresca in quel meraviglioso e 'unico
«Uomo nuovo» giunto felicemente alla meta suprema
nel Cristo, secondo Adamo, Signore dei secoli e Re
dell'universo .

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4~-1-DIC-~B-RE-1$1--== = = ='4.ttualità--== = = = = == = =
===================================='5alesiane~====:::::::::::============
ITALIA
Le milleluci
di un presepe friulano
È un mix di luci e di
solidarietà il presepe
luminoso di Ennio Molaro,
un exallievo friulano che ha
messo la sua arte a sostegno
di un amico, don Elio Di
Lenarda, missionario tra i
minatori di Kami in Bolivia.
Illuminare strade e piazze
con stelle, campane e fiori
per Natale è una
consuetudine antica, ma il
signor Ennio ha fatto di più
e servendosi unicamente di
luci colorate ha costruito un
artistico presepe. L'originale
iniziativa si ripeterà
quest'anno per la
quindicesima volta in una
piazza d'Italia o
dell'Austria. Il presepe è
costituito da 25 figure
diverse, alte fino a 8 metri ,
che vengono accese una
dopo l'altra da un motorino
di comando, raccontando
così la storia del Natale.
Sono fissate con fili di
acciaio a alberi, case,
campanili e chiese.
Complessivamente vengono
impiegate 12.500 piccole
Sedegliano (Udine).
In alto gli autori del
presepe luminoso, da
veri friulani,
sottolineano con un
buon bicchiere la
riuscita della loro
iniziativa.
Con una cerimonia semplice
Madre Marinella Castagno
ha consegnato il crocifisso
missionario a otto Figlie di
Maria Ausiliatrice e a una
volontaria, in partenza per
la Bolivia, la Colombia
e la Russia .
In Russia è stata aperta una
comunità a Odessa, dove la
parrocchia è animata da un
salesiano, e a Smorgon dove
alcune FMA della Polonia
hanno già preparato, l'anno
scorso, 500 ragazzi dai 7 ai
25 anni, per la Prima
Comunione e la Cresima.
lampadine, unite da un filo
di alimentazione. Attraverso
i diversi colori e le
luminosità graduate, le
figure riescono a produrre
un effetto tridimensionale. Il
gioco di luci, unico nel suo
genere, è gradevole e
infonde contemplazione e
pace. Chi lo ha visto
sottolinea remozione che si
prova al dipanarsi nella
notte della buona novella
con questo gioco di luci e
immagini che si formano nel
cielo raggiungendo
direttamente il cuore.
Suor Marinella e le suore missionarie.

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1 DICEMBRE 1991 - 5
Festa in famiglia
a Vallecrosia
Circa 500 persone hanno
partecipato alla festa della
Famiglia Salesiana a
Vallecrosia (Imperia).
Don Vecchi, Vicario del
Rettor Maggiore, ha tenuto
una conferenza sul tema
«La dimensione sociale della
carità». Nel pomeriggio i
giovani hanno presentato il
recital «Insieme è possibile».
Alla festa, caratterizzata
da una simpatica gioia
collettiva, sono stati presenti
anche l' ispettore
Don Gianni Mazzali e le
due Ispettrici FMA.
Vallecrosia. Don Vecchi ha partecipato alla festa
delléj Famiglia Salesiana.
KENYA
l1 Bollettino
Salesiano
Esce in 2000 copie ed è
destinato naturalmente a
tutti gli amici di Don Bosco.
È la rivista «Don Bosco», il
Bollettino Salesiano del
Kenya, giunta al suo
undicesimo numero grazie
all'inventiva e alla costanza
di don Vincenzo Donati.
Stampato con mezzi poveri,
ha però un taglio coraggioso
e accattivante sia nella
impaginazione che nella
scelta dei temi.
Don Bosco
in piazza
Non si contano più i
monumenti innalzati a
Don Bosco. Quello dellii
foto a sinistra è stato
inaugurato a Ijely in
Madagascar, dove sta
sorgendo un centro di
formazione professionale
rurale e cjove i salesiani si
occupano del distretto
pastorale di
Amboditanimena, di circa
mille chilpmetri quadrati .
Con Don Bosco sono
raffigurati due giovani
malgasci, con i caratteristici
occhi a mandorla. Quello
della foto a destra risale al
settembre scorso e si trova a
San Giovanni Ilarione
(Verona). È stato voluto
dalla locale associazione
exallievi e collocato nel più
bel giardino del paese. Il
monumento è stato
inaugurato dal consigliere
regionale Don Giovanni
Fedrigotti. Sono 28 le
vocazioni salesiane, maschili
e femminili, nate nel ridente
paese veronese.
' ·• I nuovi monumenti a
Don Bosco di ljely
(Madagascar)
e S. Giovanni
llarione
(Verona)
MALTA
Per la Famiglia
Salesiana
Dall'ottobre 1990 al giugno
1991 si è tenuto a Sliema un
corso formativo-informativo
per la Famiglia Salesiana di
Malta e Gozo. Il corso di
studi intendeva promuovere
la spiritualità laicale,
ecclesiale e salesiana
attraverso lezioni a scadenza
per lo più settimanale tenute
da vari esperti, tra i quali
docenti dell'università
salesiana e superiori del
Consiglio generale . Il corso
è stato concluso dal Rettor
Maggiore, il quale ha
invitato la Famiglia
Salesiana di Malta ad
andare come testimoni in
cerca dei giovani ovunque si
trovino, nello spirito della
«nuova evangelizzazione».
L'isola di Malta è oggi una
piccola «delegazione»
salesiana, in cammino per
diventare «visitatoria». I
salesiani maltesi da sempre
hanno lavorato con zelo
missionario in ogni parte del
mondo. Due anni fa hanno
aperto una casa in Tunisia.

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6 - 1 DICEMBRE 1991
DROGA. «Sono una mam- gono piacevolissime. Il prezza grandi virtù», facendo riferi- CHIESA OCCUPATA. «Mio
ma: ho due figli. li primo mi del libro è di sole 10.000 lire e mento alla pedanteria e forse nonno ebbe la fortuna di co-
preoccupa molto. Fuma spi- lo si può richiedere all'autore. alla miopia di certi genitori, noscere personalmente San
nelli. Ho pregato tanto perché
attentissimi a certe piccole co- Giovanni Bosco. Io sentii
Dio lo aiutasse, Io facesse tor-
se e incapaci di trasmettere il sempre tanto parlare in fami-
nare coi buoni amici coi quali INCIDENTI STRADALI. più. Sono d'accordo.
glia di questo santo. Le uni-
frequentava la chiesa e l'ora- «60 morti tra il sabato e la do-
Alessandro Capra, sco una fotografia della chie-
torio. Ora mi sono stancata e menica, soprattutto per ecces-
Alessandria sa della mia parrocchia, che
prego Dio che lo faccia mori- so di velocità. Più di 6000 al-
cerchiamo di salvare dalla di-
re in un incidente. Però lo ve- i' anno, oltre 16 morti al gior-
struzione (la stiamo "occu-
do già morto e il rimorso mi no . Ma vi rendete conto? PADRE VARISCO. «Sono la pando" sin dal 1983!). Pensi
rode. Ha 22 anni, un lavoro Questo governo sempre a cac- cognata di Padre Vincenzo che dal 1960 ad oggi ben nove
sicuro e gioca con passione in cia di soldi, non potrebbe in- Varisco, morto a 54 anni nel bellissime chiese vennero rase
una squadra di calcio. Spesso tanto rimpolpare le sue casse 1979, dopo più di trent'anni al suolo nella mia città. Dico-
mi dice: perché rinunciare a multando chi corre come un passati in missione a Bogotà no che non servono e costano
una cosa che mi piace e mi
troppo per la manutenzione.
rende felice? E vuole che pro-
vi anch'io .. . La mia paura è
che dopo gli spinelli arrivi al-
i'eroina» .
E. O., Arborea
~
Ma l'Olanda dopo questa
burrasca risorgerà di nuovo».
Flaminia de Jong Costantino,
Breda (Nederland)
·,.
. I:!,
Giriamo la lettera ai nostri
lettori. In modo particolare a
chi sta vivendo esperienze si-
mili ed è riuscito a venirne
fuori.
GRANELLI DI SABBIA.
«Le mando una copia del mio
libro, che in qualche modo
appartiene anche a voi, in
quanto la storia del capitolo
" lo incredibile faccia tosta",
.. .
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..
/ :::,.__.,-..::.· ,
.
,
SOLO CINQUE RIGHE.
«Son exallievo e ex novizio di
Don Giacometto. A questo
sacerdote, morto all'età di 92
anni (non 75!), avete dedicato
solo cinque righe, ma avrebbe
meritato molto di più . Era si-
mile a Don Rua nel fisico ma
soprattutto ne aveva tutte le
virtù . Noi suoi ex novizi, sale-
_ siani o no, lo veneriamo tut-
- tora».
,
Marco Vittone,
è imperniata sul racconto di
quando per una lira mi aveva-
no dato un anello, una colla-
----
Ho cambiato idea papà, farò solo il presepio
Viganello, Svizzera
nina con una medaglietta por-
È UNA BAMBINA. «Leggia-
tante l'effigie di Don Bosco,
mo sempre con vivo interesse
che sembrava d'oro zecchino
il Bollettino Salesiano appena
ed un opuscolo illustrato a co- pazzo sulle strade non sapen- in Colombia. Ho letto sul arriva e apprezziamo che di
lori, dove era riportata la vita do che fare della sua vita e Bollettino Salesiano l'articolo tanto in tanto vi appaia qual-
del Santo ...».
mettendo a rischio quella de- sul santuar~o Niiio Jesus (cf cosa di Ondo (Nigeria) . A ri-
Livio Berti, gli altri?» .
ES/ settembre '91). Padre Va- guardo della didascalia sotto
via Galilei, 86
Giacomo Sorrentino, risco è stato parroco di quella la foto del BS di giugno a pag.
31029 Vittorio Veneto
Brescia parrocchia. Parrocchiani e 43: lasciamola crescere questa
pellegrini lo hanno tanto bambina (fotografata mentre
Il suo «Granelli di Sabbia»,
amato, tanto che gli hanno .porta il fratellino a messa); la-
di ben 323 pagine, non è, co- TRASMETTERE I VALO- fatto una targa che si trova sciamola crescere ancora un
me dice lei, un libro piccolo RI. Natalia Ginzburg, la scrit- ancora oggi nella chiesa po', non facciamola "giovane
piccolo, ma nel suo genere, è trice recentemente scompar- (mando la foto)».
mamma" anzitempo!» .
un lavora riuscitissimo. Pagi- sa, diceva: «Bisogna insegna-
Rina Bragalini Varisco,
Don Italo e confratelli,
ne di ricordi e poesie si scio!- re ai figli non le piccole, ma le
Carugate (Milano)
Ondo (Nigeria)

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1 DICEMBRE 1991 - 7
COPERTINA
NATALE, PIÙ FESTA
QUANDO NASCE
UN BAMBINO
Da anni l'Istat ripete
che l'Italia ha nel mondo il primato
di essere passato più rapidamente di
ogni altro paese da un livello note-
volmente alto di nascite ad uno dei
più bassi. «In Italia si nasce poco»,
dice Romano Forleo, medico e gior-
nalista, autore del libro "Nato per
amore" (ed. Paoline), «ma io ag-
giungo, si nasce male». Neppure il
mondo cattolico, afferma, riesce a
porre in primo piano il ''far jesta ad
un bambino che nasce''. «Neanche
nel mio stesso ospedale, il Fatebene-
fratelli di Roma, il parto viene vis-
suto come evento da celebrare nella
gioia, coniugando sicurezza e clima
familiare. Il parto è per lo più vissu-
to come un evento di tipo medico».
Romano Forleo è certo che l'assi-
stenza alla gravidanza e al parto in
questi ultimi vent'anni ha fatto pro-
gressi enormi. Anzi, dice che il livel-
lo della ostetricia e della pediatria
italiane è nettamente superiore a
quella di molti paesi industrializza-
ti. «II problema è che, cosi come og-
gi è pensato il sistema sanitario na-
zionale, non viene favorito lo ·svi-
luppo di una medicina più umana,
più attenta alle calde relazioni
medico-paziente, capace di un più
forte accento sulla relazionalità e il
rispetto della sfera più intima del
nostro vivere».
Certo, non bisogna dimenticare
che cento anni fa il rischio di morte
materna per gravidanza e parto era
elevato, e che solo un bambino su
due raggiungeva il primo anno di vi-
ta. Ma proprio i progressi medici
Meraviglia e gioia davanti
al bambino che nasce.
consentono oggi, non tanto di ab-
bassare la guardia rispetto al rischio
legato alla nascita, ma di impegnar-
si maggiormente a modificare le
strutture e specialmente maturare
un atteggiamento nuovo che dia più
peso al clima in cui l'evento nascita
deve realizzarsi.
«In questo mi metto anch'io sul
banco degli imputati», continua
Romano Forleo, «non essendo riu-
scito a far comprendere alla mia
stessa amministrazione che in uno
degli ospedali in cui si nasce di più
a Roma (2500 parti all'anno), non
basta garantire degli ottimi servizi
medici (le nostre ostetriche sono ne-
te per la loro qualificazione), ma
occorre testimoniare il valore che
diamo alla famiglia, favorendo una
unità madre padre figlio col dare al-
1'affollato reparto l'as:petto caldo di
una casa accogliente. E vero che ad
ospedali come il nostro si rivolgono
sempre più gestanti con problemi di
patologia, ma è anche vero che nes-
suno considera delittuoso far vivere
il travaglio di parto in una barella,
unicamente perché non si acquista-
no .i tre lettini per la sala travaglio...
e così via!».
Ci sembra questo un parlare
umanissimo e davvero stimolante in
questo Natale '91, che può dare il
via a un passa-parola che porti alla
celebrazione di ogni nuova nascita
nella gioia.
Conclude Romano Forleo: «La
lotta all'aborto, che ci ha visto e ci
vede in primo piano, f'impegno ad
una assistenza seria e scientifica-
mente avanzata alla coppia sterile,
che non giunga però a manipolazio-
ni contrarie all'amore coniugale,
esigono oggi un ulteriore passo
avanti: dar vita a dei centri nascita
che al massimo della rigorosa sicu-
rezza basata innanzitutto sull'alta
qualificazione degli operatori, uni-
scano uno stile che testimoni rispet-
to, meraviglia e gioia dinanzi al
bambino che nasce».

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8 - 1 DICEMBRE 1991
SALESIANI
IN TERRA SANTA
BETLEMME, CASA DEL
di Lorenzo Saggiotto
Cento anni fa
don Antonio Belloni,
canonico del Patriarcato
Latino di Gerusalemme,
tornava dall'Italia
accompagnato da
.,
don Giulio Barberis
che apriva la strada
ai primi salesiani
in Terra Santa.
Betlemme, culla del Si-
gnore, è sempre stata meta di pelle-
grinaggi. E anche il visitatore più
distratto, uscendo dalla piccola por-
ta della chiesa della Natività, si
chiede che cosa sia quell'enorme co-
struzione sulla collina, ingiallita dal
tempo, che sembra dominare _tutta
la città. Si tratta della Scuola Tecni-
ca Salesiana. Di là, dalla sua terraz-
za si gode un magnifico panorama.
Betlemme antica ce l'hai tutta da-
vanti agli occhi. Un susseguirsi con-
fuso di case e casupole. Al centro,
sul crinale della collina, si erge mae-
stosa la Basilica della Natività. Più
lontano, in basso, il Campo dei Pa-
stori. Dove di vede quel crinale
biancastro scorre il Cedron e la val-
le del famoso monastero di Mar. Sa-
ba. E poi il deserto.
Il cortile della scuola è tutto un
formicolare di ragazzi, grandi e pic-
coli. Giocano a calcio e si respira
un'aria di allegria.
Processione per le strade di Betlemme. Sullo sfondo e in alto
panoramiche sulla chiesa del Sacro Cuore e della casa salesiana

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- - - - - - - - - - - # 1-
1 DICEMBRE 1991 9
La storia
di «Abulyatama»,
padre degli orfani
Nel 1863 dove adessò c'è la scuo-
la vi era solo una collina piena di al-
beri di fico, di mandorli, di olivi,
con qualche vite, qualche melogra-
no, delle siepi di° fichi d'India. Pian
piano crebbe un edificio, l'orfano-
trofio. Raccoglieva ragazzi palesti-
nesi, siriani, giordani, libanesi, ar-
meni... Per tutti c'era un posto per
dormire, un pasto fumante, il sorri-
so di un padre. Si chiamava don
Antonio Belloni, ed era canonico
del Patriarcato Latino di Gerusa-
lemme, ma lo chiamavano «Abu-
lyatama» (padre degli orfani). Era
andato pellegrino per l'Italia, per la
Francia e il Belgio in cerca di aiuti
per questi ragazzi poveri. Offri loro
l'istruzione, la luce della fede, un
mestiere che garantisse il pane. La-
vori semplici: coronaro, intagliato-
re di olivo o di madreperla, sarto,
falegname o fabbro. Erano ragazzi
condannati alla strada e adesso ave-
vano trovato un avvenire e un sor-
riso.
Ma da solo poteva fare poco. Si
circondò allora di collaboratori. Li
riunì in una piccola comunità, che
chiamò «Sacra Famiglia». Ma non
basta. Fece' venire da lontano altri
che avessero il suo stesso spirito, la
stessa passione per i giovani poveri
e abbandonati. Cent'anni fa, nel
1891, arrivarono i figli di don Bo-
sco. Don Belloni si tranquillizzò:
l'opera avrebbe potuto continuare
anche dopo di lui. E si fece egli stes-
so salesiano. Migliaia di senza tetto
avrebbero trovato qui una casa.
La chiesa e l'oratorio
Si vedono varie cisterne che risal-
gono ancora al tempo di don Bello-
ni. Una volta c'era solo l'acqua pio-
vana. Scendendo attraverso scale di
pietra e corridoi a arco, ci troviamo
di fronte a un magnifico portale. È
la chiesa del Sacro Cuore. Don Bel-
Ioni l'ha costruita con amore per gli
aiuti che la Provvidenza non gli ha
mai fatto mancare. Il portale è ope-
ra del salesiano Angelo Bormida,
perito poi miseramente mentre veni-
va trascinato dalle truppe turche in
ritirata verso l'Anatolia. La chiesa è
spaziosa, raccolta, spinge a guarda-
re in alto, verso la grande statua del
Sacro Cuore che la domina. Venne
consacrata nel 1892. La scuola è
adagiata sul pendio di una collina.
Risalendo le scale si arriva a una
piccola cappella, una stanza dove
prima i falegnami lucidavano i mo-
bili. Oggi è diventata un'oasi.
Entri e ti trovi abbracciato dal
grande crocifisso e dalla luce a toni
screziati che entra dalle vetrate. Qui
prega la comunità salesiana e qui
vengono i ragazzi cristiani dell'ora-
torio e della scuola per pregare e
chiedere pace per questo lembo di
Terra Santa.
L'oratorio-centro giovanile è si-
stemato in un edificio a forma di
torrione con uno strano cappello in
testa. I ragazzi piccoli e grandi cor-
rono e sbucano da tutte le parti.
L'oratorio è la prima novità portata
dai salesiani. Qui si gioca, si fa arrii-
cizia, si prega. Sono passate di qui
generazioni di ragazzi conterranei
di Gesù. Il cortile una volta era l'or-
to e la stalla dell'orfanotrofio.
L'oratorio ha ormai invaso tutto.
Sono sorti gruppi di esploratori,
compagnie teatrali, orchestrine e la
banda che sempre ha rallegrato la
vita dell'orfanotrofio e dell'ora-
torio.
La «Salesian Technical
School»
L'antico orfanotrofio ha cambia-
to completamente volto. Oggi non
ci sono più interni. L'orfanotrofio
si è trasformato in una vera scuola
tecnica. Salesiani preti e laici hanno
speso tutto per questi giovani e que-
sta scuola. E ci sono associazioni in-
ternazionali che la sostengono eco-
nomicamente. Oggi la «Salesian
Technical School» offre un triennio
professionale con le specializzazioni
in meccanica, elettrotecnica ed elet-
tronica. Accanto a questo, per veni-
re incontro alla sempre più difficile
situazione giovanile dei Territori
Occupati, si sono aperti numerosi
corsi intensivi dove si spazia dai me-
stieri più comuni alle tecnologie più
avanzate: falegnameria, saldatura,
tornitura, impianti elettrici civili e
industriali, controllo numerico,
elettropneumatica, elettronica indu-
striale, computer. Gli allievi del
triennio sono circa 180, mentre nei

