Bollettino_Salesiano_198603


Bollettino_Salesiano_198603

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
9 VITA ECCLESIALE
Un Sinodo per il terzo ml1lennio
di Silvano Stracca e G. C.
L'avvenimento del Sinodo vissuto attraverso le pa-
role di don Egidio Viganò e di Madre Marinella Ca-
stagno, superiora generale delle Figlie di Maria
Ausiliatrice.
14 REPORTAGE
Lungo Il fiume Samblrano c'è un oratorio
di Giuseppe Costa
Si conclude cosi Il lungo reportage sulla presenza
salesiana in Madagascar.
19 PASTORALE GIOVANILE
Dietro la maschera
di Pierdante Giordano
Che fine hanno fatto i carnevali organizzati dagli
oratori? Presentiamo alcune stimolanti esperienze.
23 VITA ECCLESIALE
Sud chiama Nord, che non risponde
di Gaetano Nanetti
Lo slogan voluto da Giovanni Paolo Il per la gior-
nata della pace ci invita a riflettere sui vari aspetti
del problema pace.
In copertina:
Carnevale a Sondrio
1 FEBBRAIO 1986
ANNO 110
NUMERO 3
26 PROTAGONISTI
«Sono molto riconoscente
per questa Impronta salesiana»
di G. C.
Incontro-intervista con frate! Carlo Carretto. Prota-
gonista indiscusso di vita cattolica viene Intervi-
stato su alcuni problemi della chiesa d'oggi.
29 EDITORIA
E si scopri che anche i selvaggi
avevano una storia
di G. N.
L'Impegno salesiano In Africa Incomincia a coin-
volgere anche le editrici. Presentiamo una iniziati-
va della SEI.
32 STORIA SALESIANA
Don Bosco in dillgenza
di Natale Cerrato
Come si viaggiava nel secolo scorso? Questo arti-
colo - riferito ai viaggi di don Bosco - ne dà una
simpatica e piacevole risposta.
RUBRICHE
Scriveteci, 4 - Pigy di Del Vaglio, 6 - La lettera di
Nino Barraco, 8 I nostri santi, 37 - I nostri morti,
38 Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 18TT
Quindicinale di Informazione e cultura
rellgi0$8 edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioanni - Eugenio Flzzotti • Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi • Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, Impaginazione é stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
,. Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Dlrezione Invita a man-
dare notizie fJ foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Aliano, Rinaldini) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma • Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 39 edizioni naziona-
li e 18 lingue diverse (tiratura annua oltre 1O
milioni di copie) In: Antllle (a Santo Domin-
go) - Argentina - Australia Austria · Bel-
gio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) • Cl-
le • Cina (a Hong Kong) - Colombia l:cua-
dor Filippine Francia Germania - Giap-
pone - India (in inglese, malayalam, tamil e
telugu) . Irlanda e Gran Bretagna - Italia -
Jugoslavia (In croato e in sloveno) Korea
del Sud • Lituania (edito a Roma) - Malta
- Messico - Olanda • Paraguay • Perù Po-
lonia Portogallo • Spagna - Stati Uniti -
Thailandia - Uruguay • Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi
lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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- - - - - - - - - - -sB-
I FEBBRAIO 1986 · 3
esige a tutti i suoi membri «comunione e parteci-
pazione» nella comune testimonianza di santità e
nella comune missione di salvezza: le differenze
LA PATRIA
DELLA CHIESA
di ministeri, di ruoli e di carismi stanno al servi-
zio della vocazione comune.
La «Gaudium et spes», a sua volta, indica che
lo spazio di intervento della missione del Popolo
È LA STORIA
di Dio è, per tutti, il mondo (ossia la storia
dell'uomo).
DELL'UOMO
La dimensione storica nel secolo (o secolarità
globale) è perciò una caratteristica che tocca tut-
ta la Chiesa nel suo duplice impegno missionario:
«portare (all'uomo) il messaggio di Cristo e la
sua grazia», e «permeare e perfezionare l'ordine
delle realtà temporali con lo spirito evangelico»
Il testo della strenna 1986 dice:
(AA 5).
«Promuoviamo la vocazione del Laico a servi- Ai preti, ai religiosi, ai laici toccano compiti
zio dei giovani nello spirito di Don Bosco».
specifici e diversi, ma intrinsecamente comple-
È un tema che lancia la Famiglia salesiana nel mentari e da realizzare in continuo interscambio.
cuore del Vaticano LI. La strenna è stata pensata Diciamo che esiste una specie di movimento di
per promuovere i Cooperatori salesiani e quegli sistole e diastole che va dalla Chiesa al mondo e
Exallievi che hanno fatto la scelta evangeliz.z.atri- dal mondo alla Chiesa in cui quei tre stati inter-
ce; ossia: i «laici cattolici» che partecipano atti- vengono apportando peculiari valori.
vamente all'eredità evangelica del carisma di Per ora ci basti riconoscere la straordinaria im-
Don Bosco.
portanza della vocazione del laico, caratterizzata
Studiando iJ Concilio in forma organica (par- dalla sua inserzione nel secolo per cui si specializ-
tendo dalle quattro Costituzioni) e rileggendo za nella conoscenza e nella competenza del vasto
con attenzione tutto ciò che nei suoi 16 documen- ordine temporale, al di dentro del quale promuo-
ti si riferisce al «laico», approfondendo la «Re- ve l'uomo sotto la spinta della luce e della forza
lazione finale» del recente Sinodo straordinario, di Cristo.
e seguendo i « Lineamenta» preparatori al Sino- Qualcuno ha detto che, con questa visfone, il
do 1987, è possibile formarsi una adeguata visio- Vaticano 11 ha svegliato un gigante addormenta-
ne dottrinale (nonostante la complessità dell'ar- to. Era ora!
gomento) assai utile alla comprensione e applica- All'aurora di una nuova epoca storica, con la
zione della strenna.
sua sofisticata cultura emergente, è indispensabi-
La dottrina del Vaticano II sottolinea delle ve- le per tutti che funzioni adeguatamente la voca-
rità rinnovatrici, a volte disattese, nei riguardi zione del laico.
della vocazione laicale. Ne ricordo alcune.
Urge che anche nella Famiglia salesiana si suo-
La «Lumen gentium», dopo aver dato il pri- ni la svegliai
mato alla realtà fondante del Mistero, ci fa per-
cepire che la Chiesa è un Popolo di credenti che
Don Egidio Viganò

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4 · I FEBBRAIO 1986
Il professore è contro
la religione
Chiedo un consiglio. Il mio nome è An-
tonio, e da anni (dalla scuola elemen-
tare) seguo con interesse la vita dell'o-
pera salesiana nel mondo intero. Fre-
quento il secondo anno dell'Istituto
Magistrale di ... ed è proprio a scuola
che è nato un problema circa Gesù e
sull'opera da lui compiuta morendo.
Durante le lezioni, specie in quelle di
latino, il nostro insegnante si sofferma
a parlarci dì Dio come un qualcosa di
«sciocco.. e di subnormale e purtrop-
po non esagero dicendo che ci aggre-
disce quando io e altri ragazzi parlano
in difesa della nostra religione. Lui af-
ferma che coloro che dicono d'aver vi-
sto la Madonna sono personaggi da
baraccone con complessi vari. Ha an-
che osato dire che se Gesù santifica i
suoi santi con le stigmate è un sadico.
lo e gli altri miei compagni invano ab-
biamo cercato di rispondere. Tu, caro
Bollettino che ne dici?
Lettera l,rmata
Monsignor Cognata sugli altari ?
Caro Bollettino Salesiano, un grazie
cordiale per il bell'articolo firmato da
Pietro Borzomati in occasione del cen-
tenario della nascita di Mons. Giusep-
pe Cognata, vescovo, salesiano, fon-
datore delle Suore Salesiane Oblate
del Sacro Cuore, di cui Don Luigi Ca-
stano ha scritto la bella biografia che
porta il titolo: «Il calvario di un vesco-
vo» (ELLE DI Cl, Torino, 1981). Ho
avuto la sorte di conoscerlo da vicino
per ben tre anni quale mio direttore
(1929-1932) nell'Istituto Sacro Cuore
di Via Marsala, Roma. Fu la sua ultima
missione prima dell'elevazione all'epi-
scopato.
Ho potuto constatare de visu lo slan-
cio eroico di quell'anima grande e ge-
nerosa che il Signore destinava a
grandi cose, non senza croce a mar-
tirio.
Ho per lui um'ammirazione senza
confini. Per quanto si dica non si potrà
mai dire a sufficienza del suo zelo In-
stancabile, della sua pietà che traspa-
riva dal volto non soltanto quando pre-
gava e quando parlava, della sua cari-
tà, della sua finezza e nobiltà di tratto,
della sua costante inalterabile sereni-
tà cordiale e paterna, informata alla
dolcezza di S. Francesco dì Sales,
non disgiunta da una pacata fermezza
quando era il caso.
Sono molto significative le parole del-
1'Eccellentissimo Vescovo di Treviso,
Mons. Mistrorigo «la sua vita resta un
libro di eccezionale interesse e va-
lore».
C'è da augurarsi che siano motti a co-
noscerlo almeno attraverso la citata
biografia. Con la sua vita, la fondazio-
ne di una Congregazione di religiose
totalmente consacrate alla fanciullez-
za più povera, il suo interiore martirio,
accettato con serena umiltà ha scritto
«una delle pagine più belle della storia
civile e religiosa dell'Italia contempo-
ranea... Sono molti quelli che deside-
rano vederlo un giorno salire agli onori
degli altari. Per questo scopo prego e
invito i lettori del Bollettino Salesiano
ad unirsi alla mia preghiera.
Luigi Bog/1010 · Roma
L'educazione di Don Bosco
res ta
Caro Bollettino Salesiano, chi ti scrive
è un exallievo dell'Istituto salesiano di
Sesto San Giovanni. Ho appena finito
di leggere il numero di dicembre e co-
me mi succede ogni volta che lo leggo
mi sono fatto prendere dall'emozione.
Ho sedici anni e a giugno dell'anno
scorso ho concluso la serie dei cinque
anni che dalla prima media mi hanno
portato al secondo anno di superiore
dove ho conseguito la qualifica di
«operatore al banco di lavorazione
(meccanica)».
Quando ancora frequentavo l'Istituto,
il Bollettino lo leggevo soltanto distrat-
tamente mentre oggi per me è motivo
di collegamento tra me e l'ambiente
salesiano.
Faccio parte del Club dei C.B. di Colo-
gno Monzese e sono contentissimo
che il ministro Giuseppe Zamberletti è
un exallievo proprio come lo sono io;
solo che lui ha fatto strada ed io ho an-
cora tutta la vita davanti a me. Volevo
far presente che anche nel nostro
Club (lnternational DX Club City of Co-
logno Monzese) c'è la nostra sezione
di (S.E.R.) Servizio Emergenza Radio.
Tutto ciò per sottolineare che la firma
dell'ambiente formato da Don Bosco è
in tutti i luoghi dove c'è più bisogno.
Per il mio carattere piuttosto vivace
che pochissimi professori sono riusciti
a capire, sono piuttosto conosciuto
nell'ambiente della mia ex scuola tan-
to che qualche professore dubitava
suol mio futuro.
Con questa lettera voglio affermare
che anche se mi sono allontanato dal-
l'ambiente salesiano l'educazione e la
parola di Don Bosco è ancora presen-
te e resterà per sempre nel mio cuore.
Colgo l'occasione per ringraziare tutti
i miei ex professori ed animatori spe-
rando di vedere qualche volta sul Bol-
lettino la foto del nostro• stupendo
edificio salesiano di Sesto.
Frane/oso Raffaele
v,a Gluseppe d, v,rrono. 338
20099 Sesro S Giovanni (Ml)
Lettore disoccupato
Mi chiamo Pietro ho 19 anni e sono di
Casalnuovo in provincia di Napoli.
Leggo con assiduità il Bollettino da
quando ho lasciato I" Istituto profes-
sionale di via Don Bosco a Napoli. De-
vo il Bollettino al mio professore A.
Caiffa. lo sono disoccupato e a volte
aiuto mio padre nel suo mestiere fa-
cendo il giardiniere.
La lettura del Bollettino mi aiuta ad oc-
cupare serenamente i momenti liberi.
Ora mi sorge un problema: sono stato
chiamato per il servizio militare e vor-
rei sapere da voi salesiani se debbo
mettere la firma o no.
Pannella Pietro - Casa/nuovo (Napoli)
Caro Pietro, la scelta di un lavoro oltre
che una scelta condizionata dalle pro-
poste che fa la società è anche una
scelta personale.
Rifletti su tutto e decidi serenamente.
Anche facendo il militare di lavoro si
può essere contenti e soddisfatti. A
dirlo devi essere tu. Non ti pare?.
Un saluto al missionari
del Madagascar
Con vivo piacere e con un pizzico di
commozione, ho saputo dal Bollettino
che si sono trasferiti in Madagascar
don Claudio De Portu e don Erminio
De Sanctis, il primo già mio superiore
ed ìl secondo mio compagno. Attra-
verso il BS vorrei esprimere loro il più
affettuoso ricordo ed il mio più vivo au-
gurio di ogni soddisfazione e succes-
so nel loro lavoro missionario.
Giuseppe Ecca - Roma

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- - - - - - . - !. d j - ~ - -~-,,,~B-5
SVlZZERA
p;
1,1____!_.=_
diventare per molti decenni
i,er numerosissimi uomini di
Nuovo edificio per la
ogni età un luogo di ntug10.
Missione cattolica di Zurigo
di gioia, di gioco e di
formazione.
I Salesiani e la comunità
degli emigrati italiani a
Zurigo hanno
finalmente realizzato
l'aspirazione di avere una
sede nuova e confortevole
per le loro atcività.
L'inaugurazione è avvenuta
il 26 ouobre 198S alla
presenza del Vicario generale
dei Salesiani don Gaetano
Scrivo.
11 dottor Henri Truffer ,
presidente della commissione
amministrativa che ha
A questo punto dobbiJmo
ricordarci del pnmo
presidente della
Commissione amministrativa
e della Commissione per la
costruzione, morto l'anno
scorso, l'avvocato dr. Max
Gubser. Grazie al suo
impegno instancabjle durame
più dj 20 anni. oggi può d\\ er
luogo l' inaugurazione ùi
questo centro. Per questo gli
dobbiamo un ringraziamento
perenne e riconoscimento».
portato a termine l'opera, in
tale circostanza ha cosi
presentato la nuova opera:
<(L'inaugurazione del nuovo
centro ecc.lesiale della MCI il
26 ottobre 198S alla
Feldstrasse 109 significa,
COREA
Due nuove fondazioni
delle FMA
dopo la costruzione nel 1952
della chiesa, dedicata a San
Giovanni Bosco, il grande
patrono e battistrada della
gioventù e la sua
riinaugu razio ne dopo una
rinnovazione completa
all'esterno e all'interno nel
1979, la terza e magari la più
grandiosa pietra miliare nella
storia quasi centenaria della
cura d'anime per i fedeli di
lingua italiana nella città di
Zurigo esercitata dai Padri
della Comunità Salesiana di
Don Bosco. Dal 1897 si ~ono
occupati degli immigrati e
delle loro famiglie abitanti
nella città e nel Cantone d1
Zurigo.
In modo speciale si sono
prodigati per i loro bambini
Nella foto:
Il grande organo della
chiesa Inaugurato il
1/1 1/1984
e un credito di quasi 8
milioni ru franchi dai
delegati dell'Associazione
delle comunità parrocchiali
cattolici delJa città ru Zurigo
da una parte e per mezzo cli
offene spontanee
dell'Unfone delle Fondazioni
parrocchfali della città di
Zurigo, della comunità
salesiana stessa e dei fedeli
impegnati, si è po1uto
cura d'anime deve rendere
capaci gli stranieri che
vogliono ritornare, di vivere
dopo il loro ritorno il
proprio cristianesimo, la loro
propria fede in un modo
migliore e più convinto. Gli
altri che vogliono rimanere
con noi, devono poter
integrarsi nella realtà
ecclesiale locale zurighese,
che po, deve anche essere
realizzala da loro insieme ai
fedeli svizzeri.
Auguro e spero che la nuova
magnifica casa possa
I I I O ottobre 1985
l'lspetloria coreana
delle Figlie ru Maria
Ausiliatrice ha apeno due
nuove opere a Kwangju. Si
tratta ru un nuovo edificio
per le novizie e dj un Trallliil
center do,·e si altemerarno
gruppi giovanili per varie
esperienze di formazione.
L'inaugurazione delle due
opere la cui costruzione era
stata avviata nel 1983 su
incoraggiamento di Madre
Marinella Castagno - allora
superiora generale per la
Pastorale C..iovarule - ~cgna
Nella foto:
Alcune Immagini
dell'opera d i KwangJu
e giovani con un impegno
instancabile, disinteressati e
per decenni anche senza
ricompensa finanziaria. Così
il vescovo di Coira di allora,
Giovanru Fedele Battaglia,
doveva scrivere il 22 mano
1897 al Rettor Maggiore,
Don Michele Rua a Torino:
"Li aiuteremo, si, ma per la
più grande pane devono
procurarsi loro stessi i mezzi
per soddisfare i loro bisogni
personali''.
Tanto più gradito è che, per
mezzo di uno sforzo comune
di tuLtj i contribuenti
catLolici nella città ru Zurigo
met1cre a disposizione una
nuova abitazione per Padri,
luoghi d'incontro. compresa
una grande sala per gH
adulti, e locali adatti per i
giovani.
Con quesro centro ecclesiale
gli stranieri di lingua
italiana, ma anche i nostri
concittadini del Ticino e
della parte dì Lingua italiana
dei Grigioni, devono poter
ritrovare la loro
identificazione con la
Chiesa, che conoscono dal
loro paese e regione
d'origine. Una finalità
doppia è da realizzare: la

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6 · 1 FEBBRAIO 1986
un ulteriore sviluppo
dell'opera salesiana in
Corea. La giornata
dell'inaugurazione poi ha
dato anche l'occasione di far
conoscere ad autorità
religiose e civili l'attività
delle suore salesiane.
ITALIA
Grande festa attorno a don
Egidio Viganò e al Consiglio
Generale
D ue giorni certamente
da ricordare quelli
trascorsi a Catania il
23-24 novembre 1985 da don
Egidio Viganò e dal suo
Consiglio generale.
L'occasione è stata data
dalla ormai tradizionale festa
che ogni anno una ispettoria
salesiana d'Italia, a turno,
organizza attorno al Rettor
Maggiore come segno di
gratitudine e familiarità.
La festa siciliana - che ha
visto partecipare
complessivamente almeno
ottomila persone - è stata
caratterizzata dallo slogan:
una festa si fa impegno. Cn
realtà la circostanza nelle sue
espressioni di canto e
recitazione, di preghiera, di
presenza delle autorità civili,
di presentazione di doni e di
esperienze umane, di
commemorazione del
centenario dell'apertura della
prima casa salesiana a
Catania, quella di via Teatro
Greco, ha voluto essere una
grande e gioiosa riflessione
sulla presenza salesiana in
Sicilia. Si sono dati cosl
appuntamento a Catania
tutte le componenti della
Famiglia Salesiana, si è
celebrata l'Eucarestia in
Cattedrale, presente
l'Arcivescovo mons.
Domenico Picchinenna, sono
stati invitati iJ Presidente
PI
L4 TU'4 80U€.l!l;
~ll'tiflGl é\\.
P/3/l f"()R,~,l:J.' io VIVO
Hel.U} Ll/CG
Jllelle foto:
Immagini della festa
della Regione on. Rino
Nicolosi ed il Sindaco della
città, prof. Nino Mirone. La
manifestazione si è articolata
in due giorni concludendosi
nel pomeriggio del 24 a
Siracusa nel santuario della
Madonna delle Lacrime.
Nella mattinata in un grande
teatro cittadino a Catania si
era svolto l'incontro con i
giovani.

