Bollettino_Salesiano_197110


Bollettino_Salesiano_197110

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1.1 Page 1

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BOLLETTINO
Vogliamo portare i Cooperatori Salesiani
a diventare collaboratori cosci enti,
Integrali, a fianco di noi, non sotto di noi:
non solo, quindi, fedeli e docili esecutori,
ma capaci di responsabllftà apostoliche,
pur sempre d 'accordo e In sintonia col Sacerdote.
DON LUIGI RI CCERI
SALESIANO
Spedi2ione In abbonamento postale - Gruppo (70) • 2• quindicina
EDIZIONE PER I DIRIGENTI
A. XCV. N . 10-12 • MAGGIO-GIUGNO 1971 • DIREZIONE GENERALE 10100 TORINO • VIA MARIA AUSILIATRICE, 32 • TEL. 48. 29.24
Maggio-giugno: le festività di Maria Ausiliatrice e di S. Pietro
ci richiamano due amori di Don Bosco: la Madonna e il Papa.
« Don Bosco, un sacerdote del Papa »
Lo affermò Papa Giovanni che di
Santi se ne doveva intendere, es-
sendolo lui stesso. Scelse Piazza
San Pietro per dirlo al mondo in-
tero, mentre gli sguardi di una
folla eccezionale erano rivolti alle
spoglie mortali di Don Bosco. Si
era nel 1959. In altra occasione
aveva affermato << Non si può com-
prendere appieno lo spirito che
sempre animò San Giovanni Bosco
se si dimentica la sua specialissima
devozione alla Cattedra di San Pietro >)
(autografo a Don Ziggiotti).
Ma quante testimonianze del ge-
nere noi abbiamo! Sentitene ancora
un'altra: <1Don Bosco nutrl una
illuminata e sentita devozione alla
Chiesa, alla Santa Sede, al Vicario
di Cristo che riempivano la sua vita.
Devozione, attaccamento oobcdicnte.
fedelissimo... ». A parlare così fu
Pio XI, il Papa che canonizzò iJ
nostro Fondatore dopo averlo cono-
sciuto nei primi anru del suo sacer-
dozio.
E d'altra parte di Don Bosco
parlano la vita, l'opera, gli scntt11
i detti. Tutti a T orino e fuori sa-
pevano che << chi toccava il Papa,
toccava Don Bosco ~, tanto egli
aveva nel cuore l'amore a1 Pontefice
if\\ cui vedeva il Vicario di Cristo.
Noi, che come Cooperatori dob•
biamo essere eredi e testimoni dello
spirito di Don Bosco, amiamo il
Papa, siamo in linea con le sue
direttive, siamo fedeli alla Chiesa ?
È un esame di coscienza che è
bene fare sempre, ma che in questi
tempi non facili, e vicini come siamo
a celebrare la memoria del primo
IN QUESTO NUMERO, TR(1 L'AL TRO:
-
Prospettive nuove e forme moderne cii apostolato:
Giornalisti: come si diventa L'Assisteqte sanitaria visitatrice
Escono dal carcere: che si può fare per essi? L'adozione
internazionale si fa strada.
Il Rosario lJ attuale7
Risposte alla portata di tutti per i divorzisti.
Papa, s_em1na necessariQ non tra-
lasciare.
Sentiamo cosa diee il successore
di Don Bosco al i;jguardo: <t In
questi -. momenti di fad li e non
sempre logicJie c9ntes:t:azioni e cri-
tiche allo _stesso Sommo Pontefice,
noi ché cL sentiamo e ci vantiamo
di essere eredi dello spirito del
Padre, dobbiamo sentirci impegnati
a essete· filialmente docili e fedeli
agli i:nsegna,n.enti e alle direttive
del Papa. UQ atteggiamento diverso,
o ,peggio 1111,cora, ·. èritico, diciamolo
chiaramente, sarebbe non solo estra-
neo iI\\3 assolutamente opposto allo
spirito nostro. Non sarebbe sale-
s~à:no >t· (A}tf· del Consiglio Superiore,
marzo 197,r}.
Ma, noi \\{ia~q, vogliamo essere
salesiani veri, autentici, avversi a
qualsiasi atteggiamento che Don Bo-
sco non approverebbe.
Nelle !11e»]'Qrie Biogrflfi.che di Don
Bosco Sl legge un episodio signi-
ficativo. :fio LX chiese al Santo:
- Mi amano i vostri giovani?
- Santo Padre: se vi amano ?!
Vi hanno nel cuore! Il vostro nome
l~ P?rtano intrecciato con quello
d1 Dto (voi. VIIl, 719).
Se Don Bosco vivesse oggi, do-
vrebbe pqter <!,ire la stessa cosa di
ogni suo Cooperatore.
49

1.2 Page 2

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IL ROSARIO E' ANCORA ATTUALE
II Rosario, la preghiera che fu tanto cara ai nostri
nonni ed è ancora amata dai nostri genitori, sta attra-
versando un momento di crisi. Le nuove generazioni
di laici e forse alcuni sacerdoti, sembrano rifiutare il
Rosario perché lo giudicano sorpassato, in un'epoca
come la nostra pulsante di macchine e di motori. Lo
rifuggono come preghiera personale perché poco dispo-
sti a capire il valore della preghiera litanica che giudicano
meccani.ca ed inutile. Un giovane potrebbe chiedersi:
<< Perché devo dire 50 volte "buon giorno" alla Madon-
na? >>. Lo rifiutano come preghiera comunitaria e litur-
gica e lo dimostra il fatto che nelle Chiese in cui ancora
si recita il Rosario, si nota una quasi totale assenza di
giovani, i quali lamentano la dissociazione tra preghiera
mentale e preghiera vocale, che avverrebbe durante il
Rosario. In verità si fa portavoce di questa difficoltà anche
il Mauriac, che, nella prefazione al libro di P. Laval
«Le Rosairc •>, scrive: << Io non riesco a piegarmi a ciò
che la devozione del Rosario richiede: la bocca che pro-
ferisce delle Ave Maria ad ogni decina, e lo spirito che
medita il singolo mistero. Questa dissociazione tra paro-
la e pensiero mi è incomprensibile. Bisogna che io sia
impegnato interamente in ogni parola che pronuncio ».
Eppure il Rosario è una preghiera semplice: può
capirla e recitarla anche un bambino, ed è forse anche
per questo che Don Bosco la raccomandava vivamente
ai suoi giovani. T eneva molto al Rosario; lo dimostrano
innumerevoli episodi della sua vita e particolarmente
il famoso diverbio con il Marchese D'Auglio, il quale,
recatosi a fargli visita, e venuto a conoscenza del regola-
mento con cui il Santo ordinava la giornata dei suoi
ragazzi, lodò tutto, tranne la preghiera. E chiamò
<< perduto» il tempo che si impiegava nella recita del
Rosario, che considerava «un'anticaglia di Ave lVIaria
infilzate l'una dopo l'altra >). Il marchese affermò di non
tenerci affatto e consigliò a Don Bosco di abolirlo.
Il Santo gli rispose: <i Io, invece, ci tengo molto al
Rosario; su questo potrei dire che è fondata la mia
istituzione. Sarei disposto piuttosto a lasciare tante altre
cose, magari importanti, ma non questa! •>.
Qualcuno potrebbe obiettare: «Si trattava di altri
tempi! >> Eppure, nella sua sostanza e nel suo valore, il
Rosario rimane attuale. Forse la causa specifica della
crisi è il modo errato di presentarlo e di recitarlo. Ci
sono ancora giovani o adulti disposti a capire e amare il
Rosario, perché anche certe forme esteriori, per essi,
hanno importanza. È comprensibile però che essi
rifuggano questa devozione, se si presenta loro come
un qualcosa di monotono, di artificioso, di sentimentale,
privo di valore biblico. Sarebbe utile variare e presentare
in una nuova veste la formulazione del Rosario, non
dimenticando però che ogni preghiera richiede sforzo
personale.
Forse si tratta di una crisi di crescita, e allora l'ag-
giornamento delle strutture si fa indispensabile poiché
ci sono dei valori da salvare.
Gli orientamenti in proposito sembrano essere tre:
quello dei moderati, che auspicano un rinnovamento solo
riguardo ad una presentazione dei misteri che sia più
biblica e più incentrata sul mistero della salvezza; quello
dei riformisti, che vogliono sia ritoccata la struttura
vocale e misteriale; quello dei radicali, che vogliono
adattarlo alla mentalità di oggi, tenendo conto della fe-
deltà alle origini.
Mi sembra degna di nota la tesi espressa da P. Enrico
Rossetti o. p. nell'articolo q Vale la pma di difeudere il
Rosario?>> pubblicato su «L'Osservatore Romano»
del 4 novembre 1970, il quale suggerisce:
1. Che resti valido il Rosario tradizionale, perché sareb-
be ingiusto cambiare una forma di preghiera che il
popolo recita volentieri e con frutto.
2. Accanto ad esso, ci sia un Rosario nuovo (una specie
di «canone secondo o, di «canone dei giova11i ,>) che
vada incontro alle necessità odierne, come ha detto
Paolo VI, che sia una valida alternativa all'antica formula.
Esso non dovrebbe nuocere e.I Rosario tradizionale, che
conserva tutto il suo valore.
Il <1 nuovo Rosario 1> potrebbe essere il Rosario dei
giovani e delle giovani famiglie con queste caratteristiche:
a) lettura biblica del mistero;
b) breve pausa di silenzi.o;
c) recitazione lenta dell'Ave Maria fino al nome di
Gesù (un coro può recitare le l'arole dell'Angelo, un
altro quelle di Elisaberta);
d) l'aggiunta libera di una clausola che richiami il
mistero;
e) recitazione una sola volta del i< Santa Maria>> e
della dossologia al termine della decina (il Gloria).
Riguardo ai misteri, sarebbe opportuno che quelli
attuali restassero la base, il punto di osservazione sugli
altri misteri.
L'importante è riscoprire i valori del Rosario, rimet-
tendoli in migliore evidenza senza escludere un aggiorna-
mento, capirlo anche oggi come un dono del Signore,
da non disprezzare, ma da rinnovare nella sua struttura
devozionale per meglio usarlo sul piano pastorale •>.
Il «nuovo Rosario » sarebbe in tal modo gradito anche
ai giovani, dal momento che verrebbe ad avere accen-
trati dei contenuti importanti e sostanziali come:
- la meditazione del mistero della salvezza
- la preghiera con le parole dirette della Bibbia
- la lode alla SS. Trinità.
Vogliamo lavorare anche noi per rimettere in
fiore il Rosario nei nostri Centri e nelle nostre
Famiglie?
Però niente vieta che facciamo qualche esperi-
mento ben preparato diretto a riportare il Rosario a
pregare con le parole del Vangelo,
Il Concilio nella Costituzione Liturgica ha di-
chiarato: « I pii esercizi del popolo cristiano,
purché conformi alle leggi della Chiesa, sono viva-
mente raccomandati» (n. 13).
GIANNA MARCffiTELLI
I 24 MAGGIO : FESTIVITÀ DI MARIA AUSILIATRICE
5J L..-- - - - - - - - - - - - - - - -- ---'

