Bollettino_Salesiano_198701


Bollettino_Salesiano_198701

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4 LETTERE DAL MONDO
6 BREVISSIME
9 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
La filosofia della partecipazione in un paese
senza pace e sviluppo
di Giuseppe Costa
13 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
Il volontariato in prima linea nella lotta al sotto-
sviluppo
di Gaetano Nanetti
17 VITA SALESIANA
Una laurea per i uTalleres Saleslanos•
Servizio redazionale
1 GENNAIO 1987
ANNO 111
NUMERO 1
20 VITA ECCLESIALE
Due vescovi ci parlano di cultura, scuola e inse-
gnamento della religione
di Silvano Stracca
24 PASTORALE GIOVANILE
Quando c'è voglia di lavorare e manca li lavoro
Servizio redazionale
29 EDITORIA
Solo amando la natura ci salveremo dal disa-
stro ecologico
di G. N.
32 STORIA SALESIANA
Don Bosco tra strenne, carnevali , feste e menù
di Natale Cerrato
RUBRICHE
Scriveteci, 3 Pigy di Del Vaglio, 6 Cerchiamo di
capire, 7 - I nostri santi, 37 - I nostri morti, 38 Soli-
darietà, 39.
In copertina: Don Bosco, olio del pittore
M. Caffaro Rore 1939 (Foto Marzi • Roma) ...
•All'Accademia incontrai Il rev.issimo scrittore
salesiano don Alberto Caviglia, il quale a quel
tempo teneva delle lezioni molto dotte di arte
e religione. In seguito a questo felice incontro
dipinsi a modo mio un ritratto d i S. Giovanni
Bosco e glielo diedi In omaggio. Egll che ave-
va conosciuto personalmente 11 suo grande
Santo, giudicò questo ritratto come il più ras-
somigliante e lo conservò quale preziosa reli-
quia tanto che lo lasciò con disposizione te-
stamentaria affinché rimanesse in perpetua
donazione del rev.issimo Superiore Generale
pro tempere della congregazione salesiana.
Dalla felicissima riuscita di questo ritratto
ebbe Inizio una lunga e ininterrotta serie di la-
vori per le case salesiane in Italia e all'este-
ro•. (Da una testimonianza dello stesso pit-
tore)
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Q~indicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31 .341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioanni - Eugenio Flzzottl - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione é stam•
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il 15 del mese per I Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Fam/g/Ja
Salesiana, e s'Impegna a pubblicarle secon-
do Il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldlni) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) In: Antllle (a Santo Domin-
go) - Argentina - Australla - Austria Bel-
gio (in fiammingo) Bolivia Brasile ca-
nada Centro America (in Guatemala) - Cl-
le • Cina (a Hong Kong) - Colombia • Ecua-
dor • FIiippine • Francia • Germania • Giap-
pone • India (in Inglese, malayalam, tamil e
telugu) • Irlanda e Gran Bretagna • ltalla •
Jugoslavia (in croato e In sloveno) - Korea
del Sud • Lituania (edito a Roma) • Matta
• Messico Olanda Paraguay Perù Po-
lonia • Portogallo • Spagna Stati Uniti -
Thallandla Uruguay - Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nel limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'In-
dirizzo vecchio.

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- - -- - - - - - - -sB-
Offro la mia amicizia
Mi chiamo Luigi, ho 23 anni e abito in
un paesino del comune di Barso (Deb-
bia), provincia di Reggio Emilia.
Leggo saltuariamente la vostra rivista
che mandate a mio padre.
Nel numero di giugno 1986 ho letto
l'articolo «Dalla piazza alla collina per
riscoprire i veri valori dell'uomo». Vor-
rei gentilmente chiedervi di mettermi
in contatto con don Luigi Zoppi per
chiedere se è possibile conoscere le
sue comunità, ed i suol ragazzi: vorrei
diventare amico con qualcuno di loro
e scriverci. Quello che posso dare è
amicizia disinteressata e vera...
Schenel1I PìerLwg,
Via Radici, 1 · 420 1O Debbia di Barso (RE)
Quel che offri, Luigi non è poco. Ecco-
ti pertanto l'Indirizzo di don Luigi Zop-
pi: Istituto Salesiano - Viale Risorgi-
mento, 77 - 57124 Livorno.
Faccio collezione di francobolll
Ho visto che la rivista pubblica molti
servizi dell'attività salesiana nel
mondo.
Scrivo per chiedere un favore: faccio
collezione di francobolli e mi ritrovo ad
avere molti francobolli doppi, italiani e
no.
Ma degli Stati dai quali provengono i
servizi pubblìcati dal bollettino quasi
nulla.
Potrebbe il Bollettino mettermi in con-
tatto, se ciò è possibile, con qualche
comunità operativa onde avere la pos-
sibilità di scambio con qualche colle-
zionista?
Credo che questa non sia una richie-
sta molto strana, perèhé richieste del
genere ne avrete forse già avute.
Sono un insegnante e potrei corri-
spondere in inglese e spagnolo.
Con simpatia.
Angelo Luchettl. v,a Dante. 29
52043 Castig/ion Fiorentino (AR)
Più che pubblicare la sua lettera la ri-
vista non può fare.
Insegnante di Inglese
cerca corrispondenti
Sono un'insegnante di inglese presso
una scuola media della p rovincia di
Bergamo. lo e la mia famiglia leggia-
mo con molta attenzione il Vostro Bol-
lettino e assistiamo le Vostre opere
che sono veramente grandiose.
Mi rivolgo a Voi per ricevere aiuto per
un problema scolastico di grande ur-
genza e preoccupazione per me in
questo momento, nel quale in famiglia
ho anche problemi di salute da affron-
tare. I miei alunni desiderano corri-
spondere con ragazzi stranieri in in-
glese, anche in preparazione alle pro-
ve scritte d 'esame.
Ho scritto da alcuni mesi a qualche as-
sociazione inglese, ma finora non ho
ricevuto nessun indirizzo.
Perciò vi chiedo se potete inviarmi l'in-
dirizzo di vostre scuole in Irlanda, In-
ghilterra, America e Australia o quelli
di vostri abbonati inglesi per avere al
· più presto i nominativi di ragazzi e ra-
gazze che vogliono corrispondere con
i miei alunni che sono 43 nelle due pri-
me classi, 55 nelle due seconde e 52
nelle due terze. Vi chiedo di aiutarmi.
Anna Finazzi, Via XX settembre, 20 - Ville Ortensia
24060 Chiuduno (Bergamo)
Gentile Professoressa, più che pubbli-
care la sua richiesta non possiamo fa-
re. Il BS giunge anche nei Paesi che a
Lei (e ad i suoi alunni) interessano.
Vedrà che qualcuno dopo quest'an-
nunzio si farà vivo. Auguri.
La giornata del bambino
Ho letto con grande interesse sui «Bol-
lettino salesiano.. di giugno, l'articolo
che denuncia i maltrattamentì ai bam-
bini e illustra l'iniziativa di Radio Don
Bosco della parrocchia di San Giovan-
ni Bosco, rivolta a celebrare in un mo-
do nuovo e originale - il 31 gennaio
prossimo - la Giornata del bambino.
Sono un ex allievo salesiano e dall'in-
segnamento salesiano ho ricevuto lo
spirito cristiano che cerco di mettere
in pratica ogni giorno. Desidero dare
all'iniziativa tutto il mio appoggio e tut-
ta la mia solidarietà, offrendo la più
ampia collaborazione.
Franco Puglìese
Perosa Argentina (fO)
Sono una mamma di 30 anni. Ho un
bambino di un anno, meraviglioso co-
me il padre. Vi scrivo non solo per ren-
dervi partecipi della mia gioia familia-
re, ma soprattutto perché sono rima-
sta colpita dall'articolo pubblicato dal
«Bollettino salesiano» di giugno sul
doloroso fenomeno della violenza sui
bambini. La mia attenzione è da tem-
po rivolta a questo problema, ma oltre
alla rabbia e all'orrore che provo, non
sono mai andata. Vorrei mettermi a di-
sposizione del Comitato per la Giorna-
ta del bambino, per portare avanti una
attività di ricerca e di denuncia dei ca-
si di violenza ai danni dei piccoli.
Marilina De Stefano
Sono due delle molte lettere inviate al
«Bollettino Salesiano» e a Radio don
Bosco in appoggio all'iniziativa per la
Giornata del bambino. Le espressioni
di solidarietà, la disponibilità a soste-
nere l'iniziativa di Radio don Bosco te-
stimoniano la sensibilità di tanti a un
problema angoscioso quale è quello
dei maltrattamenti inflitti ai bambini. Il
Comitato promotore ci ha fatto tuttavia
presente che molte delle lettere rice-
vute recano la firma, ma non l'ìndirlz-
zo di coloro che scrivono e ciò impedi-
sce di entrare in contatto con quanti si
dicono disposti a collaborare. Invita
pertanto coloro che sono interessati e
che desiderano esprimere la loro ade-
sione a far conoscere il loro indirizzo.
Ricordiamo che le adesioni vanno in-
viate a RDB-Testatazoom - via dei
Salesiani 9 - 00175 Roma.
Leggo volentieri tutti gli articoli
Ricevo regolarmente il Bollettino Sale-
siano e presto invierò un contributo
per il medesimo. Invio gli auguri del
Buon Natale e Buon Anno. Leggo vo-
lentieri tutti gli articoli e le risposte che
date ai lettori che domandano e hanno
problemi. Leggo la vita dei missionari
e sono in corrispondenza con don Ma-
schio e don Alessi, e le Suore del Sor-
riso. Leggo anche di tutte le grazie
che ottengono I Santì invocati.
Grazie per il calendario che ho trovato
Inserito nei numero di novembre.
Mi scuserete se non posso mandare
molto ogni volta; ma sono tante le
Opere che cerco di sostenere e man-
do una «briciola» a ciascuno.
Ora scrivo a P. Maschio che aspetta ri-
sposta a due lettere.
Cordiali saluti e vi chiedo un'Ave Ma-
ria.
Pina Magrone, Via Silla, 35 00192 Roma
Di lettere come questa il BS ne riceve
tante. Nella loro semplicità dicono il
grande cuore dei nostri lettori e evi-
denziano quella sottile filigrana che
unisce la Famiglia Salesiana. Grazie a
tutti.

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4 · 1 GENNAIO 1987
Don Viganò
ci parla
Tutto 1'87 sarà per il Rettor
Maggiore un anno abbondantemente
· occupato da lunghi viaggi nei 5
continenti: si tratta di visite di
animazione per l'intera Famiglia
salesiana. Per assicurare la
realizzazione di questo suo vasto
programma ha già anticipato alcune
vitali visite nel novembre scorso.
È, anche questa, una maniera di
preparare bene 1'88. Comporterà,
però, prolungate assenze del Rettor
Maggiore dalla Sede. Egli cercherà,
ad ogni modo, di mantenersi
vincolato al B.S. con delle «Lettere
dal Mondo» per continuare a fare
insieme ai lettori una qualche
riflessione spirituale.
IL GIRO
DEL MONDO
Santa Teresa non ha mai provato a meditare in ae-
reo; io posso assicurare che ci si riesce, soprattutto nei
voli lunghi.
Viaggiando da occidente a oriente ho fatto una vol-
ta il giro del mondo; e viaggiando da sud a nord, in
America, ho visto quel continente dalla Terra del
Fuoco fino ali'Alaska.
Anche la geografia fa pensare.
Attraversando la famosa «linea della data» (situata
sull'Oceano Pacifico, da polo a polo) si cambia istan-
taneamente di giorno. Così mi è toccato partire da Sa-
moa per Tonga (nel Pacifico; solo un'ora di volo) a
causa della differenza del fuso orario sono arrivato al-
la stessa ora della partenza, ma era un altro giorno; da
Samoa partii un mercoledì pomeriggio, a Tonga arri-
vai alla stessa ora del pomeriggio di giovedL Così ho
sperimentato che Samoa era l'estremo occidente e
Tonga era l'estremo oriente! I due termini, così usati,
di «oriente» e «occidente» risultano davvero conven-
zionali in dipendenza di fatti culturali.
Andando, invece, da Porvenir (Terra del Fuoco -
Cile) ad Anchorage (Alaska - USA) dai pinguini del
sud agli orsi bianchi del nord, la geografia può far d-
dimensionare alcune credenze erronee divenute luoghi

1.5 Page 5

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-----------sB-
I GENNAIO 1987 · 5
comun.i. P er esempio: è vero che l'equatore divide l'e-
misfero nord dall'emisfero sud, però l'America Lati-
na non si identifica semplicemente con ciò che di quel
continente è situato nell'emisfero sud; ci sono infatti,
grandi popoli e vaste regioni latinoamericane che si
trovano più in su dell'equatore, arrivando fino alla
California.
Cosi anche il famoso rapporto socioeconomico
«Nord-Sud», tra paesi ricchi con alta tecnologia e
paesi del Terzomondo, si situa abbastanza più in su
dell'equatore e riduce assai (anche negli altri conti-
nenti) l'estensione della geografia del benessere (ma
perché così piccola?).
Volando sul mondo e visitando i vari paesi si scopre
una realtà preziosa, bella, svariata, ricca, prometten-
te, progettata per l'edificazione di una magnifica casa
per l'uomo, con abbondanza di mezzi, con meravi-
gliosa pluriformità, con contrasti di complementarie-
tà, con dissonanze armoniose, una meraviglia fatta
per un re, l'uomo, altamente dotato per saperla abili-
tare a sua casa accogliente.
Di fatto, però, non è cosi. La storia pesa terribil-
mente sulla geografia e la coinvolge in conflitti di ogni
genere e in immense ingiustizie.
Le differenze geografiche, le divisioni politiche, le
razze, le lingue, le religioni, le culture, i beni economi-
ci, le invenzioni tecniche, sono state intossicate da un
terribile egoismo che è alla radice dei conflitti, delle
sperequazioni, delle invasioni, dei genocidi, delle
schiavitù, dell'abbassare una gran parte della terra a
luogo di emarginazione.
Nel mio ultimo volo notturno da Tokio a Roma (22
ore!), mi son fatto una domanda strana: c'è una capi-
tale della terra? ed è possibile identificare in essa un
genio che con una sua équipe di collaboratori diriga
un centro valido di riprogettazione della vera casa del-
l'uomo?
La risposta è sgorgata spontanea: Gerusalemme!
L'Uomo nuovo è sorto lì; è Lui, Gesù Cristo, il Risor-
to della Pasqua, il testimone dell'amore, si presenta
ardito, paziente e invincibile come Signore della sto-
ria; alla sua équipe ha detto: «Andate ed evangelizza-
te tutti i popoli!>>; così ci sarà una terra nuova, vera
casa meravigliosa dell'uomo. Nella sua vita Lui ha
camminato sempre verso Gerusalemme e con i suoi ha
preparato la Gerusalemme celeste.
Al suo seguito è oggi impegnata anche la Famiglia
salesiana per grazia e vocazione: fa parte della sua
operosa équipe apostolica.
Don Bosco nel famoso suo sogno missionario del
1885 (MB 17, 643-647), al quale «mostrava di pensare
sovente», fece anche un giro del mondo partendo da
Saittiago del Cile, attraversando l'America del Sud,
l'Africa, il Madagascar, l'Asia, il Giappone, I'Austra-
lia e la Polinesia per rientrare al punto di partenza.
L'angelo del sogno disse a lui e ai suoi: «Vi chiamo
a combattere le battaglie del Vangelo e a radunare i
popoli nei granai del Signore».
Moltitudini di giovani di tanti popoli gridavano:
«Venite in nostro aiuto! perché non compite l'opera
che i vostri padri hanno incorninciato? ».
Ad un secolo di distanza da questo sogno io ho fat-
to il giro del mondo potendo «stare sempre a casa»
(quante presenze salesiane!). Ma c'è ancora tanto spa-
zio e tantissimi giovani che aspettano.
Il giro del mondo fa pensare a Gesù Cristo e all'ur-
genza di più numerose vocazioni missionarie.
La nuova casa dell'uomo non è ancora costruita!
don Egidio Viganò

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6 · ! GENNAIO 1987
SffiIA
I Salesiani
giungono in Mesopotamia
I I 30 settembre 1986
sono giunti a Kamishli
in Alta Mesopotamia i
salesiani Natale Bonato e
Luciano Buratti. Con
l'arrivo dei due sacerdoti è
iniziato cosi il lavoro
apostolico dei figli di Don
Bosco nella regione fra il
Tigri e l'Eufrate.
Attualmente essi lavorano
nel Foyer de la P aix messo a
disposizione dallo stesso
episcopato armeno-cattolico
il cui Patriarca monsignor
Kasparian ha voluto
benedire solennemente i
locali.
ll lavoro dei figli di Don
Bosco si orienterà
sopratmtto nel Centro
Giovanile - aperto ai
ragazzi d'ogni rito e
religione - e in una casa di
oriemamemo vocazionale, si
spera infatti che fra. .. i
successori degli Assiro-
Babilonesi il carisma
salesiano possa bene
attecchire.
I Nella foto:
il Pa1rlarca armeno-
cattolico in mezzo ai
ragazzi con don
Bonato.
Pl&Y ~ DEL VA6rU O
RAPPRES(:;N'TJ:IHO IL
VéRO E Cdi?,<Wo6 PR.0-
4-leESSo l>lill'OOMO
ITALIA
Gli exallievi di Catania
inconlrano gli scienziati
Zicbichi e Velikhov
A ll'lstituto San
Francesco di Sales di
Catania si è tenuto il
4 novembre 1986 un
inco.ntro con il professore
Antonino Zichichi in
occasione dell'inaugurazione
delle attività socio-culturali
degli exallievi della città
emea. All'incontro ha
partecipato anche il vice
presidenre dell'Accademia
delle Scienze sovietica
professor Eugenij Velikhov.
Alla presenza di autorità
civili e mmtari,
dell'arcivescovo e di molti
giovani, il prof. Zichichi ha
sinteticamenre illustrato il
significato che il «nucleare>>
riveste nell'àmbito della
civiltà contemporanea. « La
scelta nucleare - ha
sottolineato - , non è da
demonizzare, sulla scia di
emozioni incontrollate,
susseguenti al disastro di
Cbernobyl. Al contrario,
bigogna rendersi conto che è
proprio nell'ambito
dell'energia nucleare che va
affrontata e risolta la sfida
energetica, che è la sfida
futura. Occorre però,
naturalmente, un'accurata
vigilanza sui sistemi nucleari,
per ridurre al minimo i
possibili rischi».
Il «futuro>>, secondo il prof.
Zichicbi, è rappresentato,
probabilmente, dalla fusione
nucleare, che, senza pericoli,
potrebbe sostituire la
fissione.
P rendendo, poi, la parola il
prof. Velik)lov, che per oltre
un mese ha seguito
personalmente la tragedia di
Chemobyl cercando di
ridurne gli esiti letali, ha
ricordato che già sono
funzionanti da qualche
tempo apparati di controllo
statunitensi in un poligono
di tiro posizionato in
territorio sovietico. Ciò, a
riprova della buona volontà
ormai ampiamente
dimostrata da parte di USA
e URSS di giungere a intese
concrete e fruttifere.
lo conclusione, sembra che
proprio sul terreno della
scienza si possano
promuovere rinnovati
equilibri politici, sulla base
di una collaborazione
internazionale che la
comunità degli scienziati
oggi è ansiosa di sviluppare e
garantire perché la pace non
sia soltanto una speranza.
Sono seguiti gli interventi.
All'inizio dell'incontro , ha
rivolto il saluto agli ospiti e
agli intervenuti l'assistente
don Giuseppe Martines. Ha
coordinato la discussione il
dott. Enzo Vitale.
INella foto:
da sin. Il prof.
Vellkhov, l'interprete,
Il dott. Vitale, Il prof.
Zichichi, l'avv.
Spampinato.
,,,tW/:INTi 021sn.

