Bollettino_Salesiano_198607


Bollettino_Salesiano_198607

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----------------------- ·
3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
9 VITA ECCLESIALE
Attenzione agli •Scontri sull'ora di religione
di Sì/vano Stracca
Il dibattito sull'ora di religione nelle scuole statali
si fa sempre più vivace. Abbiamo chiesto il parere
ad un illustre catecheta salesiano.
12 VITA ECCLESIALE
Giustizia e pace un nesso da cogliere giorno
per giorno
di Angelo Paoluzi
L'Anno internazionale della pace impone una co-
stante riflessione operativa
16 REPORTAGE
Una casa per viaggiatori senza biglietto e senza
meta
di Giuseppe Costa
Come vivono I ragazzi delle grandi metropoli afri-
cane? L'attività salesiana a Nairobi in Kenya
20 PASTORALE GIOVANILE
Check-Up all'Oratorlo
di P. G.
L'esperienza di un oratorio che riesce ad adeguar-
si ai bisogni giovanili di un territorio
In copertina:
Check-up all'Oratorio
(Servizio a pag. 20)
1 APRILE 1986
ANNO 110
NUMERO 7
26 VITA SALESIANA
Cinquanta milioni di americani ricevono le sue
lettere
di Gaetano Nanetti
Un nostro collaboratore è andato a New York ed
ha incontrato don Edward Cappelletti. Ne presen-
tiamo la singolare attività
29 VITA SALESIANA
Risponderemo per provocare domande
di Pierdante Giordano
Quando uno spettacolo diventa messaggio? È
quando è riuscito a fare un gruppo di giovani ro-
mani sul tema della pace
33 STORIA SALESIANA
I salesiani sulla pista di celluloide
di Marco Bongioannl
L'Autore di questo articolo ha ricostruito i primi
passi e le prime iniziative salesiane nei confronti
del cinema
RUBRICHE
Scriveteci, 4 - Pigy di Del Vaglio, 6 - La lettera di
Nino Barraco, 7 - Libri & altro, 24-25 - I nostri san-
ti, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETiORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioanni - Eugenio Fizzotti - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione è stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccélt0 agosto) per tutti.
* Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana , e s'Impegna a pubblicarle secon-
do il loro Interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldlni) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) in: Antille (a Santo Domin-
go) - Argentina Australia - Austria - Bel•
glo (in fiammingo) - Bollvla Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Ci•
le - Cina (a Hong Kong) - Colombia • Ecua-
dor - Filippine - Francia - Germania - Giap-
pone India (in Inglese, malayalam, tamil e
telugù) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia -
Jugoslavia (in croato e In sloveno) - Korea
del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta
- Messico - Olanda - Paraguay - Perù Po-
lonia Portogallo - Spagna - Stati Uniti -
Thailandia Uruguay Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di indirizzo: comunicare anche l' in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - - - - - -s/1-
I APRILE 1986 3
LAICO?
Il Vaticano II parla di un laico che non è il
«laico» dei giornali.
C'è una forte differenza, infatli, tra «laico» e
«laicista». Tutti e due s'impegnano insieme nel
mondo: l'uno, però, è un cattolico che «crede»,
l'altro è un agnostico che dice di «ragionare».
In una società pluralista ci sono non pochi li-
velli di possibile coinciden.za fra i due, ma la dif-
ferenza è di fondo e con gravi conseguenze pra-
tiche.
11 «laicista» affronta la vita come se Dio non
esistesse, pur non professandosi ateo: ragiona
come se Dio non avesse mai parlato, ne ignora i
disegni; progetta la storia come se Dio non si fos-
se incarnato, ne ignora il Natale; considera il
mondo e la storia solo come materiale di studio
scientifico e di trasformazione tecnica come se
Dio non si fosse espresso nel mondo e non si av-
venturasse nella storia, ne ignora la Pasqua e la
Pentecoste.
C'è da chiedersi: è, questa, un'ottica realista?
è possibile definire in essa i grandi valori umani,
personali familiari sociali e politici? Ma poi, è
pensabile un Dio che non si preoccupi del mon-
do? E lo stesso mondo, non sta proclamando co-
stantemente all'occhio e al cuore dell'uomo qual-
cosa di sostanziale su Dio?
La posizione «laicista» è, nel fondo, più inso-
stenibile di quella dell'ateo: è, di per sé, una spe-
cie di superbia ingenua e blasfema.
Il laico, invece, ragiona partendo dal «miste-
ro» in cui crede: ossia dal progetto dell'amore di
Dio per l'uomo. Dio Padre è amore che crea il
mondo; Dio Figlio è arn~re che redime la storia;
Dio Spirito Santo è amore che trasforma mondo
e storia.
Questo «mistero» (che è pienezza di luce e di
realtà) esige al «laico» di intensificare l'uso della
ragione in forma sempre più acuta e oggettiva,
inquadrandola nell'impostazione globale di tutto
il reale.
infatti il mondo è stato creato per l'uomo af-
finché ne divenga il re con il lavoro, con la scien-
za e la tecnica; l'avventura della storia acquista
un senso attraverso l'impegno dell'amore, fatto
croce di salvezza; e la trasformazione del tutto
passa attraverso l'energia della risurrezione del
Cristo, primogenito di tanti fratelli, font6 di libe-
razione, di giustizia e di felicità.
Così il «laico» è chiamato a partecipare attiva-
mente nella più alta missione storica dell'umani-
tà. Come dice il Concilio: « l'attesa di una terra
nuova non deve indebolire, bensl piuttosto sti-
molare la sollecitudine nel lavoro relativo alla
terra presente, dove cresce quel corpo dell'u-
manità-nuova che già riesce a offrire una certa
prefigurazione che adombra il mondo nuovo»
(LG 39).
Mentre il «laicista» spinge la storia negli intri-
cati percorsi di un labirinto senza meta, il «lai-
co» la muove, passando attraverso iJ Calvario,
verso i grandi orizzonti di un concreto Punto
Omega!
È dunque urgente e magnifico l'appello profe-
tico del Vaticano II sulla vocazione e missione
del «laico» nel rinnovamento della Chiesa e nel-
l'edificazione di una civiltà dell'amore.
Don Egidio Viganò

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Ancora Informazioni
sul volontariato
Scrivo per chiedere informazioni e vi
sarei grata se poteste, se non pubbli-
care una risposta. almeno indicarmi
qualche ente o gruppo a cui rivol-
germi.
Da tempo io e il mio fidanzato deside-
riamo poter aiutare i nostri fratelli me-
no fortunati in Africa o in Asia o in
America con il servizio del volontariato
internazionale ma questo progetto per
il momento deve attendere dato che lo
sto ancora studiando (terzo anno di
matematica). Ci piacerebbe però sa-
pere se è possibile partecipare ad un
campo di lavoro in una missione o In
un centro profughi nel mese di agosto
o anche semplicemente aiutare per il
trasporto del materiale, l'inventario, la
distribuzione. Scriviamo a voi anche
per avere informazioni ed indicazioni
sulle organizzazioni che curano gli in-
terventi nel terzo mondo così da co-
minciare a conoscere ed in futuro par-
tecipare ad un loro programma di svi-
luppo. VI esprimiamo la nostra ammi-
razione per il Bollettino. Grazie della
cortese attenzione.
Sandra Martelli-Claud10 Cavafen
via A. Del Castagno, 19
50053 EMPOLI (F/)
Suggeriamo come altre volte di rivol-
gersi alla Caritas italiana, (V.le Balde/li
41-00146 ROMA· te/. 06/5410286) op-
pure ad uno dei Centri ispettoriali sa-
lesiani. L'indirizzo dell'lspettoria
Ligure-Toscana è il seguente: via Car-
lo Rolando, 15 16151 Genova-
Sampierdarena.
Ancora suor Emanuela
Pace e gioia a voi che avete voluto far
attenzione alla mia letterina pubblica-
ta dal "Bollettino Salesiano... Non vo-
levo che esprimere la mia gratitudine
a S. Giovanni Bosco e a Maria Ausilia-
trice per quello che avevo ricevuto di
bene, di santo e di bello studiando nel-
la scuota salesiana.
Ed invece, ecco le molte persone: gio-
vani, adolescenti, signorine, giovani
coppie, anziani, mamme e papà, sa-
cerdoti e suore hanno telefonato e
scritto per avere luce, consiglio, pre-
ghfere. Sono molti.
Pian piano rispondo a tutti personal-
mente, ma intanto voglio rassicurare
questi cari fratelli e sorelle - più o
meno provati, più o meno in sofferen-
za, più o meno in Croce con Cristo -
che non li dimentico, che ogni giorno
parlerò di loro al Signore Gesù, per-
ché Egli diventi faro luminosissimo al-
la loro vita, conforto alle loro sofferen-
ze, benedizione e pace alle loro anime
e nelle loro famiglie.
Vorrei Inoltre rivolgermi a quanti han-
no letto e forse non hanno osato scri-
vere. Sono vicina a tutti con la mia
preghiera, perché in Cristo tutti ab-
braccio e conosco.
Ai giovani poi vorrei far provare quan-
to sia bello amare e servire il Signore
anche nelle ·mura di un convento, di
un chiostro! Vorrei far provare quello
che ho provato io quando sono
entrata!
Oggi la Chiesa, che è Madre, permet-
te a chi ha in cuore di decidere seria-
mente della propria vocazione di fare
esperienza diretta della vita religiosa
all'interno della Comunità, perché la
scelta sia libera e cosciente. E qui, nel
nostro Monastero proprio quelle ra-
gazze venute per qualche giorno di
esperienza hanno capito che il Signo-
re le voleva tutte per Sé... e sono rima-
ste. Oggi, sono felici di aver trovato ìl
loro postai Nessun impegno, una
semplice esperienza di vita, ma se in
cuore c'è ìl germe della chiamata non
può che germogliare al calore umano
e divino di un chiostro... e ci si ritrova
a vivere con Dio per sempre!
Grazie ad ognuno per il calore con cui
ha accolto il mio messaggio e non du-
bitate: siete tutti nel mio cuore.
Sr M. Emanuela de//'Eucares/1a
e di Sant'Agnese
Carmelo S. Anna
Via 8.P Caldarozzi, 32
00032 CARPINETO ROMANO (Roma)
te/ 061979049
Esercizi spirituali
Ricevo mensilmente il Bollettino ed ho
ritenuto opportuno scrivervi sperando
che possiate accontentarmi su quanto
chiedo: desidero avere un indirizzo
dove poter fare gli esercizi spirituali.
Mi rivolgo a voi sperando di avere una
risposta, sappiate che ho 38 anni e so-
no diplomato.
Rosar,o Comunale
via del Carmine. PaJ_ B n 25
98013 CONTESSE/MESSINA
Le suggeriamo di rivolgersi al Centro
Cooperatori Salesiani, via Citali 7
95123 CATANIA.
Apprezzo Il bollettino
Ricevo puntualmente il B.S. , La rin-
grazio vivamente per farmelo recapi-
tare. Ne apprezzo ampiamente il con-
tenuto, la forma e lo stile, inconfutabil-
mente di spirito salesiano. Sono ex al-
lievo, ne sono orgoglioso per questo e
grato a S. Giovanni Bosco.
Casa «Cardinal Cagliero,. di Ivrea, fu
per me, nido e fucina potenziale di
concreta spiritualità.
Padre di ben 8 figli, provvidenzialmen-
te ben cresciuti, con in loro l'argento
vivo nelle vene, vivo un'esperienza fa-
miliare, colma di consolazioni, eviden-
temente, pur nell'impegno e nella de-
dizione ai connessi doveri di genitore
responsabile.
Don Bosco, non ha mai cessato di es-
sermi Padre, né da giovane, né da uo-
mo maturo e vorrei, che continuasse
ad esserlo anche per i miei figli, portati
alla vita, per attuare Il piano di Dio.
Convengo perciò, che Don Bosco,
non abbandona i suoi figli, anzi li con-
duce, anche se per vie diverse, nella
stessa direzione, quella di Dio, per
capirci.
Il B.S., di cui Egli ne fu fondatore prov-
videnziale, custodisce gelosamente il
suo insegnamento e ne propala nel
mondo tutto lo spirito. A quanti lo rice-
vono, infonde la gioia di esserGli vici-
no, a Lui, Don Bosco Santo.
Ancora grato a Lei, caro Direttore, elo-
giando le sue iniziative certamente
protese al buon successo della rivista
B.S., unitamente alla mia famiglia,
cordialmente La saluto, e con Lei, tutti
i Lettori del B.S.
Goldoni Romano Giorgio
Via Ch1arugi n , 47 - 45100 Rovigo
Due libri per Antonio e Il Profes-
sore
Net numero 3 del caro Bollettino Sale-
siano è pubblicata la lettera « Il profes-
sore contro la religione,. che fa capire
come oggi i ragazzi sono esposti indi-
fesi a questi pericoli.
Vi prego vivamente di far sapere a
questo ragazzo che siamo disponibili
a regalargli due libri che certamente
saranno utili.
Li faccia leggere al professore: Ecco i
titoli: «Certezze su Gesù» e «Dio si ri-
vela ancora»?
Scrivere e richiedere a Comunità Edi-
trice 95031 ADRANO (Catania)
Alma D'Ambrogt
Roma

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BURUNDI
Nuova chiesa in onore
dei martiri Beati Versiglia
e Caravario
D opo aver contribuito
generosamente alla
costruzione di una
chiesa dedicata ai martiri
salesiani beati Luigi Versiglia
e Callisto Caravario a
Monigran in India, la
Diocesi di Tortona ne ha
eretta un'altra a Nyabisindu
in Burundi.
La chiesa è stata benedetta
dal vesoovo di Tortona il 9
febbraio scorso alla presenza
non soltanto di monsignor
Luigi Bongianino ma anche
di una delegazione di
tortonesi.
In Burundi essi si sono
incontrati con don Alfredo
Ferrari, con le Suore
Dorotee e con la comunità
cristiana di Murayi, che da
ormai 14 anni è diventata
cara al cuore della comunità
cristiana diocesana di
Tortona.
ln questi anni infatti grazie
all'aiuto della Diocesi di
Tortona animata daJJ'Ufficio
Missionario Diocesano si
sono realizzate tante
iniziative utili aJJa crescita
delle due comunità: quella di
Tortona e quella di Murayi.
Purtroppo la situazione
politica del Burundi non
consente di fare di più.
INella foto:
La chiesa di
Nyabisindu dedicata a
monsignor Versiglia e
don Caravario.
GERMANIA
Festa di don Bosco fra gli
emigrali di Gummersbach
P reghiera, lavoro,
allegria: è il classico
motto salesiano, aJJa
cui insegna si è svolta
quest'anno la festa di Don
Bosco tra gli emigrati della
Missione Salesiana di
Gummersbach. Il lavoro,
condito di preghiera e di
grazia di Dio (questa è
l'allegria salesiana!) è la
strada alla santità, che don
Bosco aveva suggerito a
Domenico Savio.
Un momento significativo
della festa è stato la
consegna di sei attestati di
benemeranza ad altrettante
persone attivamente
impegnate nel campo
dell'apostolato: Gaetano
Jngrassia, Mimmo Bertela,
Salvatore Bringheli,
Giovanni Macri, Sebastiano
e Carla Riera.
Buona partecipazione ha
avuto la Mostra d'Arte Don
Bosco, giunta alla 6°
edi.zione, con pregevoli
lavori di pittura e
artigianato.
Sradicato dalla propria terra
e dalle proprie tradizioni e
buttato allo sbaraglio in una
zona di forte diaspora
religiosa e geografica,
I APRILE 1988 5
La festa di Don Bosco 1986
è stata una buona occasione
per benedire i locali e per
riunire a Ondo tanti amici.
Lo stesso ispettore don
Pietro Scalabrino cosi
descrive la festa:
«Sabato I O febbraio è
arrivato da Lagos lo stesso
Nunzio apostolico, mons.
Paolo Tabet, per la
benedizione degli edifici e
per l'avvio ufficiale della
nuova Parrocchia.
C'è il Vescovo di Ondo,
l'ispettore d. Scalabrino, i
salesiani di Akure, alcuni
Fratelli delle Scuole
Cristiane, Missionari SMA,
Suore dell'ospedale e della
Scuola cattolica, numerosi
I Nella foto:
Un momento della
premiazione.
gruppi delle parrocchie della
zona guidati dai loro Capi-
comunità, i famosi Baba-Ijo;
da Vigliano Biellese è
arrivato il direttore tecnico
l'emigrato ritrova in questa del Centro Professionale,
tappa salesiana annuale la sig. Vincenzo Diana, con
gioia di stare insieme, di
l'incarico di piazzare i primi
cantare, di sperare.
macchinari provenienti
dall'ispettoria Novarese-
NIGERIA
Elvetica (tornio, fresatrice,
trapano e seghetto); da
Lagos, Ibadan e Benin City
Celebrata a Oodo la festa di una cinquantina di italiani e
Don Bosco e inaugurati
lo stesso Ambasciatore
nuovi edifici
, opera salesiana di
Ondo in Nigeria
L cresce.
dott. Livio Muzi Falconi.
Come contorno gioioso e
vivace tanti, tanti, ma tanti
bambini! I più felici sono
don Italo, d. Gabriele e il
Grazie alJ'impegno
dell'ispettoria di Novara
Nella foto:
dopo che il 26 dicembre 1983
è stata messa la prima
pietra, sono sorti tre edifici:
la chiesa, la casa
parrocchiale e un grande
salone-officina.
Al termine della
Concelebrazione.
Al centro il Nunzio
Apostolico, a sinistra
don Scalabrlno e a
destra il vescovo di
Ondo.

