Bollettino_Salesiano_198903


Bollettino_Salesiano_198903

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2 · 1 MARZ O 1989
9ilJ:=
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1887
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/ 69 .31 .341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco , Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongjoanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi
- Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione : Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione : Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2. 1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
* 1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubb licarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in: An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - ·colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese, malayalam ,
tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a ch i lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda : a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio di indirizzo : comunicare anche l'indirizzo vec-
chio.
SOMMARIO
3 CRONACHE DEL CENTENARIO
Chiude il Centenario e si accendono nuove
speranze
servizio redazionale
6 La commemorazione in Campidoglio: «È un
nobile gesto che la nostra Famiglia apprez-
za grandemente»
di don Egidio Viganò
9 Dalla critica storica un contributo alla più
ricca conoscenza di Don Bosco
diG. N.
12 A confronto per cinque giorni gli studi di
eminenti storici
servizio redazionale
14 Il cammino torinese di Don Bosco
di Rosanna Roccia
22 VITA ECCLESIALE
Il Sinodo africano: una grande assemblea
lungamente attesa
di Silvano Stracca
25 Un continente che vive nel dramma senza
perdere la speranza
di Gaetano Nanetti
28 OBIETTIVO BS
Quel borgo di ragazzi sempre più città che
non si stanca di sognare
di Mie/a Fagiolo D 'Attila
33 ANNIVERSARI
Il Papa di Don Bosco a cinquant'anni dalla
scomparsa
di Marco Bongioanni
38 REPORTAGE
Per i parigini fu un santo fin dal 1883
di Monica Ferrari
RUBRICHE
Libri e altro , 20-21 - Solidarietà, 43
1 Marzo 1989
Anno 113
Numero 5
In copertina:
Una suggestiva veduta
del Tempio di Don Bosco
a Roma-Cinecittà.

1.3 Page 3

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~onache_
ael C7entenario
I MARZO 1989· 3
CHIUDE IL CENTENARIO
E SI ACCENDONO NUOVE
SPERANZE
Le foto del servizio sono di Franco Marzi - Roma
Cronaca della
celebrazione conclusiva
a Roma. Gli interventi
del Ministro degli Esteri
e del Rettor Maggiore.
La Celebrazione
Eucaristica di
ringraziamento.
Martedì 31 gennaio
1989 si sono concluse le celebrazio-
ni centenarie della morte di San
Giovanni Bosco. Le manifestazioni
di chiusura alle quali si è fatto pre-
sente lo stesso Pontefice Giovanni
Paolo Il con una lettera nella quale
proclama San Giovanni Bosco «Pa-
dre e Maestro della Gioventù», si
sono svolte a Roma in due distinti
momenti : quello civile, in Campido-
glio, e religioso nel grande Tempio
dedicato al Santo al quartiere Tu-
scolano. La cerimonia civile, orga-
nizzata dal Comune di Roma, ha
avuto come oratore ufficiale il Mi-
nistro degli Esteri onorevole Giulio
Andreotti e si è svolta nella Sala
della Protomoteca. Ad essa hanno
partecipato numerose Autorità fra
le qu a li ricordiamo i Cardinali Sag-
gio, Casaroli, Castillo Lara, Javierre
Ortas, Stickler; quaranta Amba-
sciatori di Paesi dove è presente
l'ope ra salesiana ; alcuni Parlamen-
tari, fra i quali il vicepresidente del-
la Camera onorevole Gerardo
Bianco ed il sottosegretario onore -
vole Mauro Bubbico; due Ministri,
l'onorevole Emilio Colombo e il
professor Antonio La Pergola ; il vi -
cepresidente del Consiglio Superio-

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4 · I MARZO 1989
re della Magistratura, prof. Mira-
bella; presenti anche l'ex Sindaco di
Roma senatore Nicola Signorello,
il senatore Gerini, insigne benefat-
tore dell'opera salesiana, ed i rap-
presentanti della Famiglia Salesia-
na guidati dai Consigli Generalizi
delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
dei salesiani.
Il discorso dell'onorevole Giulio
Andreotti è stato preceduto dall'in-
tervento del sindaco onorevole Pie-
tro Giubilo che, ricordata la «roma-
nità» di San Giovanni Bosco e della
sua opera, ha assegnato al Rettor
Maggiore dei Salesiani la simbolica
e prestigiosa «Lupa Capitolina»
bronzea.
Ha quindi letto il suo discorso di
19 cartelle il Ministro degli Esteri
italiano. Innanzitutto Andreotti ha
messo in risalto la passione per il
sociale di Don Bosco, la sua azione
educativa e format iva «protesa al-
l'elevazione spirituale e materiale
della società civile a cominciare
dalle classi più deboli»; un'azione
che ha conosciuto una diffusione
capillare in tutti i cinque continenti.
Il suo messaggio, poi, ha valore «di
grande respiro e di straordinaria at-
tualità per tutti coloro, governi, or-
ganizzazioni internazionali, enti e
privati, che sono chiamati ad opera-
re per la crescita civi.Je, economica
e sociale dei Paesi emergenti».
La politica di solidarietà sociale
di Don Bosco poggia su una frase
chiave, che Andreotti ha voluto ri-
cordare: «La salvezza dei poveri
sta nelle tasche dei ricchi».
Ecco qui quella che il ministro ha
definito «una politica della coope,-
razione allo svil uppo ante-lifte-
ram»; una politica fondata su una
migliore distribuzione delle risorse
ed ispirata alla solidarietà interna-
zionale: una politica che può sem-
brare, nella sua enunciazione così
semplice, disarmante e che oggi fa-
rebbe rizzare i capelli a certi aspetti
nostrani, tutti intenti a sfornare,
stando a tavolino, ricette magiche
ma scarsamente efficaci per riso!-
I L'onorevole Giulio Andreotti
mentre pronuncia il
suo Intervento e sopra la Sala
della Promoteca durante la
commemorazione.

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~onache _
aele;1entenario
CONCLUSIONE QEL CENTENARIO \\
1 MARZO 1989· 5
GGIORE DEI SALESIANI A
Il PPaapdareperoMcIaaemsatroS.dG:iIo~lvan.G.i.'! LETTERA Al RETTORE MA
.,. - - -ft
/~~=----------------,
~
LA LETTERA D~L SANTO PADRE A DON VIGA
IN UNA TRAouzroNE ITALIANA
No
~ $ \\ , ~ ~~;,;~::E
!d:14 morte: dl son e : ; salo--
d;~~/ 11,.. ~co. Foni!alor•
/ali•
: !~t Bosco Padre e uacstro
iaciUDl invenit.
vcnibUS (t positlVO ». q tls consUliS e'
! ~;::u'Pro:;;. :if:t:; Frequenter _cu;;-~11u;tltU· candi :ridil.~~o. inter\\orem
alumniS 01~~ mundi
~ue:'~rnediti sunt,
~~n~enientib';151
sum; sed ~::~nl~. quo. \\oca
stunu\\~rd~nvc~8i~!:1tuendi; i
~~~ r:cu\\tates exe1tnndl, ~
PaIJdrPeaepa.MpareosctrlaomdaeJJDaonG1tBovoesnctou'
,. oGu',·,-o,t11i'. testo dello iettera del
santo Padrt .
ill1US pi?regfdttor\\ cora obil, a h1b1tiS ratione, reUgionr . (( I problemi del1a gioventù di o,.,._
vestro con 1i isa consillo et
Me _pasto,;: m vo\\untate , Cluod
grata in u ximlum dede·
~~vmaleenntsilas
(etr Ept.st-u a
to.nunrii data. t\\l
88 nn . B, 10-121.
g1, confermano la d
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per urante attua.
del metodo peda
Ecc\\eslne tam •1am boe 1neun· 19.;opto hulus anni, m< gog1co, Ideato da San Giovanni Bo:
'!i formare t giovani, ed ho anche
1acc9man.dato a tutti coloro che ope-
ra1!o in mezzo alla gioventù di se-
rat educat.oremi Tibl epistu\\nm rl causo celebrati, lni sco e Jpcentrato sull'importanza di guire fedelmente .le vie da lui trac-
te anno iubiln~s mustrarcm et
misi, ut mun Ionnnts Bosco
d;; ma.nere twn in istaJ
socictnte, tum in
preve!l:Ire nei
espenenze n
g
i9
t'
vanid
";1-
·so·rgere
di
chnrism• S•~~ue splrita\\lum s\\~n•univorsn, quao snr positivo ega l~e. i educare in
•~:ft' proprlum e . es form•n· 5
Fi\\lorum, •d ~';;:~:sque hort•· 10
Bosco agno,
0post.o\\l iuv<
fse_mp!,
~~ofan_r
vahde proposte -ed
leva sulla libertà in-
dos attin•~t Inter iuvenes ope• ~~mp\\nr Insigne. Quo . !!~~ore di CUI ,sono dotati, di stabi-
fiafe, adatt_an!fq!e alle ·esigenze ed al-
e caratterist(che del nostro tempo.
I problemt della gioventù di ogi,t
conferynano, infatti, la perdurante
~ttualztà d~i principi del metodo pe-
nucet.o F!Uo
AEG!DlO VIGANO'
b trUnSntsuurm, ,uqt !ldelolt.dernlepcseiusssltvnitncss ta euxpF\\crnnstrpu\\mur,iumsa1cinst1 fam1·1c1.oanr1·teàssdi!. rastJ)porlti di autentica
insist.nn~c:fes netatls nostne ~:~crdotumetFUinrum capac"tà
imo arne le native
socictnt.1s sanctl
Frnnc\\scl SalesH
R,ectori Mn\\orl
I~•: et prop ntes-
xlllntrlcls, eon•m q, la re\\igi asan?osi su : la ragione,
nccomm~: iuventutem nostro·
ReS cn orum conUngcntcs
:~m
non
vestri n\\umni
muuorum
n
o,
dqluaVntio r~~~dal ~mPoarpeavoalezdzoan».EgE!-•
te anno post
centesimo cxetnannis Bosco.
rnortem So.ncL~\\sO Legifcrl pa-
ist\\US socletn repeUt mcmo-
trls, multa rnco.
rum remP rnesentln od·
conUrn"1nnt u;.1:C1pla method.t
huc volere P m sanctus
paedngoglcae, qua
st.oUca• Potestnt
,:t\\.upmo toanncm Bosco
Sooc1·etàgàSnaòl,esR1·aenttaotm!! 'MaggiLoer,e .:-déJla
. conclusion d •, una ttera a
i della mor~ d _e~ anno centenario
Lettera il s
on Bos?o, Nella
nomina San aGn_ o Padre dichiara ,e
1ovanni Bosco Padr
e Maestro della Gioventù.
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agogzco, . ideato da San Giovanni
:iosco e ]ncentrato sull'importanza
di prevet'2re net giovani il sorgere
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.
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cu
:lseovnao.··sudlolatatliibe·drttà:siin-
7;1::i1;g~Jà esJtt rsatppolrtt di autentici;;
~?capaci.tà, basandoimsiosaur.nela
fa reldigione, l'amorevolezza
l(ecratfn.ai~t~i~v'e.
1
el 31 gennaio 1988, nn. 8. 10_
I
vere i problemi dell'indebitamento
del Terzo Mondo».
Don Bosco fu uomo prudente. E
Andreotti in proposito ricorda il ri-
spetto verso le autorità civili -
«a nche se non potè condividere
molti orientamenti e, anzi, li osteg-
giò» - che lo portò a dire nel 1867
a Pio IX che la sua unica politica
era quella del Pater Noster.
Don Bosco fu anche uomo di dia-
logo, in un'epoca in cui difficili era-
no le relazioni fra Stato e Chiesa.
Seppe tenere buoni i rapporti con i
u!~!: ~t~r P Questo il testo della Lettera del
in una nostra traduzione' lta-
E' mio desiderio che i frutti di
0 anno commemorativo per-
Al diletto Figlio
. _no a lungo sta in codesta so
czeta Salesiana, sia nella Chiesa u .-
EGIDm VIGANO'
Rettore Maggiore
cvoernsoaslcei,utcohe'a tnn,coDnoonsceBousncomohda znrziz--
de_lla Società Salesiana
i!emplare di apostolo det gtov~nf
di San Giovanni Bosco
d . rtanto, a~cogliendo anche il voto
S! sta per concludere l'anno cente-
nario della morte di San Giovanni
BJ'spo, ~0nda/ore di codesla Società
e il mio animq s_i apre a tanti ri'.
co:dì. e ~rae conforto rievocando i
i:;i gdz!t-te~mdalecrMoearsdrioiatl,}'ArSaautleselilsliiiaantneriilcl'eeepiddseclo·lep1aFtot'.
ex-alunni e di tanti fedeli vi~~z
della potestà apostolica dichiaro
proclamo San Giovanni Bo
e
s;fc; f.hrmcipalz momenti celebrativi che
anno contrassegnato.
dre e Maestro della Gioven!g0 Pa-
t~oendto che con tale titolo Egii
N~merosi ~ono_.stati gli incontri
f:tutisc~n 1 gi_ovanz alunni degli Jsti-
dai rsauooi eFdigliinvsopciraittoualispecia1mente
z a es1ani, provenienti da ogni i Conttdand(! che quest~ mia deci-
parte del mondo; ma soprattutto è s one contribuisca a promuover
vivo _nella mia memoria il pellegri-
~~1:t? naggio che ho compiuto at Luo h.
rzaggiorm~nte il culto de~
~iz'. s~; del vostro F07Jdatore, Visitati con ~orit d':zn !~;i~in::I:t:~~~!m;~-
maggiori esponenti dell'Italia libe-
rali da Cavour a Rattazzi, da Nico-
arteillcnaotno'Cohspca·eesntozraaale Deioc,opnerseanvteirmdeonntia'tdo'
a~;~e~a 1#~m~!u~u'Yati~/;/;girzi1 eci
pmatrice Benedizione Apostoli~lro-
tera a Crispi : «tutte person a lità che,
certame nte, non passarono alla sto-
ria per esset e in odore di santità» e
si011~. òJaa1f~ni~rgcgf°;;e!fgtin~!
gzJibzlare Le ho indirizzato una L t
ter{!, pe,: mettere in luce la mtssto~~
ed il carisma 11eculiare di Don Bo .
D~l V~ticano, il 24 gennaio _ me
tdmiefollclr'aaiatnon.doz S1a98n9F·ruanndci.ecsecsoi.mdoi sdai1epso-n-·
e OP.i suoi Figli spirituali nell'a~~~
che «ebbero rapporti quasi familia-
IOANNES PAULUS PP. II
ri con questo prete carismatico, po-
polano e no.bile, di cultura perfino
I modesta ma di grande esperienza e,
ciò che più conta, di un'immensa
La «Lettera» di Giovanni Paolo Il come pubblicata
dall'Osservatore Romano del 30 gennaio 1989.
operosità».
Avviandosi alla conclusione il
ministro Andreotti ha ricordato che nianza di come in ogni epoca le vir- e degli istituti di formazione profes-
alla radice di ogni sua azione c'era il
senso di Dio e degli altri: «forse per
comprendere qualcosa di più di
Don Bosco bisognerebbe richia-
marsi al significato che egli conferi-
va alla storia di uomini non soltanto
come grande e temibile maestra ma
anche e, soprattutto, quale testimo-
siano state esaltate e premiate e
il vizio biasimato e disprezzato».
Riferendosi all'odierna diffusione
dell'opera salesiana del mondo, An-
dreotti ha sottolineato la «funzione
insostituibile per lo sviluppo civile
delle aree emergenti» in Africa,
Asia e America Latina delle scuole
sionale.
Funzione che le opere di Don
Bosco hanno assolto anche nella
Torino che si avviava sulla via del-
l'i ndustrializzazione: le sue iniziati-
ve «servirono non soltanto, e in ma-
niera cospicua, allo sviluppo econo-
mico del Piemonte ma anche a dare

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6 · I MARZO 1989
al processo di industrializzazione
una dimensione umana, fondata sul-
la formazione integrale anziché sul-
lo sfruttamento».
Ha quindi parlato, concludendo
la ce lebrazione, il Rettor Maggiore
don Egidio Viganò il cui testo ripor-
tiamo in a ltra parte del giornale.
Gran festa di popolo a ll e 17,30
nella Basilica dedicata a San Gio-
vanni Bosco.
Qui almeno tremi la persone han-
no partecipato ad una ce lebrazione
eucaristica di ringraziamento pre-
sieduta dal Rettor Maggiore con
duecento cinquanta sacerdoti con-
celebranti. I canti vengono eseguiti
da una corale «mista» creata per
l'occasione è composta da giovani
salesiani in formazione, Figlie di
Maria Ausiliatrice, parrocchiani.
