Bollettino_Salesiano_198505


Bollettino_Salesiano_198505

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- ---------------------- ·
3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò cl parla
5 BREVISSIME
8 INCHIESTA es
Ritorno alla famiglia• ma con tanti ostacoli da
superare.
Cosa dicono i giovani della famiglia? Può, questa
tradizionale agenzia educativa, considerarsi anco-
ra valida? L'inchiesta tenta di dare una risposta ad
uno dei punti nodali dell'educazione giovanile.
13 MISSIONI / MARAUIÀ
A tu per tu con gli Yanomaml.
Un eccezionale reportage da Marauià, avamposto
salesiano nelle sterminate foreste amazzoniche.
L'articolo è tratto da un volume di recente pubbli-
cazione a cura di due studiosi torinesi: Giorgio e
Fabrizio Re.
19 VITA SALESIANA
Un diploma per quattro ma, ad Arala Branca,
c'è posto per tanti.
L'ispettoria salesiana di Verona ha da alcuni anni
«sponsorizzato• questa zona del Nordest brasilia-
no. L'articolo è il racconto del lavoro sempre affa-
scinante che un gruppo di salesiani svolge giorno
per giorno.
In copertina:
Gli Yanomami
sono abilissimi
cacciatori.
Con arco e freccia
centrano un pettirosso
anche a
notevole distanza.
(Foto Giorgio
e Fabrizio Re)
(Servizio a pag. 13)
1 MARZO 1985
ANNO 109
NUMERO 5
22 VITA SALESIANA
Ma che parrocchia grande arriva fino... In Africa
Bologna, parrocchia san Giovanni Bosco. Qual è Il
volto di una parrocchia salesiana? Presentiamo
una parrocchia salesiana Italiana dove i problemi
del terzo mondo di «casa e fuori• sono avvertiti
con sensibilità e Intelligenza.
25 PASTORALE GIOVANILE / EL SALVADOR
Con I giovani della capitale.
L'azione salesiana tra i giovani del Centro Ameri-
ca. Cosa ne pensa uno del responsabili.
30 PROTAGONISTI
Monsignore parliamo del CIie?
Le speranze e le attese di Monsignor Tomas Gon-
zales Morale vescovo di Punta Arenas in Cile e
con lui quelle di un Popolo.
33 STORIA SALESIANA
Il teatro di casa fra passato e futuro.
È il racconto di uno dei principali protagonisti del-
l'impegno salesiano nel teatro educativo giovanile
del dopoguerra.
RUBRICHE
Editoriale, 4 - Scriveteci, 4 - Pigy, di Del Vaglio, 6 ·
La lettera di Nino Barraco, 7 - Libri & Altro, 28 - I no-
stri santi, 37 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di Informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tel. 06/69.31 .341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioannl - Eugenio Flzzotti - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, Impaginazione e stam•
pa: Officine Grafiche SEI - Torino
Registrazione: Tribunale dl Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (!mdiçi numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione Invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldlni) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) In: Antille (a Santo Domin-
go) - Ar!i!entlna - Australia - Auatrla - Bel-
gio (In fiammingo) - Bolivia Brasile - Ca-
nada
CIie -
eCseCnitnreosAe m(aeHriocnag(aKoSnagn)
Salvador) -
- Colombia
- Ecuador - Filippine - Francia - Germania
- Giappone - Gran Bretagna India (in in-
glese, malayalam, tamil e telugu) - Irlanda
- Italia Jugoslavia (in croato e 1n sloveno)
- Korea del Sud - BS Lituano (edito a Ro-
ma) - Malta - Messico - Olanda - Paraguay
- Perù Polonia - Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Sudafrica - lhallandla - Uru-
guay Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco ai
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nel limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'In-
dirizzo vecchio.

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-----------sB-
1 MARZO 1985 3
Don Viganò cl parla
UNA SCELTA
amore che si trova nella prima Beatitudine:
- Innanzitutto una spiritualità giovanile deve
SCONVOLGENTE
indicare con estrema chiarezza qual è il «prossi-
mo» preferito da Dio. Per saper amare come
amò Gesù è necessario fare personalmente una
«Beati i poveri»! (Mt 5,3).
Da dove incomincia una spiritualità giovanile?
Certamente dall'amore! Ma l'amore ha mille
\\"ie su cui incamminarsi. Gesù nelle Beatitudini
indica come prima strada dell'amore quella della
povertà.
È una scelta sconvolgente: se guardiamo intor-
no a noi, tutto respira materialismo. Il primo sal-
to da fare è appunto quello di superare la barrie-
ra del «possesso». Non sarà capace di vincere il
materialismo e, quindi, non avrà una vera spiri-
tualità, colui che non farà esperienza, nella sua
vita, del valore evangelico della povertà (cfr. Mt.
19, 21).
Ma che rapporto ci può essere tra l'amore Oa
felicità) e l'indigenza della povertà? Come spie-
gare questo incredibile paradosso di Gesù?
Incominciamo a guardare il rovescio della me-
daglia: la mentalità materialista oggi è dominan-
te sia all'Est che all'Ovest; essa danza, ovunque,
attorno al vitello d'oro delle ricchezze! La giusti-
ficazione di tale atteggiamento può essere fatta in
forma capitalista o marxista, ma la conclusione
pratica a cui si arriva è sempre la stessa: il benes-
sere, il potere, la gloria, il piacere, sono legati al-
opzione preferenziale per i poveri. È una scelta
pratica che tocca quotidianamente la vita e scon-
volge quelle mentalità alla moda, che sono di fat-
to imborghesite.
- In secondo luogo, l'amicizia con i poveri
offre con realismo un criterio oggettivo per giu-
dicare ciò che uno ha di «superfluo». E questo
porta a comunicare e a partecipare dei propri be-
ni ai più bisognosi. Ciò favorisce quell'atteggia-
mento di serena fiducia nella Provvidenza che è
raccomandato dal Vangelo (Mt. 6, 25 ss) e fa as-
sumere uno stile di vita sobrio e semplice, che al-
lontana le tentazioni dell'orgoglio e della
concupiscenza.
- In terzo luogo, la solidarietà con i poveri
aiuta a riscoprire il progetto di Dio sui beni eco-
nomici. L'accumulo di ricchezze a favore solo di
alcuni è irragionevole disobbedienza al Padre.
Quindi lo spirito delle Beatitudini invita anche a
ripensare l'attuale ordine socioeconomico e poli-
tico e ad ascoltare e a studiare l'insegnamento so-
ciale della Chiesa per impegnarsi in una svolta
storica di rinnovamento della società.
Ecco, dunque, tre passi concreti per una spiri-
tualità giovanile:
l'argento e all'oro, ai' soldi.
Ma così il materialismo ha riempito il mondo
di ingiustizia e di tristezza.
Si rende assolutamente indispensabile girare la
medaglia. Dall'altra parte troviamo l'effigie di
Gesù che ci parla del rapporto tra amore e
povertà.
fare, insieme a Gesù, la scelta dei poveri;
aver coscienza, in prima persona, del «super-
fluo» per condividere con i più bisognosi qualco-
sa di proprio;
sentirsi coinvolti nella costruzione della «civiltà
dell'amore», che èriscoperta del progetto creatu-
rale e inizio del Regno.
Vi invito a sottolineare tre aspetti concreti esi-
genti e tra loro complementari della miniera di
don Egidio Viganò