1.3 Page 3

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L'ADOZIONE INTERNAZIO-
NALE SI FA STRADA
Un'esperienza e una testimonianza di
amore senza confini
Si sente dire che una persona prima s1 innamora dell'idea dell'amore e
poi di una precisa persona fisica. A noi genitori accade la stessa cosa:
cominciamo con !"innamorarci dell'idea di un bambino e poi della crea-
tura in carne e ossa che si fa strada attraverso le generalizzazioni dei nost ri
sentimenti. Non abbiate paura, quest'amore personalizzato scaturirà in
voi più presto di quanto pensiate. In pochissimo tempo il bambino accolto
nella vostra casa finirà di essere « l'orfano asiatico che voi e vostra moglie
avete adottato», non sarà più né orfano, né asiatico, né adottato; alla fine
non sarà neppure più un qualsiasi bambino, ma apparirà ai vostri occhi
come un «se stesso» unico. insostituibile, inimitabile, mai visto prima
sulla terra.
JEAN DE HARTOG (da «Chr sono i nostri figli?»)
Il presente articolo, prevalente-
mente informativo, v-uol mettere al
corrente dell'esistenza e deU'efficienza
del Centro Nazionale per l'Ado-
zione Internazionale.
li CIA1 vuole facilitare e respon-
sabilizzare la scelta d'amore da parte
di persone che vogliono donare una
famig lia a un bambino non italiano.
Questa informazione potrà essere
utile al cooperatore per indixizzare
famiglie desiderose di compiere que-
sta scelta; e anche ai cooperatori
stess.i che, sensibili alle domande
che provengono dal mondo del sotto-
sviluppo non solo economico ma so-
prattutto culturale e morale, si vo-
gliono rendere disponibili pet una
esperienza di amore concreto e sem-
pre più indispensabile per la costru-
zione di una società nuova.
"
Non deve meravigliare se non
trattiamo della situazione sociale e
giuridica dell'adozione in Italia: tale
situazione, benché molto complessa,
dovrebbe essere nota a tutti almeno
in generale. Crediamo che non ci
si opponga la solita banale obiezione
di pensare troppo al Terzo Mondo
che è lontano dalla nostra Italia e di
trascurare i problemi che ci circon-
dano immediatamente, soprattutto
nelle «molte isole di sottosviluppo 1>
esistenti in ogni dove nell'Italia
stessa: perché non pensare prima di
tutto ai nostri bambini da adottare?
Ma l'adozione del bambino non
è un problema di semplice tecnica
giuridico-sociale. L'adozione del bam-
bino, per essere vera, perché si
instauri un vero rapporto di paterni-
tà-figliolanza, è in se stessa prima
di tutto <1 un'esperienza di amore,
di donazione pura >> e come tale non
può avere confini e tanto meno può
essere limitata entro i confini geo-
grafici della propria terra. È inoltre
un'esperienza di libertà "in quanto
emerge dalla scelta interiore di due
persone che prendono coscienza in-
sieme della responsabilità nei con-
fronti delle ingiustizie presenti nella
società attuale e si rendono insieme
disponibili per una azione efficace e
concreta. Una tale esperienza è
capace di far tacere ogni gretta ed
egoistica considerazione e dare in
anticipo una risposta a quei politici
o burocrati che siano, che si ac-
contentano di parole dette o scritte
nei regolamenti o anche nei rispet-
tabili annali dei decreti e delle leggi.
x. Nascita e finalità del CIAI
(Centro Ital. per l'Adozione Internaz.)
Quando •nel novembre 1966 un
gruppo di famiglie appartenenti alla
sezione lombarda dell'Associazione
Nazionale Famiglie Adottive (ANFA),
iniziò ad affrontare concretamente
i problemi connessi alla adozione
internazionale, poté usufruire deUa
lunga esperienza in questo campo di
molte altre organizzazioni già esistenti
in diversi paesi: negli USA la Wel-
come House, la National Catholic
Welfare Conference e l'Holt Adop-
tion Program; nel Canada l'Open
Door Society; in Inghilterra il Viet-
nam Orphans Program; in Svizzera
Terres des Hommes.
Nella fase di studio i promotori
Jel Centro approfondirono con una
accurata indagine le motivazioni pre-
senti in queste varie organizzazioni.
Risultarono fondamentalmente due
i motivi ispiratori dei vari organismi:
I. la continua diminuzione nei
Paesi economicamente più svilup-
pati deU'occidente di bambini adot-
tabili e, al tempo stesso, il continuo
aumento di famiglie che desiderano
adottare;
2 . cercare una famiglia valida per il
bambino che ne è privo e che, nel
suo Paese, non ha una ragionevole
speranza di poter essere adottato.
Nella prima motivazione viene
affrontato il problema del/'adulto (sod-
disfare il bisogno affettivo e il
desiderio di maternità e paternità
dell'aspirante genitore); nella se-
conda motivazione la prospettiva è
opposta e riguarda il bi-sogno del
bambino.
Il CJ AI, che si costituì ufficial-
mente nel dicembre del r967, si è
posto nella seconda prospettiva senza
trascurare naturalmente la comples-
sità dei problemi connessi. .Non
bisogna dimenticare però che -la, sua '51

1.4 Page 4

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finalità preminente è quella di <1 stu- sarà il bambino che sceglierà i suoi Behan del CIAI (dopo aver visitato
diare situazioni di abbandono dei genitori tramite gli: esperti del CI.AI. i 4 istituti di Bombay, in cui vivono
minori nei Paesi dove si verifiuu10, Il CIAI fornisce tutta la docu- i bambini che vengono adottati da
e promuovere ogni attività diretta aientazione del bambino e mostra famiglie italiane):
alla adozione del bambino nei loro la fotografia di esso soltanto dopo «Si verifica che i bambini che
stessi Paesi>>.
che gli aspiranti genitori hanno ac- riescono a mangiare più in fretta
L 'adozione dei bambini stranieri cettato di buon grado il bambino rubano il cibo ai compagni più
in stato di abbandono da parte di loro proposto dagii esperti. A questo deboli e meno svelti... I bambini più
famiglie italiane è solo uno degli punto ha inizio la fase decisiva del- piccoli, in genere, restano tutto i]
scopi e nemmeno il principale. Tut- l'adozione con lo svolgimento del- giorno in uno stesso ambiente (dormi-
tavia il Centro in questi anni ha dato 1'azione legale presso la magistra- torio) situato al piano superiore
una famiglia a un centinaio di bambini tura del Paese di origine del bambino dell'istituto, completamente isolati e
indiani e coreani in stato di abban-
dono nel loro paese di origine:
sono questi i due Paesi (India e
Corea del Sud) di cui il CIAI si
interessa particolarmente.
2. Come adottare un bam-
bino straniero in Italia
Chi desidera adottare un bambino
straniero tramite il CIAI deve inol-
trare domanda scritta indirizzata a:
CIAI, viale Brenta, 7 - 20139 Milano.
- Vi sarà uno scambio di corri-
spondenza e richiesta di documenti
e quindi un primo incontro collettivo
assieme ad altre coppie che hanno
fatto la stessa richiesta e ad alcune
che han.no già adottato. Si tratta di
uno scambio di notizie al fine di
prendere coscienza reale del pro-
blema. Segue un colloquio con uno
psicologo. Se l'esito è positivo la
coppia verrà visitata da una as-
sistente sociale.
Dopo queste varie fasi (che sono
per il decreto di tutela alla coppia
richiedente e la pratica relativa al-
1'ingresso del minore in Italia. La
spesa totale ( dalla domanda all'ar-
rivo del bambino), interamente a
carico dell'adottante, è di mezzo
milione circa. D bambino sarà ri-
conosciuto (secondo la citata legge
sulla Adozione Speciale) figlio degli
adottanti e cittadino italiano dopo
un anno se i coniugi non hanno
figli , dopo tre anni se hanno già
figli.
Dall'India e dalla Corea vengono
segnalati al CIAI bambini la cui
età varia da circa 8 mesi a non più
di tre anni. Non dovrà sembrare
troppo se l'adozione internazionale
potrà essere perfezionata normal-
mente entro sei-otto mesi dall'ac-
cettazione della domanda: per dare
alla luce un figlio ne occorrono nove.
Adottare im bambino è come gene-
rarlo attraverso una gravidanza ide-
ale si, ma non meno vera e sofferta
di quella consueta.
senza nessuna possibilità di gioco
o di contatto umano... Il momento
della sera, quando i bambini devono
addormentarsi, è il più triste e com-
movente della giornata. È stato ter-
ribile, una sera, trovanni con sei
bambini in braccio e con gli altri che
te11tavano dz"speratamente di avere un
posto accanto a me o almeno di toc-
carmi. Il bisogno di amore, di ap-
partenere a qualcuno, si fa più vivo
e tragico quando viene la sera... ».
Se da quanto detto precedente-
mente ci si è preparati e si prende
coscienza del bisogno di cure e di
amore del bambino, il suo arrivo
non potrà non essere che un incontro
di amore. L'esperienza dice che gli
inserimenti nella nuova famiglia sono
stati di reciproca soddisfazione per
l'adottato e gli adottanti, che l'ac-
cettazione è stata sempre piena per
il bambino e per i suoi genitori. Se
l'esperienza italiana, ancora troppo
recente, non può dare una indica-
zione decisiva, è tuttavia consolante
altrettante selezioni) risulta che viene
constatare che di oltre 4 mila adozioni
accettata una domanda Slt trenta.
La convinzione che sia più facile
adottare un bambino straniero che
un bambino italiano è errata, per due
3. I bambini : loro situa-
zione e inserimento nella
famiglia adottante
di bambini coreani, curate dall'Holt
Adoption negli USA, solo 53 non sono
andate a buon termine. Una pro-
babilità di sconfitta dell' r ,3 per cento
motivi:
può essere ritenuto un rischio ra-
r. le segnalazioni di bambini in
stato di abbandono che il CIAI
riceve dalla Corea e dall'India non
sono numerose;
È facile ritrovarsi tra le braccia una
creatura che ha bisogno di molte
cure e di una alimentazione attenta.
Il 10% di bambini che giungono
in Ita~a ha bisogno di cure ospeda-
gionevole e accettabile. Il risultato
positivo dell'adozione dipenderà in
parte dalla sicurezza che i genitori
riusciranno a comunicare al bambino,
in parte dall'evoluzione della società
2. la coppia che intende adottare liere e mediche nelle prime set- e dai suoi pregiudizi razziali o meno
un bambino di altro paese deve
avere una preparazione non comune.
Vengono prese in considerazione
soltanto le domande di famiglie
complete (con o senza figli) e i
cui richiedenti rispondano ai re-
quisiti richiesti dalla legge 5 giugno
1967 sull'adozione speciale (uniti in
matrimonio da almeno cinque anni
- l'età degli adottanti deve superare
timane.
Molti di essi soffrono le conseguen-
ze di una malnutrizione proprio nei
primi mesi di vita. Quelli che, più
fortunati, sono ricoverati negli isti-
tuti di assistenza dei loro Paesi
vengono nutriti prevalentemente con
latte in polvere, pappa a base di
riso e con del pane. Raramente l'isti-
tuto dispone di altri alimenti quali
e dalla personalità del bambino.
Concludendo si deve ricordare che
l'adozione internazionale non deve
essere una decisione suggerita da
impulso sentimentale o pietistico, da
motivi ideologici o da tentazioni
snobistiche, ma una lucida scelta di
amore. In questo caso non sarà un'av-
ventura né per il bambino né per la
di almeno venti e di non più di 45
anni l'età dell'adottando). Come si
è detto sopra, la prima preoccupa-
frutta, verdure, carni, comunque
distribuiti in piccolissime dosi.
E soprattutto soffrono la mancanza
famiglia che l'accoglie e lo fa suo,
ma un felice incontro compiuto dopo
attenta riflessione e in piena con-
I
I. zione del CIAI è il bambino; perciò di affetto più necessario del cibo. sapevolezza.
52 noo sarà la coppia a sceglierlo ma Riferisce l'assistente sociale Imelda
DON ANG ELO PANDIMI GLIO

