Bollettino_Salesiano_198601


Bollettino_Salesiano_198601

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top

1.2 Page 2

▲back to top
5 BREVISSIME
9 VITA SALESIANA
Laicf nella Famiglia Salesiana
di Sergio Cuevas
La strenna annuale del Rettor Maggiore nel 1986
è dedicata al laicato. Don Sergio Cuevas, consi-
gliere generale per la Famiglia Salesiana e per le
Comunicazioni Sociali, interviene sull'importante
tema.
13 VITA SALESIANA
Un'Onu salesiana per la carta d'Identità
(Servizio redazionale)
Il Congresso Mondiale dei Cooperatori rimarrà a
lungo nella memoria dei partecipanti. Ma la sua
importanza va oltre la c ronaca
16 REPORTAGE
Giù dal colli e vitti 'na crozza al tropico
di Giuseppe Costa
Il viaggio in Madagascar fa tappa a Tulear dove la-
vorano sei salesiani dell'lspettoria della Sicilia.
21 VITA ECCLESIALE
Nord-Sud, Est-Ovest: una sola pace
di Angelo Paoluzi
La XIX Giornata Mondiale della Pace ripropone al-
la nostra attenzione I grandi temi della giustizia
sociale e della libertà a livello internazionale.
In copertina:
Donna Malgascia
(Foto tratta da
Madagascar,
ultimo Gondwana
Ed. Erizzo)
1 GENNAIO 1986
ANNO 110
NUMERO 1
24 PASTORALE GIOVANILE
Trovano Don Bosco
I ragazzi che vengono da «più• lontano
di Gaetano Nanetti
L'ispettoria di Roma ama definirsi come l'ispetto-
ria dell'accoglienza. Questo articolo ci fa capire
perché.
28 VITA ECCLESIALE
Un dono di Dio alla Chiesa e al mondo
di Silvano Stracca
Il Sinodo dei Vescovi si è concluso con un grande
ri lancio del Concilio. Presentiamo una breve sinte-
si delle conclusionì.
30 PROTAGONISTI
Ore 9: lezione con i pupi
di Pierdante Giordano
La singolare esperienza di Fortunato Pasqualino.
Dall'Oratorio di Caltagirone al Teatro del pupi.
33 STORIA SALESIANA
«Ho sedici anni e non so niente»
di Teresio Bosco
L'editrice ElleDiCi a cura di don Teresio Bosco ha
ripubblicato le Memorie dell'Oratorio di san Gio-
vanni Bosco in adattamento linguistico. Pubbli-
chiamo d ue capitoli del volume.
RUBRICHE
Editoriale, 3 - Scriveteci, 4 Pigy di Del Vaglìo, 6
• La lettera di Nino Barraco, 7 - I nostri santi, 37 -
I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco,
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accomero - Marco
Bongioanni - Eugenio Fizzottl · Gaetano Na-
netti . Angelo Paoluzl - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, impaginazione e stam-
pa: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
* Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldini) -
Via Marsala 42 00185 Roma . Tel. (06)
49 .50. 185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edl;zioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) in: Antille (a Santo Domin-
go) - Argentina - Australia - Austria - Bel-
gio (in fiammingo) - Bolivia Brasile - Ca-
nada Centro America (a San Salvador) •
Cile - BS Cinese (a Hong Kong) Colombia
Ecuador Filippine Francia Germania
Giappone Gran Bretagna - India (in in-
glese, malayalam, tamil e telugù) . Irlanda
Italia Jugoslavia (in croato e in sloveno)
- Korea del Sud - BS Lituano (edito a Ro-
ma) • Malta • Messico - Olanda • Paraguay
• Perù • Polonia • Portogallo Spagna
Stati Uniti • Sudafrica Thailandia • Uru-
guay - Venezuela • Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco ai
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta. nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche !"in-
dirizzo vecchio.

1.3 Page 3

▲back to top
-----------~-
1 GENNAIO 1988 · 3
UN NUOVO ANNO
Il 1986 si apre, per noi del
Bollettino Salesiano, con
uno seminario di studio e di
lavoro che porta a Roma i di-
rettori di tutte le edizioni del
Bollettino: 32 edizioni spar-
se per il mondo.
Milioni di lettori. Migliaia di
informazioni a servizio del
bene e della speranza.
Gli ultimi mesi del 1985 ci
hanno regalato awenimenti
eccezionali. Ne ricordo due:
l'incontro a Ginevra di Rea-
gan con Gorbaciov e lo svol-
gimento del Sinodo episco-
pale a vent'anni dalla con-
clusione del Concilio Vatica-
no Il. Fatti certamente diver-
si fra loro, e dei quali il Bol-
lettino parla proprio in que-
sto numero, ma certamente
uniti, dalla nostra parte, da
un identico anelito di pace e
di speranza.
Anche se l'òrizzonte del-
l'umanità non è tra i più tersi
che la storia ricordi, voglia-
mo ancora una volta con il
Concilio credere «ai segni
dei tempi».
«Noi - hanno detto i Pa-
dri Sinodali nel Messaggio al
Popolo di Dio - non siamo
fatti per la morte ma per la
vita.
Noi non siamo condannati
alle divisioni e alle guerre,
ma chiamati alla fraternità e
alla pace. L'uomo non è
creato da Dio per l'odio e la
diffidenza, ma è fatto per l'a-
more di Dio».
In questa prospettiva di
speranza ci pare che vada
visto anche il Sinodo che si
terrà nel 1987 e che avrà per
tema: «Vocazione e missio-
ne dei laici nella Chiesa e
nel mondo, vent'anni dopo il
Vaticano Il».
La Strenna 1986 per la Fa-
miglia Salesiana potrà an-
che rappresentare una pre-
parazione al prossimo Sino-
do: «Promuoviamo - ci dice
don Egidio Viganò - lavo-
cazione del laico al servizio
dei giovani nello spirito di
Don Bosco».
Egli stesso da queste pa-
gine commenterà il suo invi-
to facendone in tal modo un
nutrimento per il nostro spiri-
to ed il nostro impegno.
Nella primavera del 1886
Don Bosco fece un sogno
che un secolo dopo è realtà:
è il sogno missionario «da
Pechino al Cile passando
per il cuore dell'Africa». Il
Bollettino è probabilmente il
testimone più attento di tale
realtà: si pensi a quanti re-
portage, interviste, lettere
esso ha dedicato nel corso
dei cento e più anni della
sua storia all'espansione sa-
lesiana nel mondo.
Di tutti questi awenimenti
ed anniversari il Bollettino
cercherà d'essere cronista
attento e partecipe, come
sempre. Guarderà alle per-
sone e ai fatti più che alle
dissertazioni ideologiche o a
fredde teorie. Cercherà di
dare una boccata d'aria buo-
na raccogliendo per il mon-
do fatti di bontà e di speran-
za nella certezza tutta sale-
siana che il bene vince. La
varietà della presenza sale-
siana nel mondo, la com-
plessità dei problemi educa-
tivi e la drammaticità di quel-
li dello sviluppo dei Popoli
saranno alcune aree del no-
stro intervento. Lo faremo
con semplicità e fiducia.
Probabilmente non ricevere-
mo un premio Pulitzer ma
che importa? Avremo certa-
mente, noi con voi, contri-
buito ad alimentare la gran-
de fiamma della speranza. E
Dio sa quanto ne abbiamo
bisogno.
Giuseppe Costa

1.4 Page 4

▲back to top
4 · 1 GENNAIO 1986
Ancora da un «Carme/o,.
Oggi per grazia di Dio e ineffabile do-
no dello Spirito intendo presentarmi e
farmi conoscere a tutta la Famiglia Sa-
lesiana attraverso le pagine tanto care
del Bollettino che ho conosciuto sin da
quando ero allieva presso le Suore sa-
lesiane di via Dalmazia a Roma.
«Ciao, carissimi! Volete conoscermi?!
Sin da bambina avevo sognato di es-
sere suora. Più grande, vedendo cor-
rere qua e là le mie suore insegnanti,
pensai ad una vita diversa.. . in mona-
stero. Il sogno doveva prolungarsi
molto, perché la mia mamma era ma-
lata ed io dovevo stare accanto a lei.
Pregavo e soffrivo in silenzio e offrivo
il mio martirio interiore al Signore per-
ché sapevo che un giorno mi avrebbe
portato là dove il mio cuore viveva già:
in un monastero. In questa speranza
vivevo nella gioia abbandonata al suo
Amore.
Eccolo un giorno bussare alla porta
con mano pesante e portarsi via la
mamma. Era comunque il segno della
sua Fedeltà al mio amore. La mamma
si spegneva in un sereno tramonto per
vivere la sua vita in Dio, vita vera! Ed
io prendevo la strada che mi portava
nel chiostro.
Baciavo finalmente quelle mura bene-
dette tanto desiderate, tanto bramate
e un mare di gioia scendeva nella mia
anima, nel mio cuore.
Da quel giorno sono trascorsi già tre
anni, tre anni volati in un baleno. Al
Carmelo non c'è tempo d'annoiarsì. Si
prega, si- lavora, si canta, si respira
aria di cielo e tutto si dona a chiunque
dei fratelli venga a bussare alla nostra
porta.
Tutto il mondo si abbraccia nell'ab-
braccio di Dio-Amore nel Cristo suo Fi-
glio e il nostro silenzio e la nostra soli-
tudine diventa piena: piena di Lui, pie-
na di volti di fratelli da portare a Lui.
Oh, poteste capire!
Oh, poteste assaporare la dolcezza
della mia gioia, della mia felìcità, della
mia vera libertà in Lui! Lo grido ai
quattro ve!lti questo mio grido di pace
sperando che almeno qualcuno lo rac-
colga e lo faccia suo per una vita di-
versa, più piena di senso: in Lui,
Gesù!
Nella mia vita, in cosi breve tempo,
tutto è cambiato.
Dio è il mio vivere.
E il mio nome nuovo mi aiuta a rende-
re sempre più profonda la mia comu-
nione con Lui:
- Emanuela dell'Eucarestia e di San-
t'Agnese -.
Dal silenzio del monastero si leva una
sola voce: voce che è invito, voce che
è preghiera, voce che è disponibilità
aglì altri.
È sempre la voce di Gesù che som-
messamente chiama al perenne " sì".
SI, Cristo, proprio Lui, passa e chiama
ancora, ma chiama con estrema deli-
catezza.
Se non si sa accogliere, Egli va oltre!
Felice l'anima che recepisce e... corre
dietro al profumo di Lui.
Vieni anche tu a provare l'ebbrezza
del suo fedelissimo Amore!
Scrivimi, ti risponderò.
Emanuela
giovane professa carmelitana di clausura
Carmelo S. Anna · Via B. P. Caldarozzi, 32
00032 Carpine/o Romano (Roma)
Te!. (06) 979049
Il Bo/lettino e g/1 anni versari
Ricevo sempre con piacere il «Bolletti-
no Salesiano» ma nell'ultimo numero
(1 ° ottobre) mi aspettavo un articoletto
relativo ad un gruppo di sacerdoti sa-
lesiani che hanno festeggiato a Roma
il loro 50° anniversario di Qrdinazione.
Tra loro c'era anche un mio zio caris-
simo (don Forlazzini Giuseppe) che, si
può dire ha trascorso tutta la vita in
terra thailandese.
lo spero (e lo sperano anche altri pa-
renti) che il nostro Bollettino parli
quanto prima di questi «pionieri» che
meritano tutta la nostra stima. Grazie
anticipate e cordialità.
Bocca Orlano Paderno Oriano
Caro signore, non di tutti gli anniver-
sari giunge a noi notizia né di tutti po-
tremmo parlare. Purtroppo lo spazio
del nostro giornale ha dei limiti. La rin-
grazio comunque della segnalazione.
Non appena avremo acquisito la ne-
cessaria documentazione potremo an-
che parlare dell'attività dello zio.
Contento?
Un esempio da Imitare
Abbiamo pensato di abbonare i geni-
tori dei ragazzi del nostro Convitto in
modo che possano conoscere meglio
la Famiglia Salesiana, la diffusione del
Carisma nel mondo e lo spirito educa-
tivo di don Bosco.
Sappiamo che questo è stato fatto an-
che dal Convitto di Bolzano, e oltretut-
to è stato un gesto molto apprezzato
da voi.
Unisco pure una lista di ragazzi di 2•
media che, nell'ora di religione, hanno
chiesto personalmente di ricevere il
Bollettino Salesiano.
Ringraziando per la cortese disponibi-
lità desidero esprimere la mia ammira-
zione ed apprezzamento per la mole e
la qualità del lavoro svolto.
Bugna Cornelio · Belluno
Ringraziamo sempre quanti si adope-
rano per la diffusione del Bollettino
Salesiano ed incoraggiamo ogni Ini-
ziativa in merito. Il Bollettino non orga-
nizza particolari campagne di diffusio-
ne: la sua forza è nell'attaccamento
dei lettori che si fanno promotori di ini-
ziative come questa. Grazie.
Graz/e don Viganò
Ho avuto modo di seguire gli Interventi
di don Egidio Viganò sul Bollettino Sa-
lesiano a commento delle Beatitudini
e questa mattina ho letto anche sul
quotidiano La Repubblica una sua in-
tervista. Tutti i suoi scritti e le sue ri-
sposte trasudano quel bell'ottimismo
salesiano che non è incoscienza dei
problemi ma fiducia nella Provvidenza
che è presente sempre nella storia. At-
traverso il Bollettino voglio esprimer-
Gli il mio ringraziamento.
Pasqua!B Napoli/ano · Via Medaglie d'oro Roma

1.5 Page 5

▲back to top
- - - - - --~-----------sB
PORTOGALLO
Un monumento a Don
Bosco e UJJ grande quadro
L isbona avrà un
grande monumento a
Don Bosco opera
dello scultore Luis de Matos.
Il monumento, in bronzo e
alto circa sei metri,
raffigurerà il Santo dei
giovani nell'atto di stringere
attorno a sé in atteggiamento
protettivo e coraggioso, tre
ragazzi. fl monumento verrà
inaugurato nel 1988; per la
sua realizzazione è stata
aperta una pubblica
sottoscrizione. Altro lavoro
dell'artista portoghese è una
interpretazione su tela del
cosiddetto «sogno dei nove
anni» che sta alla base della
futura «força telurica», dice
Luis de Matos, di San
Giovanni Bosco.
I Nella foto:
Il usogno del nove
anni » di De Matos
EGITTO
e 'Seconda estate a Tabta
è chi in estate
cerca di riposare
non lavorando e
chi per riposare.. . lavora. È
il caso dei Salesiani del
Cairo che per la seconda
volta consecutiva banno
dedicato un mese estivo
(1-27 luglio 1985) ad aiutare
un bel gruppo di giovani e
meno giovani della zona di
Sohag-Tahata a qualificarsi.
MESSICO
Iniziative per I'ADJJO
Intero.azionale della Gioventù
Grazie all'aiuto della
Misereor tedesca infatti sono
stati organizzati ancora una
volta corsi di apprendistato
per elettricisti domestici,
idraulici, saldatori e
falegnami.
Un corso particolare è stato
quello dedicato alle Suore
dell'Alto Egitto che sono
state abilitate ad eseguire la
manutenzione dei loro
edifici. Un addestramento
quest'ultimo che può
apparire estraneo e curioso
ma che nella particolare
realtà egiziana ha i1
significato del servizio e
della disponibilità ai bisogni
della chiesa locale.
I l terribile terremot0 che
ha colpito il Messico nel
settembre 1985 non ba
bloccato l'impegno di molti
giovani a celebrare l'Anno
Internazionale. E così nella
Diocesi di Cuautitlan dove il
delegato diocesano per la
Pastorale Giovanile è il
salesiano don Eliseo Lopez
Diaz è stato preparato un
«Manifesto de jovenes
catolicos mexicanos»
indirizzato a tutti i giovani
del Paese. U Manifesto è
I GENNAIO 1986 5
stato proclamato durante
una concelebrazione
eucaristica tenuta il l 5
settembre 1985 e presieduta
da monsignor José Pablo
Rovaio presidente della
Commissione di Pastorale
Giovanile dell'Episcopato
messicano.
Questo documento -
afferma don Lopez Diaz -
vuole essere la voce dei
giovani che chiedono di dire
la loro parola in un
momento di crisi per la
Società in genere e per il
Messico in particolare.
Altra iniziativa della quale ci
giunge notizia è il secondo
carnpobosco 1985 celebrato
al centro salesiano di
Coacalco dove è stata
costruita fra l'altro una casa
identica a quella dei
<<Becchi>) .
Almeno cinquecento giovani
dai 18 ai 22 anni per due
giorni (26-27 ottobre 1985) si
sono confrontati sul tema:
«Gioventù: tempo di scelte.
Gioventù: tempo di
progetti».
Il segreto della riuscita di
que:.to campobosco è stato
ancora una volta aver
lasciato ai giovani uno
spazio tutto per loro.
GIAPPONE
L'imperatore decora
un salesiano
e on decreto in data 3
novembre 1985,
l'imperatore del
Giappone ha conferito la
decorazione dell'Ordine del
Sacro Tesoro al salesiano
cittadino italiano don
Stefano Dell'Angela.
Si tratta di una delle
massime onorificenze che il
Giappone concede a cittadini
stranieri.
L'onorificenza è stata
consegnata il 12 novembre
1985 dal ministro della
Pubblica Istruzione
onorevole H ikaru
Matsunaga; successivamente,
don Stefano è stato anche
ricevuto dall'imperatore.
Don Stefano Dell'Angelo è
friulano di Pozzecco-Bertiolo
in provincia di Udine dove è

1.6 Page 6

▲back to top
6 · I GENNAIO 1985
m1~\\~~~~I.+,
''"9 I
•,
t
~
,
Hpl
i~
GUATEMALA
~ È exallievo del Don Bosco
il nuovo pres idente
I Nella foto:
Don Stefano
Dell'Angela
Q uante speranze porta
con un presidente
eletto
democraticamente in
nato nel 1920.
un Paese che da decenni non
Ad appena 17 anni, nel 1937 ha visto altro che divise di
parti per le Missioni
militari, colpi di stato,
dell'Estremo Oriente.
violenze, violazioni continue
Sopravvissuto alle terribili
vicende della guerra venne
ordinato sacerdote a Tokio
nel 1946.
dei diritti umani. E quanto
pesante deve essergli il
cadco. Ha 43 anni, quattro
figli: dall'età di 12, dice la
I Nella foto:
li presidente Vinicio
Cerezo Arevalo
Per quarant'anni don
«leggenda», ha studiato per
Stefano ha abbinato studio
ed insegnamenro occupando
posti di responsabilità come
preside e come ispettore
salesiano per il Giappone e
la Corea. Conferenziere
ricercato per la profonda
conoscenza deUa cultura
giapponese collabora da
moltissimi anni a numerose
riviste. Ed è proprio per
questa sua attività culturale
che il Giappone ha voluto
premiarlo.
diventare presidente, c'è
riuscito.
E quel peso aumenta, «dal
popolo, con il popolo e per
il popolo», è stato il suo
motto raccolto in ogni
angolo di questo
meraviglioso Paese
dall'eterna primavera, come
ebbe a definirlo Giovanni
Paolo Il durante la sua visita
cli tre anni orsono. Per
Cerezo hanno votato
centinaia di migliaia di
indios, il 50o/o del totale.
Nasce nella «zona uno» la
più vecchia, la più complessa
e la più povera di questa
città che si dilata a vista
d'occhio, ieri 300 mila
abitanti, oggi forse più di un
milione.
A due passi dal Don Bosco,
a cento metri dai salesiani
che hanno scelto di
condividere con i più poveri
gioie, speranze, miserie. Qui,
al Don Bosco, il presidene
Vinicio Cerezo Arevalo,
muove i «primi passi».
«Com'era difficile
MA f/ON Cl
trattenerlo in casa>),
racconta orgogliosa la
SC~/AMO;
mamma Esperanza, <(c'era
sempre un buon motivo, la
scuola, il doposcuola, il
catechismo, le adunanze per
i giochi e le feste, le partite
di calcio e di basket». Dai
dieci fino ai 17 anni.
«Ritornava pieno di
entusiasmo, idee nuove»,
suo padre. Marco Vinicio,
PRl)Vl/:IMO A VOLTl::JRE PAt!rlNA
avvocato, non nasconde che
a volte lo preoccupava
~~/?:..
«troppo sicuro, dovevo
))
ridimens.ionarlo,
frenarlo».Ma finiva con
l'averla sempre vinta,
brillante negli studi, voti
ottimi, era già un leader tra i
suoi compagni di classe. La
grinta non l'ha più persa.
Dopo gli studi in
giurisprudenza in due
università degli Stati Uniti, è
ritornato in patria da dove
tranne che per brevi periodi
non si è più mosso. Anche
nei periodi più difficili e
tormentati della vita politica
del Guatemala, anche
quando sapeva che gli
squadroni della morte lo
avevano posto al vertice
delle loro macabre liste.
Chiedergli di raccontare al
«Bollettino Salesiano>) la sua
esperienza di quegli anni con
i salesiani, non è stato
difficile, «come posso
rifiutarmi, pur tra mille e
mille impegni, tra decine di
richieste di interviste da
pane dj giornalisti di tutto il
mondo, ritaglio con piacere
il tempo di un incontro».
« Alla famiglia salesiana non
mi legano soltanto gli studi
giovanili, anche se buona
parte di tutta la mia vita
scolastica l'ho trascorsa in
un collegio salesiano con
sacerdoti salesiani, la cui
importanza nella mia vita
politica ed in quella
familiare è fondamentale.
E di questo sono grato ai
miei genitori. l salesiani mi
hanno battezzato, cresimato,
Il mi sono sposato,
continuo a trasmettere
l'educazione ai miei figli.
Come non ricordarmi dj
padre Accomazzi, mio
professore per cinque anni, è
stato una guida per me e la
mia famiglia e, ne sono
veramente convinto, mi
servirà ancora nel governo
della Repubblica».
D. In cosa hanno influi10
maggiormente gli
insegnamenri di Don Bosco?
R. «L'educazione ha
influito nel mio modo di
vedere il mondo e nel mio
modo di rivolgermi e vivere
con la gente. La volontà di
servizio che loro mi hanno
dimostrato. (Al Don Bosco
c'è una vera scuola) nei
confronti della gente è
rimasta sempre con me, sono
riusciti a trasmettermela,
l'ho seguita fino ad oggi,
l'avrò con me durante il
corso della mia presidenza>).
D. Quale miglior ricordo,
Presidente?
R. «Ricordo le lezioni di
filosofia. Hanno marcato in