1.10 Page 10

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10 - I DICEMBRE 1991
IL RETTOR MAGGIORE
E MADRE MARINELLA
IN TERRA SANTA
Dal 23 ottobre al 1O novembre il Rettor Maggiore è
stato in Terra Santa per il centenario dell'arrivo dei sa-
lesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Palestina
(1891-1991). Nella seconda parte del viaggio al Rettor
Maggiore si è unita la Madre Generale suor -Marinella
Castagno.
Il Rettor Maggiore visita il laboratorio di falegnameria
della scuola di Nazareth . Sono con lui mons. Hanna
Kaldani, vescovo lc1tino, e i vescovi greco-ortodossi
mons. Salloum e lsidoros. Nella foto in alto, giovani
della «Salesian Technical School».
Visita all'ispettoria del Medio Oriente
Il Rettor Maggiore è giunto in Libano il 23 ottobre.
Qui ha visitato l'opera salesiana di El Houssoun ed ha
esaminato la proposta di nuove fondazioni. Quindi si
è recato a inaugurare un nuovo centro di spiritualità e
di attività estive a Kafrum in Siria e ha partecipato alla
giornata della gioventù organizzata dai giovani di
Aleppo, Damasco e di Kamishly. In serata è partito per
Aleppo, dove ha incontrato altri 2000 giovani del loca-
le Centro Giovanile Oratoriano. Anche qui, incontri
co"n le autorità e con i salesiani della Siria e del Libano.
Si è spinto quindi fino a Damasco per esaminare la
possibilità dell'apertura di una nuova opera in questa
importante città. Partenza per la Turchia, a Istanbul ,
verso la nuova parrocchia-cattedrale e la scuola turco-
cattolica. La scuola è il fiore all'occhiello dei salesiani
in Turchia. 1145% degli allievi sono cristiani, il 100/o so-
no ebrei, gli altri sono turchi di religione islamica. È
una scuola di 800 allievi ed è la sola del genere in que-
sta nazione. I salesiani sono là come esperti in educa-
zione e il futuro sembra promettente.
Gli esercizi spirituali itineranti
Il Rettor Maggiore è passato quindi in Terra Santa,
dove ha fatto gli esercizi spirituali itineranti guidati dal
salesiano biblista don Vernet. Sono stati presenti an-
che tutti i membri del Consiglio Generale. Insieme
hanno visitato tutte le case salesiane incontrando sa-
lesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, coi quali hanno
avuto incontri di famiglia.
I festeggiamenti per il centenario
Il 9-10 novembre furono riservati ai festeggiamenti
per il centenario. Nella prima giornata c'è stata la FE-
STAINSIEME con i giovani a Nazareth: una graode
Eucarestia nella basilica di Gesù Adolescente con· la
partecipazione dei Vescovi e la presenza di Madre
Marinella. Il secondo giorno si sono recati in Giudea,
per celebrare la festa centenaria a Betlemme e a Cre-
misan, dove il Rettor Maggiore e Madre Marinella han-
no ricevuto la cittadinanza onoraria. Concelebrazione
nella chiesa del Sacro Cuore e manifestazioni di ben-
venuto.
corsi rapidi sono 120. La scuola è
· aperta a tutti, ma la grande maggio-
ra,nza proviene dalla classe poveni e
operaia. Sono per il 60% musulma-
ni e per il 40% cristiani delle varie
denominazioni.
La scuola rimane un punto di ri-
ferimento anche per tanti exallievi
che vengono a chiedere consiglio ,
per farsi aiutare, per ricoi;dare i
tempi antichi o semplicemep.te per
incontrare i loro amici salesiani.
La casa del pane
pane. Perché da sempre questa casa
ha un suo forno. Il pane esce ogni
giorno croccante per la comunità,
Tutto è nato dall'idea generosa di
don Belloni e dall'arrivo dei salesia-
ni e delle Figlie dì Maria Ausiliatrice
tra l'ottobre e il dicembre di cento
anni fa. Uomini e donne che hanno
costruito la storia della Betlemme
salesiana.
Appena varcato il grande porto- .
per centri assistenziali, per le fami-
glie più vicine. Se lo visiterete, il sa-
lesiano incaricato vi darà una pa-
gnotta a ricordo della visita. È un
gesto pieno di significato, un gesto
biblico: pane donato che è condivi-
sione. Betlemme vuol dire «casa del
pane».
ne, ti senti attirato dal profumo del
Lorenzo Saggiotto

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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-----------sB-
1 DICEMBRE 1991- 11
-;::::=================-Pf!ilre e maeslr~i ========-----=====:;;
_ _ _ _ _dej-givvµn·______
di Antonio Martinelli
MAESTRO
DI SPIRITµAL~TÀ
QIOVANILE
I
8 dicembre 1841: nella storia dei
giovani e di Don Bosco è una data
significativa ed importante. Essi
hanno trovato il loro punto di riferi-
mento educativo e spirituale. Barto-
lomeo Garelli rappresenta simboli-
camente la folla dei giovani eh~
daranno a Don Bosco l'occasione di
esprimere tutte le sue doti di padre.
Don Bosco ha visto questo giorno
come l'inizio del compimento del so-
gno dei nove anni.
L'incontro di un giovane con un
prete, nel giorno di Maria Immaco-
lata, pongono le fondamenta di un
nuovo cammino spirituale.
MAESTRO DI
SPIRITUALITÀ
GIOVANILE
«In questa lettera mi piace consi-
derare di Don Bosco soprattutto il
fatto che egli realizza la sua persona-
le santità mediante l'impegno educa-
tivo vissuto con zelo e cuore aposto-
lico, e che sa proporre, al tempo
stesso, la santità quale meta concre-
ta della sua pedagogia. Proprio un
tale interscambio tra "educazione"
e "santità" è l'aspetto caratteristico
della sua figura: egli è un educatore
.santo, si ispira a un "modello san-
to" - Francesco di Sales-, è disce-
polo di un ''maestro spirituale san-
to" - Giuseppe Cafasso -, e sa
formare tra i suoi giovani un "edu-
cando santo", - Domenico Savio».
(luvenum Patris) ..
L'esperienza concreta vissuta con
i suoi giovani porta Don Bosco a
raccogliere attorno ad alcuni criteri, '
semplici ed efficaci, il quadro della
spiritualità giovanile. I 150 anni di
vita salesiana danno conferma a una ,
scelta i cui frutti maturano ancora
oggi. I giovani che si sentono alla
scuola di Don Bosco sono ormai una
moltitudine, un vasto movimento.
CRITERIISPIRATO]ll
DI UNA SPIRITUALITÀ
GIOVANILE
La giovinezza non è solo un mo-
mento di transito, ma un tempo rea-
le di grazia per la costruzione (/ella
personalità.
Questa convinzioqe permette di
poter parlare di spiritualità «giova-
nile». Il protagonisrp.o dei giovani
all'Oratorio di Valdocco trovò am-
pio spazio in tutti i settori della vita,
fino al punto che i giovani furono
chiamati da Don Bosco ad essere
con lui «confondatori» di una nuova
Congregazione. Da parte loro i gio-
vani lo aiutarono ad iniziare uno sti-
le di santità nuova, sulla misura del-
le esigenze tipiche dello sviluppo del
ragazzo. Furono così, in qualche
modo, contemporaneamente disce-
poli e maes_tri.
Il giovane è, con i suoi dinam(smi
interiori, criterio pratico per la scelta
degli itinerari da percorrere.
Qui si manifesta la caratteristica
fondamentale .della spiritualità gio-
vanile: è una spiritualità educativa.
Sul versante «giovane» è rispon-
dere alle sue aspirazioni più profon-
de: "bisogno di vita, di amore, di
espansione, di gioia, di libertà, di fu-
turo" .
Sul versante «educatore» è ac-
compagnare e integrare il cammino,
proponendo «come fermento, qtJelle
mete che Cristo stesso presentò al
giovane del Vangelo, e sulle quali
anzi commisurò la gioia della vita
eterna o la tristezza del possesso
egoistico».
Tra giovani e vita cristiana c'è una
singolare affinità, quasi un appello
reciproco.
Don Bosco l'esperimenta a partire
da un elemento che esprime il senso
della salvezza e del vangelo del Si-
gnore, e da un'esigenza tipica del
giovane: la gioia. Questa a volte vie-
ne scambiata per disimpegno . Per il
Santo Educatore è invece il segno
della «buona salute», fisica e spiri-
tuale, dell'equilibrio nella vita, qella
socldisfazione di crescere. E trovò i
giovani attenti e rispondenti alla sua
proposta. Ieri come oggi.

2.2 Page 12

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12 - 1 DICEMBRE 1991
EST EUROPE·O
RINASCE COSÌ
LA NUOVA
UNGHERIA
di Umberto De Vanna
Don Viganò,
terzo Rettor Maggiore
a raggiungere l'Ungheria,
ha visto una nazione
intenta a ricostruirsi.
Anche i salesiani stanno
facendo un bilancio
.delle loro forze
e sono impegnati
a riorganizzarsi.
Tra i paesi dell'ex impe-
ro socialista l'Ungheria era quello
che appariva più florido. Grande
quattro volte la Toscana e con poco
più di dieci milioni di abitanti, era
considerata la Svizzera dell'Est. Ne-
gli ultimi decenni aveva costruito
grattacieli e grandi alberghi per ac-
cogliere i managers dell'occidente
che venivano per concludere affari
con le compagnie statali. Si parlò di
. «miracolo ungherese», e i suoi citta-
dini apparivano dei privilegiati agli
. occhi dello stesso Cremlino. La
merce nei supermarket abbondava e
non vi erano code. Si trattava però
di un benessere solo apparente, e lo
stesso governo comunista che
avrebbe ceduto il potere prima ai ri-
formatori e poi ai democratici, ave-
va messo in guardia sulla crisi eco-
nomica che sarebbe seguita alle tra-
sformazioni politiche_ Di fatto oggi
l'economia appare debole, la gente
si lamenta e se continua a non fare
la coda davanti ai negozi, il costo
della vita si è fatto più pesante. Tut-
ti fattori che hanno incidenza anche
sulla vita democratica. Le lentezze
del nuovo sistema, un certo immo-
bilismo, la necessità di decisioni col-
lettive, inceppano la vita sociale e
politica, a differenza del rapido de-
cisionismo del passato. Tanto più
che sotto il regime precedente non
ha potuto formarsi una vera classe
politica nuova e l'attuale parlamen-
to ospita tendenze e ideologie di
ogni tipo. I nuovi amministratori
non hanno però entusiasmato e il
malcontento è diffuso. La gente
non ha addirittura voglia di andare
a votare, nella convinzione che tan-
to non cambierà nulla.
È un fatto che in Ungheria si è
sempre respirato tutto sommato
un'aria di libertà, anche intellettua-
le e culturale, impensabile altrove.
Ed è riuscita a scrollarsi di dosso il
suo passato senza passaggi violenti,
senza tragici processi ai vecchi poli-
tici, anche se o prima o poi, man
mano che certe vicende del passato
verranno a galla, qualcuno verrà di
certo chiamato a saldare il conto
con la storia.
/t clima religioso
Don Vendei Fenyo è un salesiano
ungherese che vive da oltre quaran-
t'anni in Italia. Nel 1948 si era tra-
sferito giovanissimo a Torino per
completare gli studi di filosofia e

2.3 Page 13

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-----------~-
1 DICEMBRE 1991 13
teologia. Due anni dopo l'Ungheria
sopprimeva la congregazione sale-
siana e chiudeva le frontiere. Rima-
sto in Italia anche dopo l'ordinazio-
ne sacerdotale, prima fu a disposi-
zione dell'ispettoria romana, poi al-
l'archivio storico salesiano. Ma in
questi 40 anni ha compiuto da turi-
sta visite periodiche in Ungheria ed
è stato spettatore delle trasforma-
zioni sociali, politiche e religiose del
paese. Dice: «Siamo passati dal cli-
ma pesantissimo degli anni sessan-
ta, in cui solo in privato e a bassa
voce ci si poteva esprimere, al disge-
lo e alla libertà di oggi».
Don Fenyo afferma che anche la
Chiesa, come l'amministrazione
pubblica, soffre la rapidità delle
trasformazioni avvenute: «Religio-
samente si nota che il popolo vive
un certo disorientamento. Qualcu-
no avrebbe desiderato un ricambio
radicale anche di tutti gli ecclesiasti-
ci che si erano in qualche modo
compromessi con il regime prece-
dente. Nel generale clima di novità,
solo la Chiesa sembra essere rimasta
quella di prima. Ma il clero qui, co-
me in tutto l'Est ha potuto soprav-
vivere soltanto pagando il prezzo
della prudenza».
· La pratica cristiana comunque,
che sotto lo stesso regime comunista
è sempre stata più alta che in occi-
dente, oggi manifesta una buona
stabilità. Molti adulti cresciuti in un
ambiente difficile, stenta~o a trova-
re la strada della novità religiosa. A
volte sono i bambini e i ragazzi a
chiedere il Battesimo e ad aprire in
questo modo la strada ai loro geni-
tori. Le parrocchie organizzano
corsi biblici per adulti che intendo-
no ricevere il Battesimo; e sono fre-
quentati.
È molto vivace l'attività dell'edi-
toria cattolica. Se prima le editrici
cattoliche erano due, oggi saranno
sessanta.
La presenza salesiana
Sin dal 1875 il nome di Don Bo-
sco era apparso spesso sui giornali
ungheresi. Più di altri se ne occupò
Antal Lonkay, redattore capo dei
periodici «Magyar Allam» e «Idok
Tanuja». Il giornalista aveva incon-
trato Don Bosco a Torino ed era di-
ventato il primo cooperatore sale-
siano ungherese. Il Lonkay pubbli-
cò in seguito a puntate la vita di
Don Bosco del D'Espiney. Si fecero
avanti altri cooperatori e si mobili-
tarono per le opere di Don Bosco.
Nacque così il progetto di far arri-
vare i salesiani in Ungheria. Nei pri-
mi anni del Novecento un distinto
sacerdote ungherese, don Karoly
Zafféry, si fece salesiano e percorse
tutta l'Ungheria per far conoscere
l'opera di Don Bosco e per racco-
gliere giovani che dessero speranza
di voler entrare nella congregazio-
ne. I primi giovani studiarono in Ita-
lia, ma nel 1913 decine di loro, di-
ventati ormai salesiani, rientrarono
in patria. Prima vennero aggregati
all'ispettoria austriaca, poi, nel 1929
diedero vita a un'ispettoria propria.
Nel dopoguerra i salesiani erano
ancora 190, distribuiti in 19 case.
Ma nel 1950, come abbiamo già ri-
cordato, le autorità «depennarono»
la congregazione salesiana. I con-
fratelli si adattarono a cotnpiere le
attività più svariate: nel migliore dei
casi diventarono parroci o collabo-
ratori parrocchiali. Altri diventaro-
no «organisti parrocchiali» e questa
sarà l'unica attività pastorale loro
concessa.
Oggi, dopo la ventata di novità
che ha scosso tutto l'Est, i salesiani
in Ungheria sono ancora circa 60.
Tutti sono rimasti attaccati tenace-
mente alle loro radici e a Don Bo-
sco, in una fedeltà coraggiosa. Dice
don Fenyo: «I salesiani, anche nei
periodi più duri, si sono ritrovati
periodicamente per il ritiro comuni-
tario. L'organizzazione ispettoriale,
che non è mai del tutto scomparsa,
oggi sta riprendendo vigore. Le
opere lentamente ci vengono resti-
tuite, anche se tutte hanno bisogno
di una costosissima manutenzione.
È già i,ma realtà la casa ispettoriale,
che conta su una chiesa, alcune sale
di riunione e l'abitazione».
In Ungheria Don Bosco è molto
popolare da sempre e gli sono persi-
no state intestate delle scuole. Le ri-
chieste di occuparsi dei giovani e di
aprire nuove opere sono moltissi-
me. Ma il personale salesiano è at-
tualmente insufficiente e forse non
ancora adeguatamente pronto per
assumere a pieno ritmo le attività
giovanili. L'obiettivo principale è

2.4 Page 14

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--
Don Viganò e don Paron a Balassagyarmat.
quello di occuparsi delle nuove vo-
cazioni. Ed è stato motivo di grande
gioia l'apertura del nuovo noviziato
che è venuto a benedire lo stesso
Rettor Maggiore.
Una visita storica
Nonostante la difficoltà di poter
incontrare apertamente i salesiani,
più volte don Viganò aveva promes-
so di visitare l'Ungheria. Negli ulti-
mi anhi aveva rinnovato la promes-
sa, assicurando che quando ci sa-
rebbero state le prime vocazioni, sa-
rebbe stato sicuramente là. Oggi
tutto questo, grazie anche al nuovo
clima politico, si è realizzato, e don
Viganò si è recato a inaugurare il
nuovo noviziato di Szombathely,
che conta oggi i primi cinque futuri
nuovi salesiani. Prima di don Viga-
nò erano stati in Ungheria nel 1938
don Pietro Ricaldone, quarto suc-
cessore di Don Bosco, e nel 1924
don Filippo Rinaldi.
NeUa sua breve visita don Viganò
ha incontrato salesiani e popolazio-
ne, infondendo ottimismo e speran-
za. H;:t detto loro di non temere per
le difficoltà che incontreranno nel
loro impegno di rinnovamento, per-
ché potranno contare sulla solida-
rietà della Famiglia Salesiana, e so-
prattutto sull'esempio e sull'aiuto
di Doh Bosco e deiI'Ausiliatrice.
Nel corso di una festa in onore
del Rettor Maggiore, l'antico ispet-
tore don Edelényi, ricordava di aver
pianto un paio di volte nella sua vita
salesiana: una prima volta negli an-
ni 50 e poi quando da ispettore si vi-
de nella impossibilità di collegare e
aiutare i suoi confratelli. «Piango
anche oggi», concludeva, «ma sono
lacrime di gioia».
La gioventù
e Giovanni Paolo II
Prima del Rettor Maggiore, i sale-
siani ungheresi hanno goduto della
visita del Papa. La gente è stata col-
ta quasi da incredulità dall'annuncio
di questa visita che fino a pochi mesi
prima sarebbe apparsa impensabile.
Giovanni Paolo II ha rassicurato
tutti con la sua presenza e ha scalda-
to gli animi soprattutto dei giovani.
Mentre invitava gli adulti, attoni-
ti per il golpe in Unione Sovietica, a
«non far morire la dignità eia liber-
tà riconquistate» , ai giovani chiede-
va di essere missionari nelia loro
terra: «Dovete misurarvi con l'igno-
ranza derivante dall'assenza, nei
passati decenni, di una catechesi ap-
propriata. Ma dovrete vedervela
pure col consumismo e col materia-
lismo pratico». Parole calibrate,
perché la nuova gioventù dell'Est
sta vivendo tutte le problematiche e
le contraddizioni del mondo moder-
no e ha una gran fretta di occidenta-
lizzarsi.
I sal~siani sono chiamati a incontra-
re questi nuovi giovani magiari, ri-
costruendo il personale e le nuove
strutture. È sicuramente una sfida
difficile. Ma don Viganò li ha inci-
tati a guardare con occhi diversi al
momento straordinario che stanno
vivendo: «Noi siamo portati a giu-
dicare gli avvenimenti di questi anni
dal punto di vista sociologico. Ed è
importante. Però c'è Dio nella sto-
ria. E noi che guardiamo ai nuovi
eventi europei, come questi dell'Un-
gheria, senza saperli spiegare, dob-
biamo saper leggere la potenza del
Signore che fa fruttificare i sacrifici
e il martirio di tanti confratelli».
Umberto De Vanna
I vecchi amici della Società Editrice
Internazionale (S.E.I.) ricordano una
collana che ha segnato la storia della
Casa Editrice torinese. Composta da
una quarantina di titoli, proponeva fra
l'altro opere di spiritualità intramonta-
bili: Le confessioni di S. Agostino, La
Filotea di S. Francesco di Sales, L'imi-
tazione di Cristo, I Pensieri di Pascal.
Si trattava di volumetti tascabili, in
carta India, con copertina in pergame-
na. La Varia S.E.I., la linea di produ-
zione non scolastica della casa editri-
ce dei Salesiani, ripropone oggi quella
collana, ripensata nelle scelte edito-
riali ma vicina graficamente alla prima
fortunata serie.
Da ottobre sono in libreria i primi tre
volumi della nuova collana Compagni
di Vita: I fioretti di Francesco d'Assisi
con prefazione di Nazareno Fabretti;
È un fratello che parla a voi di Giovan-
ni XXIII. Si tratta di brani scelti, alcuni
inediti, dai discorsi e dal «Giornale
dell'anima.. , un'opera curata dai se-
gretario del «papa buono" Mons. Loris
Francesco Capovilla: Frammenti rit-
mati, che raccoglie le due opere mi-
gliori del poeta libanese Gibran Khalil
Gibran Il profeta e Sabbia e schiuma,
tradotte da Cherubino Guzzetti con in-
troduzione del prof. Sergio Noja del-
l'Università Cattolica di Milano.
La collana intende proporre libri e
voci che possono accompagnare il
viaggio della vita, favorire momenti di
riflessione, aprire spazi di speranza e
silenzio. Composta da libri tascabili,
graficamente preziosi e raffinati sul
piano dei contenuti, la collana Compa-
gni di vita seleziona classici della spi-
ritualità cristiana o di altre religioni e
della riflessione sapienzale laica.
Alle prime tre opere in catalogo, se-
guiranno nei prossimi mesi L 'imitazio-
ne di Cristo, Le confessioni di S. Ago-
stino, Introduzione alla vita devota di
Francesco di Sales, / pensieri di Gan-
dhi e del Dalal Lama.
Sergio Giordani