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- - - - - --
Alla fine, i ringraziamenti
del presidente dell'Unione ex
allievi avv. Giuseppe
Spampinato, che ha offerto,
a nome dell'associazione, ai
due illustri ospiti doni a
ricordo della serata.
l,Jm,-- 1sm UTO SALESIANO
VALSALICE
Lc.oiidalco ...... ~
,l/~~
- --
-#
1 GENNAIO 1987 7
erchiamo di capire
Studiare con passione
«il nulla»
D opo il successo del
convegno sul
Manzoni tenuto
nell'85, il liceo Valsalice di
Torino ha organizzato al
Teatro Nuovo della città
piemontese una tre giorni
(25, 26, 27 novembre 1986)
su «L'uomo fra il nulla e
l'assoluto». La
manifestazione culturale -
aperta a tutti gli studenti
delle scuole medie torinesi -
ha visto la partecipazione di
oltre mille giovani. Il
successo dell'iniziativa va
attribuito oltre all'impegno
dei salesiani del Liceo
Valsalice, all'attualità del
tema prescelto -
l'Università di Torino è fra
l'altro uno dei centri
cultura.li di questo
«nichilismo» - anche
all'impegno dei vari relatori
che con competenza e
chiarezza hanno illustrato
ampiamente i limiti ed i
valori di questo movimento
culturale. Una rapida
rassegna del programma del
resto non può non
confermare quanto ha già
pubblicato La Stampa di
Torino nei giorni del
convegno. Le «lezioni>) sono
incominciate il 25 novembre
con il prof. Ugo Ugazio
dell'Università di Torino il
quale ha presentato <de
prospettive del Nichilismo
ottocentesco»;
successivamente i professori
Giovanni Fomero del Liceo
S. Giuseppe ed il prnf. Aldo
Rizza del Liceo Mazzantini
hanno parlato
rispettivamente di
<<Esistenzialismo e
Nichilismo: la "libertà
assurda" io Sartre» e
«L'orizzonte del mondo
contemporaneo alla luce del
Nichilismo>). Mercoled1 26
novembre hanno invece
L'UOMO
FRAil..NUUAE
L'ASSOLUTO
-.!:"'..:=r'...-~
u. » . r . , . _ . . 1 "•
TOIUNO
parlato i professori Giovanni
Ramella (Liceo
«D'Azeglfo>)), Sergio Givone
(Università di Torino),
Claudio Ciancio (Università
di Torino) rispettivamente
su: <<Luigi Pirandello e l'idea
del Nulla», «Arte: Verità o
Nichilismo?», «Nichili$mO
ed Etica: domande e
risposte».
La giornata conclusiva del
27 novembre ha visto gli
interventi dei professori
Giuseppe Riconda
(Università di Torino) su:
<< Nichilismo e pensiero
religioso russo>>; Adriano
Bausola (Università Cattolica
di Milano) su: «La nostra
esistenza fra il Nulla e
l 'Assoluto»; Sergio Quinzio
su: « La Croce e il Nulla».
SUDAN
Missionario sequestrato
E' giunta notizia che il
salesiano don James
Pulikkal sarebbe
stato sequestrato
dall'esercito per la
liberazione del popolo
sudanese (SPLA). Il
sequestro sarebbe avvenuto a
Tonj nel sud-Sudan dove
don Pulikkal lavorava
apprezzato e voluto bene da
tutti.
Mentre andiamo in macchina
sono in corso trattative e
contatti fra l'arcivescovo di
Khartoum e Juba con i capi
Se ci guardiamo attorno, gli avvenimenti di cui siamo
per lo più spettatori, talvolta protagonisti, sembrano in-
viarci messaggi negativi. Catastrofi naturali, fame e po-
vertà, conflitti sanguinosi, violenze pubbliche e private,
corruzione e delitti, flagelli sociali come la droga o la re-
centissima diffusione dell'«aids», negazione di elementari
diritti dell'uomo, timore di un olocausto nucleare. L'im-
magine quotidiana, cioè, della società come sembra espri-
mersi nella «schiuma della storia>), quella che emerge alla
superficie di un mondo inquinato.
È positivo che si sia capaci di guardare in faccia tutto
questo senza timori e complessi: l'astuzia del Male sta nel
non farsi riconoscere per quello che è, nel negare la pro-
pria p resenza, nel condurre una strategia di conquista per
linee interne, abituandoci al fatalismo. Se invece riuscia-
mo a capire, la sua sconfitta è assicurata e scaturisce nel-
l'animo di ognuno di noi, per diventare, come ricchezza
comunitaria, la consapevolezza che non ci salviamo da so-
li, ma con gli altri e per gli altri.
Sembra un discorso astratto. Lo diventa molto meno
nel momento in cui aguzziamo lo sguardo e scopriamo at-
torno a noi un brulicare di bene, il «sommerso» dello spi-
rito. Allora il catastrofismo che ci viene trasmesso da un
mondo di enfasi nella violenza assume connotati ricono-
scibili: quelli di una disperazione inoculata per indurre
Giobbe a maledire il Signore. Non si tratta di cullarsi in un
ottimismo di maniera ma di assumere i valori che sono sta-
ti trasmessi al cristiano come criteri di vita, come i soli che
ci permettano di vivere.
Altrimenti molte cose diventerebbero incomprensibili, e
tanto più quelle che fanno notizia soltanto marginalmen-
te. Gli oscuri diaconi del martirio: le Suore del sorriso che
vivono nel putridume delle periferie di Bombay e New
Delhi, i missionari nel Bangla Desh o nel Mato Grosso, gli
infermieri dei tanti cronicari come il Cottolengo, i volon-
tari che lasciano beni e affetti per un'avventura senza pro-
spettive apparenti in un Terzo Mondo che non darà loro
gratificazioni materiali. T utti coloro che in silenzio (ma il
nostro sguardo amoroso e che vuole capire saprà ricono-
scerli) vivono, operano, pregano.
Non è compito nostro, di me che scrivo, di voi che leg-
gete, giudicare la storia. Ci è concesso invece di stare insie-
me, mese per mese, cercando di interpretare i piccoli o
grandi segreti che ci vengono inviati, nella certezza che il
Signore ha vinto la morte non soltanto per Lui, ma per
tutti noi, in ogni giorno della nostra vita.
Angelo Paoluzi

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8 · I GENNAIO 1987
dello SPLA.
Non possiamo non auspicare
un rapido ed immediato
rilascio di don James
Pulikkal che, lasciata la sua
patria l'l.ndia, ha scelto con
generosità e dedizione di
lavorare per la gente
africana.
BOLIVIA
È morto monsignor Riveros
L a Prefettura
apostolica dell'Ariari
affidata ai salesiani
da 25 anni ha perso il suo
pastore. Il 27 settembre 1986
ad appena 51 anni in un
incidente automobilistico è
morto a Granada-Mela,
monsignor Luis Carlos
Riveros.
Animo apostolico e generoso
monsignor Riveros da
giovane salesiano aveva
svolto il suo tirocinio pratico
tra i figli dei lebbrosi del
Lazzaretto di Aqua de Dios.
Aveva studiato a Roma
laureandosi in Teologia
Morale con Haring.
Nominato vicario
dell'lspettoria di Bogotà nel
1982 venne eletto Prefetto
apostolico dell'Ariarì.
Scelse come motto il verbo
«servire» rimanendovi fedele
fino al.la fine. I bambini e i
poveri furono i suoi preferiti
e questo gli attirarono
numerose simpatie non
soltanto da parte delle
autorità e dei fedeli ma
anche da parte dei
rivoluzionari e dei
guerriglieri che nella regione
dell'Ariari operano molto
attivamente.
A tutti parlava dell'amore
del Signore e della Madonna
e per tutti aveva un dono.
ITALIA
Il Curismo giovanile salesiano
in crescita
' ultima domenica
del mese di
L novembre 1986 si
è svolta a Roma l'Assemblea
del TGS, l'ente associativo
salesiano che promuove il
turismo giovanile. È stata
una buona occasione per
veri ricare lo stato di crescita
dell'Associazione.
La relazione principale
dibauito sono intervenuti il
dell'Assemblea è stata svolta presidente Giannantonio,
da don Aldo Ellena sul
don Naselli e don Berti.
tema: «TGS: quale
Angelo Paoluzi ha quindi
animatore?»; Liliana Bruno presentato «Qui TGS», il
ha poi presentato un dossier foglio di collegamento - è
sul <<Meeting dei giovani», appena uscito il numero
una simpatica
- dell'Associazione.
manifestazione tenutasi a
Dopo le relazioni dei gruppi
Roma agli inizi di ottobre. di studio, ha concluso i
Dionisio Sartori ha
lavori don Angelo Lagorio
analizzato gli aspetti
presentando le linee lungo le
organizzativi e l'avv.
quali l'Associazione dovrà
Edoardo Boitani quelli legali sviluppare il dibattito per la
e riscali, collegati con
redazione di una proposta
l'esercizio di attività
culturale. li bilancio
turistiche e di tempo libero. dell'attività TGS vede fra
Don Juan Vecchi, consigliere l'altro la costituzione di due
generale per la Pastorale
nuovi comitati regionali,
Giovanile, ha illustrato il
de!Ja Lombardia-Emilia
programma previsto per
Romagna e del Lazio, che si
« Don Bosco 88 » e Barbara aggiungono a quelli esistenti
Passeri le iniziative che
del Veneto, della Sicilia e
intendono prendere i giovani della Puglia.
del TGS. Durante le fasi del
I Nella foto:
Monslgnor Riveros
mentre benedice le
palme lungo il fiume
Un audio\\lisivo sul
volontàriato internazionale
A cura di Roberto
Guarino, del Centro
Salesiano Mass
Media di Castellammare di
Stabia, è staro approntato
un interessante audiovisivo
sul tema: «Volontariato
internazionale. Condivisione
e scrviz.io». Il sussidio,
ideato per gruppi giovanili,
si compone di tre cartelle
con 48 diapositive, una
cassetta audio e un libro di
commento in cui vengono
offerte una pista di lettura
delle immagini, materiali di
documentazione per
l'animatore, ulteriori
approfondimenti di
immagini, materiali cli
documentazione per
l'animatore, ulte~iori
approfondimenti 'per il
lavoro di gruppo; una
traccia per un incontro di
preghiera, una bibliografia
essenziale. «L'audiovisivo -
si legge nella presentazione
- nasce innanzitutto da
un'esperienza diretta di
solidarietà con i popoli
poveri della terra. Questo
spiega il tono alle volte forte
delle espressioni. Non si
tratta cli esercitazioni
retoriche, del tutto fuori
posto in uno strumento
come questo, ma piuttosto di
interiore sofferenza e di
sdegno civile per l'ingiustizia
che colpisce interi continenti
e per la mancanza di risposte
solidali verso le forme più
gravi di povertà».
STATI UNITI
Un salesiano fra i «pierre»
della Caritas
D on Larry Lorenzoni,
il salesiano
americano d'origine
italiana che ha diretto per 15
anni l'Ufficio Sviluppo
detl'lspettoria Salesiana di
San Francisco negli Stati
Uniti è entrato recentemente
a far parte dello staff della
Caritas Lntemationalis.
Apprezzato studioso di
matematica - don Larry è
stato anche docente per
quattro anni alla Southern
Illinois University ed ha
pubblicato ben 16 volumi
adottati nelle scuole
americane - ha uno
spiccato senso delle
pubbliche relazioni e una
grande capacità di
comunicazione.
Don Lorenzoni saprà
certamente mettere queste
sue qualità a servizio di
questo importante organismo
della Santa Sede attualmente
impegnato nella
preparazione della sua XIll
Assemblea Generale che si
terrà a Roma nel maggio
1987.

1.9 Page 9

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- EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO- - - - -- -- - -# - -•
Etiopia
I GENNAIO 1987 9
LA FILOSOFIA
DELLA PARTECIPAZIONE
IN UN PAESE
SENZA PACE E SVILUPPO
Qual è la situazione
attuale? E gli aiuti
inviati? Rispondono
don Edgardo Espiritu
e Cesare Bullo. Un
futuro condizionato.
L'opinione pubblica
più attenta che ormai da tempo ha
imparato a far propri i problemi di
tutti i popoli guarda con particolare
attenzione all'evolversi della situa-
zione etiopica. Di fronte poi alle in-
formazioni date da alcune testate
giornalistiche circa un uso ideolo-
gizzato degli aiuti fatti pervenire al-
i'Etiopia dagli organismi interna-
zionali o da semplici cittadini, la
stessa opinione pubblica non può
non essere rimasta perplessa. Pur
non entrando in merito a questo
problema che per molti aspetti è
certamente politico, con l'aiuto di
due salesiani impegnati nel Tigray
cerchiamo di conoscere qualcosa di
più nella convinzione che i poveri -
in questo caso sono milioni - non
possono essere abbandonati in atte-
sa che si chiariscano situazioni poli-
tiche ingarbugliate o interessate a
destra o a sinistra.
I Salesiani, nell'ambito del Pro-
getto Africa, operano in due regio-
ni: il Tigray con capitale Makallè e
il Sidamo con capitale Awasa. Nella
prima regione operano i Salesiani
dell 'ispettoria medio-orientale men-
tere nella seconda quelli dell'ispet-
toria lombardo-emiliana. Makallè,

1.10 Page 10

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10 · I GENNAIO 1987
Adigrat, Dilla, Ziway: sono questi i
«punti-salesiani» di quell'immenso
territorio di 1.223.600 Kmq popola-
to da poco più di quaranta milioni
di uomini che è l'Etiopia. Il Tigray e
il Sidamo sono due regioni agli anti-
podi. La prima si è trovata al centro
della drammatica carestia e siccità
di due anni fa che ha visto una note-
vole mobilitazione internazionale.
La capitale del Tigray è Makallè. È
qui che si va sviluppando radican-
dosi sempre più la prima presenza
salesiana; attorno a questa casa so-
no sorte diverse iniziative di notevo-
le peso sociale ed è qui che sono na-
te le prime vocazioni salesiane del
Paese. Il fondatore di questa casa,
don Edgardo Espiritu, si trova ora
nella nuova fondazione di Adigrat.
Gli abbiamo chiesto di sintetizzarci
la presenza salesiana in Etiopia.
«La nostra - ha risposto - è
una presenza integrale».
«La chiamiamo così - prosegue
- perché in Etiopia non ci limitia-
mo a lavorare solamente nella scuo-
la o nelle parrocchie. Siamo vera-
mente nel cuore della gente ed ope-
riamo non soltanto religiosamente
ISopra: il senatore Ted
Kennedy (a destra) In visita a
Makallé con Cesare Bullo
salesiano coadiutore (al
centro)
ma dando una mano concreta nella
formazione dei tecnici del Paese o
nella soluzione di precisi problemi
civili. Naturalmente siamo anche
preoccupati di radicare il carisma
salesiano in Etiopia e ci occupiamo
attivamente di vocazioni. La casa di
Adigrat ha proprio questo com-
pito».
Uno sguardo alla casa di Makallè
non può non dare ragione a questo
salesiano che lasciato il suo Paese
d'origine, le Filippine, ha sposato
pienamente questa sua nuova pa-
tria, l'Etiopia.
«È un Paese - ci dice convinto
- nel quale possono esserci voca-
zioni; la grande tradizione monasti-
ca poi favorisce la comprensione dei
valori religiosi ».
Ma i Salesiani, come vivono
!'«emergenza Etiopia?»
«A Makallè - dice don Edgardo
- tutti gli aiuti ricevuti dall'Italia,
dagli Stati Uniti, dalla Germania o
dall'Austria sono stati utilizzati per
la gente creando anche strutture ci-
vili essenziali per far giungere gli
aiuti ed i soccorsi».
«Nel periodo dell'emergenza -
afferma intervenendo Cesare Bullo,
un salesiano coadiutore di Chioggia
che sembra la controfigura di Bud
Spencer: stessa stazza, uguale barba
in un volto bruciato dal vento e dal
sole del Tigray - abbiamo distri-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - - - i J J -.
buito 4 mila tonnellate di derrate
alimentari al mese, per due anni, a
trecentomila persone. Adesso assi-
stiamo con la stessa modalità di pri-
maregio almeno trentamila vecchi
ed anziani. Ci sono poi gli orfani
della fame: ne assistiamo attuai-
mente duemila. A quanti hanno la
possibilità di lavorare diamo un aiu-
to proprio in cambio del lavoro: ab-
biamo così potuto costruire quattro
laghetti che assicurano un po' d'ac-
qua. Del resto - prosegue ancora il
barbuto salesiano che coordina an-
1 GENNAIO 1987 · 11
che il lavoro della Caritas diocesana
di Makallè - la filosofia degli aiuti
ai Paesi del terzo mondo è cambiata
e la nuova formula è: cibo per lavo-
ro. Si è capito infatti che se si conti-
nua a regalare, questa gente si abi-
tua all'assistenza attendendo la sua
Scheda
conoscitiva
del Paese
Confina: a nord con ìl Mar Ros-
so, a sud con il Kenya, a est con
la Somalia, ad ovest con ìl Su-
dan.
Superficie: 1.221 .900 kmq.
Popolazione: 34 milioni.
Densità: 19 ab. per kmq.
Tasso di incremento demografi-
co: 3,5% annuo.
Mortalità infantile: 143 persone
per mille.
Malattie diffuse: tubercolosi,
lebbra, cecità da avitaminosi,
colera.
Religione: la libertà religiosa è
riconosciuta solo formalmente.
La Chiesa etiopico-ortodossa è
maggioritaria (55%), seguita
dall'Islam (30%) e dall'animi-
smo (10%).
Tra i cristiani di evangelizzazio-
ne occidentale, I protestanti co-
stituiscono il 3% della popola-
zione e i cattolici 1'1%.
Lingua: ufficiale è l'amharico;
diffuse sono altre lingue semiti-
che e Kushite; molto usato l' in-
glese.
Clima: moderato nella maggior
parte del Paese per via dell'alti-
tudine, diventa torrido lungo il li-
torale del Mar Rosso e lungo il
confine somalo.
L'Etiopia è caratterizzata es-
senzialmente da due stagioni:
secco da novembre a maggio.
piovoso da giugno a ottobre.
Gruppi etnici: per metà circa so-
no Amhara e Tigrini, diffusi in
massima parte nelle regioni set-
tentrionali dell'altopiano, e per
oltre un terzo sono Galla diffusi
nella parte meridionale. Sono
presenti anche 12.801 italiani.
Alfabetizzazione: solo il 5% dei
ragazzi in età scolare va a
scuola.
Secondo la Costituzione è una
Repubblica ispirata a principi di
progresso economico e sociale
«socialismo etiopico» dal
21.3. '75 data della deposizione
da parte delle forze armate del-
1'Imperatore Halè Selassiè e
abolizione della monarchia vi-
gente.
Regioni e capoluoghi: Arussi -
Aselle; Baie - Goba; Caffa -
Gimma; Eritrea - Asmara; Ga-
mo Gota - Arba Minch; Gog-
giam - Debra Marcos; Gonder -
Gonder; Harar - Harar; llubabor
- Metu; Scioa - Addis Abeba; Si-
damo - Awasa; Tigrè - Makallè;
Welega - Nekemte; UollQ - Des-
siè.
Prodotto nazionale lordo: pro-
capite 130 $.
Risorse economiche: agricol-
tura-arativo e colture ettari
11,4% della superficie territo-
riale; prati e pascoli ettari
37, 1%; foreste e boschi ettari
21,9%; incolto e improduttivo
29,6% della superficie territo-
riale nazionale.
Le coltivazioni maggiormente
diffuse, secondo le zone clima-
tiche, sono: frumento, orzo, mi-
glio, sorgo, mais, caffè. Si colti-
vano anche tabacco, cotone,
lino.
Debito con l'estero: nel 1982
ammontava a 874,6 milioni di
dollari USA.
Allevamento: bovini, ovini, ca-
prini, suini, muli, asini, cammelli
e volatili.
Risorse minerarie: notissimi so-
no da tempo i giacimenti di pla-
tino del Bir Bir del Welega; vie-
ne estratto anche l'oro. Discreta
importanza ha anche l'estrazlo-
ne del sale dalle saline di Mas-
saua e Assab.
Comunicazioni: ferrovie: Gibuti-
Addis Abeba lunga km 789 (dei
quali 694 su territorio etiopico);
Massaua-Asmara-Agordat km
306;
Strade: km 23.158;
Aeroporti principali: Asmara,
Addis Abeba;
Porti principali: Massaua, As-
sab.
Reddito nazionale: 2.495 milio-
ni di dollari USA.
Unità monetaria: Birr pari a lire
706.
(da Italia Caritas)