1.5 Page 5

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GIORNALISTI:
COME SI DIVENTA
<< Giornalisti si nasce, non si diventa >> furono le parole
di un anziano giornalista che incontrai quando fre-
quentavo, vent'anni fa, iJ corso di specializzazione
giornalistica all'Università «Pro Deo >> di Roma, allora
in via Castel-fidardo. Ritenni quello <<slogan >>più un'eti-
chetta per scoraggiare i giovani, per mantenere chiusa
la casta dei privilegiati e degli arrivati che un modo ele-
gante ed energico per schernire i discepoli e gli insegnanti
di qualsivoglia << scuola di giornalismo »di questo mondo.
Lui non aveva appreso niente sui libri o dalla voce degli
insegnanti: si era fatto da sé. Aveva imparato a cono-
scere tutti gli uffici di polizia degli ospedali cittadini,
tutti i commissariati, la questura centrale, aveva dovuto
imparare a mettere per primo le mani sul fonogramma
da portare in redazione. Aveva dovuto ascoltare mille
discorsi degli oratori più disparati. Ne aveva sentito di
cotte e di crude aJ Comune e nelle varie sale cittadine.
Discorsi, a volte inconcludenti, che non davano materia
per scrivere il pezzo << interessante 1> per l'esigentissimo
capo-cronaca che guardava sempre come se ti volesse
cacciar via da un momento all'altro. Lui che aveva _fiutato
l'odore degli inchiostri e del piombo della tipografia,
dopo tanto tempo. Che ne sanno gli studentelli delle
scuole di giornalismo di tutte le ansie, le fatiche, e la
vita frenetica, le delusioni di un povero <<giornalista »?
Quella del giornalista è una professione piena di sacri-
fici, che non va confusa e contraffatta con il cliché
imposto dai films americani, dai quali emerge la bohème
del vecchio giornalismo romantico fatto di caffè, di
discussioni, di chiacchere magari galanti, di improv-
visazione e di una generica genialità: il giornalista
acrobata, il giornalista poliziotto, il giornalista don-
giovanni irresistibile. Su questo punto ero proprio
d'accordo con lui.
Ma, allora, quali requisiti deve avere
un buon giornalista?
Undici direttori responsabili dei più qualificati gior-
nali italiani, interrogati sull' argomento, qualche anno
fa, daJla rivista Tempo, hanno dato le seguenti ri-
sposte (il numero fra parentesi significa quanti hanno
indicato Io stesso requisito): la chiarezza nelle idee
e nelle espressioni, cioè farsi capire dai lettori (5);
avere il senso della notizia cioè trattare la notizia meglio
degli aJtri, prima degli altri, con meno parole degli altri
(5); la capacità di legare con il pubblico cioè stimare
l'opinione pubblica (3); vivere nel proprio tempo (2);
avere la preparazione culturaJe e politica necessaria
per dare «gerarchia » e «proporzione >> ai vari avveni-
menti (2); essere curiosi (2); avere forte e rapido potere
di sintesi (2); essere convinti delle proprie idee {l);
essere fedeli aJla notizia ed esatti nel formulare il titolo
(1); avere buon senso ed equilibrio (1); leggere molto,
interessarsi di tutto, frequentare tanta gente diversa,
conoscere la dattilografia e le lingue ( r); adoperare uu
linguaggio moderno, asciutto, onesto (1); avere spirito di
sacrificio nella ricerca ininterrotta della notizia (1) e
infine avere moderato amore per la propria firma (1).
I noltre, nell'ampio servizio citato, non mancavano
le posizioni polemiche da parte di tre giornalisti contro
le scuole di giornalismo. Per Italo Pietra «il giornalismo
è mestiere che si impara più dalla vita che da corsi spe-
ciaJi >>; lo stesso concetto esprimeva Nino Nutrizio:
<< non è a scuola che si impara a diventare buoni gior-
nalisti,>. Ferruccio Lanfranchi, infine, osservava che
«per il giornalismo occorre qualcosa di più: occorre
vocazione. Bisogna cioè possedere una dote che no.n
si impara a scuola: il senso della notizia, stimolato
da un acuto spirito di osservazione i>.
A queste affermazioni, che collimano con lo slogan
dell' anziano giornalista di vent'anni fa, si può osservare,
in generale, che l'esperienza anche in questo caso
insegna che tali affermazioni non sono del tutto esatte:
giornalisti si nasce nel senso che per questa, come per
quaJsiasi altra professione, occorre avere una vera e
propria vocazione, cioè una innata e particolare attitu-
dine psico-fisica; ma giornalista si diviene nel senso che
questa innata e grezza vocazione va affinata, coltivata,
irrobustita sia con una appropriata cultura, professional-
mente indirizzata, che con l'esercizio della professione.
1n particolare si può osservare ancora che l'utilità delle
scuole di giornalismo comincia ad essere ammessa anche 53

1.6 Page 6

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d~gli o!gaoi professionali, tanto è vero che il corso di
g1orn~hsm~ ~he si tiene presso l'Università di Urbi.no
ha ~li ausp1c1 della Fe~e~aziooe Nazionale della Stampa
Italiana e della Assoc1az1one della Stampa Emiliana.
A questo punto viene fuori
la domanda cruciale
I_l diplo~a ot.tenuto presso una d.e~e scuole di gior-
n~sm? e~1stent1 nel nostro paese abilita alla professione
g1ornahst1ca? Purtroppo no. In I talia attualiuente
n.on.es_iste la possibilità di diventare gio;nalisti profes~
s~omstl attraverso la frequenza a una scuola. Viene
rl!Darcato a questo proposito il carattere privatistico
d.1 quest_e scuole che, pertanto, non sono ufficialmente
nconos~rnte n~ dallo Stato né dalle organizzazioni di
categor~a. Oggi, per ottenere la qualifica di giornalista
profe~s10nista, non vi è che una sola strada: quella del
<e, prat)canta~o ~,. così. c?me è previsto dalla legge sul-
I Ordme dei G10rnahst~ d_el _20 f~bbra_io 1963. L'articolo
33 della predetta legge 1st1twsce il registro dei praticanti
nel quale possono essere i~critti su domanda, e dop~
«aver superato un esame dt cultura generale diretto ad
accertare l'atti~udine all'_esercizio della professione 1>,
coloro che abbtano compiuto almeno 18 anni di età e
c~e p~SS?no_ co!Ilp~ovare medi~nte .appo~ita dichiara-
z10ne l e~e.tttvo 1rnz10 della pratica g10rnalistica » presso
un 9.uotidiano o p~e~so il servizio giornalistico della
R.adio o. della TeleVJS)Onel o presso una agenzia quoti-
diana dt stampa a diffus10ne nazionale e con almeno
quattro giornalisti professionisti redattori ordinari
o presso un periodico a diffusione nazionale e con almen~
sei giornalisti pr?f~ssio~ti redattori ordinari 1> (art. 34).
. Dopo I~ mest il praticante, ottenuta una dichiara-
ZI~ne mot!vat.a . sulla attività giornalistica svolta, può
chiedere 1'1scrJZ1oue nell'elenco dei professionisti, previo
accertamento della. sua idoneità professionale, attra-
ver~o un esame. d1 Stato consistente «in una prova
scritta e orale d1 tec~c3: ~ pratica del giornalismo, in-
tegrata dalle norme g1und1che che hanno attinenza con
la mater~a d.el. giornalismo» (Art. 32).
~er l'1.scnz1one nell'elenco dei professionisti è ri
chiesta un'età non inferiore agli anni 21 (Art. 29).
Dallo stesso disposto legislativo
si ricava
che un giovane, il quale voglia seriamente intrapren-
dere la professione giornalistica, avrà molte più probabi-
lità di successo per essere assunto come praticante, e,
d?po il periodo di praticantato, per superare l'esame
di ~tat.o per l'iscrizione nell'elenco dei giornalisti pro-
fess1omst1, se avrà frequentato fruttuosamente una
scuola di giornalismo e conseguito il diploma finale.
Che il problema delle scuole di giornalismo non venga
sottov~utato dall'organizzazione di categoria è dimo-
strato, mfine, dal fatto che è da tempo allo studio l'isti-
tuzione di vere e proprie scuole di giornalismo ufficial-
mente riconosciute che qualifichino gli allievi alla pro-
fessione con un titolo di studio che abbia lo stesso valore
di u~a laurea_ e con un insegnall;ento, anche dal punto
di vista tecruco, tale da garanttre una reale idoneità
al lavoro che il giornalista dovrà poi svolgere nelle reda-
zioni o per il mondo.
S_e sono rose fioriranno, ma nel frattempo quei gio-
vam Cooperatori, che avvertono io sé quei requisiti
sopra elencati, si rivolgano alla sede più vicina di una
delle scuole di giornalismo segnalate a parte e chiedano i
programmi e tutte le indicazioni necessarie, memori
che attraverso il giornalismo si può svolgere una delle
più proficue attività apostoliche per l'avvento di Cristo
nella nostra società. 1n questo periodo di estrema con-
fus!one. ideologica occorrono .dei ~;iornalisti e degli
scntton che con la penna sappiano imitare Don Bosco
anche in questo campo. Pochi sanno che Don Bosco
intraprese la stampa di un giornale «L'Amico della
gioventù », che usciva quattro volte alla settill).ana.
L'idea che l'aveva mosso era quella di combattere l'im-
moralità della stampa del tempo, che arrecava un gravissi-
mo danno alla gioventù e di opporre al male un bene,
ma concretamente, secondo il suo stile.
Per far questo i Cooperatori interessati studino e si
preparino coscienziosamente in modo da «acquistare -
come esorta il decreto conciliare «Inter mirifica i> -
u11a completa formazione professionale vi:vificata di
spiri:to cristiano, particolarmente per iuanto riguarda
[a dottrina sociale della Chiesa >> (n. r5).
SALVATORE DI TOMMASO
LE SCUOLE DI GIORNALISMO
Gli istituti che attualmente possono favorire la pre-
parazione allo svolgimento dell'attività giornalistica
sono:
l'Università di Roma (Città Universitaria, p.le delle
Scienze).
Corso propedeutico e corso di applicazione.
1. L'Istituto Superiore di Scienze e Tecniche
dell'Opinione Pubblica dell'Università Internazio-
nale degli Studi Sociali "Pro Deo" (Roma, v.le Pola, 12).
Corsi biennali.
2. La Scuola Superiore delle Comunicazioni So-
ciali della Università Cattolica del S. Cuore (Milano,
v. S. Agnese, 2).
Legalmente riconosciuta con D. P. R. 13-8-' 66, n. 789.
Corsi biennali.
3. La Scuola di Tecniche dell'Informazione del-
l'Istituto Italiano di Pubblicismo, presso la Facoltà di
Scienze statistiche, demografiche ed attuariali del-
4. La Scuola superiore di Giornalismo dell'Uni-
versità di Urbino, sotto gli auspici della Federazione
Nazionale della Stampa Italiana e della Associazione
della Stampa Emiliana.
Corsi biennali.
5. L' Istituto Superiore di Giornalismo presso
l'Università degli Studi di Palermo.
I corsi si articolano in quattro anni.
6. La Scuola Italiana di giornalismo " Giampiero
Giordana" dell'Istituto Italiano Professioni Nuove
(Torino, Corso Vittorio Emanuele Il, 74).
Corsi biennali.
54