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Do n Egid io Viganò e la
famiglia Agnelli all'Istituto
Salesiano «Edoardo Agnelli»
di Torino
I n occasione del
cinquantesimo
anniversario della morte
dell'avvocato Edoardo
Agnelli (1892-1935) e del
quaramesimo di quella del
senatore Giovanni Agnem
(1866-1945) iI rettor
maggiore dei salesiani don
Egidio Viganò ha
partecipato alla cerimonia
commemorativa tenuta
all'istituto Internazionale
Salesiano intitolato allo
stesso Edoardo. Erano
presenti Giovanni e Umberto
Agnelli, le signore Marella e
Allegra, il Responsabile delle
Relazioni Esterne della Fiat,
Cesare Annibaldi e il
direttore della scuola don
Paganelli. È stata
un'occasione per un incontro
caloroso con le ue comunità
salesiane che operano nel
quartiere Mirafiori Nord alla
periferia di Torino e con i
750 giovani della scuola
media e dell'Istiruto Tecnico
Industriale e con i 200 allievi
del preserale.
Dopo aver assistilo alla
messa con i ragazzi il
presidente della Fiat ha
visitato il moderno centro
per l'insegnamento
dell'elettronica e i vari
laboratori realizzati per le
specializzazioni in meccanica
e in eleurotecnka presenti
nell' Istituto. Giovanni
Agnelli ha poi ricordato la
figura di Don Bosco
«straordinariamente attento
alle necessità dei giovani»,
cosi come emergeva dalle
conversazioni che lui,
Nelle foto:
Immagini della visita
bambino, aveva con il
nonno. Don Viganò, dopo
aver officiato la messa si è
incontrato con gli allievi
dell'lsùrnto, ai quali ha
portato il messaggio del
recente Sinodo, rispondendo
poi alle loro domande,
caratterizzate soprauuuo da
un interesse sociale,
ecclesiale e salesiano.
n sindaco di Palermo tra i
giovani dell'fs tiluto
Salesiano «Gesù
Ado le scen t e »
I I sindaco di Palermo
Leoluca Orlando si è
incontrato con i giovani
della scuola professionale e
con i ragazzi della scuola
media dell'lstituco Salesiano
(<Gesil Adolescente». Dopo
aver rivolto il tradizionale
«buongiorno» agli allievi il
sindaco ha visitato i
laboratori della scuola,
intrattenendosi con i ragazzi
ai loro banchi di lavoro.
Questi, dopo aver mostrato
al primo cittadino di
Palermo le loro capacità
tecnico-professionali hanno
voluto rivolgere alcune
domande attinenti al suo
ruolo di sindaco. Tra le altre
è spiccata una proposta di
1 FEBBRAIO 1986 7
aiuto, da parte degli allievi,
per fronteggiare mafia e
droga. «Sono problemi
tragici - ha risposto
Leoluca Orlando - perché
vittime della mafia non sono
solo gli assassinati, ma in
numero ancora maggiore i
ragazzi e le ragazze vittime
del traffico della droga.
Bisogna essere solidali con le
autorità e con le forze
dell'ordine nella lotta contro
tali piaghe; bisogna essere
soprattutto uomini liberi,
capaci di non lasciarsi
sopraffare dalla vio1enza ►>. LI
Sindaco infine ha promesso
di ritornare all'Istituto.
Nella foto:
Il Sindaco d i Palermo
in visita al settor e d i
serramentisti
d el l 'a l lu mi n io
ano d izza t o .
lncontro di frate rnità e
preghiera a izza
Mo nt'errato
I 113.10.'85 la Famiglia
Salesiana Piemontese ha
celebrato il centenario
dell'ultima visita di Don
Bosco a Nizza Monferrato.
In questa antica casa, che è
Mata per SO anni la Casa
Madre delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, circa 2.000
membri del movimento
salesiano hanno voluto
ricordare l'avvenimento con
un incontro di fraternità e di
preghiera. I numerosi
convenuti si sono radunati
nella palestra dell' Istituto,
dove il delegato regionale
don Bruno Corrado ha

1.8 Page 8

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8 · r l'EBBRA10 1986
presentato Madre Maria del
Pilar Leton, vicaria generale
della F.M.A. Quinru Don
Angelo Viganò, ispettore
della «Centrale», ha tenuto
la relazione ufficiale sulla
nota pastorale della C.E.l.
«La Chiesa in [talla dopo
Loreto». « Stiamo
compiendo un atto di Chiesa
- ha detto don Viganò -
come lo è stato il convegno
di Loreto». Alla relazione è
seguita la concelebrazione
eucaristica presieduta dal
vescovo di Acqui Terme,
mons. Giuseppe dell'Omo
che ha voluto onorare
l' incontro con la sua
presenza.
INella toto:
Il saluto del delegato
don Bruno alla
presenza dell'ispettore
don Viganò e di Madre
Leton
MALTA
Rock-Opera a Gozo,
Victoria e Malta
è stata realizzata a Victoria a
Gozo e a Malta. Composta
dalla musica di Stephen
Attard, dalle parole di don
Effie Masini e dalla
coreografia di Rita Sultana
si presenta come un evento
musicale, teatrale e letterario
molto originale e
sicuramente ben fatto.
U na manifestazione
particolarmente
interessante, definita
dai suoi ideatori rock-opera,
I Nella foto:
Particolare di una
scena
a lettera di Nino Barraco
di là dei sistemi, dei gruppi che si contendono iJ mondo, è
GIORNALISTI
l'uomo, infatti, la terza strada del futuro . Ed è per l'uo-
mo, per il suo diritto di verità, dj libertà, per la sua dignità
O PROFETI?
di persona, che va esercitato il «mestiere» del giornalista.
Qualcuno parla anche dj giornalista «cattolico». Ma
qui c'è da chiarire un equivoco. Un equivoco che confina
l'impegno entro spazi a circuito chiuso, e che, talvolta,
Carissimo,
coincide con una comunicazione professionale scadente,
disincarnata ed estranea.
è stata condotta, tempo adruetro, una inchiesta dal tito- Altro è il giornalista cattolico:
lo: <(Giornalisti o profeti?».
- è un giornalista che sa di doversi misurare con uno
Diciamo subito: giornalismo è notizia, senza ideologia, sforzo ·di lettura e perciò di comunicazione, di annunzio
senza tesi, per il diritto stesso dei lettori ad essere informa- della storia di ogni giorno, in chiave dj rigorosa capacità
ti. E però la domanda ha il suo fascino: si vuole un giorna- intellettuale e di aderenza ai problemi dell' uomo;
lismo a guardia della realtà, dei cimiteri del nostro tempo, - è un giornalista che sa dj dover soffrire il travaglio
oppure è necessaria una tensione critica, profetica, legata e le inevitabili solituruni della verità, ma che, nel rispetto
all'apporto informativo della comunicazione?
della persona e dei valori, non può rinunziare alla ricerca
Diceva san Francesco di Sales (dire giornalismo è ritro- e alla informazione dei fatti;
varsi in casa salesiana): «Gli struzzi non volano mai».
- è un giornalista che non sì accontenta di trascrivere
Giornalismo è lettura ma è anche costruzione. Non pos- la realtà, ma che sa di dover contribuire a trasformarla,
siamo ridurci a trascrivere, magari in bella copia, i conti gestendo, attraverso la quotiruanità della notizia, un pro-
fatti dagli altri, ad essere uno specchio, talora magico, in getto più ampio di speranza, una passione per il futuro,
cui lasciar riflettere il gioco deIJe ideologie, degli interessi, una fede nella riuscita definitiva dell'umanità.
dei commerci.
Il suo non è giornalismo ru resa, di rassegnazione, ma ru
Non possiamo ritrovarci come «osservatori » e basta. denunzia critica e di testimonianza profetica. È contributo
Abbiamo la responsabilità del futuro . Assieme agli altri. di futuro . Non è lavoro di amanuense, ma frontiera ru
Anche a noi si chiede di costruire il domani dell'uomo. Al precursore.

1.9 Page 9

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_VITA ECCLESIALE- - - - - - - - - - - - - -# -
I Fé88RAIO 1986 9
UN
SINODO
PERIL
TERZO
MILLENNIO
Don Egidio Viganò
e Madre Marinella
Castagno raccontano ai
lettori impressioni e
contenuti dell'esperienza
sinodale.
« Vescovi di tante na-
zioni, di culture diverse, di vari co-
lori, provenienti da situazioni socia-
li, politiche, pastorali molto diffe-
renti, pur esprimendo i problemi e
le preoccupazioni più svariate, e a
volte quasi opposte, convergevano
ammirevolmente sui grandi principi
vitali e sui fondamentali criteri di
azione proposti dal Vaticano Il per
i tempi nuovi».
Così il Rettor Maggiore, don Egi-
dio Viganò, in una lettera indirizza-
ta alla Famiglia Salesiana 1'8 dicem-
bre, ancora dall'aula sinodale, de-
scrive il cUma di Pentecoste speri-
mentato «con intensità e gioia spiri-
tuale» durante le due settimane del
Sinodo straordinario dei Vescovi,
indetto da Giovanni Paolo 11 , a
vent'anni dalla conclusione del
Concilio, per celebrare, verificare,
promuovere l'ulteriore anuazione
del Vaticano U nella vita della
Chiesa.
«Per chi aveva partecipato al
Concilio», sottolinea don Viganò,
<<il Sinodo è stata una densa e ge-
nuina riattualizzaiione del valore
profetico del Vaticano li nella svol-
ta epocale che stiamo vivendo, della
sua vitalità dovuta all'irruzione del-
lo Spirito Santo in questo scorcio

1.10 Page 10

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10 · ! FEBBRAIO 1986
del secolo ventesimo, con i medesi-
mi impegni di speranza e con l'iden-
tica sensazione di essere stati lancia-
ti in un'orbita inedita, al fine -
esaltante - di evangelizzare la cu1-
tura emergente di questa nuova sta-
gione dell'umanità».
Il Concilio non è stato dunque
«l'avvenimento congiunturale» di
un quinquennio, anche se non si
può dimenticare quanto in esso vi è
stato di limite umano. Di qui il Si-
nodo ha preso le mosse per una va-
1utazione critica del ventennio tra-
scorso, che ha messo in luce molti
aspetti positivi di crescita della
Chiesa, ma anche taluni punti nega-
tivi ricordati dalle Conferenze epi-
scopali dei cinque continenti.
«Su due osservazioni di fondo)>,
rileva don Viganò, «hanno concor-
dato unanimemente i Padri sinoda-
li. Primo: i gravi problemi postcon-
ciliari vissuti dalla Chiesa non deri-
vano dal Vaticano Il, ma costitui-
scono altrettante prove che esso fu
tempestivo e indispensabile. Secon-
do: la crisi sperimentata non è un
crepuscolo della Chiesa e della sua
missione, anche se dovesse compor-
tare il tramonto della civiltà occi-
dentale, ma al contrario è l'aurora
di un suo rinnovato cominciamento
storico».
Il Rettor Maggiore si sofferma
sulle cause delle principali difficoltà
incontrate dalla Chiesa in questo
ventennio. Anzitutto, una cono-
scenza superficiale del Vaticano TI
che ne ha danneggiato l'applicazio-
ne, una lettura troppo «giornalisti-
ca» dei suoi documenti, il loro uso
settoriale e riduttivo. In secondo
luogo, un certo complesso di infe-
riorità di fronte al processo di seco-
larizzazione che ha aperto le porte
al secolarismo, ad un umanesimo
praticamente ateo che emargina la
Chiesa e la sua missione.
« I valori della secolarizzazione»,
nota don Viganò, <<sono stati perce-
piti e giudicati con l'ottica di chi
vuol apparire ''alla moda''; a poco
a poco se ne è travisata l'autenticità
e si è toccato un pericoloso appiatti-
mento della fede e della morale. C'è
stata dell'ottusità spirituale, della
mancanza di coraggio nel discernere
l'urgenza di una contestazione
evangelica. Si è vista così ingigantir-
si una paurosa decadenza della mo-
raie cristiana, soprattutto nel cam-
po dell'etica sessuale; l'affanno del
sentirsi alla moda prima che del te-
stimoniare la verità; e la perdita d'i-
dentità delle vocazioni specifiche e
del loro ruolo».
Diversità di situazioni
La panoramica dei problemi è
stato uno dei momenti più interes-
santi e più stimolanti della riflessio-
ne del Sinodo. Ha fatto toccare con
mano che la diversità delle situazio-
ni con cui la Chiesa deve confron-
tarsi nelle differenti aree, sia inti-
mamente vincolata con le vicissitu-
dini socio-culturali dei vari paesi.
«Già dopo un paio di giorni», ri-
corda don Viganò, «si coglieva una
sostanziale differenza di tono. I ve-
scovi europei e nordamericani ap-
parivano preoccupati soprattutto
dei problemi dottrinali e della situa-
zione di secolarismo. Negli inter-
venti dei latino-americani prevaleva
la nota dell'impegno per l'uomo,
specialmente per il povero, l'op-
presso. Gli africani e gli asiatici par-
lavano soprattutto dell'indispensa-
bile processo di <<inculturazione»,
I Don Egidio Viganò conversa con
Il cardinale salesiano mons.
Obando Bravo
ossia della grande sfida di esprimere
i valori della fede con le forme pro-
prie delle varie culture. Infine, i ve-
scovi provenienti da nazioni dove la
Chiesa è oppressa, ricordavano che
la salvezza di Cristo passa attraver-
so la croce, che la missione redentri-
ce è inseparabile dalla persecuzione
e dalla sofferenza>>.
li Sinodo ha proposto alla Chiesa
intera nuove mete da raggiungere
come ulteriore e crescente realizza-
zione del Concilio. Si tratta di to-
gliere la polvere dai documenti del
Vaticano Il e di rileggerli nell'orga-
nicità del loro significato globale.
Questo studio deve fondarsi sui
principi portanti delle quattro gran-
di costituzioni conciliari sulla Chie-
sa, sulla liturgia, sulla parola di Dio
e sulla missione della Chiesa nella
società contemporanea.
Il Rettor Maggiore accenna, in
particolare, alla proposta avanzata
dal Sinodo di elaborare una sorta di
«catechismo universale». «Poi-
ché», dice, «nel ventennio postcon-
ciliare si è manifestato un atteggia-
mento che tende a prescindere dal
magistero della Chiesa e dalla sua
tradizione nella lettura della parola
di Dio, atteggiamento che ha porta-
to gravi pericoli nel popolo di Dio
con plagi ideologici e interpretazio-
ni arbitrarie, il Sinodo ha auspicato
che la Sede Apostolica promuova,
ad uso delle Chiese particolari, un
"Compendio di formulazioni sinte-
tiche della dottrina cattolica" circa

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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----------#-
I FEBBRAIO t986 11
la fede e la morale, che serva di base
a tutti i catechismi dei fedeli».
La carità pastorale
Una delle indicazioni del Sinodo
su cui don Viganò insiste maggior-
mente, è la riaffermazione dell'ori-
ginalità «pastorale)) del Vaticano Il
nella Linea tracciata da Giovanni
XX111. Papa Roncalli, nel definire
lo scopo del Concilio, insisteva sulla
necessità cli fare «un balzo innanzi»
nella maniera di presentare il «de-
posito della fede», affinché rispon-
desse alle esigenze del nostro tempo.
«C'è qui una visione assai co-
raggiosa per un concreto e delicato
rinnovamento», osserva il Rettor
Maggiore. «Non è che si insinui un
dissidio o una differenza di livello
fra "dottrina" e "pastorale", qua-
si che l'una tenda ad estromettere
un po' l'altra. Si afferma piuttosto
una mucua interazione e comple-
mentarietà, per cui la dottrina deve
presentarsi come attuale verità sal-
vifica, e la pastorale come un ap-
proccio al mondo e come un dialo-
go con l'uomo: dialogo che non sia
superficiale o sentimentale, bensì
sostanziato di dottrina e di forza
dogmatica.
I Don Egidio Viganò al Sinodo tra
i Superiori generali del Gesuiti (a
sinistra) e dei Benedettini
«L'originalità pastorale procla-
mata dal Concilio non solo non pre-
scinde dal dogma, ma ne esprime il
vero significato confermandone
l'indispensabilità e l'incidenza nella
vita. Infatti il dogma, appunto per-
ché è la verità di un evento salvifico,
deve essere capito e amato anche
dall'uomo di oggi: è un dono di Dio
proprio per lui. Una dottrina svi-
luppata senza prospettiva pastorale
tradirebbe insomma la natura sua
propria di verità fatta per J'uomo e
necessaria per la sua salvezza».
«Quest'aspetto del rinnovamento
pastorale proclamato dal Vaticano
11», continua il Rettor Maggiore,
<<porta per noi salesiani delle conse-
guenze non indifferenti. La nostra è
una vocazione tutta permeata dalla
carità pastorale, che ci fa evangeliz-
zatori dei giovani nell'area dell'edu-
cazione.
«L'educazone fa parte del vasto
mondo della cultura dove, purtrop-
po, si riscontra oggi una grave frat-
lura e separazione dal Vangelo.
L'educazione esige, già da sé,
non poche qualifiche pedagogiche e
una costante e intelligente attenzio-
ne all'evoluzione culturale.
Ma se si vuole educare evangeliz-
zando, ossia facendo davvero «pa-
storale», bisogna assumere anche le
molteplici esigenze di una evangeliz-
zazione «nuova». Talì esigenze so-
no indicate appunto dal Vaticano li
che auspica una pastorale fatta di
precisione nella fede, sicurezza e fe-
deltà cli dottrina, percezione dell'at-
tualità, senso dialogico e genialità
di comunicazione».
L mistero della Chiesa
La preoccupazione prima e più
profonda del Sinodo è stata quella
di dare priorità assoluta alla visione
conciliare della Chiesa come «mi-
stero». Di fronte ad alcune imer-
pretazioni ideologizzanti prosperate
in questo ventennio si è considerato
un pericolo veramente grave presen-
tare la Chiesa quasi svuotata del mi-
slero di Cristo.
« Riaffermare la priorità del mi-
stero», precisa don Viganò, «non
significa che il Sinodo abbia privile-
giato una linea verticale, spirituali-
sta, quasi a correggere la linea con-
ciliare che celebra la presenza e il

