Bollettino_Salesiano_198902


Bollettino_Salesiano_198902

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
QDI~ 6
·©O o
~&®QD&

1.2 Page 2

▲back to top
2 · 1 FEBBRAIO 1989
s!il lt:::,
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1887
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco .
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/ 69.31.341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco , Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco Bongioanni -
Pierdante Giordano - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi
- Cosimo Semeraro .
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione : Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo dì ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
* 1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese, malayalam ,
tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio dì Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio dì indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio.
SOMMARIO
3 EDITORIALE
di Giuseppe Costa
4 CRONACHE SALESIANE
8 PASTORALE GIOVANILE
Occhio ai giovani universitari. Quale pasto-
rale salesiana?
servizio redazionale
Dagli atenei in crisi escono pochi «dottori»
servizio redazionale
14 PASTORALE GIOVANILE
I giovani del mondo verso l'appuntamento
dì Santiago
servizio redazionale
17 OBIETTIVO BS
Una scuola diversa sì può e si deve. Ma
quante difficoltà
di Maurizio Nicita
24 FILATELIA
Anche il francobollo può educare alla pace
e al rispetto dei diritti umani
servizio redazionale
27 VITA ECCLESIALE
Tornano le settimane sociali dei cattolici
italiani
di Silvano Stracca
31 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Il Terzo Mondo passa per la stampa missio-
naria
di Gaetano Nanetti
35 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Una nuova e più ampia solidarietà per l'emi-
grazione
di Mie/a Fagiolo D 'Attilia
39 STORIA SALESIANA
Verso ·le terre dì missione in allegria e col
mal dì mare
di Monica Ferrari
RUBRICHE
Cerchiamo.di capire , 5- Pigy di Del Vaglio , 6 - Libri
e altro , 22-23 - Solidarietà, 43
1 Febbraio 1989
Anno 113
Numero 3
In copertina:
Scuola FMA dì Acireale
(Foto G. D'Agata, Catania)
Servizio a pag. 17

1.3 Page 3

▲back to top
- - - - - - - - - - -s8-
EDITORIALE
1 FEBBRAIO 1989 3
UN CENTENARIO
CHE NON FINISCE
Con le celebrazioni del 31 gennaio 1989 la P'amiglia Salesiana ha
chiuso il centenario della morte di san Giovanni Bosco. Sul prossimo
fascicolo della rivista verrà dato un ampio resoconto di quanto è av-
venuto mentre i vari comitati tirano le somme e fanno bilanci.
Lo spessore del Santo celebrato, la molteplice e varia presenza sa-
lesiana in vasti strati popolari e non, unitamente all'impegno di molti,
hanno contribuito a dare alle celebrazioni una risonanza notevole
sostenuta anche dal tam tam dei media che, complessivamente, ha
funzionato. Non è facile trovare avvenimenti simili con tanta atten-
zione di stampa e televisione.
Lo stesso Papa Giovanni Paolo li con la lettera /u venum patris e
l'esaltante visita torinese ha dato all'avvenimento una ulteriore sot-
tolineatura ecclesiale mentre numerose Chiese locali non soltanto
italiane hanno finalizzato il centenario ad una riflessione sulla pasto-
rale giovanile in genere o comunque su problemi educativi e pedago-
gici. Esemplare in tal senso ci pare quanto è stato fatto nelle Diocesi
di Milano e Torino. La vasta produzione editoriale pur non brillando
eccessivamente in qualche caso per profondità e correttezza storio-
grafica ha utilizzato il centenario per tutta una serie di pubblicazioni
che hanno contribuito ora a focalizzare aspetti poco evidenziati del-
la personalità di Don Bosco ora a provocare gli stessi eredi del suo
carisma. Non è, tuttavia, questo un bilancio ma, alla luce di quanto
visto, sentito o letto, il tentativo doveroso di cogliere alcune stimo-
lanti conclusioni giornalistiche.
Appare evidente in,questo centenario il legame fra Don Bosco e i
giovani e la Chiesa definendolo «educator princeps» ne ha inteso ri-
lanciare non soltanto il metodo ma anche la scelta di campo. Èa tutti
noto poi che don Bosco non fu l'inventore del sistema preventivo ma
è anche certo che esso nella sua triplice formulazione di religione, ra-
gione, amorevolezza fu vissuto dal Fondatore dei Salesiani con tale
originale e peculiare prassi da identificarsi ormai reciprocamente.
Affermare i valori della ragione e coniugarli con quelli di una forte
proposta religiosa quale fu certamente quella di Don Bosco per i suoi
ragazzi non fu cosa semplice in tempi di fideismo confuso e di intol-
leranza. Don Bosco fu certamente un uomo forte ed esigente ma con
i suoi ragazzi fu essenzialmente un padre amorevole: non un'amore-
volezza sdolcinata ma un atteggiamento di tutto il suo essere capace
di farsi, per il ragazzo, compagno di gioco, di lavoro, di preghiera in
una condivisione pressoché totale.
«Mi piace - ha scritto il Papa nella Lettera a don Egidio Viganò e
per lui a tutta la Famiglia Salesiana - considerare di Don Bosco so-
prattutto il fatto che egli realizza la sua personale santità mediante
l'impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico, e che sa
proporre, al tempo stesso, la santità quale meta concreta della sua
pedagogia». Ed ancora: «Nella Chiesa e nel mondo la visione educa-
tiva integrale,che vediamo incarnata in Giovanni Bosco,è una peda-
gogia realista della santità. Urge ricuperare il vero concetto di «san-
tità» come componente della vita di ogni credente. L'originalità e
l'audacia della proposta di una «santità giovanile» è intrinseca all'ar-
te educativa di questo grande Santo che può essere giustamente defi-
nito «maestro di spiritualità giovanile». Cosa lascia dunque questo
centenario? Certamente molte provocazioni : da quella che l'educa-
zione ai valori, la preventività, è l'unica via per una società civile sana
(si pensi ad esempio a cosa può significare questo per l'emergenza
droga esplosa virulenta e implacabile proprio in quest'anno), a quella
di un impegno educativo fatto di condivisione e pazienza. Ed ancora:
dalla capacità di trovare Dio nel quotidiano senza particolari e peri- .
colose fughe salottiere alla concretezza, ci pare questo uno degli
orientamenti più chiari del Confronto '88 dei giovani a Valdocco, e
del congresso ex allievi/e di Roma, di un impegno cristiano sostan-
ziato da opere e presenze senza perciò stesso diventare «potere» o
confondersi con il «palazzo». Partire dall 'educazione dei giovani e fra
questi dagli ultimi non è facile per nessuno - specie quando questa
scelta educativa diventa lavoro nascosto e silenzioso e tutto allorno
a noi lascia credere che senza ribalta accesa e sipario aperto la vita
non serve. Esiste in altri termini una emergenza-educazione da con-
trapporre ad altre emergenze che flagellano il vecchio Continente:
accettarne la sfida per la Famiglia Salesiana significa prolungare con
coraggio nel tempo e nello spazio la profezia del Santo di Valdocco.
Giuseppe Costa
Dipinto di m 8 x 5 realizzato in gruppo dalle ragazze del «Seibi Gakuen»
di Tokio in occasione del Centenario.

1.4 Page 4

▲back to top
ETIOPIA
Riconoscimento
internazionale
a Cesare Bullo
li salesiano Cesare Bullo da anni
coordinatore della Caritas di Makallé in
Etiopia ha ricevuto a Saint Louis negli
Stati Uniti il Premio Buon Samaritano
1988; Bullo, veneziano, per molto
tempo educatore prima all'istituto
salesiano di Legnago e poi al «Don
Bosco» di Verona sovrintende
attualmente a tutta una serie di
iniziative caritative che ne hanno fatto
una delle figure più note in Etiopia.
In Etiopia da tredici anni , dopo aver
trascorso dieci anni nel Vietnam, il
salesiano coadiutore Cesare Bullo
anima la scuola tecnica di Makallé ed è
riuscito ad organizzare fra l'altro una
capillare rete di trasporti in grado di
portare aiuti ad almeno trecentomila
persone sparse nell'arso altipiano
etiopico.
Il Premio Buon Samaritano è un
prestigioso riconoscimento ad un
salesiano che è riuscito a realizzare una
Nella foto: Cesare Bullo con
Idon Cappelletti, il salesiano
responsabile della Procura
di New Rochelle a New York,
instancabile procuratore a
servizio di moltissime opere
missionarie e caritative.
grande catena di solidarietà fra Stati
Uniti, Europa ed Etiopia nonostante le
non poche difficoltà politiche e
burocratiche.
ITALIA
L'ASCA intervista
don Viganò
sull'«emergenza droga»
Il drogato, specie giovane, è l'ultimo
anello di una catena di morte che va
spezzata anzitutto a monte, a livello di
produzione e questa è una prospettiva
che chiama in causa l'iniziativa politica.
Lo afferma il Rettore Maggiore dei
Salesiani, la più numerosa
congregazione che si occupa
dell'educazione dei giovani a livello
mondiale, intervenendo con
un'intervista all'ASCA nel dibattito
sulla droga. È il primo Superiore
religioso che lo fa e dopo lo storico
intervento di Padre Arrupe, Generale
dei Gesuiti, che nel Sinodo del 1980
propose ai Vescovi di creare un
organismo internazionale di
coordinamento per una efficace lotta e
prevenzione contro la droga. «C'è -
disse allora Arrupe parlando della
droga - la gigantesca congiura
internazionale di alta finanza , impietosa
e crudele, che ha sfruttato le esigenze
dei giovani. Noncurante di provocarne
l'emarginazione e spesso la morte».
L'invito di don Viganò a operare più
sulla prevenzione che sulla punibilità, si
collega idealmente all'anticipazione di
Arrupe. «li drogato non è un tumore da
estirpare, ma un giovane da recuperare
alla famiglia e alla società» ammonisce
il Superiore salesiano.
D. - Cosa ne pensa dell 'emergenza
droga?
DON VIGANÒ: «Si tratta ormai di una
tragedia sociale. È un problema con
risvolti plurimi di tipo culturale, etico,
politico, giuridico, economico ma
soprattutto educativo. Tutto questo lo
rende assai complesso e di non facile
soluzione se non c'è la collaborazione di
tutti. Si pensi, ad esempio, al problema
concreto dei paesi produttori di droga
dove vengono impegnati dei miseri
contadini che pensano di risolvere le
strettezze della loro povertà senza una
chiara coscienza di ciò che stanno
facendo, fino ai consumatori e mi
riferisco soprattutto ai giovani, in
particolare ai minori, che anche loro
non hanno una coscienza formata e
chiara al riguardo. Qui esistono
responsabilità politiche, anche
internazionali, per controllare le
piantagioni e magari sostituirle con
nuove culture agricole. Ma emergono
soprattutto responsabilità educative
per la formazione delle coscienze di
tutti, speci~lmente dei giovani».
D. - Ha seguito il dibattito di questi
giorni sul tema?
DON VIGANÒ: «Io sono sempre in
viaggio per il mondo per cui a volte non
riesco a leggere tutti i giornali. Mi sono
però rallegrato al vedere la volontà
politica di intervenire con più forza in
questo problema e di impegnarsi
seriamente a interdire il losco traffico.
Certamente i commercianti di droga e
gli spacciatori sono un cancro della
società e vanno combattuti più
efficacemente e puniti con pene gravi :
sono pericolosi nemici della dignità
della persona, della missione della
famiglia e delle responsabilità per il
bene comune della società. Speriamo
che il dibattito suscitato approdi
davvero a una legislazione più decisa e
severa. Si tratta di trafficanti criminali.
È assai opportuna inoltre la
dichiarazione della non liceità dell'uso
degli stupefacenti».
D. - Ma lei cosa ne pensa della
punibilità del drogato?
DON VIGANÒ: «Il mio pensiero va
innanzitutto ai poveri giovani drogati e
alle loro infelici famiglie. Vedo che c'è
in questo campo una urgenza assoluta
di formazione delle coscienze e di una
rieducazione adeguata. Mi pare che il
termine "punibilità" è concretamente
ambiguo. Lo si può pensare a livello
giuridico-legale ed è il senso con cui lo
si usa nel dibattito, ma anche a livello
pedagogico-educativo : ma in tal caso
cambia profondamente il significato del
termine. Non credo molto all'efficacia
di una punibilità legale. Il carcere crea
più problemi di quanto spesso non ne
risolva. Il problema in questi giovani è
sostanzialmente educativo. Che cosa
può ottenere con delle leggi penali una
società permissiva e spesso priva di

1.5 Page 5

▲back to top
- - - - -- - - - - -sll-
1 FEBBRAIO 1989 5
erchiamo di capire
proposte etiche e um anamente valide?
Cosa propongono i mass-media? Come
va la scuola?.Cosa si fa per la _
disoccupazione giovanile? Forse ci si
dimentica che lo Stato non ha il carism a
dell'educazione e invece ha il
gravissimo dovere di assicurare e
promuovere l'educazione partendo dai
diritti dei minori, dalle loro fa miglie, di
tanti educatori dedicati per speciale
vocazione alla formazione dell a
gioventù. Entriamo qui in un problema
assai grave che ci fa vedere che lo Stato,
in un'a rea di tanta proiezione per il
futuro della società non ha ancora
raggiunto la sua maturità veramente
democratica. Gli educatori cristiani
credono , e noi Salesiani abbiamo la
testimonianza di don Bosco, nell e
riso rse positive di ogni giovane, anche
drogato. C'è bisogno di una pedagogia
preve ntiva nelle famiglie e nella scuola
e di una costa nte e adeguata
metodol ogia di rieducazione. Un
impegno di ded izione, fondato
sull'a more, sull'atte nzione quotidiana,
nell a comunicazione di valori e di ideali,
in una disciplina pedagogica di fidu cia
(qui potrebbe entrare un a "punibilità
pedagogica"), in un clima di spera nza. Il
drogato non è un tumore da estirpare,
ma un giovane da recupera re all a
fa migli a e all a società».
(A cura di Carlo Di Cieco)
In bici guardando
a Don Bosco
1250 km in bicicletta! In questo modo 60
giova ni, acco mpagnati da 6 sales iani
dell 'lspettoria veneta est, hanno voluto
festeggiare i 100 anni dall a morte di
Don Bosco.
Partiti da Castello di Godego (TV), le
tappe principali so no state : Cagliari,
Genova, Torino, Padova.
Perché questo giro, questa impresa?
Andare in giro in bicicletta per l'Italia, o
per l'Europa come gli anni scorsi, pu ò
sembra re un sem plice cicloturismo per
patiti di bicicletta: ma un'impresa del
ge nere ha vo luto dire qualcosa di
diverso. Il misurarsi con la fat ica,
l'imparare a rinunciare all e cose
superfl ue, il godere delle cose se mplici
DEL DOVERE
DI FARE POLITICA
I ca ttolici itali ani av ranno di nuovo le «Settim ane sociali».
Lo ha deciso la Conferenza episcopa le accogliendo num erose so llecita-
zioni espresse negli ultimi anni e per offrire una risposta all e esigenze di una
ri scoperta dell'impegno civile che si so no tradot te nell'istituzione di «scuole»
(circa 130) di formazione politica. Le «Setti mane» (ndr.: si vede anche l'inter-
vista a mons. Charrier in questo stesso numero) dovranno forn ire - dice il
documento di presentazione dell'iniziativa - «un va lido supporto e orienta-
mento all a presenza, molto articolata e capillare, dei cattolici nell a società
it a lian a».
Era una sce lta necessaria. C'è infatti attorno a noi mol ta diffidenza per la
partecipazione all a vita associata. Tale diffidenza appare in parte giustificata
da co mportamenti, individu ali e co ll ett ivi, che co ntras tano co n i principi mo-
rali : arroga nza del potere, corruzione, profitto personale, diffusione di mo-
delli sociali co ntrari all a legge divin a, come il divorzio, l'aborto, e già le mani-
pola zioni genetiche, e presto l'eutanas ia.
Assistiamo quindi all'avanzare di situazioni di chiusura agli altri , di ripiega-
mento su interessi particolari (anche se di per non ill eci ti), di indifferenza
al male che non ci co lpisca direttamente. Nell a nostra società il Samaritano
non avrebbe diritto di cittadinanza.
Alcuni gruppi di cattolici da tempo si sono resi conto del rischio cui si va
incontro. I va lori positivi di so lidarietà, di aiuto reciproco, di sostegno soc ia-
le, di educaz ione allo stare assieme, quei va lori costituisco no il ce mento della
co nvivenza. Così so no nate le scuole di politica, con artico lazioni, strutture e
fini diversi, ma tutte tese certamente al bene comune e stimolatrici all a revi-
sione di dete rmin ati co mportamenti assunti da istituzio ni, diciamo, ufficiali:
partiti, sindacati, associazio ni di ca tegoria, potentati economici e altre forze
soc ia li .
Ma la politica, seco ndo un a ce lebre defini zio ne, è il mome nto più alto dell a
morale nella vi ta della società. Tutti siamo tenuti a interessarce ne se nza as-
so lutizza rne le funzioni, ma considerandol a un a componente propria dell 'eti-
ca. Dovremo perciò ce rca re di cap ire quanto sia utile la partecipazione co-
gnitiva, l'educazione all a politica: e non ci si sca nd ali zzi se si afferma che fa
politica non so ltanto l'amministrato re loca le, il sindaca lista o l'iscri tto a un
partito, ma anche il cooperatore sa lesiano, il boy scout impegnato all a mensa
dell a Ca ritas, l'orga nizzato re o il coll aboratore di comunità terapeutiche.
È significativo ricordare che, negli ul timi tempi, sono stati introdotti pro-
cess i di bea tificazione per altrettanti laici impegnati nella politica, e in qu an-
to tali. Piergiorgio Frassati, co me si sa, era membro dell'Azione Cattolica e
del Parti to Popolare. Il tedesco Nicola us Gross era un sind aca lista cri stiano
che partecipò in Germania, durante il nazismo, all a meritoria res istenza co n-
tro il regime e fu assassina to proprio per questa ragione. I francesi Robert
Schuman e Edmo nd Michele! svo lsero un ruolo importante nell a vita pubbli-
CJI del loro Paese, co me deputati e ministri. Cerc hi amo di cap ire che, co n que-
sti ese mpi, si può esse re fieri di fare politica.
Angelo Paoluzi

1.6 Page 6

▲back to top
della natura... sono diventate una vera
scuola di vita.
Il pedalare è diventato voglia di stare in
gruppo, attenzione e apertura agli altri.
La tappa più importante è stata quella
al Colle Don Bosco , luogo natale del
santo dei giovani.
A 100 anni dalla sua morte abbiamo
riscoperto la sua figura, il suo modo di
vivere il ra'pporto con Dio nell'allegria ;
abbiamo voluto rivivere lo stile delle
passeggiate autunnali tanto caro a
Don Bosco.
Alla fine di questa impresa ciascuno si
è sentito più pronto ad iniziare
l'impresa della vita di ogni giorno, a
vivere con più entusiasmo, a dare senso
ai tanti km di ogni giorno... cercando di
guardare a Don Bosco.
Nella foto: Il gruppo al Colle.
UN P,4.l)f?E.,,.
\\_
, ,, CON "/AHTi !=/G-l/ !
\\
SP€k:tf:}MO Cli-E
l}LMENO LVI
l
ABBJ,q PEI BUON/
A$5E6rJ.II !=AM/l/~RI
\\.
Collocata un'effigie di
Don Bosco su una vetta
del Gran Paradiso
Autori dell'if\\lpresa tre sacerdoti e due
ex-allievi. .
Dal 27 agosto scorso Don Bosco ci
guarda anche dai 3777 metri della Punta
di Ceresole, nel Gruppo del Gran
Paradiso. Prendendo un po' alla lettera
le celebri parole pronunciate dal Santo
sul letto di morte : «Dite ai miei ragazzi
che li aspetto tutti in Paradiso», ve lo
hanno condotto don Ambrogio
Garegnani, don Livio Recluta, don
Renzo Bassi, accompagnati da Franco
Brevini, ottimo alpinista ed ex-allievo
della casa di Cogne, e da Andrea
Rossotti. «Siamo saliti su questa
splendida vetta» dichiara don
Ambrogio «sulla quale non esisteva
finora che un ometto di sassi, per
installarvi un'effigie di Don Bosco,
rivolta verso Cogne e il nostro
"Villaggio alpino". Ci siamo portati
tutto a spalle, rinunciando
intenzionalmente all'elicottero. In
un'età come .la nòstra anche ques ti
particolari contano e assumono un
significato».
Il giorno 26 agosto in cinque ore
venivano superati i 1600 metri di
dislivello per raggiungere il biv. Poi a
circa 3200 metri. La giornata era
incerta, ma all'indomani un'alba

1.7 Page 7

▲back to top
- -- - -- - ----#-
1 FEBBRAIO 1989 7
nitidissima annunciava il ristabilirsi del
tempo. I primi raggi del sole trovavano
le due cordate già impegnate
nell'intrico di crepacci del ghiacciaio
della Tribolazione. Il termometro era di
alcuni gradi sotto lo zero.
Superata la ghiacciata parete nord,
dopo una traversata su roccia sul
versante piemontese e un esposto
cami·no, veniva raggiunta l'aerea vetta,
di fronte all 'imponente parete est del
Gran Paradiso. Lo sguardo abbracciava
tutta la catena alpina occidentale dal
Cervino al Monviso, dal Bianco al Rosa.
Dal «Vi ll aggio Alpino» di Cogne i
confratelli avevano seguito tutta
l'ascensione con i binocoli, ma
ugualmente veniva comunicato via
radio il successo dell 'impresa.
Estratto il trapano, si procedeva alla
realizzazione dei fori per i chiodi ad
espansione, cui si sarebbe fissata
l'effigie. Sfortuna volle che le batterie
del trapano, provate dal freddo,
risultassero presto inutilizzabili,
imponendo che i fori fossero terminati
con un perforatore a mano di riserva e
alcune pietre per martello. Ma alle
l 0,30 Don Bosco era finalmente
installato. Don Bosco sulla Punta
Ceresole rappresenta un simbolo
dell'impegno religioso, educativo e
ricreativo del «Villaggio» di Cogne, che
l'anno prossimo celebra il suo XXXV.
I Nelle foto: Il medaglione
commemorativo e la banda che ha
suonato per l'occasione.
I Nella fotor
il Gran Paradiso.
Un medaglione di
Don Bosco sulle Alpi Retiche
Oltre trecento appassionati della
montagna il 17 luglio 1988 hanno
partecipato ad una Messa presso la
Capanna Marinelli a quota 2813 per
l'inaugurazione di un medaglione a
ricordo del centenario di Don Bosco.
Sullo sp lendido scenario del Gruppo
del Bernina (m. 4050 di altezza), vicino
ai g hi acciai perenni, la Famiglia
Salesiana, unitamente alla sezione
va ltellinese del CA I, ha voluto
posare lo sguardo amorevo le di
Don Bosco in occasione del centenario
della sua morte.
Il direttore dell'Opera Salesiana di
Sondrio, don Ugo Contin, ha presieduto
la Messa conce lebrata e durante
l'omelia ha ricordato che Don Bosco ha
amato in modo particolare la montagna
indicandola ai giovani come strumento
di elevazione spirituale e di educazione
ai valori della solidarietà, del coràggio,
della prudenza e della temperanza.
Quindi ha portato il saluto il Presidente
del CA! che ha confermato la stretta
comunanza di sentiment i tra
l'associazione alpina e la Famigl ia
Salesiana testimoniata dall'assidua
presenza alle gite in montagna di
valenti guide alpine, sia per
l'attenzione rivolta ai giovani che per
l'amore a ll a natura.
La Banda di Montagna in Valtellina ha
animato la celebrazione in onore di
Don Bosco, santo patrono delle bande
musicali, eseguendo dei «pezzi»
che hanno esaltato la bellezza
del paesaggio.