1.7 Page 7

▲back to top
PER TE DONNA
UNA PROFESSIONE CHE TI REALIZZA:
L•ASSISTENTE SANITARIA
VISITATRICE .
Indispensabile per una efficiente riforma
sanitaria
Nel presente articolo il Sac. Angelo Panclimiglio. diplomato i11 Scienze
Sociali, offre un contributo per l'orie11. .lmento professionale dei giovani nel
campo dell'assiste11za medico-sociale.
AI giovane cooperatore, e partico-
larmente alla giovane, è aperto un
vasto campo di impegno sociale e
apostolico: attraverso la professione
dell'assistenza sanitaria è possibile
contribuire all'educazione sanitaria,
morale e religiosa della gioventù
più povera.
Abbracciando la p rofessione di
Assistente Sanitaria Visitatrice la
giovane, che ha assimilato lo stile
educativo di Don Bosco, potrà vivere
pienamente il suo ideale di Coopera-
trice Salesiana prendendosi a cuore
specialmente i ragazzi più bisognosi
c << prevenendo » ogni foana di malat-
tia fisica, di djsadattamento sociale e
morale, che facilmente colpiscono
questi giovani così poco difesi.
Premessa etico-sociale :
la salute e la vita
(< Salute e vita sono strettamente
legati, nel senso che la salute rap-
presenta l'insieme delle possibilità che
consentono alla vita di sussistere
e di svilupparsi. Se la vita è lo sforzo
spontaneo di difesa e di lotta contro
tutto ciò che può turbarla, intral-
ciare il suo espandersi..., la salute
rappresenta tutto ciò che vi è di ca-
pacità per mantenere, conservare,
promuovere questa vita. (< (H. Col-
lière: <t Le funzioni dell'infermiera
di Sa11ità PubbNca 1> in «Fede e
Professione » nov. r965, p. 268).
Per migliaia di anni la salute è
stata considerata soltanto in un
senso negativo e quindi statico, e
cioè come semplice difesa e lotta
contro le malattie e gli incideotj di
ogni genere, contro situazioni di
miseria, di abbandono, di fame e
via dicendo. E tali sono stati di
conseguenza gli obiettivi fondamen-
tali di ogni politica sanitaria: conser-
vazione più che promozione.
Ma, almeno nelle regioni a civiltà
occidentale, dietro la ricerca e le
parziali attuazioni di un programma
economico culturale e sociale di
progresso e di sviluppo, si è venuto
affermando il concetto positivo e
dinamico di salute intesa come piena
maturazione della persona umana
nelle sue capacità fisico~biologiche,
mentali e sociali. Di qui la sentita
esigenza che l'azione politica nel
campo di Sanità Pubblica, mentre
perfeziona e rende sempre più effi-
cienti i mezzi di difesa e di lotta
contro i nemici della salute, dilati
«l'insieme delle risorse economiche,
educative, sociali, culturali e religiose,
affinché ogni individuo possa tro-
vare la possibilità di realizzare la
propria vita, in funzione delle pro-
prie attitudini e delle proprie aspira-
zioni e perché tutto il gruppo sociale
possa progredire t (o. c., p. 269). Pro-
muovere, dunque, oltre che con-
servare la salute.
È chiaro che, in rapporto all'am-
pljarsi delle _finalità sanitarie, anche
le funzioni delle professioni infer-
mieristiche vengono modificandosi:
curare significherà sì azione tera-
peutica appropriata, ma più ancora
<< aiutare a vivere >>, «aiutare a realiz-
zare pienamente la propria vita)).
Di conseguenza la funzione delle in-
fermiere di Sanità Pubblica non sarà
pitì soltanto quella di avvicinare e
curare gli infermi ma anche quella
di prevenire, orientare, istruire, edu-
care, creare insomma l'ambiente adat-
to al pieno sviluppo dell'individuo,
della famiglia, del gruppo sociale.
L 'Assistente Sanitaria Visitatrice,
tra le professioni esistenti, è quella
che maggiormente può collaborare
all'attuazione di questo obiettivo e-
tico-sociale.
Il problema sanitario
attuale
Con l'attuazione della << sicurezza
sociale >> in campo sanitario ogni cit-
tadino avrà il diritto di essere seguito
( <i da1la nascita alla morte >>) nella
prevenzione e nella lotta contro ogni
forma di malattia. Con la riforma
in discussione ogni «unità sanitaria
locale >> dovrà seguire da vicino una
popolazione di 50.000 persone, non
soltanto con l'assistenza in caso di
malattia o necessità di ricovero ma
anche impostando su criteri modernj
gli attuali saltuari interventi di me-
dicina preventiva. È chiaro che tutto 55

1.8 Page 8

▲back to top
non ci si può aspettare dai medici:
nell'opera assistenziale è insostitui-
bile l'intervento di altre persone,
adeguatamente preparate che, nel
quadro della legislazione, vengono
ad esercitare «le professioni ausi-
liarie della medicina». A questa ca-
tegoria di persone appartengono le
Vigilatrici di infanzia, le Infermiere
Professionali, le Assistenti Sanita-
rie Visitatrici (T. U. Leggi Sanitarie
27-7-'34 n. 130-r38). Per quanto
riguarda le A. S. Visitatrici (che qui
ci interessano particolarmente) si
prevede che ne saranno inserite
fino a 9 per ogni unità sanitaria lo-
cale.
Oggi le A. S. V. sono pochissime;
se quindi la riforma si attuerà la
richiesta sarà notevolissirna. Tenendo
conto che quelle che attualmente
si diplomano non coprono il fabbi-
sogno della società e quindi vengono
immediatamente assorbite dai vari
enti (comuni per le scuole, uffici
di igiene, ambulatori, ospedali, colo-
nie, industrie, ONMI per i suoi
centri, i nidi di infanzia, ecc.), le
sole unità locali necessiterebbero al
loro nascere di circa 10.000 As-
sistenti Visitatrici.
Si fa notare tuttavia che le Unità
Sanitarie Locali, raggruppando le
attività di medicina preventiva e
di quella curativa extra-ospedaliera,
che attualmente vengono svolte da vari
degli enti nominati, assorbiranno
le A. S . V. impiegate in tali enti.
Ma La richiesta egualmente non ri-
sulterebbe di molto inferiore alla
cifra suddetta.
Raccogliendo informazioni in am-
bienti competenti, sia governativi
come scolastici e professionali, sem-
bra di poter affermare che, per far
fronte alla richiesta da parte della
Comunità Nazionale di tale preziosa
opera, per incoraggiare giovani donne
ad abbracciare una professione di
così alto valore morale, bisognerà
agire in tre direzioni:
- Sensibilizzazione sugli ideali e
sulle mansioni professionali
- Adeguata riforma scolastica
- Trattamento giuridico-econo-
mico degno delle alte responsabilità
che le A. S. V. vengono ad assumersi.
Ideali dell'A. S. V.
L'A. S. V. è una professionista
che opera nel campo dell'igiene
pubblica e della medicina sociale.
La sua azione di educazione sanita-
ria tende ad assicurare meglio ad ogni
cittadino il bene supremo della salute,
a promuo".ere la sanità psichi~a_ e
56 fisica del smgolo e della collettIVJtà,
a formare la coscienza 1g1emca nel
popolo, insegnando a prevenire le
malattie e le invalidità: è il suo
contributo per la costruzione di una
società più sana fisicamente e mo-
ralmente.
Questo tipo di assistenza sanitaria
produce << quell'afflato di solidarietà,
quell'indispensabile costante rapporto
tra medico e malato, che si instaura
attraverso l'anello di congiunzione
del personale sanitario ausiliario,>
ed esercita presso i gruppi familiari
<< un'opera capillare attenta ed as-
sidua •> per aiutare ciascuna persona
e fami~lia a risolvere i loro problemi
sanitan. (Cfr. Muzzetto, << Assistenti
Sanitarie ecc. Notiziario della Am-
m.ne San., Nov. 1965 pp. 641-650).
L'A. S. V. si trova così in una
posizione privilegiata per conoscere i
grossi problemi sociali, per seguire i
fenomeni di cambiamento, per ca-
pire le sempre nuove e crescenti
esigenze assistenziali e morali. Sarà
perciò capace come «esperta ,, di
indicare anche tecnicamente dei sug-
gerimenti per le migliori politiche
di intervento nell'organizzazione e
nel funzionamento dei servizi sani-
tari-sociali che Io Stato offre ai cit-
tadini.
Se l'A. S. V., quale persona respon-
sabile, svolgerà questo ruolo sociale
con l'atte~giamento di servizio e di
disponibilità, se tenderà ad elevare
anche moralmente e religiosamente le
persone e le famiglie visitate, tale
professione potrà configurarsi come
una vera missione umanitaria e
cristiana. Così si esprimono un gruppo
di A. S. V. di un grosso Comune che
hanno assunto con convinzione e
dedizione la loro professione:
« Siamo delle vere entusiaste so-
stenitrici di questa professione, per-
ché più la si svolge e la si approfon-
disce più ci accorgiamo quale bel-
lissima attività essa sia, senza dubbio
una tra le più valide e complete per
una donna» (Da Corriere della Sera,
25 Nov. 1970 p. u).
Mansioni dell'A. S. V.
L'A. S. V. opera attualmente alle
dipendenze dei servizi di Sanità Pub-
blica e delle Istituzioni medico-
sociali quali:
- Il Ministero della Sanità e
gli uffici dei Medici Provinciali
- l'ONMI (nelle amministrazioni
di zona e nei consultori)
- i Disrensari Provinciali
- gli uffici di igiene comunale
- le scuole, le fabbriche, gli
ospedali, ecc.
Il suo lavoro si svolge all'interno
e all'esterno dei servizi attraverso
il colloquio, la visita domiciliaria,
le inchieste e l' educazione sanitaria
individuale e di gruppo. Le sue
mansioni sono svariatissime (anche
per il fatto che è infermiera profes-
sionista): accetta i pazienti e i clienti
nei diversi servizi; raccoglie i dati
(personali e familiari)_ utili .per. l'~-
rientamento della diagnosi.; mvia
ai relativi laboratori per esami dia-
gnostici il materiale raccolto; èse-
guisce vac_cinazioni; interviene ii! caso
di necessità (pronto soccorso, mter-
venti tempestivi in caso di calamità
naturali, terremoti, epidemie, ecc.),
secondo le competenze, per som-
ministrare farmaci, medicare, ecc.;
co11trolla individui e gruppi per ac-
certare l'igiene personale e sociale;
assiste il medico per visite di ammis-
sione, di controllo e periodiche (nelle
scuole, fabbriche, aziende); controlla
e ispez,:ona l'igiene del!'ambiente (case,
scuole, colonie); visita a domicilio
i dimessi dai vari istituti ospedalieri...
e svolge altre attività di carattere
tecnico, amministrativo e sociale (rac-
colta di documenti sanitari, dati
statlstlc1, indagini di massa).
Altro compito importante della
A. S. V. è il contributo che, ricca delle
esperienze di cui sopra, è io dovere
di dare alla ricerca nel campo della
medicina p,-eventiva e alla messa in
opera del programma di sanità pub-
blica. Tale collaborazione si attua in
due sensi:
- osservando e indirizzando