2.5 Page 15

▲back to top
-----------sB-
15 1 DICEMBRE 1991 -
a cura di Eugenio Fizzotti
NICOLA CIANCIO
Vita con Don Bosco,
Roma, Editrice Europea, 1991,
pp. 171, lire 20.000
Ricordare il passato non è so-
lo riandare, nostalgicamente, ad
avvenimenti lieti o tristi, e nem-
meno rammaricarsi per le occa-
sioni perdute che più non torne-
ranno. Il vero senso del ricorda-
re sta nel rendere presente ciò
che è stato vissuto, trasforman-
dolo in elemento di crescita e di
sviluppo .
GIUSEPPE GRIECO
Enrichetta Manzoni Bionde!,
Una donna sapiente
all'ombra di un genio,
Milano, Edizioni Paoline, 1991,
pp. 179, lire 22.000
Nella sterminata bibliografia
manzoniana la figura di Enri-
chetta Bionde! non occupa mol-
to spazio. Ma cosa sarebbe sta-
to Manzoni senza l'aiuto, i con-
sigli, l'esempio della moglie En-
richetta?
Giuseppe Grieco ha avuto
un'idea felice : studiare Manzoni
attraverso la figura della Bion-
de!. Ne è venuto fuori, in questo
libro, il ritratto,di una donna stu-
penda, dotata della facoltà di
saper insegnare nel silenzio e
nella discrezione, capace di da-
re calore all'esistenza e di eser-
citare un notevole influsso sul-
l'opera creatrice del suo illustre
marito.
ANGELO MONTONATI
Il testamento del capitano.
L'awentura cristiana
di Giuseppe Lazzati,
Milano, Edizioni Paoline, 1991,
pp. 181, lire 20.000
Da qualche tempo la Chiesa
ci sta confermando che i difficili
sentieri della santità non sono
appannaggio solo di preti, frati o
suore, ma di tutti i cristiani, pur-
ché siano davvero tali. Ne è
esempio brillante Giuseppe
Lazzati, leader della Gioventù
milanese di Azione Cattolica,
operatore culturale, apostolo tra
i detenuti dei lager nazisti, de-
putato alla Costituente e alla
Camera, direttore di giornale e
rettore dell'Università Cattolica.
Il volume di Montonati, già no-
to per altre pregevoli pubblica-
zioni, delinea in maniera nitida i
contorni della personalità di
Lazzati e offre ai suoi lettori uho
spaccato accurato dell'onestà
intellettuale e della eccezionale
santità di questo moderno edu-
catore di coscienze giovanili,
del quale è stato avviato il pro-
cesso canonico per la beatifica-
zione e la canonizzazione.
L'avvonlura crlstlana dl
GIUSEPPE LAZZATI
LUIGI PERONI
È quello che ha fatto Nicola
Ciancio con questo gustoso e
prezioso volume, cui il Rettor
Maggiore ha voluto scrivere una
breve ma incisiva presentazio-
ne. Ripercorrendo i lunghi anni
trascorsi alla scuola di Don Bo-
sco a Castellammare di Stabia e
a Frascati ed evidenziando l'im-
pegno profuso nel!'Associazio-
ne degli Exallievi, egli infatti in-
tende risvegliare la coscienza
dei valori perenni dell'educazio-
ne salesiana e nello stesso tem-
po consegna ai suoi lettori il
mandato di essere sempre e
dappertutto audaci e fedeli testi-
moni dello sconfinato amore di
Don Bosco per i giovani.
Il volume va richiesto alla Edi-
trice Europea, Via Adelaide Ri-
stori 8, 00197 Roma.
Padre Pio da Pietrelcina
Roma, Boria, 1991,
pp. 632, lire 40.000
La straordinaria avventura di
Padre Pio da Pietrelcina non
cessa di stupire quanti, con oc-
chi limpidi e cuore libero da pre-
giudizi, ne accostano la profon-
da spiritualità e la dolce testimo-
nianza di amore alla preghiera,
al silenzio, al sacrificio.
Il libro di Luigi Peroni è una
miniera ricchissima di docu-
mentazioni e di dati e la sua let-
tura consente di comprendere
ancora una volta la statura ec-
cezionale di Padre Pio e la sua
continua ricerca della volontà di
Dio in un contesto spesso di in-
comprensioni e di ambiguità.
cc ••• conversava con noi
lungo il cammino».
Per educare i giovani
alla fede,
Leumann (Torino),
Elle Di Ci, 1991
pp. 198, lire 11. 000.
Nel corso del loro ultimo capitolo generale sia i
Salesiani che le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno ri-
flettuto su due temi attùali e urgenti per l'educazio-
ne della gioventù odierna. Per i Salesiani: «Educare
i giovani alla fede: compito e sfida alla comunità cre-
dente oggi»; per le Figlie di Maria Ausiliatrice: «~du-
care le giovani: un appbrto alla nuova evangehzza-
zione nei diversi contesti socio-culturali».
Il volume che presentiamo raccoglie i nuclei cen-
trali dei documenti finali delle due assemblee ed of-
fre non solo una testimònianza di stile e di impegno
pastorale delle due Cbngregazioni religiose, ma
anche materiale di confronto e di verifica per tutti
quegli educatori e pastori cùi sta a cuore il bene
della gioventù.

2.6 Page 16

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16 - 1 DICEMBRE 1991
REPORTAGE
-~<1>
::;;
L'ISTITUTO
o<1>
. uoo.
MARIA AUSILIATRICE
QUASI UN'ISOLA
FELICE
di Silvano Stracca
Attraversata dai problemi del Sud, Taranto
sta vivendo oggi i problemi di una città cresciuta
troppo in fretta. Da quasi quarant'anni
le Figlie di Maria Ausiliatrice
sz trovano a servizio della città.
Non sono passati nep-
pure trent'anni da quando, nel '63,
all'Istituto Maria Ausiliatrice di Ta-
ranto incominciavano i primi corsi
professionali di stenodattilografia e
contabilità per le ragazze del capo-
luogo e della provincia ionica, che si
affacciavano allora con tante spe-
ranze alle soglie dell'era siderur-
gica.
Nei primissimi anni '60, sull' on-
da lunga del «boom» economico del
decennio precedente, si disegnava-
no ambiziosi progetti per l'indu-
strializzazione e lo sviluppo del
Mezzogiorno ed anche la «città dei
due mari» poteva sognare ad occhi
aperti di veder colmato, in poco
tempo, il distacco nel suo tenore di
vita dal Nord d'Italia e dall'Eu-
ropa.
Migliaia di alberi d'ulivo veniva-
no divelti sulla rossa terra della
Murgia per far posto ad un «colos-
so d' acciaio», esteso su quindici mi-
!ioni di metri quadrati, due volte e
mezzo la città di Taranto, dove si
lavorava notte e giorno per trasfor-
mare in tubi e laminati il sesquiossi-
do di ferro proveniente dalle minie-
re di Goa o dal deserto della Mauri-
tania o dalla valle dell'Orinoco.
Scriveva il celebre scrittore Dino
Buzzati, dopo una visita al Colosso:
«Venivano dai campi, dai pascoli,
dalla rassegnazione; oggi si sentono
uomini diversi, si sentono finalmen-
te vivi e moderni, non hanno più un
senso di vergogna e di invidia quan-
do vedono passare le macchine e i
camion targati Torino, Genova,
Milano, con al volante quei tipi del
Nord con le facce così industriali .
Adesso si sentono eguali, altrettan-
to forti, altrettanto bravi».
Nemmeno trent' anni e tutto è
cambiato in quest'angolo del pro-
fondo Sud. Dopo aver assaporato
per qualche momento, negli anni
sessanta e settanta, un certo benes-
sere, Taranto si è risvegliata con la
crisi e la disoccupazione in casa. La
città non solo non ha visto realiz-
zarsi il tanto sospirato aggancio al
Nord progredito, ma oggi come og-
gi guarda soprattutto con preoccu-
pazione al 1992 quando l'Europa
sarà finalmente una realtà.
Che cosa è successo? Semplicissi-
mo. La crisi mondiale dell ' acciaio
ha messo in ginocchio il centro side-
rurgico, che era il più importante
d'Europa. Il colosso tra gli ulivi ha
incominciato a ridurre la sua produ-
zione ed a licenziare e mettere in
cassa integrazione i lavoratori, con
pesantissimi riflessi su tutt~ la città
e su una provincia di oltre 480 mila
abitanti, dove si contano ormai set-
tantamila disoccupati.
E così Taranto, che nel 1980 era
una delle città più ricche del Mezzo-
giorno, si è ritrovata sulle prime pa-
gine dei giornali nazionali perché un
fiume di sangue scorre per le sue

2.7 Page 17

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-----------s/J-
1 DICEMBRE 1991 - 17
mare la speranza che il centro side-
rurgico avrebbe potuto e dovuto
rappresentare.
Eppure, avendo negli occhi certi
spaccati di miseria e di degrado cit-
tadini, si sarebbe tentati di conside-
rare quest'opera delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice una vera e propria
~
«isola» con le belle aule delle scuole
,~.,,.-:
materna, elementare, media, magi-
strale, con le file ordinate di box del
'
liceo linguistico, con tutti quei co-
stosi computer per iniziare ai segreti
dell'informatica, con la grande pa-
lestra al coperto, con gli scivoli nel
cortile per le ragazze più piccole e la
pista di atletica in tartan rosso o il
campo di pallacanestro in verde per
quelle più grandi.
Suor Immacolata Milizia mi ri-
chiama alla realtà. Sì, è vero, lazo-
na che circonda l'Istituto è abitata
in prevalenza da gente del ceto me-
dio, impiegati o occupati nel settore
terziario. Ma, aggiunge, le nostre
settecento allieve, di tutte le età,
non vengono solo dal quartiere, ma
da tutte le zone di Taranto, anche le
più periferiche e degradate, oltre
Taranto. Istituto Maria Ausiliatrice.
La banda musicale
vie. Come in altre zone del Sud, mi-
seria e disoccupazione offrono l' ac-
qua di coltura ad una «piovra» spie-
tata e feroce, che sta trasformando
la città nella «piazza» più calda del-
la criminalità pugliese e recluta i
suoi killer tra i giovani e persino tra
i giovanissimi.
Le suore salesiane
Anche all'Istituto Maria Ausilia-
trice di via Umbria 162 si vivono i
problemi di questa città cresciuta
troppo in fretta, caoticamente, sen-
za spazi verdi, servizi sociali, luoghi
d'aggregazione, benché la zona di
Montegranaro dove sorge l'istituto,
non sia certamente desolata come i
«Tamburi», il «Salinella» o il «Pao-
lo VI», il quartiere che porta il no-
me di un Papa sceso fin qui, nella
notte di Natale del 1968, per confer-

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18 - 1 DICEMBRE 1991
che dalla provincia. Appartengono,
quindi, ai diversi strati sociali e vi-
vono, come tutti, sulla loro pelle i
problemi quotidiani di una città a
rischio.
E, quasi a convincermi definitiva-
mente, suor Immacolata, che inse-
gna lingue, mi parla di alcune «isole
di povertà». Per esempio, le case
«Besta», un nome che deriverebbe
da «beni stabili» o giù di Il. Queste
case erano state costruite a suo tem-
po come uffici per la regione Pu-
glia, ma sono state occupate da fa-
miglie senza casa, forse di Taranto
vecchia, quando si è deciso il risana-
mento urbanistico dell'antico borgo
dei pescatori.
Famiglie poverissime, alle prese
con problemi inenarrabili di soprav-
vivenza, dove il numero dei figli va
da dieci in sù, sino a sedici, dicias-
sette. Ed ecco le suore uscire dal lo-
ro bel complesso di Montegranaro e
farsi carico anche di questo proble-
ma del territorio, cercando di stabi-
lire un difficile contatto con genito-
ri che non riescono a seguire tutti na e quell'elementare. Poi vennero
quei figli, che non sanno neppure la media, la magistrale, i corsi di
dove vanno quando escono di casa formazione professionale. Infine,
al mattino.
nel 1985, il liceo linguistico e, nel-
l'agosto di tre anni orsono, l'auto-
rizzazione ministeriale per il «Pro-
getto Egeria». Questo progetto se-
gna una svolta nella vita della scuo-
Una storia in crescendo la magistrale che diventa <<scuola
sperimentale».
Alcune religiose, aiutate da un Suor Angela Baldo, che ne è la
gruppo delle allieve più grandi della çoordinatrice, ci aiuta a capire di
scuola magistrale e del liceo lingui- che si tratta, richiamandosi a testi
stico, nonché dalle animatrici del- legislativi del lontano 1974 che rico-
l'oratorio e del centro giovanile, si noscevano alle scuole magistrali
dedicano cosi ad un paziente lavoro triennali la possibilità di un'evolu-
di recupero scolastico di ragazzine zione strutturale resa indispensabile
delle scuole elementari e medie che dai cambiamenti socio-culturali del-
si portano dietro, com'è facile intui- la società. E ciò al fine di assicurare
re, tutta una serie di problemi e la- una migliore formazione culturale e
cune.
professionale delle ragazze che sen-
Ne è passata dunque di acqua sot- tono in modo particolare l'esigenza
to il ponte girevole di Taranto, da di occuparsi dei bambini, aprendo
quando, all'inizio degli anni cin- loro maggiori sbocchi nel mondo
quanta, le Figlie di Maria Ausiliatri- del lavoro e, volendo, anche le por-
ce, si stabilirono a Montegranaro, te dell'università.
che allora era periferia. Assieme al- La scuola magistrale sperimenta-
le case del quartiere sono cresciute le, ormai al terzo anno, anticipa in
anche le attività dell'istituto. Suor un certo senso la riforma della scuo-
Maria Degni, preside della scuola la secondaria superiore e compren-
magistrale e del liceo linguistico, fa- de un quinquennio di studi. Al ter-
tica quasi a ritrovare nella memoria mine si consegue il diploma di ma-
dati e tempi della crescita.
turità professionale per assistenti di
Si cominciò con la scuola mater- ' comunità infantili. Il diploma è
comprensivo del titolo di abilitazio-
ne all'insegnamento nelle scuole di
grado preparatorio, cioè quelle ma-
terne.
In sostanza, la scuola magistrale
sperimentale vuol sopperire a certe
carenze del passato, quando, dopo
tre anni, le ragazze uscivano in pos-
sesso sì di un titolo di studio, ma
non potevano partecipare ai con-
corsi non avendo l'età minima, di-
ciotto anni, per essere ammesse.
La ricerca e l'interdisciplinarit/Ì
fanno da supporto all'insegnamen-
to nella scuola magistrale sperimen-
tale, dove naturalmente opera una
comunità educante: genitori, allie-
vi, docenti. La programmazione
educativo-didattica viene stabilita
collegialmente dalle docenti, reli-
giose e laiche. Alcuni argomenti
vengono svolti in modo interdisci-
plinare, secondo obiettivi comuni.
Se il progetto Egeria è certamente
un fiore all'occhiello dell'Istituto
Maria Ausiliatrice, si è conquistato
un discreto spazio. Ha già ottenuto
il riconoscimento legale e ha rila-
sciato lo scorso anno le prime licen-
ze alle giovani che, a partire dal
1985, avevano frequentato i corsi di
franc;ese, inglese, tedesco. E non è
difficile prevedere che nei prossimi
anni, ·con la progressiva integrazio-
ne europea, questo tipo di corsi sarà
sempre più ricercato.
Anche i corsi di formazione pro-
fessionale hanno seguito l'evolversi
dei tempi, del mercato del lavoro
degli stessi interessi giovanili. L'in-
dirizzo prevalente è quello informa-
tico e le richieste di iscrizione sono
in continuo aumento. Certo rimane
il problema del dopo, di trovare
uno sbocco lavorativo . per chi ha
conseguito qualifiche professionali
riconosciute dalla Regione Puglia.
Un problema abbastanza comune,
perché la grave crisi disoccupazio-
nale di Taranto fa sentire i suoi con-
traccolpi sull'occupazione femmini-
le e le file dei senza lavoro si tingo-
no sempre più di rosa.
Ma questo, purtroppo, è un pro-
blema drammatico che trascende le
possibilità, le forze, gli sforzi di un
piccolo gruppo di suore salesiane e
pone molti punti interrogativi sul
futuro di tutta una città.
Silvano Stracca

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----------sB-
E M001em·
1 DICEMBRE 1991-19
;:::::::::::::::===::~:_-:::-_===:-::= ducativi=====-=-==-==-~=::..=..=_=-_----=_==-~
di Jean-François Meurs
IL DIARIO DI ANDREA
Un regalo a Natale può esprimere tanti sentimenti.
Ciascuno cerca di rendersi presente per guadagnarsi
affetto, per farsi perdonare qualcosa, o chissà per
quali altri interessi. Ma la magia del Natale è molto più
semplice: è il piacere di I.In contatto senza secondi fini,
Il senso del dono ritrovato.
MAGIA DEL NATALE
Lunedi 23 dicembre. Ho preparato la lista dei regali e
ho preso quarantamila lire dai miei risparmi. So bene
che questo. è molto, ma quest'anno ho tin regalo di più
da fare (per Giulia).
Alla mamma regalerò un porta-uovo per la sua colle-
' zione. A papà, per quest'anno niente sigari: un barattolo
di antigelo. A Fabiano, un libro di fumetti. Costa caro,
ma così potrò leggerlo anch'io. A Valerio, un retroviso-
re, per il suo futuro motorino. A Giusy un blocco di car-
ta da lettere con piccoli cuori (per la sua corrispondenza
sentimentale! Ormai anche i ragazzini s'innamorano!).
A Giulia regalerò una spilla a forma di clown (ce ne sono
"delle belle alla Rinascente). A Drago un pesce salato.
Vi era un sacco di gente in Galleria. Ho dovuto fare
la coda per mezz'ora alla cassa. Ma perché la gente
aspetta all'ultimo minuto per comprare? Il bus era stra-
pieno. Tutta questa agitazione mi ha rovinato il piacere.
Avevo la netta impressione di fare come tutti gli altri.
Alla fin fine questa s,toria dei regali è un'usanza che non
ha più senso. E sa anche di imbroglio: difatti a dicembre
ricevo più denaro, che poi devo prontamente restituire
sotto forma di regali. Mi sono accorto che tra me e papà
c'era un po' di ruggine. Ho trovato per lui un accendino
originale a forma di pietra, Permette di avviare il barbe-
cue, di accendere le candeline di una torta, di tagliare la
fune di una nave nonostante l'acqua o la pioggia, di sge-
lare la serratura di un'auto .
Mercoledl 25 dicembre. Ho fatto il bagno, mi sonora-
sato e ho usato l'after-shave che ho ricevuto in regalo da
papà ieri sera. Mi sono lavato i denti, ho schiacciato i
brufoli, poi sono sceso e ho acceso la macchina del caffè.
Non so che cosa è capitato, ma trovo ·che Natale non è
più come prima. È molto cambiato da quando ero picco-
lo. La casa però con tutti i suoi festoni sembra una carto-
lina di Natale. Per fortuna ieri sera è andato tutto bene:
parlo del cenone dalla nonna. Abbiamo giocato a shan-
gai con i cugini. Questo crea un po' di agitazione e sa di
festa. Hanno poi detto ai piccoli di recitare la storia del
Natale. I bambini facevano gli agnelli e le bambine gli
angeli, coperte di tendine. San Giuseppe non sapeva più
cosa fare quando è stato cacciato dall'albergatore (Fede-
rico aveva gridato molto!) e ha chiesto: «E adesso che
cosa devo fare?». Sandra, che faceva l'asino, ha detto:
«So bene che non devo parlare, ma prova ancora altro-
ve, non si sa mai» . Ci ha fatto ridere. Lui si che aveva
fede! Dopo siamo andati alla messa di mezzanotte. È
stato bello (anche per un futuro miscredente!).
Come regalo ho avuto l'after-shave da papà, un copri-
letto «Coca-Cola» dalla mamma, Fabiano mi •ha dato
una T shirt Coca-Cola, Valerio una cartella Coca-Cola,
Giusy un pettine rosso e bianco e un barattolo di Coca-
Cola. La cosa più curiosa è venuta da Giulia, che mi ha
dato una spilla a forma di clown. Il suo è un clown ver-
de, il mio rosso . Sorpresa! Abbiamo avuto tutti e due la,
stessa ideai