1.7 Page 7

▲back to top
- - - - - -- -- - -sB-
modo definitivo la mia vila,
il mio modo di essere.
Lezioni che hanno
contribuito in modo
determinante a far luce sulle
idee che, giovane, avevo non
certo molto chiare. Nel
collegio Don Bosco ho
appreso cosa era il
pluralismo, il confronto, ho
conosciuto un mondo
culturale molto aperto.
è nata la mia formazione
democratica».
CILE
Pastorale della
rieoncìlia'.l.ioae nella verità
I cristiani cileni vivono
quotidianamente il
dramma di un popolo
che ama la giustizia e la
democrazia e al tempo stesso
si trova in una situazione
dove questi valori non sono
rispettati del tutto.
f vescovi tuttavia non
rinunziano alla loro missione
e cercano con diverse
inizialive di salvare nella
globalità tali valori cercando
di recuperarli almeno
nell'unità della fede
cristiana.
È il caso della «Giornata
della Riconciliazione
nazionale per la verità e per
la vita» che ha visto nel
settembre 1985 riuniti
migliaia di cristiani attorno
ai loro vescovi e sacerdoti.
In quella Giornata (nella
foto presentiamo la
celebrazione tenuta a Punta
Arenas, diocesi retta dal
salesiano monsignor
Oonzales) cristiani di ogni
categoria si sono ritrovati
nella preghiera e nella pace
stringendo in mano piccole
croci costruite da derenuti
politici e non.
ITALIA
Caro Gorbaciov,
caro Reagan...
I giovani dell'istituto
salesiano «Astori» di
Mogliano Veneto
unendosi ad alrri movimenti
giovartili in occasione
dell'incontro di Ginevra fra
Gorbaciov e Reagan hanno
inviato la seguente lettera.
«In occasione del Vostro
imminente incontro a favore
della distensione, vogliamo
farvi giungere questo
messaggio di augurio e di
consenso.
È nostra convinzione che
solo il disarmo completo è la
garanzia e la strada da
percorrere per la pace ,solida
e duratura.
Voi rappresentate il vertice
del potere decisionale a
livello mondiale; a Voi
guardano tuLti gli altri
uomini politici della terra; su
Voi pesa, in ultima analisi,
la responsabilità della pace
del mondo. Riteniamo perciò
determinante il Vostro
impegno, in un sincero
spirito di collaboradone, per
il superamento dei molti
ostacoli e divergenze che,
comprendiamo, si
frappongono al disarmo
totale. Vi chiediamo di da.re
al mondo almeno un segno
che sia l' iniLio di un reale
cammino verso questo
1 GENNAJO 1986 7
a lettera di Nino Barraco
UNA RAGAZZA
DA AMARE
Carissimo,
ogni anno nuovo ha inizio da una ragazza che diventa ma-
dre di Dio.
l santi, basti pensare a don Bosco, hanno sempre dato
Maria ai ragazzi. Ma io mi domando: la Madonna ha
qualcosa da dire, oggi, ai ragazzi e alle ragazze del nostro
tempo?
Penso di sì. È una di voi. Resta sempre una di voi. Una
ragazza vicina, compagna dei sogni, amica della vita, mi-
stero e carne delle speranze di ciascuno,
Una ragazza uguale alle altre ragazze, e però diversa.
Una ragazza da canta.re, e però la canzone più bella, di-
versa dagli idoli del successo.
Una ragazza da inserire nel tuo gruppo, da avere come
amica nella tua cla~se, nel tuo lavoro, nel tuo negozio, nel-
la strada, nella fabbrica, nello sport.
Una ragazza da incontra.re. È festa quando ci si incon-
tra. Ma è festa solo quando si ama, quando si trova chi
amare, quando si trova da chi essere amali. È la speranza
di ogni incontro.
il mio incontro con la Madonna - presenza di una per-
sona e non una statua - io l'ho fatto quando dovevo spo-
sarmi. Fu proprio allora che lessi sul certificato di battesi-
mo: <<Antonino, Maria>,.
Maria! Ma io non sapevo di chiamarmi Maria!
Era SLato un secondo nome, dato dai miei genitori, e di-
menticato sul registro della parrocchia.
Maria. Ricordo l'emozione, la gioia. Certo, conoscevo
la Madonna, ho sempre amato la Madonna. Ma qui, fu
un'altra cosa. Fu come se mi fossi incontrato con una per-
sona viva.
Di più: una persona, una ragazza che mi aveva amato
da tempo, senza che io lo sapessi, che mi aveva amato in
pura perdita, che mi aveva amato per il bisogno di
amarmi.
Da allora, ecco, l'ho presa con me. Proprio come Gio-
vanni, il quale la ebbe, quel giorno, da Cristo come ma-
dre, e la prese con sé,
L'ho presa con me. Come madre in cui abbandonarmi,
ma anche come ragazza della quale mi sono sempre più
innamorato.
Una ragazza che è cresciuta con me, Compagna, amica,
sorella, alla quale si può dire tutto, si può confidare rutto,
dalla quale Li aspetti iuuo, comprensione, fiducia,
coraggio.
Una ragazza che appartiene a Dio, ma di cui Dio non è
geloso. Può appartenere anche alla 1ua vita. Una ral?:azza
da conoscere. li segreto desiderio. li meglio di noi stessi.
Una ragazza da amare.
SI, che ci si debba innamorare di Ma.ria è fatale. Capita
un giorno o l'altro. A tutti.

1.8 Page 8

▲back to top
8 · 1 GCNNA/O 1986
obienivo!
Siamo cerri di dare voce ai
sentimenti ed alle aspirazioni
di tuni i giovani della terra
che anelano la pace e per
questo Vi chiediamo di non
compromettere la nostra
speranza e di non permc1tere
mai una guerra che sarebbe
fatale all'intera umanità.
Anzi, Vi chiediamo di usare
i mezzi di cui disponete per
estinguere i focolai di guerra
ancora accesi in varie zone
del mondo; di potenziare al
massimo tuui g li organismi
internazionali esistemi e di
avviare a tuni i livelli azioni
concrete che tendano a
costruire positivamente
l'unità fra tutti i popoli.
Lavoriamo per la pace nei
Paesi in cui esiste una
violenza manifesta (Medio
Oriente, Centro-America,
Sud Africa, Irlanda del
Nord); per la riduzione delle
vaste disuguaglianze sociali
nei Paesi del Sud Africa,
Filippine, ecc.; alla
cos1ruzione di un dialogo
reale fra le diverse religioni e
i non credenti; perché i Paesi
del Nord del mondo si
aprano a favorire le zone
depresse; per eliminare le
piaghe di ogni
emarginazione.
Nella fiducia che la Vostra
conferenza abbia un esito
decisivo e superiore alle
aspettative, Vi rinnoviamo i
nostri auguri e l'impegno a
seguirVi anche con le nostre
preghiere».
Nelle foto:
La relazione di Monsignor
Amoroso e I vescovi presenti
durante la concelebrazione
manifes1azione di «diballili,
musica, sport» che si è
sviluppata per il mese di
dicembre l 985. L'iniziativa
si è aperta con una tavola
rotonda che ha visto
l'onorevole Silvia Costa, il
sindacalista Luciano di
Pietrantonio e la sociologa
suor Enrica Rosanna
coordinati dal giornalista
Angelo Paoluzi rispondere a
tutta una serie di domande
sul tema <<Questi nostri
giovani». Dal I O dicembre
poi è staio rullo un
susseguirsi di iniziative:
conceno di mandolini diretto
dal M0 Agostino Dibiagio,
campionati vari, incontro
con lo scrittore Domenico
Volpi, incontro con medici,
psicologi e op1ometristi su
«Salute e apprendimento dei
nostri figli ». incontro s u:
<<Volontariato a Roma»,
fesrival dei complessi,
dibanito su ((Sport era bello
partecipare>> con Mario
Pennacchia, Carlo Longhi,
Antonio Martinelli, Carlo
P elonzi.
Aperto il processo per il
cardinale Guarino
I I LO novembre 1985 è
stato solennemente
aperto il processo
diocesano che si spera possa
portare il cardinale Giuseppe
Guarino agli onori degli
altari. La cerimonia si è
svolta a Messina, diocesi
nella quale fu arcivescovo
dal 1875 fino alla morte
avvenuta il 21 settembre
1897. Il Guarino fu un
carissimo sostenitore di San
Giovanni Bosco del quale
ammirò il metodo e lo
spirito. Cooperatore
salesiano egli stesso si
impegnò moltissimo per la
diffusione dell'opera
salesiana in Sicilia. Alla
solenne apertura del
processo banno assistito gli
arcivescovi di Messina e di
Siracusa, Ignazio Cannavò e
Lauricella, i vescovi di
Caltagirone e Caltanissena,
Mandello e Garzia ed il
vescovo ausiliare di Messina,
il salesiano monsignor
Amoroso che ha anche
tenuto per l'occasione una
relazione sulla spiritualità del
Guarino.
Particolarmente impegnate al
processo sono le Suore
Apostole della Sacra
Famiglia fondate dallo s1esso
cardinale.
Un mese tullo giovane
Q uesta
<,
manifestazione con
la quale
intendiamo dare il
nostro contributo all'Anno
Internazionale della
Gioventù, faccia rinascere
nei grandi il desiderio di
rinnovarsi nel cuore e nella
mente per essere capaci di
"sentire" con i giovani per
aiutarli a costruire un
mondo più buono e più
giusto... ». Con questo
augurio don Antonio
Petrosino, diretLore del
Borgo Ragazzi Don Bosco di
Roma ha aperto «30 giorni
giovanil>, una
I L'opuscolo e un
adesivo della
manifestazione

1.9 Page 9

▲back to top
sB- _ VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
La strenna
1 GENNA!O 1985 9
L AICI NELLA FAMIGLIA
SALESIANA
Una presenza che s'allarga sempre
più. La tradizione di Don Bosco.
I.:originalità salesiana.
La strenna 1986.
I L'Aula del
Congresso
Mondiale Cooperatori
È un fauo riconosciuto
che oggi la presenza del laico nelle
opere, presenze e attività della Con-
gregazione salesiana nel mondo, è
diventata consistente, decisiva e ric-
ca di richiami ecclesiali e vocazio-
nali.
Per citare un esempio valido,
prendiamo il 2° Congresso mondia-
le dei Cooperatori Salesiani, cele-
brato a Roma dal 28 ottobre al 4
novembre 1985; è stato un avveni-
mento che ha coinvolto tutti i grup-
della Famiglia di Don Bosco, sin
dal primo momento della sua con-
vocazione, nel lungo iter, nella scel-
ta dei partecipanti, dei terni di stu-
dio, l'organizzazione, fino alla sua
celebrazione e chiusura. La quasi
totalità dei membri di questa Asso-
ciazione sono laici.
Oggi la vita di questa Associazio-
ne si muove tra la storia di San Gio-
vanni Bosco e della Congregazione
Salesiana e l'applicazione della ec-
clesiologia e della teologia del laica-
to del Concilio Vaticano II.
Questa presa di coscienza sul lai-
cato in generale, come verso i prin-
cipali gruppi laicali d'ispirazione sa-
lesiana, è una corrente di convinzio-
ni e di atteggiamenti che special-
mente in questi ultimi 20 anni ha oc-
cupato la riflessione e il rinnova-
mento dei diversi istituti che fanno
parte della Famiglia Salesiana.
E non può essere altrimenti; di-
fatti la fedeltà a Don Bosco non
può non essere allo stesso tempo fe-

1.10 Page 10

▲back to top
10 · l GENNAIO 1986
deità alla Chiesa, che orienta e fa vi-
vo il coinvolgimento dei laici nella
missione di salvezza.
Credo che non sia sufficiente oggi
sostenere l'idea che i laici sono pe-
netrati nell'attività e nelle responsa-
bilità di servizi all'interno degli isti-
tuti di radice salesiana: per mancan-
za di vocazioni religiose, o a motivo
di supplenza, o per l'espansione
quantitativa delle opere.
Più conveniente sarebbe il caso di
sottolineare « il fenomeno salesia-
no» che prende slancio dallo stesso
operare di Don Bosco: sacerdoti,
laici consacrati e laici non consacra-
ti, nel loro insieme, rispondono ad
una idea originale dello stesso Don
Bosco: la Famiglia Salesiana. Difat-
ti «la Famiglia Salesiana è un fatto
storico che ha origine da Don Bosco
e va quindi studiata nelle intenzioni
e attuazioni del suo fondatore, e
non soltanto come fatto globale nel
suo senso di un'esperienza spiritua-
le vissuta dai vari gruppi, ma anche
come fatto specifico, cioè come mo-
do con cui, secondo le intenzionali-
del fondatore, doveva essere vis-
suto dall'insieme dei gruppi. Essa
comporta una serie di relazioni tra i
suoi gruppi.
Don Bosco fin dal primo momen-
to ha integrato i laici, come compo-
nente fondamentale della sua mis-
sione e della sua spiritualità, nel ser-
vizio ai giovani poveri e abbando-
nati: «apostolo nato e suscitatore di
apostoli, Don Bosco divinò, or è un
secolo, con l'intuizione del genio e
della santità, quella che doveva es-
sere più tardi nel mondo cattolico la
mobilitazione del laicato... Coope-
ratori salesiani, ausiliari efficacissi-
mi dell'Azione Cattolica... nuovo
provvidenziale movimento del lai-
cato cattolico... intimamente im-
pregnato dello Spirito salesiano...
uomini e donne che attuano l'ideale
salesiano... » (così parlava Pio XlJ
il 12 settembre 1952, al Convegno
internazionale dei Cooperatori sale-
siani che celebrava il 75° della sua
fondazione.
Don Bosco stesso nella prima
conferenza ai cooperatori di Torino
nel 1878, così li descriveva: «Era
proprio la Divina Provvidenza che
li mandava e per mezzo loro il bene
andò moltiplicandosi. Questi primi
cooperatori salesiani, sia ecclesiasti-
ci che secolari, non guardavano a
disagi e a fatiche, ma vedendo come
molti giovani discoli si riducessero
nella via della virtù, sacri ficavano
se stessi per la salvezza degli altri.
Molti io ne vidi lasciare ogni como-
dità delle loro case e venire non solo
Il regolatore del Congresso
Antonio Garcìa Vera
tutte le domeniche, ma anche tutti i
giorni della quaresima, e ad un'ora
che li disagiava moltissimo, ma che
era più comoda per i ragazzi, a fare
il catechismo.
Vidi anche nella stagione inverna-
le scendere ogni sera in Valdocco
per vie e sentieri dirupati, pericolo-
sì, coperti di neve e di ghiaccio per
fare scuola nelle classi che manca-
vano di maestro, impiegandovi il
maggior tempo possibile».
Questa eredità lasciata da Don
Bosco si è fatta tradizione, esperien-
za, testimonianza, santità condivi-
se, coscienza di appartenere alla Fa-
miglia Salesiana ed impegno rinno-
vato in tanti laici nel mondo, che
hanno saputo accogliere ed incarna-
re nella propria realtà secolare e ec-
clesiale, questo stile e programma di
vita. Specialmente dal Capitolo Ge-
nerale speciale (I 971-72), la Con-
gregazione Salesiana vede nel coo-
peratore un « vero salesiano nel
mondo», cioè un cristiano laico o
sacerdote, che - senza i vincoli dei
voti religiosi - realizza la propria
vocazione alla santità impegnandosi
in una missione giovanile popolare
secondo lo spirito di Don Bosco, al
servizio della Chiesa locale e in co-
munione con la Congregazione Sa-
lesiana>>.
È questa la reallà veramente rin-
novatrice di cui dobbiamo prendere
coscienza sul serio, se vogliamo
pensare ad un rilancio vero e impe-
gnativo dei Cooperatori. Ci vuole
un cambio radicale di mentalità a
tutti i livelli (Dichiarazione del Ca-;
pitolo Generale speciale sui Coopffe
ratori, dicembre 1971).
Questa·stessa intenzione di rinno-
vamento sarà mantenuta al momen-
to del Capitolo'""Generale i2ùO , del
1977-78; difatti, riferendosi ai coo-
peratori e a quegli ex allievi che con
noi sono i portatori della volontà
del fondatore e mettono a frutto le
indispensabili varietà dei ministeri
per il compimento dell'unica mis-
sione... ci muoviamo con interesse
«a formare e a vincolare» questi
fratelli laici per assicurare più effi-
cacemente la salvezza della gioventù
(CG 21, n. 73). E più avanti insiste
lo stesso Capitolo Generale: «questi
ex allievi e cooperatori sono per essi
(collaboratori laici) un modello
concreto di stile e di spirito salesia-

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
- - - - - - - - - - -sB-
no. Associarli all'opera di forma-
zione e di animazione dei collabora-
tori laici, com'era già pensiero di
Don Bosco, garantisce che il siste-
ma preventivo non riscbi di perdere
la sua identità salesiana e la sua effi-
cacia evangelizzatrice» (CG 21,
n. 74).
Quando i collaboratori laici sono
cristiani convinti, la loro presenza
mette i giovani di fronte a una gam-
ma più completa di modelli di vita
cristiana, dà maggiori possibilità ai
Salesiani di spendersi nel loro cam-
po specifico di animatori e permette
un dialogo più vasto e aggiornato
con i problemi della famiglia e della
professione (CG 2 1, n. 77).
La presenza dei laici nella Fami-
glia Salesiana verrà ancora più pre-
cisata quando nel contesto costitu-
zionale del 1984, all'articolo 5° sarà
operata la distinzione tra il « vasto
movimento » di persone che in vari
modi operano per la salvezza della
gioventù, e traggono origine di ispi-
razione da don Bosco, e i gruppi
(religiosi e laici) che, in base ad una
vocazione specifica, vivono lo spiri-
to salesiano in comunione tra di lo-
ro continuando la missione da lui
iniziata.
Riguardo all'appartenenza degli
ex allievi alla Famiglia Salesiana, il
Capitolo Generale 22° afferma che
vi a·pparrengono «per l'educazione
ricevuta e la loro appartenenza è più
I Madre Marinella Castagno,
Superiora Generale FMA
e don Egidio Viganò In apertura
del lavori
stretta quando si impegnano a par-
tecipare alla missione salesiana nel
mondo» (Sussidi alle Costituzioni e
Regolamenti, I 984, p. 24).
Sui laici che collaborano all'ope-
ra salesiana, oltre a sottolineare,
nella prospettiva del Vaticano Il,
l'importanza della loro presenza
nella nostra missione, il Capitelo
Generale 22° ha voluto tracciare il
cammino del loro progressivo impe-
gno nel condividere questa missio-
ne, fino ad accogliere l'invito a di-
ventare membri della Famiglia Sale-
siana (Sussidi. p. 51).
Il dinamismo promosso dal rin-
novamento conciliare è penetrato
quindi nel rinnovamento della Fa-
miglia Salesiana. Difatti, tutti i tesli
che si riferiscono in modo particola-
re ai laici, tengono conto che «lo
spirito Santo rende oggi sempre più
consapevoli i laici della loro respon-
sabilità e dovunque li stimola a met-
tersi a servizio di Cristo e della
Chiesa» (AA, 1).
Le associazioni salesiane secolari,
nell'aggiornamento dei testi che
guidano la loro vita, hanno accolto,
nei loro congressi e convegni, l'invi-
to del Concilio, affinché «con la lo-
ro competenza nelle profonde disci-
pline e con la loro attività, elevata
1 GENNAIO 1986 11
intrinsecamente dalla grazia di Cri-
sto, portino efficacemente l'opera
loro, perché i beni creati, secondo
l'ordine del Creatore e la luce del
suo Verbo, siano fatti progredire
dal lavoro umano, dalla tecnica e
dalla civile cultura per l'utilità di
tutti assolutamente gli uomini e sia-
no tra loro più convenientemente
distribuiti e, nella loro misura, por-
tino al progresso universale nella ll-
bertà umana e cristiana» (LG 36).
Il rinnovamento conciliare e spe-
cialmente salesiano accettato e vis-
suto dai laici della Famiglia, apre
delle prospettive interessanti e am-
pie che dalla propria situazione di
vita culturale, secolare ed ecclesiale
si estende nell'opera di collabora-
zione che questi vogliono offrire ai
Pastori delle Chiese particolari, co-
me contributo al lavoro pastorale
d'insieme.
Praticamente, religiosi e laici
s'impegnano per portare avanti un
unico e attivo progetto apostolico:
la salvezza dei giovani. Il richiamo
alla Famiglia Salesiana avrà sempre
una dimensione ecclesiale dal mo-
mento che «nella Chiesa particolare
si trova il posto più adeguato e più
fecondo per la crescita di una comu-
nione pratica e fattiva tra i vari
gruppi della Famiglia; questa ha bi-
sogno di crescere nel tessuto opera-
tivo di base, nella capillarità degli
apporti ecclesiali, nel coinvolgimen-
to di una pastorale d'insieme nella
comunione, nella testimonianza e
nelle iniziative locali» (Don Egidio
Viganò., discorso di chiusura del
Capitolo Generale 22°, 12 maggio
I984, n. 77).
Un altro aspetto che si può sotto-
lineare sul rapporto laici e Famiglia
Salesiana, è l'intenso dialogo con il
mondo, specialmente giovanile.
Precisamente i laici per la loro com-
petenza professionale e per la loro
situazione secolare possono pene-
trare i dinamismi e strutture delle
nostre culture che condizionano i
cambiamenti sociali e politici. Que-
sto incontro con le realtà temporali,
implicite specialmente per i laici sa-
lesiani, una vera sfida al loro patri-
monio spirituale e alle loro convin-
zioni evangeliche; ogni giorno pos-
sono vivere delle emergenze che
scuotono e sollecitano la loro agilità
di servizio e la loro incisività Sale-