2.2 Page 12

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12 · 1 GENNAIO f987
razione di aiuti senza sottrarsi con il
lavoro alla morsa della povertà.
La stessa filosofia vale per quello
che realizziamo nella regione: non
più semplice dono, ma tutte le strut-
ture che creiamo devono diventare
un centro di promozione e di svilup-
po per la zona garantendone la fun-
zionalità operativa. Si è capito che
non ba senso spendere centinaia di
milioni o di miliardi in opere che
per mancanza di manutenzione ca-
dono a pezzi nel giro di pochi anni o
restano inutilizzate o sottoutilizzate
perché in loco manca il personale
per farle funzionare».
A Makallè in altri termini più che
dare l'amo e il pesce della storiella
cinese si preferisce insegnare a pe-
scare.
Difficoltà da parte del Governo?
«Possiamo dire per esperienza -
afferma don Espiritu - che lavo-
riamo senza troppe difficoltà. La
presenza di Don Bosco è ampia-
mente riconosciuta all'interno della
Chiesa ed il Ministero del Lavoro,
soprattutto, si rende conto che i no-
stri laboratori professionali prepa-
rano operai e tecnici per lo sviluppo
del Paese».
Dal punto di vista religioso, quel-
la cattolica nel Paese, è chiaramente
una minoranza ma questo almeno a
Makallè non fa problema: alla Don
Bosco Technical School si organiz-
zano corsi per monaci ortodossi, si
assistono musulmani e agnostici e si
progettano programmi di sviluppo
sociale con la chiesa luterana.
Tutto bene dunque? «No di cer-
to}>, rispondono i due salesiani.
Si pensi al problema vocazionale.
«Don Bosco - ha detto don Egi-
dio Viganò lanciando il Progetto
Africa - va in questo continente
per restarci». n che significa che
debbono esserci salesiani africani e
nel caso specifico dell'Etiopia, etio-
pici.
«È il primo problema che ci sia-
mo posti - dice don Espiritu che
attualmente dirige la casa di forma-
zione di Adigrat - e del resto un
grande missionario, san Giustino
De' Iacobis ebbe a dire: "Un prete
nativo con una intelligenza medio-
cre ed anche una santità mediocre è
sempre dieci volte meglio che uno
straniero")).
È il tanto dibattuto problema del-
1'inculturazione.
Gli anziani e I bambini sono le prime vittime della
fame (Foto tratta dal libro Makallé 1985)
È per questo che ad Adigrat si
preoccupano di far vivere i futuri
salesiani tra la gente facendone con-
dividere con amore ma con coscien-
za critica cuJtura e condizioni.
Prospettive per il futuro? Tante.
In occasione del centenario della
morte di Don Bosco si spera di po-
ter aprire un'opera ad Adiabun,
una località posta fra Axum e
Adua. Se si realizzerà questa :fonda-
zione voluta dal vescovo e dallo
stesso Governo i figli di Don Bosco
opereranno in una zona dove, es-
sendo territorio considerato sacro,
non sono state consentite presenze
«pagane». Si spera po.i che anche le
Figlie di Maria Ausiliatrice, presenti
nel Sidarno, possano affiancarsi an-
che al lavoro dei salesiani di Ma-
kallè.
Certamente la situazione politica
non è facile e tutti i problemi sono
condizionati non soltanto dalla
mancanza di sviluppo ma dalJa
mancanza di una pace sociale.
La volontà di progredire c'è e il
Governo è riuscito a rimuovere pro-
blemi millenari.
«La nazione in se stessa - con-
clude don Espiritu - ha ricchezze
potenzialmente notevoli ma l'assen-
za di pace impedisce il loro svi-
luppo.
Speriamo che venga presto il
giorno della pace. Noi l'attendiamo
con pazienza.
Avere la pace è il dono più grande
che si possa avere. Che ci sia un po'
di riconciliazione...}>.
È anche il nostro augurio per un
Paese dove il 40% della popolazio-
ne ha meno di quindici anni e dove
il tasso di mortalità infantile, a se-
condo le regioni, varia dal 25% al
75%.
Giuseppe Costa

2.3 Page 13

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_ EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO_ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
1 GENNAIO 1987 · 13
Ai giovani che lavorano
nel Terzo Mondo
si chiede spirito di
servizio e preparazione
professiona/e.
L ,esempio dei
missionari e dei
cooperatori laici.
IL VOLONTARIO
IN PRIMA LINEA
NELLA LOTTA AL
SOTTOSVILUPPO
Il volontariato interna-
zionale, a differenza di quello che
opera in ambito nazionale con pre-
valente orientamento socio-
assistenziale - e di cui ci siamo oc-
cupati in un precedente articolo -
non dispone della stessa ampia base
militante. I volontari italiani che
oggi lavorano nel Terzo Mondo so-
no circa un migliaio, sparsi nei vari
Continenti. Siamo dunque lontanis-
simi dagli oltre tre milioni di perso-
ne aderenti ai numerosi gruppi di
volontariato sociale che si sono co-
stituiti nel nostro Paese durante gli
ultimi venti anni. Lontani anche -
bisogna aggiungere - dal numero
dei volontari di cui dispongono altri
Paesi, la Francia, per esempio, che
ne conta diverse migliaia.
I motivi che spiegano la diversa
consistenza dei due tipi di volonta-
riato sono molteplici. In primo luo-
go va considerato l'aspetto dell'im-
pegno personale. Mentre il volonta-
rio che agisce in campo nazionale in
genere sacrifica al servizio in favore
dei bisognosi il tempo libero di cui
dispone, conservando l'impegno del
lavoro o dello studio, il volontario
che va nel Terzo Mondo opera una
scelta radicale: dedica, interamente,
cioè, uno o più anni della propria
vita alle popolazioni povere per aiu-
tarle ad uscire dalla condizione di
sottosviluppo e di fame. Ciò com-

2.4 Page 14

▲back to top
14 · r GENNAIO 1987
porta, tra l'altro, l'abbandono, an-
che se temporaneo, del proprio Pae-
se, della propria famiglia.
Oltre che decidere di se stesso e
della propria vita, il volontario deve
dunque considerare il rapporto con
i familiari. Non è un aspetto secon-
dario, anche se finisce, in genere,
per essere superato. Ci sono genito-
ri che guardano con apprensione al
figlio, o alla figlia, che se ne va per
un lungo periodo in terre lontane,
in Paesi che magari non hanno mai
sentito nominare e che immaginano
pieni di pericoli. <<La mia decisione
- dice Cesare Bianchesi, milanese
- è stata accolta all'inizio con un
po' di diffidenza. Poi hanno capito
che era una mia reale esigenza. An-
zi, mio padre fini col dire che cosl
avrei imparato che cosa significa la-
vorare. Insomma si convinse che mi
avrebbe fatto bene».
eapacità operative
Un secondo aspetto che concorre
a spiegare la diversa consistenza nu-
merica del volontariato internazio-
nale rispetto a quello su base nazio-
nale, riguarda il peso dell'organiz-
zazione che deve stare necessaria-
mente alle spalle del volontario.
Non è più tempo di improvvisazio-
ni, come accadeva in passato, quan-
do il volontariato muoveva i primi
passi e molti giovani partivano spin-
ti magari da una fone carica ideale,
desiderosi di cestimoniare la loro so-
lidarietà ai più poveri della Terra,
ma senza adeguata preparazione e
in assenza di realistici piani operati-
vi. Oggi, quella carica ideale, il bi-
sogno di esprimere fraternità, con-
divisione, rimangono senza dubbio
alla base del volontariato, ne costi-
tuiscono la linfa vitale, rna debbono
accompagnarsi a riconosciute capa-
cità di operare concretamente per
ottenere dal servizio di volontariato
il massimo di utilità. Il volontario
internaz.ionale deve, insomma, pos-
sedere - ed è questo un terzo aspet-
to della questione che stiamo esami-
nando - una specifica preparazio-
ne professionale in uno dei mo.lti
campi in cui si esplica l'attività sul
campo agricolo o sanitario, idrauli-
co o veLerinario, dell'insegnamento
o cooperativistico, ecc.
Tutto ciò comporta un assai rile-
vante impegno organizzativo e fi-
Volontari del Dipartimento
Esteri a Makallé (Foto tratta
dal libro Makallé 1985)
nanziario da parte delle organizza-
zioni non governative (ONG) che
operano nel Terzo Mondo e che co-
stituiscono il punto di riferimento
del volontariato. A questo riguar-
do, la cooperazione italiana allo svi-
luppo ha fauo una scelta che ha ri-
velato nel tempo tutta la sua validi-
tà. Anziché creare un corpo di vo-
lontari come diretta emanazione go-
vernativa - sull'esempio, per citare
un caso, del « Peace Corps» istituito
dal governo degli Stati Uniti - il
Dipanimento per la cooperazione
allo sviluppo del Ministero degli af-
fari esteri italiano ha preferito rico-
noscere, sulla base di determinati
requisiti, l'attività svolta dalle
ONG, viste come efficace rete di ca-
nalizzazione de!Ja crescente richie-
sta giovanile di o perare nei Paesi del
Terzo Mondo.

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -# -
1 Gl:NNA/O 1987 · 15
D uplice risultato
Attraverso una serie di provvedi-
menti legislativi, che sono andati
via via migliorando i contorni di
questa collaborazione fra il Ministe-
ro degli esteri e le ONO, si simo ot-
tenuti risultati più che apprezzabili,
su entrambi i versanti. La coopera-
zione italiana ha infatti potuto av-
valersi in misura crescente di perso-
nale che, oltre ad essere animato da
spirito di servizio, possiede anche
una formazione professionale lar-
gamente riconosciuta. Ciò è il frut-
to di una severa selezione e di una
preparazione curata nei dettagli e
soprattutto differenziata, in modo
da incidere nei più diversi campi
dello sviluppo. Dal canto Loro, Le
ONG, grazie ai contributi finanziari
ricevuti come corrispettivo della lo-
ro idoneità, riconosciuta dal Mini-
stero degli esteri, hanno potuto svi-
luppare l'attività che già svolgeva-
no, allargando l'area dei loro inter-
venti.
A questo proposito, bisogna tut-
tavia osservare che molte ONG
traggono gran parte delle risorse de-
stinate a progetti di sviluppo nel
Terzo Mondo dal contributo econo-
mico assicurato dai loro sostenitori.
Dietro il volontario, dietro le orga-
nizzazioni di volontariato, c'è sem-
pre una silenziosa ma larga parteci-
pazione popolare, c'è gente sensibi-
le all'urgenza di aiutare chi versa in
condizioni di bisogno. Impossibili-
tata ad agire direttamente, si avvale
di un intermediario, nel caso speci-
fico le ONO. Del resto, questo cir-
cuito di solidarietà è da tempo atti-
vato nel campo missionario. E non
a caso. Perché, in realtà, i primi vo-
lontari nel Terzo Mondo furono
proprio i missionari. Andavano - e
vanno tuttora - in terre lontane a
condividere la vita di popolazioni
poverissime per diffondere il mes-
saggio evangelico, ma anche - con
l'aiuto dei fratelli cooperatori laici,
a loro volta precursori del volonta-
rio - per migliorarne le condizioni
materiali creando ospedali, dispen-
sari, scuole.
È quanto hanno fatto, in partico-
lare, i missionari salesiani fin dal
momento in cui don Bosco chiese
loro iJ sacrificio, non certo lieve, di
raggiungere la Terra del Fuoco, un
luogo che ancora oggi non è si~ura-
mente fra i più facilmente raggiun-
gibili, ma che nel secolo scorso do-
veva veramente sembrare, a chi lo
guardava dall' Italia, in capo al
mondo, se non, addirittura, fuori
del mondo. Ed è quanto continuano
a fare i missionari che, per ricordare
un caso specifico riferito a uno dei
Continenti più provati dal sottosvi-
luppo, stanno attuando il «Proget-
to Africa». E chi ha sostenuto - e
sostiene - l'impegno dei missionari
sul campo se non lo spirito di carità
di quanti ne comprendono gli inten-
ti e ne apprezzano l'opera e inten-
dono sostenerla anche material-
mente?
Del resto, lo spirito missionario
anima molte ONG, quelle - e sono
moltissime - che propongono un
volontariato cristianamente ispira-
to. Appartengono a questo settore i
gruppi che aderiscono al FOCSIV,
la Federazione degli organismi cri-
stiani di servizio internazionale vo-
lontario, ma anche altre organizza-
zioni. «Per noi - dicono i dirigenti
del FOCSIV - essere volontari laici
cristiani significa animare cristiana-
mente l'ordine temporale, significa
I Medico volontario del
Dipartimento Esteri a Makallé
(Foto tratta dal libro Makallé
1985)
assumere responsabilmente e auto-
nomamente le nostre scelte profes-
sionali, significa, infine, testimo-
niare la nostra fede proprio tramite
il nostro impegno professionale nel
Terzo Mondo».
Ed è questa testimonianza che si
allaccia alla missione della Chiesa,
rivolta alla liberazione e promozio-
ne umana, per la nascita di una so-
cietà più giusta e fraterna. <<Voi vo-
lontari - ha detto Giovanni Pao-
lo li - volete rendere un servizio
all'uomo, anzitutto con la testimo-
nianza della vita, perché sapete che
occorre non solo trasmettere agli al-
tri la speranza che è in noi, ma tra-
durla in atto mediante una condivi-
sione profonda della realtà». A sua
volta, il cardinale Carlo M. Marti-
ni, arcivescovo di Milano, ba in più
occasioni sottolineato che il volon-
tariato cristiano fa parte della natu-
ra missionaria della Chiesa, solleci-
ta verso i vicini e i lontani.

2.6 Page 16

▲back to top
Varietà dei progetti
Sul fronte del volontariato opera-
no inoltre organizzazioni che lrag-
gono la loro ispirazione dalla cultu-
ra laica, ma anche in esse è presente
lo spirito di servizio e di solidarietà.
Tutte, comunque, sono impegnate
nella realizzazione di progetti fina-
lizzati allo sviluppo. Che tipo di
progetti? L'arco degli intervenci è
molto ampio, copre in genere l'area
delle microrealizzazioni, dei piccoli
e medi programmi. Interessano per
lo più i villaggi e le comunità più
povere. In concreto: sviluppo
agricolo-alimentare, case, scuole,
pozzi, piccoli acquedotti, cooperati-
ve di produzione e di vendita, silos,
strade rurali, presidi sanitari, bar-
che da pesca, ecc.
Sarebbe indulgere al trionfalismo
attribuire a queste realizzazioni una
funzione risolutiva degli enormi
problemi legati allo sviluppo del
Terzo Mondo. infatti, la domanda
che viene spontanea, è questa: ma
ciò che viene fatto, sia pure con tan-
ta generosità, non è forse una goc-
cia nel gran mare del sottosviluppo?
Un proverbio cinese dice che un
viaggio di mille chilometri comincia
con un solo passo. E quel passo, per
molti villaggi dove operano i volon-
tari, equivale, se non a mille, alme-
no a cinquecento chilometri, perché
anche solo un pozzo laddove ci si
dissetava attingendo acqua dalle
pozzanghere, vuol dire una grande
conquista. A parte questo, la pre-
senza del volontario nella realtà del
Terzo Mondo ba la ben più impor-
tante funzione del lievito. «Ciò che
facciamo - afferma Stanislao Fie-
ramenti, medico romano - deve
servire agli altri per proseguire, per
poter andare avanti da soli. Semina-
re qualcosa, ipotizzare un raccolto,
insomma)). Ciò che si realizza in un
villaggio è di stimolo per altri villag-
gi, che autonomamente possono
mettersi sulla stessa strada. Ed è
quanto in realtà spesso avviene,
specie oggi, dopo che le esperienze
del passato hanno consentito di di-
segnare meglio la figura del volon-
tario. Questi non si cala più dall'al-
to del suo mondo tecnologico - co-
me accadeva non di rado in altri
tempi - ma ha imparato a mettersi
innanzitutto in ascolto delle realtà
culturali in cui si trova ad operare,
per capirle e trovare la chiave neces-
saria a ottenere il coinvolgimento
della popolazione, infondere in essa
la fiducia nelle sue capacità. È una
indicazione venuta anche da Gio-
vanni Paolo Il. «Perché la vostra
azione sia efficace - ba detto il Pa-
pa ai volontari - occorre che ab-
biate grande capacità di dialogo, di
ascolto, di intuizione della situazio-
ne esistenziale altrui, di rispetto del-
la persona e del suo inalienabile di-
ritto a essere protagonista e artefice
della propria storia».
Ma il volontario è lievito anche
per il mondo da cui proviene, il co-
siddetto mondo ricco. Il suo esem-
pio stimola cambiamenti di mentali-
tà, i cui benefici effetti possono ri-
percuotersi non solo nel Terzo
Mondo - sollecitando una più am-
pia partecipazione ai bisogni dei più
diseredati - ma anche nello stesso
mondo industrializzato. Contro la
fame cambia la vita: è l'invito delle
organizzazioni cattoliche a chi oggi
spreca ricchezze e vive nella convin-
zione che anche il superfluo sia una
necessità assoluta. Contro il sotto-
sviluppo cambia la vita, mettendo
in primo piano coerenti azioni di
giustizia e di solidarietà. 11 volonta-
rio è la solidarietà tradotta nei fatti.
li suo es-empio può essere assunto
anche da chi non può seguirlo sulla
strada del servizio sul campo.
li volontariato è infine qualcosa
che premia lo stesso volontario.
Egli va nei Paesi del Terzo Mondo
non solo per dare, ma anche per ri-
cevere. E difatti egli torna in genere
in Patria provvisto di un'esperienza
che informerà il resto della sua vita,
e che è preziosa per lo stesso movi-
mento di volontariato. Per questo,
per utilizzare al massimo tale ric-
chezza, si sono costituiti su base eu-
ropea gruppi di ex volontari. «La
fine del servizio nel Terzo Mondo
- dicono i dirigenti di questi gruppi
- non deve in alcun modo essere
anche la fine dell'impegno del vo-
lontario. TI volontariato deve assu-
mere la connotazione di uno stile di
vita, non limitarsi a una esperienza
da relegare fra i ricordi di gio-
ventù».
Gaetano Nanetti