A ll 'omel ia don Viganò ha com-
mentato il titolo di «Padre e Mae-
stro de ll a g ioventù» dato a San
Giovanni Bosco, con potestà apo-
sto lica, dal Papa. Al termine della
Messa si è voluto concludere il cen-
tenario con una fiacco lata che si è
snodata suggestivamente attorno
alla stessa Basilica e che si è conclu -
sa con la «Buona notte» del 7° Suc-
cessore di Don Bosco, don Egidio
Viga nò. Una maniera semplice e
popolare per chiudere un centena-
rio cha ha mobilitato milioni di per-
sone e che ha riproposto alla comu-
nità ecclesiale e civile la ricca per-
sona li tà di San Giovanni Bosco ed
il suo carisma.
LA COMMEMORAZIONE
IN CAMPIDOGLIO:
«È UN NOBILE GESTO CHE LA NOSTRA
FAMIGLIA APPREZZA GRANDEMENTE»
Parole di saluto del
Rettor Maggiore
al termine della
celebrazione capitolina.
In questa storica sede
del Campidoglio è per me un onore
esprimere, a nome di tutta la Fam i-
glia Salesiana, la più viva ricono-
scenza a coloro che hanno propi-
ziato una commemorazione tanto
significativa a conclusione delle ce-
lebrazioni per il centenario della
morte di San Giovanni Bosco. È un
nobile gesto che la nostra Famiglia
apprezza grandemente.
Don Bosco ha operato generosa-
me nte a favore della società civile.
A me, suo successore, tocca, per
ufficio, animare la sua eredità eco-
si, viaggiando, posso costatare l'e-
spansione della sua opera e misu-
rarne la statura mondia'le. Sono or-
mai cento Paesi di svariate culture e
condizioni sociopolitiche che ne

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ael
f::ronache _
f::entenario
1 MARZO 1989 7

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8 1 MARZO 1989
I Il Rettor Maggiore con I cardinali Stlckler e Javlerre
alla «fiaccolata» conclusiva.
ammirano la concreta e operosa
utilità per il bene comune.
Viene da chiedersi quale possa
essere il segreto di tanta crescita e
della sua attualità.
Don Bosco è figlio del popolo; vi
nacque e vi restò sempre dentro, as-
similando le virtù della sua gente e
divenendo un protagonista della
sua promozione, soprattutto attra-
verso l'educazione della gioventù
bisognosa.
Noi conosciamo bene, in quest'o-
ra di trasformazione culturale, come
possa risultare catastofica la caduta
della condotta morale nel popolo:
penso non sia esagerata l'afferma-
zione che è questo il vero pericolo
da evitare oggi, più deletereo dell'u-
so delle armi nucleari o chimiche.
Il segreto della universalità di
Don Bosco è quello di aver saputo
parlare il linguàggio del cuore, de-
dicandosi a far crescere i valori che
costruiscono personalità. I credenti
sanno che è appunto questa la stra-
da di trasformazione che percorre
nei secoli lo Spirito del Signore dal -
l'evento di-Pentecoste fino alla pie-
nezza della storia.
Oggi, in un accelerato processo
di secolarizzazione, il miraggio del-
le conquiste dell'intelligenza parla
più di scienza che di coscienza, più
di benessere che di solidarietà, più
di tecnica che di etica, più dell'effi-
mero che del trascendente.
Don Bosco invece, pur apprez-
zando il progresso e servendosi
delle sue invenzioni, ha curato i va-
lori permanenti della dignità del-
l'uomo, quelli che ieri servivano a
vivificare l'unità d'Italia, e che oggi
dovrebbero concorrere a costruire
l'unità dell'Europa e la fraternità in-
ternazionale della famiglia umana.
Ai primi di marzo dell'anno scor-
so, nella città di Brasilia, il Gover-
natore del Distretto federale, si-
gnor }osé Aprecido de Oliveira (il
quale aveva ottenuto poco prima a
Parigi, dall'Unesco, la proclamazio-
ne della sua città a «patrimonio cul-
turale dell'umanità») promosse una
commemorazione in onore di Don
Bosco, considerato il sognatore an-
tiveggente di quella nuova metro -
poli. In un suo eccelente discorso
affermò con simpatica esuberanza:
«21 aprile: natale di Roma e natale
di Brasilia; Roma 28 secoli, Brasilia
28 anni; Roma capitale della storia
cristiana, Brasilia piattaforma di
lancio per il futuro dell'America La-
tina; Don Bosco, frutto della mi-
glior storia di Roma, è per noi ante-
signano profetico di nuovi percorsi
di crescita sociale».
Sarà lo stile di una affermazione
celebrativa; ma è sintomatico
asèoltare da un politico parlare co-
sì di un santo, perché promotore di
cultura popolare e di educazione
giovanile.
Penso sia urgente per ogni socie-
tà civile guardare a grandi cittadini
come Don Bosco che si sono dedi-
cati ai valori del cuore. Questo è un
compito fondante; apre orizzonti al
futuro, formando persone ed inten-
sificando la comunione tra i popoli.
Il mio umile saluto, mentre espri-
me profonda riconoscenza, vorreb-
be essere, inoltre, promettente
auspicio per l'accoglienza del mes-
saggio culturale di un grande cre-
dente, «Padre e Maestro della gio-
ventù» a favore della società civile in
tutti i continenti.
don Egidio Viganò

1.9 Page 9

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f:ronache_
ae/ C;7entenario
1 MARZO 1989 9
DALLA CRITICA STORICA
UN CONTRIBUTO
ALLA PIÙ RICCA
CONOSCENZA
.DI DON BOSCO
Intervista al prof Pietro
Scoppola a conclusione
·del Congresso
internazionale di studi
organizzato dall'Ateneo
Salesiano.
Roma - «Un Congres-
so di alto livello». Il giudizio è di
Pietro Scoppola, docente di storia
contemporanea all'Università «La
Sapienza» di Roma. Ed è riferito al
I Congresso internazionale di studi
su san Giovanni Bosco, .che, pro-
mosso dall'Università pontificia sa-
lesiana, si è svolto a Roma dal 16 al
20 gennaio scorso. Scoppola è uno
storico i cui studi sono un punto di
riferimento obbligato per chi voglia
approfondire la conoscenza delle
vicende dell'Italia negli ultimi due
secoli, con specifico riferimento
agli avvenimenti che più diretta-
mente coinvolsero i rapporti fra
Chiesa e Stato.

1.10 Page 10

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10 · I MARZO 1989
Il periodo storico che Scoppola
ha indagato in profondità coincide
in parte con quello vissuto da Don
Bosco, un periodo ricco di situazio-
ni che vedono in primo piano la
Chiesa e il mondo cattolico. Sono
tutti motivi che hanno portato gli
organizzatori del Congresso ad af-
fidare a Scoppola, oltre alla presi-
denza della seduta inaugurale, una
de.Ile relazioni conclusive, centrata
su un tema di grande interesse: Don
Bosco e la ((modernità ». Ricordia-
mo inoltre che il prof. Scoppola, il
31 gennaio dello scorso anno a To-
rino, tenne il discorso celebrativo di
apertura dell'anno centenario della
morte di Don Bosco.
«Un congresso di alto livello -
puntualizza Scoppola - non solo
perché ha visto la partecipazione di
numerosi storici italiani e stranieri
di varia formazione e provenienza,
tutti largamente apprezzati, ma
specialmente perché ha contribuito
a far uscire l'immagine di Don Bo-
sco da certi schemi che definirei di
maniera, con quel tanto di emotivo
che essi comportano. Ai fini di una
I Il prof. Scoppola durante la sua relazione e sopra
viene festeggiato il gruppo di ragazze che durante
il Congresso hanno fatto da hostess.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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J:lronache _
del C1entenario
migliore conoscenza di Don Bosco,
credo che vada superata una certa
divaricazione che mi pare di aver
colto. Da un lato abbiamo gli studi
portati avanti con grande rigore
storico e competenza scientifica da
autori come Stella e Braido, che go-
dono di larga considerazione anche
presso gli studiosi laici. Sull'altro
versante troviamo, per così dire, il
Don Bosco del cuore, il Don Bosco
che io ho definito "i nteriorizzato",
sentito in maniera un po' sentimen-
tale. Con questo Congresso le di-
stanze si sono accorciate, la divari-
cazione si è ridotta. E io vorrei che
si arrivasse a comprendere fino in
fondo che il Don Bosco che emerge
dalla critica storica è inolto più ric-
co di quello che ci è pervenuto dall a
tradizione. È un Don Bosco che ci
dà il senso della novità, dell'o rigin a-
lità, della carica vitale in misura
nettamente superiore rispetto a
quello che ci è consegnato dalla let-
teratura tradizionale».
Uueriori sviluppi
Scoppola, dunque, non nasconde'
le sue preferenze, in evidente sinto-
nia co n il suo ruolo di storico. E ri-
badisce il proprio convincimento
affermando che proprio da Con-
gressi come quello organizzato dal-
l'Ateneo Salesia no possono scaturi-
re ulteriori sviluppi verso un a ppro-
fondimento in senso storico della fi -
gura di Don Bosco.
«Certo, non nell'immediato.
Congressi di qu esta portata non si
possono tenere una volta all'anno.
Anzi, è un Congresso che ha biso-
gno di tempo per poter essere assi-
milato».
Ma è possibile fin d'ora fiss are al-
cune linee direttrici ?
«Penso proprio di sì. Condivido
pienamente l'indicazione di don
Braido circa l'esigenza di una bio-
grafia di Don Bosco agile ma rigo-
rosa, di cui oggi più che nel passato
si avverte l'esigenza. Attualmente si
può contare su studi di buon livello,
direi anche su studi critici apprezza-
bilissimi, che però non sono alla
portata di tutti, sono destinati piut-
1 MARZO 1989 · 11
I GIOVANI L'HANNO VISTO COSÌ
Impressioni colte a volo fra i partecipanti al Congres-
so dell'Università salesiana
Un Convegno, quello di studi su Don Bosco, promosso dall'Ateneo
Salesiano, ricco di interventi, ma ricco soprattutto di pubblico . Tra i
tanti partecipanti, numerosi i giovani, di alcuni dei quali abbiamo colto
a volo qualche commento.
Francesca (Padova): «M i sto laureando in storia della pedàgogia.
La mia tesi verte su Don Bosco e qui al Convegno ho potuto conosce-
re i più attuali studi storiografici. Particolarmente apprezzabile , a mio
parere, è stato il tentativo compiuto di essere più realisti e meno agio-
grafici : in questa dimensione la vera figura di Don Bosco ne esce sen-
za dubbio ancora più esaltata».
Giulietta (Bolivia): «Un'esperienza interessante, ma troppo legata
a un'attitudine da «restauratori»: nella ricerca della precisione storica
si rischia, secondo me , di perdere dr vista quello che rimane il messag-
gio fondamentale di Don Bosco, che è un messaggio di attualità basa-
to sul lavoro con i giovani, tema a me particolarmente caro e che ha
costituito oggetto dei miei studi presso l'Auxilium a Roma».
Ramona (Venezuela): «Sono una studentessa di spiritualità, in Italia
da quattro mesi. Le relazioni che ho ascoltato mi hanno colpito per la
loro scientificità unita a una particolare profondità spirituale e ritengo
che l'esperienza di questi giorni risulterà feconda per il mio apostolato
di catechista» .
Renate (Germania Ovest): «Lavoro come bibliotecaria nell'Istituto
storico salesiano della mia città, in attesa di conseguire il dottorato di
ricerca sul Nuovo Testamento. Mi ha colpito molto il livello altamente
scientifico che ha caratterizzato questi giorni di Convegno. A mio
parere, una conoscenza profonda della storia e della spiritualità di
Don Bosco è indispensabile per l'apostolato che intendiamo vivere .
Purtroppo in Germania dobbiamo tare i conti con la quasi totale as-
senza di traduzioni delle tonti e degli studi su Don Bosco, mancanza
che spero sarà presto colmata».
Giovanni (Roma): «Sono un giovane ex-alunno salesiano, interve-
nuto al Convegno con l'unico desiderio di approfondire le " radici " del-
la mia educazione, dato che ora studio Medicina e gli interessi storici
costituiscono soprattutto un "hobby" . Grazie ai ricchissimi interventi
ho colto aspetti nuovi di Don Bosco ; nonostante la complessità dei
temi affrontati, le trattazioni avevano il pregio della semplicità e quindi
erano adatte anche per un non-iniziato come me».
tosto agli specialisti. Poi abbiamo le
biografie ormai classiche, co me
quella di Teresio Bosco, che è già di
buon livello. Sento però l'esige nza
di una biografia che sia ad un tempo
divulgativa e rigorosamente storica.
Divulgativa per poterla utilizzare in
un'area molto vasta, diciamo pure
popolare, come popolare è la real-
tà salesiana per la sua presenza nel-
la società italiana e nel mondo. Ri-
gorosamente storica nel senso che
rispecchi fedelmente le acquisizioni
della ricerca critica. Ecco, questo è
l'anello mancante. Debbo ricono-
scere che la storiografia italiana
non è molto attrezzata in questo
settore. Non abbiamo la tradizione
francese o inglese dell'alta divulga-
zio ne. Da noi c'è una frattura fra lo
studioso e il divulgatore. Mi auguro
che si possa superare questo osta-
colo cominciando con la stesura di
una biografia di Don Bosco, proprio
in considerazione della realtà popo-
lare espressa dai salesiani».

2.2 Page 12

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12 1 MARZO 1989
Linee di ricerca
Dal Congresso sono venute indi-
cazioni su precise linee di ricerca?
«Ne ho colte. parecchie. Per con-
to mio vedo molto importante la li-
nea della ricerca sulla spiritualità, la
vita interiore, perché, a mio giudi-
zio, è la radice dell'originalità del
personaggio. Don Bosco è origina-
le non tanto per le idee, quanto per
il modo con cui vive la sua convin-
zione, le sue esperienze di cristiano,
a contatto con gli eventi. Aggiunge-
rei: per la capacità di rispondere al-
la sfida delle cose, di ciò che conta
ogni giorno».
A parere di Scoppola, nel mon-
do salesiano convivono una forte
spinta verso l'apertura all'analisi
critica con tutte le sue implicazioni
e una non meno forte resistenza
emotiva basata quasi sul timore di
perdere una immagine di Don Bo-
sco consolidata nel tempo. E ag-
giunge: «Non posso condividere
quest'ultima posizione. Spiego il
perché. La critica storica ha sicura-
mente dei limiti, non attinge mai al
segreto ultimo delle cose. Ma non
dimentichiamo che si affida a un
metodo che risponde a criteri di
grande rigore. Per svolgere appie-
no la sua funzione ha bisogno di
grande libertà. A queste condizioni,
può aiutare a ritrovare il personag-
gio storico a un livello più alto. Io
sono convinto che la critica storica
può darci un Don Bosco più inten-
so, anche religiosamente. Non lo
impoverisce, ma, al contrario, lo
arricchisce».
Il prof. Scoppola si richiama, su
questo argomento, alla sua rela-
zione conclusiva del Congresso,
laddove propone un raffronto fra
Don Bosco e Papa Giovanni XXIII.
«Può sembrare un paragone auda-
ce - sottolinea - ma non c'è dub-
bio che come noi oggi comprendia-
mo meglio Giovanni XXIII perché
abbiamo studiato la sua formazione
e le sue prime esperienze giovanili,
così anche Don Bosco lo si capisce
meglio, per esempio, studiando il
suo rapporto con Giuseppe Cafas-
so, con il tipo di Chiesa che il gran -
de santo f)iemontese privilegiava,
una Chiesa pietosa, attenta alle sof-
ferenze dell'uomo. In entrambe le
esperienze - quelia di Angelo
Roncalli e di Giovanni Bosco - ve-
diamo un tipo di formazione reli-
giosa che rimane estranea alle
grandi controversie ideologiche del
loro tempo. Le tensioni che matura-
rono nella Chiesa italiana dell'Otto-
cento e che produssero anche pro-
fonde lacerazioni, non toccarono
Don Bosco perché lui si era già for-
mata dentro una realtà di Chiesa
che si occupa di altre cose, che sonò
la santità della vita interiore, l'at-
tenzione all'uomo. Immagino che
per Don Bosco incontrare un ra-
gazzo sia sempre stata una gioia.
Lo si vede dal suo atteggiamento, di
grande curiosità per l'uomo, del sin-
golo uomo, come fatto unico, irri-
petibile. Quando si arriva a queste
intuizioni, le ideologie sono tutte
scavalcate. Che cosa vogliono più
dire moderno, antimoderno e cose
del genere quando si arriva a que-
sto rapporto con l'uomo, con il gio-
vane in formazione, con i suoi pro-
blemi, le sue fatiche, i suoi tormenti,
le sue cadute? In definitiva, credo
che la figura di Don Bosco guada-
gni se lo collochiamo nello spazio
che è suo. La critica storica è in gra-
do di svolgere questo compito».
E tuttavia, è innegabile che la tra-
dizione ha una sua forza, che si inne-
sta proprio in _quell'area popolare sù
cui operano i salesiani. Non c'è il ri -
schio di contraccolpi negativi?