2.2 Page 12

▲back to top
12 · 1 GENNAIO 1986
ILa rappresentanza della Famiglia
Salesiana al Congresso.
(In primo piano il presidente
mondiale degli Exallievl
dott. Giuseppe Castelli)
siana di sensibilità per i giovani po-
veri e bisognosi. Certamente la co-
munione fraterna tra i gruppi e isti-
tuti della Famiglia Salesiana, farà
maturare intenzioni e impegni laica-
li che si convertiranno in capacità di
incarnare iJ Vangelo e di testimonia-
re Gesù Cristo all'interno della con-
vivenza di ogni giorno.
Certo che l'importanza dell'im-
pegno dei laici, esige da parte dei re-
ligiosi salesiani una fraterna e solle-
cita assistenza formativa, spirituale
ed apostolica, affinché quegli sforzi
raggiungano i destinatari della mis-
sione della Chiesa nel mondo, spe-
cialmente i giovani. Tutte le forme
di apostolato oggi hanno bisogno di
una forte spinta e costante nutri-
mento spirituale. L'originalità cari-
smatica vissuta da Don Bosco va
trasmessa con ricchezza di santità e
di esperienza apostolica in tutte le
espressioni laicali del suo «vasto
movimento» al servizio dei giovani.
La operatività della carità vissuta
col cuore oratoriano richiede eserci-
zio di comunione, di condivisione,
di generoso contributo fraterno.
Un altro aspetto che si può sotto-
lineare nel servizio del laico salesia-
no e che è connaturale della spiri-
tualità di Don Bosco, è la percezio-
ne dei segni dei tempi, la sensibilità
storica di fronte ai grandi problemi
che commuovono la società. Lo spi-
rito salesiano che anima l'apostola-
to, solJecita e farà attenzione all'e-
sercizio di un vero discernimento
nella carità pratica per accertare
l'intervento da offrire al mondo,
come impegno evangelico. L'inten-
L'intervento di
don Sergio Cuevas
sità della fede, la disponibilità nella
speranza, insieme alla riflessione e
agli orientamenti della Chiesa, sa-
ranno una base sicura per un discer-
nimento serio e responsabile.
D'altra parte ba ragione Don Bo-
sco quando insiste nell'unità delle
forze quando si tratta di operare il
bene. E precisamente questa con-
vinzione lo ha portato ad interessa-
re tante persone, nelle più svariate
situazioni per integrare un ampio
movimento (gli amici di Don Bosco)
per offrire il contributo alla salvez-
za dei giovani. La «cooperazione)>
inventata da Don Bosco è un impe-
gno umanitario e cristiano che non
esclude nessuna buona volontà.
Proprio oggi quando nella società
emergono tanti fronti di novità, chi
si ispira a Don Bosco, dalla simpa-
tia ampia all'interesse di collabora-
re, fino alJ'impegno programmato
di servire, troverà posto nel vasto
movimento salesiano.
È nella intenzione profonda di ta-
le comunione (religiosi e laici) che
Don Bosco, prima del Concilio, ci
ha pensati insieme appunto per la-
vorare nel mondo: era mosso dal
suo cuore apostolico; era guidato
da una sensibile concretezza storica;
si sentiva chiamato a rispondere alle
sfide del secolo, ascoltato soprattut-
to attraverso il grido di giovani. Per
questo iniziò l'opera degli Oratori,
l'impegno per le Missioni, la cura
delle vocazioni, la difesa e la purifi-
cazione della religiosità popolare.
Voleva collaborare al bene della so-
cietà umana: «dalla buona o catti-
va educazione della gioventù, dice-
va, dipende un buono o triste avve-
nire ai costumi della società)> (Don
E. Viganò, discorso di chiusura del
2° Congresso mondiale dei Coope-
ratori Salesiani, 4 novembre 1985).
Lungo l'anno 1986, questi ed altri
aspetti che riguardano il laico sale-
siano saranno approfonditi, come
un modo di far conoscere e di ren-
dere operativa la strenna del nostro
Rettor Maggiore: «Promuoviamo
la vocazione del laico al servizio dei
giovani nello spirito di Don Bo-
sco».
Sergio Cue-vas
Consigliere Generale
per la Famiglia Salesiana
e per la Comunicazione Sociale

2.3 Page 13

▲back to top
_VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
Cooperatori
1 GENNAIO 1986 · 13
U N'ONU SALESIANA PER
LA CARTA D'IDENTITÀ
n Congresso di Roma. Approvato
il nuovo regolamento. Le parole di
don Viganò. Eentusiasmo dei
partecipanti.
Per i trecento parteci-
panti al Congresso mondiale dei
Cooperatori salesiani non sarà faci-
le dimenticare.
Duecentoventi laici e ottanta reli-
giosi di 42 Nazioni - quasi l'ONU!
- in rappresentanza di 38.402 ade-
renti ali'Associazione ed organizza-
ti in 1385 centri, hanno dato vita a
Roma dal 29 ottobre al 4 novembre
1985 ad un appassionato tour de
force per preparare un nuovo rego-
lamento associativo. Lo stesso ret-
tor maggiore, don Egidio Viganò,
ha voluto dare un pubblico ricono-
scimento al lavoro svolto dai con-
gressisti quando nell'intervento

2.4 Page 14

▲back to top
14 l GENNAIO 1986
conclusivo ha loro detto: «Mi con-
gratulo assai per il lavoro fatto. È
questa la tappa più arricchente nella
rielaborazione postconciliare della
''carta d'identità'' dell'Associazio-
ne Cooperatori. Ne risulterà un te-
sto di benefico interesse per tutta la
Famiglia Salesiana)>. Un bel lavoro
insomma che può lasciare soddi-
sfatti il consigliere generale per la
Famiglia Salesiana don Sergio Cue-
vas, don Mario Cogliandro, delega-
to centrale per gli stessi cooperatori,
Antonio Garda Vera, regolatore
del Congresso nominato personal-
mente dal Rettor Maggiore, nonché
tutto quel piccolo esercito che ora
per competenze particolari, ora per
mandato associativo, ora per dispo-
nibilità propria ha contribuito alla
riuscita dell'insieme.
Le giornate di Roma hanno coro-
nato il lungo cammino di un dibatti-
to partito nei centri locali e svilup-
pato via via nelle sedi ispettoriali e
nazionali. I partecipanti al Congres-
so sono stati i portatori delle propo-
ste della base dunque nonché delle
numerose e varie esperienze che in
essa fermentano: attività per giova-
ni in difficoltà, impegno missiona-
rio, doposcuola, oratori, impegno Impegno apostolico del coopera-
sociale.
tore salesiano, suo patrimonio spiri-
I Cooperatori hanno dato sempre tuale, organizzazione dell'Associa-
grande importanza al loro regola- zione, appartenenza alla Famiglia
mento anche perché il primo fu pre- Salesiana, formazione dei propri
parato per loro proprio da San Gio- aderenti: ecco alcuni dei terni attor-
vanni Bosco; il regolamento è stato no ai quali si è articolato il dibattito
sempre un riferimento per l'intera assembleare e per gruppi linguistici
associazione e la formazione degli in giornate caratterizzate da parteci-
aderenti. Da qui l'importanza di pazione e familiarità.
questo II Congresso mondiale.
Il Congresso sin dall'inizio è stato
E del resto non si sarebbe potuto seguito attentamente dal Rettor
fare diversamente dal momento che Maggiore dei Salesiani mentre per le
i cooperatori i loro congressi mon- Figlie di Maria Ausiliatrice, dopo
diali li hanno svolti sempre con im- un saluto della stessa Superiora ge-
pegno e solennità. Si pensi che il nerale Madre Marinella Castagno la
primo congresso tenuto a Bologna sera dell'apertura (29 ottobre 1985)
nel 1895 fu un avvenimento che in- ba segu.ito i lavori la vicaria genera-
teressò l'intera Chiesa italiana e lo le Madre Leton Maria del Pilar che
stesso anticlericale Governo nazio- in un intervento ha sottolineato il
nale.
particolare contributo che le Figlie
Il Congresso celebrato in autun- di Maria Ausiliatrice intendono da-
no tuttavia non ha voluto riallac- re allo sviluppo della devozione ma-
ciarsi alla serie dei grandi congressi riana. Del resto sempre in apertura
che mobilitarono masse ma a quello don Viganò a tal proposito aveva
del 1976 allorché l'Associazione detto: « Don Bosco fu suscitato dal-
dietro la spinta del Concilio e di don lo Spirito del Signore, con l'inter-
Ltùgi Ricceri rettor maggiore del vento materno di Maria», per dar
tempo decise un forte rinnovamen- vita a « un vasto movimento di per-
to. Le attese non sembra siano state sone che, in vari modi, operano per
deluse.
la salvezza della gioventù».
Presenti anche altri rappresentan-
ti della Famiglia Salesiana (ex allie-
ve e ex alliev.i, Volontarie di Don
Bosco, Salesiane Oblate, Apostole
della S. Famiglia).
Le concelebrazioni poi presiedute
dai cardinali Rosalio J. Castillo La-
ra e Alfons Stikler, dagli arcivescovi
Vincenzo Fagiolo e Antonio Maria
Javierre Ortas assieme all'udienza
del mercoledì 30 ottobre di Giovan-
ni Paolo II hanno dato al tutto un
significato solennemente ecclesiale.
Particolarmente gradita poi è stata
la presenza di don Luigi Ricceri.
- -:""-~ In attesa che il Regolamento, vo-
"tato dall'Assemblea congressuale,
venga approvato e promulgato dal
Rettor Maggiore e dalla Santa Sede
val la pena richiamare qui alcuni
contenuti tratti dagli interventi di
don Egidio Viganò.
L dole operativa
Don Bosco, ha detto il Rettor
Maggiore, amava insistere sul carat-
tere operativo dell'essere coopera-

2.5 Page 15

▲back to top
- - - - - - - - - - -sB-
tore. «Oltre a pregare - era solito
dire il Santo - che non deve man-
care mai, bisogna operare, intensa-
mente operare, se no si corre alla
rovida».
Può essere interessante - ha det-
to don Viganò - notare che sono
due i principali stimoli di azione che
lo mossero a questa sua irrinuncia-
bile ricerca di collaboratori: innan-
zitutto l'Opera degli Oratori nata
negli anni 40 e poi, all'inizio dell'u-
niversalizzazione del suo progetto
nel 1875, le Missioni tra i popoli
non cristiani. Queste due iniziative
faticose, l'Oratorio e le Missioni,
cosµtuiscono la prima frontiera del
suo operare ecclesiale: sono e ri-
mangono davvero gli avamposti
della concretezza e della genuinità
dell'attività salesiana. Penso che
ancor oggi e sempre i gruppi della
nostra Famiglia fioriranno mentre
curino, in fedeltà a Don Bosco, il
«cuore oratoriano» e la «fiamma
missionaria».
«Voleva - ba proseguito ancora
don Viganò nel suo intervento in-
troduttivo - che i Cooperatori e i
membri della sua Famiglia fossero
dei discepoli di Cristo contrassegna-
ti dal dono della predilezione verso i
giovani più bisognosi, che apparis-
sero come testimoni coraggiosi della
fede tra la gente modesta, che desi-
derassero di essere collaboratori
dell'edificazione del Regno oltre i
confini della loro patria, e portatori
di speranza e di futuro nella Chiesa
per la loro specifica pedagogia vo-
cazionale.
Questo suo concreto proposito di
azione ecclesiale, proprio dell'ope-
ratore salesiano, può venir riassun-
to in quattro parole-chiavi: Orato-
rio, Missioni, Vocazioni, Religiosi-
popolare. Sono grandi piste, as-
sai pratiche ed esigenti, per rilancia-
re anche oggi l'azione dei Salesiani,
delle FigUe di Maria Ausiliatrice e
dei Cooperatori.
Due urgenze
Dopo avere offerto all'Assem-
blea alcune considerazioni di fondo
sul significato della dimensione se-
colare nella Famiglia Salesiana il
Rettor Maggiore ha voluto indicare
ali'Associazione due « urgenze»
particolarmente significative che
certamente il nuovo regolamento
farà proprie.
«La prima è l'incremento da par-
te di tutti di questa provvidenziale
"Associazione" che Don Bosco
1 GENNAIO 1986 · 15
considerava come una delle colonne
portanti della sua missione nel mon-
do: "una Associazione per noi im-
portantissima - affermava-, che
è l'anima della nostra Congregazio-
ne (i Consacrati!), e che ci serve di
legame a operare il bene, d'accordo
e con l'ajuto dei buoni fedeli che
vivono nel secolo" (cf Atti Capi-
tolo Generale 19°, ACS n. 244,
pag. 155).
Egli affermava con convinzione,
nel luglio del 1886: "I Cooperatori
saranno queIJi che aiuteranno a pro-
muovere lo spirito cattolico. Sarà
una mia utopia, ma io la tengo. Più
la Santa Sede sarà bersagliata, più
dai Cooperatori sarà esaltata; più la
miscredenza in ogni lato va crescen-
do e più i Cooperatori alzeranno lu-
minosa la fiaccola della loro fede
operativa" (MB 18, 161).
Dobbiamo saper ottenere, con lo
sforzo di tutti, che questo gruppo
della Famiglia Salesiana sia l'e-
spressione più avanzata e penetran-
te della nostra "dimensione seco-
lare".
È una sfida esaltante e magnani-
mamente ecclesiale; la sua promo-
zione ci renderà più influenti
socialmente.
La seconda è il dovere di forma-
zione: urge coltivare in ogni grup-
po, con la fraterna collaborazione
degli altri, la vitalità e la crescita
della carità pastorale.
È, questo, un proposito priorita-
rio: l'aggiornata formazione in tutti
allo spirito di Don Bosco. Dalla sua
genuina qualità fiorirà una più agHe
inventiva e un più deciso coraggio
apostolico in risposta alle incalzanti
interpellanze dei tempi» .
Trarre le somme di un congresso
è sempre arduo, specialmente quan-
do questo non si conclude con dei
voti come nel nostro caso. Quando
il Regolamento sarà in mano ad
ogni cooperatore forse si potrà dire
di più. Da esso tuttavia e soprattut-
to dagli interventi del Rettor Maa-
giore scaturisce uno stimolo che per
i Cooperatori - terza fondazione
di Don Bosco - sa non soltanto di
particolare indicazione ma di vero
programma associativo ed ecclesia-
le. Azione, dunque. Co-operazione:
non solo con Don Bosco ma con la
Chiesa e il mondo.
o

2.6 Page 16

▲back to top
_ REPORTAGE_ _ _ __ __ _ _ _ _ _ _ _ __ _
16 · I GENNAIO 1986
Madagascar/Tulear
G DAI COLLI
E VITTI 'NA CROZZA
AL TROPICO
verso il sud dell'isola.
I Vezo.
Evangelizzare nella brousse.

2.7 Page 17

▲back to top
- - - - - - - - - - -.11-
1 GENNAIO 1986 17
Sul tropico del Capri-
corno dove i raggi solari cadono
verticalmente rispetto al solstizio
d'estate e al solstizio d'inverno, a
sud del Madagascar, trovo Tulear.
Vi sono giunto - con partenza
da Tanà - su un aereo delle linee
malgascie e dopo una sosta a Fort
Dauphio dove nel 1642 il francese
Etieone de Flacourt, costretto ad
abbandonare l'isola per le reazioni
della gente di fronte all'«invasore
bianco» eresse una stele incidendovi
sopra: cave ab iocolis che tradotto
significa: stai attento agli abitanti
del luogo.
A Tulear incontro tre dei sei sale-
siani che l'lspettoria della Sicilia ha
inviato in Madagascar come proprio
contributo al Progetto Africa: don
Vittorio Costanzo, don Paolo Lon-
go ed il salesiano coadiutore signor
Paolo Sapienza; gli altri avrò modo
di incontrarli successivamente.
Tulear è una città capoluogo di
provincia e centro diocesano: vi
gravitano circa ottantamila abHanti
in massima parte di religione animi-
sta e islamica; i cristiani, suddivisi
in protestanti e cattolici, sono poco
meno del 200/o.
L'aspetto di Tulear centro è mo-
derno ed a tratti anche elegante con
una spruzzatina di gusto francese
sebbene i segni dell'attuale carenza
amministrativa siano evidenti dap-
pertutto.
Il porto, la pesca, alcune indu-
strie tessili nel settore cotoniero so-
no le principali risorse economiche.
Ma ciò che ha reso Tulear famosa
io tutto il mondo sono le sue splen-
dide conchiglie delle quali esiste un
museo ed un caratteristico mercato
dove è d'uso prima dell'acquisto,
contrattare.
«I molluschi marini di questa re-
gione - annota Io studioso Gian
Carlo Ligabue - si distinguono per
l'intensità e le variazioni cromatiche
delle loro livree, dovuti alla luce e al
colore particolarmente intensi nel
Madagascar. Lungo i cinquemila
chilometri del perimetro litorale
malgascio sono reperibili circa mil-
leduecento specie note di molluschi
marini».
La presenza a Tulear di almeno
ventiquattromila studenti ed il fatto
che il quaranta per cento della sua
popolazione ha meno di quattordici
anni sono elementi più che suffi-
cienti per giustificarvi una presenza
salesiana.
Ed i figli di Don Bosco vi sono
giunti nel dicembre del 1981 accolti
gioiosamente dal vescovo della città
monsignor Renè Rakotondrabe che
ha subito loro affidato una parroc-
chia nella zona di Mahavatse e ben
due distretti a circa ottanta chilome-
tri dal capoluogo.
La parrocchia di Tulear è una di
quelle che nella tipologia sociologi-
ca europea verrebbe definita di
periferia.
In realtà il suo territorio arriva
fin verso il centro della città svilup-
pandosi lungo la linea del porto e
della spiaggia dove fanno bella mo-
stra di alcune laka, caratteristiche
imbarcazioni a bilanciere.
Una passeggiata al tramonto sul-
la battigia del mare di Tulear in
mezzo alle qui ancora sacre man-
grovie, con all'orizzonte, lungo il
Canale di Mozambico, la barriera
corallina ed i villaggi della baia di S.
Agostino, rappresenta indubbia-
mente uno spettacolo dj rara bel-
lezza.
In compagnia di don Paolo Lon-
go e di un gruppo di ragazzini del
suo oratorio che non si stancavano
di cantare «Giù dai colli», «Vitti
'na crozza» (ndr. pezzo classico di
folk siciliano) ed altri canti italiani,
bo visitato buona parte del territo-
rio parrocchiale rendendomi conto,
ancora una volta, che non sempre
allo splendore del paesaggio s'ac-
compagna lo star bene della gente e
alla povertà dell'habitat la cattive-
ria dei suoi abitanti.
Il territorio di Tulear è abitato in
buona parte dalla tribù dei Vezo,
una tribù che vive soprattutto di at-
tività marinare ma che non disde-
gna l'impegno nei campi.
Una antica leggenda racconta che
un giorno un pescatore uscì in mare
con la sua laka, incontrò una sirena
con il volto di donna e se ne inna-
morò. Chiese di sposarla ma, avu-
tone un rifiuto, con la violenza se la
portò a terra, nella sua capanna fra
le mangrovie.
Da questa unione nacque un fi-
glio e dopo qualche tempo il padre,
uscendo a pesca, lo portò in mare
insieme alla sirena che si rituffò fra
le onde e scomparve per sempre.
Padre e figlio tornarono piangenti
al loro villaggio e di qui ebbe origi-
ne la gente Vezo.
Leggenda o no ancor'oggi in que-
sta parte del Canale di Mozambico
si piange: fioriscono piante sacre,
proibizioni e riti magici mentre dila-
gano le malattie del paludismo e
dell'alcolismo favorite da condizio-
ni socio-sanitarie veramente preoc-
cupanti.
Migliaia di persone abitano ba-
racche e capanne costruite su terreni
malsani ed acquitrinosi periodica-
mente invase dalle acque salmastre
del mare che, se da un lato con i rit-
mi della marea, rendono praticabile
alle grosse navi il molo del porto,
dall'altro lato, con il loro carico di
carcasse d'animali morti, di parassi-
ti e rifiuti d'ogni genere, rendono
sempre più precaria l'esistenza degli
abitanti.
Eppure sul volto di questi malga-
sci c'è dignità e pulizia.

