Bollettino_Salesiano_197809


Bollettino_Salesiano_197809

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., Bollettino
es1ano
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA DON BOSCO NEL 1877
ANNO 102 N, S
• SPEDI%, IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2 ° 1701 • 1 QUINDICINA •
1 MAGGIO
1978

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Sommario--«Caro BS...»-~Salesia'no
Servizio di copertina, pag. 15
LE IDEE
Sindone. Cercando ìl volto del Signore,
3-6
Libri sulla Sindone, 19
Giovani. Ore nove. lezione di fumetto,
12-13
Il cuore del sistema preventivo, 20
Mariologia. Anche oggi l"Ausiliatrice, Don
Bosco e i giovani, 15-16
D. Viganò; Tempo di rilancio mariano, 17
Maria di Nazareth. chi sei?• . 28
Aggiornamento. Corsi per un'estate a
tempo pieno, 31
GLI UOMINI
Exallievi. Una • nazionale ai mondiali di
calcio?, 7-8
Cooperatori. Mamme degli allievi diventa-
no cooperatrici, 30
Rettor Maggiore. Un incarico e un rico-
noscimento, 28
L'AZIONE
Brasile. I «ragazzi svegli» di Belo Hori-
zonte, 8-11
Filippine. Don Edgardo va in Etiopia, 27
Guatemala. Una bacinella per famiglia, 31
India. La Bibbia in lingua khasi. 14
C'era un fiore nel giardino di Papa Gio-
vanni, 21
Italia. Quando la giovinezza diventa ser-
vizio, 18-19
Proposta: la «cartella mariana» , 29
La tv in via della Pisana, 30
Cooperativa per un'editoria più forte, 30
«Processo• per la guarigione di don Ga-
lotta, 29
Il card. Benelli sul Bollettino. 29
Messico. S, Maria predica ai carcerati, 30
Paraguay. I fedeli arrivano dalla Korea, 28
Perù. Uno che ha visto Don Bosco, 28
Thailandia. Don Fogliati cavaliere della
corona 30
IL PASSATO
Maggio 1878. Semltraglca istoria di orri-
bilissima tempesta, 22-23
Don Bernardo Ponzetto. Autonomo di
Don Bosco, 24-27
RUBRICHE
Caro BS, 2 - Libri. 13 e 19 - Educhiamo
come Don Bosco, 20 - Dal mondo sale-
siano. 28 - Ringraziano i nostri santi. 32 -
Preghiamo per i nostri morti. 34 - Solida-
rietà fraterna. 35.
UN SENSO CRISTIANO AL TURISMO
Ho letto sul BS che i Cooperatori • da
dieci anni visitano le missioni•, praticano
cioè un costoso turismo, che a volte -
dopo aver visto la fame del Terzo Mondo
- si può anche tradurre in qualche opera
di carità. Credo che se non si volasse di
persona fin sul posto a vedere, forse si
risparmierebbe qualche soldo in più pèr
aiutare...
L. C. - Torino
L 'iniziativa dei Cooperatori non consi-
ste nell'esortare chi rimarrebbe a casa di-
cendogli: prendi l'aereo e vai a vedere.
L'iniziativa dei Cooperatori consiste inve-
ce nel dire a chi ha già deciso di fare del
turismo: guarda che puoi dare un senso
cristiano anche al tuo turismo, visitando
per esempio le giovani chiese di missione.
IL BOLLETTINO SALESIANO E'...
Caro BS, voglio dire anch' io il mio pen-
siero a tuo riguardo. Per me il BS è un
fedele messaggero della Famiglia di Don
Bosco, che viene a suscitare ove giunge
lo spirito di Dio, la santità della vita cri-
stiana, la visione dell'aldilà, l'anelito a sa-
lire.
Quanti esempi da Imitare; uomini e
donne, ragazzi e adulti, relìglosl e laici,
santi e Individui sulla via della santità... E'
un conforto per chi soffre, una guida si-
cura, uno svegliarino per chi dorme. E noi
dobbiamo diffonderlo per farlo tintinnare,
suonare. squillare a distesa...
Prof. Maria Addamo - Partini co
Grazie. I lettori con /'Incoraggiamento e
la critica aiutano il BS a diventare cosi. Ma
quando le critiche?
PUBBLICATE QUESTA
Ma non è almeno per me, una barzel-
letta: è una storia vera... Quando ho visto il
disegno su una rivista, subito mi è venuta
in mente la mia Mariuccia, che un giorno
ho scoperto quasi in quella posizione. E
allora mi sono detta: questa vignetta devo
mandarla al BS.
Renata L - Vicenza
Rivista della Famiglia Salesiana
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
Direttore responsabile:
DON ENZO BIANCO
Collaboratori
Sr. Giuliana Accornero - Pietro Ambrosia - Te-
resio Bosco - Sr. Ella Ferrante - Adolfo L'Arco -
Jesus Mélida
Fotografia: Antonio Gottardt
Archivio salesiano: Guido Cantoni
Archivio Audiovisivi LDC
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa: Officine Grafiche SEI - Torino
Autorizzazione del
Tribunale di Torino n. 403 del 16-2-1949
COLLABORAZIONE
La Direzione sollecita a inviare notizie e foto
riguardanti la Famiglia Salesiana, e s'impegna
a pubblicarle secondo le possibilità del BS.
IL BS NEL MONDO
Il BS esce nel mondo con 37 edizioni nazionali
(in 20 lingue diverse, con tiratura annua di o ltre
10 milioni di copie) In:
Antille (a Santo Domingo)- Argentina - Austra-
lia - Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia -
Brasile - Centro America (a San Salvador) - CIie
- BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecua-
dor - Filippi ne - Francia (per I paesi di lingua
francofona) - Germania - Giappone - Gran Bre-
tagna - India (in Inglese, più le edizioni nelle
lingue locali malayalam, tamil e telugù) - Irlanda
- llalla - Jugoslavia (edizioni In croato e slove-
no) - Korea del Sud - BS Lituano (edito a Roma)
- Malta - Messico - Olanda - Perù - Polonia
Portogallo Spagna - Stati Uniti Thallandla -
Venezuela.
PER RICEVERE IL BS
Il Bollettino Salesiano viene Inviato gralls:
- ai componenti la Famiglia Salesiana
- agli amic i e sostenitori delle Opere di san
Giovanni Bosco.
Le richieste vanno inoltrate alla Direzione o al- .
t' Ufficio Propaganda (indirizzi sotto).
CAMBIO DI INDIRIZZO
Co municare. insieme con ìl nuovo, anche l'in-
dirizzo precedente.
I LIBRI PRESENTATI SUL BS
si possono richiedere alle rispettive Editrici:
- o contrassegno (spese di spedizione a cari-
co del richiedente);
- oppure con versamento anticipato mediante
conto corrente postale (spese di spedizione a
carico dell'Edltrlce). Indirizzi:
LAS: Libreria Ateneo Salesiano - Piazza Ateneo
Salesiano 1, 00139 Roma, Ccp. 57.49.20.01.
LDC: Libreria Dottrina Cristiana 10096 Leu-
mann (Torino). Ccp 2/27196.
SEI: Società Editrice Internazionale - Via Ca-
salmonferrato 2 / e -00182 Roma. Ccp 1/ 27997.
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Ufficio Propaganda:
Arnaldo Montecchio• Via Maria Auslllatrlce 32 -
10100 Torino. Tel. (011 ) 48.29.24.
CONTO CORRENTE POSTALE
numero 46.20.02, intestato a Direzione Gen~
raie Opere Don Bosco, Roma.
IL GRAZIE CORDIALE 01 DON BOSCO
a chi contribuisce alle spese per nBS o aiuta le
Opere Salesiane nel mondo.
2

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* 1978 ANNO DELLA SINDONE
Cercando il volto
e e ento e
La Santa Sindone nel prossimo settembre sarà esposta al pu~b!ic~ In Torino. Solo p~r co"'!memo~are ~'.1
centenario? o perché essa continua a dare (a credenti e scett1c1) risposte sempre plu conv1_ncenJI. OP•~
ancora perché l'uomo fragile e peccatore - come già cercava di spiegare Don Bosco a, suo, ragazzi
davanti alla Sindone - è ancora e sempre alla ricerca del volto del suo Redentore?
L ' tmtica aspirazione del salmista:
Dio ci mostri sereno il suo vol-
to!» (Salmo 66.2), che è r1spimzione di
ogni uomo i11 ogni tempo, si è realiz-
zata nella santa Sindone conservata e
venerata m Torino? Quei wg11i su un
lenzuolo '>0110 la f01ogrtJ/ia del Gesù
della pas.\\ione? Del Cri:.to mviato dal
Padre? I cristiani in genere 11e sono
convi111i. E per parte sua la Sindo~,e dà.
a chi l'interroga con gli strumenlz della
scienza moderna, risposte via via più
persuw,ive.
La pro.\\s1111a 17• ostensione pubblica
della Sindone non lascerà certo indif-
ferente la F<lmiglia Salesiana, come le
prncedenti.ostensioni 110!1 la~c~w·?no
indiffere,111 Don Bosco e I s1101 f1gh.
Che cos'è la Sindone
La Sindone è una tela ùi lino spiga-
to. un len,uolo funebre lungo metri
4.36 e largo metri I, IO, tutto d'un pez-
zo. In mcao lascia intravedere l'im-
magine sbiad ita di un corro umano
che ha sublto torture. e eh<.: ha pro-
fonde ferite ai polsi, ai pi<.:di e aJ lato
destro del torace. L'immagine è dop-
pia presenta il corpo tonurato nel suo
aspetto frontale e in quello dorsale.
La tela, mollo logora. è cucìta sopra
un rivestimento di seta cremisi arro-
tolata intorno a un cilindro cli legno.
E' conservata in un cofano d'argento
nel Duomo di Torino, pr<.:ci~amente
nella ..cappella della Sindone» co-
struita dall'architetto Guarini.
E' la reliquia più misteriosa e affa-
scinante che l'umanità conserva, a
2000 anni di dis1anza, della passione e
della mcwtc di Gesù Cristo.
Che cosa d ice il Vangelo
Racconta il Vangelo di Giovanni:
« Giuseppe d 'A n'matèa, che di nascosto
era stato di,cepolo di GeslÌ, clziese a
Pilato il pu111es.~o di pre11dere il corpo
di Gesù. Pilato diede il permes.so. Allo-
ra Giu.seppe a11dò a prendere il corpo
di Gestì. Arrivò anche Nicodemo. Por-
tai-a co11 .w w1 'anfora pesantLSsima,
piena tli prof111110: mirra con aloe.
Presero du11q11e il corpo cli Gesù e lo
avvolsero ,wlle bende con i profumi
come fw11m gli ebrei q11m1do seppelli-
scu110 i 111orti».
La mattina del giorno seguente,
Ma ria di Magdala non trova più il
corpo di Gesù nel sepolcro. e corre ~d
avvertire gJj apostoli. Pietro e Gio-
vanni vanno di corsa al sepolcro.
Racconta ancora Il Vangelo di Gio-
vanni: «Pietro entrò nella tomba.
guardò le bende in terra e il fenz11olo
che pri111a coprivCI la testa. Questo 11011
era in terrCI con le bende, 11,a slava da
una parte, pie,:aro». . .
Gc~ù è risono. Commc1a la grande
avventura del Cristianesimo. predica•
to nel mondo da quegli apostoli ché la
mattina del sabato hanno visto il se-
polcro vuoto. M_a che n~ è d( quel
« lenzuolo» che P1cLro ha VLsto p1cg::ito
da una parte?
La storia della Sindone
Per mille anni le notizie sono mcer-
le. frammentarie. Un vangelo apocri-
fo (cioè dichiarato dalla Chiesa «non
autentico») ma scritto nel primo se-
colo. I' El'a11gelium secundum He-
braeos, afferma: «Pietro corse con
Giovanni al sepolcro. E vide nei lini le
impronte del defumo che era risono».
La notizia ddle «impronte» si trova
pure con insistenza nei tes ti scri11i dai
vescovi dell'Oriente cristiano. Verso
la metà del :.esto secolo, l'imperatore
Giustiniano manda ambasciatori a
Gerusalemme, per raccogliere noti7Je
sui «dati fisici» della persona di Gesù.
I dati che gli ambasciaLOri riportano a
Costantino oli, corrispondono con
esattezza a11le impronte della Sindone.
« Possiamo pe11sare che li abbiano rile-
l'Uti sui «segni• della reliquia conser-
vata a Gerusalemme - scnvc M.
Green -. Probabilmente la Sindone
originale era mostrata soliamo a teo-
logi e anisri. Si spieglzerebbe così l'im-
ponente fion'tura, che s i verificò in
quel tempo, di stoffe dipinte che raffi-
gurano il volto di Cristo, simile, per
non dire uguale, a quello evideme della
Sindone. Centro di questa attività è
&lessa, potente centro della cristianità
siriana•.
Le pseudo-sindoni. In quei secoH,
Italia, Fra ncia e Spagna sono invase
da pseudo-sindoni. l pellegrini in ter-
ra santa ritornano con «sindoni mon-
de», cioè prive di impronte, ma \\ene-
rabili per essere state introdotte • a
contatto» nel sepolcro di Cristo.
L'imperatore Carlo Magno ne riceve
dal Patriarca di Gerusalemme, dal re
Persia, dall'imperatrice Irene, dal
califfo Harun-el-Raschid. Tra esse. ri-
mangono celebri quelle di Aquisgra-
na, di Compiégne e di Caho~.
Intorno al mille, la vera Sindone
viene trasferita da Gerusalemme a
Costantinopoli. L'anno dovrebbe es-
sere il 944. Ludovico VI I si reca in
visita a Costantinopoli nel 1147, e può
venerare la Sindone ormai stabil-
mente custodita nella città imperiale.
«Nel 1204 - scrive P.P. Benedetto
- Costantinopoli è presa e saccheg-
giata dai partecipanti alla quarta Cro-
ciata. Viene occupC1to anche il palazzo
di Blakerne.\\ dove, nella cappella dedi-
3

1.4 Page 4

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cala a Santa Maria, è c11stodi1a la Sin-
done. Tesori e reliquie sono trafugali, e
la Sindone pare sia prelevata da Ollone
de La Roche che la invia in Francia al
padre, il quale l'affida a sua volta al "
vescovo di Besançon ».
Due incendi. Nel 1300 il vescovo
Aimone di Utrières ha già istituito la
festa della Sindone. Nella chiesa di
Santo Stefano dove la reliquia è con-
servata, nel I349 si sviluppa un vio-
lento incendio. Nella Sindone ci sono
ancora tracce di bruciature risalenti a
quell'epoca.
1122 marzo 1452 la reliquia è donata
alla duchessa Anna, moglie di Ludo-
vico di Savoia. I Savoia diventano
così i proprietari e i custodi della Sin-
done. Ancor oggi, il proprietario del-
l'insigne reliquia è Umbertodi Savoia,
ex re d'Italia.
A Cbambery è costituita una cap-
pella. e la Sindone vi è custodita in
una cassa d'argento chiusa in un ar-
madio di fe1-ro.
Nella notte tra il 3 e il 4 dicembre
1~32 un altro incendio distrugge la
sacrestia della cappella, e per poco
non va in cenere anche la Sindone.
Gocce d'argento fuso colano dalla
cassa arroventala e la danneggiano
parzialmente. Due anni dopo, le Cla-
risse di Chambery la ricuciscono.
A Torino. E' l'anno 1578: la Lom-
bardia è stata devastata dalla peste.
San Carlo, vescovo di Milano, alla fine
della terribile pestilenza parte in pel-
legrinaggio per Chambéry, pèr vene-
rare la Sindone. Emanuele Filiberto.
con un gesto di squisita conesia, de-
cide di abbrevi are il lungo cammino
del cardinale, e invia la reliquia a To-
rino. Qui la Sindone è esposta nei
giorni 12, 13 e 14 oltobre. Moltissime
persone accorrono a venerarla.
Da quel momento, la Sindone ri-
mane a Torino. piima conservata nel
Palazzo Reale, poi ( 1694) nella bellis-
sima cappeUa costruita accanto al
Duomo da Guarino Guru·ini.
Dapprima viene esposta una volta
all'anno, poi (per evita,·c un veloce
logoramento) molto più raramente.
Nell'esposizione del 1898, per la prima
volta, viene incaricato un dileuante di
fotografia. l'avvocato Secondo Pia, di
ritrarre la reliquia. Ma nella vaschetla
di fissaggio di Secondo Pia capita
qualcosa di straordinario, di impre-
vedibile. fniziano gli studi scicntifici
sulla Sindone.
La Sindone e la scienza
Quando Secondo Pia fjssò lo
sguardo sulla lastra in via di sviluppo
nella sua bacinella di fissaggio.
sgranò gli occhj: su di essa si andava
formando sempre più marcatamente
non un negmivo, ma l'immagine posi-
tiva e chiarissima di un volto umano,
molto simile a quella che i pittori me-
dievali e rinascimentali avevano at-
tribuito a Cristo. Appena il fotografo
frastornato poté riacquistare la caJ-
ma, pensò che se nella sua bacinella
di fissaggio c'era una perfetta imma-
gine positiva, voleva dire che l'im-
pronta della Sindone era un negativo
altrettanto perfetto.
Il negativo. Appena la notizfa si di-
vulgò, e si poté costatare che il Pia
non aveva per nulla « ritoccato» il suo
negativo, la meraviglia fu generale.
Prima dell'invenzione della fotogra-
fia, infatti, nessuno aveva mai potuto
pensare di djpingere in «negativo»
qualcosa che, nell'inversione fotogra-
fica (quando cioè l'ombra diventa lu-
ce e la luce ombra) potesse diventare
un'immagine positiva. Si aveva così ,
di colpo, la certezza che la Sindone
non era un dipinto.
Le fotografie eseguite con macchi-
ne più perfelle nel 1933 ùa Giuseppe
Enrie e nel 1969 dal professor G . B.
Judica Cordiglia confermarono pie-
La Sindone: quadro di G.8. Della Rovere (Pinacoteca di Torino).
PERCHE' L'OSTENSIONE DELLA SINDONE
* L'occasione esteriore è offerta da un centenario: 400 anni fa, nel 1578, il
principe Emanuele Filiberto di Savoia trasferi la Sindone da Chambéry a Torino.
* L'interesse religioso e scientifico della reliquia ha ormai raggiunto dimen-
sioni universali. e l'ostensione sarà anche occasione per fare Il punto sulla
«sindonologia»: i più noti studiosi si incontreranno a Torino. La risposta della
Sindone alle domande dei ricercatori sono state finora positive: non è stato
possibile mettere insieme argomenti scientifici che neghino la sua autenticità. In
pratica la Sindone risulta oggi Il più appassionante punto d' incontro tra la fede e
la scienza in 2000 anni di cristianesimo.
* Ma la Sindone contiene un messaggio anche semplicemente umano. La
sconcertante figura di uomo di dolore• suggellata sull'antico lenzuolo porta a
.vedere in lui - come ha rivelato l'Arcivescovo di Torino - anche tutti i fratelli
crocifìssi del mondo, al quali siamo legati daJla carità del vangelo, e nei quali
possiamo e dobbiamo amare Il Salvatore».
Qualunque sia la nostra tede - ha dichiarato Paolo VI-. quali che siano le
nostre convinzioni, la Sindone ha qualcosa da dirci: l'appello che questo len-
zuolo insanguinato cl rivolge non è soltanto verticale, di richiamo religioso alla
realtà divina. E' un appello anche orizzontale, accettabile da tutti. E' l'immagine
dell'uomo perseguitato .dall'ingiustizia, Il volto di ogni vinto, emarginato, op-
presso, innocente. che come Gesù è stato perseguitato e ucciso».
* L'ostensione della Sindone può tornare utile anche agli Incerti, ai curiosi,
ai superficiali, può risultare una delle vie che conducono a Dio. Gesù non si
mostrò soltanto ai credenti, ma a tutti; e quel certo Zaccheo che - come
riferisce la pagina evangelica - salì sul sicomoro per sola curiosità, ne ridiscese
per approdare alla tede. Di fatto non pochi studiosi che si sono misurati sull'ar-
gomento della Sindone, anche partendo da posizioni di ateismo, si sono almeno
avvicinati alla fede.
• Il signìficato più pleno dell'ostensione sarà però colto dai cristiani di tede
viva. La Sindone si presenta come documento eccezionale della passione del
Signore•• ci aiuta a conoscere meglio Il suo volto•. ha dichiarato l'Arcivescovo
di Torino. E già nel 189811 poeta francese Paul Claudel, nel contemplare le prime
sorprendenti fotografie della Sindone che mostravano Il volto sereno, composto
nella maestà della morte, di un uomo che pochi istanti prima di spirare aveva
detto « Tutto è compiuto», era uscito quasi in un grido di stupore: Ma è una
seconda risurrezione!»
(e.b.)
4

1.5 Page 5

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namentc l'inLUizione del Pia. Poiché al
tramonto del venerdì cominciava per
gli ebrei il giorno sacro del sabato, in
cui non era permesso cffelluare se-
polture, la salma di Gesù calata dalla
croce nel pomeriggio del venerdì fu
sepolta con una certa fretta. Si trala-
sciò il bagno e l'unzione rituali. Il
corpo fu adagiato su di un lino nuovo,
cosparso abbondantemente della
mirra e dell'aloe che Nicodemo aveva
portato con sé. li corpo fu poi rico-
perto piegando il telo di lino dalla
parte della testa, e quindi legalo con
bende. Gli atti essenziali erano com-
piuti. La domenica, poi, le pie donne
avrebbero completato la mesta [un-
zione. Fecero i-otolare la pesante pie-
tra a chiudere l'ingresso del sepolcro.
In quelle ore, la mirra e l'aloe si me-
scolarono al sudore e al sangue, for-
mando sul lino un'impronta negativa
color bruno scuro del corpo.
Ma la fotografia non aveva ancora
finito di «lavorare» sulla Sindone.
Il computer. Nel 1973, quando la
Sindone viene presentata per la prima
volta alla televisione, il pro(essorc
Giovanni Battista Judica Cordiglia
fotografa la reliquia all'ultravioletto e
alla luce di Wood.
Le immagini scattate da Judica
Cordiglia vengono inviate a due tec-
nici americani del lei Propulsio11 la-
borarory di Pasadena, che le sotto-
mettono allo stesso procedimento di
scomposizione e di analisi a cui sono
state souopostc le immagini di Marte.
Mediante uno scanner ogni immagine
è scomposta in una serie di punti pic-
colissimi (un micron cli diametro).
Ognuno di essi è contraddistinto da
un numero in codice che indica la sua
intensità luminosa, e viene identifica-
to secondo .le sue coordinate cartesia-
ne. Un compiuter ha quindi eseguito
su di essi una luDga serie di elabora-
zioni. Ne ricordiamo una. Ha indivi-
duato tutti i punti relativi alla trama
del tessuto e quelli causati da una fj_
nissima polvere presente sut tessuto
stesso. «A questo punto - scrive Bru-
no Ghibaudi - privando ogni segnale
in codice delle parti co,-rispondemi alla
trama e alla polvere, è stato possibile
ollenere i111111agini elettroniche assai
più nitide di quelle già bellissime scat-
tate da .ludica Cordiglia. I segnic/1iari e
evidenti della materia organica del
corpo di Cristo hanno racco11talo una
storia in gran parte inedita della sua
passione».
La passione secondo il computer.
Si è potuto ricostruire per esempio,
tutta la dinamica della flagellazione:
il nagcllo non era soltanto contun-
dente ma anche lacerante; Gesù è
stato flagellato in posizione curva e
noD in piecli (come l"ha presentato
ZeffireJJi); i flagellatori erano due e
hanno inferto almeno 121 colpi su
tutto iJ corpo, risparmiando soltanto
la zona del cuore. Di questi colpi il
computer ha calcolato perfino la for-
za d'impatto.
Il Duomo di Torino, che dal 1694 conserva la Santa Sindone.
L'OSTENSIONE DEL 1978
La 11• ostensione pubblica della santa Sindone avrà luogo nel Duomo di
Torino dal 27 agosto all'B ottobre 1978. Con la durata di 6 settimane, risulterà la
più lunga della storia. La precedente ostensione pubblica risaliva all'Anno Santo
1933 (nel 1973 si era però avuta un"ostensione televisiva).
La Sindone sarà collocata sull'altare maggiore del Duomo torinese, rac-
chiusa in una grande teca di vetro a prova di proiettile e riempita di gas Inerte. li
sacro lenzuolo sarà esposto al pubblico In posizione orizzontale. I fedeli che
nelle precedenti ostensioni potevano osservare la Sindone da una distanza
minima di 15 metri, ora potranno entrare nel presbiterio e sfilare a una distanza di
3-4 metri dalla teca.
Ogni giorno il duomo di Torino aprirà le porte alle 7 del mattino. Dopo una
celebrazione della Parola di Dio, i fedeli potranno cominciare a sfilare. La chiu-
sura del tempio avverrà alle 21. Nei pomeriggi dei quattro mercoledl di settembre
l'ingresso sarà riservato ai malati.
Nel cortile del seminario metropolitano, a due passi dal duomo, verrà allestito
un complesso di sussidi audiovisivi per la necessaria pre-lettura,. e compren-
sione della Sindone.
Durante il mese di settembre si svolgerà a Torino un Convegno di studio per
fare il punto sulle ricerche sindonologiche. Vi prenderanno parte studiosi delle
più disparate discipline, compreso un docente di polizia scientifica e alcuni
esperti della Nasa. Il convegno è organizzato da l « Centro Internazionale di
Sindonologla •, sorto a Torino nel 1959, che da anni pubblica la rivista Sindon
contenente articoli di medicina, storia, esegesi e arte sulla sindone.
E' previsto l'arrivo a Torino di 5 mllloni di pellegrini, e la città sarà chiamata a
un notevole sforzo logistico per la loro accoglienza. Ha detto in proposito l'arci-
vescovo di Torino padre Anastasio Ballestrero: Mi auguro che attorno alla
Sindone non fiorisca la speculazione. La Chiesa torinese vuole restare estranea
a tutti i problemi logistici, turistici, economici legati all'avvenimento•.
Il computer ha confermato che a
Cristo non fu posta una «corona» di
spine, ma una «calolla» completa. La
parte destra del volto è sfigurata, Una
ciocca di capelli sulla sinistra del vol-
to, è completamente imbevuta di
sangue. La barba è strappata. Sulla
guancia si vede un colpo di bastone
che ha rotto le cartilagini nasali.
Le zone sovrascapolari destra e si-
nistra sono contuse, il ginocchio sini-
stro è lacerato. ci sono tracce di una
legatura di corda sulla gamba sini-
stra: tulio questo dimostra che l'uo-
mo della Sindone andò al Calvario
reggendo sulla schiena il «patibu.-
lum », cioè l'asta orjzzontale della
croce. Un'estremità del « patibulum »
era legata alla gamba sinistra, l'altra
estremità era legata al condannato
che gli camminava davanti. Gli strat-
toni lo fecero cadere più volte sul gi-
nocchio sinistro,
Anche la dinamica della crocefis-
sione e dell'agonia in croce sono state
illustrate dal computer. I chiodi furo-
no tre: due nei polsi e uno nei piedi.
Le braccia fissate al «patibulum»
sopportavano tutto il peso del corpo,
e La loro trazione bloccava i movi-
menti del torace e del diaframma.
Sentendosi soffocare, il crocifisso po-
teva fare un solo movimento: facendo
forza sul chiodo dei piedi, tirarsi su..
Questo gli procurava un dolore terri-
bile e crudele, ma gli permetteva UD
attimo di respiro, fino a che, sfinito,
ricadeva. La ferita dei piedi attesta
5