«Il problema c'è ed è delicato -
ammette Scoppola -. Nessuno
può pretendere di fare d'un colpo
certe operazioni che abbisognano
invece di gradualità. Non si tratta
del resto di operare clamorose rot-
ture. Ciò che io sostengo è che si
td tta di far crescere all'interno del-
la figura della tradizione, diciamo
così di maniera, la figura nella sua
completezza, che non è incompati-
bile con l'altra, ma solo più ricca, at-
traverso il recupero pieno del Don
Bosco che esce dalla critica storica.
Operazione delicata, complessa,
senza dubbio, che non spetta allo
storico, ma semmai agli stessi sale-
siani. E mi pare che il fatto di aver
promosso un Congresso come
quello dell'Ateneo Salesiano, aper-
to a contributi liberi, sia molto posi-
tivo, segni un passo nella direzione
giusta».
G.N.
A CONFRONTO
PER CINQUE GIORNI
GLI STUDI DI EMINENTI
STORICI
L'anno centenario della
morte di Don Bosco ha visto l'Uni-
versità pontificia salesiana impe-
gnata in una serie di iniziative che si
sono imposte all'attenzione degli
studiosi e del più vasto pubblico. A
conclusione di questo ampio arco di
iniziative, si è tenuto a Roma, dal 16
al 20 gennaio, il Congresso interna-
zionale di studi su San Giovanni
Bosco, che ha visto la partecipazio-
ne di molti fra i maggiori storici del -
la Chiesa e della società civile. Cin-
que giornate di intenso lavoro, ric-
che di relazioni e di comunicazioni
hanno consentito di realizzare con
pieno successo gli obiettivi indicati
dal Rettore dell'Ateneo prof. Ro-
berto Giannatelli nel discorso di
apertura: sollecitare una più ampia
considerazione del mondo scientifi-
co verso la figura e l'opera di Don
Bosco, tracciare un bilancio di cen-
to anni di studi e di forme di cono-

2.3 Page 13

▲back to top
scenza del Santo Fondatore dei sa-
lesiani e aprire una nuova fase di
studi donboschiani «più ricca nelle
sue articolazioni e più critica nella
sua metodologia».
Le giornate congressuali si sono
sviluppate su uno schema che ha ri-
chiesto un lungo e accurato lavoro
di preparazione da parte del Comi-
tato scientifico presieduto dal vice
Rettore prof. Mario Midali, e che ha
potuto essere puntualmente seguito
grazie all'impegno del Comitato or-
ganizzatore presieduto dal prof.
UNA LAUREA PER IL CARDINALE
JI Congresso ha avuto una pausa nel pomeriggio del 17 gennaio per un
importante avvenimento accademico: la la.urea «honoris causa» dell'Uni-
versità Salesiana al cardinale Carlo Maria Martini. La cerimonia si è svol-
ta nell'aula magna alla presenza di numerose Autorità e di molti studiosi
e docenti delle Università Pontificie Romane che hanno avuto modo di
conoscere l'Arcivescovo di Milano già docente e rettore dell'Università
Gregoriana. Fra i presenti alla cerimonia segnaliamo i cardinali Javierre
Ortas e Castillo Lara, il retto~ del Pontificio Istituto Biblico, il rettore
dell'Università Gregoriana, il direttore di «Civiltà Cattolica». «Ho accet-
tato l'invito a ricevere una distinzione che non merito - ha precisato
Carlo Maria Martini dopo aver ricevuto la laurea dal gran Cancelliere
don Egidio Viganò - e che potrebbe addirittura suonare come un indebi-
to cedimento a vanità mondane, per l'amore e la riconoscenza che io per-
sonalmente e, con me, l'intera arcidiocesi di Milano proviamo per la cari-
ca umana, la passione educativa e la santità di Don Bosco. Amore e rico-
noscenza che abbiamo cercato di esprimere nell'anno centenario e che
viviamo verso i suoi figli e la loro presenza educativa in Milano». Prima
della «laurea» e della «lezione» del Cardinale aperta proprio con questa
dichiarazione, il rettore dell'Università don Roberto Giannatelli ed il pre-
side della Facoltà di Scienze dell'Educazione don Michele Pellerey hanno
letto le motivazioni che hanno spinto il Collegio dei Docenti a dare tale
onorificenza.
~onache
ae/ C;1entenario-
1 MARZO 1989 13
Tarcisio Bertone. Il Congresso ha
preso avvio tracciando, sulla base
di una relazione del prof. Pietro
Stella, un bilancio degli studi su
Don Bosco e la comunità ecclesiale,
passando poi a studiare il rapporto
tra Don Bosco e la comunità eccle-
siale, sia sotto il profilo storico-so-
ciologico (relazione del P,rof. Émile
Poulat, direttore dell'Ecole des
Hautes Etude en sciences sociales
di Parigi) sia sotto l'aspetto dell'e-
sperienza di tipo educativo e pasto-
rale promossa da Don Bosco nel-
l'ambito ecclesiale (relazione del
prof. Juan Maria Laboa, Università
di Comileas, di Madrid). Sulla scelta
dei giovani e la proposta educativa
di Don Bosco ha svolto una relazio-
ne il prof. Luciano Pazzaglia, del-
l'Università Cattolica di Milano,
mentre il prof. Francesco Traniello,
dell'Università di Torino, ha tratta-
to gli aspetti salienti di Don Bosco
educatore di popolo. Le conclusioni
sono state affidate al prof. Pietro
Scoppola (Don Bosco e la «moder-
nità») e al prof. Pietro Braido, diret-
tore dell'Istituto storico salesiano
(Prospettive e iniziative della ricer-
ca su Don Bosco).
Le relazioni principali sono state
arricchite da numerose comunica-
zioni che hanno toccato i più diver-
si aspetti della personalità e del-
l'opera di Don Bosco. Un partico-
lare significato ha assunto, nella
giornata del 17 gennaio, la «lezio-
ne accademica», tenuta dal cardi-
nale Carlo Maria Martini, arcive-
scovo di Milano, in occasione del
conferimento della laurea «honoris
causa» in scienze dell'educazione.
Il card. Martini ha parlato sul te-
ma: «Il Vangelo, Don Bosco e i
giovani».
Il Congresso è stato concluso dal
Rettor Maggiore don Egidio Viga-
nò che ha rivolto a tutti i parteci-
panti il ringraziamento della Fami-
glia salesiana per il contributo of-
ferto all'approfondimento degli
studi su Don Bosco, che vanno con-
dotti - ha detto - con rigorosi cri-
teri scientifici, «base indispensabile
per una presentazione della sua sta-
tura storica e del suo messaggio,
saldamente ancorati a dati obiettivi
e sottratti il più possibile a visioni
distorte, a valutazioni parziali, a de-
scrizioni approssimative».

2.4 Page 14

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Nell'ambito delle
manifestazioni
centenarie una mostra e
un libro della Città di
Torino a testimonianza
di un rqpporto saldo e
fecondo.
Nell'anno centenario
della morte di Don Bosco, la Civica
Amministrazione torinese ha scelto
di onorare la memoria del Santo
con una duplice iniziativa: una mo-
stra e un libro, entrambi intitolati
semplicemente Torino e Don Bosco.
La mostra, aperta nei mesi di set-
tembre e ottobre agli Antichi Chio-
stri nel cuore della Città , lungo il fa-
ciie itinerario di collegamento tra la
chiesa di San Francesco d'Assisi -
do ve Don Bosco 1'8 dicembre 1841
diede inizio alla sua opera - e Val-
docco - dove tale opera si radicò
per irradiarsi nel mondo -, ha vo-
lu to proporre ai numerosissimi visi-
tatori una serie di documenti singo-
la ri, tuttora custoditi nell'Archivio
Storico civico, emblematici del rap-

2.5 Page 15

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~a r,,•.,
~,
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aelrf::eJn.toennaarcihoe_
1 MARZO 1989· 15
Le foto sono tratte dal
volume: Torino e Don Bosco
per gentile concessione
dell'Archivio storico della
città di Torino.
. ,,
.<' '( rl\\l,
(11'
porto del Santo con la Città e testi-
moni di un lungo tenace lavoro di
edificazione, di consolidamento e di
espansione dell'opera salesiana sul
territorio urbano.
Il libro, promosso nell'ambito
delle tradizionali iniziative di divul-
gazione del patrimonio documen-
tario della Città e presentato il 22
dicembre scorso dal Sindaco di To-
rino avv. Maria Magnani Noya alle
autorità e agli esponenti del mondo
culturale, ha in un certo senso am-
pliato gli orizzonti deÙa mostra, af-
frontando, grazie ad una fruttuosa
ricerca condotta negli Archivi, una
serie di aspetti desueti della storia
torinese dell'Ottocento.
Protagonisti del volume - arti-
colato in tre parti inscindibili : saggi,
immagini e documenti, racchiusi in
un cofanetto rivestito da una inte-
ressante veduta della Città a fine
secolo - sono, come enunciato nel
titolo, Torino, con i suoi problemi,
con le sue trasformazioni, con i suoi
personaggi e Don Bosco, con i suoi
programmi, con le sue scelte, con i
suoi interlocutori.
L'introduzione di Giuseppe Brac-

2.6 Page 16

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16 , 1 MARZO 1989
ISopra: collegio di
S. Giovanni Evangelista
adiacente alla Chiesa
omonima.
Sotto: collegio-convitto
Valsalice in una fotografia
del 1890.
co, curatore dell'opera, illumina il
lettore sulle intenzioni del libro: ri-
cercare attraverso documenti inedi-
ti o soltanto parzialmente noti, l'u-
manità di Don Bosco, pedinare l'uo-
mo nel quotidiano, ripercorrerne
l'impegno _nella concretezza di una
città composita e particolarmente
difficile.
bella città e delle sue contraddi-
zioni nei primi decenni dell'Otto-
cento le pagine di Umberto Levra,
in apertura dell'~pera, danno un
quadro ampio e sconcertante. At-

2.7 Page 17

▲back to top
~onache_
ae/ C7entenario
17
I Legatoria della tipografia
dell'Oratorio di Valdocco
in lina foto del 1880.
traverso un sapiente disegno trac-
ciato con l'ausilio di una eloquente
documentazione per la prima volta
portata alla luce, i problemi di Tori-
no, capitale del Regno Sardo, ven-
gono alla ribalta ad uno ad uno: tra
questi l'emarginazione delle classi
povere, gl i squilibri, le urgenze, il
disagio, soprattutto il disagio dei
giovani senza istruzione e senza la-
voro. Per i giovani discoli, facile
esca della delinquenza organizzata,
tra la libertà della strada e la segre-
gazione nel carcere della «Genera-
la», spiegano Claudio Felloni e Ro-
berto Audisio, non esistono alterna-
tive.
Ma è proprio ai giovani, alle mi-
nacce che incombono su di loro,
che guarda Don Bosco, appena
giunto a Torino con il suo bagaglio
di esperienza contadina, di fede
profonda, di buona volontà e di
gran cuore. li prete dei Becchi -
come illustra Giuseppe Bacco -
ini zia così un ca mmino non privo di
difficoltà, comincia a «inventare»
soluzioni e risorse, a intessere rap-
porti, a incontrarsi e a scontrarsi
con l'apparato istituzionale, con
l'inflessibilità delle norme; ritrova
interlocutori ora disposti a com-
prendere e a dare una mano, ora
sordi ad ogni istanza: Ernesto Bel-
lone e Francesco Motto tracciano
interessanti profili e delineano epi-
sodi che chiariscono alcune tappe
di questo cammino.
Vittorio Marchis apre il discorso
sugli aspetti educativi dell'opera di
Don Bosco, con la trattazione delle
tematiche concernenti l'istruzione
professionale nelle scuole istituite
dal Santo a Torino; l'autore traccia
la mappa dei laboratori e rievoca
ifl}portanti episodi, quali la parteci-
pazione salesiana all'Esposizione
Generale Italiana del 1884.
Nell'ambito delle scelte educati-
ve torinesi di Don Bosco si è voluto
ricordare un «episodio» in un certo
senso anomalo e generalmente tra-
scurato, ma alquanto significativo:
la vicenda del. Collegio-convitto
Valsalice, per l'istruzione elementa-
re e seco ndaria classica, aperto ai
giovani delle classi agiate - della
quale io stessa mi sono occupata -.
Il ritrovamento di antichi registri
nell'Archivio dell'Istituto mi ha per-
messo di ricostruire un panorama
eloquente dei programmi, dei curri-
cula scolastici, delle presenze tra
1872 e 1888.
Trattando dell'educazione dei
giovani non si è tralasciato di ac-
cennare all'attenzione posta da
Don Bosco anche al problema delle
fanciulle, che egli volle affidare al-
l'amore delle Suore, nella serenità
degli oratori femminili; è quanto
nel libro è stato illustrato da Angela
Bertero.
Ma come si radicò l'opera di Don
Bosco nella città, quale il suo rap-
porto con · l'ambiente? Giovanni
Picco suggerisce risposte ben docu-
mentate attraverso una analisi del
fenomeno, dei condizionamenti e
delle soluzioni che ne derivarono a
livello urbanistico. Vediamo così
sorgere e ampliarsi nel corso di un
quarantennio l'Oratorio in Valdoc-
co, crescere lungo il viale del Re il
«San Giovannino», trasformarsi
appena sulla collina torinese la già
esistente casa di Valsalice.
Vediamo sorgere le chiese di

2.8 Page 18

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18 · I MARZO 1989

2.9 Page 19

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A sinistra:
Basilica di Maria
Ausiliatrice
(interno); sopra:
G. Rollini, Il
Trionfo di
5. Francesco di
Sales volta della
navata della
Basilica; di
fianco: G. Rollini,
Maria
55. Immacolata,
1882.
Centro di
Documentazione
Mariana in
Torino.
f:Jonache_
del Céntenario
1 MARZO 1989 19
Don Bosco - Maria Ausiliatrice,
San Giovanni Evangelista, San
Francesco di Sales in Valsalice -,
che Mila Leva Pistoi esamina e col-
loca nel contesto dell'architettura
religiosa dell'Ottocento torinese.
I templi, edificati attraverso mil-
le difficoltà, non soltanto economi-
che, vengono abbelliti all'interno
secondo i precisi disegni del Santo.
Committenze e messaggi icono-
grafici sono da lui stesso individua-
ti e indicati - come spiega Cateri-
na Thellung, trattando dei pittori di
Don Bosco - : ma non sono estra-
nei alle scelte figurative che in que-
gli stessi anni connotano tanti edi-
fici sacri della Città. Rosanna Mag-
gio Serra propone dunque una in-
teressante rassegna di tale ricca e
scarsamente nota produzione pit-
torica, guidando il lettore attraver-
so un lungo itinerario per le chiese
di Torino.
Proprio sulle architetture, e an-
cor più sugli interventi decorativi
che segnarono il volto della Città
nell'Ottocento, indugiano le imma-
gini che si susseguono nella secon-
da parte dell'opera: la sequenza fi -
gurata, grazie all'eccezionale bra-
vura del fotografo Mario Serra, ri -
conduce il lettore alle riflessioni
suggerite dagli Autori dei saggi o
ne commenta il racconto e contri-
buisce a mettere in luce importanti
momenti di storia torinese scoperte
e rivisitate nell'anno centenario del-
la morte di Don Bosco, per com-
prendere meglio il rapporto del
Santo con la sua Città.
Il portfolio contiene una serie di
tavole di progetto, già esposte nella
Mostra, qui riprodotte in facsimile e
brevemente commentate: è una ul-
teriore testimonianza del lavoro di
Don Bosco nella città e per la Città.
La novità di questo libro (reperi-
bile nelle librerie torinesi e in con-
sultazione presso l'Archivio Storico
della Città di Torino) sta forse pro-
prio nell'avere posto tanti accenti
sulla Città o meglio nell'avere se-
guito, passo dopo passo, con il con-
forto e con l'ausilio di una docu-
mentazione tutt'altro che scarsa o
insignificante, il cammino tutto tori-
ne se di un torinese d'eccezione :
Don Bosco, dai Becchi a Torino nel
mondo.
Rosanna Roccia

2.10 Page 20

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20 · I MARZO 1989
EDUCARE I PREADOLESCENTI
di G. Tonalo e S. De Pieri
Non sono più bambini e non sono ancora adole-
scenti. Questa è la condizione dei ragazzi dai 1Oai 14
anni. In Italia sono almeno tre milioni e mezzo e su
loro è concentrata una mole di interventi educativi da
parte di famiglia, scuola e chiesa, che è senza pari in
qualsiasi altra fase dell'intero arco evolutivo. Eppure
il loro mondo psicologico appare ancora un «conti-
nente sommerso». La loro età, pressoché ignorata
dalla ricerca scientifica, può essere definita come
un'«età negata», perché misconosciuta nel suo speci-
fico dagli stessi educatori, che difficilmente riescono
a identificarla in modo preciso, non sapendola in ge-
nere distinguere da una fanciullezza prolungata op-
pure da un'adolescenza un po' anticipata.