2.7 Page 17

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_ VITA SALESIANA, - - - - - - - - - - - - - -# -
Spagna
1 GENNAIO 1987 17
UNA LAUREA
PER I ccTALLERES
SALESIANO$»
La significativa
cerimonia del 4
dicembre. Chi è il
salesiano « laureato ».
Le scuole
professionali
in Spagna.
Don Julian Ocana tiene- la tradizionale «lezione» del dopo-
laurea
«L'8 aprile 1886 Don
Bosco, ormai anziano e dj salute
molto cagionevole, arrivava a Bar-
cellona, accolto con entusiasmo e
con venerazione. I suoi Salesiani lo
avevano preceduto di alcuni anni.
Essi, dopo aver fondato 1a prima
casa salesiana spagnola a Utrera
(Siviglia), nel 1881, si erano stabiliti
a Sarria, nel 1884, con lo scopo di
aprire "scuole dj arti e mestieri",
come si diceva allora, per i ragazzi
delle famiglie operaie.
La casa di Sarria, visitata da Don
Bosco, si convertì molto presto in
centro di irradiamento dell'opera
salesiana in Spagna.
Oggi - a cent'anni dalla storica
visita, che ho avuto il piacere di
commemorare in Catalogna - le
scuole di "arti e mestieri" di Bar-
cellona, i "Talleres Salesianos",
sono un moderno "lnstituto Poli-
técnico - Escuelas de formaci6n
profesional ". E le iniziative al ser-

2.8 Page 18

▲back to top
18 I GENNAIO 1987
vizio dei ragazzi delle famiglie ope-
raie si sono moltiplicate in tutta la
penisola iberica.
Ben a ragione la Spagna salesia-
na, celebrando il primo centenario
della visita del Fondatore, ba con-
centrato l'attenzione in modo parti-
colare su quest'aspetto essenziale
della propria missione, da cui trarre
stimolo per un apostolato ancora
più intenso a favore delle generazio-
ni emergenti... ».
Con queste parole don Egidio Vi-
ganò, nella qualità di Gran Cancel-
liere ba presentato il solenne Atto
accademico con il quale il 4 dicem-
bre 1986 l'Università Pontificia Sa-
lesiana di Roma ha voluto conferire
il dottorato ad honorem al salesiano
spagnolo don Julian Ocafia Pena.
Per la circostanza l'aula magna del-
l'Universìtà ha visto confluire una
numerosa rappresentanza della Fa-
miglia salesiana, spagnola e non,
unitamente a numerose autorità re-
ligiose e civili.
Fra tutti ricordiamo le presenze
del cardinale Rosalio José Castillo,
dell'arcivescovo Antonio M. Ja-
vierre, segretario della S. Congrega-
zione per l'Educazione Cattolica, il
sottosegretario di Stato alla Pubbli-
ca Istruzione on.le Amalfitano, di
Madre Marinella Castagno superio-
ra generale delle Figlie di Maria Au-
siliatrice, di don José Antonio Rico,
consigliere generale per la Regione
Ispano-Lusitana. Ovviamente era
presente al completo il Senato acca-
demico dell'Università guidato oltre
che da! Gran Cancelliere don Egidio
Viganò, dal Rettor Magnifico pro-
fessor don Roberto Giannatelli.
ehi è don Julian
Julian Ocaiia Peiia ha 73 anni, al-
meno quaranta dei quali dedicati in-
teramente ai problemi educativi ed
in particolare a quelli legati alla for-
mazione professionale. Dal 1946 al
1953 è stato direttore del Collegio
«Maria Auxiliadora», delegato del-
la Federaci6n Amigos de la Ense-
iianza (FAE) per il Distretto univer-
sitario di Salamanca e membro del-
la Società Spagnola di Pedagogia.
Dal 1953 al 1959 ba diretto la «In-
stituci6n de Formaci6n Profesional
Don Bosco a Martì Codolàr
(Barcellona) nel 1886
Virgen de la Paloma» di Madrid.
Successivamente è stato membro at-
tivo di vari organismi consultivi e
deliberativi in istituzioni civili ed ec-
clesiastiche. Fra l'altro dal 1975 al
I986 su incarico della Conferenza
Episcopale Spagnola è stato Ispet-
tore Generale della Formazione
Professionale.
Di particolare significato poi è La
sua partecipazione a ben quattro ca-
pitoli generali della Congregazione
Salesiana (I 958-1977) durante i
quali si è dedicato a temi e problemi
legati al suo settore: la scuola pro-
fessionale e la figura del salesiano
coadiutore. Numerosi scritti poi
danno una ulteriore testimonianza
del costante rapporto fra la vita di
questo figlio di don Bosco e l'edu-
cazione dei giovani al lavoro. Per-
ciò ben a ragione don Egidio Viga-
ha affermato:
«Ne1Ja prospettiva storica del
prossimo centenario della morte di
San Giovanni Bosco, tale riconosci-

2.9 Page 19

▲back to top
-----------#-
mento acquista un significato e un
valore simbolico particolarmente
suggestivo. L'atto di conferimento
del dottorato "honoris causa" co-
stituisce per la stessa Università Sa-
lesiana un momento di affermazio-
ne e di verifica della sua natura e del
suo impegno di "dedicare partico-
lare attenzione allo studio e alla so-
luzione delle questioni inerenti l'e-
ducazione e l'azione pastorale spe-
cialmente tra i giovani e i ceti popo-
lari, secondo lo spirito di San Gio-
vanni Bosco" ».
1 GENNAJO 1987 19
Per la formazione
professionale
Quando il 4 aprile 1883 il re D.
Alfonso XII presiedeva alla colloca-
zione della prima pietra della futura
cattedrale di Madrid disse: «Oggi
sembra avvicinarsi il nostro rinasci-
mento industriale e artistico». Me-
no di un anno dopo, il 15 febbraio
1884 i primi salesiani giungevano a
Barcellona per avviare alcuni mode-
sti laboratori-scuole, in una Spagna
ancora lontana dal grande sviluppo
industriale che si avvicinava in Eu-
ropa.
Le prime scuole professionali sa-
lesiane in Spagna (Barcellona, Ma-
laga, Madrid e Siviglia) sorgono
quando, alla fine del secolo scorso,
non esisteva ancora una specifica le-
gislazione statale per questo settore
dell'educazione. ll primo Statuto
della Formazione Professionale ver-
rà promulgato nel 1928 ed anche se
lentamente darà l'avvio ad una nuo-
va legislazione che nel 1955 culmi-
nerà nella lekge dell'allora ministro
spagnolo dell'Educazione naziona-
le, D. Joaquin Ruiz Jimenez. In
quell'anno i Salesiani avevano ben
11 scuole professionali. La legge del
1955 se ebbe il merito d'affermare il
diritto all'istruzione professionale
ebbe tuttavia il limite d'aver trascu-
rato i settori agricolo e del terziario.
A partire dal 1955 si avvia tutta-
via una nuova azione di sensibiliz-
zazione grazie anche alla fattiva col-
laborazione deUe Figlie di Maria
Ausiliatrice e coinvolgendo anche
altre Congregazioni e la stessa Chie-
sa spagnola al problema. Ancora
nel 1957 ad esempio limitatamente
Oggi come ieri le scuole professionali salesiane
cercano un adattamento ai cambi tecnologici
alla formazione professionale fem-
minile un'impresa dì Madrid rispo-
se: «A noi basta che le ragazze sap-
piano firmare, al momento deU'as-
sunzione. Per il resto, quanto più
sono ignoranti tanto meglio è, così
si creano meno problemi».
Successivamente verranno altri
interventi dello Stato e nuovi adat-
tamenti da parte salesiana alle nuo-
ve emergenze del Paese.
Indubbiamente la legislazione
scolastica spagnola oggi in materia
di formazione professionale non è
«ferma>> né mancano tentativi di
«statalizzazione». Problema che
del resto si pone anche in Italia. Sa-
lesiani e Figlfo di Maria Ausiliatrice,
che oggi in Spagna gestiscono una
sessantina di scuole professionali
con migliaia di alunni, guardano
tuttavia con fiducia al futuro condi-
videndo quanto nel 1982 ebbe a dire
il salesiano monsignor Antonio Ja-
vierre, della Congregazione per l'E-
ducazione cattolica, parlando di
scuola a Madrid: «Confesso aperta-
mente che io la vedo permeata di
speranza. La scuola è il luogo geo-
metrico della speranza; ,non solo un
buon deposito, ma anzitutto una
fabbrica».

2.10 Page 20

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_ VITA ECCLESIALE_ __ _ __ _ _ __ _ _ _ _ __ _ __
20 · 1 GENNAIO 1987 ·
La scuola e l'insegnamento della Religione
DuEvEscov1c1PARLANO
DICULTURA,SCUOLA
E INSEGNAMENTO
DELLA RELIGIONE
Si dovrebbero prendere
le mosse da lontano per documenta-
re l'interesse di sempre della Chiesa
per il mondo dell'educazione, della
cultura e della scuola, a cominciare
dalle antiche scuole vescovili e par-
rocchiali, a quelle dei monasteri, al-
le università medioevali, e via via al-
le forme più moderne di scuola per
le classi più povere...
li «perché» di questo costante in-
teressamento della Chiesa per l'edu-
cazione e la cultura, e quindi per la
scuola, come strumento per la cre-
scita della persona, il <<perché» fon-
damentale è dato dallo stesso lega-
me che intercorre fra Vangelo e cul-
tura, tra la missione evangelizzatri-
ce della Chiesa e la promozione in-
tegrale dell'uomo.
Le principali linee di impegno
della Chiesa italiana per la «pasto-
raie della cultura», nonché i princi-
pali contenuti della sua azione sul
delicato problema dell'insegnamen-
to della religione, mergono dalle in-
terviste con due membri della Com-
missione episcopale per l'educazio-
ne cattolica, la cultura e la scuola: il
vescovo di Ampurias e Tempio,
mons. Pietro Meloni, e quello di
TermoLi e Larino, mons. Cosmo
Francesco Ruppi.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲back to top
-----------#-
Foto ArchilliO SEI
Evangelizzare
la cultura
.risponde
mons. Pietro Meloni
«La rottura tra Vangelo e cultura
è senza dubbio il dramma della no-
stra epoca», aveva scritto Paolo VI
nella Evangelii nuntiandi. Gli ha
fatto eco Giovanni Paolo II nel suo
discorso al convegno ecclesiale di
Loreto, spronando la comunità ec-
clesiale italiana all'impegno per
«sanare la frattura tra Vangelo e
cultura sul terreno dei fondamentali
valori umani».
«La riflessione sulla "cultura"
alla luce del "Vangelo" è per la co-
munità cristiana», sottolinea mons.
Pietro Meloni, vescovo di Ampu-
rias e Tempio, «un cammino inces-
sante, poiché le sfide del "mondo"
appaiono sempre nuove e incalzan-
ti, e gli uomini sono segretamente
assetati di una risposta trascenden-
te. È cultura, secondo la Gaudium
et Spes, la fatica con la quale l'uo-
mo ''affina ed esplica le sue molte-
plici doti d'anima e di corpo", e
"cerca di ridurre in suo potere il co-
smo conla conoscenza e il lavoro'',
e "rende più umana la vit-a sociale
nella famiglia e nella società· civi-
le". L'uomo, attraverso la cultura,
"esprime, comunica e conserva nel-
le sue opere le grandi realizzazioni e
aspirazioni spirituali, affinché pos-
sano servire al progresso di molti,
anzi di tutto il genere umano'•.
«Il fine della cultura è lo sviluppo
dell'uomo e del mondo. La cultura
è un pellegrinaggio alle sorgenti,
orientato a raggiungere il senso del-
la vita. L'uomo credente in un Dio
creatore e amico sa che il suo ''cre-
do" è una lampada che illumina il
significato del mondo e lo spinge a
I GENNAIO 1987 · 21
riconoscere "i semi del Verbo" pre-
senti nella cultura di ogni popolo.
Questo atteggiamento è fondamen-
to della "pastorale della cultura".
La fiducia nell'uomo è domandata
in modo speciale al cristiano, e a
tutta la Chiesa, nata dal Dio che si è
fatto uomo per offrire la libertà a
tutti gli uomini. La pastorale della
cultura è ricerca del " dialogo " con
ogni "uomo vivente" perché ri-
splenda in lui la "gloria di Dio"».
«La Chiesa italiana» continua
mons. Meloni, accogliendo l'appel-
lo rivoltole al Convegno Ecclesiale
di Loreto da Giovanni Paolo II, eco
della parola della Evangelii Nun-
tiandi di Paolo VI, «desidera supe-
rare "la frattura tra vangelo e cul-
tura che è, anche in Italia, il dram-
ma della nostra epoca". L'armonia
è da ricostruire ''su quel terreno co-
mune che è l'uomo", coltivando
"l'esigenza di unità e di globalità
nella ricerca della verità''. La scelta
pastorale rinnovata dalla Chiesa a
Loreto è quella di stabilire un rap-
porto nuovo con il paese "in uno
spirito di servizio'', affinché avven-
ga una "riconciliazione" nella sto-
ria della cultura. Il pPOgresso deve
essere realmente orientato allo svi-
luppo dell'uomo e della comunità.
« Il ritornello che proclama la
"frattura" tra vangelo e cultura è
risuonato spesso attraverso i millen-
ni cristiani, e riappare nel mondo
contemporaneo al cospetto della
crisi mondiale dell'umanità. È ne-
cessario tenerlo presente, senza so-
pravvalutarlo! Il Vangelo infatti,
per sua natura, è "controcorren-
te". I cristiani sono invitati da Cri-
sto ad essere il '' sale della terra''.
Se la cultura perde il suo sapore, i
cultori del vangelo le tendono la
mano perché guidi l'uomo a ritro-
vare il senso della vita. Tutta la pa-
storale della Chiesa è pastorale della
cultura, così come deve essere pa-
storale della vocazione. La "crisi
del mondo", che coinvolge anche i
credenti, può divenire terreno ferti-
le per l'evangelizzazione.
« n seminatore è chiamato a semi-
nare! L'annuncio del vangelo -
con la parola e con la vita - è un
prezioso servizio culturale agli uo-
mini immersi nella storia, poiché li
aiuta a meditare sull'umana esisten-
za, e a cercare la "chiave" invisibile

3.2 Page 22

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22 · I GENNAIO 1987
''computer''. Senza la memoria
non esiste l'amore. E senza l'amore
il computer è un terribile rischio. La
religiosità cristiana ha custodito la
grandezza biblica della memoria,
svelando che l'amore di Dio è me-
moriale della sua promessa e della
sua fedeltà. Celebrare le meraviglie
dell'amore di Dio è cultura. Ed è
cultura non dimenticare nessun ge-
sto d'amore che sia avvenuto tra gli
uomini».
Ma l'ora
di religione
che fine farà?
risponde
Foto archivio SEI-Difrancescantonio mons. Francesco Ruppi
che apre il mistero della vita. Ogni
giorno ]'"effimero" ammalia l'uo-
mo e Lo distrae dall"'etemo": la lu-
ce del Vangelo, guidando alla sco-
perta del trascendente, suscita la se-
te di una nuova libertà, che può di-
venire fonte di una inimmaginabile
felicità. Una felicità ritrovata so-
prattutto nel servizio ai fratelli, che
restituisce il segreto smarrito tra i
labirinti della sfiducia e della dispe-
razione. U "segreto" è che la più
elevata forma di cultura è la carità.
L'amore oblativo sviluppa l'intelli-
genza e fa ritrovare il gusto dell'a-
micizia».
« I cristiani vivono nel mondo»,
riprende mons. Meloni, «e hanno il
dovere di conoscere gJi avvenimenti
e le aspirazioni dell'umanità, a co-
minciare dalle ansie e dai gemiti che
si levano dalla vicina comunità. La
voce dei diseredati è dai credenti
non solo ascoltata, ma soprattutto
soccorsa con la cultura della giusti-
zia. Le "vicende del paese" sono il
"campo" al quale è inviata la Chie-
sa "comunità missionaria". fl se-
minatore conosce il campo, e so-
prattutto effonde nel campo il buon
seme. Il cristiano, che è "sale della
terra", ama la terra senza perdere il
sapore del sale. La sua presenza nel-
la società esprime la gioiosa fiducia
che ogni albero, con la potatura e
l'innesto del vangelo, porterà frutto
migliore.
«Evangelizzare la cultura signffi-
ca impegnarsi per la salvaguardia
della famiglia, per la crescita della
scuola e di ogni professione educati-
va, per il lavoro offerto a tutti af-
finché siano valorizzate le tendenze
native, per l'orientamento della ri-
cerca scientifica e del progresso tec-
nologico al vero bene dell'umanità,
per l'elevazione dell'arte politica al-
le vette del servizio. La società aspi-
ra all'armonia, e l'armonia può ri-
suonare solo nella giustizia: una po-
litica trasparente deve costruire
ogni giorno un frammento di auten-
tico umano progresso. Una speciale
attenzione è richiesta al credente di-
nanzi a tutti gli strumenti della co-
municazione sociale, sui quali -
come sottolineava il Papa a Loreto
- "si gioca in larga parte il presen-
te e il futuro del rapporto tra vange-
lo e cultura".
«Cultura è vincere la forza centri-
fuga dell'egoismo e della gelosia,
che inquina il cuore degli uomini
nelle lotte per il potere e la gloria. È
tempo di incanalare le energie del-
l'intelligenza verso il volontariato e
il servizio. La gioventù si sentirebbe
calamitata da tali orizzonti respira-
bili e luminosi. E sarebbe aiutata a
non smarrire per sempre la "memo-
ria". L'uomo di oggi, sommerso
dal turbine di avvenimenti e dalla
sovrabbondanza dei messaggi, sta
perdendo la memoria; e non lo con-
forta il fatto di averla affidata a
quel sorprendente giocattolo che è il
Come va letta la risposta dei geni-
tori e dei giovani a proposito del-
l'insegnamento della religione nella
scuola?
Credo non ci siano equivoci o dif-
ficoltà. La risposta è stata così chia-
ra e massiccia, che difficilmente po-
trebbe essere fraintesa: il 90% dei
genitori dei bambini di scuola ma-
terna ed elementare e dei ragazzi di
scuola media hanno scelto I'inse-
gnamento religioso cattolico per i
propri figlioli e quasi analoga è la
percentuale dei giovani di scuola
media superiore che hanno scelto la
religione a scuola.
Di fronte a questi dati, così uni-
formi e omogenei, riscontrati in tut-
te le regioni italiane, non c'è altro
da fare, che prendere atto di una
precisa volontà di genitori ed alunni
circa il problema dell'insegnamento
religioso. Tale insegnamento, cioè,
non è sorpassato, né è giudicato
inutile, ma necessario per completa-
re il processo educativo degli
alunni.
È stato, in buona sostanza, un at-
to di fiducia nei riguardi della Chie-
sa italiana, cui tale insegnamento è
demandato.
Ad essere esatti, non è demanda-
to alla Chiesa cattolica tale insegna-
mento, ma è demandato alla scuola
stessa, che ne ha l'onere e la respon-
sabilità. Alla Chiesa, e in particola-
re ai Vescovi, è demandata l'auten-