2.2 Page 12

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12 1 FEBBRAIO 1986
servizio della Chiesa nel mondo. Al
contrario! Proprio l'approfondita
considerazione del mistero di Cristo
esige un'ancor più chiara e generosa
sollecitudine della Chiesa verso
l'uomo, i suoi bisogni, le sue diffi-
coltà, le sue oppressioni, le sue
ansie.
« Ma il mistero esige un tipo di
presenza e una modalità di missione
che non può confondersi con i pro-
getti storici dei pensatori e dei poli-
tici, né si propone quale alternativa
immanente a nessuna attività e pro-
fessione umana, né culturale,
economica, né politica.
Non si tratta di una missione
semplicemente temporale, con pro-
spettiva solo orizzontale; si tratta
invece di originalissima inserzione
"pastorale" , che è iniziativa dell'a-
more di Dio per la salvezza integrale
dell'uomo>>.
U appello alla santità
Come conseguenza dell'impor-
tanza data al mistero della Chiesa, il
Sinodo ha lanciato un forte appello
alla santità, alla santità quotidiana
che è vocazione e compito di tutti i
fedeli. «In modo particolare», se-
condo don Viganò, «il Sinodo ha
voluto sottolineare al riguardo il
ruolo che compete ai religiosi e alle
persone consacrate, che hanno uno
stato di vita nella Chiesa che si pro-
pone appunto la finalità di testimo-
niare a tutto il popolo di Dio, in
forma chiara ed elevata, che non si
può fare questo lavoro di trasfor-
mazione del mondo senza lo spirito
delle Beatitudini.
«Noi salesiani dobbiamo recepire
quest'appello del Sinodo ricordan-
do che la proclamazione delle Beati-
tudini è "speciale missione dei reli-
giosi nella Chiesa di oggi•', come un
invito a testimoniare pubblicamen-
te, senza palliativi, e con coraggio,
ossia senza complessi, il progetto
evangelico che abbiamo professato
in qualità di seguaci di Don Bosco.
Sappiamo ormai con chiarezza e
con certezza ciò che la Chiesa ri-
chiede da noi oggi».
I vescovi di tutto il mondo riuniti
in Sinodo hanno fatto propria l'op-
Durante i lavori del Sinodo.
A sinistla Madre Marinella
rione preferenziale per i poveri
compiuta dall'episcopato latino-
americano a Puebla. «È una novità
di fondo», sostiene don Viganò.
« Un'opzione pastorale fatta in un
continente viene assunta dalla Chie-
sa universale. È molto bello. Tor-
nando dal Messico nel '79, pensavo
fra di me: la scelta di una Chiesa
che sente così vivamente i problemi
dell'uomo, è una specie di profezia
per tutta la Chiesa. Qm;lla mia in-
terpretazione è stata adesso convali-
data nel documento finale di un
Sinodo».
L significato
pentecostale del Concilio
Nella sua lettera alla Famiglia Sa-
lesiana, il Rettor Maggiore definisce
il Vaticano li un «dono per i giova-
ni». E nel Sinodo i giovani sono sta-
ti fortemente presenti non solo per
l'interesse che hanno prestato e per
le veglie di preghiera che hanno pro-
posto per il felice esito di questo
evento ecclesiale, ma anche perché
sovente i padri sinodali e lo stesso
Giovanni Paolo II si sono riferiti ad
essi come ai portatori della grazia
del Concilio verso il terzo millennio.
«È stato fatto notare», afferma
ancora don Viganò, «che in alcune
regioni vi sono giovani che non co-
noscono la Chiesa e non ne sono at-
tratti perché Essa non appare loro
come il "Corpo di Cristo": nutro-
no simpatia per Gesù quasi in con-
trasto con la Chiesa. In tante regio-
ni incombe il grave pericolo di una
insufficiente evangelizzazione delle
nuove generazioni; eppure la gio-
ventù costituisce la parte numerica-
mente più grande di tanti popoli. Si
è anche preso atto che sono sorti dei
movimenti spirituali e apostolici che
hanno attratto la gioventù e che, se
ben inseriti nella pastorale delle
Chiese particolari, stanno sprendo
nuovi orizzonti di speranza».
Nel documento conclusivo il Si-
nodo afferma esplicitamente: «U
Concilio considera i giovani come
speranza della Chiesa. Questo Sino-
do si rivolge ad essi con predilezione

2.3 Page 13

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- - - - - - - - - - -~ -
e grande fiducia; auende molto dal-
la loro generosa dedizione; li esorta
assai intensamente a prendere parte
attiva alla missione della Chiesa as-
sumendo e promouvendo con dina-
mica operosità l'eredità del Con-
cilio».
« Ecco un appello ~inodale» con-
clude il Rettor Maggiore, «che dob-
biamo considerare rivolto partico-
larmente a noi salesiani, che siamo
chiamati ad essere "missionari dei
giovani''. Sentiamoci interpellati a
divenire validi trasmettitori delle
ricchezze conciliari alla gioventù
d 'oggi. Amplifichiamo i nostri ori.1:-
zonti pastorali e orientiamo l'atten-
zione e gli ideali dei giovani verso i
grandi temi del Vaticano II, cosi co-
me li ha rilanciati il Sinodo. È ne-
cessario che noi per primi intuiamo
e approfondiamo il significato pen-
tecostale del Concilio, per poi tra-
smetterlo a loro: è la grande orbita
del percorso ecclesiale dei prossimi
decenni.
' FfBBRJJ.IO l9-!i6 13
«All'aurora di una nuova epoca
storica, il Concilio è la grande pro-
fezia della Chiesa per una nuova
evangelizzazione dell'umanità. Se
fosse tra noi Don Bosco, ne gioireb-
be immensamente e concentrerebbe
tutta la sua carità pastorale, la )Ua
genialità pedagogica e il suo instan-
cabile spirito d'iniziativa in questa
grande impresa ecclesiale tra i gio-
vani. Noi siamo gli eredi della sua
missione. Mettiamoci di buona vo-
lontà a realizzarla».
TRE DOMANDE
A MADRE MARINELLA CASTAGNO
Come ha vissuto l'espertenza Il Sinodo non ha trattato pro-
sinodale?
blemi particolari. Ha riletto il Vati-
cano Il nelle grandi linee.
È stata certamente un'espe- Penetrando Il mistero della
rienza eccezionale. Ho potuto Chiesa, evidentemente, si tocca
sperimentare dal di dentro, che anche il problema della vita reli-
cosa significa essere Chiesa. giosa, ..segno» e profezia per il
Non negli apparati esteriori. Non mondo.
nelle cermonie, per quanto gran- Resta un compito affidato a
diose possano essere.
noi, come religiose, scoprire qua-
No. Ho sentito la Chiesa come le può essere Il ruolo costruttivo
la grande famiglia di Dio. Una da svolgere dentro la Chiesa. Noi
Chiesa aperta, oltre i confini delle abbiamo la nostra parte nel far
nazioni. Una Chiesa unita, al di là crescere l'unità nella Chiesa, nel
delle differenze culturali. Ho sen- far camminare il popolo di Dio
tito una Chiesa capace dì dialogo verso il Regno dei Cieli che già
con tutti, capace di ascolto e di qui, in questo mondo, ha inizio.
accoglienza.
Rileggendo poi Il Capitolo VIII
C'è stata una grande libertà nel della Lumen Gentlum e incon-
poter esprimere le varie posizio- trando il mistero di Maria Vergine
ni, i vari pareri. Si sentiva che, in noi abbiamo la posslb1lltà d1 con-
fondo, un'unica volontà animava frontarci con questa figura di don-
tutti: rendere vivo nel tempo lo na, madre dei credenti, che ha
slancio profetico del Vaticano Il. anche oggi Il compito di generare
Come •invitata" ho osservato fig[i alla Chiesa.
molto e parlato poco. Tuttavia è E penetrando il mistero di Ma-
stata un'esperienza ricca e indi- ria, Madre della Chiesa, che noi
menticabile.
troveremo la chiave per un servi-
Ho potuto accostare il Santo zio, per una missione, per un
Padre e sentirlo attento ai proble- senso profondo e specifico della
mi, alle situazioni. In realtà in tut- nostra vita dentro l'unica vocazio-
to il Sinodo il Santo Padre è stata ne del cristiano.
una presenza familiare, cordiale.
È stato il primo a mettersi in at- Di questa esperienza che cosa
tento ascolto della voce del trasmetterà alle Figlie di Mana
mondo.
Ausiliatrice?
Durante I lavori sinodali c sta- Ci sono molte cose che si vor-
to spazio per affrontare anche i rebbero fare.
problemi della donna nella socie- Ho parlato ad alcune comunità
tà e nella Chiesa?
e ad alcuni gruppi internazionali,
che si trovavano a Roma.
Ho scritto, in data 31 dicembre,
una lettera-circolare straordinaria
ad ogni FMA per mettere a fuoco
alcuni temi di riflessione su, quali
cl dobbiamo impegnare nella no-
stra missione educativa.
Ma il mio primo pensiero è
quello di raggiungere le Ispettrici
perché promuovano tra le Figlie
di Maria Ausiliatrice lo studio dei
due documenti del Sinodo, il
Messaggio e la Relazione.
Vorrei che tutte fossimo più at-
tente alle indicazioni che emerge-
ranno, dopo questo evento eccle-
siale, dalle singole Chiese parti•
colari: cosi, penso, farebbe Ma-
dre Mazzarello.
L'lstlt1:1to è sparso per il mondo
intero. E importante perciò che
camminiamo insieme al vescovi
per fare sempre più Chiesa là do-
ve slamo chiamate a vivere.
Il problema dell'inculturazione
è una grande sfida per il nostro
Istituto.
L'occasione del Sinodo ce la ri-
propone e ci offre anche alcune
piste di riflessione e di impegno.
La fedeltà al Papa é un impe-
gno preciso che condividiamo
nella grande Famiglia Salesiana.
È una fedeltà che si concretizza
assumendo la missione della
Chiesa così come si configura nei
diversi Paesi. Ed è donando alla
Chiesa il nostro carisma di predi-
lezione per i giovani, soprattutto
poveri, che noi rendiamo vera
questa fedeltà.

2.4 Page 14

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_ REPORTAGE _ _ __ __ _ __
14 · I FEBBRAIO 1986
Madagascar/Bemaneviky
LuNGO
IL FIUME
SAMBIRANO
C'È UN
ORATORIO
Tra scimmie lemuridi e «coco de mer»
il difficile lavoro dei Salesiani di Napoli.
Precarietà di collegamenti. Allegria,
pazienza e tanta speranza.
forse vi sarà capitato
tra le mani qualche vecchio atlante
geografico che chiama il Madaga-
scar con il nome di «Lemuria>>.
Non meravigliatevi.
Questa infatti è la terra al mondo
che ospita il maggior numero di
scimmie lemuridi.
« I lemuridi - si legge in "Mada-
gascar wtimo Gondwana" - ban-
no in generale pressappoco le di-
mensioni di un gatto, un musetto al-
lungato ed una lunga coda; vivono
in gruppi abbastanza numerosi, che
possono raggiungere una ventina cli
individui; si spostano in generale tra
gli alberi secondo un sistema qua-
drupede, scegliendo i rami grossi e
saltando da un albero all'altro con
grande agilità; durante tali salti, a
volte considerevoli, la coda ha un
ruolo equilibratore molto utile...>>.
Rappresentanze di questo gruppo
cli mammiferi si trovano in quasi
tutte le regioni boscose del Mada-
gascar.
Con certezza è possibile trovarli
nella regione di Ambanja, di fronte

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - -5'1-
I FEBBRAIO 196/j 15
aJl'isola di Nosy-Be, dove il gover-
no malgascio ha giocato, inutilmen-
te, tutte le sue carte per attirarvi
grosse correnti di turismo interna-
zionale.
Ai piedi del massiccio vulcanico
del Tsaratanana (2.886 metri di al-
tezza), lungo il fiume Sambirano
che rende fertile l'omonima valle, a
45 chilometri da Ambanja ed a mil-
le dalla capitale Antananarivo, tro-
viamo il villaggio di Bemateviky.
Qui è la quinta fondazione sale-
siana in Madagascar.
Vi lavorano quattro sacerdo1i
delJ'lspettoria Meridionale: Guido
Lemma, cinquantenne, già direttore
del centro professionale di Lecce, è
stato il primo a giungervi assieme a
don Antonio Gianfelice nell'agosto
del 1981.
Successivamente vi ardvarono
Biagio Podano, il cui aspetto richia-
ma l'attore Bud Spencer, e don To-
nino Russo; quest'Ultimo è un gio-
vane sacerdote.
La cittadina di Ambanja, 25 mila
abitanti, capoluogo e centro dioce-
sano è costruita proprio nella fore-
sta ed è foresta essa stessa. Qui uo-
mo e natura si integrano in una ar-
monia ormai altrove quasi impossi-
bile. Vi scorre il fiume Sambirano.
Lungo di esso appunto a 45 chilo-
metri dal capoluogo è il villaggio di
Bemaneviky, poco più di duemila
anime.
Attorno vi gravitano una quindi-
cina di viUaggi bisognosi tutti di as-
sistenza e perciò interdipendenti ma
dai collegamenti impossibili.
Qui i Salesiani hanno ricevuto il
mandato del vescovo cappuccino
malgascio monsignor Ferdinando
Botsy di animare, fra le altre cose,
una parrocchia.
Domenica delle Palme a
Bemaneviky
Alla parrocchia è annesso - eco-
me non avrebbe potuto esserlo? -
un oratorio mentre tutt'attorno è
possibile vedere alcune opere dioce-
sane: il seminario minore affidato
ad un prete malgascio, una scuola
superiore dove insegnano i salesiani
e le suore francesi Francescane di
Notre Dame di un vicino ambula-
torio.
L'edificio parrocchiale è proprio
a cinquanta metri dal fiume ed al
centro di una zona a forte credenza
religiosa animista. Del resto qui i
cristiani sono molto pochi. La cura
dei villaggi - il più lontano dei
quali è a tre ore di viaggio in mac-
china e a due giorni di cammino a
piedi - consuma gran parte delle
energie dei quattro salesiani.
Dal punto di vista vocazionale la
Diocesi è povera né lascia molto
sperare il seminario minore nono-
stame il gran numero dei suoi alun-

2.6 Page 16

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16 · I FEBBRAIO 1986
ni. In una situazione di generale in-
digenza infatti non è facile stabilire
fino a che punto si va in seminario
per garantirsi la scuola e il cibo e fi-
no a che punto esistono reali dispo-
nibilità alla chiamata di Dio.
Forse qualche frutto potrà venire
da un gruppo di giovani - una
mezza dozzina - che vivono con i
Salesiani frequentando contempo-
raneamente la scuola superiore. Li
segue don Antonio Gianfelice che li
impegna soprattutto nelle attività
dell'ora1orio.
Fulcro principale della presenza
salesiana è proprio l'oratorio.
«Qui - osserva don Luc van
Looy di ritorno da un viaggio a Be-
maneviky - c'è da sottolineare il
fatto che i nostri hanno incomincia-
to subito mettendosi a contatto con
la gente; le messe che fanno, le fe-
ste, il modo di approccio, il tipo di
accoglienza: tutto dice oratorio».
Qui - osserviamo noi - i Sale-
siani si sono ricordati subito che
Don Bosco accanto a una chiesa vo-
leva un cortile ed un teatro. Cosl
per prima cosa è stato realizzato un
grande campo di calcio. Succcessi-
vamcnte è venuto un grande salone
polivalente.
Con quali risultati?
Abbandonati e bisognosi d'ogni
genere, amministratori e ammini-
strati, uomini e donne tutti accorro-
no all'oratorio che in tal modo è di-
ventato un forte elemento di socia-
I
Anche la carcassa di una
vecchia moto serve a fare
sorridere un ragazzo
I
Gruppi di ragazzi organizzati
negli AOS (Amici Domenico
Savio)
lizzazione ed un au1entico crogiuolo
che finirà con il dare buoni frutti.
La vita dell'oratorio poi è carat-
terizzata dalla presenza di molti
gruppi: a quelli locali come i «testi-
moni di Cristo» si sono aggiunti
quelli tradizionalmente salesiani co-
me gli ADS (Amici Domenico Sa-
vio).
La vallata del Sambirano è fertile.
Le sue cohure alimeniari (riso,
mais, canna da zucchero, manioca)
e d'esportazione (vaniglia, caffè,
cacao) fanno di questa parte del
Nord la più ricca regione del Mada-
gascar. Una natura lussureggiante
dove come diamante al sole brilla il
<<Coco de mern mentre le scimmie
vi scorrazzano sopra guardandovi
furbe potrebbe tuttavia far dimenti-
care che qui carestie ed alluvioni so-
no allo stato endemico.
È avvenuto l'anno scorso.
«La gente - ha scritto in quella
circostanza il parroco don Lemma
- dice che neppure nel periodo del-
la grande guerra ha sofferto la care-
stia come in questo tempo.
Eppure non è gente che accampa
pretese o rivendica diritti con «piat-
taforme sindacali» alla maniera no-
strana. È un male anche questo che
cerchiamo di correggere insinuando
in loro - con prudenza - il germe
di una rivendicazione dei diritti fon-

2.7 Page 17

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- - - - - - - - - -s8-
SAGGEZZA MALGASCIA
I FEBBFM,O •9Bo 17
I proverbi - si dice - raccolgono la saggezza di
un popolo.
Abbiamo chiesto ad uno dei salesiani che lavora-
no in Madagascar di raccoglierne qualcuno per noi.
Ecco dunque un -assaggio.. di saggezza malga-
scia a cura di don Rosario Vella, missionario ad
AnKililoaka.
Aza ny /ohasaha mangina no jerena
fa Andriamanitra an-tampon'ny loha.
Guardando la valle non pensare che sia solitaria:
Dio è al di sopra della tua testa.
Toy ny akoho kely misotro rano:
Andriamanitra no andrandrainy
Come il pulcino che beve l'acqua:
alza la testa verso Dio.
(Sapere ringraziare per ciò che arriva)
Vodivarin'Andriamanitra ny olona:
izay tiany ha/aina no a/ainy
ary izay tiany havela no avelany
Gli uomini sono come gli steli del riso:
quelli che Dio vuole prendere Il prende,
quelli che vuole lasciare Il lascia.
(Dominio di Dio - destino)
Fofo-nahandro ny aina
rsha sokafana dia Issa
La vita è come il vapore nella pentola:
si toglie il coperchio e sparisce.
(vita corta e incerta)
Ny tarehy ratsy tsy azo ovana
ny fanahy ratsy azo ovana
Un volto brutto non si può cambiare
un carattere cattivo si può cambiare.
~natin'ny mangidy ny mamy
E dentro l'amaro che si trova il dolce
(Il sacrificio porta frutto)
Aza mitondra tapa-tsiny
Non portare una brocca d'acqua riempita a metà.
(Non fare il bene a metà)
Vary iray no nafafy
ka vary zato no niakatra
Hai piantato un granello di riso
cento ne sono spuntanti.
(il bene fruttifica)
Vavo/ombelon 'ny mp,asa ny bainga
la zolla rivoltata è il testimone del lavoratore
(all'opera si conosce l'operaio)
Mandefera. lzay mandefitra mahita soa
Sii paziente.
Quelli che hanno pazienza saranno felici.
Ny soa rehetra atao tsy mba very roana
Una buona azione non è mai perduta.
Ny soa tsy lany aman-tany
Ci sarà sempre del bene sulla terra.
Mlsy rony: miara misotro
misy ventiny: miara mitsako
C'è del brodo: lo beviamo insieme
C' è del cibo: lo mangiamo insieme
(quello che abbiamo lo dividiamo)
Entim-belona, enti-maty
Tale la vita tale la morte.
Hazo avo ka halan-drivotra
Più l'albero é alto più viene scosso dal vento
(i forti incontrano tante difficoltà)
Ladim-boatavo ny olombelona:
iray fototra fa maro rantsana
Gli uomini sono come una pianta di zucche:
la radice è una i rami sono molti
(si è tutt, fratelli e solidali)
Tanan-kavia sy havanana
ka lray d1dia-maharary
La mano sinistra e fa destra;
l'una è ferita l'altra ne soffre
damentali alla vita come quello del-
la vendita del riso e dei medicinali».
C'è poi il problema dei collega-
menti e dei trasporti.
«Ci sono momenti e periodi nei
quali - dice sempre don Lemma -
toyota, trattori e persino bicicleue
sono proibiti con queste strade per
cui resta la povera carretta col pa-
ziente zebù dalle molte gobbe e... i
piedi "nudi" , perché nella melma
non si può andare neppure con gli
stivali».
In questa situazione la parrocchia
è tutlo.
Basta mezz'ora nelJ'ufficio di
don Lemma per rendersene conto:
una ragazza madre in attesa del ter-
zo figlio; un « Raiamandreny» che
si introduce con un interminabile
cerimoniale per chiedere un presti-
to; l'inviato di un catechista; una
donna che ha partorito soltanto il
giorno precedente.
Insomma una processione discre-
ta, dignitosa ma continua di biso-
gnosi.
Eppure la vita del missionario
non è soltanto questa.
« Nonostante l'imprat icabilita
delle strade - confida ancora don
Guido - e la mancanza di pane (la
Pro, videnza però non ci abhando-
na !) il nostro lavoro ~i e tallo p1u
imenso
Si , a a piedi e si uene ugualmeme