Per colmare un effettivo vuoto di conoscenze su di
essa un gruppo di ricercatori, in collaborazione con
un centinaio di intervistatori, ha effettuato recente-
mente la prima ricerca di raggio nazionale su questa
fascia di età. Tale ricerca è stata compiuta dai centri
salesiani COSPES (Centri di Orientamento Scolasti-
co Professionale e Sociale), interessando 6.125 ragaz-
zi italiani dai IO ai 14 anni, prescelti con criteri rigo-
rosamente statistici. A commento dei risultati è già
nato il volume (S. DE PIER! - G. TONOLO - M.
DELPIANO (a cura), L'età negata. Ricerca sui pre-
adolescenti in Italia, LDC, Torino - Leumann 1986),
ora vede la luce un nuovo libro : Educare i preadole-
scenti di G . Tonalo e S. De Pieri.
Riprendendo gli elementi informativi dell'indagine
nazionale COSPES, esso ne richiama le risultanze es-
senziali, compiendo ulteriori riflessioni sui dati. E so-
prattutto si propone con un'ottica precisa, che è quel-
la educativa.
Lo fa tentando di rispondere all'esigenza, ormai
espressa da anni e da più parti in Italia, di conoscere
con precisione il mondo evolutivo dei preadolescenti
per poter intervenire in modo educativamente cali-
brato su di essi.
Il volume ha un suo arco espositivo. Nel primo ca-
pitolo viene delineato un breve quadro delle trasfor-
mazioni che, sulla base delle ricerche COSPES, sem-
brano caratterizzare un'età per molti aspetti sfuggen-
te e ricca di crescite nascoste. Questo capitolo rimane
il riferimento essenziale o di sintesi per gli altri con-
tributi, centrati su altrettanti aspetti specifici.
Con una parte iniziale, costituita dai capitoli 2, 3 e
4, vengono descritti tre caratteristici itinerari evoluti-
vi, tracciati rispettivamente dall 'esplosione dell'inte-
resse per l'attività spazio-motoria, dalla crescita delle
relazioni d'amicizia con i coetanei e dall 'avvio, nel
preadolescente, di una consapevolezza maggiore e
più riflessa circa. se stesso.
Il nucleo successivo, armato dai capitoli 5, 6 e 7,
riguarda il rapporto del preadolescente con il conte-
sto educativo.
In questo breve arco ~i anni in cui vengono poste
le premesse per la formazione successiva dell'identi -
tà personale e sociale, le agenzie educative come la
famiglia e la scuola sono un incrocio fondamentale,
poiché da esse deriva un contributo di base all'espan-
sione o all'inibizione dei nuovi, sottili e molteplici
percorsi dell'autonomia preadolescenziale.
Nella parte conclusiva (capitoli 7, 8 e 9) vengono
messe in evidenza tre problematiche particolari, co-
me l'uso dei mass media, la religiosità e il disadatta-
mento scolastico, che frequentemente rappresentano
un'autentica sfida all'impegno degli educatori.
Questo contributo intende rivolgersi a una gamma
disperata di destinatari. Ai genitori anzitutto, perché
è in primo luogo con l'aiuto dell'ambiente familiare
che il preadolescente riesce a ritagliare una fisiono-
mia progressivamente propria.
Quindi agli insegnanti. Formando un'agenzia edu-
cativa apparentemente ridimensionata nei suoi spazi
tradizionali come nella sua incisività, possono recu-
perare in realtà dei compiti veramente inediti: poten-
zialmente più vicini di un tempo al mondo dei pre-
adolescenti, hanno la possibilità di organizzare i loro
«modi di avere capito» e di filtrare con quadri valo-
riali le loro varie esperienze.
Il libro è indirizzato anche agli altri educatori che
si interessano in vario modo di questi ragazzi e ra-
gazze.
Capi-scouts, sacerdoti e catechisti, animatori ACR,
dello sport e del tempo libero possono trovare in es-
so elementi utili di conoscenza per impostare un'a-
zione formativa efficace, in quanto radicata sugli ef-
fettivi problemi e interessi dell'età.
G. TONOLO - S. DE PI ERI,
Educare i preadolescenti
COSPES-IR!PES, Mogliano-Pordenone, 1988
(pagg. 160, 17 foto a colori, 3 grafici), L. 10000
Per ordinazioni rivolgersi a:
- Libreria LES di Verona, via Rigaste S. Zeno
- Librerie Cattoliche (a L. 13.000)
- lspettoria dei Salesiani {Mogliano Veneto e Vero-
na) e delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Padova e Co-
negliano) e Centri COSPES del Triveneto.
Il prezzo è volutamente contenuto al fine di un'ampia
divulgazione pedagogica nell'A nno Centenario di
Don Bosco.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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1 MARZO 1989 21
ARCHIVIO
di Marco Bongioanni
DALL'OPERETTA AL MUSICAL
Una fioritura di musical è sbocciata nel segno di «Don
Bosco '88»: una mezza dozzina in Italia e qualcuno all'e-
stero, di cui almeno un paio pregevoli in Germania e Spa-
gna. Non consta alcun contributo da parte della profes-
sionalità artistica, dove un progetto di Toni Cucchiara non
ha conseguito esito. È prevalsa invece la creatività giova-
nile «amatoriale» secondo un criterio che peraltro risale a
Don Bosco stesso, refrattario al teatro vero e proprio. Il
che , in tempi di crescita culturale e.artistica stimolata dai
«media», non escluderebbe l'innesto di qualche elemento
professionale dentro il gruppo giovanile, soprattutto a ti-
tolo educativo e per elevare le tonalità espressive (questa
prassi è già in uso per la musica e fu anche per il teatro
adottata dal fondatore stesso). Ma va comunque ricono-
sciuto il buon livello toccato· dalle numerose e bisogna
pure aggiungere «volonterose» formazioni italiane, tra cui
la salesiana di Udine (C'è da non crederci) e le «laiche»di
Biancavilla CT (Anch 'io mi chiamo Giovanni) e di Roma
(Ma lei ci crede ai miracoli?), tutte gradite dal pubblico
soprattutto giovanile.
Rispetto alla musica di 30-40 anni fa, le odierne espres-
sioni hanno anteposto il ritmo (e conseguentemente il
«mimo») al «melos» e alla orecchiabilità della cantata. In
compenso hanno molto liberato la partecipazione corpo-
rea, gestuale e danzata, chiamando tutta la persona a
esprimersi nell 'esecuzione. Influsso di culture esotiche?
Non è poi un male. I gusti si evolvono secondo varianti
culturali proprie d'ogni tempo, e bisogna pur ·amare ciò
che i giovani amano se vogliamo un nostro aggiornamen-
to e un loro consenso al meglio di noi stessi. Mi chiedo
perciò se la odierna evoluzione giovanile in fatto di musi-
ca.- e di musical - non stia rivalutando qualcosa che
l'antecedente gener.azione sembra avere dimenticato e
lasciato cadere in disuso, ma che potrebbe forse essere
utilmente riproposto : l 'operetta. èhe non è poi così lonta-
na dal musical, al quale anzi potrebbe fornire materiali di
scambio piuttosto interessanti.
Una delle cause di abbandono dell'operetta fu in-
dubbiamente la difficoltà e il costo dei complessi orche-
strali. Oggi questa difficoltà è stata eliminata dall 'ingresso
di nuovi strumenti che con poche unità creano effetti su-
periori agli antichi.-Un'altra causa fu la.difficoltà di creare
e manovrare coreografie credibili per quanto elementari,
poiché né i singoli né le masse di un tempo erano gran
che malleabili. Anche questa difficoltà è stata ora dissolta
dall'esperienza di balli e balere , e da esigenze di gestuali-
che hanno fortemente «teatralizzato» la musica stessa,
strumenti e canzoni ... Oggi i giovani sono felicemente
aperti alla dinamica del cantàre scenico e del sceneggia-
re cantato ... Ma forse non hanno ricevuto in consegna,
per debita conoscenza, gli spartiti che validi maestri ave-
vano scritto per loro e che la generazione di mezzo -
non senza ingiustizia - ha omesso di trasmettere come
eredità. Parlo - per iniziare di - di un Giovanni Pagella
con Serenata agli spettri; di un Enrico Scarzanella con
Remi e Maschere e Il mistero delle tre perle; di un·Luigi
Lasagna con La sagra dei gigli, Specchio magico, Paggio
Finamore, Il cardellino della Madonna ; di un G. Vesco con
Il principino di Go/conda... per citare «a braccio» e sul-
l'onda dei ricordi solo qualche autore dell 'area di Valdoc-
co, quella inaugurata dal giovane Cagliero fin dai tempi di
Don Bosco con le notissime romanze «verdiane » (L 'orfa-
nello, Il figlio dell'esule, Il ciabattino, e il popolarissimo
Spazzacamino... ).
La storia dell 'operetta allinea altre pieces che per ilari-
tà e attualità non sembrano ancora da dimenticare. Allu-
do a Il poeta e il filosofo del menzionato Cagliero ; a La
scuola del villaggio e a Gianduiotto in collegio, gaie «far- ·
se» musicali di Giacomo Costamagna (anche questo ve-
scovo salesiano fu musico!) ; a La congiura dei burattini di
L. Musso ; a Un 'ora in vacanza e Il medico per forza tra le ·
varie di R. Antolisei; a Il poggiolo fiorito di N. Vittone ; a
Occhio di falco e Il menestrello della morte di A. Angelini ;
a Trillo d'argento dello spagnolo F. Alcantara... per tacere
del fortunatissimo repertorio lasciato dal servo di Dio
V. Cimatti (Raggio di sole, Il cieco di Gerico, e soprattutto
Marco il pescatore) ... Operette che nel tempo coprono
tutto l'arco del nostro secolo, ma che vibrano sempre di
corde giovanili, in quanto ideate e scri.tte per giovani su
parole di buoni autori quali un Ubaldi , un Caviglia, un Bur-
lando, un Uguccioni ... E non ho elencato quelle di musici
«esterni» che ,per sintonia di spirito furoreggiarono negli
ambienti salesiani, come Ne le valli di Savoia di L. Santa-
relli , e le molte di M. Cagnacci (// divo del cinema, Una ga- ·
ra in montagna, ecc;),
·
Sì potrebbero toccare livelli superiori con gli Oratori
dell'Antolisei (Leo pdmus) e del Pagella (Judith, Job,
ecc.) ma fermiamoci qui, con il rammarico di avere senza
dubbio dimenticato qualche citazione eccellente. In bloc-
co, questo repertorio resta a testimoniare un metodo
educativo dove «teatro e musica sono correlativi». Di sif-
fatto revival s'è fatto portavoce di recente un competente
conduttore televisivo , affacciato al pubblico video. Se ri-
affiorano interessi in quella sede , perché non .dovrebbero
riaffiorare dove t,ma tradizione un po' ,,sopita» non si è pe-
ancora del tutto «spenta»?

3.2 Page 22

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22 · 1 MARZO 1989
VITA ECCLESIALE
Interrogativi ed attese
della chiesa africana
dopo l'indizione di un
Sinodo speciale.
«Sei tu, mio diletto fratello,
sento in te un immenso continente,
dove i fiumi di colpo s'arrestano...,
dove il sole cuoce tutto l'essere,
come un crogiuolo la ganga del
f erro».
Correva l'autunno del 1962,
quando Karol Wojtyla scriveva
questi versi nell'aula conciliare. Era
appena agli inizi quella grande sta-
gione di rinnovamento della vita e
del volto della Chiesa che fu il Va-
ticano 11. Nella basilica di San Pie-
tro, il giovane vescovo ausiliare di
Cracovia doveva avere come vici-
no di banco un confratello africa-
no. Quella consuetudine di fre -
quenza, quasi due mesi, dall'11 di
ottobre all'otto dicembre, gli ispi-
una poesia pubblicata più tardi
con uno pseudonimo e intitolata
«I I negro».
A quei versi sono ricorsi, molte
volte, i cronisti dei viaggi papali per
trovare le radici della sorprendente
ammirazione per l'Africa, e per
l'uomo africano, che Giovanni Pao-
lo Il ha manifestato a più riprese nei
quattro peripli che ha già compiuto
in quel continente, mentre un quin-
to è alle porte. Ed a quella vernhia
poesia composta sui banchi del
Concilio è ritornata la mente di più
d'uno anche il giorno dell'Epifania,
all 'inatteso" annuncio di un Sinodo
africano per affrontare problemi
antichi e recenti, religiosi e sociali,
economici e politici, postcoloniali e
neocoloniali, che toccano 75 milioni
di cattolici e quasi seicento milioni
di persone.
Sarà il primo Sinodo continenta-
le della storia della Chiesa. Avrà
come tema «La Chiesa in Africa
verso il terzo millennio» e dovrà
promuovere «un'organica solida-
rietà pastorale nell'intero territorio
africano e isole attigue». Nulla si sa
per ora circa i partecipanti, i tempi
e il luogo del Sinodo, che potrebbe
aver luogo sia in Vaticano sia in una
qualsiasi città africana. La preoccu -
pazione è di non bruciare le tappe
nella preparazione di un avveni-
mento che avrà per la Chiesa afri-
cana la stessa importanza che ebbe
per la Chiesa universale l'annuncio
dato da Giovanni XXIII del Conci-
lio. Dice un proverbio africano : «li
tempo rigetta tutto ciò che è fatto
senza di lui».
Al contrario del Vaticano Il,
l'idea dell'assise africana viene da
lontano. Se ne parlava quasi da die-
ci anni. Il progetto di un «concilio
africano» o «concilio nero» fu il so-
gno di un filosofo senegalese con-
vertitosi al cristianesimo, Alioun

3.3 Page 23

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Diop, il quale sentiva che la religio-
ne poteva rappresentare l'ideale ce-
mento per fondare l'unità culturale
e morale dell'Africa. Il grande afri -
canista, dopo aver consultato alcuni
vescovi del continente, se ne fece
portavoce presso Paolo VI, che non
si espresse negativamente. Dopo la
morte di Diop, il progetto venne
lanciato per la prima volta ufficial-
mente in occasione di un simposio
culturale tenuto ad Abidjan, nel
1977.
Da allora l'idea si è fatta strada. Il
3 maggio del 1980, a Kinshasa, du-
rante il primo viaggio di Giovanni
Paolo II in Africa, la proposta viene
~ottoposta informalmente al Papa.
E soltanto il primo passo. Due anni
dopo, il cardinale Zoungrana, allora
presidente del simposio delle con-
ferenze episcopali d'Africa e Mada-
gascar, s'incarica di ripresentare il
progetto in Vaticano. Giovanni
Paolo II dichiara che l'incontro «in
un modo o nell'altro» si sarebbe te-
1 MARZO 1989 · 23
nuto. La causa del «concilio nero»
viene di nuovo caldeggiata dai ve-
scovi zairesi - i sostenitori più
convinti del progetto - durante la
visita «ad limina» del 1983.
L'anno seguente, a Kinshasa, la
settima assemblea dei vescovi afri-
cani e del Madagascar affronta con
grande impegno la questione. I pre-
suli presenti nella capitale zairese
vengono incaricati di consultare le
rispettive conferenze episcopali,
chiedendo loro di sensibilizzare il
popolo di Dio nel condurre a matu-
razione l'idea. li Papa accetta il
proposito di riflettere e di mettere a
punto un progetto. Della volontà di
Giovanni Paolo II si fa interprete
dinanzi a quell'assemblea il cardi-
nale africano Gantin, prefetto della
Congregazione vaticana per i ve-
scovi, che raccomanda all'episcopa-
to del suo continente una triplice
fedeltà: a Cristo, alla Chiesa, al-
l'Africa.
Nell'agosto '85, in volo verso Lo-
mè, capitale del Togo, Giovanni
Paolo II, conversando con i giorna-
listi, anticipa che l'assemblea ormai
non è lontana. Mentre l'aereo sor-
vola il Sahara, il Papa corresse pe-
rò il termine precisando che si trat-
tava comunque di un «Sinodo» e
non di un «Concilio». In altre paro-
le: non di un'assemblea «decisiona-
le» di tutti i vescovi dell 'Africa, sal-
:vo ratifica o meno delle sue delibe-
re da parte del Papa stesso; ma di
un'assemblea «consultiva>> dei prin-
cipali rappresentanti dell'episcopa-
to africano per il Papa. Finalmente,
lo scorso 6 gennaio, t'annuncio del-
la convocazione di un'assemblea
speciale per l'Africa del Sinodo dei
Vescovi.