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6 · ' APRILE 1986
sig. Giovanni: tante fatiche e
preoccupazioni non sono
state inutili.
Alla concelebrazione
eucaristica tutto è solenne. Il
coro locale si esibisce per la
prima volta con suggestivi
canti yoruba, al ritmo dei
tamburi e con delicati cenni
di danza. All'omelia iJ
Nunzio presenta il Santo dei
giovaci, ricordando quanto
ha visto realizzare da
salesiani in Egitto,
nell'America Centrale e in
Lran. n vescovo fa memoria
degli arrivi salesiani in
Nigeria (l'esplorazione di
don Piero nell'SI, la prima
spedizione dei tre missionari
nell'82, la loro preziosa
esperienza parrocchiale al
St. Patrick e l'odierno
trapianto al St. John). Don
Scalabrino, dopo il saluto a
nome del Rettor Maggiore,
rievoca il sogno missionario
di don Bosco nel 1886, cento
anni fa, quando viene
invitato a tirare una linea da
Pechino al Cile... una linea
che passa proprio sulla
Nigeria! Con commozione si
domanda: don Bosco avrà
già visto nel sogno la Nigeria
salesiana?
Benedetta la lapide-ricordo e
fotografati i variopinti
gruppi etnici, prende il via la
festosa accademia all'aperto:
Pl<AV di del
sventolio di bandierine, rullo
di tamburi, danze in
costume, scenette
catechistiche, canti
tradizionali, lancio di
palloncini... e tutto uno
scoppio dì gioia in un
contesto culturale
tipicamente africano.
Con un assolo improvvisato
conclude l'ispettore cantando
«Giù dai colli un cli lontano,
sei venuto a questo piano...
Don Bosco ritorna tra i
giovani ancor... ». Dai colli
del Monferrato è venuto a
questa collina che porta il
suo nome per stare con altri
giovani. Questo solito prete
piemontese. che ha iniziato il
suo apostolato tra i giovani
muratori di Torino
(moltissimi biellesi), vuol
continuare in terra nigeriana
la sua esperienza pastorale:
una casa che accoglie, una
parrocchia che evangeliua,
una scuola che avvia alla
vita e un cortile per
incontrarsi da amici e vivere
in allegria.
E il giorno dopo, 2 febbraio,
la parrocchia ha iniziato la
sua vita pastorale e
salesiana: messa cantata in
yoruba, catechismi, giochi
popolari nel prato affollato
di ragazzi, qualche capretta
in libera uscita, persino una
mamma che giocava a
pallavolo con il bambino
legato afla schiena... ».
STATI UNITl
Due « logos11 sul centenario
, approssimarsi
dell'anno
L centenario della
mone di Don Bosco mette
sempre più in movimento la
Famiglia Salesiana.
Ecco due «logos» che il
dinamico don Lorenzoni ha
fatto preparare ad una
famosa agenzia pubblicitaria
americana.
li presidente della
SIDJAKOF BERMAN &
GOMEZ DESIGN
COMMUNICATIONS, Mr.
Michel F. Purvis ha voluto
che fosse un dono ai
Salesiani.
Non è poco se si pensa alla
fama dell'agenzia che cura
fra l'altro l'immagine della
Bank of America e della 3M.
Autore del bozzetto è David
Curtis il quale ha lavorato su
una foto di Don Bosco del
1880.
Father Larry, come
affeuuosameme gli
americani di S. Francisco
chiamano don Lorenzoni, e
che qui vediamo con una ...
rosa all'occhiello assieme a
Mister Purvis e al gesuiLa
John LoSchiavo rettore
dell'Università di San
Francisco, dice che negli
SLati Uniti le celebrazioni
centenarie saranno favolose.
Egli è uno dei membri della
commissione nazionale che si
e riunita già quattro volte a
New Rochelle nei pressi di
New York.
((
--
DON BOSCO SPAGNA
Centenario della visita di
Don Bosco a Barcclonn
L a visita di Don Bosco
a Martì-Codolar
(Barcelona) nel 1886
viene ricordata in Spagna da
particolari iniziative nella
ricorrenza centenaria. Le
celebrazioni - aperte il 31
gennaio 1986 - avranno il
loro culmine _proprio nei
giorni prossimi con la
presenza in Spagna di don
Egidio Viganò che dopo aver

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- -- -- - - - - - - - -sB
I APRILE 1986 7
a lettera di Nino Barraco
SOPRATTUTTO
PER TE
I Nella foto:
Il Templo del Tibldabo
a Barcelona oggi e In
una foto d'archivio.
predicato dal 24 al 30 aprile
gli Eserci1,i Spirituali ai
Direttori delle Case Salesiane
della Spagna e del
Portogallo, presiederà il 4
maggio una solenne liturgia
eucaristica al tempio del
Sacro Cuore del Tibidabo.
Altri incontri previsti sono
quelli delle figlie cli Maria
Ausiliatrice (30 maggio), dei
giovani al Campobosco
nazionale del 19-28 luglio ed
ancora dei giovani salesiani
dal 6 al 17 settembre.
I Nella foto:
Il card. Wetter accolto
dall ' Ispettore
Don A. Brecheisen
GERMANIA
n card. \\\\ elter in visita
alla comunità di Monaco
I I card. Guscav
WETIER, arcivescovo
dì Monaco cli Baviera,
il 26 gennaio 1986, in
occasione della festa di San
Giovanni Bosco è stato
ospite della locale Comunità
Salesiana, presiedendo la
Concelebrazione Eucaristica
e partecipando al pranzo
insieme a oltre 600 membri
della Famiglia Salesiana.
Carissimo,
è Pasqua. Gloria di campane, mistero di resurrezione,
festa dell'impos~ibile, esplosione di vita.
Mareggiata di perdono, di speranza, di salvezza sulla
terra delJ'uomo.
Eppure, tu mi dici che la rua vi1a è un inferno, che non
bai scampo, che loui nella disperazione, nel buio, nel pec-
cato, e che, perciò, non farai Pasqua con Lui.
Fratello mio, come farò a farmi capire? Se è Pasqua, è
Pasqua proprio per te!
Tu sei quello che Dio ha pensato di più, quello che Egli
ha amato di pii1, quello che Egli ha cercato cli più.
Dio non viene per quelli che si sentono a posto. Viene
per i peccatori, per i pubblicani. Mangia con loro, non ha
paura di contaminarsi, non si meraviglia dei peccati del-
l'uomo. Ha bisogno cli amare, dj compatire, cli salvare.
Turra la parola di Dio è, anzi, contro quelli che si sento-
no a posto, di casa, contro queW che si ritengono giusti,
che pensano di non aver bisogno di perdono.
Vorrei dire, Dio ha una istintiva incompatibilità verso
costoro. E si capisce: si sente disarmato, inutile.
Dio fa Pasqua per Le, li dà la mano.
La prova più sconvolgénte dell'amore di Dio è proprio
questa, che Egli non aspetta il tuo amore per amarti. Egli
ama per primo. Egli ama nonostante tuuo. Egli ama in
pura perdita.
Egli viene per fare comunione con i più deboli, con i po-
veri, con gli ammalati, non per fare scomuruca.
Era stato scritto: (di cieco e lo zoppo non entrerarino
nella casa». Ma Cristo rivolge la sua convocazione pro-
prio a quelli che sono scanati dai giusti: «Esci per le vie
della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi, zoppi ... per-
ché la casa si riempia».
Sì, è Pasqua.
Dio viene per te, soprattutto per te.
Per tuui coloro che vivono nel dubbio, nell'oscurità,
provati dalla tentazione, dal dolore. Per tutti coloro che
han~o bisogno di perdono, di comprensione, di miseri-
cordia.
Dio è fatto per tutti coloro che sanno di essere nel pecca-
to, e, ciononostame, hanno un sogno nel cuore. Un sogno
di purezza, di santità, di lotta, di amore. Un sogno, assie-
me ai fratelli, di Ubertà infinita. Dalla paura, dal peccato,
dalla morte.
Dio non è lontano. È dentro di te. Vuole sedersi a casa
tua, vuole aiutarti a ricomporre il tuo progetto di vita,
vuole fare Pasqua con te.
No, non lasciare la sua mano di Amico sospesa nel
vuoto!

1.8 Page 8

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8 · f APRILI; 1985
ITALIA
A Faenza una vetrata per
don Cimatti
L a figura del Servo di
Dio Mons. Vincenzo
Cimatti acquista
sempre più chiari i
lineamenti della sua santità,
a seguito degli studi che si
vanno facendo sulla sua vita
e delle testimonianze che è
stato possibile raccogliere in
questi anni.
Diversi scrittori hanno
illustrato la sua straordinaria
statura morale, religiosa,
sociale e salesiana attraverso
libri scrupolosamente
documentati. Ora è la volta
anche degli artisti. A Faenza
nei mesi scorsi il pittore
Ferruccio Savini dipinse il
volto di Mons. Cimarti per il
museo cimattiano di Tokyo;
in questi giorni il Prof.
Goffredo Gaeta, artista di
fama internazionale, ha
terminato la composizione di
una pregevole vetrata
artistica, destinata anch'essa
allo stesso museo.
Tale opera merita una
particolare attenzione, sia
per i favorevoli giudizi di
tanti esperti, come anche per
la soddisfazione manifestata
dalle centinaia di persone
che sono venute all'Istituto
Salesiano per vedere l'opera
esposta al pubblico, prima
che venisse spedita in
Giappone.
La grande vetrata
(m. 5 X 2,50) rappresenta
l'episodio dell'incontro di
Vincenzo Cimatti, bambino
di tre anni, con Don Bosco il
giorno in cui il santo nel
1882, venuto a Faenza per
far visita alla Comunità dei
Salesiani, parlò alla
popolazione nella chiesa dei
Servi. Le parole di Don
Bosco avevano elettrizzato i
cuori degli ascoltatori, tanto
che la mamma di Mons.
Cimatti, che aveva il
bambino al collo, a un ceno
punto lo levò in alto
gridandogli: « Vincenzo,
guarda Don Bosco! ».
«Un incontro che non ho
mai dimenticato», soleva
ripetere a tutti Mons .
Cimatti, già avanti negli
anni.
L'opera ba riscontrato il più
ampio consenso, perché,
mentre conserva la
giustificazione funzionale
dell'impiego di ogni vetrata
policroma, che è quella di
carattere decorativo-
didascalico, unisce (ciò
accade in ogni opera
moderna riuscita) anche
l'apporto che gli viene dal
gioco della luce, «fattore
emotivo di un interno
culturale, dove il credente
deve poter trovare le
condizioni più adatte a
esprimere i propri
sentimenti)), come giudica il
critico D. Savioli.
speranza, mentre è destinata
a fallire ogni operazione che
sa di isolamento deluso e
rivendicativo. E soprattutto
vince don Bosco e il suo
straordinario dono dello
Spirito».
Migliaia di giovani a Treviso
per parlare di Cristo
BRASILE
I PalaVerde di Treviso il L'azione di uu salesiano
19 gennaio ha visto
laico a Belo Horizonte
I riunita una folla di
' almeno cinquemila giovani
per parlare e sentire parlare
arcivescovo di
Belo Horizonte
L di Gesù Cristo.
Serafim, sempre
L'incontro - organizzato attento ai grandi problemi
dall'ispettoria salesiana san del mondo giovanile,
Marco - ha avuto il suo soprattutto per quanto
momento più partecipato
riguarda la gioventù povera
quando il giornalista-
e abbandonata, ha affidato
scrittore Vittorio Messori ha la coordinazione generale
intervistato don Egidio
della pastorale giovanile al
Viganò, Rettor Maggiore dei salesiano laico Raimundo
Salesiani su temi di
Rabelo de Mesquita, assai
particolare attualità
conosciuto per le sue
ecclesiale: il Sinodo, il Papa, capacità organizzative e per
i giovani, la loro spiritualità. la sua ricca esperienza in
«La grande assemblea
merito. Secondo
giovanile del Palaverde - ha l'arcivescovo, l'arcidiocesi di
scritto a conclusione della Belo Horizonre potrà
manifestazione l'ispettore partecipare con le risorse
don Zuppini - ci ha
economiche di cui dispone:
insegnato che sotto la dura ad essa si affiancherà anche
scorza del lavoro quotidiano l'opera dell'Università
scorre la vita della Grazia, Cattolica. Mesquita ha
che è dono di Dio. Una vita affermato di avere un po' di
frutto di fatiche, di
paura... davanti a questa
sofferenze, ma proprio per grande responsabilità. li
questo Vita vera. Ci ha
nuovo coordinatore generale
insegnato che vince la
ha pure affermato: «Ora più
cultura della comunione,
che mai, la presenza e la
della condivisione e della
partecipazione dei
I Nella loto:
Un momento della
manifestazione.
Cooperatori sarà così
importante. Essi sono la
chiave-maestra».

1.9 Page 9

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- VITA ECCLESIAL,1..-- - - - - - - - -- - -- s/1-
1 APRILI:. 1986 · 9
ATTENZIONE
AGLI ccSCONTRI»
SULL'ORA
DI RELIGIONE
Alla fine di febbraio
l'episcopato italiano si è riunito in
assemblea straordinaria per affron-
tare il problema dell'insegnamento
della religione nelle scuole pubbli-
che. I vescovi hanno preso una serie
di importanti decisioni su temi con-
cernenti i programmi nei vari gradi
di scuola, l'approvazione dei libri di
testo, la definizione dei criteri per il
riconoscimento e la revoca dell'ido-
neità all'insegnamento, gli istituti di
scienze religiose abilitati a rilasciare
titoli di qualificazione per l'insegna-
mento.
«È una discussione che viene da
lontano», sottolinea don Emilio Al-
berich, docente di catechetica fon-
damentale presso l'università sale-
siana. «Si è sviluppata moltissimo
alla fine degli anni '60 e lungo gli
anni '70 con dibattiti, convegni, in-
contri, ricerche. Poi si è attenuata,
ma è ritornata d'attualità con la fir-
ma dell'accordo di modificazione
del Concordato lateranense. La di-
scussione investe sia il problema di
fondo, l'opportunità o meno della
religione nella scuola, sia le modali-
concrete di gestione, i contenuti,
i metodi».
D. Come giudica la situazione
dopo la firma dell'Intesa del 14 di-
cembre 1985 fra la Conferenza epi-
scopale e il Ministero della Pubblica
Istruzione?
R. Ci troviamo di fronte ad una
specie di via di non ritorno rispetto
alle idee che si erano fatte strada per
un insegnamento della religione più
Abbiamo posto una serie di
interrogativi a don Emilio
Alberich, docente di catechetica
all'Università Salesiana ed esperto
di valore internazionale su un
tema di particolare attualità
educativa prima che politica.

1.10 Page 10

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10 I APRILE 1986
decisamente inserito nelle condiz-io-
ni della scuola e più chiaramente ca-
ratterizzato daUa sua finalità educa-
tiva e culturale. Gli accordi concor-
datari ci obbligano purtroppo a ri-
vedere l'insegnamento della religio-
ne in chiave più decisamente confes-
sionale, anche se non si dovrebbe
assolutamente perdere di vista la
connotazione fortemente scolastica
che tale insegnamento deve avere.
D. Il problema si differenzia so-
stamialmente per la scuola privata?
R. Naturalmente la scuola priva-
ta confessionale parte da presuppo-
sti di una certa omogeneità di ispi-
razione, nel nostro caso di ispirazio-
ne cristiana, che collocano l'inse-
gnamento della religione in un con-
testo più favorevole e più consono a
tutto l'insieme del progetto educati-
vo. Almeno in teoria. Nella pratica
tutti sappiamo che spesso le condi-
zioni reali avvicinano molto la scuo-
la privata a quella pubblica.
D. Secolarizzazione e pluralismo
sono connotati essenziali della no-
stra società. Come tenerne conto?
R. L'insegnamento della religio-
ne deve prendere come situazione di
base fondamentale quella di una so-
cietà pluralista e secolarizzata, dove
l'appartenenza religiosa non è più
un dato scontato. Che cosa significa
in concreto tener conto di questo
reale pluralismo? Vuol dire che non
va presupposta la fede, imposto
un comportamento di tipo ecclesia-
le. Deve essere perciò un insegna-
mento fondamentalmente aperto.
D. Da questo punto di vista la si-
tuazione italiana si differenzia da
altri paesi?
R. L'insegnamento della religio-
ne da noi non è confessionale per
quel che concerne il destinatario. In
altre parti, invece, l'insegnamento
della religione cattolica è, per prin-
cipio, cosa riservata ai cattolici. In
Italia si tratta di un insegnamento
offerto a tutti. Nessun presupposto
viene richiesto agli alunni, salvo
quello di volersi avvalere di tale in-
segnamento. Nella sua impostazio-
ne e nella sua gestione bisognerà,
dunque, tener conto di questo effet-
tivo pluralismo di posizioni da parte
degli studenti.
D. Qual è l'atteggiamento in ge-
nerale dei giovani di fronte al pro-
blema?
R. Non è possibile dare una ri-
sposta univoca. Dalle inchieste e dai
rilevamenti fatti in passato risultava
un grande interesse di molti per l'in-
segnamento della religione. Al tem-
po stesso emergeva però una forte
critica nei confronti del modo con-
creto in cui veniva svolto quest'inse-
gnamento, sia pure con grandi va-
rianti a seconda delle regioni, dell'e-
strazione sociale, eccetera.
D. Si segnalano anche aspetti di
un rinnovato interesse per la proble-
matica religiosa.
R. Indubbiamente. Si pensi, per
esempio, al problema del senso del-
la vita. A quello della convivenza
tra gruppi diversi e del dialogo fra
gruppi religiosi e non religiosi pre-
senti nella società. A quello della
pace e del futuro dell'umanità che e
Don Emlllo Alberich
legato in certa misura alla visione di
fondo sull'uomo. Se il tema dell'in-
segnamento della religione viene
presentato bene, ha tutte le carte in
regola per essere argomento cultu-
ralmente e educativamente impor-
tante.
D. Quali le esigenze più souo/i-
neate in ordine alla formazione dei
docenti?
R. La più avvertita è que!Ja di
una più accentuata professionalità.
Ovviamente si pongono qui proble-
mi sia di statuto giuridico, sia di
preparazione culturale e scientifica,
anche per il fatto che non esiste una
struttura statale che garantisca, co-
me avviene nella Germania Federa-
le, una preparazione professionale.
Credo che ci sia ancora molto da fa-
re per un'autentica professionalità
degli insegnanti di religione rappor-
tata ai parametri normali della
scuola.
D. In che rapporto l'insegna-
mento della religione dovrebbe col-
locarsi con le altre materie?
R. Un rapporto di piena integra-
zione. È ormai superata l'idea che
la scuola di religione sia una sorta di
parentesi sacra nella scuola stessa,
che la presenza del sacerdote sia più
di tipo pastorale. L'insegnante deve
essere un vero insegnante. 1n questo
senso bisogna fare sforzi perché egli
possa essere alla pari con gli altri
come capacità pedagogica e didatti-
ca, come preparazione scientifica,
in una parola come professionalità.
D. E che cosa dire dei testi?
R. Non devono essere semplice-
mente un'edizione rivista dei cate-
chismi, dato che è ormai comune-
mente accettata la distinzione che
una cosa è la catechesi dei credenti
che fanno un cammino di fede e al-
tra l'insegnamento della religione
nel contesto scolastico. Anche i testi
dovranno corrispondere a questa
connotazione più squisitamente
educativa e culturale propria del-
l'insegnamento della religione nella
scuola. Si dovranno stimolare crea-
tività e competenza.
D. Si discute molto sull'età della
scelta da parte dei ragazzi: quattor-
dici, sedici anni...