1.6 Page 6

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DON BOSCO E LA SINDONE - - - - - - - - - - .
Nel 1815 Napoleone si avviava malinconicamente al suo esilio nell'isola di
Sant'Elena in pieno oceano Atlantico; e il Papa Pio VII, già suo prigioniero,
rientrava libero In ltalfa. DI passaggio da Savona, il Papa deviava fino a Torino
(19-22 maggio), accolto con entusiasmo dalla popolazione. E otteneva dai Sa-
voia dì presentare la Sindone "dalle logge del palazzo Madama all'immensa folla
genuflessa - come raccontano le Memorie Biografiche di Don Bosco-. Il Papa
nel mezzo e Ivescovi ai lati, sorreggevano l'insigne relfqula, mentre le campane
della città suonavano a festa, e Il cannone annunciava al lontani Il faustissimo
avvenimento . Pochi mesi dopo, il 16 agosto, in una cascina dell'astigiano na-
sceva Giovannino Bosco. Ancora un mese, e il 15 settembre Pio VII firmerà il
decreto istitutivo della festa di Maria Ausiliatrice.
Due volte durante la vita di Don Bosco avvenne l'ostensione della Sindone, e
n ambedue icasi Don Bosco accorse e ne fu testimone. 1121.4.1842, per le nozze
del principe ereditario Vittorio Emanuele (Il), « la sacratissima Sindone espone-
vasi, dalle logge del palazzo Madama, allo sguardo e alla venerazione dei popolf.
L'immensa piazza e le vie erano riboccanti di gente, che a dimostrare la propria
fede recavasl con giubilo a venerare la santa reliquia. Don Bosco pure accorse, e
con tutti I giovani dell'oratorio. (Era il piccolissimo drappello dei primi ragazzi di
Don Bosco, dato che egli aveva cominciato a raccoglierli da meno di sei mesi -
ndr.). Egli che era tenerissimo verso i dolori del Salvatore e della divina sua
Madre, di questo commovente spettacolo si valse per destare nei suoi giovinetti
odio al peccato e un amore ardentissimo a Gesù redentore•.
La seconda volta fu nel 1868, per le nozze del Principe Umberto. Ai torinesi in
festa venivano offerte «corse di cavalli, concerti musicali, tornei e tombole po-
polari, luminarie e fuochi artificiali in piazza d'armi•· Quanto alla Sindone, • non
senza difficoltà l'Arcivescovo di Torino aveva ottenuto che si mostrasse al po-
polo». Anche questa volta Don Bosco accorse. e naturalmente con i giovani del
suo oratorio.
Una nuova ostensione avvenne dieci anni dopo la morte di Don Bosr:o, a
partire dal 25 maggio 1898. Era il giorno dopo la festa dell'Ausiliatrice, e in Torino
le due circostanze religiose si sommarono nella partecipazione popolar<:. La
«propaganda• fatta dal salesiani alla Sindone in quegli anni è tale che uno dei
pochi avversari della sua autenticità, un certo Chevalier, studioso francese, in
una pubblicazione del tempo non nasconde Il disappunto: « I salesiani di Don
Bosco se ne sono fatti, malgrado la mia dissuasione, i propagatori nei due mondi,
con l'incoraggiamento dell'autorità».
Negli anni seguenti si intensificano gli studi sulla Sindone, e diversi salesiani
dettero ìl loro contributo. Don Noel Noguier fu Il primo. Don Antonio Tonelli nel
1931 era nel Comitato che con Enrie esegui le nuove fotografie, e quell'anno
stesso pubblicò presso la Sei un volume con la sintesi dei suoi studi.
Don Pietro Rinaldi ha pubblicato in inglese a New York« E' il Signore - studio
sulla Sindone». Altri studi sono stati condotti da don Eugenio Vismara, don Pietro
Scotti, don Luigi Fossati, ecc. Un bel volume di divulgazione. uscito in questi
mesi, è dovuto alla penna di don José Carrerìo.
Produzioni recenti sono presentate nella rubrica ''Libreria" di questo fasci-
colo, a pag. 19.
(e.b.)
che l'uomo della Sindone più volte si
sollevò e accasciò, fino all'esauri-
mento delle forze, alla tenanizzaz.ione
dei muscoli e alla morle per asfissia.
Sotto il tallone dell'uomo della Sin-
done, il computer ha pure rilevato
delle impronte digitali stampate col
sangue, lasciate da coloro che lo de-
posero dalla croce e lo adagiarono sul
lenzuolo.
D tessuto di lino. Una delle più
vecchie obiezioni contro l'autenticità
della Sindone nasceva dal tessuto di
lino. Esso non è a trama regolare, ma
a ,,spina di pesce»: un tipo di lavora-
zione che era di moda in Francia in
tempi recenti, e che faceva pensare a
un «falso» costruito proprio in Fran-
cia. «La smentita - scrive Vittorio
Messori - è venuta dagli scavi di An-
tinoe. Qui, nella Tebaide egiziana, gli
ard1eologi hanno portato alla luce
l'orlo di un cuscino funebre del primo
secolo, tessuto a spina di pesce». Ma
la smentita si poteva trovare anche
più vicino: in molti musei, anche nel
6
museo egizio di Torino, si conservano
lini antichi di duemila anni, tessuti
con la medesima tecnica.
ll polline. U professor Max Frei, già
direttore della polizia scientifica di
Zurigo, ba affrontato lo studio della
Sindone da un altro Jalo. Insieme ai
professori Roberto Spigo e Aurelio
Ghio, nel 1973 prelevò campioni della
polvere finissima che è presente sulla
superficie del lenzuolo e compì una
serie di ricerche palinologiche. Pali-
nologia significa scienza de.I polline.
Nella polvere è sempre mescolata una
quantità pili o meno grande di polline
proveniente dai fiori di una regione.
Lavorando al microscopio, si indivi-
dua la struttura dei vari pollini esi-
stenti in una polvere e si mettono in
confronto con pollini fossili di varie
epoche e raccolti in terreni diversi. Si
può così individuare a che epoca ri-
sale un oggetto, e in quali posti è stato.
Nella primavera del 1976, Max Frei,
che non è cattolico, ha pubblicato i
risultati del suo studio. Dichiara:
« Non so se in questo lenzuolo è stato
avvolto il corpo di Gesù. Posso però
affermare con certezza che il 1essuto
risale all'epoca di Cri.sto, e che è stato
esposto senza dubbio alcuno in Pale-
stina, Turchia, Francia e Italia nelle
epoche in cui la storia conferma che la
Sindone si trovava in quei luoghi».
L'inqufotante domanda
Il primo risultato rigoro!.o emerso
dagli studi scientifici è questo: sulla
Sindone di Torino non c'è una pittura,
ma /'impronta di un uomo crocifisso
circa 2000 anni fa. Scrive Vittorio
Messori: «Chi osservava che nelle
mani del crocifisso non è restata im-
pronta del polJice, ha ricevuto rispo-
sta dalla fisiologia: penecrand0 nei
polsi, il chiodo ferisce un nervo che
1ipiega il pollice all'indietro. Quel se-
gno di sangue a forma <li tre sulla
fronte non è , come aJcuni afferma-
vano, il simbolo disegnalo da un ipo-
tetico falsario. L'anatomia ba dimo-
strato che il sangue sulla Eronle dove-
va assumere quella forma nei croci-
fissi cui la pelle si corrugava nello
sforJ.:O disperato di respirare. Quella
spalla destra, quella scapola sinistra
gonfie del trasporto del «patibu-
lum »... Tutto concorda con quanto
sappiamo dell'antico supplizio e con
quanto i Vangeli ci dicono».
Giulio Ricci, uno dei più seri e pre-
parati studiosi della Sindone, scrive:
«E ' esclusa anche l'ipotesi di una sta-
tua o di un corpo irnbra,ttato di sangue
fresco, perché la natura del c:olore delle
ferite rivela tipi di sangue vivo e
post-mortale sgorgato da ferite vere, da
flagellazione vera, da crocifissione
drammaticamente vera,,.
Rimane l'ultima, inquietante do:
manda: l'uomo crocifisso della Sin-
done è Gesù di Nazareth? o è uno dei
moltissimi crocifissi dalla barbara e
crudele «civiltà» dei Romani?
La risposta. La storia della Sindone
e della sua venerazione da parte dei
Cristiani è quella che abbiamo espo-
sto. Una serie di circostanze spinge a
riconoscere nell'uomo de.Ila Sindone
quel Gesù di Nazareth di cui padano i
Vangeli: la flagellazione descritta da-
gli evangelisti ha lasciato i ~egni su
quellenzuolo; la coronazione di spine
(che non rientrava certo nella proce-
dura penale del tempo) ha sul lino la
sua documentazione; il colpo di lan-
cia che i Vangeli riferiscono inflil10 a
Gesù morto (anche questo Fuori della
procedura comune), è documentato
in modo evidente sul lato destro, tra la
sesta e la settima costola del crocifis-
so. « Gli studiosi ha11no accumulato
prove sconcertanti a faPore dell'ipotesi
che quello sia davvero il lenzuolo
nuovo comprmo da Giuseppe d'Ari-
matea la sera della Passione», conclu-
de Messori.
Ma a questo punto, ognuno è chia-
mato a dare la «sua» risposta.
TERESIO Bosco

1.7 Page 7

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EXALLIEVI DI DON BOSCO
Una nazionale exallievi
ai mondiali di calcio?
Cercando tra i 400 calciatori e tecnici che nel giugno prossimo si
porteranno in Argentina a disputare i campionati mondiali di calcio,
forse è possibile comporre una squadra completa di Exallievi di Don
Bosco, con le riserve e I tecnici. Ecco i nomi che Il BS mediante una
sommaria inchiesta è riuscito a mettere insieme.
P robabilmcnte ce ne :,ano parecchi
altri. quanti basterebbero per lare
non solo l'intera squadra, ma anche
gli uomini della panchina e le riserve.
Il dn10 sicuro è quesLO: una decina di
exallievi :,alcsiani saranno di sicuro
prcsl.'nli ai campionali mon<lioli di
calcio che stanno per svolgersi in Ar-
gen1ina Ira rt e il 2'i giugno prns!-imi.
Gio,·anolli :.olid.i. che nello sport
del calcio, cohivato dapprima sui
campclli <li un collegio o ùi un orato-
rio, esprimono ora nell'esaltazione dei
"mondiali• la loro gioia di \\ ivere.
Ragani cre:.ciuti nelle :,cuolc c par-
rocchie salesiane, accanto o qualche
figlio di l)cm Bosco entusiasta come
loro di quella vescica gonri~t d'aria e dì
fantasia che chiamano pallone. Per
quel che è <lato :,apere !>Ono ragani
seri. che si comportano bene nella \\'t•
ta come nel gioco. dei quali Don Bo-
sco in persona :.arebbe pienamente
soddisfallo. Vogliamo vedere chi so-
no?
L'elenco che il BS fino a questo
momento è riuscilo a mettere in~ie-
mc, l: di certo incompleto, perché dì
tante nazionali non si sono potuli
avere i dati: e tanto meno è dcrinitivo,
perché al momento <li andare in tipo-
grafia le com oc.uioni non sono an-
cora a, venute. Ma que:.to elenco è già
tale da rj-.crvarc non poche gradc\\.oli
sorprest• agli intendiLOri di calcio.
della casa !>alc-.iana di Sào Joào del
Rev.
(:Italia può contare su quella realtà
cotiaudatissima che è il , elerano Gia-
cinto Facchclli. un centrocampista,
cxallievo dcll'oratorio di Treviglio
<Bergamo). Sovcntt· t' ,olentieri in
questi anni é 101 nato al suo antico
collegio, per premiare i campioncmi
di oggi.
Poi c"è Roberto Bcncga. ala sim~tra
anurra che nel '64 era in 1erta media
al Richelm,· dt Torino. « Roberto, co-
m'era la sua pagella?,. «Abbastanza
Una decina di giocalorl. Tra i sicuri
convocali e i responsabili, è stato
possibile rnccogliere una decina <li
nomi, riguardanti le n;uionali di Au-
stria, Brasile, Italia, Polonia e Spagna.
La na,ionale dell'A11sirù1 può con-
tare su due lrateJJi, Fried e Pctcr
Koncilia. in lisla per l'Argentina. Fried
<Federico), è portiere titolare della
muionalc. e Pcter un attaccantt•. Am-
bedue giocano nt!I Wackcr <li lnn-
sbruck. Sono cresciuti nella parroc-
chia ~alt•siana « St. Ruprcchl » di Kla-
genrurt: ragaz.d del piccolo clero,
giovani c~ploratori, passati dalla
squadreua <lell'oratorio ai campiona-
ti mondiali..
Il Brn!>,/e detentore del lllolo mon-
diale 11unta le sue cane sul centra-
vanti Rcinaldo: è capo-cannoniere
dell'ultimo campionato bra!.ihano.
uno dea giocatori nuovi e di prci,tigio
della nazionale. e viene dai campeui
buona. Non anduvo mallo per gli stu-
di, giocavo già al calcio, che era la mia
passione. Ma una buor:ia parte del
1cmpo lo dedicavo seriamente agli
studi».« E i suoi educatori salesiani?»
«Con qualcuno ho dol'uto battagliare
(si capi.\\ce, a motivo di:/ calcio), ma mi
:.ono 1ro,·a10 bene. Mi hanno in:.e-
gnato qualcosa di \\'alido: se ~ono cri-
stiano. se credo, in buona pane lo de-
vo a loro•. li BS gli ha dedicato un
articolo nel luglio 1977 (pag. 14-1 :;).
Qualcosa è :,bocciato anche nei
paesi dell'EM, precisamente in Polo-
Oall'ltalla tre exalllevl di Don Bosco per I cam-
pionati mondlall di calcio In A,ventlna: qui so-
pra, Roberto Bettega; nella loto In basso, Il
lecnk:o della nazlonale Enito Beano! con Gia-
cinto Facchetti.
111a: un'altra ala sinb1ra Gaclocha,
punto di forza della na1:ionalc polac-
ca, è exallicvo salesiano.
La Spagna presenta antitutto la
me1.zala sinistra Asensi, exaUievo di
Alicante. Altro candidai() ai mondiali
è Sebasùan Alabanda, giocatore del
Betis che l'anno ::.cor~o ha vinto la
coppa di Spagna: ha dbpulalo divcr-
!>C parlite ncll~ fasi eliminatorie. e di
sicuro figurerà nell'elenco del tecnico
Kubala E" nato a Po~adas /C6rdoba)
e ha imparaw a sgambcllarc nel col-
legio salesiano di quel piccolo centro.
7

1.8 Page 8

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«Che ricordi hai del collegio?», gli
hanno chiesto. «Sono stato sul punto
di rarmi salesiano, poi la passione per
e il calcio ha avuto il sopravvento... ».
Ora sposato e ha un figlioletto di 2
anni.
Ma altri e-.allicvi spagnoli proba-
bilmente saranno mandati in Argen-
Lina, come Gregorio Benito, un cen-
trocampista examevo di Madrid (Ato-
cha), e Marmi.on che milita nell'Espa-
flol e ha tirato i primi calci sul cam-
pettO salesiano di Pamplona.
. Anche il tecnico. Naturalmente per
lare una squadra i giocatori non ba-
stano. Ci vuole l'allenatore, e gli exal-
lievi possono contare sul tecnico az.
zurro Enzo Bean:ot, già scolarello
delle medie al « San Luigi» di Gorizia.
Dai saJesiani passò ai Gesuiti per il
liceo, e poi alla « Pro Gorizia». Medico
mancato, è rimasio uomo di cultura. e
uomo di fede schietta, professata
senza tentennamenti.
Per fare la loro squadra gli exaJlievi
potrebbero contare eventualmente
anche sull'allenatore Vinicio (brasi-
liano ben noto in Italia, che frequentò
il ginnasio nella scuola salesiana di
Belo Horizonte). E se occorresse un
dirigente, c'è Giampiero Boniperti. E
se occo1Tcsscro un giornalista o un
radiocronista, LI simpatico Pier Cesare
Barelli vice-direttore di Tullosport e
l'intramontabile Nicolò Carosio
(exalHevi di Torino Valsalice) non si
tirerebbero certamente indieLro...
Gli uruguayani Sarebbe lungo se
oltre a questi nomi di oggi si volessero
ricordare i nomi del passato. Si do-
vrebbe per esempio parlare dei gio-
catori w·uguayani diventati campioni
del mondo nel 1930, quandosi disputò
il primo campionato mondiale: José
Nasazzi, Lorenzo Fernandez, e l'idolo
Pablo Dorado. Si dovrebbero aggiun-
gere i nomi del I950 quando lo stesso
Urugua_v bissò la conquista della cop-
pa Rimet con l'exaWevo Giulio Pére7
e con l'allenatore Juan Lopcz...
Giocatori che vinsero e convinsero
forse anche perché avevano un «afi-
cionado » speciale nel cielo, Don Bo-
sco. Quel Don Bosco che da giovane
fu atleta eccezionale, e in mancan1.a
delle moderne discipline sportive fu-
roreggiò come funambolo e saltim-
banco. Quel Don Bosco che già avanti
negli armi scendeva in cortile con i
suoi ragazzi, Li metteva in fila e li sfi-
dava aJla corsa.
Ma tornando al presente - anzi al
ruturo - , la Famiglia Salesiana è lieta
di essere ben rappresentata ai mon-
diali di Argentina. Il BS attende da chi
è informato la segnaJazione dei nomi
dimenticari e sconosciuti. e conta sul-
la consulenza tecnica di qualche
esperto per distribuire i ruoli con
* esattezza e varare così una vera e
propria squadra mondiale degli Exal-
licvi di Don Bosco.
8
BRASILE
I « ragazzi svegli»
di Belo Horizonte
Una scuola salesiana, insoddisfatta del suo normale tran-tran, da sei
anni ha aperto le porte ai ragazzi emarginati delle baracche: li prepara
a un lavoro, trova loro il posto, e continua a seguirli per anni. Ne
riferisce Angelo Montonati, exallievo e noto giornalista della Famiglia
Cristiana, che è andato sul posto a vedere.
B elo Hori;,;onte, quasi due milioni
di abitanti, 250 mila ragazzi ab-
bandonati per la .strada. Arrivo nella
capitale dello stato di Minas Gcrais
(miniere generali) famoso per le pie-
tre preziose e scmipre7jose.
Dall'aereo. lo sguardo si perde in
una selva di grattacieli. spuntali come
funghi in pochi anni: Belo Horizonte
non ha neppure un secolo (la sua
fonda1.ionc risale al 1900); dopo un
ventennio contava 55 mila persone,
nel 1960 700 mila. nel '70 un milione
23'i mila. La città è simbolo della
strepitosa crescita di questa nazio-
ne-continente, che da sola è estesa
quasi quanto la vecchia Europa.
La favela. A un quarto d'ora di
macchina dal centro, la periferia ti
aggredisce con violenza. Siamo nelle
«favelas». Si ha subito l'impressione
visiva che alla gente manchi tutto.
Parlano con orgoglio della crescita
vertiginosa della cillà e non dimenti-
cano mai di dire qualcosa sullo stadio
« Minas Gerais» capace di contenere
130 mila spettatori: ogni volta si
riempie; qui non aspettano il «derby»
per rare il tifo, ogni partita è sempre
«partitissima». Al collegio «Don Bo-
sco» cerco Raimondo Mesquita, un
salesiano coadiutore di 45 anni di-
ventato popolarissimo per un'opera
dal nome strano. Vigilantes mirins,
che signirica prcss'a poco « ragazzi
svegli». Ma Mcsquila non c'è. I «vigi-
lantes» tutlavia li riconosco subito:
sono come me li hanno descritti. arri-
vano a gruppetti di tre o quattro, in-
dossano la caratteristica divisa -
pantaloni e cravatta blu scuro, cami-
cia azzun·o chiaro - e tenendo una
borsa in mano. Dopo alcuni minuti
sciamano in piscina. nel campo di
calcio, o attorno ai verdi tavoli del
ping-pong.
Basta guardarli in faccia per indo-
vinarne la storia: la loro età, dai 12 ai
11\\ anni, non va calcolata coi dati
anagrafici; spesso per loro l'infanzia e
la giovinezza non sono esistite, si tTo-
vano subito adulti alle prese coi pro-
blemi degli adulti. Molti sono in pra-
tica dei capi-famiglia. sulle cui spalle
gravano genitori malati o disoccupati,
e tribù di fratelli più piccoli. Eppure
hanno visi eccezionalmente espressi•
vi e aperti. Mi salutano come se m i
conoscessero da anni.
Nella «favela» affidata ai salesiani,
c'è una parrocchia, che la gente cu-
riosamente chiama «cabana do pai
Tomas», capanna dello zio Tom, dal
nomignolo di un vecchio guaritore
che vi abitava. Siamo nel quartiere
più malfamato della città, che è anche
il più povero. Si capisce come qui sia
facile divenrare delinquenti per sbar-
care il lw1ario. Ammassati in barac-
che e casupole miserabili vivono 25
mila persone. Mancano di acqua, fo.
gnature, luce elettrica, Aggirarsi di
notte da queste parti è pericoloso.
J1 problema-chiave è quello del
contatto umano. Me lo ha spiegato lo
stesso Mesquita, che ho poi incontra-
to a Roma. «Quando •- spiega Rai-
mondo - affidarono ai saltsiani
questa parte della città, ci riunimmo

1.9 Page 9

▲back to top
per studiare una prima forma di con-
tatto con la gente. che non ci cono-
sceva. Poiché la grossa piaga locale si
chiama disoccupazione. decidemmo
di aprire il dialogo parlando del posto
di lavoro».
I primi trenta. Una domenica mat-
Lina, durante la messa delle 9, un pre-
te salesiano cominciò l'omelia dicen-
do che aveva bisogno di una trentina
di ragazzi da collocare in ciuà per un
impiego retTibuito. Gli interessati si
sarebbero dovuti presentare nel col-
legio salesiano di Belo Rorizonte. Sul
momento qualcuno storse il naso. Il
I ragazzi della lavela (a sinistra), frequentando
appositi corsi nella scuola salesiana, diventa-
no . ragazzi svegli (foto sopra).
collegio di cui parlava era di solito
destinato a ragazzi di famigHe bor-
ghesi e benestanti: i poveri guardava-
no con malcelata invidia quell'edifi-
cio moderno e accogliente. dal quale
si senlivano esclusi.
«Tuttavia - prosegue Raimondo
- la mattina seguente alle sci fuori
del portone si era già formata una
lunga fila di ragaz7J in attesa. Li con-
tai, erano 282. Bisognava sceglierne
30, dando la preferenza ai casi più dj-
sperali. Distribuimmo a tutti un que-
stionario da compilare indicando no-
me. cognome, età, situazione familia-
re. occupazione dei genitori e loro sa-
lario, indirizzo dell'abitazione. Sulla
base delle risposte visitammo poi tut-
te le famiglie. per renderci conto della
loro situazione socio-economica. Sce-
gliemmo 30 ragazzi coi quali il giorno
dopo cominciammo l'esperimento.
Dalle 8 alle IO di ogni mattina li
portavamo al collegio perché irnpa-
rasserò a rispondere al telefono, a ri-
cevere una persona, a trattare i clienti
allo sportello di un ufficio o di una
banca, a compilare una fattw·a com-
merciale, a sbrigare le pulizie, andare
alla posta per inoltrare o ritirare la
corrispondenza.
Insieme al rapido addestramento,
puntavamo in massimo grado al con-
tatto umano. In « favela» si vive come
un'unica grande casa dove l'isola-
mento è latitante. l'intimità impossi-
bile, e si sente tutto ciò che accade al
vicino... Il che genera un clima di re-
ciproca diffidenza. A questa gente,
oltre al lavoro e al cibo. manca anche
il calore di un affetto, di un'amicizia.
Dopo una quarantina di giorni, ci
parve cli notare qualche sintomo ili
cambiamento. Jn meglio, s'intende:
alla sera, tornando in famiglia, i ra-
gazzi trovavano sempre qualcosa di
nuovo da dire: avendo imparato a
farsi le pulizie personali, si guardava-
no allo specchio e, una volta lavati e
vestiti in maniera decente, facevano
la loro bella figura... 1 geni tori e i fra-
telli li trovavano diversi... ».
Preparato il primo gruppo, nac-
quero grosse difficoltà. Mesquila fece
un giro in città, presso amici cx-all ievi
del collegio e cooperatori salesiani,
per chiedere se potevano dar lavoro ai
ragazzi. Racconta Raimondo: « Ci
dissero subito di sl. Quando però pre-
cisammo che li dovevano assumere
secondo il contratto nazionale di la-
voro, cambiarono colore. fl loro entu-
siasmo era cessato.
« In Brasile, per legge, il ragazzo
comincia a lavorare a 12 anni, e ha
diritto allo stesso salario di un adulto.
comprese le assicurazioni sociali, le
ferie, la tTedicesima, gli assegni fami-
liari. le trattenute per l'eventuale li-
quidazione, ecc. Pochi imprenditori
però osservano la legge, preferiscono
contraltare direllamcnte col disoccu-
pato una certa cifra, che di solito vie-
ne accetLata. 11 ricatto funziona sem-
pre. per chi ha lo stomaco a digiuno...
Tornammo al collegio decisamenie
scoraggiati.
«Ci riunimmo allora con l'intero
Consiglio lspelloriale per trovare una
soluzione: non potevamo ,dare una
delusione ai nostri rarrocchiani. doro
aver stabililo con loro il primo con-
tatto... Alla fine trovammo una for-
mula che accontentava tutti: i « pa-
droni» avrebbero pagato ai ragazzi il
salario intero; inoltre, avrebbero ver-
sato solo il 20 per cento in più diret-
tamente ai salesiani. i quali si sareb-
bero assunti gli oneri sociali. La no-
stra proposta fu accettata».
La piattaforma. Nei dettagli la
«piattaforma» prevede che con que-
sta quota pari al 20 per cento del sa-
lario i salesiani efl'ettuino i versa-
menti per l'INPS (Istituto Nazionale
Previdenza Sociale, la sigla è identica
a quella italiana), e la Cassa Malattia e
Infortuni (ci.rea 8 per cento). un a.llro
8 per cento viene accantonato per il
cosiddetto «fondo di garanzia» che
provvederà alla Hquidazione: il resto
serve per gli assegni familiari, per la
tredicesima e per le ferie.
Il salario minimo stabilito per legge
è auualmcnte di circa 1500 cruzeiros
(poco più di 50 mila lire). Tuttavia i
cruzeiros. per il datore di lavoro che
voglia davvero rispettare i contratti,
con gli oneri diventano quasi iJ dop-
pio. Ecco perché quasi lutti rifiutano
assunzioni regolari. favoriti in questo
anche dall'assoluta mancanza di con-
trolli statali. Ma iJ governo, ~apcndo
Raimondo: Ml considero un frutto delle mis-
sioni salesiane. Ho deciso di farmi salesiano
per dedicarmi al poveri delle favelas• .
che i salesiani suppliscono alla gre t-
tezza dei «padroni», ha dichiarato
l'intera ispelloria di Belo Horizonte
(che conta una trentina di opere) ente
filantropico; ciò consente ai salesiani
di « LTafficare» le quote assicurative
dei salari dei «vigilantes» anziché la-
sciarle inallive in banca, cioè di uli-
liz.zarne gli interessi per finanziare le
spese delJ'opcrazione. E' tulio qui
1'aiuto pubblico, per un'ini7,ia1iva che
meriterebbe ben altro.
Un ~indacalista ferrato. in Jtalia
griderehbe allo scandalo di fronre a
questa /; ovala, o addirittura accuse-
rebbe i religiosi di complicità nello
sfruttamento dei minori. Ma bisogna
metlersi nella situazione dei poveri e
rendersi conto dello strapotere dei
ricchi in queste terre, per convincersi
che la formu la adottata per i «mirins»
rappresenta già una grossa villoria.
anche sul piano dei diritti del lavora-
tore.
9

1.10 Page 10

▲back to top
Coscieotizzazione. Dove lavorano i
«vigilantes?» L'ho chiesto ad alcuni
mentre uscivano dalla piscina dopo la
nuotata: due sono impegnati come
fattorini in una banca, un terzo nello
studio di un avvocato, altri tre in
un'agenzia di viaggi. Bisogna dire che
dovunque si sono falli onore. La loro
labo1·iosità e la loro onestà stanno di-
ventando proverbiali a Belo Hc>rizon-
te, dove la stampa ha cominciato a
occuparsi di loro. Ai primi trenta «vi-
gilantes» ne sono seguiti presto alt1i
gmppi, ora i collocat·i sono 720, Ma i
risultati dell'esperimento si comin-
ciano a intravedere soltanto ora.
Dice Mesquita: «Non si traila sol-
tanto di trovare il posto a un disoccu-
pato, per noi salesiani l'obiettivo di
fondo è il recupero della persona
umana. Li nostro lavoro sta soprattut-
to nel seguire i ragazzi «dopo», ac-
compagnandoli nel loro cammino di
crescita materiale e morale. Andiamo
nell'ufficio di ciascun ragazzo per ve-
dere come si comporta, per aiULarlo a
risolvere eventuali problemi. Sabato e
domenica teniamo riunioni di gruppo
per discutere ciò che di importante
capita durante la settimana. Così il
collegio diventa per il vigilante un
punto di riferimento familiare, quasi
una seconda casa per utilizzare la pi-
scina paga un cruzeiro, venti volte
meno degli altri allievi: potremmo
anche farlo accedere gratis, ma quel
cruzeiro gli fa capire che è stato lui a
conquistarsi iJ dirillo al bagno. Non
gli diamo mai nulla per elemosina; a
Natale, niente pacchi-dono: durante
una grande festa, alla quale interven-
gono i familiari, distribuiamo la tre-
dicesima mensilità, che non è un re-
galo ma il frutto della loro fatica».
L'intervento delle famiglie dà una
dimensione comunitaria al lavoro
educativo: una dimensione che in
Brasile si chiama « co~cientiz,:zazio-
ne», parola ancora da non gridare
troppo forte, perché dà fastidio a
qualcuno, ma anche parola d'ordine
di lutti i cattolici impegnati sul piano
sociale.
Al loro fianco. Cinque salesiani
coadiutori mandano avanti il movi-
mento, vivendo a tempo pieno al
fianco dei «vigilantes» dalle 9 del
mattino. quando cominciano il «giro»
nei posti di lavoro per parlare coi
«padroni», fino a tarda sera; un con-
tatto che non ha soste e che non è
sempre facile, che esige diplomazia e
fermezza nello stesso tempo.
Di solito, alla base dei problemi c'è
un conflitto psicologico: «Un giorno
- racconta Mesquita - mi chiama-
rono per avvisarmi che uno dei nostri
ragazzi aveva perduto ogni entusia-
smo nella sua atlivilà, chiudendosi in
un mutismo inspiegabile. Ml ci volle
parecchio per scoprirne la ragione,
che era gravissima: il «mirin» aveva
sorpreso la madre con l'amante. La
donna approfittava dell'assenza del
marito (invalido di guerra, occupato
come guardia notturna a 200 cruzci-
ros mensili) per arrotondare il magro
bilancio familiare.« Se papà lo viene a
sapere - mi disse il ragazzo - li am-
mazza tutti e due». Andai dalla si-
gnora facendol.e capire che la tresca
era ormai di dominio pubblico. Lei si
giustificò dicendo che 50 cruzeiros al-
la settimana non bastavano per sfa-
mare gli otto figli, e che del resto il
maiito era al corrente e rassegnato.
Quando però la donna vide arrivare in
casa il primo slipendio di suo l'igl.io,
troncò la relazione, e in casa tornò la
serenità.
« Un altro "vigilante" mi annunciò
che si licenziava perché in ufficio
qualcuno si era lasciato scappare ap-
prezzamenti ironici su una sua sorella
di 16 anni, prostituta in attesa del se-
impiegaLO in un'agenzia del «Banco
Nacional». Lavora sodo, dalle 8 alle
18, con un solo breve intervallo per il
pranzo, consumato sul pos to nella
gavetta di alJuminio. Dopo il lavoro fa
un salto a casa per mangiare qualco-
sa. poi corre al collegio per i corsi se-
rali, e vi resta fìno alle 23. Ha una
volontà di ferro, capisce che soltanto
così potrà vincere la miseria della
propria condizione. «Si fa pre~to -
dice Vani - a chiamare delinquenti
quelli della «favela». Provate a viverci
voi in quell'inferno! Ebbene, voglia-
mo dimostrare che se ci danno una
mano, noi non siamo diversi dagli al-
tri, anzi possiamo batterli!»
L'esperimento dei «Vigilantes mi-
rins» è stato riproposto a Goiana, Vi-
toria, Brasilia, Campos e Rio dc Ja-
neiro. La congregazione lo ha fatto
•le borgate di Torino al tempi di Don Bosco non dovevano essere molto diverse dalle nostre
favelas., dice Raimondo Mesqutta.
condo figlio. Siamo riuscili ad avvici-
nare la ragazza e a convincerla che
una vita diversa sarebbe stata van-
taggiosa anche per la sua famiglia. Il
ragazzo ha immediatamente ritrovato
la serenità. Ora si è comprato un pez-
zetto di terra in periferia per cos1n.1h0 -
vi una casetta.
«Questo contallo quolidiano -
precisa Mer:,quita - è essenziale per
arrivare alla« bonifica» dell'ambiente
familiare. Per questo ogni giorno uno
di noi fa il giro della favela per parlare
con la gente. li sabato e la domenica
arrivano anche i gruppi di universitari
a darci una mano, tutti giovani in
gamba che hanno capito la necessità
di condividere il dramma dei poveri e
si danno da fare generosamente».
Provate a viverci voi. Quella dome-
nica ho parlato a Belo Horizonte con
un «vigilante» di nome Vani, 14 anni,
proprio, e cerca di estenderlo il pii:t
possibile.
[ntanio, a Belo Horizontc, si è im-
boccata una seconda prospettiva: in
un ex orfanotrofio non lontano dalla
città un gruppo di ragazzi sta prepa-
randosi a conseguire il diploma di
apprendista. La legge brasiliana vieta
l'ingresso in fabbrica a chi non sa
leggere e scrivere. Con corsi accelerati
che durano da 120 a 300 ore i ragazzj
risolvono il problema dell'alfabetiz-
zazione insieme a quello ùelJ'appren-
distato. Al mattino fanno pratica nei
laboratori per meccanici, saldatori.
ralegnami cd elettricisti; alla sera stu-
diano. Al sabato e alla domenica tor-
nano a casa. f salesiani pensano alle
spese di vitto e alloggio. i maestri in-
vece Li paga il governo. Una volta ot-
tenuto il diploma, trovare un posto
nell'industria è facile.
Tra i «vigilantes» di Belo Horizon-
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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te, undici hanno in1en1ionc di farsi
salesiani. per mettersi al scn izio della
loro gente. Forse, il rinnovamento
della congrega1jone e la ricerca di
nuove voca1.ioni passano attraverso
questa strada, e non soltanto in B1·a-
sile. A Mcsquita un confra1cllo coa-
diutore ha dettorecentemente: «Vedi,
io comincio adesso. a 1rcnt'anni suo-
nati. a vivere in pieno la mia vi1a sa-
lesiana, a tro\\'arvi un sen!>o... ».
Se è stato possjbile per me. Rai-
mondo Mesquita il 3 1 gennaio scorso
ha compiuto 28 anni di prolcssione
salesiana. L'idea dei« vigilantes» ha la
sua eia. è nata dalla sua sic~ cspc-
rien1.a di \\'ita. U padre ave, a bouega
di barbiere, ma praticamente lavora-
va soltanto il sabato e la domenica,
perché in paese barba è capelli sono
frullo delle mis:.ioni salesiane. Coi li-
bri in mano mi sono !>Ubito sentito un
altro: e pian piano la situazione della
mia lamiglia è cambiata. Allora mi
!>on detto: se è Mail> possibile per mc,
deve esserlo per tutti q uanti faranno
come mc. Così ho deciso di farmi sa-
lesiano per dedicarmi ai poveri delle
favelas».
Una vita che non concede pause:
ma i risultati cominciano a intrav,e-
der!-.i e ripagano di ogni sacrificio.
AJla televisione. Ormai in tutto il
Brasile si parla dei "vigilantes», per-
sino la televisione li ha raggiunii. Fu
durante un programma religioso -
ricorda Mesquita - che parlammo
del nostro esperimcnLO. Andava in
onda la messa, e durante il Vangelo io
parlai della realtà dran,malica della
Prima, Il collegio era solo per I ragazzi delle .famlglle bene.; ora• aperto anche• quellt della
tavela, che vi Imparano un mestiere.
quasi un lusso nei girn ni reriali.
Quando c'era da fare nd campi. lui ci
andava come bracciante. La mamma
la\\lora\\la in una tc~ilura. alle ~ del
mauino era già in fabbrica. Insieme,
faticavano a sfamare i dieci figli.
«Portavo io - dice Raimondo - da
mangiare a lla mamma all'ora di
pran1.o•.
Denari per far studiare i bambini
non ce n'erano. in Brasile J'i-.,truz.ione
è obbliga1oria per legge. ma in pratica
molli poveri sono condannati all'a-
naJfabc1i~mo. R aimondo ha capito
che S()ltanto stud iando avrebbe risol-
to qualcosa: per sua fortuna, ha tro-
vato sulla sua strada un collegio saJc-
!iiano. Don Bosco da quc:.tl: parti (e
intendo IUlla l'America Latma) può
veramente cs:.cre con!iiderato un pio-
niere del progresso civile. «Mi consi-
dero - afferma Raimundo con il
candore che lo cara11erizza - un
nrn,lra «favcla~. mostrando delle fo-
tog, afie che parlavano chiaro sulla
mh,eria della gente. Attorno all"altare,
,ui gradini. sedeva il primo gruppo di
«\\igilantes» coi loro parenti. Quando
l'intervistalorc chiese chi ci dava i
mezzi per andare avarni, risposi:
"Nessuno".
• Era un'accusa implicita ai re-
!.ponsabili che fingono di ignorare il
problema e lullo ciò che certe stati-
Miche nascondono: 2'i0 mila ragaai
abbandonati a Belo Hori1.0n1e. 4'i0
mila a Rio dc J aneiro, 600 mila a Sào
Paulo. Sono cifre per nulla gonl iate.
sulla cui auendibilità posso garantire.
perché faccio pane di un comitato
governativo per lo !itudio del proble-
ma giovanile. Un'autentica piaga !.O-
cialc. E la Chiesa è ancora quella che
con maggior vigore si baue per tro-
vare una via d'uscita.
Mesqui ta pen!-.a ora a un 1c17,o
e.sperimento, il più difficile, il recupe-
ro dei ragani della strada. Quelli della
cfavela•, bene o male hanno un tetto
e una famiglia. Gli altri. neppure que-
sto : dormono sui ma rciapiedi, swle
pan chine dei giardini pubblici. do-
vunque la !)tancheua li colga. Sono
migliaia, sconosciuti anche all'ana-
grafe.
Il nuovo progetto. Prima <li muo-
verci - precisa Raimondo - dob-
biamo avere delle solide basi rinan-
ziarie. Non possiamo prnmettere
qualco!>a che magari poi non riusci-
remo a mantenere. li danno sarebbe
gravissimo. Cominceremo creando in
città per qu~ti sbandali una casa
aperta giorno e notte. li ragazzo ha
fame? Sa che 11 può entrare e mcllere
q ualcosa l.Ollo i denti, senza dover
ringraziare nessuno. Trova anche una
doccia per rinfrescarsi. Lo si invita a
ritornare. quando ne avrà voglia. Do-
po due. tre incontri. lo si incarica di
qualche piccolo sen'i7io; imbucare la
posta. aiutare a pulire in casa. esegui-
re una commissione. Naturalmente,
lo si paga. Così sarà lui, a un certo
momento, a offrirsi per eventuali la-
vori. In questo caso, lo si indirina ai
corsi prepara1ori. insieme ai normali
«vigilantes•. Questo, per grandi linee.
il nostro proge110. Ricorda in pane ciò
che i salesiani fanno a Bogo1a <Bo-
sconia).
« Perora abbiamo soltan to stabilito
dei con1a11i con questi ragazzi: con
alcuni studenti abbiamo girato le
!,trade di Belo Horizontc in piena
notte portando loro un po' di caffé e
di cioccolato. Ce li siamo fatti amici;
dobbiamo riuscire a dare molto di
più. Occorrono mezzi : ci !>iamo rivolti
ad alcune organizzazioni intenrnzio- ·
nati (Caritas, Misereor. Advcniat, ecc.)
per ottenere da esse un dero.,ito ban-
cario di meuo milione di dollari: con
gli ìnieressi dì questa somma (circa
150 mila cni1.eiros al mese) pensiamo
cli avviare l'allività.
«Mi pare - conclude Mesquita -
che oggi non c!>ista zona piri missio-
naria delle grandi periferie citladine.
L'indio della foresta se ha fame man-
gia, una capanna per dormire se la
può CO!.lruiJ·c; e poi vive in una strut-
tura sociale molto solida, anche dal
punto di vbta morale. H a una propria
cuh ura che lo difende. Ma il ragazzo
della favcla (peggio ancora quello
della strada) è veramente solo, ~enza
speranza. Per me la ver a missione di
oggi è quc<,1a nostra presenza tra i più
poveri. Del resto le borgate di Torino
ai tempi di don Bosco non dovevano
essere molto diverse dalle nostre « fa-
velas,., Ecco, noi cerchiamo d i fare
ciò che sicuramente avrebbe fatto lui
al nostro po!ito, nel nos1ro tempo».
ANGELO M ONTONATI
(Dal 11olt1me «Concinente uomo .., di
Claudio R againi e Angelo Montonatì.
Ed. Sei).
11