Contemporaneamente all 'annun-
cio del Sinodo, il Papa dà personal-
mente la notizia della costituzione
di una «commissione anteprepara-
toria», formata dai presidenti delle
nove conferenze episcopali conti-
nentali e regionali dell'Africa ango-
lofona e francofofana. La commis-
sione si mette subito al lavoro, com-
piendo un primo giro d'orizzonte
sui possibili temi del Sinodo, indivi-
duando una serie di problemi che
appaiono a distanza comuni ed ur-
genti nell'intero contesto africano.
La commissione dovrà garantire,
sin dall'inizio, il coinvolgimento

3.4 Page 24

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24 · 1 MARZO 1989
nella preparazione del Sinodo di.
tutto l'episcopato africano, di tutte
le strutture vive della Chiesa e del-
l'intera base ecclesiale.
Nel panorama mondiale della
Chiesa, l'Africa è il continente che
dimostra la maggiore vitalità. C'è
una libertà generale o quasi genera-
le per l'evangelizzazione, anche se
non mancano difficoltà pratiche di
vario genere. Ogni anno, lo sforzo
missionario fa' aumentare di alcuni
milioni il numero dei battezzati. Al-
trettanto rapidamente procede l'«a-
fricanizzazione» dell'episcopato.
Solo alla morte di Paolo VI - ago-
sto '78 - i vescovi africani erano
245; oggi sono quasi cinquecento.
All'epoca del viaggio di Papa Mon-
tini in Uganda, nell'estate 1969, i
cardinali africani erano appena due,
mentre ora sono diciotto.
Con quasi 20 mila sacerdoti ed
oltre 40 mila religiose, la Chiesa
africana ha ormai raccolto l'appello
di Paolo VI a Kampala : «Africani,
siate missionari di voi stessi». L'av-
venire della Chiesa in Africa non
può quindi, non interessare la Chie-
sa universale e questo legame è un
I Abidjan, Costa d'Avorio, Il centro cittadino.
(Foto Archivio SEI - Ricatto)
I Villaggio della Liberia.
(Foto Archivio SEI - Poggio)
';,f1
altro motivo per la scelta della for-
ma sinodale dell'i ncontro panafri-
cano. Infatti, ogni tipo di Sinodo dei
Vescovi, pur trattando i problemi di
una determinata regione, non di-
mentica mai il collegamento delle
Chiese particolari con la Chiesa
universale. Collegamento che per
la Chiesa italiana è reso ancora più
tangibile dal fatto che su ventimila
missionari, suore, volontari sparsi
nel mondo, dagli otto ai novemila
operano in Africa.
Il primo tema del futuro Sinodo
sarà, certamente, quello dell'evan-
gelizzazione in tutte le sue tappe,
dal primo annuncio all'approfondi-
mento della vita di fede e alla pene-
trazione più profonda dei contenuti
del messaggio in tutte le manifesta-
zioni della vita africana. Non si pos-
sono poi dimenticare i problemi
della promozione umana, della giu-
stizia, della pace. Voluminoso è an-
che il dossier delle questioni interne
alla vita della Chiesa: dallo svilup-
po dei ministeri laicali alla forma-
zione dei sacerdoti, ali' adattamen-
to liturgico e catecumenico, in una

3.5 Page 25

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- - - - - - - - - - -s8-
parola all'inculturazione, cioè alla
trasmissione della fede in un lin-
guaggio più comprensibile all'uomo
africano. Un altro vasto campo di
problemi aperti è quello del matri-
monio e della vita familiare. Sono
sul tappeto problemi non facili per
ciò che concerne i rapporti con le
religioni tradizionali, problemi le-
gati al proliferare delle sette, pro-
blemi delicati di relazioni del mon-
do cristiano con l'Islam che si pre-
senta in Africa con un proselitismo
aggressivo ed in costante espansio-
ne. C'è infine, lo scandalo del-
l'apartheid.
Ma il problema di fondo è quello
dell'uomo africano che deve con-
frontarsi oggi con una situazione di
sradicamento e di alienazione a tut-
ti i livelli : religioso, sociale, econo-
mico, politico e culturale. Ci trovia-
mo, infatti di fronte ad un continen-
te asservito per secoli e venduto al-
l'asta su tutti i mercati del mondo,
poi sfruttato, colonizzato, sotto-
messo ad un sistema di «tabula ra-
sa» e di distruzione sistematica del-
la sua personalità. Secondo uno
storico africano, il grande compito
delle Chiese in Africa è quello di
operare una sintesi vitale «fra quel-
lo che siamo e quello che abbiamo
ricevuto». Un compito che un teo-
logo famoso riassume nell'interro-
gativo: «Come esprimere la nostra
appartenenza a Dio in un continen-
te che non appartiene a se stesso?».
li Sinodo speciale è un segno del-
la fiducia e della speranza che
1 MARZO 1989 25
l'Africa, con le sue tragedie e i suoi
mali, ma anche con la sua giovinez-
za e il suo dinamismo, suscita nel
Papa e nella Chiesa universale.
Quella speranza e quella fiducia
che un poeta della «negritude»
esprimeva in questi versi: «Non è
vero che l'opera dell'uomo è finita
- e che noi non abbiamo nulla da
fare al mondo - che noi siamo pa-
rassiti del mondo - che basta met-
tersi al passo col mondo. - In real-
tà l'opera dell'uomo comincia ades-
so - resta da superare ogni vuoto
rimasto ai margini della sua fede
- nessuna razza possiede per inte-
ro - bellezza intelligenza forza -
e c'è posto per tutti all'appuntamen-
to della vittoria».
Silvano Stracca
UN CONTINENTE
CHE VIVE
NEL DRAMMA
SENZA PERDERE
LA SPERANZA
La Chiesa africana
contro le guerre,
la fame, la corruzione,
il razzismo.
Essa sollecita l'impegno
di tutti per promuovere
lo sviluppo.
La condizione dram-
matica in cui si trova oggi a vivere,
fa dell'Africa una terra del tutto
speciale, perfino rispetto ad altre
componenti continentali del cosid-
detto Terzo Mondo. Anche in Asia,
o in America Latina, sono di casa
miseria, fame, guerra, analfabeti-
smo. Ma mentre qui si colgono, sia
pure saltuariamente e spesso mar-
ginalmente, segnali che fanno spe-
rare in un più o meno prossimo so-
prassalto di svi luppo, l'Africa sem-
bra immersa nel buio più completo,
nell'immobilismo più totale.
Se questo è lo stato delle cose,
non deve stupire che la Chiesa afri -
cana, i singoli sacerdoti, i missiona-
ri, in quanto espressione di energie
vitali, intervengano nelle vicende
del Continente per tentare di squar-
ciare la cappa di piombo che l'av-
volge. Si possono chiudere gli occhi
o far finta di non sentire di fronte
alle sofferenze di milioni di persone
che non hanno da mangiare? O che
vivono con un reddito che è fra i
più bassi del mondo? O che assisto-
no quotidiana·mente al dilatarsi del-
la corruzione? · Si può tace~e di

3.6 Page 26

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26 · I MARZO 1989
fronte a regimi che si fondano sul
razzismo o che disattendono il n-
spetto dei diritti umani?
Intervento doveroso
E difatti la Chiesa africana vede e
parla. E spesso ne paga le conse-
guenze. I suoi interventi possono
sembrare, a chi vive in Paesi di con-
solidata democrazia e di diffuso be-
nessere, indebite ingerenze nella
sfera politica. Ma in Africa, proprio
per la fase drammatica che attra-
versa, non di ingerenza si può par-
lare, bensì di doveroso interessa-
mento per richiamare tutti all'esi-
genza di compi°ere il proprio dove-
re, quale che sia il livello sociale o
di responsabilità di ognuno. Del re-
sto, la Chiesa africana, i missionari
condividono la vita della gente, ne
toccano con mano la miseria. E av-
vertono imperioso il dovere di tute-
lare gli emarginati, i poveri, i biso-
gnosi. Questo perché la Chiesa si
sente impegnata a realizzare lo svi-
luppo integrale dell'uomo, elevan-
dolo sia spiritualmente, attraverso
l'evangelizzazione, sia material-
mente, collaborando all'innalza-
tinua, vuol dire che milioni di perso-
ne, la maggioranza, sono tuttora di-
scriminate a causa del colore della
pelle, private dei diritti sociali e po-
litici. La Chiesa cattolica sudafrica-
na non solo non ha taciuto, ma si è
mento del suo livello di vita.
Potevano, i Vescovi del Burundi,
non denunciare nell'agosto dello
scorso anno il massacro che ha in-
sanguinato il Paese a causa dell'o-
dio razziale? E difatti, l'Episcopato
anzi impegnata nel concreto e ha
sfidato le leggi razziste aprendo al-
l'integrazione razziale alcune delle
sue scuole. E ha naturalmente subì-
to l'indispettita reazione dei pubbli-
ci poteri. Sacerdoti sono stati espul-
è sceso in campo con un documento si, altri sono finiti in guardina. Nel
che condanna duramente «coloro marzo 1988, la polizia ha disposto
che hanno progettato e provocato la chiusura del «New Nation», il
questo crimine e coloro che l'hanno settimanale dei Vescovi cattolici,
eseguito». I conflitti etnici sono colpevole di aver criticato la durez-
purtroppo un dato permanente del za della repressione contro la pro-
panorama africano, causa prima di testa dei neri. «Il governo non do-
migrazioni di massa che fanno del- · vrebbe tappare la bocca ai dissen-
l'Africa il Continente con il mag- zienti - disse in quell'occasione il
gior numero di profughi.
vescovo di Johannesburg, Reginald
Che dir,e poi dell'apartheid in Su- Orsmund - ma piuttosto accettare
dafrica? E storia ormai tanto vec- i consigli di chi sollecita pacifici ne-
chia che si stenta quasi a parlarne. goziati fra neri e bianchi».
Difatti la si menziona ormai so lo in È possibile tacere di fronte all'i-
occasione di avvenimenti tragici, nerzia di chi non provvede con ade-
violenti, che oppongono le popola- guate misure a sottrarre la gente al-
zioni nere in rivolta alle forze di po- l'incubo della fame? Nel settore ali-
li zia dello Stato razzista. Ma l'a- mentar , la situazione in Africa non
partheid continua ad essere prati- solo non accenna a migliorare, ma
cata anche -quando i giornali o le peggiora di continuo, come docu-
TV se ne stanno silenziosi. E se con- mentano i rapporti delle varie or-
Foto Archivio SEI
ganizzazioni internazionali. Non è
solo questione di periodiche care-
stie dovute alla persistente siccità.
La fame in Africa è endemica. La
denutrizione infantile è passata, ne-
gli ultimi dieci anni, dal 17 al 31 per
cento del totale della popolazione
fino ai quattro anni. Il futuro - so-
stiene l'ONU - non lascia intrav-
vedere alcun miglioramento. E c'è
da crederlo, se dai 180 chilogrammi
di cereali per persona prodotti nel
1967, si è passati nel 1986 a 118 chi-
logrammi per persona.
Errori politici
La Chiesa ha denunciato in p1u
occasioni gli errori compiuti dai go-
verni locali che spesso hanno sacri-
ficato l'agricoltura per privilegiare i
centri urbani. Conseguenze inelut-
tabili: la fuga dalle campagne e il
superaffollamento delle città, inca-
paci a loro volta di fornire servizi
adeguati e, quel che è peggio, di-
ventate centrali del vizio e della de-
vianza giovanile. Nell'agosto 1988, i
credenti raccolti nel CEADAM, il
Circolo cristiano di studi e di azione

3.7 Page 27

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- - -- - - - - -- - sB-
per lo sviluppo del Madagascar,
hanno pubblicato un documento
che analizza i mali della grande iso-
la. «La crisi spopola le campagne,
degrada le città, causa la disoccupa-
zione, logora la salute e la speranza,
apre un solco fra governo e gover-
nati, deteriora la solidarietà». E ag-
giungevano: «La situazione del Ma-
dagascar da grave che era è diven-
tata tragica, a causa di gravi errori
politici e di gestione economica e
perché le pratiche di arricchimento
e di appropriazione indebita riman -
gono spesso impunite». Il docu-
mento è stato fatto proprio dai Ve-
scovi malgasci, che hanno chiesto
un «riassestamento della Nazione».
L'Episcopato del Madagascar,
già nel 1984 aveva denunciato l'im -
mortalità dell'imposizion e di una
ideologia che esclude tutte le altre:
un oltraggio - scrissero - alla li-
bertà di opinione. E condannarono
le misure censorie imposte a gior-
nali, radio, TV. Ma è quasi l'intera
Africa che stenta oggi a trovare la
strada di un maggior rispetto dei
diritti umani. È stato lo stesso Gio -
vanni Paolo II, in un recente di-
scorso, a indicare fra le cause pri-
me della tragedia in cui si dibatte il
Continente, proprio il diffuso di-
sprezzo dei fondamentali diritti
dell'uomo.
E poi c'è il capitolo delle guerre e
1 MARZO 1989 27
delle guerriglie. Se si citano l'Ango-
la e il Mozambico si fanno solo due
esempi fra i tanti che potrebbero
essere richiamati. Ma forse essi so-
no i più emblematici delle sofferen-
ze che uno stato di guerra perma-
nente procura alle popolazioni co-
involte. I vescovi dell'Angola e del
Mozambico insistono da sempre
perché cessino finalmente quelle in -
terminabili guerre. «Guerra fratri-
cida - si legge in un documento
dell'Episcopato angolano - che ha
logorato il Paese. Perfino forze
straniere fanno della nostra terra
un campo di battaglia. Nessuno si
meravigli che la Chiesa si faccia
portavoce delle migliaia di angola-
ni che non possono parlare e che in-
vocano la pace». Sembra ora che le
truppe straniere si siano decise ad
abbandonare l'Angola, nel quadro
di un accordo internazionale che si
spera possa aprire al Paese la via
della pacificazione.
Naturalmente le denunce della
Chiesa hanno il solo scopo di con-
tribuire a migliorare la situazione in
Africa. Essa infatti non si stanca di
invitare i fedeli a impegnarsi con-
cretamente nel dare esempio «di
giustizia contro lo sfruttamento, di
carità contro la durezza dei cuori, di
pace contro l'ostilità, di verità con-
tro la falsità, di amore contro l'odio,
di unità contro la divisione». La
Chiesa si propone come punto di ri-
ferimento morale per raccogliere la
ricchezza umana di cui è deposita-
ria l'Africa: il senso del sacro che
pervade la sua gente, la considera-
zione per l'uomo, il rispetto per la
vita, l'amicizia, la relazione di grup-
po. Tutti valori che in tante altre
parti del mondo sembrano essere
stati dimenticati. Essi aprono oriz-
zonti di speranza verso la promo-
zione di una comunità umana rego -
lata dai valori eterni del Vangelo.
Ecco, questo è lo scenario dei pro-
blemi che farà da sfondo all 'Asse m-
blea sinodale speciale per l'Africa
convocata dal Papa. L'intera comu-
nità dei fedeli è chiamata fin d'ora a
mettersi in sintonia, attraverso la
preghiera e la partecipazione, con
le Chiese partico lari dell'Africa, per
aiutarle a prepararsi a un avveni-
mento destinato a introdurle nel
terzo millennio dell'era cristiana.
Gaetano Nanetti

3.8 Page 28

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28 1 MARZO 1989
OBIETTIVO BS
Roma
QUEL BORGO DI RAGAZZI
SEMPRE PIÙ CITIÀ CHE
NON SI STANCA DI SOGNARE

3.9 Page 29

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- - -- -- - - -- - sB-
1 MARZO 1989 29
A quarant'anni dalla fondazione il
Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma
Prenestino rappresenta una presenza
sempre più radicata nel territorio.
La speranza di un prossimo «riscatto»
dell'opera a tutt'oggi proprietà dello
Stato. _Cosa sifa e come si vive in
un giorno qualunque.
«Scusi, sa dirmi dov'è il
Borgo Ragazzi Don Bosco?». Sono
ancora lontana ma lungo la via Pre-
nestina il benzinaio, il tabaccaio, la
gente alla fermata dell'autobus, tut-
ti sanno darmi indicazioni precise,
tutti sembrano conoscerlo bene.
Per chi arriva per la prima volta,
il Borgo sembra la piazza di un pic-
colo paese pieno di vita e di gente,
dove tutti si conoscono e hanno
qualcosa da dirsi. Al centro della
piazza il vociare allegro dei ragazzi
che giocano a pallone, «goal» esul-
ta d'un tratto la squadra di destra.
Intorno, un and irivieni continuo di
giovani in tuta, di gruppi che chiac-
cherano sotto i porticati che colle-
gano i capannoni laterali. Nel pri-
mo, i genitori con i bambini per ma-
no vanno a vedere la mostra dei
presepi, mentre nel capannone suc-
cessivo si sta disputando un torneo
di ping pong, con un certo tifo in-
torno ai vari tavoli. Poi c'è la pale-
stra, ma ormai a quest'ora di sabato
pomeriggio è vuota. Qualche passo
più in là, dai locali del teatro arriva-
no gl i accordi ritmati del complesso
che prova per il prossimo spetta-
colo.