3.3 Page 23

▲back to top
- - - - - - - - - - - - -yl-
ticazione degli insegnanti e la for-
mulazione dei programmi, perché
abbiano a rispondere, oltre che a
criteri didattico-pedagogici, anche
alla piena ortodossia e alla totale
verità della fede e della morale.
Non c'è dubbio che, soprattutto
dopo i numerosi tentativi di fuor-
viare la pubblica opinione e di co-
stringerla a non scegliere o a sceglie-
re per il no, la stragrande maggio-
ranza di genitori ed alunni ha detto
un chiaro si, compiendo un atto di
fiducia nei confronti, non solo della
Chiesa, in quanto tale, ma in quan-
to alla capacità educativa che ha
l'insegnamento della religione per
gli alunni delle scuole.
Come si è sentito un Vescovo di
fronte a una tale risposta?
Ad essere sincero, per quanto ri-
guarda la regione Molise, ove lavo-
ro, era quasi scontato tale consen-
so. Ma sono rimasto sorpreso favo-
revolmente nel vedere che anche in
regioni fortemente politicizzate a si-
nistra, o, comunque, attraversate
da forti venti laicistici o radicali, la
risposta è stata pressoché analoga, a
conferma che la scelta della religio-
ne a scuola è scaturita da una valu-
tazione pedagogica e da una esigen-
za formativa, che ogni genitore, a
prescindere dalle sue convinzioni
politiche o fi losofiche, sentiva den:
tro di sé. Questa risposta, per noi
Pastori, è un segno di fiducia, ma ci
carica anche di una grande respon-
sabilità.
In che senso?
Nel senso che dobbiamo rispon-
dere alla massiccia fiducia di genito-
ri e alunni con un insegnamento se-
rio, qualificato, fedele nella douri:
na ma aperto ai grandi problemi
deÌl'uomo contemporaneo. ln altri
termini, il popolo italiano ci ha_dato
in mano una carta che dobbiamo
giocare con ogni impegno e con una
grande attenzione, perché, in futu-
ro, potremmo anche trovarci di
fronte ad altre scelte e ad altri con-
sensi.
ln fondo, la Chiesa è considerata
come una agenzia educativa (se è
possibile usare tale termine impro-
priamente) degna di grande cred!to,
ma, si sa, il credito non solo biso-
gna riceverlo, ma bisogna anche sa-
perselo conservare e questo è il vero
problema che ci sta dinanzi, in que-
sto nuovo anno scolastico.
Cosa state facendo per meglio
qualificare l'insegnamento religioso
nella scuola statale?
Il primo problema è stato quello
della scelta degli insegnanti: si è do-
vuto confermare chi veramente era
capace e chi mostrava segni di ulte-
riore qualificazione nell'insegna-
mento della religione cattolica, evi-
tando la eccessiva frammentazione
delle cattedre, confermando negli
stessi istituti coloro che avevano
maturate esperienza e professionali-
tà e avviando all'insegnamento solo
chi è fornito del titolo previsto o è
in corso del suo conseguimento. ln
tutte le diocesi, ad opera degli Uffi-
ci catechistici, si è dovuto fare una
riflessione attenta sullo stato degli
insegnanti, sulla loro idoneità, sulla
disponibilità alla ulteriore qualifica-
zione ...
Abbiamo avuto, dunque, un sal-
to di qualità nella scelta degli inse-
gnanti di religione a scuola.
Non direi che ci siamo riusciti del
tutto. Parlo almeno per me. Ma è
certo che ogni Vescovo si è incam-
minato su questa strada e, nei limiti
del possibile, si è cercato di qualifi-
care davvero gli insegnanti di reli-
gione. La organizzazione di corsi di
aggiornamento e qualificazione nel
prossimo futuro farà il resto.
E per i programmi: c'è qualche
rinnovamento?
1 GENNAIO 1987 23
Per la scuola materna, abbiamo
per la prima volta programmi con-
cordati tra la Cei e il Ministero della
Pubblica Istruzione. Per l'elemen-
tare, sono in elaborazione proposte
per nuovi programmi; e cosi anche
per le altre fasce scolastiche. L'Inte-
sa tra i Vescovi italiani e il Ministe-
ro della P.1. prevede un periodo di
due anni per la revisione globale di
tutti i programmi, per cui penso
che, con il 1989, potremo avere in
mano programmi nuovi o, quanto
meno, rinnovati.
In altre parole, lei è fiducioso su
questo nuovo corso dell'insegna-
mento religioso?
Ho fiducia che ci siamo incammi-
nati su una buona strada che vedrà,
da una parte, il rinnovamento del-
l'insegnamento religioso, ma dal-
l'altra una maggiore consapevolez-
za nella scelta di tale insegnamento.
La religione a scuola è una scelta
pedagogica fatta in un clima di li-
bertà ed è la risposta alle attese for-
mative delle famiglie e delle giovani
generazioni. Se non intervengono
elementi fuorvianti o pressioni
esterne, sia la scuola, che la stessa
società civile avranno molto da gio-
varsi da un insegnamento religioso
sereno e costruttivo che, mentre
presenta, con fedeltà, la religione
cattolica, concorre anche notevol-
mente alla formazione della per-
sona.
(a cura di Silvano Stracca)

3.4 Page 24

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_ PASTORALE GIOVANIL--_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
24 · I GIENNAIO 1987
QuANDOC'È
VOGLIA DI LAVORARE
E MANCA IL LAVORO
Il dramma di un esercito
di giovani disoccupati.
I rischi dell'emarginazione.
Rendere operante
la solidarietà.
Foto Marka
Ci sono i «concorsisti»,
cioè gli habitué dei concorsi, non ne
perdono uno, ostinati inseguitori di
un impiego pubblico, quale che sia.
Ci sono gli (<ideativo-fantasiosi»,
quelli che tentano di mettersi in pro-
prio impiantando un'attività pro-
duttiva nei campi più disparati, api-
coltura inclusa. Ci sono i «rinuncia-
tari», che si adattano a lavori sal-
tuari in agenzie private di recapito
postale urbano con in tasca la lau-
rea in sociologia, inalberando il
motto «Pur di fare qualcosa». La
classificazione potrebbe continuare,
mettendo in bell'ordine specie e sot-
tospecie di una <(fauna» comparsa
nella nostra bella era tecnologica e
moltiplicatasi a ritmi incalzanti. li
«soggetto», tuttavia, resta sempre
lo stesso: il giovane disoccupato .
Per la verità, la definizione di
«disoccupato» non esaurisce la
gamma delle caratteristiche proprie
del giovane in cerca di lavoro. La
sua figura è più complessa. Il giova-
ne disoccupato si inserisce difatti in
quella che è stata definita la «cultu-
ra della marginalità», la quale livel-
la la disoccupazione ad altre forme

3.5 Page 25

▲back to top
-----------sR
di emarginazione: la povertà, l'emi-
grazione, la devianza. E di esse as-
sume i tratti salienti. La marginalità
da disoccupazione è stata ben defi-
nita dal sociologo Giancarlo Mila-
nesi, dell'Ateneo sal.esiano, durante
un seminario svoltosi nel febbraio
scorso in Germania, a Benedikbue-
ren, sul tema: <<Pedagogia salesiana
e emarginazione». «La marginalità
che nasce dalla disoccupazione gio-
vanile - ha detto tra l'altro don
Milanesi - è rilevante per la quota
consistente di persone colpite, ma
soprattutto per le conseguenze che
produce sul piano del mercato del
lavoro (sottoccupazione, dequalifi-
cazione dei titoli di studio, spinta
verso situazioni di progressiva ille-
galità ecc.) e sul piano dei compor-
tamenti e atteggiamenti giovanili».
I GENNAIO 1987 · 25
Foto Naretto
Umiliazione sociale
Che cosa ci si può aspettare da un
giovane in cerca di lavoro quando
vede trascorrere i giorni, i mesi, gli
anni senza riuscire a penetrare at-
traverso il muro che gli sbarra la
strada come un ostacolo insuperabi-
le verso l'impiego? Basta osservarli,
questi giovani: gli si leggerà negli
occhi, via via, sconforto, frustra-
zione, senso di inutilità, disperazio-
ne. Come dire che ci siamo già ab-
bondantemente inoltrati nell'area
acquitrinosa dell'emarginazione. E
non è detto che finisca Il.
«In un Paese come l'Italia, che
può definirsi ''ricco'' - afferma
Pier Camiti, ex segretario generale
della CISL - la disoccupazione
non significa più indigenza, pover-
tà, fame (anche se non mancano ca-
si del genere). C'è invece in eviden-
za la condizione di dipendenza fa-
miliare obbligata, che incide sull'i-
dentità sociale del giovane, e produ-
ce frustrazione, umiliazione sociale
e personale». «In famiglia - ha
detto una ragazza milanese intervi-
stata nel corso di una inchiesta sulla
disoccupazione giovanile - non è
che vada troppo bene. Se trovassi
un lavoro, mi sentirei più libera».
li problema «è rilevante per la
quota di persone colpite» ha affer-
mato don Milanesi. Già, quanti so-
no i giovani senza lavoro in Italia?
Ormai un esercito, due milioni, due
milioni e mezzo, sostiene qualcuno.
I dati più recenti, li ricaviamo da un
«libro bianco» redatto da Gioventù
aclista e pubblicato pochi mesi fa.
La popolazione giovanile costitui-
sce il 15 per cento di quella italiana,
e il 36 per cento della forza-lavoro.
I giovani dai 18 ai 29 anni sono otto
milioni e mezzo. All'inizio del 1986
i giovani disoccupati erano un mi-
lione e 910 mila. Ma ciò che preoc-
cupa ancora di più è il tasso di di-
soccupazione giovanile: nell'ultimo
decennio - dal 1974 al 1984 - è
passato dall'11,5 al 33 per cento.
Altrove, in E uropa, le cose non
vanno molto meglio, specie in alcu-
ni Paesi, come la Spagna, dove i
giovani disoccupati sono il 50 per
cento, o la Francia, dove un giova-
ne su tre è senza lavoro.
All'armata dei giovani disoccu-
pati si guarda da più parti con ansia
crescente. Sono scese in campo mol-
te Chiese locali. La Diocesi di Mila-
no ha dedicato aUa disoccupazione
giovanile l'annuale Giornata della
solidarietà. Analoga iniziativa a Ve-
nezia, dove il cardinale Cè si è
espresso con grande chiarezza: «Il
problema dell'occupazione è oggi
uno dei più sofferti, un problema
doloroso, specie quando ad essere
colpiti sono i giovani, i quali, dopo
essersi preparati mediante una ade-
guata formazione culturale, tecnica
e professionale vedono penosamen-
te frustrata la loro volontà di lavo-
rare». Ed ha aggiunto: «L'ampiez-
za della disoccupazione giovanile,
la sua persistenza, ne fanno uno dei
principali maJj del nostro tempo.
Esso determina estesi disagi econo-

3.6 Page 26

▲back to top
26 · 7 GENNAIO 1987
miei e sociali, frustra le legittime
speranze cli crescita personale e civi-
le delle nuove generazioni».
È facile cogliere qui una sollecita-
zione ai pubblici poteri perché si im-
pegnino nella ricerca di valide solu-
zioni. Esiste, su questo versante,
sufficiente attenzione al problema?
Di «piani-giovani» in giro ce ne so-
no molti, sfornati da Comuni, Pro-
vince, Regioni, enti cli vario tipo.
Non tutti funzionano a dovere, altri
sembrano rispondere egregiamente
a finalità clientelari, come è eviden-
te nei casi in cui si evita cli pubbliciz-
zare troppo le iniziative per l'occu-
pazione, allo scopo cli coprire con la
semiclandestinità l'elargizione cli fa-
vori.
Altre iniziative emanano dal go-
verno, come i contratti-formazione,
o la legge De Vito sull'imprendito-
rialità giovanile nel Mezzogiorno,
rivolta a creare nuove opportunità
di lavoro con il finanziamento cli
cooperative e società con specifiche
competenze professionali. Scarsi ri-
sultati si sono raggiunti in concreto
nei settori che si dice sempre di vo-
ler potenziare a fini occupazionali:
attività nelle aree archeologiche o
monumentali, iniziative sportive,
difesa del territorio e dell'ambiente,
protezione civile, turismo, cultura.
Tutti campi che offrono teorica-
mente prospettive di lavoro, ma che
per ora sembrano bloccati nell'im-
mobilismo.
«Inventarsi» un lavoro
In attesa che le molte promesse si
concretizzino, loro, i giovani, che
cosa fanno? Annaspano fra le pagi-
ne dei giornali specializzati in an-
nunci di concorsi (un tipo di pubbli-
cazione che ha registrato un consi-
stente incremento di vendite), si
contendono in 15 mila 37 posti di
contabile alle Imposte dirette, fan-
no le baby-sitter quando una coppia
di coniugi con figli piccoli decide cli
concedersi una serata con gli amici
fuori casa, affollano ogni mattina
gli uffici di collocamento senza pe-
raltro nutrire soverchie speranze dì
vedersi offrire un lavoro. Molti cli
essi hanno dovuto amaramente con-
statare che, spesso, trovare un im-
piego non è tanto questione di capa-
cità o di merito, quanto di cono-
scenze altolocate in campo politico.
Chi non può vantarle, resta tagliato
fuori.
Si registrano casi che fanno pen-
sare, come quello dell~ ragazza di
Foggia che ha cambiato nome e na-
zionalità (si è finta indiana) per tro-
vare più facilmente un lavoro come
domestica noto che le donne pro-
venienti dai Paesi del Terzo Mondo
fanno risparmiare a taluni i contri-
buti sociali) dopo aver inutilmente
bussato a molte porte. Talvolta, ad
esplodere è la rabbia collettiva, e al-
lora i giovani calabresi disoccupati
bloccano la superstrada fra Crotone
e Cosenza accaduto nel marzo
scorso) chiedendo lavoro. Nel gran
mare della disoccupazione, il Mez-
zogiorno, con i suoi mali vecchi e
nuovi, occupa un posto di primo
piano. Così come spicca la disoccu-
pazione fra i giovani laureati (i soli
medici sono più di 50 mila), nonché
fra le ragazze Oa disoccupazione
femminile è doppia di quella ma-
schile).
C'è anche chi si spreme il cervello
per «inventarsi» un lavoro, metten-
dosi in proprio. Nascono così coo-
Foto Archivio SEI Naretto

3.7 Page 27

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- - -- - - - - - - -i11-
I GENNAIO 1987 · 27
Foto Archivio SEI-Galaxy
perative i cui soci si dedicano all'a-
picoltura (in provincia di Bologna),
agenzie di turismo giovanile a prezzi
stracciati o agenzie di servizi (a Mi-
lano), scuole di equitazione o corsi
di lingua e letteratura italiana per
turisti stranieri (in Toscana). Que-
sto attivismo si chiama «job crea-
tion», lavoro frutto di idee e di in-
ventiva. È una strada lastricala di
fallimenti e di nuovi tentativi, per-
ché se c'è fermento di idee, spesso
difettano l'esperienza, i finanzia-
menti e un adeguato sostegno so-
ciale.
Un problema di tutti
Insomma, quella della disoccupa-
zione giovanile è una galassia in cui
precarietà, emarginazione, avvili-
mento la fanno da padroni. E i gio-
vani hanno la penosa sensazione di
invecchiare senza riuscire a trovare
un impiego. In queste condizioni,
pensare di formarsi una famiglia di-
venta un sogno proibito. È il mo-
mento dell'angoscia, dello smarri-
mento. A rendere ancora più rattri-
stante la scena sta il fatto che questa
massa di giovani desidera, con tutte
le proprie forze, rimboccarsi le ma-
niche e lavorare. Nei tempi andati
era segnato a dito, fra la riprovazio-
ne generale, il giovane con poca vo-
glia di lavorare. Oggi la voglia di la-
vorare c'è, ed è tanta. A mancare è
proprio il lavoro. Né va dimenticato
che dietro l'esercito dei giovani c'è
L'esercito ancora più numeroso dei
genitori, che soffrono con i loro ra-
gazzi il dramma della disoccupa-
zione.
Il problema è grosso, né di breve
momento. Gli esperti prevedono
'
Regioni e circoscrizioni
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
MEZZOGIORNO
Nord-ovest
Nord-est
Centro
CENTRO-NORD
/TAL/A
Tassi di disoccupazione O/o
Totale
Giovani
14-29 anni
Quota O/o
dei giovani
14-29 anni su
disoccupazione
totale
11
31 ,1
75
10
28,6
77
14,4
36,3
83
12,8
30,7
78
14,4
31,6
69
17,5
41,2
72
14,8
35,8
76
21,6
45,7
78
14,7
35,8
78
8,3
20
75
8,4
18,7
71
9,5
25,5
75
8,7
21 ,1
74
10,6
26,1
75
Fonte: elaborazione Svimez su dati lstat.