2.8 Page 18

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18 · I FEBBRAIO 1986
Davanti alla Chiesa parrocchiale
c'è sempre una piccola folla
fede alle tournées: Biagio, ogni fine
settimana, io - Guido - al marte-
e giovedì, e Antonio, un po' più
sedentario, perché segue i 6 aspiran-
ti e le associazioni giovanili, un po'
più di rado, specie con gli «scaut '>.
Così la catechesi e l'aiuto in loco a
chi, malgrado i 30 gradi, ti chie.de
medicine, riso o... una coperta, son
più o meno il tipo di azione quoti-
diana che svolgiamo.
Ad andare a piedi e con regolari-
tà, ci si sente più... malgasci e tutta
la gente che si incontra è già cono-
sciuta e, malgrado i tempi duri, ti
regala un sorriso ricreante come ri-
sposta alla tua battuta in malgascio.
Quello che più ti conforta è la vo-
ce squillante dei bambini che da
lontano, nel vederti avvicinare, ti
gridano festanti «Salama Mompè-
re, salama Momperee... » e, se c'è
qualche bambino che non saluta, la
mamma gli suggerisce: «Utao sala-
ma auy Mompèra! >>, cioè «Saluta
anche tu il Padre!». Ma queste non
sono solo impressioni sentimentali:
c'è il fatto che molti chiedono di di-
ventare cristiani e farsi battezzare».
L'evangelizzazione e la successiva
sacramentalizzazione da queste par-
ti non sono cosa facile. I missionari
esigono almeno due anni di prepa-
razione. Si spiega così anche il bas-
so numero di cristiani che si trovano
nella zona: 1.600 su 30.000 abitanti.
Il «COCCO» qui, è a... portata di
mano
'•
( ~ - ~-~•
~ -"",,t;;:-~-4
I Le piantagioni di zucchero
rappresentano un aspetto
caratteristico dell'agricoltura
malgascia
Fra i Salesiani del Madagascar si
incontra molta serenità anche se la
consapevolezza di lavorare in una
terra difficile è tanta. Come mai?
«Ci avete aiutato - è ancora don
Guido Lemma a parlare - mate-
rialmente e spiritualmente a rag-
giungere certi risultati: per carità
non stancatevi di sostenerci e bene
in entrambi i casi. Per la prossima
Pasqua voglio farvi giungere l'au-
gurio che l'amore di Cristo, Missio-
nario del Padre, viva nelle nostre
azioni, nei nostri desideri e nel no-
stro cuore».
Tanà, Ijely, Mahajanga, Tulear,
Ankloaka, Manombo, Bemaneviky
non sono soltanto angoli sperduti
del mondo dove alcuni missionari
vivono la loro avventura: sono
luoghi-testimonianza che l'amore di
Cristo spinge ancora gli uomini ad
uscire da se stessi ed a farsi servizio.
Giuseppe Costa
Fine
(I precedenti articoli sono apparsi nei fasci-
coli di ottobre, novembre, dicembre 1985 e
gennaio 1986).

2.9 Page 19

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sB_ _PASTORALE GIOVANILE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Il carnevale oratoriano
I FEBBR4,0 1966 19
D1ETRO LA MASCHERA
Cosa resta dei carnevali
oratoriani? L'esempio di
Sondrio e di Schia
Quando giovani e ragav,i
diventano protagonisti.
Una lingua di terra si
adagia, frastagJiandosi, tra le AJpi
Retiche al Nord e le Orobiche a
Sud. Questa collana montuosa, su
cui domfaa il Pizzo Bernina, cinge il
capoluogo della Valtellina: Son-
drio. In un fazzoletto di terreno pia-
neggiante, lambito dall'Adda, si
raccolgono 23.000 persone (1120
abitanti per kmq: la più alta densità
della provincia). Scandiscono le
giornate sul ritmo del terziario. In
calo l'agricoltura, consistente l'in-
dustria, in aumento i servizi e la
pubblica amministrazione.
Nonostante il rallentamento della
crescita demografica, è notevole la
presenza giovanile.
Tra l'Adda e il torrente Malléro
la popolazione conduce una vita re-
golata dalle ore di ufficio o di fab-
brica e deUa scuola: dettano un rit-
mo di vita ordinata e ripetitiva.
Per questo Sondrio non presenta
l'aspetto di una città di provincia
particolarmente appetibile per viva-
cità cli iniziative o di aggregazioni.
Ma nei primi mesi dell'anno qualco-
sa cambia. Non è l'abbondanza di
pizzoccheri (tagliatelle locali) o di
taragna (polenta di farina nera di
grano saraceno) o di biuo (formag-
go t~pico), innaffiati da Sassella,
Grumello o Sforzato. Chi mette il
brio è l'accoppiata Oratorio S. Roc-
co dei Salesiani e l'Oratorio Auxi-
lium delle Figlie di Maria Ausiliatri-
ce. Da vent'anni rovesciano in città
mezz.i provincia sondriese con l'ini-
ziativa di un Carnevale che è assur-
to a manirestazione ufficiale citta-
dina.
Gli inizi risalgono al 1964 accanto
ad una carrettata di fieno che l'allo-
ra direuore dell'Oratorio d. Rosa
trasformò in rogo per distruggere
<<la Vecchia»: scombinato pupazzo
che rappresentava il «Carnevale».
Tra il vivace crepitio delle fiamme e
l'entusiasmo dei bambini nasceva il
Il carnevale di
Schio

2.10 Page 20

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20 • , FfBRfM/0 1986
Carnevale di Sondrio. « Le motiva-
zioni che mi hanno spinto a dare il
via a questa iniziativa - afferma
don Rosa - erano molteplici e tutte
legale, a mio parere, al problema di
fondo: queUo educativo. L'arte di
educare. si sa, è un'arte che si impa-
ra e no n si finisce mai di imparare.
E non si impara da soli; educatori
non si nasce. Si impara insieme.
Ora, più persone vengono coinvol-
te, più si impara e più si fa impara-
re. La mia soddisfazione più grande
era vedere lavorare insieme ragazzi,
giovani, padri e madri di famiglia».
Da vent' anni questa «scuola» così
spontanea e variegata trova il suo
spazio presso l'Oratorio Salesiano.
Chi nei primi mesi deU'anno si af-
facciasse nel cortile o nei saloni di
Piazza S. Rocco verrebbe impres-
sionato dalla formicolante agitazio-
ne di grandi e piccini tra martelli,
cartoni, matasse di fil di ferro, pen-
nelli, carcasse di legno, secchi di
colla... L'Oratorio, per un paio di
mesi, diventa un animatissimo can-
tiere. Don Pietro Frigerio, l'attuale
responsabile del Centro, salta da un
posto all'altro, travolto dall'entu-
siasmo dei mille giovani operai.
<<Carnevale all'oratorio fa gruppo,
Il grande carro del circo al
carnevale di Schio
fa amicizia, fa simpatia - mi confi-
da con soddisfazione - Di tutta la
manifestazione, la fase preparatoria
è la parte più significativa e interes-
sante: coinvolge tutti. È anche il
momento educativo più incisivo. È
importante essere riusciti a mettere
fianco a fianco ragazzi ed educato-
ri: bambini, catechisti, animatori,
ragazzi, adulti, famiglie intere che
lavorano insieme per produrre qual-
cosa che sia il risultato di un impe-
gno comune. Siamo riusciti a colle-
gare le famiglie, a tenece insieme,
per un lungo tempo di lavoro, adul-
ti e ragazzi». È la stessa esperienza
dei salesiani che hanno precedente-
mente lavorato in questa iniziativa.
Don Locatelli, direttore di anni ad-
dietro, diceva: «La gioia è nata ge-
mella: cerca sempre un compagno.
E quanta, quanta gente "metteva
insieme" il Carnevale! Una marea
di gente che viveva dello stesso idea-
le: la gioia di far felici i ragazzi, la
gioia di stare insieme, di ricreare
rapporti con gli altri. La festa, in
fondo, era anche la celebrazione di
una comunione». Uno spirito dico-
munione gioiosa e vivace che rompe
il ritmo di vita di una cittadina cali-
brata e tranquilla. Un bisogno di in-
contro e di vicinanza festosa che
esplode al passaggio dei carri e delle
mascherine nella domenica di Car-
nevale. In quella data, tutto il lavo-
ro febbrile che per lunghe settimane
ha attirato giovani e famiglie all'o-
ratorio, richiama migliaia e migliaia
di persone ai bordi delle strade e
nelle piazze di Sondrio. Tuttala cit-
tà e moltissimi paesini della provin-
cia si concentrano Lungo il percorso
a formare nutrite ali di gente in fe-
sta che partecipa e osserva la sfilata
dei carri: una decina sono prodotti
dai «cantieri» dell'oratorio, tanti
altri provengono da paesi vicini o
da altri centri. L'amministrazione
pubblica da sempre sostiene e ap-
prezza l'iniziativa, dandole la più
ampia adesione, perché, alla fine, è
l'unica grande manifestazione citta-
dina che coinvolge la massa della
popolazione. Considerando il clima
ambiguo di strumentalizzazioni che
spesso è sofferto da queste manife-
stazioni di massa, domando a d.
Frigerio se pesi sul Carnevale orato-
riano-cittadino qualche rischio di
manipolazione. «Non abbiamo

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - - - - - - - -# -
questa difficoltà, perché da sempre
il Carnevale di Sondrio è stato e
continua ad essere il "Carnevale dei
ragazzi''. Sono loro i protagonisti,
anche se c'è la collaborazione dei
giovani e degli adulti. Ma non appa-
re né la politica, né la pubblicità, né
il marchio di alcun assessoraLO. I
carri e le maschere esprimono solo il
mondo della fantasia e della vita dci
nostri ragazzi e il loro orizzonte di
interessi: personaggi delle favole e
dell'avventura, il mondo del gioco e
dello sport... Ogni anno il comita-
to, formato da papà e giovani, indi-
ca un tema attorno a cui elaborare
maschere e carri. NeU'85, ad esem-
pio, fu suggerito il tema sportivo
perché ci sono state le Olimpiadi e
qui in Valtellina i mondiali di sci
alpino.
Ma in genere il tema è molto libe-
ro, legato al mondo fantastico dei
ragazzi». Don Rosa. don Locatelli,
Sr. Enrica, Sr. Francesca e gli altri
salesiani e suore che si sono succe-
duù in questi 20 anni alla direzione
degli Oratori S. Rocco e Auxilium
possono davvero essere orgogliosi
che questa manifestazione ha man-
tenuto la sua caraitc:ristica origina-
ria di vivace richiamo e coinvolgi-
mento di tutta una città, allargando
e amplificando il rapporto con l'O-
ratorio che diventa un punto per-
manente di riferimento, anche nel
resto dell'anno, per tantissimi gio-
vani che possono continuare a tro-
vare, affiancati da educatori attenti
1 FEBBRAIO 1986 21
e sensibili, occasioni di aggregazio-
ne, di gioiosa e impegnativa comu-
nione, di servizio.
Nello stile educativo di d. Bosco.
Fatto di semplicità, ma anche di
grandezza. Sembra di percepire tut-
ta questa ricchezza anche dalla gra-
ziosa pagina di presentazione del
dépliant che illustra la manifesta-
zione del Carnevale di Sondrio. Co-
me in ogni «grande» manifestazio-
ne è doveroso elencare il COMITA-
TO D'ONORE. Per il Carnevale di
Sondrio suona così: «Comitato d'o-
nore: i bambini, i ragazzi, i giovani,
i papà, le mamme che hanno lavo-
rato... tutte le persone buone che
hanno dato il loro contributo>>. È
superfluo ogni commento.
Con un salto attraverso la fascia
alpina, ci spostiamo sull'altro ver-
sante nordico, quasi ai piedi del
Monte Pasubio, nelle Piccole Dolo-
miti. Siamo a pochi chilometri da
Vicenza. A Schio. Una cittadina al-
largata sulle sponde del torrente
Leogra e formata da densi ciuffi di
fabbriche, botteghe artigianali e an-
tichi palazzi. Conta 40.000 abitanti.
La maggioranza occupata in impre-
se artigiane a conduzione familiare.
Abbonda il benessere, ingrigito, so-
prauutto per i giovani, dalla ten-
denza all'individualismo e alla noia
della vita.
Anche a Schio, sonnolenza delle
Istituzioni in merito all'animazione
sociale e, in più, il drammatico pro-
blema della droga. Un'alternativa
Sondrio. I ragazzi dell'oratorio
trasformati in lavoratori
Schio. Particolare di un carro

3.2 Page 22

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22 · I FEBBRAIO 1986
Sondrio. Si sfila per le vie della
città. Passa... Rockfeller
al disimpegno e alla frantumazione
dei rapporti sociali è offerta dal di-
namico Centro Giovanile Salesiano
che sorge nel cuore della città. An-
che a Schio i Salesiani promuovono
il Carnevale cittadino. Dopo una
sospensione durata quasi 10 anni,
ha ripreso la sua tradizionale pre-
senza. Ora, rivive vivacissimo, già
da sei anni. Nasce soprattutto per
merito degli ex-allievi, impegnati
come carpentieri, fabbri, ingegneri.
Curano tutto l'impianto organizza-
tivo ed esecutivo. Suggeriscono i te-
mi per la costruzione dei carri e l'al-
lestimento delle maschere. Così si
dà vita a un paesaggio umano, rico-
struito collettivamente, che di volta
in volta trasforma Schio in un gran-
de «Circo» stato il Carnevale
dell'85), in un «villaggio del West»
(come nell'84).
Quest'anno la città si è trasferita
nel proprio Medioevo. Giovani, ra-
gazzi, adulti, tra carri e mascherine,
rivivono la propria storia più !onta-
na, quando Schio, nel 1228 divenne
Comune, feudo de.i Conti Maltra-
versi di Vicenza, quando nel 1240
subì la dominazione di Ezzelino da
Romano e poi quella degli Scaligeri
e dei Visconti. Un modo, anche
questo, per recuperare le proprie ra-
dici storiche e culturali. Chiedo a
don Alberto Guglielmi, direttore
del Centro Salesiano perché questa
impresa così faticosa. «È l'unico
carnevale cittadino. Lo proponia-
mo per la lunga tradizione che ha
anche per il nostro Centro. Ha no-
tevo.le importanza. Sveglia la città.
È un modo vivace per suggerire pro-
poste. Non perché gli altri abbiano
ad imitarci, ma perché anche altri
possano promuovere iniziative simi-
li e anche migliori, soprattutto per
la popolazione più giovane. La città
ha bisogno di occasioni per rapporti
più umani, perché la gente si incon-
tri. Anche nel nostro Centro questa
iniziativa favorisce il dialogo e la
collaborazione tra le varie associa-
zioni e i diversi gruppi. Gli Scouts
preparano il loro carro, così le
PGS, l'ACR... Dall'Oratorio ven-
gono prodotti 6 o 7 carri ogni anno.
E questo lavoro di preparazione e la
successiva sfilata in città permette la
crescita di uno spirito di dialogo tra
i gruppi». 1n una impresa organiz-
zativa così complessa, domando
quali siano le principali difficoltà.
« Non sono di ordine tecnico - ri-
sponde d. Alberto - È la diffiden-
za delle altre realtà cittadine. Si ha
timore a condividere. Soprattutto
nelle parrocchie o presso altri movi-
menti giovanili. Si teme che L'Ora-
torio sottragga loro i giovani. Non
intendiamo questo. Di fatto, trovia-
mo più attenzione da parte dell'area
civile che non dall'ambiente eccle-
siale. C'è ancora un po' di campani-
lismo; è tipico del vicentino. Sten-
tiamo a far comprendere che non è
nostro interesse costruire steccati e
che anche questa iniziativa intende
esprimere dialogo, bisogno di in-
contro, urgenza di collaborazione
quando il problema è la vita della
gente e le esigenze dei giovani».
È una modesta incursione in due
centri, Sondrio e Schio, che espri-
mono anche attraverso una manife-
stazione che sembrerebbe di «serie
B», la volontà e la possibilità dei
Salesiani di animare vasti territori
umani con lo spirito che caratteriz-
zava l'ansia apostolica di don Bo-
sco: coinvolgere masse popolari,
rendere protagonisti i giovani, chia-
mare in causa adulti disponibili a
collaborare, esaltare e far vibrare al
massimo le corde dell'allegria, del-
l'ottimismo e della festa.
Pierdante Giordano

3.3 Page 23

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_ VITA ECCLESIALE- - - - - - - - - - - - - -~ -
Anno internazionale
della pace
I FEBBRAIO J986 23
Suo CHIAMA NORD
(CHE NON RISPONDE)
Naufragato il «dialogo» di cui si
parla da 10 anni. Più di un secolo
fa, Don Bosco scelse la via del
Sud per aiutare i popoli poveri.
Quando, nel secolo
scorso, Don Bosco inviò i primi
missionari salesiani nel mondo,
scelse, come loro destinazione, il
sud della Terra. Anzi, si potrebbe
dire il sud del sud, perché la Par.ago-
nia, e più ancora la Terra del Fuo-
co, sono così in «giù» che - para-
frasando uno slogan caro alla pub-
blicità - più in «giù» non si può.
Quasi a ridosso del 50.mo parallelo
a sud dell'Equatore, la Terra del
Fuoco è la parte delle terre emerse
che maggiormente si avvicina al
Circolo polare antartico, alle distese
ghiacciate che ricoprono il polo me-
ridionale del globo.
Nell'età di Don Bosco, i termini
Nord e Sud - come Est e Ovest -
altro non erano che espressioni geo-
grafiche, i famosi punti cardinali.
La loro identificazione con le
espressioni di sviluppo e sottosvi-
luppo - e, per Est e Ovest, idealo-
giche e di blocchi politico-militari
- è un'invenzione recente, appar-
tiene agli ultimi decenni. Sarebbe
quindi una forzatura pretendere che
Don Bosco, nella scelta della desti-
nazione per i suoi missionari, abbia
voluto dare una risposta al bisogno
del Sud di riscattarsi dalle condizio-
ni di sottosviluppo in cui ancora og-
gi si trova. Almeno così come noi lo
imendiamo. Del resto, nel secolo
scorso, anche tanta parte del Nord