2.2 Page 12

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MONDO DEI GIOVANI
I I fumetto potrà diven1are maLeria
scolastica? L'annuncio inconsueto
può geuare sgomento nei genitori, ed
esultanza appena contenibile nei ra-
gazzi... Ma Domenico Volpi, che si
coUoca in quest'ordine di idee i_nsolito
per la scuola, a dire il vero non è l'u-
nico, né il p1imo a farlo. E non condi-
viderebbe né lo scoraggiamento,
l'esultan✓.a. Considera il fumetto un
fenomeno troppo importante nella
vita dei ragazzi d'oggi per lasciarlo
completamente fuo ri della scuola; e
lo considera troppo pericoloso pc1·cbé
i ragazzi non vengano educali a ca-
pirlo e a ridimensionarlo.
Per dire tutto questo, e per suggeri-
re il che cosa fare in pratica, egli ha
scritto un libro, « Dida1tica del fumet-
to», con cui entra in dialogo con gli
insegnanti, gli allievi e i loro genitori.
E' un libro singolare il suo. scritto con
dichiarata preoccupazione pedagogi-
ca il caso di aggiungere cristiana).
ma che può sorprendere non poche
persone. Perciò Volpi ha inquadrato il
suo discorso pratico in una cornice di
riflessione che è utile conoscere.
Ore nove
lezione di fumetto
I ragazzi d'oggi sono a tutti gli effetti cittadini della galassia audiovi-
siva, ma si dà il caso di non pochi insegnanti e genitori rimasti
attardati nella galassia Gutenberg. l 'exallievo Domenico Volpi In un
libro felice mostra come sia possibile e facile utilizzare il fumetto
nella scuola e in famiglia, per rendere i ragazzi critici nei confronti
della comunicazione di massa, per aiutarli a liberarsi dai suoi pesanti
condizionamenti.
Quattro rivoluz io ni. Dunque (il di-
scorso parte da molto lontano) nel
mondo della comunicazfone sono av-
venute diverse rivoluzioni. La prima,
nella notte dei tempi, viene indicata
come i11venzione della ptll'ola. L a se-
conda - e gli studiosi sono in grado
di dirne molto di più - è /'in11enz io11e
della scrittura. La terza, in tempi ben
conosciuti, è l 'invenzio11e della siam-
pa. Da cinquecento anni è divenuto
possibile stampare Libri i_n migliaia di
copie. diffonderli contemporanea-
mente dappertutlo, e con essi diffon-
dere la cultura. E' cominciata così
l'era della comunicazione di massa.
E' cominciata con la parola scritta
che la fa da padrona, con le pagine
fille fitte di caratteri neri come for-
miche, con l'intelligenza chiamata a
disùUarsi sui concetti e sulle astrazio-
ni. Da quella comunicazione di massa
rimanevano ancora estranei e sban-
diti altri normali sistemi di comuni-
cazione umana. come il suono e l'im-
magine. Cosl per secoli la parola
stampata ha dominato incontra.staia,
si è srotolata nel tempo l'era di Gu-
tcnberg. Ma ora essa è praticamente
finita.
E' i_nfatti avvenuta nel mondo della
comunicazione una quarta rivoluzio-
ne, consistente nel ricupero del suono
e de/l'ùnmagine. A partire dalla fine .
del secolo scorso l'uomo ha prodotto
una serie di invenzioni sorprendenti:
riguardo ai suoni, il telefono. il fono-
grafo. la radio: riguardo alle immagi-
ni. la fotografia, il... fumetto (nato uf-
ficialmente nel 1895), il cinema muto;
riguardo a suoni e immagini presi·in-
sieme, il cinema parlato (che poi è di-
ventato a colori, e poi a schermo pa-
noramico) e la televisione (anch'essa
a colori, e un giorno o l'altro tridi-
mensionale). La parola scritta, certo,
è rimasta; ma non è più l'unica. Anzi i
suoi nuovi concorrenti cercano di
soffocarla. L'uomo è uscito così dalla
galassia di Gutenberg, per entrare
nella galassia audiovisiva.
La galassia audiovisiva. li trapasso
sta avvenendo in questi anni: sovente
si hanno genitori educali nel clima
della parola scrilla, e figli rimpinzati
invece di suoni e di immagini. Alcune
statistiche padano, per i ragazzi d'og-
gi in halia, della lettura di un fumelto
al giorno e di almeno un'ora di televi-
sione quotidiana. Più il cinema, i di-
schi, le fonocasselle. Può succedere
così che i genitori appartengano irri-
mediabilmente a un'era, a una galas-
sia. e che i loro figli siano già attestati

2.3 Page 13

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in un'era nuova, cittadini di un'altra
galassia lontana lontana...
Però chiamare questo nostro tempo
come civiltà dell'immagine. quasi che
essa abbia soppiantato la precedente
civillà della parola scritta, non è del
tullo esatto. In realtà la parola scritta
- e lo sanno bene non solo gli stu-
diosi della comunicazione - non è
per nulla scomparsa, non è stata
sconfitta. ma anzi ha ricevuto dalla
presenza e invadenza delle immagini
gnante o genitore, non fa differenza)
deve scendere nel mondo del ragazzo.
che è appunto la «galassia audiovisi-
va».
Troppi adulti, questo non lo sanno,
dice Domenico Volpi. Troppi educa-
tori e genitori, egli osserva, sono « figli
dell'era di Gutenberg, tardano a co-
noscere il nuovo tipo di civiltà che è
già in allo». Perciò non sono in grado
di svolgere nei confronti dei ragazzi
«un'az.ione coerente che Li salvi dai
una nuova forza e aggressività. 11 fat- pesanti condizionamenti provocati
to nuovo invece è questo: che la co- dai mass media».
municazione di massa oggi non passa Ci sono, è vero, insegnanli infor-
piC1 soltanto attraverso la parola mali, che si augurano al più presto
scritta, ma ha ricuperato e utilizza in
alto grado, accanto a essa, anche il
suono e l'immagine.
Il cambiamento non è trascuTabile,
una nuova scuola attrezzata di tutto
punto, con televisioni a circuito chiu-
so. video-registratori, ecc. AUora sì,
essi pensano, sarà possibile dialogare
né del tutto pacifico. La comunica-
zione di massa ha oggi molte più pos-
sibilità di prima, può servirsi dell'im-
mediatezza dell'immagine per giun-
con il ragazzo in forma moderna, in-
fluire su di lui, costruire la personalità
critica e l'Llomo maturo che occorro-
no oggi. Ebbene. proprio per costoro
gere, nella trasmissione dei messaggi,
a risultati di efficacia un tempo im-
pensabile. Ma comporta anche gravi
rischi, riassumibili nel termine «mas-
sificazione». L'immagine (visiva o so-
nora, non fa differenza) è una comu-
nicazione sovente condannata a ri-
manere epidermica, superficiale.
Mentre la parola scrilla e rimugi-
nata a rigor di logica giunge in pro-
fondità, impegna la persona al livello
dei sistemi logici. e delle motiva1joni,
l'immagine invece con le sue faciLi se-
duzioni non aiuta ad approfondire e a
maturare. E' il pericolo della massifi-
cazione: l'uomo (il ragazw) diventa
numero.
• La massificazione - ricorda Do-
menico Volpi - si a11ua ogni giorno
Lra l'indil'ferenza di tutti: partiti poli-
tici e pubblicitaii ci riempiono di slo-
gan che vengono accettali senza va-
glio critico, basta una formuletta
nuova per incantare le masse... E po-
DOMENICO VOLPI
Didattica dei fumetti
Editrice La Scuola, 1977. Pag. 252, lire
4. 200
chi reagiscono».
Exallìevo salesiano, segretario ge-
Cominciare con il fumetto. L'edu-
catore, anche quello che per libera
scelta (o per rassegnala tradizione)
seguisse nella scuola il metodo logico
più rigoroso, si trova oggi in una si-
tuazione nuova: i suoi allievi stanno
frequentando tante altre scuole, con-
temporaneamente, oltre alla sua: la
scuola del fumetto, del di~co, del ci-
nematografo, della lv. Vengono chia-
mate «scuole parallele», ca ragione,
perché lo sono. Ma scuole che assai
nerate dell'Uisper (Unione italiana
stampa periodica educativa per ra-
gazzi), Domenico Volpi ha allestito un
volume estremamente pratico e utile a
insegnanti, genitori e ragazzì.
Nel suo libro Indica la posizione e
funzione del fumetto nella civiltà del-
l'immagine, racconta la storia (dai
graffiti delle caverne alle nostre edi-
cole) di questo singolare linguaggio,
ricerca gli elementi fondamentali per
una sua definizione (soggetto, inqua-
dratura, rapporto parola-disegno,
raramente formano, e spesso defor-
mano, almeno se abbandonate a se
stesse. LI ragazzo ha bisogno di essere
liberato dalla massificazione che esse
producono. Si richiede« uno sforzo di
riscatto della sua personalità, un'edu-
cazione ai valori, la formazione di
persone critiche, l'elaborazione di
metodi d'analisi dei conten uti, un'e-
ducazione a valutare e a scegliere,
un'abitudine al dialogo e alla discus-
sione».
ecc.), descrive una panoramica del-
l'attuale stampa per i nostri ragazzi,
Indaga in chiave psico-sociologica Il
rapporto tra ragazzi e fumetto, e nella
sezione più vasta passa in rassegna
una serie di proposte per l'utilizzazio-
ne del fumetto nella scuola.
Il volume si raccomanda, oltre che
per la sua funzionalità, anche per
l'angolatura schiettamente cristiana
con cui è stato scritto: la preoccupa-
zione dell'autore è fortemente educa-
tiva e costruttiva.
Per tutto questo l'educatore (inse-
(ma anche per gli altri) Domenico
Volpi ha qualcosa di nuovo e di inte-
ressante da dire: in auesa che le
strutture scolastiche si adeguino,
perché non cominciar a utilizzare su-
bito il fumetto neUe scuole? E' un
mezzo di comunicazione sociale con
le carte in regola, è facilmente reperi-
bile, è gradito ai ragazzi, e permellc di
svolgere un discorso educativo com-
pleto. Gli atteggiamenti critici susci-
tati a suo riguardo nei giovani, sono
poi facilmente trasferibili agli altri
mass media, e « l'effetto demassifi-
cante» viene così pienamente ottenu-
to.
Leggere insiem e. Un discorso affi-
ne è da fare con i genitori. Che perde-
rebbero il loro tempo nel proibire ai
figli la lettura dei fornelli (nella sola
Italia se ne pubblicano 24 milioni al
mese, e i ragazzi sono espertissimi
nell'arte del prestito e del baratto). E
farebbero male a proibirli. per esem-
pio come castigo. In un'inchiesta re-
cente, una scolaretta delle elementari
ha motivato la lettura di fornelli piut-
tosto spinti dicendo: « Li preferisco,
perché capita che molte volte mia
madre mi costringa ;;, leggere Fami-
glia Cristiana... ». E se Famiglia Cri-
stiana rosse un passo troppo lungo
per quella scolareua?
« li problema educativo più impor-
tante - osserva ancora Domenico
Volpi - non è quello di vietare, ma
quello di svegliare i leuori, do1arli di
facoltà critiche e metodi di analisi,
demitizzare insieme a loro certi eroi,
così da poterli considerare (anche seil
ragazzo continua a leggerne le avven-
ture) con un tantino di distanza e una
piccola dose di ironia».
Due consigli vengono da lui propo- ·
sti. Il primo è di scegliere per i figli
non solo fumetti positivi, ma anche i
giornalini, che alternano ai disegni il
testo serino, e di darli come premio.
L'abbonamento a un giornalino, per
un ragazzo che si è impegnalo a con-
seguire la promozione scolastica, è un
premio che lo aiuterà a fare un altro
passo avan ti.
Un secondo consiglio: leggere i fu-
metti con i propri figli. Questo leggere
insieme favorisce la possibilità di in-
terventi e integrazioni di carattere
culturale e morale.
Tutto questo è solo la cornice del
libro di Domenico Volpi. Dentro, in
forma chiara e persuasiva sono pre-
sentati vita virtù e miracoli del fu-
metto. Di impareggiabile valore pra-
tico è il capitolo su « TI fumetto a
scuola», che aiuta i ragazzi ad assu-
mere l'auspicato atteggiamento criti-
co nei confronli dei loro insidiosi
«amici di carta». E - ultimo ma non
meno importante - il libro può aiu-
tare gli adulti stessi, eventualmente
attardali ancora nella galassia Guten-
bcrg. e entrare finalmcnle nella ga-
lassia audiovisiva...
FERRUCCIO VOGU.NO
13

2.4 Page 14

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INDIA
Bibbia in lingua khasi
per i Khasi delle colline
La prima Bibbia cattolica in lingua khasi, diecimila copie per i 120
mila cristiani e i numerosi neofiti, appena stampata è già esaurita. E
don Enrico Fantin, che ha lavorato sette anni per prepararla, deve già
pensare alla nuova edizione.
« E ' stato un lavoro di sette anni.
a cui hanno contribuito 4 sa-
lesiani e 5 laici della gente Khasi, tutti
exallievi delle nostre scuole. Dei cin-
que, tre sono donne, e una è laureata.
Nessuno cli questa .équipc ha lavo-
rato a tempo pieno: tut1i hanno dedi-
cato generosamente il loro tempo li-
bero, a fine giornata o a fine settima-
na, dopo aver assolto il proprio lavoro
come insegnanti e come padri e madri
di famiglia. E' stato uno splendido
esempio di lavoro disinteressato a
vantaggio della comunità cristiana».
Un successo? «O un imbarazzo? -
replica don Fantini - . Abbiamo
stampalo IO mila copie, e le ordina-
zioni prima che il libro fosse pronto
erano già molte di più».
Don Enrico. Don Enrico Fantini. ha
35 anni e è di Casarsa delle Delizie
(piccolo centro in provincia di Porde-
none, che ha donato manciate di suoi
figli a Don Bosco e alle miss.ioni so-
prattutto dell'[octia). E' da 18 anni
parroco a Jowai, nello stato del Me-
ghalava (India Nord-Est). In questi 18
anni fa sua comunità si è triplicata,
passando da 5 mila a 15 mila Cedeli.
Allora il Vescovo ha creduto bene di
dar vita sul suo territorio ad altre due
parrocchie. e ha affidato una di esse
(quella di Khliebriat), al fratello di
don Enrico, don Giuseppe Fantin,
anch'egli missionario salesiano in In-
dia dal 1949.
Don Enrico era partito dall'[talia
nel '39, con l'ultima nave che fece
rotta per l'India prima del conflitLo
mondiale. Arrivato in Assam, a causa
della guerra lo anendcva il domicilio
coatto fino al 1942, e poi il campo di
concentramento fino al '45. Ma stessa
sorte toccò anche ai salesiani che do-
vevano fargli scuola, e quegli anni di
ridotta libertà furono per lui anni di
studio intenso. Ordinato nel '51, passò
a sua volta a insegnare ai giovani sa-
lesiani indiani, e poi chiese e ottenne
di lavorare nel campo di.rello dell'a-
postolato.
Da allora ha giralo i villaggi per
predicare il vangelo. E vista la situa-
zione scolastica deficitaria nella zona,
ha cercato di provvedere. Per prima
cosa ha messo su a Jowai una solida
scuola che comprende tulle le classi
dalla prima elementare al ginnasio (le
autorità subito l'hanno riconosciuta
come «pareggiata»). Poi ha fondato
14
una cinquantina di seuoletle elemen-
tari nei villaggi attorno. Non solo, ma
ha tradotto in khasi, per queste scuo-
le, numerosi testi leucrari.
E si è impegnato a fondo anche in
campo sociale, aiutando la gente a
sottrarsi alla millenaria miseria: ha
avviato la deforestazione di varie col-
line. ne ha adattato il terreno a ter-
razze coltivabili, ha ottenuto la distri•
buzione delle terrazze a SO nuclei fa.
miliari.
I Khasi. E ora, con la sua équipe,
lavorando duro nei tempi liberi, ha
donato alla sua gente la « Bibbia kha-
si». I Khasi sono 700 mila. e in 120
mila hanno già accolto la lede cauo-
lica. Vivono nella zona di Shillong
(capitale del Meghalaya). a Jowai, a
Cherrapunjee che sarebbe la capitale
della pioggia, il luogo più piovoso del
mondo. Risultano il gruppo etnico
che per primo occupò quelle te1Te,
atTivandovi dal delta del Mekong
(Cambogia) nella none dei secoli.
Praticano il matriarcato: la madre di
famiglia è proprietaria di tutti i beni, e
detiene l'autorità. Trovano nel cri·
stianesimo quella forLa morale e
quella dimensione della carità che li
aiuta a crescere spititualmente e so-
cialmente.
« Un giorno noi missionari proba•
bilmente dovremo andarcene di qui
- prevede don Fanlin -. Ma potre-
mo farlo sereni, perché sta nascendo
una bella «chiesa locale» capace di
rare da sé».
Una chiesa locale che aveva biso-
gno deUe sua Bibbia. e ora ce l'ha.
La Bibbia. A dire il vcl"O una Bibbia
in lingua khasi esisteva già da 90 anni:
era stata tradotta dai missionari pre-
sbiteriani (protestanti) nel lontano
1890. Ma aveva ormai un sacco di di-
retti. Anzitutto era incompleta per i
cattolici (priva cioè dei libri cosiddetti
deutero-canonici): poi si presentava
come opera di europei, in traduzione
pressoché let1erale, quindi difficile da
comprendere per la gente khasi: la
stessa lingua khasi in questi 90 anni si
è evoluta molto: e per concludere,
anche l'esegesi biblica da allora ha
fatto molti passi avanti...
La nuova Bibbia. tradotta stampata
e rilegata tutta nella tipografia della
missione salesiana, ha cercato di ri-
mediare a questi difetti. E' completa e
in grado di rispondere alle es.igenzc
della liturgia. E' opera sostam:ial-
Don Enrico Fantln e, a sinistra, la sua Bibbia In
lingua kha sl.
mente di traduttori khasi. che scrivo-
no nella loro lingua. in quella parlata
oggi. E accoglie pure i pr<>gressi rea-
lizzati in tutti questi anni dagli studi
biblici.
La « Bibbia khasi » presenta intro-
duzioni a Iutti i libri. note a pie' di
pagina. appendici storiche e indici
analitici. Sollo il punto di vista reli-
gioso «è un manuale essenziale per la
predicazione e l'insegnament o reli-
gioso di centinaia dei nostri catechi-
sti». E sotto il punto di vista letterario.
«aiuterà a fissare definitivamente
quella lingua giovane su basi culturali
* e letterarie stabili», dice don Enrico
Fantin.
E pensa alla seconda edizione.

2.5 Page 15

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SERVIZIO DI COPERTINA
*
IL24 MAGGIO
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Foto storica. la Baalllca di Maria Aualllatrlce nel 1878. C'erano ancora I ■prati d i Valdocco• ( e aulla alnlstra la biancheria ad asciugare).
Anche oggi I'Aus1hatrice
Don Bosco e i iovani
Ecco un fascio di notizie mariane di Ieri e di oggi:
1) Il Principato di Monaco ha dedicato un francobollo a Don Bosco e ali'Auslllatrlce;
2) Cent'anni fa la benedizione di Maria Ausiliatrice otteneva l 'approvazione del Papa;
3) In quello stesso anno il BS commemorava per la prima volta la festa del 24 maggio a Valdocco;
4) Qualche novità a Valdocco anche per il 24 maggio prossimo;
5) Il Rettor Maggiore ha affidato alle FMA il rilancio della devozione ali'Ausillatrice;
6) "Tempo di rilancio mari ano»: una consegna per tutta la Famiglia Salesi ana.
1. Un francobollo
Il Principato d1 Monaco ha emes!.o
un francobollo «pro Croce Rossa•.
del valore di 4 franchi, dedicato a Don
Bosco. Perché?
Sullo sfondo si intravede la Basilica
dell'Ausiliatrice, al centro c'è Don
Bosco. aJ suo Iianco e in primo piano i
suoi giovani. Graficamente il franco-
bollo risulta assai curato, ai filatelici è
piaciuto molto. E non meno agli amici
di Don Bosco. Un francobollo che non
è ,iato richiesto sollecitalo
commissionato. E allora? Forse qual-
cuno crede ancora nel messaggio di
Don Bosco oggi.
Quale messaggio? C'è un particola-
re curioso nel disegno; in alto e in
baS!>O, delle inferiate infrante. Non ~i
può mettere la mano sul fuoco, ma
forse l'autore del bozzello ha voluto
suggerire che i giovani, quando LrO·
vano educatori capaci di indicar e loro
i valori dello ~pirito e della fede. an-
che oggi ,-anno rendersi liberi e ma-
turare alla \\'ila L'Ausiliatrice, chia-
mala in causa dagli educai ori, torna a
essere l'Ausiliatrice dei gi<Jvan i: di
lutti i giovani d'oggi. così bisognosi di
libera7ione.
2. La benedizione
di Maria Ausiliatrice
Un piccolo ma significativo cente-
nario mariano e salesiano no n do-
vrebbe passare inosservato: l'appro-
vazione ufficiale della fonnula per la
« benedi1.ione di Maria Ausiliatrice».
Don Bosco ci aveva tenuto tanto.
Erano tempi in cui la gente a lui o,tilc
gli sbarra\\,a la porta d'ingre;,;,o al Pa:
pa, il neo-eletto Leone Xl 11 - cc111
misteri fanno parll' della normale via
crucis dei santi - . e Don Bosco do-
veva ripiegare sulla corrispondcn1a
TI I0mar,o 1878 cril.sc al Papa:
•Beatissimo Padre. nella 1ri~1eu.a
dei tempi in cui viviam o pare che Dio
voglia in varie meravigliose maniere
glorificare l'augusta .wa Genitrice in-
vocata sollo il 1iwlo di Maria A 11.r:ilium
Chn:\\timwrum... E parla della «effi•
cacia delle be11etli::io11i d1e cm, /'i11w>-
cazione di questo glorio1><> titolo so-
gliono impartirsi in parecchi luoghi,
segnatamente nel Santuario a lei dedi-
cato in Torino•. La fonnu la di questa
bcncdizione. precisa Don Bosco, «è
una raccolta di gi<1culatorie già usate e
approvate dalla liwrgia della Chiesa. e
ri1111ite a maggior gloria di Dio e della
Beata Vergine Maria». Ora Don Bosco
desidera che tale formula «sia stabili-
ta e regolata secondo lo spirito della
Chiesa», perciò «fa umile preghiere,
affinché sia presa in benevola consi-
dera;;ione. esaminata, modificata, e
o,•e tl'uopo correi/a•·
La Sacra Congrcgazionc dei Riti, a
cui il Papa dc-m:tnda per competenza
la questione, approva la formula in
data 18 maggio, ma Don Boi-co no n ne
sa niente. Non gfj giunge alcuna ri-
sposta. Finché sulla fine del 1878 gli
arriva da Roma una lettera dell'avvo-
cato Costantino Leoaori, suo amico,
datata 19 dicembre, che dke: «Ieri,
nell'andare ai Riti... trovai un rescritto
per la sua chiesa, giacente in data 28
maggio. lo ritira, e per e,~o pagai lire
11... Era il rcscriuo con l'apprm·a•
15

2.6 Page 16

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Pio VII, Il Papa che ha Istituito la festa dell'Au-
sillat,ice, raffigurato nella cupola della Basilica
di Torino: al suoi piedi le catene Infrante della
prigionia sotto Napoleone.
guardanti a una devozione più tenera
per Ma,·ia.
4. Il 24 maggio 1978
Riuscirà la Famiglia Salesiana di
oggi a gareggiare, se non in lirismo,
almeno nella fede con quei lontani
amici di Don Bosco?
La basilica di Maria Ausiliatrice per
parte sua si prepara a ricevere ade-
guatamente i pe!Jcgri:ni. Predicherà la
novena in preparazione della festa il
canonico Bretto, Rellore della Con-
solata. Poi la veglia nella notte; e l'in-
domani tre presenze illuslri: il card.
Pellegrino, mons. Furno cxallievo sa-
lesiano, e il Rettor Maggiore. Poi, al-
i'arrivo del buio, la processione sug-
gestiva con i lumi e i flambeaux colo-
rati.
Una novità allende quest'anno i
pellegrini: le Camerette di Don Bosco.
i cui poveri soffiui stavano cadendo,
sono state rimesse a nuovo.
delle FMA il compito di assumere in
particolare la responsabilità di questa
ripresa» .
Parole che le FMA non hanno la-
sciato cadere. 11 28 gennaio le supe-
riore del Consiglio restituivano la vi-
sita al Ren.or Maggiore e ai membri
del CG21: nell'aula magna gremita,
madre Ersilia Canta lesse a nome di
Iulte le suore il «Messaggio delle FMA
al CG2 1».Ricordatele parole di don
Viganò, madre Canta aggiungeva:
«Non poteva darci consegna più gra-
dita, accolta con animo commosso ed
esultame. Potrebbero forse non entu-
siasmarsi le FMA alla richiesta di un
nuovo impegno per rinnovare il culto
della loro celeste Madre? E pronta ne
sarà la risposta: è infatti già allo stu-
dio come suscitare in tutto l'Istituto
un'animazione mariana, per appro-
fondire, arricchire e rendere più at-
lllale la devozione a Maria Ausiliatri-
ce sia nelle comunità che fra i desti-
natari ddla nostra missione».
zione ufficiale della « Benedizione di
Maria Ausiliatrice». Quella formula,
fatta approvare da Don Bosco, ancor
oggi si trova nel « Rituale romano».
per il confronto di quanti mettono la
loro fiducia nel!'Ausiliatrice.
3. Il 24 maggio 1878
Un secolo fa esatto. il BS presenta-
va nel fascicolo di giugno (il decimo
della sua allora brevissima esistcm;a)
la prima relazione sulla festa dell'Au-
siliatrice. Col lirismo alato di quei
tempi, e con la fede robusta di allora.
Aveva predicato la novena di pre-
parazione i/ molto reverendo signor
canonico Stanislao Schiapparelli, insi-
gne oratore, e di notte si era illumi11ata
con isple11dideua la maestosa cupola
del tempio.
Una folla immensa di popolo si sti-
pava fin dai primi vespri all'altare di
Maria, né già per vaghe7.za di novilà
ma per manifestarle il divolo affetto
del cuore. li dì appresso, comitive di
pellegrini lombardi e di quel di Novara
e d'altri moltissimi luoghi arrivavano,
molti dei quali a piè. Sedici sacerdoti
erano appena sufficiemi per ascoltarli
in confessione.
Dal primo albore mallwino furono
senza numero i divini sacrifizi, ed
eg11agliò la comune aspettazione la
gran messa a sei parti di don GioFanni
Cagliero, eseguita maestrevolmente
dagli alunni dell'Oratorio. Diede poi
maggior lusiro alla f1111zione la pre-
senza del piissimo vescovo di Novara.
La funzione della sera non fu meno
solenne. Gesù in sacramelllo, per ma-
no del venerando prelaw, benediceva
tutti i fedeli come in premio del loro
affetto verso l'augusta sua Madre. E
all'uscire di chiesa, ecco di nuovo ac-
cesa in bella guisa la cupola del tempio,
che balenando parea eccitasse i ri-
16
Il bel lrancobollo che il Principato di Monaco
ha dedicato a Oon Bosco e all'Ausiliatrice.
5. Una consegna per le FMA
Il Rettor Maggiore durante il Capi-
tolo Generale ha affidato alle Figlie di
Maria Ausilfatrice un compito e una
res ponsabilità: impegnarsj a far sl che
la Madonna torni a occupare il posto
che le spelta nella realtà salesiana. E
la risposta delle FMA è stata sempli-
ce: «Non poteva darci consegna più
gradita».
Dunque don Viganò il 6 gennaio
scorso, una ventina di giorni dopo la
sua elezione a Rettor Maggiore, si è
recato in visita alla Casa generalizia
delle FMA, ha celebrato per loro la
messa, e all'omelia ha dello: «La vo-
stra congregazione è nata e cresciuta
perché la Madonna l'ha voluta, e si
rinnoverà nella misura in cui la Ma-
donna tornerà a occupare il posto che
le è assegnato dal nostro carisma. Co-
me Rcttor Maggiore affido aJl'lstitu10
6. Una consegna per la Famiglia
Salesiana
Questo rilancio della devozione al-
l'Ausiliatrice è un impegno destinato
a coinvolgere non solo le FMA, ma
tutti gli amici di Don Bosco. Perché?
Perché anche la Famiglia Salesiana è
stata voluta da Maria. E continua a
raccogliersi intorno a Don Bosco e ai
suoi figli, perché tutti insieme e nel
nome dell'Ausiliatrice di.ventino «i
segni e i portatori dell'amore di Dio ai
giovani».
BS ha chiesto al Rettor Maggior€
quale significato può avere - e se-
condo quali linee deve svilupparsi
il rinnovamento mariano nella fami-
glia Salesiana. Nella pagina accanto,
ecco la sua risposta.
La statua dell'Auslllalrlce pronta ogni anno a
sfilare nella processione torinese del 24 mag-
gio.