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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- - - - - - - - - -sB-
I APRILE 1986 · 11
R. Pedagogicamente parlando,
non si dovrebbe stabilire una for-
mula puramente giuridica. Dire
cioè: a quest'età è il ragazzo a sce-
gliere, prima sono i genitori. Posso-
no esserci formule intermedie. In
Austria, per esempio, c'è una certa
graduazione. Si sostiene così che ad
una certa età sono i genitori a dover
decidere, ma non senza parlarne al
ragazzo; dopo, è il ragazzo, ma non
senza parlarne con i genitori. È pos-
sibile prevedere un momento di dia-
logo, di aiuto, di appoggio. Questo
vale soprattutto per quell'età fra i
14 ed i 16 anni in cui il ragazzo co-
mincia già ad avere una sua consa-
pevolezza, ma forse non la maturità
per decidere da solo.
D. E che pensa del ruolo dei ge-
nitori?
R. Devono essere veri educatori,
ossia formatori di una personalità
libera ma al tempo stesso illumina-
ta, in modo che il ragazzo acquisi-
sca poco alla volta gli elementi ne-
cessari per fare le proprie scelte.
Vorrei ricordare qui che le inchieste
fatte qualche anno fa da Giancarlo
Milanesi rivelavano migliori moti-
vazioni negli studenti che nei geni-
tori. Soprattutto per le scuole supe-
riori si è potuto constatare come
spesso gli studenti fossero più sensi-
bili ai valori fondamentali, mentre i
genitori si fermavano a motivazioni
di natura moralistica.
D. In che misura questa nuova
fase dell'insegnamento della religio-
ne provoca anche i salesiani?
R. Siamo partecipi delle comuni
preoccupazioni. Fa parte del nostro
cadsma, e della nostra tradizione,
l'interesse particolare perché la for-
mazione religiosa non sia svincolata
dalla promozione globale della per-
sona. L'accostamento ai problemi
della fede e della religione va di pari
passo con la crescita generale della
personalità.
D. Si può parlare, comunque, di
un momento positivo perché ricco
di nuove provoca;,ioni?
R. È positivo nel senso che è
sempre uno stimolo a ripensare ed a
migliorare. Non è però del tutto po-
sitivo per le circostanze in cui avvie-
ne questa fase di transizione. Esse
rischiano di proporre l'insegnamen-
to della religione in un contesto di
odiosità a causa dello scontro tra le
parti politiche. Non sono inoltre
convinto che lo strumento concor-
datario sia iJ più adeguato per risol-
vere un problema di questo genere.
D. Perché?
R. Lo mette nella luce impropria
e innaturale di un trattato interna-
zionale. Più di pattuizione tra pote-
ri che di ragionamento pedagogica-
mente efficace. Sarebbe molto da
lamentare se la nuova fase dell'inse-
gnamento della religione dovesse si-
gnificare un clima di rivalità, di
paura cli discriminazioni, di risenti-
menti delle diverse parti interessate.
Ciò metterebbe in cattiva luce una
realtà che deve invece essere al ser-
vizio dell'educazione.
D. E chefareper evitare un simi-
le pericolo?
R. Occorre non chiudersi in nes-
sun tipo di ghetto confessionale.
C'è infatti il rischio di propendere
per una specie di catechesi ecclesiale
fatta a scuola. La linea da seguire è
invece quella di considerare la scuo-
la come un luogo di mediazione cul-
turale. La nostra preoccupazione
deve essere quella di raggiungere i
ragazzi più lontani e più scettici nei
confronti del fatto religioso. Un in-
segnamento in chiave di evangeliz-
zazione, di dialogo con la cultura,
di apertura agli altri, più che di con-
servazione verso i ragazzi che già
raggiungiamo e che continueremo a
raggiungere.
Silvano Stracca

2.2 Page 12

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_ VITA ECCLESIALE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
12 · I APRILE 1986
I problemi della pace
G1usT1z1A E PACE
UN NESSO DA COGLIERE
GIORNO PER GIORNO
C'è il rischio che temi
come la pace, la giustizia,
lo sviluppo vengano
considerati lontani dai
nostri interessi immediati.
E /:Anno internazionale
della Pace? Ricordiamo
gli insegnamenti ed i
messaggi di due Papi.
Chi continua a ricor-
darsi che le Nazioni Unite hanno
proclamato il 1986 Anno Interna-
zionale della Pace? Non certo quelli
che dirigono conflitti," esercitano
occupazioni militari, stimolano si-
tuazioni di oppressione e ingiusti-
zia, conducono o reprimono guerri-
glie, si compiacciono del terrorismo
privato o di Stato; spendono e fan-
no spendere nel commercio delle ar-
mi fra gli ottocento e i mille miliardi
di dollari, una cifra - approssima-
tiva per il 1985 - con quattordici
zeri se tradotta in lire: un milione e
cinquecentomila miliardi, quindici
volte il bilancio annuo di un paese
come l'Italia, al diciannovesimo po-
sto nella lista dei «ricchi».
Per un paio dì casi che hanno
avuto soluzion; accettabili alla co-
scienza civile, Haiti e le Filippine,
quanti Uganda, Ciad, Iran-Irak, Li-
bano, Yemen del Sud, Cambogia,
Afghanistan, Nicaragua, Cile, Sud-
africa, Angola, quante repressioni e
rivolte dimenticate di minoranze et-
niche o religiose, Timor, Burundi,
Eritrea, Nord-Est del Brasile, ebrei
sovietici, palesùnesi, ghetti negri in
America e in Sudafrica, intolleranze
islamiche, immigrazioni bengali o
maghrebine, discriminazioni di la-
voratori stranieri. Aggiungiamo il
peso dei debiti delle nazioni povere
che spesso devono pagare interessi
sui prestiti internazionali pari aJJa
metà del loro prodotto nazionale,

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - -~ -
I APRILE 1986 13
per una cifra complessiva che ormai
si aggira sui novecento miliardi di
dollari.
I milioni dì esseri umani, per lo
più in tenera età, che muoiono di
fame e di stenti ogni anno. La de-
sertificazione che avanza, come in
Africa, le coste che si sfaldano, co-
me nel Bangladesh, le calamità na-
turali - terremoti, alluvioni, frane
- senza possibili rimedi tecnici, co-
me in parecchi paesi d'Africa, Asia
e America Latina.
Questo quadro non va mai di-
menticato e, al di dalle rivendica-
zioni di natura economica e sociale
che spesso servono da puro argo-
mento propagandistico nelle pole-
miche fra governi o blocchi di po-
tenze o sistemi ideologici, al di là
dalla necessaria ma limitata capaci-
tà operativa degli organismi inter-
nazionali e degli sforzi meritori di
benemerite iniziative private e non
governative, sembra restare soltan-
to la memoria morale che la Chiesa
continuamente sollecita. Con una
coerenza che non si smentisce da un
arco all'altro del tempo; con una
lungimiranza che dà ragione, oggi,
a previsioni espresse quando i pro-
blemi sembravano appena porsi.
Con una forza che ci richiama ai
nostri doveri, a dar conto, noi cri-
stiani, della nostra fede attraverso
le opere.
L 'aiuto è un diritto
È nella memoria di tutti l'esorta-
zione di Giovanni Paolo li, durante
il più recente viaggio in India, a
rammentare che l'aiuto di cui ha bi-
sogno il Terzo Mondo non è una
concessione, ma un diritto.
Nel Messaggio per la Pace del
IO gennaio 1986 aveva scritto che
« ... la solidarietà e la cooperazione
su scala mondiale costituiscono de-
gli imperativi etici, che si impongo-
no alle coscienze degli individui ed
alla responsabilità di tutte le nazio-

2.4 Page 14

▲back to top
14 I APRILE 1986
ni», ribadendo « ... la necessità e il
dovere della solidarietà e coopera-
zione internazionale a vantaggio del
bene comune di tutti i popoli che
compongono l'umana famiglia».
Nella logica della Costituzione pa-
storale, la «Gaudium et Spes»
espressa dal Concilio: «Le nazioni
sviluppate hanno il gravissimo do-
vere di aiutare le nazioni in via di
sviluppo» (n. 86).
Il Papa ba allargato gli orizzonti
della consapevolezza comune affer-
mando nel Messaggio che «Il retto
cammino verso una comunità mon-
diale, nella quale la giustizia e la pa-
ce regneranno senza frontiere fra
tutti i popoli e in tutti i continenti, è
il cammino della solidarietà, del
dialogo e della fratellanza universa-
le. È questo l'unico cammino possi-
bile». Perché, aveva detto in prece-
denza, una pace «costruita e mante-
nuta sulle ingiustizie sociali e sul
conflitto ideologico non potrà mai
diventare una vera pace per il mon-
do. Una tale "pace" non può af-
frontare le cause fondamentali delle
tensioni neJ mondo o dare a questo
il tipo di visione e di valori che pos-
sano comporre le divisioni rappre-
sentate dai poli Nord-Sud ed Est-
Ovest ».
Una tematica comunque cara a
Giovanni Paolo Il, che da Puebla,
nel 1979, aveva rammentato l'«pp-
zione sociale» della proprietà, e nel-
l'enciclica «Redemptor Hominis»
ribadito il valore della persona
umana, il rispetto ad essa dovuto,
anche socialmente e materialmente.
Come ripete nel Messaggio, in una
citazione che può sembrare lunga
ma costituisce il cuore del suo di-
scorso: «ln questa situazione la pa-
ce, come valore universale, è in
grande pericolo. Anche se non ci
fosse in atto alcun conflitto armato
come tale, dove esiste ingiustizia c'è
di fatto una causa ed un fattore po-
tenziale di conflitto. In ogni caso,
una situazione di pace, nel pieno
senso del suo valore, non può coesi-
stere con l'ingiustizia. La pace non
può essere ridotta alla mera assenza
di conflitto: essa è la tranquillità e
la pienezza dell'ordine. Essa è per-
duta a causa dello sfruttamento so-
ciale ed economico da parte di spe-
ciali gruppi di interesse, che opera-
no a livello internazionale o agisco-
no come "élites" ali'interno dei
Paesi in via di sviluppo. Essa è per-
duta a causa delle divisioni sociali,
che aizzano i ricchi contro i poveri
Lra gli Stati o dentro gli Stati. Essa è
perduta, quando l'uso della forza
produce gli amari frutti dell'odio e
della divisione. Essa è perduta,
quando lo sfruttamento economico
e le tensioni interne nel tcssulo so-
ciale lasciano il popolo indifeso e
disilluso, preda già pronta per le
forze distruttive della violenza. Co-
me valore, la pace è messa conti-
nuamente in pericolo da interessi
consoHdati, da divergenti ed oppo-
ste interpretazioni e perfino da astu-
te manipolazioni fatte a servizio di
ideologie e di sisLemi politici, che
hanno come ultimo scopo il domi-
nio».
Giorno dopo giorno
«La pace non può essere ridoua
alla mera assenza di confliuo: essa è
la tranquillità e piene:a.a dell'or-
dine»: questa frase che sottolineia-
mo dal testo citato ne richiama ahre
che Paolo VI amava ripetere, come
nell'Enciclica « Populorum Pro-
gressio», al n. 76: «La pace non si
riduce a un'assenza della guerra,
frutto dell'equilibrio sempre preca-
rio delle forze. Essa si costruisce
giorno dopo giorno, nel persegui-
mento d'un ordine voluto da Dio,
che comporta una giustizia più per-
fetta fra gli uomini». NeUa logica
dell'espressione «Lo sviluppo è il
nuovo nome della pace» che, da al-
lora, 1967, è diventata un punto fer-
mo e significativo di riferimento.
Per questo il Messaggio di Gio-
vanni Paolo Il riceve vigore dall'in-
tera tradizione della Chiesa e dalla
sua più recente elaborazione cultu-
rale. Giovanni XXlll, perfezionan-
do il pensiero di Pio Xl e Pio XII,
diceva con forza nell'Enciclica
«Mater et Magistra» che « il proble-
ma forse più importante della no-
stra epoca è quello delle relazioni
fra paesi economicamente sviluppa-
ti e paesi in via di sviluppo»; e uno
dei frutti più maturi del Concilio, la
già citata «Gaudium et Spes» sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo
completava quelle indicazioni nella
rinessione collegiale dei vescovi: la
crescita e il profitto economici, il
potere e il prestigio non vanno ricer-
cati per se stessi, ma per l'uomo e i
suoi bisogni, contro lo scandalo del
privilegio di pochi e della miseria di
molti.
Ciò che diceva nella «Populorum
Progressio» Paolo VI: «1 popoli

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -# -
della fame interpellano oggi in ma-
niera drammatica i popoli dell'opu-
lenza. La Chiesa trasalisce udendo
questo grido d'angoscia e chiama
ognuno a rispondere con amore al-
l'appello dei suoi fratelli» («Popu-
Jorum Progressio» n. 3).
Oltrel'impatto
emotivo
Perché continuiamo a ricordare
la sollecitudine della Chiesa per la
pace? Perché, ripetiamo, ci sembra
che il nesso fra giustizia e pace non
sia còlto, neppure da molti cristiani,
nella sua pienezza, o, ammesso che
lo sia, venga travolto, dopo il primo
impauo emotivo con l'immagine te-
levisiva del bimbo che muore di fa-
me, da altre, successive informazio-
ni, all'apparenza similmente dram-
matiche. Il problema di un necessa-
rio nuovo ordine internazionale nel-
l'economia non è l'invenzione di il-
luminati spiriti laici, ma si iscrive da
sempre nella tradizione del solidari-
smo cristiano.
Il grido d'angoscia di cui parlava
Paolo VI si traduce nel ricordare le
responsabilità morali di tutti, siano
o no uomini di fede, di fronte a
qualche fauo che trascorre sotto i
nostri occhi distratti. La pace, dun-
que può essere in pericolo perché al
mondo c'è un soldato per 43 abitan-
ti e un medico per 1030 persone.
Perché in quaranta anni dalla fine
del secondo conflitto mondiale so-
no morti oltre venti milioni di uomi-
ni a causa di guerre e di scontri e so-
no stati spesi per gli armamenti
4000 miliardi di dollari (pari a sette
milioni di miliardi di lire). Perché ci
1 APRILE 1986 15
sono, sparsi in innumerevoLi campi
di raccolta, dieci milioni di profu-
ghi. Perchè dal Terzo Mondo emi-
grano ogni anno cinquantamila
professionisti, con un danno econo-
mico globale calcolato, per i Paesi
in sviluppo (il solito eufemismo per
non scrivere « poveri»), di sei mi-
liardi di dollari - corrispondenti a
novemila miliardi di lire - .
La pace è in pericolo perché una
persona su tre non sa leggere e scri-
vere, una su quattro non mangia a
sufficienza e 850 milioni di persone
sono minacciate dalla desertifica-
zione delle terre che, per responsa-
bilità puramente umane, si allarga-
no ogni anno per sessantamila kmq
(due volte il territorio del Belgio).
Perché le armi accumulate oggi -
sedicimila megatonnellate di esplo-
sivo - possono uccidere dodici vol-
te gli abitanti della terra. Perché
molti popoli assumono modelli sba-
gliati di civiltà e perdono la propria
identità culturale, persino nel modo
di alimentarsi. Perché, secondo le
«scuole>> economiche dei Paesi evo-
luti, le leggi di mercato dovrebbero
valere per tutti, compresi i paesi me-
no abbienti, mentre in pratica le
agricolture e le industrie di quelli
ricchi sono abbondantemente pro-
tette. Perché è in diminuzione il
prodotto interno lordo e la produ-
zione singola e globale del Terzo
Mondo. Perché nelle nazioni di re-
cente indipendenza si restringono
gli spazi delle libertà, della demo-
crazia e dei sistemi rappresentativi,
mentre si sviluppano dittature e re-
gimi autoritari, con il contorno {ba-
sta leggere l'annuale rapporto di
«Arnnesty International») di di-
sprezzo dei diritti umani, di prati-
che di tortura, di esecuzioni capitali
senza giustificazioni legali, mentre
ai quauro lati del mondo migliaia di
prigionieri marciscono nei campi di
concentramento.
A tutti questi «perché», appunto,
è opportuno continuare a riferirsi,
anche senza ragioni di attualità, alla
luce del Messaggio della Pace di
Giovanni Paolo II, ricordando, con
la «Populorum Progressio» di Pao-
lo VI, che la Chiesa «chiama ognu-
no a rispondere con amore all'ap-
pello dei suoi fratelli».
Angelo Paoluzi

2.6 Page 16

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-REPORTAGE- - - -- - - - - - - - -- - - - - - - -
16 · 1 APRILE 1986
Kenya/Nairobi
UNA CASA PER VIAGGIATORI
SENZA BIGLIETTO
E SENZA META
Come vivono i ragazzi di
una grande città africana?
J.:impegno dei cristiani e
l'arrivo di salesiani e Figlie
di Maria Ausiliatrice.
Il Keniatta Center
a Nairobi
Atterrare a Nairobi in
Kenya è quasi come giungere al
London Airport di Heathrow in In-
ghilterra: stessa lingua, stessa ani-
mazione; mutano soltanto i colori:
qui infatti, a Nairobi, prevale il co-
lor caffè sul color latte. Cosa ovvia,
siamo in Africa.
Così se ci si aggira nei dintorni
deU'Uburu Park e del Kenyatta
Conference Centre oppure in Mama
Ngina street dove si trovano la City
Hall, il Palazzo di Giustizia e la cat-
tedrale della Sacra Famiglia, la sen-
sazione è ancora identica. Sorpren-
dente poi è la biblioteca Mcmillon:
qui si fa la fila per entrare. Del resto
Nairobi, con oltre 800 mila abitanti
non è soltanto la ancor giovane ca-
pitale del Kenya - poco più di ot-
tanta anni fa dove essa ora sorge
c'era una landa deserta e selvaggia
- ma il vero crocevia dell'Africa
orientale.
Qui aerei provenienti da tutto il
mondo sbarcano oltre quattro mi-
lioni di passeggeri all'anno.
Grandi alberghi ospitano signo-
rilmente - a parte i soliti incidenti
dello scarafaggio nel bagno o del
« tutto esaurito» nonostante la più
che tempestiva prenotazione - mi-
gliaia di turisti smaniosi di imbat-
tersi visitando il più vicino parco
nazionale in leoni, zebre e giraffe
dopo essersi rosolati nelle suggesti-
ve spiagge di Diani o Malindi.
R agazzi in difficoltà
Eppure senza togliere nulla alla
suggestività di questo Paese è pro-
prio a Nairobi - come nelle altre