3.8 Page 28

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28 · 1 GENNAIO 1987
Un libro per conoscere il problema
Il problema della disoccupazione giovanile non è soltanto italia-
no. La editrice ElleDiCi di Leumann (TO) ha recentemente pubbli-
cato (a cura di Mario Midali e Cosimo Semeraro) gli atti del 14°
Colloquio internazionale salesiano dedicato proprio alla disoccupa-
zione giovanile in Europa. Il volume oltre a rappresentare una vali-
da documentazione statistica sui termini numerici del problema
sottolinea soprattutto gli aspetti educativi.
Agli educatori più sensibili infatti non può sfuggire come e quan-
to l'atteggiamento dei giovani in rapporto al lavoro sia oggi com-
plesso e problematico. C'è la fondata sensazione di una certa pola-
rizzazione dialettica nel vissuto giovanile, quanto all'etica del lavo-
ro. Assodata la progressiva perdita della centralità del lavoro, ridot-
to piuttosto a un mezzo utile a conseguire altri fini, è possibile indi-
viduare in forma abbastanza diffusa tra i giovani di questo nostro
periodo una doppia fondamentale spinta evolutiva: da una parte
l'attitudine a stimare e ad assumere come modelli di riuscita tutto
ciò che si realizza nei tempi del non-lavoro; dall'altra la predisposi-
zione a concepire il lavoro come corsia di scorrimento veloce per
l'incremento della propria autorealizzazione e della propria posizio-
ne economica e sociale.
Come affrontare questo problema? Questo libro tenta una rispo-
sta raccogliendo il contributo di un gruppo di esperti e docenti.
che esso costituirà il nodo centrale
dell'economia italiana per almeno
dieci anni. E non è neppure cli facile
soluzione. Riconoscerlo non vuol
dire accettare che si lascino spazi al-
l'inerzia e al disinteresse. Che fare?
Da qualche tempo, cli fronte alla
questione occupazionale, si sente
sempre più spesso pronunciare la
parola «solidarietà». «È un proble-
ma che riguarda tutta la società»,
ha detto il cardinale Carlo M. Mar-
tini. Assicurare lavoro ai giovani
non è operazione gratuita, la società
deve pagare un prezzo, e deve essere
clisposta a farlo, se non vuole nega-
re i princìpi di solidarietà su cui si
basa. Ma che cosa vuol dire solida-
rietà in riferimento al mondo del la-
voro? Vuol dire - sostiene il sinda-
calista - migliore distribuzione del
lavoro, con una ripartizione che si
ottiene riducendo gli orari di lavo-
ro. Vuol dire - afferma l'impren-
ditore - lavorare di più per lavora-
re tutti. E aggiunge: l'occupazione è
legata allo sviluppo, se il prodotto
nazionale lordo aumenta solo del
2-3 per cento annuo, basta appena a
salvaguardare gli attuali livelli occu-
pazionali. Replica il sindacalista:
l'aumento del tasso di crescita non
vuol dire più occupazione, ma para-
dossalmente, più disoccupazione a
causa dell'introduzione di tecnolo-
gia nel processo produttivo.
Metterli d'accordo sarà un pro-
blema. In concreto, però, la solida-
rietà stenta ad aprirsi una breccia
nel muro dell'egoismo. Da più parti
si denuncia la tendenza ad accen-
tuare la tutela di coloro che già la-
vorano, a scapito delle nuove leve.
Chi è occupato teme di doversi tro-
vare nella situazione di- chi oggi è
senza lavoro. E difende il posto, po-
co disponibile ad accettare rinunce.
Si può pensare di ridurre l'orario di
lavoro - si dice - ma a parità di
salario. Sul fronte opposto, la rivi-
talizzazione dell'iniziativa privata
ha ridato impulso al profitto. In
una economia di mercato ostacolare
il perseguimento del profitto è un
non senso. Ma farne un feticcio
conduce inesorabilmente a oscurare
l'uomo «primo fondamento del va-
lore del lavoro», come ha scritto
Giovanni Paolo II nel!'Enciclica
Laborem exercens. E lo stesso Pan-
tefice ha detto: « La tecnica, il capi-
tale, il profitto, tutto ciò che con-
corre al perfezionamento del lavoro
è apprezzabile e da favorire, nei li-
miti in cui tenga presente che al cen-
tro sta l'uomo e all'uomo si debbo-
no suborctinare» (discorso ai lavo-
ratori di Prato).
Ecco allora precisarsi i contorni
della solidarietà come cultura del la-
voro: uno sforzo comune per anda-
re in aiuto a chi è nel bisogno, di-
chiarando la propria disponibilità
ad affrontare i necessari sacrifici.
Uno sforzo che deve coinvolgere i
pubblici poteri, i lavoratori occupa-
ti, gli imprenditori, con il fine di
umanizzare la società, sconfiggere
lo spirito individualistico, oggi più
aggressivo che mai. «Si tratta di
aiutare ciascuno a svilupparsi e af-
fermarsi - dice Michele Giacoman-
tonio, segretario generale delle
ACLI - non a scapito di altri, ma
con gli altri, in solidale cooperazio-
ne». È un programma che non do-
vrebbe suonare come nuovo ai cri-
stiani. Ma si tratta cli attuarlo. An-
che per dare una speranza ai gia-
nni.

3.9 Page 29

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_EDI.YORIA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
1 GENNAIO 1981 · 29
SoLOAMANDO
LA NATURA
Cl SALVEREMO
DAL DISASTRO
ECOLOGICO
RUGGERO
LEONARJjJ
Sorella
terra
Il cristiano e la natura
L'esempio di San
Francesco. Il rapporto
fra cristiani e
ambiente in un libro
di Ruggero Leonardi.
San Francesco parlava
con gli uccelli. Noi li stiamo stermi-
nando senza pietà. «Dovete lodare
il vostro Creatore - diceva France-
sco - perché vi ha dato la libertà di
volare in ogni luogo». E noi, quella
libertà, agli ucceJli la neghiamo
aspettandoli al varco durante gli
spostamenti migratori per abbatter-
li a tradimento mentre si riposano
prima di intraprendere l'estenuante
viaggio al di sopra dei mari. E, spes-
so, neppure per fame cibo, il che in
qualche modo ci giustificherebbe,
ma per imbalsamarli e alimentare
un assurdo mercato.
«Dovete lodare il vostro Creatore
- diceva ancora San Francesco -
perché egli serbò il seme di voi nel-
1'arca di Noè, affinché la vostra
specie non venisse meno nel mon-
do». E noi, con la violenza di un se-
condo diluvio universale, stiamo
estinguendo gli animali specie dopo
specie. Pensate: fino al secolo scor-
so, si calcola che avessero fine quat-
tro specie di uccelli ogni anno, oggi

3.10 Page 30

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30 · 1 GENNAIO 1987
Foto archivio SEI-Difrancescantonio
gli esperti valutano che l'estinzione
raggiunga le mille specie ogni anno,
cosicché entro il Duemila s.i arriverà
a una sopravvivenza zero delle 8700
specie di uccelli oggi esistenti. E ciò
perché gli uccelli sono i più esposti
all'inquinamento terrestre e alla
caccia selvaggia.
Non sono solo aridi calcoli da
contabile. Sono dati come questi a
dirci fino a che punto è cambiato -
in peggio - il rapporto fra l'uomo
e la natura, fra l'uomo e le altre
creature della Terra. Comporta-
mento cieco, da parte dell'uomo,
addirittura malvagio, non solo ver-
so gli animali, ma anche verso noi
stessi, che finiremo per vivere in un
mondo più impoverito, in una terra
sempre più degradata, dove non si
udrà più il cinguettare di un usigno-
lo e non si vedrà più il volo di un ai-
rone. «Quando l'uomo - ha detto
Giovanni Paolo Il - fa un uso ar-
bitrario, e in definitiva nocivo, delle
creature di cui si violano le leggi e
l'ordine naturale ignorando e di-
sprezzando la finalità che è imma-
nente all'opera della creazione,
quando l'uomo adopera le cose ter-
rene così da non riferirle al Creato-
re, egli reca anche a se stesso danni
incalcolabili».
L'uomo, dice il Papa. E il cristia-
no? ln quale rapporto è con la natu-
ra? Ruggero Leonardi, esperto di
problematiche ambientali, ha scrit-
to per la SEI un libro di 200 pagine
(<<Sorella terra - il cristiano e la na-
tura») sulla bimillenaria storia di
questo rapporto, non sempre facile,
talvolta conflittuale, spesso inqui-
nato dal sospetto. Gli eremiti dei
primi secoli che si ritiravano nel de-
serto, San Benedetto e la sua lezione
sull'utilizzo della terra, ma soprat-
tutto Francesco, sono le tappe prin-
cipali del viaggio che l'autore com-
pie prima di approdare all'attuale
dibattito sull'ecologia.
Foto Archivio SEI - Raffini
L aterra avvelenata
San Francesco rimane l'insupera-
to cantore di Dio, che loda attraver-
so le sue creature, specialmente
«messer lo frate Sole». Il sole di
Francesco «è bello e radiante cum
grande splendore: di Te, Altissimo,
porta significazione». Per nostra
fortuna, il sole che noi vediamo è ri-
masto quello dei tempi di France-
sco, anche se lo smog che avvolge
tante città ce lo fa vedere talvolta
attraverso un velo di caligine. Ma
qual è lo scenario che il sole oggi il-
lumina? Mari che trasportano in su-
perficie mortifere chiazze oleose,
coste deturpate dal cemento delle
costruzioni abusive, boschi amma-
lati o distrutti dalle piogge acide,
fiumi le cui acque sono rese veleno-
se dagli scarichi industriali, città ap-
pestate dai gas di scarico delle auto.
Francesco loda il Creatore anche
per «aere», l'aria. Lo farebbe an-
che oggi, perché, nonostante tutto,
l'aria ci è indispensabile. Ma che co-
sa penserebbe degli uomini, che
quest'aria hanno reso irrespirabile
per via dei gas che escono dalle ci-
miniere, dai tubi di scappamento
delle auto, dagli impianti di riscal-
damento? E non parliamo dell'ac-
qua. Quella dei mari costringe ogni
anno le autorità a innalzare sulle
spiagge minacciosi cartelli che vieta-
no la balneazione; quella dei fiumi è
ridotta a tal punto che bagnarsi

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - - - - - - -#-
Foto Archivio SEI
vuol dire correre il rischio di morire
avvelenati; quella degli acquedotti,
poi, esce dai rubinetti delle nostre
case spesso e volentieri inquinata al
punto da costringere i pubblici po-
teri a interromperne l'erogazione.
I veleni li diffondiamo a piene
mani nelle campagne, attraverso i
concimi chimici e i micidiali diser-
banti e anticrittogamici, che pur su-
bendo trasformazioni connesse al
ciclo vegetativo, non vengono total-
mente eliminati per cui ce li ritrovia-
mo sulle nostre tavole con il cibo
quotidiano. Senza contare i gas di
scarico delle auto. Gli ecologisti
hanno fatto il conto dei chilometri
di strade esistenti in Italia: 316 mila.
Ciò vuol dire, sempre secondo gli
ecologisti, che non c'è punto che sia
a più di 620 metri di distanza, in
media, da una strada. Ne consegue
che non c'è ortaggio, frutto, cereale
che non venga irrorato dai gas di
scarico delle auto. Come se non ba-
stasse, c'è stato chi ha messo nel vi-
no il metanolo, provocando nume-
rose vittime. Nel suo libro, Leonar-
di ricorda che San Benedetto, stabi-
lendo la regola per i monaci, con la
minuziosa descrizione dei cibi desti-
nati alla refezione quotidiana, non
dimentica il vino, parte integrante
delJ'alimentazione italiana. Ne asse-
gna a ciascuno «una emina al gior-
no», misura corrispondente a mez-
zo litro, pur concedendo ai Superio-
ri la facoltà di aumentare la dose
«se il bisogno dell'uomo, o le fati-
che, o il caldo dell'estate» richiede-
ranno qualcosa in più. Senza peral-
tro arrivare mai «alla sazietà o al-
i'ebbrezza». Vino puro, s'intende,
fatto di uva sana, perché di quello
al metanolo ne basterebbe di meno
per arrecare gravi danni non soltan-
to ai frati.
M sfatti dell'egoismo
Tutti questi misfatti compmU
dall'uomo ai danni della natura,
portano dritta l'intera umanità al
disastro ecologico. Il quale - ha
detto ancora Giovanni Paolo Il -
«suppone sempre una forma di
egoismo comunitario». Che senso
ha, ad esempio, usare in dosi mas-
sicce concimi chimici per produrre
di più quando le eccedenze europee
di cereali, di riso, di burro-riempio-
no enormi e costosi depositi, dove
sono accumulate per l'impossibilità
di consumare tutto ciò che si produ-
ce? Non sarebbe più saggio produr-
re di meno e più sano? Il disastro,
naturalmente, non è solo italiano,
né solo europeo, ma coinvolge l'in-
tero pianeta. Difatti l'ONU ha isti-
tuito un organismo che si occupa
della salvaguardia dell'ambiente na-
turale. Gli allarmi risuonano da un
capo all'altro deLla Terra, dai Paesi
africani minacciati dalla desertifica-
zione ali'America Latina dove si sta
distruggendo quel vitale polmone
I GENNAIO 1987 · 31
che è la foresta amazzonica, dalle
città europee sature di gas, ai Paesi
asiatici dove il disboscamento ha
aperto varchi paurosi a catastrofi-
che inondazioni. Ma sono allarmi
che sembrano rimanere lettera mor-
ta, i provvedimenti tardano ad arri-
vare. Non si riesce a stabilire fino a
che punto sviluppo economico e
qualità ambientale possono conci-
liarsi, muove ancora i primi passi
quella cultura dello sviluppo che
privilegia, sulJ'uomo economico,
l'uomo naturale. Cosicché smodati
interessi economici e politici posso-
no permettersi di sacrificare la qua-
lità della vita. Non sì vuole ricono-
scere nei fatti che consumismo e
spreco sono spesso ali'origine del
degrado ambientale.
«Qual è dunque - scrive Leonar-
di a conclusione del suo viaggio lun-
go i 2000 anni di cristianesimo e na-
tura - il compito a tempo pieno che
attende non soltanto chi si identifica
nel dettato cristiano, ma anche chi
vede comunque in esso un punto di
riferimento? Da dove ricominciare
per la salvezza del mondo? La rispo-
sta è univoca: dal mondo, dalla na-
tura di cui è impastato l'uomo, ri-
cordando che di questa natura non
si mostrò né sdegnoso né diffidente
Colui dal quale ebbe inizio l'inse-
gnamento di 2000 anni fa». E cita il
teologo Robert Faricy: «Abbinando
un servizio responsabile con un giu-
sto amore per la natura e per tutta la
creazione in quanto fondata in Gesù
Cristo, noi possiamo, come cristia-
ni, avere verso la natura un atteggia-
mento che promuova l'equilibrio
ecologico, e superare la nostra alie-
nazione dalla natura in un rapporto
di amore e di armonia».
Siamo ancora in tempo, oggi,
quando l'aria e l'acqua sono saturi
di veleni, quando già la terra vive la
nevrosi dell'impazzimento chimico
e l'uomo sconta i suoi peccati ideo-
logici? «Francesco gustava la bontà
divina nelle singole creature come in
altrettanti ruscelli derivanti dalla
sorgente», ha scritto San Bonaven-
tura. E Leonardi conclude: «La no-
stra ecologia cristiana incomincia
da qui. Imparare ad amare tutto per
imparare ad amare noi stessi. Impa-
rare prima che sia troppo tardi. E
sperando che non sia troppo tardi».

4.2 Page 32

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__STORIA SALESIAN---_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
32 · l GENNAIO 1987
DoN aosco
TRA STRENNE,
CARNEVALI, ,
FESTE E MENU
AtfNO"X)tVI
Il
Alcune rare copertine de
«Il Galantuomon
Oggi si nota un po'
ovunque la tendenza a ripristinare,
in ricorrenze civili cittadine o in fe-
ste patronali paesane, antiche tradi-
zioni popolari. Si tratta spesso, più
che di partecipazione collettiva, di
semplice spettacolo folcloristico,
dal quale, tuttavia, emerge il gusto
di rivalutare la cultura locale.
Don Bosco, figlio del popolo e
buon conoscitore degli usi e costumi
della sua gente, seppe utilizzare nel-
la vita di Valdocco elementi di fol-
clore atti a rendere più sentite e fa-
miliari le celebrazioni comunitarie.
Nel calendario salesiano non è quin-
di difficile scoprire ancor oggi trac-
ce di quelle tradizioni.
L a strenna
Una delle più antiche tradizioni
salesiane, dopo la « Buona Notte»,
è senza dubbio la «Strenna». Fin
dai primi tempi di Valdocco Don
Bosco, all'ultimo giorno dell'anno,
dava una strenna comune a tutti i
suoi giovani e un'altra particolare a
ciascuno. La prima consisteva in
una norma di vita cristiana o per il
buon andamento della casa, la se-
conda in una massima o consiglio
più personale, a voce o per iscritto.
Era il dono per il Capodanno.
Queste strenne restavano facil-
mente impresse nella mente dei gio-
vani e Don Bosco non cessò di darle

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - -5'1-
annualmente finché visse. La sera
del 29 dicembre 1887, dal letto delle
sue sofferenze, sussurrò a Don Rua:
«Raccomandate ai Salesiani la di-
vozione a Maria Ausiliatrice e la
frequente comunione». Don Rua
gli suggeri: «Questo potrebbe servi-
re per strenna del nuovo anno, da
mandarsi a tutte le Case». Don Bo-
sco acconsentì, ma aggiunse: «Que-
sto sia per tutta la vita!». Era l'ulti-
ma strenna del Santo, una strenna
da tesoreggiare per sempre. I Suc-
cessori di Don Bosco hanno gelosa-
mente conservato sino ad oggi quel-
la tradizione.
La Strenna di Don Bosco non era
che l'applicazione, in chiave educa-
tiva, di un'antichissima tradizione
popolare, le cui lontane origini ri-
salgono ai tempi dei Romani, quan-
do, alle calende di gennaio, i clienti
usavano offrire al loro patrono un
dono augurale. Quest'usanza mille-
naria rivisse, anche nella tradizione
popolare piemontese, nel regalo di
Capodanno che il padre faceva ai fi-
gli e il padrone ai di.pendenti. li
di gennaio era chiamato il giorno
della Strenna (e/ di dia stren-a). A
Torino, al primo pranzo di famiglia
della nuova annata, il babbo usava
donare ai suoi figli una moneta
nuova di zecca, d'oro, d'argento
o ... di biglione. In certi paesi del
Monferrato il primo giorno dell'an-
no i ragazzi correvano a frotte di ca-
sa in casa a chiedere la strenna, in-
tonando filastrocche di augurio. Ri-
cevevano nocciole, castagne o dolci
casalinghi.
Si trattava in ogni caso di un re-
galo. E così l'intese Don Bosco, che
offriva alla sua grande famiglia di
Valdocco il dono spirituale di un ri-
cordo, un consiglio, magari una
profezia. Alla fine del 1859 giunse a
dire ai suoi giovani: «Per parte mia,
per strenna vi do tutto me stesso;
sarà cosa meschina, ma quando si
tutto, nulla riserbo per me».
Significato di dono aveva anche
l'Almanacco Il Galantuomo che
Don Bosco offriva a fine d'anno ai
lettori delle «Letture Cattoliche».
Era il s~no della sua gratitudine
per la loro cooperazione a sostegno
della buona stampa, era la Strenna
agli Associati per l'anno nuovo.
Conteneva, oltre ai dati comuni ad
ogni almanacco, notizie, aneddoti,
poesie, che potessero arrecare ai let-
tori ed alle loro famiglie un vantag-
gio spirituale.
I GENNAJO l98~ · 33
La Strenna è quindi una tipica
tradizione popolare valorizzata e
trasformata in usanza salesiana.
/ 1 Carnevale
Il Carnevale, senza rifarsi ai Sa-
turnalia pagani, è antica tradizione
europea, soprattut1o dell'area me-
diterranea. Sopravvive ancor oggi
in 'celebrazioni che si richiamano,
nelle espressioni più vistose, ai fa-
mosi carnevali di Colonia e di No-
rimberga, di Montpellier e di Nizza,
di Madrid e di Venezia.
A Torino, ai tempi di Don Bosco,
il Carnevale era caratterizzato da
pubbliche manifestazioni di grande
attrattiva popolare. Tra le più pitto-
resche, almeno sino al trasferimen-
to della Capitale a Firenze, v'era il
Corteo Reale. Si svolgeva tra Piazza
Castello e Piazza San Carlo, in via
Ooragrossa, via di Po e via Nuova.
Vi partecipava tutta la Cone. La re-
gina, le principesse e le dame, su ric-
che carrozze trainate da bianchi ca-
valli, passavano per le vie del centro
cittadino. Facevano loro ala staffie-
ri e valletti in parrucche incipriate e
smaglianti livree. Non mancavano
maschere e mascherotti, menestrelli
e pagliacci di ogni foggia. Dopo il
1865 il tradizionale corteo fa sosti-
tuito per alcuni anni dalla grandiosa
Giandujeide in Piav,.a Vittorio, con
spettacoli storico-comici, gare e
giuochi, veglioni e danze. Si aggiun-
se, anni più tardi, la Fiera dei Vini
in piazza Carlina, erede del «Bazar
di beneficenza».
Erano quelli giorni di allegria e di
robuste imprese gastronomiche. il
pranzo di carnevale aveva come
piatto forte gli agnolotti al sugo con
ripieno di carne tritata e un pizzico
di noce moscata. Le abbondanti li-
bagioni trasformavano spesso l'al-
legria in una vera baldoria. A sera il
cielo cittadino lampeggiava di fuo-
chi d'artifizio. A mezzanotte veniva
acceso il Falò del Carnevale, pupaz-
zo rimpinzito di paglia e mortaretti,
che, tra fiamme e detonazioni, chiu-
deva la stagione della cuccagna.
I
Un fu nambollsta si esibisce a
Barriera di Nizza
(Foto Chiambaretta)