2.7 Page 17

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Il successore di Don Bosco
Tempo di rilancio mariano
di Don Egidio Viganò
Nel discorso di chiusura del Capitolo
Generale 21 ' ho ricordato ai Salesiani
questa convinzione di Don Bosco: • Ma-
ria Ausiliatrice è la fondatrice e sosteni-
trice delle nostre opere», e . Maria ha
fatto tutto». E ho proposto in primo luo-
go alle Figlie di Maria Ausiliatrice. ma
anche ai Salesiani, e per estensione a
quanti vivono nello spirito di Don Bosco,
una «ripresa mariana.., un rilancio della
devozione ali'Ausiliatrice.
Qualcuno mi hafatto osservare: ma se
si rende necessario un rilancio, ciò vuol
dire probabilmente che qualcosa nella
Famiglia Salesiana col passare del tem-
po si è andato incrinando. Ebbene una
motivazione di tipo negativo come que-
sta potrebbe forse anche non escluder-
si; qualsiasi famiglia religiosa. a cen-
t'anni dalla sua fondazione, può regi-
strare un calo della sua mistica. Ma le
ragioni che mi hanno portato a Insistere
sopra un rilancio mariano. sono assolu-
tamente positive. Eccole.
* E' in corso una profonda svolta
culturale, con la crescita di tanti valori
umani che comportano per esempio in
particolare la promozione della donna;
ciò tocca intimamente anche lo stile
della vita di fede e il modo di esprimere
la pietà cristiana e la stessa devozione
mariana. Assai prima che lo dicessimo
noi per la Congregazione, e in modo ben
più autorevole, lo stesso Vaticano Il ha
chiesto una riconsiderazione a fondo e
un vero rilancio di tutto il movimento
mariano nella Chiesa. Anche la recente
esortazione apostolica • Marialis cul-
tus» e varie altre iniziative ecclesiali lo
esigono, e danno al riguardo precisi
orientamenti.
* Nella vita cristiana poi, la maternità
di Maria viene in primo piano in ogni ora
di. nascita» e di «crescita.; e l'ora che
stiamo vivendo nella Famiglia Salesiana
è esplicitamente un tempo di rinascita.
Dunque: bisogna assicurare alla Ma-
donna Il suo posto e ruolo materno.
* Infine, siccome noi crediamo al
nostro carissimo Fondatore che ci assi-
cura che tutta la nostra vocazione è
storicamente mariana. se vogliamo rin-
novarci dawero dovremo intendercela
con Maria.
LA REALTA' PASQUALE
Per realizzare veramente un rilancio
mariano, occorre che la nostra devo-
zione venga a poggiare su alcune linee
portanti concrete, che scaturiscono di-
rettamente dalia fede.
Anzitutto occorre considerare Il mi-
stero della risurrezione come il nocciolo
oggettivo di una genuina e robusta de-
vozione mariana. Non possiamo fer-
marci a una religiosità di sentimenti, che
nascono con tanta facilità - come
qualcuno ha detto - sulle sponde del-
l'ingenuo entusiasmo mediterraneo. La
nostra devozione mariana non ha origi-
ne soggettiva, ma va fondata su «fatti»,
e il fatto principale è la risurrezione.
centro di tutta la fede cristiana. Cristo è
risuscitato e asceso al cielo, e Maria è
staia trasfigurata e assunta con lui.
La fede dunque c i assicura che Maria
è viva, con la vita definitiva della risur-
rezione, e che vive non nel riposo ma
nell'operosità della sua maternità uni-
versale. Il Concilio ci ricorda che «la
maternità di Maria perdura senza so-
sta .
Dovremo perciò anche noi, come Don
Bosco, fare della devozione alla Ma-
donna un'espressione straordinaria di
fede nella presenza dei valori pasquali
nella vita. con la conseguente operosità
veramente costruttiva per la società
umana. E dovremmo perciò imitarlo
nell'essere anche noi concreti e realiz-
zatori.
NON « CROCIATA ANTI »
Quale sarà allora il nostro atteggia-
mento pratico? Quello di sentirci figli
della Madonna, di nutrire e sviluppare in
noi una coscienza chiara e concreta
della maternità spirituale di Maria. Ecco
dunque l'altra linea portante della no-
stra devozione mariana: il nostro stile di
figliolanza.
Insisto sul concreto». Perché oggi è
fin troppo facile camuffarsi dietro ideo-
logie astratte, e vediamo a quali conse-
guenze conducono. Tanti giovani pla-
giati da ideologie sociali non percepi-
scono più le realtà più grandi della vita.
Ora la maternità è proprio il contrario di
un'ideologia (domandiamolo un po' a
una mamma!).
Se nella nostra Famiglia Salesiana
sapessimo rilanciare gli atteggiamenti e
la coscienza della nostra figliolanza da
Maria, impareremmo a essere più pratici
e meno astratti. più umani e meno cere-
brali, più collaboratori e meno critici, più
• monaci delle cose (come si dice) e
meno «Ideologi di progetti ».
SI noti bene però: questo non è un
atteggiamento anti-intellettualistico (es-
sere «figli• con Cristo, vuol dire parte-
cipare del suo ministero di Verbo); è al
contrario l'atteggiamento di chi è reali-
sta. desideroso di praticità, preoccupa-
to del tessuto della vita con i suol detta-
gli quotidiani, stanco ormai di slogans e
di parolone pseudo-culturali che girano
a vuoto e non approdano a fare il bene!
Va pure detto che se la devozione alla
• Madonna Ausiliatrice del popolo cri-
stiano» è - secondo Don Bosco - le-
gata agli avvenimenti concreti dell'esi-
stenza, e si immerge nel corso vivo della
storia, essa non si trasforma però mai in
una «crociata di cristianità» , non divie-
ne mai «politica•, anzi si richiama chia-
ramente ai valori pasquali e alle realtà
future.
Desidero insistere su questo punto.
Don Bosco, che era un santo con
straordinario genio di praticità e con
forte senso della storia, ci ha insegnato
a tradurre praticamente le convinzioni e
gll entusiasmi in attività apostolica. Ri-
ferendoci alla Madonna in quanto " Au-
siliatrice». dovremo appunto saper tra-
durre questa devozione in interventi
concreti a favore della Chiesa, della fe-
de del popolo e dei giovani. del magi-
stero del Papa e del Vescovi. (Quanto
lavoro c'è da fare oggi al riguardo!)
Ma ponendo attenzione a evitare un
errore. Ai tempi di Don Bosco, qualcuno
diede a questa devozione un senso di
«baluardo politico», di «crociata anti».
Ebbene Don Bosco non ci ha insegnato
una devozione da crociata. L'ha voluta
piena di coraggio per la Chiesa fino al
martirio. ma non ha voluto che venisse
strumentalizzata per qualche progetto
storico contingente.
COSA DI FAMIGLIA
Allora cominciamo! E cominciamo
ciascuno dalla sua famiglia o comunità.
Perdonatemi un ricordo personale: la
devozione mariana io l'ho imparata in
casa mia, dalla mamma e dal papà. BS
tempo fa ha riportato questa singolare
testimonianza della mia mamma riguar-
do al papà, che confermo: Era un ope-
raio che sapeva pregare, senza rispetto
umano! Aveva persino fatto delle corone
del rosario di corda con dei nodi, perché
ogni tanto le perdeva, e... la corda co-
stava poco».
La devozione a Maria è nata in me
come cosa naturale, di famiglia. Al
prendere poi contatto con i Salesiani ho
sentito crescere spontaneamente que-
sto atteggiamento, proprio con la stessa
naturalezza della famiglia. Sono state
per me due famiglie, In cui le realtà pa-
squali entravano nel clima quotidiano di
convivenza. Ora m'accorgo che tutto
ciò era meraviglioso, e mi auguro che
possa verificarsi nelle case di tutti colo-
ro che vivono lo spirito di Don Bosco.
Sfa dunque il nostro un tempo di ri-
lancio mariano, di ripresa della devo-
zione all'Ausiliatrice In tutta la Famiglia
Salesiana. Verificheremo cosi la verità
delle parole di Don Bosco: Confidate
ogni cosa in Gesù e in Maria Ausiliatrice,
e vedrete che cosa sono i miracoli».
17

2.8 Page 18

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ITALIA
Quando la giovinezza
diventa servizio
Quindici ragazze, una suora, una chitarra, un paesino inerpicato sui
monti: nasce così il «campo scuola-missione• . Nello studio, nella
testimonianza, nell'azione pastorale tra la gente. Sono iniziative di
oggi, ma affondano le radici in quello Spirito che da tutte le genera-
zioni sa trarre per la Chiesa energie nuove e nuove speranze.
« L a mia chitarra, per favore».
«Dov'è?»
«Là, sotto i portici».
« Pronte ragazze?»
"Un minuto solo: dov'è andata a
finire la rete con i palloni?».
Si parte: quindici ragazze, più suor
Rosina e suor Daniela. Un gruppo del
Salgea (Sali generazione nuova!), il
Centro Giovanile della Casa Sacro
Cuore di Roma. Sono dirette a Villa
San Lorenzo, quota mille, 170 Km da
Roma.
Una bella vacanza, direte voi. No: si
tratta di un «campo scuola-missio-
ne», con studio, testimonianza, e
azione pastorale. Le giovani conosco-
no la serietà dell'impegno, ma amano
ripetere questa esperienza, che già dal
1975 le ha molto entusiasmate.
A Villa San Lorenzo. Il paesino fa
parte della diocesi di Rieti: durante
l'anno gli abitanti sono poche centi-
naia, ma nel periodo estivo è una festa
d'incontri. Le ferie riportano in fami-
glia quanti si sono allontanati per
motivi di lavoro o di studio, molta
gente affluisce dalla città in cerca
d'ada salubre.
Le ragazze del Salgen prendono al-
loggio nell'edificio delle scuole ele-
mentari, offerto dal Comune. Poco
dopo l'arrivo, si invita il parroco e si
programmano insieme le attività:
verranno realizzate non solo nel pae-
se, ma anche nelle sette frazioni vici-
ne.
LI campo scuola-missione si articola
in due tempi. La mattina è dedicata
18
allo studio: con la guida delle suore le
ragazze approfondiscono un tema di
cultura religiosa. In questi anni si è
scello «Il senso dei segni cristiani»,
sviluppando volta per volta il Battesi-
mo, la Cresima, l'Eucaristia, la Chiesa.
Il pomeriggio invece è un dono ai
fratelli: con il doposcuola e catechesi
per i bimbi di Villa San Lorenzo, e con
la gioia salesiana per lutti, anche per
la gioventù che si LrOva in paese tem-
poraneamente: canti, ~ochi, passeg-
giale in campagna, proiezioni serali.
La Liturgia eucaristica quotidiana è
l'ora più intensa, e coinvolge il paese o
la frazione in cui si auua. Adulti, gio-
vani e fanciulli partecipano con vivo
interesse.
Nei primi giorni si programma una
celebrazione penitenziale per sugge-
rire ai presenti la possibil.ità di con-
fessarsi e di ricevere l'Eucaristia.
Suore e ragazze ne danno l'esempio. è
una modalità efficace che ha conse-
guenze positive sem.a dover ricorrere
a inviti. La messa è allietata dai canti
dell'assemblea che le voci e le chitar..-e
del Salgen animano e guidano. Pre-
ghiera dei fedeli e processione offer-
toriale si svolgono con estrema sem-
plicità. Poi ci si ritrova sul sagrato: in
un coro festoso si intrecciano battute
cordiali che esprimono la reciproca
gioia del ritrovarsi. Le ragazze offro-
no, lì sul sagrato un simpatico tratte-
nimento musicale. In precedenza
hanno preparato un repertorio di
canzoni abruzzesi, e tutta la folla si
unisce ai canti della «sua terra».
Se vi fossero persone ammalate,
suore e ragazze si recano a visitarle,
portano loro una parola di conforto,
propongono la gioia di un incontro
col Signore.
Le vacanze Impegnate. Lungo l'an-
no al centro giovanile di Roma, la
«Villa», che sarebbe Villa San Loren-
zo, torna di frequente neUe conversa-
zioni Tutto, a quota mille, raggiunge
un alto indice di gradimento, ma forse
piace di più l'esperienza forte d'ami-
cizia fra ragazze e suore, la fede vis-
suta in uno sforzo sincero di autenti-
cità, la gioia che scaturisce da una
pastorale realizzata con slancio e sa-
crificio.
Quindici giorni d'oro: pr-imo anno,
w1 turno: secondo anno, due turni;
terzo anno, Lre turni...
Sulla linea del Salgen numerosi al-
tri gruppi di adolescenti hanno rea-·
lizzato e continuano a realizzare• va-
canze cristianamente impegnate».
TJ campo-scuola. campo-missione,
campo-lavoro, campo-amicizia, cam-
Gente, resta avvisato: questa sera vi aspettiamo tutti al teatro! • E un ma•tello la da tamburo.

2.9 Page 19

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petto! Denominazioni diverse, slo-
gans diversi, ma unico lo slancio apo-
stolico e il desiderio di donarsi ai fra-
telli.
Ecco le ultimissime dd 1977: da
Roma-Cinecillà si parte per Amatri-
ce; da Napoli-Santa Caterina si rag-
giunge Mcrcoliano; gli oratoriani di
Casa Generalizia si recano a Scanno; i
giovani di Sant'Apollinarc restaurano
la cappella della Madonna del Can-
neto. Un fermento di fraternità e di
tesLimonianza cristiana, animalo dal-
la presenza allenta delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice.
A Etroubles. Altra espericnLa viva è
quella di Etroubles in VaJ d 'Aosta:
ragazze provenienti da , ari paesi del-
l'alessandrino iniziano un cam-
po-scuola per animatrici di gruppo.
Vogliono impegnarsi alla «realizza-
zione di un mondo più vero in Cristo,..
e per vivere autenticamente questo
programma sono salite a ritemprare
lo spirito.
Cominciano a incontrarsi col Cristo
in una forte «espericn✓.a di deserto».
Stefania confida alle amiche: «Toso-
no una gran chiacchierona, ma il si-
lenzio non mi è pesato affatto. Ho
avuto modo di parlare al Signore, di
fargli un discorso tulio mio; gli ho
dello ciò che avevo nel cuore. Ho
esaminato il mio carattere con una
severa autocritica, e gli ho chiesto di
aiutarmi a diventare migliore. Era
tanta la mia gioia che, improvvisa-
men1e, ho cominciato a cantare, o
meglio, era il mio cuore che cantava
nel silenLio •·
Mirella, un'espericm.a diversa: In
questi giorni ho scoperto gli altri, i
problemi, la sensibilità, il dolore degli
altri; mi si è slargato l'orizzon1e. Vo-
glio comprendere. con fraterna intui-
zione le persone che mi vivono ac-
canto. Ho riscoperto 1 , ·alori umani
che troppo spesso lii società nascon-
de. SoprallUllo, in questi giorni ho
trovato Cristo!"
rPENSIERI DAI CAMPI-.
* Dio non è un amore. ma l'Amore!
* 010 ha bisogno degli uomini per
gli uomini
* Amare Il prossimo, ma farsi
prossimo •.
* Il cuore che ha la sapienza di Dio,
sa quanto vale ogni persona. Per ave-
re la sapienza del cuore bisogna che
ogni mattma la vita germogli nella
preghiera
* Il campo scuola non deve essere
una parentesi. Bisogna cominciare
subito, Insieme, noi: con la mamma, Il
papà, la suora, il prete, Il giovane. il
*vecchio, con tutti.
Bisogna riflettere, spogliarsi,
condividere, spezzare Il pane, perché
se non rinunciamo a noi stesse non
possiamo darci agli altri, essere di-
sponlblll ad accogliere tutti.
· b r e r i a - - E Mariangela scrive: • Le parole ,.,---
suua sono un meuo incrficace per proiet-
tare all'esterno la felicità spirituale
Sindone
che vivo dentro. Tu11avia sono certa
che Dio mi legge nel cuore e, nel mio
cuore. c'è scritto che lo amo più <li
prima. Dio è Amore: quest'amore che
mi trabocca dall'anima e non mi ab-
GEREMIA DELLA NORA
Hanno fotografato Il volto di Gesù
Elle Di Ci 1975 Pag. 44, lire 700
bandona un istante•.
Un masso è diventato altare. li la-
voro di gruppo. molto ~crio e concrc•
to, s'incentra sul tema: ,,Analisi della
sii ua_✓. ione attuale dei vostri paesi"·
Laura e Grazia osservano: « La leuura
in assemblea di quanto avevamo cv1-
den1ja10 è stata molto \\·alida, perché
ci ha reso consapevoli della realtà che
ci circonda. Nel pomeriggio siamo
salile, con una mcu'ora di cammino,
a una baita disabitata. Questo sforw
ci ha preparato alla celebrazione pc-
nitent:iale: si è creato un clima di
partecipazione e di comunione•.
Nei vari giorni - tra il 30 agosto e il
4 scuembre 1977 - don Vittorio porta
avanti le sue «conversazioni,. chiare e
fo1·mative; le suore creano un'a1mo-
sfcra serena e familiare.
Nuova csperien1a di preghiera è la
«Marcia della Pace». Le ragaue di
Novi e di Lu ricordano: Divise in
gruppi, a dil,tan,a di cinque minuti
l'uno dall'altTo, ci siamo incamminate
verso la radura e.li una pineta. Durante
il percorso abbiamo fallo diverse
tappe, sia per leggere un brano di
Vangelo e medi1arlo, ~ia per godere la
natura. Il cielo limpidissimo ha con-
Opera divulgativa
L'autore parte dallo
strumento chiave
per lo studio dElla
Sindone, la fotogra-
fia, mettendo In luce
ciò che ha portate., .i
scoprire. Pone poi il
problema dell'auter,
ticità della reliquia
Offre quindi un pa-
rallelo tra la Passio-
ne secondo I Vangeli• e «secondo la
Sindone•. Chiude con una riflessione
sull'iconografia di Gesù attraverso Iseco-
li. Alcune nitide fotografie rendono chiaro
e molto utile il piccolo libro.
JOSE' LUIS CARRENO
La Sindone - Ultimo reporter
Ed. Paoline 19n. Pag. 268, lire 5.000
Opera appassionante, dovuta alla
penna di un salesiano spagnolo già
missionario In India ed estremamente
versatile. La tesi trasparente è che la
Sindone giunge a noi, dopo gli evange-
listi, come un reporter tardivo ma ben
informato, a raccontare I fatti del Gol-
gota, come si è svolta la Passione di
Gesù. E' un racconto meticoloso, pieno
di particolari, e soprattutto di conferme
su quanto hanno già narrato gli autori
ispirati.
tribuito a renderci più disponibili al•
l'ascolto.
~ Un grande masso è diventato al-
tare: L1 intorno, unite nello scambio
sincero della pace e nel pane eucari-
stico. ci siamo sentite una cosa sulo
con Cristo e in Cri-;to•. L'ultima sera
largo alJe chitarre e ai canti sollo le
stelle, nell'alone rossastro e allegro
del fai<>.
Lieta realtà. Il campo-scuola si
conclude con una solenne Eucarh.tia.
La partecipazione della giovane as-
"'emblea è viva: prima dell'offertorio
AUDIOVISIVO LDC
La Sindone
L'audiovisivo comprende un libret-
to-guida e 36 quadri (nella versione fil-
mina, lire 3 000; nella versione diaposi-
tive, lire 7.500). Utilmente è stato com-
pletato da una cassetta di sonorizzazio-
ne sincronizzata (lire 3.500).
L'audiovisivo si presta per una cono-
scenza anche visualizzata del sacro
lenzuolo• e dei problemi che lo concer-
nono. E' un'ottima preparazione per chi
Intende recarsi in pellegrinaggio a Tori-
no nel prossimo settembre; si presta
I
pure per una meditazione sulla Passio-
ne del Signore.
vengono lette le «mozioni» votale per
al1a1a di mano. Vi emergono alcuni
clementi che fanno pensare: una de-
cisa volontà di vivere gli impegni,
concretezza di proposte, ansia di agi-
ORESTE FAVERO (a cura di)
La Via Crucis alla luce
dei Vangeli e della Sindone
LDC 1978. Pag. 64, lire 500
re con urgenza.
...E sembra un sogno che in una
società come la nostra ci siano giovi-
ncue coerenti e generose come Mar-
zia e Costanza, Angela e Simona, Li-
dia e Daniela, Cinzia e Loredana, co-
me le trentanove del campo di Etrou-
bles. Ma non è un sogno: è una lieta
realtà, una ricchcua comune di cui
tutti dobbiamo godere.
Dove affonda le radici? Nello Spiri-
to Santo, che da ogni generazione trae
per la sua Chic~a energie nuo\\C e
nuove speranze.
Pubblicato per la prima volta nel feb-
braio scorso, l'opuscolo a marzo doveva
già essere ristampato. SI presta per la
meditazione individuale e per le cele-
brazioni comunitarie. E offre una signi-
ficativa novità rispetto alle vie crucis•
tradizionali: le •stazioni•, commentate
con immagini e osservazioni ricavate
dalla Sindone, sono disposte secondo la
successione esatta suggerita dai testi
evangelici. Questa ulteriore ricerca di
verità non sarà certo di ostacolo alla
preghiera, se mai un aiuto. Soprattutto
per le nuove generazioni, che la menta-
lità scientifica sovente porta lontano
dalla fede.
MARIA ELIA FERRANTE
19

2.10 Page 20

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Educhiamo come Don Bosco-------
L'amorevolezza
cuore del suo metodo
Don Garigliano era stato compa-
gno di Don Bosco alle scuole di
Chieri. Nel 1889, ricordand o con no-
stalgia l'amica amicizia, narrò a don
Viglielti il seguente episodio.
Accompagnavo un giorno Don
Bosco per Torino; giunli davanti alla
Chiesa della Trinità in via Doragros-
sa, c'imbauemmo in un giovanouo
ma/vestilo e arrogante. Don Bosco lo
fermò, lo salutò, e gli chiese: «Chi
sei?»
«Chi sono? Lei piuttosto. che cosa
vuole da me? Chi è Lei?», replicò il
giovane.
E Don Bosco: « lo, vedi sono un
prete che vuole bene ai giovani. li
radùno alla domenica in un hel luogo
presso la Dora vicino al Rifugio, poi
do loro delle cose buone, lidiverto, ed
essi mi portano molta affezione. lo
sono Don Bosco. Ma ora che ti l10
detto chi sono io, ho diritto di sapere
chi sei 1u».
«lo sono un povero giovane disoc-
cupato, senza padre e senza madre, e
cerco d'impiegarmi».
«El1bene, guarda: li voglio aiutare.
Come ti chiami?» Il ragazzo dis~e il
nome, e Don Bosco: « Bene, ascolta:
domenica ti aspetto con i miei figli.
Vieni. ti divertirai. Poi io ti cercherò
un padrone, e ti farò stare allegro».
Il giovane fissò per qualche istante
gli occhi in viso a Don Bosco, poi gli
replicò bruscamente: «Non è vero!»
Don Bosco trasse allora di tasca una
moneta, la pose nelle sue mani. e:
«Sì, sì, è vero. Vieni e vedrai,).
Egli guardò quasi incredulo la
moneta, e rispose: «Don Bosco...
verrò. Se domenica manco, mi chia-
mi busiard » (in piemontese: bugia1--
do).
Andò davvero, e frequentò con as-
siduità l'Oratorio. E - concluse don
Garigliano - credo che ora sia uno
dei sacerdoti della Loro Congregazio-
ne, perché venendo talora a vedere
Don Bosco, lo incontrai 11e/l'Ora1orio
vestito da chierico».
Quest'episodio evidenzia a l mas-
simo l'amorevolezza. e ce la fa ve-
dere in azione.
***
* Don Bosco asseriva spesso: "in
ogni giovane, anche il più disgra-
ziato, c'è un punto accessibile aJ
be.ne, e dovere p1imo delJ'.educatore
è cercare queslO punto, questa cor-
da sensibile del cuore. e trarne pro-
fitto". L'ane cli far vibrare quella
corda si chiama amorevolezza. Don
Bosco era l'amorevolezza falla per-
son a.
* U vocabolo amorevolezza, tut-
to boschiano, esprime una ricchez-
za imponderabile di vaJori pedago-
gici, e risulta difficile definirla. For-
se è più semplice descriverla, ser-
vendosi delle stesse espressioni del
santo:
«Chi vuol essere amato bisogna
che faccia vedere che ama».
« La familiarità pona affetto, e
l'affetto porta confidenza. Questa
apre i cuori, e i giovani palesano
tutto senza timore ai maeslTi. agli
assistenti e ai superiori. Diventano
schietti e si prestano docili a Lutto
ciò che vuol comandare colui dal
quale sono certi d'essere amati».
« La confidenza per Don Bosco è
la cosa più sacra al mondo».
• I ragazzi, essendo amati in quel-
le cose che piacciono loro. imparano
a vedere l'amore in quelle cose che
loro piacciono poco».
«Chi sa di essere amato, ama, e
chi è amalo o ttiene tutto, special-
mente dai giovani».
«Non basta amare i giovani, è nc-
cessa1io che essi si accorgano di es-
sere amati».
* La carità bellamente manffe-
stata e facil mente compresa si chia-
ma amorevolezza. Come l'evidenza
è il fulgore della verità, così l 'amo-
re vo]ezza è U fulgore della carità . E'
l'amore tradotto nel linguaggio psi-
cologico della persona amata, e reso
evidente.
Don Bosco aveva una carità emi-
nente e conosceva l'arte d i renderla
eloquente. Dotalo cti una specie di
radar soprannaturale, intuiva con
prontezza e chiaramente gli stali
d'animo, i gusti, le aspirazioni, i de-
sideri di ognuno dei suoi ragazzi,
entrava immediatamente in contat-
to simpatico con essi, cd esprimeva
il suo immenso amore nella forma
più gradita.
* L'amorevolezza è una felice
combinazione di calore umano e di
delicatezza soprannaturale. E' I'a-
morevolezza che insegna l'arte di
[arsi gli amici e fa festa per ogni
nuovo conquista.
E' l'amorevolezza che fa compie-
re il primo passo e impedisce di
spezzare la canna incrinata e di
spegnere il lucignolo fumignale.
* Conformandosi aJ suo maestro
Gesù, Don Bosco riuscì a diventare
come lui dolce e umile di cuore. In
mezzo ai su oi giovani egli apparve
come la bontà e la benignità uma-
nizzate. Proprio perché era diventa-
lo il genio dell'amorevolezza. Don
Bosco poté scrivere con tulla since-
rità: «Da circa quarant'anni tratto
con la gioventù, e non mi ricordo di
aver usato caslighi di sorta. E con
l'aiuto di Dio ho sempre ottenuto
non solo quanto era di dovere, ma
anche quello che semplicemente
desideravo. E ciò da quegli stessi
fanciulli di cui sembrava perduta La
speranza cti buona riuscita».
« L'amorevolezza è il cuore del si-
stema preventivo».
ADOLFO L 'ARCO
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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INDIA
l'ultima della sua vita. Nel frallernpo
portarono il cocco da bere. Dovetti ri-
C'era un fiore nel giardino
versare
che era
lpaiebneavadnidvaensceilclahes.uDa obpooccgali
am~inistr~ il sacramento degli in-
di Papa Giovanni
fermi, che m questo caso era proprio
l'estrema unzione. Non potei ungere
né le mani né i piedi, perché i poveri
moncherini che gli erano rimasti si
Padre Francesco Schlooz, successore di don Orfeo Mantovani nel trovavano completamente avvolti
Villaggio delle Beatitudini di Madras, racconta in una relazione la nelle bende. Egli disse con voce chia-
storia di Amirthanathan, cieco e sfigurato dalla lebbra, e in qualche ra, durante il rito, che era pentito dei
modo fortunato e felice.
peccati commessi con la vista, l'udito,
l'olfatto, il gusto e il tatto. Gli porsi il
crocifisso e lo baciò e ribaciò, mentre
A mirthanathan era una figura ec-
cezionale nel «Giardino di Papa
Giovanni», centro per lebbrosi co-
struito da don Mantovani a Madha-
varam. Eccezionale. primo perché era
uno dei pochissimi rimasti di quelli
arrivati quando la colonia fu aperta
nel febbraio 1966. Secondo, perché
era il più brutto di aspetto: era cieco,
col volto orribilmente sfigurato, e
praticamente senza le dita delle mani
e dei piedi Ma era eccezionale per
una terza ragione: aveva una moglie
meravigliosa, capace di una dedizione
senza confini, dalla quale egli dipen-
deva in lutto e per tutto.
Padre Orfeo Mantovani aveva
aperto la Colonia per i lebbrosi con 43
malati portati a Madhavaram su un
autocarro da Vyasarpadi. Insieme
con pentole, padelle, vestiti, granaglie
e altri generi alimentari, padre Man-
tovani donò loro anche una statua di
Maria Ausiliatrice alta quasi un metro
e mezzo, che si trova ancora vicino
alla casetta con gli uffici, e che dice a
tutti: « Non preoccupatevi, io mi
prenderò cura di voi».
Prontissimo. Molti dei 43 primi ar-
rivati sono morti; alcuni sono tornati
a casa loro. Solo sette sul finire del
1977 erano ancora con noi, e tTa essi
Amirthanathan e sua moglie. Da pa-
recchi mesi la salute dell'uomo si era
era il 30 novembre scorso. La suora
sorvegliante disse che la sua fine era
ormai vidna, che avrebbe durato solo
pochi giorni. L'indomani, primo di-
cembre, andai a vederlo: era più alle-
gro del solito. Mi domandò un po' di
bevanda di cocco, perché la sua bocca
era terribilmente secca e l'acqua zuc-
cherata non gli dava sollievo. La suo-
ra uscì a cercare qualcuno che si ar-
rampicasse su un cocco e staccasse
una noce per lui. Nel frattempo ebbi
modo di fare con lui quanro chiac-
chiere.
«Così, Amirthanatham, ho l'im-
pressione che tu vuoi ritornare a casa.
Tu sei stato qui un fiore del« Giardino
di Papa Giovanni». per tanto tempo.
Io credo che ora Dio vuole trapian-
tarti nel suo giardino del cielo. Ti senti
pronto?»
«Prontissimo!», rispose.
«E clirai alla mia mamma, al mio
babbo, e a tutti gli altri miei cari che
sono morti di recente, che io mi ri-
cordo di loro, e prego per loro?» «Si-
curo! - replicò - . Io dirò loro anche
tutto quello che lei sta facendo qui per
la nostra gente, e la gioia che sta por-
tando a loro».
«Vuoi fare la confessione prima che
Li dia il sacramento degli infermi?»
«Sl».
Ci lasciarono soli nella piccola
stanz.a e ascoltai la sua confessione,
grosse lacrime rotolavano giù dai suoi
occhi spenti.
"Questo Dio io lo sen to ". Da tanti
anni, ormai Amirthanatham era am-
malato. Per la sua infermità i suoi pa-
renti lo avevano scacciato cli casa. Ma
aveva trovato la sua salvezza nel
«Giardino di Papa Giovanni». L1 ave-
va trovato la forza per superare le
sofferenze.
Una volta un giornalista, renden-
dosi conto di tutte le sofferenze che
doveva sopportare, gli aveva detto
sarcasmo: «Che cosa ne pensi ora di
Dio?» Mi stavo domandando che cosa
avrebbe saputo rispondere. Disse
semplicemente così: «Il Dio di cui lei
parla, signore, io non posso vederlo
toccarlo. Ma questo Dio qui - e mi
buttò le braccia al collo stringendomi
come poteva-, questo Dio io lo pos-
so vedere e sentire, e tanto basta per
me. Io non mi preoccupo di nulla».
Ora Amirthanalbam ha finito di
soffrire. Aveva cinquant'anni. E'
morto il 2 dicembre scorso, alle 5,30
del mattino. Alle 6,30 ho celebrato la
messa per il riposo eterno della sua
anima, ma forse non aveva bisogno ·
delle nostre preghiere. Il « Giardino di
P apa Giovanni» a Madras è l'antica-
mera del giardino del cielo, dove
molti fiori vengono trapiantati perché
vi mostrino tutta la loro bellezza.
PADRE FRANCESCO $CHLOOZ
andata compleLamente deteriorando,
a causa di un'acuta dissenteria ribelJe
a -~~n ! cu:a. L_e_suo~e trovavan~> molto
,
'
dii ric1le largl! mgo1are le medicine, iJ
suo organismo era completamente
disidratato. Quando suor Rina l'in-
fermiera si recava da lui per iniezioni
e altre cure, rimaneva però sempre
sorpresa nel notare che egli non dava
iJ minimo segno di dolore. Ma un
giorno egli chiamò un'altra suora e le
disse: «Sorella. suor Rina si dà molto
da fare per le iniezioni e per farmi
prendere le medicine, ma ciò nono-
stante io non sto meglio. Come posso
farglielo capire, dal momento che se
essa lo sapesse ne soffrirebbe mollis-
simo? lo sono sicuro che le gocce e le
iniezioni non possono più servirmi a
nulla. Perciò, per favore, diteglielo
voi, ma fate in modo che non abbia a
soffrirne troppo». Fino a questo pun-
to Amirthanathan era delicato.
Parlammo di lui una sera a cena, Padre Schlooz:: Il Giardino di Papa Giovanni è l'anticamera del giardino del cielo».
21