2.7 Page 17

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- - - --
- - - --sB-
I APRILE 1986 17
grandi città africane - che si evi-
denziano con più eclatanza le diffi-
coltà di vita di migliaia di ragazzi e
di giovani.
Attratti dal mito metropolitano
vi giungono a piccoli gruppi o soli
dalle campagne alla ricerca, se stu-
denti, di un lavoro dal colletto bian-
co o, se operai, di un qualche lavoro
manuale.
Solitamente tuttavia respinti e
scoraggiati da cartelli con sopra
scritto <<Hakuna Kazi)} (non c'è la-
voro), questi ragazzi, VERAMEN-
TE viaggiatori senza meta e senza
bigHetto, finiscono, nel migliore dei
casi nell'accattonaggio.
Io stesso ne ho incontrato uno,
proveniente dal lago Turkanq, pro-
prio nei dintorni dell'Hilton fra
Marna Ngina street e Moi Avenue.
Non ha chiesto nulla ma tristemente
ha mormorato: «my problem is
mangiare».
Studentessa alla biblioteca
Mc Millon
ra Mutiso - anche se vogHono tor-
nare a casa non lo possono fare per-
ché non possiedono il denaro per il
viaggio)}.
Essi insomma sono letteralmente
nei guai. Se poi riescono a guada-
gnare qualcosa finiranno con lo
spenderlo in alcool o in droga.
a consolarci può servire quan-
to ho potuto leggere a Nairobi sul
Sunday Standard del 18 agosto
1985:
« I vagabondi e i drop-outs che
hanno come casa la strada sono de-
cine di milioni. n loro numero sem-
bra aumentare nei paesi a grande
urbanizzazione e grandi città come
Calcutta, Nairobi, Marsiglia, New
York e Bogotà, secondo un rappor-
to ONU, sono i loro centri. Soltan-
to nel Terzo Mondo sono 90 mi-
lioni».
At
caccia di benzina
Ricordate la storia inglese di Oli-
ver Twists? Ebbene qui è peggio.
I Danza folkloristica durante Il
Congresso Eucaristico
Internazionale
U acittà crudele
La città solitamente li accoglie
con indifferenza e anonimato men-
tre essi lasciata l'omogeneità e la so-
lidarietà del villaggio rurale, inco-
minciano a fare i conti con l'etero-
geneità spesso individualista e tor-
nacontista di tipo metropolitano.
«È allora - ha detto durante il
43° Congresso eucaristico interna-
zionale padre Mutiso, un sacerdote
che si occupa di condizione giovani-
le - che il ragazzo o la ragazza sco-
prono la facile corruzione, l'isola-
mento, l'alienazione e la prostitu-
zione».
« Alcuni di loro - afferma anco-

2.8 Page 18

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18 · 1 APRILE 1985
Quando una famiglia rurale si tra-
sferisce in città e il padre non trova
lavoro, i ragazzi devono necessaria-
mente pensare da soli a se stessi.
Mr. Tacon, un canadese che ha
adottato sei di questi ragazzi, affer-
ma: «Le strade in se stesse non sono
pericolose. l pericoli vengono dagli
abusi e dallo sfruttamento che i ra-
gazzi possono subire. Per anni vivo-
no con la paura di essere in trap-
pola».
«Per i ragazzi di Nairobi - leggo
sul Nation Wednesday Magazine -
aspirare benzina è una cosa
abituale».
Così non è raro - li ho osservati
anch'io - che molti ragazzi nei po-
steggi di Nairobi si inalano benzina.
E la loro fuga da una vita squalli-
da, il loro modo di sentirsi realiz-
zati.
Per farlo si servono di una lunga
canna con alla punta uno straccio.
Un ragazzo sta di guardia mentre
l'altro, lesto, prosciuga a più riprese
la benzina da una macchina striz-
zandola dentro un pacco di cartone
del latte dall'apertura abbastanza
larga per mettere la bocca e aspi-
rare.
Ecco, fra le tante, la storia di Pe-
ter Mwangi, sedici anni.
Dichiara di aver smesso di «snif-
fare» perché aveva dolori al petto e
sangue. Ora fuma soltanto sigaret-
te. Dice di essere nato a Ziwani nei
pressi di Nairobi. I suoi genitori
non lo volevano e così sin dall'età di
otto anni è entrato in una gang di
ragazzi. È sempre vissuto fuori casa
e si è nutrito dei rifiuti o del cibo
guasto lasciato dai rivenditori del
mercato di Wakulima.
Ovviamente le conseguenze di tali
inalazioni sono negative.
«I ragazzi che si inalano benzina
- afferma un medico pediatra -
tendono ad essere cianotici per la
distruzione dell'ossigeno nei loro
tessuti né possono avere grande re-
sistenza fisica. Il petrolio su di loro
ha un effetto narcotizzante: intacca
i polmoni ed in qualche caso anche
il cervello».
ehiesa e giovani
Guidata dal cardinale Maurice
Otunga, la Chiesa cattolica di Nai-
robi è stata eretta soltanto nel 1953.
Del resto la prima missione vi risale
al 1899. l cattolici Kenioti - quasi
cinque milioni su una popolazione
nazionale di 15.322.000 abitanti -
sono organizzati in ben sedici dioce-
si dove non mancano scuole e centri
giovanili ma dove il peso della mis-
sione è veramente tanto da non con-
sentire specializzazioni pastorali.
<<Le strutture ecclesiali e scolasti-
che africane - afferma ancora Mu-
tiso - sono di tipo tradizionale. Es-
se spesso non sanno rispondere alle
domande di significato che soprat-
tutto i giovani studenti pongono».
« I giovani poi che lavorano negli
alberghi, nelle fattorie, nei ristoran-
ti come fattorini e inservienti sono
completamente abbandonati. È
questo forse - ha gridato Mutiso
durante il Congresso Eucaristico In-
ternazionale di Nairobi - il gruppo
più abbandonato dalla Chiesa».

2.9 Page 19

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-----------yl-
I /IPRI~ 1986 19
I La città del ragazzi
di Karen Incomincia
a crescere...
L'attività salesiana
I salesiani sono giunti a Nairobi
dall'India il 24 maggio 1982 nel-
l'ambito del Progetto Africa.
Successivamente, il 20 luglio del
1984 sono arrivate le Figlie di Maria
Ausiliatrice. Gli uni e le altre hanno
immediatamente costruito due cen-
tri per l'accoglienza e l'assistenza a
tutte le iniziative salesiane dell'Afri-
ca orientale. Su espresso invito del
cardinale Otunga e come naturale
sbocco di ogni presenza salesiana si
sta provvedendo alla costruzione di
una vera e propria città dei ragazzi
mentre le Figlie di Maria Ausiliatice
pensano già ad un'opera sociale
femminile. Mentre poi si pensa a
I
Il cardinale Otunga in occasione
del Congresso Eucaristico
Internazionale di Nairobi
tutta una serie di attività congeniali
a questi due primi centri salesiani
che svolgono una preziosa attività
di appoggio per le altre presenze in
Kenya, in Tanzania e in Sudan, sta
sorgendo la Don Bosco Boys'
Town. Si trova ad est di Nairobi nel
quartiere di Karen e poco lontano
dalla Mathare Valley, una stermina-
ta bidonville nella immediata peri-
feria della città dove vivono più di
centomila persone. La costruzione
sta venendo su grazie all'aiuto dei
cattolici tedeschi, della Direzione
generale salesiana, del cardinale
Otunga che ha regalato parte del
terreno e di altri.
«Ci saranno - dice il salesiano
irlandese don Sean McFerran inca-
ricato dell'opera - dieci cassette,
ciascuna per 20 ragazzi, per creare
un clima di famiglia. Poi avremo la-
boratori di meccanica, di autornec-
canica, di falegnameria. E anche il
campo da gioco».
«La Città dei Ragazzi - prose-
gue ancora don McFerran - sarà
come la pedana di lancio per altri
piccoli laboratori a livello artigiana-
le, sparsi nei posti più critici della
bidonville il cui obiettivo sarà quel-
lo di insegnare un mestiere e uno sti-
le di lavoro alle centinaia di ragazzi
che gironzolano per le baracche,
nella speranza di aiutarli a costruirsi
un futuro meno squallido e più ric-
co di speranza».
Giuseppe Costa

2.10 Page 20

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_ PASTORALE GIOVANILE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
20 · I APRILE 1986
Schio
CHECK-UP
ALL'ORATORIO
Con il mutare delle
aggregazioni giovanili,
l'oratorio è ancora
attuale? Siamo andati
a visitarne uno.
Giudicate voi.
Nei cortili la consueta
agitazione dei più piccoli all'inse-
guimento di un pallone. Nelle stan-
ze e lungo i corridoi il formicolare
di giovani occupati nelle più svaria-
te attività. Un vasto salone stenta
ad assorbire l'assordante vociare
dei crocchi che alternano turni al bi-
liardino, al flipper, alla conversa-
zione con gli amici. Più posatezza
nell'ampio atrio antistante il bar,
dove adulti e anziani trovano moti-
vo di incontro, di saluto, di scambio
di semplici informazioni. Le entra-
te, su vari lati del complesso edili-
zio, registrano un permanente via
vai. Ad una ventina di metri una
enorme coppa di cemento e vetro vi-
ve il fermento di gruppi PGS (l'as-
sociazione salesiana che anima i

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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-----------sB-
1 APRILE 1986 21
gruppi sportivi), impegnati in vari
settori di allenamento. È il primo
colpo d'occhio sull'Oratorio-Cen-
tro Giovanile di Schio, a Vicenza.
Colpisce la sobria eleganza degli
ambienti, frutto non di ricercatez-
za, ma di cura, di attenzione, di or-
dine. La generale vivacità giovanile,
in decine di ambienti affollatissimi,
non è a danno della precisione e del-
la correttezza. Sollecitato da occa-
sionali informazioni e da nugoli di
volantini, dépliants, ciclostilati che
banno creato in me una certa imma-
gine di questo Centro Giovanile sa-
lesiano, ho provato ad affrontare
l'impresa di scavare più a fondo,
osservando dal vivo. Cercando di
individuare le radici di tanto inte-
resse giovanile e la reale consistenza
della presenza educativa salesiana.
«Ci pare che essere Salesiani di
don Bosco oggi a Schio comporta:
1) essere segno dell'amore di Dio
e della carità pastorale della Chiesa
per i giovani;
2) essere segno di un modo parti-
colare di essere chiesa-per-i-giovani:
assumere la cultura giovanile come
criterio per reinterpretare la propo-
sta di umanizzazione e di evangeliz-
zazione; convivere «a tempo pieno »
con i giovani per cogliere le loro in-
vocazioni di salvezza;
3) diffondere il «carisma salesia-
no» alla chiesa locale: impegno e re-
sponsabilità a far conoscere e a co-
municare lo spirito di don Bosco,
dono per l'edificazione della Chiesa
che è in Vicenza e in primo luogo al-
le parrocchie di Sch'io».
Cosi esordisce un sostanzioso fa-
scicolo che sintetizza il progetto
educativo elaborato e fatto proprio
dalla comunità educativa del Cen-
tro Giovanile. Risultato di paziente
confronto all'interno della comuni-
tà degli animatori e di un costante
dialogo con i giovani, è stato assun-
Manifestazlone artistica al
palazzetto dell'Oratorio di Schio
to come la «magna charta» di un
vasto progetto educativo in corso
per tutto l'arco degli Anni '80. È da
rimarcare, proprio perché lo si av-
verte nel clima dei rapporti tra gli
stessi giovani, lo stile con cui le oc-
casioni educative esprimono la loro
efficacia: il criterio dell'animazio-
ne. «La scelta dell'animazione -
afferma il documento del Centro
Giovanile - comporta un delicato
lavoro di convincimento delle liber-
perché le scelte siano interior-
mente motivate. L'animazione fa
sua la scelta della pazienza di Dio,
la scelta del fare compagnia al gio-
vane senza imporsi, senza costrin-
gerlo, fa sua la scelta dei tempi lun-
ghi. La spiritualità salesiana solleci-
ta a non misurare mai in termini di
efficienza, né in termini di rendi-
mento produttivo. Poiché quello
che conta è che ognuno sviluppi i ta-
lenti ricevuti, l'animatore ritiene
realizzato il suo servizio quando un

3.2 Page 22

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22 · 1 APRILE 1986
giovane dà tutto quello che è capace
di dare».
Con lo stesso tono di pacata con-
discendenza, don Alberto Gugliel-
mi, responsabile del Centro Giova-
nile, risponde alle mie curiosità.
«Dal 1901 questa casa ha visto pas-
sare migliaia di giovani. Qui il biso-
gno di aggregazione giovanile, l'ur-
genza di rispondere in modo educa-
tivo al dilata,rsi del tempo libero dei
giovani, l'esigenza di offrire oppor-
tunità di impegno per chi sente la
vocazione al servizio dei più piccoli
hanno trovato giovani, salesiani e
animatori molto vicini e sempre vi-
vaci. Schio conta quasi 40.000 abi-
tanti; è una delle città più industria-
lizzate del Veneto. Soffre del con-
flitto tra valori (attaccamento alla
famiglia e aJ lavoro, fiducia nelle
istituzioni ecclesiali) e disvalori (in-
dividualismo crescente, esaltazione
deJl'evasione e dell'edonismo, sot-
tocultura giovanile) tipici di una cit-
tadina in ascesa economica che
<on.una» la grande città. Nel 1901
c'era una sola parrocchia; oggi ce
ne sono sei. Qui i Salesiani sono sol-
tanto con il Centro Giovanile-
Oratorio, ma resta da verificare se
sia possibile condurre ancora un
Centro Giovanile senza una precisa
comunità cristiana cui fare riferi-
mento.
Attività catechistica e musicale
L'Oratorio è una porzione di
mondo reale dove c'è una magmati-
ca presenza di giovani, adulti, bam-
bini, volontari, famiglie... persone
impegnate e motivate, ma anche
giovani che ancora non sono capaci
di rispettare le persone e le cose, che
fanno fatica a cambiare abitudini
aggressive, indifferenti, scorrette.
Noi abbiamo fatto la scelta della
più larga accoglienza, operando at-
traverso la positiva presenza dei
gruppi e l'incidenza costruttiva de-
gli Animatori. Con un cammino
lento, graduale, fiducioso».
Mentre attraversiamo una vasta
sala che si affaccia sul cortile attra-
verso grandi vetrate e mentre ne os-
servo il soffitto arredato da pannelJi
insonorizzatori, casse acustiche,
grappoli di luci psichedeliche e fari
per effetti speciali, don Alberto
commenta: «C'è il rischio di chi usa
l'oratorio come il frigorifero di ca-
sa. Si prende ciò che gli fa comodo
e chiude. Spesso lasciando i segni
del sudicio. I Salesiani sanno di ave-
re un progetto per gli ultimi, per i
più difficili. Spesso ci dobbiamo ac-
contentare di aver dato a molti gio-
vani l'opportunità di incontrarsi, dj
socializzare, di vivere in un ambien-

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -# -
te e con uno stile di relazioni carat-
terizzato da serenità, dialogo, ri-
spetto. Non abbiamo né chiediamo
pregiudiziali. Chiediamo e offriamo
solo amicizia. Per molti giovani
operai è l'unico ambiente che pre-
senta possibilità di qualche ora sere-
na e accogliente. Forse molti arrive-
ranno all'età adulta con una sola
acquisizione sul nostro ambiente:
essere stati accolti, avere conosciuto
una chiesa che non è conflittuale e
classista, essersi sentiti in uno spa-
zio dove ci si può trovare coinvolti.
È già qualcosa. Spesso anche i più
refrattari trovano l'occasione di
qualche discorso serio. Ti chiedono:
perché ti sei fatto prete? perché la
castità? perché ti impegni in questo
modo? Noi accettiamo questi fram-
menti, accogliamo anche tante me-
diocrità. Facciamo una riunione, un
incontro di preghiera: non verranno
mai. Però vedono e percepiscono
che tu sei qui per loro, che li vuoi
rendere contenti e che sei disponibi-
le ad un dialogo con loro. Vedi,
questa sala è stata pensata con que-
sto criterio. Serve per incontri spon-
tanei, funziona come sala-giochi,
come spazio per incontri informali.
Una volta il mese diventa sala dan-
zante e luogo di feste giovanili. È
una esperienza condotta insieme,
giovani e confratelli, tra timori e
Sala di espressione
paure, ma nello stesso tempo desi-
derosi di comprendere e accogliere
le nuove espressioni del tempo libe-
ro dei giovani. Più volte ci siamo
posti la domanda: che farebbe don
Bosco per accogliere e poter incon-
trare questi giovani? Abbiamo vo-
luto rischiare. Ormai, da alcuni an-
ni, è una delle occasioni di incontro
più simpatiche. Abbiamo avuto più
di 1200 presenze, spesso. Ci è sem-
brata positiva come esperienza. C'è
il dialogo e la presenza degli adulti,
dei confratelli, degli Animatori. La
difficoltà è gestire queste feste: tro-
vare l'anima1ore che faccia vivere
queste esperienze come esperienze
di gruppo: superare cioè il semplice
consumo di musica. Abbiamo così
iniziato corsi e incontri per formare
animatori e preparare alcuni che di-
ventassero esperti nell'animazione
di queste serate. Ora, gli incontri
sono più articolati, arricchiti da
concerti, danze, giochi di società,
animazione di gruppi». Mentre pro-
seguiamo lungo il corridoio per ac-
cedere alle stanze attigue, l'occhio
scorre ad osservare locandine e dé-
pliants che ammiccano dalle pareti.
Ricorrente è un pieghevole dal tito-
lo «Gioia e impegno con d. Bosco.
Agenda mensile». È una delle tante
1 A PRILE 1986 23
pubblicazioni prodotte dal Centro
Giovanile. Si tratta di un pieghevole
che, mensilmente, presenta le varie
iniziative progettate al Centro sale-
siano. Stampato in varie centinaia
di copie viene distribuito presso tut-
te le scuole superiori della città. È
risultato uno strumento informati-
vo molto efficace. Mese per mese
propone un fitto cadenzario di con-
certi, incontri di preghiera, rassegne
cinematografiche, iniziative turisti-
che, gare e giochi, iniziative sociali e
culturali, dibattiti e attività dei
gruppi. Sembra quasi impossibile
che la struttura del Centro Giovani-
le possa sopportare mensilmente'
tanta mole di lavoro e di proposte.
Ma, scavando ancora in questo in-
solito panorama, ci si rende conto
che tutto ciò è possibile grazie all'o-
perosa presenza di sei salesiani, di
un consistente gruppo di dinamici
ex-allievi e cooperatori e di un affia-
tato nucleo di volontari e animatori
preparati in anni di iniziative for-
mative specifiche. Sono animatori
usciti dalle file di gruppi molto atti-
vi e solidi come l'AGESCI, I'ACR,
la PGS, i CGS, il TGS e gruppi co-
me i Cooperatori e gli Ex-allievi.
Non mancano neppure gruppi più
spontanei di musica, attività missio-
naria e di vari altri interessi. È ben
avviato un doposcuola e dalla fine
del 1985 ha preso l'avvio anche un
«Osservatorio della gioventù» con
lo scopo di elaborare una mappa
più realistica possibile della situa-
zione giovanile locale, per indivi-
duare e proporre alle istituzioni
competenti strumenti adeguati a ri-
solvere i problemi più urgenti.
Tanta energia scaturisce da con-
sapevolezze e motivazioni profonde
largamente condivise da giovani e
dai salesiani. È quanto afferma il ci-
tato documento, nella sua conclu-
sione « La comunità fa crescere in
il senso di appartenenza al popolo
di Dio in Schio, in spirito di accetta-
zione dell'ambiente wnano con i
suoi pregi e difetti. La Comunità è
cosciente di essere portatrice di un
dono che è per l'unità della Chiesa
locale. La comunità costruisce ogni
giorno la fraternità, l'amicizia e la
solidarietà con il clero locale e con i
fratelli e le sorelle che hanno fatto
la stessa scelta di vita religiosa».
P. G.