4.4 Page 34

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34 · 1 GéNNA/O 1987
Don Bosco, ben sapendo quale
smania dj uscire e di vedere avessero
i suoi biricchiru in queUe giornate, e
qualj rischi una libera uscita avreb-
be potuto procurare, si industriava
a ricreare un'atmosfera di carnevale
neU'interno deU'Oratorio: dialogo
ameno in chiesa, cibo speciale a
mensa, giochi e gare in cortile, spet-
tacolo teatrale alla sera. In partico-
lare, il gioco delle pignatte, il falò
del Carnevale e, quando possibile, il
piatto di agnolotti, erano gl'ingre-
dienti di spicco in quel paese di cuc-
cagna in cui Valdocco si trasforma-
va per un giorno.
n gioco delle pignatte consisteva,
com'è noto, nell'appendere dei reci-
pienti di terracotta ad una fune tesa
in alto tra due tronchi d'albero. Le
pignatte contenevano dolciumi ca-
salinghi, castagne, carameJle, oppu-
re cenere o acqua. I concorrenti, ad
occhi bendati, dovevano colpirle
con una pertica, prima di togliersi la
benda e partecipare alla raccolta di
ciò che pioveva dall'alto. Ogni clas-
se o gruppo dell'Oratorio mandava
il suo rappresentante a tentare la
fortuna. l compagni Jo incoraggia-
vano, lo dirigevano, finché con un
colpo ben assestato egli riusciva a
mandare in frantumi la fatale pi-
gnatta. Tutti allora si gettavano car-
poni a raccogliere il ben di Dio pio-
vuto dal cielo. Se si trattava di una
pignatta piena d'acqua o di cenere,
i più precipitosi si pigliavano in te-
sta una beUa pioggia tra le risa gene-
rali. Così i ragazzi di Valdocco assa-
poravano con quel gioco paesano
un senso di festa e di abbondanza
che i poveri potevano godere quasi
solo una volta l'anno.
A sera, dopo il teatrino, in cui la
parte del leone era riservata alla ma-
schera piemontese Gianduia, si for-
mava il corteo per andar a processa-
re e bruciare il fantoccio di paglia,
cui veniva dato fuoco tra gli ap-
plausi.
Per la mensa Don Bosco provve-
deva quel che le sue magre risorse
gli permettevano, aggiungendo il
salame alla pagnottella della cola-
zione e qualche leccornia a pranzo.
Alle volte, con l'aiuto di benefatto-
ri, riuscì a far cucinare per tutti il ti-
pico piatto degli agnolotti. Nel Car-
nevale del 1855 il Marchese Fassati,
avendo saputo che oltre un centi-
naio di giovani avrebbero fatto al
mattino !'«Esercizio della Buona
Morte» con confessione e comunio-
ne, volle offrire loro all'uscita di
chiesa non una ma ben due pagnot-
telle ed una grossa fetta di salame.
Fece pure confezionare per il pran-
zo, sempre a sue spese, oltre 100
dozzine di agnolotti, spedendo al-
1'0raLOrio vino delle sue terre per
bagnarli convenientemente. Dopo il
I Matrimonio di Letizia di
Savoia con Gerolamo
Bonaparte (Foto Chiambaretta)
primo bicchiere l'allegria a tavola
esplose così spontanea e sonora che
il refettorio rimbombava di risate e
cicalecci senza fine, tanto che Don
Bosco, quando si trattò di versare il
secondo bicchiere, lo fece prudente-
mente annacquare. Gli agnolotti
comparvero poi anche in carnevalj
successivi. Nel febbraio del 1867
Don Francesia scriveva da Roma a
Don Savio: «Gli ultimi giorni di
Carnevale saremo costì anche noi
[Don Bosco e il sottoscritto] a man-
giare gli agnellotti e a sentire le vo-
stre armonie». Parole queste che ri-
chiamano quelle del chierico Giu-
seppe Cottolengo scritte ai ~enitori
dal seminario di Asti nel gennaio
del 1810: «Per le vacanze di Carne-
vale spero di venire a casa una quin-
dicina di giorni e di mangiare gli
agnolotti}>. Come si vede, si tratta-
va di usanza tradizionale nel vec-
chio Piemonte.
La festa
di San Giovanni
L'antica festa pagana del solsti-
zio d'estate era l'occasione per una

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - - -# -
serie di riti, tra i quali primeggiava
l'accensione di grandi fuochi. Nel
Medioevo cristiano la festa della na-
scita di San Giovanni Battista, pre-
cursore del Signore, venne a sosti-
tuire quei riti pagani, come il Natale
di Cristo aveva sostituito le festività
del solstizio d'inverno.
Ma il fuoco di mezz'estate rimase
in uso durante quella festa fino al
secolo scorso. Si pensi al Falò di
San Giovanni a Torino e a Firenze.
A Torino la festa del 24 giugno si
celebrò fin dal 1200 con il concorso
di tutta la popolazione artigiana e
contadina della zona. Alla vigilia si
teneva la Veglia di San Giovanni,
con l'accensione, a notte inoltrata,
del gran fuoco (/alò) sul sito che fu
poi di Piazza Castello, all'altezza di
via Doragrossa. Una grande catasta
di fascine veniva accesa con torce
dal Corpo Decurionale o da qualche
principe di Casa Savoia. Ai tempi
del Regno Sardo la Famiglia Reale
assisteva dalla reggia, mentre le
truppe del presidio sparavano le lo-
ro salve. Nel falò venivano anche
bruciati i lacci degli impiccati.
Il fatto centrale della festa rimase
per qualche secolo la corsa del carro
al 24 mattino. Un carro maestoso,
dipinto a colori vivaci e tirato da
due possenti buoi, entrava carico di
grano, pane e fusti di vino, nella
Chiesa Cattedrale. Attraversando la
navata centrale sostava presso il
presbiterio. li Vescovo, che celebra-
va la Messa Pontificale alla presen-
za del Corpo Decurionale cittadino,
giunto all'Offertorio, benediceva il
frumento, il vino e i pani. Alla fine
della Messa il carro veniva fatto gi-
rare lentamente, lungo le navate la-
terali, verso l'uscita, dove si distri-
buivano al popolo il frumento, il vi-
no e i pani benedetti. I buoi veniva-
no quindi pungolati e spinti alla
corsa, mentre la folla si univa a for-
mare una grande sfilata tra canti e
danze (la ba/euria). L'entrata dei
buoi in Duomo fu poi abolita con la
costruzione del nuovo tempio.
Altra particolarità della festa era
la solenne processione (la proces-
sion dia reliquia), cui partecipavano
autorità e popolo. Sei Decurioni
scortavano, con torcia accesa in
mano, il reliquiario del Santo, e do-
navano poi alla Chiesa la cera delle
torce accompagnando il dono con
una generosa offerta in danaro .
Con le leggi del 1855 e l'incipiente
laicizzazione della vita pubblica che
ne seguì, cessò l'intervento dei Con-
siglieri alla processione; cessarono
pure il dono e l'offerta e la stessa
usanza del falò. Solo recentemente i
festeggiamenti torinesi di San Gio-
vanni sono stati ripristinati per ini-
ziativa dell'Associassion Piemontèi-
sa, con cortei storici, caroselli, dan-
ze folcloristiche e fuochi artificiali.
Ricorrenza molto cara ai Torinesi
dei primi tempi di Don Bosco era
quella del 24 giugno, soprattutto
perché con essa aveva inizio il perio-
do delle ferie delle messi e termina-
vano pure le scuole che restavano
poi chiuse fino ai Santi. Don Bosco,
che sapeva cogliere ogni occasione
propizia, permise quindi che la sua
festa onomastica venisse a coincide-
re con quella di San Giovanni Batti-
sta, anche se in realtà egli ponava il
nome di San Giovanni Evangelista,
ricordato il 27 dicembre. Una gior-
nata così popolarmente sentita a
Torino come quella del 24 giugno,
onorata per di più da gran falò e
spari di fucileria, non poteva passa-
1 GENNAIO 1987 · 35
re inosservata e si prestava troppo
bene a galvanizzare i ragazzi dell'O-
ratorio. Già dal 1846 si festeggiaro-
no insieme a Valdocco San Giovan-
ni Battista e Don Bosco. Alla sera
della vigilia i giovani allestivano
un'accademia familiare con poesie,
prose e inno composto e musicato
per l'occasione. A l mattino della fe-
sta, la S. Messa solenne era ovvia-
mente celebrata da Don Bosco. U
pranzo, more pauperum, veniva al-
lietato da brindisi e canti. Nel po-
meriggio si organjzzavano giochi e
gare, lancio di palloncini e si cele-
brava poi in cortile una nuova acca-
demia più solenne con la partecipa-
zione di amici e benefattori dell'o-
pera. Venivano offerti a Don Bosco
doni vari, acquistati con il piccolo
contributo e sacrificio di tutti. De-
gni di ricordo i due cuori d'argento
donati da Gastini e Reviglio nel
1849 e il mazzo di fiori (bochet) of-
ferto poi ogni anno dagli ex allievi,
assieme ad altri regali, come abiti
da prete, suppellettili da chiesa e,
Il Bogorama nel Carnevale
del 1870 (Foto Chiambaretta)

4.6 Page 36

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Ippodromo di Mirafiori
(Foto Chiambaretta)
nel 1861, persino un orologio da
campanile. Nel 1885 venne offerto a
Don Bosco il ritratto di sua madre
dipinto dal Rollini. Don Bosco ne
fu commosso fino alle lacrime ed
esclamava: <ò3 proprio lei, le manca
solo la parola».
Il primo inno d'occasione lo com-
pose il Teo!. G. Carpano nel 1849.
Diceva fra l'altro:
Viva Don Bosco
che ci conduce
sempre alla luce
della virtù
che in lui men lucida
giammai non fu.
li richiamo alla luce, caratteristi-
che neUa festa di San Giovanni, è
evidente e lo è ancor di più nei versi
che seguivano:
l fuochi accendansi
in questo loco,
s'accenda ì/ fuoco
del nostro amor
per don Giovanni
nostro Pastor.
Negli anni che seguirono Don
Fraocesia e Don Lemoyne si alter-
narono con altri salesiani nel com-
porre l'inno ufficiale, musicato poi
da Don Cagliero o dal Sig. Do-
gl iani.
La festa di San Giovanni a Val-
docco acquistò poco per volta tale
solennità da sembrare sproporzio-
nata a chi non conosceva quale spi-
rito di famiglia Don Bosco fosse
riuscito a stabilire all'Oratorio. Ma
egli la permetteva, anche se diretta a
sé, perché sapeva quanto bene fa-
cesse ai suoi giovani. Era una festa
che destava speciale entusiasmo
quando si celebrava dopo una lunga
assenza del Santo. Allora la gioia
erompeva spontanea e visibile sui
volti di tutti, Superiori e giovani.
Quella giornata festiva si chiude-
va poi sempre con le parole di Don
Bosco e con l'illuminazione della
casa. Cemo e cento fiammelle in
bicchieri colorati brillavano dalle fi-
nestre e dai balconi, simbolo di un
amore più ardente del falò di San
Giovanni.
Ancor oggi questa tradizione si
rinnova nella festa annuale del Ret-
tor Maggiore, continuazione ideale
di quel 24 giugno, che fece scrivere
ad un arrabbiato democratico del
tempo: «A Torino di veramente po-
polari ce ne sono solo due: Gian-
duia e Don Bosco! ».
T rippa, castagne
e «copà»
Don Bosco seppe anche promuo-
vere nel calendario di Valdocco pra-
tiche tradizionali di pietà cristiana
come i tridui e le novene, i mesi del-
la Madonna e di San Giuseppe, le
devozioni ali'Angelo Custode e alle
Anime del Purgatorio, la Via Cru-
cis, le Quarant'ore e il Rosario, la
benedizione delle candele e della go-
la, la così detta visita ai Sepolcri e
così via. Cercava poi di aggiungere
all 'elemento religioso quelle usanze
popolari che di solito le accompa-
gnavano, come la castagnata alla
sera dei Santi, il piatto di trippa alla
notte di Natale, la bicchierata o co-
nelle ricorrenze più solenni del-
! 'anno.
11 Rosario per i Morti alla sera di
Ognissanti era seguito da una distri-
buzione generale di caldall.esse. Le
«Memorie>> attribuiscono l'usanza
all'iniziativa di Don Bosco dopo
una miracolosa moltiplicazione di
castagne per 600 giovani nel novem-
bre del 1849. Rimane però il fatto
che il cibarsi di castagne la sera dei
Santi era un'antica tradizione popo-
lare. ln Piemonte, come altrove del
resto, la divozione alle Anime dei
defunti era vivissima, tanto da fare
del 2 novembre uno dei giorni più
importanti della cultura popolare
piemontese. La sera che precedeva
il giorno dei Morti si recitava in fa-
miglia il rosario di suffragio e poi si
mangiavano castagne lesse o arro-
stite, bagnandole con un bicchiere
di quel buono. In certi paesi v'era
pure l'usanza di lasciare vino e ca-
stagne sulla tavola durante la notte
come omaggio ai Morti in quella
che si chiamava « la notte deJJe ani-
me» (la neuit ed j'anime). L'usanza
delle castagne a Valdocco non fu
quindi un'iniziativa originale di
Don Bosco, ma una sua intelligente
applicazione dell'uso locale.
Lo stesso si polrebbe dire del
piatto di trippa che per un po' di an-
ni venne dato ai giovani di Valdoc-
co nella notte di Natale dopo la
Messa di Mezzanotte. Questo piatto
economico non parrà oggi troppo
confacente a stomachi delicati, an-
che se lo si cucina ancora ovunque,
alla milanese, alla genovese, alla
bolognese, alla fiorentina e magari
alla romana, per non citare le cuci-
ne francesi e spagnole. In Piemonte
lo si cudnava con patate e fagiuoli,
un po' di cipolla e sedano, uno spic-
chio d'aglio e, naLUralmente, olio e
sale. Chl poteva, ci aggiungeva ma-
gari qualche costina di maiale, cosa
che non avveniva certo a Valdocco.
La bicchierata di vino o copà, in-
fine, era quel bicchiere di vino di
bottiglia che serviva per i brindisi
nelle grandi occasioni di famiglia.
Don Bosco, che l'aveva egli stesso
introdotta in varie feste dell'anno,
fu costretto nel dicembre del 1881 a
limitarne l'uso per le gravi ristret-
tezze economiche di quell'annata.
In una lettera inviata all'Economo
dell'Oratorio scriveva: «n bicchiere
della così detta copà si dia unica-
mente al giorno di San Francesco di
Sales, ma non mai puro».
Cose di altri tempi!
Natale Cerralo

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 GENNAIO 1987 37
GRAVI EMORRAGIE
dalla diagnosi medica.
DOPO IL PARTO
Posso dire che suor Eusebia
non cl ha delusi: entro pochi
S ono un'ex-allieva delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice.
Nel febbraio di quest'anno e
precisamente il 12, giorno delle
ceneri, si sparse la voce in pae-
se che una mamma giovanissi-
ma, dopo aver dato alla luce un
bambino, versava In gravissime
condizioni: infatti dopo Il parto,
ebbi cura di portare sempre con
me l'abitino del nostro Santo. Lo
pregai con tanto fervore e, final-
mente, Il 9 marzo scorso, è nato
- anche se con qualche diffi-
coltà - Angelo Domenico, un
bambino sano e bello. Continuo
ancora a pregarlo affinché assi-
la guarigione e mia figlia gode di
perfetta salute. Naturalmente
continuo a pregare la cara santi-
na perché vegli su di lei e su tut-
ta la mia famiglia, perché sono
certa di dovere al suo intervento
presso Dio l'ottenuta guari-
gione.
giorni la ragazza si é ripresa e
nel volgere di venti giorni poteva
tornare a scuola, perfettamente
guarita, senza le temute conse-
guenze.
Ne rendiamo pubbliche gra-
zie a suor Eusebia.
Lina Foresta
Soverato (Catanzaro)
aveva continue emorragie e non
riceveva il sangue che le veniva
dato.
Mi ricordai di Sr. Eusebia e la
pregai dicendole: - Pensaci tu,
sta sempre, in ogni momento, il
mio bambino.
Venera Sorbe/lo
Aci S. Antonio (CT)
Graciela Sanchez de Poi/ero
Villa Colon - Montevideo
(Uruguay)
GUARITO
DA UNA NEVRITE
guarda che M. Grazia è madre
di due bimbi. - Giorni dopo, mi
recai all'ospedale e portai a
M. Grazia il depliant di Sr. Euse-
bia, dìcendole: - Ho pregato,
per te, questa nostra suora ed
ho promesso che avrei reso no-
ta la grazia. - M. Grazia mi rin-
graziò, tenne il depliant con
l'immagine di Sr. Eusebia. Dopo
una settimana, quando sembra-
va che tutto fosse ristabilito, tro-
vai una sorella di M. Grazia in
lacrime che mi disse che era
nuovamente peggiorata e dispe-
ravano di salvarla.
Allora, a voce alta, mentre
passeggiavo con una mia ami-
ca, dissi: - Ora, Sr. Eusebia,
voglio vedere quello che sai fa-
rei - La mia amica mi fece no-
tare che quello non era il modo
di chiedere le grazie e che le fa-
cevo venire freddo. lo risposi: -
Questa, la grazia, la devo pro-
prio vedere! - E l'ho vista! Per-
ché M. Grazia si è ristabilita e
gira per le strade del paese con
Il SùO bambino.
Ora continuo a pregare Sr.
Eusebia per tutti i casi un po' di-
sperati... ed ho fede.
Anna Galletti - Rio Marina
UNA BRUTTA CISTITE
e aro Bollettino Salesiano,
sono una ragazza di 15
anni e per grazia ricevuta, desi-
dero ringraziare S. Domenico
Savio e Maria Ausiliatrice, per
aver salvato dà una brutta cisti-
te la mia nipotina di un mese.
Desidero che la grazia sia pub-
blicata e spero che Maria Ausi-
liatrice e S. Domenico Savio cu-
stodiscano sempre la mia nipoti-
na e tutti i piccoli della mia fami-
glia.
Letizia (CT)
GRAZIE, SUOR VALSÈ!
U na mia bimba di 11 mesi
e mezzo venne colta im-
prowisamente da dissenteria
acuta di cui non si riusciva a
identìficare la causa, né tanto-
meno si poteva prescrivere una
terapia adeguata. Per cinque
mesi senza tregua continuò ad
essere tormentata da un tale di-
UNA PROTEZIONE
SPERIMENTATA
E sprimiamo la nostra rico-
noscenza a Madre Mazza-
rello per la valida e continua
protezione sperimentata duran-
te l'anno scolastico dalle alun-
ne, educande e orfane.
Segnaliamo inoltre la prote-
zione sperimentata da un giova-
ne operaio che, poco pratico, é
caduto due volte da un'Impalca-
tura con un volo di circa dieci
metri di altezza sulla ghiaia del
cantiere e non ha riportato che
lievi escoriazioni.
Grazie, Madre Mazzarello!
Comunità di
Sacred Heart Convent
Mawlai (Shillong)
CADUTA DA
QUATTRO METRI
1122 febbraio 1985 mia figlia
Maria Francesca, mentre a
scuola si esercitava al quadro
svedese cadde accidentalmen-
D esidero ringraziare pub-
blicamente, a mezzo del
nostro Bollettino, il Servo di Dio
don Callisto Caravario e tutti i
santi salesiani per aver aiutato
mio marito a guarire da una for-
te nevrite ad una gamba. Spero
che i santi salesiani continuino a
proteggere sempre la nostra fa-
miglia.
Rosanna Rossi
Sartirana Lomellina (Pavia)
SALVATO DAL COMA
M io padre si era sentito
Improvvisamente male
tanto che entrava in coma. Pie-
na di fiducia mi sono rivolta a
Suor Eusebia Palomlno: dopo
alcuni tremendi giorni mio padre
riprendeva incredibilmente co-
scienza e ora sta molto meglio.
Prego ancora Suor Eusebia af-
finché protegga sempre tutta fa
mia famiglia.
G. G. - Giarole (AL)
(Livorno) sturbo, che la ridusse allo stre- te da un'altezza di circa 4 metri
mo delle forze, con 6 e anche 7 battendo la testa sul pavimento.
HO UN FIGLIO
DOPO DUE ABORTI
evacuazioni al giorno.
L'urto violento le procurò un
Mi decisi allora a invocare grave trauma cranico, con vasta
l'aiuto del Cielo per Intercessio- ferita lacero-contusa, torpore
ne di suor Teresa Valsé- della coscienza e disturbi psico-
SONO STATA
SEMPRE AIUTATA
D esidero ringraziare pub-
blicamente S. Domenico
Savio per aver esaudito il mio
grande desiderio: avere un fi-
glio. Infatti, dopo due aborti, la
speranza di avere un bambino
si stava offuscando. Appena
seppi di essere di nuovo incinta,
Pantellinl, promettendo di ren-
dere pubblica la mia ricono-
scenza. Era Il mese di marzo. In
aprile la bambina si trovava or-
mai liberata dal terribile distur-
bo, al quale nessuna cura e nes-
suna dieta aveva potuto porre ri-
medio.
Ormai è passato un anno dal-
motori.
Prontamente soccorsa e rico-
verata in ospedale, è stata da
noi affidata a suor Eusebia Palo-
mino: io con tutto il cuore chie-
devo alla Serva di Dio di interve-
nire in nostro aiuto, perché il
trauma non portasse gravi con-
seguenze, come era prevedibile
D esidero rendere grazie
pubblicamente sul Bollet-
tino Salesiano a Maria Ausiliatri-
ce, don Bosco e S. Rita per
avermi fatto trovare lavoro e per
avermi aiutato in qualsiasi mo-
mento della mia vita.
Mirella - Torino