1.8 Page 8

▲back to top
8 · 1 FEBBRAIO 1989
PASTORALE GIOVANILE
OccH10 Al GIOVANI
UNIVERSITARI.
QUALE PASTORALE
SALESIANA?
Pubblicati gli «Atti» di un convegno che ha visto
un nutrito gruppo di operatori pastorali salesiani
occuparsi del problema. L'orientamento è
quello di una presenza salesiana più ampia e
qualificata.
Da un sondaggio della
Conferenza episcopale italiana sul-
la pastorale universitaria nel nostro
Paese risulta che «molti studenti
universitari sono presenti nella pa-
storale quotidiana delle parrocchie,
dei gruppi, dei movimenti, ma non
si vede come possano caratteriz-
zarsi per un impegno specificamen-
te universitario». Dallo stesso rap-
porto emerge inoltre come scarsis-
sima sia la «presenza di sacerdoti a
tempo pieno in questo settore pa-
storale», mentre è diffusa «una cer-
ta impermeabilità delle Chiese lo-
cali, soprattutto delle parrocchie,
ad un discorso culturale specifica-
mente universitario».
Questi brevi cenni alla situazio-
ne italiana, che non è molto peg-
giore di quella in altri Paesi, sono
di per sé sufficienti a mettere a fuo-
co le difficoltà dell'impegno della
Foto Franco Marzi - Roma

1.9 Page 9

▲back to top
- - - - - - -- - - -~ -
1 FEBBRAIO 1989 9
Chiesa nel mondo dell'università.
Le ragioni di tale difficoltà risalgo-
no a due matrici ben più larghe e
profonde delle semplici «sordità»
individuali. La prima è la condizio-
ne estremamente complessa, mobi-
le, settorializzata dell'università
nell 'intera area europea. La secon-
da, un certo distacco che vi è stato
nell a storia tra l'azioAe della Chie-
sa e il mondo della cultura; un fe-
nomeno che Paolo VI volle eviden-
ziare con un'espressione diventata
famosa: «la rottura tra Vangelo e
cultura è senza dubbio il dramma
della nostra epoca, come lo fu an-
che di altre».
La pastorale è un porsi al servi-
zio dell'azione salvifica di Dio nei
riguardi degli uomini concreti del
proprio tempo dentro la storia. Ora,
i cambiamenti avvenuti nella condi -
z ione giovanile, il volto dell 'attuale
popolazione universitaria e le do-
mande che pone lo sviluppo della
fede nei giovani suggeriscono di
non rimandare ulteriormente una
se.ria riflessione anche alla pastora-
le salesiana.
L'esperienza universitaria non è
più riservata a pochi privilegiati, ma
almeno in Europa fa parte dell'ordi -
naria preparazione alla vita di una
larga fascia di giovani. Il periodo
dell'università si dimostra partico-
larmente importante non solo per
la formazione intellettuale e per la
preparazione al futuro professiona-
le, ma anche per la strutturazione
della personalità e per le relazioni
interpersonali.
«Tra gli universitari», sottolinea
don Juan Vecchi, consigliere gene-
rale della Congregazione Salesiana
per la pastorale giovanile, «si rile-
vano diverse e molteplici forme di
povertà e bisogni, che vanno dal-
l'accoglienza nei luoghi dove si
spostano per poter accedere alle
sedi universitarie all'aiuto per af-
frontare la propria maturazione
culturale in un dialogo fecondo con
la fede. Ciò li colloca a pieno dirit-
to tra i destinatari dell'azione sale-
siana.
«D'altra parte», soggiunge don
Vecchi, «la pastorale, visto l'allun -
gamento dell'età giovanile, rivolge
oggi un a particolare attenzione al-
la fran_gia dei giovani adulti (18-28
anni). E in questo periodo della vita
CARto NANNI
(a awra cli)
SALESIANI
E
PASTORALE
TRA
GU UNIVERSITARI
che avviene una prima sintesi cul-
turale che pone alla fede domande
fondamentali. È anche in questo
periodo che hanno luogo interes-
santi esperienze ecclesiali e si
strutturano nella persona, se non
vengono superate, diverse forme di
devianza».
I salesiani hanno già mostrato in-
teresse per questa frangia quando
hanno trattato il problema dell'e-
marginazione giovanile, quando
hanno riflettuto sulla propria pre-
senza nel mondo del lavoro e, so-
prattutto, nell'accompagnamento
permanente dei giovani animatori e
collaboratori, volontari e obiettori
di coscienza. Su questa direzione
orientava peraltro la raccomanda-
zione del Rettor Maggiore alla fine
del Capitolo Generale 22rno: «È
importante non fermarsi all'adole-
scenza... ma spingersi oltre, verso la
gioventù, dove in questo momento
si constatano interessanti fenomeni
culturali e religiosi!».
Mossi da questi stimoli, alcuni
salesiani che sono a contatto diret-
to con la realtà universitaria in vari
contesti europei, si sono incontrati
a Roma nell'aprile 1988. Lo scopo
del convegno era di mettere a fuo-
co il terna della presenza salesiana
tra i giovani universitari e di indivi-
duare criteri e linee di azione per
la verifica e la qualificazione delle

1.10 Page 10

▲back to top
10 · I FEBBRAIO 1989
proposte educative e pastorali ad
essi rivolte. L'i ncontro era stato
preparato da un ril evame nto, da
cui so no emerse la consistenza e la
varietà dei servizi offerti dai sale-
siani, che vanno dall'assistenza a
gruppi universitari, ai pensionati,
alle cappellanie, alla gestione di
strutture accadem iche di livello
universitario.
Più che alla pastorale della cul-
tura, atte nta all'evangelizzazione e
all'animazione cristiana della cui tu-
ra universita ria, la riflessione si è
rivolta all a pastorale de{{li univer-
sitari, cioè alle condizioni di vita in
cui viene a trovarsi il giovane uni-
versitario, le quali influiscono in
maniera determinante sulla sua
crescita umana e cristiana. Un
orientamento consigliato sia dalle
esperienze in atto, sia dalla scelta
educativa tipica dei salesiani, che
guarda alla persona per renderla
capace di liberarsi dai vari «co ndi-
zionamenti».
Le difficoltà di alloggio per i
fuorisede, le carenze di ambienti di
studio e di strutture accoglienti, la
solitudine dei singoli, lo sradica-
mento dagli ambienti d'origine e
dalla quotidianità, la focalizzazione
pressoché esclusiva sul successo
nello studio; l'insicurezza per il fu-
turo professionale, il clima di serra-
ta selezione, portano a gravi pro-
blemi umani, formati vi, pastorali,
con rischi di individualismo, di in-
differenza, di ignoranza religiosa,
di caduta dell 'attenzione morale e
delle evidenze etiche, di assenza di
impegno e di respiro sociale, di
problematicità nella ricerca di
identità personale e di senso della
vita.
A fronte di tutto questo, come
appare chiaro dal sondaggio della
CEI ricordato all'inizio, l'azione pa-
storale risulta piuttosto esigua e
carente, almeno come forma di pa-
storale specifica. E poco avvertite
sono nella coscienza ecclesiale co-
Foto Franco Marzi - Roma
mune l'urgenza e la gravità dei
problemi che sorgono a livello uni-
versitario. In questo contesto come
si pone la pastorale salesiana in
Europa? Seppure in sviluppo, la
presenza salesiana in tale forma di
pastorale <)ppare nell 'i nsieme piut-
tosto esigua, marginale, necessaria
di approfondimento, di coordina-
mento, di sviluppo, com'è emerso
dalla relazione di don Carlo Nanni,
docente di filosofia dell'educazione
all'Università pontificia salesiana,
che ha curato anche il volume de-
gli «atti» del primo convegno
europeo.
Di che tipo di presenza si tratta?
L'analisi delle esperienze in atto in
vari Paesi mostra che, se non è da
dimenticare l'opera culturale del-
l'Università salesiana e di altre
strutture di istruzione superiore in
cui i salesiani lavorano ufficialmen-
te, e quella dei ·salesiani che lavora-
no a titolo individuale nelle univer-
sità, l'attenzione è per ora quasi del
tutto nell'ambito della pastorale
per universitari. Tale azione trova

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
- - -- - - - - - --.11-
1 FEBBRAIO 1989 11
attuazione in una ventina di pensio- zionale meta dell'azione educativo- presenti la possibilità di cammini
nati-residenze, in alcune cappella- pastorale salesiana.
differ~nziati e di risposte adeguate
nie, meno nei clubs o circoli univer- Per il futuro sembra importante ai reali bisogni delle persone con-
sitari. Nessun rilievo sembra esser approfondire il contributo salesia- crete; e una pedagogia dell'accom-
dato al mondo universitario nella no alla pastorale della cultura, in vi- pagnamento personale, fatta di ac-
pastorale giovanile d'insieme.
. stà dell'evangelizzazione di essa e coglienza, di disponibilità e di ami-
È necessaria, dunque, anzitutto della sintesi tra cultura e vita, cultu- cizia, di rapporto interpersonale, di
un'opera di sensibilizzazione e di ra e fede, fede e vita.
senso della gradualità, di discerni-
coscientizzazione per evidenziare il Nel ribadire la validità dei pen- mento delle situazioni concrete e
carattere salesiano di questo lavoro sionati, andranno però ricercate del loro migliore sviluppo.
educativo-pastorale. L'età giovani- nuove forme di gestione, di anima- In qualsiasi forma di presenza, e
le si è allungata, gli studi universita- zione, di collaborazione, di coordi- nell'insieme degli interventi, sarà
ri sono diventati accessibili ai gio- namento, di inserimento nel territo - sempre da ricercare il collegamen-
vani delle classi popolari, l'intera rio. Quanto a scelte strategiche e to - ed operare in collegamento -
categoria si trova sempre più in si- priorità d'intervento, si dovrà vede- con le altre strutture, civili ed eccle-
tuazione di abbandono e a rischio. re se e come siano da privilegiare siali, che operano con gli universi-
Gli universitari rientrano, quindi, a interventi che aiutino già nel perio- tari, nell'ambito del territorio e del-
pieno titolo tra i destinatari della do universitario giovani che inten- la Chiesa locale.
missione salesiana.
dono qualificarsi in professionalità Sin qui le «conclusioni» di un
Tale opera di sensibilizzazione è a cui la famiglia salesiana è partico- convegno che vanno oltre il mondo
pure richiesta dalla continuità edu - larmente interessata per la sua mis- ·salesiano, cui in primo luogo si ri-
cativa che vuole il prolungamento sione (docenti, educatori professio- volgono, e interpellano quanti se-
dell'accompagnamento oltre il pe- nali, animatori, catechisti, volontari guono con passione educativa e pa-
riodo dell'adolescenza (come Don nel sociale, ecc.).
storale i segnali che manda questa
Bosco faceva con gli ex-allievi), e Dovranno in ogni caso essere particolare sezione del mondo gio-
dalla formazione di leaders per la sviluppate e promosse una pedago- vanile, in un'ora ricca di opportuni -
società civile e per la comunità ec- gia dell 'a mbiente comunitario, che tà e carica di sfide qual è la pre-
clesiale. Il mondo universitario è, offra un a pluralità di proposte e che sente.
D
infine, «luogo pastorale» cultural-
mente, umanamente e cristiana-
mente interessante, che stimola e
arricchisce la stessa coscienza e ra-
gion d'essere della famiglia sale-
siana.
In secondo luogo occorre appro-
fondire le motivazioni di fondo che
giustificano la presenza salesiana in
DAGLI ATENEI IN CRISI questo tipo di pastorale e studiare
meglio modi e contenuti di essa. Da
un lato, vanno ripensate certe for-
ESCONO POCHI ccDOTIORI» me tradizionali di presenza educati-
vo-pastorale (assistenza, spirito di
famiglia, direzione, partecipazione,
ecc.). Dall'altro, è importante non li-
mitarsi alle metodologie d'inter-
Gli abbandoni raggiungono il 70 per cento
vènto, ma precisare contempora-
neamente i contenuti formativi. Fra
questi vanno inclusi anche la for-
degli iscritti e colpiscono soprattutto
i giovani in difficili condizioni economiche.
mazione culturale e quella socio-
politica, nonché il sostegno all'ope-
ra di formazione della persona e di
una mentalità cristiana secondo ve-
La scuola pubblica ita- adeguare gli studi superiori alle
rità e valori.
liana, per unanime ammissione, sia mutate esigenze di una socie tà in
In tal modo sarà possibile cali- degli operatori che dei fruitori, non profondo mutamento. Ma sempre
brare a livello universitario la stra- gode di buona salute. Ma l'Univer- con scarso successo, sia che a pro-
tegia pastorale tipicamente salesia- sità - e anche qui il giudizio è con- muovere i cambiamenti fossero
na dell'evangelizzare educando e diviso da tutti - sta ancora peggio. spinte di «base» oppure iniziative
dell'educare evangelizzando. Ma al Da decenni, ormai, è in attesa di un delle pubbliche autorità. Gli atenei
tempo stesso si darà più esatto con- rinnovamento che non viene. Ci so- continuano quindi a soffrire di una
tenuto alla formazione di «buoni no stati parecchi tentativi di dare condizione di crisi, di cui non si in-
cristiani ed onesti cittadini», tradi - ossigeno a strutture asfittiche, di travvedono, a tutt'oggi, g li sbocchi.

2.2 Page 12

▲back to top
12 · 1 FEBBRAIO 1989
L'anno accademico 1987-88 ha
fatto registrare un incremento delle
iscrizioni rispetto all'anno prece-·
dente: quattro punti in più. Sono
stati così più di due terzi (67,5 per
cento, secondo i dati ISTAT), i di-
plomati delle scuole secondarie su-
periori che si sono immatricolati.
Assistiamo pertanto a una inversio-
ne di tendenza rispetto agli anni in
cui il passaggio all'Università aveva
subito un considerevole calo. Ciò è
in parte dovuto al fatto, constatato
su vasta scala, che, nonostante il
tasso di disoccupazione di quanti
sono in possesso di laurea sia cre-
sciuto in tutti i Paesi rispetto agli
anni Sessanta, in generale i laureati
godono di opportunità di lavoro
maggiori rispetto ai diplomati.
L'incremento delle immatricola-
zioni è un dato che presenta ad un
tempç> un lato positivo e uno nega-
tivo. E positivo perché sembra indi-
care il desiderio di molti giovani di
completare la preparazione cultu-
rale e professionale. È negativo
perché il fenomeno è almeno in
parte collegato alla difficile situa-
zione occupazionale dei diplomati.
Costoro, come è tristemente noto,
faticano molto a trovare un lavoro
e piuttosto che abbandonarsi alla
forzata inattività, preferiscono
iscriversi a un corso universitario in
attesa di uscire dalla purtroppo fol-
ta schiera dei disoccupati.
L'aumento delle immatricolazio-
ni, in ogni caso, non cancella una
realtà che evidenzia a tutto tondo
lo stato di crisi in cui versa l'Univer-
sità italiana: l'eccessivo numero di
abbandoni. Gli studenti universitari,
pur essendo una massa in sé consi-
derevole - un milione e centomila
- non sono moltissimi, almeno in
rapporto alla popolazione e rispet-
to agli altri Paesi europei. Ma
«scandalosamente basso» - così si
è espresso recentemente il ministro
della Pubblica istruzione Giovanni
Galloni - è il numero dei laureati.
Solo una minima parte degli iscritti
completa - in corso o fuori corso
- il ciclo di studi raggiungendo l'o-
biettivo della laurea. La «produtti-
vità» - è il termine tecnico usato
per definire quantitativamente il
«prodotto» proprio degli atenei,
cioè i «dottori» - delle nostre Uni-
versità è la più bassa fra i Paesi in -
dustrialmente avanzati dell'Europa
occidentale. In Italia si laurea il 30
per cento degli iscritti, contro 1'80
per cento della Gran Bretagna, il
60-70 della Francia, il 50 della Ger-
mania.
Se non si otterrà di incrementare
il numero dei laureati - ha detto
ancora il ministro Galloni - l'Italia
rischia di essere costretta, tra pochi
anni, a partire dal 1993 con l'attua-
zione del Mercato unico europeq,
ad importare laureati dagli altri
Paesi del MEC, per far fronte alla
domanda del mercato del lavoro. È
chiaro che questo rischio non esiste
per i laureati in discipline umanisti-
che. È ben noto l'eccesso di inse-
gnanti di scuola media, destinato a
incrementarsi se l'attuale tendenza
demografica troverà conferma nei
prossimi anni. È invece una pro-
spettiva molto concreta per i settori
della chimica, dell'ingegneria, della
fisica, dell'economia. Anzi, si può
dire che, almeno in alcune regioni
italiane, è già oggi una realtà. Alla
facoltà di ingegneria dell'Universi-
tà di Torino si laureano circa 600
giovani ogni anno, ma la richie_sta di
ingegneri nell'area industriale tori-
nese . è di almeno il doppio. Molte
industrie offrono l'assunzione ai
giovani che frequentano le facoltà
scientifiche prima ancora che arri-
vino al traguardo della laurea. In-
somma, li «prenotano», contenden-
doli alle industrie concorrenti. Tut-
tavia la disponibilità rimane bassa,
cosicché già ora ci si rivolge a gio-
vani laureati stranieri per coprire i
vuoti.
Le cause di questa situazione so-
no molteplici e di varia natura. Gli
ambienti universitari sono inclini a
mettere in evidenza le carenze di
strutture, di docenti, di personale
amministrativo. Ci sono poche aule,
pochi laboratori, poche biblioteche.
Il corpo accademico è insufficiente
per numero a coprire le necessità di
corsi sovraffollati e a rispondere al-
le necessità di ricerca, di seminari,
di approfondimento. Anche nel set-
tore de l personale non docente si
lamentano vuoti vistosi.
A fronte di queste carenze strut-
turali stanno le lacune dello Stato,
che non ha finora saputo realizzare
una seria programmazione di inter-
venti. Lo stesso ministro Galloni, ri-
cardando che lo Stato spende ogni
anno dai quattro ai sei milioni di lire
per studente universitario, ha affer-
mato che si è seguito finora il crite-
rio degli interven ti «a pioggia»,
cioè frammentari, senza una linea
riformatrice organica. È un criterio
che penalizza spesso quegli studen-
ti che sono considerati «capaci, me-
ritevoli, ma che versano in difficili
condizioni economiche». Sono gio-
vani che frequen tano università
spesso lontane dai luoghi di resi-
denza della famiglia, èostretti a tro-
vare - e a pagare salato - un al-
loggio di fortuna, alla ricerca di
precarie occupazioni per procurar-
si il denaro necessario per l'acqui-
sto di libri, pagare le tasse di iscri-
zione, ecc.
In altri termini, quell'obiettivo
che si è tentato di conseguire negli
anni Sessanta e Settanta, e cioè !'«u-
guaglianza delle opportunità», non
è stato raggiunto. Cosicché non a
tutti è dato di raggiungere i livelli
più elevati del sistema formativo e
della gerarchia sociale. Ad essere
emarginati sono soprattutto i gio-
vani deile classi popolari. I figli di
.famiglie agiate, in un modo o nel-
l'altro, magari stentatamente e con
molti anni «fuori corso», alla laurea
ci arrivano. Ad abbandonare - ma
sarebbe più giusto dire «ad essere
costretti ad abbandonare» - sono
il più delle volte i giovani meno do-
tati di mezzi economici, che non
possono contare sul sostegno fi-
nanziario della famiglia. Di fronte a
una occasione di lavoro, essi non
hanno scelta e il più delle volte non
sono in grado di sobbarcarsi alla
duplice fatica del lavoro e dello stu-
dio. Ciò significa che l'Universit~ va
sempre più caratterizzandosi come
università di «élite».
Secondo alcuni osservatori, que-
sto orientamento ha l'appoggio del-
le autorità accademiche, che privi-
legiano la formazione di accademi-
ci, ricercatori, insegnanti, piuttosto
che guardare all'utilizzazione im-
mediata del titolo di studio per ri -
spondere alle esigenze del mercato.
Il mondo politico - e il grido d'al-
larme del ministro Galloni sta a
confermarlo - è invece orientato a
realizzare la formazione di mana-
gers. Sono anzi i politici che accusa-
no gli accademici di voler attuare