3.4 Page 24

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24 · 1APRILE'. 1986
LUIGI ALÙNNO (testo)
LUCAS (illustrazioni)
Gabriele dell'addolorata, L 'e-
co di S. Gabriele, S. Gabriele
(Teramo), 1982, pp. 96.
Che dire di un racconto a fu-
metti sulla vita di un ragazzo
che abbandona teste e diverti-
mente vero che dal cuore, come
un centro, si estende tutto intor-
no. E Il si è a un passo da Dio.
Ecco cosa può dire oggi ai ra-
gazzi, la vita di un giovanecome
loro, Francesco Possenti che
sceglie di cambiarsi in Gabriele
dell'Addolorata entrando nel-
l'ordine dei padri passionistì:
I
....111••1
C CAJ..VARLSO
S. A BBRI.JZZESE
indagine
SUI v.i.lori in Italia
è meglio parlare di crisi di inter-
pretazione piuttosto che del va-
lori stessi: in una società dina-
mica e complessa come quella
odierna si tratterebbe di com-
prendere come «agire• In modo
adeguato ai tempi senza tradire
I valori. Coerenza e rinnova-
mento: ecco le due strade da
menti per ritirarsi in convento e una scelta di amore nella sem-
condurre quel poco che gli rima- plicità delle cose, nella verità, a
0,,1pbs;--mAL.-riòll.am1
,\\J11. ~]ù.'1L':i.d1>et~
percorrere oggi per Il momento
presente e per quello futuro.
ne da vivere in penitenza e pre- volte anche dura, della vita con-
ghiera? Cosa può giungere di dotta nel pieno seno della natu-
questo messaggio nel nostro vil- ra, nel lavoro per i poveri, nella
laggio planetario, sempre ag- scoperta di se stessi attraverso
ghindato a festa con i bagliori l'assidua ricerca di Dio.
MARIA FIDA MORO
delle ribalte terrestri e le luci po-
co più elevate di qualche come-
ta abitudinaria? Nell'odierna
«cultura berlusconi• , tutta frizzi
Una proposta valida, dun-
que? «lo credo di si - afferma
Leonardo Zega, Direttore di Fa-
miglia Cristiana, nella presenta-
La banda dell'occhio di giada,
Collana •L 'Altra Infanzia», SEI,
Torino. 1985, pp. 32, L. 7500.
e sprazzi, riguardando queste zione - perché il bisogno di as- formazione, sembrano aver I cuori dei bambini battevano
immagini di boschi, montagne e soluto è sempre presente nel creato una crisi di valori perma- più in fretta quando sbirciavano
paesaggi senza fine, colti maga- cuore del giovani•.
nente, che ha gettato nello dentro alla scatola di cartone
ri dall'interno di una povera cel-
scompiglio quella che era coe- che conteneva il loro tesoro più
la di convento, si può cogliere
renza ed unità di una morale prezioso. Allora si sentivano co-
forse il respiro autentico della
convissuta a livello comunitario. me un esploratore che dopo
natura con i suoi profumi sapidi
Il cittadino italiano appare sper- averla cercata per anni, si fosse
e con le sue brezze pungenti: e
duto: Il 58% degli intervistati ha trovato dinanzi la mitica Atlanti-
attraverso questa semplicità e -
CLAUDIO CALVARUSO dichiarato di non credere più de. L'atmosfera e l'ambiente
bellezza di colori naturali, priva SALVATORE ABBRUZZESE che esistano delle regole chiare dell'infanzia della figlia del noto
dei trucchi scintillanti ma arte- Indagine sui valori In Italia, per stabilire cosa è bene e che statista, vittima delle Brigate
fatti del prodotti cellofanati, s'in- SEI, Torino, 1985, pp. 245, cosa male. li pragmatismo è og- Rosse rivivono in questo volume
travede qualcosa di profonda- L. 15.000.
gi un valore sempre più emer- illustrato da Alarico Gattia.
Con l' ausilio dei dati forniti
dalla Doxa di Milano I due socio-
logi Calvaruso e Abbruzzese
gente: ciò vuol dire che un com-
portamento viene ritenuto •buo-
no• e dunque secondo •verità•,
solo se si tratta di un fatto• (dal
Maria Fida Moro è laureata in
Scienze Politiche e svolge l'atti-
vità di giornalista professionista
dal 1971.
hanno disegnato una mappa va-
loriale dell'ltalla degli anni '80.
In che cosa credono i cittadini
del bel Paese oggi? Questa è la
domanda cui gli autori cercano
di rispondere. L'evoluzione tec-
greco: pragma) utile ed efficien-
te. È un valore, insomma, che
soddisfa a pieno una società su-
pertecnologica che vuole pro-
durre tanto per far consumare di
più: l'efficienza coincide con
È autrice de La casa dei cento
natali (Premio Viareggio - Presi-
dente 1982). Un Dio simpatico
(Premio Fregene 1984) e In
viaggio con mio papà.
nologica e culturale, la crisi di un'alta produttività, mentre l'uti-
alcune istituzioni basilari che
non riscuotono più la dovuta fi.
ducia, la plurivocità a volte anar-
chica e contraddittoria dell'in-
1 le altro non è che quella ricerca
del piacere fine a se stessa
(=edonismo) che induce a com•
MARIA FIDA MORO
I
prare i prodotti stessi. L'ideale,
dunque, che a volte non appare
LAIANDA
DEU:OCCHIO DI GIADA
-utile ed efficiente•, sarebbe
destinato a una rapida morte? I
dati statistici affermano il con-
trario: i valori fondamentali co-
me l'onestà, la tolleranza, la so-
lidarietà, la famiglia, la fedeltà
coniugale, la religione e il lavo-
ro, permangono nella coscienza
etica della maggioranza degli
italiani. Per i due sociologi infatti

3.5 Page 25

▲back to top
- -- - - - -- - - -&1-
MONS. GIUSEPPE CASALE
Colui che è tra noi, Coop. Ed.
«Fede e cultura•, Vallo della Lu-
cania, 1986, pp. 33.
In questa «Lettera pastorale
al giovani», mons. Giuseppe Ca-
sale, vescovo di Vallo della Lu-
cania, offre un panorama, sinte•
tico ma denso, dell'attuale si-
tuazione giovanile in rapporto ai
problemi sociali, del lavoro, del-
la scuola e della Chiesa: un'a-
nalisi concreta e dettagliata che
mai si disgiunge dalla proposta,
coagulante in uno stile attuale e
vivace fatti e idee. Il vescovo In•
vita i giovani ad essere protago-
nisti della loro vita, smascheran-
do i miti consumistici, lo scettici-
smo pratico e il relativismo etico
che s'impongono oggi come
modelli culturali dominanti: li in-
vita a riscoprire se stessi, In
mezzo alla frammentarietà con-
traddittoria di impulsi propri e in-
dotti, come «unico desiderio di
verità, dì bene, di bellezza, di
giustizia•. Segnala Il pericolo di
una società giovanilistica che Il
strumentalizza lusingandoli e
ancor più le insidie di un cristia-
1 APRILE I986 · 25
nesimo ridotto a «moralismo op- di fronte alla nuova realtà socia-
primente• e a «formale pratica le, economica e culturale, la sua
religiosa•. Il vescovo si rivolge incapacità a insegnare a vivere,
anche ai politici, agli imprendi- nonostante la presenza di ottimi
tori e a tutte le forze sociali per- insegnanti, nel tradimento bello
ché sia risolto il problema della e buono della finalità educativa
disoccupazione giovanile: e pro- cui è preposta. Invita infine i gio-
pone una •nuova cultura del la- vani a incontrare Cristo: non
varo• dove «solidarietà e im- una parola, un ricordo, un mito,
prenditorialità• creino, coniuga- ma una persona• da amare: al-
ti, un moderno concetto di «soli- !ora «la vita si libera dalle mezze
darietà produttiva•, contro un misure, dai piccoli progetti e di-
assistenzialismo cieco ad ol• venia l'Awentura di una grande
tranza e un liberismo ignaro del risposta•.
«bene comune•. Denuncia inol-
tre l'inadeguatezza della scuola
UNA RETE DI OSSERVATORI
METEOROLOGICI
Gli Osservatori Meteorologici salesiani che sul finire
del secolo scorso hanno coordinato come ln un'ampia re-
te i vasti territori del!'America Latina, sono nati a Monca-
lieri, presso Torino, dall'iniziativa di un giovane salesiano
malato di artrite e di reni, e di uno scienziato barnabita
docente nel •Reale Collegio• della città. Il salesiano è
Luigi Lasagna, anni 31. Il barnabita è Francesco Danza,
anni 47. L'uno e l'altro s'intendono, per calcolata volontà
di don Bosco.
Lasagna rimbalza dal Paraguay dopo quattro anni di at-
tività febbrile, invano •temperata• da un superiore locale
•inadatto a imprimere gli impulsi - confida lo stesso La-
sagna a don Bosco - che ci sono invece trasmessi dal
nostro venerato padre•. Tra l'altro Lasagna ha scosso
l'Università Cattolica di Montevideo e ha mobilitato ani-
mosi drappelll di laici. Poi ha divisato appunto la fonda•
zlone di un Osservatorio Meteorologico, scientificamente
attrezzato e gestito.
Don Bosco ne approva Il giovanile dinamismo. Intanto
però quel «figlio• si dovrà sottoporre a un delicato inter-
vento chirurgico. Tornato dall'America in maggio, gli di-
cono di pazientare fino a ottobre. Occupa quel tempo la-
vorando al progetto e per questo, dietro suggerimento di
don Bosco, va a consigliarsi con Denza. Il barnabita ha
già progettato con lo stesso don Bosco «una rete di Os-
servatori Meteorologici nell'America Latina a cura dei sa-
lesiani•. Lasagna dunque trova il terreno spianato.
A perorare presso don Bosco un «modo pratico di
estendere lo studio dei fenomeni atmosferici ìn regioni in-
teramente inesplorate per questo genere di ricerche• è
stato il professore Cosimo Bertacchl dell'Università di To-
rino. Di siffatto progetto il Bertacchi intende parlare in
una relazione·al Terzo Congresso Geografìco Internazio-
nale di Venezia (1881): perciò viene di persona a discor-
rerne col santo a Valdocco.
«Immaginando di sentirgli dire che I missionari salesia-
ni hanno ben altro da fare•, il Bertacchi scruta don Bosco
col fiato sospeso. Invece si trova accolto con ogni riguar-
do, ascoltato, congedato •con un misterioso sorriso• : don
Bosco gli dice che la cosa Interessa e che c i penserà su...
Ma cl ha già pensato: precisamente per l'Intesa intercor-
sa con Il Denza. Questi, insieme al Bertacchi, Induce il
Congresso di Venezia a formulare un voto nel senso volu-
to da don Bosco e a Incoraggiarne Il progetto. Con rico-
noscente soddisfazione e i più sentiti rallegramenti per la
coraggiosa iniziativa•, il Comitato veneziano plaude alla
«coraggiosa impresa in apparenza non poco difficile, ma
pure assai vantaggiosa per la fisica del globo•.
Gli accordi si concludono con rapidità. Il 16 dicembre
gli strumenti già partono per Montevideo Insieme ad alcu-
ni salesiani incaricati di maneggiarli. Nel frattempo L. La-
sagna è nominato superiore della nuova ispettoria sale-
siana dell'Uruguay e può responsabilmente occuparsi di
quella e di altre Imprese. L'Osservatorio acquista in breve
straordinaria rinomanza nel Sud America. Il suo •Bolletti-
no• diventa rivista di meteorologia. Sorgono altri Osser-
vatori collegati ad Almagro, Buenos Aires, Patagònes:
quindi a La Boca (B.A.), S. Nicolàs, Paisandù, e Infine a
Punta Arenas. Tutti questi e poi altri Osservatori Meteoro-
logici salesiani Inviano i loro dati a quello dell'Uruguay
(Villa Colòn) che li rimette in Italia al Denza. Questi ne fa
oggetto di pubblicazione sul Bollettino Internazionale Po-
lare di Pietroburgo e su quello della Società Geografica
Italiana. È il via a un interesse scientifico culturale nelle
missioni salesiane.
Per la cronaca, furono G. Fagnano e A. Stefenelli da
Patagònes, poi ancora Fagnano da Punta Arenas, a corri-
spondere con l'Osservatorio di L. Lasagna. Tanta solleci-
tudine scientifica dei pionieri salesiani d'America e dello
stesso don Bosco da Torino ebbe anche fini pratici: forni-
re dati certi per stabilire residenze e centri urbanistici in
territori dove urgeva sia sviluppare l'edilizia per gli emi-
grati, sia creare aree •vivibili• per la soprawivenza degli
Indi patagonici e fueghini.

3.6 Page 26

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_ VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
26 · 1 APRILE 1986
Protagonisti
New York - La «US
Mail », le poste americane, hanno in
don Edward J. Cappelletti un clien-
te di prima grandezza. Perché don
Cappelletti è quasi sicuramente il
salesiano che intrattiene la più fitta
corrispondenza: scrive a 50 milioni
di persone negli Stati Uniti. E clifat-
ti, ogni due mesi, le poste americane
fanno arrivare fin sotto casa sua, a
New Rochelle, diversi giganteschi
autotreni per raccogliere tutte le let-
tere di don Edward.
New Rochelle è un grosso borgo
ormai agganciato, dall'espansione
ectilizia, a New York. La metropoli
vi si protende allungando anche da
questa parte l'intrico della sua rete
autostradale. I trenta minuti cli taxi
sono però sufficienti a lasciarsi alle
spalle gli incombenti grattacieli di
Manhattan, il frastuono della so-
praelevata, il traffico caotico, l'e-
terno correre della gente sui marcia-
piedi della Quinta Strada o del
Bronx, insomma tutto quel panora-
ma di enormemente grande, di co-
lossale, che sembra essere l'impron-
ta di New York. E non solo questo.
Anche il senso di fredda indifferen-
za che sembra raggelare i rapporti
umani e ti mette addosso un brivido
cli paura e di sospetto. A New Ro-
chelle, case, strade, negozi si ridi-
mensionano a livello d'uomo, e il
più riposante contesto umano appa-
re come il riflesso dello stato d'ani-
mo più sereno della gente che vi
abita.
/n ogni angolo
degli USA
È da qui, da New Rochelle, che si
irraclia verso tutti gli Stati Uniti l'o-
pera che la «Salesian Missions»
svolge ormai da molti anni. Dicen-
do «tutti gli Stati Uniti» non usia-
mo un'espressione di comodo. I 50
milioni di lettere che ogni due mesi
escono dall'edificio immerso nel
verde e lambito dalle acque dell'o-
ceano Atlantico che si insinuano fin
qui oltre Long lsland, raggiungono
CINQUANTA
MILIONI
DI AMERICANI
RICEVONO
LE SUE LETTERE
Don Edward Cappelletti è il
salesiano che, al mondo,
intrattiene la più fitta
corrispondenza. Che cosa scrive?
<<lnformo la gente sui bisogni di
altra gente». E le risposte non
mancano.
altrettante famiglie americane in
ogni angolo dell'immenso Paese.
Ad esse si aggiunge la rivista «Sale-
sian », che esce ogni quattro mesi in
tre milioni di copie.
Quali sono le finalità cli un così
grosso impegno? La domanda lari-
volgiamo a don Cappelletti, che del-
la «Salesian Missions» è un po' il
centro motore. «n nostro scopo pri-
mario è la diffusione negli Stati
Uniti della conoscenza di Don Bo-
sco, del suo spirito, del suo metodo
educativo. Immediatamente a ri-
dosso di questa prima finalità, ce
n'è una seconda: aiutare le opere
che i salesiani intraprendono nel
mondo in favore dei giovani più bi-
sognosi e della povera gente in gene-
re. Tutti sappiamo che orfanotrofi,
scuole, oratori, dispensari, opere
sociali non nascono dal nulla. Oc-
corrono mattoni, e i mattoni costa-
no. Bene, noi cerchiamo di procura-
re il denaro necessario per acqufata-
re quei mattoni. C'è tanta gente, ne-
gli Stati Uniti, che aspira a fare del
bene al prossimo, che vuole manife-
stare la solidarietà di chi ha la fortu-
na cli vivere in un Paese prospero, a
chi invece manca anche del necessa-
rio. È gente che spesso non sa verso
chi indirizzare il proprio desiderio
di rendersi utile, non sa come dare
una mano. Noi glielo facciamo sa-
pere informandola, attraverso le
lettere e la rivista, sulle opere che i
salesianistanno realizzando o inten-
dono realizzare nel mondo. Al tem-
po stesso offriamo la garanzia che
l'aiuto fornito va a buon fine, senza
dispersioni inutili, e lo facciamo
con regolari rendiconto cli quanto è
stato compiuto>>.