2.8 Page 18

▲back to top
18 · I GENNAIO 1986
L'attività parrocchiale dei sale-
siani si svolge in collaborazione con
la Diocesi ed è orientata su una du-
plice direzione: il catecumenato per
gli adulti e l'attenzione educativa ai
giovani attraverso l'oratorio e la fu-
tura scuola professionale.
«Sebbene la nostra parrocchia
abbia molta domanda di sacramen-
talizzazione - afferma il direttore-
parroco don Vittorio Costanzo -
siano restii ad amministrare sacra-
menti con facilità perché qui l'ani-
mismo ha radici talmente profonde
da riemergere anche dopo anni di
conversione al cristianesimo».
«Nutriamo - osserva ancora
don Vittorio - molta speranza nel-
1'oratorio e nella scuola professio-
nale che contiamo di realizzare al
più presto con l'aiuto della Mise-
reor tedesca e dei nostri amici.
Del resto ci siamo anche accorti
che qui mancano totalmente strut-
ture di formazione al lavoro ma-
nuale né esistono officine in grado
di riparare ciò che si guasta. Si assi-
ste così spesso al triste spettacolo di
una «povertà sprecona» costretta a
buttare una qualsiasi macchina che
per un banale guasto non funzio-
na>>.
Ed in realtà a guardarli bene i ra-
gazzi di Tulear lasciano ben spera-
Don Rosario Vella con una
classe
re: furbi ed intelligenti come la gen-
te del mare e riflessivi come chi è
abituato ad orientarsi con le stelle e
con i venti, questi ragazzi hanno in-
tuito che quel gruppo di religiosi
giunti a Mahavatse, sono Il a condi-
videre una speranza ed a spartire
quell'unico pane che banno.
A Tulear fanno riferimento an-
che i tre salesiani che vivono ad An-
kililoaka grosso distreno a circa ot-
tanta chilometri verso nord.
Vi giungo a bordo di una Toyota
dopo due ore su pista sterrata.
Lungo il tragitto, una sola sosta:
ai margini della strada un giovane
.
, ,;. , .
. .:.:,"
~~i.lt !!'
., . :::- ~.~-
/:-
~. .,-~.;~ ,V-: . ...
...._ / ,.
-:,"" ---e,
,. . .·.,.,.....
~
-..-~•
... . . •.::t:;'
;-:ç".
...;..,:.'~ ;-r.
~ ... ,I
~
.. ~ ~
<
,... -
--
......
-:.-.......,,,,,.,-...-..,.J
-~ . -
,ii,
~
~..._'..,
.,..
Il Coadiutore Salesiano
Paolo Sapienza
pescatore offre a prezzo irrisorio
due grosse aragoste appena pescate.
<<È bene comprarle - dice gongo-
lante don Paolo che fa l'economo
del gruppo - così facciamo due co-
se: un'opera buona per il pescatore
ed una cosa utile per la cena di que-
sta sera».
Ankililoaka è un po' come l'oasi
nel deserto.
Qui giungono cristiani e non in
cerca di medicine, di cibo, o, co-
munque, di conforto.
Qui le suore francesi di S. Paul
des Chartes gestiscono fra l'altro
una preziosa attività ambulatoriale.
È da qui che il missionario si spinge
verso uno dei tanti villaggi dei quali
è costellato il distretto.
Ad Ankililoaka vivono don Gio-
vanni Corselli, don Rosario Velia e
don Carmelo Zappalà. Quest'ulti-
mo è l'anima del distretto di Ma-
nombo, tornando verso sud lungo
la costa.
Il territorio loro affidato ha un
diametro di ottanta chilometri.
Rispetto a Tulear si caratterizza
per un abbassamento del numero
dei cristiani, un aumento di difficol-
tà pratiche quali ad esempio la man-
canza di luce e di acqua, più sempli-
cità della gente. In questa sperduta
campagna tropicale vengo a sapere,
per averlo visto, che esiste un picco-
lo parassita che si insinua facilmen-
te, creandovisi una minuscola tana

2.9 Page 19

▲back to top
- - - - - - - - - -- s/1-
QUATTRO CHIACCHIERE
CON IL VESCOVO DI TULEAR
! GENNAIO 1986 · 19
Monsignor Aenè Aakotondrabe
è il vescovo della Diocesi di Tu-
lear (40 mila chilometri quadrati
di superficie e mezzo milione di
abitanti). Ha accolto con molta
simpatia i Salesiani nella sua
Diocesi dove lavorano da più
anni Assunzionisti, Gesuiti e
Fratelli del S. Cuore. Grazie alla
sua azione discreta ed attenta
al centro diocesano c'è molto
spirito di collaborazione ed aiu-
to. È il presidente della Com-
missione Catechistica Naziona-
le. Gli abbiamo posto qualche
domanda incontrandolo alla
Maison Saint Jean dove vive as-
sieme ai suoi collaboratori e do-
ve ci ha accolti. Monsignor Ae-
nè - come affettuosamente
tutti lo chiamano - è malga-
scio. L'amministrazione della
Diocesi dal punto di vista eco-
nomico è nelle mani degli As-
sunzionisti francesi che vi si de-
dicano con disinteresse e larga
generosità grazie anche all'aiu-
to dei confratelli della Francia.
- Monsignore, quando ha
conosciuto i Salesiani?
«Li ho incontrati per la prima
volta a Roma nel 1974 e da allo-
ra ho sempre desiderato di
averli nella mia diocesi. Dal
1981 la loro presenza è una feli-
ce realtà».
- Quali sono i principali pro-
blemi per la catechesi giovanile
e per la scuola cattolica in
Madagascar?
«La catechesi giovanile è la
mia principale preoccupazione.
lo stesso mi sono messo a pre-
parare testi di catechesi giova-
nile scrivendo ben cinque libri.
Abbiamo anche due scuole dio-
cesane per la formazione di ca-
techisti; la prima è per giovani
catechisti sposati che vengono
dalla campagna e l'altra per la
città. Si cerca di dare una for-
mazione plurima che abiliti i ca-
techisti ad essere non soltanto
maestri di fede ma anche pro-
motori di sviluppo.
Molta diffusa è la scuola cat-
tolica che soffre dal punto di vi-
sta economico e soprattutto per
l'assoluta mancanza di sbocchi
lavorativi.
Esistono tentativi di egemo-
nizzazione da parte dello Stato?
,,Il Governo malgascio non
vorrebbe fare questo ancherse
qualche suo membro lo deside-
rerebbe. Se la statalizzazione
delle scuole significa per lo sta-
to assunzione delle difficoltà
economiche che la scuola cat-
tolica ha ben venga questa sta-
talizzazione purché la scuola
possa mantenere la sua identità
religiosa. Noi vogliamo che la
gioventù malgascia sia capace
di guardare a Dio. Una stataliz-
zazione che non rispetti li plura-
lismo e la libertà per noi è ina-
cettabile. Qualche anno fa qual-
cuno ha preconizzato la fine
delle nostre scuole. In realtà es-
se sono vive e vegete e la gran-
de festa nazionale della scuola
cattolica che ripetiamo tutti gli
anni ha dimostrato a tutti che
siamo anche capaci di mobilita-
zione».
Che differenza passa fra i gio-
vani della città e quelli della
brousse?
I giovani della città sono più
indipendenti rispetto alla fami-
glia e alle stesse strutture stata-
li. Nella brousse soprawive be-
ne il patriarcato ed una forma di
dipendenza che facilìta anche
l'impegno educativo. Spero che
molto possano fare i Salesiani.
Ci sarebbe anche spazio per le
Figlie di Maria Ausiliatrice che
mi dicono essere suore molto
brave e che si accingono ad an-
dare nella Diocesi di Ma-
hajanga».
sottocutanea, nei piedi. Lo chiama-
no parasy afrika ed è noiosissimo
da togliere.
La vita del missionario è fatla di
continui viaggi e se non fosse stata
inventata la jeep non soJtato gli
americani non avrebbero fatto mol-
ta strada in guerra ma anche... l'e-
vangelizzazione cristiana, certa-
mente, ne avrebbe risentito!
Sono andato anch'io con don Ro-
sario Velia in uno di questi villaggi
della brousse malgascia.
Lasciata la macchina ai margini
della grande strada sterrata che da
Ankililoaka porta a Tulear ci siamo
avviati a piedi verso l'interno per al-
meno quindici chilometri campi di
cotone e torrenti. L'arrivo del mis-
sionario al villaggio è stato saJutato
dal suono cli una campana o di
quaJcosa cli simile. Da quel momen-
to è stato un via vai di persone.
C'è molta semplicità e cordialità
e del resto qui il missionario è vera-
mente tutto.
Mon pera, mio marito è malato,
dice una anziana vecchietta;
Mon pera, mia figlia ha partorito
un bambino e suo padre non ne

2.10 Page 20

▲back to top
20 · 1 GENNAIO 1986
vuol sapere, aggiunge una seconda
donna; mon pera, mi sono rotto un
braccio e non posso lavorare, co-
munica un giovane già padre di
molti figli.
A tutti il missionario dà una me-
dicina, suggerisce una parola, fissa
un qualcosa.
«Akory mon pera», «akory ma
sera»; buongiorno mio caro padre,
buon giorno mia cara sorella è iJ sa-
luto che più risuona, con affetto e
riconoscenza da queste parti dove il
sacerdote per quanto giovane come
il mio accompagnatore è veramente
padre di tutti e dove una suora per
quanto giovane o anziana è sempre
una sorella invocata.
Ho chiesto: - «Qual è la prima
difficoltà che si incontra evangeliz-
zando nella brousse? ».
«Non è - mi hanno risposto -
certamente il rapporto con la gente
dalla quale abbiamo imparato l'au-
tentico significato del fare acco-
glienza. La difficoltà è quella di far
percepire iJ significato profondo
dell'essere cristiani. Qui esiste una
cultura inveterata ed antica fatta di
simboli e miti che condiziona ogni
cosa».
- E ·dietro questo vostro impe-
gno chi c'è?
«Questo è stato veramente mera-
viglioso: dietro di noi sentiamo !'in-
- Davanti alla Chiesa di Tulear
tera ispettoria della Sicilia che si fa
carico delle nostre difficoltà».
- Ma di fronte alla richiesta di
un battesimo non vi viene il sospet-
to che questa gente potrebbe chie-
derlo perché, in fondo, l'essere cri-
stiani qui è sinonimo di sviluppo e
di speranza?
«Sl, per qualche cosa. Noi co-
munque cerchiamo di aiutare tutti,
cristiani e non. Per il resto tuttavia
c'è da notare che il convertito aJ cri-
stianesimo deve fare realmente un
enorme sforzo perché la sua cultura
non lo aiuta.
- Ma, guardando alla vostra
azione non pensate d'essere più di-
stributori di fatte e medicine che di
Parola di Dio e catechesi?
«Per noi - risponde don Velia
per tutti - è normale aiutare questa
gente che è povera dal punto di vista
materiale ed è normale parlare loro
di un Dio che non conoscono ed è
questa una povertà maggiore.
Noi non ci poniamo problemi di
teologia pastorale ma cerchiamo di
vivere insieme aprendoci noi con lo-
ro al progetto di Dio».
Questa è la vita salesiana nella
brousse malgascia dove - in man-
canza di luci artificiali - la sera an-
che il cielo diventa più trapunto di
stelle e tutto ciò avviene a otto mila
chilometri di distanza dall'Italia.
C'è qualcuno, prima e dopo di
me, che è andato a trovare questi
salesiani. Sono ragazzi e ragazze,
giovani e adulti; sono andati per da-
re una mano e per qualche settima-
na. Prima di rientrare un gruppo
l'estate 1985 ha scritto: «Domenica
primo settembre partenza da Tu-
lear. È stato un distacco straziante,
perché sentivamo di lasciare una
parte di noi stessi in questa terra che
ci aveva affascinati e riempiti di
gioia. Abbiamo trascorso gli ultimi
giorni con la coscienza di chi sa di
lasciare un popolo meraviglioso.
Un popolo che, pu.r se vive ne!Ja più
profonda miseria è felice. Un popo-
lo padrone del proprio tempo, che
non si fa travolgere dagli avveni-
menti, ma sa dominarli. Un popolo
che non ha paura della morte, ma
anzi Ja vive come la festa dell'inizio
della vera vita. Un popolo che sa
pregare, che ha il senso della litur-
gia vissuta come azione corale per
lodare Dio, Padre Figlio e Spirito.
Insomma un popolo che ci ha inse-
gnato moltm>.
Giuseppe Costa
4. Continua

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
Giornata della Pace
1 GENNAIO 1986 21
N oRo-suo,
EST-OVEST:
UNA SOLA
PACE
Ricorre la XIX Giornata.
Un itinerario pedagogico per
una cultura della pace.
Dalla «Popu/orum Progressio»
ad oggi.
I Murales di bambini a
Francoforte
(Foto Springhetti)
I
Bambini giocano su un
monumento militare a
Francoforte (Foto Springhetti)
È stato considerato un
avvenimento di portata mondiale il
vertice svoltosi a Ginevra il 19 e 20
novembre scorsi fra il Presidente
degli Stati Uniti, Ronald Reagan, e
il Segretario generale del Partito co-
munista dell'URSS, Mikhail Gor-
baciov. Gli osservatori avevano ra-
gione di pensarla in questo modo
perché Il sono passati molti proble-
mi relativi alla pace e alla guerra.
Molti, non tutti. Dal tavolo degli in-
teressi dei due cosiddetti «Grandi»
era assente il mondo dei poveri. Fra
tante questioni affrontate, neppure
una parola - ripetiamo: neppure
una - sui tre quarti dell'umanità
(più di tre miliardi di uomini) che
non mangia a sufficienza nel mi-
gliore dei casi, e vive per lo più in
condizioni di spaventosa miseria
materiale e morale.
Quindi a Ginevra si è parlato dei

3.2 Page 22

▲back to top
22 · I GE:NNA/O 1986
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIANO1
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
rapponi Est-Ovest - potenza mili-
tare, progetti di difesa e offesa,
equiUbrio del terrore, «limitazione»
degli ordigni nucleari - ignorando
la dimensione Nord-Sud. Appunto
la fame, la miseria, il sottosviluppo
cronico, le epidemie, le malattie, la
mortalità infantile; e l'oppressione
esercitata con le armi dalle potenze
maggiori, le minacce e le pressioni
politiche, l'usura internazionale, la
fuga delle intelligenze. Oltre 500 mi-
liardi di dollari 0a cifra, in lire, non
ha quasi più senso: 850 mila miliar-
di), con tendenza all'aumento, di
spesa militare in tutto il mondo,
mentre l'aiuto allo sviluppo non su-
pera il 5 per cento di quella cifra,
che è pari agli investimenti comples-
sivi dei Paesi emergenti (eufemismo
per non dire poveri).
A ricordarci che esistono quei
problemi, fra tanta distrazione, an-
cora una volta si leva la voce della
Chiesa, proclamando, nella XIX
Giornata mondiale della Pace il I0
gennaio del 1986, «La pace, valore
senza confini», e suggerendo, nello
slogan che l'accompagna: «Nord-
Sud, Est-Ovest: una sola pace» ,
l'autentica dimensione globale di
una ricerca di solidarietà.
Sono trascorsi diciannove anni da
quando, nel marzo del 1967, Pao-
lo VI inviò al mondo uno fra i mag-
giori documenti del suo pur ricco
pontificato: l'Enciclica «Populo-
rum Progressio» - «lo sviluppo
dei popoli» - , che si congiungeva
in un ponte ideale con quella che nel
1963 il suo predecessore Giovanni
:xxur aveva dedicato alla «Pacem
in Terris». Alla fine di quello stesso
anno Papa Montini indiceva la
Giornata mondiale della Pace e da
allora ininterrottamente, prima con
lui stesso, poi con Giovanni Pao-
lo II, ci si rivolge agli uomini di
buona volontà per esortarli alla pa-
ce. E non in modo astratto, ma nel-
la concretezza deUe urgenze vitali,
delle relazioni fondamentali tra gli
uomini.
TI tema della XIX Giornata non è
dovuto al caso, perché sottolinea
uno dei nodi del nostro tempo, l'im-
possibilità cioè di una coesistenza
pacifica che si basi sulla pura e sem-
plice rinuncia all'offesa, alla distru-
zione e alla morte, e la necessità che
essa vada alla ricerca di un rapporto
più giusto fra gli uomini. li divario
Nord-Sud costituisce uno scandalo
dei nostri tempi, almeno altrettanto
colpevole del conflitto Est-Ovest a
base di minacce atomiche.
Il cristiano non è per condanna-
re, ma deve sempre gridare alto e
forte il proprio coinvolgimento nel-
l'opera di giustizia. Sarà «beato»
perché «pacifico», non perché si
impegnerà nella lotta di classe,
un'altra categoria di violenza che a
sua volta genera il disprezzo del-
l'uomo e dei suoi diritti inalienabili
di creatura di Dio. Sarà «beato»
perché «giusto», non perché tra-
sformerà in liceità morale i suoi cri-
teri di obbedienza a leggi formali
(basti pensare all'aborto, permesso
da molti ordinamenti giuridici ma
non per questo meno delittuoso).
Sarà« beato» perché «misericordio-
so», quindi disponibile e amorevole
con il fratello che soffre, material-
mente e spiritualmente.
«Opportune et importune» scri-
veva l'apostolo Paolo circa la mis-
sione del seguace di Cristo. E l'ar-
gomento della Giornata cade «op-
portunamente» nella presente situa-
zione del pianeta, specialmente in
relazione al citato d:ialogo Est-
Ovest, «inopportunamente» per i
Paesi e i popoli - fra i quali il no-
stro - che mostrano un crescente
senso di fastidio, anche attraverso
risorgenti forme di razzismo, per
quella parte del mondo che incan-
crenisce nel bisogno. Per semplice
memoria: i «pochi felici>>, un quar-
to della popolazione della Terra,
consumano i tre quarti dei beni pro-
dotti. Fra questi «pochi felici» sono
compresi, oltre il Nord America,
l'Europa occidentale e il Giappone,
anche le nazioni del blocco comuni-
sta, alcuni Paesi arabi e asiatici (che
ufficialmente fanno parte del Terzo
Mondo e anzi spesso, insieme con le
«democrazie popolari>>, tuonano
contro l'Occidente dell'abbondan-
za) e il continente australiano.
C'è un filo rosso che attraversa
gli interventi della Chiesa per quan-
to riguarda la pace, particolarmente
a partire dalla prima guerra mon-
diale, che fu definita da Benedetto
XIV come «l'inutile strage». A lun-
go i cattolici, per quanto fedeli e
praticanti, sono andati a rimorchio
di comportamenti generali non per-