3.4 Page 24

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24 · 1 FEBBRAIO 1986
mondo che si colloca geografica-
mente neJia parte meridionale del
globo, a cavallo o sotto la linea del-
l'Equatore, e che salvo poche «iso-
le» - Sudafrica, ma limitatamente
alla popolazione bianca, Australia,
Nuova Zelanda, qualche Paese ara-
bo - è marchiata a fuoco da un
connotato: il sottosviluppo. È que-
sto connotato che lo distingue -
ma sarebbe più realistico dire, lo
contrappone - al Nord, cioè a
quella parte di mondo collocata in
genere nell'emisfero settentrionale
- Europa occidentale e orientale,
America del Nord - fortemente in-
dustrializzato, e, sia pure con gra-
dazioni diverse, «ricco», o, quanto
meno, in grado di rispondere ai bi-
sogni essenziali dei suoi abitanti.
Il lavoro nei campi a Bali in
Indonesia
era ben lontana dall'aver raggiunto
la prosperità e il benessere di cui at-
tualmente gode. Don Bosco stesso
aveva dato avvio alla sua opera in
un mondo dove a dominare erano la
miseria, la fame, l'ignoranza, e che
egli si sforzava di combattere.
À iuto concreto
Tuttavia rimane un dato di fatto,
cioè quella scelta che privilegiava il
Sud del mondo. Preveggenza, intui-
zione? Inutile indagare. Ciò che
conta è che i primi missionari sale-
siani si recarono coraggiosamente
- è il caso di sottolinearlo, conside-
rate le condizioni ambientali, socio-
economiche, climatiche in cui si tro-
varono a vivere - in queUe terre
non soltanto per predicare il Vange-
lo, ma per impegnarsi nell'aiuto
concreto alle popolazioni, che spes-
so conducevano un'esistenza primi-
tiva.
Del tutto consapevole, invece la
scelta del Sud che i salesiani hanno
operato nel 1977 con il «Progetto
Africa». È ancora un Continente
del Sud che accoglie i missionari di
Don Bosco del XX secolo, e gli ob-
biettivi di fondo non sono cambiati.
E non sono cambiati perché, pur-
troppo, non è di molto cambiata la
condizione in cui versa tuttora il
Sud del mondo. L'Africa, in parti-
colare, è oggi il Continente della mi-
seria e della fame. Ma è anche il
Continente che può aprirsi più di
quanto non abbia fatto finora alla
verità evangelica, aJia parola del
Redentore.
Ecco: Patagonia, Terra del Fuo-
co, Africa. E si può aggiungere:
America Latina in generale, Asia,
sud-est asiatico, Indonesia. Tutta
questa parte del mondo è inclusa in
quell'area che noi oggi siamo soliti
definire globalmente <(Sud». È un
À prirsi agli altri
Ma perché tanta diversità di si-
tuazioni? Analizzare le cause di
questa «spartizione» del mondo fra
sviluppo e sottosviluppo sarebbe
lungo, innumerevoli essendo gliele-
menti che entrano in gioco, storici,
economici, geografici. E, del resto,
analisi di questo genere ne sono sta-
te fatte molte, in varie sedi, nella
Campesinos In Bolivia

3.5 Page 25

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----------5'1-
t FEBBRAIO 1986 25
speranza che una maggiore com-
prensione del fenomeno solleciti i
popoli che dispongono di un mag-
gior benessere ad aprirsi alla solida-
rietà c;on i popoli della fame e della
miseria.
Purtroppo, al di di queste ri-
cerche, la realtà ci dice che il Sud
povero continua a chiamare il Nord
ricco, ma senza ricevere risposta. Il
Sud chiama con le parole anticipa-
trici della «Populorum progressio»,
l'Enciclica di Paolo VI, che ci ha ri-
cordato, con le parole di Sant'Am-
brogio, quale deve essere l'atteggia-
mento di coloro che posseggono nei
confronti di coloro che sono nel bi-
sogno: «Non è del tuo avere che tu
fai dono ai poveri - disse il grande
Santo -; tu non fai altro che ren-
dergli ciò che gli appartiene. Perché
è quel che è dato in comune per l'u-
so di tutli, ciò che tu ti annetti. La
Terra è data a tutti, e non solamente
ai ricchi».
11 Sud povero chiama il Nord con
quel «Rapporto Brande», redatto
da illustri studiosi di fama interna-
zionale, che alla definizione dei ri-
medi hanno premesso dati agghiac-
cianti: nel Sud la grande maggio-
ranza della gente ha una aspettativa
di vita di circa 50 anni (70 nel nord),
nei paesi più poveri un bambino su
I
Bimbi Yanomani assistono
truccati al •Pericà• dei capi
famiglia
quattro muore prima dei cinque an-
ni, più di un quinto degli abitanti del
Sud soffrono la fame e la denutri-
zione, il 50 per cento non ha nessuna
prospettiva di alfabetizzazione.
Il Sud povero chiama di continuo
il Nord attraverso gli appelli che le
Chiese, i Vescovi rinnovano in ogni
occasione. E sono ormai tanti che è
stato possibile farne un volume
(edito tre anni fa dalla (<Civiltà Cat-
tolica»). Nei suoi viaggi apostolici,
Giovanni Paolo Il ritorna insisten-
temente sugli stessi temi e non è un
caso che la maggior pan~ delle sue
visite siano riservate ai popoli pove-
ri. Il Sud, infine, chiama invocando
quel dialogo Nord-Sud che proprio.
IO anni fa sembrò prendere avvio
come progetto globale su cui impo-
stare un realistico, equo, giusto or-
dine economico internazionale. l
molti tentativi di condurlo avanti
sono naufragati sugli scogli di egoi-
smi nazionalistici, di chiusure, nei
propri interessi, di gruppi e di sin-
goli Paesi, e anche di popoli, non
abbastanza disposti a impegnarsi
per spingere i governi - del Nord,
ma anche del Sud - verso l'adozio-
ne di linee politiche capaci di colma-
re l'abisso che divide i due mondi.
Dieci anni trascorsi invano, con
in più la sgradevole prospettiva che
altrettanti ne trascorrano con lo
stesso desolante risultato. Che fare?
lnnumerevoli persone, di fronte al-
l'inerzia dei governi, si impegnano
direttamente sul campo, coordinate
da organizzazioni di varia ispirazio-
ne. Si sono messe su una strada lun-
ga e difficile, ma che al momento
appare la sola percorribile, quella
che produce concretamente dei frut-
ti. E potrebbe essere ancora più ric-
ca di risultati se ciascuno si chiedes-
se quale è il contributo individuale
che è disposto a dare per appoggiare
le iniziative in corso di attuazione.
Un secolo fa, Don Bosco ha indica-
to la via del Sud. J suoi missionari
ancora oggi la percorrono, pellegri-
ni d'amore, di fratellanza, di giusti-
zia, per aiutare soprattutto le nuove
generazioni a procedere verso un
avvenire migliore di quello cono-
sciuto dai loro padri. Essi operano
perché il dialogo fra Nord e Sud sia
una consolante realtà, lavorano per
far sì che Nord e Sud tomino ad es-
sere due semplici punti cardinali.
Non lasciamoli soli.
Gaetano Nanetti

3.6 Page 26

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_ PROTAGONISTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ __
26 · I FEBBRAIO 1986
Carlo Carretto
«SONO MOLTO
RICONOSCENTE
PER QUESTA
IMPRONTA SALESIANA»
I giovani, il deserto, il Concilio, la
spiritualità, Comunione e
Liberazione e C4.zione Cattolica:
abbiamo intervistato
Carlo Carretto.
Approfitto di una sua
venuta a Roma per una riunione di
famiglia che vede i Carretto riuniti
attorno al vescovo salesiano Pietro
Carretto venuto a Roma dalla Thai-
landia per la visita ad limina. Anche
per me è subito famiglia: cordialità
ed allegria, quasi un incontro tra
vecchi amici.
«La salesianità - esordisce fratel
Carlo - è alla radice della mia esi-
stenza. Sono state le mie prime
esperienze spirituali: sono molto ri-
conoscente a Dio che mi ba dato
questa impronta salesiana. Noi era-
vamo emigranti, venivamo dalla
campagna: la nostra fortuna è stata
quella di aver trovato, in una gran-
de città come Torino, in cui ci senti-
vamo sperduti, la casa salesiana di
via Caboto. L'oratorio mi ba edu-
cato alla vita di don Bosco, in un
modo così semplice, direi, che è fat-
to apposta per chi viene dal popolo,
che assimila bene un'educazione es-
senziale senza troppe complicazio-
ni: ho sempre ammirato nei salesia-
ni l'equilibrio fra il divertimento e
la preghiera, la loro capacità di en-
trare nell'anima attraverso la con-
fessione con grande rispetto. Ricor-
do a questo proposito don Valenti-
ni. Poi ho incontrato don Raineri
che cercava di innestare l'attività
dell'oratorio nel campo diocesano
del!'Azione Cattolica. Dalle sue
idee, dalle sue fondazioni ho impa-
rato la realtà della Chiesa».
Così è incominciata la nostra in-
tervista a Carlo Carretto negli anni
Cinquanta grande protagonista del-
la vita cattolica italiana, successiva-
mente Piccolo fratello di De Fou-
could. Autore di più libri fra i quali
non possono non ricordarsi Lettere
dal deserto e Ciò che conta è amare
che lo pongono fra i maestri della
spiritualità religiosa moderna.
D. Ripensando alla lunga espe-
rienza che hai maturato nel settore
giovanile, potresti mettere in evi-
denza gli elementi che diversificano
i giovani di oggi da quelli di ieri?
R. È un po' difficile perché sia-
mo in un'epoca di transizione e il
terreno non è ancora sedimentato.
Poi devo confessare che non cono-
sco il vero dramma della gioventù
odierna. Ho conosciuto invece il
dramma di una gioventù cristiana
ancora legata alla famiglia, legata
all'oratorio, che aveva delle basi
spirituali non indifferenti. Quella di
oggi mi sembra una realtà molto
complessa: indubbiamente potrei
dire che i giovani di una volta erano
più volitivi, avevano più il senso del
sacrificio, dovuto soprattutto alla
maggiore povertà del tempo. La ci-
viltà permissiva ha disgregato molto
queste due dimensioni basilari, la
volitività e lo spirito di sacrificio.
Però, come sempre, Dio interviene
e arricchisce dove è maggiore la
povertà, la debolezza dell'uomo:
così nella gioventù di oggi ci sono
degli aspetti che mi lasciano per-
plesso accanto ad altri che mi entu-
siasmano. E allora, insieme alla du-
plice carenza che abbiamo primari-
scontrato, dobbiamo notare nei gio-
vani di oggi una visione della realtà
più aggiornata, più completa e ma-
tura. Per quanto riguarda la Chie-
sa, noi, per esempio, nutrivamo un
forte senso del mistero, mentre in
loro c'è più il senso della responsa-
bilità e del servizio: noi guardava-
mo alla Chiesa del Cristo Re, loro
vedono quella del Cristo povero di
Jabweb. E questo è un elemento di
grande maturità. Bisognerebbe fare
una sintesi degli aspetti positivi del-
le diverse generazioni.
D. Da un impegno a fondo nella
città sei giunto all'esperienza del de-
serto. Vuoi spiegarci meglio questo
passaggio?

3.7 Page 27

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- - - - - - - - - -s/1-
1 FEBSRAIO 1986 27
R. Non è facile descriverlo. Tut-
tavia posso dire che ·io, per natura,
sono molto religioso, che la mia
anima non pensa che a Dio, giorno
e notte. Per natura sono portato al-
la contemplazione: però è successo
tutto all'improvviso e non avrei mai
creduto che sarei andato nel
deserto.
Quando spiegavo queste cose a
papa Giovanni lui mi diceva: «an-
diamo sempre a finire dove non
credevamo di finire», e alludeva al-
la sua vita. È stata per me la scelta
religiosa. Ma la prima scelta religio-
sa l'avevamo già fatta con Lazzati e
con La Pira nel momento in cui la
politica assumeva l'aspetto di una
concezione totalizzante. Per noi era
necessario porre dei limiti: il cristia-
no ha sempre uno spazio della sua
libertà e della sua creatività al di
della politica. Attestarsi sui valori
esclusivameme umani e naturali era
un vero pericolo per la Chiesa: il
cristiano ha sempre da dire qualco-
sa quando gli altri hanno finito di
parlare e questo qualcosa riguarda
proprio la sua scelta religiosa, che è
un'alleanza con Dio e un salto di
qualità.
.
Cosi, in un certo momento della
mia vita ho detto ai miei amici che
preferivo una vita religiosa, una
scelta che mi proiettava nella dimen-
sione delle Beatitudini del Cristo.
D. Uno deiproblemi più dibauu-
ti oggi è quello del rapporlo tra sa-
cro e secolarizzazione. Qual è il tuo
pensiero a questo proposito?
R . Per me le cose sono chiare,
non vedo una contrapposizione dei
due aspetti. La difficoltà è piuttosto
nell'operare la sintesi che ci propo-
ne Giovanni: voi siete nel mondo,
ma non siete del mondo. Come si fa
a distinguere? La distinzione viene
fatta da Dio stesso. Dio quando ha
creato Adamo, gli ha dato tutta la
libertà dei valori umani: lo pose nel
giardino dell'Eden onde lo coltivas-
se e lo custodisse. Perciò la ricerca
scientifica, la tecnica, la politica, la
cultura rientrano in un ordine laico,
ciò è fuori discussione: è inutile me-
scolare il sacro col profano. L'uo-
mo deve arrivare alla verità aura-
verso il suo cammino nella ricerca,
che è nella sua intelligenza e nel suo
cuore , ed è libero. Nel primo aspet-
to del concetto di Giovanni abbia-
mo il dominio della scienza, nel se-
condo però appare il dominio della
fede: e Dio stesso, Cristo, propone
una visione del Regno che è un su-
peramento della realtà terrena, ed è
la visione delle Beatitudini. Così
l'uomo che è perfettamente uomo,
perfettamente fedele alla sua intelli-
genza, alla sua ricerca scientifica,
alla ragione, viene, come dire, illu-
minato da un faro nuovo, che è il
Regno: e questo faro ha come fonti
di energia la fede, la speranza, la
carità.
D. Questi concetti sono maturati
anche grazie al Concilio. Tu come
hai vissuto l'esperienza conciliare?
R . Per me il Concilio è stata la
prova veramente sofferta e speri-
mentata della presenza dello Spirito
nella Chiesa. Non avrei mai imma-
ginato un fatto così grande: io ho
vissuto gli anni del Concilio come se
avessi scoperto per la prima volta la
Chiesa e per la prima volta mi tro-
vavo perfettamente in pace con Lei.
Mi sentivo davvero dentro la Chiesa
e mi stupivo come tutti questi teolo-
gi, questi profeti, fossero riusciti a
tanto. Uno degli aspetti che io ma-
turavo durante il Concilio era la li-
turgia, capivo che doveva cambiare,
ma non avrei mai pensato che sa-
rebbe accaduto quello che tutli san-
no, e non soltanto per ciò che ri-
guarda la liturgia, ma per tutto il re-
sto e particolarmente per la nuova

3.8 Page 28

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28 I FEBBRAIO 19Bo
visione della Chiesa che è scaturita
dalle riflessioni conciliari.
D. E veniamo al tuo libro «Fa-
miglia, piccola Chiesa»: se uscisse
oggi, che tipo di rear;ione suscite-
rebbe?
R. Questo è un libro che mi ha
fatto soffrire. È possibile che una
cosa tanto semplice come l'amore
deve essere reso complicato? Era il
sogno di una ragazza e di un ragaz-
zo che si davano la mano, non tanto
per fare del sentimento ma per fare
un servizio alla Chiesa: era vera-
mente la scoperta di quello che era il
matrimonio nella sua duplice di-
mensione, umana e sacramentale. E
la vera scoperta dell'amore è lasco-
perta del sacramento, la scoperta
che ci si mette insieme, ma in Cri-
sto. Oggi il libro potrebbe essere
tacciato di sogno, di essere imbevu-
to di fede fino alla radice, di aver
idealizzato il matrimonio nella san-
tità. Ma a suo tempo Pio Xli pote-
va dirmi: «Tu hai peccato di ottimi-
smo, ma fai bene a farlo, perché
sull'amore è necessario sognare un
po'».
D. Ma se dovessi definire una
spiritualità per i giovani d'oggi a
che cosa agganceresti questa spiri-
tualità?
R. L'aggancerei al Vangelo. In
particolar modo alle Beatitudini,
Carlo Carretto intervistato da
Giuseppe Costa
poiché oggi non èpiù possibile vive-
re un cristianesimo comune. È fini-
to il tempo di una religiosità legata
alla legge e alla precettistica: è finito
il tempo delle cose fatte per forza. È
il tempo de!Je cose fatte per amore.
E non è più possibile vivere un cri-
stianesimo senza la preghiera, non
una preghiera esterna, ma profon-
da, radicale. Dio è presente 24 ore
su 24 nella vita di ciascuno di noi.
In questo abbiamo il conforto di es-
sere molto vicini alle altre religioni:
quando io mi trovo con un buddi-
sta, con uno scintoista o con un mu-
sulmano non chiedo di discutere,
chiedo di pregare e allora mi accor-
go che i piccoli sentieri culturali
conducono allo stesso punto. E al-
lora i punti di riferimento di questa
religiosità sono la povertà, il disar-
mo, la non violenza, la beatitudine.
Ai giovani non si può più proporre
un Cristo alla maniera di Costanti-
no: l'unico Gesù che interessa è il
povero di Dio, il servo sofferente.
D. Oggi la spiritualilà cristiana
viene presentata da alcuni movi-
menti cattolici secondo concezioni
che sembrano divergere, per esem-
pio come quelle di C.L. e di A.C.:
tu che ne pensi?
R. Penso che non bisogna più ri-
petere gli errori di prima, che ci fa-
rebbero ritornare indietro di 30 an-
ni. L'esperienza di essere forti, di
mettere la grinta l'abbiamo pagata
con tanto anticlericalismo, facendo-
ci tanti nemici: io faccio un sorriso
al mondo, ecco perché credo nel
Concilio. Sono un ottimista, so be-
nissimo che sono nel mondo ma
non sono del mondo. Sono unito al
peccatore perché lo voglio portare
in me. Gesù non è venuto per salva-
re i salvati ma quelli che devono es-
sere salvati. È un'immaturità evan-
gelica questa posizione politica,
questa forza, questa grima: è un
peccato che ho compiuto mille vol-
te, ma adesso, davanti a uno che
soffre, più di me, gli faccio un sorri-
so e lo abbraccio e gli dico: guarda
a que!Jo che ha detto Luca nel suo
Vangelo: vicino a Cristo, sul Calva-
rio, ci mette due ladroni. E cosa di-
ce Gesù al peccatore? <<Oggi sarai
con me in paradiso». è la grande
forza della riconciliazione, là la
possibilità di riabbracciare il nemi-
co. Perciò la scelta religiosa di Mon-
ticone e quella di Lazzati è una scel-
ta stupenda.
D. Come stai trascorrendo questi
anni'.?
R. Sono in un eremo, in preghie-
ra. Noi siamo o meglio cerchiamo
di essere contemplativi: diamo un
primato alla preghiera, alla contem-
plazione. La maturità è nella sinte-
si: per esempio, il salesiano è con-
templativo perché ama il Signore ed
è attivo perché ama l'uomo. Forse
questi due amori sono in contrasto
tra loro? La grande realtà di oggi è
credere che possiamo vivere la vita
contemplativa nel mondo: il deserto
nella città. Don Bosco, Don Rua,
Mamma Margherita erano davvero
contemplativi e attivi nello stesso
tempo. Dobbiamo cercare di unifi-
care la preghiera continua, 24 ore su
24, con l'impegno sociale, con il
servizio agli uomini. Questo signifi-
ca che in fondo il primato è dell'a-
more: l'amore di Dio e l'amore del
prossimo.
È una cosa stupenda: siamo da-
vanti a un tempo meraviglioso; mai
come oggi le cose sono state cosi
chiare.
G. C.