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4 I MARZO 1985
NOI E L'AMERICA LATINA
Un terzo e più delle pagine di que-
sto fascicolo vengono dedicate a
problemi, fatti ed idee di Paesi
latinoamericani.
Da quando il 14 novembre 1875, a
bordo della nave Savoia, un mani-
polo di salesiani guidato dal Ca-
gliero salpò da Genova verso Bue-
nos Aires, di cammino se n'è fatto.
Il recente viaggio di Giovanni Paolo
Il in alcuni Paesi di quell'immenso
Continente poi, se ha rilanciato con
forza il rapporto nord-sud richia-
mando i popoli più ricchi alle loro
responsabilità verso i popoli più po-
veri, ha certamente riproposto la
capacità del cristianesimo di farsi
segno di giustizia e di liberazione.
L'America Latina è ancor oggi per i
figli di Don Bosco una terra di spe-
ranza e di futuro. In questo Conti-
nente infatti Don Bosco è di casa: a
Brasilia, a Managua, a Quito, a
Santiago, come in tantissimi altri
luoghi; è una presenza capillare,
sofferta e generosa. Eppure sap-
piamo che non basta. Di fronte ad
un Continente giovane per età e per
aspirazioni che possiamo fare noi,
popolazione dalla «crescita zero•?
Forse, chissà, rimirando la scia di
quella nave a vapore e riappro-
priandoci della stessa capacità di
sogno che fu di Don Bosco, trove-
remo una risposta.
Giuseppe Costa
A propo•lto di obiezione di
co•clen;ia
Sono un ex allievo salesiano del Colle-
gio S. Luigi di Gorizia dove ebbi, nel
lontano 1928, direttore Don France-
sco Antonioli e prefetto D. Giuseppe
Manzoni.
Ho letto con dolorosa sorpresa l'arti-
colo apparso su •Il Bollettino Salesia-
no.. del 1 dicembre 1984, pag. 16/17,
che in bella incorniciatura colorata
porta il titolo: «Fra il servizio militare e
l'obiezione di coscienza• e come sot-
totitolo: «Vìta dura in caserma, ma an-
che per chi sceglie il servizio civile•.
Premesso che non sono un ufficiale di
carriera, ma un insegnante - ora in
pensione - già ufficiale di comple-
mento nella 1940-45, mi permetta di
dirle che alcune affermazioni non ri-
spondono a verità mentre alcune altre
sono addirittura offensive per chi nel
servire la Patria (la Patria: la terra dei
padri non altro!) ha inteso di fare il pro-
prio dovere di cittadino.
(Ndr.: seguono una serie dì lunghe
considerazioni che per esigenze di
spazio non pubblichiamo).
Giuseppe Fomasir, Udine
Ho letto con vero piacere l'articolo sul-
l'impegno giovanile nel numero di di-
cembre e sulle idee espresse mi trova-
te consenziente; ciò vale anche per la
«finestrella• sul servizio militare e clvi-
le, in merito alla quale vorrei però pre-
cisare qualcosa.
La storia del laureato in officina e del
meccanico in ufficio è , mi creda, un
po' antiquata: io stesso laureato in let-
tere, ho passato il militare in un ufficio,
dove anzi vanno perfino quelli che
hanno la maturità classica.
Comunqe, l'addestramento prevede
che tutti sappiano fare un po' di tutto,
per cui in casi estremi anche ìl laurea-
to sappia aiutare, che so, il mec-
canico.
I fatti citati nella finestrella poi, esisto-
no ma sono rarissimi (e qui parlo per
esperienza visto che lavoravo al Co-
mando, dove si sapeva tutto l'anda-
mento della caserma) e comunque io
ho imparato che, come si è fuori, si è
anche dentro la caserma~non faccia-
moci quindi ingannare dal ..sentito di-
re• o dai films del Colonnello Buttiglio-
ne! Il nostro esercito è (e questo non è
stato riportato nell'articolo) esclusiva-
mente di difesa, ed è inoltre addestra-
to per la protezione civile, come si è vi-
sto nelle ultime calamità naturali, ed è
inoltre più addestrato di quel che sì
creda ...
Non sono un militarista ma io penso
che la volontà di pace debba esistere
da ambo le parti e finché la vedo da
una parte sola, ml scusi, sto un po'
guardingo. Comunque, io ritengo po-
sitivo l'aver imparato a convivere con
quelli che portano i gradi sulle mani-
che o sulle spalline; è molto meglio
con loro che con quelli i quali portano
i gradi sulla fronte...
Francesco Chiari, Treviglio
Risponde don Giuseppe Costa, diret-
tore del BS.
Mi sono riletto l'articolo del BS di di-
cembre «incriminato» da alcuni lettori.
Nel ringraziar/i per l'attenzione debbo
tuttavia far rilevare che l'artico/o non
ha inteso affrontare in tutta la sua glo-
balità il problema della pace o del ser-
vizio militare né quello del volontariato
civile, obiezione di coscienza e non
che esso rappresenti. Penso che si
debba concordare sul fatto che non
sempre l'esperienza in caserma è po-
sitiva. È lo stesso Ministero della Dife-
sa che lo conferma con inchieste e
rapporti vari riferiti non certo a fatti
edificanti. Parlando di obiezione dico-
scienza non ho inteso sottrarre i giova-
ni ad una dura esperienza di sacrifi-
cio. Certo, ci si può «imboscare» dap-
pertutto ma è sempre possibile verifi-
care la serietà di questa scelta che,
per altro, ha una durata doppia rispet-
to al servizio militare di leva. L'articolo
infine non ha inteso «offendere• nes-
sun sentimento patriottico ma prende-
re atto di alcuni valori della cultura del-
la pace che, grazie a Dio vanno fioren-
do sempre più e ci incoraggiano a ve-
dere con occhi nuovi l'antico e sempre
valido «amor patrio•.