2.3 Page 13

▲back to top
- - - - -- - - - - , 1 1 -
una tutela corporativa per coprire universitaria, considerato anche il
la mediocrità di molti docenti e di limitato numero di posti disponibili.
molti studenti. D'accordo con i poli- Le restrizioni alla carriera sono ve-
tici sono i datori di lavoro, i quali la- nute dopo un periodo di rapida im-
mentano che la preparazione pro- missione, verificatosi negli anni Set-
fessionale in determinati settori tanta, e che ha avuto come effetto
non risponde alle esigenze della so- negativo di introdurre nelle Uni-
cietà. A loro avviso, l'Università versità insegnanti non sempre al-
fornisce una preparazione troppo l'altezza del compito. Da più parti si
teorica e poco aggiornata, che met- insiste oggi su una maggiore flessi-
te i laureati nella impossibilità di , bilità nella gestione del personale,
utilizzare nella pratica le conoscen- nelle prospettive di carriera e nelle
ze acquisite. Di qui l'esigenza di remunerazioni, anche per evitare
adeguare i corsi alla domanda del l'esodo di docenti verso più lucrosi
mercato del lavoro, di rendere me- impieghi privati, con il conseguente
no rigidi i programmi, in modo da impoverimento delle Università.
consentire a chi è iscritto a un corso Bisogna aggiungere che l'Universi-
specifico, di dare ai propri studi un tà si trova oggi a dover fronteggia-
respiro più ampio seguendo anche re l'ingresso agli studi superiori di
altre materie.
studenti che si presentano cofl un li-
A proposito dei docenti, preoc- vello di preparazione piuttosto bas-
cupa gli esperti dell'istruzione l'in- so, conseguenza delle difficoltà in
vecchiamento del corpo docente. cui si dibatte la scuola media supe-
Ciò è dovuto in larga misura alle riore.
difficoltà che incontrano i giovani Se tutti sono concordi nel coglie-
che intendono avviarsi alla carriera re lo stato di crisi in cui si trovano
1 FEBBRAIO 1989 13
oggi gli atenei, una grossa maggio-
ranza ritiene che non può essere un
rimedio valido quello cui ha fatto
ricorso il Politecnico di Milano, che
ha decisò di adottare il «numero
chiuso» e di accogliere soltanto stu-
denti lombardi. Anche se l'intenzio-
ne è quella di suonare la sveglia allo
Stato perché si decida ad affrontare
il problema Università (e a parte il
sapore un po' razzista del provvedi-
mento), il numero chiuso contrasta
con la lamentata insufficienza di
studenti universitari e, di conse-
guenza, di laureati. Inoltre, esso si
oppone alla tendenza, sempre di -
chiarata a gran voce, di allargare
l'area del sapere e di farvi entrare il
maggior numero possibile di giova-
ni. La formazione di giovani prepa-
rati non è un lusso, bensì una neces-
sità per un Paese che voglia progre-
dire culturalmente.
Foto Franco Marzi - Roma

2.4 Page 14

▲back to top
14 •/ FEBBRAIO 1989
PASTORALE GIOVANILE
La IV Giornata Mondiale della Gioventù
I GIOVANI DEL MONDO
VERSO
·;r
L'APPUNTAMENTO
DI SANTIAGO

2.5 Page 15

▲back to top
- - -- - - -- - -- iS8-
Con le sue quarantasei
chiese, i suoi duecentottantotto al-
tari e le 'sue centoquattordici cam-
pane che suonano l'Angelus, San-
tiago de Compostela è un monu-
mento molteplice e commovente
alla preghiera, segnato da mille an-
ni di preghiere. La grandiosa catte-
drale, costruita sopra la cripta do-
v'è sepolta la salma di San Giaco-
mo, apostolo di Gesù, fatto decapi-
tare da Erode a Gerusalemme, do-
mina una città di cui è stato scritto
che «ha la solitudine, la tristezza e
la forza di una montagna».
L'immagine di Santiago, il leg-
gendario evangelizzatore della Ga-
lizia, all'estremità nord -occidentale
della Spagna, si ritrova ovunque: a
cavallo, vestito da guerriero, in at-
teggiamento pensoso o gioviale.
Una di queste, luccicante, ha labor-
raccia d'oro e pietre preziose sulla
pellegrina.
La statua che viene portata in
processione rappresenta il Santo
nell'atto di colpire !'«infedele».
Quella sotto il portico, che accoglie
all'arrivo i fedeli, ha cinque buchi
scavati nel granito dalle dita di mi-
gliaia di pellegrini.
E pellegrini saranno anche mi-
gliaia e migliaia di giovani, «evan-
gelizzatori del Duemila», rappre-
sentanti delle Chiese locali di tutto
il mondo, ai quali il Papa ha dato
appuntamento per il 19 e il 20 ago-
sto a Santiago. I nuovi romei riper-
correranno le strade sconnesse e
poco sicure dei ferventi viaggiatori
del primo Meqioevo, che si avven-
turavano da tutta l'Europa verso l'i-
gnoto, verso «Finisterra», il luogo
dove gli antichi credevano che fi-
nisse la superficie terrestre, che è
vicino a Compostela.
«Io sono la via, la verità e la vi -
ta». All'insegna di questa frase
evangelica, ricca di ispirazioni e di
implicazioni, migliaia di giovani ce-
lebreranno assieme a Giovanni
Paolo II per la quarta volta la loro
festa, riscoprendo le radici apostoli-
che della propria fede sulla tomba
di San Giacomo - «Santiago ma-
tamoros», il pacifico pescatore del
lago di Tiberiade, diventato all'epo-
ca dei Mori il simbolo della «Re-
conquista» - ed impegnandosi a
mettere in pratica, alle soglie del
2000, il mandato di Cristo: «Mi sare-
te testimoni... fino agli estremi con-
fini della terra».
All 'an nuale celebrazione della
«festa dei giovani» nella Chiesa
Giovanni Paolo Il attribuisce
un'importanza particolare. «Nel
mio dialogo con voi - scrive nel
suo messaggio, che porta la data
della prima domenica d'avvento -,
questa Giornata occupa un posto
privilegiato, perché mi offre la feli-
ce occasione di rivolgere la parola
ai giovani non di un solo paese, ma
di tutto il mondo, per dire a tutti e a
ciascuno di voi che il Papa vi guar-
da con tanto amore e tanta speran-
za, che vi ascolla con tanta attenzio-
ne e vuole rispondere alle vostre at-
tese pilì.profonde».
Nella parte centrale del messag-
gio, il Pontefice dice ai giovani che
la prossima Giornata deve diventa-
re occasione di una «nuova, pilÌ ma-
tura e più profonda scoperta di Cri-
sto». La scoperta personale di Cri-
sto è «l'avventura più meravigliosa
della nostra vita», sottolinea anco-
ra Giovanni Paolo Il, il quale subito
soggiunge: non basta però scoprire
Cristo nella propria vita, bisogna
anche portarlo agli altri.
1 FEBBRAIO 1989 · 15
Da qui nasce il fervido appello
che il Papa rivolge ai giovani, affin-
ché rinnovino il proprio impegno
apostol.ico all'alba del terzo Millen-
nio: ((Non potete rimanere silenziosi
e indifferenti.' Dovete avere il co-
raggio di parlare cli Cristo, di testi-
moniare la vostra .fede. Cristo ha
bisogno di voi».
«Rispondete alla sua chiamata
con coraggio e con lo slancio pro-
prio della vostra età», è l'esortazio-
ne di Giovanni Paolo Il alle nuove
generazioni, alle qu al i ricorda che
<(essere cristiani sign(fica essere
missionari-apostoli» e che (<il mon-
do di oggi è una grande terra cli
missione», perfino nei paesi d'antica
tradizione cristiana. «Dappertutto,
oggi, il neopaganesimo ed il proces-
so cli secolarizzazione costituiscono
una grande sjtda al messaggio
evangelico». Ma, al tempo stesso, si
aprono anche ai nostri giorni nuove
opportunità per l'annuncio del Van -
gelo. E spetta. ai giovani costruire
una «nuova civiltà che sia civiltà di
amore, di giustizia e di pace».
La scelta di Santiago per l'appun -
tamento dell'estate '89 assume, per-
ciò, un significato squisitamente
simbolico. Dopo la celebrazione or-
dinaria della Giornata, che si terrà
il 19 marzo, Domenica delle Palme,
in tutte le Chiese particolari, il
«cammino» verso il celebre santua-
rio spagnolo metterà ulteriormente

2.6 Page 16

▲back to top
16 · I FEBBRAIO 1989
Le origini della Giornata
L'idea della Giornata mondiale della Gioventù è nata da due incontri interna-
zionali dei giovani con il Papa a Roma :
- il Giubileo dei giovani (Domenica delle Palme 1984) , celebrato sotto il te-
ma «Aprite le porte al Redentore»;
- l'incontro mondiale dei giovani (Domenica delle Palme 1985). celebrato in
occasione dell 'Anno internazionale della gioventù, con il tema. «Cristo nostra
pace».
La vasta risposta dei giovani a queste iniziative suggerì a Giovanni Paolo Il
l'idea decisiva. E il 20 dicembre del 1985, parlando ai cardinali , annunciò : «Il Si-
gnore ha benedetto quell'incontro in modo straordinario, tanto che , per gli anni
che verranno, è stata istituita la Giornata mondiale della Gioventù, da celebrare
la Domenica delle Palme».
in luce il senso stesso dell a te matica
sce lta: risveglio nei g iova ni de ll'i-
de ntità cristia na; ritorno, in pe ll e-
g rinaggio, all e origini dell a fede, co-
me a Rom a e a Ge ru sa lemme; pel-
legrin are insieme come mo mento
fo rte di comunio ne eccles ia le, per
instaurare un'unio ne pro fo nd a tra i
po poli, g li uomini e le cultu re, basa-
ta sull a co nd iv isione della stessa fe -
de e de llo stesso s pirito di penite n-
za e di conve rsion e.
A Santi ago mol ti g iovani g iunge-
ra nno percorre ndo a pied i l'ultimo
tratto de ll 'antico «ca mmin o», co me
i ro me i d'un a vo lta. Qu asi un a pre-
messa all 'impegno che assum e ran-
no, in questo luogo di g ra nd e im-
porta nza ne ll a sto ri a del cri st ia nes i-
mo, di dedi ca rsi attiva me nte all 'e-
va ngeli zzaz io ne de l mo ndo con-
te mpora neo.
((Presso la tom ba di San Giaco-
mo - scrive il Pa pa - vogliam o
imparare che la nostra fede è stori-
camente fonda ta, e quindi non è
qualcosa di vago e di passeggero:
nel mondo cli oggi, contrassegnato
da un grave relativismo e da una
f orte con.fi1sione cli valori, dobbia -
mo sempre ricordare che, come cri-
stiani, siamo realmente ecl~ftcati
sulle stabili fonda m enta degli Apo-
stoli, avendo Cristo stesso come pie-
tra angolare».
Foto Franco Marzi - Roma
All e nuove generaz ioni che vi-
vono in un mondo minacciato da
mol te sfide pe rico lose, G iovanni
Pao lo li propo ne qu indi un cam mi-
no d i pe ll egrin agg io, un camm ino
di risco perta d i Cristo come via,
ve ri tà e vita. È un a proposta che va
inco ntro a ll e loro esige nze più sen-
tite. Ne l suo messaggio, il Pa pa
sotto lin ea no n a caso co me i giova-
ni sia no oggi tra i primi a rivive re il
pe ll egrin aggio co me «cam mino di
rinnova mento inte riore, di ap pro-
fo nd imento de ll a fede, di rafforza-
me nto de l senso dell a co mun ione e
de ll a so lid a ri età co n i frate lli, e co -
me mezzo pe r sco prire le persona li
v o c a z i o ni ».
L'appun ta me nto _de l 19-20 ago-
sto sarà dunqu e un'occasione fon-
da me ntale pe r ciascu no singo lar-
mente, ma a nche per tutti i giova ni
ins ie me, così da cos tru ire un mo-
ALLA«GIORNATA»CON
I co·OPERATORI SALESIANI
Così come è avvenuto nelle pre-
cedenti giornate, i coopera tori sa -
lesiani pauteciperanno eosì con le
associazi0ni delle Figlie di Maria
Ausiliatri ce all a manifestazione di
Santiago. li coordina tore generale
dei cooperatori Paolo Santoni ha
inviato una lettera ai respon~a bili
<ilelle ass0oiazioni salesiane invi-
tand0li a far pervenire le adesioni
di par tecipazion e entro e non oltre
il 15 marzo 1989.
mento fo rte di comun ione nell a
C hi esa unive rsa le. Di qui il ca lo ro -
so invito che G iova nni Paolo II ,
concl ude ndo il suo messaggio, indi-
rizza ciascuno ed a tutti i giova ni,
affin ché si impegnin o in tutto il
processo d i preparazio ne spiritua le
che, prim a e dopo la Do men ica
de ll e Pa lme, il g ra nde avve nime nto
ri chi ede: «Ca mm inate ne ll a carità...
ca mminate da fig i.i de ll a luce».

2.7 Page 17

▲back to top
- - - - -- - - -- -~
-
OBIETIIVO BS
1FEBBRAIO 1989 · 17
Acireale
UNA SCUOLA DIVERSA
SI PUÒ E SI DEVE
MA QUANTE DIFFICOLTÀ!
Da oltre un decennio le Figlie di Maria Ausiliatrice
portano avanti una significativa
sperimentazione scolastica nell'ambito
della scuola media superiore.
Siamo andati ad Acireale, in Sicilia.
Cosa ne pensano gli insegnanti? E le alunne?
- - - Siamo ad Acireale, sul-
la riviera dei Ciclopi, ad una man-
ciata di chilometri da Catania, al -.
l'ombra dell 'Etna. Al centro di que-
sta cittadina che vanta delle splen-
dide testimonianze di barocco c'è
Le foto di questo
articolo sono di
G. D'Agata - Catania

2.8 Page 18

▲back to top
18 ·I FEBBRAIO 1989
Corso Savoia, dove al civico 117
c'è l'ingresso dell'Istituto Spirito
Santo. Un'entrata senza fronzoli,
spartana, che quasi nasconde il cuo-
re laborioso di questa scuola speri-
mentale divenuto punto di riferi-
mento a livello nazionale e che bril-
lantemente le Figlie di Maria Ausi-
liatrice hanno saputo far crescere.
Sembrerebbe un istituto come ce
ne sono a centinaia nella Famiglia
salesiana con materna, elementare,
media e superiore, ma in effetti non
è così. Se la fascia dell'obbligo è
uguale a quella statale per via dei
programmi, il superiore. è invece
da ben 11 anni scuola di sperimen-
tazione con tre indirizzi di studio:
psico-pedagogico (maturità magi-
strale con anno integrativo com-
preso), linguistico (licenza linguisti-
ca), biologico-sanitario (maturità
scientifica).
I cinque anni sono articolati in un
primo biennio cosiddetto opzionale
o di orientamento ed un successivo
triennio pluricomprensivo nel qua-
le le studentesse scelgono uno dei
tre indirizzi. Nuove metodologie e
didattiche vengono sperimentate in
questa scuola e sono attentamente
seguite dal Ministero della Pubblica
Istruzione.
«Di recente - ci spiega la coor-
dinatrice della scuola, suor Paola
Bruno - abbiamo ricevuto la visita
ispettiva da parte del Ministero nel-
la persona della dott.ssa Anna
Sgherri che con competenza ha
orientato il collegio docenti a revi-
sionare la struttura del progetto di
sperimentazione per adeguare "in
itinere" le scelte contenutistiche e i
relativi quadri orari ad una ipotesi
di scuola media superiore sempre
più rispondente alle esigenze dei
giovani. Non si è trattato di un con-
trollo fiscale , ma solo di una presa
di contatto visto che il Ministero
competente vuole valorizzare real-
tà come la nostra».
Ma vediamo di capire meglio,
con l'aiuto di qualche insegnante, in
cosa consiste concretamente questa
sperimentazione.
«Alla base c'è un'impostazione
interdisciplinare dell'insegnamento
stesso - spiega Paola Scuderi, pro-
fessoressa di filosofia, una delle 14
insegnanti laiche che integrano le
nove religiose - per cui non ven-
gono impartire lezioni nozionisti-
che fini a se stesse. Se si studia, ad
esempio, la seconda guerra mon-
diale, contemporaneamente in fisi-
ca si approfondisce la struttura del-
l'atomo in modo da capire com'è
potuta nascere la bomba atomica.
Al tempo stesso si affrontano·gli in-
flussi letterari del periodo, in italia-
no, inglese e francese, così da ab-
bracciare un po' tutte le materie di
studio. Lo stesso concetto di inter-
rogazione della studentessa esce
dai canoni abituali della scuola sta-
tale che effettua questo momento in
maniera quasi fiscale. In questo ca-
so l'interrogazione diventa una ve-
rifica irrinunciabile dell'apprendi-
mento dell'allieva dalle quale ci at-
tendiamo soprattutto uno sviluppo
generale della capacità critica. Il
nostro progetto fissa degli obiettivi
che vengono adeguati a seconda
delle capacità delle ragazze. Dun-
que la selezione naturale non avvie-
ne su un piano di confronto - dato
che non tutte le ragazze hanno le
stesse potenzialità -, ma in rela-
zione al raggiungimento degli
obiettivi prefissati».
«E i riscontri sono più che buoni
- aggiunge suor Gina Sanfilippo,
insegnante di lettere - perché ef-
fettivamente le ragazze riescono a
sviluppare i concetti appresi in ma-
niera -completa realizzando proprio
quei collegamenti fra materie di cui
si parlava prima. Tra l'altro siamo
tra le poche scuole a portare dei
programmi davvero completi agli
esami di maturità, ed anche in quel
caso la verifica con la commissione
d'esame è stata sempre positiva. Ad
esempio l'anno scorso temevamo
per una nostra ragazza che, pur
sforzandosi, aveva notevoli limiti
proprio nell'esposizione. Ebbene, la
commissione non solo l'ha ritenuta
idonea alla maturità, ma le ha asse -
gnato un voto di 42 sessantesimi, in
quanto questa nostra allieva a con-
fronto di altre studentesse della
scuola statale dimostrava comun-
que una preparazione globale net-
tamente superiore».
«L'insegnamento della materna-
li laboratorio di chimica e, nella pagina a fronte,
alcune ·immagini di vita dell'istituto.