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - -# -
1 APRILE 1986 27
L papà era
di Lucca
Insomma, la «Salesian Missions»
si pone come tramite fra chi ha e chi
non ha, alimentando cosi una ca-
tena internazionale di solidarietà
umana. Don Cappelletti - come
dice anche il suo cognome - è di
origine italiana. Il papà era di Luc-
ca, la mamma di un piccolo paese
della Garfagnana. A 14 anni il pa-
dre aveva lasciato l'Italia per anda-
re a lavorare in una piantagione di
cotone in Brasile. Si era poi sposa-
to, e con la moglie aveva raggiunto
gli Stati Uniti. Morì a soli 42 anni, e
la moglie si trovò sola, in terra stra-
niera, ad allevare quattro figli, Ed-
ward e le sue tre sorelle. Edward
frequentò le scuole salesiane, si lau-
reò in latino e greco, e divenne sa-
cerdote di don Bosco.
Quando gli fu affidato l'incarico
di direnore esecutivo della «Sale-
sian Missions», don Cappelletli si
lanciò nell'impresa con entusiasmo,
coadiuvato da tre altri salesiani, il
veneto Aldo Roman, lo spagnolo
Giuseppe Ross e l'americano Ken-
neth Germaine. Conoscere don Ed-
ward Cappelletti vuol dire conosce-
re l'efficienza fatta persona. Non
l'efficienza fine a se stessa, un po'
musona di certi efficientisti freddi e
calcolatori. Quella di don cappel-
letti è un'efficienza dolce e allegra
al tempo stesso, serena e consape-
vole, di servizio, animata dallo spi-
rito salesiano. È un modo di essere
che si riflette nelle stesse pubblica-
zioni della «Salesian Missions»,
non solo la rivista, ma anche certi
curiosi libretti periodici che nei di-
segni a tutta pagina e nei testi che vi
si incastonano, irradiano serenità,
speranza, gioia dj vivere. Sullo
sfondo di prati fioriti, di minuscole
chiesette che si stagliano nel cielo
attraversato dall'arcobaleno, di nidi
di uccelli fra i rami di un albero fio-
r.ilo, il lettore trova aforismi, pen-
sieri, poesie, preghiere, riflessioni
che con poche battute richiamano a
uno stile di vita, a un modo di essere
che si contrappone alla frenesia
spesso esasperata della nostra epo-
ca. Eccone uno, scelto a caso:
Io sono uno,
ma sono.
Non posso fare tutto,
ma qualcosa.
E poiché non posso fare
qualsiasj cosa,
non voglio rifiutarmi
di fare quel qualcosa
che io posso fare.
li successo di questi minuscoli li-
bretti è straordinario; cinquecento
milioni di copie in una decina di an-
ni. «Celi chiedono da ogni parte -
dice don Cappelletti - e ci capita di
sentirci dire: non dimenticate di
spedirmi il prossimo libretto». E le
lettere a 50 milioni di americani?
«Ci proponiamo essenzialmente di
informare i nostri amici. E guardi
che non ne abbiamo solo fra i catto-
lici. Moltissimi appartengono ad al-
tre confessioni, che, come sa, negli
Stati Uniti sono numerose». Che ti-
po di informazione? «Noi diciamo
agli amici: in India, o in questo o
quel paese dell'Africa o dell'Ameri-
ca Latina c'è uno specifico pro-
blema. Volete aiutarci a risolverlo?
Niente di astratto, dunque, di gene-
rico, ma problemi concreti. Via via
che la realizzaz.ione dell'opera pro-
cede, teniamo costantemente infor-
mati i nostri amici. Cosicché coloro
che ci banno inviato la loro offerta
sanno in che modo il loro contribu-
to viene utilizzato. Per quanti poi
vogliono vedere con i loro occhi le
realizzazioni, organizziamo viaggi
sul posto dove le opere sono sorte».

3.8 Page 28

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28 · r APRILI:. 1986
_(;o-li
lo t/4~r
0 ttfl
Efficiente e moderno
organismo
Naturalmente per tenere una così
ampia rete di contatti epistolari, è
stato necessario dotare la «Salesian
Missions» di una adeguata struttura
organizzativa. E stando a quello che
abbiamo visto durante la nostra vi-
sita a New Rochelle, tale struttura
non solo esiste, ma è un meccani-
smo di straordinaria efficienza. Si
sale deUa famiglia salesiana, la sua
presenza nel mondo. Anche il re-
sponsabile della programmazione
della «Don Bosco Multimedia» è
un sacerdote di origine italiana, don
James L. Chiosso, nato a Torino,
ma poi emigrato negli USA (il coor-
dinatore è don John Malloy). L'at-
tività di don Chiosso si allarga al
vasto campo degli audiovisivi, pun-
tando sull'educazione -religiosa de-
stinata alle scuole e alle comunità,
nonché sull'impegno in campo bi-
I Esemplari dei
libretti
distribuiti da
don Edward
avvale di 150 collaboratori laici, è
dotata di apparecchiature elettro-
niche (terminali, cervelli elettronici
ecc.) molto sofisticati, utilizza col-
laborazioni esterne di personale
qualificato, invia giornalisti sui luo-
ghi ove sono in corso di attuazione
le opere perché possano riferirne ai
lettori di «Salesian».
Un supporto utilizzato su larga sca-
la è fornito dalla «Don Bosco Mul-
timedia», che ha anch'essa sede a
New Rochelle, e che si occupa di
audiovisivi. Produce filmati e docu-
mentari che vengono trasmessi so-
prattutto da stazioni televisive loca-
li, la cui rete è molto diffusa negli
Stati Uniti e conta su milioni di tele-
s pettatori. A questi ultimi si cerca di
far giungere la dimensione univer-
blico. Grazie alla sua attività anche
editoriale e di studio (con l'organiz-
zazione di importanti convegni cui
partecipano esperti di fama nel
campo delle tecnologie applicate
agli audiovisivi) la «Don Bosco
Multimedia» èconosciuta e apprez-
zata oltre la cerchia della comunità
cattolica americana. Un servizio,
anche questo, reso al mondo sale-
siano di lingua inglese.
La serietà dell'organizzazione di
don Cappelletti è stata riconosciuta
ufficialmente anche dal governo de-
gli Stati Uniti, che ha annoverato la
«Salesian Missions» fra gli enti di
sviluppo per il Terzo Mondo, e ha
instaurato con essa un rapporto di
collaborazione che consente di rea-
lizzare opere avvalendosi del con-
corso finanziario federale.
Gaetano Nanetti

3.9 Page 29

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# _ _ VITA ECCLESIALE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Anno Internazionale della Pace
I APRILE 1986 29
cc R1sPONDEREMO>>
PER PROVOCARE
DOMANDE
1 11 gruppo del giovani che hanno
allestito una delle repliche più
recenti
Un gruppo di giovani romani da
due anni «cantano» la pace
coinvolgendo pubblico e centro
giovanile. Una esperienza da
moltiplicare per l'anno in corso.
I
Un particolare della danza che
rappresenta Il tragico gioco
dell'aggressività quotidiana
L'entusiamo dei ragaz-
zini si scatena. Più di cinquecento
alHevi di una Scuola Meclia del po-
poloso quartiere «Don Bosco» di
Cinecittà a Roma soverchiano, con
un interminabile scroscio cli applau-
si, le ultime note cli «Rispondere-
mo», un musical sulla pace.
Le parole della canzone si con-
fondono con le incuriosite richieste
del giovanissimo pubbHco, che ha
letteralmente aggredito i 25 p.rota-
gonisti scesi dal palco e integrati
con la platea. lJ musical, in effetti,
ha una straordinaria forza cli sugge-
stione e di provocazione. Tra la fit-
ta schermaglia di domande e rispo-
ste rimane sempHficato il mio com-
pito di cronista. Raccolgo mille
frammenti cli informazioni che, ri-
composti, offrono il quadro di una
lodevole iniziativa. Si tratta della
quindicesima replica di uno spetta-
colo nato un anno fa presso il Cen-
tro Giovanile Salesiano di Cinecittà
e presentato, ancora in veste incom-
pleta, durante un convegno sulla
pace organizzato dall'Università
Salesiana di Roma. Pur con i Hmiti
di una proposta teatrale ancora im-
perfetta e allestita in tempi ristretti,
ottenne un discreto successo per i
temi affrontati. Il distinto pubblico
di studiosi (oltre un migHaio) mo-
strò di gradire e apprezzare le sug-
gestioni spontanee, magari modeste
ma senza dubbio sincere e graffian-
ti, di giovani che, nel loro quotidia-
no, pongono interrogativi e risposte
di pace. L'esperienza suonò come

3.10 Page 30

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30 · I APRILE: I986
robusto scossone. Le osservazioni,
le critiche, i suggerimenti, l' incorag-
giamento caddero come pioggia be-
nefica a irrorare il nascente entusia-
smo di giovani che dimostravano di
credere nella pace e nella possibilità
di renderla messaggio della loro
muska, della loro danza, del loro
teatro. La volontà di fare sul serio,
mista ad una buona dose di corag-
gio e di entusiasmo ebbe l'effetto dj
un contagio su tutto il Centro Gio-
vanile: salesiani e giovani moltipli-
carono incontri, riflessioni, ricerche
che portarono a rielaborare il testo
e a coinvolgere altre realtà e capaci-
tà che il Centro Giovanile poteva
offrire. Oggi, a distanza di un anno,
la variegata riflessione dei giovani
sulla pace assume la forma dram-
matizzata di uno spettacolo avvin-
cente e, insieme, inquietante. L'An-
no della pace promosso dall'ONU
ha dato la stura alle rappresentazio-
ru. Il quartiere Don Bosco è a soq-
quadro: repliche per il pubblico in
generale, repliche per plessi scolasti-
ci, repliche per gruppi di impegno.
«Tra l'altro, per le scuole presen-
tiamo lo spettacolo con una griglia
di riflessione e ci prestiamo sempre
ad una discussione, nel caso che le
nostre riflessionivolessero essere vi-
ste criticamente. E anche questa
operazione è andata molto bene>>.
Chi parla è Fabio, 23 anni, uno dei
protagonisti. Opera nel Centro Gio-
vanile come obiettore, facendo ser-
vizio civile. «Quando abbiamo pro-
posto il musical in ambienti prepa-
rati - prosegue Fabio - abbiamo
avuto riscontri interessanti con di-
battiti vivaci e discussioni molto po-
sitive in relazione a certi problemi
affrontati nello spettacolo: il ruolo
della scienza in riferimento all'uso
dell'energfa nucleare, la mentalità
del "Generale", i comportamenti
di chi è fifone, spaccone o indiffe-
rente di fronte aJ consumo quotidia-
no della violenza». «lo ho notato
questo - interviene Elena -il pub-
blico percepisce molto quel tipo di
violenza che entra sottile nella vita
quotidiana. Su questainvocrnamo e
proponiamo modelli di pace. Certo,
abbiamo messo in scena anche l'as-
surdità di una violenza come quella
legata alla guerra, ma è una violen-
za generica, per fortuna non l'ab-
biamo vissuta direttamente. Pensia-
mo, invece, più coinvolgente quella
che ci può capitare tutti i giorru, la
violenza quotidiana)).
Riprende Paolo: «Su questo ab-
biamo riflettuto molto. Ci siamo re-
si conto che esistono diversi settori
su cui si può costruire la pace. Noi
portiamo diverse proposte, non una
sola. Per cui può essere anche diffi-
cile prendere posizione. L'obiezione
di coscienza è la proposta dominan-
te. Noi la favoriamo. Ma non solo
in relazione al servizio militare.
Proponiamo obiezione sul lavoro,
sul modo di divertirsi, sulle cose che
riteniamo siano i primi passi per un
autentico impegno personale. Per
noi obiezione di coscienza diventa
non reagire in un certo modo, rifiu-
tare di adeguarsi ad una certa logi-
ca. C'è una frase che mi ha sempre
colpito: credere che la giustizia pos-
sa essere garantita dalla violenza.
Noi vogliamo che cambi questa
mentalità, perché crediamo che la
giustizia possa essere garantita dalla
tolleranza, da tutta un'altra serie di
valori che non sono la violenza».
Ripercorro mentalmente i diversi
momenti dello spettacolo per trova-
re conferma di quanto i giovani
protagonisti «leggono» con profon-
dità e con convinta passione. Mi ac-
cordo che, al di degli episodi piut-
tosto evidenti per il significato e le
valutazioni che esprimono, sono so-
prattutto i personaggi, ben definiti e
caratterizzati, che incarnano parti-
colari mentalità, valori, atteggia-
menti. l veri protagonisti del rac-
conto sono i giovani, quelli più or-
dinari, patiti per la musica, la <<cac-
cia» alla ragazzina, il protagomsmo
in discoteca. Ed è proprio in disco-
teca che avviene il <<fattaccio».
Mentre i ragazzi ballano scambian-
dosi non convinte battute su questo
o su quell'altro, una misteriosa voce
· interferisce con Ja musica e lascia
interdetti i presenti: «Qui parla
Dio. Vi è stato detto: "N'.>n giudi-
cate e non sarete giudicati". Vi è
stato detto: "Ama il tuo prossimo
come te stesso"... Eppure conti-
nuate ad offendervi e a torturarvi
con violenze, soprusi, guerre... Non
è su queste realtà che io ho costruito
questo mondo».
La discoteca abbandona il suo
alone di superficialità e diventa luo-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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- - - - - -- - - -sB-
Un momento delle danze
1 APRILE 1986 · 31
I giovani si recano presso uno
I
scienziato per capire Il problema
dell'uso dell'energia nucleare
Scena del generale
go di ricerca, di confronto di espe-
rienze, di uno con realtà e pseudo-
valori che esigono una chiara con-
danna. n racconto si snoda tra vari
episodi, fino a concludersi nuova-
mente in discoteca con la scena più
drammatica: un gruppo di teppisti
occupa la discoteca per consumare
la propria vendetta nei confronti di
uno dei giovani che aveva mancato
verso il «boss» della banda. In que-
sto frangeme assumono particolare
evidenza i vari modi di reagire aUa
violenza. Meglio tratteggiato, fino a
concentrare su di in modo esaspe-
rato l'identificazione del pubblico,
è «lo spaccone». Si chiama Cristia-
no, ha diciotto anni, fa parte di un
gruppo teatrale del Centro Giovani-
le. Sorridendo mi confida: «Ho fat-
to una parte che non era la mia. Lo
spaccone, la persona grintosa o vio-
lenta non è intrinseca a me. Come
carattere, sì, sono volitivo, ma non
a livello di violenza. Ho cercato, pe-
rò, di entrare nella parte perché è
vera. È vero che accadono certi epi-
sodi. È vero che c'è gente che si
comporta in questo modo. Ho espe-
rienza di gruppi che vivono queste
dimensiorù di violenza, di provoca-
zione, di teppismo. lo vivo la realtà
del Centro Giovanile, ma a livello di
discoteca, fuori del Centro Giovani-
le ci sono questi comportamenti.
Ho notato anche la forte reazione
del pubblico. Lo si vede -dagli ap-
plausi. Quando io scattavo e reagi-
vo contro gli aggressori il pubblico
applaudiva. Inconsciamente si sen-
tivano realizzati, identificati; nei
rrùei scatti c'era la realizzazione di
queUo che vorrebbero fare: la ri-
scossa contro i <<duri)), contro i cat-
tivi, anche a costo di mettersi sullo
stesso loro livello». Domando se
questa reazione è stata più evidente
nei preadolescenti o tra i giovani
delle classi superiori. «I ragazzi più
piccoli - riprende Cristiano - so-
no stati il nostro pubblico più criti-
co e attento. Sono quelli che più di
tutti hanno percepito il messaggio e
lo hanno criticato nel modo più giu-
sto. Purtroppo devo dire a malin-
cuore che i ragazzi della mia età o
più grandi ancora a volte hanno
manifestato di sottovalutare il vero
messaggio che vogliamo dare, forse
perché pensano che sia una cosa
scontata. Visto che viviamo in un
ambiente di apparente pace, sembra
quasi che noi intendiamo portare
turbamenti, inquietudini. Quasi che
andiamo contro la loro tranquillità
e indifferenza. Secondo me dovreb-
bero pensare di più su questi proble-
mi. Credo anche ci sia questa consi-
derazione: ci vedono sul palco, per-
sone della stessa loro età, che fac-
ciamo delle cose normali, quindi ci
sottovalutano, non si degnano di
affrontare una discussione. I ragaz-
zi più piccoli, invece, ti considerano
di più. Lo si vede dal fatto che cer-
cano di chiamarti, dopo Lo spettaco-
lo: fanno domande, vogliono parla-
re. Mi fa capire che è un momento
molto costruttivo ed educativo, per-
ché vedono dei ragazzi più grandi
che fanno certe cose e potrebbero

4.2 Page 32

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32 · I APRILE 1986
IAltro momento:
giovani accusano le
forze militari di
massacri, di assurde
operazioni omicide
Fabrizio Emlgll,
l 'autore delle canzoni.
È un giovane
cantautore, uscito dal
Folkstudio di Roma,
appre.zzato cantautore,
svolge servizio civile
presso l'Oratorio
salesiano del
Testacelo. È stato
coinvolto
nell'allestimento del
musical
anche loro, poi, prendere qualche
spunto per portare avanti alcune
idee e alcuni valori».
I ragazzi della scuola sono scia-
mati lentamente, quasi con un po'
di rimpianto. I giovani che hanno
realizzato lo spettacolo riprendono,
a traLti, il confronto sulle loro im-
pressioni e quelle del pubblico,
mentre tutti, a maniche rimboccate,
riassettano la scena e la sala per
un'altra, immediata replica. Pochi
minuti per altre rapidissime dichia-
razioni: sono osservazioni che fan-
no percepire la soddisfazione e -
come dicono Carmen e Paolo - la
gioia «di essere consapevoli che
stiamo dicendo qualcosa di molto
importante e che stiamo ''facendo''
qualcosa per la pace, anche se noi
siamo una piccola cosa». Un'idea
che è cara anche a Cristiano che mi
saluta dicendo: « Per me è impor-
tante dare una spinta a queste cose.
Incontrare il pubblico giovanile con
questi spettacoli. Soprattutto farli
sent ire partecipi dopo lo spettacolo,
stando con i giovani e i ragazzi,
coinvolgendoli. P erché è molto im-
portante, secondo me, che siano lo-
ro i veri protagonisti».
Pierdante Giordano

4.3 Page 33

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sB- _ STORIA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
I APRILE 1986 33
lsALESIANI
SULLA PISTA
DI CELLULOIDE
Poco più di novant'anni
fa venne inventato il
cinema. Qual è stato
l'atteggiamento dei Figli
di Don Bosco nei suoi
confronti? Marco
Bongioanni, che per
molto tempo si è
occupato di questo
settore traccia una prima
storia.
LII/X, PRODUZIONE
-PACIIIA IYAJ.IAIIA
CIWll:NATOCIIArlCA
TORINO
Manifesto del film
«Don Bosco..
Un interesse pos1tJvo
verso il cinema si manifestò tra i sa-
lesiani di don Bosco soprattutto a
partire dal 1923. Il cinema non era
ancora trentenne. Interessarsene
positivamente voleva dire accostar-
si al fenomeno non solo in posizio-
ne difensiva con il timore di esplici-
te o implicite aggressioni, ma in po-
sizione di fiducia riconoscendolo
come efficace mezzo di informazio-
ne e di cultura. Questa sensibilità al
valore del cinema (anticipo di atten-
zione verso tutta la gamma degli au-
diovisivi) era un'intuizione che i
tempi hanno poi premiato e che og-
gi ci appare sorprendente e rimar-
chevole.
l documenti della chiesa restava-
no cautelativi a tutto tondo. Ma fin
dal 1912 un decreto di Pio X (primo
documento ufficiale sul cinema),
proibendo la «catechesi fiJmjca»
neUe chiese, aveva lasciato intende-
re che esistevano e circolavano pelli-
cole a carattere «religioso». Gli
GOFFREDO ALESSANDRINI