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20 - 1 DICEMBRE 1991
PROFILI
EDOARDO
GIUSEPPE ROSAZ
UN GRANbE AMICO
DI DON BOSCO
Il nuovo beato
mons. Rosaz.
Quando divenne vescovo,
Don Bosco gli scrisse:
«Ho benedetto il Signore,
perché la Chiesa
ha acquistato un vescovo
secondo il suo cuore».
I santi, non me ne vo-
gliano i lettori, sono un po' come le
ciliegie: una tira l'altra. Almeno co-
sì sembra sia suçcesso in Piemonte
nel secolo scorso_ Un'eccezionale
rosa di decine di santi - già sull'al-
tare o sulla strada per andarvi -
che forse nessuna altra regione può
vantare.
L'ultimo iscritto nell'albo d'ono-
re è il vescovo di Susa, mons.
Edoardo Giuseppe Rosaz (1830-
1903). Uomo di grande pietà e gene-
rosità, il Rosaz fra i suoi amici con-
tava gente del calibro di un curato
d'Ars, di un don Cafasso, di un Ro-
smini, di un cardinal Ferrari, per
non fare che quattro nomi. Uno fra
gli altri, e non certamente fra i me-
no intimi, era Don Bosco.
di Francesco Motto

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- -- - - ------s/J-
1 DICEMBRE 1991 21
Foto Marco Mengozzl - Oulx
L'amico
dei momenti difficili
Una delle prove più dolorose del-
la vita di un uomo è certamente la
perdita della mamma. Don Bosco
passò attraverso questa triste espe-
rienza il 25 novembre 1856, allor-
quando a Valdocco morì mamma
Margherita. Sconvolto dal dolore
- con mamma Margherita perdeva
non solo sua madre, ma anche la
madre dei numerosi ragazzi dell'O-
ratorio - lascia Torino e si reca a
Susa, dal can. Edoardo Rosaz, ven-
tiseienne prete, da due anni dedito
al sacro ministero delle confessioni,
della catechesi e della predicazione.
Che cosa andava a fare in quei fran-
genti, se non a chiedere conforto?
Evidentemente in lui Don Bosco
aveva scorto un uomo ricco di sag-
gezza, un sacerdote dalla profonda
pietà, che solo avrebbe potuto of-
frirgli quelle parole di conforto di
cui sentiva il bisogno. Eppure il Ro-
saz era di quindici anni più giovane,
essendo nato il 15 febbraio 1830 da
famiglia savoiarda emigrata a Susa
a motivo della rivoluzione.
Come e quando esattamente i due
si siano conosciuti non è dato di sa-
pere con esattezza. Non si è però
lontani dal vero se si pensa che sia
stato Don Bosco a fare il primo pas-
so, allorquando negli anni 1853-
1855 in occasione dei «lanci promo-
zionali» delle «Lettere Cattoliche»
inviava circolari un po' ovunque, e
soprattutto a vescovi, vicari genera-
li, canonici delle principali diocesi
piemontesi. E fra i numerosi perso-
naggi contattati a Susa, accanto al
vescovo mons. Odone, al vicario
mons. Sciandra e ad altri sacerdoti
vi era il nostro Rosaz. Stabilito il
contatto fra i due, la loro amicizia
non venne mai meno .
Scambio di favori
Si aiutavano a vicenda. Il Rosaz
aveva bisogno di libretti, coroncine,
immaginette per la catechesi ai ra-
gazzi; ebbene Don Bosco glieli pro-
curava nella capitale (Torino!) e
glieli inviava. L'editore di Valdocco
necessitava di un punto di appoggio
per fare propaganda delle Letture
Cattoliche, per raccogliere abbona-
menti nella diocesi di Susa, il Rosaz
non si tirava indietro. A questi, a
sua volta, occorreva ora un predica-
tore per le missioni, ora un organi-
sta o più suonatori per solennizzare
qualche circostanza; Don Bosco ed
i suoi giovani vi si prestavano volen-
tieri. Il canonico aveva in animo di
fondare una S. Vincenzo a Susa;
Don Bosco gli faceva pervenire tut-
te le informazioni possibili sull'e-
sperienza vincenziana di Torino. Si
intravvedeva la possibilità di pro-
porre la candidatura al parlamento
subalpino di qualche personaggio
che non fosse ostile alla chiesa? I
due si scambiavano le opinioni. E
allorché volevano incontrarsi perso-
nalmente, or l'uno saliva a Susa, or
l' altro scendeva a Valdocco. Se li
separavano 50 km, molti erano però
gli interessi spirituali ed anche ma-
teriali che li univano.
Quel maggio 1856 si trattò non di
acquisti o di affari editoriali, bensì
di un caso di coscienza. Il Rosaz, at-
tento a compiere scrupolosamente i
suoi doveri di canonico, sovente du-
rante la recita delle «Ore» era ri-
chiesto da vari penitenti di prestarsi
per la confessione. Che fare? Ab-
bandonare la preghiera prevista dal
suo ufficio o lasciare i penitenti sen-
za l'assoluzione? Di fronte al con-
flitto fra due doveri, non sa che fa-
re: chiede l'opinione all'amico Don
Bosco, che a sua volta consulta il
proprio maestro, Don Cafasso. Che
stupenda triade! Un beato, che con-
sulta un santo, che a sua volta con-
sulta un altro santo.
Mons. Vittorio Bernardetta,
vescovo di Susa,
chiede al Santo Padre
di beatificare mons. Rosaz.
Uniti nella carità
Ma ciò che più interessa nella vita
dei santi è di non perdere di vista il
quadro generale della spiritualità

3.2 Page 22

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22 - 1 DICEMBRE 1991
del loro tempo, per meglio cogliere
l'intima i~pirazione che li mosse nel
loro agire. Si tratta di riscoprire in
loro lo sforzo di vivere nel loro tem-
po e di dare risposte adeguate a do-
mande che la società civile e la so-
cietà religiosa vedevano emergere.
In altre parole di ritrovarli in dialo-
go col territorio.
Ora era quello il tempo della ge-
stazione dello stato sociale, e le pri-
me risposte a quelle domande, a
quelle situazioni di drammatica po-
vertà vengono spesso da personalità
del mondo cristiano, da santi che
fondano e rifondano congregazioni
religiose dedite a quel servizio: da
figure come mons. Rosaz e Don Bo-
sco. Era stato Lacordaire, dalla
Francia, e poi il Rosmini, fra gli al-
tri, dall'Italia, a proporre l'idea di
una religiosità che, fondata sulla ri-
flessione e sull'ascesi personale, si
traduceva in operosità per edificare
la chiesa, e con essa la società degli
uomini, attraverso le innumerevoli
opere délla carità.
Se Don Bosco e mons . Rosaz era-
no accomunati dallo zelo per le ani-
me, dalla presenza indefessa al con-
fessionale, dalla disponibilità alla
predicazione, ancor più forse li av-
vicinavano altri interessi: l'educa-
zione della gioventù, la difesa della
religione e della fede mediante la
stampa e la costruzione di luoghi di
culto, il miglioramento della società
attraverso la presenza attiva di isti-
tuzioni religiose.
Vista in tale prospettiva, Torino
con la costellazione dei vari Cotto-
lengo, Don Bosco, Murialdo, mar-
chesa Barolo e mille altri faceva
scuola; Susa si mise alla sua se-
quela.
Ii Rosaz si occupò delle carceri
(1863), del convitto civico (1866),
delle Suore di S. Giuseppe di Susa,
prima a Oulz (Torino) e poi a Susa
stessa. Fallito poi un tentativo di
dare vita ad un istituto per ragazzi
bisognosi, la sua carità a favore dei
giovani si concretizzò con l'istitu-
zione di un «Ritiro» per fanciulle
abbandonate e pericolanti, prima
affidandole a pie donne, poi ad una
congregazione femminile già esi-
stente, ed infine con la fondazione
di un istituto (Suore Francescane
Missionarie) che sarebbe diventato
una congregazione religiosa.
Negli anni 1874-1877 il Rosaz si
interessò delle vocazioni sacerdota-
li: resse il seminario diocesano, fin-
ché, eletto vescovo nel dicembre
1877, ebbe maggiori possibilità per
incentivare la costruzione e restau-
razione di alcune chiese, per favori-
re in vario modo istituti religiosi
nella sua diocesi, per fondare case
di ricovero per anziani, per pro-
muovere la stampa cattolica con un
settimanale.
"Ve;covo proposto
da Don Bosco?
Una vicenda storicamente ancora
da chiarire è quella dell'intervento
di Don Bosco a proposito della no-
mina del Rosaz a vescovo di Susa.
Ritiratosi nel 1877 mons. Masca-
retti dalla cura pastorale della dio-
cesi, il 23 dicembre dello stesso an-
La Madonna del Rocciame!one
(m. 3538), innalzata da
mons. Rosaz con la collaborazione
dei bimbi d'Italia.
no venne eletto suo successore
mons. Rosaz. Si sono date varie
versioni sulla persona che inizial-
mente abbia avanzato nelle sedi op-
portune la sua candidatura: chi ha
fatto il nome dello stesso vescovo
dimissionario mons. Mascaretti, chi
del padre gesuita Secondo Franco
(amico di Don Bosco), chi del card.
Oreglia di S. Stefano (fratello di Fe-
derico, già coadiutore salesiano),
chi di Don Bosco stesso. Le Memo-
rie Biografiche fanno risalire la can-
didatura del Rosaz da parte di Don
Bosco addirittura al 1867 (il canoni-
co aveva 37 anni!), allorquando l'e-
ducatore di Valdocco iniziò la sua
opera di mediazione fra il governo
italiano e la santa sede per la nomi-
na di vescovi nelle molte sedi vacan-
ti dell'epoca.
Quel che è certo è che allo stato
attuale delle ricerche fra i tanti no-
minativi proposti da Don Bosco nel
decennio 1867-1877 il nome del ca-
nonico di Susa non risulta scritto da
nessuna parte. E dire che ho scan-
dagliato quel pozzo (invero senza
fondo) che è l'Archivio Segreto Va-
ticano. Ciò non toglie ovviamente
la possibilità che Don Bosco abbia
scritto il nome del Rosaz su un do-
cumento smarrito ovvero ne abbia
parlato personalmente nei suoi non
pochi colloqui con Pio IX o col car-
dinal segretario di stato Giacomo
Antonelli.
Ma tant' è. Ciò che conta è che in
quell'angolo di terra di Piemonte
che sta fra Torino e le alpi Cozie,
due uomini, il «vescovo dei poveri»
(detto anche il «Cottolengo di Su-
sa») ed il «padre dei giovani poveri
ed abbandonati» , abbiano risposto
alle attese dei fratelli, animati dalla
carità del cuore di Cristo.
Due vite in un certo senso paralle-
le le loro: un educatore l' uno, un
canonico l'altro, un religioso ed un
prete diocesano, un semplice «don»
ed un vescovo, uno vissuto sempre
a Torino, l'altro sempre a Susa: ep-
pure due vite, che hanno raggiunto
la stessa meta: la gloria degli altari.
Francesco Motto

3.3 Page 23

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----------sB-
=T~~N
1 DICEMBRE 1991 - 23
-=----======================-=L::::::::·::-:==aBuon'li·-e---== = = =:. . ____:
Parroco di S. Maria della Speranza in Roma
di don Stelvio*
LA POLITICA DEL ccPATER NOSTER»
Qualche tempo fa invitai un uomo politico, un onore-
vole amico, a trattare il tema: «La politica del "Pater
Noster" in Don Bosco». Consegnai all'amico un volume
delle Memorie del Santo e quando me lo restituì escla-
mò: «La sapeva lunga: la sua era vera politica!». Don
Bosco riuscì a rimanere prete, pur vivendo intensamente
i problemi sociali del suo tempo.
Oggi si fa un gran parlare di scuola di politica per i
giovani. E ce n'è bisogno. Sì, perché, diciamolo con
franchezza, tra i cattolici c'è molta impreparazione oggi.
E molta diffidenza verso l'impegno politico. Molti vivo-
no come se fossero inconciliabili Chiesa, religione e poli-
tica. Forse non si hanno le idee chiare sul concetto di po-
litica, per non parlare di chi ormai la considera una cosa
«poco pulita». Politica viene da «polis», città. Tutto ciò
che riguarda la città, il quartiere, dalla fontanella ai mez-
zi pubblici, dalla scuola al consultorio è «politica». Nel
settembre scorso ha detto Giovanni Paolo II ai cristiani
di Vicenza: «Chi ricopre pubblici ruoli e responsabilità
nelle società democratiche mai deve dimenticare che egli
non rappresenta un'impersonale potestà centralizzata,
ma la gente, le donne e gli uomini, i bambini e gli anzia-
ni, i sani e gli ammalati, gli abbienti e i poveri».
E il card. Martini diceva in un'intervista al Corriere
della Sera nell'ottobre scorso: «La classe politica deve
distinguersi per intelligenza, moralità e lungimiranza. E
deve distinguersi molto perché i problemi sono gravissi-
mi. Dobbiamo promuovere l'educazione politica, così
che vengano fuori politici di buona volontà e di co-
raggio » .
L'impegno politico dei cattolici
Grandi documenti ecclesiali, dalla «Centesimus an-
nus» alla «Sollicitudo rei socialis», per citare i più recen-
ti, sono un richiamo al dovere del cattolico di conoscere
e applicare la dottrina sociale della Chiesa. Mi sono reca-
to con una quarantina di amici parrocchiani in Russia,
ho seguito sulla stampa e alla TV il pellegrinaggio dei
quasi due milioni di giovani a Czestochowa, ho fatto una
capatina a Rimini al Meeting dei giovani di Comunione
e Liberazione. Esperienze cariche di significato, che ci
trasmettono forti responsabilità: essere nel mondo d'og-
gi, nell'ambiente-territorio dove il Signore ci ha collocati
«luce, sale, lievito». Oggi ci vuole coraggio per inserirsi
I Lech Walesa, presidente della
Polonia. Un cattolico attivamente
impegnato in politica.
nelle strutture difettose per modificarle. Ma la politica
deve essere fatta da tutti, perché tutti siamo cittadini a
pieno titolo, soggetti di diritti e di doveri .
E poi vivere nel nostro piccolo la giustizia sociale, la
micro-politica che lentamente fa cambiare il volto alle
cose. Ci sono ·dei buoni cristiani che non mancano mai
alla Messa domenicale, e poi che tengono al loro servizio
la colf senza metterla in regola col libretto di lavoro. Ma
questo non è che un esempio.
Si tratta'di avere «senso civico», sensibilità per la cosa
pubblica, sentirsi coinvolti nei problemi di tutti.
a

3.4 Page 24

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24 - 1 DICEMBRE 1991
PROBLEMI GIOVANILI
SoaN1
COLORATI
EIN
BIANCO
E NERO
di Margherita Dal Lago
I ragazzi e le ragazze
sono buoni frequentatori
dell'edicola.
Vi comprano
i propri sogni.
Sono prodotti
confezionati bene:
carta patinata, fumetti
avvincenti, ma senza
preoccupazioni educative.
Solo le indagini che at-
tingono ai pregiudizi possono affer-
mare che i ragazzi leggono poco.
Sondaggi più mirati, che cercano di
scandagliare gli interessi del tempo
libero dei ragazzi, dimostrano che
sono proprio questi ultimi a com-
prare almeno un libro all'anno e a
frequentare l'edicola. Essi hanno
tutte le carte in regola per diventare
lettori, anche se continuano ad esse-
re buoni consumatori di telefilm.
Gu inizi son d'oro
Una scorsa rapida al mercato del-
l'infanzia: tanti colori pastello; di-
segni un po' caricaturati, animali e
piante parlanti. E poi i libri-gioco:
originali, traforati, costosi.
C'è una produzione interessantis-
sima, che cerca di suscitare il piace-
re per il libro prima ancora che il
bambino impari a leggere. Ma c'è
anche tutto un altro mercato: quello
delle figurine, delle raccolte, degli
album. Durante la scuola elementa-
re c'è un attivissimo scambio di
questi prodotti: natura e animali,
ma anche Barbie e le sue suppelletti-
li, le morbidose, le bamboline... fi-
no alle «sporcaccione», una serie di
figurine tradotte dal francese che
facevano da suppor.te alle parolacce
già abbondantemente in uso presso
ragazzi e ragazze di una certa età.
Il profitto ricavato da questi pro-
dotti per l'infanzia è altissimo. In
fondo i ragazzi fungono da esca: la
loro curiosità, è l'avamposto per
c/(Èff(.r,
1~1N<.