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- - - - - - - ~; ~ - -# --
..
I MARZO 1985 5
GER M AN I A
INDIA -~==-
Da dieci anni i Salesianj di
Verona a Colonia
L a Comunità salesiana
cli Weissenburgstrasse
a Colonia ba spento,
lo scorso 9 dicembre, le
candeline dei suoi dieci anni
cli presenza nella città
renana, a fianco e con gli
emigrati italiani.
Non c'è stata una festa alla
grande, ma sicuramente una
grande festa, nel clima di
famiglia, che la Comunità ha
collaudato, giorno dopo
giorno, in questi dieci anni.
Anche la scelta di fare la
festa dentro casa, nonostante
si prevedesse qualche disagio
per il numero cli amici che
sarebbero intervenuti, ha
rispettato il desiderio di
coloro che l'hanno
programmata, di rendere
omaggio alle mura e alle
porte di questa casa, che
sono state le mura e le porte
di chiunque abbia avuto
bisogno di esse.
Nessun invitato di quelli cui
bisogna cedere la sedia, una
messa con tanti bambini, un
paio di diapositive con i volti
di Tonino, Francesco e
Marina, e panettone con il
vino buono.
Così è passato il pomeriggio,
come quello di una
domenica passata in casa cli
amici. Più dei discorsi
ufficiali, hanno parlato dai
muri le foto di cento ragazzi,
sorridenti dai campi di
lavoro cli Brema e
Santomenna, dalle nevi delle
Dolomiti o dietro le
bancarelle sulla
Schildergasse, coi maglioni
venuti dall'Ecuador.
Chiunque abbia confidenza
coi problemi degli emigrati,
sa quanto sia pericoloso fare
progetti duraturi e
addirittura impossibile
aspettarsi qualsiasi risultato
programmato in determinate
scadenze: oggi ci sono,
domani sono in Italia o a
Monaco di Baviera o ad
Amburgo. Il posto di lavoro
~ l'unico legame: non c'è
quartiere, né bar dell'angolo
cogli amici, a tenere un
emigrato in Germania,
fermo in un posto. Lo
spauracchio della solitudine
e dell'isolamento è sempre
dietro le spalle, soprattutto
per i più giovani, che
tentano il decollo dalla
propria famiglia.
Per questi giovani furono
chiamati, dieci anni or sono,
i Salesiani della Provincia di
Verona: perché prendessero
in mano la pastorale
giovanile nella città e nella
diocesi di Colonia. Un
lavoro da far tremare i polsi,
per il quale non sarebbero
bastati cento mani e cento
occhi, ma che due sole mani
e due soli occhi potevano
invece essere già di troppo, a
non sapersi muovere.
Uno solo poteva essere il
cammino possibile, per non
combattere battaglie alla don
Chisciotte: quello di porsi al
centro della città, aprire le
porte, senza urlare.
E senza urlare qualcuno è
sempre stato lì, dietro la
porta, a sentire il primo
squillo di campanello, per
dieci anni. Con lo stesso
animo: basta una volta che
sei stanco e sei fregato. Chi
è venuto a suonare con la
mano tremante, non viene
per la seconda volta.
Con questi giovani, che una
Vita dì Don Bosco in Hindi
P volta banno suonato, si sono
YARKA
SAHAZADA. È
questo il titolo di una
formate lentamente le
nuova biografia di San
avanguardie di scoperta e Giovanni Bosco scritta da
contatto con il mondo
C. B. Saku in lingua
giovanile tedesco, per
«Hindi», la lingua più
allargarsi poi fuori città alla parlata dell'india.
ricerca degli altri gruppi
Scritta in stile popolare,
giovanili, vicini alle Missioni piacevole e al tempo stesso
cattoliche. E con essi
dai contenuti solidi e
formare un movimento di profondi, questa «nuova»
giovani italiani in Germania, vita è risultata un vero e
che all'ultimo incontro cli proprio bestseller ed ha
Offenbach, nel giugno
procurato all'autore un
scorso, erano più di
premio speciale. Pubblicata
cinquecento.
a Nuova Delhi essa viene
Dopo Offenbach ci sarà
considerata un dono ai
Essen, con quanti altri
giovani in occasione del loro
ancora?
Anno internazionale.
Weissenburgstrasse non
rivendica nessuna paternità,
non mette le bandiere.
I TALIA ---------_------·
Continua ad aprire la porta
al primo squillo di
campanello e continua a dire
che la parola d'ordine, per
crescere, è condividere e
collaborare, facendosi
ognuno educatore dell'altro.
Il Premio Grinzane Cavour
per la lettura dei giovani
e on La selezione dei sei
autori finalisti-
vincitori per il 1985,
Sergio Mancini
sono iniziati i lavori della
quarta edizione del PREMlO
GRINZANE CAVOUR,
Nella foto:
Immagini della Festa del
decennale,
In particolare: la consegna
dei premi
al bambini da parte di...
..s an Nicola•
sorto per iniziativa della
Società Editrice
Internazionale e della Città
di Alba, in collaborazione
con il Ministero della
Pubblica Istruzione.
La Giuria del Premio,
presieduta da Ugo
RONFANI e composta da
Giuseppe BELLINI,
Giuseppe BEVILACQUA,
Maria CORTI, Mario
GUlDOTTI, Lorenzo
MONDO, Sergio P EROSA,
Mario POMILIO, Emilio
POZZI, Mario RIGONI
STERN, Sergio ZAVOLI e
Giuliano SORlA
(Segretario), si è riunita a
Torino il 26 gennaio e, dopo
aver esaminato le 107 opere
concorrenti, ha designato i
sei autori finalisti-vincitori
(tre italiani e tre stranieri)
del GRINZANE CAVOUR
1985. Essi sono:
la sudafricana Nadine
GORDlMER, Luglio
(Rizzoli)

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6 · 1 MARZO 1985
il norvegese Truls ~RA,
Nube di vernice (Garzanti)
lo statunitense Kurt
VONNEGUT, Il grande
tiratore (Bompiani)
e glì italiani:
Paolo BARBARO, Maiala/i
(Spirali)
Giuseppe BONURA, Il
segreto di A fias (Editoriale
Nuova)
Sebastiano VASSALLI, La
notte della cometa (Einaudi)
Le sei opere sono state scelte
tra una prima rosa di 18
titoli sui quali si era
precedentemente espressa la
Giuria nella prima parte
della sua giornata di lavori.
Tale prima selezione
comprendeva anche le
seguenti opere:
Angela CARTER, La
//CUVO P~Rl.t:;12€
{.OL (APUfflCJO :
E,et:J OCC/,Jf'4TO
VOLEVO ~RIAR.€
COL MINJ~TRO :
éRA OlWPAil.$5/MO
passione della nuova Eva
(Feltrinelli); Mario DELLA
PALMA, Un caso di
solitudine (Fogola); Rodolfo
DONI, Legame profondo
(Rusconi); Serena FOGLIA,
Quale amore (Rusconi);
Gilberto FORTI, A Sarajevo
il 28 giugno (Adelphi);
Daniele GORRET, Sopra
campagne e acque (Guanda);
Stanislaw LEM, L'indagine
(Rusconi); Salman
RUSHDIE, I figli della
mezzanotte (Garzanti); José
SARAMAGO, Memoriale
del convento (Feltrinelli);
Wole SOYlNKA, Aké, gli
anni dell'infanzia (Jaca
Book); Roberto VACCA,
Dio e il computer
(Bompiani); Christa WOLF,
Cassandra (Edizioni e/o).
Le sei opere selezionate
saranno ora inviate agli
studenti di 11 centri di
lettura dislocati in altrettante
scuole superiori italiane. I
voti di queste Giurie
scolastiche determineranno i
super-vincitori, per il 1985,
delle due sezioni di cui si
V0lEJlo P.91Zl~R€
mL l>lێ.7TOIU."
él<R Maro O({.()PRTO
))
OR.,Q CAPISCO J.A l)JS()C(,
Pf:l?IONé.· c>:'MOLT/; (,,€)1
Té rR,OPP() OCWP/:/TA.'
compone il Premio
(narrativa italiana e
narrativa straniera). Ai
super-vincitori spetteranno 5
milioni di lire caduno; ai
restanti quattro autori
verranno assegnati 2 milioni
di lire caduno.
La premiazione si svolgerà il
25 maggio I985, nelJo
storico castello di Grinzane
Cavour, al termine dei lavori
del Convegno - che
annualmente è organizzato
in concomitanza del Premio
- che avrà quest'anno per
tema: «I best-sellers: vera
gloria?».
fra le sue iniziative, ha
voluto fare incontrare i
lettori del Bollettino
Salesiano della città con il
direttore della popolare
rivista, don Giuseppe Costa,
che è stato chiamato a
parlare sul tema: « Il
Bollettino Salesiano: una
intuizione di Don Bosco
ancora attuale». È stato un
incontro che... in barba ai
70 cm di neve caduta
proprio in quei giorni, si è
rivelato ricco di cordialità ed
interesse e tale da far
auspicare la sua ripetizione
in altre località.
Nella foto:
Il manifesto della festa
Fest.a dei giovani a
Pordenone
A Imeno due mila
giovani hanno
partecipato
domenica 20 gennaio 1985
alla Festa organizzata a
Pordenone dal Centro di
Pastorale giovanile
dell'lspettoria Salesiana di
Verona. Con quest'incontro
i giovani veneti hanno voluto
ritrovarsi per condividere il
loro essere giovani ma
Si è svolto il convegno
soprattutto la loro volontà di sull'Educazione deì giovani
impegno per una società
alla pace
migliore. È stata dunque una
giornata di festa ma
soprattutto di riflessione
iniziata con l'intervento di
e on la partecipazione
di alcune centinaia di
operatori pastorali e
Luciano Tavazza, presidente soc.iali si è svolto dal 2 al 4
nazionale del MO. VI.
gennaio 1985 all'Università
(Movimento Volontari) e Salesiana di Roma il
articolata con una «marcia» preannunciato convegno
per le vie della città ed uno sull'educazione dei giovani
spettacolo conclusivo.
alla pace.
Aperto con il saluto del
La festa di Don Bosco è
decano per la Facoltà di
stata celebrata in moltissimi Scienze dell'Educazione
centri con programmi ricchi prof. don Guglielmo Malizia
di contenuti e creatività.
e con l'intervento del Rettor
Così un po' dappertutto si Maggiore don Egidio Viganò
sono svolte iniziative intese che ha definito «segno dei
ad esaltare Don Bosco e al tempi» il rinnovato interesse
tempo stesso a rileggere il dell'opinione pubblica su
significato della sua opera a questo tema, il convegno ha
servizio dei giovani. La
visto fra gli altri i contributi
Famiglia Salesiana di Schio, di don Pietro Gianola, del