3.9 Page 29

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_ EDITORIA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
I FEBBRAIO 1986 · 29
Es1 scoPRì
CHE ANCHE
I ccSELVAGGI»
AVEVANO
UNA STORIA
I pregiudizi nei confronti degli
africani ostacolano la conoscenza
del Continente nero. Una iniziativa
editoriale della SEI per colmare la
lacuna.
Cento anni fa, visitan-
do terre africane a sud della valle
del Nilo, il viaggiatore tedesco Karl
Manch si trovò al cospeLLO delle im-
ponenti rovine di una ciuà in mura-
tura, interamente circondata da
possenti mura. Non credelte ai suoi
occhi. Come si giustificava l'esi-
stenza, nel cuore deU'Africa, di un
cosi maestoso complesso urbanisti-
co, dove tutto parlava di un sistema
di vita organizzato, di istituzioni, di
esercizio del potere? Attribuirlo a l-
l'opera di africani gli era impossibi-
le, per via dei pregiudizi all'epoca
radicati nella mentalità europea ri-
guardo all'Africa selvaggia e ai suoi
non meno selvaggi abiLanti. Difatti
si finl per fantasticare sulle origini
di quelle maestose rovine facendole
risalire addirittura a remoti monar-
chi come re Salmone e la regina di
Saba. Insomma quella città poteva-
no averla costruita tutti, ma non gli
africani, sicuramente incapaci di
giungere a tanto.
Il faLto che è il XIX secolo prefe-
risce ignorare tutto o quasi della
storia africana e si forma dell'afri-
ITesta In bronzo
detta di Olokun
(Nigeria)
a1tuatmente al ·
British Museum di
Londra
cano un'opinione totalmente nega-
tiva, arrivando perfino all'offesa. Il
famoso filosofo tedesco Friedrich
Hegel definisce «bambini» gli abi-
tanti del Continente, e colloca que-
st'ultimo «oltre l'alba della scoria
conosciuta, avviluppato nel nero
colore della notte... Dimentichia-
moci dell'Africa - aggiunge - non
fa parte della storia del mondo». Di
rincalzo, l'esploraLOre inglese Ri-
chard Burton, cosi si esprime: «Se
non fosse per la sua totale incapaci-
di miglioramento, il negro po-
trebbe apparire una degenerazione
dell'uomo civilizzato piuttosto che
un selvaggio che sta compiendo il
primo passo>>.

3.10 Page 30

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30 · 1 FEBBRAIO 1986
Ignorare il passato
il XlX secolo è come una paren-
tesi muta nella conoscenza dell'A-
frica, collocata fra il rinnovato inte-
resse che si sviluppa nel secolo suc-
cessivo, e le grandi aperture dei se-
coli precedenti, quando gli europei
venuti a contatto con gli africani vi-
dero con i propri occhi i regimi ben
organizzati che prosperavano in
Africa. In realtà, gli europei del-
1'800 preferirono ignorare tutto del
passato dell'Africa all' unico scopo
di dare alJa spartizione del Conti-
nente fra le potenze coloniali la no-
bile vernice della missione civilizza-
trice. Il tempo ha reso giustizia agli
africani, ma sarebbe inesatto dire
che nei confronto dell'Africa i pre-
giudizi siano stati tutti annullati e
che il livello di conoscenza abbia
raggiunto livelli apprezzabili.
Nel 1984, Firenze ospitò una
splendida mostra dei tesori dell'arte
antica nigeriana. Ebbene, in quel-
l'occasione un critico d'arte scrisse
su un quotidiano: «Per prima cosa
consiglierei aJ visitatore di accostar-
si a queste sculture senza pregiudizi
di sorta, dimenticando, se possibile,
la loro provenienza africana per go-
derne come opere d'arte in assolu-
to. Perché si tratta di opere d'arte di
grande qualità, pari alla creazione
dei massimi artisti delle civiltà me-
sopotamiche, nilotiche, mediterra-
nee, europee e orientali». Nono-
stante le buone intenzioni del criti-
co, è impossibile non riandare al-
i'atteggiamento dell'esploratore te-
desco citato all'inizio. Infatti, quel
critico sembra dire al visitatore: non
stare a torturarti sulla provenienza
di questi gioielli, non importa se du-
biti che siano veramente opera di
artisti africani: ammirali per quel
che sono, cioè espressione dell'arte
in assoluto.
È un discorso sbagliato in radice,
perché favorisce proprio quei pre-
giudizi che vorrebbe eliminare e ali-
menta il perpetuarsi dell'ignoranza
sull'Africa. Il discorso andava rove-
sciato, per dire ai visitatori - e dir-
lo a tutte lettere - che quelle opere
d'arte erano nate molti secoli fa
proprio in Africa, espressione arti-
stica di una cultura, di una civiltà
fiorente. Perché, come sostiene
l'autorevole critico d'arte Cesare
Brandi, non si dà arte senza cultura,
senza tradizione, senza storia.
n rifiuto della cultura africana
del passato, frutto del pregiudizio
duro a morire, è ancora molto dif-
fuso in Italia. Per troppa gente, l'A-
frica è solo i1 Continente dei disastri
naturali e politici, della carestia,
della fame, dei colpi di Stato, dei
dittatori sanguinari, delle mezze ri-
voluzioni. Purtroppo è anche que-
sto, specie per ciò che attiene all'A-
frica contemporanea. Ma non solo
questo, soprattutto in relazione aJ

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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' - - - - - - - - - - - - - -~ -
suo passato. Merita perciò di essere
rimarcata l'iniziativa della SEI di
dare avvio alla collana «La nuova
Africa», con la pubblicazione dei
primi due volumi, di cui uno riferito
al passato, alla storia del Continen-
te a partire dalle origini delle società
africane, e l'altro proiettato invece
nella realtà attuale di molli Paesi,
dallo Zambia alla Costa d'Avorio,
dalla Tanzania al Senegal.
«C'erail bisogno, sentito da tem-
po - ci ha dichiarato il prof. Giu-
seppe Morosini, curatore della col-
lana - di colmare un vuoto cultu-
rale, che io considero particolar-
mente gTave. Inoltre, l'iniziativa
della SEI aderisce perfettamente al
"progetto Africa" deciso dai Sale-
siani e in corso di attuazione, come
comributo a una migliore conoscen-
za del Continente cui i figli di Don
Bosco hanno deciso dj dedicare par-
ticolari attenzioni».
I nomi degli autori dei primi due
volumi sono di per una garartzia,
perché John D. Fage è uno storico
affermato e profondo conoscitore
delle fonti, e con la sua «Storia del-
1'Africa» lo conferma pienamente,
mentre René Dumont («L'Africa
strangolata») è uno dei maggiori
esperti dei problcrru africani nel set-
tore dello sviluppo. A loro modo, i
due libri sono dei «classici», da
tempo noti al pubblico dei lettori
europei. Oggi, finalmente, arrivano
a noi nella traduzione italiana. En-
trambi, come sottolinea il prof.
Morosini - che è docente di Storia
africana all'Università di Torino -
si rivolgono al gran pubblico degli
studenti medi e universitari, all'or-
mai altrettanto vasto settore forma-
to da coloro che attraverso le orga-
nizzazioni non governative collabo-
rano allo sviluppo dell'Africa. Sen-
za tuttavia trascurare il lettore me-
dio che, per desiderio di conoscen-
za, voglia colmare una lacuna cultu-
rale utilizzando strumenti agili, di
piacevole lettura non strettamente
tecnica.
«I tre filoni che intendiamo se-
gufre - precisa il prof. Morosini -
sono quelli storico, economico e
culturale. I primi due sono stati av-
viati rispettjvamente con l'opera di
Fage (cui seguirà un lavoro di Basil
Davidson su " L'Africa nella storia
contemporanea") e con il libro di
Antica testa in terra cotta
trovata a Wamba (Nigeria)
Dumont; il terzo verrà percorso ini-
zialmente con "La musica in Afri-
ca" dell'autore nigeriano K. Nkeita
e con "Letteratura negra" di J.
Chevrier. Riteniamo che nel suo di-
panarsi nel tempo, la collana sarà in
grado di fornire gli elementi di base
per un approccio serio al1a storia,
all'economia e alla cultura africa-
na».
Bisogna dare atto alla SEI del co-
raggio dimostrato con l'iniziativa
editoriale, che si cala in una realtà
italiana piuttosto refrattaria a que-
sto tipo di pubblicistica. Nel pano-
rama europeo, l'Italia rappresenta
un po' il fanalino di coda. Gli edito-
ri del nostro Paese si sono affacciati
alla problematica e alla cultura afri-
cana con interventi sporadici, isola-
ti, mai comunque con una collana
(fa eccezione la Jaca Book per
quanto attiene alla letteratura afri-
cana contemporanea). 1n Europa -
Francia, Inghilterra, Gennania, so-
prattutto - le iniziative editoriali
riferite ali'Africa sono ìnvece molte
I FE_BBR,,..,O 19811 • 31
e per sincerarsene basta sfogliare la
copiosa bibliografia che accompa-
gna il libro di Page.
Se l'Africa ha avuto un passato di
storia, di cultura, di civiltà, è però
lo stereotipo affermatosi nell'800, e
appena attenuato da qualche decen-
nio a questa parte, a prevalere anco-
ra oggi in larga pane dell'opinione
pubblica, cui i mezzi di comunica-
zione di massa forniscono dell'Afri-
ca una immagine legata quasi esclu-
sivamente alla djmensione politica
di stretta attualità. Quando un ro-
manzo o una raccolta di poesie pro-
venienti dall'Africa assurgono agli
onori della cronaca letteraria, è solo
perché l'autore risiede in Sudafrica
e fa pane della minoranza bianca
il caso, per fare una citazione, di
Nadine Gardiner, le cui opere sono
apparse presso vari editori italiani),
oppure, come accade per un poeta
come Leopold S. Senghor, perché
ha saputo, pur nell'affermazione
dei valori africani, collegare la pro-
pria terra d'origine a una patria spi-
rituale europea.
Ma in Africa c'è anche una schie-
ra di autori dotati, brillanti, fanta-
siosi, impegnati, che esprimono la
sensibilità e la cultura dei rispettivi
popoli come manifestazione di va-
lori universali. I loro nomi sono pe-
rò pressoché totalmente sconosciuti
al pubblico italiano, nessuno ha mai
neppure osato pensare a uno di essi
come possibile candidato al premio
Nobel... Così è per il teatro, dove
non mancano autori largamente
rappresentati in patria ma ignorati,
o quasi, all' estero (salvo qualche ec-
cezione, il nigeriano Wole Soyinka,
il cui teatro è stato rappresentato in
Inghilterra). Quanto al cinema, la
produzione africana trova spazio
quasi esclusivamente nell'ambito di
festival minori, e il favore non di ra-
do espresso dalla critica non è suffi-
ciente a inserirli nei normali circuiti.
Un caso a è costituito dalla musi-
ca, che negli ultimi anni ha visto al-
largarsi la cerchia degli estimatori
grazie anche alle numerose tournées
europee di complessi e cantanti fa-
mosi ormai a livello internazionale.
Come si è detto, l'Africa è anche
questa. E vale veramente la pena di
conoscerla.
G. N.

4.2 Page 32

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_ STORIA SALESIANA._ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
32 · l FEBBRAIO 1986
DoN aosco IN DILIGENZA
Quanto e come
ha viaggiato
il Santo dei giovani?
Ripercorriamo
le stesse strade.
La vecchia diligenza In partenza
da Torino per Chieri
Nell'era dei treni rapidi
internazionali, dei bolicli cli Formu-
la 1, dei jet supersonici e delle na-
vette spaziali, potrà sembrar persin
patetico parlare dei viaggi di Don
Bosco a piedi, in vettura o in «va-
pore». Eppure quest'aspetto non
secondario della sua attività non
può lasciar indifferenti quando si
pensi alla mole cli tempo, di denaro
e di sacrificio, che costò ad un uo-
mo che non aveva tempo, né de-
naro, né salute da sprecare.
A piedi e a cavallo
Quando Giovanni, a 15 anni, pre-
se alloggio a Castelnuovo, si era già
fatta una pratica, eccezionale anche
per quei tempi, cli lunghe cammina-
te. Quante volte aveva percorso le
strade solitarie cli campagna dai
Becchi a Morialdo, a Capriglio, a
Buttigliera, a Moncucco, e soprat-
tutto a Castelnuovo, con la sola
compagnia del freddo o del caldo,
della neve o della pioggia, della neb-

4.3 Page 33

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- - - - - - - - - -# -
1 FEBBRAIO 1986 33
bia o del solleone, del fango o della
polvere.
A 16 anni diresse i suoi passi a
Chieri. La sua prima sicura andata
a Torino risale all'aprile del 1834,
quando si presentò al Convento dei
Frati Minori alla Madonna degli
Angeli nella via omonima, per trat-
tare l'affare della sua vocazione.
A quella prima marcia su Torino
quante ne seguirono? Non lo sap-
piamo. Certo la più celebre fu quel-
la del novembre 1846. Dai Becchi
Don Bosco e Mamma Margherita
partirono per Valdocco, lui con un
pacco di quaderni, un messale ed il
breviario, lei con un cesto di bian-
cheria e le cose più necessarie. Il
Teol. Vola, che li incontrò stanchi
ed impolverati al Ro.ndò della For-
ca, chiese loro:
- Di dove venite?
- Dal paese.
- E perché siele venuti a piedi?
- Perché...ci mancano questi...
E Don Bosco fece scorrere il pol-
lice sull'indice col lipico gesto di chi
manca di un soldino per fare la lira.
Quelli di Don Bosco erano tempi
in cui le gambe servivano ancora al-
1'uomo come mezzo di locomozio-
ne. Il costo delle vetture ne sconsi-
gliava l'uso alla povera gente. Non
c'era del resto tutta quella fretta o
pigrizia del giorno d'oggi. Per Don
Bosco, poi, l'andare a piedi non era
solo questione di economia. Soffri-
va terribilmente il moto della vettu-
ra. Ancora suddiacono a Castel-
nuovo, invitato a predicare ad Avi-
gliana, preferì fare tutta la strada a
piedi - 54 chilometri - per rispar-
miarsi la nausea di un viaggio in
carrozza. Quando manifestò a Don
Cafasso il desidero di partire per le
missioni, si sentì rispondere:
- Non vi sentite di fare un mi-
glio, di stare un minuto in vettura
chiusa senza disturbi di stomaco, e
volele passare il mare? Morireste
per via!
E Don Bosco, finché poté, usò
il cavallo di San Francesco, in cit-
tà e fuori, da solo e in compagnia.
Basterebbe ricordare le sue celebri
passeggiate autunnali degli anni
'50-'60.
Ormai avanti negli anni, fu udito
dire in conversazione:
«Il moto è ciò che più giova alla
salute. Da chierico e nei primi anni
che fui prete, ero sempre malatic-
cio. In seguito feci gran moto e son
guarito. Mi ricordo ancora che una
volta ho percorso con Don Giaco-
melli oltre 20 miglia piemontesi /50
chilometri] in un giorno. Siamo
partiti da San Genesio per venire a
far commissioni a Torino e poi ri-
tornare ad Avigliana. Altre volte
partivo da Torino e andavo ai Bec-
chi in sei ore e facevo quelle dodici
miglia [30 chilometri} a piedi, senza
quasi fermarmi u11 istante. Anche
ora quando mi sento slanco ed op-
presso, esco, vado a trovare qualche
malato fino nei pressi del Po o a
Parra Nuova, e non prendo mai vet-
tura, se non quando è necessaro per
l'importanza di un lavoro, per la
premura o per il pericolo di manca-
re ad un appuntamento.
Sono del parere che causa non in-
differente della poca salute ai giorni
nostrisia il non farsi più tanto moto
come una volta. La comodità del-
l'omnibus, della vettura, della fer-
rovia, foglie mollissime occasioni àl
fare passeggiate anche breyi, men-
tre cinquant'anni fa si giudicava
passeggiata l'andare da Torino a
Lanzo a piedi. Mi pare che il moto
della ferrovia e delle vetture non sia
sufficiente a{/'uomo per star bene»
(cf MB 12,343).
Ma Don Bosco aveva pure impa-
rato ad andare a cavallo. Nell'estate
del l832, il Prevosto di Castelnuo-
vo, Don Dassano, che gli dava ripe-
tizioni scolastiche, gli affidò la cura
della stalla. Giovanni doveva con-
durre il cavallo a fare la passeggiata
e, una volta fuori del paese, saltan-
dogli in groppa, lo spingeva al ga-
loppo. Novello sacerdote, invitato a
predicare a Lauriano - a 30 chilo-
metri circa da Castelnuovo - per
giungervi in tempo parti a cavallo.
Ma la cavalcata fini male. Sulla col-
lina di Berzano la bestia, spaventata
da un grosso stormo di uccelli, s'im-
pennò ed il cavaliere finì a terra con
le ossa rotte.
Di cavalcate Don Bosco ne fece,
all'occorrenza, nelle sue peregrina-
zioni per il Piemonte e in tratti di
percorso durante le gite coi suoi ra-
gazzi. Degna di ricordo la trionfale
salita a Superga nella primavera del
1846. L'Oratorio conduceva vita
precaria nel prato Filippi e Don Bo-
sco volle un giorno portare i suoi bi-
ricchini in pellegrinaggio al famoso
santuario. Giunti a Sassj, ai piedi
della salita, trovarono un cavallo
bardato di tutto punto che il parro-
co di Superga, Don Giuseppe An-
selmetti, aveva inviato al capitano
della brigata. Don Bosco montò in
arcione circondato dai suoi monelli
che, camrnin facendo, si divertirono
a prendere la bestia per la briglia,
per la coda, a palparla, a spingerla.
E pare che quella volta il quadrupe-
de, più paziente di un somarello,
abbia lasciato fare, come sapesse di
avere Don Bosco in sella.
Tutt'altro che trionfale invece ru
la traversata appenninica a dorso
d'asino nel viaggio a SaJicetto Lan-
gbe del novembre l857. 11 sentiero
era stretto e scosceso, la neve alta.
L'animale incespicava e cadeva a
ogni pié sospinto e Don Bosco do-
veva scendere e spingerlo avanti.
Nella discesa, troppo ripida, già tut-
to inzuppato di sudore, egli stesso
cadde malamente, ferendosi ad una
gamba. Solo il Signore sa come poté
giungere al paese in tempo per la sa-
cra missione.
Quello non fu l'ultimo viaggio di
Don Bosco in groppa a un asinello.
Nel luglio del 1862 fece i 6 chilome-
crj di strada da Lanzo a Sant'lgna-
zio con lo stesso mezzo di trasporto.