3.5 Page 25

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----------sB-
1 DICEMBRE 1991 - 25
Le riviste salesiane per ragazzi e giovani. «Primavera»: rotocalco quindicinale per adolescenti: spettacolo,
attualità, interessi sono visti con simpatia e con attenzione critica. «Mondo Erre»: rivista per ragazzi utìle anche
a scuola: temi interessanti e spunti per la vita. «Dimensioni Nuove»: pensato per giovani dai 16 anni in su, pone
gli interrogativi più grandi in maniera attraente.
O SPORT; tAL(IO H.MMINILE OPER50NAGGI01 HILSON MAHDRA
esplorare le novità. E la novità, ag-
ganciata alla razione quotidiana di
sogno venduta dalla televisione,
funziona come espansione del mer-
cato.
Horror, ma non solo
I fumetti per ragazzi sono nel pie-
no boom, anch'essi corredati da fi-
gurine, da album, da 'piccoli poster.
Dylan dog è decisamente pensato
bene e disegnato con cura, anche se
su altri elementi si può discutere.
Accanto a questo però c'è il florile-
gio di Satanik, Diabolic e compagni
che si accaniscono nel raccontare
storie di orrore e di violenza.
Il gusto giovanile per l'orrore fa
certamente riflettere.
Ma, del resto, sono i grandi a re-
galare mostri e mostriciattoli ai
bambini e a spiegar loro che sono
innocui. Sotto un certo profilo i
film e i fumetti dell'orrore stanno
sostituendo le favole. Unica diffe-
renza: le favole erano raccontate da
un adulto, in un clima di calore af-
fettivo e di sicurezza. I fumetti sono
letti in solitudine, assaporando tut-
ta la paura, senza chi aiuti ad
uscirne.
I fumetti sono di solito letti da ra-
gazzi maschi. Sono pensati esclusi-
vamente per loro: il linguaggio, la
storia, la pubblicità. Si leggono in
fretta. Ci sono poche parole e molti
«gulp», «wau», «sccrash» ... situa-
zioni che si intuiscono. La vita ·reale
è lontana mille miglia: ma è chiaro.
Quando mai un fumetto è reale? Al-
meno qui le distinzioni sono nette: il
disegno e il vocabolario rimandano
alle favole. In bianco e nero. A vol-
te molto nero. Ma c'è da aver paura
meno di quello che tante volte si è
tentati di credere.
Sotto il colore... poco
Ma l'edicola prospera per un al-
tro genere di giornali, pensati in ca-
tena, ben differenziati, destinati a
ragazzi e ragazze tra i I2 e i I6 anni.
In realtà le acquirenti sono quasi
sempre ragazze. Ne ho incontrato di
tutte le età sui tram, in treno, in
cla~se: hanno il giornale infilato
nella tasca, nella borsa, tra i libri.
Giornali molto colorati. In carta
patinata. Dalle copertine adesive, a
volte. Le Edizioni Cioè sono in pri-
ma fila con la produzione di ben sei
testate.
Riproducono in piccolo il mito
dei rotocalchi a grande tiratura per
adulti: molto spettacolo, molti pet-
tegolezzi sulla vita della gente che
conta, un po' di futurologia, e molti
consigli pratici. Ecco: per le ragaz-
ze, i giornali sono il vademecum si-
curo: come comportarsi con l'ami-
co e con le amiche, come ottenere la
libertà, come essere belle, come po-
ter farcela.
Per abbonarsi alle riviste
giovanili salesiane:
Mondo Erre: quindicinale,
lire 21.000, LDC, ccp 8128
10096 Leumann (To)
Primavera: quindicinale,
lire 30.000, ccp 544205
v. Laura Vicufia , 1
20092 Cinisello Balsamo (Mi)
Dimensioni Nuove: mensile,
lire 23.000, LDC , ccp 8128
10096 Leumann (To)

3.6 Page 26

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26 - 1 DICEMBRE 1991
Una vita scialba quella che viene
raccontata. Protagonisti della favo-
la sono sempre gli stessi personaggi:
divi e cantanti sono gli unici esseri
esistenti tra amori e infedeltà, tra
successi più o meno grandi in un
mondo artificioso. Il resto appartie-
ne alla quotidianità: ai problemi af-
fettivi e sessuali che affliggono le
ragazze.
Ci si lamenta, noi adulti, che i ra-
gazzi non si confidano molto, che
sfruttano le situazioni, che vivono
senza Dio. Ma non ci preoccupiamo
molto di quello su cui studiano, da
cui imparano come vivere. Non do-
mandano a papà e mamma cosa fa-
re. Lo domandano al giornale: è un
amico sicuro, che risponde rassicu-
rando, il cui rimprovero eventual-
mente non fa paura.
Non c'è il tempo in famiglia per
informarsi sulla vita e sul suo miste-
ro: si chiede al giornale. E ti descri-
ve una vita dissacrata, senza amore.
Si tratta di prenderla al volo, di
spremerla e di goderla.
L'irrealtà, in queste testate giova-
ni, non si vede a prima vista: le fo-
tografie colorate sono reali . I nomi
sono «veri». E i ragazzi non si ac-
corgono neppure che il mondo con
i suoi drammi non esiste proprio e
tutto è fittizio, incantato, come una
bolla di sapone. Quando per anni
un'adolescente legge con avidità so-
lo questo tipo di giornali è normale
che dica: «Ma che male c'è se esco
insieme?».
Primavera nell'edizione
colombiana:J20, rivista giovanile
dell'editrice salesiana spagnola..
ccEdebé».
J sogni fatti insieme
I libri di largo consumo, eredi dei
romanzi rosa di inizio secolo, sono
oggi raccolti in collane dai titoli
stranieri: «Harmony» «Blue Moon»
e via dicendo. Sono libretti in carta
riciclata, di basso costo, settima-
nali.
Chi ha un livello culturale medio
sceglie questi racconti al posto dei
fotoromanzi: due ore di lettura, a
volte, avvincente, molto sentimen-
to, qualche difficoltà di rapporto.
Quale possa essere il ruolo del ro-
manzo rosa nello sviluppo della cul-
tura popolare lo lasciamo agli
esperti. A noi interessa capire il fe-
nomeno per individuare come edu-
care.
Il linguaggio è molto facile. Sto-
rie di personaggi di primo e di se-
condo piano, che sono in genere in-
namorati. Qualche intrigo che tinge
di giallo e di suspense la vicenda.
Nessuna tendenza moraleggiante.
Finale non sempre scontato. L'elen-
co delle qualità potrebbe continua-
re. Del resto non si spiegherebbe co-
me mai questi romanzi hanno il suc-
cesso dei best seller e passano di ma-
no in mano . Tutti domandano solo
due ore di evasione. Ed è rassicu-
rante: non è televisione. Così tutti
sono tranquilli.
· Probabilmente noi, con l'aria
dotta, siamo troppo sdegnosi. Non
riusciamo nemmeno a pensare che
qualcosa passa anche attraverso
questa forma di comunicazione: è il
sogno collettivo, che dura da più di
cento anni, di inseguire un principe
azzurro o di tisolvere un'avventura.
E noi, ostinati cercatori della bellez-
za, ci lasciamo sfuggire le occasioni
di dialogo con quei ragazzi e quelle
ragazze <::he hanno una domanda di
felicità così piccola.
Quattro pensieri in fila
La carta stampata, per la genera-
zione adulta, anche di un popolo
che legge poco come noi, ha sempre
un suo fascino. È ritenuta ceha-
mente più erudita rispetto alla tivù.
Non ci passa per la mente che que-
sta carta sia 1o specchio fedele delle
telenovelas trasmesse quotidiana-
mente e che i nostri ragazzi abbiano
in mano, in confezione ridotta; lo
stesso modo di concepire la vita fat-
to di apparenza, di perbenismo, di
facili ricette.
Ci infastidisce la spettacolarità
cercata a tutti i costi in televisione e
siamo disposti a criticarla. Faccia-
mo più fatica a riconoscerla nelle
scelte editoriali della carta stampa-
ta. Di fatto il mondo dello spettaco-
lo ci condiziona e ci affascina: spes-
so il comportamento di chi sctive
questa storia luccicante ci induce a
giustificarci.
Ci lamentiamo molto della nostra
società ormai appiattita, incapace
di esprimere con forza i valori, ma
continuiamo a concederle il consen-
so comprando i suoi prodotti. Ci
tranquillizziamo affermando il no-
stro senso critico, illudendoci di
non essere contaminati da una men-
talità che, invece, è anche la nostra.
A non sapere che cosa circola in
edicola sono quasi sempre gli adul-
ti, illusi che i ragazzi leggano poco.
Senza né padri né maestri essi si av-
venturano così in un mercato che ha
solo la logica del profitto: utilizza i
loro sogni per rivenderglieli.
Se fossimo convinti che i ragazzi
leggono e cercano sulla carta la rap-
presentazione del loro mondo, sa-
remmo più attenti a quello che i1 si-
stema sociale mette in circolazione.
Margherita Dal Lago

3.7 Page 27

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-----------s/J-
f;ome= = = .=====:=
1
~;;;;~~~-/}on- osco----_---=---~-
di Nicola Palmisano
i)
1 DICEMBRE 1991 - 27
Università Pontificia Salesiana
Piazza dell'Ateneo Salesiano, 1
00139 ROMA
Tel. 06/881.20.41
Educare
alla pace
e all'ambiente
Dirò anch'io, con il conterraneo di Don Bosco Cesare Pavese, che per
gli occhi non c'è nulla di più bello della vista di una vigna ben curata e
coltivata.
E un vigneto del Monferrato fu per il pastorello Giovanni Bosco l'am-
biente naturale più idoneo per le sue letture estive e la sua passione per
i classici, palestra alla sua prodigiosa intelligenza e fenomenale memoria,
università di cultura storico-letteraria. Conducendo, una volta, i ragazzi
in gita, al passare davanti a questo vigneto, al Sussambrino, dove, da stu-
dente, andava in vacanza dalla mamma e dal fratello Giuseppe, ricordan-
do e indicando loro le piante, diceva: «Cola là a l'è l'università d' Don
Bòsch!» («Quella è stata l'università di Don Bosco!»).
A Valdocco, nel primo cortile dell'Oratorio, dove si avanza il corpo di
fabbrica che fa da sfondo alla statua bronzea del Santo, una volta si pro-
tendeva un semplice portico. Più in là si stendeva una terrazza con vasi
di fiori e, presso il muro, alcune viti di moscatello, piantate in cassoni pie-
ni di terriccio, che Don Bosco, finché poté, coltivò personalmente. Que-
ste s'inerpicavano fino a stendere i loro pampini intorno alle finestre delle
sue camerette.
Quando cominciò per lui la difficoltà grave di salire e scendere le scale,
l' affetto dei suoi figli propose di coprire quella terrazza per offrirgli una
loggia che gli consentisse di fare un po' di moto al coperto. Il permesso
fu davvero strappato a Don Bosco, dopo avergli presentato il lavoro co-
me rapido e di non molta spesa. Il Santo però non volle che si rovinassero
le viti; ma, tolte dal terrazzo, le fece trapiantare giù nel suolo, da dove
tornassero a rallegrargli la camera e gli permettessero di continuare una
sua bella consuetudine: vendemmiare l'uva matura e farne omaggio ai più
affezionati e insigni benefattori della sua opera e darne grappoli-premio
agli alunni della quarta e quinta ginnasiale.
Vecchie viti che morirono poco dopo la morte di Don Bosco!
Ma il «fedelissimo» Don Rua fece ripiantare le viti, che sono quelle an-
cora attualmente presenti a Valdocco, di uva americana.
«Se mi scrivi dimmi se le fragole sono già fiorite, se le grive [ = i tordi]
fanno già la nidiata e cose simili», troviamo alla chiusa di una lettera di
Don Bosco, datata 18.4.1871, indirizzata al Direttore salesiano di Borgo
S. Martino, Don Bonetti. Una conclusione che è un piccolo capolavoro .
Non c'è neppure l'ombra di una relazione fredda·e burocratica tra un su-
periore e i suoi dipendenti; c'è bensì un rapporto fraterno e intimo, molto
delicato e, soprattutto, umano; e sarà precisamente questa umanità ma-
gnanima il miglior contesto per affrontare insieme i problemi della vita
e le difficoltà connesse al compito di direttore di una comunità educativa
(non ultime le difficoltà economiche).
E l'amore alla natura fa dà «sacramento» di questa umanità che è frut-
to dello Spirito, segno indicatore di fraternità e di «spirito di famiglia»
e perfino strumento educativo per i ragazzi e vincolo di riconoscente af-
fetto per i benefattori.
I GIOVANI
DIFRONTE
ALLA BIBBIA
Convegno di
aggiornamento
teologico-pastorale
pe_r operatori nel
campo della pastorale
e della catechesi
Roma, 2-4 gennaio 1992
La Bibbia è punto di rife-
rimento certo e ineludibi-
le per ogni credente: «La
parola del nostro Dio sta
salda per sempre» (ls.
40,8). Anche i giovani,
quindi, devono confron-
tarsi con essa. Ma in
quale posizipne si trova-
no oggi? Il convegno af-
fronta il tema e gli inter-
rogativi che ne derivano.
Segreteria del Convegno
Facoltà di Teologia
Piazza dell'Ateneo Salesiano, 1
00139 ROMA
Tel. : (ore d'ufficio) 06/881.20.41
Telefax: 06/881.20.57

3.8 Page 28

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28 - 1 DICEMBRE 1991
STORIA SALESIANA
di Lambert Petit
IPRIMI CENtO ANNI
Cento anni fa i primi
salesiani entravano
in Belgio.
Le faticose trattative
del generoso vescovo
mons. Doutfeloux sbloccate
soltanto da un misterioso
sogno di Don Bosco.
Dicembre 1991: il Bel-
gio salesiano è in festa. Cento anni
fa infatti i primi salesiani entravano
nel paese e davano inizio alla prima
opera, l'orfanotrofio Saint-Jean-
Berchmans di Liegi. Era 1'8 dicem-
bre 1891, esattamente cinquant'an-
ni dopo l'incontro di Don Bosco
con Bartolomeo Garelli a Torino.
La presenza salesiana in Belgio era
dovuta soprattutto all'iniziativa del
vescovo di Liegi, mons. Doutre-
loux.
~covo degli operai
e degli orfani
Sesto figlio di una modesta fami-
glia, Victor-Joseph Doutreloux si
era ritrovato orfano appena setten-
ne e venne raccolto da uno zio ma-
terno parroco nel Limburgo olande-
se. Dopo gli studi secondari, Victor,
J oseph entrò in Seminario per gli
studi preparativi al sacerdozio. Ter-
minerà all'Università Gregoriana di
Roma, dove sarà ordinato sacerdo-
te nel 1861. Dopo alcuni anni di in-
segnamento in vari collegi e semina-
ri della diocesi di Liegi, venne nomi-
nato vicario generale nel 1874, e
l'anno seguente vescovo coadiutore
con diritto di successione. Colpisco-
no le somiglianze della sua vita con
quella di Don Bosco e il modo. con
cui fu preparato dalla divina Prov-
videnza a diventare «il Vescovo del
popolo e dei fanciulli, il Vescovo
dei poveri e delle scÙole cattoliche,
il Vescovo degli operai e del riavvi-
cinamento fraterno di tutte le classi
sociali», come scrisse La Gazette de
Liège, nel giugno del 1889. E perce-
pì in sintonia di vedute con Don Bo-
sco il grande valore dell'educazione
dei giovani e dei metodi vissuti al-
i'oratorio di Valdocco a Torino,
che si era conquistata una certa fa-
ma in Europa e nel mondo.
Ha 42 anni quando nel 1879 di-
venta Vescovo di Liegi. Gli inizi del
suo episcopato sono segnati dalla
lotta dei cattolici belgi contro la leg-
ge scolastica antireligiosa, chiamata
«la loi de malheurn [la legge male-
detta], fatta proclamare lo stesso
anno dal partito liberale. Il nuovo
vescovo si butta dentro questa resi-
stenza con impeto, moltiplicando le
scuole elementari cattoliche nella
sua diocesi (ne sostiene, anche fi-
nanziariamente, ben seicento). Ini-
zia pure numerose opere in favore
dei poveri e degli operai, fra le quali
va annoverato l'orfanotrofio sale-
siano.
La diocesi, grazie alla sua opera
di promozione, diventa anche la
culla di una intensa devozione al
Santissimo Sacramento.
Le insistenti richieste
a Don Bosco
Il 19 agosto 1883 mons. Doutre-
loux mandò una prima lettera a
Don Bosco nella quale gli esponeva
il suo desiderio che i salesiani venis-
sero a operare nella sua città. Pro-
mise di mettere a sua disposizione
una struttura adeguata e sufficien-
te. Don Bosco rispose subito senza
dargli speranza, dicendogli che la
mancanza di personale gli impediva
di accontentarlo.
Nel maggio dell'anno seguente il
vescovo incontrò Don Bosco a Tori-
no e rinnovò la sua richiesta. La ri-

3.9 Page 29

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- -- --------s8-
1 DICEMBRE 1991 29
DEI SALESIANI IN BELGIO
-
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-·e:..tr,.-:r:--: --=-
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'f·.. .
:..-
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sposta però rimase ancora negativa.
Ben lbntano dall'arrendersi, mons.
Doutreloux due anni dopo, nel
1886, mandò a Torino l' avvocato
Doreye per invitare nuovamente i
figli di Don Bosco a Liegi. Ma an-
cora una volta non ebbe successo .
Verso la fine del 1887 erano cir-
colate notizie allarmanti sulla salute
di Don Bosco. Il vesco'vo impressio-
nato era volato a Torino. Era giun-
to la sera del 7 dicembre, vigilia del-
la festa dell'Immacolata. Informato
del fatto, Don Bosco si mostrò
d'accordo con i salesiani che forma-
vano l'allora consiglio generale di
prendere ancora tempo. Il mattino
seguehte però, mentre mons. Dou-
trelotix era ancora a Valdocco, con
stupore di mons. Cagliero e di don
Durando che erano presenti, rispose
senz'altro affermativamente alla
sua richiesta, come se avesse dimen-
ticato la deliberazione del giorno
prima. Monsignore poté così ritor-
nare soddisfatto e tranquillo alla
sua diocesi.
Mons. Doutreloux tra gli. artigiani
e i primi salesiani in Belgio.
A sinistra giovani del Belgio.
Di fianco; a destra, due case
dell'ispettoria del Belgio Nord.
Ma mons. Doutreloux ignorava il
meglio, vale a dire il motivo per cui
Don Bosco aveva così inaspettata-
mente cambiato parere. La ragione
Don Bosco la detterà al suo segreta-
rio Don Viglietti la mattina stessa
dell'Immacolata: «Parole letterali
che la Vergine Immacolata, appar-
sami questa notte, mi disse: "Piace
a Dio ed alla Beata Vergine Maria
che i figli di S. Francesco di Sales va-
dano ad aprire una casa a Liegi in
onore del Santissimo Sacramento.
Qui incominciarono le glorie di Gesù
pubblicamente, e· qui essi dovranno
dilatare le medesime sue glorie in .
tutte le loro famiglie e segnatamente
tra i molti giovanetti che nelle varie
parti del mondo sono o saranno af-
fidati alle loro cure". Il giorno del-

3.10 Page 30

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30 · 1 DICEMBRE 1991
VUOI
RICEVERE
IL BOLLETTINO
SALESIANO?
La rivista viene inviata
gratuitamente a chi ne fa
richiesta.
Diffondila tra i tuoi parenti e
amici.
Comunica subito il cambio di
indirizzo o eventuali doppioni
(mandando anche la vecchia
etichetta).
Scrivi a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
l'Immacolato concepimento di Ma-
ria del 1887». In quel momento era
entrato mons. Cagliero. Don Bosco
invitò Don Viglietti a leggergli le pa-
role del Cielo. Stupito, il Cagliero
tacque alcuni istanti; poi disse:
«Anch'io ero di parere contrario;
ma adesso è venuto il decreto. Non
c'è che fare».
Inizi e sviluppo_
dell'opera
Il 4 novembre 1891 arrivarono a
Liegi i primi quattro salesiani. Era-
no assai giovani: il direttore, l' ita-
liano don Scaloni, aveva 30 anni;
sarà il primo ispettore salesiano in
Belgio. Il più anziano, don Virion,
di Strasburgo, aveva 31 anni e sarà
ispettore in Francia e in Belgio, suc-
cedendo a don Scaloni. Tra loro c'è
anche un chierico, il lorenese Eugè-
ne Méderlet, che partirà missiona-
rio e diventerà arcivescovo di Ma-
dras (India). Cinque giorni dopo
giungono le prime tre suore salesia-
ne: suor Sampietro, suor Bensì e
una novizia, suor Maddalena Pave-
se, che sarà ispettrice. A queste il 15
dicembre se ne aggiungeranno altre
tre.
Un mese dopo, 1' 8 dicembre
1891, mons. Doutreloux inaugura il
nuovissimo istituto , celebra fa mes-
sa e distribuisce la comunione ai
primi venti ragazzi. Sono le primizie
dei cinquecento orfani dei quali il
vescovo voleva essere padre.
Nel 1893 , la Casa di Liegi conterà
già otto confratelli, cinque novizi e
dodici aspiranti. Gli anni che segui-
ranno vedranno nascere quattro al-
tre opere: Tournai, Hechtel (un no-
viziato! tanti infatti erano i giovani
belgi che chiedevano di farsi salesia-
ni. Fino ad allora le opere si erano
ancora trovate in gran parte nelle
mani di salesiani italiani), Verviers
(ancora su invito di mons. Doùtre-
loux), ed una seconda casa a Liegi
(che però verrà chiusa nel 1929).
Quando nel 1903 le case salesiane
dell'ispettoria del nord della Fran-
cia verranno chiuse in virtù della
legge del 1901, molti salesiani fran-
cesi espulsi giungeranno in Belgio,
portando con sé numerosi ragazzi
In Belgio i salesiani hanno oggi
due ispettorie:
- Belgio Nord, con 221 con-
fratelli in 16 case
- Belgio Sud, con 111 confra-
telli in 13 case
Nel 1959 hanno dato origine al-
1' ispettoria del 'Africa centrale
che ha attualmente 235 confra-
telli e 27 case.
In Belgio ci sono due ispettorie
di Figlie di Maria Ausiliatrice:
- Belgio Nord, con 142 suore
in 12 case
- Belgio Sud, con 81 suore in
10 case
E hanno dato origine all' ispetto-
ria dello Zaire con 80 suore in 9
case.
orfani. L'ospitalità fraterna fu pre-
miata, perché grazie alla loro pre-
senza, l'opera salesiana in Belgio si
rafforzerà e si svilupperà ulterior-
mente.
Nel 1911 sei salesiani si avventu-
rano per la prima spedizione missio-
naria nel Congo Belga (oggi Zafre) .
Queste missioni saranno all'origine
della futura ispettoria dell'Africa
centrale.
Col tempo e col moltiplicarsi del-
le vocazioni e delle opere fu neces-
sario aumentare il numero delle
ispettorie. Nel 1959 divennero tre:
Belgio Nord, Belgio Sud e Africa
centrale (l'ispettoria africana rag-
giunse quindi l'organizzazione au-
tonoma un anno prima che nello
Zai:re - ex Congo Belga - venisse
proclamata l'indipendenza politica
dal Belgio).
Le opere salesiane in Belgio han-
no oggi rilevante spessore sociale.
Tra di esse primeggiano le scuole
professionali, le scuole medie e su-
periori, i centri di accoglienza per i
più poveri, gli oratori-centri giova-
nili, le oasi di spiritualità. Opere im-
pegnative che i salesiani d' oggi fan-
no una certa fatica a mantenere in
piena efficienza. È questa la testi-
monianza di un ispettore, che di-
venta il riconoscimento più esplicito
all'impegno di questi cento anni:
«Opere grandi, molto impegnative,
talvolta persino gravose, che abbia-
mo ereditato dai nostri solerti pre-
decessori. .. ».
Lambert Petit

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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-----------sB-
ARTEMIDE ZATTI
1 DICEMBRE 1991- .31
A VIEDMA UN ANGELO
SI È FATTO
INFERMIERE
di Teresio Bosco
A 17 anni emigrò
dall'Italia in Argentina
e proprio scoprì
Don Bosco
e i suoi salesiani.
Divenne salesiano anche
lui, prima malato e poi
curatore di malati.
I soldi furono la sua
croce. Spiegava a tutti
che «prestare al Signore
è un buon affare».
Don Bosco è andato a
Dio nel 1888.
Un anno dopo, a Boretto di Reg-
gio Emilia, un ragazzino di 9 anni
inizia a lavorare. Non sa chi è Don
Bosco, ma un giorno, in Argentina,
lo chiameranno il «Don Bosco dei
poveri». E adesso, senza saperlo,
rinnova la dura esperienza di Gio-
vannino Bosco alla cascina Moglia.
In una vasta fattoria agricola fa il
«garzone». Levata alle tre del mat-
tino, una fetta di po_lenta per masti-
care e svegliarsi del tutto, e poi ai
campi. «Ragazzo da lavoro» fino a
16 anni, con la giornata da sole a
sole, la faccia lunga denutrita, la
paura di finire come tanti braccianti
uccisi sui vent' anni dalla pellagra o
dalla malaria. ·
Artemide Zatti (il primo a destra)
nel suo ospedale.