3.2 Page 22

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* MAGGIO 1878 IL PRIMO TENTATIVO DI MISSIONE SALESIANA
Semitragica istoria
di orribilissima tempesta
Salpati in quattro il 7 maggio da Buenos Aires per raggiungere via
mare la Patagonia, dopo 13 giorni di burrasche i missionari si riten-
nero fortunali di poter raggiungere... il punto di partenza. Volevano
«fare Il primo tentativo di missione tra i selvaggi», ma dovettero
rimandare la spedizione all'anno dopo.
earissimo Don Bosco, richiami alla
memoria il fatto del profeta Gio-
na, che geuato i.o mare stette tre giorni
nel ventre di una balena e poi fu da
questa miracolosamente rigettato vi-
vo e sano alla sponda, e avrà la storia
dei suoi salesiani. La lettera, datata da
Buenos Aires il 21 maggio 1878, porta
la firma di don Giacomo Costamagna,
ed è stata pubblicata per filo e per se-
gno sul BS del luglio di quell'anno.
I missionari salesiani erano arrivati
in America Latina 'già alla fine del
1875, ma per prima cosa vollero am-
bientarsi, e poi trovarono w1 sacco di
lavoro da svolgere con gli emigrati
dall'Europa. In Buenos Aires - dice la
lettera - i l da fare è molto e cresce fra
le mani tuttogiomo, mentre gli operai
sono pochi. Ma per accontentare l'im -
pazie11Za di Don Bosco, che vuole i
missionari al più pres10 tra i primitivi,
viene organizzata la spedizione.
Capo ne è il segretario dell'Arcil'e-
scovo di Buenos Aires, mons. Antonio
Espinosa. Poi don Giacomo Costamn-
r gna, cuneese di 32 anni, anivato dal-
l'Italia appena sei mesi prima, e UII/YO
vescovo l'estensore brillante e ro-
mantico della relazione). Poi c'è don
Evasio Rabagliati, monferrino di 23
anni, sacerdote da 7 mesi. E a questi
due salesiani si è aggiunro un missio-
nario laz,:arista, don Savino.
li vapore Santa Rosa dovrà portarli
fino a Bahia Bianca. poi essi a cavallo
si recheranno nell'interno, al Carhué, e
a Carmen de Patagones, a "fare il pri-
mo tentativo di missione con quei
selvaggi".
Ma ascolti, Signor Don Bosco, la
semitragica istoria...
Un banco di sabbia. [I martedì 7
maggio. benedeui da mons. Arcive-
scovo, ci portammo alla stazione della
via ferrata del Norte, e partimmo per
Campana sulla sponda del rio Paranà.
ci stava aspettando il vapore Santa
Rosa. Non si potè partire che l'indo-
mani giorno 8. ma questa rermata ci
diede occasione per conoscere con
quale sorta di viaggiatori ci toccava
fare questo tragitto, poiché la vista di
quattro preti svegliò presto molte
questioni polemiche e religiose.
Ci accorgemmo tosto che avevamo
da fare con gente del tutto ignorante
di religione. Più che discorrere, si ri-
deva e disprezzava. « lo sono catLoH-
22
co, ma... ». Un tale imprecava alla leg-
ge nostra sul matrimonio, dicendo
essere migliore quella dei turchi. Giu-
dichi lei, caro Don Bosco, se si avesse
ragione di temere che il viaggi() sa-
rebbe stato disgraziato. Ah t Chi non
sa che a causa dei peccati soprag-
giungono le avversità?
Al domani entrammo nell'altro
braccio del fiume, e poco dopo nel
Don Giacomo Costamagna. futuro veaeovo
missionario.
gran Rio de la Plata. Seguitammo al-
legramente a vele gonfie, e già ci tro-
vammo di fronte all'b.ola Martin
Garda quando a un tratto il nostro
vapore batté in un banco di sabbia. ed
eccod arenati e fermi
La penna non sa esprimere. I ma-
rinai per tre giorni fecero sforzi
slraordinari e fatiche incredibili per
liberare il bas1imcnto, ma la nave ri-
maneva ognora immobile con le cor-
na nella sabbia. Ci persuademmo che
Maria Ausiliatdce avrebbe vinto, e
pieni di fiducia ci mettemmo a pro-
vare sulJ'armonium che portavamo
con noi, i canti che a Carhuè avrem-
mo eseguito.
Al sabato si potè liberare Il basti-
mento, ed uscì dal banco di sabbia, e
lieti passammo nel così detto Canal
del Inferno e in breve ci trovammo
nell'oceano Atlantico, avviati verso il
Polo Antartico. Ma il grande Oceano
non fece buona accoglienza al basti-
mento "Santa Rm,a . e non appena
l'ebbe accolto in seno, cominciò a
batterlo e flagellarlo nel modo più fu-
rioso. Allo spuntare della domenica
ricomparve un po' di calma. ma arri-
vata l'ora dei vespri la scena era cam-
biata e cominciava la parte tragica del
nostro viaggio.
Chi non ha letto descrizioni di tem-
porali e burrasche nei libri? Richiami
pure alla memoria quanto di brutto e
di terribile si racconta, e ve n'aggiunga
ancora un poco, e non ne avrà ancora
un'idea precisa. La mia penna non sa
esprimere un centesimo di quello che
abbiamo provato...
Non sa pregare chi non fu In mare.
Dopo un sordo rombo di tuono, che fu
come il segnale delJ'orribile battaglia
degli elementi Lutti del cielo e del ma-
re, si scaricarono di bollo su di noi un
terribile pampc1·0 e un'acqua a dirot-
to. li povero bastimento, agitato qua e
là, di su e di giù, or sopra un monte
d'acqua elevato, or sprofondato in
una voragine profondissima, parve
miracolo che non si rovesciasse in
mare. Alcuni moti erano così violenti
c repentini che, se non ci tenevamo
fortemente aggrappati, venivamo
sbattuti nelle pareti col pericolo di
romperci la testa e le ossa.
Questo lravaglio un alu·o ce ne
produsse, e fu un mal di mare così
rurte e tenace. che rivoltandoci lo
stomaco rninacciava di rompercelo.
Non basta: le terribili ondate, che a
guisa di montagne d'acqua si riversa-
vano sul ponte del bastimento, di-.
scendevano nei piani inferiori, e dopo
averci tutti inzuppati, ci allagavano
talmente che noi non potevamo più
posare il piede senza avere le scarpe
piene d'acqua. Da tutti si pativa, si
gemeva. si sospirava... ma questo era
solo il principio dei nostri dolori.
Crescendo il buio della notte crebbe
la burrasca e cominciarono a udirsi
urla. pianti, grida, lamenti, e preghie-
re a tutti i santi. No.i, persuasi che l'ora
del supremo passo fosse ardvata, non
facevamo cbe raccomandarci a Gesù
e alla Madonna Santissima. Oh! E'
bene giusto il proverbio che dice: non
sa pregare chi non fu in mare.
E' tempo che ci confessiamo. Fi-
nalmente giunse il mattino: il basti-
mento non ha più vele. così dicevano
mezò disperati alcuni marinai, il pa-
rapetto è fracassato...
« Vcneziano - dissi io a un vecchio
marinaio con cui avevamo stretto
amicizia-, siamo salvi?» Ed egli con
accento disperato: «Siamo perduti, il
bastimento non ha più timone!».
Una forte tromba marina l'aveva
schiantato, e noi senza governo era-
vamo l>tali gettati in alto mare. Rima-
nemmo muti un istante. e poi mons.

3.3 Page 23

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Espinosa disse: « Bisogna che ci con-
fessiamo, che è tempo». E afferrati
alla sponda del letticciolo per non ca-
dere, ascollammo l'uno la confessio-
ne dell'allro.
Al cibo neppur si pensò. Sulla sera il
mio veneziano fece di nuovo capoli-
no, e noi a domandargli: «Sicché. c'è
ancora speranza?» «Miei cari padri,
un bastimento senza timone è come
un uomo ubriaco: rovina se stesso, e
trascina gU altri con sé».
Il pensiero cli Don Bosco. Facendo
uno sforzo uscii carpon carponi
a,anzando fin sulla prora: la trovo
abbandonata. Più nessuno accudiva
al bastimento. Do uno sguardo al
mare: non potei resistere a quella vi-
sta. e quasi svenni. Cerco allora di ri-
tirarmi in camera dicendo tra mc: è
proprio finita, qui bisogna disporsi a
far sac1iricio di noi stessi.
Ci facemmo coraggio l'un l'ahro,
Demmo principio a una novena di
preghiere alla nostra buona Madre
celes1e, e aggiungemmo voti e pro-
messe. Entro allora nel cuore ùi tutti
una grande fiducia.
Ci credemmo già sprofondati. In-
tanto la tempesta durava inesorabile;
un timone provvisorio che si era mes-
so al bastimento era sparito sull'alli-
mo. Mi feci tutto solo alla prora, e
diedi al tempestoso mare la benedi-
zione di Dio onnipotente per inter-
cessione di Maria Ausiliatrice. Al ri-
torno mi sento chiamare: « Padre, pa-
dre!». Vado dietro la voce, e trovo
nella sala maggiore del bastimento
cinque o sei uomini afferrati al tavolo
per non cadere, pallidi, sparuti, ripie-
ni di un panico indescrivibile. « Padre
- prese a dire uno - ci dica una
messa subito, chè l'affare è di.spera-
w,,. « La messa a quest'ora? E con
questo ballo del bastil!'1ento?» . .
Dovetti spendere cinque minuti a
dimostrare loro che non si poteva. Li
Tr
.,..... 4
' ... 7.1,\\ • '
:;:r-" --:--~
~. .~ ,~i,-~~:il>èT.l.-~"!
...,.
~~
~
·~-~ ''!'i~
Ragazzi della Patagonia. Due anni dopo l'eplsodio qui riferito, i missionari salesiani prenderanno
contatto stabile con I nativi a Vledma.
pensando che la morte accettata vo-
lentieri sarebbe staia grato sacrificio.
che forse Dio in premio ùcl nos tro sa-
crificio avrebbe conceduto alle mis-
sioni dei nostri fratc!U un frutto più
copioso. lntamo erano passali il lu-
nedì e il martedì, con le loro terribili
notti e sempre con la morte alla gola.
Al mercoledì 15, mentre si pregava, si
gemeva, si sospirava, eccoli il pensie-
ro di Don Bosco...
Non la rivedremo più la faccia di
quell'amato padre? Quale dolore pro-
verà egli mai all'udire la nostra tragi-
ca fine... Allora si ru che cominciam-
mo a dire: « No. non dobbiamo mori-
re. Maria Ausiliatrice ci deve fare
questa grazia».
«Coraggio - disse don Rabagliali
-. Un gran pensiero mi balena nella
meme : oggi comincia la novena di
Maria Aiuto dei Cris1iani. Comincia-
mola pur noi in questo istante».
esortai invece a domandare perdono
di cuore a Dio dei peccati commessi.
Furono fortunati di poterlo fare, seb-
bene a grande stento. Dopo li ho con-
fo1-tati dicendo: «Coraggio, Maria
Ausiliatrice d ha da salvare, essa farà
da nocchiero e ci ricondurtà al por-
to».
Vuol sapere, caro Don Bosco, chi
erano costoro? Quei tali che prima i-i-
devano di religione. E chi colui che
più importunava perché si dicesse la
messa? TI medesimo che giorni prima
amava mrglio la legge dei t1.1rchi!
La notte del mercoledì fu veramen-
te notle d'tnfe1·no. Di nuovo scosse in
modo o ndulatorio e sussulto1·io. di
nuovo le grida e le suppliche generali
di lutti quegli inl'elicL li mio letticciolo
rovinò sul poven) mons. Espinosa..
Fu un momento. verso la mezza-
notte, in cui ci credemmo già spro-
fondati. Col pensiero di trovarmi agli
u!Limi momenti, feci a Dio l'offerta di
mia vita con queste parole: «Voi, o
Signore del cielo e della terra, ~alvate
l'anima mia. Questo mio corpo sia un
sacrificio per la Congregazione sale-
siana, per i cooperatori, per i nostri
amici, parenti e benefattori...».
Saremo indegni noi? La notte
passò senza altro incidente. Intanto
Llll altro timone era stato preparato. e
già l'onda che continuava a flagellare
orribilmente l'aveva tornato a rom-
pere. Ma il tempo della prova era
presso a finire, e in sul mattino ecco
un sole splendidissimo a rifulgere
sull'orizzonte. ecco la calma del mare
e la speranza nel cuore di tutti.
Un quarto timone fatto di travicelli
uniti con ferri e cavicchi fu ben presto
allesLito: legato bene bene con forti
catene e freni, venne manovrato da
molti marinai insieme, e poco per
volta il bastimento prese a incammi-
narsi verso Buenos Aires. Non si andò
a Bahia Bianca, perché non si poteva
più continuare iJ viaggio. Si navigò il
giovedì, il venerdl e il sabato; a notte
ci trovammo davanti al porto di Bue-
nos Aires...
Ho la consolazione di poter dire che
tutti, nessuno eccettuato, riconobbe-
ro l'intervento del braccio di Dio in
questo accidente così spaventoso. Jl
capo macchinista disse chiaro che
nessun bastimento - neppure quelli
che vengono d'Europa, sebbene più
grandi e forti del Santa Rosa -
avrebbe potuto salvarsi e non affon-
dare in simile caso.
Al domani dell'arrivo. dal capitano
all'ultimo dell'equipaggio, e tutti i
passeggeri con le loro rispettive fami-
glie, si radunarono in chiesa per can-
tare il Te Deum e udire una messa in
ringraziamento. E molti piangevano
di consolazione.
Così un viaggio che doveva durare
solo tre giorni ne durò dieci. Adesso,
carissimo Don Bosco, mi permetta
che le esprima i miei sen1imenri.
Questo primo tentativo delle tanto
sospirate missioni ai selvaggi andò
fallito: sarà forse perché quei poveri-
ni ne sono indegni? Non lo credo, an-
7.i... Ne saremo indegni noi? Non lo
vo1Tei credere pur anche. se conside-
ro che Dio si serve sempre dei mezzi
più deboli e disprcgcvoli per operare
le sue meraviglie...
Finora forse non ci eravamo pre-
parati abbastanza per fare il primo
passo; ma mentre si faranno i mate-
riali preparativi per un'alLra spedizio-
ne, noi pure ci prepareremo con la
preghiera, con la pratica della cruità e
ùell"umillà.
Così don Costamagna nella lertera a
Don Bosco pubblicata cent'anni fa sul
Bolletti110. Nella primavera dell'anno
successivo Don Coswmagna ritenta
l'impresa e raggiunge i primitil'i. An-
cora 1111 anno, ed ecco le prime 111issio-
. * ni salesiane a Viedma e Patagoneç_
23

3.4 Page 24

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* PROFILO DI DON BERNARDO PONZETTO (1889-1976) PRIMA PARTE
utonomo di don Bosco
« Un involucro con una grande scorza, dentro cui scoppiava l'amore di Dio»: così lo ha descritto l'on.
Oscar Scalfaro (suo penitente). Ma le definizioni si sprecano: « Prete senza orario e senza organizzazio-
ne», «contadino congenito» , «uomo degli uomini» , che «conobbe ogni miseria, ogni tipo di fango, ogni
abiezione, ogni ingiustizia, ogni degradazione ». E drasticamente un suo superiore: «Di don Ponzetto ce
n'è uno solo. E può bastare così... ».
A Novara, doPe ha trascorso 42 de-
gli 87 anni della sua lunga vita,
don Bernardo Pon;:etto è già nella leg-
genda. Morto nel !976, è più vivo che
mai e il 18 marzo scorso gli hanno de-
dicato una via della cicuì.
Ettore Mariotto è andato a racco-
gliere testimonianze dirette di chi gli
visse accanio, e ne ha ricavato il libro:
"Fioretti di don Pozze tto" (edizione
extra-commerciale; evenluali richieste
all'lstillltO Salesiano, Baluardo La-
marntora 14, 28100 Novara; oppure
all'autore, via Marsala 42, 00185 Ro-
ma; contributo per spese lire 2.500).
Ecco dunque il condensato del vo-
lume, cioè della vita di questo perso-
naggio sconcertante e scomodo, di
questo appena credibile «santo non da
altare ma da pntde!la, 111a ben in Pista».
Verolengo (Torino), 13.2.1889. Ber-
nardo Ponzetto, che si definirà « con-
tadino congenito», nasce in una stal-
la. E' notte alta, la mamma diciasset-
tenne, inesperta, sente le doglie del
parto e chiama il marito (21 anni)
perché corra a svegliare la suocera.
Ma lui, stanco com'è, non si muove. E
lei gira per la casa in preda aUe doglie
e finisce nella slalla. Qui nasce il
bambino. Intanto la suocera inquieta
si è alzata: cerca, corre nella slalla, e
trova il bambino: il gatto e il cane lo
stanno leccando (meno che a Be-
llemme, dove c'era almeno un bue e
un somarello).
Affezionatissimo al Bolle ttino.
Bernardo cresce fiero delle sue brac-
cia robuste e della salda corporatura,
è laborioso e intraprendente, pieno di
senso pratico e a suo agio nel mondo
contadino. Ma ha intelligenza da ven-
dere e diventa leader tra i coetanei,
centro di atlrazionc nella sua piccola
comunità rurale.
ln famiglia impara la lezione della
vita di fede. «Da giovane - scriverà
negli appunti personali - sono staio
sempre affezionalo alle pratiche di
pielà, per i santi esempi dei miei cari
genitori, cristiani esemplarissimi».
Nella chiesa il suo posto è il coro:
«Sempre in co1·O, sotto quel grossissi-
mo crocifisso. Un bel giorno il chiodo
si spezzerà - scherzavano con me i
compagni - e Li farà cascare quella
croce in testa... ».
E con la preghiera, l'azione cristia-
na.« Io ho imparato da mia madre che
la carità non è dare il superfluo a chi
ha bisogno, ma è mettersi nelJa situa-
zione dell'altro. Quando qualche po-
vero bussava alla porta di casa per
chiedere un piatto di minestra (come
si usava nei tempi della mia fanciul-
lezza). mia madre lo accoglieva alla
nostra mensa e invitava uno di noi
fratelli a cedere il piatto caldo all'o-
spite. Cosl per l'ospitalità notturna: se
un viandante chiedeva il permesso di
passare la notte in rienile, mia madre
faceva cedere il letlo a uno di noi, che
andava a dormi.re sul fieno».
E all'origine della vocazione, il Bol-
lellino Salesiano: « Ero affezionatissi-
mo alla lettura del Bollettino. Mentre
irrigavo il granoturco. negli inten1alli
di sosta attaccavo il Bollettino a una
pianta e ci prendevo gusto a guardare
la bella figura di Don Bosco e a pre-
gare. li desiderio di apparlenere alla
sua istituzione si faceva sempre più
forte in mc».
Ma se viene via lui da casa, il mag-
giore dei figli, è un guaio per la fami-
gliola che ha preso da poco la cascina
in affillo. Però il padre. sorpresissimo
per il suo desiderio, è contento che
parla e don Rua lo manda a Ivrea per
completare i.I ginnasio.
Terrazzi er e di oratori. A lvrca i sa-
lesiani stanno aprendo l'oratorio su
un terreno accidentato da sistemare.
li direllore ba posto gli occhi sugli
eccezionali bicipiti di Bernardo. e lo
invita: al giovedì, mentre i suoi com-
pagni vanno a passeggio. lui va a
spianare. Poi ci va anche alla dome-
nica. E poi anche di sera dopo cena.
« [o divenni suo collaboratore e con-
fidente, facchino, e grand'uomo di
fatica». Torna a casa dopo mezzanot-
te, e per ricuperare il tempo perdutò
studia.
Nel 1914 è chierico salesiano. Nel
'15 è sotto le armi, l' Italia è entrala in
guerra. Ma ha tre altri fratelli in grigio-
verde, e lo esonerano con l'obbligo di
risiedere nella fattoria palcma. Lavo-
La chiesa da cui don Ponzetto portava via con tanta disinvoltura I can-
dellerl, le ampolllne, I messall, I plviall. E una volta, anche Il Santissimo.
24
- - L E TAPPE DELLA SUA VITA--
Don Bernardo Ponzetto è nato a Verolengo (Torino) da
Domenico e Caterina Albano, il 13.2.1889.
E_' Il primo di 8 fig li (di cui 5 si faranno religiosi).
1908. Entra nella casa salesiana di Ivrea (Torino), come
vocazione adulta.
1914. Diventa salesiano, poi studi a Novara e Asti.
1920. 1118 dicembre è ordinato sacerdote.
1921-25. Studi a Torino: si laurea in fisica e matematica.
1925-28. Insegnante a Foglizzo e direttore dell'oratorio.
1928-32. Insegnante e vice parroco a Borgo San Martino.
1932-60. A Novara è insegnante e cappellano.
1960-66. DI nuovo a Borgo San Martino, • in esilio•·
1966. Torna a Novara.
1974. Riceve il "Premio della Bontà".
1976. Muore il 30 maggio, dopo 55 anni di vita sacerdotale,
61 di vita salesiana e 42 trascorsi a Novara.
1978. 1118 marzo una via della città di Novara viene dedi-
cata al suo nome.

3.5 Page 25

▲back to top
ra anche per le famiglie deUa zona che
hanno congiunli in guerra: con buoi e
aratro va a dissociare Lutti i campi in
cui lo mandano. E cli nolle si ributta
sui HbrL
Nel 1919 è ad Asti: c'è ancora lo
stesso direttore cl"oratorio, che co-
mincia l'opera e chiede in prestito i
suoi bicipili. La notte è per studiare:
prepara l'esame cli maturità. «Fu un
massacro, ma riuscii a spuntarla», ha
scrillo. Tra i su<>i esaminatori c'è la
professoressa di greco e quello cli la-
tino che non possono vedere i preti.
« Il lavoro dovete tirarlo fuori dalla
vostra testa - esclama il professore
mangiapreti -, e non aspettate l'im-
beccata dclJo Spirito Santo, che è
sceso una volta in terra tanti anni fa
ma ora è vecchi.o, e non cc la fa più a
scendere». «Ione presi le difese... », si
legge negli appunti di Bernardo, ma il
manoscrillo è troncato lì. Questa «di-
fesa d'ufficio» dello Spirito Santo non
risulta fatale a Bernardo, solo perché
è preparatissimo e il professore man-
giapreti non può bocciarlo.
Nel 1920 il chierico riceve tutti gli
ordini (mm cartocciata) in pochi mesi,
ed è sacerdote. Festa a Verolengo, con
la sorella suora e il papà fuori di per
la gioia. Don Bernardo si porta dietro i
compagni chierici provenienti dalla
Polonia e dall'Ungheria. Tre cori in
chiesa, e un pranzo memorabile con
ca·nti e il discorso del babbo in buon
piemontese. Ne farà ancora altri ,ii
discorsi, questo generoso papà, per i
cinque figli su otto che donerà al Si-
gnore. E se ne tornerà ogni volta
tranquillo nei campi, a « fare l'asino
vecchio con il basto nuovo», come
dice nel discorso...
L'anno dopo don Ponzeuo per fre-
quentare l'università è mandato a
Torino. dove trova un altro oratorio
da dissodare: «Fui lanciato in tre
oratori nascenti. Occorreva in primo
luogo un terrazziere per spianare i
cortili: fui trovato l'uomo d'oro, e
usufruito come tale».
La benedizione do po le litanie. « La
prima volta che misi piede all'univer-
sità, mi trovai davanti a una scena
squallida e meschina, disumana e
crudele». Don Ponzetto scrisse cos'ì
perché non conosceva ancora le uni-
versità del 1978. Dunque durante la
prima lezione entrano in aula alcuni
studenti di un'altra facoltà: fingono di
dormire e russano fragorosamente,
fanno domande insulse, ecc. L'inse-
gnante, un vecchietto settantenne,
fugge con le lacrime agli occhi. Qual-
che giorno dopo. l'episodio si ripete. Il
docente chiede pietà, i beceri rinca-
rano la dose. « Mi credetti in dovere di
richiamarli al rispello. Fu il cacio sui
maccheroni: visto il prete fare il pre-
dicozzo, in coro intonarono un'arietta
liturgica. Allora mi saltò la mosca al
naso. C'era un ceppo di legno che te-
Novara 1974. A Don Ponzetto viene conferilo Il
Premio della Bontà
neva la porta aperta: afferrai quel-
l'arnese e gridai che dopo le litanie
avrei dato anche la benedizione, e
chiesi se preferivano uscire con i pro-
pri piedi o con la croce rossa. Quei
mascalzoni scapparono, e non li ve-
demmo più».
Ma don Ponzetto frequenta a
strappi, qualche rara volta, per otte-
nere le firme necessarie. Neppure co-
nosce i suoi professori. La vigilia di un
esame, sul tram. conversa con un si-
gnore distinto. «Lei frequenta l'uni-
versità?», gli chiede costui, stupito
neUo scoprire un muversitario in quel
prete male in arnese e dall'aria con-
tadina. «Sì, e domani ho l'esame con
un professore che lutti dicono una
bella carogna». L'indomani, all'esa-
me, don Ponzetto sbianca in volto: il
professore carogna è proprio quel si-
gnore distinto che ha incontrato sul
tram. Per fortuna anche questa volta
è preparatissimo...
Acqua di bambini. Dopo la laurea
don Ponzetto è mandato Foglizzo
dove i chierici :,alcsiani frequentano il
liceo: è loro insegnante, e direttore
all'oratorio. Tra i suoi ragazzini c'è un
certo Michele Arduino, futuro mis-
sionario e vescovo in Cina.
Foglizzo è quasi tagliato fuori dal
mondo: la strada è di campagna. la
ferrovia è lontana, Torino« più che
Abruzzi». Don Ponzeuo vorrebbe
aprire gli orizzonti dei ragazzi del suo
oratorio, e due maialini gli offrono
l'occasione. L'idea è cli ingrassarli e
venderli, e con il ricavato pagare ai
ragazzi una gita fino aUa metropoli.
Parla del progetto in chiesa alla gente,
poi precclla un uomo di fatica del
collegio. Costui ha una fronte spazio-
sa, e don Ponzctto gb disegna sopra
un maialino piccolo, un secondo
maiale molto grasso, una freccia che
va dall'uno all'altro, e la frase: «Da
così a così». Poi lo manda in giro per
le cascine, con un carretto a racco-
gliere granoturco per l'allevamento. I
contadini sorridono, e offrono in ab-
bondanza. Il salumiere del paese
pagherà con larghezza.
La gita è memorabile: per tre giorni
trecento contadinelli scoprono stupe-
falli le meraviglie di Torino, i suoi
monumenti e i suoi musei Un unico
incidente nel primo giorno, all'arrivo
alla stazione di Porta Dora. Piove a
dirouo, i ragaz2i non sapendo dove
riparare si assiepano lungo l'edificio
della sta7.ione; e poiché l'attesa si
prolunga, si voltano verso il muro e...
lo irrorano. L'acqua penetra sotto
qualche uscio, e gli impiegati degli
uffici, matita all'orecchio, escono a
gridare: « Che succede? il diluvio?».
Arriva un vigile e minaccia una multa
di IO lire per ciascun trasgressore.
« Ma monsù - supplica don Ponzetto
- è acqua di bambini in pellegrinag-
gio... Se tocca dentro e fa il segno
della croce, acquista indulgenza ple-
naria!» Il vigile scoppia a ridere e.
tutto si risolve in poche lire pagate a
uno scopino perché asciughi i pavi-
menti. Don Ponzello ha sempre con-
siderato quella gita la più bella della
sua vita.
Nel '28 lo mandano a Borgo San
Martino (Novara): è insegnante e vi-
ceparroco. Nel '32 viene a trovarlo un
amico missionario in America Latina,
e lo invita a seguirlo in un lebbrosario
dove c'è tanto da fare. Lui si dichiara
pronto: va a parlarne con i suoi supe-
riori, che sono d'altro parere e lo
mandano a Novara. Salvo una paren-
tesi di 6 anni, passerà a Novara tutta
la vita e diventerà il don Ponzetto
della leggenda.
Che cosa diranno in e.uria? A No-
vara lo incaricano della scuola e della
chiesetta pubblica. Ma attorno al
complesso industriale Montecatini
sono sortiti molti caseggiati per i di-
pendenti, e bisogna prestare assisten-
1.a spirituale anche lì. Don Pom:ello
viene richiesto di un'ora a l mattino di
domenica per la messa, e finirà per
dedicare giorni e notti.
Le prime messe sono in un salone
adattato alla meglio, ma tutti conven-
gono che occorre una chiesa, e la
chiesa viene costruita. E' in posizione
strategica, sulla strada che porta alla
fabbrica. Don Ponzetto passa il. suo
tempo libero in mezzo ai dipendenti,
mangia alla mensa aziendale. Quello è
tempo adatto per ascoltare la gente,
prendere nota di che cosa ha bisogno,
darsi da fare per mille necessilà. Così
tante volte non ha tempo per pranza-
re; ma si rifà a sera nel collegio, dove
sovente giunge quando la cena è fini-
ta. Così ha modo di attaccare gli
25