2.9 Page 19

▲back to top
CONTI CORRENTI POSTALI
t:==========:1 RICEVUTA
L. di un versamento di
Lire ____________________
sul C/C N.
462 002
Direzione Generale Opere Don Bosco
Via della Pisana 1111
00163 ROMA
intestato a:
eseguito da _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
residente in __________________
addì _ _ _ _ _ _ __ __
I
L _ _ _ _ _ .J
Bollo a data
tassa
Bollo lineare dell'Ufficlo accettante
L'UFFICIALE POSTAl.E
Cartellino
del bollettario
data
prograss.
I
/ CONTI CORRENTI POSTALI
Bollettino di L. l===========:J I
Certificato di accreditam. di L. l=============:::l
Lire ________________
I
I
Lire
_ _ _ __ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
I
I
sul C/C N. 462 002 intestato a: I sul C/C N.
462 002
Direzione Generale Opere Don Bosco
I
I Direzione Generale Opere Don Bosco
intestato a:
Via della Pisana 1111
I Via della Pisana 1111 - 00163 ROMA
00163 ROMA
I
I
eseguito da _______________
_ _ _ _ _ __
eseguito da ____________ I residente in _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ CAP _ _ _ _ _ _ __
I
residente in ____________ I via ___________________ _ n. _______
addì _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ I
I
addì _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
I
I
Bollo Uneare dell'Ufficio accettante
I
Bollo lineare dell'Ufficio accettante
I
numerato
d'accettazione
L'UFF. POSTALE IL _____ .JI
I
I
I
L _ _ _ _ _ .J
L'UFFICIALE POSTALE
Bollo a data I
Bollo a data
- - - - - - - N. - - - -- - -
Importante: non scrivere nella zona sottostante!
del bollettario eh 9
data
progress.
numero conio
lmpoiio
>00000000004620026<

2.10 Page 20

▲back to top
I
AWERTENZE
I
I Per eseguire il versame.nto, il versante deve compilare
I in tutte le sue parti, a macchina o a mano, purchè con in-
I chiostro nero o nero-bluastro il presente bollettino (indi-
cando con chiarezza il numero e la intestazione del conto
I ricevente qualora già non siano impressi a stampa).
I NON SONO AMM ESSI BOLLETTINI RECANTI CAN-
I CELLATURE, ABRASIONI O CORREZIONI.
I A tergo del certificato di ac creditamento e della atte-
I stazione è riservato lo spazio per l'indicazione della causa-
I
le del versamento che è obbligatoria per i pagamenti a fa-
vore di Enti pubblici.
I L'Ufficio postale che accetta il versamento restituisce
I al versante le prime due parti del modulo (attestazione eri-
i cevuta) debitamente bollate.
La ricevuta non è valida se non porta i bolli e gli estremi
I di accettazione impressi dall'Ufficio postale accettante.
I La ricevuta del versam ento in Conto Corrente Postale,
I in tutti i casi in cui tale sistema di pagamento è ammesso,
I ha valore liberatorio per la somma pagata con effetto dalla
I data in cui il versamento è stato eseguito.
I
I
I
Laboratorio Litografico
I
Amm.ne P.T. D.C.A.M.
I
I
: non scr vere ne a zona so stante
Spazio per la causale del versamento
(La causale è obbligatoria per i oersamenti a fa vore
di Enti e U.lfià pubblià)
Parte riservata all'Ufficio dei Conti Correnti
,---7
I
I
I
I
I
I
L _ _ _ _J

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
- - - - - - - -- - - s/1-
, 1 FEBBRAIO 1989 19
LA STORIA DI IGNAZIA:
da alunna a insegnante
Ha 23 anni è di Valverde ed è il primo prodotto di questo Istituto che viene inse-
rito nei quadri insegnanti. Ignazia Lo Faro si è dipJomata nell'indirizzo linguistico
nell'85 ed ha subito intrapreso la facoltà di lingue, preferendo lo spagnolo. Adesso
sta per raggiungere la laurea e per lei da quest'anno si è realizzata quella che era la
sua massima aspirazione.
«Si, speravo proprio di poter ritornare nella scuola dove sono cresciuta, per inse-
gnare. Ho cominciato qui dalle scuole medie per poi proseguire con il liceo. Certo
sono stata anche fortunata perché quest'anno c'è stata questa defezione dell'inse-
gnante di spagnolo che mi ha consentito di inserirmi. Ho avuto qualche difficoltà a
passare dall'altra parte della barricata, sedendo al fianco di quelli che sino a poco
tempo fa erano i miei professori. Comunque sono davvero felice di questa scelta e
spero di poter rimanere ad insegnare qui, perché qu·esta scuola mi ha dato tanto ed
adesso spero di trasmettere queste esperienze alle più giovani. Con loro ho un dia-
logo infatti molto aperto. Alcune si lamentano per glj studi troppo pesanti, ma io
faccio spesso riferimento alla mia esperienza diretta. Evero qui si studia di più, ma
questo poi paga un domani all'Università come nella vita. A prescindere dalla pre-
parazione scolastica, il mio impatto umano con una realtà tanto diversa ed eteroge-
nea come quella universitaria è stato positivo. Magari per tante altre potrebbe ri-
sultare traumatico, ed in questo ritengo che un ruolo importante l'ha avuto il tipo di
formazione che io ho ricevuto frequentando quest'istituto. Èquello che'cerco di far
capire alle mie più giovani non più compagne, ma allieve. Questa è una palestra di
vita davvero buona, e sono convinta che queste ragazze con tanta buona volontà,
umiltà ed un pizzico di fortuna· un domani riusçiranno ad inserirsi brillantemente
nella società, cosi com'è avvenuto per me». _

3.2 Page 22

▲back to top
20 · I FEBBRAIO 1989
tica - fa un a ltro esempio suor
Rosaria Ventura - tende ad una
formazione di tipo culturale, ade-
guata alle _varie esigenze. Per cui se
nel biennio vengono impartite le
basi, nel triennio di specializzazio-
ne lo studio di questa materia assu-
me un tagl io diverso. E così per il
linguistico diamo nozioni di mate-
matica finanziaria che possano un
domani agevolare un inserimento
in strutture turistiche sempre a
contatto con le problematiche del
cambio di moneta. Per l'indirizzo
biologico-sanitario la preparazione
si avvicina maggiormente a quella
di un liceo scientifico per favorire
l'inserimento nell'università. Men-
tre per lo psico-pedagogico si ap-
profondisce un tipo di studio della
matematica che prepari all'inse-
gnamento».
La scuola dispone anche di strut-
ture abbastanza adeguate con labo-
ratori linguistici, scientifici, di infor-
matica e di dattilografia. E soprat-
tutto si tende ad avere notevoli
scambi culturali con l'esterno. Que-
st'anno è prevista la visita di poeti
inglesi e francesi che aiuteranno al-
l'a pprofondimento della letteratura
straniera. L'istituto si rende parte
attiva anche nei confronti di Aci-
reale intesa come realtà sociale, or-
ganizzando tavole rotonde e dibat-
titi nei quali vengono coinvolte al-
tre scuole.
«Un problema grosso però ~
sottolinea suor Paola Bruno - è la
manc.anza assoluta di contributi da
parte degli enti pubblici. Non credo
che una scuola per poter funzionare
abbia bisogno di tutto, ma un mini -
mo di strutture per poter portare
avanti un progetto così complesso
come il nostro sono indispensabili.
Insomma il problema economico è
purtroppo sempre presente ed a
volte diventa pesante nel clima or-
ganizzativo perché diventa difficile
persino ottenere un piccolo sussi-
dio per aggiornare la nostra biblio-
teca. Tra l'altro c'è anche una nostra
scelta precisa di tenere le rette bas-
! LA DIRETTRICE/PRESIDE:
I posso disporre di validissime collaboratrici
I
Chiediamo alla direttrice dell'istituto,
- Se potesse disporre di un congruo le giovani serie e preparate che domani
suor Rosaria Toriorici, come si co11cilia- contributo per la sua opera a quale del- potranno inserirsi positivamente nel
no le innumerevoli attivitd dell'opera di le attivitd lo destinerebbe?
mondo del la voro. anche a certi livelli.
Acireale.
«Premetto che il nostro istituto si reg- Insomma immettiamo sangue buono
«La mia fortuna è quella di poter di- ge in quanto Opera Pia e soprattutto nella societd».
sporre di validissime collabora/riel che grazie alla sovvenzione della nostra - Programmi per il futuro?
hanno saputo insieme creare un ottimo lspettoria che tiene particolarmente a «Speriamo di poter incrementare ul-
rapporto con le altre insegnanti laiche, questo tipo di sperime11tazio11e attuata. teriormente la nostra opera. Questo pas-
tutte assai competen,ti nelle rispellive nella nostra scuola superiore. Rispon- sa soprattutto da una maggiore sensibi-
I materie. Questo la voro di équipe ci con- i;iendo alla domanda diciamo che sarei litd degli enti pubblici. Personalmente
senle di portare avanti oltre a tutti i gra- combattuta da due cuori: uno vorrebbe vedrei positivamente un connubio fra la
di della scuola (dalla materna allo spe- aiutare le ragazze più bisognose dell'in- scuola sperimentale, che significa conti-
rimentale), anche quallro corsi di for- ternato, l'altro preferirebbe incrementa - nua evoluzione e ca mbiamento, e scuo-
mazione professionale, due per segreta - re le attrezzature e le strutture della la professio11ale. Fra mondo del la voro
rie ed altrettanti per contabili. Esperia- scuola. Probabilmente prevarrebbe il se- e cultura. Un più stretto interscambio
i mo di a verne molto presto un quinto per condo perché noi facciamo della bene- Ji·a questi due settori non può che essere
confezioniste di sartoria».
ficenza culturale, f acen.do crescere del- salutare per la scuola».

3.3 Page 23

▲back to top
- - - - -- - - -- - 5'1-
se. Perché si fa un bel dire di scuola
aperta a tutti se poi non si agisce di
conseguenza».
Uno dei punti focali del progetto
di sperimentazione è l'aggiorna-
mento stesso degli insegnanti :
«Non avrebbe senso - dice suor
Rosaria Ventura - avere tutte le
strutture più moderne senza inse-
gnanti all'altezza della situazione.
Occorre mettersi in un continuo at-
teggiamento di ricerca per l'appro-
fondimento. Questo richiede un
maggior numero di riunioni e verifi-
che per studiare come realizzare i
piani di studio. Il lato positivo è che
esiste un'ottima collaborazione fra
insegnanti laiche e religiose per cui
alla fine i tipi di intervento sono
sempre unitari».
Qualche difficoltà in più esiste
nell'accostamento di questo tipo di
scuola alla realtà del mondo de l la-
voro. Il tentativo di realizzare tiro-
cini o esperienze particolari in
strutture diverse dalla scuola incon-
tra spesso parecchi ostacoli.
«Troviamo più facilmente spazi
nelle organizzazioni private - ag-
giunge suor Paola - . Ad esempio
il ramo biologico-sanitario richie-
derebbe confronti continui con le
strutture sanitarie, ma c'è molta ri-
trosia nell'a mmettere lo studente.
Così come gli alberghi della zona
sono poco propensi ad offrirci pos-
sib.il ità di tirocinio per le no stre ra-
gazze del linguistico. In qu esto
dobbiamo essere realisti: purtrop-
po non es iste l'equazione scuola
ugua le posto di lavoro. Ma questo
non è un problema scolastico, ma
della società più in generale. Quel-
lo che a noi interessa è mantenere
una certa filosofia di fondo che si
basa sulla ce ntra lità del giovane e
su l metodo preventivo di Don Bo-
sco. Per questo cerchiamo di da re
delle risposte adeguate per la for-
mazione di que ste ragazze rifor-
mulando scelte, obiettivi e metodo-
logie. Certo magari nel confronto
co n le altre coetanee le nostre a l-
lieve restano un po' deluse per via
degli studi più pesanti. Ma sono sa-
crifici che si vedono ripagati suc-
cessivamente qu a ndo affrontano il
mondo del lavoro o passano all'u-
ni ve rsità. Non a caso·le nostre stu-
dentesse del linguis tico vengono
in seri te nella fascia "A" della faco l-
1 FEBBRAIO 1989 21
CENTOCINQUANTA RAGAZZE
CHE SANNO IL FATTO LORO
Vengono dalla riviera o dai paesi etnei. Appartengono agli strati sociali più
diversi e costituiscono un piccolo universo eterogeneo, dunque un campo di
applicazione assai vasto e variegato. Sono le studentesse dell'Istituto Spirito
Santo. Circa 150 distribuite nelle cinque classi liceali. Questo per la scuola è
l'undicesimo anno di attività e dunque ben sette classi hanno già raggiunto la
maturità per un totale di circa 150 diplomate, mentre già c'è un nucleo addirittu-
ra di laureate.
Ma vediamo di scoprire un po' chi sono queste ragazze e quali sono le loro
aspettative in questo breve scambio di idee.
«In noi c l'assillo del futuro professionale - confessa Giusy al quinto anno
dell'indirizzo psico-pedagogico - . lo vorrei continuare gli studi universitari ,
possibilmente in pedagogia o in storia e filosofia , ma di sbocchi non ne vedo».
Marilena invece guarda più alla cultura personale : «lo mi iscriverò in lingue e
voglio concludere gli studi per la mia preparazione a prescindere da quello che
potrà essere il mio lavoro un domani. Del resto in questa scuola, che frequento
fin dalle elementari , ho imparato ad apprezzare lo ·studio e la cultura in quanto
tali. Certo abbiamo sgobbato parecchio in questi anni, ma i risultati si vedono e
spero che paghino in futuro».
Un po' diverse le aspirazioni di Raffaella che vuole diventare funzionario di
Polizia: «È un pallino che ho sin da ragazzina. Alla fine forse gli studi fatti qui
non è che mi serviranno molto per la professione , però non mi sono pentita di
aver frequentato questo istituto perché la preparazione acquisita è dawero ot-
tima ».
«lo invece spero di sfruttare gli studi di lingue per diventare hostess - affer-
ma Elena, una romana di " passaggio " ad Acireale- , e penso che qui gli studi
mi abbiamo ben preparato per questa professione» .
Rosaria invece frequenta il terzo anno, indirizzo pedagogico : «Una scelta
che ho ben ponderato e che mi sta dando parecchie soddisfazioni».
Chiacchierando con loro l'impressione è che si tratti di ragazze che sappiano
il fatto loro. Sono abbastanza fiduciose del futuro , e nelle loro intenzioni c la
continuazione degli studi, o comunque un 'attività lavorativa. Sono convinte che
i sacrifici fatti negli anni di studio un domani pagheranno per l'inserimento in
società. Tra l'altro tutta questa loro attività scolastica coinvolge anche le fami -
glie , per cui l'aspetto socializzante di questa sperimentazione viene messo a
frutto con una sensibilizzazione di tutti i nuclei familiari che mandano una loro
figlia in questa scuola.
«Il metodo delle unità didattiche interdisciplinari - spiega Sabina - tra l'al-
tro ci agevola nello studio, coinvolgendoci in un dialogo molto costruttivo con
l' insegnante ».
Insomma ragazze assennate e mature nello studio. ma anche nella vita extra-
scolastica. Ad esempio proprio Sabina e Josephine nel pomeriggio svolgono
delle attività nell'oratorio centro giovanile , annesso all'istituto : «Sì, facciamo dei
corsi di chitarra e flauto , coinvolgiamo anche altre nostre coetanee che non
frequentano questa scuola. Abbiamo dei momenti di preghiera, e facciamo un
po' da animatrici. Per noi questo tipo di scuola ha comportato delle scelte che
sono di vita e che resteranno tali qualunque possa essere lo sbocco professio-
nale che un domani troveremo».
tà di lingue. Un settore che di soli-
to viene riservato so ltanto ai figli
di madrelingua, o a quei giovani
che per lungo periodo hanno risie-
duto all'este ro. Invece le no st re ra-
gazze escono da qui in gra do già di
parlare a buon live llo due lingue. A
prescindere però da questo parti-
colare esempio anche chi non con-
tinua gli studi rimane con una pre-
parazione umanistica e scientifica
che gli tornerà comunque util e nel-
la vita».
E se il risultato è questo non pos-
siamo che a ug urare un a lunga att i-
vità a ll 'Istituto Spirito Santo, spe-
rando che arrivi a nche un a maggio -
re attenzione dagli orga ni pubblici.
Questa scuola è infatti un patrimo-
nio di tutti, un esempio che va in-
ce ntiv ato e riportato anche in a ltre
si tu azioni. Ma per far questo occor-
re anche che qualcuno stanzi dei fi-
nanziamenti adeguati.
Maurizio Nicita

3.4 Page 24

▲back to top
LUIGI ACCATTOLI
La speranza di non morire,
Edizioni Paoline, Milano 1988,
,PP- 184, L. 14.000
«... Sono un falso giornalista,
uno che sente la fine del mondo
e deve invece appassionarsi ai
minimi avvenimenti di ogni ora,
mostrando di crederli importan-
ti, specie se cadono quando il
gio~nale è in chiusura. Sono un
cultore di regole antiche , appro-
dato per sbaglio a questo me-
stiere moderno e senza regole .
Eppure qualcosa di questo me-
stiere mi appartiene . Il giornali-
sta è uno zingaro tra gente stan -
ziale . Un clericus vagans. Un
abusivo tra gli addetti ai lavori.
Uno stralunato cantastorie che
si corwince delle sue parole.
La speranza
di non morire
gono cuciti in un mosaico unita-
rio. È un libro che si legge come
un reportage arricchito da an-
notazioni e provocazioni a pen-
sare mentre tutto attorno a noi
sembra passare. Non c'è in
queste pagine «lo stratagemma
dell'attualità» perciò sono pagi-
ne da leggere nella routine quo-
tidiana, frammenti di vita e di
speranza dunque da mischiare
con le nostre quotidiane disillu-
sioni e apocalissi. Lavoro non
facile ed è forse per questo che
Accattali così chiude il suo bel
libro : «Signore , oggi ti prego
per Borges, cieco e veggente.
Egli ebbe occhi in questa nostra
notte. Parlando della morte
scrisse una volta.: " Siento un
poco de vertigo. No estoy aco-
stumbrado a la eternidad "
(Sento un poco di vertigine.
Non sono abituato all 'eternità) .
Dà a tutti la forza di cercare il
tuo volto fino all 'ultimo giorno.
Quella ricerca aiuta a vincere la
vertigine ...
Giuseppe Costa
poco alla volta così come di tan-
to in tanto piace prendere una
«mentina" o una caramella friz-
zante . Ne volete una prova? Ec-
co la prima ed ultima voce del
Dizionario .
«ABILITÀ. Il miglior falegname
non è quello che fa più trucioli
degli altri. Guiterman A. I È
grande abilità saper nascondere
la propria abilità. La Rochefou-
cauld, François".
«ZUCCA. Pianta il cui frutto
ha press'a poco il volume e il
contenuto della testa umana.
Bierce, Ambrose" .
È certamente una raccolta di-
vertente ma non vuota ed inutile
che può servire a chi per lavoro
e non , deve comunicare con ef-
ficacia e sapidezza ma anche a
chi legge gli avvenimenti della
vita con quel pizzico di distacco
e di umorismo che dà fiato .
COMUNITÀ
· TERAPEUTICHE,
CAROVANE
DELLA SPERANZA
ENZO BIANCO
Dizionario di pensieri cltablll,
ElleDiCi, Leumann (TO), 1988,
pp. 141, L. 12.000
Luigi Accanoli
Scrutatore di segni in mezzo a
un popolo insensibile ai simboli
e ai prodigi. ..» (pag. 151). Letto
quasi al termine del volume
questo brano sa veramente di
biglietto da visita. Luigi Accatta-
li, giornalista e per di più vatica-
nista per conto di un giornale
come il Corriere della sera, con
questo libro ci ha rive lato parte
di se stesso aprendo uno
squarcio di quel mondo interio-
re che ogni lettore vorrebbe
proprio conoscere . Chi non ha
qualche volta desiderato cono-
scere cosà c'è «dentro" un
giornalista che pone con tanta
faccia tosta al malcapitato inter-
vistato le domande più intime e
profonde? La speranza di non
morire attraversa non soltanto
le vicende private di Accattali
ma tantissimi avvenimenti della
nostra vita che in tal modo ven-
Cosi come si legge nel lungo
sottotitolo Enzo Bianco ha rac-
colto 5.000 frasi d'autore «dai
Sette Savi a Woody Allen a uso
di chi parla e scrive per far sorri-
dere e far pensare... In questa
paziente raccolta di frasi il non
dimenticato direttore del Bollet-
tino salesiano (Enzo Bianco ha
diretto il BS dal 1~75 al 1981) ha
saputo mettere anche tutta la
sua arguzia e il suo saper sorri-
dere. E un dizionario da leggere
I
I
ENZO BIANCO
IZIONARIO
DI
PENSIERI
CITABILI
Sipario aperto sulle comunità residenziali per tossi -
codipendenti in Italia e, sulla scena, tutta la vita di questi
gruppi e l'evoluzione del cammino proposto per il recu-
pero dei giovani. È un po' il biglietto da visita di «Comu-
nità terapeutiche e non" volume edito da Boria, risultato
di una ricerca durata due anni" e comm issionata dal Mi-
nistero della Sanità ad un gruppo di ricercatori di diver-
sa estrazione professionale ed impostazione culturale ,
collegati alla Facoltà di Medicina dell 'Università Cattoli-
ca e coordinati da Mario Cagossi. Una ricerca con il pre-
ciso obiettivo di mettere a fuoco gli attori che fanno la
comunità terapeutica. Di fronte a una espansione cre-
scente di queste realtà nate per il 900/o da iniziative pri-
vate , in dialogo tuttavia più maturo e cercato con le isti-
tuzioni , una conoscenza del chi è delle comunità tera-
peutiche è diventato importante. Finora le ricerche con-
c:totte con un certo spessore sulla materia avevano chia-
rito come, fino al 1981 , le comunità apparivano per lo .
più strutture in formazione . Nel 1982 il Gruppo Abele in-
ventariava 125 comunità raccogliendo 87 risposte da
cui emergeva la grande varietà di comunità terapeuti-
che e non terapeutiche . Il Censis awiava l'anno dopo
una nuova ricerca per conoscere la diffusione delle tos-
sicodipendenze e contava 109 comunità. La presente ri-
cerca che punta a conoscere la vita interna delle comu-
nità, la loro storia, la struttura, il metodo, il gioco dei fat-
tori umani, ha censito 141 comunità riscontrandone 124
come rispondenti ai criteri scelti e sottoponendo all 'in-
dagine (con schede e interviste) 31 comunità (10 nel
centrosud e 21 al nord) . Gli interessanti risultati dell 'in-
dagine si prestano a una carta di identità di tutto rispet-
to delle comunità che, se non appaiono come il tocca-