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-
- -- - - - - - - -~
I MARZO 1985 7
a lettera di Nino Barraco
ELOGIO DEL SILENZIO
I Un momento
del recital del giovani
del Centro Giovanile
Salesiano
moralista Enrico Chiavacci,
di Antonino Drago, di
Emilio Damino, di Aldo
Ellena. Durante il convegno
ha dato anche il suo saluto
monsignor Jan Schotte,
vicepresidente della
Commissione «Justitia et
Pax». I relatori sono stati
concordi nel determinare
l'urgenza e al tempo stesso
la complessità del problema
educativo.
Il convegno ha avuto come
moderatore il sociologo don
Gian Carlo Milanesi e
durante il suo svolgimento
ha visto anche la
comunicazione di numerose
esperienze anche
ìnternazionali come quella
del movimento giapponese
Rissho Kosei-Kai mentre i
giovani del Centro Giovanile
Salesiano di Roma-Cinecittà
hanno presentato un recital.
ARGENTINA
Festa della Pace a Monte
Aymond tra giovani ciJeni e
argentini
L a Diocesi argentina di
Rio Gallegos e quella
cilena di Punta
Arenas hanno in comune
non soltanto il confine
diocesano e nazionale
(Argentina e Cile) ma anche
la «salesianità» dei due
rispettivi vescovi: salesiani
sono infatti monsignor
Miguel Angel Aleman,
vescovo argentino di Rio
Gallegos, e monsignor
Tomas Gonzales Morales,
vescovo cileno di Punta
Arenas. Il loro territorio si
sa è stato, fino a qualche
mese fa, oggetto di una
contesa internazionale risolta
con la mediazione della
Santa Sede. Ma prima che si
arrivasse a tale soluzione i
due vescovi hanno
incoraggiato una serie di
iniziative pastorali a
sostegno di una cultura della
pace fra i giovani dei due
Paesi. Sin dal 1979 infatti
gruppi di giovani delle due
diocesi si sono incontrati per
pregare e stare insieme.
L'incontro di quest'anno ha
avuto un particolare
significato dal momento che
la contesa Argentina-Cile ha
avuto una soluzione. Fra gli
occhi preoccupati della
«Gendarmerfa Nacional» e
dei «carabineros» centinaia
di giovani si sono
arrampicati sul Monte
Aymond, località a 68
chilometri da Rio Gallegos e
a 220 chilometri da Puma
Arenas, e qui, con una
temperatura quasi polare
hanno celebrato la loro Festa
della Pace. Con l'occasione i
partecipanti hanno deciso di
assegnare un premio speciale
come «costruttori di pace» a
Giovanni Paolo Il, a Mons.
Miguel Angel AJeman, alla
gioventù argentina, al Card.
Raul Silva Henriquez, a
Mons. Tomas Gonzales
Morales e al console
argentino nella città di Punta
Arenas, signor Horacio
Chalian.
Carissimo,
\\
posso augurarti qualche cosa? Ecco, sì, ti auguro tan-
to silenzio.
Silenzio è meravigliarsi, adorare, lottare. li silenzio
non è il nulla. li silenzio è voce, profondità di voce,
vento di voce. Intervistare il silenzio. È il silenzio che
parla.
Silenzi lunghi, vasti, inaccessibili, dell'anima con se
stessa, con i fratelli, con Dio.
La misura dell' uomo è la sua capacità di stare in si-
lenzio. E non penso, no, soltanto, alle grandi anime dei
monaci in contemplazione, alle suore, segno, icone, an-
ticipazione del Regno, ai conventi di clausura, ma penso
anche a uomini dentro la storia, gli avvenimenti, la cul-
tura del nostro tempo.
Penso a Giorgio La Pira, alla sua dimensione mistica
nella politica. Penso a Francescbini, il Rettor Magnifico
dell'Università cattolica di Milano, l'umiltà della scienza
che canta il silenzio. Penso a Madre Teresa, alla sua vita
consumata tra i poveri, eppure in adorazione: «li silen-
zio ci dà uno sguardo nuovo su tutte le cose».
Penso a tutti quelli che non hanno soffocato l'interio-
re, cbe, con coraggio, con determinazione estrema, han-
no saputo difendere il silenzio dalla brutalità, dal cini-
smo, dall'aridità di tutti gli affaristi.
Anime impegnate, eppure al di là del tempo.
Penso a quelli che sono rimasti attenti alle stelle, al
deserto, all'infinito, alle molte letture di Dio nel silenzio
delle cose, alla poesia del silenzio: «Tra tanta musica
udita, me n'è rimasta una sola, nel cuore, profondamen-
te scolpita». U silenzio è trasparenza di Dio, che si fa
viva, palpabile, reale. Il silenzio è fede. Il siJenzio di se
stessi, l'ascolto di chi adora. n silenzio è salute. II silen-
zio del corpo che non è malato.
li silenzio è vita. La natura, alberi, fiori, foglie, cre-
scono nel silenzio.
Ritrovarci nel cuore delle cose, meravigliarci di tutto,
di un fiore. È la creazione che si ferma, attonita, stupe-
fatta, dinanzi a quel fiore nella fossa, che tenta di buca-
re il cemento, l'asfalto, per vivere.
Il silenzio è messaggio, annunzio, parabola della vita.
È il tempo che passa. che colma le valli, che lascia
cadere la sabbia perché si veda l'oro, perché l'effimero
scompaia ed emerga l'eterno.
Fare silenzio dentro di noi. Vivere nella profondità,
nello spessore del silenzio. Essere anime di profondo
silenzio.
U grande rischio: perdere l'occasione di capire che
Dio è più grande del nostro cuore, ch e l'unica verità è
amare.