4.8 Page 38

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38 · 7 GENNAIO 1987
I NOSTRI
MORTI
BRANDIMARTE prof. ITALO, ex al-
lievo t Taranto 9/7/1986
Uomo di profonda fede e di Im-
mensa carità. I Salesiani e i giovani
lo ricordano col rosario perennemen-
te Infilato al dito e con le labbra sus-
surranti avemarie. •Don Brandimar-
te •, come scherzosamente lo chia-
mavano alcuni, era un salesiano di
adozione. Ormai in pensione, ma an-
cor giovane, profondeva tutto il suo
tempo per Il nostro istituto: studio,
chiesa, refettorio, ricreazione, segre-
teria e perfino la portineria, in ogni
momento, lo vedevano attivamente
presente. A lui e alla sua famiglia Il
nostro grazie, mentre lo preghiamo
di assisterci ancora.
MARIN slg. LUIGI, ex alllevo t Rosà
a 72 anni
se offerte per le missioni salesiane,
numerosi iscritti all'Opera del S.
Cuore In Roma.
Organizzò in paese la celebrazio-
ne delle Feste Salesiane con Messa
Solenne, accompagno diversi pelle-
grinaggi a Torino e Castelnuovo.
Per il 70° e 80° compleanno rice-
vette, commossa, gti auguri del Ret-
tor Maggiore e per Il 90° nel novem-
bre scorso, la benedizione del Papa.
Trascorse gli ulllml anni In preghiera
consumando le pagine del vecchio
Manuale del Cooperatore Salesiano.
La morte serena coronò una lunga
vita di lavoro e di apostolato dì bene.
L'Ausiliatrice e D. Bosco l'accompa-
gnarono In Cielo nella Festa della
Purificazione.
A giugno si spegneva all'età di 72
anni l'ex allievo Luigi Marin. Nato a PELA MARCHESI DE' TADDEI,
Rosà Il 6 settembre 1914, aveva stu-
diato nell'Asplrantato di Beneva-
sig.ra ELENA, cooperatrice sale-
siana t Meggiaro di Este (PD) a 81
gienna.
anni
Fu combattente nella guerra d'Afri-
ca e per 42 anni Impiegato all'ana-
grafe del Comune di Rosà, fino al
1971 .
Fu sempre affezionato al Movi-
mento ex allievi; fino all'ultimo con-
sapevole del carisma salesiano e col-
legato a una rete di vecchie amicizie
a cui tenne fede.
Partecipe in spirito dell'iniziativa
degli ex allievi a Rosà, a cui non poté
essere presente per la malattia che
lo costringeva in casa, volle sempre
nel nome di Don Bosco mantenere la
sua Identità di ex allievo fedele alla
Chiese e alla Patria.
Lo ricordano In particolare gli ami-
ci di Rosà.
Porgo a nome personale, dei sa-
cerdoti salesiani concelebranti, della
Comunità di Megglaro di Este, della
città intera le condoglianze più since-
re per la dipartita di questa nostra ca-
rissima sorella Elena.
Carissima e t'aggettivo si addice
appieno perché ella è stata e rimarrà
nell'affetto e nella stima, oltre che
dei suoi di famiglia, di quanti ebbero
la grazia e la gioia di accostarla e di
oonoscerla.
Di certo Il Signore le ha riservato Il
suo Cielo. In lei tutto sapeva di genti-
lezza e Intelligenza, di dignità e gu-
sto del sapere.
Proveniente dalla benemerita fa-
miglia Pelà, entrò con il matrimonio a
far parte della famiglia Marchesi de'
Taddei. La nostra sorella Elena fu
GINA OLIVINI, cooperatrice t Fon-
persona che a chiunque dono: ai
suoi di famiglia, ma pure a quanti in-
tanella (BG) a 90 anni
contrò. Donò amore e consiglio al be•
Negli anni 1923-27 accompagnan- ne, servizio ed esemplarità. E segre-
do a Valdocco il fratello, divenuto poi tamente, di continuo, quanti alutò
Salesiano, conobbe D. Bosco e l'Au· per risollevare dalle difficoltà! Il suo
siliatrice e ne fu conquistata.
vivere fu un dono totale.
Fervente Cooperatrice, si adoperò Visse nel dolore accettato. Due
alla diffusione del Bollettino Salesia- bambini le morirono ancora piccoli e
no, dal devoti dell'Ausiliatrice raccol- poi dolori di ogni genere ella accettò
come espressione della volontà di
Dio, senza mai lamentarsi.
Condusse infine la sua vita di 81
anni nella fede che riteneva Il tesoro
più grande: una fede senza smance-
rie, ma autentica, fatta di S. Messe
partecipata quasi quotidiana e recita
del S. Rosario e Sacramenti ricevuti
nell'amore. Nutrendo sempre simpa-
tia verso I Padri Salesiani.
Per tutto questo ella visse In esem-
plarità umana e cristiana, riempendo
bene- I suoi giorni quaggiù, lasciando
a tutti una via luminosa da seguire.
Talvolta cl si chiede ove stiano i
santi oggigiorno: ecco. questi sono I
santi attuati!
Perciò, nel contempo che piangia-
mo, abbiamo motivo di Invocare la
nostra sorella Elena perché dal Para-
diso continui ad amare e a protegge-
re i suoi cari e tutti noi, perché, an-
che con la sua Intercessione, percor-
riamo la strada del bene da lei se-
guita.
SCERPA sig.ra ANGELA MARIA
GRAZIA, cooperatrice salesiana t
a 85 anni
Fu veramente la •Donna Forte• di
cui parlano le sacre Scritture per cui
sempre si guadagnò la stima, la rive-
renza e l'affetto degli amici, dei figli e
fu arricchita dei doni del Signore.
Dal suo matrimonio di fede e di
amore, sempre vissuto con dignità e
responsabilità educativa, a fianco di
Natalino Falcone, deceduto nel
1977, nacquero ben 1Ofigli, del quali
sei vivi. Con generosità e gioia con-
sacrò il primo al Signore nella Con-
gregazione Salesiana. Don Pietro
Falcone, da oltre 46 anni si trova in
Brasile svolgendo attività di respon-
sabilità pastorale salesiana a livello
locale, ispettoriale e nazionale.
Nella penultima e ultima visita del
figlio sacerdote, mentre parenti e
amici consigliavano a rimanere in Ita-
lia dovµto alla situazione cagionevo-
le di salute della signora Angelina, lei
ripeteva con fermezza, anche se con
forte nostalgia e sacrificio; •Mio fi-
glio, va. Questo è li tuo dovere. Cer-
ca di fare sempre il bene special-
mente alla povera gente•.
In tutte le lettere, le ultime scritte
oon mano tremante, ripeteva: •Salu-
tami i tuoi superiori. Cerca di fare
sempre Il tuo dovere. Il Signore ti be-
nedica•.
Donna non molto colla ma di Inten-
sa vita Interiore e salesiana. Lettrice
assidua del Bollettino che cercava
pure di aiutare oon risorse personali.
Dalle sue labbra mai uscivano parole
di critica. I rimproveri, se occorreva-
no, Il faceva a tu per tu. In tutte le
question1 cercava il lato buono per lo-
dare e incoraggiare.
Vincolo di unione e di amore per
tutta la famiglia, per i parenti e amici
che, oltre a rispettarla con venerazio-
ne, ricorrevano al suoi consigli per
comporre liti, per ritrovare la retta via
della fede, dell'armonia e della
pace ...
FUSI slg. GIUSEPPE, Salesiano
Coadiutore t Nazareth a 82 anni
Due case segnano la sua vita, tra-
scorsa In semplicità e servizio: Beit-
gemal, per 45 anni factotum In casa
e ìn campagna; Nazareth, per gli ultl•
ml 14 anni, addetto all'orto e alla sa-
crestia.
Era un elemento di unione In co-
munità: nessuno lo lasciava Indiffe-
rente e per ciascuno aveva un affet-
tuoso rispetto.
La calma continua, il non lamen•
tarsi di nulla danno un'idea del lavo-
rio continuo compiuto su se stesso.
Uomo di fede e di preghiera: il primo
a recarsi In chiesa al mattino, non so-
lo per il suo ufficio di sacrestano, ma
per restare da solo In colloquio con Il
Signore.
Ha chiuso la sua vita generosa,
purificato dalla sofferenza, dopo più
di sette mesi penosa immobilità
trascorsi In ospedale.
DONATI slg.ra GEMMA, coopera-
trice t Como
L'esempio della sua vita semplice,
retta e piena di amabilità, vive nel
cuore del suol tamiglìari, dei suoi
amici e di tutti coloro che l'hanno co-
nosciuta, stimata ed amata.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente oon D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORJNO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredita.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede In Roma (oppure ali'Istituto Salesiano par
le missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile s\\10 in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti•
colarmente per l'esercizio del cullo, per la formazione del Clero e
del Rellgios,, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro del due Enti su Indicati:
• ...annullo ogni mla precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generala Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'/si/Iulo Sales/ano per le Missioni con sede
In Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e del Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
t GENNAIO 1987 39
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento pre grazie ricevute, a cura
del Sac. Romani Giuseppe, U.S.A.,
L. 1.360.000
Borsa: S. Domenico Savio, in rin-
graziamento e Invocando protezione
sulla famiglia, a cura di Maroso Pia,
Vicenza
Borsa: Maria Ausillatrice, confido in
Te, a cura di N.N., L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio di mia ma-
dre Margherita, a cura di Bottasso
Bernardino, CN, L. 1.000.000
Bonu1: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Favaro Sarto•
lomeo, Poirino, TO, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio- Borsa: Maria Auslllatrlee e S. Gio-
vani Bosco, con nconoscenza e im-
plorando protezione, a cura di M.N.,
vanni Bosco, in suffragio dei miei
defunti e invocando protezione, a cu-
- - --- - - - - - - -- L, 200.000
ra di Mramatl Luigia, MIiano
Borsa: Maria Auslllatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a suffragio delgenitori
e del fratello, a cura di Rizzo Rosina,
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani, Droga, parola da cancel-
lare, a cura di N.N., CE
PD, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, In ringrazia-
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di
Patrucco Francesco, Casale P., AL
Borsa: In memoria del defunti Gero-
lamo e figlia Anna, a cura della mo-
glie Jole, L. 500.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento e in-
vocando aiuto, a cura dì Castana Ma-
ria Antonietta, Catania, L. 500.000
mento, a cura di Gobbi Augusta, Ve-
rona, L. 200.000
Borsa: s. Domenico Savio. in rin-
graziamento e invocando protezione,
a cura di Cagnazzo Angela, Lepora-
no, TA, L. 200.000
Borsa: S. Domenico Savio, in me-
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a suffragio del genitori
defunti. a cura di Viglino Caterina, S.
Benigno Can., TO
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco Domenico Savio, invocando
proÌazione, a cura della Famiglia Ma-
gllano
Borsa: Maria Auslllatrlce, In suffra-
gio di Morino Vaccari, a cura della
moglie Orsara Bormida, L. 400.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In memoria e suffragio
del nostri defunti, a cura di Dalponte
Mario, TO, L. 350.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Tomaselli Pappalardo
Agata, Pedara, CT, L. 300.000
moria e suffragio del fratello Michele,
a cura del fratelli, AG. L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, chieden-
do preghiere e protezione, a cura dl
M. e G. Naretto, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando la loro inter-
cessione presso Il S. Cuore di Gesù
per la conversione delle mie figlie, a
cura di Zuvva E. Bovi, Roma,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento e
implorando protazione, a cura di En-
rica e M ichele Cervino
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Saleslanl , invocando protezione sul-
la famiglia, a cura d1 Mensitlerl Ivana
e Giorgio, Latina
Borsa: Marta Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In ringraziamento e in-
Borae: S. Giovanni Bosco e S. Do-
menico Savio, proteggete I miei ca-
ri, picco/I e grandi, a cura di N.N.,
L. 300.000
Borsa: Maria Auslllat.rlce e Santi
Salesianl, in suffragio del miei de-
funti e invocando protezione, in vite e
In morte, a cura di N.N., L. 150.000
vocando protezione sulla fam/glla, a
cura di G .T., Vignale
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani, pergrazia ricevuta, a cura
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani, a cura di Levorato Duccio,
Padova, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco. per une grazie e sup-
plica, a cura d1 Cristiano Orestilde,
Scalea, CS, L 300.000
Borsa: Maria Auslllatrtce, in ricono-
scenza per grazia ricevuta, a cura
della Famiglia Ronchln, TV.
L. 150.000
Borsa: s. Domenico Savio, In rin-
graziamento e per protezione del ni-
potino Giacomo, a cura dl Gaeta
Manfredo, Lanciano, CH, L. 150.000
di Rallo Grazia, TP
Borsa: Maria Ausiliatrice e Simone
Srugl, per grazia ricevuta, a cura di
Re Annunziata, Breme, PV
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, proteggete Inostri figli, a cura di
Spanà Dìego, Olgiate Comasco
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio di Ercole,
a cura della moglie Livia, L. 300.000
Borsa: Marta Ausiliatrice e Don Bo-
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per la protezione della famiglia,
a cura di N.N., L. 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per la pace a la protezione della
famiglia, a cura di Massolino Maria
Gemma, CN
sco, a cura di Terrazzoni Ornano An-
na, La Maddalena, SS, L. 250.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di N.N., Sondrio,
L. 120.000
Borea: in memoria di tutti I miei de-
funti, a cura di Fabris Elisa. Venezia
s. Borsa: Maria Ausiliatrice e Gio-
vanni Bosco, invocando grazie e
protezione. a cura di N.N., Robbiate,
CO, L. 250.000
Borsa: Maria Ausllìatrlce e Don Bo-
sco, a cura di Magnoni Giuseppina,
Milano, L. 120.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, in ringra-
ziamento e invocando protezione, a
cura di Giachini Prof. Mario, Ancona
Borsa: S. Giovanni Bosco, In suffra•
gio del salesiano Don Giuseppe Riz-
zo, a cura della sorella, Orsara Bor•
mlda, L. 200.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
---- ------
Borsa: Don Bosco, chiedendo un al•
logg10 per una persona ammalata, a
cura dì De Vita Rita, NA
Borsa: Beato D. Michele Rua, per
Borsa: Maria Auslllatrlce, in ringra-
grazia ricevuta, a cura di L.F., Tori•
no, L. 200.000
Borsa: In memoria di Don Guido Fa-
vini, sdb, a cura di P.B.
ziamento,
ve
a
cura
di
Greppi
Amelia,
Borsa: Maria Aualllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per protezio-
ne, a cura di R.R., Brescia
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per grazia ri-
cavuta e Invocando protazlone, a cu-
ra di Morino Giuseppina, Volpiano.
TO
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani, Invocando protezione sul-
la famiglla, a cura di Monticelli Enri-
ca, Trevìglio, BG
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, a cura di Nasi Rina Serra, Cu•
neo
Borsa: Maria Auslllatrlce, chiedi per
noi a Gesù misericordia, a suffragio
di Mario e Dante, a cura di Rebora
Pia, GE
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Do-
menico Savio, In ringraziamento e
per protezione, a cura di Rabasslno
Caterina, Vallecrosia, IM
Borsa: Maria Aualllatrtce e Don Bo-
sco, per ringraziamento e invocando
protezione, a cura N.N., Milano
Borsa: Don Bosco, a cura di Colom-
bo Sandra, Lavano, VA
Borsa: Merla Auslllatrlce e S. Fran-
cesco di Sales, a cura di N.N., Ri-
mini
Borsa: Maria Auslllatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, percomple-
ta guarigione di Francesco, a cura
della sorella G.N.
Borsa: SS. Eucarestia e Maria Au-
siliatrice, a cur& di N.N., Milano
Borsa: Santi Salesiani, In ringrazia-
mento, a cura di Macchi Armanda,
GE
Borsa: Don Bosco e Don Rlnaldl,
per le vocazioni, In memoria del de-
funti Sr. Gianna e Gianni Maifredl, a
cura di Maifredl Teresa e Lina, Chiari
Borsa: In memoria di mio padre Gio-
vanni, a cura della figlia
Borsa: S. Cuore di Gesi.1, Maria Au-
siliatrice e Santi Salesiani, In rin-
graziamento e in suffragio di mio fra-
tello Giovanni, a cura di Carona Ro-
sa, Taranto

4.10 Page 40

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'IUEPEIIQUE
TdUIIIICOSM
'IOIIINO, _
Plf:TRO CICCARELLI soa
DON Bosco
e l'altra vita
M. Quoist;
Parlami d amore
L. 16.000
p. Ciccarelli,
Don Bosco
e l'altra vita
L. 6.000
D. Bartholomew,
Dio e il caso
L. 20.000
~liEI