3.5 Page 25

▲back to top
- - - - - ----------,---s8-
1 FEBBRAIO 1989 23
SI PUÒ COSTRUIRE INSIEME?
INSIEME È POSSIBILE è il tentativo ard ito di tradurre le in-
tuizioni pedagogiche di un grande Educatore in un musical clas-
sic-rock.
li sistema di Don Bosco può essere espresso in forma di poema,
in forma di biografia, in forma di trattato. Quale la forma più effi-
cace? Maria Lacquaniti ha scelto la strada dell'arte e del poema.
Immergersi nel presente, rivivendo la storia passata; guardare
ai problemi giovanili più seri, cogliendo soluzioni in atteggia-
menri ed esperienze di un adulto; suonare, cantare e ballare per
dire il desiderio di vita che anima i giovan i, anche quando vengo-
no costretti da strutture e da condizionamenti pesanti.
L'omaggio a Don Bosco non poteva essere manifestato con
m~ggiore simpatia e aderenza al suo messaggio.
E il messaggio raccolto nella vogli a e gioia di vivere.
MARIO CAGOSSI
Comunità terapeutiche e non
Boria Ed ., 1988
p. 270 , L. 30.000
sana per .vineere la sfida della droga, sono tuttavia di-
ventate uno strumento articolato e via via più compe-
tente , inserito nel territorio, del quale è difficile fare a
meno. Il volontarjato in queste realtà si è affrancato dal
dilettantismo, coniugando la scelta di vita per un ideale
di servizio sociale con professionalità sempre più rigo-
rose . L'improvvisazione è sempre più rara. Le tossico-
dipendenze sono comprese nella loro complessità e
ogni gruppo si attrezza a dar.e una risposta complessa.
Ma nella grande varietà di metodo si tende generalmen-
te , come perno del cammino di recupero, a riaccendere
nel tossicodipendente l'attitudine a mettersi in relazio-
ne con il mondo. In filigrana appare una storia delle co-
munità non solo come produttrici di cultura solidaristi-
ca, ma come gente che ha pagato un costo per una le-
gittimazione ormai largamente consolidata. Addentrarsi
nella mappa delle comunità non significa, per la ricerca
di Boria, celebrarne ciecamente i fasti , ma aprire anche·
degli interrogativi sulla loro efficacia, sul loro rapporto
con. le altre strutture sociali e con gli ospiti tossicodi-
pendenti che le sfidano a non sostituire la dipendenza
dalla droga con la dipendenza dalla comunità. Le caro-
vane della speranza, come·si possono definire le comu-
nità residenziali , hanno un loro modo di vivere , di cre-
scere , di giudicare il proprio lavoro e la propria capaci-
tà di proposta. Alla fine di questo libro ·se ne sa di più e
se ne. apprezza la dimensione umana di ricerca difficile
in un campo, come quello del disagio sociale e dell'e-
marginazione, d<;>Ve nessuno possiede la chiave magica
risolutiva. Un indirizzario utile per tutti gli operatori gio-
vanili, I centri parrocchiali , le scuole, le famiglie .
Carlo Di Cieco
«Svegliare il sogno» è l'urgenza prima, per quanti vivono ac-
canto e insieme ai giovani.
·
Em9zione oppure razionali tà? Fuga dal reale o concretezza di
vita? E il dilemma di fronte a cui si vengono a trovare ad ogni
passaggio importante della propria esistenza.
I giovani si trovano dinnanzi alle impalcature che il mondo, gli
adulti, la società vanno costru endo nel convulso desiderio di
starsene in pace e senza problemi: tutto però è destinato a crol-
lare perché non costruito sul fonda mento solido.
Igiovani si trovano di fronte al mondo da esplorare, con la cu-
riosità di chi lo avvicina per la prima volta e con l'utopia di chi
vuol riuscire nella vita, realizzando per sé e per gli altri un'opera
buona.
Non mancano sul mercato per i giovani una quantità di propo-
ste educative e di allettamenti: di chi è oggi e di chi sarà domani
la gioventù?
Quali maestri incideranno maggiormente? Alla scuola di qua-
le illustre personaggio si porranno?
INSIEME È POSSIBILE è la storia della ragione, della reli-
gione, dell'amorevolezza, tre personaggi che esprimono l'oriz- .
zo nte in cui muoversi per educare. Colgo no le dimensioni che at-
traversano l'esperienza educativa. Indicano·le risorse intramon-
tabili per un'autoeducazione e per un'eteroeducazione.
AMOREVOLEZZA è avventurarsi nella strada dell'amore.
Per l'educatore signi ficherà l'accoglienza incond izionata del gio-
vane,con il quale condividere gioie e speranze, timori e sconfitte,
ricerche e realizzazioni.
·
·
All'educando richiederà affetto e co nfidenza. «Senza affetto ·
non c'è confidenza. Senza confidenza non c'è educazione».
Se l'educazione è un ratto di cuore, l'a morevolezza non può
occupare la posizione privilegiata. La vera rivoluzione educativa
è dare spazio all'amore pedagogico.
RAGIONE è rompe re le catene della prigione in cui si trova
legato il giovane: dalla paura, dalla meschinità, dal calcolo senza
prospettiva;dalla preoccupazione im,mediata che cerca il piacere
facile,dall'egoismo che w·tto uccide. Equi la vera forza della non
violenza.
Senza la ragione non è possibile la libertà: quella interiore e
quella esteriore. Persuadere «dentro» è indispensabi le per avere
una personalità ricca e aperta.
RELIGIONE è, nella sua più profonda sostanza, cambiare se
stessi prima di tentare di cambiare gli altri e il mondo. Religione è
vivere la certezza di una compagnia che supera l'aspettativa e il
sogno.
.•
Con le parole del musical, relìgione è «insieme è possibile».
li musical rapprese nta un·tassello prezioso della teoria _educa-
tiva del Santo. torinese.
Riprendere i motivi, non solo
quelli musical i ma conten utistici,
riproporli ai giovani d'oggi, è
rendere un servizio ai nostri gio-
vani i cui frutti si sporgono nel
futuro in vista di un a nuova ge-
nerazione.
Antonio Martinelli
MARIA LACQUANIT!
INSIEME È POSSIBILE
Edizioni Musicali e Audiovisive
-ROMA
Musicasse/la F-MEP I 190,
L 13.000
Fascicolo musicaleF-FM I 122,
L 10.000

3.6 Page 26

▲back to top
24 · 1 FEBBRAIO 7989
FILATÉLIA
ANcHEILFRANcoaoLLO
PUÒ EDUCARE ALLA PACE
E AL RISPETTO
DEI DIRITII UMANI
Lo ha dimostrato
una rassegna filatelica
allestita a Messina
dall'AFIDU Una
sezione della mostra
dedicata a Don Bosco
«comunicatore sociale».
Il francobollo e i diritti
umani. L'accostamento può appa-
rire improprio, bizzarro. Che rap-
porto può mai esserci fra quel ret-
tangolino di carta dentellato che
siamo soliti appiccicare sulle nostre
lettere, in alto a destra, e il comples-
so dei principi di fondamentale im-
portanza per una ordinata convi-
venza umana, sanciti dalla Dichia-
razione universale dei diritti umani,
di cui nello scorso dicembre si è ce-
lebrato il quarantesimo anniversa-
rio dell'approvazione all'ONU? La
risposta - convincente - l'hanno
avutà i visitatori della mostra filate-
lica allestita a fine anno a Messina
dall'AFIDU, l'Associazione filate-
lica italiana diritti umani sorta
nel 1980 per iniziativa del suo at-

3.7 Page 27

▲back to top
- - - - - - - - - - -~ -
1 FEBBRAIO 1989 25
tuale presidente Orlando Munafò.
Non è stata una delle consuete
mostre di francobolli che si tengo-
no ormai in molte città, in Italia e
all'estero, ma una rassegna mirata,
all'insegna - come suonava il tito-
lo generale della manifestazione -
dell'educazione alla pace e al ri-
spetto dei diritti umani. Una rasse-
gna che, proprio perché centrata
sull'educazione, ha dato spazio an-
che all'educatore per eccellenza,
Don Bosco, cogliendo l'occasione
del centenario dela morte.
Veicolo
di informazione
La risposta alla domanda circa il
nesso fra il rettangolino dentellato
e i diritti umani, più ancora che i di -
scorsi delle autorità e degli organiz-
zatori durante la cerimonia inaugu-
rale, l'hanno data proprio loro, i
francobolli, esposti a centinaia nelle
sale della mostra. E ne avevano pie-
na facoltà. Difatti il francobollo è
oggi qualcosa di più di un mezzo
che attesta il pagamento di un im-
porto cui corrisP.onde il servizio di
inoltro postale. È un autentico vei-
colo di informazione, uno strumen-
to di diffusione delle idee, dei prin-
cipi, della memoria storica. E sa il
cielo quanto ci sia bisogno oggi di
sensibilizzare l'opinione pubblica al
rispetto dei diritti umani.
Sono trascorsi quarant'anni dal-
l'approvazione di quella dichiara-
zione che proclama l'uguaglianza
degli uomini senza alcuna discrimi-
nazione fondata sulla razza o il co-
l~re della pelle. Eppure ---: lo sap-
piamo tutti - quanto razzismo an-
cora in giro per il mondo. E non
solo quello istituzionalizzato del
Sudafrica, ma anche quello, più
spicciolo ma non meno esacrabile,
che si coglie in Europa contro gli
immigrati di colore. Ed ecco allora
che quei rettangolini di carta ci
vengono tra le mani, per necessità
postali o passione filatelica , a ri-
cordarci, il più delle volte con effi-
cace sintesi - come fa un franco-
bollo delle poste vaticane - che
«ogni uomo è mio fratello». Oppu-
re - ed è il caso di un policromo
francobollo tunisino a rammentarci
il dovere di opporci ali'apartheid,
validamente espresso da una illu-
strazione che mostra il martello
dell'ONU mentre colpisce lo scal-
pello che incide sul razzismo suda-
fricano.
Sono trascorsi quarant'anni da
quella Dichiarazione universale
che sancisce il diritto di ogni indivi-
duo all'istruzione. Ed è noto che
oggi nel mondo ci sono non meno
di 800 milioni di analfabeti. Ed ec-
co ancora quei rettangolini di carta
che ricordano ai brasiliani la
«Campanha de educaçao de adul-
tos», o ai congolesi «La campagna
d'alfabetizzazione». Le immagini
che compaiono sui francobolli so-
no di tale immediatezza che anche
gli stessi destinatari delle iniziative
contro l'analfabetismo possono co-
glierne il messaggio. E ancora la
Dichiarazione universale che da
quarant'anni proclama il diritto di
ogni individuo ad avere una ali-
mentazione adeguata per sé e per
la propria famiglia. Ma all'assillan-
te problema della fame non è an-
cora stata data una soluzione sod-
disfacente. A esortarci a non di-
menticarlo sono anche i francobol-
li, come quello dell'Uruguay, che
mostra un coltello e una forchetta
ene_rgicamente branditi da due ma-
ni, quasi a sollecitare con forza in-
terventi risolutivi contro il flagello
della fame e della malnutrizione.
Oppure quello italiano che celebra
la Giornata mondiale dell'alimen-
tazione mettendo in campo un pa-
ne e un bicchiere· di vino accanto al
simbolo della FAO, l'organizzazio-
ne delle Nazioni Unite per l'agri-
coltura e l'alimentazione.
Invito ad agire
Si potrebbe continuare con
esempi relativi ad altre tematiche
attinenti ai diritti umani, tutte ade-
guatamente illustrate alla mostra di
Messina. Pensate: se ai tanti ragaz-
zi, ai tanti alunni delle scuole che si
dedicano già ora alla raccolta di
questo tipo di francobolli, se ne ag-
giungessero molti altri, quanta in-
formazione circolerebbe nel mon-
do. Non solo: nel fatto stesso di
operare una scelta collezionistica
specializzata in materia di diritti
umani, è possibile scorgere un
orientamento che, opportunamente
sollecitato, può diventare un impe-
gno a scendere concretamente in
campo a fianco di coloro i cui diritti
non vengono rispettati.
La filatelia è una passione che
coinvolge nel mondo milioni di per-
sone (oltre cento), affascinate dal-
l'espressione artistica che spesso si
coglie nei francobolli o spinte a una
utilizzazione culturale del tempo li-
bero. Indirizzandole verso il settore

3.8 Page 28

▲back to top
26 7 FEBBRAIO 1989
................ .......................
specifico dei diritti umani si fa an-
che opera di educazione. È questa
la linea lungo la quale si muovono
l'AFIDU e il suo presidente Muna-
fò, intenzionati ad allargare il rag-
gio d'azione con la imminente pub-
blicazione di 18 «quaderni» temati-
ci destinati a formare una collana fi-
latelica come sussidio al servizio
della scuola e delle istituzioni edu-
cative impegnate per la promozio-
ne dei diritti umani. Il valore delle
iniziative dell'AFIDU è stato colto
dalle maggiori organizzazioni delle
Sopra: serie di francobolli
dedicati ai diritti umani.
Di fianco: durante la
mostra è stato realizzato
un annullo speciale
dedicato a Don Bosco in
quattro diversi giorni.
Nazioni Unite, dall'UNICEF all'Al-
to Commissariato per i rifugiati, che
hanno partecipato con proprie se-
zioni alla mostra di Messina. A pro-
posito di quest'ultima, c'è forse da
esprimere il rammarico che essa sia
rimasta circoscritta al territorio
messinese. Perché non farne una
mostra itinerante facendole toccare
tutte le regioni italiane?
Abbiamo accennato alla funzio-
ne educativa della filatelia orienta-
ta verso i diritti umani. E che cosa è
se non educazione alla pace l'atten-
zione rivolta alla salvaguardia di di-
ritti il cui rispetto è strettamente
connesso alla realizzazione di una
più ordinata e perciò più pacifica
comunità internazionale? Educa-
•zione, dunque. E poteva mancare, in
questo contesto, l'omaggio a Don

3.9 Page 29

▲back to top
- - - - - - - - -~ - s/J-
1 FEBBRAIO 1989 · 27
Bosco? Difatti una intera sezione
della mostra è stata dedicata ai
francobolli, che, in occasione del
centenario, sono stati emessi da de-
cine di Stati, ultimo dei quali l'India,
Paese in larga parte di religione in-
, che ha voluto così esprimere la
propria ammirazione per il Santo
che ha parlato a tutti i giovani e da
tutti i giovani si è fatto capire, al di
dei confini e delle confessioni re-
ligiose. Accanto ai francobolli cele-
brativi (e le Poste italiane hanno
concesso uno speciale annullo po-
stale), la sezione dedicata a Don
Bosco e realizzata dalla Famiglia
salesiana di Sicilia, ha presentato i
diversi momenti dell'impegno edu-
cativo salesiano: storico (Don Bo-
sco ieri), attuale (Don Bosco oggi),
di iniziativa missionaria (Progetto
Africa), di servizio alla gioventù
(Anno di Grazia per i giovani) e
della comunicazione sociale.
Su quest'ultimo tema, sempre
nell'ambito della mostra, si è svolta
una tavola rotonda cui hanno par-
tecipato il dottor Orlando Munafò,
il dottor Biagio Belfiore, vice diret-
tore del quotidiano «Gazzetta del
Sud» e don Giuseppe Costa, diret-
tore del «Bollettino Salesiano».
Sono stati ampiamente trattati nu-
merosi temi : dalle tappe salienti
della vita e dell'esperienza di Don
Bosco alle caratteristiche essenzia-
li dell'attività svolta dalla Famiglia
salesiana, dalle responsabilità della
scuola e dei massmedia alle carene
ze di una informazione che - ha
sottolineato in particolare Munafò
- non riesce spesso a mettersi al
servizio dell'uomo. È stata anche
evidenziata la figura di Don Bosco
infaticabile .«comunicatore socia-
le», sia attraverso l'intuizione del-
l'oratorio sia con l'amplissima serie
di pubblicazioni tutte capaci di" par-
lare al popolo in funzione educati-
va, la stessa di cui oggi i salesiani
sono i continuatori, perché - ha
detto don Costa - «persa la batta-
glia dell'educazione è persa l'intera
guerra combattuta per rendere mi-
gliore l'uomo». A sua volta, Biagio
Belfiore ha auspicato che, sull'e-
sempio di Don Bosco, ricerca e in-
formazione sappiano assumere
consapevolmente il loro ruolo nel-
la società.
VITA ECCLESIALE
Foto Double 's - Milano
.,ORNANO
LE SETTIMANE
SOCIALI DEI
CATTOLICI ITALIANI
Intervista a mons.
Fernando Charrier,
presidente della
Commissione
episcopale per i
problenii sociali e il
lavoro.
I vescovi del nostro
paese hanno deliberato di ripristi-
nare le «Settimane sociali dei catto-
lici italiani». Un documento contie-
ne le indicazioni per lo svolgimento
delle «Settimane», che, iniziate nel
1907, vennero sospese nel 1970. Si
tratta di una nota pastorale, che il-
lustra il senso e le finalità dell 'ini-
ziativa nell'attuale contesto eccle-
si ale e civile. I vescovi intendono

3.10 Page 30

▲back to top
28 · I FEBBRAIO 1989
recuperare, innovandolo in profon-
dità, un prestigioso strumento di
promozione della presenza dei cat-
tolici nella società italiana.
Le «Settimane» non saranno
dunque una semplice ripetizione
dell'esperienza del passato, ma un'i-
niziativa nuova, in sintonia con il
quadro ecclesiale maturato a segui-
to del Concilio, e culturalmente in
grado di affrontare - e, se possibi-
le, anticipare - gli interrogativi e le
sfide dell'attuale società.
Su obiettivi e prospettive delle
«Settimane» - che, molto proba-
bilmente, riprenderanno nel 1991,
centesimo anniversario dell'e ncicli-
ca «Rerum Novarum» di Leone
XIII - abbiamo intervistato il pre-
sidente della Commissione episco-
pale per i problemi sociali e il lavo-
ro, monsignor Fernando Charrier
vescovo ausiliare di Siena.
Anzitutto, uno sguardo al pas-
sato. Perché l'interruzione delle
Settimane nel 1970?
Non è facile dire per quale ra-
gione le Settimane sociali si sono
interrotte. È una domanda che lo
stesso presidente del Comitato
permanente della passata edizione,
il cardinale Giuseppe Siri, si pone-
va. Una qualche supposizione si
può fare, anche se è necessario uno
studio più articolato, sino ad oggi
mai compiuto, per raggiungere una
qualche ragione che sia fondata
sulla realtà più che su d~lle intui-
zioni.
È certo che il non sufficiente col-
legamento con l'associazionismo
cattolico sia nell'individuare i terni
che nel preparare un dibattito capa-
ce di coinvolgere il più largo nume-
ro di persone, e non solo di esperti,
possono essere una concausa. Si
disse che questo mancato coinvol-
gimento finiva anche per ripercuo-
tersi sulla ripresa delle tematiche
svolte nelle Settimane sociali da
parte delle associazioni e delle
Chiese locali, dal momento c he
gran parte del mondo cattolico ri -
maneva ad esse sostanzialmente
estraneo e le avvertiva dunque co-
me astratte e lontane.
Altra ragione può essere intravi-
sta nel non sufficiente collegamen-
to con la Conferenza Episcopale
Italiana che all'inizio degli anni '70,
già sufficientemente strutturata, si
TRASFORMARE LA SOCIETÀ
«La so ll eci tudine per il sociale, in consonanza co n l'insegnamento del Santo Padre, co -
in volge i vescovi e tutti i cattolici italiani sugrandi e profondi problemi dell'attuale socie-
tà: dare senso all'impegno di tutti per la trasformazione della società; dare attenzione alla
gente che res ta fuori o ai margini dei processi e dei meccanismi eco nomi ci vincenti ; dare
spazio alla solidarietà sociale in tutte le sue forme; dare spazio al ritorn o di un'etica solle-
cita'ta del bene comune dopo tanti anni di sogge ttivismo, spesso amorale; dare significato
allo sviluppo del Paese, inteso non come pura crescita qu an titativa e modernizzazione di
superficie, ma come globale miglioramento della qualità della vita, dell a convivenza col-
lettiva, della partecipazione democratica,dell'autentica libertà».
{dalla Nota pastorale dei 1·escovi italiani)
dotava di programmi pluriennali. E
questo nonostante il presidente del
Comitato permanente delle Setti-
mane fosse un vescovo italiano del-
l'autorità del cardinale Siri.
si può dimenticare che gli anni
della «scomparsa delle Settimane
sociali» corrispondono alla ventata
di «de.istituzionalizzazione» da cui
non fu esente il mondo cattolico e
la stessa Chiesa. Per di più ini z iava
un dibattito sulla possibilità di esi-
stenza della stessa «dottrina sociale
cristiana», rinvigorito da dubbi che
provenivano, a volte, anche da noti
pensatori cattolici. Venivano meno,
inoltre, i «momenti unitari» di con-
fronto, di dibattito, di ricerca e di
dialogo ; come entravano in crisi le
aggregazioni cattoliche e non.
E impensabile che tutte queste si-
tuazioni non influissero su un mo-
mento aggregativo di studio e di ri-
cerca quali erano le Settimane so -
ciali.
Con l'obiettività che consente
una valutazione retrospettiva, è
possibile oggi dare un giudizio
sugli aspetti positivi - e sui limiti
al tempo stesso - di quell'espe-
rie,iza?
E difficile esprimere un giudizio
complessivo sui meriti e sui limiti
poiché le Settimane sociali, vivendo
nel contesto della società civile ita-
liana , ne hanno seguito le varie fasi .
Più concretamente si potrebbero
considerare i due periodi di svolgi-
mento delle Settimane stesse: pri-
ma e dopo la seconda guerra mon-
diale.
Le diciotto Settimane sociali del-
l'anteguerra hanno avuto come lo-
ro merito di riunire i cristiani attor-
no ad alcuni temi fondament a li per
il convivere civile; e nel tempo stes-
so di sostenere con studi e appro-
fondimenti chi già operava nel so-
ciale e nel politico. Si pensi a ll 'in-
fluenza che potevano avere in que-
gli anni temi come «Le libertà civili
dei cattolici» nel 1913, o «Lo Stato
secondo la concezione cristiana»
nel 1922 (si era agli albori, in questo
caso, del fascismo).
Le Settimane sociali del «dopo-
guerra» si sono caratterizzate per
una certa puntualità sui temi alla
ribalta in quegli anni. Si pensi a te -
mi come «Costituzione e Costi-
tuente» nel 1945, o «La comunità
internaz ionale» nel 1948, od anco-
ra «Vita economica e ordine mora -
le» nel 1956, o infine «Diritti del-
l'uomo e educazione al bene comu-
ne» nel 1968. E l'elenco potrebbe
continuare.
Si può da ciò comprendere il
grande merito di questa assise del
cattolicesimo italiano; esse hanno
offerto i presupposti perché i cri-
stiani potessero esprimere con
competenza e libertà la loro visione
a riguardo dell'uomo, della società
e della storia incarnandola in con-
creti comportamenti e in leggi
orientative.
l limiti? Qualcuno li elenca in
questo modo: «carenza di prospet-
tiva storica, inadeguatezza della
fondazione teologica, insufficiente
attenzione ai mutamenti culturali in
atto, mancato rapporto con l'Epi-
scopato e con le Chiese locali». lo
tuttavia preferisco non oscurare
minimamente la positività di questa
iniziativa con le inevitabili ombre
dovute alla limitatezza umana.