C'è calma solo in cappella dove si
recita il rosario in attesa della fun-
zione serale. Anche negli uffici par-
rocchiali c'è un certo movimento.
Dal corridoio si sente il ticchettio di
una macchina per scrivere, in un an-
golo un gruppo di pacchi per la rac-
colta della Caritas, mentre qualcu-
no sta leggendo gli avvisi parroc-
chiali e i fogli esposti in bacheca
Le foto dell'articolo sono di Franco Marzi - Roma
sulle attività, numerosissime, dell'o-
ratorio.
Malgrado abbia compiuto da po-
co i suoi quarant'anni di vita e di-
verse generazioni siano passate da
questo cortile, il Borgo Ragazzi
Don Bosco ha mantenuto intatta la
sua giovinezza. E la sua storia in
questo angolo della periferia roma-
na, riassume una importante pagina
di storia del nostro Paese del dopo-
guerra ad oggi.
Cerchiamo di immaginare per un
momento quale dovese essere il
paesaggio di questa zona nel 1948,
quando cioè è nata quest'opera sa-
lesiana. Prati, campagna, qualche
edificio un po' isolato, poche strade
polverose, un solo tram. «Sì, in ef-
fetti non c'era nemmeno la via Pre-
nestina nuova per arrivare fin qui
dove sorgeva il Forte Prenestino
che era un punto di riferimento mi-
litare - racconta Don Antonio Pe-
trosino, da sei anni direttore del
Borgo Ragazzi Don Bosco -. La
guerra ormai era finita ma aveva la-
sciato dietro di sé solchi pesanti e a
Roma in quegli anni molti, moltissi-
mi ragazzi si ritrovavano sbandati
per strada, le loro famiglie divise o
distrutte e nessuno che in pratica si
prendesse cura di loro. La gente li
chiamava «sciuscià» perché pulire
un paio di scarpe alleate era uno dei
modi più comuni e onesti per gua-
dagnare qualcosa».
Di fronte a questa triste realtà
Papa Pio XII raccomandò ai Sale-
siani di «prendersi cura di questi ra-
gazzi abbandonati o traviati e di fa-
re quanto Don Bosco ispirerà loro».
Come Don Bosco aveva fatto quasi
cento anni prima con i giovani e
sbandati «bocia» torinesi al Val-
docco, così anche i Salesiani senti-
rono che quei «ragazzi di nessuno»
per le strade di Roma toccavano a
loro, per far viv.ere il carisma di
Don Bosco di una ennesima, nuova
giovinezza.
Cominciarono a raccoglierli pri-
ma al Sacro Cuore di Via Marsala,
giacché era proprio intorno alla

3.10 Page 30

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30 · 1 MARZO 1989
I Immagini del Borgo
Ragazzi Don Bosco di
Roma Prenestino, oggi.
Stazione che questi ragazzi finiva-
no per passare le loro giornate.
Ben presto ci si accorse però che
più che di assistenza quotidiana c'e-
ra bisogno di una vera casa e il ser-
vizio fu trasferito nei sotterranei di
una scuola in via Varese. Ma dato
che il loro numero continuava a
crescere si pensò al Forte Prenesti-
no, allora mezzo abbandonato che,
affidato in concessione ai salesiani,
si trasformò ben presto in un villag-
gio popolato di giovani.
«Ecco, iniziò così questa attività,
prima con un centinaio di ragazzi
che non ci misero ·molto a diventa-
re più di quattrocento - ricorda
Don Petrosino -. Bisognava impe-
gnarli tutto l'anno, comprese le va-
canze estive al mare di Gaeta. Il ca-
lendario delle loro attività era mol-
to più pieno della scuo la normale:
con la scuola media, di avviamento
come era allora, c'erano anche i la-
boratori di falegnameria, tipogra-
fia , meccanica, elettromeccanica,
allestiti in questi capannoni che un
tempo erano serviti da deposito di
foraggi e di munizioni. E così questi
ragazzi si sono preparati alla vita.
Molti di loro, una volta imparato
un mestiere, andavano a lavorare
fuori e alla sera tornavano qui a
dormire. li direttore di allora, Don
Biavati, per abituarli ad un certo ti-
po di vita volle che con il primo sti-
pendio dessero un piccolo contri-
buto (certo molto inferiore a quelle
che potevano essere le quote di al-
lora). Molti ex allievi hanno conti-
nuato a vivere al Borgo finché non
si sono fatti una famiglia ed una ca-
sa per conto loro».
Di quegli anni belli e difficili ci
testimonianza un ex allievo.
«Qui all'inizio era stupendo, per
il Borgo era tutto - ricorda Vale-
rio Nacchetti, 46 anni, sposato e pa-
dre di una ragazza che frequenta le
attività dell'oratorio -. Facevamo
quattro ore di ·scuola e quattro di la-
boratorio, in mezzo il pranzo che i
salesiani ci davano gratuitamente.
Eravamo una grande famig lia. Per
questo in qualche modo non ho mai
smesso di frequentare il Borgo an-
che se non è facile arrivare qui da
Monteverde dove abito».
Terminata la stagione dell'emer-
genza postbellica, agli inizi degli
anni 60 anche il Borgo cambia fisio-
nomia pur continuando ad acco-
gliere ragazzi di condizioni povere
e disagiate. Alcuni anni fa si è prefe-
rito rinunciare alla formula del col-
legio e attualmente c'è la scuola
media (160 alunni) e quella profes-
sionale con settori di meccanica- ed
elettromeccanica (220 studenti).
Un gran numero di ragazzi, un
migliaio circa, fanno capo alle atti-
vità dell'Oratorio e del Centro gio-
vanile che è la realtà più importan-
te del Borgo Don Bosco.
«Organizziamo ogni anno tre
grosse manifestazioni - dice don
Petrosino - a dicembre c'è Bentor-
nato Presepio, Trentagiornigiovani
in primavera e Borgoestate a luglio,
una specie di piccola «estate roma-
na» (ma non manca anche l'attività
teatrale con il gruppo dei Golden
Star).
Poi c'è anche la parrocchia, rela-
tivamente giovane perché ha solo
11 anni di vita. Il nostro impegno
più vivo è quello di essere un punto
di riferimento costante per tutto il
territorio e di rappresentare una ri-
sposta alle molte domande del
mondo giovanile che ci circonda».
I quarant'anni di vita di quest'o-
pera salesiana sono anche una fetta
emblematica della storia della città
di Roma, con quel suo allargarsi di -
sordinato e nevrotico in una serie di
agglomerati «spontanei», le borga-

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4.1 Page 31

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- - -- - - - - - -- s/J-
1 MARZO 1989 31
te, come anelli concentrici di una
periferia sempre più vasta e sempre
meno a misura d'uomo. Tra i nuovi
quartieri satellite cresciuti nella zo-
na (come ad esempio Torbellamo-
naca) e le borgate «storiche» (Cen-
tocelle, Quarticciolo, Tor Sapienza,
Collatino, Borgata Gordiani) il Bor-
go non ha mai cessato di rappre-
sentare per la gente, per l'uomo,
una delle poche alternative possibi-
li al malessere (disoccupazione,
droga, delinquenza minorile, ab-
bandono scolastico) che segna le
giovani generazioni della periferia
romana.
«Da alcuni mesi stiamo facendo
una ricerca sul territorio - spiega
Roberta, 24 anni, catechista, una
delle prime ragazze che 1O anni fa
cominciarono a frequentare l'Ora-
torio -. Siamo ancora in fase ini-
ziale ma i primi risultati indicano
già una mappa vastissima delle aree
di provenienza. La finalità è quella
di conoscere i bisogni della gioven-
che frequenta il Borgo per capire
come e dove puntare meglio i nostri
sforzi».
Don Petrosino mi mostra una
raccolta di lettere che gli alunni
hanno scritto in occasione della re-
cente visita del Sindaco Pietro Giu-
bilo al centro salesiano, raccontan-
do con le calligrafie un po' incerte
ma le idee piuttosto chiare, come
vedono i problemi delle città. Scri-
ve Giancarlo della I A: «Caro sin-
daco... uno dei tanti problemi è
quello della droga. Nel mio quartie-
re c'è una scuola che non è stata
completata e che è diventata la ta-
na dei drogati. A volte vedo dei tipi
che entrano ed escono da quella
scuola ormai in rovina e subito mi
viene il sospetto».
Non manca chi denuncia «la vio-
lenza ai bambini, la mancanza di
verde e di case per i nomadi, il traf-
fico, la carenza di parchi per i bam-
bini che invece si istupidiscono da-
vanti alla TV».
Un altro bambino poi confida :
«Molti come me sa nno come è diffi -
cile essere giovani oggi. Siamo mi-
nacciati dalla droga ed è sempre
più difficile restare puliti...». Parole
chiare e dirette che non lasciano
dubbi agli educatori sulla necessità
di essere attenti e vicini a questi pic-
coli uomini che crescono, con una
pedagogia di vita concreta e positi-
va. Testimoniata giorno dopo gior-
no in mezzo a loro.
Don Elverino, direttore dell'Ora-
torio, prende la parola. «Il carisma
che ci impegniamo più profonda-
mente a far vivere è quello della ac-
coglienza, questo spazio aperto in
cui i ragazzi possono venire sicuri
di trovare qualcuno che li aspetta,
siano Salesiani o laici che collabo-
rano e sono corresponsabili con i
Salesiani. Sono qui da due anni, an-
che io però da studente venivo qui il
sabato e la domenica. Ora passo le
mie giornate con loro. La mia espe-
rienza con i ragazzi più difficili è
che attraverso il dialogo si scopro-
no alle loro spalle realtà familiari
disgregate, una crisi di valori ch e
spesso parte proprio dagli adulti.

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32 · I MARZO 1989
Anche i più scostanti, una volta che
si instaura un certo dialogo, scopri
che sono diversi. Anche se, certo, i
risultati _vengono solo col tempo».
Fondamentale per l'armonia del
Borgo è lo stare insieme in modo
creativo e gioioso, secondo il più
autentico stile educativo salesiano.
Importantissimo quindi è lo
sport, come sottolinea Antonello,
28 anni, animatore PGS. «La realtà
sportiva è una delle più valide del
quartiere. Abbiamo circa 400 tesse-
rati tra maschi e femmine, divisi in
quattro settori: pallavolo, pallaca-
nestro, calcio, tennis tavolo.
Non è solo un passatempo tanto
per stare insieme. Agon isticamente
si può arrivare anche a livelli piut-
tosto buoni. Ma la cosa più impor-
tante è lo spirito educativo con cui
lavoriamo, In tutto siamo una ven-
tina di animatori di età tra i 20 e i
40 anni (ma ci sono anche gli aiuto-
animatore tra i 16 e i 18 anni). Mol-
ti di noi, me compreso, sono cre-
sciuti qui. Oggi cerchiamo di ridare
a chi viene dopo di noi, l'esperien-
za positiva che altri ci hanno aiuta-
to a fare».
Ma lo sport più popolare soprat-
tutto tra i maschi è senza dubbio il
calcio: Un gruppetto di ragazzini,
sudati e con le guance rosse inter-
rompe per un momento una com-
battutissima partita di pallone.
«Faccio la seconda media e fre-
quento l'Oratorio. Mi trovo molto
bene perché i Salesiani aiutano tutti
noi, si fanno belle amicizie e non
c'è rischio di trovare cattive perso-
ne. Mi sento protetto un po' come a
casa mia» dice tutto d'un fiato Mas-
similiano.
«Io e lui veniamo insieme - gli
fa eco Daniele, due occhi neri e fur-
betti sotto un caschetto di capelli
spettinati -. Ci si diverte, si studia
si sta bene insieme. Prima di venire
qui giocavo per strada sotto il pa-
lazzo di casa mia. Lo spazio era
molto limitato e il pallone andava
sempre a finire sotto le macchine».
Anche Valerio si fa coraggio e in-
terviene. «Quale è la cosa che mi
piace di più al Borgo? li Borgo! E
quella che mi piace di meno? Che il
Bo rgo non è ancora dei Salesiani».
Il Borgo Ragazzi Don Bosco si
trova infatti su un terreno dema-
niale ed è stato concesso alla con-
gregazione per realizzare il centro
nel 1948.
Fin da allora i Salesiani avevano
chiesto di poterlo acquistare per
poterlo rendere sempre più adatto
alle attività giovanili.
Ora si spera di poter concludere
la trattativa.
«Noi diciamo tutto a tutti perciò
anche loro sanno che il Borgo non
è dei Salesiani (e che almeno teori-
camente potremmo essere mandati
via)» aggiunge Don ~etrosino al-
largando le braccia. «E da sempre
nostra abitudine dividere con gli al-
tri le nostre gioie e le nostre preoc-
cupazioni». E un modo per respon-
sabilizzare i ragazzi per parlare
sempre loro dandogli fiducia sulla
loro capacità di diventare adulti.
«Il nostro programma, come ve-
de scritto nei locali dell'Oratorio, è
fedele ad un articolo fondamentale
delle nostre costituzioni. E cioè che
ogni nostra opera deve essere una
casa che accoglie, una parrocchia
che evangelizza, un cortile dove si
vive tra amici e una scuola che inse-
gna a vivere».
Come Don Bosco aveva raccolto
intorno a sé i ragazzi di nessuno,
così ancora una volta i Salesiani
hanno raccolto ragazzi soli e ab-
bandonati che rischiavano di finire
nella devianza. Oggi le cose sono
cambiate ma ancora aperto resta il
rischio che altri si perdano per stra-
da. Un rischio forse meno legato al-
l'emergenza ma non per questo me-
no urgente e vicino. Aiutarli a cre-
scere nel modo giusto è un carisma
che si trasforma nel tempo, sempre
restando fedele a se stesso.
«In .che modo lo possono dire for-
se i ragazzi stessi - conclude don
Petrosino - . Tempo fa, dopo la
proiezione del film su Don Bosco,
abbiamo passato un questionario
chiedendo «ti pare che i Salesiani vi-
vano come Don Bosco?». Tra le al-
tre, due risposte significative. Uno ci
ha detto «non vi montate la testa
perché quello era un santo». Qual-
cun altro invece ci ha detto «conti-
nuate così perché state sulla strada
giusta». Speriamo che quel ragazzi-
no abbia ragione».
Mieia Fagiolo D'Attilia

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- -- -- - - - - --sB-
ANNIVERSARI
1 MARZO 1989• 33
PIOXI
IL «PAPA DI DON BOSCO»
A CINQUANT'ANNI
DALLA SCOMPARSA
Il singolare incontro fra
Achille Ratti e Giovanni
Bosco. Tanti segni di
benevolenza che la
Famiglia salesiana non
dimentica.
Otto salesiani e un con-
te. Quest'ultimo era Giuseppe Dalla
Torre, che per un buon quaranten-
nio diresse L'Osservatore Romano.
Gli altri erano i religiosi chiamati
dal Papa a dirigere le tipografie va-
ticane della Poliglotta e dell'Osser-
vatore stesso. Il drappello salì di
buonora a Castel Gandolfo il matti-
no del 1° agosto 1937, benché l'u-
dienza pontificia fosse fissata solo
per le ore 11 . Attesero il cardinale
Domenico Mariani, preposto ai be-
ni della Santa Sede, con il procura-
tore salesiano Francesco Tomaset-
ti, «corresponsabili» anch'essi del -
l'impresa a cui si accingevano i figli
di Don Bosco in Vaticano. Tutti in-
sieme salirono poi alle stanze pon-
tificie.
Lo studio papale era luminosa-
mente aperto alla più cordiale acco-
glienza. Pio Xl Ratti si presentò fa-
miliarmente come padre, più che co-
me Papa. L'euforia gli traspariva dal
viso già un po' smagrito dall'età e dai

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34 · I MARZO 1989
IPio Xl a piazza San Pietro il
giorno della
Canonizzazione di
Don Bosco. Stesso
awenlmento nelle pagine
seguenti.
malanni (lo separavano appena di-
ciassette mesi dalla morte) e quasi
un soffio di vitalità inattesa, di riac-
cese energie, ne illuminò gli occhi
scuotendone la persona. «I miei figli
- mormorò - i miei carissimi figli
di Don Bosco...». E s'intrattenne a
salutare tutti, ciascuno in particola-
re, ascoltando le singole presenta-
zioni che man mano gli faceva il
procuratore Tomasetti.
Fu notato il linguaggio insolito in
prima persona singolare usato,
quella volta, da un papa che soleva
sempre parlare col plurale majesta-
tis : «miei». Fu una delle rare ecce-
zioni, una sottolineatura voluta a
personalizzare un evento che ap-
punto «personale» era stato fin da
quando il giovane sacerdote Achil -
le Ratti, precisamente quel Papa, si
era visto condotto dalla provviden-
za a Valdocco, nella casa di Don
Bosco, nel lontano autunno del
1883. Achille Ratti si abbandonava
ora a se stesso, ai ricordi suoi pro-
pri, e anche all'erompente allegria.