3.6 Page 26

▲back to top
avanzj della cucina, magari sei o sette
porzioni in una volta.
Nella nuova chiesa mancano le
suppellettili, e don Ponzetto le prende
dove si trovano: dalla cappella del
collegio. Ma qui c'è il sacrestano Gia-
comino, con cui deve fare i conti. E'
un suo lontano parente, ma per via
deUe continue sottrazioni diventa suo
fiero avversario. Don Ponzetto lo
chiama « botolo ringhioso», ma in-
tanto gli sottrae i candelieri, le am-
polline, i piviali, i messali. Un giorno
Giacomino si mostra casualmente
cordiale e generoso: « Don Ponzetto,
desidera questa tovaglfa per la balau-
stra? E' spaiata, e non mi serve». «Oh,
bravo, dammela qui! Ne ho anch'io
una spaiata uguale a questa... ».
Giacomino diventa davvero rin-
ghioso una sera di maggio, in cui ha
preparato ogni cosa a puntino per la
funzione mariana. li sacerdote apre il
tabernacolo per l'esposizione col
Santissimo, e non trova più la teca.
Naturale: aUa stessa ora Don Ponzet-
to sta fecendo la stessa funzione nella
chiesetta di Montecatini.
Nonostante i funi, don Ponzetto
una domenica mattina si trova senza
camice, e con la chiesa piena di gente.
Che fare? Preleva dall'altare una to-
vaglia, se ne ammaata, e così conciato
esce solenne per la celebrazione. Una
domenica celebra, in barba ai sacri
canoni, ben cinque messe. «Don Pon-
zetto, cosa diranno in curia?» « Ma
bisogna che anche quei disgraziati
(sono i dipendenti della Montecatini)
sentano una buona parola e si ricor-
dino di essere cristiani».
Anche i suoi oremus inquietano La
curia: sovente sono una specie di
chiacchierata con il Signore, in cui
don Ponzetto spiega le difficoltà della
gente e fa entrare i nomi di tutti i pre-
senti. «Ma don PonzetLO... » « Con il
Signore me la vedo io».
Il Signore potrà anche essere in-
dulgente, cna il Vescovo no. Soprat-
tutto quella volta che ha dimenticato
la teca col Santissimo suU'autobus.
Era andato a visitare w1 malato, e
tutto preso dal pensiero delle pene e
difficoltà familiari di quel poveretto, è
saltato giù di corsa dall'autobus scor-
dando di riprendere la teca. Il vescovo
gli proibisce per qualche tempo di
portare il Santissimo agli infermi.
E' Cristo che chiede. I poveri di-
ventano la sua passione: dà loro tutto
quel che ha. Vestiti, biciclette, scarpe.
Una sera piovosa incontra per strada
un poveraccio con le scarpe affamate.
Si toglie le sue e gliele fa in(ilare sotto
un portone. Poi torna a casa cammi-
nando nell'acqua (i suoi confratelli
l'indomani scoprono lungo le scale e i
corridoi le impronte dei suoi piedi
scalzi).
Un giorno prende daUa sua camera
il materasso e lo consegna a una fa-
miglia povera. Glielo sostituiscono,
ma il custode ha l'ordine di vigilare
26
perché non porti fuori anche il secon-
do. Don Ponzetto, semplicemente lo
butta giù dalla finestra.
Per aiutare la gente a volte è co-
stretto a recarsi in capo al mondo;
allora sparisce e per qualche giorno
non lo si vede più. Una volta squilla il
telefono: da Bari la polizia domanda
notizie di un certo Bernardo Ponsetti.
E' anivato in autostop fin laggiù, ma è
cosl male in arnese cbe i poliziotti
l'hanno fermato come tipo sospetto.
Altre volte arriva in autostop fino a
Roma, a Bruxelles, addirittura con
l'aereo a Londra. Poi torna felice del
bene operato. Ma deve farei conticon
Giacomino: « Io botolo ringhioso, ma
lei cane randagio!»
In tempi recenti si serve dell'auto-
strada: con un paio di pinze ha prati-
cato nella rete metallica un passaggio
segreto, e aspetta sulla corsia di
emergenza senza curarsi di alzare il
pollice. Gli automobilisti novaresi lo
riconoscono da lontano e lo ca,;cano.
« Oh, bravo! Ho bisogno di andare al
tal posto. Mi po1·ti (in là, neh?»
Non sempre i pove.-i per cui tanto si
prodiga se lo meritano: diversi profit-
tano della sua bontà. Ma egli non
giudica. « Io non sono responsabile
del denaro dato in carità - si giusti-
fica -. Se uno mi presenta una sua
necessità, per me è Cristo che chiede,
e io gli porgo la mano in nome di Cri-
sto. Se poi mi inganna, è pur sempre
un disgraziato più bisognoso di com-
passione che dj condanna».
Ma sa anche replicare a tono. Lo
informano che una sua beneficata si
comporta in modo indegno. «E' vero
che fai così e cosà?», la interroga. E
quella disgraziata vedendolo così ben
documentato non riesce a fingere.
Don Ponzetto tira fuori di Lasca anco-
ra un pezzo da cento lire: «Prendile,
compra benzina. e datti fuoco!»
Sono bricconate necessarie. La se-
conda guerra mondiale ammucchia
sul capo dei più poveri tante sventure
che don Ponzello deve farsi in quat-
u·o. li rigore della tessera annonaria
mette alla fame tanti vecchi senza
soldi, e don Ponzetto si spinge fino ai
piccoli furti e alle frodi annonarie per
amor di Dio.
Va dai possidenti a chjedere il riso
per le conferenze di San· Vincenzo,e
gli dicono: «Si carichi lei i sacchi, e si
aggiusti lei con il dazio». Lui ci sta, ma
un giorno, mentre i due autocarri ca-
ricati stanno per partire, vengono ad
avvertirlo che alcune persone hanno
perso la vita in una rappresaglia della
guerrigJfa. Accorre a consolare e pla-
care; poi torna a casa e trova ad at-
tenderlo le guardie. E' in arresto, e i
carichi di dso sono stali confiscali. Il
Prcfello di Novara. suo amico. va a
tirarlo fuori di prigione: « Forse, don
Ponzetlo, sono b1icconate necessarie
- gli dice-; ma vanno combinate un
poco sollobanco, e non così allo sco-
perto. Perché mettono in imbarazzo
anche me!»
I tedeschi sulla fine del '43 hanno
occupato militarmente la zona, e la
situazione per i poveri peggiora. Gli
occupanti rastrellano i raccolti, li ca-
ricano su loro treni e li spingono per la
linea del Brennero verso la Germania;
ma gli aerei degli alleati piombano dal
sud sui convogli, e li distruggono si-
stematicamente; così lutto quel ben
di Dio va perduto. Don Ponzetto si
presenta in bicicletta al deposito te-
desco, e domanda la ca.-ità di un sac-
co. Poi si fa coraggio, e ci va con il
carretto. Poi ci va anche di nascosto,e
c'è chi finge di non vederlo. La cap-
pella del collegio a poco a poco si
riempie di ogni ben di Dio, e con lo
stesso ritmo si svuota...
I superiori di don Ponzetto sono in-
quieti, per quella merce irregolare si
L'on. Luigi Oscar Sc;altaro, exalllevo di Novara
e .penlleote. di don Ponzetto, lo ha deflollo
«un Involucro con uoa grao scona, dentro cui
scoppiava ramor di Dio•.
possono avere grosse 1:,>Tane, L'ispet-
tore salesiano don Antonioli un gior-
no ordina a don Ponzetto di far fuori
tutta quella me,·canzia. Qualche tem-
po dopo don Antonioli ritorna, e vede
la chiesa zeppa come prima. «Ho
pal'lato chiaro, o no?», lo investe.
« Scusi. neh! - osserva don Ponzetto
con sorriso serafico - . Ma quella ro-
ba clic aveva visto lei l'altro giorno,
l'ho fatta portare via proprio come mi
aveva ordinato. Questa è"mcrce tutta
nuova... ».
Altra volta don Antonioli gli minac-
cia la sospensione a divinis: non potTà
piì.1 celebrare la messa. «Signor
Ispettore, ragioniamo - lo persuade
don Ponzello - . Se lei mi toglie quel-
la scomunica, io le faccio avere un
sacco di zucchero per i suoi novizi».

3.7 Page 27

▲back to top
Pane bianco per I m aJati. Le suorl•
dell'ospedale gli dicono che i mah.11i
vorrebbero un po' di pane bianco e
lui una notte si intrufola d1 na!>co,to
nel magazzino tedesco col ,uo carret
IO. Si cala con la ma<,,11na circospl'
,ione nel dcpoi,ito attraverso una bo
1ola, porta fuori i sacchi e li carica. Al
momento di andarsene urta nel ch1u-
,ino ~ella botola, che_cadc con frago-
re. E un accorrere d1 ,cn1inelle uno
-,ci;ibolare di luci delle lampade' poi
1a1ili. E lui nascosto e lermo: se lo
pn:ndono. lo mcuono al muro. Trl'
ore dopo. finalmente pui> andan,enc
di ,oppiano. col !>UO carico di farina
per il pane bianco dei malat1.
Poi è la volta di un tremo carico chi.'
viene fermato ,u un binai io mort~. E.'
nolle e pio,c e il treno -,o-.ta a dul'
pa," dalla \\'1nn1cca1ini. Don Pontl.'I
10, anisa10 dai macchini,11 a!>pella
all'u!-cita gli operai del ,et:ondo turno
I.' li precetta· «Scaricall' portale llllto
in chiesa. e l'ultimo carico ,arà per
\\Cli»
L'indomani il comando tedc,co (
deciso a punire i ladri. Il dire11C>rl'
della Monlccatini rimprm era don
PmMetlo: Ma almeno pl·rché non
m1 ha avvhato?» «Perché non mc lo
aHebbc la-.ciato lare». A calmare i
tedeschi do\\'rà mtervenue il \\'escm•o
in persona.
Un vescovo mons. O,sola che da
un po' di tempo protegge don Pon
1c110 «Mi incluse tra i sum collabo
ratrni. Mi al Iidava compiti impm,sib1h
Sl'lll'a finan,iamento, l' non mi da, :i
un soldo. Allt· mie protcsll' dice\\:a dll'
10 avevo metodi che egli non polt'rn
benedire in th1e,a ma dw bened1n•-
, a cento \\:Oltl· m sacres1i.1 ».
Più avan u i tedeschi si convincono
tht· è inutile mandare al Brennero al
111 treni cant:hi di merce. perché nes-
sun treno ormai cc la fa più a passai l'
Pl.'rciò allentano la sorveglianza a1
magazzini e alla fine s1 offrono di
ponarc Ioni stessi un t:anco a don
Pon1.e110. Egli melle una t:ondizionl·:
chi.' i,i fcnnino poi a cena con lui Il
1ra11amento ~ adeguato alla circo
-.1an1a e la '-l'r:J segul"ntt· i tedeschi
ritornano con due auto1rcni e cen11
naia di quintali di roba.
Poi un giorno Novara i.: lmmbanla•
la . Bombe ,0110 cadute prc:,,o la fah.
b11ca c don Pon1c1to accon I.': trm a la
,ua chiesa Cl'ntrata in pll'nu e ridott.1
a macerie. S1 111ginocch1a l' ,i lamen1,1
col buon OJO. Ma la mia chie,a!
Perché prop110 la mia chil·,.1?».
li 2S aprile 194=; è \\"icino Tante c<M'
qud giornQ cambiano. ma i poven 11
mangono. l' don Pon1e11u. «autono-
m~, ~• Don Bosco• « uomo degli uc,
mmi• usando metodi che possono
l',,erc bcnl·de11i solo m sacrcsua
prnccde impl'I lerrilo nella ,ua strada
r,uo BIANCO
FILIPPINE
Don Edgardo va in Etiopia
Un giovane c;a(e.,.ano delle Filippi-
ne. don Edgardo Esp1ri1u. sj prepara a
la\\orare come missionario a Makallé,
nella prima casa aperta dai sall.'siani
in Eliop1a. Ouranw 11 C1't['itnlo Gene-
rale 21 a cui partl.'c1pa,a come dele-
gato dl.'i ,alc,iam Iilipr1111 ha ricc,mo
dal Rellor \\1aggiore il Crocifb,o dei
missionan. 111 una cerimonia che sollo
molti a-.pl.'lll è risultata commml.'nte.
* An11tullo pc1 quel suo mo<lo
abituale ùi prescntar,i: piccolo di
st~tura l<, anni ma non li dimu,1ra,
ana d1 bambino limido e tranquillo.
«Come mai hanno mandato que,10
raganino al Capitolo?•. domandava
qualcuno ,cherzando. Nelle Fihppmc
era 1nc;:a1!l'alo del ,cuore voca,ioni e
direttorl' dell'asp1rnn1a10 e ct•nt~o
giovamlc che la Congrega1ionc ha
co.stru110 a Lawa-An sull'isola di
Ccbù.
DiCl· di ,è: «Sono nato a Bacolod
città d1 2'ill mila abttanti. Sono figlio
<li un meccanico l' ,iamo 12 lra1elli.
Mio pad1c non vole,a che anda,si in
novi1ia10. per 12 anni non mi ha
i,criuo una riga '>I I.' nconcilia10 t:on
me solo due anm dopo che U\\l'VO
preo;o la Messa. Ma ho potuto 11.'ali,-
1:are la mia voca1ione pl'rthé la
mamma m1 ha appoggiato in pieno».
* Ha impre:,sionatu i salc...ani del
Cap11olo fa !>Lessa realtà delle H l1ppi-
ne. I rnmr ,alesiani erano apprndati
in quclk· 1Sole solo d1 rl.'cente nd 190\\J
/erano per lo più mi.,.,ionari l'llrnpei
espul'>i dalla Cina). In 27 anni I Sale-
siani ddl'arcipelago ,ono d in·ntati
lspeuona sono 2'i.1 di cui 1811 nat h i
dclii.' r1hppine. «C1 ,t.·ntiamo 1k,1ina-
tari di un ,ogno di Don Bo't'o -
i,piega don Edgardo Una volta in
'>Ogno a Don Bosn, ,cmbrò di trn,·arsi
in Au,tralia. e \\edl•va tutte le i-.ole at-
torno pil.'nc di raga11i che lo chiama-
,ano.. 01 a il sogno da noi non .,, '>ta
b'là compil"ndo?»
. Nes<,un ,alesiano giunge r•u dal-
I Europa a lavorart· nelle Fihppme,
ma p<Ko male: ora ,uno le filippine
che mandano m1S,i11nari in altn paesi.
« r_n !hailand ia ci sono già 9 gie>\\'ani
m1sswnun tilippini. alcuni ,tud1ano
al liceo e altri sono 111 teologia» Che
!>cnso hu 111110 qut.",to? • l mi-.,1onari
filippini che partono ,ono una 'Pl'cil.'
di rc\\tllu,done: un frullo del lavoro
che è ,iato compiuto in casa no-,tra da
altri pionieri. e che III a noi dobbiamo
divideH' con gli altri». Insomma i Fi-
lippini da impona1on -,ono di\\entati
espona1011 di mi,-.1onari. Ma ,ubno
do~ Cdganlo a<,s1tura: •L'Europa
puo gwudare a qut•,to nostro divcn-
tari.' protagoni<;ti neUe missioni, con
l'orgoglio di una ~adr~ ,hc contem-
pla la fcconduà dei suoi figh ·
* Ila imrre,~ionato non meno il
motivo per cui don Edgardo si reca in
Euopia. A Makallé da due anni appe-
na .,. è formata una piccola comunita
salesiana: dul.' ,acerdot1 e due laici.
Uno dei sacerdoti pochi mesi Ia è sta-
to -.troncato da morte imprnvvisa, nel
fiorl' degli anni. E don Edgardo va a
prendere il suo po,to.
* Non ml'no -.ignifica11vo è lo stile
d1 presenza che don Edgardo va a
rl.'ah11are a Makallè. Le culture fi.
I
1'
Padre Eaplrltu con un sacerdote aelHlano del-
1'Alrlca nera; VetTò a darvi una meno! ■
lirpma e africana - dici.' hanno 111
comune che <,uno due culture del
rl•r10 Mondo. \\101 del Ter,.o Mondo ci
~om_prendia!"lo megiio! La gente fi.
hppma ha ncl.'vuto la fcdl• con doci-
litù l' credo chl· sapremo offrirla con
ahfl•llanta dot:llità. Non avremo J'ap-
P<-!gg10 cc~momico che accompagna il
m1"mnano cu1opeo, siamo cntramhi
powri. E' un vantaggio, no?»
Oon Edgardo ha amme-.,o nell'in-
ten..,ta rilasciata a Jesù, Mana Méh
da (daUa quale ,uno traile queste 110.
te)· •Sono rimo,10 sorprl.''>O dall'en-
tw,iasmo dei Cnpitolari quando han-
no "'Puto della mia risolu111me di an-
darl' a Makallè» Ma si 1ra11ava di un
en1u-.iasmo piu che lcgurimo.
(Ada11amemo da A]fS)
27

3.8 Page 28

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I
Dal mondo salesiano
PERU' E' VIVO A LIMA
UNO CHE HA VISTO DON BOSCO
Si chiama Domenico Rusca, ha 95 anni,
e è sano e vegeto. Ha visto Don Bosco Il
giorno della sua morte, il 31 gennaio 1888.
Allora era un bimbetto di non ancora 5
anni, e quando si sparse la voce che Don
Bosco era morto, la mamma lo prese in
braccio e lo portò a Valdocco per rendere
al santo l'omaggio dell'ultimo saluto e di
una preghiera.
La mamma, una Milanesio sposate Ru-
sca, ere sorella di quel don Domenico Mi-
lanesio che veniva considerato Il più co-
raggioso e spericolato dei missionari dl
Don Bosco in Patagonia. Il ceppo tamllla-
re era di Settimo Torinese, a due passi da
Torino.
Domenico era nato nel 1883 a Settimo,
dove ancora oggi ha dei parenti il caso
di dirlo, alla lontana). Dopo quella rapida
visita a Valdocco, vi tornò qualche anno
più tardi come allievo artigiano, e Imparò Il
mestiere di fabbro ferraio. Lasciato Val-
docco, emigrò in Argentina dove lo zio
missionario lo aiutò a trovare lavoro. Più
tardi passò in Cile e poi in Perù, ma sem-
pre In localllà dove ci fossero I salesiani
Scoppiata la prima guerra mondiale,
Domenico è richiamato In patria per il
servizio militare, ma verso il 1920 torna in
Argentina. Don Milanesio, lo zio missio-
nario, è ormai vecchio e malandato, e lui
va a raggiungerlo a Berna!. Assiste alla
sua morte. Poi torna in Perù per rimanervi.
Intanto è diventato un maestro nel suo
mestiere, sua specialità sono le inferiate
per case e giardini: quando occorre un
lavoro ben fatto, ricorrono a lui. La città di
Lima oggi è piena delle sue inferiate
A Lima Domenico sì sposa, e manda
tutti I suoi fìgll alle scuole salesiane. Sono
questi figli che ora si prendono cura di lui
e dei suoi 95 anni. Lui mangia, beve, fuma,
va da solo In giro per la città. Al pomerig-
gio gioca a bocce nel club. Quando c'è un
raduno degli Exallievl, è in prima fila. Lo
invitano a raccontare, e lul ripete quel
poco che ricorda di quel giorno lontano,
che cioè la mamma lo portò a vedere Don
Bosco esposto alla venerazione dei Tori-
nesi. che lo toccò e gli mandò un bacio.
C'è da presumere che l'exallievo Do-
menico Rusca sia ormai l'unica persona
vivente che possa dire di aver visto Don
Bosco, sia pure nel giorno della sua mor-
te.
gregazioni religiose; e il Rettor Maggiore
viene appunto a condividere questa re-
sponsabilità, accanto all'attuale Superio-
re dei Premostratensi, a quello del Dome-
nicani e dei Sacerdoti della Missione.
Oggi che la Chiesa si interroga insi-
stentemente sul suo ruoto nella promo-
zione integrale dell'uomo, don Viganò
potrà portare un suo contributo nel defi-
nire i compiti che In quest'ambito compe-
tono agli Istituii Religiosi. La sua auuale
responsabilità come successore di Don
Bosco, la sua partecipazione al Concilio
Vaticano Il, la sua preparazione teologica,
e perfino la sua cittadinanza ed espe-
rienza• cllena, lo rendono atto a dire una
parola qualificata anche in riferimento al
tanto diballuto impegno soc10-polihco dei
religiosi oggi nel mondo. Di fatto in una
riunione che l Superiori Generali degli
Istituti ReUgios, tengono nel mese di
maggio presso Roma. don Viganò è stato
chiamato a svolgere Il tema: . 11 ruolo pro-
fetico del religiosi nella promozione uma-
na».
Un simpatico riconoscimento è stato
poi assegnato a don Viganò, verso la fine
del mese di aprile, dal «Lions Club di
Sondrio: 1suol concittadini hanno voluto
conferirgli il Lion d'oro•.
I Uons Clubs sono una benemerita 1st1-
tuzione diffusa In molti paesi, chè s1 pro-
pone tra l'altro di «creare e stimolare uno
spirito dì comprensione tra I popoli del
mondo• . Il Club di Sondrio che assegna il
«Lion d'oro. al suol cittadini più illustri, In
anni recenti ha potuto premiare l'ex Pre-
sidente argentino Arturo Umberto lllla
originario di Chiavenna (So), il conquista-
tore del K2 Achille Compagnoni, e l'ar-
chitetto forse più noto 1n Italia, Luigi Nervi.
Ora è la volta del Rettor Maggiore sale-
siano, anche lul nativo di Sondrio.
* ITALIA UN SUSSIDIO:
« MARIA DI NAZARETH, CHI SEI?»
La rivista •Primavera• delle FMA ha
preparato un suss1d10 mariano dal titolo:
«Maria di Nazareth, chi sei?•. Alla do-
manda, che sta a cuore di ogni vero cri-
stiano, rispondono varie voci e sotto di•
verse angolazioni; un biblìsta cerca di
scoprire le tracce terrene di Maria nella
sua quotidianità di vita con Gesù; due re-
gisti (Zeffirelll e Rossellini) confidano le
emozioni provate nel rappresentare in
immagini la madre dei Cristo; un giornali-
sta presenta Marta nella problematica
della liberazione femminile; una monaca
di clausura guida alla contemplazione del
volto di Maria, donna d1Dio; un gruppo di
giovani discute il posto che la Madonna
ha nella loro vita. E ancora: canzoni ma-
riane con accompagnamento di chitarra,
un recital, una pista di discussione...
Dunque un utile sussidio catechistico,
uno strumento di ricerca, di dialogo In
gruppo, di riflessione per incontri di pre-
ghiera. Il dossier (24 pagine a colori) costa
solo lire 100. Richieste a. Ufficio Diffusio-
ne Primavera, v,a Laura Vicuria 1, 20092
Cinisello Balsamo (Milano). Ordinazioni
anche per telefono (02) 92.88.229.
ITALIA AL RETTOR MAGGIORE
UN INCARICO E UN RICONOSCIMENTO
Nel marzo scorso 11 Papa ha annoverato
don Egidio Viganò tra I membri della . sa-
cra Congregazione per i Religiosi e gli
Istituti secolari• Al vertice di questo Di-
casterodella Santa Sede - che si occupa
de, 220.000 religiosi, del milione circa di
suore, e del sempre più numerosi appar-
tenenti agli Istituti secolari - vengono
chiamati anche quattro Superiori di Con-
28
PARAGUAY QUANDO I FEDELI ARRIVANO DALLA KOREA
Proprio cosi: nella parrocchia che I Salesiani hanno ad Asunci6n c'è una
colonia di Koreanl immigrati dalla Korea, e molti d1 loro sono cattolici Così padre
Javìer Mir6, li parroco, ha preso Il coraggio a due mal"lì e si è messo a studiare la
loro lingua. Parla con loro in Koreano, per loro celebra e predica In koreano.
E i frutti non sono mancati: non solo i cattolici accorrono alla sua chiesa, ma v,
portano i non cattolici. E nel novembre scorso padre Mir6 ha avuto la gioia di
battezzare 28 koreani adulti. Nella foto Il battesimo di uno di essl.

3.9 Page 29

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CATANIA * CONFERENZA
DELCARD. BENELLI SULBS
Festa di Don Bosco quest'anno a Cata-
nia sottolineata dalla presenza dell'Arci-
vescovo di Firenze card. Giovanni Benelli.
Nel • Teatro Bellini •, sacro tempio della
musica lirica, presenti le maggiori auto-
rità, egli ha tenuto una conferenza sul te-
ma Significato di un centenario: Il cen-
tenario del BS».
• Con le sue 37 edizioni, le traduzioni in
20 lingue, le tirature a centinaia di migliaia
di copie, il BS è conosciuto In moltissimi
paesi. Don Bosco comprese l'importanza
e quindi la necessità della stampa, quale
mezzo per l'annuncio del messaggio
evangelico. E se ne servì... Per questo il
2
BS diviene un eletto strumento di infor-
mazione umana e cristiana, costituendo
un messaggio - in rapporto ai tempi -
quanto mai attuale, preziosò ed efficace• .
Il card. Benelli si è poi soffermato sulla
funzione della stampa, che impegna i suoi
utenti in una riflessione arricchente,
mentre gli altri mezzi di comunicazione
sociale basati sull' immagine in genere
. tanno da stimolo ai sensi». Ha perciò ri-
levato l'Importanza del messaggio bo-
schiano nel campo della stampa, che an-
cora oggi si rende presente con Il BS nelle
varie parti del mondo, e con moderne ca-
se editrici. Una presenza che • spinse Pio
Xli a nominare Don Bosco patrono degli
editori cattolici •.
NAPOLI * PROCESSO APOSTOLICO
SULLA GUARIGIONE DI DON GALOTTA
11 6 marzo scorso si è iniziato presso la
Curia di Napoli il processo apostolico sul-
l'asserita guarigione da tumore di don
Teodosio Galotta, guarigione attribuita
all'intercessione dei martiri in Cina mons.
Versiglia e don Caravario. (Sulla vicenda,
il BS ha riportato la testimonianza diretta
dello stesso don Galotta, in due articoli
apparsi sui fascicoli di luglio e dicembre
1977). Il processo sembra avviato a buon
esito.
Alla riunione di apertura, tenutasi il 6
marzo nell'auditorium della Curia, hanno
preso parte - oltre ai membri del tribu-
nale e ai testimoni - lo stesso Arcive-
scovo d i Napoli card. Corrado Ursì e il
Postulatore salesiano delle cause dei
santi don Carlo Orlando, don Galotta, l'I-
spettore salesiano dell' lspettoria Meridio-
nale. E poi numerosi salesiani, Figlie di
Maria Ausiliatrice, rappresentanti dei
Cooperatori ed Exalllevl. Da Genzano,
dove mons. Versiglia prima di recarsi in
Cina era stato direttore e maestro dei no-
vizi, era venuto un bel grappolo di giovani
salesiani in formazione. In tutto I presenti
si avvicinavano al numero di duecento.
La cerimonia d'apertura è risultata sug-
gestiva. Dopo l'Invocazione allo Spirito
Santo, l'Ispettore don Liberatore ha trac-
ciato un profilo dei due martiri. E' seguita
una liturgia della parola, nella quale il
card. Ursi ha tenuto l'omelia: quindi il
Cancelliere arcivescovile ha letto l'atto
pubblico della solenne apertura del pro-
cesso canonico. Sono seguiti I g iuramenti
e la firma dei vari documenti, la benedi-
zione impartita dal Cardinale, e - anche
se non previsto dal cerimoniale - un ca-
loroso applauso.
Il tribunale era così costituito, e nei
giorni seguenti ha svolto l'esame dei testi.
Un esame molto più lungo e impegnativo
3
4
lJ ,. tn:n 1:V.\\ uu 01 ta~•
/..,, . / /..
PROPOSTA: LA CARTELLA MARIANA
Gli Exalilevl del «Gruppo Artistico Don Bosco» propongono ai lettori del
Bollettino quattro « Madonne•, ricavate da altrettante lastre dì rame del primo
'800. Le incisioni, finora inedite, sono state tirate in formato di cm. 50x35 dal noto
incisore Carlo Caporale (allievo di Giorgio Morandi). Sono numerate e firmate.
Il simpatico Gruppo Artistico di Bologna abbina nella sua iniziativa il buon
gusto dell'arte, e la carità verso i fratelli più poveri. Col suo contributo messo
Insieme in iniziative precedenti, è stato possibile ricostruire a Tolmezzo nel Fri uli
terremotato una scuola per 200 ragazzi. Ora il gruppo è in trattative con i mis-
sionari dell'isola di Haiti (uno dei paesi più poveri del mondo), per la costruzione
di una scuola professionale destinata a ragazzi altrimenti abbandonati.
BS tornerà sul progetto (che probabilmente sì chiamerà «Aiutìamoli acre-
scere»), appena si avranno particolari più precisi. Intanto chi desidera aiutare,
può richiedere una o più ~Madonne» (offerta lire 10.000 per ciascuna Incisione)
scrivendo a :
«Gruppo Artistico Don Bosco •, via Jacopo della Quercia, 1; 40128 Bologna.
del previsto: il primo dei 4 medici curanti
venne interrogato per sei ore... Ma le pro-
ve portate in favore del miracolo risultano
soddisfacenti, e il 14 marzo, dopo l'e-
scussione dell'ultimo teste, si è avuta
l'impressione che il processo sia avviato a
una conclusione positiva.
Ma perché la guarigione di cui sì parla
possa venire riconosciuta dalla Chiesa
come miracolosa, occorre attendere an-
cora 4 anni (in tutto devono trascorrere 5
anni dai fatti ritenuti miracolosi, e uno è
già passato). Durante questo periodo la
guarigione dovrà risultare non un sempli-
ce miglioramento o una pausa nel decor-
so della malattia, ma vera guarigione. Al-
lora il Papa potrà proclamare l'avvenuto
miracolo. E magari procedere subito -
senza attendere la verifica di un secondo
miracolo - alla beatificazione dei due
martiri salesiani.
Intanto don Gaietta continua a stare
bene, si sente quanto mai in torma e si è
rituffato nel l avoro. E' tanto fiducioso nella
protezione dei suoi martiri, che confida
agli amici: « Per questi cinque anni alme-
no, posso starmene tranquillo riguardo
alla mia salute...•·
29