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
- - - - - - - -- - -~ -
1 FEBBRAIO 1989 29
Dal passato al futuro. Quali so-
no stati i motivi - ecclesiali e so-
ciali - che hanno spinto i vesco-
. vi, dopo lunga riflessione, a deci-
dere di riprendere le Settimane?
So no es pressi assai bene nel do-
cum ento co nclusivo ciel Co nvegno
eccles iale cli Loreto (aprile 1985): «I
catto lici ciel nostro Paese vanno
aiutat i a ca pire se mpre meglio il lo-
ro ruolo, anch e nell 'assun zione del-
le res ponsabilità pubbliche. Per
qu esto riteni amo cli riprendere al
più presto, sia pure in termini nuo vi,
l'espe rienza dell e Settimane sociali
che, arricchita dall e rifl essioni ma-
turatesi con il Concilio, con il Magi-
ste ro pontificio e co n le indicazio ni
dell 'Episcopato, potranno esse re di
gra nde aiuto al maturarsi di co-
scienze tese al servizio della nostra
patria con spiccata sensibilità cri -
st ia na ».
A commento il Santo Padre
Giovanni Paolo li ebbe a dire : «La
ripresa delle Settimane sociali rap-
presenta una grande opportunità
di mettere in rapporto l'insegna-
mento sociale della Chiesa - che
fa parte della sua missione eva nge-
1izza trice - co n i problem i molte-
plici che fermentano nella vita del -
la Na zione italiana, ri cca di din ami -
smo ma anche posta a co nfronto
co n i risvolti negativi di uno sv ilup-
po non se mpre equilibrato e atten-
to alle dime nsio ni integra li della
person a».
Ecco perché si afferma nella No-
ta di indi zion e che le Settimane so-
ciali debbono co nse ntire, solleci ta-
re e garantire sia un ap profondi -
mento dei prob lem i ad alto profilo
culturale e dottrin ale, sia un cospi-
cua accu mul azione di idee, capaci
di stimolare una riflessione etico-
culturale e 01:ientare la prassi per
dare un valido supporto alla pre-
se nza dei ca ttoli ci nella società ita-
lian a. Come si può ben co mprende-
re i motivi ecclesiali e sociali si in-
trecciano tanto da non poterne par-
lare separata mente.
Che cosa significa che i vescovi
si assumono la responsabilità
«piena» della conduzione delle
Settimane? Ciò non si traduce di
fatto in un ruolo secondario dei
laici?
La ri sposta la si può ottenere leg-
ge ndo ancora la Nota cli indi zione
ESCLUSI E «MARGINALI»
«Constatiamo ogni giorno quanto siano duri e difficili i problemi sociali posti dal gran-
de numero di «esclusi» e di marginali (gli anziani. i portato ri di handicap, i lavo ratori stra-
nieri, ecc.); dalla non soluzione degli squilibri struttu ra li del sistema economico (la qu e-
stione merid ionale, la disoccupazione giovani le, lo squ ilibrio città/campagna, ecc.); dal
crescere delle povertà non di tipo economico (la so litudine, la povertà di relazioni inter-
personali, lo scarso spirito co munitario, la bassa qualità della co nvivenza col lettiva, ecc.).
Sono probl emi evidenti, la cu i intensità si consu ma spesso nel silenzio delle quotidiane
apprensioni, che non esplodono in form a violenta ; ma che noi vescovi co nosciamo bene,
così da non po ter eludere la necessità di dare ad essi attenzione sociale e pastorale».
(da llo Nota pastorale dei 11cscovi ituliani)
delle Settimane socia li. Essa affer-
ma : «Le Settimane sociali rappre-
se ntano uno spaz io privilegiato per
i cristiani laici, ai qu ali co mpete pri-
mari amente l'impegno nelle realtà
terrene. In quanto sono espressione
dell a Chiesa ita liana nel suo specifi-
co se rvizio alla persona umana e al
Paese, verso di esse si esercitano le
responsabilità proprie dei Pastori.
Nella conduzione delle Settim ane
dovranno pertanto integrarsi, in co-
stante rapporto alla vita della co-
munità ecclesiale e alle esigenze del
Paese, le-funzioni dei Pastori e dei
fedeli».
Poiché la competenza è necessa-
ria perché le Settimane abbiano
autorità , appare chiaro che i laici -
il cui co mpito è «illuminare e ordi-
nare tutte le realtà temporali, all e
quali ess i so no strettamente lega ti,
in modo che siano fatte seco ndo
Cristo» - hann o un loro ampio
spazio di azio ne. E per significare
co n chiarezza il ruolo che qu esti
debbo no assum ere, nel Co mit ato
o rgan izzato re essi sono in num ero
larga mente maggioritario. E «la
conduzione e lo svolgimento di cia-
scuna Settimana - sono ancora
parole della Nota - avverranno
nell 'esercizio di un'autonoma re-
sponsabilità del Comitato scientifi-
co e organizzatore».
Semmai «responsabilità piena»
in riferimento ai vescovi è da inten-
dersi che i vescovi italiani, e cioè la
CEI, si assornono la responsabilità
dell 'ini ziativa a fronte di una re -
sponsabilità che era precedente-
mente della Santa Sede che nomi-
nava presidente e segretario e, nor-
malmen te , inviava una lettera di
orientamento per i lavori della Set-
timana.
Sono stati già fissati tempi e
metodo di lavoro delle nuove Set-
timane?
No n è facile stabilire in questo
momento tempi per la ripresa; il
Comitato prospetterà al Consiglio
Permanente dell a CEI terni e tempi.
Si può pensare che al massimo la
prima Settimana sociale di questo
nuovo periodo si terrà tra il 1990 e
il 199 1; e con tutta probabilità si
manterrà la num era zione, riparten-
LA SFIDA DEL FUTURO
«Avvertiamo oggi nella società italiana una sorta di incertezza per il prossimo futu ro:
se mbra ve nire meno la fiducia in un a ulteriore fase di sviluppo, mentre crescono i dubbi
sul senso, sul significato, sulla direzione di marcia dell'evolu zione econom ica e sociale
spontaneamente in atto. La sfida del futuro, che assume sempre più dimensioni planeta-
rie, non sembra stimolare più forti impegn i individuali e co llettivi, ma piuttosto fa emer-
gere una sorta di peri co loso adagiarsi sull'esistente. Ma un tal e adagiarsi, se può esse re
funzionale a chi oggi ha ricchezza e potere, non serve a fronteggiare i problemi di coloro
che sono fuori o ai margini dell'attual e processo di sv iluppo».
(da lla Nuto pastorale dei 1·escovi ila/ioni)

4.2 Page 32

▲back to top
30 · I FEBBRAIO 1989
I
Monsignor
Ferdinando Charrier.
do perciò con la 41 ma Settimana
sociale.
Poiché si lavorerà con tempi
più lunghi che nel passato - le
Settimane, infatti, avranno normal-
mente scadenza triennale e non
più annuale -, il metodo di lavoro
potrà essere il seguente: dopo la
scelta del tema, che avverrà con
CONSAPEVOLI DEI PROBLEMI
«Siamo consapevoli che, via via che i problemi del Paese si fan no più complessi, la
Chiesa italian~ deve sviluppare ed arricchire i suoi strumenti di conoscenza, di riflessione,
di elaborazione culturale, per ap profondire la co nsa pevolezza delle questioni sul tappeto
e per dare più forte co ntributo all a cultura socia le del Paese. In questa prospettiva abbi a-
mo ritenuto necessario riprendere e rilanciare l'esperienza delle Settimane sociali, che
aveva notevolmen te co ntri buito al formarsi di una moderna coscienza civile dei cattolici
italiani, specialmente sui problemi impetuosamente portati alla ribalta dalle gravi tensio-
ni ideologiche e moral i, sociali e politiche dell'immediato dopoguerra».
(da lla No ta pastorale dei vescovi italiani)
opportune consultazioni, si dedi-
cherà un primo anno alla riflessio-
ne «a livello di base»; si richiederà
alle Chiese locali, alle aggregazioni
di laici, agli Istituti di cultura e ai
Centri studi apporti di idee attra-
verso seminari di studio o altre ihi-
ziative.
Nel secondo anno si potranno
raccogliere questi apporti e orga-
nizzare il momento comunitario
della Settimana. Nel terzo anno, af-
finché lo studio non rimanga patri-
monio solo di esperti o si risolva
nella stesura di «atti» che vengono
seppelliti in biblioteca, si penserà
ad una divulgazione nuovamente
«all a base».
Non si pe'nsa ad un documento fi-
nale che sia magisteriale; la sua
autorità sarà fondata sulla sua
scientificità, e solo se si riterrà op-
portuno potrà divenire un docu-
mento dei vescovi.
Le «nuove povertà» rientreran-
no sicuramente fra le tematiche
delle Settimane?
Le aree tematiche non sono an -
cora state scelte. Si può solo affer-
mare che per «sociale» non si inten-
derà solo !'«economico» o il «politi-
co». A modo di esempio si potrebbe
pensare a grandi filoni di riflessione
sul senso dello sviluppo, sul neces-
sario ritorno all'etica, sull'impor-
tanza del rapporto con gli altri e sul
rapporto tra Stato e popolo, Ma
tutto è ancora prematuro. Penso
tuttavia che, vol endo essere fedeli
alle problem atiche di oggi, il tema
delle «nuove povertà» non potrà
essere messo da parte.
Da ultimo: quale apporto si at-
tende la Chiesa italiana dalla fa-
miglia salesiana?
I Salesiani, camm inando sulle or-
me del loro Padre don Bosco, non
possono sentirsi estranei a questo
cammino senza perdere parte del
loro «carisma». Non credo, tuttavia,
sia compito mio determin a re il loro
cammino. Certo le loro Istituzioni
cu lturali - penso a lla Pontificia
Università Salesiana - verranno
coinvolte; ma, credo, sarà nella loro
azione quotidiana il loro apporto
maggiore: nei loro oratori, nelle lo-
ro scuole, nelle loro attività di pa-
storale diretta, ecc.
Silvano Stracca

4.3 Page 33

▲back to top
- - - - - - -- - - -·#1-
EVANGELIZZAZIONE E SVILU
I . e LTERZO MO
. .J -
PER LA STA
........-.-...-\\ li~~Ì,.l,l:u, ,.
1 FEBBRAIO 1989 31
'
Essa informa sulla
realtà dei Paesi poveri,
mentre i grandi
giornali o la TV
si limitano a riportare
gli avvenimenti
più clamorosi.
Giornali, radio, televi-
sione, cinema, libri, dischi, videocas-
sette: gli strumenti della comunica-
zione di massa occupano spazi
sempre più ampi della nostra vita.
Trascorriamo molte (e spesso trop-
pe) ore davanti al televisore, la ra-
dio accompagna i nostri viaggi, i
giornali le inventano tutte - dai
supplementi illustrati ai giochetti
milionari - per farsi acquistare. E
un po' in crisi il cinema, ma a occu-
pare l'area lasciata scoperta da un ·
pubblico che diserta sempre più
massicciamente le sale cinemato-
grafiche, ci pensano le ormai diffu-
sissime videocassette, quelle legali,
ma soprattutto quelle «pirata».che,
proprio avvalendosi della copertu-
ra della clandestinità, contrabbah-
dano la produzione più ignobile e
vergognosa.
L'onda di piena dei messaggi,
delle informazioni, delle immagini
ci investe da ogni lato. Una sola ci-
fra: le quattro agenzie di stampa in-
ternazionale trasmettono 30 milio-
ni di parole ogni giorno. (Per inciso,
ci siamo mai chiesti qual è la quali-
di tutta questa informazione?).
Tezevisori nel mondo
Viviamo dunque nella società
della comunicazione: ce lo sentia-
mo dire e lo diciàmo noi stessi di
continuo. Gli esperti sono concordi
nel sostenere che siamo appena
agli inizi. In futuro, i ritrovati della
tecnologia ci riverseranno addosso
una quantità ancora maggiore di in-
formazioni. La diffusione dei pro-
grammi televisivi via satellite can-
cellerà i confini fra gli Stati, e tutti
potranno vedere i programmi di
tutti, belli o brutti che siano, intelli-
genti o stupidi, educativi o, al con-
trario, diseducativi. E tuttavia, al-
meno al momento attuale, dire «so-
cietà della comunicazione» non si-
gnifica rispecchiare la realtà. Se l'e-
spressione è vera per una fetta di
mondo - quello cosiddetto svilup-
pato - per una ancora più gross a
fetta essa è in gran parte falsa.

4.4 Page 34

▲back to top
32 1 FEBBRAIO 1989
Prendiamo la televisione e sof-
fermiamoci su alcuni dati. Nell 'Eu-
ropa occidentale, i cittadini dispon-
gono (le cifre si riferiscono al 1986)
di 160 milioni di apparecchi televi-
sivi. In tutta l'Africa - escluso il
Sudafrica - i televisori sono 8 mi-
lioni. In Asia - esclusi la Cina (30
milioni), l'India (2 milioni) e il Giap-
pone (70 milioni) - gli apparecchi
TV sono 31 milioni. In America La-
tina, 55 milioni. Negli Stati Uniti,
170 milioni. Se abbiamo presente il
numero degli abitanti dei Paesi e
dei Continenti citati, è facile arriva-
re alla conclusio.ne che un enorme
numero di persone vive al di fuori o
ai margini della «società della co-
municazione».
Ma c'è dell'altro. Quello stesso
numero di persone, con le loro vi-
cende, i loro problemi, le loro storie
umane, rimane escluso anche dalla
informazione che li riguarda e ri-
volta a coloro dei quali si può dire
che vivono all'interno della «socie-
della comunicazione». Nel senso
che giornali, TV, radio nei Paesi svi -
luppati scrivono o parlano di ciò
che accade nel Terzo Mondo pres-
soché esclusivamente in coinciden-
za di avvenimenti clamorosamente
disastrosi: guerre, massacri, alluvio-
ni, fame , colpi di Stato. Anzi , si sta
notando un crescente disinteresse
anche per questo tipo di notizie. Le
spaventose alluvioni che periodica-
mente devastano il Bangladesh, in
passato erano considerate motivo
sufficiente per spedire sul posto un
inviato speciale. Oggi si valuta più
che sufficiente la pubblicazione di
una foto, corredata da i.ma breve di -
dascalia. Pare di sentire il commen-
to redazionale: «Il solito tifone in
Bangladesh, basta una fotografia».
Se in India, i sikh massacrano l'in -
tera popolazione di un villaggio,
una «breve» cronaca comunica di-
strattamente la notizia a distratti
lettori. E se in Perù, i guerriglieri di
«Sendero luminoso» compiono sei
attentati contemporaneamente in
altrettanti quartieri della capitale,
per venirne a conoscenza non si
debbono guardare i Telegiornali
più importanti, quelli delle 20 o del-
le 13,30, bensì i TG delle ore picco-
le, sempre che non ci sia venuto
sonno prima.
In ogni caso, queste, o notizie del
genere, sono le uniche a trovare un
po' di spazio nei mass media dei
Paesi sviluppati. Le realtà del Terzo
Mondo, nel bene e nel male, riman-
gono fuori, nascoste o trascurate
«perché non interessano a nessu-
no», si dice. E se certi argomenti
non sono ignorati lo si deve solo al
fatto che vedono il coinvolgimento
di Paesi industrializzati. Come ac-
cade, per esempio, in occasione di
riunioni di organismi internazionali,

4.5 Page 35

▲back to top
- , - - - - - - - - - - - - - - - - -- -sB-
1 FEBBRAIO 1989 33
come il Fondo monetario, oppure
l'UNCTAD, l'organizzazione che si
occupa del commercio internazio-
nale. Ma anche in queste saltuarie
circostanze, lo spazio maggiore è
riservato ai discorsi dei delegati dei
Paesi ricchi. Anni fa, qualcuno si di-
vertì a fare un po' di conti durante
una riunione dell'UNCTAD. Tirate
le somme, risultò che l'agenzia di
informazioni francese, la France
Presse, aveva diffuso il notiziario ri-
servando ai Paesi ricchi l'8~ per
cento dello spazio, e solo il restante
12 per cento ai Paesi in via di svi-
luppo.
Àspetti turistici
Le cose non tendono a migliora-
re. Oggi, sui mass media italiani si
nota una crescente propensione -
fatti salvi i momenti più acuti di
conflitti o carestie - a guardare al-
l'Africa o all'Asia per coglierne gli
aspetti turistici o folklori-stici. La
FAO, l'organizzazione delle Nazio-
ni Unite per l'agricoltura e l'alimen-
tazione, può inviare ai giornali tutti
i comunicati che vuole sui bisogni
del Terzo Mondo, sui suoi proble-
mi, sulle iniziative dirette a favorire
il suo sviluppo, ma trova un sempre
più ristretto numero di giornali di-
sposti ad accoglierli. E il pubblico
rimane all'oscuro. Non è, si badi be-
ne, solo questione di essere infor-
mati sulle realtà del Terzo Mondo,
ma anche - ed è l'aspetto più gra-
ve - del venir meno di quella cir-
colazione di conoscenze, di valori,
di idee che potrebbe arricchire tutti
e favorire l'estendersi della solida-
rietà, dello scambio reciproco, del-
l'ascolto, cioè di condizioni che pos-
sono concorrere a promuovere la
pace fra gli uomini.
Se la scarsa attenzione che i mass
media occidentali dedicano al Ter-
zo Mondo è un dato preoccupante,
non lo è meno la situazione dei
mass media all'interno dello stesso
Terzo Mondo. Sono pochi, non
hanno mezzi, spesso non sono libe-
ri, hanno scarsa presa sull'opinione
pubblica, dipendono in larga misura
dalle fonti di informazione del
mondo ricco. Che siano pochi lo ab-
biamo visto dai dati relativi agli ap- .
parecchi televisivi. Ma sono pochi
anche i giornali , il più delle volte -
specie nei Paesi africani - non più
di uno. Pochi i libri pubblicati, pochi
i film prodotti. A parte la scarsa ca-
pacità di acquisto dei popoli poveri,
per cui anche il giornale diventa un
lusso, e a parte il diffuso analfabeti-
smo, lanciare sul mercato e poi te-
nere in vita un quotidiano o un set-
timanale richiede forti investimenti.
In molti Paesi del Terzo Mondo, so-
lo lo Stato può affrontare l'onere.
Ma diventa allora inevitabile che lo
Stato esiga, come contropartita, os-
sequio e sostegno dall'organo di
stampa finanziariamente da esso
dipendente. La stessa natura di
molti regimi al potere nel Terzo
Mondo - partito unico, sistema
dittatoriale - impone a giornali,
TV e radio di asso.lvere in primo
luogo al ruolo di altoparlante del
governo. Ne consegue la scarsa
presa che i mass media hanno sul-
l'opinione pubblica, sempre diffi-
dente verso organi che escludono
la critica per rifugiarsi nel più piatto
conformismo.
Le grandi agenzie
La scarsità di mezzi impone poi
una seconda dipendenza: quella
dalle grandi fonti di informazione
dominate dal mondo industrializza-
to. In Africa, per esempio, sono stati
fatti tentativi di dar vita ad agenzie
di informazione autonome, ma nes-
suno di essi è riuscito a imporsi a li -
vello internazionale. A tenere ban-
co sono sempre le solite Associated
Press, l'United Press lnternational
(americane), la britannica Reuter, la
francese Agence France Presse. Il
90 per c.ento di tutte le notizie rac-
colte e distribuite che circolano fra i
diversi Paesi passa per i canali di
questi quattro colossi. Essi raccol-
gono, selezionano le informazioni e
spesso le manipolano in relazione
ai propri interessi o, nella migliore
delle ipotesi, in un'ottica che quel-
la del mondo sviluppato.
Bisogna tuttavia aggiungere, ad
onor del vero, che molti Paesi del
Terzo Mondo sono estremamente
diffidenti verso la stampa e la tele-
visione. Diffidenza che in parte na-
sce da esperienze sgradevoli di un
giornalismo che pur di fare sensa-
zione è capace di falsare la verità,
ma che nasce talvolta dall'interesse
a nascondere verità che scottano e
che si preferisce non divulgare.
Profond( mutamenti
Il panorama dell'informazione
non è dunque, nel suo complesso,
soddisfacente. Anzi, meglio sarebbe
dire che è desolante, specie se si tie-
ne nel conto che merita l'influenza
esercitata dai mass media sulle
masse. Non a caso, in sede UNE-
SCO si parla da anni di instaurare
un nuovo ordine intern·azionale del -