Don Tomasetti gli stava presentan-
do il salesiano laico Davide Batti-
ston, cuoco della casa... «Alla tavola
di Don Bosco - sorrise Papa Ratti
- arrivava roba sana, quella buo-
na cucina casalinga che sicura-
mente sa preparare anche Lei... Non
dimentichi: il cuoco è la persona
più importante della casa; nelle sue
pentole si sciolgono tante cose, per-
sino i malumori e le dif/teoltà, cre-
da al Papa...».
Si rise, mentre il protocollo si
stemperava in una temperatura
sempre più familiare. Pio Xl volle
infine dire qualcosa di ufficiale che
le cronache si sono premurate di
tramandarci con la massima fedel-
possibile a quei tempi, quando la
fedeltà era garantita solo dalla me-
moria e della immediatezza dell'ap-
punto scritto. È una conversazione
finora inedita, che dopo più di 50
anni abbiamo il piacere di riudire
nell'eco di pagine non cancellate
dalla polvere del tempo.
«Figli carissimi - iniziò a dire
Papa Ratti - la vostra presenza ci
ricorda il provvidenziale incontro
con San Giovanni Bosco. Provvi-
denziale sia perché abbiamo potuto
conoscere personalmente colui che
da noi sarebbe stato elevato agli
onori degli altari, sia perché ci ha
condotti a vedere con i nostri pro-
pri occhi il fiorire delle sue opere.
Egli ci disse: vada, entri dovunque
vuole, nessuno le metterà ostacolo;
ma... e qui aggiunse qualcosa che fa-

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- - - - - - - - - -sB-
ceva molto onore alla casa salesia-
na... ma mi dispiace di non poterla
accompagnare né di poterle dare
un accompagnatore, perché qui tut-
ti sono occupati, tanto occupati».
Quelle parole hanno destato in
noi ammirazione; e anche piacere
perché così abbiamo potuto vedere
con i nostri occhi ciò che più ci gra-
diva, e giudicare senza alcuna inter-
ferenza di favorevoli spiegazioni. A
cena poi, a tavola dove più volte ci
siamo trovati con il santo, egli ci ri-
volse la parola: ebbene, che cosa ha
visto oggi di interessante?... Ho am-
mirato in modo tutto particolare la
meravigliosa attrezzatura di mac-
chine nell'officina tipografica, che
rappresentano ciò che v'è di più
progredito, ed ho ammirato le belle
edizioni in corso di stampa... Al che
San Giovanni Bosco alzò la fronte,
si manifestò soddisfatto della no-
stra risposta, e volle confermarla
dicendo: in queste cose Don Bo-
sco... e ripetè due volte quel «Don
1 MARZO 1989 35
Bosco»... vuole sempre essere al-
l'avanguardia.
Ecco dunque che il nostro primo
incontro con Don Bosco può giu -
stamente definirsi un incontro tipo-
grafico-editoi:iale. L'idea poi di
chiamare i salesiani alla direzione
della Poliglotta Vaticana fu tutta
nostra, e ci sorrideva da tempo,
avendo sempre seguito e ammirato
il vasto ed esemplare lavoro della
Società Salesiana in questo campo,
additato dal fondatore con l'intuito
del veggente...».
Questo discorsetto, che arricchi-
sce di significative sfumature il già
noto incontro tra i due personaggi,
ebbe un seguito l'anno dopo quan -
do i salesiani tornarono dal Papa a
presentargli alcuni libri appena edi-
ti. Pio XI li gradì molto e si soffer-
mò a sfogliare e commentare. Ad
un tratto il suo occhio rilevò un
pensiero concernente l'educazione.
In quei giorni era giunto a Roma,
accolto con grandi onori, Adolf
Hitler, e il Papa se n'era andato ai
Castelli per non assistere - disse
- alla «esaltazione di una croce
che non è quella di Cristo». La sua
lingua batté dove il dente doleva.
Commentò con amarezza il com-
portamento del dittatore e il suo
odio verso la Chiesa. «A chi dare la
colpa?» di chiese. E a fior di labbra
rispose : «A coloro che lo hanno
educato».
Indugiò nominando altre «pessi-
me figure» tra cui uno scrittore al
quale - disse - aveva avuto modo
di dare qualche monito. Colui gli
aveva risposto: «Se da giovane
qualcuno mi avesse ammonito così,
forse non sarei quello che sono e
non scriverei quello che scrivo».
«Ecco - sottolineava il Papa - ec-
co l'importanza dell'educazione ; e
voi siete educatori, voi avete questa
eredità da Don Bosco».
Sul finire di quel 1938 e all 'alba
del 1939 corse voce che il Papa
non stesse bene. Achille Ratti era
un «brianzolo» di fibra forte, tem-
prata dalle montagne e dal rigore
operativo, ma la sua lunga lotta in
difesa della Chiesa, con i malanni
dell'età, era infine riuscita a pieg~r-
lo. Le «voci vaticane» gli attribui-
vano persino una viva preoccupa-
zione per l'imminente Conclave.
Ricevendo il cardinale decano, che

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36 · 1 MARZO 1989
era Granito Pignatelli di Belmonte,
Pio XI avrebbe molto insistito per
l'e lezione di Eugenio Pacelli a suo
successore. Sicché il decano, all'u-
scire dall'udienza, avrebbe escla-
mato tra gli intimi: «Benedett'uo-
mo, lasci che almeno a questo
provvediamo noi!».
Grand'uomo Papa Ratti. Cultu-
ralmente completo, umanistica-
mente aperto, sportivo, poliedrico
nelle imprese (missioni, clero loca-
le, progresso scientifico e tecnolo-
gico, apostolato laico, Azione Cat-
tolica, resistenza ai totalitarismi,
atemporalismo, fautore dei media,
promotore di spiritualità... e tutto
ciò nel quadro di un energico e sag-
gio governo della Chiesa), fu dotato
d'uno spessore di santità che sem-
bra allinearlo più a un Gregorio
VIII (Ildebrando) che non ai soavi
epigoni della lunga successione
pontificia. Un giorno vedendosi
presentare un'epigrafe su cui era
scritto «sedente Pio Xl» sbottò :
«Che sedente! in piedi, sempre in
piedi!» ; e manifestava in quella re-
azione - secondo il rilievo d;un
giornalista d'oggi - tutto lo spirito
del cattolico ambrosiano (era nato
a Desio il giorno di Pentecoste, 31
maggio 1857), ma anche un pro-
gramma per la Chiesa nel mondo
moderno. Si trattava di mostrare ai
potenti dell'epoca non una Chiesa
acquiescente, ma (ed era uno schiaf-
fo alle varie dittature) la suprema e
liberatrice regalità di Cristo e del
suo «regno di giustizia, d'amore, e
di pace».
In quest'ottica è da vedere anche
il Concordato con l'Italia, con cui
egli volle svestire il papato da vesti-
gia temporali che non avevano più
avuto senso nemmeno per i suoi im-
mediati predecessori, da Pio IX in
poi, ma di cui egli fu il firmatario
per la Storia. Gli è stata attribuita
l'espressione «uomo della provvi-
denza» nei confronti del «partner»
Mussolini, allora ca po del governo.
Se venisse citato esattamente il te-
sto delle parole pronunciate dal Pa-
pa (che pochi giorni dopo i Patti
rintuzzava il duce per sciocchezze
non piccole in fatto di religione)
quella frase non si troverebbe affat-
to, e l'attributo di «provvidenziale»
- molto usuale a quel Papa man-
zoniano e lombardo - , andrebbe al
suo posto giusto. Stupisce che nes-
sun suonatore di sì strana cenna-
mella si sia mai preoccupato di an-
dare a verificare l'esattezza della
cosa...
Ignoranza o malafede? Pio XI ri-
tenne invece provvidenziale La cir-
costanza storica, il superamento dei
«mostri» risorgimentali (i «mostri»
non gliel'hanno mai perdonata!) e
delle pregiudiziali d'una certa poli-
tica che s'era sempre opposta ad
ogni tentativo di accordo. Tra sif-
fatti tentativi, uno ve n'era stato di
Don Bosco, osteggiato da Ottone
Bismarck, sul quale lo stesso Papa
Ratti aveva ricevuto confidenze dal
Santo durante il suo soggiorno del
1883 all'Oratorio di Valdocco. È ta-
le svolta, dalle egemonie del laici-

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- - - - - - -----i58-
smo e dei suoi falchi verso una poli-
tica perlomeno disposta al dialogo
e alle trattative, che il Papa ritenne
provvidenziale; e non certo alla
spiccia, mentre sul fascismo· pro-
mulgava l'enciclica Non abbiamo
bisogno (1934) e sul nazismo la Mit
brennender Sorge (1937), nelle ri-
spettive lingue italiana e tedesca
perché fossero meglio intese. Con
altrettanta energia Pio XI denun-
ciò anche il comunismo ateo di Sta-
lin (Di vini Redemptoris, 1937} è altri
dispotismi d'ogni genere, man ma-
no che s'instauravano tra le nazioni
del mondo.
Fu avverso alle varie statolatrie,
al punto di togliere la porpora a un
insigne cardinale che si ostinava a
difendere l'Action. Française di
Charles Maurras (remota fonte del
vescovo scismatico Marce! Lefe-
vre). Ma quel gesto fu una difesa
della rettitudine e coerenza eccle-
siale più che la «punizione» di un
dissenziente. Achille Ratti fu un ca-
po senza paure, un pastore grande
che persino durante la finale malat-
tia riuscì a governare la Chiesa con
incredibile forza, tenendo spalanca-
te le porte della Chiesa al progres-
so spirituale, culturale, tecnologico.
Per cui è forse opportuno rilevare
che non un facile sentimentalismo
lo legò alla figura di Dòn Bosco, ma
una sostanziale affinità di caratte re,
la comune fortezza temperata dal-
l'a more, lo stesso dinamismo creati-
vo e imprenditoriale, la volontà di
operare all'avanguardia del pro-
gresso che l'uno e l'a ltro - a se rvi-
zio della Chiesa - ispirava... e infi-
ne la comunanza di fede per cui en-
trambi credettero alla «contempla-
zione nell'azione» e alla santità del
lavoro.
1 MARZO 1989 37
La Famiglia salesiana deve mol-
tissimo a Pio XI. Questo Papa non
risparmiò mezzi per promuovere
rapidamente i processi di glorifica-
zione del fondatore, in cui egli indi-
viduava «grande cuore e volontà
gigante», e della cui profonda spiri-
tualità aveva potuto essere «buon
testimone diretto, grazie a una par-
ticolare eleganza della provviden-
za divina». Per · la canonizzazione
di Don Bosco volle stabilire - non
senza stupore di molti - la data
del 1° aprile 1934, giorno di Pa-
squa, giorno di chiusura dell'Anno
Santo della Redenzione. Giusta-
mente e con sua viva compiacenza
fu acclamato come « Papa di Don
Bosco»; ma tra i molti santi che
promosse vi fu anche Domenico
Savio, di cui proclamò l'eroicità di
virtù, e Maria Mazzarello per cui
fece altrettanto e che poi coronò
con l'aureola dei beati. Queste at-
tenzioni furono i tratti salienti di
una dilezione peraltro manifestata
soprattutto nel quotidiano e a tu
per tu nelle udienze, in quei contat-
ti personali (anche telefonici) in cui
rivelò sempre una eccezionale e
cordiale amabilità.
Contro l'o pinione, invero superfi-
ciale, avanzata da taluno, egli non
fu mai duro e irriducibile; diede spa-
zio al dialogo e alle intese, con
quella «d iplomazia» che nei servi di
Dio è virtù di prudenza. In ciò forse
Pio XI giunse a toccare vertici di
eroismo cristiano; quel medesimo
eroismo che, da colto e devoto am-
miratore, studiò a fondo nei «santi»
da lui promossi e che non furono
pochi... e non tanto perché seppe
acutamente descriverli nelle loro
eccez iona li dimensioni di spirito,
quanto (soprattutto) perché arrivò
a viverne le dimensioni stesse, fa-
cendo della loro conosce nza la pro-
pria diuturna realtà. Il suo sepolcro
nelle grotte vaticane reca impressi
nel mosaico i tre principali simboli
della sua vita : il Cristo, re dell 'uni-
verso; Sant'Ambrogio, sua insegna
pastorale ; Teresa di Lisieux, sua di-
mensione spiritua le e suo slancio
mis s i o n a r i o ...
Marco Bongioanni
Queste note sono in gran parte desunte dal
libro di Marco Bongioanni : Don Bosco in
Vaticano, ed. Tipografia Poliglotta Vatica-
na 1989. Di imminente pubblicazione.

4.8 Page 38

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38 · 1 MA RZO 1989
REPORTAGE
PeR I PARIGINI
FU UN SANTO
FIN DAL 1883
Breve viaggio nella capitale
francese sulle orme di
Don Bosco che la visitò
ricevendo trionfali accoglienze.
A sinistra la Senna, parte
integrante del panorama di
Parigi. A destra: rue Royale,
una delle principali arterie
di Parigi. Sotto: il n. 27 di
rue de la Ville L'Eveque
presso la casa delle Oblate
del Sacro Cuore di Gesù.

4.9 Page 39

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- - - - - , - - - - --
-
- - - - - - -~
-
1 MARZO 1989 39
Parigi, marzo - Dicia-
mo Parigi e subito davanti ai nostri
occhi sfilano immagini sfavillanti :
la svelta silouette della Torre Eiffel,
l'incantevole pizzo dei campanili
gotici di Notre Dame, lo splendore
dei negozi che costeggiano gli
Champs Élisées, gli accoglienti
bistrot sui maggiori boulevard, l'at-
mosfera bohemienne delle piazzet-
te di Montmartre. Parigi, una «festa
mobile», come la definiva Heming-
way, rimane sempre una città ricca
di fascino e di suggestioni. Chissà se
anche Don Bosco ai tempi della sua
visita, nell'aprile 1883, l'apprezzò
così come fanno ora i turisti, sem-
pre disponibili a farsi catturare dal
suo incanto? Quello che è certo è
che fu Parigi ad essere affascinata
da Don Bosco, da questo prete ita-
liano «di piccola statura, passo insi-
curo, ma dal viso dai tratti regqlari
e delicati e un'aria franca e schietta
che attira», secondo le parole di un
testimone.
Quasi inspiegabilmente, la Parigi
repubblicana e smaliziata, che non
aveva esitato a far chinare la fronte
In alto: la Gare de Lyon. A
fianco : avenue de Messine.
a re e imperatori, si accende di en-
tusiasmo. «In questi giorni a Parigi
- scrive il quotidiano "Le Clairon"
del 30 aprile 1883 - si parla solo di
questo umile prete che viene dal-
l'Italia, preceduto da una fama com-
promettente: quella di un uomo che
fa miracoli>>.
Don Bosco giunse a Parigi il 18
aprile 1883, tappa principale di un
viaggio compiuto attraverso la
Francia per far conoscere l'opera
salesiana e visitare le case già fon-
date. Vi rimase, con brevi intervalli,
fino al 26 maggio. Siamo venuti a
Parigi per ripercorrere le tappe di
questo viaggio e ritrovare, ove è
· possibile, le orme lasciate da Don
Bosco. Cerchiamo insieme di se-
guirlo durante le intense giornate
del soggiorno parigino.
È un Don Bosco stanco e logora-
to nel fisico quello che arriva alla
Gare du Lyon, una delle stazioni
ferroviarie della capitale, ma non
per questo meno in grado di incan-
tare la gente che accorre ad acco-
glierlo. Prende alloggio nell'abita-

4.10 Page 40

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40 · I MARZO 1989
zione della contessa di Combaut, al
numero 34 dell'avenue de Messine,
ancora oggi un ampio viale costeg-
giato da palazzi che all'epoca dove-
vano essere di recente costruzione.
Una delle tante nuove arterie crea-
te dall'architetto Haussmann, du-
rante la ristrutturazione di fine se-
colo. Le vecchie e strette strade, se-
di privilegiate delle barricate co-
struite dai rivoltosi durante le tante
sommosse succedutesi nel tempo,
dovevano essere sostituite da larghi
boulevard, studiati apposta per ren-
dere meno facili le barricate. Il pa-
lazzo si affaccia sul delizioso pare
Monceau ma dubitiamo che Don
Bosco, al quale era stata riservata la
camera «d'onore», abbia mai avuto
tempo di godersi la visuale, pressa-
to com'era dalla.folla di visitatori o
dalla corrispondenza da sbrigare
(scriveva Don Rua al direttore del-
l'Oratorio di Torino: <<...non tre, ma
. sei o sette segretari sarebbero ne-
cessari...»). Nell'edificio, ora sede
dell'ambasciata dell'Uruguay, ab-
biamo cercato inutilmente di indivi-
duare qualche ricordo del passag-
gio di Don Bosco.