1.9 Page 9

▲back to top
singoli e le famiglie verso le istitu-
zioni adatte e competenti;
- raccogliendo e t rasmettendo le
sue osservazioni a chi di dovere per
provocare e sollecitare gli interventi
necessari. (111/ormazioni concesse diret-
tamente e gentilmente dalle Dirigenti
della Sc~ola Specializzata per A. S. V.
ONARMO - Roma)
Nello svolgimento di queste man-
sioni l'A. S. V. deve calare gli ideali
propri della sua professione tenendo
sempre di mira i seguenti obiettivi:
- educare e informare;
- completare e chiarificare le co-
noscenze già possedute, in campo
sanitario, dalla singola persona e
dalla famiglia;
- portare gli interessati ad ac-
cettare le cure, modificare il loro
comportamento, analizzare i propri
problemi.
L'iter
scolastico-professionale
.L'iter scolastico per accedere alla
professione di A. S. V. è attual-
mente il seguente:
dopo tre anni di scuole post-ele-
mentari e il conseguimento del cor-
rispondente titolo di studio; dopo
2 anni di frequenza in apposite
scuole professionali, dove si con-
segue il diploma di Stato di L1-
fermiera Professionale, si deve esple-
tare un corso di specializzazione della
durata di 11.11 anno. 20 anni l'età
crumma e 38 la massima per essere
ammessi a q uesto corso. Al termine
di detto anno si svolgono gli esami
per conseguire il diploma di A. S. V.
L'insegnamento è teorico-pratico
e si svolge mediante lezioni, seminari,
discussioni, ricerche, visite, tirocini
professionali. È notizia recente che,
nello sforzo di rispondere più ade-
guatamente alle urgenti necessità di
assistenza sanitaria si è giunti al
decreto-legge 19/91 : esso p revede
l'abolizione dell'obbligo d i convi.tta-
mento per i due anni dei corsi profes-
sionali per I nfermiera Professionale
e l' estensione (daJ 1973-74) da tre
a cinque anni di obbligo scolastico
post-elementare. Altra novità di ri-
lievo è che il medesimo decreto
estende anche al personale maschile
(finora qualificato come << I nfermiere
Generico») la <(professione» infer-
mieristica.
Sorvoliamo nel presente articolo
considerazioni di ordine pratico sia
sulla r iforma scolastica in atto sia
sul riassetto della carriera profes-
sionale, sotto il profilo giuridico-eco-
nomico, nella speranza che la p resente
legge sia soltanto l'inizio di una ri-
forma globale e che le leggi che se-
guirarmo nel campo sanitario ap-
portino incentivi di carattere eco-
nomico-sociale e cancellino defini-
tivamente certi squilibri e sperequa-
zioni che forse sono all'origine di una
insufficiente risposta della donna ad
abbracciare questa professione ormai
resa indispensabile per una effi-
ciente riforma sanitaria.
Concludendo, si vorrebbero in-
coraggiare le giovan i a intraprendere
tale professione, del resto così adatta
alla loro sensibilità e alle Loro ri-
sorse di dedizione, movendo dai
valori ideali contenuti in quel contatto
umano che, in tale professione, si
ha la possibilità di sperimentare
ogni giorno con l'operare per conser-
vare la salute pubblica e per pro-
muovere l'elevamento della persona
umana. Le giovani poi che sentono
La vita e la professione come voca-
zione e missione cristiana, partendo
da questi presupposti umani possono
comunicare direttamente con le per-
sone e orientarle a una più profonda
sicurezza nella vita, a una più vera
speranza: quella cristiana.
Le scuole attualmente funzio-
nanti in Italia per la formazione
cli A. S. V. sono 28 nelle seguenti
città:
Ancona - Bari - Bologna - Bolzano -
Brescia - Brindisi - Cagliari Catan-
zaro - Cre mona - Firenze - S. Gio-
vanni Rotondo (Foggia) - Genova -
Gorizia - Milano - Napoli - Padova -
Palermo - Pisa (ONARMO) - Roma
(ONARMO - CRI) - Torino - Trevis o
- Trieste - Udine - Pordenone - Ve-
nezia - Verona - Vicenza.
Le scuole sono sotto la respon-
s-abilità degli Enti Ospedalieri,
della CRI e due dell'ONARMO. 57