4.4 Page 34

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34 · l FEBBRAIO 1986
Così, probabilmente, altre volte.
Ma una delle più gloriose caval-
cate di Don Bosco fu quella dell'ot-
tobre 1864 da Gavi a Mornese. Ar-
rivò in paese a tarda sera al suono
festoso delle campane. La gente
uscì cLi casa con i lumi accesi e si in-
ginocchiò al suo passaggio chieden-
dogli la benectizione. Era l'osanna
del popolo al santo dei giovani.
« Penso - scriverà di quel fatto
Don Luigi Deambrogio - che non
ci sia nulla da demitizzare e da
rictimensionare.
Nessuno, solo chi non ama, può
legare le manifestazioni del Si-
gnore».
f n vettura ali'epoca
delle diligenze
Nonostante la povertà, i disturbi
cLi stomaco e le abitudini di forte
camminatore, Don Bosco fu co-
stretto a far frequente uso di vetture
pubbliche e di «legni» privati dalle
ctiligenze ai velociferi, dagli omni-
bus alle carrozze signorili.
Le diligenze erano .grosse carroz-
ze a 12 posti circa, con interno, cou-
e imperiale o parte superiore sco-
perta. Trainate, di solito, da sei ca-
valli con due postiglioni, servivano
per lunghi percorsi e ai passeggeri
costavano meno delle corriere po-
stali governative. TI primo servizio
cLi diligenze in Piemonte fu quello
dei Fratelli Bonafous inaugurato
nel 1814. Don Bosco, prendendo la
diligenza, preferiva sedere sulJ'im-
periale per respirare aria fresca e
salvarsi dai conati di vomito che gli
procurava la vettura chiusa.
Nel 1828 fecero la loro comparsa
sulle strade del Piemonte i velocife-
ri, che segnavano un passo avanti
nel servizio passeggeri sia per il nu-
mero dei posti, che poteva raggiun-
gere la trentina, sia per il ctiminuito
costo del viaggio. U traino dei velo-
ciferi era in genere di quattro cavalli
con un solo postiglione, la loro ve-
locità un po' superiore a quella delle
diligenze per il cambio più frequen-
te dei cavalli. Servivano tuttavia li-
nee più brevi, collegando tra loro
città come Torino e Pinerolo, Tori-
no e Asti. Tenuto conto della velo-
cità, della grandezza del carrozzone
e delle condizioni stradali, se ledili-
genze poterono venir chiamate
«carrozze digestive», i velociferi
dovevano significare, per passeggeri
come Don Bosco, dei seri mal di
stomaco.
Gli omnibus servivano percorsi
ancora più brevi, collegando il cen-
tro cittactino con la periferia o con
località viciniori. Si trattava di car-
rozzoni a cavalli, a quattro ruote,
con non più di 16 posti. JI servizio,
istituito a Torino negli anni
I845-46, si trasformò poi, nel 1871,
in omnibus a rotaie a trazione ani-
male, quella «Carrozza di tutti» im-
mortalata dalla penna del De Ami-
cis, un convoglio, cioè, per ogni ge-
nere cLi persone, che annunciava il
suo arrivo ai crocicchi cittadini con
uno squillo di tromba.
Oltre ai mezzi pubblici, tra cui
non bisogna ctimenticare le cittadine
o carrozze di città, circolavano, ov-
viamente, tutti i tipi di <degni» pri-
vati, di prima, seconda o terza clas-
se a secondo della loro struttura e
capacità, del numero delle ruote e
dei cavalli, dai calessini scoperti a
due posti alle berline chiuse a quat-
tro posti.
Impossibile riuscirebbe anche so-
lo elencare tutti i viaggi di Don Bo-
sco in ctiligenza, velocifero, omni-
bus o carrozza privata. E ancor più
difficile sarebbe distinguere alle vol-
te se si trattò veramente di viaggio
in diligenza o non piuttosto in velo-
cifero o in omnibus.
I Roma, luglio 1887.
«la botticella», in uso nella
capitale, portò anche
Don Bosco?
Ad ogni modo, il primo viaggio
di Don Bosco in diligenza, di cui si
serbi memoria, fu quello da Pinero-
lo a Torino nelle vacanze pasquali
dell'anno scolastico 1834-35, quan-
do egli era studente a Chieri. L'in-
formazione ci è data da una sua let-
tera giovanile, la prima nell'Episto-
lario curato da Don Ceria. Giovan-
ni si era recato a Pinerolo dietro in-
vito della famiglia di Annibale
Strambio suo amico. Nella lettera,
monca della prima parte, non si tro-
va cenno del viaggio cLi andata. Ma
è precisato bene il ritorno: «Stetti
ancora due giorni a Pinerolo e [...]
il dì prefisso salii sulla diligenza, e
giunto a Torino, di qui feci ritorno
a Chieri». Il servizio Torino-
Pinerolo era tenuto nel 1835 dalle
Diligenze Bonafous al prezzo di lire
2.70 su carrozze di prima categoria,
2.20 su quelle di seconda e 1.65 su
quelle di terza. C'è da supporre che
Giovanni abbia preso una carrozza
di terza categoria.
Sul finire del 1850 Don Bosco fe-
ce il suo primo viaggio a Milano con
tanto cLi passaporto, invitato da
Don Serafino Allievi a predicare il
giubileo all'oratorio S. Luigi di Via
S. Cristina. Pare che quel viaggio
l'abbia fatto in velocifero via Nova-
ra e Magenta, quindi cambiando
servizio di vetture alle stazioni prin-
cipali. In tutto, almeno 15-16 ore.
Dei suoi viaggi in omnibus, ricor-
diamo a mo' d'esempio, quello da
Torino a Rivoli del 1852 quando
portò i ragazzi cLi Valdocco a fare
gli esercizi spirituali a Giaveno. Il
tratto Rivoli-Giaveno, di 18 chilo-

4.5 Page 35

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- - - - - - - - - -# -
1 FFBBRAIO 1986 · 35
metri, fu, naturalmente, coperto a
piedi. L'omnibus deve essere servito
a Don Bosco altre volte per recarsi a
piedi in paesi come Moncalieri, Ri-
voli, Chieri, Trofarello e Cari-
gnano.
Un viaggio in «vettura», che eb-
be a Valdocco eco particolare, fu
quello da Torino a Lanzo nel luglio
del 1862. Ne scrisse Don Bosco stes-
so ai suoi giovani. Due anni dopo
rifece quel viaggio in «omnibus».
Ma si trattò probabilmente, in tutti
e due i casi, di velocifero. Non risul-
ta infatti che in quegli anni ci fosse-
ro omnibus sulla strada Torino-
Lanzo, bensì velociferi, che partiva-
no, già nel 1858, da Piazza Milano a
Porta Palazzo vicino all'albergo
della Rosa Bianca, due volte al
giorno.
Nel caso del 1862 le cose andaro-
no abbastanza bene fino a Ciriè, ma
da Ciriè a Lanzo, e cioè per circa
una dozzina di chilometri, piovve a
dirotto. Don Bosco sedeva sull'im-
periale in mezzo a due passeggeri
che tenevano l'ombrello aperto.
Così, con la pioggia si ricevette an-
I
Torino, piazza Vittorio vista dalla
Gran Madre di Dio (fine
ottocento)
che lo scolo dei paracqua. Giunse a
Lanzo bagnato come un pulcino.
Scrisse poi nella sua lettera: «Voi,
cari giovani, avreste veduto Don
Bosco discendere dalla vettura tutto
inzuppato, simile a quei sorci che
spesso vi accade di osservare uscire
dalla bea/era dietro il cortile». La
bealera era uno di quei canali di irri-
gazione e di scarico che non manca-
vano nella zona di Valdocco vicino
alla Dora. Il raccomo riesce esila-
rante, ma fa pensare.
Di carrozze private Don Bosco
fece uso entro e fuori Torino, specie
nelle sue permanenze in città come
Roma e Marsiglia. ln quei casi si
trattava evidentemente di un servi-
zio resogli dai benefattori.
Sul calesse del sig. Alberto Nota
fece Giovanni Bosco la sua gita da
Pinerolo a Fenestrelle con l'amico
Annibale Strambio nella primavera
del 1835. Giunti quasi a Fenestrelle,
si levò un vento così furioso da far
arretrare il cavallo. TI buio poi, per
l'imminente bufera, li costrinse a
cercar riparo in un'insenatura del
monte. Tornarono a Pinerolo a not-
te avanzata col calmarsi dell'ura-
gano.
Pure in calesse fu il primo viaggio
di Don Bosco a Stresa nell'autunno
del 1847. L'impresario Federico
Bocca si offerse ad accompagnarlo.
Toccarono, nell'andata, Chivasso,
Santhià, Biella, Varallo, Orta e
Arona. Nel ritorno invece seguiro-
no il percorso di Novara e Vercelli.
Nelle stazioni di fermata Don Bosco
spese il suo tempo a chiacchierare
con osti, vetturini e stallieri, persua-
dendone anche qualcuno a confes-
sarsi. Faceva così, del resto, quando
sedeva a cassetta vicino a quaJche
postiglione troppo facile a smocco-
lare per far trottare i cavalli.
Delle permanenze romane possia-
mo ricordare quella del 1869, quan-
do il card. Berardi mise a disposi-
zione di Don Bosco la sua carrozza.
Pare che, durante quella permanen-
za, lo stesso Papa Pio IX abbia in-
viato una carrozza a prendere Don

4.6 Page 36

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36 · I FEBBRAIO 1986
Bosco e portarlo in Vaticano. La
carrozza del Papa, racconterà Don
Bosco ai giovani, era così grande
che poteva benissimo contenere 14
persone; era tutta coperta di seta e
di frange. E se le frange non c'era-
no, ce le metteva lui.
Nei suoi viaggi in Francia, nobili
signori di Nizza, Lione, Marsiglia e
Parigi, andavano a gara per aver
l'onore di portare Don Bosco nelle
loro carrozze. E lui doveva adattar-
visi, pur essendo convinto, come di-
ceva, che «in Paradiso non si va in
carrozza».
Sulie strade ferrate
Con lo sviluppo crescente dellle
strade ferrate, le vetture pubbliche
vennero ad assumere un ruolo com-
plementare e sussidiario rispetto al
nuovo mezzo di trasporto. La mag-
gior economia che si faceva viag-
giando in «vapore» avvantaggiava
tutti e soprattutto chi, come Don
Bosco, viaggiava abitualmente in
terza classe. Non parliamo poi del
risparmio di tempo, che si ridusse
praticamente ad un terzo. li cavallo
infatti non supera nel trotto i J0-12
chilometri orari. Quindi, con le re-
lative fermate alle stazioni di posta,
un viaggio come quello Torino-Asti
poteva durare con le vecchie diii-
genze anche otto ore, non molto
meno col velocifero. Per ferrovia,
negli anni '60, sarebbe durato nor-
malmente, e con treni che fermava-
no a tutte le nove stazioni del per-
corso, un'ora e 40 minuti. li tratto
Torino-Genova, che importava un
viaggio in diligenza di circa 25 ore,
lo si poteva fare in treno in 8 ore cir-
ca. Si era ancora a una bella distan-
za dalle velocità attuali, ma, a quei
tempi, pareva già qualcosa di im-
pressionante. Non mancavano in-
convenienti che ora sembrerebbero
insopportabili, come le frequenti
fermate, il gran freddo d'inverno,
la mancanza di servizi, l'incomodo
del fumo della vaporiera e simili. Si
pensi solo ai passaggi rumorosi ed
emozionanti nelle gallerie! Mettersi
in treno a quei tempi sembrava an-
cora affrontare un rischio e la paura
di un disastro non era del tutto
assente.
Quando, nel 1858, Don Bosco fe-
ce il suo primo viaggio a Roma,
provvide, per l'occorrenza, non so-
lo al passaportò ma anche a fare te-
stamento. Fece in treno però solo il
tratto Torino-Genova, che era stato
completato nel 1853 con la galleria
dell'Appennino. Nel 1858 il prezzo
di quel viaggio era di lire 16.60 in
prima classe, 11.60 in seconda e
L'inaugurazione della ferrovia
Genova-Torino
8.30 in terza, un bel risparmio ri-
spetto alle trenta lire della diligenza.
A Genova Don Bosco dovette im-
barcarsi sull'Aventino, un battello a
vapore che faceva servizio per Civi-
tavecchia. Si prese la febbre ed il
mal di mare. Da Civitavecchia a
Roma viaggiò su una vettura posta-
le tirata da sei cavalli.
Dopo il 1858 i viaggi di Don Bo-
sco in ferrovia non si contano più.
Basti pensare ai 20 viaggi a Roma
dal 1858 al 1887, ai 12 in Francia
dal I876 al 1886, al viaggio in Au-
stria del 1883, e a quello in Spagna
del 1886.
Nei suoi frequenti viaggi ferro-
viari Don Bosco non restava inope-
roso. Nonostante il disagio fisico,
spendeva il tempo nella correzione
di bozze o in conversazione con i
compagni di viaggio, per istruire gli
ignoranti, confondere i malvagi, di-
fendere, se necessario, le sue opere.
Esercitava a volte anche il ministero
sacerdotale, quando non si racco-
glieva in preghiera.
L ' ultimo viaggio
Con il ritorno da Roma nel mag-
gio del 1887 Don Bosco chiuse il suo
lungo pellegrinare per le vie del
mondo. Per ordine medico, e per il
fatto stesso di non potersi più regge-
re in piedi, si valse ancora al pome-
riggio di una carrozza regalata per
qualche breve uscita in città. In lu-
glio, poi, fu costretto a lasciare il
caldo afoso di Torino e passare
qualche giorno a Lanzo. Là, ogni
sera, faceva una breve passeggiala
su una sedia a rotelle uso carrozzel-
la, sospinta dal fedele segretario
Don Viglietti. Fu sentito esclamare:
« Io che sfidavo i più snelli a fare i
salti, ora debbo camminare in car-
rozza con le gambe altrui!».
Nell'ultima malattia del dicembre
'87 - gennaio '88, al dottor Fissore
che gli faceva coraggio, rispose:
«Dottore, che? vuol far risorgere i
morti? Domani... farò un viaggio
più lungo! ».
E quello del 31 gennaio 1888 fu il
suo ultimo viaggio.
Natale Cerrato

4.7 Page 37

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I NOSTRI
SANTI
1 FEBBP 00 11166 37
RINGRAZIO
S. DOMENICO SAVIO
D esldero ringraziare San
Domenico Savio per la fe-
lice nascita di mio figlio. Duran-
te la gravidanza, temendo che il
piccolo nascesse con qualche
malformazione, pregavo ogni
sera con grande fede
Anche ora continuo a pregare
per la salUle mentale e fisica del
mio bambino.
Marliana Lei/I Bologna
SONO SEMPRE IN BUONO
STATO 01 SALUTE
1122 giugno del 1982 la dia•
gnosi radiografica dell'appa-
rato digerente alla Casa di Cura
San Secondo In Asti: •Flogosi
accentuata del viscere... bulbo
e porzioni duodenali pur esse
dimostranti alterazioni infiam•
matone... grosso intestino disto-
nico... gastroduodenlte...•.
E da clisma opaco •Distonia
ipotonica al colon discendente e
della porzione sigmatica con zo-
ne. d1 rigidità panatali... forma-
zione pollpoidea con lntussuse-
zlone... Irregolarità... evidenti
anche al livello della giunzione
colon-sigmo1dea•. Data la serie-
tà del caso, mi raccomandai su-
bito al Servo di Dio Don Filippo
R1naldl d1 cu, ero devoto da mol-
ti anni. Una suora FMA, diplo-
mata al Cottolengo d, Torino,
suggeri visita e intervento alla
•Casa di Cura San Pietro•, cosa
resa possibile e urgente dal cht•
rurghi Strada e Amalbertl non
appena ebbero visto le lastre di
Asti
Ricoverato il 12 luglio, venne-
ro rifatte le radiografie, la ecoto-
mografìa, il clisma opaco e visi-
te particolari. Il risultato delle la-
stre e delle visite fu sorprenden•
temente diverso, e positivo al
polipo intestinale e sue conse-
guenze. Era necessario qu1nd1
un Intervento che ebbe luogo
dodici giorni dopo con l'asporta-
zione di circa 30 cm di colon di•
scendente e senza l'intervento
al sigma che non risultava inte-
ressato da giustificare una ope-
razione più ampia e dalle conse-
guenze preoccupanti. Al decimo
giorno, dopo l'intervento, però, TEMEVO PER LA MIA
ebbi un nuovo (preoccupante) SALUTE
inconveniente: il •virus del mo-
H nas• che fu superato con ade-
guate medicine (tandem-BBKB).
Inoltre, alla metà di agosto fui
preso da forti vomiti con timore
di rigurgito. L' organismo reagi
stentatamente, ma al sesto gior-
no me la cavai anche per quella
volta.
Lodando e ringraziando il chi•
rurgo che ml aveva operato con
esito tanto felice, ebbi come ri•
sposta: •SI, anch'io ho fatto del
mio meglio; ma ho avUlo anche
un buon intervento dall'Alto•.
Ritornato al Cottolengo per la
chiusura della •fistola• subii un
secondo modesto intervento
dopo il quale non ebbi più alcun
disturbo particolari conse-
guenze. Ripresi subito, dopo
pochi giorni la strada di Asti e la
mia attività pastorale 1n questa
parrocchia ■Don Bosco• come
o avuto un dolore alla
spalla che mi aveva tor-
mentato per un po' di tempo. Ho
pregato Maria Ausiliatrice e San
Giovanni Bosco e Il dolore ml è
passato. Ma per indolenza o per
ignavia, non ho fatto pubblicare
la grazia. Cosi, tempo dopo, ho
avuto un forte dolore ombelica-
le, che ml riaffiorava In diversi
momenti. Temevo che fosse
qualcosa che potesse nuocere
seriamente alla m,a salUle; per-
ciò ho pregato Maria Ausiliatrice
e San Giovanni Bosco con fer-
vore, e, dopo pochi giorni, il do-
lore mi è passato.
Questa volta però faccio pub-
blicare la grazia, che considero
una piccola goccia nell'universo
delle grazie che Maria Ausillatri•
ce e San Giovanni Bosco impe-
viceparroco, dove Il lavoro non trano.
manca.
Qualche mese dopo lui a Tori-
Lettera firmata Messina
no, celebrai la S. Messa con
brevi parole di rmgrSZJamento a
Dio e al Servo di Dio Don F. Ai·
naldi.
Sono trascorsi tre anni e sono MOMENTI BUI
sempre in buon stato di salute.
Sento quindi Il dovere d1 ricono-
scenza di notificare la grazia ri•
cevuta anche tramite Il Bolletti-
no Salesiano, se sarà giudicato
conveniente Il farlo.
S ono exallleva e cooperatri•
ce salesiana e attraverso
le pagine del Bollettino voglio
rendere pubblicamente •grazie•
alla Mamma celeste, all'Ausilia-
d . Guerrino Gasparfn - Torino trice del popolo cristiano e a tutti
I Santi salesiani del quali ho
sperimentato la protezione in al-
cuni momenti bui della mia asi•
stenza. Non sono stata mal ab-
bandonata e ml hanno data ten-
MOMENTO DIFFICILE
ta, tanta serenità e forza per an-
dare avanti
NEGLI STUDI
L. R - S Apollinare (FR)
D esldero ringraziare pub-
blicamente Maria Ausilia•
trice per avere aiutato mio figlio
universitario a superare un mo-
mento particolarmente difficile
negli studi. Con il desiderio che
Il mio scritto venga pubblicato,
In omaggio alla Madonna che
ml ha tanto aiutato esorto tutti
ad avere 1n Lei la massima fi-
ducia.
Lettera firmata
SONNO INTERROTTO
D esidero rendere noto un
fatto accadutomi perso-
nalmente soltanto due notti or-
sono. Verso le due dopo mezza
notte mi sono svegliata In preda
a forte tachicardia. sensazione
di soffocamento e gelo alle
braccia e alle gambe come se il
sangue avesse smesso di circo-
lare. Questa penosa situazione
peggiorava notevolmente ed il
panico s1 Impossessò subito di
me anche perché I malanni di
circolazrone hanno purtroppo
fatto più di una vittima nella mia
famiglia. Mollo spaventata ho
pregato la Madonna Ausiliatrice
e Don Bosco perché ml aiutas-
sero promettendo di rendere no-
to il fatto al •Bollettino• e a poco
a poco la situazione ha comin-
ciato a migliorare consentendo
di riaddormentarmi e di risve-
gliarmi la mattina ,n condizioni
no~mali.
A. G. • Torino
SUPERA GLI ESAMI
D es1dero ringraziare pub-
blicamente Marta Ausilia-
trice, Don Bosco, e tutti i Santi
della famlglla salesiana per Il
brillante esito dell'esame di mia
figlia. Sono fiduciosa che presto
essa possa trovare lavoro.
Lettera firmata
SERENITÀ FAMILIARE
COMPROMESSA
A nche se con ritardo desi-
dero ringraziare pubblica-
mente Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, nella cui casa sono stata
educata, per una grazia conces-
sami. La serenità della mia fami-
glia era compromessa per le
prese di posizione di due ragaz.
zi che continuamente contesta•
vano le Idee e l'operato dei geni-
tori. Mi sono affidata alla prote-
zione di Don Bosco, amico dei
giovani, e di Maria SS perché
raffreddasse gli spiriti bollenll
dei due giovani. Cosi è stato e le
acque si sono placate tutto è
cambiato e ora la vita procede in
famiglia con una certa serenità
Invio cordiali saluli e prego di
non pubblicare il mio nome.
Lettera firmata Caltanissetta