3.3 Page 23

▲back to top
--------~--5'1-
fettamente in linea con il Vangelo
(per esempio, con un accentuato na-
zionalismo e con una tendenza al
colonialismo e ali'interventismo
bellico), mentre proprio le gerarchie
ecclesiastiche, tanto spesso accusate
di conservatorismo e miopia politi-
ca, hanno svolto una funzione di
avanguardia respingendo i modelli
devianti e innescando e attuando,
specie da parte di Roma, criteri e at-
teggiamenti coerenti con la fede
proclamata. Soltanto più tardi, a
partire più o meno dalla fine della
seconda guerra mondiale, si è fatta
luce, anche a livello della gente co-
mune, del credente di base, una
maggiore consapevolezza della pace
come valore assoluto per un cristia-
no. In questo senso si è esplicato
l'intervento del magistero della
Chiesa, nella certezza che esso fosse
meglio capito, specialmente dopo il
Concilio ecumenico Vaticano Il.
La Giornata della Pace è eviden-
temente il frutto di quella pedago-
gia. li tema Nord-Sud viene affron-
tato nel I986 anche perché Giovan-
ni Paolo II in molte delle sue pere-
grinazioni apostoliche attraverso il
mondo (ormai una trentina), da ol-
tre sei anni a questa parte, ha perfe-
zionato la lezione di Paolo Vl, par-
ticolarmente per un ripetuto contat-
to con situazioni di miseria, di ab-
bandono e di emarginazione nei
continenti e nei Paesi del sottosvi-
luppo. In tal modo, oltre tutto, la
naturale vocazione missionaria del-
la Chiesa viene confermata da una
più accurata verifica della realtà che
ci circonda, pure possibile grazie ai
mezzi della comunicazione sociale.
Utema della XIX Giornata mette
in evidenza uno dei due filoni lungo
i quali si muove la «filosofia» del-
l'annuale messaggio: il primo di na-
tura personale, con la sottolineatu-
ra della riconciliazione, della pace
dal cuore, dell'opera di educazione
ai valori della mansuetudine, dell'a-
desione e della conversione, dell'a-
more al fratello e al prossimo; e il
secondo con una marcata caratte-
rizzazione che chiameremmo socia-
le e un'apertura ai problemi degli
uomini, dei popoli e dell'umanità.
A questo secondo filone appartiene
il Messaggio del I986, che, ricolle-
gandosi alla ricordata «Populorum
Progressio», perfeziona e rafforza
Manifestazione pacifista in
Germania (Foto Springhetti)
il continuo appello al rispetto dei di-
ritti dell'uomo, alla fratellanza e al-
la giustizia, alla difesa della vita, al
ripudio della violenza, alla necessità
del dialogo, alla pratica della libertà
e della verità.
« La Pace, valore senza confini»
costituisce un doveroso passaggio
logico verso una dimensione di in-
tervento che, senza trasformarsi in
interferenza, ribadisce il primato
del dover essere sull'essere, anche
come popoli e na2ioni, oltre che in
quanto comunità sociali e singoli in-
dividui. In un quadro che non si li-
mita alla data del IO gennaio di ogni
anno ma che si arricchisce-con con-
tùmi apporti e al quale ormai si pos-
sono riferire interventi <<storici>>,
come le citate Encicliche di Giovan-
ni XXIII e di Paolo VI, e inoltre i si-
gnificativi passi della «Redemptor
Horninis» di Giovanni Paolo Il e
gli interventi di risonanza interna-
zionale che, dalla tribuna delle Na-
zioni Unite, videro Paolo VI e Gio-
vanni Paolo 11 perorare la causa
dell'uomo. «Lo sviluppo è il nuovo
nome della pace» ammoniva già nel
1967 Papa Montini; e aggiungeva:
« La pace non si riduce a un'assenza
di guerra, frutto dell'equilibrio
1 Gl:NNAIO 1986 23
sempre precario delle forze. Essa si
costruisce giorno per giorno, nel
perseguimento dell'ordine voluto
da Dio, che comporta una giustizia
più perfetta tra gli uomini». A sua
volta Papa Wojtyla, nel riprovare la
tentazione dell'<(egoismo colletti-
vo» dei Paesi industrializzati, pochi
giorni prima del Sinodo in occasio-
ne di un convegno su «Chiesa ed
economia» organizzato a Roma
dall'Università Urbaniana e dalla
Fondazione Adenauer, ha solenne-
mente ammonito le nazioni ricche
sul «grave obbligo di venire in aiuto
agli altri Paesi nella loro lotta per lo
sviluppo economico, sociale e cul-
turale».
Questo oggi la Chiesa vuole ripe-
tere: non si parli soltanto di ridurre
gli strumenti di distruzione e di
morte, non si tratti soltanto di inte-
ressi di potenza (le ideologie sono,
ormai, una semplice scusa), ma an-
che si vada al fondo delle tensioni
che, come la fame e la miseria, sal-
gono dall'uomo perché umiliano
l'uomo, ne appannano l'immagine
e la filiazione divina. La pace, dice-
va il titolo della Giornata del 1982,
è un dono di Dio affidato agli uomi-
ni. La solidarietà, ci ricorda oggi il
messaggio per il l 986, ci rende de-
gni di amministrarlo.
Angelo Paoluzi

3.4 Page 24

▲back to top
_ PASTORALE GIOVANILE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
24 · 1 GENNAIO 1986
Un centro di accoglienza a Roma
T ROVANO DON BOSCO
I RAGAZZI CHE VENGONO
ccDA PIÙ LONTANO»
Ai giovani immigrati dal Terzo Mondo,
il Centro accoglienza di via Magenta
offre aiuto materiale, ma soprattutto
il calore della famiglia salesiana.
n laboratorio «mamma Margherita».
Roma - Al numero 25
di via Magenta, a pochi passi dalla
fastosa via Veneto, s'incontra un
pezzetto d'Africa. Chi ci fosse sbal-
zato d'improvviso, come per incan-
to, potrebbe chiedersi se per caso
non ha sbagliato Continente. Qual-
che bianco lo si vede in giro, ma i
più sono neri, e parlano dialetti il
cui suono è inconfondibilmente
africano. li Centro accoglienza, che
ha sede appunto in via Magenta, un
pezzetto d'Africa lo è veramente,
l'Africa della povertà, dell'abban-
dono, ma anche l'Africa della spe-
ranza. Difatti approdano qui gli im-
rrùgrati che, ormai con flusso inar-
restabile, dal Continente africano e
dal Terzo Mondo in genere vengono
nel nostro Paese, con niente in vali-
gia e nell'animo una smisurata fidu-
cia nella possibilità di farsi una vita
rrùgliore di quella che hanno lascia-
to nella terra d'origine.
C'è un luogo di Roma che sembra
calamitare questa gente: la stazione
Termini. U mastodontico edificio
verso cui convergono i fasci dei bi-
nari ferroviari, ha il pregio, ai loro
occhi, di offrire, nei tetri meandri
del suo capace ventre sotterraneo,
un riparo a quanti, sprovvisti anche
delle poche migliaia di lire necessa-
rie per procurarsi un letto in una
delle innumerevoli, decrepite pen-
sioni del quartiere, non saprebbero
dove passare la notte. Via Magenta
è a ridosso della stazione Termini. E
si dà il caso che nella stessa area sor-
ga la Chiesa del Sacro Cuore, quelJa
che don Bosco volle edificare, con
enormi sacrifici, circa un secolo fa,
per offrire, con la parrocchia, l'ora-
I Le foto di questo servizio
si riferiscono al centro
accoglienza descritto
torio, la libreria, un luogo di acco-
glienza per ragazzi e giovani abban-
donati o in precarie condizioni.
«Servirà a ricevere i ragazzi che
vengono da più lontano» disse don
Bosco. Quel «più lontano», che al-

3.5 Page 25

▲back to top
- - - - - - - - - - -~ -
I GENNAIO 1986 25
l'epoca aveva un significalo territo-
rialmente ridotto, si è oggi dilatato
oltre i confini dell'Italia, e « più lon-
tano» ancora, verso altri Conti-
nenti.
Cinque anni di attività
A questo punto abbiamo fornito
tutti gli elementi indispensabili a
comporre il quadro: gli immigrati
- per lo più giovani, tuui bisognosi
di aiuto - don Bosco, i salesiani.
Mescolate gli ingredienti ed avrete il
Centro accoglienza per giovani stra-
nieri don Bosco, di via Magenta 25.
Nacque nel 1980, quando si profilò
in tutta la sua ampiezza il fenomeno
dell'immigrazione nel nostro Paese
dal Terzo Mondo. Fu don Arman-
do ButtarelU che si lanciò con pas-
sione neU'impresa, procurando i lo-
cali, stabilendo contatti e collega-
menti, creando Je prime attrezzatu-
re che avrebbe potenziato nel tem-
po, superando le gravose difficoltà
iniziali e anche quelle che sarebbero
nate in seguito. La voce si sparse,
gli immigrati affollarono in numero
crescente il Centro. Così via Magen-
ta 25 divenne in breve un pezzetto
d'Africa in pieno centro di Roma.
L'attività si è allargata, le iniziati-
ve si sono moltiplicate, sostenute
dallo spirito di don Bosco e dal di-
namismo dei salesiani, con l'appog-
gio di ex allievi, cooperatori, volon-
tari. « E soprattutto della Provvi-
denza» - aggiunge don Nicola Cic-
careJli, H sacerdote salesiano che ha
sostituito don Buttarelli quando
questi ha assunto la direzione della
Casa del Sacro Cuore. «La Provvi-
denza ci assiste di continuo. Qui c'è
sempre bisogno di tutto, e proprio
quando sembra che non ci sia più
niente, che sia impossibile risponde-
re alle mille necessità di ogni gior-
no, ecco che, da una parte o dall' al-
tra, arriva ciò che ci serve. Come lo
chiama lei, Lutto questo?»
La Provvidenza assume nomi di-
versi, talvolta preferisce l'anonima-
to, ma aleggia in permanenza sul
pezzetto d'Africa trapiantato a Ro-
ma. E che cosa consente di fare,
l'aiuto della Provvidenza? « Intanlo
di dar da mangiare a questi ragazzi,
poi di curarli negli ambulatori, di
vestirli, di trovare loro un alloggio
per la notte, e ancora di istruirli, di
assisterli spiritualmente, di aiutarli
a trovare una sistemazione in Italia
o di raggiungere altri Paesi o di far
ritorno a casa» . Non è impegno da
poco, se si tien conto che non sono
mai meno di 1500 gli immigrati che
fanno capo al Centro, e molti di più
quelli che usufruiscono degli ambu-
latori, aperti a Lulli. Ma don Buua-
relli prima e don Ciccarelli ora, non
si sono mai persi d'animo. «Certo,
qualche momento di sconforto va
messo in conto - ammette don Ni-
cola - ma è roba passeggera. Del
resto, con quel che c'è da _fare, pra-
ticamente 24 ore su 24, non ci sareb-
be il tempo di indugiarvi a lungo» .
Collaboratrici preziose
Che qui ci sia molto da fare lo
avevo capito prima ancora che don
Ciccarelli me lo dicesse. Parlare con
questo prete - 60 anni gagliarda-
mente portati, chioma argemea,
una schietta cordialità che sconfina
nell'allegria, dinamismo del tipo
«avanti tutla» - parlare con lui è
un'impresa. Lo vogliono al telefono
uno via l'altro, l'ufficio è tutto un
entrare e uscire di giovani che rivol-
gono a don Nicola le richieste più
svariate, in un italiano stentato, in
francese, in inglese. Mentre aspetto
pazientemente di poter fare qualche
altra domanda a don Nicola, mi vie-
ne da osservare l'abbigliamento di
questi ragazzi: tuttti piuttosto ben
vestiti. «Lo sa che cosa faceva
mamma Margherita, la mamma di
don Bosco, a Valdocco? - mi in-
rerpella don Nicola captando, tra
una telefonata e l'altra, la mia os-
servazione. - Con l'aiuto delle
cooperatrici raccoglieva e sistemava
abiti per i ragazzi abbandonati che
il figlio andava a scovare dovunque
gli capitasse, con gli abiti a brandel-
li, spesso seminudi. Bene, noi ci sia-
mo messi sulla stessa strada. Dal
ge nnaio 1983 è in funzione all'ulti-
mo piano il "laboratorio mamma
Margherita" . con guardaroba, la-
vanderia, stireria, rammendo. La
gente ci manda gli abiti smessi, la
biancheria, tutta roba in buono sta-
to, noi la distribuiamo ai ragazzi e
quando è sporca la ritiriamo, la la-
viamo, la stiriamo e la riconsegna-
mo».
Servizio da grand hotel. Con un
vantaggio: che è gratis. Più precisa-
mente, è gratis per i fruitori del ser-
vizio, ma costa un bel po' in fatica e
tempo a chi lo manda avanti, senza
alcun compenso. A rinnovare l'av-
ventura di mamma Margherita sono
cooperatrici salesiane, ex allieve,
volontarie di don Bosco. Collabora-
trici preziose, disinteressate, gene-
rose, di cui don Nicola elenca i no-
mi: Aida Lombardi, Maria Cirelli,
Silvana Laudati, Marisa CastelJaz-
zo, Ester Fiorani, Maria Murra,
Ivana Santopadre. Non si limitano
a lavorare e stirare. Hanno finito
per diventare un punto di riferimen-
to per tanti giovani che avvertono la
bruciante lontananza della fami-
glia, della madre, di una sorella, che
hanno bisogno, quando gli assalti
delJa nostalgia si fanno più pressan-
ti, di confidarsi con una persona

3.6 Page 26

▲back to top
26 · I GENNAIO 1986
amica, di dialogare, di parlare dei
problemi e delle speranze di un in-
certo avvenire, per superare solitu-
dine e frustrazione.
Le tre «S»
Volontari anche i medici e gli in-
fermieri che vengono a turno ogni
giorno ad accogliere gli immigrati
negli ambulatori, per visitare, medi-
care, prescrivere terapie, distribuire
medicinali. Il servizio sanitario con-
corre a formare quella triade che
don Nicola definisce delle tre «S».
La salute, appunto. E poi la scien-
za, nel senso ampio di cultura.
« Questi giovani hanno bisogno di
apprendere la lingua italiana, di far-
si un minimo di bagaglio culturale,
di conoscere l'indispensabile in
campo sociale, di crescere nella con-
sapevolezza dei loro diritti e dei loro
doveri. Ed ecco maestri e professori
che si prestano volontariamente a
tenere lezioni. Abbiamo attrezzato
un'aula provvista di mezzi audiovi-
sivi, molto utili per l'apprendimen-
to. Alle lezioni si aggiungono le visi-
te guidate alle antichità e alle opere
d'arte di Roma».
È evidente che si fa di tutto per
tenere impegnati questi giovani, in
attesa di una loro sistemazione. La-
Don Nicola Ciccarelli
responsabile del Centro
sciarli bighellonare nei dintorni del-
la stazione Termini non è soltanto
improduttivo, ma pericoloso per via
dei traffici illeciti e dei molti malin-
tenzionati che hanno fallo di questo
luogo una centrale del vizio e del
crimine. Invece, incontrarsi nei lo-
cali del Centro per seguire una le-
zione, cantare insieme i canti della
propria terra lontana, raccogliersi
nella saletta per scrivere alla fami-
glia, sono tutti modi di aiutarsi a vi-
cenda a sopportare la non invidiabi-
le condizione. Si potrebbe fare di
più, afferma don Nicola, se una ap-
propriata legislazione consentisse di
organizzare corsi di addestramento
professionale, in modo da dare a
questi ragazzi un mestiere che po-
trebbero utilmente esercitare al loro
rientro in patria.
E la terza «S»? Ecco, «S» come
santità, cioè i valori dello spirito.
«Vengono da noi molti cristiani,
ma una buona parte sono musuJma-
ni. Esortiamo tutti a non trascurare
i loro doveri religiosi, quale che sia
la loro fede, come voleva don Bosco
e come vuole la Chiesa». I cattolici
frequentano la Messa domenicale in
francese e la chiesa si riempie dei
canti dello Zaire o della Nigeria.
Celebrano la Pasqua, festaggiano il
Natale, partecipano a meditazioni
collettive. Per i musulmani ci sono i
riti del Venerdì. E durante il perio-
do del Ramadam, il grande digiuno
dell'Islam, che molti osservano con
scrupolo, si predispone in modo
che, a notte fonda, quando il digiu-
no ha termine, possano trovare il
loro pasto. Tutti, poi, cristiani e
musulmani, festeggiano don Bosco,
perché tutti Lo sentono come un
amico. E sempre in allegria e buon
umore.
IL problema del pasto quotidiano
è stato risolto in collegamento con
Ja Caritas diocesana, che a mezzo-
giorno apre la sua mensa. «Ma -
aggiunge don Ciccare!Ji - come si
faceva, alla sera, a lasciare che mol-
ti di questi ragazzi se ne andassero a
cercare un posto dove trascorrere la
notte senza niente nello stomaco?
Stringeva il cuore il so1o pensarci. E
così siamo riusciti, soprattutto con
l'aiuto della parrocchia del Sacro
Cuore, a fornire anche la cena». 11
nodo più grosso è quella della notte,
specie della notte invernale. Si è cer-
cato di rimediare con vecchie rou-
lottes e qualche casetta prefabbrica-
ta sistemate al Borgo ragazzi don
Bosco, su!Ja via Prenestina. Ad altri
si provvede a!Joggiandoli in pensio-
ni convenzionate. Ma non basta.
Purtroppo c'è ancora chi si deve ac-
contentare di una coperta donata
dal Centro, che fa da letto e da tetto
in qualche angolo della città.
La prima persona che i giovani
incontrano quando vengono a con-
tatto con il Centro accoglienza è un
signore che si chiama Antonio Baz-
zani. Con lui nessuno è in difficoltà
con le lingue: ne parla sette. È il se-
gretario del Centro, compila le
schede dei nuovi arrivati per avere il
quadro della situazione, sapere da
dove viene Lokongo Ndeme, dove
desidera andare Nyengele Avo, cosa
vuole fare questo e quello, quali so-
no i loro bisogni. Poi entrano in
azione gli esperti, come il signor Fa-
brizio Lombardi, bella barba squa-
drata, chesa tutto ciò che si può sape-
re circa passaporti, permessi di soi-
giorno, visti, itinerari, viaggi. E,
questo, uno dei servizi cardine del
Centro. Molti degli immigrati dal
Terzo Mondo fanno dell'Italia un
ponte verso altre destinazioni (pare
chelenostreautoritàsiano più larghe
di manica nella concessione di visti e
permessi). La loro mèta ultima è al-
trove, in altri Paesi europei o negli
Stati Uniti. Inesperti, talvolta super-
ficiali e faciloni, non riuscirebbero il
più delle volte a muoversi di un metro
da Roma se non ci fosse l'assistenza