1.10 Page 10

▲back to top
ESCONO DAL CARCERE:
che possiatno fare
per loro?
Si deve constatare che troppo spesso nella società at-
tuale i giovani che più si trovano in abbandono sono
quelli che più vengono trascurati. Esempio tipico di tale
situazione è data dal modo con cu1: la società e lo
Stato affrontano il problema della <f delinquenza•> (se
ancora regge il termine) minorile e della corrispettiva
terapeutica sociale nelle case di «rieducazione•> (termine
anche questo ambiguo: c'è di /atti da dubitare se mai
questi giov,mi abbiano ricevuto degli orientamenti educa-
tivi e dunque se sono da ri-educare e non invece da
«orientare •>). Tuttavia lasàando da parte il discorso,
pur esso signifi.cativo, su tale terminologia convenzionale,
si può leggere con frutto la seguente risposta dell'avvo-
cato Pirrone alla nostra domanda di come concretamente
potrebbe attuarsi, da parte di Cooperatori che si sentono
chiamati a questo, 1m intervellto nel campo dell'« assi-
stenza >> post-carceraria.
Assistenza del minore
dimesso dalla Casa di ri educazione
o dalla prigione-scuola
Il problema del minore è stato sempre di grande
interesse e di particolare attualità in ogni momento
storico. Esso è un problema sociale e umano nel con-
tempo, perché il minore Ì! una creatura umana che
attende dalla società guida, esempio e aiuto.
Il minore disadattato è pertanto colui che dalla società
e dalla famiglia non ha avuto il necessario aiuto e si
trova spesso a trascorrere un certo periodo più o meao
lungo in Istituto di rieducazione per il suo comporta-
meato irregolare e ancora peggio in istituto di pena,
denominato prigione-scuola, ogni volta questi è rite-
nuto responsabile di una violazione alla norma di diritto
penale e precisamente per la commissione di un fatto
che incide notevolmente nei rapporti collettivi e sociali.
La permanenza di questi nell'uno e nell'altro tipo di
istituto dovrebbe servire a rieducare spiritualmente e
moralmente quel soggetto.
Ma spesso vediamo che le misure rieducative o l'e-
spiazione di una pena anziché modificare il comporta-
mento e la personalità peggiorano quel soggetto.
Perché tali organismi preposti per uno scopo alta-
mente educativo e sociale non sono capaci di assolvere
le finalità indicate dalla norma istitutiva?
Forse perché il minore in quegli istituti aon trova i
mezzi adatti alla sua rieducazione morale e spirit uale,
forse perché non trova comprensione e affetto, forse
perché esso stesso è diffidente per quanto di cattivo la
società gli ha dato, in quanto la poca sensibilità e il
58 cattivo esempio che la società ha dato alla gioventù
sono certo la causa preminente e determinante del loro
disadattamento. I mezzi attuali a disposizione del minore
nel momento della sua d.imissione dall'istituto di rieduca-
zione o dalla prigione-scuola preposti a tale scopo sono:
1. Comitato di Assistenza minorile presso tutte le
Preture.
2. Centri di Tutela Minorile presso i Tribunali e le
Corti di Appello.
Tali organismi che avrebbero una grande importanza
nel problema rieducativo del minore non riescono a
curare e a .fronteggiare il delicato settore, perché il più
spesso sono una espressione astratta e teorica.
Di fronte a tale problema veramente urgente sorge
nel nostro animo spontaneo l'interrogativo: cosa deve
e può fare il cooperatore salesiano per il minore che si
trova in tale situazione ?
Il cooperatore salesiano deve vedere nel minore
e specie in quel soggetto che è stato in istituto di rieduca-
zione o nella prigione-scuola una creatura umana verso
la quale ha il dovere di dare il suo aiuto e la sua assi-
stenza dimostrandogli nel contempo affetto e compren-
sione.
In tale visione umana e cristiana deve essere visto il
problema della gioventù disadattata di oggi.
A tale premessa segue il preminente aiuto che il
cooperatore salesiano può e deve dare a tali soggetti
determinato da una costante e fervida preghiera per la
salvezza della gioventù che è in continuo pericolo.
Ai cennati presupposti di carattere spirituale e umano
aggiungiamo altri elementi utili e pratici per l'assistenza
del minore sopra indicato.
Il cooperatore salesiano potrebbe prendere l'inizia-
tiva di offrire la sua collaborazione ai Comitati di As-
sistenza Minorile, che dovrebbero per legge esistere
presso tutte le Preture dello Stato e ai Centri di Tutela
Minorile presso i Tribunalj e le Corti di Appello. Tali
org~nismi avrebbe(O lo scopo, i primi di assistere i
minorenni al ritorno in famiglia dopo la dimissione dalle
case di rieducazione o durante la licenza; di agevolarli,
ove occorra, nel trovare stabile lavoro; i secondi di
provvedere all'assistenza giuridica e morale ai minorenni
con particolare riguardo ai minori abbandonati, a quelli
in pericolo morale, ai dimessi dagli istituti minorili di
prevenzione e pena; e all'assistenza morale e giuridica
alle madri nubili.
Al:fìne di creare un rapporto amichevole con il minore,
il cooperatore, sia facente parte degli organismi sopra
indicati, sia come persona a cui sta a cuore l'assistenza
sociale del minore, potrebbe chiedere relativa autoriz-
zazione alla direzione degli istituti di rieducazione o
alla direzione della prigione-scuola per visitare quei
minori ivi ricoverati.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
... Chi sa, dicevo tra me, se questi giovanetti
avessero un amico che si prendesse cura di
loro, li assistesse e li istruisse nella religione
nei giorni festivi, chi sa se non potrebbero
tenersi lontani dalla rovina o almeno dimi-
mlÌre il numero di coloro che tornano in
carcere?
DO N BOSCO
Quel rapporto di amicizia creato dal cooperatore
durante la permanenza del minore nell'istituto di riedu-
cazione o nella prigione-scuola renderebbe più a~evole
il suo interessamento nei confronti del cennato m111ore,
il quale appena messo in libertà potrebbe essere aiutato
nella ricerca di un lavoro confacente alle sue attitudini
e alla sua capacità. Il cooperatore curerà nel contempo
di assistere il minore e con affetto e comprensione
al fine del suo reinserimento nella società con quella
responsabilità che ogni soggetto deve avere. In tale
nobile attività potrebbe chiedere eventualmente l'aiuto,
oltre che agli organismi già indicati, e specificatan1ente
preposti a tale missione, al Servizio Sociale Minorile
presso il Tribunale per i minorenni, nonché alla dire-
zione Ente Morale del Fanciullo costituita presso ogni
provincia.
Per una maggiore facilità nell'assolvimento di tale
missione, egli potrebbe chiedere al Tribunale per i
minorenni l'affidamento provvisorio del minore.
Penso che questo sopra indicato potrebbe essere di
proficuo aiuto per il minore nel suo procedimento rie-
ducativo e nel suo reinserimento sociale e familiare.
AVV. SALVATORE PIRRONE
Ci permettiamo di aggiungere una nota a quanto, con
vera competenza, è stato detto dall'avv. Pirrone. È
chiaro che seguire da vicino un giovane, il quale, nel
cercare di inserirsi nella società, anziché trovarsi «ri-
educato * si trova « disorientato », è una scelta di per-
sone responsabili, consapevoli cioè di fare non un'opera
«caritatevole>> a modo di hobby apostolico o umanitario.
Il cooperatore che sceglie di dedicarsi a questo tipo di
intervento sociale deve misurare le sue capacità e la sua
preparazione pedagogico-sociale. La mentalità con la
quale si avvicinerà al giovane bisognoso di orientamenti
morali- pratici non può essere quello del «donatore•>,
del moralizzatore», del <! paternalista» (vorrei dire del
«colonizzatore>>) ma dovrà essere improntata a vero
e servizievole amore che non attende ricompense, ri-
conoscenza, espansioni affettive e via dicendo. La per-
sona amica che segue questo giovane deve tendere a
renderlo indipendente e quindi renderlo cosciente delle
sue energie e delle sue capacità morali e sociali. Questo
esige il più grande disinteresse personale, e un'opera
costante e paziente che non pretende risultati immediati,
ma sa attendere; questo richiede una profonda cono-
scenza del mondo e della psicologia giovanile non da
un semplice punto di vista teorico ma soprattutto pra-
tico; questo investe gli atteggiamenti e le scelte anche
personali di tale educatore per la soluzione dei pro-
blemi di quella soàetà che deve la.sciar spazio a questi
giovaui non << rieducati >> ma da orientare praticamente
nella vita.
A. P.
L'autore ha pubbl. il volumetto: << Problemi giuridici e so ciali del m inore» - Catania, Tip. Ospizio di beneficenza, 1967.
Utilissimo anche il fascicolo: DANTE Dossi, « Mio fratello è in carcere» - Salesiani - Arese (Milano).
RICHIESTA REFERENDUM: a che punto siamo?
La campagna relativa alla rac-
colta delle firme per indire il
Referendum sul divorzio è in
pieno svolgimento in tutta Italia.
L'esito di questa attività si conoscerà
soltanto dopo il 10 giugno 1971,
giorno in cui la sottoscrizione ter-
minerà a norma di legge.
E se non si raggiungesse il numero
delle firme legali 7 Data la gravità
del problema, portiamo il nostro con-
tributo domandandoci innanzitutto:
Ho poSto la mia firma 7
e poi:
Ho indirizzato al Responsabile lo-
cale del Comitato Nazionale Re-
ferendum sul Divorzio:
miei fa miliari 7
miei fratelli 7
miei amici7
miei vicini di casa 7
i colleghi dell'ambiente dove svol-
go le mie funzioni 7
Ho poSto e discusso il problema
nel mio Centro 7
Tutto questo va fatto immedia-
tamente I
La famiglia è un tesoro noi
laici.
Non aspettiamo che altri ci di-
fendano questo patrimonio: po-
trebbero non essere interessati I
59

2.2 Page 12

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RISPOSTE ALLA POR
PER I DIVORZISTI
L'anno scorso nelle scuole elementari d'Italia venne assegnato agli alunni tm
tema dal titolo : Chi distrugge un nido, vuota il cielo.
Singolare il titolo, ricco di motivi educativi l'argomento.
Contemporaneamente si discute'l)a in Parlamento la legge mila introduzfone
del divorzio in Italia.
Un nido vuoto è triste come il cielo privo del cinguettio degli uccelli.
Premesse
1. Esistono numerose situazion.i
familiari incresciose, che destano
grande compassione ed esigono da
noi massima comprensione. La Chiesa
è consapevole e ne soffre.
2 . Noi cattolici I taliani opponendoci
al divorzio, agiamo soprattutto come
cittadini. Siamo certi infatti che il
divorzio è un danno gravissimo anche
per la Nazione (oltre che per la
Chiesa italiana). Come cooperatori
intendiamo poi difendere quella gio-
ventù alla quale ci dedichiamo.
3. Distinguere tra «piccolo 1> e
<1 grande divorzio >> è un fatto com-
prensibile ma inammissibile. (Se la
legge può consentire un solo di-
vorzio vuol di.re che ritiene il matri-
monio non indissolubile e allora
deve consentirlo a tutti i possibili
casi. La possibilità di fare il divorzio
se fosse in sé ammissibile, non po-
trebbe essere coartata dalla legge.
Si tratterebbe di un di.ritto fonda-
mentale alla libertà... (Gabrio Lom-
bardi - <1 Coscienza >> 10-,966).
Se il divorzio infatti è oggettiva-
mente un male, lo è sempre e quindi
non è mai lecito (così come la bestem-
mia, intrinsecamente perversa, io
nessun caso è lecita).
4. È bene conoscere il contenuto
e l'estensione della legge Fortuna-
Baslini giudicata la più ampia tra
le leggi in vigore negli stati divorzisti.
Da un esame di questa si capirà che
è m;nzogna parlare di piccolo di-
60 vorz10.
Le ragioni umano-sociali
dell'indissolubilità
Il matrimonio veramente avve-
nuto, non viziato, è indissolubile
per sua natura, è intrinsecamente
non-solubile.
«Affinché si abbia matrimonio
è necessaria una donazione totale
e perenne di sé all'altro. Quando
questa donazione si è incontrata
con la reciproca donazione da parte
dell'altro, ha determinato una unità
che è di per sé insolubile >> (idem).
(( L' amore coniugale tende, per
sua intima esigenza e struttura, al
dono totale, esclusivo e perenne di
sé all'altro coniuge, e si traduce
nell'irrevocabile consenso personale
col quale si stabilisce l'intima co-
munione di vita e di amore pro-
pria del matrimonio 1>. (Doc. dello
Episcopato It. Nov. 1969).
Ecco la prima ragione umana per
cui ci si oppone al divorzio: perché
esso è un andare contro natura I I !
Il divorzio non è un valore; è
un antivalore.
Perché impoverisce anziché ar-
ricchire. Toglie quella stabilità che
è richiesta ai fini stessi della famiglia,
comunità di amore, palestra di dona-
zione e di educazione. (La stabilità
familiare è ammessa come principio
anche nei paesi divorzisti).
(L'indissolubilità è radicata nella
natura dell'amore e della comunità
coniugale, è richiesta dall'educazione
dei figli, è un fattore_ primario di
stabilità della famiglia. E connaturale
all'ordine che meglio garantisce ai
coniugi e alla famiglia il ragg1ung1-
mento dell'interiore pienezza)...
(idem).
Il divorzio va contro il bene
comune della società.
Perché: - È contro l'amore vero,
perenne e totale, introducendo l'« A-
more a termine •>.
- Crea la «psicologia della porta
aperta >> pronta a concretizzarsi ad
ogni occasione avversa in minaccia
di abbandono, in cedimenti a tenta-
zioni di infedeltà...
- Fornisce alla comunità figli
disadattati, squilibrati, non educati
nel vero amore, pronti a seguire
l'esempio dei genitori.
- Premia le colpe.
- Favorisce l'egoismo.
Il divorzio non risolve i cosidC:.etti
« casi pietosi », le crisi di famiglia.
Occorre chiedersi: la situazione
già critica, si risolve veramente con
il divorzio ? o per caso non peggiora?
Non è vero che diventa spesso un
premio alla colpa? (ad esempio può
regolarizzare un amore contrario alla
fedeltà che pure, in partenza, era
prevista e promessa).
Un'analisi attenta delle statistiche
documenta che nei paesi a regime
divorzista sono in aumento sia i
divorzi che i figli illegitti'tni. Dunque?
E anche se per assurdo ciò av-
venisse con i.I divorzio, lo Stato non
potrebbe andare contro il bene co-
mune nel fare una legge. Deve
salvaguardarlo anche se in taie ma-
niera si mette in contrasto con gli
interessi di alcuni.
Il divorzio è frutto dell'egoismo.
Esclude il sacrificio, tende al-
1'affermazione del punto di vista di
uno dei due (o di ambedue) e del suo
interesse, elicnina la perennità del-
l'amore e riduce lo sforzo per la
fedeltà.