4.2 Page 32

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32 - 1 DICEMBRE 1991
Si chiama Artemide Zatti, quel
ragazzo, e quando torna in famiglia
sente che papà e mamma parlano di
partire per l'America. C'è uno zio
trapiantato a Bahia Bianca, in Ar-
gentina, che scrive dicendo che lag-
giù chi ha voglia di lavorare può vi-
vere bene. In Italia invece, in quegli
anni, un bracciante ha poche possi-
bilità di vivere: c'è la crisi agricola,
la disoccupazione, il latifondo, la
miseria che falcia i contadini come
le spighe del grano.
Nel 1897 (Artemide ha 17 anni)
gli Zatti partono. Bahia Blanca e
tutta l'Argentina, in quegli anni, è
piena di italiani emigrati, che lavo-
rano sodo e in silenzio. Lo zio li
aspetta, e aiuta il papà a mettere su
una bancherella ·a1 mercato. Arte-
mide lavora a fabbricare mattoni.
La vita di Don Bosco
e un'idea
Ci sono molti anticlericali, a Ba-
hìa Blanca, ma gli Zatti alla dome-
nica sono tutti in chiesa. La chiesa
è tenuta dai salesiani di Don Bosco,
arrivati missionari in Argentina 22
anni prima. Il parroco si chiama
Carlo Cavalli, e Artemide gli dà una
mano a tenere in ordine la chiesa,
ad accompagnarlo nella visita ai
malati, quando non è impegnato
con i mattoni. Don Carlo gli mette
nelle mani la Vita di Don Bosco, e
Artemide la legge di un fiato. E gli
nasce in testa un'idea: «E se mi fa-
cessi salesiano anch'io?».
Artemide ha ormai 19 anni, e ne
parla con suo padre. Il bravuomo si
stringe nelle spalle: «Sei grande,
puoi decidere della tua vita. Ma
pensaci bene, perché se cominci una
strada devi andare fino in fondo».
Le case salesiane in Argentina so-
no numerose e sparse un po' dap-
pertutto. Quella che raduna i giova-
ni che intendono prepararsi alla vita
salesiana, è a Berna!, vicino a Bue-
nos Aires.
A Berna! arriva un giovane sale-
siano colpito dalla tubercolosi, e
Artemide si presta per curarlo e as-
sisterlo. Il salesiano, consunto dalla
tubercolosi, muore. Artemide, 22
anni, è scosso da una tosse insisten-
te e consumato da una febbre che
l'assale tutti i giorni, verso sera. È
visitato da un medico che rileva la
tubercolosi anche nei polmoni di
Zatti, e domanda ai superiori:
«Non avete una casa sulle Ande,
con aria fine e ossigenata? Ebbene,
se volete salvarlo, mandatelo là».
La casa c'è. Ma per raggiungerla,
Artemide deve compiere un viaggio
di 600 chilometri per tornare a Ba-
hìa Blanca, e di qui affrontare un
secondo viaggio verso est di 700 chi-
lometri. Un viaggio che lo potrebbe
stroncare. I primi 600 chilometri,
che Zatti compie su un duro sedile
di terza classe, lo portano alla sua
casa e alla parrocchia salesiana. È
sfia,ncato. Don Carlo scrive imme-
diatamente ai Superiori, e dopo po-
chissimi giorni annuncia alla fami-
glia: «Artemide non andrà sulle An-
de, ma nella casa salesiana di Vied-
ma. Lì c'è l'aria buona e un ottimo
dottore. E guarirà. Appena te la
sentirai, Artemide, qui ci sono .i sol-
di per il viaggio».
A Viedma sorge l'unica opera sa-
lesiana dotata di un ospedale e di
una farmacia. I missionari li hanno
dovuti costruire quattordici anni
prima. La città era un ammasso di
povere baracche dove si ammassa-
vano avventurieri, indigeni, soldati.
Qualunque malattia poteva essere
mortale, perché mancavano anche
le medicine più elementari. Un prete
salesiano, don Evasio Garrone, era
stato infermiere nell'esercito italia-
no, e mons. Cagliero l'aveva incari-
cato di mettere in piedi una farma-
cia. Don Garrone fu promosso su
due piedi «medico», e nella farma-
cia cominciò una strana contabilità:
i ricchi pagavano le medicine a un
prezzo doppio, i poveri non pagava-
no niente. Accanto alla farmacia
c'era una stalla. Venne pulita, disin-
fettata, fornita di un letto e di un
materasso. Sorse così anche l'ospe-
dale per i malati che era impossibile
curare nelle loro case.
Non prete,
ma «medico»
Marzo 1902. Artemide giunge a
Viedma e scrive alla mamma: «Con
grande gioia ho trovato i miei cari
fratelli salesiani. Quanto a salute,
Viedma. Istituto Don Bosco.
Nell'atrio della cappella sono
state collocate con grande
venerazione le spoglie
di Artemide Zatti.
mi ha visitato il medico padre Gar-
rone, e mi ha assicurato che tra un
mese sarò guarito». In realtà l'usci-
ta dalla malattia non durò un mese,
ma due anni.
Nel 1908, a 28 anni di età, Arte-
mide pronuncia i suoi voti definiti-
vi: è salesiano per sempre. Dopo es-
sersi consultato con i superiori, ha
deciso di lasciare gli studi-per il sa-
cerdozio e di dedicarsi all'aiuto di
don Garrone.
L'8 gennaio 1911 don Garrone
muore. Di colpo, Artemide Zatti si
trova da solò a capo della «Farma-
cia di S. Francesco» e dell' «Ospeda-
le di S. Giuseppe». Per essere in re-
gola davanti alla legge, il superiore
salesiano assume un medico laurea-
to, che diventa responsabile legale
di fronte all'autorità. Ma di fatto il
medico di tutti è lui, Artemide Zat-
ti, con i suoi studi scarsi ma con
Artemide Zatti. Il «medico dei
poveri» è rimasto nel cuore degli
argentini.

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-----------s/1-
1 DICEMBRE 1991 - 33
Davanti all'Ospedale è sorta una
farmacia vera, con un farmacista
diplomato. Per legge, la farmacia
dell'Ospedale dovrebbe chiudere.
Ma Zatti sa che nella nuova farma-
cia tutti dovranno pagare tutto. I
poveri cosi non avranno più medici-
ne. Si intende con i superiori, passa
giorni e notti sui testi di farmacia, e
si reca a La Plata per dare gli esami
necessari. Torna fornito pure lui del
regolare diploma. E la farmacia del-
1'Ospedale può continuare tranquil-
la il suo servizio ai poveri. Gli han-
no detto tante volte di tenere la par-
tita doppia, e lui ha risposto: «Ma
io ce l'ho già. Nella tasca destra
metto il denaro che ricevo, in quella
sinistra i conti da pagare. Più parti-
ta doppia di così».
tanto amore per tutti i malati.
Nel 1913 i desideri di Artemide
cominciano a realizzarsi: si pone la
prima pietra di un nuovo ospedale.
Per ora si costruirà solo il pianterre-
no, ma appena i soldi arriveranno,
sopra si farà il primo piano, poi il
secondo. Per questo i muri sono so-
lidi e sicuri.
La fatica più grande è sempre
quella di mettere insieme i soldi ne-
cessari, perché ospedale e farmacia
continuano con la solita gestione:
chi ha paga, chi non ha non paga.
Quando i conti sono in rosso, Zatti
inforca la bicicletta, si calca in testa
un cappello e va a domandare I' ele-
mosina. Bussa alle rare case dei ric-
chi: «Don Pedro, potrebbe impre-
stare cinquemila.pesos al Signore?»
«AI Signore?»; domanda stupito
l'uomo ricco. «Sì, don Pedro. Il Si-
gnore ha detto che ciò che facciamo
ai malati, Io facciamo a lui. È un
buon affare prestare al Signore».
La Banca Nazionale ha aperto
un'agenzia a Viedma, e assegna a
Zatti il contocorrente n. 226. Arte-
mide spende ciò che ha sul ljbretto,
e anche ciò che non ha. E un giorno
la Banca Io manda a chiamare. C'è
un grosso conto in rosso da saldare
subito, altrimenti scatteranno le
pratiche per ipotecare l'Ospedale.
Zatti rimane lì, davanti al direttore
della Banca, inebetito. Piange, pre-
ga e non sa che cosa fare. Soldi non
ne ha proprio. L'unica cosa che ha
sono altri debiti.
Qualcuno dalla Banca telefona al
vescovo mons. Esandi. Il Vescovo
brontola, dice che in un modo o nel-
1'altro provvederà. Chiama il suo
vicario. «Mi telefonano che in ban-
ca c'è Zatti che piange perché non
ha da pagare una grossa somma
scoperta. Sempre il solito! Abbia-
mo qualcosa in cassa?». «Il denaro
per stampare il prossimo numero
del giornale diocesano». «Portali in
fretta al direttore della Banca, e sal-
va quel pover'uomo».
Con rincrescimento, Artemide
Zatti deve ammettere che le banche
non «imprestano niente al Signo-
re». Fanno affari e basta. Ma da
cristiano testardo conclude: «Sono
loro che sbagliano, non io». E con-
tinua così.
È arrivato all'ospedale un pove-
raccio coperto di stracci, è stato cu-
rato e guarito, ma non può ripartire
mettendosi addosso nuovamente
quegli stracci. Zatti va da una fami-
glia: «Non avete un vestito da im-
prestare al Signore?» Tirano fuori
un vestito molto usato. E lui: «Non
ne avete uno più bello? AI Signore
dobbiamo dare il meglio che ab-
biamo».
È arrivato un indio sporco e
sciancato. Zatti grida all'infermie-
ra: «Sorella, prepari un letto per il
Signore». E quando arriva un ra-
gazzino affamato e stracciato, do-
manda alla suora: «Ha una mine-
stra calda e un vestito per un Gesù
di dieci anni?».
E guardò in alto
19 luglio 1950. Il serbatoio del-
l'acqua ha un guasto. Sotto la piog.:
gia, Artemide Zatti (70 anni) si ar-
rampica su una lunga scala a pioli
per andarlo a riparare. Un piede sci-
vola, la scala sbanda. Una caduta
pesante, la testa ferita, tutto il cor-
po ammaccato. Tenta di dire: «Non
è niente», ma lui stesso sa che non
è vero.
I vecchi mobili sembrano massic-
ci ed eterni. Ma se cadono anche so-
lo una volta, diventano tutto un ci-
golio. E Zatti sente all'improvviso
che è diventato vecchio e malato.
Sente un dolore insistente al fianco
sinistro, disturbi continui. Sa abba-
stanza di medicina per dire: «È un
tumore al pancreas. Non affannate-
vi, perché non c'è nessun rimedio».
Qualcuno lo sorprende a piangere
in silenzio, e subito nasconde le la-
crime come una colpa. «Soffre?»
gli d<?_mandano. E lui: «Non è que-
sto. E che sono un ferro vecchio,
inutile ormai».
Chiede l'Unzione degli Infermi,
rinnova i voti battesimali e i voti re-
ligiosi. A chi domanda «Come
va?», risponde in una maniera stra-
na: «All'insù». E guarda in alto.
II Signore viene a prenderlo il 15
marzo 1951. Quel Signore al quale
Artemide Zatti la vita non l'ha pre-
stata, l'ha donata.
Teresio Bosco

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34 · 1 DICEMBRE 1991
EDITORIA
UNA STORIA
POPOLARE \\
E «VERISSIMA»
di Maria Teresa Graglia
Come è nata l'idea
del libro «Il testardo
di Dio», che racconta
la storia di Don Bosco
nei ricordi della popolana
Lucia. « Una storia
assolutamente vera», dice
l'Autrice, protagonista di
uno strepitoso miracolo.
Il testardo di Dio, pagg. 224,
lire 22.000, editrice «II punto»,
via Piave, 3 - 10122 Torino,
te!. (011) 54.53.00.
Incontrai per la prima
volta il signor Roberto Marra titola-
re dell'editrice «Il punto» nella pri-
mavera dell'anno 1990. Mi disse, in
quell'occasione, che era suo deside-
rio gli scrivessi un romanzo da inse-
rire nella sua collana di letteratura
piemontese. Un romanzo che ab-
bracciasse il secolo scorso e gravi-
tasse intorno ad un grande perso-
naggio dell'800 torinese.
Quale, se non Don Bosco? Dato
l'argomento, accettai l'incarico con
grande gioia, pur rendendomi conto
delle difficoltà che avrei dovuto af-
frontare non essendo assolutamente
facile per un laico, sia pur credente,
parlare di un santo. Ma mi vennero
incontro i ricordi mai dimenticati,
parte del mio patrimonio familiare,
tradizionale, al quale mi sono tena-
cemente attaccata specie dopo la
morte di tutte le persone care che un
tempo mi hanno amata ed attor-
niata.
R1omena, nonna Lucia
e la baronessa
E allora pensai di affidare alle pa-
gine di un libro queste rimembranze
mai sopite rese, anzi, più acute con
il trascorrere del tempo. Cosicché
ricostruii un racconto assolutamen-
te vero, quasi un diario postumb
mai scritto dalla nonna, contadina
canavesana, mamma di mio padre;
da Filomena sonnambula e convin-
ta prostituta per la quale solo l'ani-
ma contava e che, senza mai lasciar-
si soffocare dalla melma, portava in
cuore un'ingenuità, un'umanità e
un amore così grande da abbraccia-
re il mondo; da una giovane baro-
nessa vedova e decaduta, figura
gentile, piena di sfumature delicate
e sottili, senza più ideali tranne il la-
voro di ricamatrice in fino che ese-
guiva per sopravvivenza; dalla
guardia civica, marito della nonna,
contadino di l\\,farmorito, quel non-
no Nicola posapiano dall'esattezza
minuziosa, esemplare, tipica del ca-
po famiglia di un tempo, del quale
la nonna andava fiera quasi fosse
una figura imperiale; da Tunieta, la
mezzana sfrontata; da suo marito,
disgustoso maqtenuto·ubriacone al-

4.5 Page 35

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-----------s/1-
1 DICEMBRE 1991- 35
____ ._..._. ,
Domenica 9 giugno 1929:
la foto mostra l'urna
di Don Bosco in trionfo per le
strade di Torino. E in questo
momento che nonna Lucia chiede
e ottiene il miracolo della
guarigione della nuora.
(foto LDC - :ro.rino)
l'apparenza ma con una, a volte,
quasi pudica morale.
Visi, volti, abitudini, caratteri di
borghesi, ghetto, aristocrazia; bas-
sifondi lerci ed impraticabili ai non
addetti specie nella zona di Valdoc-
co in èui improvvise lame di.coltelli
balenanti per l'aria colpivano a tra-
dimento. E, incombente su tutti,
l'immagine dolce e tenace di Don
Bosco.
La nonna e Don Bosco
Questo era cjò che narrava la
nonna la seta, quando ancora le fa-
miglie amavano indugiare intorno
al tavolo di cucina dove, sulla tova-
glia bianca, occhieggiavano a lungo
i resti della cena. E io, piccolina,
ascoltavo, senza stancarmi mai,
quella parlata vivace, spigliata, in
un piemontese contadino. Mi affa-
scinava tutto quello che diceva e,
mancando agli obblighi di figlia,
provavo risentimento verso mio pa-
dre il quale, possedendo un gran
concetto di sé e sentendosi in quei
frangenti esautorato, cercava inva-
no di zittirla.
La mia alleata migliore era mia
madre che, vedendo le cose mettersi
a malpartito, a questo punto intro-
duceva il ricordo del miracolo che
Don Bpsco aveva operato anni pri-
ma su di lei. Cedendo il passo alla
commozione, passava così il mo-
mento d'impazienza, ma il filo del
racconto lo riprendeva la nonna. Lo
riprendeva perché si considerava
coautrice del miracolo. In fondo,
diceva, era stata lei a sospingermi in
prima fila quel giorno di giugno del
1929, tra l'esultanza devota dell'im-
mensa folla trionfante che accoglie-
va in corso Regina Margherita i re-
sti mortali di Don Bosco che, dopo
la beatificazione, proclamata solen-
nemente il 2 giugno dello stesso an-
no nella basilica Vaticana, tornava-
no a: Valdocco per essere tumulati
nel tempio di Maria Ausiliatrice.
«Di' a Don Bosco che salvi la tua
mamma», mi sussurrò disperata.
«Di' a Don Bosco!». Immensa con-
fidenza, come se l'uomo fosse a
portata di mano, esigibile ad ognu-
no. Ma nonna che lo aveva frequen-
tato in vita, lo sentiva come fosse
presente. Io avevo diciotto mesi e
non sapevo chi fosse la mia mam-
ma, perché ammalatasi di tisi subito
dopo il parto e immediatamente ri-
coverata alla clinica «Villa Fiorita»
di Torre Pellice, non l'avevo mai vi-
sta, né conosciuta. Aiutata dalla
nonna, giunsi le manine e ciangottai
un qualcosa. In quel momento stes-
so nella clinica «Villa Fiorita» diret-
ta dal professor Paltrinieri, mia ma-
dre si ridestò dal torpore preagoni-
co che ormai da mesi l'annientava.
Chiese di mangiare. Le infermiere
corsero a chiamare il professor Pal-
trinieri il quale, entrando in quella
camera dove già aleggiava la morte
pensò imme.diatamente ad un mi-
glioramento foriero di dipartita.
Convocò allora subito per telefo-
no mio padre avvertendolo di rag-
giungere al più presto mamma se la
voleva vedere ancora in vita. Papà,
già da mesi preparato al peggio, ac-
corse compiendo il viaggio in mac-
china da Torino a Torre Pellice di
volata guidando, diceva egli stesso,
come un dissennato. Non aveva
sentore della strada che andava per-
correndo, non aveva più sentore di
niente, diceva, tranne che della vi-
sione della moglie che gli stava mo-
rendo. Nel frattempo, in clinica, il
professor Paltrinieri e la sua équipe
si affaccendavano intorno alla am-
malata la cui febbre , che per un an-
no e mezzo si mantenne costante-
mente tra i 38 e i 39 gradi, era cadu-
ta improvvisamente a meno di 37.
L'ennesima emottisi in atto si era
fermata ed il respiro roco e stentato
aveva ripreso un ritmo pacato, re-
golare. Come da suo desiderio, le
avevano dato del cibo, pochino, vi-
sto che abitualmente lo rifiutava o
non lo tratteneva, ma lei ne chiese
dell'altro finché non si fu saziata.
Infine, quando arrivò mio padre,
la trovò seduta sul letto che gli sor-
rideva. Gli chiese dei figli, della
bimba tanto piccola che lei non ave-
va ancora mai abbracciata e conti-
nuò a parlargli così fino a sera tar-
da. Poi, visto che il regolamento
della clinica non implicava la per-
manenza notturna dei parenti nep-
pure in casi limite, mio padre fu al-
lontanato, invitato però a pernotta-
re nelle vicinanze in attesa che arri-
vasse l'ultima ora. La notte passò e
il mattino seguente mia madre era
ancora viva, rifiorita e ancora total-
mente sfebbrata. Allora, il profes-
sore Paltrinieri la sottopose d'ur-
genza ad una accurata radiografia
che rivelò essersi completamente ci-
catrizzate, ma in modo assai strano,
come cucite in un sopraggitto, le
due caverne, una per polmone, che
gli innumerevoli pneumotoraci ese-
guiti, l'ultimo due giorni prima,
non avevano modificato di niente.
A questo punto, estremamente tur-
bato, il professore dichiarò per
iscritto che l'avvenuto esulava dalla
scienza soggiungendo che, a chi non
l'avesse creduto, faceva fede l'ano-
mala forma delle cicatrici. Cicatrici
che mia madre portò per 45 anni in
salute perfetta fino agli 82 quando,
ricoverata a Torino alla clinica Pin-
na Pintor dove morì per tutt'altro
male, crearono non poco stupore
nei radiologi e nei medici che la cu-
rarono.
Se non vado errata, la documen- ·
tazione di questo enorme miracolo