3.7 Page 27

▲back to top
- - - - - - - - - - -s/1-
di unesperto, capace di districarsi nel
labirintodelle praticheburocratiche,
conoscitore delle legislazioni dei vari
Paesi in fatto di immigrazione. Ma
Lombardi e il personale che lo coa-
diuva non sono solo dei freddi << tec-
nici», sanno essere anche esperti del-
l'animo umano, per poter cogliere gli
atteggiamemi che è opportuno rad-
drizzare, per dare suggerimenti utili
a noncompromerterela riuscitadi un
programma di viaggio e, se del caso,
evitare che un biglietto d'aereo im-
bocchi una strada che non è la sua.
Recapito postale
Il Centro di accoglienza è inoltre
un recapito postale e telefonico.
Non avendo una casa propria, i gio-
vani non dispongono di un indiriz-
zo, men che meno di un telefono. E
allora il Centro assume il ruolo di
casa di tutti e comune diventa l'in-
dirizzo cui i parenti nello Zaire, in
Nigeria, Marocco, Algeria, Egitto,
Costa d'Avorio, Angola e in altri 76
Paesi del Terzo Mondo, fanno rife-
rimento per mettersi in comunica-
zione con figli, fratelli, amici. Ma al
Centro arrivano anche altre lettere,
i cui destinatari non sono i giovani,
ma le persone che si occupano di lo-
ro. Lettere di ragazzi che hanno tro-
vato, in giro per il mondo, una si-
stemazione, un lavoro. «Grazie per
quanto avete fatto per me ... >).
«Vorrei rimanere in contatto con
voi ... » «Ho visto la bellezza della
religione cristiana nell 'aiuto che mi
avete dato... >> «Voi fate come don
Bosco... ». «Non dimenticherò mai
la vostra generosità... ». «Scrivo dal
carcere perché voglio assicurarvi
che non sono stato arrestato per
questioni di droga, ma a motivo del
foglio di via. Ditelo, per favore, ai
miei amici della Costa d'Avo-
rio ... ».
Lrnmediatamente a ridosso dei
volontari che operano in prima li-
nea c'è il supporto della grande fa-
miglia salesiana. La Parrocchia del
Sacro Cuore, in testa a tutti, con il
suo parroco don Filippo Gena -
che si assume l'onere maggiore, e
poi l'lspettoria romana con don
Prina prima e don Spera oggi, i coo-
peratori, gli ex allievi, i salesiani di
Frascati-Capocrocc (che ospitano
un gruppo di studenti), i salesiani li-
tuani di Frascati, quelli di Genzano,
di Roma Testaccio, le figlie di Ma-
ria Ausiliatrice dei diversi Istituti.
Tutti impegati a proseguire l'opera
di don Bosco per i giovani poveri ed
emarginati, per farli sentire come in
famiglia, una famiglia accogliente e
al tempo stesso dotata di grande ef-
ficienza. E poi tanta altra gente che
ha capito che questi giovani non so-
no dei «diversi» da tenere a debita
distanza, ma fratelli da aiutare. È ai
fratelli che hanno pensato tutti colo-
ro che hanno inviato somme di de-
naro, i coniugi di Lacina che hanno
offerto ospitalità a un giovane aiu-
tandolo a completare gli studi, l'av-
vocato che ha prestato il patrocinio
gratuito, le comunità religiose che
aprono le loro Case, i coniugi che
hanno donato la lavatrice, i fedeli
della parrocchia di Sarnano, in pro-
vincia di Macerata, che hanno ac-
colto la famiglia angolana (genitori
e cinque figlioletti), gli imprenditori
che offrono occupazioni stagionali.
Don Nicola, di che cosa ha biso-
gno? «Non ho alcun ritegno a dirlo:
di denaro. Spesso il nostro fondo
cassa arriva proprio fino ... al fon-
I GENNAIO 1986 · 27
do, non serve neppure raschiarlo.
Ne abbiamo bisogno oggi, e ne
avremo bisogno ancora di più in fu-
turo, per migliorare la nostra attivi-
tà, risolvere altri problemi, quello
dell'alloggio anzitutto. Ma vorrei
che fosse chiara una cosa. Non vo-
gliamo denaro offerto con freddez-
za. Noi vogliamo una partecipazio-
ne di cuori per far sentire a questi
giovani che siamo loro vicini come
fratelli, incoraggiarli, partecipare ai
loro problemi non sempre compre-
si. Essi sono venuti tra noi non solo
per prendere, ma anche per dare.
Per questo noi consideriamo la loro
venuta come qualcosa di provviden-
ziale».
Ma l'opinione corrente pensa il
contrario, che tutti questi immigrati
sono un guaio piuttosto che una be-
nediz.ione. «E io dico che non è ve-
ro. Certo, non tuui sono dei santi,
c'è anche chi si dedica ad attività il-
lecite, e finisce in galera. Ma nella
stragrande maggioranza sono per-
sone che sperano di trovare aiuto,
comprensione, sostegno, amore.
Un tempo, e anche oggi, educatori.
missionari andavano dal nostro
Paese verso il Terzo Mondo. Oggi,
on porzione del Terzo Mondo viene
da noi. I salesiani stanno realizzan-
do il progetto Africa per aiutare
quei popoli. Bene, in certo modo,
noi contribuiamo con un progetto
Africa... casalingo. Chiediamo a
rutti di aiutarci. In che modo? Of-
frendo denaro, atJoggio, viveri, vo-
lontariato, roulones anche in catti-
vo stato». Chiedono tutto questo in
nome di don Bosco, che ha insegna-
to ad essere veri cristiani non a pa-
role, ma con l'esempio concreto.
Nei locali affollati un giovane si
trascina su una rudimentale tavola
di legno munita di rotelle, impedito
totalmente nell'uso degli arti infe-
riori. Ha trovato lo straordinario
coraggio, i11 quelle condizioni, di la-
sciare il suo lontano, poverissimo
Paese, l'Angola. Di fronte a questo
giovane, e alla fiducia riposta nel
suo prossimo che vive in un Paese
«ricco», chi può avere il coraggio di
respingerlo? «Quando un forestiero
dimora presso di voi, nel vostro
Paese, non gli fate torto», dice la
parola di Dio.
Gaetano Nanetti

3.8 Page 28

▲back to top
_ VITA_ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ __ __ _ _ _ _ _ _ __
28 · I GENNAIO 1986
Il Sinodo
U N DONO DI DIO ALLA
CHIESA E AL MONDO
Le conclusioni del Sinodo che ha
voluto ricordare i vent'anni dal
Concilio. La p resenza salesiana.
Nuove prospettive di impegno
e di coraggio.
Per due settimane, a
venti anni dalla conclusione del
Concilio ecumenico, i vescovi di
tutto il mondo si sono riuniti a Ro-
ma in Sinodo intorno al Papa, per
fare un bilancio delle luci e delle
ombre dell'attuazione degli inse-
gnamenti del Vaticano Il nei cinque
continenti.
Come già nell'aula conciliare, co-
nell'aula sinodale erano presenti
numerosi vescovi salesiani. Due di
essi, l'arcivescovo di San Salvador,
mons. Arturo Rivera Damas, e l'ar-
civescovo di Tegucigalpa, mons.
Héctor Enrique Santos Hernandez,
erano stati tra i testimoni del Vati-
cano IL A loro si sono affiancati
per il Sinodo straordinario l'arcive-
scovo di Managua, cardinale Mi-
guel Obando Bravo, e l'arcivescovo
di Montevideo, mons. José Gottar-
di Cristelli, nella loro veste di presi-
denti delle conferenze episcopali del
Nicaragua e dell'Uruguay.
La famiglia salesiana era pure
rappresentata dal rettore maggiore,
don Egidio Viganò, in rappresen-
tanza dej superiori generali degli
Istituti religiosi maschili; e dal car-
dinale venezuelano Rosalio José
Castillo Lara nella sua qualità di
presidente della Pontificia Commis-
sione per l'interpretazione autentica
del Codice di Diritto Canonico.
Altri due membri della famiglia
salesiana hanno avuto un ruolo nel
Sinodo: don Luigi Bogliolo, già
esperto del Concilio, che ha colla-
borato strettamente con il segreta-
rio speciale del Sinodo; e suor Mari-
nella Castagno, superiora generale
delle Figlie di Maria Ausiliatrice,
che ha presenziato ai lavori sinodali
come «uditrice».
Ancora una volta il Sinodo dei
vescovi - che è stato istituito da
Paolo VI nel settembre 1965, all'i-
nizio dell'ultima sessione del Conci-
lio - si è rivelato uno straordinario
avvenimento ecclesiale per la varie-
degli apporti che riflettevano la
diversità delle culture e delle espe-
rienze storiche e geografiche, per la
libertà di pensiero e di espressione
che ha caratterizzato il dibattito,
per lo spirito di collegialità manife-
stato nella ricerca di indicazioni va-
lide per tutta la Chiesa.
Tutta la ricchezza del dibattito si-
nodale, sia in assemblea generale sia
nei gruppi linguistici, è stata sinte-
tizzata nei due documentj pubblica-
tj a conclusione dei lavori: la «Rela-
zione finale» e il «Messaggio al Po-

3.9 Page 29

▲back to top
-----------#-
polo di Dio», in cui i vescovi di tut-
to il mondo esprimono la loro una-
nime convinzione che il Concilio è
stato «un dono di Dio» alla Chiesa
e al mondo, per oggi e per domani.
U «Messaggio» ripropone alla
cristianità la dottrina conciliare sul-
la Chiesa «mistero» dell'amore di
Dio presente nella storia degli uomi-
ni. «Si tratta di una rea/là di cui
dobbiamo essere sempre più certi.
Noi siamo consapevoli che la Chie-
sa non può rinnovarsi senza che
venga radicata più profondamente
nell'animo dei cristiani questa nota
spirituale di Mistero. Questa nota
ha come primo elemento caratteri-
stico la chiamata universale alla
santità, rivolta a tutti i fedeli come a
coloro che, per le loro condizioni di
vita, seguono i consigli evangelici>).
«È necessario quindi», dicono i
Padri sinodali, «comprendere la
realtà profonda della Chiesa e di
conseguenza evitare le cattive inter-
pretazioni sociologiche o politiche
sulla natura della Chiesa. In questo
modo proseguiremo, senza soste, il
nostro lavoro, nella fede e nella spe-
ranza, per l'unità dei cristiani. li Si-
gnore Gesù Cristo, che è iJ medesi-
mo, ieri, oggi e domani, assicura la
vita e l'unità deJJa Chiesa in tutti i
secoli. Attraverso questa Chiesa,
Dio offre un'anticipazione e una
promessa della comunione a cui
chiama tutta l'umanità».
11 <<Messaggio» del Sinodo invita
a conoscere e comprendere meglio e
completamente il Concilio, ad in-
tensificarne lo studio e l'approfon-
dimento, a scoprire «l'unità e la ric-
chezza>> di tutti i suoi documenti. Il
Vaticano Il, come tutti i precedenti
Concili, non potrà portare i suoi
frutti se non attraverso un impegno
«perseverante e costante» nel tem-
po. Ciò richiede «cuore aperto e di-
sponibile», la convinzione che
ognuno e ognuna di noi battezzati
ha una propria responsabilità nel-
1'evangelizzazione del mondo e la
consapevolezza che in questo tempo
- soprattutto tra i giovani - si ma-
nifesta «un'ardente sete di Dio».
Riuniti nel Sinodo, i vescovi di
tutto il mondo non si sono ripiegati
solo in un discorso intra-ecclesiale,
ma si sono sentiti interpellati dalla
drammatica crisi dell'umanità,
«dalle nuove sfide del mondo e dal-
111 gruppo delle Uditrici e degli
Uditori al Sinodo con Giovanni
Paolo Il. La prima a sinistra è
Madre Marinella Castagno
le sfide che Cristo sempre rivolge al
mondo».
li «Messaggio» ricorda in parti-
colare le sfide di ordine sociale, eco-
nomico e politico, la mancanza di
rispeuo per la vita umana, la sop-
pressione delle libertà civili e reli-
giose, il disprezzo dei diritti della
f amig/ia, la discriminazione razzia-
le, gli squilibri economici, l'indebi-
tamento ormai insostenibile dei
Paesi del Terzo Mondo, i problemi
della sicurezza internazionale e del-
la corsa agli armamenti sempre più
potenti e terribili.
«I mali del mondo>>, rilevano i
Padri sinodali, «vengono anche da
un'impotenza dell'uomo :;i. domina-
re le sue conquiste, quando l'uomo
si chiude in se stesso».
Dall'aula sinodale i vescovi rivol-
gono al mondo una parola di fidu-
cia e di speranza, il messaggio del
Vaticano Il. «Con umiltà ma con
certezza lo diciamo a tutti gli uomi-
ni e a tutte le donne di questo tem-
po: Noi non siamo fatti per la morte
ma per la vita. Noi non siamo con-
dannati alle divisioni e alle guerre,
ma chiamati alla fraternità e alla
pace. L'uomo non è creato da Dio
per l'odio e la diffidenza, ma èfatto
per l'amore di Dio. È fatto per Dio.
1 GENNAIO 1986 · 29
L'uomo risponde a questa vocazio-
ne mediante il rinnovamento del
cuore. Per l'umanjtà c'è una via -
e ne vediamo già i segni - che con-
duce ad una civiltà della condivisio-
ne, della solidarietà e dell'amore».
Su questo cammino, Ltna tappa
fondamentale sarà senza dubbio
rappresentata dal prossimo Sinodo
dei vescovi, che si terrà nell'autun-
no del 1987, sulla « vocazione e mis-
sione dei laici nella Chiesa e nel
mondo, vent'anni dopo il Vatica-
no II». Questo Sinodo riguarda tut-
ta la Chiesa: vescovi, sacerdoti, dia-
coni, religiosi, religiose, laici. La
preparazione al Sinodo sul laioato,
che coinvolgerà anche la famiglia
salesiana, segnerà un momento de-
cisivo «perché tutci i cattolici accol-
gano la grazia del Concilio».
L'ultima parola del Sinodo
straordinario - indetto da Giovan-
ni Paolo n il 25 gennaio 1985, pre-
parato in meno di dieci mesi e con-
cluso, come il Concilio, il giorno
della festa dell'Immacolata Conce-
zione di Maria - è stata di ringra-
ziamento allo Spirito Santo «per la
grande grazia di questo secolo che èi
stata il Concilio Vaticano ll». « Co-
me agli apostoli, radunati nel Cena-
colo con Maria, lo Spirito Santo ci
insegna quello che vuol dire alla
Chiesa nel suo pellegrinaggio verso
il terzo Millennio».
Silvano Stracca

3.10 Page 30

▲back to top
_ PROTAGONISTI _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
30 · 7 GENNAIO 1986
Fortunato Pasqualino
O RE9:
LEZIONE
CON I PUPI
La singolare esperienza di
Fortunato Pasqualino, exallievo
dell'Oratorio Salesiano di
Caltagirone. La sua attività di
animatore culturale e di scrittore
educatore.
La scena è surreale: li-
nee cupe e forti, tinte sanguigne di-
segnano arcbi e spazi che fanno
pensare ad avvallamenti, garbuglio
di foreste e tetre cavità che rendono
lugubre l'ambiente. Rappresenta
Roncisvalle. La figura esile di un
vescovo fa sentire la sua voce: << Ec-
co il luogo dove i saraceni riceve-
ranno il battesimo. Così si porrà fi-
ne aJl'odio, alle violenze e alle guer-
re. È l' ora in cui tutti dobbiamo ab-
bracciarci in Cristo e sentirci fratel-
li!>). Ma la voce di Orlando, paladi-
no di Carlomagno, richiama alla
tragica realtà: «Questa gente che ci
viene incontro non porta rami di
ulivo né palme. Viene ad assaJirci. È
un tradimento! Ora ricordo quanto
mia madre ripeteva accanto alla
grotta in cui vidi la luce, a Sutri, vi-
cino a Roma: "Tu, Orlando, sei na-
to come Gesù, in una grotta. Sarai
tra i dodici paladini, ma uno di loro
ti tradirà". Ora io qui vedo il mio
Calvario)). «Non solo il tuo - in-
terviene il vescovo - ma iJ nostro.
Ognuno di noi, dovunque sia nato e
comunque abbia vissuto, ripercorre
vita e passione di nostro Signore
Gesù Cristo. Ormai tutto è altare...
Nella notte in cui fu tradito, prese il
pane, rese grazie... ». La minuta fi-
gura del vescovo crolla sotto i colpi
spietati dei saraceni che hanno inva-
so la scena. Poi è la volta di Orlan-
do che soccombe esclamando: « Do-
ve fallisce la volontà di pace e di
amore insegnato dal Vangelo, non
resta che la tragica fratellanza della
morte)) . La scena cambia e sullo
sfondo della città di A ssisi France-
sco inizia la sua avventura di «pala-
dino» che rifiuta le arrni e la violen-
za perché ha sentito la voce di Dio
che gli ingiungeva di « fare la con-
quista delle anime e non quella delle
armh>.
È la storia di S. Francesco, sotto
il titolo di «TI paladino di Assisi »,
raccontata dai «pupi siciliani)) dei
Fratelli Pasqualino. Per poco meno
di due ore il piccoJo palcoscenico in
fondo al lungo corridoio del Teatro
Crisogono a Roma mostra i movi-
menti secchi e sgraziati di questi pic-
coli protagonisti dagli occhi fissi e
grandi, dai vestiti sgargianti e dalle
voci che hanno risonanze misterio-
se. Eppure incantano. Anche il pub-
blico adulto è catturato dalla picco-
la scena e non perde una sillaba o
un movimento. Un lungo applauso
fa coda alla conclusione del dram-
ma. Dai fluenti drappeggi appaiono
i «pupari» : Fortunato, Pino, Luigi,
Dario, Francesco, Marco... Hanno
tutti uno stesso cognome: Pasquali-
no. Un'unica famiglia che ha fallo
dell'arte dei pupi la medesima pas-
sione e la stessa missione educativa.
[ «pupi>>dei <<Fratelli Pasqualino»
sono citati in tutti i libri che tratta-
no di teatro. Fortunato e Pino sono
gli i1ùziatori e animatori di questa
«Compagnia» che, da Roma, ha re-
gistrato presenze in varie parti del
mondo. Li avvicino mentre riap-
pendono i pupi, indossano la giacca
e asciugano l'abbondante sudore
(manovrare i pupi è grande fatica:
ogni pupo pesa circa 10 kg!). Rac-
colgo alcuni ricordi della loro infan-

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
- - - - - -- -- - -,11-
zia. Pippo si esaltava nell'esercizio
di quel compito che gli era stato af-
fidato in parrocchia: suonare le
campane. Ricorda in particolare le
grandi feste, come l'Immacolata,
quando bruciava d'un fiato la lunga
salita di Caltagirone per raggiunge-
re le corde del campanile. Ed era
una festa che scoppiava più forte in
lui che in tutta la città.
Fortunato rammenta, invece, le
comiche di Charlot presso il Teatri-
no dei Salesiani, che frequentava
dopo aver inghiottito tutte le rap-
presentazioni dei pupi. «Salivamo
dai quartieri popolari - racconta
Fortunato - verso la parte alta di
Caltagirone. Prima incontravamo il
teatro dei pupi, poi, salendo anco-
ra, raggiungevamo l'Oratorio dei
Salesiani, spesso avvolto nella neb-
bia di quella nuvola che posava sul-
la cima. lo non ero allievo della
scuola, ma ricordo la furbizia dei
Salesiani che avevano esteso anche
agli esterni la possibilità del catechi-
smo, del cinema, della partecipazio-
ne alle varie festività ricche di miste-
ro e di fascino. Soprattutto indi-
menticabile la notte di Natale che
noi ragazzi trascorrevamo tutta in-
tera nell'ambiente di questi maestri
prodigiosi, ricchi di finezza e di vi-
vacità. E di santità. Venivano quasi
Fortunato Pasqualino alla
conclusione dello spettacolo
tutti dal Nord e hanno incontrato
situazioni difficili, ma le hanno af-
frontate con grande spirito e forte
senso del Vangelo. Così a me e a
mio fratello Pino era divenuto fa-
miliare raggiungere l'istituto S.
Agostino che ora purtroppo non c'è
più. Fu una delle nostre più grosse
perdite».
Fortunato si estende nei ricordi.
Chi conosce la sua opera di scrittore
sa che l'elemento autobiografico,
legato all'infanzia e all'adolescen-
za, è presente in tutte le sue opere.
Da «Il giorno in cui fui Gesù» (ri-
corda che faceva la partè di Gesù
bambino quando, il 19 marzo, si
usava impersonare la Sacra Fami-
glia e lui, bambino, fu così coinvol-
to in quella parte da pretendere di
fare miracoli: guarire un suo amico
malato, nsuscitare una formica...
senza riuscirci; e la mamma inse-
gnava: il più grande miracolo è
amare) a «La bistenta » (significa:
piccolo inganno) e poi ancora saggi
e romanzi come «Caro buon Dio>>,
«Mio padre Adamo», « Le vie della
gioia», «La danza del filosofo», «I
segni dell'anima» (uscito già col Li-
1 GENNAIO 1986 31
tolo: «Diario di un metafisico») o
testi teatrali come «La locanda del
Vangelo» (per ragazzi), <<Abelar-
do», «Un cavallo per sua maestà»,
« Trionfo passione morte risurrezio-
ne di un povero cristo, il Cavaliere
della Mancia». Recentemente è
uscito anche «S. Antonio racconta»
e spera presto di pubblicare «Dalla
parte di Barbara». Opere che hanno
riscosso apprezzate valutazioni e ri-
conoscimenti da parte della critica.
Da tutte emerge, con stile vivace e
fantasioso, una profonda carica di
umanità e una grande sensibilità re-
ligiosa. «C'è una profonda dimen-
sione metafisica nelle sue opere -
ci confida don Carmine Di Biase,
salesiano, Preside del Liceo del Vo-
mero e critico di letteratura contem-
poranea al Magistero di Napoli. -
C'è l'indagine sofferta e insieme
gioiosa di chi cerca l'autentica veri-
tà della vita. Fortunato la raccoglie
negli aspetti più tenui e quotidiani.
Con una ricca sensibilità poetica. E
con un pizzico di follia. Leggendo il
suo libro "Mio padre Adamo" fui
spinto a simpatizzare con questo
acuto scrittore. Fui colpito dalla sua
carica religiosa, umana, sofferta e
bizzarra; realistica, attaccata alla
storia e insieme fantasiosa, facile ai
sogni. È strano, ma il vero filosofo
è quello che raccoglie l'esperienza di
fatica e di sofferenza e ne fa meta-
fora e immagine per una lettura
profonda della reallà umana. Biso-
gna farsi zingari.
Fortunato stesso si autodefinisce:
'' zingaro della vita e della realtà''.
Travestirsi da zingaro per percorre-
re i vicoli più stretti della vita ed
estendere nel gioco e nella fantasia
ogni scoperta». Le parole di don
Carmine tratteggiano Fortunato,
ma anche i suoi pupi. Piccoli eroi in
cui c'è più terra che cielo, più uma-
nità che divinità, più dolore e morte
di quanto appare in altri simili per-
sonaggi delle marionette o dei bu-
rattini.
Gli eroi epici, alteri, corazzati da
spade, elmi e scudi dei pupi sono
eroi drammatici, sofferti, <<sconfit-
ti» che portano in scena le tragedie
della storia umana. Non per nulla la
loro religione è quella della croce,
del Dio che si fa umanità, soffrendo
da uomo. «Nel teatro dei pupi il di-
vino è di scena - spiega Fortunato