2.3 Page 13

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f ATA DI TUTTI
Lede i diritti dei figli.
I due che diedero origine a una
vita per loro volere, divorziando
privano i figli della loro necessaria c
insostituibile presenza.
Il divorzio non aiuta i giovani a
prepararsi seriamente al Matri-
monio.
Con la prospettiva del divorzio essi
sono ovviamente portati a ragionare
così: (( Voglio provare: se andrà bene,
ci resterò, altrimenti cambio >>. -
Non avranno lo stimolo a .Prepararsi
seriamente, sapendo che s1 tratta di
un impegno che non è irreversibile.
Il valore reale del matrimonio non
possono mai conquistarlo e farlo
proprio.
(( Per un figlio, babbo e mamma
sono qualche cosa di immenso. E
per babbo e mamma, secondo la
natura, i figli debbono essere tutto.
Per cui i genitori degni di questo
nome sono disposti a sacrificare qual-
siasi interesse personale, egoistico,
tanto più qualsiasi capriccio, per il
bene dei figli.
Ora è da tutti ammesso, particolar-
mente dagli studiosi dei paesi dove
impera il divorzio, quanto infelice
e miserevole sia la condizione dei
figli dei divorziati. O stanno con la
mamma, senza il babbo che li ha
abbandonati per andare con un'altra
donna, la quale ha rubato il posto
a cui aveva diritto la loro mamma;
o stanno con il babbo, senza la
mamma, che li ha traditi, che è
fuggita con un altro uomo, per
scapricciarsi in egoistici amori; o
forse non stanno né col babbo, né
con la mamma, ma sono ricoverati
in un orfanotrofio o in un collegio di
Stato, soli, desolati, ribelli, assetati
d'amore e defraudati dell'amore, come
figli di nessuno, con conseguenze
terribili in ogni campo: affettivo,
psicologico, morale, religioso, sociale.
Da statistiche molto serie risulta:
r. che i figli dei divorzisti assai
spesso sono dei <<disadattati»; 2. che
nelle nazioui dove c'è il divorzio
esiste la più alta percentuale di delin-
quenti minorili; 3. che fra i delin-
quenti minorili la percentuale dei
figli di divorziati raggiunge cifre
altissime. Per es. negli Stati Uniti
essi sono, in percentuale, cinque vol-
te di più, cioè il 500 per cento, più
numerosi che i delinquenti figli di ge-
nitori non divorziati 1>. (Mons. Pie-
tro Fiordelli).
La Legge Fortuna è anticosti-
tuzionale
Dice la Costituzione italiana all'art.
7: (( I rapporti tra lo Stato e la Chiesa
sono regolati dai Patti Lateranensi.
Le modificazioni dei Patti, accettate
dalle due parti, non richiedono pro-
cedimento di revisione costituzio-
nale>>. L'art. 34 del Concordato
dice: <t Lo Stato italiano, volendo
ridonare all' istituto del matrimonio
che è alla base della famiglia, dignità
conforme alle tradizioni del suo
popolo, riconosce nel Sacramento
del matrimonio, disciplinato dal Di-
ritto canonico, gli eHetti civili>>.
Risposta ad altre obiezioni
avanzate dai divorzisti
« L'Italia era uno dei pochi paesi
del mondo a non ammettere
il divorzio. Dobbiamo adeguarci
ai tempi, al progresso..: ».
L'obiezione è aHascioante e spe-
ciosa, ma non regge. Forse che
progredire significa adeguarsi sem-
pre e in tutto a ciò che si fa altrove?
- Alcuni Stati, ad es., si preparano
a varare la legge in favore dell'omoses-
sualità, della pornografia. - Se
questo avverrà in molti Stati, sarà
segno di progresso?
E poi <( è forse assurdo pensare
che l'Italia, che pure ha molte cose
da imparare dagli altri paesi, abbia
anche qualcosa da insegnare?» (G.
Campanini).
« Il divorzio è un atto di giustizia
verso i matrimoni falliti »·
li divorzio è dannoso per la
società. Lo Stato non ha né dovere
diritto di far pagare alla comunità
i debiti di chi ha fallito. I «casi
pietosi>> riscuotono l'interesse e la
commiserazione di tutti i benpensanti.
Ma non sarà mai lecito a un medico
aggravare la malattia per voler al-
leggerire un dolore parziale.
« Il popolo italiano reclama il di-
vorzio»·
È abuso dei termini. Quando si
dice << popolo» si dice almeno la mag-
gioranza dei cittadini elettori. Perché
1 sostenitori della legge Fortuna
si oppongono alla verifica di un
«Referendum >>, se sono certi che la
maggiorauza la pensa come loro ?
Evidentemente non lo sono. Noi
invece siamo del parere che la parte
divorzista del Parlamento non in-
terpreti affatto la maggioranza del
popolo; anzi abusi della ((delega»
avuta con il voto degli elettori.
Questi non intesero affatto delegare
i candidati che scelsero, a suo tempo,
a varare la legge sul divorzio.
« Concedendo il divorzio si di-
fende la libertà di coscienza del
cittadino»·
Presentata più chiaramente l'obie-
zione suona così: i cattolici sono
liberissimi di essere coerenti con la
propria fede religiosa e non usare
della legge sul divorzio; ma non
obblighino una sia pure minoranza
di cittadini a osservare dei precetti
che provengono da una fede che essi
non hanno. Rispondiamo: noi ci
opponiamo al divorzio non tanto
come cattolici, quanto come citta-
dini e italiani, perché riteniamo che
esso sia dannoso al bene comune di
tutta la nazione. - Nei sessant'anni
prima del fascismo il divorzio fu
respinto al parlamento italiano dagli
stessi liberali, massoni, socialisti...
per motivi non certo religiosi!... - 61

2.4 Page 14

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Tema di studio 1970-1971
CONOSCIAMO DON BOSCO
(l'Uomo, il Santo, il Fondatore)
APPROFON DIRE PER RISPONDERE
Il presente questionario può essere un «binario»
o un «termometro» o un'« occas ione», per studiare
meglio Don Bosco e misurare il grado di conoscenza
che abbiamo di lui.
Di e ss o ci si può s ervire, per esempio, per fare una
sintesi al t e rmine dell' anno di studio o iniziare con
conoscenti o gruppi una conversazione, prendendo lo
spunto da una o più domande, per poi allargare l'oriz-
zonte sulla vita di Don Bosco e sulla sua attualità.
Il lavoro ovviamente non esaurisce l' immenso mate-
r iale della vita del Santo, ma si pensa che rispondendo
a tutte le questioni s i può avere un' idea sufficiente,
benché sommaria, della sua figura e del suo mes-
saggio.
1. Dove e quando nacque Don Bosco 7 Quale la condi-
zione socia le, lo stile di vita della sua famiglia 7 Come
si chiamava la mamma 7
2. Come viveva e praticava la vita cristiana la gente e i
giovani del suo paese 7 Quale era il clima spirituale nel
Piemonte 7
3. Quali gli avvenimenti politici più salienti e la situazione
sociale ai tempi di Giovannino Bosco? E il papato?
4. Quali problemi suscitò nella famiglia di Giovannino la
morte del padre 7 Che influsso ebbero nella sua vita
ciascuno dei due fratelli?
5. Chi fu il sacerdote che gli insegnò i primi elementi di
latino? Quale ruolo ha svolto nella sua formazione gio-
vanile 7
(continua da pag. 6,)
La democrazia ha le sue leggi e vanno
osservate anche dalle minoranze (ad
es.: se il pubblico bene esige l'os-
servanza di una legge sanitaria,
una minoranza potrebbe non os-
servarla col pretesto di salvaguardare
la propria libertà ?).
Motivazioni
di carattere religioso
La Chiesa crede e insegna che
iJ matrimonio è sacramento. In
esso l'amore coniugale risulta« segno»
e ((immagine>> di un amore più alto,
quello di Dio per gli uomini, amore
assoluto e indefettibile come ci ap-
pare in Cristo che si è unito per
sempre e inscindibilmente, nella na-
tura wnana da Lui assunta e per
mezzo di essa, all' wnanità. U Cri-
stiano deve essere« segno 1> dell'amore
di Dio per l'wnanità. Ora (( poiché
non si può pensare che il vincolo che
unisce Cristo all'umanità nella Chiesa
possa essere sciolto, il matrimonio
cristiano, segno e immagine del vin-
colo rivela il carattere di definitività
e indissolubilità intrinseco in ogni
matrimonio. (Doc. dell'Episc. I t.)
La parola di Gesù.
P er << ••• questo l'uomo lascerà suo
padre e starà unito alla propria
moglie e saranno due in una sola
carne... Cosicché non sono più due
62 ma una carne sola. Dunque quello
che Dio congiunse, l'uomo non se-
pari >> (Matteo cap. c9). << Chiunque
manda via la sua moglie, eccetto
che per adulterio, e sposi un'altra,
egli è un adultero, e un uomo che
sposi una donna ripudiata da] ma-
rito, è un adultero•> (idem). Dunque
la separazione è tollerata: il di-
vorzio mail
Una legge sbagliata
<• La Legge Fortuna-Baslini non
è solo una legge sbagliata. È anche
una legge egoistica, in!1iusta e cru-
dele. E una legge egoistica: favorisce
infatti l'egoismo dei genitori a scapito
dei figli, poiché il divorzio è concesso
anche se i figli ne subiscono un grave
danno; favorisce l'egoismo del ma-
rito a scapito della moglie, perché
questa, che è più colpita dal divorzio,
deve subirlo se il marito lo vuole.
È una legge ingiusta perché, non
tenendo conto deJla colpevolezza,
nel concedere il divorzio automatica-
mente favorisce e premi.a il coniuge
per colpa del quale si è arrivati alla
rottura del matrimonio... È una leg-
ge ingiusta, perché favorisce di fatto
i ricchi; solo questi, infatti, potranno
concedersi il lusso di mantenere
due famiglie, di prendere la cit-
tadinanza straniera e ottenere, così,
l'annullamento o lo scioglimento al-
l'estero del proprio matrimonio, ed
anche di pagarsi le spese per il pro-
cedimento di divorzio... È, infine,
una legge cmdele, perché colpisce
chi, sia pure per sua colpa (ma chi
può 1nisurare la colpevolezza effet-
tiva di un uomo?), è stato già dura-
mente colpito dalla giustizia umana
con l'ergastolo o con la condanna a
12 anni di carcere e che, proprio
per tale motivo, avrebbe più bisogno
di affetto e di sostegno &. (Civiltà
Cattolica - Quad. 2868)
Cosa proponiamo
ai legislatori
~ La via per rispondere ai pro-
blemi della famiglia passa attraverso
un'adeguata politica familiare, la ri-
forma del diritto di famiglia e i.I
rinnovamento del costume familiare
e sociale. Tutti i cittadini, in modo
particolare i cristiani, sono impegnati
a dare il proprio contributo.
Siamo convinti che l'elevata e
nobile tradizione giuridica del nostro
Paese saprà elaborare opportune nor-
me, ad es. per una più adeguata
profilassi sociale del matcimonio,
per un eventuale approfondimento
dei motivi di nullità radicale del
matrimoni.o, per la tutela dei figli
illegittimi, per il riconoscimento giu-
ridico di alcuni interessi morali e
patrimoniali, nascenti dalle unioni
di fatto senza pregiudicare la tutela,
prioritaria e prevalente, della famiglia
legittima >>. (Doc. Episc. it.).