4.6 Page 36

▲back to top
34 · I FEBBRAIO 1989
l'informazione. Resta il fatto che,
oggi, l'informazione sul Terzo
Mondo, soprattutto, ma non solo, in
Italia, è affidata alla stampa missio-
naria. In questo settore ci sono stati
profondi mutamenti negli ultimi an-
ni. In passato, la stampa missionaria
si rivolgeva ai propri lettori con
l'intento quasi esclusivo di sensibi-
lizzarli ai grandi problemi dell'e-
vangelizzazione, di sollecitarli a so-
stenere l'opera dei missionari. Oggi,
essa, pur senza trascurare questo
aspetto e anzi allargandone il respi-
ro, copre i vuoti della grande stam- ·
pa sui temi sociali e dello sviluppo
propri del Terzo Mondo, informan-
do sulla realtà dei vari Paesi poveri,
sui prpblemi che li angustiano, sulle
speranze che li sostengono. Se si
vuole sapere qual è veramente la si -
tuazione in Africa, Asia, America
Latina al di là di fatti clamorosi o
disastrosi, bisogna passare attra-
verso la lettura delle riviste missio-
narie. Esse possono fornire infor-
mazioni di prima mano utilizzando
la testimonianza dei missionari, che,
per il fatto stesso di vivere la vita
della gente dei Paesi in cui si trova-
no ad operare, sono in grado di co-
noscere a fondo i problemi, molto
più di quanto possano fare frettolo-
si, e spesso impreparati, inviati spe-
ciali di quotidiani o di settimanali. I
missionari sono attenti alle situa-
zioni umane, quelle da cui, in ultima
IvLi~:NTòu"g'i
REGN !
~~~
analisi, traggono origine molti dei
fatti che, con il loro clamore, fini-
scono per raccogliere l'attenzione
dei mass media. Un colpo di Stato,
una guerriglia, una carestia : no, non generosamente spesa per gli altri. A
nascono dal nulla, come il più delle tutto ciò si aggiunge oggi più che in
volte appare leggendo i giornal i. passato la funzione di informare sul-
Questi avvenimenti sono solo l'atto la cultura, i costumi, le tradizioni dei
finale. Ci sono cause remote o vici- popoli, sul\\e giovani Chiese in via di
ne a cui si deve risalire e solo una form azione. Anche questo è un ser-
conoscenza approfondita della si - vizio reso alla missione, all'opera di
tuazione locale formatasi con una evangelizzazione.
prolungata permanenza può con- Oggi in Italia sono raggruppate
sentire di delinearne il quadro in nella Federazione Stampa Missio-
maniera esauriente.
naria Italiana 40 tra riviste e agen-
Il ruolo supplente che la stampa zie di stampa, che distribuiscono un
missionari a si è trovata a svolgere milione e mezzo di copie mensili.
non annulla le finalit à che le sono Alcune sono larga mente note, altre
proprie: ricordare ai lettori che essi lo sono meno. Tutte, però, consen-
partecipano della Chiesa universale, tono di dire che, nel suo complesso,
dare loro l'opportunità di venire in- la stampa missionaria è forse l'uni -
contro ai bisogni spirituali e mate- ca, in campo cattolico, ad assolvere
riali dei più poveri, stimolare le vo- piename~te alle funzioni che si è as-
cazioni proponendo esempi di vita segnata. E ben vero che i 900 docu-
menti ecclesiali sui mass media resi
pubblici da quando è stata inventa-
ta la stampa hanno offerto ai catto-
lici il massimo della conoscenza in
questo settore. E tuttavia, ancora
oggi, almeno in Italia, non si è anco-
ra pienamente realizzato un contat-
to fra l'elaborazione «teorica» e la
realtà, cosicché carenze, ritardi, as-
senze si possono cogliere ad occhio
nudo. A risentirne è la formazione
dell'opinione pubblica ai veri valori.
La stampa missionaria ha invece
conseguito risultati importanti. E
non solo in Italia. Sostenerla, se-
guirla; diffonderla è un servizio re-
so non solo alla missione e alla
Chiesa, ma anche alla fraternità fra
i popoli.
Gaetano Nanetti

4.7 Page 37

▲back to top
s/J _ _ _E_VANGELIZZAZIONE E SVILUPPO_ _ __ __ __ _ _
Conferenza
nazionale
dell'emigrazione
1 FEBBRAIO 1989• 35
Sull'esempio del
suo Fondatore
la Famiglia Salesiana
guarda con attenzione
e sensibilità
al problema
dell'emigrazione.
La cronaca della
Con/erenza nazionale.
Alcune interviste ai
partecipanti.
«Mamma, mamma dam-
mi cento lire che in America voglio
andar...». Le parole di una vecchia
canzone popolare evocano la lunga
e spesso dolorosa epopea dell'emi-
grazione italiana nel mondo. Le fo-
tografie in bianco e nero di uomini,
donne e bambini stipati nelle navi
in partenza dai moli della penisola
sono ricordi ormai un po' sbiaditi
della storia del nostro primo Nove-
cento.
Oggi che il «made in Italy» si è
guadagnato un indiscusso prestigio
internazionale l'immagine dell'emi-
grante con la valigia di cartone le-
gata con lo spago è sparita per la-
sciare il posto a quegli «Italiani che
vivono il mondo» a cui è stata dedi-
cata la seconda «Conferenza nazio-
nale dell'emigrazione» organizzata
dal Ministero degli Esteri e dal
Consiglio Nazionale dell'Economia
e del Lavoro che si è svolta a Roma
dal 28 novembre al 3 dicembre
scorsi.
Molti i problemi sul tavolo di
questo attesissimo appuntamento
che a tredici anni dalla prima Con-
ferenza (aperta da Aldo Moro nel
1975), riprende il filo del discorso
sui problemi e le attese di quell'«al-
tra Italia» (troppo spesso dimenti-
cata) che vive fuori d'Italia. A par-
larne di fronte alle più alte cariche
dello Stato (dal presidente Cossiga
ai rappresentanti dei partiti e delle
forze sindacali) sono venuti ben
mille e quattrocento delegati delle
comunità italiane all'estero. Figli o
nipoti della prima generazione di
emigrati, sono professionisti valida-
mente inseriti nella vita del Paese
che li ospita ma ugualmente deter-
minati a mantenere viva la propria
identità culturale attraverso l'acqui-
sizione di diritti civili e strumenti
che permettano di rafforzare i lega-
mi con la madrepatria, come speci-
ficato nel documento emesso a con-
clusione della settimana di lavori.

4.8 Page 38

▲back to top
36 · I FEBBRAIO 1989
L 'Italia parallela
Ma quanti sono in realtà gli «ita-
liani che vivono il mondo»? Nessu-
no sa dirlo con precisione, ma sem-
bra che a dover contare la numero-
sa discendenza dei primi pionieri
parthi a cercar fortuna nelle lonta-
ne terre d'Argentina, d'Australia,
degli Stati Uniti, o in quelle più vici-
ne di Francia, Belgio·, Germania, si
possa arrivare alla cifra approssi-
mativa di sessanta milioni di perso-
ne circa. In altre parole, una specie
d'« Italia parallela» come ha sottoli-
neato il Ministro degli Esteri Giulio
Andreotti in apertura della Confe-
renza sparsa ai quattro angoli del
globo.
Uno dei punti su cui è spesso
tornato il dibattito è la necessità di
costituire una anagrafe dell'emi-
grazione: «compito arduo e labo-
riosissimo ma che senza dubbio
permetterebbe di far voltare pagi-
na a tutta questa complessa pro-
blematica e di conoscere meglio
anche quei cinque milioni di concit-
tadini che vivono all'estero e sono
MONSIGNOR RIDOLFI:
ABBIAMO BISOGNO DELLO
La Chiesa italiana vicina ai connazionali sparsi nel mondo. Non solo a quelli
più fortunati, ma anche vicina a quanti, e non sono pochi, soffrono forme di
emarginazione, di povertà, di solitudine. Un lungo cammino vissuto insieme in
nome di quel cuore missionario che rispondendo all'esortazione di «andare» se-
gue i suoi figli «fino agli estremi confini della terra». Grandi santi e oscuri sacer-
doti e religiose hanno contribuito a dare un'anima alla lunga storia dell'emigra-
zione italiana, là dove proprio il sentimento religioso è stato la radice di una me-
moria di appartenenza ad una madrepatria lontana migliaia di chilometri. Ne ab-
biamo parlato con mons. Silvano Ridolfi, Direttore dell'Ufficio Pastorale dell'e-
migrazione, che ha partecipato a ttivamente alla preparazione e ai lavori della
Seconda Conferenza Nazionale dell'emigrazione.
D. - In che modo la Chiesa segue gli «italiani che vivono il mondo»? È poss i-
bile individuare vari tipi di servizio pastora le di cui le varie co munità possono
avere bisogno?
R. - è cominciato con l'assis tenza più diretta e spicciola, più pe r opera delle
singole persone che avevano intuito l'importanza del problema che per opera
della Chiesa collettivamente intesa, che poi però ha seguito la linea indicata da
questi «profeti».
Possiamo ricordare alcuni nomi: Santa Francesca Saverio Cabrini, mons. Sca-
labrini, mons. Bonomelli, Vincenzo Paliotti e se vogliamo Rosmini e i Rosminia-
ni. La loro opera ha contribuito alla diffusiohe, all'interno della Chiesa, di una
mentalità ecclesiale di attenzione sfociata in seguito in una legislazione precisa,
dalla «Exuor Familia» di Pio XII alla «Pastoralis migratorum cura» di Paolo VI.
D. - Dopo la prima fase dei «profeti» si è passati ad una assistenza di tipo
globale, ecclesiale. Qual è oggi il tipo di presenza della Chiesa italiana tra le co-
munità degli emigr!lti?
R. - Globalmente viste le congregazioni religiose si sono inte ressa te molto
degli emigrati italiani, proprio sotto la spinta dei loro fondatori. lo devo ad
esempio ricordare che la prima chiesa per italiani in Europa, la chiesa madre, si
deve a Vincenzo Paliotti, prete romano che chiese a Leone XIII il permesso di
poterla costruire a Londra, dedica ndola al principe degli apostoli, la Saint Peter
Church. Anche gli orionini di don Orione hanno se minato il Sudamerica di chiese
per italiani. Tuttavia il primo che certamente ha dato indicazioni precise è stato
Don Bosco, mandando nel 1875 i primi missionari in Patagonia. Don Bosco die-
de loro queste indicazioni: «Troverete degli Italiani; probabilmente molto sem-
plici e abbandonati. Ebbene, portate loro la fede e la religione, ed insegnate loro
la vita».
D. - Sono passati più di cento anni da quando Don Bosco 'pronunciava queste
parole. Come si è evoluto l'impegno dei suoi successori?
R. - Da allora, i salesiani, ovunque siano andati, hanno quasi sempre comin-
ciato assistendo gli italiani. Non sempre però hanno mantenuto viva tale atten-
zione. In molti casi, con il crescere della nuova generazione di sacerdoti locali i
salesiani ritenevano che non fosse compito loro l'assistenza agli italiani, bensì il
in possesso di passaporto italiano.
La loro presenza nel mondo deli-
nea una variegata mappa così di-
stribuita sui cinque continenti:
1.800.000 in America meridionale;
450.000 nell 'A merica centro-setten-
trionale; 2.200.000 in Europa;
80.000 in Africa; 15.000 in Asia;
600.000 in Oceania.
Su di loro in particolare si è in-
centrata la· discussione sul ricono-
scimento del diritto al voto. Ma per
quali elezioni è legittimo chiedersi?
Soltanto per il Parlamento, per il
municipio di residenza o per la no-
mina del Capo dello Stato come ha
avanzato qualcuno?
Le attese di
chi vive all'estero
I politici che si sono succeduti al
microfono hanno espresso pareri
per lo più favorevoli. Ma al di là di
ogni facile retorica, saranno le deci-
sioni operative che verranno prese
nel dopo-cbnferenza a dare peso
alle dichiarazioni di stima e di rico-
noscimento che hanno suscitato i
caldi applausi della platea dei par-
tecipanti.
I problemi sollevati dalla Confe-
renza non si limitano, ovviamente,

4.9 Page 39

▲back to top
- - - - - -- - - - -5'1-
SPECIFICO CARISMA SALESIANO
servizio alla popolazione locale. In altri casi, la presenza iniziale si è perpetua-
ta, ad esempio in Europa è avvenuto molto tempo fa in modo esemplare con la
Missione Cattolica Italiana di Zurigo e recentemente con quella di Mainz in
Germania. Sono due esempi che testimoniano una scelta ben precisa di impe-
gno a favore degli italiani, presa dalla provincia e dalla congregazione. Anche a
Bangkok, in Thailandia, l'assistenza agli italiani è compito dei salesiani, anche
se non si tratta di un impegno ufficializzato nei rapporti con l'UCEI. Qui si può
unire anche il discorso dei rapporti con la Chiesa che è in Italia. Bisognerebbe
che ci fosse un minimo di rapporti di relazione vicendevoli e questo non sem-
pre accade.
D. - Perché?
R. - Oltre oceano, ognuno svolge autonomamente il proprio lavoro nella
maggioranza dei casi, anche lodevolmente, ma senza tenere contatti con la Chie-
sa italiana. Spesso tali contatti dipendono dalla singola persona. È dunque uno
dei rapporti da recuperare per l'interesse ecclesiale che comporta attraverso il
rapporto teologico e religioso. Tutte le Chiese particolari sono la pienezza della
Chiesa, ma in quanto vivono in comunione con le altre. E poi c'è anche l'aspetto
pastorale, per cui, con un maggiore collegamento si entrerebbe più in sintonia
con le scelte della Chiesa che è in Italia, che la Chiesa d'Italia non impone, ma
propone e che servirebbe a saper meglio leggere la situazione degli italiani, che
hanno ricevuto proprio in Italia la loro formazione, o l'hanno ereditata da geni-
tori italiani. Quindi questi collegamenti sono necessari per ragioni ecclesiali e
per interesse pastorale.
Inoltre, dal punto di vista operativo, è meglio evitare i punti morti che potreb-
bero generare malintesi e scontenti se intesi come disinteresse verso il lavoro di
alcuni. In realtà non è una valutazione del lavoro, ma solo una mancanza di rap-
porti.
Aggiungerei infine che vedo di buon occhio la congregazione salesi ana pro-
prio perché essa porta la sua specificità di congregazione con i carismi di cui è
dotata, che la motivano e la animano. Abbiamo bisogno del servizio tipico svolto
dai salesiani per l'emigrazione.
D. - Qual è in particolare lo specifico apporto della presenza salesiana ?
R. - I preti diocesani sono arricchiti dalla presenza di diverse congregazioni
religiose, se queste autenticamente portano e sono in grado di mostrare la speci-
ficità del loro carisma; al tempo stesso esse ricevono dagli altri una dimensione
più aperta, non solo limitata al proprio carisma, alla globalità degli interessi del-
la gente e dell'ampio movimento che c'è nella Chiesa. La specificità dei salesiani
è rappresentata dai giovani, dalla catechesi, dall'aspetto culturale e informativo.
Se quindi i salesiani si occupano e si impegnano in questo settore, credo che ciò
costituisca per tutti un grosso arricchimento, per la gente un servizio, e per i sale-
siani un modo per seguire e per mantenere la linea iniziale del fondatore, senza
abbandonarla lungo la strada.
M.D'A.
L e;-
1 FEBBRAIO 1989 37
al diritto al voto, ma si allargano a
delineare uno scenario sociale e
storico ben più vasto. E se da una
parte rinsaldare le aspettative degli
emigranti può lasciare ipotizzare
anche un maggior coinvolgimento
economico degli Italiani che si sono
affermati all'estero, dall'altra l'Italia
che oggi si è attestata tra i Paesi
più industrializzati del mondo sta
diventando meta di un consistente
flusso immigratorio dai Paesi del
Terzo Mondo.
L'emigrazione italiana infatti sem-
bra avere ormai concluso il suo ci-
clo storico e le statistiche più re-
centi parlano di circa 50.000 espatri
annui contro un numero legger-
mente superiore di rientri. Si tratta
per lo più di manovalanza qualifi-
cata, temporaneamente impegnata
all'estero per grandi realizzazioni
cantieristiche, oppure di professio-
nisti (tecnici, ingegneri, dirigenti)
che si muovono lungo le vie inter-
nazionali dell'esportazione di tec-
nologie e dello sviluppo scientifico.
Come dire che alla vecchia valigia
di cartone legata con lo spago si è
sostituita la valigetta ventiquattr'o-
re del manager a lungo chilome-
traggio.
Un'immagine apprezzata che
non deve far dimenticare un passa-
to di sofferenze in cui l'emigrazione
era considerata un ineluttabile de-
stino di povertà (parlando alla Ca-
mera della situazione del Meridio-
ne, Francesco Saverio Nitti diceva
che i giovani potevano sperare di
diventare «o migranti o briganti»).
Quello stesso destino di povertà
che oggi spinge centinaia, migliaia
di stranieri provenienti dalla geo-
grafia del sottosviluppo a bussare
alla porta del nostro Paese, in cerca
t di un lavoro nero per guadagnare
qualcosa da mandare a casa o per
inoltrare pratiche per l'ulteriore
emigrazione in un altro Paese.
Verso una società
multiculturale
Il punto, come ha detto nel suo
intervento il Presidente del Consi-
glio De Mita, è scegliere di «resta-

4.10 Page 40

▲back to top
38 · I FEBBRAIO 1989
UN PONTE TRA CHIESA DI PARTENZA
E CHIESA DI ACCOGLIENZA
La fisionomia dell'emigrazione è mu-
tata. Nuovi problemi si affacciano su
uno scenario già vasto e complesso. I
giovani della terza generazione hanno
altre esigenze e spesso subiscono una
realtà contraddittoria, a cavallo tra vec-
chi valori e la rea ltà dei Paesi di resi-
denza.
E sull'emigrazione la strada è a dop-
pio senso. Accanto agli emigrati italiani
si devono considerare gli stranieri in
Italia, che ormai sono una presenza con-
siderevole. Monsignor Antonio Denisi,
di Reggio Calabria, segretario della
Commissione ecclesiale dell'emigrazio-
ne della CE! (Conferenza episcopale
italiana) ci ha parlato esaurientemente
di questo tema. Che cosa è cambiato
dalla prima generazione degli emigrati
italiani all'estero?
«In questa conferenza lo si è visto be-
ne - ha detto monsignor Denisi - . li li-
vello degli emigrati non è più quello di
30/40 anni fa o di cento anni fa. Oggi ci
sono molti professori e impiegati italia-
ni che lavorano nelle istituzioni dei Pae-
si di accoglienza. Questi hanno certo
meno problemi di carattere sociale ed
economico, ma hanno esigenze culturali
per conservare le loro tradizioni e per
mantenere sempre vivo l'esercizio della
lingua italiana».
D. - Come si muove la Chiesa, che
segue da un punto di vista pastorale gli
emigrati e le giovani generazioni, sem-
pre alla ricerca di solidi punti di riferi-
mento?
R. - È un discorso che curano i nostri
missionari nelle missioni italiane all'e-
stero. lo credo che la Chiesa italiana ab-
bia delle grandi responsabilità che noi,
come Commissione ecclesiale dell'emi-
grazione, abbiamo già individuato. Non
c'è un ricambio di missionari e da molti
anni, dall'Italia, partono sempre meno
missionari per seguire la vita spirituale e
religiosa dei nostrì emigrati.
Noi riteniamo .che non sia finita l'era
delle missioni cattoliche. E necessaria,
anzi, la funzione delle missioni come
ponte, collegamento tra la Chiesa italia-
na, Chiesa di partenza, e le Chiese di ar-
rivo, nelle nazioni di accoglienza. Certa-
mente i nostri cattolici all'estero devono
cercare di inserirsi nelle Chiese locali e
quindi anche negli organi di partecipa-
zione, come i consigli pastorali, le forme
di apostola to laicale e le varie forme di
vita ecclesiale. È indiscutibile però che
accostare un missionario di lingua italia-
na è di grande sostegno e incoraggia-
mento, non solo per gli emigrati delle
prime generazioni, ma anche per le ge-
nerazioni successive, perché possono ri-
scoprire meglio la loro identità cristiana.
D. - Gli stranieri in Italia. Si trovano
nella situazione di emergenza in cui vi-
vevano i nostri emigrati nei primi anni
delle loro partenze in altri Paesi. Quali
sono i loro problemi più salienti?
R. - Gli immigrati ii;i Italia hanno il
problema del riconoscimento del sog-
giorno,oltre naturalmente al problema di
trovare un lavoro e un alloggio. Molti di
loro professano altre confessioni religio-
se e hanno quindi il problema di vivere la
loro vita spirituale. A Reggio Calabria
abbiamo due associazioni che seguiamo ·
particolarmente. La comunità filippina,
che è forte di oltre 300 persone, e poi la
comunità dei marocchini, in gran parte di
religione islamica. Questi ultimi hanno il
problema del permesso di soggiorno e
del riconoscimento del loro lavoro, per-
ché spesso hanno attività ambulanti che
non sono segnalate. Per loro (marocchini,
algerini e tunisini) abbiamo costituito
un'associazione dal nome «Popoli Fra-
telli», per sottolineare che la missione
non è più soltanto quella che si svolge in
terre lontane non ancora evangelizzate,
ma è anche quella tra gli stranieri in Italia.