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36 - 1 DICEMBRE 1991
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A cura di JAMES B. PRITCHARD
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Torino. «••• solo un'urna è rimasta all'Ausiliatrice a ricordare i giorni e soltanto
a lei ritorno quando lo spirito ha bisogno di pace...» (Foto LDC - Torino) '
fu registrata, e, da quanto mi sugge-
riscono i ricordi, fu tra le determi-
nanti per l'assunzione di Don Bosco
alla gloria degli altari.
Una storia vera
Così, mercé i racconti della non-
na che giovanissima, appena sposa,
paesana timorata di Dio trapiantata
per povertà in uno dei più vieti bas-
sifondi di Torino conobbe, tramite
Filomena, Don Bosco di persona e
il miracolo eclatante da lui operato
su mia madre, egli fu sempre consi-
derato da me come persona di fami-
glia cui si deve un'affettuosa fiducia
e una dedizione immensa. L'istituto
salesiano cui mia madre dall'asilo
alle superiori votò sia me che mio
fratello fece forse il resto. Certo è
che, al di fuori di ogni esperienza
spirituale, al di là di ogni eventuale
plagio, io amai sempre Don Bosco e
tute ora lo amo come presenza viva,
di un amore umano.
Molto è stato scritto e detto di
lui. Non volli quindi che il mio ro-
manzo avesse sapore di agiografia.
Mi sono limitata a riferire quello
che da fonte assolutamente vera e
sincera mi è stato tramandato. Lo-
gico che, per la parte storica, mi sia
un poco documentata, ma ciò non
toglie che il mio Don Bosco resti po-
vero· e senza orpelli. È soltanto il
Don Bosco dei miserabili, dei deso-
lati, della gioventù bruciata, della
gente emarginata. È l'uomo sangui-
gno e dolce, che ha lottato con te-
stardaggine infinita, con un tremen-
do applicarsi continuo per vincere
se stesso e la vita in una solitudine
a volte umiliata, o, nei migliori dei
casi, agli inizi, senza sostegno alcu-
no tranne quello della madre, Mar-
gherita. Ma tutto ciò che Egli disse
o fece era mirato solo alla maggior
gloria di Dio.
Ora, tutto quel passato elle ho
narrato nel mio libro è finito. Ades-
so che tutto è cambiato, che niente
è come prima, solo un'urna è'rima-
sta all'Ausiliatrice a ricordare i
giorni e soltanto a Lei ritorno quan-
do lo spirito ha bisogno di P,ace o
quando ha necessità di rinverdire un
passato che non vuol morire.
Filomena, nonna, la baronessa
sono da sempre. I miei affetti, an-
che quelli ancora sconosciuti li ho
riposti vicino al cuore dell'Uomo
che vi giace fatto santo per la Sua il-
limitata capacità d'amore.
Maria Teresa Graglia

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- - -- -------#1-
1 DICEMBRE 1991 - 37
di Giovanni Fedrigotti
Un paese che viene dalla guerra,
schiacciato dalla fame e dalle carestie.
E il lavoro instancabile dei missionçtri
che condividono la vita della gente
e seminano speranza.
Addis Abeba. La deposizione della statua a Lenin.
Sotto, la guerra è finita. Si ricostruisce la pace.
Mi è capitato spesso -
ammirando dall'alto o dal basso il
paesaggio etiopico - di pensare ai
nostri giovani soldati, trascinati lag-
giù, 55 anni fa, dalla drammatica
avventura voluta da Mussolini.
Qualcuno di loro è ancora vivo e,
forse, mi legge. Mi venivano all'o-
recchio note di vecchie canzoni,
mentre, dall'alto, guardavo l'Amba
Alagi, o camminavo per Makallè, o
ascoltavo con gioia i futuri progetti
salesiani su Adua...
Quale diversità, pensavo fra me,
fra «quella» e questa presenza. Ora
sono i missionari salesiani che da sei
centri operjltivi (Adigrat, Dilla, Ma-
kallè, Zway, due in Addis Abeba),
si slanciaqo con entusiasmo per
portare lo spirito del Vangelo.
È il 2 ottobre. Sto scrivendo sul-
l'aree- che da Addis Abeba mi ripor-
ta, via Luxor, a Roma. Sento il bi-
sogno di condividere quello che mi
porto dentro. Raccolgo, anche per
voi, qualche impressione, per farvi
compagni della mia gioia.
Mssione e guerriglia
Più di una m1ss10ne, specie nel
Sud, è stata saccheggiata e distrutta
dai soldati sbandati di Menghistu
cui, all'occasione, dava man forte

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38 - 1 DICEMBRE 1991
qualche rapace gruppo locale_
A Dilla, la minaccia si è fatta vici-
na. I confratelli (o prezioso esempio
di don Camillo!) hanno imbracciato
i loro Kalashnikoff con tanta deci-
sione, che non ci fu neanche il biso-
gno di sparare.
Ci sono state sparatorie e regola-
menti di conti, sulla porta della mis-
sione di Zway ed altrove. La nostra
casa di Addis Abeba ha sofferto
gravi danni per le tremende esplo-
sioni, provocate nei pressi dagli uo-
mini di Menghistu .
Medici e volontari stranieri, cri-
stiani ortodossi, operatori della so-
lidarietà internazionale hanno do-
vuto seguire il «fronte» di Menghi-
stu, in ritirata davanti alla tenace
avanzata dei «Fighters» (combat-
tenti). Vescovi cattolici e Missiona-
ri, nonostante i molti rischi, sono ri-
masti al loro posto. Sia il nuovo sia
il vecchio regime non ebbero il co-
raggio di staccare dalle loro popola-
zioni quegli «uomini di pace».
A Makallè, la gente implorava:
«Non muovetevi, restate con noi:
così non ci bombarderanno» . E
spiava con ansia ogni movimento
dei salesiani, per timore che, un
giorno o l'altro, anch'essi, come
tanti altri, se ne andassero.
Ma don Angelo ed i suoi restano
e si danno da fare. Scavano trincee
di difesa contro i bombardamenti,
raccolgono pietosamente i poveri
resti della gente dilaniata dalle bom-
be, accolgono e rifocillano gli avan-
zi disordinati dell'armata in ritirata
dall'Asmara, verso Addis Abeba.
Le suore di Zway vedono tornare
come mendicanti quelli che l'aveva-
no fatta da padroni.
Tutte le missioni hanno sofferto
la «tratta dei ragazzi», prelevati,
appena adolescenti, direttamente
sui banchi della scuola e scaraventa-
ti al fronte. Almeno 500.000, si di-
ce, sono stati, in questi anni, i morti
fra i soli «regolari» di Menghistu.
I missionari salesiani hanno cer-
cato di aiutare tutti: i guerriglieri
braccati e i soldati dell'esercito allo
sbando, le donne ed i bambini rima-
sti soli, la gente attanagliata da una
carestia impietosa, che moltiplicava
i danni della guerra.
C'è stato tanto, troppo da soffri-
re per tutti. Ma l'aver visto i missio-
nari fedelmente accanto a loro ha
consacrato definitivamente, in quei
popoli, un'alleanza e un'amicizia.
Durante lo scorso settembre,
quasi simbolicamente, davanti ad
una immensa adunanza di popolo,
nella capitale, alla «Piazza della Ri-
voluzione» è stato restituito l'antico
nome di «Piazza della Santa Cro-
ce», quasi a consacrare i sacrifici
che hanno permesso ad un popolo
di riconquistare la sua libertà.
Un progetto missionario
plenario
A Dilla, i confratelli della lspet-
toria Lombarda stanno costruendo
un bel modello di «missione inte-
grata» in cui valori umani e cristia-
ni, •cultura e vangelo, scuola ed offi-
cina, assistenza e promozione si
fondono armoniosamente.
Per gli otto orfani deposti da ma-
no ignota alla porta della missione è
nata una «casa famiglia», accudita
da due ragazze del posto, sotto la
guida di una donna generosa, felice
di questa nuova maternità affidata-
le da Don Bosco. Lo stesso è acca-
dQto presso la comunità delle nostre
suore.
I più disperati casi di fame ricevo-
no una risposta quotidiana nel pa-
sto, predisposto per due-trecento
persone e che, prossimamente, do-
vrebbe essere arricchito dalle pa-
gnottelle fumanti scodellate dal
nuovo forno, che Milano ha regala-
to alle Figlie di Maria Ausiliatrice.
I lavoratori di domani sono pre-
parati nel «Training Center» di fa-
legnameria, meccanica e motoristi-
ca. Esso, quasi spontaneamente,
tende a generare «satelliti» in cui,
usufruendo delle nostre strutture,
gli ex allievi lavoratori imparano ad
autogestirsi quanto ad amministra-
zione, organizzazione del lavoro,
calcolo dei costi e dei ricavi, riscos-
sione dei debiti, ecc.
Per i bisogni culturali più urgenti,
là missione ha eretto due affollatis-
sime scuole primarie, in cui si inse-
gna a leggere, scrivere, lavorare. ·
Non è raro il caso di bambini che
portano un consistente aiuto al bi-
lancio famigliare col «lavoro scola-
stico» che permette di tornare a·ca-

4.9 Page 39

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- - - - -- - - - - - y l -
sa col proprio sacchetto di grano-
turco, o col ricavato della vendita di
un pollo o di una capra o di una
vacca allevata «collegialmente», o
con frutta di stagione.
Accanto a questo, funziona la
parrocchia con due «outstations»
(cappelle periferiche), con schiere di
catecumeni e chierichetti, gruppi
parrocchiali di uomini, di donne, di
giovani, di anziani.
È tutto un cantiere, alimentato
dalla amorevolezza salesiana, che
spalanca generosa le porte anche ad
altri missionari, che trovano, nella
accoglienza di una comunità, occa-
sione di riposo, di studio, di comu-
nione fraterna.
Un cane randagio che azzanna e
mette K.O. il direttore, una scim-
mia indispettita che prende a sberle
il ragazzino posto a difesa del gra-
noturco, qualche guasto agli auto-
veicoli su strade proibitive non sco-
raggiano i missionari. E don Angelo
e don Franco, Giancarlo e Roberto
macinano progetti, come se doves-
sero ancora incominciare.
Dalla cima del sicomoro che sta
presso la missione anche i tucanos
(che «portano a spasso il becco»,
come dice la gente del luogo) sem-
brano trovarsi a loro agio, in com-
pagnia degli avvoltoi che, poco lon-
tano, tengon d'occhio qualche pos-
sibile boccone.
1 DICEMBRE 1991 39
IN LIBRERIA - - - - . .
Centro Salesiano
Pastorale Giovanile
TEOLOGIA
PER GIOVANI
ANIMATORI
1. GESÙ DI NAZARET
di LUIS A. GALLO
Pagine 120. Lire 7.000
2. VIVERE DI FEDE
NELLA VIA
QUOTIDIANA
di RICCARDO TONELLI
Pagine 104. Lire 6.500
Evangelizzazione
e promozione umana
I salesiani sono, in primo luogo,
missionari: con una accentuazione
della prima evangelizzazione fra gli
«animisti» del Sud e della educazio-
ne cristiana al Nord, ove il cristiane-
simo gode di una tradizione quasi
bimillenaria. Ma «lo stile della
evangelizzazione» è quello di Don
Bosco, che vuole spiriti lieti in corpi
sani, onesti cittadini e buoni cristia-
ni, credenti coraggiosi e lavoratori
competenti, un Paradiso aperto a
In alto, Adigrat: si attinge acqua
con l'aiuto dell'asino (l'asino,
mezzo di trasporto povero e più
diffuso. Un milione di asini in
Etiopia). Sotto, istruttore nella
scuola tecnico-professionale.
3. CELEBRARE
LA VITA
Viaggio nel mondo
dei sacramenti
di CARMINE DI SANTE
Pagine 164. Lire 9. 000
4. IL DIO DI GESÙ
Un Dio per l'uomo
e in cerca dell'uomo
di LUIS A. GALLO
Pagine 168. Lire 9.000
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ELLE DI CI
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Tel. 011/95.91 .091
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4.10 Page 40

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40 - 1 DICEMBRE 1991
tutti sopra una terra più degna del-
l'uomo.
·
Chi ritorna a Makallè dopo quin-
dici anni - i salesiani vi giunsero
nel 1975 - la trova trasformata. I
Salesiani, mobilitando e motivando
la gente, vi hanno piantato un mi-
lione di alberi (fra quei begli euca-
liptus, mimose, alberi del pepe...),
hanno messo a disposizione pozzi
d'acqua potabile davanti a cui ogni
mattina la gente fa la fila, hanno
dato un formidabile contributo -
sotto la guida dell'infaticabile Cesa-
re Bullo - ad allestire un sistema
stabile di «pronto intervento ali-
mentare», con magazzini, custodi
di fiducia, mezzi di trasporto, atten-
te modalità di distribuzione. Oggi,
l'opera è continuata dalle tre chiese
(cattolica, ortodossa, protestante) e
dagli agenti del nuovo governo .
Ma la compenetrazione fra pro-
mozione umana ed evangelizzazio-
ne è presente ovunque, ad Adigrat
come a Zway, a Dilla come ad Ad-
dis Abeba. Qui, Giorgio, Francesco
Giovani salesiani. Il sorriso e il colore dell'Etiopia di domani.
ed Emanuele, in collaborazione con
la Cheshire stanno allestendo una ed indicazioni terapeutiche per le Dentro la missione i furti - di-
scuola per handicappati; Cesare malattie più comuni. Queste «spe- struttivi fino a qualche tempo fa -
coordina molteplici iniziative di so- cializzazioni» completano l'approc- tendono a sparire: segno che la gen-
lidarietà, civile e religiosa; Tino rav- cio generale realizzato dall'imman- te cominc~a a sentire quella casa
viva il centro di catechesi e di pasto- cabile Oratorio. La soddisfazione davvero come «sua».
rale della diocesi con significative generale è testimoniata dall'infittir- Ragazzi e bambini, ogni volta che
produzioni nelle lingue locali.
si dei turni e delle richieste.
passa il missionario od i suoi ospiti,
Particolarmente apprezzata è la È un grande dono, quando all'o- sono pronti a costruire loro intor-
presenza delle Figlie di Maria Ausi- pera si associano generosi volonta- no, con grande spontaneità, un tri-
liatrice, che, specie a Dilla e Zway, ri, come Mario e Donatella a Zway, pudio di teste nere, di mani affet-
sono impegnate a fondo in pro- che offrono, ad un tempo, la testi- tuose, di occhi scintillanti.
grammi di educazione della donna. monianza di una famiglia cristiana Sia al Nord come al Sud, i ragazzi
È vivo lo sforzo di umanizzare, · (con due bellissimi bambini), com- e le ragazze più generose comincia-
progressivamente, i costumi fami- petenze tecniche e igieniche, robuste no a coltivare un progetto ambizio-
gliari che prevedono ancora per la e cristiane motivazioni di servizio. so: «È bello vivere così: voglio esse-
donna, specie al Sud, precoci con-
re come loro»! E nascono le voca-
tratti matrimoniali, una accentuata
zioni salesiane, destinate a dare a
Net subordinazione, un eccessivo carico
di lavoro e la intera responsabilità
dei numerosi figli.
cuore della gente
Don Bosco un volto durevolmente
etiopico.
La nuova situazione sociopoliti-
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
ca, la prima ordinazione di un sale-
cercano di formare una più matura Una coppia di sposi, che anima la siano etiopico attesa per il prossimo
coscienza di donna, soprattutto at- vicina missione protestante svedese anno, la consonanza profonda e
traverso i laboratori di taglio e cuci- «Philadelphia» osserva con stupore spontanea fra il carisma di Don Bo-
to, che, in realtà, si presentano co- i cortili della missione salesiana di sco ed i popoli della Etiopia, la de-
me ricchi «contenitori» attraverso Zway.
vozione a Maria Ausiliatrice che di-
cui si offrono professionalità e de- A don Elio, col quale intrattengo- venta un forte elemento di comuni-
coro, igiene ed economia domesti- no rapporti di amicizia, confessano: cazione con gli ortodossi sono il se-
ca, catechesi e cultura elementare, «Si vede la differenza: qui, voi date gno di grandi speranze, e di un futu -
nozioni educative e linguistiche.
Dove è possibile si attiva anche
una «clinic» o dispensario con le
più urgenti (e introvabili) medicine
davvero la vita»: un bell'incorag-
giamento anche per Donato e Isido-
ro, abituati a donarsi senza alcun ri-
sparmio.
ro ancora migliore.
Giovanni Fedrigotti
Consigliere generale
per l'Italia e M edio Oriente

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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-------~-
1 DICEMBRE 1991- 41
PER LA DIFESA
DELLA RETINA
P er caduta vitreo di ambe-
due gli occhi, mi sono rac-
comandata al nuovo Beato Don
Filippo Rinaldi e si è riformato il
liquido necessario per la difesa
della retina.
Maria Cena, Torino
PBOPRIO NEL GIORNO
DELLA SUA FESTA
M io cognato soffriva mali in-
descrivibili per un calcolo
al rene sinistro. Dopo aver pas-
sato mesi all'ospedale, con vari
disturbi· e febbre, il 31 gennaio
mia sorella e io abbiamo prega-
to San Giovanni Bosco, insie-
me agli altri Santi salesiani e a
Maria Ausiliatrice. Il giorno dopo
mio cognato ha espulso un cal-
colo grosso come un fagiolo e
ora sta bene.
Emilia Fissano, Genova
UN DOPPIO MIRACOLO
S ono un'exallieva delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice.
Scrivo perché desidero espri-
mere la mia gratitudine a Maria
Ausiliatrice e a San Domenico
Savio. Nel corso della prima
gravidanza presi una grave infe-
zione e sembrava consigliabile
abortire. Ma la bambina nacque
sana, contro ogni aspettativa. 1987. li lunedì 13 accadde che il
Quando nacque la seconda piccolo, da solo, si rizzò in piedi
bimba, ebbe anch 'essa dopo e si mise a camminare. Seguì ,
qualche giorno problemi gravis- gradualmente, un generale mi-
simi al cuore. Nessuna possibili- glioramento delle sue condizio-
tà di intervento. La bambina pe- ni: ora, a 5 anni, corre e salta,
rò migliorò, anche se i medici mi parla, prega t,, canta con gli altri
dicevano di non farmi illusioni. bambini. Per tutti noi egli è un
Dopo due mesi ai nuovi esami «miracolo vivente», anche se
con nostra grande sorpresa non non ha raggiunto ancora la pie-
si riscontrò alcuna traccia della na normalità. Ne siamo grati alla
situazione precedente. Rossella cara Laurita e ne invochiamo la
e Simona ora sono sane e belle continua protezione.
(accludo la foto) e noi siamo due
genitori fortunati che ringrazie- Suor Alicia M. Ruiz P. FMA,
ranno ogni giorno della vita Ma-
Barraquilla (Colombia)
ria Ausiliatrice e San Domenico
Savio. Mio padre e mio marito
sono medici.
lmbalzano Erminia,
Reggio Calabria
Ml SENTO GUARITA
GRAZIE, LAURITA!
U n mio nipotino, nato gemel-
lo e molto delicato, al-
l'età di sei mesi cominciò ad ac-
cusare disturbi visivi e motori
con un generale malessere, cui
invano vari medici tentarono di
recare qualche sollievo. Anzi il
verdetto finale fu che il bimbo
non sarebbe mai giunto a cam-
minare né a parlare, avendo
metà del corpo paralizzato a se-
guito di un'emorragia cerebrale
sofferta prima della nascita:
quella che era stata mortale per
il piccolo gemello. A due anni il
nostro Beniamino ancora non
parlava né camminava. Quando
la mamma lo portò a trovarmi in
noviziato, la Maestra gli appun-
tò una medaglia benedetta di
Laura Vicufia e noi intensifi-
cammo la preghiera per la sua
salute. Era il sabato 11 aprile
D a diverso tempo , soffrivo di
un penoso disturbo e non
riuscivo a migliorare. Da un otti-
mo salesiano ho ricevuto in do-
no un volantino con la foto , le
parole, la preghiera di don Giu-
seppe Quadrio . L'ho pregato
con fede e da diversi giorni mi
sento guarita. Conto sulla prote-
zione definitiva di don Quadrio.
Scrivo per ringraziare contenta.
Prego i molti Angeli messaggeri
di portare loro una bella offerta
per la Causa di Beatificazione.
Anna Bassanesi, Roma
GRAZIE
A SUOR PALOMINO
S ono un ex-allievo salesia-
no. Ho conosciuto suor
Eusebia Palomino dal Bolletti-
no Salesiano. Qualche tempo fa
si è verificata nella mia vita, una
circostanza intricata e di difficile
soluzione: sin dall'inizio l'ho
messa nelle mani di suor Euse-
bia. La matassa non si sbrogl_ia-
va e la mia angustia era grande.
La fiducia cominciava a cedere.
Ho reagito rinnovando la mia
preghiera a suor Eusebia. E al-
lora, quando tutto sembrava
perduto, all ' ultimo momento
ogni cosa si è risolta improvvisa-
mente e bene!
Sergio Grossi,
Vitorchiano (Viterbo)
PER INTERCESSIONE
DI S. DOMENICO SAVIO
D esidero ringraziare pubbl i-
camente S. Domenico Sa-
vio per una grazia ricevuta. Una
mia nipote accusava dolori ad-
dominali. Una radiografia ne lo-
calizzò la causa. Ma nonostante
la dieta e gli antispastici , i dolori
continuavano. Iniziai con viva
fede una novena a Domenico
Savio. lmmediatamene cessaro-
no i dolori e adesso sta bene.
Spero che Domenico Savio ci
protegga sempre.
Barbero Maria,
Torre Annunziata (Napoli)
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza re-
capito. Su richiesta si
potrà omettere l'indica-
zione del nome.