2.5 Page 15

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6. La forzata lontananza dalla famiglia portò i suoi frutti
nella formazione del carattere di Giovanni? Quali fu-
rono le scelte che lo fecero maturare? come iniziò il
suo lavoro fra i giovani mentre ancora era giovane?
7. Che lavoro programmatico ebbe per la sua vita il sogno
dei nove anni? (Enucleare l'impostazione religiosa ed
educativa di questo programma).
8. Dove entrò in seminario? Quali furono le sue amicizie?
Quale il loro significato per la sua maturazione umana
e cristiana ?
9. Significato della "Società dell'allegria" vista nel modo
retrospettivo.
1O. Quando fu ordinato sacerdote, da chi? Chi fu il suo di-
rettore spirituale e quali relazioni ebbe con lui? Come
segui i suoi consigli?
11 . Descrivere il suo primo incontro di " apostolo dei gio-
vani" enucleando alcune linee educative cristiane pre-
senti in quel fatto storico e simbolico insieme?
12. Quale fu l'iter del suo oratorio "volante" prima di fer-
marsi alla casa Plnardi? Che tipo di giovani furono al
centro delle sue preoccupazioni educative?
13. La vita degli alunni interni dell'Oratorio nei primi tempi:
scuola, giuoco, pietà.
14. Come venne articolandosi e crescendo la sua opera nei
primi anni di "stabilità" all'oratorio di Valdocco? Che
tipo di collaborazione ebbe da sua madre?
Per gli sposi cristiani in particolare
t accettare C risto significa accettare
la Sua croce.•. N elle difficoltà spesso
gravi, talora ang osciose, i cristiani
testimoniano la fede nella Croce. I
coniugi ricordino l'esortazione di
S. Paolo: << Rivestitevi come eletti
di Dio, santi e amati, di tenera com-
passione, di benevolenza, di umiltà1
di mitezza, di pazienz a. Sopportatevi
e perdonatevi a vicenda, se l'uno
ha da dolersi dell'altro. Come il
Signore ci ha perdonati, così anche
voi perdonate. Ma soprattutto ri-
vestitevi di carità che è il vincolo
della perfezione >) (23).
Concludendo
Deve essere ben chiaro che
con l'introduzione del divorzio
nella legislazione italiana nulla
è cambiato per quanto riguarda
la norma morale che deve re-
golare la condotta dei coniugi
cristiani. A loro non è mai lecito
divorziare e « separare ciò che
Dio ha unito ». Una legge umana
non può annullare la legge del
Creatore. Teniamo saldo questo
principio.
E, se a suo tempo, saremo chiamati
- come è auspicabile - ad as-
sumerci direttamente la nostra parte
di responsabilità in un referendum
abrogativo, ci comporteremo da buo1,1i
italiani salvando la nostra patria
dalla calamità del divorzio.
15. Quando e come impiantò la prima officina per i giovani
lavoratori ?
16. Che significato riveste li primo contratto privato di ap-
prendistato?
17. Un avvenimento doloroso "epidemia colerica" del 1854.
Come si sono comportati i giovani dì Don Bosco?
18. Come riuscl Don Bosco a dare un esempio concreto del
metodo preventivo nella famosa passeggiata con i gio-
vani detenuti 7
19. Quando il Santo iniziò i ritiri annuali sullo stile di S. Igna-
zio? Come fu seguito dai giovani e che frutti riportò?
20. Quale fu il primo lavoro di "Don Bosco Scrittore"?
Perché lo fece?
21. Quali furono le motivazioni che spinsero Don Bosco a
fondare le "Letture Cattoliche" 7
22. Con quali altre opere Don Bosco contribui alla diffu-
sione e al rinnovamento della cultura ai suoi tempi?
23. Quando fu fondata la prima tipografia salesiana e che
significato essa riveste per l'opera salesiana in genere?
24. Quale la data precisa della riunione della prima comu-
nità salesiana? Perché il nome di "salesiani" ai suoi
collaboratori? Di' alcuni nomi dei primissimi salesiani?
25. Chi fece per primo la professione privata dei voti re-
ligiosi? Che motivi lo portarono a compiere questa
scelta?
26. Quando fu eletto il primo "Capitolo Superiore" ? Quando
furono emessi i primi voti pubblici? da chi?
27. Come Don Bosco superò l'ultimo ostacolo (Mons. Sal-
vati) per l' approvazione definitiva, della Società Sale-
siana? Quando avvenne tale approvazione?
28. Quale ruolo ebbe Pio IX per l'approvazione definitiva
delle Regole 7
29. Quali persone insieme a Don Bosco diedero vita al-
l'Istituto delle F.M.A.? Quale lo scopo di questa 2• fa -
miglia salesiana?
30. Quale fu il progetto iniziale di Don Bosco per la 3• fa-
miglia salesiana (I Cooperatori Salesiani) ? Come riuscl
a realizzarlo? Gli Exallievi salesiani: si riunirono già ai
tempi di Don Bosco? a quale scopo?
31. Quali furono gli ostacoli che si opponevano alla co -
struzione della Basilica di Maria Ausiliatrice e come
Don Bosco li superò? Quando venne consacrato il
tempio? Quali sono le altre chiese importanti fatte co-
struire da Don Bosco?
32. dice che il Santo avesse una qualche somiglianza
con Cavour: quale fu? Vi fu amicizia sincera fra i due?
33. Quali relazioni corsero tra Don Bosco e Rattazzi? Che
vantaggio ne ebbe per la sua opera?
34. Perché l'Oratorio di Don Bosco al tempo di Cavour
venne perquisito? Quale fu l'atteggiamento di Don Bo-
sco e come ne usci 7
35. Con quanti e quali papi fu in relazione Don Bosco?
36. P'erché il Santo riscosse la fiducia del Papa per la no-
mina di vescovi e cardinali?
37. Su quali sacramenti Don Bosco poggiò principalmente
la formazione cristiana dei giovani? Come preparava i
giovani alla partecipazione liturgica 7
38. Come si sviluppò la contesa tra Don Bosco e Mons.
Gastaldi? Quale fu il motivo determinante? Come si
comportò Don Bosco? Come si riconciliò? Che stima
manifestò Leone Xlii di Don Bosco, particolarmente in
questa vicenda molto dolorosa per il Santo?
39. Se si dovesse dire in pochissime parole la caratteristica
della sua santità come ci si potrebbe esprimere?
40. Come era composto Il primo nucleo dei missionari sale-
siani? Quante spedizioni il Santo organizzò? Quali fu-
rono i principali consigli dati loro da Don Bosco? Che
attualità rivestono?
41. Quali sono i pensieri salienti contenuti nella "lettera-
Testamento" lasciata da Don Bosco negli ultimi giorni
della sua vita per i suoi CC. ?
42. Quanti anni aveva Don Bosco alla morte e in che data
esatta morì? Quando fu dichiarato Santo e da quale
Pontefice?
63

2.6 Page 16

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Spedlz. In abbon. postale - Gruppo (70) • 2• quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
S, pubbllca Il del mese per I Coop erato, Sales,am: n 15
del mese per I dirigenti dei Cooperatori
S'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene-
fattori e A mici delle Opere di Do n Bosco
Direzione e Amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile: Don Pietro Zerbino
Autoriu. del T rib. di Torino n. 403 del 16 febbraio 1949
Per inviare offerte servirsi del C. C. Postale n. Z- 1355
Intestato a: Dire:i. Generale Opere Don Bosco · Torino
Per cambio d'indirizzo Inviare anche l'indirino precedente
CAMPI DI LAVORO E DI
ANIMAZIONE CRISTIANA
(Riservati ai Giovani Cooperatori) . ESTATE 1971
1. CUPONE DI CERRO (iser-
nia). Organizzato dall'Ufficio Na-
zionale.
30 giugno: arrivo; 1° luglio: preparazione;
2 luglio: inizio lavori; 27 luglio: chiusura;
28 luglio: partenza (27 giornate, più due per
arrivo e partenza).
Lavori: Colonia diurna per 60 bambini;
incontri per genitori e giovani; animazione
liturgica; ripetizioni; proseguimento del lavoro
manuale iniziato l'anno scorso per un campo
sportivo, servizio sociale.
2. SADALI (Nuoro) . Organizzato
dall'Ufficio Nazionale.
30 luglio: arrivo; 31 luglio: preparazione;
1° agosto: inizio attività sociali; 2 agosto:
inizio colonia e lavori manuali; 27 agosto:
chiusura; 28 agosto: partenza (27 giornate,
più due).
Lavori: Colonia diurna per 80 bambini;
incontri di animazione pedagogica (genitori,
giovani, pastori); animazione liturgica; ripe-
tizioni; lavoro manuale: strada di collega-
mento con il nuovo edificio scolastico ; ser-
vizio sociale.
3. PALMA DI MONTECHIARO
(Agrigento). Organizzato dai Con-
sigli lspettoriali di Sicilia.
Periodo: 1-31 agosto.
Lavori: incontri di animazione liturgica e
pedagogica; oratorio quotidiano nel quartiere
Pietrecadute; ripetizioni; spianamento di un
terreno adiacente alla bicamere costruita l'anno
scorso e posa in opera di 2 prefabbricati da
adibire a cappella e a sala della comunità
del quartiere.
4. .GRESSONEY (Torino). Orga-
nizzato e finanziato dai GG. CC.
del Piemonte. ( Per i giovani del
Piemonte).
Periodo : agosto.
Lavori: colonia (con pernottamento) per
40 bambini bisognosi.
Domande e informazioni all'Ufficio lspettoriale Cooperatori della propria zona.
64