1.8 Page 8

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_ INCHIESTA BS'-- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
1985 anno dei giovani
cc R ITORNO
ALLA
FAMIGLIA,,
MA CON
TANTI
OSTACOLI
DA SUPERARE
'Jramontati i tempi della radicale contestazione,
le nuove generazioni cercano
nella famiglia un punto di riferimento.
I genitori facilitano questo processo? E la società?
ILe Immagini
di questo articolo
si riferiscono
a vita familiari.
Sono Immagini
di un tempo passato
Sono tramontati i tempi
in cui la famiglia non era più «di
moda>> fra i giovani? Sono vera-
mente lontani gli anni quando la fa-
miglia era rudemente e perentoria-
mente definita «una sovrastruttura
sociale da relegare in un passato
oscurantista»? Quando i più radica-
li si spingevano fino a sentenziare
senza appello «la morte della fami-
glia»? I segnali che fanno propen-
dere verso risposte in senso affer-
mativo, ci sono. Intendiamoci: non
tutto è rose e fiori, la cautela, in un
periodo storico caratterizzato da tu-
multuosi mutamenti, è d'obbligo.
Del resto, l'offensiva ideologica,
sociologica, o di matrice grossola-
namente psicanalitica, talvolta coa-
lizzate in un unico, ibrido blocco,
contin~a tuttora a produrre effetti
devastanti sulla famiglia, ad attivar-
ne l'indiscutibile crisi, che si traduce
nei noti fenomeni della diminuzione
dei matrimoni e delle nascite.
Un'offensiva, occorre precisare,
che si sviluppa oggi in forme meno
rozze che per il passato, più subdo-
le, sottili, insidiose, siano esse ema-
nazione di entità pubbliche, di isti-
tuzioni statali, oppure ispirate da
porzioni, ancorchè minoritarie, del-
la società civile.
Ciò nonostante, i dati emergenti
da indagini, inchieste, statistiche,
oltre che l'osservazione attenta del-
la realtà quotidiana, ci attestano
che molte della frecce àntifamiglia
si sono spuntante camrnin facendo,
anche per via del clamoroso insuc-
cesso di esperienze che si pretende-
vano sostitutive della famiglia tradi-
zionale. I giovani, in particolare,
hanno abbandonato le posizioni
apocalittiche delle generazioni fra il
1965 e il 1978, e non parlano più di
fantastiche <<famiglie-aperte», di
«comuni familiari» e altre vuote
formule dello stesso tipo. Al contra-
rio, il «ritorno alla famiglia» è oggi
un dato di fatto, che accomuna le
nuove generazioni.
Ne11a casa paterna
Da una indagine condotta in tutti
i Paesi dell'Europa occidentale dal
Centro ricerche dell'OCSE, viene la
conferma di un sincero attaccamen-
to dei giovani aUa famiglia, emerge
una gioventù che si dice soddisfatta
della famiglia e vi si integra senza
problemi. Sarebbe fuori luogo dire
che siamo aJl'idHlio, e difatti non
mancano i giovani che lamentano
una scarsa comprensione da parte
dei genitori, e altri che scalpitano
entro un recioto reputato troppo
angusto. Ma è altrettanto vero che
la stragrande maggioranza dei gio-
vani dichiara apertamente di non
avere la benché minima intenzione
di abbandonare la famiglia se non
al momento di formarsene una pro-
pria. E difatti, in Italia, i giovani
con meno di 24 anni che vivono da
soli sono 47 mila in tutto.