4.4 Page 34

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34 · 1 APRILE 1986
stessi Lumière avevano filmato una
Passione di Cristo; e dopo di loro
Pathé e altri. All'aurora del cinema
numerosi produttori e registi tenne-
ro a cimentarsi con «Passioni» e
«Sacre Rappresentazioni». Ma re-
stava da chiedersi se non si trattasse
soprattutto di un'ottica commercia-
le, tra altre assai meno «decenti» ed
assai più aperte all'equivoco, e se in
fin dei conti quella «meccanicizza-
zione» dell'annuncio, sia pure cri-
stiano, meritasse davvero di essere
omologata.
Nemmeno l'enciclica «Vigilanti
cura» che Papa Ratti dedicò specifi-
catamente al fenomeno cinemato-
grafico vari anni dopo (1936) avreb-
be spostato l'accento dalla difesa
morale all'impresa promozionale.
Questa restava in attesa di Pio XII e
della sua svolta sul «film ideale»
(1955) inizio di un atteggiamento
ben diversamente attento al feno-
meno filmico e all'interesse dell'uo-
mo. La cultura degli anni '20 non
aveva ancora assimilato il frutto
acerbo su cui si erano innescate
preoccupazioni morali pari e oppo-
ste ag1i interessi finanziari che esso
già stimolava. Non si trattava solo
di telefoni bianchi, salotti liberty,
danze di divi e quattrini note sotto il
nome di star system. La svolta indu-
striale del cinema stava anche ac-
cendendo una miccia consumistica
intrecciata di edonismi e sensuali-
smi «laici» (nel senso.«pagano» del
termine) per se stessi contestatari
del messaggio cristiano. Quest'ulti-
mo, dottrina e morale, veniva pren-
dendo coscienza del cinema più dal-
l'attacco che subiva a causa del
<<neopaganesimo» capillarmente
diffuso dagli schermi (con punte
«osé» che solo il distacco da quel
tempo e da quella cultura rendono
innocue per noi), che non dalla na-
tura e dal valore del nuovo mezzo di
comunicazione. Voglio dire, insom-
ma, che quel cinema poteva anche
suscitare delle riserve, come infatti
suscitò.
Proprio in quel contesto i salesia-
ni di don Bosco, non dalla periferia
ma dal centro direzionale della con-
gregazione, spinsero la loro iniziati-
va al di là delle cautele educative e
morali, ovviamente riaffermate co-
me premessa, per dare inizio a un
più coraggioso intervento positivo.
E intervennero sulla creazione e dif-
fusione del prodotto; non tanto in
proprio quanto animando e inco-
raggiando i canali creati dall'indu-
stria. Fu così che nelle pubbliche sa-
le apparve una certa produzione al-
ternativa, modesta quanto si vuole
ma significativa come criterio e co-
me germe. Dapprima a livello di do-
cumentario, in quei tempi assai in-
coraggiato e diffuso, poi' anche a li-
vello di lungometraggio. E qui inte-
ressa fare il punto non tanto sulle
dimensioni dell'esito conseguito
quanto sulla proposta in sé e sul me-
rito di chi ne ebbe l'intuizione.
«In un primo tempo - ossia nel
l922-23 stando a una nota del sale-
siano don Domenico Molfino - si
pensò alla creazione di un ufficio
Film Missioni Don Bosco e a riprese
nelle missioni per la produzione di
film missionari. Don Rinaldi e Don
Ricaldone erano persuasi che il ci-
nema fosse uno dei mezzi più effica-
ce per far conoscere le missioni; e

4.5 Page 35

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- - -- - -- - - - -5'1-
forse furono i primi in Italia o addi-
rittura nella Chiesa a produrre veri
film missionari... ». Don Molfino
tace di se stesso, ma fu proprio a lui
che i due superiori affidarono in
principio la direzione dell'ufficio
filmico e la realizzazione deJ loro
progetto.
Il Rettor Maggiore don Filippo
Rinaldì, assumendo la suprema ca-
rica salesiana nel 1922, aveva subito
chiamato don Pietro Ricaldone a ri-
coprire la seconda carica, quella di
Vicario. Così aveva già fatto prima,
in Spagna e in ogni tappa della sua
carriera; resta sintomatico il costan-
te sintonizzarsi e integrarsi delle due
dissimili personalità in un unico ef-
ficace ingranaggio di cuore e mente,
di intuizione e realizzazione. Uno
dei primi passi del «tandem» fu
dunque nel 1923 la creazione del-
l'ufficio Film Missioni Don Bosco o
- come affettuosamente si disse -
la «Molfin-film». Chi rammenta il
tratto rispettoso e affettuoso che
I APRILE 1986 35
don P. Ricaldone usò e inculcò sem-
pre verso don Mollino, è buon testi-
mone dell'importanza di cui quel-
l'ufficio e quell'impresa furono in-
vestiti dai due successori di Don
Bosco.
Don Molfino andò subito al con-
creto. «II cinema - annotò in certi
suoi appunti - è il mezzo moderno
più potente per la diffusione delle
idee, dei costumi, delle novità di
ogni genere (...). Ad esso il pubbli-
co è attratto non solo per curiosità
ma anche per arte e tecnica. Perciò
è naturale che il popolo, colto o in-
colto, benestante o povero, persino
analfabeta, vi affluisca in massa in
ogni paese della terra. Di qui una
domanda: possiamo noi salesiani
contentarci di deplorazioni e proibi-
zioni che il più delle volte rimango-
no inefficaci? Possiamo rimanere
indifferenti ai desideri e ai pericoli
dei giovani?... ».
Forte di queste riflessioni, don
Molfino ingaggiò a nome del nuovo
«Ufficio Film» e degli stessi supe-
riori un operatore professionista
della celebre Casa cinematografica
Ambrosio (quella del «colosso» Ca-
biria) e gli commissionò una serie di
corti e medi metraggi da filmare in
ogni parte del mondo, dovunque
fossero missioni salesiane in grado
di garantire materia e punto d'ap-
poggio alla troupe. Questo operato-
re aveva nome Pietro Marelli, un
bergamasco del 1881. Ai «cinéfili»
il nome di Marelli dice qualcosa.
Era l'operatore stesso che nel 1916
aveva capito e realizzato cinemato-
graficamente Eleonora Duse in Ce-
nere, tratto dal romanzo di Grazia
Deledda. Ed era il medesimo Marel-
li già legato a titoli celebri in tutto il
mondo dell'epoca, come Cirano di
Bergerac, Capican Fracassa, Ettore
Fieramosca (200 persone e 40 caval-
li sui terreni incolti della periferia
torinese), La torre dei vampiri, Il
trionfo della /orza, L'ultima doga-
ressa, eccetera. « Una fotografia
raffinata - dirà il critico francese
George SadouJ - e spesso persino
sorprendente».
Palestina, Egitto, Africa Equato-
riale, India e varie località dell'A-
sia, Perù e varie località del Sud
America, furono i lunghi viaggi a ri-
schio che il Marelli affrontò negli
anni venti, quando il viaggiare in

4.6 Page 36

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36 · I APRILE 1986
terre così lontane era un'impresa di
notevoli difficoltà. Da ogni tappa
venne fuori un film messo in distri-
buzione daUe grandi Case a cui fa-
ceva capo il tecnico: Ambrosio, Ita-
la, Pasquali... Tra l'altro, dal sog-
giorno in Africa Centrale il Marelli
trasse un film a lungometraggio in-
titolato Nionga, che illustrava usi e
costumi degli indigeni abitanti nei
villaggi della« brousse» e della fore-
sta... Ed ecco da lui e da altri opera-
tori paralleli profilarsi un primo
«Catalogo dei Films Missioni Don
Bosco», già ricco nel I928 di ben 22
titoli, tra cui Dal Pegù all'Assam,
Popoli e civiltà indiane, La Cina
tormentata, In Giappone, Kathan-
ga, Salesiani in Congo, Nella terra
che vide Gesù, Don Bosco nel Pla-
ta, Gli invincibili Sciuarà, Sprazzi
equatoriali, Il Ciaco paraguaio, e
via dicendo per un totale di 20.890
metri di filmato in distribuzione.
TI repertorio si estendeva anche
ad attualità italiane ed europee. Ma
quel che più conta è il fatto che dal
corto e medio metraggio (documen-
tari che andavano da una a cinque
parti) ci si senti presto, spinti al lun-
go metraggio. In un quinquennio ne
nacquero tre. I miei viaggi nella
Terra del Fuoco {1929) fu ricavato
dal montaggio di riprese che il sale-
siano esploratore don Alberto M.
De Agostini aveva fatto in circa 15
anni sulle sponde magellaniche e tra
fiordi e montagne australi.
11 merito del De Agostini fu quel-
lo di avere preceduto con la sua
straordinaria fotografia, realizzata
in precarie condizioni tecniche e con
eccezionale coraggio, i grandi mae-
stri del montaggio e del documenta-
rio: Dziga Vertov, Greersom, Fla-
herty... 11 che fu anche un suo limi-
te. Ma le stupende visioni di natura
e di indios che di a poco sarebbero
scomparsi del tutto dalla faccia del-
la terra fanno di questo «cineasta»
salesiano un pioniere degno di figu-
rare nella storia del linguaggio e del
messaggio documentaristico.
Un secondo lungometraggio fu
Conquistatori d'anime, sommaria
ricostruzione delle imprese missio-
narie toccate ai figli di don Bosco in
Patagonia. «Documentario» solo
per vaga ispirazione, questo film fu
fotografato nell'alto Canavese e
sulla Serra d'Ivrea, con masse di
I Copertina del catalogo
•Films Missioni Don Bosco~
dell'anno 1928
« indios» tratte dagli studenti sale-
siani dell'Istituto Cagliero. Perciò
fece un poco sorridere e venne sot-
tovalutato dagli stessi suoi autori e
protagonisti. Ma come prodotto
popolare non meritava l'oblio. I
tempi volevano «Western» a valan-
ga, e i «western» nascevano oltre
che in America persino nella Ca-
margue francese, ricchi di penne di
tacchino e di perizomi di capra.
Perché dunque non tentare una spe-
cie di «western-spaghetti ante litte-
ram» anche nei dintornj di Torino,
allora capitale italiana del cinema?
Fu quello che si tentò e non a tutto
demerito.
Venne infine (1933-34, all'alba
del sonoro) il Don Bosco di Goffre-
do Alessandrini. U film fu prodotto
dalla Lux su sollecitazione e impe-
gno del solito don Molfino. Vi col-
laborarono fior di salesiani e amici
sia per il copione (R. Uguccioni, E.
Carro, O. Castellino...), sia per il
cast (tra gli altri don Eusebio Vi-
smara nella parte del vescovo con-
sacrante). Più delle suggestioni
agresti della prima parte, l'opera re-
sta consegnata agli annali per l'effi-
cacia con cui inquadra Don Bosco
entro la situazione sociale della pe-
riferia. Qui le sequenze diventano
brani da antologia e preludono per
linguaggio alla fortunata scuola del
Neorealismo italiano del secondo
dopoguerra.
Tanto fu dovuto alla sigla «Film
Missioni Don Bosco» o, in concre-
to, alla lungimirante sollecitudine di
uomini quali don Rinaldi e don Ri-
caldone, dei quali don Molfino fu
braccio destro e fedele interprete.
Forse fu anche jJ buon esito di que-
st'azione promozionale che indusse
Pio XII a proclamare don Bosco
«Patrono del cinema» per iJ mondo
intero. Il breve relativo fu emanato
dalla S.C. dei Riti nelJ'autunno
1949. Ma a questo punto don Rical-
done si spaventò. Non era in discus-
sione la potenza del mezzo in cui fin
dall'inizio egli aveva creduto; ma
un don Bosco eretto a protettore di
Hollywood e di schermi così spesso
dissacratori, disumani e diseducati-
vi, non lo entusiasmò. Ne scrisse al
rappresentante salesiano in Roma
don Francesco Tomasetti: «Veda
un po' se la cosa possa morire nel si-
lenzio». E non se ne parlò più.
Occorre riportarsi all'epoca per
intendere. Non era ancora stata
chiarita sul piano culturale la fon-
damentale distinzione tra linguag-
gio e uso del linguaggio, tra la «me-
ravigliosa invenzione» e le possibili
applicazioni distorte. Che la parola
dell'uomo possa essere adorazione
o bestemmia è ovvio, e non sminui-
sce la grandezza della parola in se
stessa. Ma ciò che preoccupava il
Rettor Maggiore e molti altri con lui
era l'accesso popolare e giovanile a
tale distinzione. Avrebbe capito il
grosso pubblico? La diffusione del-
la cultura cinematografica era di là
da venire, e al Concilio mancavano
ancora vari anni...
Nonostante ciò, il progetto di un
cinema a servizio della migliore cau-
sa non fu abbandonato. I disegni di
don Ricaldone in proposito erano
molto impegnativi, vasti e coraggio-
si. Gli mancò il tempo per realizzar-
li. A riprendere ancora il bandolo
dell'impresa sarebbe stato di a po-
co don Luigi Ricceri a partire dagli
anni '50. Ma questo è un altro capi-
tolo, che nasce da nuovi contesti di
cultura e di storia.
Marco Bongioaoni

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 APRILE 1986 37
UN PARTO
DIFFICILISSIMO
D opo un difficilissimo parto
e moltissime complicazio-
ni, mio figlio Joshua Antonio è
arrivato al suo terzo anno di vita
sano, bello e con una personali·
piena di grazia e bontà. Per
questo, per il suo sviluppo nor-
male, fisico e mentale, ringrazio
Suor Eusebia, Don Bosco e S.
Domenico Savio.
Margherita Bonaventura-
Spsragna De/mar (New York)
ASSISTENZA COSTANTE
D esidero rendere pubblica-
mente grazie a Suor Eu-
sebia Palomino per aver assisti-
to mio marito in una difficile cir-
costanza. Colgo l'occasione per
un grazie a tutti i santi salesiani
per la loro costante assistenza e
protezione alla mia famiglia.
Anna Rasche/la Acireale (CT)
DEVOTA
E RICONOSCENTE
S ono molto devota di S.
Maria Domenica Mazza-
rello da cui ho ottenuto diverse
grazie. Le sono veramente rico-
noscente e vorrei tanto che que-
sta mia fosse pubblicata sul Bol-
lettino Salesiano. Anticipata-
mente ringrazio.
Nilde Montanaro
Feisoglio (Cuneo)
IL RISCHIO DI UN
BAMBINO ANORMALE
e hl scrive è una mammari-
conoscente a S. DOME-
NICO SAVIO. lo e mio marito
siamo felicemente sposati da
dieci anni. Due anni fa concepii
un altro figlio, il secondo, in cir-
costanze drammatiche, poiché
era mongoloide e soffriva di una
grave malformazione cardiaca
che gli dava poche possibilità di
vivere. Aveva al massimo 15
giorni di vita, dicevano i medici.
Potete immaginare la nostra di-
sperazione. Fu allora che una
mia amica mi parlò di S. Dome-
nico Savio e mi portò l'abitino
benedetto. Pregai giorno e notte
e Il bambino guarl. Cosi feci'vo-
to alla Madonna che se avesse
aiutato mio figlio avrei accettato
un altro bambino, correndo il ri-
schio che anche questo fosse
anormale. Dopo aver appreso di
essere nuovamente incinta, pur-
troppo il mio bambino, all'età di
otto mesi, mori: certamente il Si-
gnore nella sua Infinita bontà
aveva deciso che per lui fosse
meglio cosi. Intanto la mia gravi-
danza continuava: il 26 luglio,
giorno di S. Anna, la mamma
della Madonna, nacque Alberto
Domenico, sanissimo e pieno di
vita. Ora cresce a meraviglia e
con I suoi sorrisi cl colma di
gioia.
G. e I. D. Sa/uzzo (CN)
UN ESAME
MOLTO DIFFICILE
D esidero segnalare al Bol-
lettino una grazia ricevu-
ta: dovendo sostenere un esa-
me universitario molto difficile
mi sono rivolto a Maria Ausllia-
trice e a S. Giovanni Bosco per-
ché mi aiutassero a superarlo.
Sono stato esaudito e prego af-
finché mi aiutino a superare tut-
te le difficoltà che potrò Incon-
trare per il resto dei miei studi.
Renato Bianchi - Torino
DOPPIAMENTE FELICE
U na delle mie pronipoti, ar-
cideslderosa di prole in-
sieme al marito, per un diagno-
sticato difetto tubarico non pote-
va avere figli, ma nello stesso
tempo rifiutava l'operazione chi-
rurgica proposta dai mediCJi.
Perciò durante la pericolosa
gravidanza le Inviai l'abitino di
sconforto abbiamo sempre pre-
gato S. Giovanni Bosco, S. Do-
menico Savio e Maria Ausiliatri-
ce. Ora il nipote ha ripreso a stu-
San Domenico Savio e la grazia diare, mia madre e mia zia stan-
è arrivata. Cosl è nato un bel no meglio e io aspetto un bam-
bambino che io, suo prozio e sa- bino. Di questo devo ringraziare
cerdote ho avuto la santa gioia di cuore i nostri santi.
di battezzare imponendogli il
già prescelto nome di Marco:
ero doppiamente felice.
Lettera firmata
Cervignano (UD)
Don EnricoAuft~f~f;~ GRAVIDANZA
IN PERICOLO
UN LUNGO
ESAURIMENTO NERVOSO
e ome da promessa fatta,
desidero ringraziare pub-
blicamente San Domenico Sa-
vio per la nascita del mio secon-
dogenito Riccardo. Fin dal gior-
S e pure con ritardo sento il no che ho saputo di attenderlo
dovere di compiere la pro- ho indossato l'abitino, come ho
messa fatta a Suor Eusebia Pa- fatto per il mio primo bambino.
lomino tracciando la presente Ma al mese il mio medico dis-
per la protezione ricevuta. Ri- se che la gravidanza era in peri-
masta vedova ho vissuto per an- colo ed era necessario il ricove-
ni il dramma di un esaurimento ro per far nascere il bambino col
nervoso. Ho pregato con tanta taglio cesareo. Tornai a casa
fede ed ora la grazia della guari- preoccupata e pregai S. Dome-
gione., per sua intercessione mi nico Savio e S. Giovanni Bosco
è stata concessa. Con viva grati- di aiutarmi. La mattina dopo mio
tudine ed intima gioia ne rendo marito ml accompagnò da un al-
comunicazione. Queste povere tro medico, in un altro ospedale.
parole potranno forse aggiun- Mi disse che era tutto a posto e
gersi ad altre più degne, per che non c'era assolutamente bi-
portare agli onori degli altari sogno di ricovero. Al nono mese
questa pia figlia di Maria Ausilia- nacque Riccardo sano e robu-
trice che tanti poveri mortali ha sto, la gioia nostra e del fratelli-
aiutato? Proseguo e proseguirò no Damiano.
la mia devozione verso Maria
Ausiliatrice ed i Suoi Santi che
proteggono questa famiglia sa-
Laura Migliazza
S. Angelo Lodigiano (Ml)
lesiana. Se la presente dovesse
venire pubblicata sul Bollettino
gradirei fosse segnalata dalle
sole iniziali.
... M. z. . Torino CURE NON ADATTE
E con letizia che vi vorrei co-
municare un favore molto
importante ottenuto da M. SS.
MOMENTI DI SCONFORTO
Ausiliatrice e da don Bosco al
mio nucleo familiare. La grazia
I consiste nella miracolosa ripre-
o e la mia famiglia abbiamo sa di mia madre colpita da dolori
avuto diversi momenti diffi- molto forti alla schiene, la cui
cili nell'85: un nipote che ha im- gravità è documentata da radio-
prowisamente smesso di stu- grafie impressionanti. Una cura
diare; una zia e mia madre che a lei non adatta l'ha portata in
accusavano fastidiosi e sner- punto di morte: affranta dal do-
vanti problemi di salute non lore mi sono rivolta a Maria Au-
semplici da guarire; io che mi siliatrice della quale conservo
sentivo sempre sfiduciata an- preziosi ~ricordi•. Il rosario di
che per una gravidanza non Marìa l'ha salvata.
giunta al termine 2 anni e mezzo
fa. Nei momenti di maggiore
Lettera firmata