La Chiesa deve creare loro un clima di
non rifiuto.Con la nostra organizzazione,
a Reggio Calabria, cerchiamo poi di
provvedere ai loro bisogni più urgenti,
come la tutela di fronte agli organi pub-
blici, perché almeno siano trattati con
çomprensione·e non come gente illegale.
E vero che molti di loro sono sprovvisti di
permesso di entrata e di soggiorno, ma è
anche vero che nei loro Paesi muoiono di
fame insieme con le loro famiglie. Non
possiamo sbatterli fuori.
Laura Sala
re un Paese monoculturale o se
aprirsi invece alla sfida di una inte-
grazione tra popoli di origini e cul-
ture diverse».
Stiamo infatti camminando a
grandi passi verso una società di
fatto multiculturale e multirazziale:
tra vent'anni i figli degli immigrati
di colore che oggi vivono in Italia,
entreranno nelle nostre università,
cercheranno lavoro, spazi profes-
sionali e così via. Contemporanea-
mente si può ipotizzare il ritorno di
molti ex emigrati italiani magari
arricchiti dall'esperienza vissuta al -
l'estero.
Un invito alla comprensione, alla
accoglienza e al rispetto dei diritti
umani è venuto dalle parole che
Giovanni Paolo II ha rivolto nell'u-
dienza ai delegati in chiusura dei la-
vori della Conferenza. Dopo aver
sottolineato che la diaspora italiana
è ormai un fenomeno storicamente
concluso, il Papa ha ricordato che
l'Italia è meta di arrivo di nuove im-
migrazioni.
Il problema reale dell'emigrazio-
ne è quello del razzismo: l'impegno
è quello di operare per far sì che le
dive rsità etniche si trasformino in
una fonte di ricchezze umane e non
diventino al contrario un motivo di
confl ittualità e di emarginazione.
In questa occasione il santo Pa-
dre ha ribadito la convinzione che
«alcuni problemi divenuti ormai
planetari hanno bisogno di più am-
pia solidarietà e che tante soluzioni
sono possibili soltanto con politi-
che che superino le barriere nazio-
nali. Se si persegue questa prospet-
tiva, la società umana diverrà vera-
mente una grande famiglia».
Mieia Fagiolo D'Attilia

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
- - - - - - - - - --i58-
STORIA SALESIANA .
1 FEBBRAIO 1989 39
Gli avventurosi viaggi
dei primi missionari
salesiani nelle lettere di
·don Francesco Bodratto,
ora raccolte in v~tme
dallaLAS ··
IN A
E COL MAL DI M E
«Siamo in America, di-
ce spesso il nostro caro don Ca-
gliero, e noi a nostra volta rispon-
diamo: Per grazia di Dio, siamo in
America!». E il 19 dicembre 1876 e
un gruppo di missionari salesiani è
appena sbarcato a Buenos Ayres,
dopo una traversata in mare dura-
ta più di un mese. La lettera è indi -
rizzata a Don Bosco e chi scrive
con tale premurosa sollecitudine è
don Francesco Bodratto, guida del -
la seconda spedizione salesiana in
America Latina. li suo Epistolario
è stato recentemente pubblicato
dalla Libreria dell'Ateneo Salesia-
no a cura di Jesus Borrego e racco-
glie le lettere che don Bodratto in-
viò in Italia dalla sua partenza fino
all'anno della morte, avvenuta nel
1880. Grazie alla sua acuta perso-
nalità, la raccolta risulta una testi-
monianza vivace e preziosa dei
successi e delle difficoltà incontrati
dai missionari nella nascente lspet-
toria e offre un bagaglio di infor-
mazioni indispensabile per rico-
struire i primi anni della storia sa-
lesiana in Argentina.
Complice la «facile penna» di
Bodratto, scorrono davanti ai nostri
occhi gli episodi più vari e i perso-
naggi più interessanti, colti sempre
con realismo e simpatia. A comin-
ciare dalle prime lettere che offro-
no una gustosa cronaca del lungo e
a volte tormentato viaggio che af-
frontarono i missionari, ben più ar-
dimentosi di noi viaggiatori del XX
secolo: «Il capitano ci raccontò che
mentre tutti dormivano, nella mez-
zanotte circa scoppiò una valvola
della gran macchina, tale che si do-
vette fermarla per le opportune ri-
parazioni e spiegare le vele. Questa

5.2 Page 42

▲back to top
l i-40 ·1FEBBRAIO 1989
notizia ci fece conoscere una volta
di più che chi viaggia sul mare viag-
gia sempre colla morte al fianco.
Eppure il crederesti? Nessuno pen-
sa a questi pericoli. Si canta, si suo-
na, si mangia, si beve...» (a don Bar-
beris, 23/Xl/1876).
Sono i primi giorni di viaggio ad
essere i più difficili, specialmente
per chi il mare l'ha visto a malapena
in cartolina: «Non posso scrivere
chiaro perché il bastimento barcol-
la... Infatti se tu avessi veduto i no-
stri volti alle due pomeridiane ci
avresti giudicati tutti siccome con-
valescenti usciti dall'ospedale dopo
lunga malattia. Però se ti fossi
avanzato a dire a ciascuno: Ebbene
fratello mio, come stai? Avresti ot-
tenuto in ri'spo sta queste precise
parole: io sto bene, ho niente, co rro,
rido, scherzo...» (idem). Il gruppo
dei nostri non si perde d'animo e
leggendo le lettere di Francesco
Bodratto sembra di vederli il più
operosi possibile (mal di mare per-
mettendo) : «Abbiamo tutte le liber-
tà nel bastimento e possiamo quindi
celebrare, catechizzare, predicare a
nostro beneplacito. Il popolo in
massa è buono e domanda di poter
ascoltare la S. Messa. Daniele ha
già cominciato il suo catechismo a
pochi ragazzi. Rizzo ha esplorato e
scoperto parecchi giovinetti pie-
montesi coi quali si trattenne parec-
chie ore. D. Remotti si è inoltrato
nel camerone ·a recitare il S. Rosa-
rio alla sera» (a don Barberis,
15/Xl/76). Non mancano i resocon-
ti dei pasti e, perché no?, dell 'elet-
trizzante atmosfera di bordo : «Alle
sette se mbravamo in un ca ffè . Cia-
scuno prese con sa nta rassegnazio-
ne la propria tazza non dimentica n-
do il biscottino c he ci offrono ogni
IDon Francesco Bodratto e, sopra,
processione alla Boca di Buenos
Aires al primi del Novecento. In
primo piano, bambini della Prima
Comunione con suore salesiane.

5.3 Page 43

▲back to top
- - - - - - - - - - -sll-
TFEBBRAIO 1989· 41
volta che ci sediamo a tavola. Anzi
taluni non lo perdonano nemm a nco
al pane abbrustolito con bu rro af-
finché non siano credute persone di
troppa indulgenza e austerità» (a
don Lemoyne, 19/Xl/76).
Ma chi era Francesco Bodratto,
l'autore di queste lettere, che con
tanta verve e autoironia riesce a
sdrammatizzare un viaggio djfficile
e a tranquillizzare i confratelli ri-
masti nell'Oratorio di Torino ?
Maestro elementare a Mornese,
suo paese natale, in provincia di Ac-
qui, si era dedicato all'insegnamen-
to dopo un'esperienza fallimentare
nel campo del commercio e dopo la
morte della moglie che lo aveva la-
sciato solo con due figli. Nell'otto-
bre del 1864 avviene il suo primo
incontro con Don Bosco, presenta-
togli da don Pestarino, sacerdote a
cui Francesco si era più volte rivol -
to per un consiglio spirituale. È un
colloquio che ha del miracoloso:
Bodratto prende subito la decisione
di rimanere nell'Oratorio e di met-
tersi al servizio della congregazio-
ne salesiana. Affidati i figli a Don
Bosco, presentò i voti nel 1865 e di-
venne sacerdote nel 1869. Negli an-
ni trascorsi all'oratorio di Torino
continuò l'insegna mento ai fanciulli
ed era tale l'efficacia del suo lavoro
che i confratelli l'avevano scherzo-
samente soprannominato «il medi-
co degli incurabili».
Nel frattempo era partita nel
1875 la prima spedizione salesiana
in America Latina, guidata da don
Cagliero. Questi, in breve tempo,
scrisse chiedendo nuovi rinforzi. E
così Bodratto partì con altri ventu-
no compagni. Don Bosco li accom-
pagnò amorevolmente fin sulla na-
ve: «Povero Don Bosco, già otto
giorni che per noi viaggia e pena
senza riposo. Oggi venne con noi a
bordo del "Savoie" e dopo aver visi-
tato i locali ove ci hanno posto e
fatte tutte le raccomandazioni im-
maginabili al capitano, si è seduto
con noi a tavola or indirizzando
una parola all'uno ora all'altro e in-
coraggiandoci in ogni maniera» (a
don Barberis, 15/Xl/76).
Erano gli anni della grande emi-
grazione italiana verso le Ameri-
che, consenziente il governo Crispi:
si andava a cercare fortuna all'este-
ro, visto che la propria patria offri-
va ben poche occasioni. Francesco
Bodratto è attento testimone di
questa realtà storica: «Viaggiano
con noi alla vo lta dell'America ven-
tisei viaggiatori in 1a classe, trenta-
sei in seconda e novecento in terza.
Di questi ultimi pochi son francesi ,
una cinquantina appena, il resto tut-
ti italiani della Calabria e della
Lombardia, pochi ge_novesi e delle
altre parti di Italia. In generale tutti
cristiani sventurati che vanno in
cerca di mezzi onde sostentare la
propria famiglia. Vi sono più di cin-
quanta famiglie intere il cui capo
venne es pressamente in Italia per
condurla in America ove son già
preparati i nidi» (a don Lemoyne,
19/XI/76).
Come abbiamo visto, il mese di
navigazione trascorre in operosità:
si fa catechismo ai ragazzi invo-
gliandoli con pezzi di do lce o frutta
risparmiata dai pasti, si studia lo
spagnolo, si testimonia la Parola di
Dio a persone che «da molto tempo
non poterono riconciliarsi col Si-
gnore». Bodratto scrive a tutti, a
Don Bosco per primo e con i toni
più rispettosi e sereni; lettere più
spigliate invece a don Michele Rua
e agli altri confratelli, ai quali i suoi
resoconti non potevano certo non
I Scuola e prima abitazione dei
salesiani a Buenos Aires.

5.4 Page 44

▲back to top
42 · 7 FEBBRAIO 1989
strappare un sorriso. Ecco i nostri
alle prese col caldo torrido, in pros-
simità dell'equatore, e in pieno di-
cembre: «Tutti credevamo di mo.rir
di calore. Il nostro bravo Daniele a
un certo momento cominciò a ride-
re fragorosamente. Perché ridi?, io
dissi allora. Rido, disse dopo un al-
tro sfogo, rido perché mi par di ve-
dere sotto i portici dell'Oratorio in
questi momenti alcuni assai imbac-
cuccati e fasciati dalla testa ai piedi
correre su e giù schiacciando qual-
che cantare in mezzo ai denti pel
freddo mentre noi qua e sdraiati
senza collarino e con una veste sot-
tile ci lamentiamo del caldo. Bravo
il mio caro Daniele, tu sei sempre
un 'anima bella» (a don Barberis,
6/Xll/76).
Finalmente dopo molte traversie,
la nave giunge in America, a Bue-
nos Ayres, dove li accoglie don Ca-
gliero. Francesco continua a scrive-
re in Italia, ma le sue lettere pur
sempre serene e frequenti, lasciano.
a volte intravedere qualche motivo
di preoccupazione: «Io mi trovo
nella dura necessità di confessare,
parlare e predicare in lingua casti-
gliana e provo immensa fatica nella
pronuncia. Questa è per me pena
non lieve... molti parlano un casti-
gliano alterato che ci vuol pena a
capirlo, il popolo parla una lingua
composta di tutti i dialetti , sicché in
tanta babilonia io mi perdo» (a Don
Bosco, 20/1/1877).
L'attività dei missionari si fa sem-
pre più pressante, oltre alla scuola e
all'officina a Buenos Ayres, vengo-
no fondati l'oratorio alla Boca del
Riachuelo, un povero villaggio alla
periferia della capitale e un collegio
e una chiesa a S. Carlos de Allagro.
Così scrive don Bodratto a Don Bo-
sco, a un anno dall'apertura della
casa di S. Carlos: «Abbiamo come
convittori centoquindici giovani,
tutti poveri e la maggior parte orfa-
ni. Sessanta finora · frequentano le
scuole e cinquantacinque sono ad-
detti a un mestiere. I quattro labo -
ratori, di sartoria, falegnameria, le-
gatoria e calzoleria sono frequenta-
tissimi. Siamo in trattativa per apri -
re il laboratorio di tipografia e già
si sono comprate due macchine»
(19/Vlll/1878). L'istruzione dei ra-
gazzi e la preparazione dei novizi
sono particolarmente curate nel-
- Medaglione posto nel 1921 nell'Istituto Pio IX di Buenos Aires.
l'ottica della fondazione di una mis- ta casa di :S. Carlos, pochi mesi pri-
sione in Patagonia, tanto desiderata ma dell'inizio dell'attesa missione
da don Bodratto.
in Patagonia. All'annuncio della
Nelle duecento e piJ) lettere che . scomparsa, il 4 agosto 1880, Don
compongono l'Epistolario si alter- Bosco chiese ai confratelli d'Ame-
nano pagine accorate, quasi amare: rica di adoperarsi per raccogliere
«In quest'anno mi sono mezzo am- «i detti e i fatti che a lui si riferisco-
mazzato facendo tutti gli sforzi no e mandarceli a fine di eccitarci
possibili per tenere le posizioni tutti a seguire gli esempi di virtù
sempre sperando nei venturi, ades- che egli ha lasciati». A cento anni
so mi sono cadute le brache» (a don di distanza il desiderio di Don Bo-
Sonetti, 28/Xl/77) a pagine serene sco è stato esaudito. Le lettere rac-
e liete: «Abbiamo in una casa vicino colte ·sono la testimonianza di una
alla nostra un pappagallo che ci sa- · grande umanità, di un uomo che
Iuta spesso e sapete cosa dice: evvi- sentiva tutta la responsabilità e
va Rosa; chiquito. E in queste paro- l'importanza del progetto salesiano
le consiste tutta la sua scienza. Ci e che si affidava al Signore e ai
regalarono un cordero prima di confratelli cercandone il conforto
Natale; è venuto grosso, ha messo sempre col sor'riso sulle labbra.
le corna e perché belava troppo noi Una testimonianza ricca e prezio-
ce lo siamo mangiato» (a T. Pento- sa, una lettura sempre viva e affa-
re, -l 4/Il/77).
scinante.
La morte lo colse nella sua ama-
Monica Ferrari

5.5 Page 45

▲back to top
- - - --
- - - - - - ~~
1 FEBBRAIO 1989 43
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
opere Don Bosco
Borsa: S. Giovanni Bosco, in ringra-
ziamento, a cura di A.B. , L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, celebrando l 'Anno Ma-
riano e II centenario di Don Bosco, a
cura di Zito Irene, L. 1.000.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Zama-
gni Don Ferdinando, L. 1.000.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria e suffragio di Giuseppina Na-
retto n. Forti, a cura del marito e dei-
le figlie, L. 500.000
Borsa: Don Bosco, invocando pro-
tezione su Vescovo e diocesi di Cal-
tanissetta, a cura di N.N. e Figlie M.
Ausiliatrice, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani, a cura di De Matteis Anna
Maria, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Terrazzoni Anna, L. 260.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta e in
attesa di altre, a cura di Garagiola
Maria, L. 250.000
Borsa: Don FIiippo Rinaldi, in rin-
graziamento, a cura di Melloni Elisa,
L. 250.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento e invocando protezione
sulla famiglia, a cura di Tomaselli An-
tonina , L. 250 .000
Borsa: Don Bosco, Domenico Sa-
vio: grazie, continuate a proteggerci
tutti, a cura di N.N., L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, implorando protezione
sulla famiglia , a cura di B.M., Torino ,
L. 200.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento e
protezione della famiglia , a cura di
Mariani Margherita, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Sr. Eusebia, implorando prote-
zione per la salute di Pecchioli An-
nunziata, a cura di Pecchioli Luciana
Mancini, L. 200 .000
Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, invocando protezione e
intercessione, a cura di Andreani
Anna Maria, L. 200.000
Borsa: S. Domenico Savio, invocan-
do protezione sui miei figli, a cura di
Broda Pierina, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
do protezione sulla mia famiglia , a
cura di Vitaliani Antonio , L. 200.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Balboni
Mario, L. 175.000
Borsa: S. Lucia, Santi Salesiani, in
suffragio dei miei defunti, a cura di
N.N., L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per ringraziamento e
invocando protezione, a cura di Sr.
Cesira Anselmo, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, ringraziando e invocando pro-
tezione, a cura di Olivini Franco,
L. 150.000
Borsa : Maria Ausiliatrice, a cura
della Famiglia Falcone, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Albenzio Or-
sola , L. 150.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, per pro-
tezione a mio figlio Marco, a cura di
Domeneghetti Maria Rosa , L.
150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giu-
seppe, Don Bosco, per la prosperi-
e salute dei miei cari, a cura di Co-
dazzi Leopoldo, L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, invocando
protezione per Andrea e Cristina, a
cura di Serra M. Rosa , L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Giu-
seppe, Don Bosco, per la salute dei
miei cari, a cura di Codazzi Leopoldo
(bis) , L. 150.000
Borsa: S. Maria Mazzarello, S. Do-
menico Savio, ringraziando e invo-
cando protezione, a cura di G.M.,
Sondrio , L. 120.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Tardi
Eliana, L. 120.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per suffragio e prote-
zione, a cura di Bramati Luigia
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Ga-
spare del Bufalo, Sr. Eusebia, invo-
cando benedizione per lavoro e fa-
miglia, a cura di N.N.
Borsa: Santa Lucia, a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Nonna Lidia
Borsa: Maria Ausiliatrice, ringra -
ziando e invocando protezione, a cu-
ra di D.R.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
venni Bosco, per ringraziamento e
invocando protezione, a cura di Car-
panelli Margherita
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo-
cando protezione, a cura di Carmina
Bellu
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Chianese Anna
Borsa: In memoria e suffragio del
fratello Luigi, a cura di Sutera Gae-
tana
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, in suffragio di
Dante Rebora, a cura di Rebora Pia
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
do preghiere per ottenere grazie, a
cura di Teresa Pistamiglio
Borsa: In suffragio dei miei defunti, a
cura di Damiani Gina
Borsa: Don Bosco, in suffragio di
Bonardo Giovanni, a cura di Bonardo
Flavio
Borsa : Ss. Cuori di Gesù e di Maria,
a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per grazia ricevuta e per prote-
zione per la mia famiglia , a cura di
Cerutti M. Luisa Ricatti
Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio di Caste/a-
nelli Redento, a cura della moglie
Angela
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura di
Piera Vicario
Borsa: S. Giovanni Bosco : esaudi-
sci, a cura di ex allieva di Faenza
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per grazie ricevute e
invocando protezione, a cura di Filo-
camo Mariella
Borsa: Riconoscenti per grazia rice-
vuta e invocando preghiere per la fa-
miglia, a cura di Capobianco Elena
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
do preghiere, a cura di Valentini Ma-
ria
Borsa: Maria Ausiliatrice, invocan-
do salute PW una persona cara, a
cura di Ivano Vo
Borsa: Don Bosco, a cura di Ange-
loni Ubaldo
Borsa : Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani, ringraziando e invocando
protezione, a cura di Piera Curtoni
Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio di mio padre e per
ringraziamento e protezione, a cura
di Solinas Anna
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa-
lesiani , in suffragio di Licia e Mario
Lavacchielli e per protezione, a cura
di Lavacchielli M. Luisa e Alfredo
Borsa : Maria.Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in memoria del nostro defunto
nel 5' anniversario, a cura di N.N.
Borsa: Don Bosco, a cura di Argilli
Riccardo
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Rina Nasi
Serra
Borsa: Ai miei protettori per grazia
ricevuta, a cura di Bellone Marghe-
ri ta

5.6 Page 46

▲back to top
TAXE PERçue
TASSA RISCOSSA
I I TORINO FERROVIA
ttto co\\otl
\\lag.168. e grafici a qua
\\50 cart1ne
L,35,00o
----------------
Sì, desidero ricevere direttamente a casa mia N. copie - - -
dell'ATLANTE AMERICANO di Guido Foggini
Pagherò alla consegna (L. 35.000 la copia, porto e imballo gratis)
cognome
nome
Via
città
C.A.P.
data
firma
7 Ritagliare e spedire
1 in busta chiusa alla
: VARIA SEI
: corso Vittorio Emanuele II, 92
1 10121 Torino
'1
vati.a~
l=13 I