1.9 Page 9

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- - - - - - - - - - -# -
Nell'Europa occidentale i giovani
che formano «famiglia» a sè sono il
10 per cento, con il massimo della
concentrazione nella fascia più
avanzata dell'età giovanile, cioè dai
23 ai 24 anni, quando l'abbandono
della casa paterna ha maggiori giu-
stificazioni. Nella fascia d'età com-
presa fra i 14 e i 18 anni, solo il 2
per cento dei giovani maschi, e il 4
per cento delle ragazze, vive solo.
Un'inchiesta della Doxa, che ha
coinvolto un ampio campione di
giovani italiani (4 mila), in età com-
presa fra i 15 e i 24 anni, fornisce un
quadro più dettagliato. Anche qui
l'attaccamento alla famiglia si im-
pone come dato di fondo, tanto che
la famiglia viene indicata come il
principale valore, prima ancora del
lavoro, dell'amicizia, dello svago,
dello studio, dell'impegno sociale.
Pochi degli interpellati forniscono
una immagine negativa dei rapporti
con i genitori: solo il 3,4 per cento si
spinge a definere « frustranti» tali
rapponi. Oltre il 60 per cento li de-
finisce invece «piuttosto buoni» e il
20 per cento li giudica «eccellenti».
La maggioranza ammette di ave-
re un buon dialogo con i genitori.
Uno dei contrasti indicati con più
frequenza riguarda le uscite serali,
tasto dolente, che penalizza soprat-
tutto le ragazze. li 41 per cento dei
giovani fra i 15 e i 17 anni è lasciato
libero dai genitori di uscire dopo ce-
na, ma la percentuale scende a pre-
cipizio quando si tratta di ragazze:
solo il 14 per cento di esse ottiene il
permesso. Tra i 20 e i 25 anni, anco-
ra il 40 per cento delle ragazze ha ri-
gide limitazioni di orario e di fre-
quenza nelle uscite serali. Su questo
argomento, sembra veramente dif-
ficile trovare un punto di pacifico
contatto fra i genitori e figli, conci-
liare cioè la preoccupazione dei pri-
mi, più che giustificata dati i tempi
tutt'altro che tranquilli in cui vivia-
mo, con il pur comprensibile desi-
derio dei secondi di trascorrere
qualche ora con i loro coetanei.
Un' inchiesta territorialmente più
limitata, e tuttavia utile ai fini di
una conferma delle altre, è quella
che ha avuto come area di sondag-
gio alcuni quartieri di Roma. Qui si
è constatato che fra i giovani e i ge-
nitori non esiste addirittura con-
trapposizione alcuna, nè di valori,
di modelli culturali e neppure di
matrice ideologica. È, questo, un
dato che testimonia La drastica di-
versità dei giovani di oggi da quelJi
della generazione che li ha precedu-
ti, una generazione il cui impegno
sociale e politico passava spesso at-
traverso la rottura con la famiglia.
Ma ecco alcune domande rivolte
ai giovani e le loro risposte. « Che
rapporti hai con la tua fatniglia?»
«C'è dialogo, parliamo insieme di
molti argomenti» (56 per cento);
«Ci confrontiamo spesso» (24,9);
« Parliamo di cose banali» (13,8);
«Ci ignoriamo a vicenda» (1,4);
«Litighiamo spesso» (2,9). Doman-
da: «La tua opinione politica è
uguale o diversa da quella dei tuoi
genitori?» Risposte: «La penso in
modo molto simile a mio padre»
(42 per cento); «Ho una opinione
politica diversa ma non opposta a
queUa di mfo padre» (38); «Ho
una opinione opposta» (20).
L amentele dei giovani
Questi dati inducono natural-
mente a interrogarsi sui motivi che
hanno spinto i giovani a mettersi
sulla strada del «ritorno alla fami-
glia». Le opinioni al riguardo sono
1~01985 .g
molteplici e diversificate, come del
resto è logico, considerata l'ampiez-
za dell'arco su cui si stende il cosid-
detto «mondo giovanile». Il prof.
Ulderico Bernardi, docente di so-
ciologia ali'Università veneziana di
Ca' Foscari, ci vede «l'esigenza dei
giovani di soddisfare il bisogno di
avere davanti a sè una figura - iJ
padre - che trasmette modelli rea-
li» (ma aggiunge che «questa esi-
genza può essere soddisfatta solo se
la famiglia ha come cardine interno
La stabilità della coppia»). Per altri,
invece, la rivalutazione della fami-
glia agli occhi dei giovani è dovuta
al fatto che i genitori sono cambiati,
sono diversi rispetto al passato, più
disponibili, fino a diventare un pun-
to di riferimento indispensabile per
i figli. Altri ancora sostengono che
il fenomeno «ritorno alla famiglia»
va attribuito alla mancanza di mo-
delli extrafamiliari, e ne traggono la
conseguenza che «ritorno alla fami-
glia» è l'equivalente di «ritorno al
privato».
Dobbiamo arrivare alla conclu-
sione che tutto, nei rapporti
giovani-famiglia, fila liscio come
l'olio? Chi volesse spingersi tanto
lontano peccherebbe di eccessivo
ottimismo. La realtà è meno rosea.
Se i tempi della contestazione radi-
cale sono finiti, rimangono però gli
scontri generazjonali, sia pure affie-
voliti da un profondo cambiamento
di mentalità. I motivi di dissenso,
fisiologici fin che si vuole, conti-
nuano a sussistere, specialmente nei
paesi industrializzati più avanzati.
Le lamentele dei giovani nei con-
fronti dei genitori si appuntano so-
prattutto sulla scarsa confidenza,
sulla frammentarietà dei rapporti,
sui modi diversi di interpretare i fat-
ti quotidiani, sui problemi sollevati
dalla scuola, dal lavoro, dall'abbi-
gliamento, oltre che, come abbiamo
già accennato, dalle uscite serali.
Ma le rimostranze dei giovani non si
fermano qui, toccano temi più çom-
plessi, che coinvolgono il modo
stesso di intendere la famiglia e la
collocazione di questa nel contesto
sociale contemporaneo. Sentiamo-
ne alcune: lavorano entrambi e io li
vedo poco, pensano in modo osses-
sivo al denaro e finiscono per non
vedere i figli, la casa è diventata una
specie di rifugio per la notte e serve

1.10 Page 10

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10 · f MARZO 1985
solo per dormire, sfogano su di noi
le loro preoccupazioni, fanno i loro
comodi senza degnarsi di pensare a
noi.
Sono accuse pesanti, come si ve-
de, che dovrebbero far riflettere
non solo i genitori ma anche coloro
che hanno il compito di disegnare
un modello di società. Naturalmen-
te non mancano i genitori che ritor-
cono sui figli la responsabiUtà dei
dissapori familiari, accusandoli a
loro volta di essere egoisti, chiusi in
se stessi, poco disposti al dialogo,
lontani, trasandati, eccessivamente
dediti al divertimento a scapito del-
lo studio e del lavoro.
Ma come li vorrebbero i genitori,
questi giovani? Nel tracciare la figu-
ra del padre ideale, la qualità che i
giovani - sia maschi che femmine
- vorrebbero voler vedere emerge-
re in primo piano è la pazienza, se-
guita dalla calma, dall'espansività e
dalla generosità. Quanto alla ma-
dre, anch' essa è desiderata più pa-
ziente e meno rigida. Richieste, in
fondo, moderate, soprattutto se po-
ste a confronto con quelle che circo-
lavano all'epoca in cui Mitscherlich
dava alle stampe il suo saggio «Ver-
so una società senza padre», testo
sacro di chi si sforzava di inventare
surrogati della figura paterna in no-
me di un preteso nuovo equilibrio
nei rapporti sociali.
Richieste, in ogni caso, non in
contrasto con il ruolo che i genitori
sono chiamati a svolgere nella fami-
glia, primo e insostituibile luogo
dove si sviluppa la personalità del
giovane, e dove il giovane apprende
i veri valori della vita. La realtà
quotidiana ci pone però davanti a
famiglie che si muovono in tutt'al-
tra direzione. Ed ecco allora i geni-
tori che si impegnano con·zelo de-
gno di miglior causa nel sospingere i
giovani verso scelte opportunisti-
che, verso la ricerca del successo ad
ogni costo, magari accettando il
compromesso, la falsità, l'ambigui-
tà. Ed ecco, ancora, i genitori che
pretendono di far sfoggio di «mo-
dernità>> all'insegna del «tutto è
permesso», presi dal timore di esse-
re considerati troppo «rigorosi» o
«esigenti».
L padre-padrone
Nessuno può pensare oggi di in-
staurare con i figli un rapporto del
tipo «padre-padrone», chi volesse
incarnare questa non gradevole fi-
gura paterna sbaglierebbe di grosso.
Ma sarebbe altrettanto sbagliata,
perché dannosa per i giovani, la ri-
nuncia a svolgere il ruolo·del genito-
re, cioè un ruolo di educazione pri-
maria, che ha la funzione di tra-
smettere ai figli i valori fondamen-
tali dell'esistenza. Compito duro e
difficile, perché duro e difficile è il
compito di educare attraverso la
proposta paziente e coraggiosa di
valori. Purtroppo ci sono giovani
condannati dai genitori ad assorbire
deteriori modelli di vita che il padre
e la madre hanno in mente per lui,
presi dalla smania - diffusa nella
nostra epoca consumistica - di ve-
der eccellere l'erede, di vederlo sem-
pre primo, solo perché hanno river-
sato sul figlio la propria ambizione
al «successo». Quel (<successo» che
essi non sono riusciti a raggiungere.
Ecco perchè i medici sportivi dia-
gnosticano con sempre maggiore
frequenza un forte «tasso d'isteria»
in molti giovani che si sono dedicati
allo sport non per seguire una prati-
ca di educazione fisica, ma per di-
ventare «campioni». Sono giovani,
dicono i medici, che si ammalano di
gravi forme depressive, amorfi, sen-
za ideali, senza immaginazione,
consumisti e opportunisti. Sono
giovani senza ideali perché i genitori
non hanno ideali.
I giovani hanno invece ricomin-
ciato a sentire il bisogno di punti di
riferimento. Il padre (e con lui la
madre) può esserlo se è veramente
colui che offre sicurezza, che si po-
ne come modello di lealtà e di one-
stà, che offre aiuto nel momento
stesso in cui esercita l'autorità, che
risponde alle mille domande dei fi-
gli, che sa essere severo, che sa rifiu-
tare il permessivismo e la compren-
sione senza regole. Ciò è possibile in
una famiglia che si ponga nella so-
cietà come com unità di amore e di
solidarietà, una famiglia in grado di
trasmettere valori culturali, etici,
sociali, spirituali e religiosi. I geni-
tori fanno allora beneficiare i figli
delle esperienze che hanno matura-
to, e assieme ai figli a loro volta
maturano.
Quando si collocano entro una
certa fascia d'età (in genere fra i 20
e i 25 anni), i giovani instaurano
con l'istituzione famiglia un rap-
porto bidirezionale: verso la fami-
glia d'origine - e ne abbiamo visto
alcuni risvolti - e verso la famiglia
che andranno a formare. Osservia-
mo ora i comportamenti dei giovani
da questo secondo punto di vista. Il
panorama che si apre davanti ai gio-
vani di oggi non è dei più esaltanti.
Al di là delle generalizzazioni, che
sarebbero fuorvianti, esistono dati
oggettivi con cui occorre confron-
tarsi. Eccone alcuni. In Svezia, 40
matrimoni su cento fanno naufra-
gio nel divorzio. In Italia non siamo
ancora a questa quota astronomica,
ma le istanze di separazione colloca-
no il nostro Paese al terzo posto in
Europa: un matrimonio su dieci si
conclude con la separazione, uno su