4.8 Page 38

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38 · I FEBBRAIO 1988
I NOSTRI
MORTI
CASTELLOTTI slg .ra ANITA In TA-
GLIETTI, cooperatrice t Brescia Il
6/10185
•la grande chiesa della Parroc-
chia San Paolo - Salesiani Brescia,
oggi 8 ottobre 1985 è al gran
completo.
Tante infatti sono le persone che
hanno voluto salutare per l'ultima
volta la nostra cara Anita.
Dopo la famiglia, che ha amato In-
tensamente, c'era la Parrocchia.
Cooperatrice Salesiana sempre assi-
dua al laboratorio "Mamma Marghe-
rita", lavorava pure alla "Buona
Stampa'' e alla grande pesca di be-
neficenza; faceva parte della Com-
missione Caritativa del Consiglio Pa-
storale e del gruppo "Amici dei
Pilastronl" .
È stata per molti anni nel gruppo
S. Vincenzo e per qualche anno pre-
sidente. Era semplice, riservata.
comprensiva, disponibile e caritate-
vole verso chi era nel bisogno. Era
donna di pace, non aveva nemici.
Visitare i malati e i bisognosi era
diventato il suo stile di vita. Dal biso-
gnosi riceveva confidenza che lei ri-
cambiava con fiducia e affetto.
Esprimeva la serenttà del suo ani-
mo col sorriso comprensivo rivolto a
tutti.
Cosi la vogliamo ricordare alle
molte persone che le hanno voluto
oene•.
VILLAVECCHIA doti. SECONDO,
ex-allievo e cooperatore t Mona-
sterolo Torinese a 6 1 anni
Ritenne per tutta la vita gran fortu-
na l'aver compiuto gli studi nella Ca-
sa Madre di Don Bosco a Valdocco.
Anche da universitario aveva dimora-
to In casa salesiana, prestando la
sua opera come infermiere.
La soda formazione morale e reli-
giosa ricevuta dai genitori, perfezio-
nata e arricchha dallo spirito salesia-
no, fece di lul l'uomo di fede, il cri-
stiano convinto, li tipo di medico con-
dotto apostolo.
Prima a Fenestrelle, poi a Mona-
sterolo Torinese suscitò tra I suoi as-
sistiti non solo l'ammirazione, ma an-
che l'affetto, portato fino all'entusia-
smo, per la sua opera disinteressata,
premurosa, sacrificata, per la sua de-
dizione, talora eroica, a servizio del
pazienti, con speciale predilezione
per I poveri, gli anziani, i bambini.
A PRILE slg. MARIO DOMENICO,
ex-allievo e cooperatore t Lecce a
51 anni
Profondamente convinto della sua
vocazione e missione, era ansioso di
sentirsi utile agli altri e di poter com-
piere Il oene con umiltà, senza pre-
tendere applausi dagli uomini. ma
unicamente da Dio, che si sforzava
di amare e servire con semplicità e
fedeltà.
Impiegato e sposo integenimo, ha
lasciato al termine della sua vita, un
grato ricordo di sé e un patrimonio
morale non comune.
CAMPAGNOLO slg. GIUSEPPE
PIO, salesiano co adiutore t Verona
a 82 anni
Percinquant'anni ha vissuto la vita
salesiana: dal 1935 al 1985.
Ha dato al Signore e a Don Bosco
il meglio della sua vita e nel modo
migliore.
E stato un lavoratore intelligente,
diligente, Infaticabile, umile: era
•muratore• prima di tarsi sa'eslano,
e rimase muratore per tutta la vita.
Ogni angolo della Casa lspettoria-
le di Verona conserva i segni della
sua umana e generosa fatica.
Ma Insieme e soprattutto è stato
•un uomo di Dio•, un devoto della
Ausiliatrice, un osservante perfetto
della regola.
Quanti l'hanno conosciuto ricono-
scono nella sua persona di salesiano
una sintesi perfetta di azione e
contemplazione.
Visse gli ultimi anni nella sofferen-
za. Questa l'ha limato fino alla
consumazione.
Il Signore ha accettato cosi l'offer-
ta totale della sua vita per la salvezza
delle anime ed il bene della Congre-
gazione.
Quando, al termine della liturgia
funebre, la bara usciva di chiesa, i
presenti l'hanno salutato con un co-
rale spontaneo applauso. Era un ge-
sto di fraterna e religiosa riconoscen-
za. Anche un •preludio•?
Sono molti a pensarlo.
BONINO GIUSEPPINA, cooperatri-
t ce Strambino (TO) a 83 anni
Discendente da una famiglia cana-
vesana di solide virtù e di antico at-
taccamento a Don Bosco. sorella di
Suor Maria Bonìno F.M .A., missiona-
ria e venerata Ispettrice delle Figlie
dì Maria Ausiliatrice del Venezuela,
ha svolto una intensa attività caritati-
va e un instancabile apostolato della
preghiera, specialmente negli ultimi
anni della sua esemplare vita, offerta
tutta per la gloria di Dio e per il bene
delle anime. Affezionata lettrice e
propagandista del Bollettino Salesia-
no, ne traeva ricco nutrimento spiri-
tuale e inesauribili informazioni per
diffondere lo spirito salesiano in ogni
ambiente. La sorella gemella Elisa,
che ne raccoglie l'eredità spirltuale,
l'addita ad esempio di bontà e di de-
dizione ad ogni opera buona.
NICHETTI sig. GIANNI, exalllevo e
cooperatore t Soncino {CR) a 57
anni
Colpito da ictus cerebrale, mentre
ritornava a casa, cadde In una roggia
e Il suo corpo tu ritrovato dopo lun-
ghe ricerche.
La città di Soncino (CR) partecipò
in folla ai suoi funerali sia per com-
mozione per la tragica fine, sia per ri-
conoscenza verso l'illustre Cittadino.
Uomo di A .C., testimoniò la sua
profonda Fede In famiglia, in Parroc-
chia, nella Scuola e in politica.
Ricco di risorse umane, le mise a
disposl~lone della Comunità con ge-
nerosità e coerenza.
Uomo di Scuola, dedicò ad essa
tutte le proprie energie, distinguen-
dosi per sagge innovazioni didatti-
che, per la preoccupazione educati-
va e per la c.i.pacità di dialogo con Al-
lievi e Genitori.
Più volte Consigliere comunale de-
mocristiano, ricopri la carica di Sin-
daco dal 1970 al 1975, facendosi sti-
mare per l'onestà, per l'intrapren-
denza e per la disponibllltà.
Non c'è stata Iniziativa lodevole In
Città, che non aobla potuto contare
sulla sua dedizione, specie nel setto-
re culturale ed educativo.
Come ebbe a rilevare Il Parroco
nell'elogio funebre, si era formato al-
la scuola dei PP. Sacramentlni e alla
scuola dì D. Bosco, p resso l'Oratorio
Salesiano del paese natio, Montodi-
ne, dove era stato l'anima dell'A.C.,
prima come Delegato e poi come
presidente della Gioventù, nella ca-
techesi e nella segreteria generale.
Appena finita la seconda Guerra
Mondiale, l'Opera Salesiana locale si
era aperta all'apostolato giovanile
nella Bassa Cremasca e Gianni si di-
stinse per la medlazlone con le diver-
se Parrocchie e con gli organismi
diocesani.
Trasferitosi per la professione ma-
gistrale e per ragioni familiari portò a
Soncino l'amore a Don Bosco, che
volle ogni anno onorato e festeggiato
solennemente nella Scuola.
MOTTA sig.na GIUSEPPINA t Bel-
passo (CT) a 69 anni
Assorbi lo spirito salesiano e la de-
vozione a san Giovanni Bosco sin
dalla più tenera età; sulla scia di uno
zio sacerdote salesiano.
Lavorò indefessamente tutta la vi-
ta anche con spirito di sacrificio e
perfino con rischio, in un programma
di vita apostolica.
Colpita ancora giovane da una
grave malattia ne sopportò paziente-
mente le conseguenze fino alla fine.
PULLA slg.ra MARIA CARMELA In
GIANNANTONIO, cooperatrice t
Frascati à 72 anni
Era nat.a a Limosano In provincia
di Campobasso. Visse cristianamen-
te una vita semplice ed operosa. La
vita le sottopose numerose prove
sopportate sempre con piena dispo-
nibilità alla volontà di Dio. Fu devota
di Maria Ausiliatrice.
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Ereditli.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: ... lascio alla Direzione Generale Ope-
re Don Bosco con sede In Roma (oppure all'Istituto Salesiano per
le missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma dì lire...,
(oppure) l'immobile sito ln... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente per l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
dei Religiosi, per scopi missionari e per l'educazione cristiana.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'altro dei due Enti su indicati:
...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma {oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
in Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguili dall'Ente, e particolarmente per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e dei Religiosi, per scopi missiona-
ri e per l'educazione cristiana.
{luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
1 FEBBRAIO 1986 · 39
Borsa: In memoria e suffragio di Ma-
ria Calabrosa, a cura di Calabrese
Domenico, Salerno, L 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a f)6ran--
ne riconoscenza f)6r la sua costante
protezione, a cura di un Exalllevo di
Modica, L. 1.000.000
Borsa: Maria Auslll.atrice, imploran-
do grazia e prot9zJon9 per le figlia
Sandra, a cura di M. T., L 500.000
Borsa: Maria Auslllatrice e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio del Sac. D.
Pl8tro Duranti, a cura di D. Lucia,
L 500.000
Borsa: Maria Auslllatrfce e S. Gio-
vanni Bosco. In ringraziamento, a
cura di Cesarlni Fulvia, Torino,
L. 200.000
Borsa: S. Domenico Savio, a wra
di Santarelll Maria, Stazzema,
L. 200.000
Borsa: Simone Srugl , per grazie ri-
cevute e Invocando protezione, a cu-
ra di A. T.• L. 200.000
Borsa: uura Vlcui\\a, in nconoscen-
za per suo aiuto. a cura di D. C., Lef-
fe, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, invocando una grazia, a cura dJ
M. C., Asti, L 200.000
Borsa: Maria Aus1Ilatrlce, In mamo-
ria di Torr/noni Rocco, a cura della
moglie Antonietta, L. 200.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
slllatrfce e Don Bosco, In ringrazia-
mento e Invocando protezione, a cu-
ra di Fumana Luigino, Valilo Terme,
BS, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlca, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio,
a cura di Follloley P. Vittoria, Donnaz
AO, L. 200.000
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vanni Bosco, In suffragio del merito
e dei figli, a cura di Saccà Agata.
L.200.000
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a cura di N N., Cani. Ti cino,
L. 160.000
Borsa: Don Bosco, inllOCando pro-
teZiOnB P6f I nostri flgfl e scccorsc
per il nipote, a cura di N. N., Roma.
L. 150.000
Borsa: S. Domenico Sevlo, In rin-
graziamento per la nascita di Riccar-
do, a cura di Mlgllazza Laura, S. An-
gelo Lodìg.• L 150.000
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
d i Santamari a Franca. MIiano ,
L. 125.000
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vanni Bosco, in ringraziamento e
supplicando protezione, a cura di
Colonnello Broell Anna, MIiano,
L 110.000
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vanni Bosco, In ringraziamento e In-
vocandoprotezione f)6r m8 8 familìa•
rl , a cura di M. B . G., Torino
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Vlculla, invocando grazia 8 prot9zJo.
ne perle famiglia eperIl lavoro, a cu-
ra di N.N., Alba CN
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sco e Domenico Savio, Implorando
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miglia, a cura d i C . V.
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mariro Giovanni, a cura della moglie :zia ricevuta, a cura di B. c. Morrlèras
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venni Bosco, a cura di Neda Bezzi
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slllatrlce e Don Bosco, a cura di
A.C.
Boraa: Santi Salesiani, a cura di
Zamblasl Alda, Trescore Crem.
Borea: S. Domenico Savio, ringra-
ziando e Invocando protezione per Il
figlio Adalberto, a cura di Carono Ca•
terìna. Alba CN
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vanni Bosco, In suffragio d8/ msrlro
e del fratello e per ringraziamento e
protezione, a cura di N.N.
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zia ricevuta, a cura di Marcatali Enri- Borsa: /n memoria di Mons. Scuderl,
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Borea: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in rlngraz/am9nto e
chiedendo grazie, a cura di N.N.
Bol'll8! Maria Aus!llatrice, In suffra-
gio di TommBS{) e Paolina, a cura di
Forte Caterina, Castelpetroso IS
Boraa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, invecando bénèdlzk>.
ne sul Sacerdoti salesiani celebranti
il gl ubllao d'oro, a cura dl Galimberrl
Fraschlnl Pina, Mnano
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Cagliari
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no, a cura delle sorelle Valerla, Metil·
de, Elena e Lina
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vanni Bosco, invocando protez,one,
a cura Andricciola Caterina, Cen•
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di Slella Antonia, Lodi Ml
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lonlgo, per 50 anni missionario in
India, a cura dì Don Giuseppe Callot-
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sco e Don Rua, In rlngraziamanto
per il lavoro del figi/o e Invocando la
grazia completa, a cura di Giordano
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menico Savio, per protezione e rin-
graziamento, a cura di Valente Ro-
berto. Tonno
Borsa: Merla Auslllatrlce, a cura di
Passini Fortunato, BO
Borsa: S. Domenico Savio, pergre•
zia ricevuta e Invocando protezione,
a cura di N. N., Brusasco, TO
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savio, In suffragio di
mamma Giuseppina e invocando
prot9zione, a cura di T. F.
Borwa: Divina Provvidenza, a cura
di Bogllone Francesco, Torino
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vanni Bosco, In memoria di mio ma-
rlro Enea, a Cl.Ira di Pecchloll Lucia,
GE-Samp1erdarena
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Salesiani, In ringraziamento, a cura
di Marelll Angela, Fontaneto d'Ago-
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Borsa: Merla Ausiliatrice, a cura di
Bodrito Lulsetta, Vesime, AT
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menico Savio, perché proteggano i
nipoti, a cura di Ciulll Italo, Montaio-
ne, FI
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vanni Bosco, Invocando grazie e
protezione, a cura di N. N., Livorno
Ferraris, ve
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menico Savio, In ringraziamento e
chi8dendo protezione, a cura di Buo-
nocore Rosanna, Vico Equense, NA
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sco, invocando pregh/8ra, a cura dl
Sacco Ada, Alessandria
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vanni Bosco, In ringraziamento e in-
vocando protezione su tutti 1familia-
ri, a cura di Maddalena Collo
Borsa: S. Giovanni Boaco, per gra-
zie ricevute, a cura di D. R.
Borsa: S. Cuore di Gesù e Marle
AuslUatrlce, In ringraziamento e im-
plorando completa guarlgiona, a cu-
ra di C. N. Imperia
Borsa: Divina Provvidenza, a cura
di Bogllone Francesco, Torino
Borsa: S . Domenico Savio, inW>-
r,- cando continuata grazia per mio
gllo Rober10. a cura di Prugno Fran-
ca, Bakersfleld CA, USA
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione,
a cura di Perottl Assunta, Torino
Borsa: Maria Aualllatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, per grazia
ricevuta e per protezion8, a cura di
Carpanettl Margherita, Cassolnovo
PV
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, per grazia
ricevuta, a cura di Gelo Gabriella,
Mli.ano
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, vi affido il vostro exal-
lievo, a cura di N.N., ve

4.10 Page 40

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SpediL in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina
L. 24.000
Esercizi e giochi perché
il vostro bambino sviluppi
pienamente tutte le sue
capacità; sarà così
più sano e più sereno.
~
5EI
L. 28.000
Una guida per capire
le crisi emotive
dei vostri figli,
consigli concreti
dettati dall'esperienza
di un famoso psicologo
padre di tre figli.