5.2 Page 42

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42 - 1 DICEMBRE 1991
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
<<... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
;:::::==:::::=============::::~
=lS==:::::=.:::=:::============;
r t-·=-= = = = = =
FRANCESIA sig. Dominic, salesiano, t Hong
Kong il 19/7/1991 a 85 anni.
Nato a Mezzenile (Torino), si recò in Cina a 19
anni. Come aspirante salesiano fu affidato alle
cure del chierico Callisto Caravario, futuro marti-
re. Lavorò indefessamente per tutta la vita. Di ani-
mo semplice e candido, sacrificato, esemplare di
grande impegno e senso di responsabilità, ebbe
una cura speciale per gli exallievi poveri, amma-
lati o carcerati, che andò a visitare regolarmente
per molti anni. Fu assistente oculato e zelante.
MONTECCHIO suor Maria Arminia, Figlia di
t Maria Ausiliatrice, Torino il 7/7/1991 a 81 anni.
Apparteneva a una famiglia numerosa e pro-
fondamente cristiana. Passò la sua vita religiosa
nell'umiltà, al servizio generoso e disponibile,
sempre pronta al sacrificio, sorella di tutti. Fu as-
sistente assidua e puntuale al primo oratorio "Ma- .
ria Ausiliatrice», catechista e testimone dei valori
che intendeva trasmettere alle bambine a lei affi-
date. Era chiamata ..suor Magnificat» perché re-
citava più volte al giorno questa preghiera per fa-
re della sua vita un _canto di lode a Dio. Negli ulti-
mi anni, colpita dalla malattia, intensificò la sua
disponibilità ai Signore, facendo dei suoi giorni
un'offerta per i giovani e le vocazioni.
VALLEISE sig. Damiano, exalllevo e coopera-
t tore, Arnad (Aosta) li 21/4/1991 a 71 ànni.
La sana educazione familiare e la formazione
in ambiente salesiano negli anni dell'adolescen-
za incisero tanto nell 'animo di questo modello di
padre di famiglia. La devozione alla Vergine lo so-
stenne anche nell'attività sociale, di cui era solle-
cito per rendere un servizio prezioso al bisognosi,
particolarmente quando ebbe responsabilità nel-
l'amministrazione comunale. Sempre presente e
attivo in tutte le iniziative della comunità parroc-
chiale, concluse la sua giornata terrena in chiesa,
mentre dirigeva il rosario, dopo aver annunziato
il secondo mistero glorioso.
BONGIOVANNI sac. Pietro, salesiano, t Torino
il 2/8/1991 a 73 anni.
Insegnante di teologia morale negli studentati
di Bollengo, Salerno e Torino-Crocetta, fu un for-
matore di sacerdoti salesiani attraverso l'inse-
gnamento, la confessione, e la presenza fraterna·
salesiana. Come docente si proponeva di essere
sempre aggiornato, e vedeva l'insegnamento In
chiave pastorale, con una finalità formatrice. Era
un salesiano cordialmente simpatico, dallo spirito
trasparente e semplice, dal tratto gradevolmente
e affettuosamente amichevole. Collaborò a co-
struire la sua comunità religiosa con una presen-
za costruttiva, anche se negli ultimi anni fu condi-
zionato dalla malattia.
PELIZZON sac. Nicola, salesiano, t Gorizia il
31/8/1991 a 68 anni.
Si può dire che tutta la vita salesiana l'ha vissu-
ta negli oratori. Dapprima a Trieste, poi a San Do-
e Chioggia. Infine a Gorizia. Qui Il male ineso-
rabile lo aveva già prostrato. Nonostante la malat-
tia, fino all'ultimo fu sempre attento al giovani, at-
taccatissimo all'oratorio, al cortile, alla presenza
tra i giovani più bisognosi. Fu l'uomo dell'acco-
glienza e del servizi~ quotidiano, anche nelle in-
combenze più umili. E ricordato con stima e amo-
re da quanti J!hanno conosciuto.
SACCO sig. Enrico, salesiano, t Novara il
20/9/1991 a 88 anni.
Era nato a Bogogno (NO) e aveva fatto la pro-
fessione religiosa nel '33 a Borgomanero. E pro-
prio nelle case di Borgomanero e di Novara ha
trascorso la sua esemplare vita religiosa. Mite e
fedele nei suoi compiti di proweditore e guarda-
robiere, brillava nell'attaccamento alla povertà.
!ROLLO suor Antonietta, Figlia di Maria Ausi-
liatrice, t Napoli il 30/7/1991 a 61 anni.
In una famiglia numerosa, radicata nella fede
semplice e serena, sr. Antonietta inizia Il suo
cammino di fede e trova poi nell'Oratorio lo stile
del suo slancio apostolico. Ha lavorato lunghi an-
ni a Torino e a Napoli esprimendo la sua dedizio-
ne e la sua competenza tra le fanciulle della scuo-
la elementare. Dopo aver svolto incarichi di gran-
de responsabilità, ormai da dieci anni soffriva per
un male che le ha tolto la possibilità di una pre-
senza attiva tra i giovani. La lunga via della soffe-
renza che ha segnato il suo itinerario spirituale si
è interrotta lmprowisamente, lasciando sul suo
volto la traccia di una grande pace.
PASCUCCI cav. Ilario, cooperatore, t Gualdo
Tadina (PG) il 22/7/1991 a 70 anni .
Figura preminente di exallievo e di cooperatore
salesiano di Gualdo Tadina. «Una vita dedicata al
servizio del prossimon: cosi ha scritto di lui la
stampa locale. Frequentato il Ginnasio presso l'I-
stituto Salesiano, scelse la professione dell'inse-
gnamento per dedicarsi più direttamente ed effi-
cacemente all'educazione dei giovani. Aderl alle
ACLI fin dalla loro fondazione, militandovi attiva-
mente per 43 anni. Nell'Associazione divenne pri-
ma dirigente locale, poi presidente regionale e,
infine, membro del Consiglio Nazionale, con una
attenzione tutta particolare per il settore giovani-
le. Si Impegnò vivamente e con ardore anche tra
i cooperatori, ricoprendo anche in questa asso-
ciazione la carica di Consigliere lspettoriale. A
Gualdo Tadina è stato, inoltre, il fondatore della
sezione AIDO . Sarà certo ricordato come una del-
le figure più amate e stimate dei cattolici gual-
desi.
GAROFOLI mons. Remo, cooperatore, t Guai-
do Tadina (PG) il 30/7/1991 a 76 anni.
Aveva la responsabilità pastorale della parroc-
chia di S. Donato. La popolazione gualdese lo ha
sempre stimato e venerato come un vero aposto-
lo del Signore. Sacerdote di fede profonda di zelo
pastorale, espletò la sua missione forte.mente im-
pegnato a favore degli operai, del poveri e dei
sofferenti. Fu sua premura particolare quella di
sensibilizzare i fedeli al problema missionario, sia
per educarli a vivere in tutte le sue dimensioni la
vita cristiana, come anche per procurare alle mis-
sioni cattoliche il sostentamento necessario.
Iscritto all'associazione dei cooperatori fin da
giovane, fu ardente ammiratore e imitatore di San
Giovanni Bosco. Dell'Oratorio Salesiano in modo
particolare fu appassionato sostenitore e munifi-
co benefattore.

5.3 Page 43

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-----------~-
1 DICEMBRE 1991 - 43
Solidarietà
Borsa: Don Bosco, a cura di N.N.,
Milano L. 2.000.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, mi affido al tuo materno
aiuto, a cura di N.N., L. 1.000.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice in memoria
di mamma Maria Giancola Mortara, a
cura del figlio Guido L. 1.000.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffragio
dei genitori defunti, a cura di N.N.,
L. 1.000.000 - Borsa: Maria Ausilia-
trice, Don Bosco, Domenico Savio,
implorando la guarigione del fratello,
a cura di N.N., 1.000.000 - Borsa:
Valeria e Antonio Rodino, a cura di
Bodino Maristella, L. 1.000.000 -
Borsa: Don Bosco, in suffragio della
famiglia lng. Carlo Beltrami, sorella
Regina Beltrami e della fedele Angioli-
na, a cura di Mariarosa Massara, L.
750.000 - Borsa: Maria Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco, per invocare pro-
tezione , a cura di Viziale Secondina,
L. 500.000 - Borsa: Robaldo Pietro,
a cura di Elva ed Emilio Nascimbene,
L. 500.000 - Borsa : Maria Ausiliatri-
ce e S . Giovanni Bosco, a cura di Sil-
vestri Italia, L. 500.000 - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice e Don Bosco, per rin-
graziamento e protezione, a cura di
Elisabetta Ghidini, L. 500.000 - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di N .N ., L.
500.000 - Borsa: Maria Ausiliatrice,
Don Bosco, Domenico Savio, ringra-
ziando e invocando protezione per
Maria, Roberto , Famiglia, a cura di
N.N., L. 400.000- Borsa: S. Giovan-
ni Bosco, per ringraziamento e in me-
moria e suffragio di Zavagno-Moroso
e familiari, a cura della Famiglia, L.
381 .000 - Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, implorando protezione, in
vita e in morte, a cura del Sac. Panta-
leo Giacomo L. 300.000 - Borsa:
Dop Bosco e Domenico Savio, per la
pace in famiglia, a cura di Cerri Anni-
bale, L. 300.000 - Borsa: Don Bosco
e Domenico Savio, in memoria di Ro-
sa Gatti, a cura dei figli, L. 300.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, implorando conti-
nua protezione sui miei cari, a cura di
Martini Renata, L. 300.000 - Borsa:
Sacro Cuore di Gesù, Maria Ausilia-
trice, Santi Salesiani, a cura di Caglie-
ro Mario, L. 250.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, Domenico Savio, a cura
di Cagliero Maria, L. 250.000 - Bor-
sa: Beato Michele Rua, per la sua ca-
nonizzazione e invocando protezione,
a cura di B.G., L. 250.000 - Borsa:
Sorelle Capelli (cinque): Estella - Cate-
rina - Rosina - Maria e Teresina, a cu-
ra di Capelli Anna Maria Tonini, L.
250 .000 - Borsa: Sacro Cuore di Ge-
sù, Maria Ausiliatrice, ringraziando
per grazia ricevuta, a cura di Rina C. ,
L. 250 .000 - Borsa: Beato Don Rua,
in suffragio dei miei defunti, a cura di
Sandra Nogara, L. 200.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco, Do-
menico Savio, in ringraziamento, a cu-
ra delle Famiglie Dattare e Saettone,
L. 200.000 - Borsa: Maria Ausiliatri-
ce, Don Bosco, Don Rinaldi, invocan-
do protezione in vita e in morte, a cura
di M .C., Dogliani, L. 200.000 - Bor-
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla direzione
opere Don Bosco
sa: Maria Ausiliatrice, implorando be-
nedizione e grazie , a cura di Naretto
Giovanni e Matilde, L. 200.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffragio
dei miei defunti, a cura di Antonietta
Mandelli, L. 200 .000 - Borsa: In suf-
fragio di Chiari Ezio, a cura della mo-
glie, L. 200 .000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, Don Bosco e Laura Vicufia, a
cura di E.P., L. 200.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco, Don
Cimatti, a cura di C. V., Exallieva
F.M.A., L. 200.000 - Borsa: Don
Rua, in memoria e suffragio dei miei
defunti, a cura di W. Salsi, L. 200 .000
- Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, ringraziando e invocando pro-
tezione sulla famiglia, a cura di F. Ce-
sare, L. 150.000 - Borsa: In memoria
di Landucci Marcello, a cura di N.N.,
L. 150.000 - Borsa: Mamma Mar-
gherita, in attesa di una grazia, a cura
di C.R. - Chatillon, L. 150.000- Bor-
sa: In memoria dello zio Don Giovan-
ni P ian, a cura di P izzamiglio Rita, L.
150.000 - Borsa: Maria Ausiliatrice,
Don Bosco, Don Rinaldi, a cura di
Maria e Attilio Teli, L. I50.000.
Borse Missionarie da
L. 100.000
Borsa: In suffragio della cooperatrice
Valente Marcella, a cura di Vado Li-
na. - Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, invocando protezio-
ne sulla famiglia, a cura di Peloso Pa-
squalina. - Borsa: Maria Ausiliatrice
e S. Giovanni Bosco, per ringrazia-
mento, a cura di Piero. - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco,
in memoria di mia figlia , a cura di Bo-
nanno Laura . - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, in suffragio di Nuccio La Sor-
te, a cura di N .N. -Borsa: Maria Au-
siliatrice, in suffragio dei genitori Ma-
ria e Luigi e della sorella Emilia, a cu-
ra di Pessina Teresa. - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Don Bosco, invocando
protezione sulla sorella Annunziata e
su tutti i miei cari, a cura di Pecchioli
Lucia Mangini. - Borsa: Don Sacilot-
ti e Don Fuchs, martiri salesiani, con
gratitudine, a cura della Famiglia Saci-
lotto. - Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Lina M . - Borsa: S. Giovanni
Bosco, in ringraziamento per grazia ri-
cevuta, a cura di Bramati Luigia -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, per ringraziamento e
protezione a cura di Plat Rosina -
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Ignazio
di Loyola, in memoria dei Gesuiti tru-
cidati e in memoria dei miei defunti, a
cura di P.E., Caserta - Borsa: Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bosco, in
ringraziamento, a cura della famiglia
Massaglia - Borsa: S. Domenico Sa-
vio, per ringraziamento e protezione,
a cura di R.G. - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, in ringraziamento e per otte-
nere grazie, a cura di Bigano Rosina
- Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per grazia rice-
vuta, a cura di Cane Maria Antonietta
- Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, a cura di Carrera Carla e
amiche - Borsa: Maria Ausiliatrice,
S. Giovanni Bosco, per protezione del-
la famiglia, a cura di Gindro Domeni-
ca - Borsa: Maria Ausiliatrice, S.
Giovanni Bosco, per protezione e salu-
te, a cura di N.N., Alice Castello -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, per grazie ricevute,
per protezione e in suffragio dei de-
funti, a cura di Camisassi G. Vanzetti
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grazia, a cura di M.P. - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Santi Salesiani, per pro-
tezione, a cura di Bosso Sandra -
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per protezione della famiglia, a
cura di Scanzola Giuseppina - Borsa:
S. Giovanni Bosco, per grazia ricevu-
ta, a cura di Aleffi Giovanna - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice, S. Giovanni
Bosco, per ringraziamento, a cura di
Teodora Galli - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bosco, per gra-
zia ricevuta, a cura di Donato Colautti
- Borsa: Don Rinaldi, per ringrazia-
mento, a cura di N.N. - Borsa: Maria
Ausiliatrice, per grazia ricevuta, a cu-
ra di Cimmino G. Dragotti - Borsa:
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fragio di Raffaele Camilotto, a cura di
Camilotto Maria - Borsa: Maria Au-
siliatrice, per ringraziamento e prote-
zione, a cura di Barone Maria Anto-
nella - Borsa: Maria Ausiliatrice,
Don Bosco, Sr. Eusebia, Palomino, a
cura di N .N. Exallieva - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice e Don Bosco, a cura di
Rudari Irmo - Borsa: Papa Giovanni
XXIII, a cura di Conati Angelo -
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Ausiliatrice, a cura di Fiacca Antonel-
la - Borsa: Don Bosco, a cura di
N.N. - Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, implorando aiuto per un
nipote, a cura di Scovazzi W. - Bor-
sa: In memoria di Giannotti Ronconi
Aurora, a cura di Ronconi Daniela -
Borsa: Beata Laura Vicuiia, a cura di
Benegiamo Carmine - Borsa: Maria
Ausiliatrice, Don Bosco, per grazia ri-
cevuta e implorando protezione per
Daniela, a cura di Cerutti Maria Luisa
- Borsa: S. Giovanni Bosco, in suf-
fragio di don Domenico Moretti e don
Tarcisio Zanarola, a cura di Ungaro
Giovanni - Borsa: Beato Filippo Ri -
naldi, a cura di M .E. Loretti - Borsa :
S. Giovanni Bosco, in memoria di Sr.
M. Stradella, F.M.A. a cura di Del Pe-
dro Antonietta - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, implorando continua prote-
zione per le mie figlie, a cura di Rosan-
na Ugolini - Borsa: Don Bosco e Don
Rinaldi, ringraziando e invocando
protezione sui figli, a cura di Bergami
Maria Teresa - Borsa: Maria Ausilia-
trice, per grazia ricevuta, a cura di
P.D.B. - Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, ringraziando e invocando
protezione in particolare per F ., a cura
di Pesce F. - Borsa: Maria Ausiliatri-
ce e Don Bosco, a cura di Florio Raf-
faella - Borsa: Maria Ausiliatrice,
ringraziando e invocando protezione,
a cura di G.G., Arona - Borsa: S.
Cuore di Gesù, Maria Ausiliatrice,
ringraziando e invocando protezione,
a cura di Citriniti Giuseppe e Rosa -
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Nocera Franca - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, invocando prote-
zione sulla famiglia, a cura di N.N.
Cooperatrice di Ortona.

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TORINO FERROVIA
Un SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Collana I COMPAGNI DI VITA
Quella del «compagno di vita»
è una funzione antica del libro,
che oggi torna di attualità
per il crescente bisogno dell'uomo
moderno di riflessione , conforto
e dialogo interiore.
La SEI ha pensato di selezionare
una serie di «compagni»,
ricercandoli tra le voci antiche
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interpretare il bisogno di verità
dell 'uomo.
F. d'Assisi
I Fioretti
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Un fratello che parla a voi
da Il Giornale dell'anima e dai discorsi
pag. 640, L. 32.000
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Il Profeta e Sabbia e schiuma
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I FIORETTI
Introd uzione di
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