4.2 Page 32

▲back to top
32 · / GENNAIO 1986
- Una cosa fondamentale che è
nelle storie rappresentate dai pupi è
l'apertura al soprannaturale».
E nell'incontro con questo «divr-
no» che nasce la voglia di rialzarsi e
lanciarsi in nuovi eroismi a favore
della vita. In queste piccole creature
di legno Fortunato vede se stesso e
la storia dell'umanità. Ricorda:
«Avevo 13 anni quando mia mam-
ma bruciò i pupi con cui giocavo.
Una infornata e... "Il pane oggi è
più buono; è cotto meglio!" dis-
se. Poteva sembrare una crudele
battuta; ma non fui offeso: capivo
che non ero più un bambino. Un
duro gesto di svezzamento che mi
aiutava a capire la serietà della vita.
Così abbandonai momentaneamen-
te i pupi. Li ripresi da sposato,
quando regalai un pupetto a Laura,
la mia prima bambina. Ricordo che
spesso cadeva e si rialzava. Quando
cominciò a parlare in modo più
sciolto, disse: "Faccio come il pu-
po: cado e mi alzo". È la vita dei
pupi, ma è la vita dell'uomo: si cade
spesso; importante è rialzarsi e con-
tinuare a lottare».
Della sua vita a contatto con
l'ambiente salesiano, Fortunato ri-
corda anche un piccolo «inciden-
te». Sul quotidiano «Il Popolo» fir-
I La seconda scena: Francesco
paladino intende partire per le
crociate
I Francesco ha la visione del
Cristo crocifisso davanti ad un
massacro di crlstlanl e turchi.
(Gesù è rappresentato con I
vestiti del paladini)
mò un confronto tra la pedagogia di
don Bosco e quella di don Milani.
L'articolo sollevò un polverone.
Scrisse, in quell'occasione, che a
suo parere don Milani ebbe i11tui-
zioni modernissime in materia di
pedagogia, ma procedeva come un
« bisonte)) nella loro realizzazione
pratica. Al confronto, don Bosco
poteva sembrare «reazionario» e
conservatore, ma aveva una sensibi-
lità e genialità applicativa che fece
del suo «sistema educativo» una
delle più grandi rivoluzioni della
storia dell'educazione. Nel dibattito
fu chlamata in causa anche l'Uni-
versità Salesiana di Roma.
Fortunato ricorda l'incidente co-
me occasione che egli consentì di
conoscere meglio il pensiero educa-
tivo di don Bosco e la sua personali-
tà. Nella conversazione rimanda
queste riflessioni ai ricordi dell'in-
fanzia. «Ai Salesiani di Caltagirone
- afferma - devo la mia educazio-
ne sentimentale come, credo, queUa
della mia generazione. Li, all'Ora-
torio, notai una forma di educazio-
ne "completa": dal momento arti-
stico, culturale e quello ricreativo,
sportivo, fino alle espressioni della
religiosità. Ma soprattutto quello
che mi colpiva era il vivere tutte
queste dimensioni nella gioiosità.
Capivo la creazione come un gran
bel gioco di Dio. Ma più che il cate-
chismo, mi educava il "fare" le co-
se. Le convinzioni non mi rimane-
vano per le parole che ascoltavo,
ma per quello che facevamo. Lo di-
ce anche la Scrittura, se non sba-
glio: "Non siate uditori, ma facto-
res Verbi!". Sono queste idee che
ho ripreso insegnando pedagogia e
filosofia . Al Terzo anno di Magi-
strale era obbligo per me far affron-
tare come ''classico'' della pedago-
gia don Bosco. Non tanto per i suoi
scritti, ma per quello che era impli-
cito nella sua azione: un formidabi-
le "documento" di realtà, scritto
con i fatti.
Cosl è rimasto sempre vivo in me
questo meraviglioso fenomeno: la
gioia, la letizia, questa evangelica
dimensione di festa, di ottimismo e
di fede che è indispensabile soprat-
tutto per l'infanzia, per la fanciul-
lezza, età tanto difficile e delicata.
Don Bosco è stato maestro in que-
st'arte educativa della gioiosità».
Sono parole sentite che corrono
negli scritti di Fortunato Pasquali-
no e che continuano a farsi vibra-
zione comunicativa di vita in quelle
mani che ancora, nonostante 60 an-
ni, muovono agilmente i pupi per
raccontare le loro piccole storie:
storie di sconfitti ma nello stesso
tempo eroi.
Pierdante Giordano

4.3 Page 33

▲back to top
,11_ _ EDITORIA _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
1 GENNAIO 1986 33
San GiovanniBosco
La vita di san Giovanni Bosco è abbondantemente documentata.
I primi quarant'anni poi sono descritti
dallo stesso Santo in un documento. Lo scrisse
su invito di Pio IX e rimase documento-riservato fino
al 1946 quando, a cura dello storico salesiano
Eugenio Ceria è stato pubblicato dalla SEI con il
titolo «Memorie dell'Oratorio dal 1815 al 1855».
Un altro salesiano noto al grande pubblico.per le molteplici
sue pubblicazioni ha riscritto in lingua
corrente quel documento.
Presentiamo due capitoli come invito ai lettori a
leggere l'intero volume pubblicato dalla editrice
ElleDiCi di Leumann (TO).

4.4 Page 34

▲back to top
34 · I GENNAIO 1986
«Ho 16 anni e non so niente»
Il ragazzo che scappò a gambe leYate
Un gruppo di ragazzi divennero miei amici già nei
primissimi giorni della mia entrata aJ Convitto. Me li
trovavo intorno quando dovevo uscire lungo i viali e
le piazze. Mi seguivano anche nella sacresùa della
chiesa del Convitto. Non disponevo però di un locale
per radunarli e per dare un minimo di stabilità al mio
progetto di aiutarli.
Fu uno strano incidente a provocare la realizzazio-
ne di quel progetto. Da quell'avvenimento derivò la
mia azione a favore dei giovani che vagavano per le
vie della città, e specialmente di quelli che uscivano
dalle carceri.
Nella festa dell'immacolata Concezione di Maria (8
dicembre 1841), nell'ora che mi era stata fissata, stavo
indossando i paramenti per celebrare la santa Messa.
li sacrestano, Giuseppe Comotti, vedendo un ragazzo
in un angolo lo invitò a servire la Messa.
- Non sono capace - rispose tutto mortificato.
- Dài, vieni a servire questa Messa - insistette.
- Ma non sono capace, non l'ho mai servita.
- Allora sei un bestione! - si infuriò il sacresta-
no. - Se non sai servire Messa, perché vieni in sacre-
stia? - Sempre in furia, afferrò la canna che gli servi-
va per accendere le candele e la menò sulle spalle e sul-
la testa del povero ragazzo, che scappò a gambe leva-
te. Allora gridai al sacrestano:
- Ma cosa fa? Perché picchia quel ragazzo? Che
male le ha fatto?
- Viene in sacrestia e non sa nemmeno servir
Messa!
- E per questo bisogna picchiarlo?
- A lei cosa importa?
- Importa molto, perché è mio amico. Lo chiami
subito. Ho bisogno di parlare con lui.
fare che ti farà piacere. Me lo promise. Desideravo far
dimenticare a quel poveretto le botte ricevute e cancel-
lare la pessima impressione che doveva avere sui preti
di quella chiesa. Celebrai la santa Messa, recitai le
preghiere di rìngraziamento, poi lo condussi in una
cappellina. Con la faccia allegra gli assicurai che più
nessuno l'avrebbe picchiato, e gli parlai:
- Mio caro amico, come ti chiami?
- Bartolomeo Garelli.
- Di che paese sei?
- Di Asti.
- È vivo tuo papà?
- No, è morto.
- E la tua mamma?
- Anche lei è morta.
- Quanti anni hai?
- Sedici.
- Sai leggere e scrivere?
- Non so niente.
- Hai fatto la prima Comunione?
- Non ancora.
Don Bosco tra i suol giovani
« Mia madre è morta»
Il sacrestano gli corse dietro gridando: « Ehi, ragaz-
zo!». Lo raggiunse, lo tranquillizzò e lo riportò ac-
canto a me. Mortificato e tremante stava a guardar-
mi. Gli domandai con amorevolezza:
- Hai già ascoltato la Messa?
-No.
- Vien:i ad ascoltarla. Dopo ha da parlarti di un af-

4.5 Page 35

▲back to top
- - - - - - - - - - -5'1-
- E ti sei già confessato?
- Sì, ma quando ero piccolo.
- E , ai al catechismo?
- Non oso.
- Perché?
- Perché i ragazzi più piccoli sanno rispondere alle
domande, e io che sono tanto grande non so niente.
Ho vergogna.
- Se Li facessi un catechismo a parte, verresti ad
ascoltarlo?
- Molto volentieri.
- Anche in questo posto?
- Purché non mi prendano a bastonate.
- Stai tranquillo, nessuno ti maltratterà. Anzi, ora
sei mio amico, e ti rispetteranno. Quando vuoi che co-
minciamo il nostro catechismo?
- Quando lei vuole.
- Stasera?
- Va bene.
- Anche subito?
- Con piacere.
Tutto nacque da una lezione di catechismo
Mi alzai e feci il segno della santa Croce per comin-
ciare. Mi accorsi però che Bartolomeo non lo faceva,
non ricordava come doveva farlo. In quella prima le-
zione di catechismo gli insegnai a fare il segno di Cro-
ce, gli parlai di Dio Creatore e del perché Dio ci ha
creati.
Non aveva una buona memoria, tuuavia, con l'at-
tenzione e la costanza, in poche lezioni riuscì a impa-
rare le cose necessarie per fare una buona confessione
e, poco dopo, la sua santa Comunione.
t GéNNAIO 1986 35
La casa Pinardi
A Bartolomeo si aggiunsero altri giovani. Durante
quell'inverno radunai anche alcuni adulti che avevano
bisogno di lezioni di catechismo adatte per loro. Pen-
sai sopratluLLo a quelli che uscivano dal carcere. Toc-
cai con mano che i giovani che riacquistavano la liber-
tà, se trovano un amico che si prenda cura di loro, sta
loro accanto nei giorni festivi, trova per loro un lavo-
ro presso un padrone onesto, li va a trovare qualche
volta lungo la settimana, dimenticano il passato eco-
minciano a vivere bene. Diventano onesti ciuadini e
buoni cristiani.
Questo è l'inizio del nostro Oratorio, che fu bene-
detto dal Signore e crebbe come non avrei mai im-
maginato.
Il primissimo oratorio
Dopo ìl catechismo, raccontare un bel fatto
Durante quel primo inverno cercai di consolidare il
piccolo Oratorio. TI mio scopo era di raccogliere sol-
tanto i ragazzi più esposti al pericolo di rovinarsi, spe-
cialmente quelli usciti dalle carceri.
Tuuavia, per avere una base di ordine e di bontà,
invitai all'Oratorio anche altri ragazzi istruitJ e di
buona condona. Questi mi davano una mano nel con-
servare un po' di ordJne, e mi aiutavano a far lettura
e a eseguire canti sacri. Mi accorsi fin dall'inizio, in-
fatti, che senza canti e senza libri di lettura divertente,
le nostre riunioni festive sarebbero state un corpo
senz'anima.
Il 2 febbraio 1842, festa della Purificazione di Maria
(allora festa di precetto), con una ventina dì ragazzi
cantammo in chiesa per la prima volta Lodate Maria,
o lingue fedeli.
Ali'Annunciazione, 25 marzo, eravamo già in tren-
ta. In quel giorno abbiamo fatto un po' di festa. Al

4.6 Page 36

▲back to top
36 · 1 GENNAIO 1986
mattino i ragazzi sj confessarono e fecero la Comu-
nione. Alla sera eseguimmo un canto sacro, e dopo il
catechismo raccontai un bel fatto. La cappellina dove
ci eravano riuniti finallora cominciava a diventare
stretta, quindi ci trasferimmo nella cappella accanto
alla sacrestia.
Giuseppe Buzzetti, il ragazzo fedelissimo
Tento di dare un'abbozzo della vita di quel primis-
simo Oratorio. Nella mattina dei giorni festivi ognuno
aveva la comodità di accostarsi ai sacramenti della
Confessione e Comunione. Tutti si impegnavano a
compiere questo dovere cristiano una volta al mese.
La sera, a un'ora fissata, c'era il catechismo, precedu-
to da un canto sacro, e seguito dalla narrazione di un
bel fatto. Poi distribuivo qualche cosa a tutti, oppure
a qualcuno tirato a sorte.
Fra i giovani che frequentavano il primissimo Ora-
torio ricordo Giuseppe Buzzetti, fedelissimo ad ogni
incontro. Egli si affezionò talmente a don Bosco e al-
l'Oratorio, che per non mancare mai arrivò a rinun-
ciare al ritorno annuale in famiglia, a Caronno Ghi-
- Don Bosco a 71 anni
ringhello (ora Caronno Varesino), quel ritorno tanto
aspettato dai suoi fratelli e amici. Ricordo i suoi fra-
telli Carlo, Angelo e Giosuè. Ricordo Giovanni Gari-
baldi e suo fratello. Allora erano semplici garzoni,
ora sono capomastri.
La maggioranza dei ragazzi era formata da scalpel-
lini, muratori, stuccatori, selciatori che venivano da
paesi lontani. Non conoscevano le parrocchie di Tori-
no, non sapevano quali erano i compagni di lavoro di
cui si potevano fidare. Erano esposti a mille pericoli
morali, specialmente nei giorni festivi.
Don Guala e don Cafasso erano felici di queUa mia
attività. Mi davano volentieri immagini, foglietti, li-
bretti, medaglie, piccoli crocifissi da regalare. Quan-
do ci fu necessità mi diedero anche il necessario per
comprare vestiti. Ad alcuni che stavano cercando la-
voro procurarono il pane per molte settimane.
La festa dei piccoli muratori
Quando i ragazzi cominciarono ad essere numerosi,
don Guala e don Cafasso mi permisero di portare il
mio piccolo esercito a giocare nel cortile del Convitto.
U cortile era piccolo, altrimenti il numero sarebbe sa-
lito velocemente ad alcune centinaia. In quei pochi
metri quadrati, invece, ci stavano a malapena ottanta
ragazzi.
Nelle ore in cui i ragazzi si confessavano, don Gua-
la e don Cafasso venivano ad assisterli, e li intrattene-
vano raccontando fatti ed esempi.
Nel giorno di sant'Anna, patrona dei muratori, don
Guala volle che facessimo una bella festa. Dopo la
Messa del mattino invitò tutti a fare colazione nel
Convitto. La grande sala delle conferenze ospitò cen-
to giovani. A tutti furono serviti caffè, latte, cioccola-
to, panini, brioche, cornetti, pasticcini. l ragazzi ne
erano ghiottissimi, e li accolsero con entusiasmo.
L'eccitazione raggiunse vertici altissimi, e il racconto
della festa passò di bocca in bocca. Se il salone fosse
stato più ampio, quanti ragazzi in più sarebbero ve-
nuti!
«Msntenevo i contstli con i rsgszzi in carcere>>
(a festa la passavo tutta in mezzo ai mei giovani.
Durante la settimana andavo a visitarli sul luogo
del loro lavoro, nelle officine, nelle fabbriche. Questi
incontri procuravano grande gioia ai miei ragazzi, che
vedevano un runico prendersi cura di loro. Facevano
piacere anche ai padroni, che prendevano volentieri
alle loro dipendenze giovani assistiti lungo la settima-
na e nei giorni festivi.
Ogni sabato tornavo nelle prigioni. con la borsa pie-
na di frutti, pagnotte, tabacco. Il mio scopo era di
mantenere i contatti con i ragazzi che per disgrazia
erano finiti dentro, aiutarli, farmeli amici, e invi-
tarli a venire all'Oratorio appena fossero usciti dal
quel luogo triste.
Teresio Bosco

4.7 Page 37

▲back to top
I NOSTRI
SANTI
1 GENNAIO 1986 37
LA SPERANZA
APPARIVA UN SOGNO
FUI RICOVERATA
IN OSPEDALE
D esideravamo un altro fi.
glio da molto tempo, ma
questa speranza appariva un
sogno perché avevamo tentato
per ben tre volte ma purtroppo
tutto si era risolto tragicamente.
Dopo un po' d'anni, la lieta
notizia: attendevo un altro bim-
bo. La gravidanza però si pre-
sentava, anche questa volta,
difficile e rischiosa come le pre-
cedenti ed infatti già dal secon-
do mese ebbi una minaccia
d'aborto.
Una nostra parente, Figlia di
Maria Ausiliatrice, mi portò l'abi-
tino di San Domenico Savio ed
io da quel momento cominciai a
pregarlo con amore ed Il miraco-
lo avvenne: l'emorragia sì arre-
stò e la gravidanza prosegui
senza altri ostacoli. Il parto fu
cesareo ma senza nessuna
complicazione ed ora, con gioia,
posso tenere tra le braccia la
mia piccola Sara Maria.
Gigliola e Mario Giolfo
Mazzo-Rho (Milano)
NON UDIVA PIÙ
N ostra nipote Simona, di
annf 13, il giorno 15 luglio
del corrente anno si recava in
piscina in compagnia della
mamma e del fratello. Mentre
scendeva sullo scivolo e si tuffa-
va in acqua seguita dal fratello,
questi involontariamente la col-
piva con un piede all'orecchio
destro. E l'orecchio non udiva
più!
Lo specialista che la visitò,
accertò la rottura del timpano e
le prescrisse alcune cure, in
preparazione e in attesa dell'in-
tervento operatorio.
Una nostra parente, Figlia di
Maria Ausiliatrice, ci suggerì di
ricorrere a San Giovanni Bosco
e di fare a nome del caro Santo
la novena che egli suggeriva a
Maria Ausiliatrice. Essa stessa
si un\\.
Trascorso un mese, Simona
ritornava dallo specialista per la
visita di controllo. Con stupore il
professore constatava che il
timpano si era inspiegabilmente
ricostituito!
Le nostre preghiere a Maria
Ausiliatrice e a Don Bosco sono
state esaudite. Rendiamo pub-
blica la nostra riconoscenza.
Pina e Aldo Gismondi
Novi Ligure (AL)
la bimba ora sta bene. A detta
dei medici guarirà completa-
mente.
Prego in continuazione la Ma-
donna e il Santo perché questo
avvenga al più presto possibile
e chiedo anche che continuino a
proteggere i miei due bambini,
me e la mia famiglia.
Lettera firmata - Asti
OGNI CURA
ERA RISULTATA VANA
I DOTTORI
M i sento profondamente TENTENNANO IL CAPO
grata a Maria Ausiliatri-
ce, a Don Bosco e a Domenico
Savio, che ho imparato ad ama-
re da tantissimi anni (ho una co-
gnata FMA e un tiglio salesiano)
per i tanti doni che mi hanno
elargito.
Tra questi, in particolare, vo-
glio ricordare la mia recente
guarigione da un forte esauri-
mento che durava da oltre sei
mesi, e contro cui ogni cura era
risultata vana; appena al terzo
giorno della Novena a M. Ausi-
liatrice improvvisamente mi so-
no sentita bene; ad una visita
accurata anche la pressione al-
tissima e il cuore Ingrossato so-
no tornati, inspiegabilmente per
M io nipote, Boccalatte En-
nio, era in gravissime
condizioni per un infortunio suc-
cessogli mentre lavorava in
campagna. «Mettetelo nelle ma-
ni di un buon santo•, cl disse
uno dei dottori, tentennando il
capo.
Pieni di fiducia, implorammo
subito il Servo di Dio Don Filip-
po Rlnaldi, nostro grande co~
cittadino, e, con stupore dei me-
oici e gran gioia di tutti noi, ven-
ne la sospiratissima grazia.
Grazie, Don Filippo! Continua
a proteggere la nostra famiglia e
il tuo e nostro paese.
i medici, allo stato di più assolu-
Angiolina Amede
ta normalità.
Lu Monferrato (AL)
Ringrazio la Madonna, Don
Bosco e Domenico Savio anche
per i tanti doni spirituali che Essi
continuamente danno a me e
famiglia.
UN INTERVENTO
Graziella Naro-Urso ALLA GOLA
Paternò (CT)
D ovevo subire un difficile
intervento alla gola e gli
stessi do1tori erano dubbiosi sul-
LA MIA BAMBINA
la sua riuscita.
Pregai la cara Madonna Ausi-
SI ERA SENTITA MALE
liatrice e Suor Eusebia Palomi-
no; ottenni due grandi grazie:
R ingrazio la Madonna e
San Domenico Savio per
avere esaudito le mie preghiere
in quanto nel gennaio del 1985
la mia bambina si era sentita
male ed era stata ricoverata In
ospedale. Sembrava una cosa
piuttosto seria ed io ml sono ri-
volto con fede a Maria Ausiliatri-
ce e al piccolo Santo. Piano pia-
un'assoluta serenità nell'affron-
tare l'operazione e l'esito perfet-
to di essa.
Ora, riacquistata la salute,
adempio la mia promessa: con
tutta l'anima ringrazio pubblica-
mente la buona Mamma del
Cielo e Suor Eusebia Palomino
ed esorto i loro devoti a porre in
Loro ogni fiducia.
no le cose sono andate meglio e
Maria Alessandria - Bra
D esidero che venga pubbli-
cata questa grazia.
Quattro anni or sono mi sono
sentita male con forti dolori allo
stomaco. Fui subito ricoverata
in ospedale e operata d'urgen-
za. È stato un intervento diffici-
lissimo e per alcuni giorni sono
stata tra la vita e la morte.
Appena mi era possibile vol-
gevo lo sguardo all'Immagine
della Madonna e di Don Bosco'
poste sul mio comodino e con
grande fede chiedevo la salvez-
za. In breve tempo le mie condi-
zioni migliorarono con grande
meraviglia di tutti e dopo tre me-
si potei riprendere il mio lavoro.
M. F. - Torino
TUTTA LA MIA
GRATITUDINE
D esidero esprimere tutta la
mia gratitudine a Maria
Ausiliatrice ed a San Giovanni
Bosco che mi hanno concesso
di superare brillantemente due
esami ai quali tenevo molto.
Carla Barbero Ca/osso (Asti)
CADE DA UNA SCALA
I ntendo segnalare la grazia
ricevuta da mio marito il 13
maggio 1985. Egli si trovava sul
lavoro e cadde da una scala pro-
curandosi una lesione grave ai
nervi.
Si è miracolosamente salvato
grazie all'intercessione di San
Giovanni Bosco del quale io so-
no devota.
È ancora convalescente ma si
spera in un futuro miglioramen-
to che gli permetta il ritorno al
lavoro.
lo, mio •marito, la mia bambi-
na ringraziamo di cuore il Santo
ed invochiamo su tutti noi la sua
celeste protezione. Con la pre-
ghiera di pubblicazione sul Bol-
lettino Salesiano che da anni ri-
ceviamo ancora al nome della
mamma ora defunta.
Beatrice Grassi Tondini
Soresina (CR)