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
-----------yl-
25 con il divorzio. Roma, in parti-
colare, costituisce un caso limite,
con una famiglia su tre che entra in
crisi fino al punto di scegliere le vie
legali per dichiarare ufficialmente
fallimento.
Le conseguenze sui figli sono ine-
vitabili e dolorose. È stato ampia-
mente dimostrato che lo stato di
conflittualità che insorge fra i geru-
tori prima della rottura del vincolo
familiare si ripercuote pesantemen-
te sui figli anche a distanza di molti
anru. n sociologo Pier Paolo Dona-
ti, dell'Uruversità di Bologna, ha
constatato, sulla base di accurate ri-
cerche condotte in questo campo, la
presenza, nei figli di separati e di-
vorziati, di «carenze affettive»,
mancanza di equilibrio e di forma-
zione di una identità stabile, solitu-
dine, depressione, incapacità rela-
zionale, elevato rischio di compor-
tamenti devianti». Se vogliamo
spingerci geograficamente più lon-
tano, nell'intento di sottolineare
che, sotto questo profilo, tutto il
mondo è paese, potremmo citare il
caso del Giappone, dove tutti i ri-
cercatori sono giunti concordemen-
te alla conclusione che una buona
fetta di responsabilità per il dilagare
della violenza giovanile va attribui-
ta alla disgregazione della famiglia
giapponese tradizionale. Del resto, i
molti giovani che ogni anno scappa-
no da casa in tutto il mondo indu-
strializzato (50 mila solo negli Stati
Uniti), sono sì spinti da molteplici
sollecitazioni - instabilità caratte-
riale, spirito di avventura, brutti vo-
ti a scuola ecc. - ma sociologi e
psicologi sono concordi nell'indica-
re come cause prevalenti situazioru
familiari in sfacelo, ambiente di fa-
miglia reso insopportabile dalla
condotta dei genitori, disgregazione
del rapporto di coppia.
À ttacchi
al matrimonio
A questi dati, che non sono certo
confortanti per un giovane che vo-
glia avvicinarsi al matrimonio, biso-
gna aggiungere l'azione nefasta
svolta da chi lavora fra i giovani per
indurli a preferire al matrimonio
una forma di convivenza che si pre-
tende di spacciare per affermazioni
di libertà. In Italia, le donne elette
al parlamento nelle liste del partito
comunista si sono fatte promotrici
di un'azione politica tesa a ottenere
che la legge sancisca una distinzione
fra famiglia e matrimonio. «Conti-
nuare a pensare alla famiglia - esse
sostengono - come a un istituto
fondato esclusivamente sul matri-
monio significa non riconoscere di-
ritti, doveri, valori e comportamen-
ti di milioni di famiglie che si fonda-
no su relazioni fra individui codifi-
cabili in modo diverso dal matrimo-
nio». Si misura qui l'ampiezza dei
guasti prodotti dall'introduzione
del divorzio, che, una volta inserito
nella legislazione, ha avviato una
serie di reazioni a catena, aprendo
problemi ben più gravi di quelli che
pretendeva di risolvere. Il moltipli-
carsi di nuclei familiari che si basa-
no su relazioni «codificabili in mo-
do diverso dal matrimonio>>, e cioè,
in pratica, non codificabili, ne è so-
lo una riprova.
Duri colpi al matrimonio - spe-
cie agli occhi dei giovani - vengo-
no inferti anche da autorevoli catte-
1 MARZO 1985 11
dre: in Francia, per esempio, la
Corte di Cassazione ha stabilito che
«l'unione libera non è in contrasto
con i nostri presenti costumi)). Se
poi si vuol scendere nel frivolo, cite-
remo un recente giudizio espresso
da un noto attore cinematografico,
Nino Manfredi, secondo il quale
«la famiglia italiana poggia sui suoi
difetti: le bugie e i tradimenti». È
forse una «boutade», magari lo
stesso Manfredi è il primo a non
crederci, e tuttavia affida questi
pensierini a un libro che aspira a
una larga diffusione.
Sono dunque queste le forme
di... preparazione al matrimonio e
alla famiglia offerte oggi ai giovani
dalla nostra società. Che cosa resta,
in siffatti schemi, della famiglia co-
me nucleo vitale della società, della
famiglia dedita all'educazione dei
figli, alla trasmissione dei valori
fondamentali su cui poggia la con-
vivenza umana? «L'avvenire dell'u-
manità passa attraverso la fami-
glia» ha detto Giovanni Paolo Il.
Ma il Papa, formulando questa pre-
visione, aveva in mente una fami-
glia fondata sull'amore interperso-
nale autentico dei suoi membri,
amore che è donazione reciproca e
non chiusura nell'egoismo.
Nonostante i poco edificanti
esempi offerti ai loro occhi, nono-
stante i reiterati attacchi condotti
contro la famiglia, i giovaru guarda-
no ad essa, in generale, con fiducia.
E nella loro stragrande maggioran-
za si riferiscono ancora alla fami-
glia tradizionale, quella che i suoi
più accaniti detrattori hanno dato
più volte per spacciata. Secondo
uno studio condotto da specialisti
dell'Università cattolica di Milano, ,
«resiste un modello familiare tradi-
zionale, che le nuove generazioni
considerano insostituibile per l'edu-
cazione dei figli e per la trasmissio-
ne dei valori morali». Una indagine
condotta dalla Doxa rivela che solo
il 5 per cento dei giovani esprime
l'intenzione di non sposarsi. La
stragrande maggioranza, dunque,
vuole stabilire un saldo legame su
cui fondare una famiglia. Un altro
dato, forruto dal CENSIS, dice che
il 39 per cento dei giovani italiani
dai 17 ai 24 anni ritiene certo o mol-
to probabile di arrivare al matrimo-
nio entro i prossimi cinque anni.