3.10 Page 30

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THAILANDIA * DON FOGLIATI
CAVALIERE DELLA CORONA REALE
Don Luigi Fogliati, missionario da 48
anni in Thailandia, nel novembre scorso è
stato insignito del titolo di • Cavaliere della
corona reale di Thailandia•: l'onorificen-
za gli è stata assegnata dal Ministero della
Sanità per l'opera che sta svolgendo da
20 anni in favore dei lebbrosi.
Dice tra l'altro la motivazione ufficiale:
• Parroco della chiesa cattolica di Thavà,
e assistente sociale del lebbrosi, si è pro-
digato con ammirevole dedizione all'assi-
stenza, cura e aiuto dei lebbrosi della
Thailandia, erigendo una clinica vicino
alla sua chiesa. La cura e l'assistenza ai
lebbrosi fu da lui prestata sempre gratui-
tamente. Andò in cerca di coloro che era-
no da poco colpiti, e li invitò a curarsi su-
bito. mentre la malattia era agli inizi e po-
tevano guarire.
• Per sostenere la sua opera, più volte si
è recato all'estero in cerca di aiuti finan-
ziari. I poveri che venivano a curarsi da fui
ricevevano anche il denaro per il viaggio e
il cibo. Ha messo a disposizione due auto
per i lebbrosi, ha comperato terreni per
costruire case ai malati senzatetto, ha
procurato borse di studio ai loro figli, ha
provveduto di stipendio mensile e di abi-
tazione coloro che lo aiutano nella cura
dei lebbrosi... • .
Quanto a lui - 70 anni suonati nato a
Cassano Belbo, Cuneo, nel 1907) - rifa-
cendosi alla promessa di • Pane, lavoro e
paradiso• fatta da Don Bosco a coloro
che diventano salesiani, ha commentato:
« In 48 anni di lavoro missionario non mi è
mal mancato il necessario, anzi la Provvi-
denza mi ha usato vere delicatezze.
Quanto al lavoro, davvero non mi è mai
mancato. E ora attendo che si compia la
terza parte della promessa di Don Bo-
sco..
(ANS)
* MESSICO SUOR MARIA
PREDICA Al CARCERATI
Suor Maria Maldonado, Figlia di Maria
Ausiliatrice nel Messico, da tre anni lavora
in mezzo ai carcerati e alle carcerate nelle
prigioni di Zltacuaro. La aiutano le allieve
più grandi della Scuola Commerciale, e
tutte insieme portano sollievo a quegli in-
felici.
Oltre all'animazione delle feste e della
liturgia, stimolano le attività sportive che
in un luogo di detenzione sono necessarie
per la salute sia del corpo che dello spiri-
to; procurano occasioni concrete di lavo-
ro stimolando lo spirito di iniziativa; risve-
gliano il senso artistico orientando i car-
cerati nel realizzare piccoli oggetti di uti-
lità comune; e arrivano perfino a... predi-
care gli esercizi spirituali.
E' accaduto nel 1977. Suor Maria si è
fatta coragglo e ne è stata la predicatrice.
Prima predica: il figliol prodigo pentito e Il
suo ritorno al Padre. Era un primo Indiret-
to invito alla confessione. Dopo l'esposi-
zione del tema, riflessione scritta attra-
verso un opportuno questionario. Il se-
condo giorno discussioni per tutti, poi i
160 carcerali si riuniscono per le conclu-
sioni In assemblea plenaria. Terzo giorno,
un sacerdote si presta per le confessioni;
nel frattempo un altoparlante diffonde Il
disco La vita di Cristo in parabole»;
quegli strani esercìtantl passeggiano sot-
to Il sole, e ascoltano con avidità e Interes-
se. Quelli che si sono già confessati por-
tano con sé una carica di gioia che spinge
gli altri a fare altrettanto. Uomini e ragazzi
che hanno poco di buono da sperare dagli
uomini, e si dimostrano ben contenti di
mettersi in pace almeno con Dio.
Nel quarto giorno la messa. Fa un certo
effetto sentire 160 detenuti per i reati più
diversi, che cantano le parole del figliol
prodigo: «Si, ml leverò e tornerò da mio
padre»... Per Il quinto e ultimo giorno il
sindaco prowede un pranzo fuori del co-
mune, e i carcerati sembrano tornati
bambini. Uno di loro improvvisa il discor-
so: "Non dimenticheremo facilmente
questa settimana, perché ci avete donato
qualcosa di grande, ci avete fatto vivere in
un mondo diverso. Pregate per noi, e
continuate a portarci Il pane della parola
di Dio».
• E' stata un'esperienza forte - ha det-
to suor Maria concludendo la sua breve
relazione - un'esperienza che ha lascia-
to in noi, come pure nel personale del
carcere, un'inquietudine e il bisogno di
maggiore autenticità nel compimento dei
nostri doveri. L'apostolato tra i carcerati
non è facile e non è divertente, ma pone i n
contatto diretto con Cristo crocifisso •·
IVREA MAMME DEGLI ALLIEVI
DIVENTANO COOPERATRICI
E' un'esperienza positiva, che merita dì
essere raccontata perché contiene più di
un insegnamento pratico.
Durante svariate decine d'anni, la casa
salesiana di Ivrea (Torino) ha beneficiato
dell'amicizia di tante persone che guar-
dano c on simpatia a Don Bosco e deside-
rano collaborare con i suoi figl i. Una soli-
darietà che si era manifestata intensissi-
ITALIA * IN COOPERATIVA
PER UN' EDITORIA PIU' FORTE
Le maggiori case editrici d' ispirazione
cattolica hanno costituito una Coopera-
tiva Promozione Culturale» che con sva-
riate Iniziative è chiamata a rendere più
efficace la presenza cattolica nel settore
librario.
La crisi del libro di testo aveva spinto
molte editrici ad affrontare congiunta-
mente i problemi legati alle biblioteche (di
classe, di scuola, dì quartiere, comunale),
viste come servizio Integrativo della tradi-
zionale funzione del libri di testo. Si ren-
deva necessario valutare metodicamente
tutta la produzione degli editori operanti
nell'area culturale di ispirazione cristiana,
e quindi segnalare in qualche modo le
scelte effettuate: una sistematica rasse-
gna bibliografica sarebbe tornata di utilità
a quanti operano nel campo dell'insegna-
mento. Per raggiungere tutti questi obiet-
tivi è stata costituita la «Cooperativa Pro-
mozione Culturale ». Essa si è impegnata
a pubblicare una rivista bimestrale conte-
nente tale rassegna libraria, destinata a
insegnanti, genitori e studenti inseriti ne-
gli organi collegiali, alle associazioni im-
pegnate nell'area dell'educazione cattoli-
ca, alle librerie, ecc.
Alla cooperativa hanno dato il nome
anche le editrici salesiane LDC e SEI di
Torino, associazioni cattoliche come
Uclim e Fidae, e la Ueci (Unione editori
cattolici Italiani) presieduta dal salesiano
don Francesco Meotto.
30
LA TV IN VIA DELLA PISANA
La consueta Messa televisiva della domenica, Il 7 maggio di quest'anno verrà
trasmessa In collegamento con la Casa Generalizia salesiana di Roma, Via della
Pisana. Occasione: la Giornata Mondiale della Comunicazione Sociale. Il rito è
presieduto da mons. Andrea M. Deskur, presidente della Commissione Pontitìcla
per la Comunicazione Sociale. Aprirà la trasmissione una breve presentazione
dell' impegno salesiano nel campo della comunicazione dai tempi di Don Bosco a
oggi. Al termine, alcuni esperti del settore dibatternnno it tema della Giornata
Mondiale. La trasmissione va in onda sulla Prima Rete Televisiva, dalle 11 alle
12,30.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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ma quando l'opera salesiana preparava
ogni anno decine di giovani missionari,
ma che non è venuta meno neppure oggi.
C'è infatti a Ivrea un bel gruppo di coope-
ratori e cooperatrici che si riuniscono
ogni mese: prima attorno all'altare, e po,
nella sede per trattare argomenti e svol•
gere attività riguardanti il gruppo. Rac-
colgono indumenti In buono stato che
mandano a parrocchie della periferia di
Torino; mensilmente si sottopongono ad
autotassazione volontaria per sostenere
opere sociali In Giappone e nelle Fìlippl-
ne. La signora Flora Broglio, una coope-
ratrice del gruppo, da anni manda avanti
un laboratorio missionario che a Borgo-
franco d'Ivrea, dove risiede, mobilita nu-
merosissime donne In un'attività esem-
plare. Ma se si può fare di più e meglio,
perché non provare?
Cosi un giorno il direttore, riunendo i
genitori degli allievi (a Ivrea c'è scuola
media e ginnasio), parlò loro dell'impegno
a cu, la chiesa Invita I laici, e presentò
l'Unione dei Cooperatori. Alcune mamme
chiesero di approfondire Il discorso, e fu-
rono invitatea incontrarsi d1 nuovo. Venne
organizzato un corso. che In parte era
svolto Insieme con Il gruppo dei coopera-
tori già esistente: e le nuove venute volle-
ro autotassarsi anch'esse per le missioni.
Un anno durò li corso, e al termine diverse
mamme chiesero d1 essere ammesse a
emettere la promessa di cooperatrice, e a
far parte così a pieno diritto della Famiglia
Salesiana
SI scelse la data più opportuna: la festa
di Don Bosco (29 gennaio 1978). Invece
della piccola chiesa dell'Istituto, fu chie-
sto al Vescovo di svolgere la funzione In
cattedrale. Nella cattedrale aveva cele-
brato un tempo Don Bosco, e molto tempo
prima l'ispiratore di Don Bosco: san Fran-
cesco di Sales. Il vescovo d1 Ivrea, mons
Luigi Bettazzi, fu pienamente d' accordo.
La stampa, la radio locale Ivrea Cana-
vese, I manifesti al muri della città e dei
centri vicini, informarono in modo ade-
guato la popolazione. E così nel giorno
della festa la cattedrale era piena di gente
come poche volte era capitato In passato.
I giovani dell'Istituto si Incaricarono del
canti, mons. Bettazzi celebrò. All'omelia
ricordò • ,·ansia di Don Bosco per I gIova-
nI: un' ansia che diventa Inesauribile e non
viene soddisfatta finché ci sono ancora
giovani che hanno bisogno d1 conoscere
l'amore del Signore e dì trovare un aiuto
per realizzarsi In una vita dignitosa..
«L'attenzione ai giovani - ha aggiunto Il
vescovo - è una caratteristica dell'apo-
stolato salesiano In tutto 11 mondo•
E rivolto alle cooperatrici in prima fila.
«Voi siete la testimonianza evidente di
come i salesiani si preoccupano del gio-
vani» .
All'offertorio le nuove cooperatrici han-
no unito al pane e al vino del sacrltlclo
eucaristico anche l'offerta della loro pro-
messa. Come è maturato in ciascuna di
voi questo desiderio di impegno con Don
Bosco?•. ha domandato il Vescovo. Ed
esse a una a una hanno risposto, con pa-
role semplici ma che destarono la più viva
commozione.
• Vedendo quel che I salesiani fanno per
I giovani - ha detto una mamma - , ho
voluto mandare mio figlio a studiare da
loro perché me lo formassero vero cri-
stiano. Ora continuerò come madre e co-
me appartenente alla Famiglia Salesiana
l'opera mizìata da loro, e spero di poter
fare dei miei figli de1 cristiani modello».
Quel che ho visto fare dai salesiani
GUATEMALA UN.A BACINELLA PER OGNI FAMIGLIA
Una bacinella per ciascuna donna del villaggio, e dentro tante cose utili per la
casa. La distribuzione è stata fatta In due villaggi distrutti dal terremoto e rico-
struiti dalla Famiglia Salesiana, BS ha già raccontato la vicenda: la notte del
4.2.1976 il terremoto aveva sconvolto il Guatemala provocando 23 mila morti e un
milione di senzatetto. L'indomani, alcuni lndlos senzatetto scesi dalla montagna
bussavano alla parrocchia che I salesiani hanno nella capitale, non per chiedere
ma per offrire: erano di origine maya, e portavano pochi soldini al parroco perché
celebrasse una messa in suffragio dei toro cari morti sotto le macerie.
Quella prova di fede commosse I salesiani, che andarono a visitare i loro due
villaggi distrutti (si chiamano San Maleo Ripas Altas e Hato). E decisero di
ricostruirli a proprie spese. Tutta la Famiglia salesiana si mobilitò. Le povere
casupole sprofondate sono state sostituite da casette dignitose (e a prova di
terremoto); e ora si stanno ultimando le opere edilizie di carattere sociale. Le
bacinelle, riempite di utensili per la cucina, sono l'ultimo simpatico gesto della
Famiglia Salesiana di Guatemala per i due villaggi sinistrati.
nell'educazione dei miei figli - ha di-
chiarato una mamma che è pure inse-
gnante - desidero continuarlo anch'io
come educatrice, instaurando nel mio
ambiente di lavoro lo stesso sistema di
bontà e pazienza, secondo lo spirito di
Don Bosco •. Un'altra Insegnante: •An-
ch' io nel mio paese, e con I giovani con I
quali vengo a contatto, vorrò continuare
l'opera che ho visto Inlz1ata dal salesiani
con I miei figli: sono profondamente con-
vinta che solo la vita sacramentale e una
seria formazione cristiana porteranno la
vera pace tra i nostri giovani•·
E una signora, propnetana di una stire-
ria e lavanderia a secco: Sono convinta
che Il sogno di Don Bosco, di fare dei
buoni cristiani e degli onesti cittadini, de-
v'essere attuato anche da noi laici; perciò
desidero collaborare come posso In que-
st'opera veramente divina"·
Il vescovo ha concluso; • E-io, In nome
della Chiesa e del successore di Don Bo-
sco, vi accolgo con gioia nella Famiglia
Salesiana come Cooperatrici».
Al termine del rito altre persone si sono
presentate spontaneamente, manifestan-
do 11 desiderio dI entrare fra I cooperatori,
e chiedendo di essere Istruite m mento.
Quel giorno a Ivrea c'erano anche gli
Exallievi, riuniti per Il convegno annuale
del tesseramento, e Invitarono al pranzo
nell'Istituto le nuove cooperatrici. Con Il
Vescovo e tutti gli altri amici, c'erano più
di duecento persone In una festa davvero
salesiana.
Ora le nuove Cooperatrici sono in pieno
al lavoro: più indumenti raccolti per I po-
veri, più denaro raggranellato per le mIs-
s1om lontane, una presenza più efficace d1
insegnanti cristiane anche nelle recenti
elezioni dei distretti scolastici. E... una
stireria a secco sempre pronta per indu-
menti bisognosi di una caritatevole rlpas.
satina.
ITALIA CORSI E CONVEGNI
PER UN' ESTATE A TEMPO PIENO
Anche questa estate vengono organiz-
zati svariati corsi e convegni di interesse
per gli appartenenti alla famiglia salesia-
na. Eccone alcuni.
+ L'insegnamento della religione nella
scuola secondaria
Organizzato dall'Istituto di Catechetica
dell'Università Pontificia Salesiana, li cor-
so avrà luogo a Colfosco di Val Badia
(Bolzano) dal 2 al 15 Iugllo 1978. E' adatto
a responsabili e animatori dell'insegna-
mento della religione al vari livelli, come
pure agli stessi insegnanti
La catechesi degll adulti: opzioni pa-
storall per la Chiesa d'oggi
E' un convegno di s1udio e di dialogo,
organizzato anch'esso dall'Istituto di Ca-
techetica dell'Università Salesiana. Avrà
luogo alla VIiia Tuscolana (Frascati, Ro-
ma), dal 28 maggio al 3 giugno 1978. E'
Indirizzato ai responsabili e animatori del-
la catechesi degli adulti.
Maggiori informazioni su queste Inizia-
tive si possono avere dalla segreteria del-
l'Università Pontificia Salesiana, piazza
Ateneo Salesiano 1, 00139 Roma; tel. (06)
818.46.41 .
31

4.2 Page 32

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CONTRO OGNI LOGICA UMANA
E OGNI DIAGNOSI MEDICA
112 gennaio 1975 il
nostro Gabriele è
venuto ad allietare la
casa, accolto con
gioia dai genitori e
dalla sorellina. Alla
fine di febbraio, a
seguito di un forte
raffreddore, ci sen-
timmo In dovere dì
farlo visitare presso la divisione pediatrica
dell'Ospedale Civile di Chioggia. Il re-
sponso cl atterrì: bronchiolite particolar-
mente diffusa con estrema difficoltà dì re-
spirazione e sospetto idrocefalo.
Ci fu consigliato di portarlo con estrema
urgenza alla Clinica Pediatrica dell'Uni-
versità di Padova. Nella folle corsa In
macchina, mia moglie e lo raccoman-
dammo con tutte le nostre forze il nostro
bambino a Maria Ausiliatrice, a Don Bo-
sco e a San Domenico Savio.
Alla Clinica ci stava attendendo un'é-
quipe medica, data l'estrema gravità del
caso. Per quindici giorni fu un calvario di
alti e bassi: non si riusciva a comprendere
se il bambino migliorava o meno, se era o
no idrocefalo, dati gli esami in corso e la
prudenza dei medici. Ogni giorno aumen-
tavamo le nostre preghiere ai Santi sale--
sianI. Alla fine. Il nostro bambino cl fu re-
stituito sano e salvo, e esente da sospetto
di idrocefalo.
Ma nel giugno dello stesso anno ci fu
una ricaduta di bronchiolite, e lo stesso
medico che l'aveva visitato la prima volta
ci ripropose il dubbio di sospetto idroce-
falo. Altro calvario di esami, e intense
preghiere da parte nostra. Alla fine Il bim-
bo ci fu restituito anche questa volta sano
e salvo.
Riteniamo in serena coscienza di aver
ottenuto per due volte la grazia da Maria
Ausiliatrice e dai Santi salesiani, contro
ogni logica umana e ogni diagnosi medi-
ca. Il bimbo ora cresce sano, sotto la pro-
tezione della Mamma celeste e dei Santi
salesiani.
Chioggia (Venezia)
Marisa e Giorgio A/dr/ghetti
TANTA RICONOSCENZA
Ringrazio Infinitamente Maria Ausilia-
trice, San Giovanni Bosco e Papa Gio-
vanni per la guarigione di mio padre, e per
avermi aiutata a portare felicemente a
termine l'anno scolastico passato. Conti-
nuo a invocare la protezione di questi
Santi su tutta la mia famiglia e per il felice
esito dell'anno scolastico In corso. E an-
che per la mia nonna, che da alcuni mesi
soffre di una misteriosa malattia. Invio
anche una piccola offerta per i bambini
bisognosi delle vostre missioni.
Asti
Rosanna Monticone
QUASI PER CASO
Operato di pacemarchet, per vari e vari
giorni un malessere generale intenso si
era Impadronito del mio corpo. Pregai con
tanta fede Maria Ausiliatrice e anche Don
Rua. Un giorno, quasi per caso, due me-
dici trovarono la causa del male. Guarii, e
finalmente tornai a casa dopo due mesi di
degenza!
Cannareglo (Ve)
Cesare Cavagnan
32
Ringraziano
i nostri santi
NON SI TROVAVA RIMEDIO
Ringrazio Maria Ausiliatrice e San Gio-
vanni Bosco perché sono guarito, dopo
tre mesi di degenza all'ospedale. Uno
scompenso cardiaco, provocato da fistole
al polmone, mi aveva completamente
bloccato. Non si trovava rimedio adatto
per guarirmi, per cui il medico si era deci-
so di intervenire con cure particolari assai
dolorose. Il giorno dopo, la situazione co-
minciò a migliorare, e gra godo buona
salute. Ringrazio dì cuore.
Novara
Ettore Oliverio
tale situazione, ecco che nell'arco dì tem-
po di un mese mio figlio viene chiamato
alla visita, e nella settimana natalizia en-
trava a lavorare in una grande Industria
cittadina. Riconoscente a Maria Ausilia-
trice e a Don Bosco, mando un'offerta,
come avevo promesso. per dare un pane
ai bambini e ai vecchi bisognosi assistiti
dai missionari salesiani.
Torino
Corrado Corino
AIUTATEMI VOI CHE AVETE
VERAMENTE FEDE
Monica Padovan (Torino) ringrazia Ma-
ria Ausiliatrice per aver felicemente su-
perala la peritonite perforata.
Ignazio Pedriglieri (Modica, RC) ringra-
zia Maria Ausiliatrice, da lui invocata in-
sieme con altri santi, perché gli ha per-
messo di superare felicemente le difficoltà
incontrate negli studi.
SEMPRE FEDELE Al PRINCIPI
CRISTIANI
Sono un'allieva
salesiana dell'Istitu-
to Spirito Santo di
Acireale (Catania).
Anche se nella vita
ho Incontrato molti
dispiaceri, lo sono
sempre rimasta fe-
dele ai princìpì e agli
insegnamenti rice-
vuti dalle mie superiore, e sempre soste-
nuta da una grande fede.
E' stata questa fede a farmi Invocare
San Giovanni Bosco, Santa Maria Maz-
zarello e San Domenico Savio quando
mia madre dovette essere ricoverata al-
l'ospedale per venire operata di cisti al
petto. Ma proprio Il giorno dell'operazione
si sentl male ed ebbe un colpo di paratisi.
lo Invocai con tutta l'anima ì Santi sale-
siani, e mi sono sentita esaudita in modo
straordinario. Infatti, mia madre è perfet-
tamente guarita, e le c.lsti sono scompar-
se. Per me è un vero miracolo, perché è
stata visitata diverse volte, ma le cisti non
le ha più. Questo fatto mi dà tanta forza
per chiedere una grazia personale, certa
che prima o poi sarò esaudita.
Terme Vigilatore (Messina) Santa Foti
DOPO MESI DI ATTESA
E DI SPERANZA
Mio figlio, sposato da pochi mesi, rima-
se disoccupato, e benché si Impegnasse
con tutta la buona volontà, non riusciva a
trovare un lavoro fisso e sicuro. Mi rivolsi
(come ho sempre fatto in vita mia) a San
Giovanni Bosco affinché Intercedesse
presso la santissima Vergine Ausiliatrice
in aiuto a mio figlio. E cosl, dopo dieci
mesi di attesa e di speranza di uscire da
Caro BS, vorrei
compiere una pro-
messa falla a Maria
Auslllatrlce ringra-
ziandola pubblica-
mente, insieme a
San Giovanni Bosco
e a San Domenico
Savio (più in partico-
lare) per la sua pro-
tezione in una drammatica situazione.
Da molti anni ormai non ho più la fede dì
una volta, molti dubbi mi assillano, e pre-
gare mi costa fatica. Da un certo periodo
di tempo però ho ricominciato a pregare
(non bene e con meschinità, dal momento
che non faccio altro che chiedere...). Vi-
vevo una drammatica situazione familiare,
e chi avrebbe dovuto andarci di mezzo era
un innocente. Infatti, mia sorella, affetta
da una grave malattia purtroppo eredita-
ria, non avrebbe dovuto avere figli, e in-
vece si trovò in attesa di un bambino. Essa·
iniziò a pregare tanto San Domenico Sa-
vio, e una nostra cara amica le regalò l'a-
bitino del santo. Lo portò sempre al collo.
Il parto andò bene: nacque un bimbo
chiamato Michele Domenico, in onore del
Santo delle culle. Ero contenta, già pen-
savo che il bimbo, messo sotto la prote-
zione di San Domenico, non avrebbe
avuto nulla da temere. Invece, appena a
una settimana dalla nascita, fu ricoverato
d'urgenza con febbre altissima, tra la vita
e la morte. Aveva contratto un virus (du-
rante o dopo il parto) e presentava uno
stato di Infezione generale, anche a livello
meningeo-encefalitico, con una notevole
ipertonia agli arti superiori e inferiori! Per
me, che già «cantavo vittoria», fu un duro
colpo. Continuai a pregare. Ero stanca,
confusa, non capivo più niente...
Dopo 34 giorni in ospedale (il suo primo
mese di vita!) ce lo riconsegnarono» In
uno stato di ripresa fisica che i medici
giudicarono •sorprendente», e lo non
esito a definire «miracolosa». Infatti: dopo
la scomparsa della febbre avrebbe dovuto
scendere anche l'ipertonia, considerata
una conseguenza; questa invece, nono-
stante le cure e il passar del tempo, non
accennava a diminuire. Si avanzò quindi
l'Ipotesi che fosse dì origine cerebrale e
non metabolica, come si era pensato in un
primo momento. Se fosse stata di origine
cerebrale però non ci sarebbe stato più
niente da fare. Passarono ancora molti

4.3 Page 33

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giorni, e solo dopo un rinnovato fervore
nelle preghiere l'ipertomia scese d'im-
provviso e notevolmente.
Ora il bimbo sta fisicamente bene, ha un
carattere dolcissimo, è vivace e risponde
normalmente agli stimoli. Altro fatto
«strano.: non è affetto dalla malattia di
cuì si temeva. Però... c'è un però: quella
famosa ipertonia un poco è rimasta e non
scende ancora. Se questa ipertonia non
scende, sarà difficile che possa cammi-
nare, dicono i medici! Ora anch'io voglio
rivolgere un appello, come la sig.ra M.V.
Pontici (BS di novembre '77).
Aiutatemi, voi che avete veramente fe-
de! lo sono soltanto disperata, anche se
riconosco di essere stata molto aiutata:
vorrei avere più fiducia, non stancarmi
mai di pregare... Ma lo non ho fede, no-
nostante tutto. Sarà la mia preghiera
ascoltata?
Roma
Lettera firmata
Ausilia Rabolinl (Castellanza, Varese) è
rimasta illesa in un incidente in cui la
macchina si è sfasciata. Ringrazia San
Domenico Savio, di cui porta sempre l'a-
bitino.
Mirko Balocco (Acqui Terme) di 11 ann i,
iscritto al movimento «Amici dì Domenico
Savio•, Invoca preghiere dalla Famiglia
Salesiana per poter guarire dai suoi di-
sturbi.
Teresa Golino (Messina) desidera espri-
mere la sua riconoscenza a Maria Ausi-
liatrice e a San Domenico Savio per una
Impo rtante grazia ricevuta per loro Inter-
cessione
SEMBRAVA ORMAI CHE IL MALE
AVESSE IL SOPRAVVENTO
Un giorno il nostro
piccolo Michele, tor-
nato da scuola, si
sentì poco bene, e
volle andare a letto
senza neppure pren-
dere cibo. Chia-
mammo li dottore, li
quale disse che si
trattava di una sem-
plice Influenza, e prescrisse le cure del
caso. Pochi giorni dopo, quasi sfebbrato,
Michele cominciò ad alzarsi e a girare per
casa. Ma ricadde subito, e si dovette ri-
chiamare d'urgenza il medico. Questi non
ebbe più dubbi: si trattava di polmonite, da
combattere con forti dosi di antibiotici e
altre medicine. Ma non si ottenne alcun
esito, anzi ìl bimbo si aggravava. In quei
momenti di angoscia ci rivolgemmo con
fiducia a Santa Maria Mazzarello, aiutati
anche dalla zia FMA.
Sopraggiunse la pleurite, e nonostante
le cure più energiche, sembrò che Il male
avesse il sopravvento. Le forze gli venne-
ro meno, anche la voce si affievon, tanto
che il medico decise l'immediato ricovero
in ospedale a Torino. Medici e infermiere
si prodigarono In tutti i modi per salvare il
piccolo malato, mentre noi continuavamo
a riporre la nostra speranza nell'aiuto
della santa Madre Mazzarello. Due giorni
dopo s'incominciò ad avvertire un lievis-
simo miglioramento, che andò man mano
accentuandosi, tanto che pochi giorni
dopo era già decisa la sua uscita dall'o-
spedale. Senonché sopraggiunse il mor-
billo, e si dovettero fare le cure del caso.
Ma anche questo tu vinto, e il nostro caro
Michele poté far ritorno a casa tra la
commossa gioia nostra e di tutti I parenti.
Le successive visite dl controllo furono
soddisfacenti al punto che il ragazzo ha
potuto riprendere anche la scuola.
Poirino (Torino)
Lucia e Giuseppe Cavagliato
DEL MALE NEANCHE PIU' L'OMBRA
Un mio nipote, fa-
cendo gli esami del
sangue, aveva sapu-
to di avere un grave
male al fegato, di
genere sconosciuto.
Queste analisi erano
state fatte e rifatte
dallo stesso analista,
che aveva preso a
cuore la cosa, trattandosi di un giovane di
26 anni. lo ml rivolsi al beato Michele Rua,
promettendo di segnalare la grazia qua-
lora mi avesse esaudita. Una settimana
dopo, mio nipote, senza aver iniziato al-
cuna cura, volle rifare le analisi presso un
altro analista. Ebbene, del male diagno-
sticato prima, neanche l'ombra! Qualcuno
pensa a un errore del primo analista, ma io
la ritengo una grazia di Don Rua, per la cui
santificazione prego ogni giorno.
E c' è dell'altro! Nell'euforia della notizia
avevo dimenticato la mia promessa. Una
notte, In sogno, sentii una voce che ml
diceva: «Chiedi al Don Bosco (l'Istituto
frequentato dai miei figli) il Bollettino Sa-
lesiano, e manda la grazia da segnalare».
Premetto che non conoscevo il nome del
vostro giornale.
Palermo
Adele Russo
PERCHE' PROPRIO DON CIMATTI?
Nel luglio 1976, a
Chlanciano, ìl prof.
Gabriele Brogi visi-
tando la mia signora
le riscontrò un no-
dulo al seno sinistro.
Si trattava di un fatto
di vecchia data, e
consigliò di non toc-
carlo assolutamente.
Ma !"anno dopo quel nodulo si era peri-
colosamente sviluppato. Il professore, al-
larmato, consigliò un·urgente visita chi-
rurgica al nostro rientro a Torino.
La mammografia e la termografia con-
fermarono purtroppo l'esistenza di un tu-
more sospetto. Il prof. Strada, dell'ospe-
dale Gottolengo, confermò la diagnosi e
ordinò l'immediato ricoverò in ospedale e
relativo Intervento, per lo stato avanzatis-
simo del male e il pericolo incombente.
Purtroppo, la mia signora ha li cuore mol-
to ingrossato, e l'équipe medica non mi
nascose il pericolo della narcosi. In quei
momenti di strazio, quale exallievo sale-
siano mi rivolsi con tutta la mia fede a
Maria Ausiliatrice, a San Giovanni Bosco,
e in particolare a San Domenico Savio, di
cui la mia signora porta sempre l'abitino.
Ma una voce Insistente mi ripeteva:
..Don Cimatti, Don Cimattil Perché pro-
prio Don Clmattl? Era stato il mio amatis-
simo direttore al Liceo Valsallce negli anni
'20, amico e confidente nei miei primi anni
di università: anche dopo la sua partenza
per il Giappone mi ero tenuto con lui in
frequente corrispondenza. Due volte era
tornato a Torino, ed era venuto a casa
nostra dove aveva fatto conoscenza con
mia moglie Gina. E le aveva raccomanda-
to di farmi pregare! Così l'ho implorato:
Sai che ho bisogno di Gina. Salvale la
vita!
L' operazione riuscì normalissima, per-
fetta. Solo la cicatrizzazione era lenta. Ma
poi anche quella si attuò in modo rapido e
definitivo, come avevo chiesto a Don Ci-
matti. Ora seguito a invocarlo perché mi
ottenga la scomparsa di ogni pericolo per
l'avvenire. E mantengo la promessa di te-
stimoniare la grazia ricevuta, allegando i
documenti che ne fanno fede.
Torino
Vittorio Sperino
PER ME, LEI HA RICEVUTO
UN MIRACOLO
1117 gennaio mia figlia è stata operata di
una ciste al collo. La diagnosi risultava
«tumore», ed era un rischio operarla per
via del cuore malandato. Ma il giorno del-
l'operazione si sentiva bene, il cuore fun-
zionava, e così poté resistere due ore e
mezzo sotto i ferri. Il giorno dopo sem-
brava che non avesse subito alcun inter-
vento. La prima cosa che mi disse fu:
«Mamma, io sono stata graziata. Scrivi ai
salesiani ., e tirò fuori di sotto Il cuscino
l'immagine di mons. Vincenzo Clmattl.
Pochi giorni dopo poté tornare a casa. Il
dottore di famiglia la volle visitare con cu-
ra, e poi le disse: «Per me, lel ha ricevuto
un miracolo».
Roma
Olga Nencìni
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Adorno Monll Delfina - Alberetti Giustina - Alloto Giu-
seppe - Alvlggi Armida - Andreis Angelica Ardissone
Ugo• Baffi Daniele Teresa• Banchero Adelina - Barlso-
ne Aldo - Barone Gi ovanna - Basso Edda Mlstrl - Bel-
dlottl Margherlrs - Bertlnetto Vittorio - Bianchi Maria -
Borgna Federico - Bonnot Emilia - Bosi Clelia - Bosio
Laura erandlno Giuseppina - Bruoculerl Giuseppina -
Bruuone Maria - Bucella Lu1g1 Buuetto Maria • Ca-
lesso Olinda Calmarin1 Maria - C&ppalonga Gaetana
Garabelll Maria Grazia• Carll Salvatore- Carulio Vittore
Casalino Maria - Catena Lina - Chillenl Calogero
Clnquemanl Rosaria - Colagrossi Michele - Cotombero
Domenica • Comola Clara Corsinovl Giulia D'Altoè
Carla - Deganutto Amelia - DelteHo Adriana - Deval An-
gela - Di consolo Giuseppina• Favre Palmira - Fe,rero
Caterina - Ferrigni Rosa - Fragapane Caterina - Fresca
Rosaria - Frumento Vincenzo - Gaia Piera - Gambaudo
Marletta - Garbella Maria Grosso - Gianollo Maria ·
Giarra Carolina - Giordano Coniugi - Guat1eo Francesco
- Gugllelmlnottl Pierina - Harte John - Laoono Irma -
Lagorlo Giuseppe Lanterl Carmela - Lanzettl Jolanda -
Lugarlsl Carlo• Marchi Anna• Maritano Laura• Maroc-
c,a Vijo - Meardi Giuseppe - Mete Angela - MIiazzo Anna
- Monlana Maria Francesca - Montone Bice - Moretti
Giovanni Losar - Mozzi Maria - Negro Mary - Ollvero
Stefano • Orlppi Antonietta - Pappalardo Nun21atlna -
Parlanti Romella Parmigiani M. Grazla Paslnl Linda
Pedalino Carmela - Peronace Eva - Petitti Dr. Silvio -
Prand1ni Prlscllla- Protosldo Speranza• Quaglia Fam~
glia - Ouaronl Eugenia - Ralmondl Don Giuseppe S.D.8.
- Rosa Battista - Rossi Maria e G. - Rossi Teresa - Russo
Francesca - Sabl Giuseppina - Sandrl Rina - Sanfilippo
Gullno Irma • Santopietro Famiglia - Santoro Maria -
Saportti Giuditta• Sarti Clementina - Scarpati Vmcen:,a
Scozzaro Alfonsa - Taormina Santa - Tassadon Luigia -
Travaglianti Mucla In Zlngale - Ubblali Carlo - Vallarino
Maria - Vanzollnl Caterina - Varisco Paolo - Vlbertl Giu-
seppe - Voarlno Rina Volpe Famiglia - Zappla Glusep.
pina - latti Domenica - Zimaglia Paolina
33