La sede «ufficiale» per il ricevi-
mento dei visitatori venne però sta-
bilita presso la casa delle oblate del
S. Cuore. Le suore occupavano due
piani di uno stabile, situato in rue de
la Ville l'Eveque, una piccola strada
che corre vicina alla centralissima
piace de la Concorde e distante cir-
ca venti minuti dalla casa in avenue
de Messine. Il vecchio palazzotto a
tre piani ora non esiste più : al suo
posto c'è una moderna banca.
Ma è proprio nell'appartamento
di rue de la Ville l'Eveque che pos-
siamo toccare con mano - grazie
·alla vivace cronaca redatta giorno
per giorno dalla giovane oblata
Charlotte Bethford - il fervore
che circondava Don Bosco nelle
lunghe ore pomeridiane di ressa
attorno a lui. Don Bosco aveva in-
fatti concordato con le suore di ri-
cevere nello studio messogli a di-
sposizione ogni giorno dalle tre al -
le cinque del pomeriggio. Le oblate
impareranno ben presto l'impossi-
bilità' di rispettare l'orario fissato.
«Venerdì1 20 aprile. A partire dalle
due siamo state assalite da una fol -
la incredibiie che desiderava vede-
re Don Bosco.
Non eravamo assolutamente pre-
parate a una simile affluenza...». Il
secondo giorno le obfate, «i miei
due angeli guardiani», come le chia-
mava Don Bosco, organizzano un
vero e proprio servizio d'ordine,
con tanto di numero d'entrata e
iscrizione in un registro per tentare
di arginare un flusso che sembra
inarrestabile. Nella sala d'attesa le
sedie, tutte quelle disponibili nel-
l'appartamento, non sono mai suffi-
cienti e la nostra cronista registra,
con una nota di stupore, di aver vi-
sto sedute per terra o sulle scale al-
cune tra le più importanti dame di
Francia. «È inesprimibile! - conti-
nua la cronaca· - ieri alle 13, ora in
cui apriamo la porta, già cinquanta
persone stazionavano sulla strada e
nel cortile. Dopo aver distribuito
cento numero di ingresso, abbiamo
avvisato i rimanenti che per quel
giorno Don Bosco non poteva rice-
verne altri. Ma che fatica per poter-
Ii persuadere!».
Cosa voleva tutta questa folla da
Don Bosco? Egli, abbiamo visto,
era stato precedut_o da una «fama
compromettente, quella di un uomo
che fa i miracoli». I francesi non
erano cambiati dai tempi di S. Luigi
XI o di S. Francesco de Paoli, la lo-
ro concezione della religione pas-
sava spesso attraverso .una dimen-
sione miracolistica di guarigione. E
Don Bosco accettò di interpretare
9uesto ruolo di mediatore di una re-
ligione di salvezza, nel senso più
largo del termìne. A lui si chiedeva

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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- - - - - - - - - - -sB-
1 MARZ O 1989 41
Il
Il
Il
11
Il
Il
Il
Il
11
A sinistra: avenue de
IMessine. In questo palazzo
soggiornò Don Bosco. A
de.stra: la facciata della
Madeleine. In basso :
cancello d'ingresso del
pare Monceau.
per lo p1u un aiuto immediato, l a
pace familiare, una migliore situa-
zione professional e e soprattutto l a
guarigione personal e o di un p ar en-
t e. «Quando, prim a di uscire, Don
Bosco è entrato nel salone per im -
partire una benedizione general e,
E CON UN PICCOLO TRUCCO
UNA POPOLANA ARRIVÒ
A DON BOSCO
Un episodio della visita a Parigi ricordate dallo stori-
co francese don Francis Desramaut.
Abbiamo incontrato a Roma lo storico francese, don Francis Desra-
maut, autore di numerose opere, alcune delle quali sulla presenza sa-
lesiana in Francia, tra cui un 'accuratissima ricostruzione del viaggio
compiuto da Don Bosco a Parigi nel 1883.
Don Desramaut, leggendo le testimonianze da lei raccolte si rimane
toccati da/l 'accoglienza tributata a Don Bosco, dall'ansia che colpisce
la più smaliziata e scettica delle capitali europee, di voler incontrare
questo prete italiano, fino a quindici giorni prima sconosciuto ai più.
«Sì, durante i miei studi mi ha sempre interessato la qualità di que-
st'accoglienza. Il perché di tale entusiasmo, anche da parte della
stampa più liberale, credo si debba cercare nella situazione dei cattoli-
ci francesi di quel tempo . La borghesia repubblicana al potere , ufficial-
mente anticlericale ed atea, si trovava di fronte il problema non risolto
della questione s.ociale ed era molto preoccupata dalla emergente
classe operaia, che premeva per avere più diritti. Sembrò che Don Bo-
sco, col suo difendere gli interessi dei giovani, avesse trovato una ri -
sposta giusta. Sicuramente accoglieva più esigenze : quelle della bor-
ghesia rimasta cattolica ed antiliberale, quelle della classe popolare ed
anche , abbiamo visto , quelle dei repubblicani. Ciò creava un enorme
interesse per la sua persona».
La stampa insisteva anche sul potere taumaturgico di Don Bosco,
quasi secondo la tradizione francese - un nuovo S. Luigi IX o S. Vin-
cenzo de Paoli».
«Don Bosco era effettivamente considerato, sia dalla povera gente
che da quella più agiata, un taumaturgo , ur:ia persona in grado di guari-
re . Un uomo, quindi, che deve essere visto , ascoltato, se possibile
toccato, per essere sicuri della propria felicità e fortuna ed eventual-
mente della propria guarigione . Oltre alla benedizione , la grazia più
grande era ricevere la comunione direttamente dalle sue mani».
C qualche episodio che possa chiarire meglio questo ruolo di
Don Bosco mediatore di $alvezza e salute?
«Sì, tra i tanti , ce n'è uno particolarmente toccante. Durante una del-
le udienze che Don Bosco teneva a rue de la Ville l'Eveque, presso le
suore oblate, la sala era affollata come al solito. La maggior parte dei
visitatori che chiedeva di parlare con Don Bosco era composta di per-
sone benestanti. Di fronte a tale ressa si era stabilito un ordine preciso
di entrata e il segretario aveva richiesto che tutti lo rispettassero , con
l'unica eccezione di Madame de Martimpré, che sarebbe stata intro-
dotta appena arrivata. Quasi immediatamente dalle scale una donna
gridò : «Ecco Madame de Martimpré», mentre si faceva strada tra la
gente una giovane donna a piedi nudi , vestita di stracci, che teneva tra
le braccia un bambino sofferente . La folla , attonita di fronte a una tale
rappresentazione della miseria, si divise in due parti per lasciarla pas-
sare . Le suore aprirono la porta e la fecero entrare, quando improwi-
samente si presentò un 'altra Madame de Martimpré, questa volta
quella vera. Di fronte ai rimproveri del segretario, la: popolana raccon-
tò di aver attraversato Parigi a piedi nudi per presentare il suo bambi-
no morente al sacerdote. Don Bosco sentì queste parole, fece passa-
re la donna al suo cospetto e benedisse il bambino rassicurando la
giovane madre sulla sua salute. E così secondo la testimonianza delle
suore la falsa Madame de Martimpré uscì dallo studio con il volto tra-
sfigurato dalla gioia. Questo episodio ci mostra chiaramente il coinvol-
gimento di tutti gli strati della popolazione ed è uno dei tanti esempi
del potere taumaturgico che i parigini attribuivano a Don Bosco, il qua-
le cercava, come sempre , di essere vicino a chi soffriva».
M.F.

5.2 Page 42

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42 · 1 MARZO 1989
che scompiglio! Chi gli si accalcava
addosso, chi piangeva, chi gridava
"Padre, mio figlio ha la febbre", "Pa-
dre, ho un tumore", "Padre, mio fi-
glio mi fa disperare", e ancora " Pa-
dre, qui , Padre, là"» (dalla «Cro-
naca»).
C'era anche chi, armato di forbici ,
approfittava della folla che lo attor-
niava per tagliuzzare la sua veste e
farne delle reliquie. La sua fama si
diffonde, tanto che rue de la Ville
l'Eveque diventa teatro ogni pome-
riggio di ingorghi casuali dalla fo ll a
e dal le vetture.
Certo, ben differente dalla via
odierna, sede di numerose banche e
dall'aria rispettabile! I vicini prote-
stano e lo stesso Don Bosco si trova
coinvolto nel traffico. «Per arrivare
qui dalla casa di Mr Le Cure, presso
cui ha pranzato - scrive suor
Charlotte - vale a dire dal n. 8 al
n. 27 della stessa strada, ci ha impie-
gato un'ora e mezza!».
li giro di Parigi su ll e orme di Don.
Bosco ci porta inevitabilmente a vi-
sitare le tante chiese dove il fonda-
tore dei salesiani predicò e parlò
delle sue opere. Eccoci a Saint Sul-
pice, dove - ricordano i quotidiani
dell'epoca - la distribuzione della
Com unione occupò più di mezz'ora,
pur con l'aiuto dei preti della par-
rocchia; all a Visitation, a Notre Da-
me des Victoires, in pieno centro, .a
due passi dal Louvre, dove final-
mente troviamo una lapide c he ri-
corda l'avvenimento. «Dappertutto,
dove si sa che egli ceJebra la Messa
o deve parlare - scrive il "Moni-
teur Universel" del 5 maggio - alla
Madeleine, a Saint Sulpice, a Sainte
C lotilde, si accorre, si grem isce let-
tera lmente la strada e due ore pri-
ma del suo arrivo non c'è più posto
dove possa cacciarsi la stessa Sarah
Bernhardt».
Domenica 29 april e, su invito
dell'arcivescovo di Parigi, il card.
G uibert, Don Bosco predicò a fa-
vore delle sue opere alla Madelei-
ne, una delle più grandi chiese del-
la città, costruita in puro sti le neo-
classico durante l'era napoleonica.
Fu un avvenimento particolarmen-
te importante, ripreso da tutta la
stampa parigina. Don Bosco salì
sul pulpito dopo essersi a fatica
aperto un varco tra la fo ll a: «i suoi
gesti sono sobri e lenti, da tutta la
,~~
.·~~.~ ~~~~
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~~
~~~
-,~~.)~--~~~ ~.~.l~..~~~.~~~l.J
I~
sua figura traspira la dolcezza, la
semp licità e la grandezza dell 'umil-
tà cristiana» («Le C lairon», 30
aprile). Da scrupolosi cronisti sia-
mo entrati nella chiesa, posta al
centro di una caotica piazza. La
sua costruzione, ricalcata sul mo-
dello di un tempio greco e perciò
priva di finestre, fa sì che l'interno
- nonostante l'illuminazione arti-
ficiale - sia particolarmente buio.
Possiamo immaginare quindi che
la piccola figura d i Don Bosco si
intravedesse appena. In un france-
se corretto, ma dalla pronuncia
non certo impeccabile, mentre la
sua voce non riusciva - secondo
le testimonianze del tempo - ad
arrivare fino alle ultime file , Don
Bosco raccontò la storia delle sue
Opere e fece appello per esse al
cuore di Parigi. Non fu udito bene,
fu capito appena, ma si riuscirono
a raccogli e re in pochi minuti dieci-
~~'
~~ ~~
~~~~~'\\·''
,4
I L'entrata della chiesa
dedicata a S. Giovanni
Bosco.
mila franchi, cifra all'epoca più che
considerevo le.
Termina qui il nostro itinerario
parigino sulle orme di Don Bosco,
anche se, come tutti i viaggiatori,
abb iamo dovuto per colpa del tem-
po (e della fatica) trascurare alcune
tappe. D'altronde è impossibile ri-
petere esattamente il percorso di
Don Bosco, animato da quell'inar-
restabile forza di vo lontà che un ar-
ticolo di «Le Figaro» del 18 maggio
1883 sintetizza in modo magistrale:
«Ciò che colpisce in lui è la delica-
tezza del suo sorriso, la determina-
tezza del suo sguardo e un'aria di
bontà sorridente e di volontà indo-
mabile. Appartiene alla famig lia dei
santi e come loro è animato da una
sacra fo ll ia».
Testo e foto di Monica Ferrari

5.3 Page 43

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f '."""""',,,\\ I
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'
.
'•
I
,~
\\.• ',,.
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
opere Don Bosco
1 MARZO 1989 43
Borsa : Don Bosco, a cura di Favare
Bartolomeo , L. 2.000.000
Borsa : S. Giovanni Bosco, in me-
moria di Luca Reboulaz, a cura della
famiglia, L. 1.000 .000
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento per grazia ricevuta, a cura
di Wiltmack Anna M. , Londra
Borsa: In suffragio di Susa Maria, a
cura del marito Umberto Dal Sasso
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura
di Antonio e Valeria Sodino ,
L. 1.000.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di
Castelli Renata, L. 1.000.000
Borsa: Don Bosco, in suffragio del
defunto Oreste, a cura della famiglia
Cignatta, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di S.T., Caluso,
L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrice, S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei genitori
Guglielmo e Maria Teresa, a cura di
Sr. Elsa Allibrio F.M.A., L. 500.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio,
a cura di Scortegagna Bruno,
L. 400.000
Borsa: Beato Don Rua, in memoria
e suffragio della sorella Candida Ma-
ria e defunti famiglia Passinis, a cura
di Sr. Felicina e Sr. Carmela F.M.A.,
L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazie
ricevute e invocando aiuto sulla fami-
glia, a cura di Confidati Comm . Ser-
gio, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, implorando protezio-
ne per un fratello infermo, a cura
di Gontier Luisa fu Tommaso ,
L. 200.000
Borsa : Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani, a cura di Scarpetti Emilia,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, ringraziando
e invocando protezione, a cura di
L.R .P., L. 160.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, per pro-
tezione a mio figlio Marco, a cura di
Domenichetti M. Rosa (4' Borsa) ,
L. 150.000
Borsa : Don Bosco, a cura di N. N. ,
Chiuduno, L. 150.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Ortelli
Gianluigi, L. 150.000
Borsa: Don Bosco, in ringraziamen-
to e chiedendo protezione, a cura di
A.S., Reggio Emilia
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Sr. Eusebia, a cura di B.L. , Tori-
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Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffragio
di Ildebrando Carlo, a cura di Gioria,
Arona
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sco, Domenico Savio, per ringrazia-
mento e protezione, a cura di T.C. ,
Varese
Borsa : Don Bosco e Domenico Sa-
vio, per la pace in famiglia , a cura di
Don Ugo Di Biagio
Borsa: Domenico Savio, per la pro-
tezione di Le/ilio in viaggio, a cura di
Errica Giuliani Voce
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per la prote-
zione dei miei cari, a cura di Marco-
nato Angela
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nico Savio, in ringraziamento, a cura
di Moracchini Mila
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sco, Domenico Savio, proteggete la
nostra famiglia, a cura di N.N., So-
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Salesiani, per suffragio dei defunti e
protezione della famiglia, a cura di
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ziamento, a cura di Zenoni Lina,
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Bosco, per ringraziamento e prote-
zione, a cura di Antonucci Anna,
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invocando protezione, a cura di
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menico Savio: proteggete la piccola
Valentina e i miei cari, a cura di Ilde-
brando Luisella, L. 200.000
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ziamento per i favori ricevuti, a cura
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Bosco, per la salute dei miei cari, a
cura di Codazzi Leopoldo , L. 150.000
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versario della sua morte, a cura di
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da L. 100.000
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graziamento e protezione, a cura di
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sco, Sr. Eusebia, invocando grazie,
a cura di Ronchetti Dionigia
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento per
grazia ricevuta, a cura di Goria Cate-
rina
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Spartà, a cura di Diego Spartà
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per grazia ricevuta e per prote-
zione sulla famiglia , a cura di Meinar-
di Gianfranco
Borsa: In memoria di mio marito, a
cura di N.N., Aosta
Borsa: Maria Ausiliatrice e Domeni-
co Savio, implorando una grazia e
protezione, a cura di M.T., Magliano
Borsa: Beata Laura Vicuiia, invo-
cando protezione, a cura di R.N. e S.
Borsa: Beata Laura Vicuiia, a cura
di Minutoli Maria Rosaria
Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura di
Barin Ida
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Caletti Rina
Borsa: S. Giovanni Bosco, con rico-
noscenza e invocando protezione, a
cura di Morten Maria
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, in ringraziamento per la nascita
di Benedetta, a cura di Mastriani
Carmen
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Salesiani, per la protezione della fa-
miglia, a cura di Mensitieri Giorgio e
Ivana
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vanni Bosco, in suffragio di Tomma-
so e Lina Favi, a cura della Famiglia
La Rocca
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menico Savio, a cura di Cerreia Vio-
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5.4 Page 44

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