4.8 Page 38

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38 · I APRILE 1986
I NOSTRI
MORTI
MURA CARATZU, slg.ra MARIA RI•
TA, cooperatrice t Oristano
È spirata il 31 gennaio. Sarà slata
una coincidenza, ma per i suoi fami-
liari che conoscevano l'attaccamen-
to, l'ammirazlone. la fiducia illimitata,
l'amore profondo che nutriva verso
Don Bosco e Maria Ausiliatrice, si
trattadiqualcosa di più di una coinci-
denza. La defunta faceva parte, si
può dire, da sempre della grande fa-
miglia salesiana, dç,ve tutti I suoi figli
sono stati educati. E stata anche una
lettrice assidua del Bollettino.
BRUNO sig.ra ROSA ved. AIMAR t
a 76 anni
Fu mamma di undici fi9II, tutti vi-
venti: sei figli e cinque figlie. Un figlio
sacerdote, missionario salesiano In
Bolivia. Due figlie suore. Era donna
di vivissima fede. Nonostante la mal-
ferma salute e i tanti acciacchi era fe-
delissimaalla Santa Messa. La falica
e I sacrifici erano Il suo pane quoti-
diano. Non diceva mai di no. La sua
scomparsa ha lasciato un vuoto In-
colmabile in famiglia e nella Parroc-
chia che frequentava.
MAINA slg. VITTORIO t Orbassano
(TO) a 83 anni
L'esempio della sua vita semplice,
retta e ricca di amabilità vive nel cuo-
ri del suoi familiari, del suoi amici e di
tutti coloro che lo hanno conosciuto.
VOL PI slg.ra PAOLA t Bergamo
Era la affezionatissima sorella del
pur defunto missionario salesiano
Don Francesco Volpi, morto in Co-
lombia dopo tanti anni di lavoro apo-
stolico. Era un esempio di bontà,
umiltà e pietà. I due ultimi anni sono
stati pieni di sofferenze: ma il suo
•fiat• alla volontà di Dio era quoti-
diano.
SUPPA slg. PIETRO, cooperatore t
Soverato (CZ) a 89 anni
Devotissimo di Maria Auslllatrice e
di S. Giovanni Bosco fu assai lieto di
dare una figlia alla Famiglia Salesia-
na come suora. Leggeva con vero
amore il Bollettino trasmettendo ai
familiari notizie e fatti letti con tanto
entusiasmo. Ha lasciato di sé un ri-
cordo caro, per Il suo gran cuore
aperto a tutti e sempre.
POZZI slg.ra MARIA ved. PIROLA,
cooperatrice t Lecco, a 73 anni
lntelligenle, buona e generosa, fu
membro responsabile nel Consiglio
Cooperatorl lspettoriale e locale con
attiva partecipazione al •laboratorio
Missionario•. Sempre pronta al servi·
zio cordiale e competente dei malati
e sofferenti, lascia l'unica figlia Mi-
caela, ex allieva, religiosa laica, e
quanli l'hanno conosciula, nel più
profondo dolore per Il suo lmprowl•
so, ma non Impreparato ritorno alla
Casa del Padre.
BONELLO sac. MARIO, saleslano t
Valsallce (TO) a 71 anni
Quando nel 1945 i Superiori Sale-
siani inviarono a Valsallce come in-
segnante Don Mario Bonello, egli
non pensava certo di rimanervi per
40 anni dando un prezioso contributo
alla scuola e prolungandone Il presti-
gio nel tempo. Amò profondamenle
la scuola, tu sinceramente stimato
dal suol alunni, rivelandosi ottimo
educatore. Oftriva il suo nsegna-
mento con semplicità, ma con pro•
fonda sicurezza e competenza. La
storia. la filosofia e l'arte diventavano
cosi momenti propizi per tener desto
Il senso critico sulla realtà e a lungo
andare completavano la •statura•
del giovane rlflnendo parti o aspetti
che sovente vengono trascurati. L'a-
more al vero e al bello elevavano lo
spirito dello studente verso Dio a cui
Don Bonello aveva offerto la vita e
giurato fedeltà,
GOLINELLI slg. RENZO, ex allievo
t San Felice sul Panaro (MO)
Uomo di autentica fede cristiana,
ha sempre mantenuto fede ai propri
impegni secondo quanto aveva ap-
bile nel corpo. La sofferenza gli era
stata compagna quotidiana, l'aveva
purificato nello spirito e l'aveva reso
partecipe alle sofferenze del Cristo fi-
no all'estrema immolazione. La sua
vita si snoda lineare e straordinaria
preso alla scuola salesiana. Era schi•
vo di onori: tuttavia pochi giorni pri-
ma di morire gli è stata conferila la
Medaglia d'Oro al merito del Lavoro.
nello stesso tempo: nato a Lugano
nel 1906, frequenta Il ginnasio pres.
so un Collegio Salesiano dove cono-
sce la figura di Don Bosco e decide
di diventare salesiano. Nel 1929 si
laurea in Lettere, nel 1932 In Filoso-
MEZZANO slg.ra FRANCESCA
ved. CANALE, cooperatrice t
fia, nel 1933 In Teologia e nel 1954
ottiene laliberadocenza all'Universi-
Torino 5/2/1986
tà. L'insegnamento diventa per lui il
Da bambina, all'Oratorio Sant'Al-
fonso e poi al laboratorio della Con-
solata, era sempre tra le prime nelle
gare catechistiche ed usava I premi,
generalmente scampoli di stoffa, per
confezionare capi di vestiario per le
sorelle.
Affiancò il marito nella sua attività
di orefice e lo curò con dedizione to-
pane quotidiano che assapora e di-
stribuisce a larghe manl, la cattedra
si erge come palestra di vita. Della
sua personalità vive ancora In tutti ìl
suo amore per la scuola, la sua fede
praticata e Insegnata nella sua Inte-
rezza, la salesianità vissuta In manie-
ra totale, l'amore senza misura per I
giovani. Ricordiamolo oosll
tale negli anni di malattia.
Con gioia vide due delle sue tre fi.
glie, consacrarsi al Signore nella
Congregazione Salesiana, nel cui
spirito lavorò ella stessa, come coo-
AMBROSINI sig. GIOVANNI coope-
ratore t Varese a 94 anni
peratrice, frequentando le unioni di
Valdocco prima e del Richelmy poi.
Per desiderio del Parroco Don Gio-
vanni Feyles organizzò, nel primo
dopoguerra, Il gruppo Donne di Azlo•
ne Cattolica della parrocchia S. Anna
e vi lavorò attivamente per parecchi
anni, passando poi al Gruppo Vedo-
ve e infine al Laboratorio parrocchia-
le dove cuciva e ricamava con abilità
per le Missioni.
Accettò la propria lunga malattia
con grande coraggio, rimpiangendo
soltando di •essere di peso• e di do-
ver rinunciare alla sua vita di operosi-
tà a favore degli altri.
Come era solita fare, nascose le
Nella sua lunga esistenza ha avuto
tante occasioni per dimostrare a Dio
la sua fedeltà. La morte dì quattro fi-
gli in giovane età sono state vere po-
tature di Dio sull'albero della sua esl,
stenza, potature che hanno reso
sempre più generoso il suo cuore
nell'offerta. Fratello di un sacerdote
e di una suora ha avuto la gioia di do-
nare la sua unica figlia, sr. Giudijta a
Don Bosco.
Ha atteso l'incontro con Il Signore
come un patriarca. La sua serenità, il
suo abbandono, il suo essere con-
tento di tutto, lo ha reso caro a tutti i
suoi familiari.
proprie sofferenze per non preoccu-
pare i familiari e nell'ultima settima-
na, non potendo più esprimesi In altri
modi, comunicò a tutti, notte e g1or• GAMUZZA slg.na !OLANDA coope•
no, la commozione del suol frequenti ratrice t Piazza Arrnerlna a 51 anni
segni di Croce.
La signorina Iolanda ha sofferto
molto nell'ultima sua malattia ha of•
AMERIO sac. FRANCO, salesiano t
Valsallce (TO) a 89 anni
ferto la sua sofferenza per la Chiesa,
per l'efficacia del Sinodo del Vescovi
sul post Concilio e per la salvezza
Attorniato da numerosi suoi con- del giovani! Era un'anima impegnata
fratelli In preghiera, il 21 luglio mori- nelle vie dello spirito. Sensibilissima
va Don Franco Amerio, dopo lunga e per la sofferenza altrui, sapeva dare
penosa malattia che lo rendeva lna- a tutti la sua buona parola.
A quanti hanno chiesto Informazioni. annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: •··· lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per
le missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma dì lire...,
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti•
colarmente per l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
del Rellgios,, per seopl missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro del due Enti su indicati:
...annullo ogni mia precedente disposizione teslamentarla. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
in Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e dei Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
I APRILE 1986 · 39
Borsa: Ponzano Franca, in memo-
ria e suffragio, a cura del marito e del
figli, L. 1.000.000
Borsa: Beato M. Rua, in memoria
del genitori, a cura delle figlie,
L. 120.000
Borsa: In memoria di Vittorio Talari-
co, a cura di Talarico Liliana, Napoli,
L. 550.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffragio
di Vittoria Tedeschi, a cura dei figli,
L 500.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, In rin-
graziamento per il 50° di sacerdozio
di Don F. Pennelli, a cura di amici ed
ex allievi, Caserta, L. 500.000
Borsa: Maria Ausllletrlce e s. Gio-
vanni Bosco, in memoria e suffrag-
gio del defunto Luigi, a cura della
moglie, L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, per gra-
zra ricevuta, a cura di N.N., Catania,
L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento e in-
vocando ancora protezione, a cura di
Castella Teresina, Diano d'Alba, CN,
L. 300.000
Borsa: In memoria e suffragio di Ma-
ria Pippa in Frigo, a cura di Frigo Pie-
tro, L. 300.000
Borsa: In memoria di Maria Pippa In
Frigo, a cura di Frigo Pietro,
L. 300.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Lodi Gildo,
Crevalcore BO, L. 250.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per ringrazia,
manto e protezione, a cura di Rolla
SIivana Marini, L. 200.000
Borsa: S. Cuore di Gesù e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio dei genito-
ri, marito e sorella, a cura di Cirave-
gna Virginia, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, In memo-
ria e suffragio di Mario Gua/eni, a cu•
ra di Gualeni Rina Re, Castro BG,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, In ringra-
ziamento e per prorezione ad un'In-
ferma, a cura di Uggettl Angelo, Pa-
via, L. 200.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au•
sllletrlce, Santi Salesiani, per rin-
graziamento e protezione, a cura di
Venditti Giovanna, Trento
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Do-
menico Savio, In ringraziamento e
invocando protezione sui miei cari, a
cura di N.N., AT
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, benedite
me e I miei cari, a cura di Grezzana
Lucia, VR
Borsa: Maria Ausiliatrice, per gra-
zia ricevuta, a cura di Dattero Anto-
nio, PR
Borsa: In memoria e suffragio dei
nostri genitori, a cura di Guidotti e Z.,
Modena
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di Mezzano Rossella, Trino VC
Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringra-
ziamento e per protezione, a cura di
N.N., Chiuduno BG
Borsa: In memoria di Felice Adinolfi,
a cura di Mensltlerl Giorgio, Latina
Borsa: Merla Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, per grazia
ricevuta e per protezione, a cura di
Vacca Angela, Orsara Bormida AL
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di Camllotto Raffaele, Prilly •
Svizzera
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio diZeccone
Concetta, a cura della figlia Maria
Zlmbardo
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta e
per protezione, a cura di Vit Valvas-
sori Angela PN
Borsa: Maria Ausiliatrice, ringra-
ziando e Invocando protezione, a cu-
ra di N.N.. Doglianl CN
Borsa: Merla Auslllatrice, a cura di
Leocata Prowidenza, Adrano CT
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
s11!11trlçe e Don Elosço, per ringra-
ziamento per protezione sulla fami-
glia, a cura di Calvo Pierina. AL
Borsa: Maria Auslllatrlce, per gra-
zia ricevuta, ringraziando e invocan-
do benedizione, a cura di Vayr Ma-
riuccia, Novalesa TO
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in ringraziamento, a cura della
Famiglia Bosco Luigi, Còrdoba, Rep.
Argentina
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
Borse: In memoria di Vincenzo San- sco, Domenico Savio, in memoria e
miniatel/i, a cura del fratello Orazio suffragio del miei defunU, a cura di
Cherubini Maria, Ghlvizzano, LU
Borsa: Merla Ausiliatrice, Sr. Euse-
bia Palomlno, per ottenere grazie
sulla famiglia e sul proprio lavoro, a
cura di N. N., Alba
Borsa: Don Bosco, proteggicìl, a cu-
ra di De Micheli Curone Clotilde,
Roma
Borsa: s. Domenico Savio, per ot- Borsa: Maria Ausiliatrice e s. Glo-
tenera grazie, a cura di Valente Ro- venni Bosco, pregate per me, a cura
berte e Grazia, Torino
di Baldi Maria Laura, Reggio Emilia
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, per ottenere benedizioni
su famiglia e sul lavoro, a cura di N.
N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vannl Bosco, in ringraziamento e in-
vacando protezione per la mia tam/-
glia, a cura di C. M. Cerutti, TO
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio del miei
defunti e per ricevere grazia, a cura
di Maizza Rosina, Ostunl BA
Borsa: S. Giovanni Bosco, in rin-
graziamento e invocando aiuto In
momento particolare, a cura di Ala
Maccaro Franca, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani, pregate par noi, a cura di
A. G., Borgomasino
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo-
vannl Bosco, invocando aiuto e pro-
lezione, a cura di Paggi Virginia,
Novare
- - - - -- - - - - - - -
Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Sa-
lesiani, Sr. Romero, a cura di F. M.
Borsa: Maria Auslllatrlce, In suffra-
gio dei defunti, a cura di Marchese
Alessandro
Borsa: S. Domenico Savio, In rin-
graziamento per la nascita di Lucia,
a cura di Giudici Luigi, Sarronno VA
Borsa: Maria Auslllatrlce, S. Glo•
venni Bosco, S. Domenico Savio, a
cura di N. N., Isernia
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per protezio-
ne e invocando grazie, a cura di Gu-
rini Rocca Elisa, SO
Borsa: Beato Don Rua, invocando
protezione e aiuto, a cura di N. N.
Borsa: In suffragio di mia mamma e
della sorella: a cura di N. N.
Borsa: S. Giovanni Bosco, perché
continui a proteggermi, a cura di
Stobbione Maria ved. Bezzo, Asti
Borsa: Marta Ausiliatrice e S. Glo•
va.noi Bosco, per grazia ricevuta, a
cura di Sibona Erminio, Carmagnola,
TO
Borsa: Maria Auslllalrlce, in ringra-
ziamento.per ottenuto lavoro, a cura
di Egle
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio del sale-
siano Primo Giuseppe, nel anni-
versario della morte. a cura della so-
rella Teresa
Borsa: Don FIiippo Rinaldl, a cura
di Cubeta Giuseppe, Messina
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, in suffragio dei miei defunti e in-
vocando protezione, a cura di Berge-
se Caterina, Vicoforte CN
Borsa: S. Cuore di Gesù e Maria
Auslllatrice, in ringraziamento e in-
vocando protezione, a cura di Ame-
rio A.E.L.
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salesiani, aiutate le nostre famiglie,
sempre, a cura di Gianesini Domeni-
co, Crespino RO
Borsa: Maria Ausiliatrice e s. Gio-
vanni Bosco , per protezione, a cura
di N. N., TO
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Do-
menico Savio, Invocando protezio-
ne, a cura di Carducci Onia
Borsa: Maria Auslllstrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, a suffragio
del marito e per protezione su figli e
niPOli. a cura di C. T.
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
slllatrlce, Don Bosco, in ringrazia-
mento per grazia ricevuta, a cura di
B. S.
Borsa: Maria Auslllatrlce, S. Gio-
vanni Bosco, Implorando grazia per
la famiglia, a cura di A. e M.

4.10 Page 40

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Spediz. in abbon. postale • Gruppo 2° (70) 1• quindicina
ERI ldt.VJl_..,.
NO NEL
SEI
Collana
L'«Altra Infanzia»
pag. 32
L. 7500
Rettor Maggiore dal 1965 al 1977, don Luigi Ricceri regala
alla famiglia salesiana due opere: la prima parte delle sue
memorie, mezzo secolo di storia della Congregazione,
e il racconto, rivolto ai bambini, della sua infanzia nella
solare e amata Sicilia.
Due libri diversi, nei quali si ritrova però l'identica passione,
lo stesso brio, la stessa vivacità e simpatia con le quali
ancora ci sorprende il sesto successore di don Bosco
LDC
pag. 256
L. 16.000