4.4 Page 34

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Preghiamo
per i nostri morti
SALESIANI
t Coad. AzeUo Bel'lonl a Roma a 71 anni
Avrebbe dovuto diventare sacerdote e
missionario: lo fu nel cuore e nello zelo.
Esercttò umili e prezlosl ufficiIn varie case
dell'tspettoria CentraJe, poi visse gli ultimi
30 anni come guida presso le Catacombe
di San Callisto. Offriva al visitatori una
parola Informata e persuasiva, un comÀ
portamento nobile e dignitoso. La s ua
bonlà e mttezza lo fecero elemento di
coesione e di serenità tra i confratelli. an-
che per la sua spiccala devozione aJla
Madonna. a cui attribuiva Il dono della sua
vocazione salesiana.
Coad. Chlatlredo Conte t a Tonno a 54
anni
Fu assistente e Insegnante in varie case
dell'lspettorla Centrale, e anche nella ca-
sa del Cairo In Egitto, Naturalmente riser-
vato con gli estranei. era glov1ale e aperto
con I confratelll, animando le conversa·
zionl con un con1a.9Joso buonumor&. sa.
lesiano di sentita e profonda pietà. viveva
con pass;one la missione di educatore in
mezzo al giovani, dal quali era stimato e
amato.
Sac. Remo Conti t a Sesto San Giovanni
(Milano) a 50 anni
Maturò la vocazione salesiana In una fa.
miglia di condizioni modeste, ma ricca di
valori cristiani. Come sacerdote lavorò
per 20 anni nel Cenlro di Rieducazione di
Arese, e nella scuola e l'Oratorio di Sesto
San Giovanni. li lavoro era per lui la • scala
mistica• per salire a Dio. Ai giovani dona-
va fiducia, amicizia e servizio generoso.
Anche nel dolore non cessò di porgere a
quantilo visitavano una parola di fede e di
speranza cristiana.
Coad. uldoro Floredda t a Calcutta (In-
dia) a 58 anni
Dalla nativa Sardegna parti per l'India nel
1938 e lu missionario in Assam, finché ,1
Governo lo espul se da quello stato. Si
trasterl allora a Calcutta, ove in breve un
male Inesorabile lo porto alla tomba. Era
un uomo riservalo, di poche parole, ma
sempre attento alle necessità dei contra•
tel11. Animò la sua vita con v,vo oporlto di
preghiera, diligente osservanza religiosa
e Infaticabile dedizione al lavoro.
Sac. Alfredo Gullolll t a Racco (Genova)
a60annl
Capace di Intuizioni profonde, volilivo,
esatto nell'insegnamento della matemati-
ca e delle scienze, ha cercato Inogni cosa
l'aspetto più vero, anche se meno vistoso.
Per sette lunghi anni sopportò I dolori di
un male Incurabile con fede robusta, nella
serena certezza di raggiungere la gioia
piena nella Casa del Padre.
Sac. Anlonlo Voltan t a Biella (Ve,cell~ a
72annl
SI Ieee salesiano già adullo. attratto dallo
spirito di famiglia proprio do Don Bosco, e
dal desiderio di lavorare Ira i giovani. Suf.
l'esempio di Cristo evangelizzatore del
poveri, svolse con particolare preferenza
la sua missione di Insegnante e di educa-
tore tra I giovani più poveri: gli orfani, gh
apprendisti Amò l'amlclzla, Il dialogo fra-
terno, lo spirito di famiglia, l'otllmlsmo.
Une lede robusta animò lutto li suo lavoro
apostolico e lo sorresse nelle prove.
t Coad. France1co O m) a Roma a 59 anni
Fu solerte provveditore In varie case del-
l'lspettoria Romane, e trascorse gli ultimi
anni al «Don Bosco■ di Clnecittà come
Infermiere e commlsslonlere. Aveva lo
spirito salesiano della pietà semplice e
sincera, fatta di amore all'Eucaristia, alla
Madonnae alPapa. Una lungasofferenza.
accettata con umile e fiducìoso abbando-
no. ne purlfi<;.ò lo spirito e lo preparò al-
l'Incontro con Il Padre
t Sac. Rodolfo Testa e Latina a 56 anni
Partl giovanissimo per 11 Perù. ove tra•
scorse glo anno più belli de11a sua giovi-
nezza salesiana In un clima di famiglia e di
lavoro Tornalo ln Patria per motivi di sa-
lute. cercò di rendersi utile quanto poté,
nella speranza di guarire E quando già
sembrava miracolosamente rlstabUito, un
atlacco cardiaco 10 riportò al Padre Il
giorno di Ognissanti
Sec. M ario Bonl t a Modena a 54 anni
Passò la sua vtta nell'educare I giovani
nella scuola, apprezzato e amato L'effi-
cacia del suo lavoro proveniva da una vita
Interiore tanto sempllce quanto solida
lavorò con ritmo intenso, fìno al crollo
lmprowlso che lo richiamò a Dio
COOPERATORI
Melania Gabbiano veci. Bechls t a Ca-
merano Casasco (Asti) a 91 anni
Madre di nove flglt, di cur due sacerdoti
safesianl, fu devotissima di Maria Ausllla-
lrice, di Don Bosco, e assidua cooperatri-
ce, Non lamentarsi mai, accontentarsi d1
tutto fu la linea costante della sua con-
dotta, Ormai cieca e costretta a stare tutto
li giorno su una sedia, diceva: • Non la-
mentiamoci. altri stanno peggio di me. E
pregava per loro Di mano in mano che le
diminuivano le forze. cresceva Il suo spi-
rito di preghiera e di immola.<lone. Invitata
a pregare Il Signore che le alleviasse le
sofferenze, rispondeva! ... Ohi Lasciamo
un po' che Il Signore faccia Lui! Non ha
bisogno del nostri suggerimenti! Anche
nel momenlf più dolorosi seppe ottrire le
sue pene per I congiunti e per i parroc~
chiant <;Il Casasco, perché tutti frequen-
tassero la chiesa, e nelle famiglie regnas-
se la pace e la concordia.
Maria Lanzettl t a Pavia a 66 anni
Ha fatto del lavoro la bandiera della sua
esistenza, travagliata da profonde ferite
familiari. Seppe donare il conforto della
sua fedee l 'aiuto materno del suo cuore a
tutt, I bisognosi, e specialmente agli am-
malati. Animala dal prlnclpl evangellcl
della carità fraterna, svolse un fervfdo
apostolato caritativo nella San Vincenzo
Maria Barloll veci. Glanoll t a Pavia a 71
anni
Tutla dedita ai suol doveri famlllari, seppe
anche trovare Il tempo per prodlgarSi per
le necessità della parrocchia, che la an-
noverava tra le persone più buone e gtr
nerose, e per Impegnarsi come coopera-
trice sateslana. Trasfuse Il suo Ideale sa-
lesiano nella fìglla, exallleva, che le ha
çhiuso gli occhi alla vita terrena con la
certezza di ritrovarla un giorno nella Casa
del Padre.
Angela Ferrar! In Pacunlone t a Pavia a
67 anni
Anoma sensibilissima e profondamente
religiosa, attinse ogni giorno coraggio e
crescita spirituale al sacrificio dlvlno, In-
sieme col manto. Cooperatrice assidua al
nostri Incontri. tutta dedita all'educazione
del fogli, ha saputo accettare. consapevo-
le, la croce della sofferenza.
Emllla Cari, veci. Olgn,ta t a Pavia a 80
anni
Il Signore la provò con la perdita dell'unl-
co figlio, ma dalla sotterenza essa attinse
forza peruna maggioregenerositànelsuo
Impegno di coope,alrlce. Negli ultimi anni
sperlmen~ò. con la sofferenza fisica, an•
che la tristezza della solttudlne. SI spense
serenamente, lieta di ricongiungersi con I
suol cari nella casa dei Padre.
Angela Martlnel t a Cuneo a 69 anni
Aiulò I salesiani fin dal loro primo arrivo a
Cuneo, 50 anni fa. e fu Impegnala nel
Consiglio Cooperatori del Centro Sanla
Chiara. e nelle operé della Diocesi. Donna
di fede e di preghiera, lascia un esemp,o
di bontà operante e do attaccamento alla
Vergine Ausiliatrice e a Don Bosco.
Rosa ZUII t a Fagagna (Udine) a 71 anni
Sua sorélla Ernestina si è consacrata a
Dio tra le FMA, Il fratello Pietro nel sacer-
dozio. ed essa lu lleta di servire 11 Signore
nella persona del fratello sacerdote, par-
roco di Santa Maria Assunta.
Anselmo Vacalebre t Bova Marina (RC) a
56 anni
Stroncato da un male Insidioso e Improv-
viso proprio quando, dopo tante soffe-
renze, per lui e per la sua famiglia poteva
cominciare un periodo di serenità, accol-
se cristianamente. l'Invito del Signore, e
trovò nella sua formazione salesiana la
forza di pronunz.ìare Il s.uo tlat .. senza
che questo pesasse su chi trepidava per la
sua salute. Nel suo diario, un anno prima
della morte, aveva scritto: •Fine di un so-
gno pieno di sacrifici•. Da exallievo e
cooperatore convinto, aveva sentito come
problemi personali tutti quelli che tocca·
vano I Salesi ani e le Figlie di Maria Ausi-
liatrice, per i quali era stato sempre di•
sponibole. Come lo era stato per tutti,
specie per I poveri e per I giovani. Al gio-
vani si dedicò con spirito salesiano, spe-
cialmente auraverso lo sport, e In parti-
colare negli ultimi anni attraverso la cul-
tura. Fu ìnfatti animatore del circolo • la
Jonlca che aveva lo scopo di diffondere
e di difendere le superstiti vestigia della
Magna Grecia In Calabria. della cullura
e della lingua grecanica, e delle tradizioni
della Madre Patria Grecia. La sua morte,
serena e cnstlana, è stata le più bella te-
stimonianza di una vita vissuta all'Insegna
degli Ideali appresi alla scuola di Don Bo-
sco.
Assunta LIiii ved. Ferratta T a Colleferro
(Roma) a 78 anni
Condusse una vota di pietà edificante
Ogni giorno Messa e Comunione, devo-
zione fervida a Maria Ausiliatrice e a Don
Boseo Il Signore la premiò In modo sin-
golare, scegliendo quattJo del suol cmque
figli per farne due rel,giosl e due suore
Neglo utt,m, mesi. I più dolorosi, ebbe l'im-
menso conforto di vederli tornati dalle
terre dl missione per assisterla, e dimo-
strare ancora una volta quanto amore nu•
ltano per I genitori i fìgh donali al Signore
Margherita Fomaclari Ghlttonl t a Reggio
Emilia
Cooperatrice salesiana fervidissima. am-
miratrice delle opere di Don Bosco, era 1n
modo particolare devola del Servo di Dio
don Flllppo Rinaldl u, sua vita è sta111
tutta un cnstianesimo vissuto In pienez.z.a,
tradotto In una eccezionale delicatezza di
sentimenti, In amore assiduo alla famiglia,
fatto di silenziosa ma costante donazione..
Ricorderemo a lungo la signorilità del suo
1ratto. la dellca1ezza dello spirito e la mo-
destia della sua peosona.
Michele $<;arale t a 69 anni
Dedicò tutta la vota alla famiglia, per cui
affrontò molti sacrifici e un duro lavoro
Amò Don Bosco. e ne portava sempre con
l'immagine: più volle ebbe a sperimen-
tarne la pro1ezione. L$Qgeva volentieri Il
Sollelhno Salesiano, specie negli ulliml
anni quando la malattia non gli permise
più di uscire di casa.
Maria Csllerlo M alnoll t a Sannazzaro del
Burgundi (Pav,a) a 79 anno
Exallieva delle FMA, cooperatrice fin dal
1910, educò I suol sei figli nella devozione
a Maria Auslllaltice e a san Giovanni Bo-
sco.
Al tri cooperatori defunti: Anna Maria
Franco - Teresa Pogliano - Maria Rol ando
Domenica Sarà ved. Lombardo.
Per quanti c, hanno chiesto infor mazioni. annunciamo che LA DIRE-
Z IONE GEN ERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. ricono-
sclula giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede on TORINO, avente personalità
glurld,ca per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere
Legati ed Eredità. Formule legalmente valide sono:
se trattasi d'un legato· ...lascio alla Dlreziorte_ Generale o_pere _Don
Bosco con sede In Roma (oppure all'/sUluto Salesiano per le m1ss1on1 con
sede In Torino) a titolo di legato la somma di lire . . . . . • .. (oppure)
l'immoblle sito In . . . . , per gli scopi perseguiti dall'Ente, e partlcolar-
mente di assistenza e benef,cenza. di Istruzione e educazione. di c ullo e
di religione ».
se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'altro de,
due Enti su Indicati:
e ...annullo ogni mia precedente d isposizione testamentaria Nomino mio
erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede In
Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede In Torino)
lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e beneficenza, di
istruzfone e ed11cazione, di culto e di religione» .
(luogo e data)
(firma per disteso)
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4.5 Page 35

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s011·dar1·eta' m1·ss1·onar1·a Bona: M•la Au1lllatrlce • S. Giovanni
:«;,~·~:~~-n=~~~:e~:~l:~a~I~~ ::.~'.
Minuslo (Svizzera) L. 1,050.000
Bona: M.-la Au1111aIrtce, s. Glowannl
Boaco • S. Domenico S.,vlo per grazie
ricevute, a cura di Moretti Donatella, Ca-
lusco d'Adda (BG) L 170.000.
s. Bona: Maria AuaUlalrlce • GlowaMI
Booco, In memoria II suflraglo di D.G.8.
Maglstre/11, Cav. dl"Vltt. Veneto, a cura
delle Cooperatrici Salesiane di Modena L
150.000.
Bo,...: S. Domenico Savio, Invocando
preghiere, a cura di Santamaria Franca,
Milano L 100.000.
eo....: Don Booco, proteggi I miei cari,
grandi e piccini. a cura di N.N. L. 100.000
Boru: Maria Au1lllalr1ce S. Giovanni
Booco, a cura di Po,otto Angelo, Geno-
va-Rivarolo L. 100.000,
Bona: Buio D. Rua, In memoria e suffra-
gio delpapA Gluse,npe, a cura di Zavarise
Ma,la e Rosanna. Bladena (TV) L
100.000.
Borse di studio per giovani missionari saleslanl
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Borsa: In memoria ti ouffraglo di GNardon/
Rocco t1 Caste/Una. a cura di Giardonl
Clotilde, Bellagio (CO) L. 50,000.
llo,a: M•la Aualllatrtce s. GloY■MI
Boaco. per grazia ricevuta e invocando
Intercessione pt1r altre tanto dt1sldt1ra1t1, a
cura di Francia Liana, Vlgnale Monf. (AL)
L. 50.000,
Bona: s. Giovanni Booco, a cura di Ma-
riani Marisa, Novara L 50.000
Bona: Maria Aualllalrlce e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta e invocando
ancora prott1zlont1 sulla mia famlglla, a
cura di Mlgnone Ravera Giovanna, SIiva-
no d'Orba (AL) L. 50.000.
Bona: Mari• Auolllalrtce e S. Giovanni
Boaco, a cura di Balma Maria, Noie Can.
(TO) L 50.000.
Galimberti Angela, Monza(MI) L. 50.000.
Bona: M.ia Au1lllatrlce • S. Giovanni
Booco, in memoria de/ dt1funtl Luigi ed
Erminia Franchln. a cura di Franchlni Mi-
riam. Canale S. Bovo (TN) L. 50.000.
Boru: S. Domenico Savio, per grazia ri-
cevuta, a cura di Teglaochl Alma, Ponte
Valtellina (SO) L. 50.000.
Borsa: Beato Don Rua, per il buon esito
del Cap/lOlo Gt1nersle XXI, a cure di Gaera
Manfredo. Luciano (CH) L. 50.000.
eo..., Sanll SalHla.nl, proteggere ed
ai utata mio figi/o MSJJrlzlo, a cura dl Maz-
za Carlo, Giussano (Ml) L. 50.000.
Borea: In memoria di Don Evaristo Mar-
coaldl, a cura di Aliotta Pietro, Roma L.
50.000.
di Bllulco Grego,lo, Ottaviano (NA) L
50.000.
Borea: Marta Auolllatrlce, Don Botco •
Don Aua, per grazia ricevuta e Invocando
prolt1zlont1 sul figi/, a cura di Gualelll G.
Maria, Zibello (PV) L 50.000.
Boroa; M•le Autlllatrlce • S. Giovanni
Boaco, In rlngraz/smt1nlo pt1r grazia rtca-
vuta t1Invocando protezioneperme aperI
miei cari, a cura di Petroz Adelaide, Aosta
L 50.000.
Borea: Maria Auolllalrlc♦ SanU Saleela-
nl, a cura di e.e. L 50.000
Bona: Sacro cu- di Gelù • Maria A...
1llla1tlce, per una grazia che desidero ar-
dentemente, a cura di Flnocchlaro Dr.
Edgardo, Pala..u.olo Acreldtl (SA) L
50.000.
Boru: Maria Au1lllalrlce S. Giovanni
Booco, In memoria e suffragio del/'lng,
Antenore Gfovannf, a cura della moglie
Emma, Faenza(AA)L. 100.000.
Bona: S. Domenico Savio e B. Don Rua,
per ottenerti una grandt1 grazia, a cura di
U.E. (VC) L 100.000.
Bona: Marta AuoHla!JI«, In m8morla
della mamma M. Concetta Dlstt1fano, a
cura della llglla Bettina, Biancavilla (CT)
L. 100.000.
Bona: P. Giorgio Fra118ll e Zalll Artem~
de, a cure di Calvi Dr. Alfonso. s. Maria
M,-ggiore(NO) L. 50.000.
Boru: S, Giovanni Bo■co, In suffragio
del/'exslllt1vo M. Chiodi Franco, a cura
della Famiglia, Torino L. 50.000.
Bona: S. G.lo-..nnl Boec:o, a cura di Gla-
nogllo Doti. Giuseppe, Nichelino (TO) L
50.000.
Boru: Msla Au1lllalr1c:e e S.nU Saleol•
nl, a/u/ateml In vita e in morte e soccorr8lt1
I miei de/unti, a cure di Assouad Hanrlette,
Cairo (Egitto) L. 50.000.
Boru: S. Giovanni Boaco e B.M. Aua, In
suffragio dt1/ genffori ti dt1lfe sorel/e Luisa
e Enrica. a cura di Beffa Rosa ved. Merlo,
Collegno (TO) L 50.000.
Boru: In mt1moria di Don Angelo Amadt1i,
a cura di Aluollo Guido, Rivoli (TO) L
50.000.
Boroa: M•la Auolllalrlce S. Domenico
Savio, ll nostro protettott1, a cura di Savio
Enrlchelts L 50. 000.
Bona: S. Domenico S.vlo, In mt1morla e
sullraglo di Csrmt1/ina, ottrono le sorelle
Vincenzlna e Nunziatina, Montesarchio
(BN) L. 50.000.
Bo,a: Yen. Zeffirino Namuncur•. a cura
di N.N., Roma L 50.000.
Borsa: Marta Au1Ulalrlce, S. Giovanni
Bolco S. Domenico SaYlo, per grazia
rlc&vura t1 Invocando guarigione par ni-
potino spastico, a cura di Boldrlnl Erm~
llna, Aodengo-Satano (BS) L 50.000.
Bona: S, Giovanni llolco, per ricono-
scenza a in memoria di VassalJI Pietro, a
cura di Vassalli Armando. Atina (FA) L.
50.000.
Bo,a: Don Boaco, in suffragio d1 Zovl
Mt1lan/s 8 lam/1/ari defunti, a cura del figli,
F.111 Vicino, Sandrlngo (VI) L 50.W .
800'18: Marta Auolllatrlce e Sanll Sale1la-
nl, Invocando grazie spiritual/ a matt1rlall
urgenti a fftvore dei miei cari, a cura di
Patané Alfio, Macchie di Glarre (CT) L.
100.000.
Bona: In memoria a suffragio di Eu/a//a e
Pietro, a cura di Marini Renata In Batt~
stelli, Frascati (Roma) L. 100.000.
Boru: M•la Aldlllalrlce e S. Giovanni
Soseot Invocando aiuto e protezione per
me t1 per tutti I mlt1Icari, a cure di M.B.G.,
To,ìno L. 50.000.
Bona: S. Cuore, Msla Au1lllatrlce e
S.nU Salealanl, In ringraziamento per
grazlt1 rlct1vu1e e Implorando prott1zlont1, a
cura di N.N.. Oglianico (TO) L. 50.000.
Bona: Maria Auolllalric:e e S. Giovanni
Bosco, In ringraziamento e invocando
protaziont1 su di mt1 ti sulla mia famiglia, a
cura di lanzlto Angelo (USA) L. 87.000,
BOl'l8: DIVINA Provvidenza, a cura di Bo-
gllone Francesco. Torino L 60.000.
Bo,..., In suffragio del g&nitor/ defunti. a
cura del F.JII Frigo Gana, Canove (VI) L
60.000.
Borea: M•le Ausiliatrice s. Giovanni
Bosco, invocandone la protezione perme
ti per I miei cari, a cura di Petrini Maria.
Roma L 60.000.
v... Bona: Mons. Ra/f8t1/e delle Noccht1,
scovo di Tricarico, a cura di La Rocca
Maria, Tricarico (MT) L 50.000.
Bona: S. Giovanni Bo1co, a cura di Ca-
robbio Camilla, Colzale (BG) L 50.000
BOl'l8: M•la Au.fllatrtce Don Boaco, a
cura di Nelrottl Daniele, Torino L. 50.000.
Bona: Don Giovanni Ralnt1rl, pt1rcM ri-
cordi al Signort1 fa nostra famiglla, a cura
di N.N. L 50.000.
Boru: Maria Au1lllatrlce S. Giovanni
Botco, chiedt1ndo preghiere per 11 /igllurr
lo A.. a cura di Maggionl Enza, Barzanò
(CO) L. 50.000.
Bona: Maria Aualllalrlce, Papa Giovanni
e Sanll Saleleanf, a suffragio dt1I defuntie
per la salvezza dt1/ fam///srl, a cura di
Lucci Maria, Chlarevalle (AN) L. 50.000.
Bona: Maria Au■lllatrlce s. GIOVAMI
Boaco, per ringraziare e Implorare ancora
prott1zlont1, a cura dl T.A.M. L 50.000.
Boru: S. Domenico S.vlo, chiedendo
protezioneparff nipotino ma/alo. a cura di
Borea: Mar1a Auslllalrlce Don Booco, In
sulfragio deimieicari defuntie Invocando
pro1ezlont1 pt1r me t1 fam/1/arl, a cura di
Vìgori1o Teresa, Corleto Monlorte (SA) L.
50.000.
Bona: S. Giovanni Booco, pt1r grazia ot-
tenuta, a cura di Surace Cleopatra, Villa S.
Giovanni (RC) L 50.000.
Boru: Maria Au1lll&trice Sanll Saleal•
nl, In adempimento di promessa latta. a
cura di Palombo Enrica, Siena L. 50.000.
Bona: Gesù Sacramentato, Maria Aua~
llalrlc:e e S. GloYannl Bo■co, prott1ggele ti
sovvenite inostri bisogni. a cura di Bifulco
Gregorio, Ottaviano (NA) L 50.000.
Bona: Ge1ù Sacramentato, M-1a AUI~
ll&trtca S. Giovanni Bo■co, in suffragio
delle anime dei nostri cari defunti, a cure
Boru: M•la Au1lllalr1c:e, Don Bo■co e
Don Rlnald~ In suffragio dt1I Gr. Ufl. Prl-
m/no Bersano, Ce/t1Slina t1 Gino. a cura
dell'Avv, Bersano Maria L 50.000.
Bona: M.-la AUIUlatrlca S. Glo.-annl
80lco, In memoria t1 suffragio di Mario, a
cura della moglie Lisetta L. 50.000.
Bona: Msla Au1lllalr1ce 5'1nll S.lala-
nl, In rlngrazlamt1nlo e Invocando prola-
zione sulla famiglia, a cura di Brusa-
scht1tto Agnese, Vllladealf(AL) L. 50.000.
Bona: Maria Aldlllelrlce, pt1r ringrazia-
mento, a cura di Angeli Gemma, Sarzana
(SP) L 50.000.
Borsa: M.-ta Aualllatrlce, In suffragio dt1I
miei defunti ti Invocando prott1zlont1 e pa-
Ctl sulla mia lamfgl/a, a cura di Bt1rtetto
Crlsllna. Noie Torinese L. 50.000.
Bona: Maria Auolllatrlce e S.ntl Salai•
nl, implorando la grazia della salute e
protezione anche per la sorella Adtl/la, a
cura di Amati Anna Ttlfesa, Arezzo L
50.000.
Borsa: S. Maria Mm:z...tlo, In memoria e
suffragio del Sac. Evaristo Marcoa/di, a
cura della nipote Ceraudo Rosangela e
Famiglia, Rossano (CS) L. 50.000.
Boru: S, Domenico SaYlo, in mt1morla ti
suffragio del Sac. Evaristo Marcoaldl, a
cura della nipote Ribeca Aalnefde e fami-
glia, Ischia di Castro (VT) L 50.000.
Boru: S. Giovanni Bo■co, In memoria ti
suffragio del Sac. Evaristo Marcoafdl, a
cura della nipote Celestini Rosa e faml-
glla, Ischia di Castro (VT) L 50.000.
Boraa: M•I• Auslllalrlc:e, In memoria ti
suffragio dt1/ Sac. Evaristo Marcoa/dl. a
cura della sorella Maria, Ischia di Castro
(VT'L.50.000.
Boraa: Sac. Evaristo Marcoafdl, Invocan-
do proiezione ed aiuto, a cura del nipote
Sac. Nello Galeanl, Ischia di Castro (VT) L
50.000.
Boraa: Bealo Don Rua, In mt1morla t1 suf-
fragio del Sac. Evaristo Marcoaldl, a cura
della nipote Aonaldl Ma,la e Famiglia. Sa-
lerno L. 50.000.
Boru: M•la Au1lllatrlce, s. GloYannl
Booco S. Domenico Savio, nostri pro-
tettori, a cura di Pronotto Franca, Noasca
(AT) L 50.000.
35

4.6 Page 36

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SpediL In abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina
AWISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TORINO
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
TU
■ICBIA■I
ALLA VITA
Dl&LOGBI COI ■Il ■ABBI
« DOSSI ERS SEI» - L. 2.500
In un'epoca come la nostra in cui
anche la «vita» è diventata
oggetto di angherìe, di soprusi,
di aride discussioni, questo libro è un
raggio di luce, un gioioso inno alla vita,.
alla meravigliosa consapevolezza
di poter essere madre. È un bimbo
che parla dal grembo materno e le sue
parole si diffondono come note
dolcissime e inestinguibili di speranza,
di voglia di vivere, di commossa
gratitudine per essere stato dato alla vita.
l.,1 SOCIETA EDITRICE INTERNAZIONALE - TORINO