4.8 Page 38

▲back to top
38 · I GENNAIO 1986
I NOSTRI
MORTI
SARTORIO sac. EMILIO, saleslano
t Nizza Monferralo a 69 anni
Nato a Vigevano (Pavia) il 5 no•
vembre 1915 conosce i Salesiani a
Penango Monferralo (AT). Diventa
salesiano a VIiia Moglia e Sacerdote
a Bollengo nel 1945,
Quanti lo conobbero toccarono
con mano e apprezzarono Il suo sin-
golare equlllbrio di giudizio, l'Illumi-
nata prudenza, l'amabilità naturale e
spontanea, la conoscenza del cuore
umano, la disponibilità al servizio, il
suo collocarsf nell'obbedienza, nutri-
to e sorretto dalla forza interiore che
proviene dalla preghiera; padre spirl-
luale, uomo saggio, sapeva dare si-
curezza e conforto.
Sette mesi di dolorosa malattia fu-
rono lezione preziosa di capacità
oblativa nella sofferenza.
•Quanto è difficile anche la vita
dell'ammalato, ebbe a dire. Ho predi-
cato tanto sul dolore, sulla sofferen-
za; se potrò farlo ancora, userò un
linguaggio ben diverso, più sempli-
ce. più reale.... .
PONZETTI sig.ra LIDIA, coopera-
t trice salesiana Caluso (TO)
Si dedicò con amore alla gioventù
istruendola con tanto zelo e facendo-
la crescere nello spirito salesiano
con viva devozione a Maria Ausiliatri-
ce ed a San Giovanni Bosco. Gli ami-
cl Cooperatori la ricordano con affet-
lo Invocandole dalla Santa Vergine il
premio della sua attività nella luce e
nella pace eterna.
GIACOMELLO sac. GIOVANNI, sa-
lesiano t Legnago (VA) a 73 anni
Primo di 15 fratelli, d. Giovanni era
nato ad Almfsano • Vicenza
I'11 .11 .11. A 20 anni entrò nell'aspi•
rantato di Ivrea, dopo lunga attesa
per realizzare Il suo sogno di essere
missionario.
Partito dopo il Noviziato, nel '33
per Schillong, visse tutta la sua vita
(50 anni) In India. Nel campo di con-
centramento di Schlllong, venne
consacrato sacerdote per l'imposi•
zìone delle mani di Mons. Stefano
Ferrando, il 5 giugno 1941, nel gior-
no centenario dell'ordinazione sacer-
dotale di Don Bosco.
Vellore, Bombay, Wadala lo videro
impegnato in svariati Incarichi lipìci
dell'opera salesiana (consigliere sco-
lastico, prefetto, direttore e parroco, RICCA slg.ra GILDA, cooperatrice
confessore).
salesiana t Napoli a 89 anni
Si distinse sempre per la sua squi-
sita bontà, generosità, zelo apostoli•
co, sempre pronto a venire Incontro
al bisogni del confratelli e del ragazzi
più poveri, per i quali non temeva di
bussare qualsiasi porta. Grande era
in lui Il senso della riconoscenza:
•Grazie• e Il Signore ti benedica•
erano le espressioni quotidiane p:ù
frequenll.
Nonostante la sua salute da tempo
minala, non cessò mal di lavorare;
divenne sempre più l'apostolo del
confessionale, ìl direttore spirlturue
dei confratelli e giovani, l'educatore
e l'apostolo delle vocazioni. Per circa
20 anni fu anche Il confessore e il di-
Fin da prima che arrivassero I Sa-
lesiani ai Rione Amicizia, Insieme ad
alcuni fedeli si era dedicata con amo-
re e zelo alla cura della Chiesetta di
Sant'Antcnio, unita poi alla nuova
Parrocchia Salesiana. Puntuale, pre-
cisa e generosa con tutti, non ha mar
messo In evidenza quello che face-
va. Instancabile organizzatrice del
pellegrinaggi parrocchiali a Lourdes,
hatestimoniato una fede forte e lumi-
nosa. Ha saputo accettare le avversi-
della vita fidando sempre nell'afu•
to di Dio ed ha saputo dare amore e
calore ai familiari colpiti da dure
prove.
rettore spirituale del Cardinale di
Bombay, Gracias.
Uomo della gioia e dell'ottimismo,
GIUSSANI sac. GIBERTO, salesfa-
no t Treviglio (BG) a 78 anni
che sapeva comunicare per .conta- La morte repentina, in seguito ad
gio, conservò queste doti fino al gior- incidente stradale, del caro D. Glber-
no della sua morte.
to Glussani ha reso più amara la sof-
Ritornò in Italia quando Il male ferenza del Parenti e Confratelli di
aveva ridotto tutte le sue facoltà. tor- Treviglio. Ma Il suo carattere dolce e
nò per morire nella sua lerra e tra la l'animo buono e sereno addolcisco-
sua gente che amava intensamente. no Il dolore. Una esistenza totalmen-
Ora riposa accanto a papà e mamma te dedicata, come Sacerdote, al Mini-
•le due fulgidissime stelle della mia stero della Confessione, voleva es-
vita che con l'esempio e col sacrificio sere di Cristo per farsi tutto a tutti.
mi guidarono con mano sicura al So- Attorno a D. Glberto ha semina-
le d'Amore, Gesù•.
lo a piene mani la Grazia della Mise-
ricordia. Ha posto come fondamento
SIMONCINI sig.ra MARGHERITA, della sua presenza educativa sale-
ex-allieva t Pisa a 57 anni
siana tra i giovani, la gente, i Sacer-
Si è particolarmente distinta nella
vita parrocchiale per l'attenzione ai
giovani e per la costanza nella vita di
preghiera liturgica e nel servizio oo~-
creto alla sua chiesa che ha sempre
amato, portando fuori dall'ambiente
salesiano lo spirito di Don Bosco.
doti e Religiosi ii Sacramento della
Riconciliazione, tanto caro a D.
Bosco.
Inculcava al suol penitenti la devo-
zione alla Madonna, come mezzo di
purificazione e santificazione. In
semplicità di cuore ha vissuto e Inse-
gnato alle anime che Il Regno dei
ROSSATO sig. EGIDIO, cooperato-
re t Bolzano a n anni
Buono e solerte si impegnava so-
prattutto per le missioni alle quali era
solito spedire pacchi.
Regolarmente con il suo carrettino
partiva dal laboratorio Mamma Mar-
gherita• per portarli alla stazione
quasi un atto d'amore dovuto al
Cieli è per gll umili e I piccoli.
GAVASSA sac. AGOSTINO, sale-
siano t Vigilano a 78 anni
Nato nel 1917 a Crevacuore, ai ter-
mine pelle elementari, come tanti
giovani di allora, aveva cominciato a
lavorare nelle filature del paese, fin-
ché a 15 anni entrava nella casa sa-
mlssionaril
lesianadi Avigliana, per sviluppare la
sua vocazione e diventare salesiano
e sacerdote.
Entrato nel '37 nel Noviziato a Bor-
gomanero, diventa salesiano nel '38:
sarà salesiano per 47 anni, dedicati
tutti, dopo la preparazione negli studi
prima a Nave (BS) e poi a Bollengo
(TO), al lavoro trar giovani: è stato in-
segnante per 35 annil
Dopo l'ordinazione sacerdotale il 6
luglio 1947, viene subito inviato nel
Bìellese, prima a Biella nel 47/48 poi
a Cavaglià nel 48/49.
Poi le altre tappe della sua vita:
Vercelli, Borgo S. Martino, Mareggia,
intra e quindi di nuovo a Biella e a
Vercelli e poi per 14 anni a Lugano,
in Svl.zzera.
E infine, quando per l'età dovette
abbandonare l'insegnamento, ritor-
nò tre annì fa nel suo Biellese, a
Vigliano.
Sempre disponibile per Il ministero
sacerdotale, non riusciva a non lavo-
rare e si dedicavà anche al lavori più
semplici, dando esempio di Instanca-
bile operosità al giovani dell'istituto e
a quanti lo conoscevano e l'Incontra-
vano.
Una lunga degenza in ospedale,
dovuta a una cancrena al piede, lo
ha fatto passare attraverso il cammi-
no della Croce: al dolorr fisici si ag-
giungeva la nostalgia per li lavoro e
la penitenza dell'Inoperosità: ma an-
che nel dolore non gli mancava la
battuta gioviale e simpatica, che ma-
nifestava la sua voglia di vivere e oo-
municere.
BERETTA sig. GIULIO, exalllevo t
MIiano a 88 anni
Dopo oltre otto anni di infermità è
andato nella Casa del Padre a can-
tarne le lodi con Don Bosco del quale
fu tanto devoto.
Di lui don Remo Stagnoli ha dello:
Era presente in tutti i campi delle
attività pastorall, da quella degli uo-
mini a quella degli exaliievi, dagli ex-
combattenti al circolo e all'oratorio.
Una presenza la sua lineare e iu•
m lnosa.
Una capacità di accostamento e di
galvaniuazione unica.
Una conversazione brillante ed at-
traente In grado di magnetizzare
quanti si stringevano attorno a lui
con aperta e gioiosa simpa1ia: mezzo
efficace con cui creava unione e dif-
fondeva serenità.
A quanti hanno chiesto Informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si lratta d'un legato: • ... lascio alla Direz:ione Generale Ope•
re Don Bosco con sede In Roma (oppure all'Istituto Sales/ano per
le missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire....
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente per l'esercizio del culto, per la formazione del Clero e
dei Religlos1, per scopi missionari e per l'educazione• cristiana.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno
o l'allro dei due Enti su indicati:
• ...annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure /'Istituto Salesiano per le Missioni con sede
in Torino) lasciando ad esso quanto ml appartiene a qualsiasi titolo,
per gli scopi perseguiti dall'Ente, e partlcolarmenle per l'esercizio del
culto, per la formazione del Clero e del Religiosi, per scopi missiona-
rì e per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

4.9 Page 39

▲back to top
SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
I GENNAIO 1966 • 39
Borsa: Maria Ausiliatrice a S. Gio-
vanni Bosco, In memoria e suffragio
d1 mìo zio Carlo Ga/asso, a cura di
Renoglio Giovanna, Torino,
L 5.000.000
Borsa: /n suffragio defunti Fami•
glla Giuseppe Maruzzl, a cura di Ma•
ruzzi Iride, Mfnuslo, Svizzera.
L 1 200.000
Borsa: Don Giovanni Ralnert, a cu-
ra della Federazione Naz10nale Sviz-
zera Ex Allievi Don Bosco (Lugano).
L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, ricordan-
do Don Carlo, a cura di R. O., TO,
L. 1.000.000
Borsa: Marta Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, per la protezione dei
mfsì figli, a cura di Maria Oel Vento
Lambo, Maraca1bo, Venez-uela,
L. 600.000
s. Borsa: Giovanni Bosco, per rin•
grazlamento a chlsdancto ancora
protezione, a cura di M. G. .
L. 500000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di R. M., Tonno,
L. 500.000
Borsa: Mar(a Auslllatrlce, rlngra•
zlando e implorando protezione par
sa a Ipropri cari, a cure di C. O., Cu-
neo, L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco. In ITlflmoria di Giuseppina e Gu/.
do V-ignoto, a cura del figlio Marìo,
Strambino, L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo•
venni' Bosco, in memoria del defunti
Licia, Mario a Corinna Rosa, e cura
di Rocco Rosa, Ml, L. 300.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Flota Adele,
Torino, L. 300.000
Borsa: Don Bosco, a cura di De Si•
mone Antonio, Salerno, L. 300.000
Borsa: Don Bosco, in ringraziamen-
to, a cura di Coniugi Napoletani,
L. 300.000
Borsa: S. Domenico Savio, prega
per noi, a cura di N .N., Cas1igllone
Tinella CN, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, per grazia ricevuta e
Implorando protezione par I misi cari,
a cura di N .N.. Casale Monl. AL
L. 200.000
Borsa: A suffragio et/ Gorsttl Giusep-
pe. a cura di Gorettl Pabblo Rina,
L. 200.000
Borsa: In memoria di Don L1.1igl Coc-
co, a cura della Famiglia Balzarro,
Torino. L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Becotto Lucia, CN, L. 200.000
Borsa: Merle Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a suffragio ctel marito e familiari
defunti, a cura della moglie Marcelli-
na, L. 200.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au•
sillatrlca a Santi Salesiani. per la
conversione della figlia, a cura di
Zucca Elvira Bovi, Roma, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Nasi Serra
Rina, Cuneo, L. 200.000
Borsa: Beato Don Rua e Giovanni
XXIII, a suffragio di Lodovico Fonta-
na, a cura della moglie e del lìgll,
L. 160.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Marta Au•
slllatrlce e Santi Salesiani, lmpfo..
rando guarigione e protezione per
nostro figi/o, a cura di N.N., Roma,
L. 150.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo•
venni Bosco, In ringraziamento e In•
vocando protezione sulla famiglia, a
cura d1 N.N. Imperia, L. 150.000
Borsa: Maria Auslllatrtce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, invocando
grazia particolare e protezione par
nostro figlio, a oura di N.N.. Roma,
L 150.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco. e cure di B . C. O. M•• L. 150.000
Borsa: S . Cuore di Gesù, Maria Au•
slllatrlca e Don Bosco, Invocando
protezione par I fìg/1 Giovanni ad En•
rlco, a cura di Antonioli Luigina, Lo-
vere BG, L 150.000
Borsa: Giovanni XXIII, In memoria
cli Natalina, a cura di fratellf e sorelle,
L 150.000
Borsa: Maria Auslllalrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, In suffragk>
dal fam/1/arl defunti, a cura di Rota
Carolina, Brembate Sopra BG,
L. 150.000
Borsa: Maria Auslllatrice e Con Bo-
sco, ringraziando e invocando prota•
zions sulfigli, a cura di Magnoni Glu•
seppina, Ml, L 135.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e d i Ma•
ria, a cura dl N N., L. 130.000
Borsa: Maria Aualllatrlce e Don Bo•
sco. in suffragio dal papa Lodovico,
a cura della figlia Mariarosa,
L. 120.000
Borse Missionarie
da L. 100.000
Borsa: Maria Aualllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, In suffragio dei misi
defunti e invocandoprotezione, a cu•
ra Bramali Luigia, Milano
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio. eh/adendo
protezioneper Filippo L., a cura di G.
B. Ferrere
Borsa: B. Vergine del Carmelo,
Don Bosco e Domenico Savio, in
suffragio di Mamma G/1.1seppina e
chiedendo ptotazlone, a cure di T F.
Borsa: Marta Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, raccoman-
dando Paolo a Thao, a cura di G. T. F.
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au•
slllatrlce e Santi Saleslanl, In suffra-
gio del nostri ctafuntl: Ellsabatta, Lo-
renza, Giuseppa S . e G;useppe L. , a
cura di T. F.
Borsa: Maria Auslllatrice, a cura di
J . G. · U.S.A.
Borsa: S. Domenico Savio, In rin-
graziamento a par protezione dei
bimbi a tam/glia, a cura di Ronco
Francesco, Santena TO
Borsa: Maria Ausllletrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio di mio ma•
rito Antonio e figlio Giovanni, a cura
di Cohà M~a, Ogtlamco TO
-----
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo•
vannl Bosco, Invocando protezione,
a cura di Ralleri Ercolina AL
Borsa: Maria Ausllletrlce e S. Gio-
vanni Bosco, in memoria a suffragio
di Al/ara Clelia, a cura d1 Ralteri Ca-
rolina, lsolungo AL
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Saleslanl, per grazia ricevuta e lnvo-
cendo protezione per me e famiglia.
a cura di B. T. I., Torino
Borsa: Maria Ausfllattlce, ;n s1.1ff,a.
gio cli Nina Galli, a cure di A. G.
8"1'94: Maria Auslllatrlce e S. Oo-
manico Savio, a cura di Cinti Nella,
Amelia, TR
s. Borsa: Domenico savio, per g,a.
zia ncevuta e invocando ancora pro-
tezione, a cura dì Massimo G..
Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, Con Bo•
sco e Domenico Savio, per grazia
ricevuti!! a invocando protezione par
mia figlia , a cura di M. R .,
Alessandria
Borsa: Maria Ausmatrice e Don Bo-
sco, a cura di CeccaI0 Attillo. Praia
PN
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Glo•
vannl Bosco, pregata par la sorella
Emi/la ammalata agli occhi, a cure di
Musetti Annunziata, Roma
Borsa: In memoria a suffragio d1 R1u
Giuseppe, a cura deUa Famiglia
Borsa: Maria Auslllattlce e Don Bo-
sco, ringraziando per l'Opera Sale•
siana del Rainerum, a cura di Celllnl
Linda, Bolzano
Borsa: Mons. Versiglla e Don Cera-
vario, per grazia n"cevuta. a cura dI
Mengh,nl Sergio, Pergola PS
Borsa: In suffragio del Prof. Malo
Giuseppe, a cura di Nanetti Oomeni•
co FO
Borsa: Marta Auslllatrlce, Don Bo•
aco, Domenico Savio, per ringrazia•
mento e Invocando protezione, a cu-
ra dl Testa M. Luisa, Galliate NO
Borsa: Maria Auslllattlce, prega par
noi, a cura di N .N
Borsa: S. Giovanni Bosco e S. Do-
menico Savio, In suffragio di mia
madre Marcella e dalla cognata Ales-
sandra, a cura di Fontana Maria E.
MS
Borsa: Maria Ausiliatrice, in memo-
na et, Don Antonio Bonarmgo, sale-
siano, a cura dì Tornei Enrico Vlareg•
glo LU
Borsa: In memoria e suffragio del
fratello Calogero, caduto in guerra, a
cura di Sferrazza Grazia AG
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, lnvocancto protezione
per la sorelle Teresita, a cura di Ga•
llmbertl Pina ved, Fraschini
Borsa: In suffragio ctai misi cari cta-
funtl, a cura di N.N.
Borsa: Don Bosco, a cure di Sprea•
fico Alessandro, Lecco CO
Borsa: In ITl6morìa di Don Ra/neri e
per propiziazione, a cura di Bìndl Al·
berighl Maria, Siena

4.10 Page 40

▲back to top
Spediz. in abbon. postale - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina
Un mosaico
di episodi
ora sorprendenti,
ora lieti, ora tristi,
sempre straordinari
SEI
pag. 163
L. 4500
DUE LIBRI
PER INCONTRARE
VERAMENTE
DON BOSCO
Le Memorie
di don Bosco
riscritte
in italiano
corrente
LDC
pag. 248
L. 9000