2.2 Page 12

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12 I MARZO 1985
Quanti figli?
Il 63 per cento desidera un matri-
monio che duri tutta la vita perché
lo ritiene «la forma migliore per l'u-
nione di coppia». Sono maggioran-
za anche coloro che, sposandosi,
vogliono avere figli. In particolare,
per il 50 per cento delle ragazze, la
maternità è l'esperienza centrale
della vita. E molte di esse aspirano a
rimanere in casa proprio per accudi-
re ai figli. Dal canto loro, i giovani,
quando pensano alla famiglia che
andranno a formare, si dicono ben
disposti verso una moglie che condi-
vida con loro la responsabilità di
guadagnare per sostenere il peso
economico della famiglia, ma in li-
nea generale dichiarono di preferire
la donna che resta in casa. Peraltro,
pur riconoscendo alla donna parità
di diritti, sono piuttosto pochi i gio-
vani che si dicono disposti a dare un
aiuto nelle faccende domestiche...
Quanto al numero dei figli, i gio-
vani vanno al matrimonio con il
preciso programma di metterne al
mondo uno o al massimo due. È un
orientamento prevalente in tutti i
Paesi europei e questo spiega il for-
te abbassamento del tasso di natali-
tà che si registra ormai da qualche
anno in Europa. Da troppo tempo i
giovani sentono commiserare intor-
no a sé gli «incoscienti» che hanno
quattro o cinque figli. Ma bisogna
anche riconoscere che non sempre le
pubbliche istituzioni adottano una
politica di sostegno della famiglia.
Sotto questo profilo, l'Italia si se-
gnala come il Paese delJ'Europa oc-
cidentale collocato al più basso li-
vello di politica familiare. I diritti
della famiglia sono in molti casi
ignorati e talvolta addirittura mina-
ti da leggi e iniziative di carattere
socio-economico. Nella Germania
occidentale, invece, - ed è solo un
esempio - hanno riconosciuto che
educare i figli è un impegno gravo-
so, ma di grande utilità sociale, che
va concretamente incoraggiato. Co-
sicché a coloro - e sono in preva-
lenza donne - che dedicano a
tempo pieno a questo «servizio»,
verrà riconosciuto, a partire dal
1986, il diritto a considerare pensio-
nabili gli anni spesi a educare i figli.
Nella Germania orientale, per fare
un altro esempio, il governo ha
adottato una serie di provvedimenti
per agevolare le giovani coppie, so-
prattutto nel settore abitativo, per
cui un quinto dei nuovi apparta-
menti, la metà di quelli restaurati e
un quarto delle case unifamiliari
vengono assegnati a giovani che si
sposano.
Quello della casa è notoriamente
un enorme problema per gli italiani
in genere e per i giovani in partico-
lare. Sfratti sempre incombenti, pe-
nuria di appartamenti disponibili a
un prezzo sopportabile (anche se
molte case sono sfitte), crisi nel set-
tore edilizio dovuto alla scars-a re-
munerazione delJ'investimento nel-
la casa oberata da tributi di ogni ge-
nere, rendono assillante la ricerca di
un appartamento il cui fitto sia alla
portata delle tasche di giovani che
solo da poco hanno iniziato a gua-
dagnare. Ciò crea il diffuso feno-
meno delle giovani coppie che, do-
po il matrimonio, vanno a vivere
nell'abitazione dei genitori. Non
sempre questa coabitazione forzata
crea il clima pìù adatto all'armonia
familiare. Ci si è mai chiesti quanti
matrimoni sono entrati in crisi per
dissapori insorti a causa della preca-
rietà della soluzione abitativa? Se lo
sono chiesto soprattutto le pubbµ,,..
che autorità preposte al bene
comune?
Nonostante le enormi difficoltà,
la famiglia resta comunque ai primi
posti nelle aspettative future dei
giovani. Ma come si accostano i
giovani al matrimonio? Oggigiorno
è raro sentir parlare di «fidanza-
mento», si preferisce dire che si ha
il «ragazzo» o la «ragazza», anche
se, naturalmente, un periodo di
tempo che precede il matrimonio
continua ad esserci. E non sempre è
bene usato, sostiene il cardinale
Hoffner, arcivescovo di Colonia,
perché «i giovani, anche cattolici,
stimano sempre meno e non osser-
vano la castità prematrimoniale, in-
fluenzati dal mercato pornografico
e dal consumismo)). Il «fidanza-
mento» può anche continuare per
anni, durante i quali ci si accontenta
di constatare che «si sta bene insie-
me». Troppo poco, afferma Ga-
brie!Ja Moschioni, consulente pres-
so il Consultorio «La Famiglia» di
Como. E aggiunge che troppi giova-
ni arrivano a questa tappa della loro
esistenza sprovvisti di un progetto
di vita, che faccia da valido suppor-
to nel momento in cui si dovranno
affrontare i problemi deJl'esistenza
quotidiana e della convivenza a
due. «Troppi giovani - dice anco-
ra Gabriella Moschioni - si preoc-
cupano dell'arredamento della ca-
sa, della situazione finanziaria, del
lavoro, ma sembrano non pensare
al matrimonio come a una scelta
consapevole e libera». Insomma, i
modelli consumistici prevalgono
spesso sull'acquisizione della co-
scienza di fondare su basi più solide
e su valori autentici un rapporto
stabile e duraturo, e di darsi delle
mète da raggiungere nel matrimo-
nio. Sotto questo profilo, il compi-
to di genitori ed educatori è molto
impegnativo. Tanto più se genitori
ed educatori sono cristiani.
Inchiesta a cura di
Giuseppe Costa
Gaetano Nanetti
Nella prossima
puntata:
A migliaia
afferrati
nel vortice
della droga

2.3 Page 13

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_MISSIONI/ Marauià_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ ~ _
1 MARZO 1985 13
L'impegno salesiano per
la promozione umana e
l'evangelizzazione delle
tribù Yanomami
rappresenta un capitolo
eroico di storia
missionaria e un prezioso
contributo agli studi
antropologici Giorgio e
Fabrizio Re, appassionati
studiosi torinest si sono
recati in Amazzonia
realizzando un prezioso
lavoro di documentazione.
A
I Rio Marauià.
Gli autori dell'articolo
lottano per riportare
a riva lo scafo
Tu
PER TU
CON
GLI YANOMAMI
Gli Yanomam.i Karawe-
theri di Marauià, con i quali abbia-
mo abitato, rappresentano non di-
ciamo l'unica, ma una delle poche
tribù che ancora continuano a vive-
re con la loro organizzazione triba-
le, con la loro casa comunitaria,
con la propria autonomia e hanno
potuto salvarsi dall'assalto della ci-
viltà occidentale.
Ma chi sono questi Yanomami?
Da dove vengono questi uomini che
vivono come alle sorgenti della
creazione?
Sono gli scampati al diluvio, so-
stiene qualcuno. I fuggiaschi della
sommersa Atlantide.
C'è chi li fa discendere dalle anti-
che popolazioni mediterranee, altri
dai Fenici, ma i capelli neri e lisci, il
volto glabro, gli zigomi prominenti
rivelano il carattere mongolico della
razza india.
Sono i figli di coloro che, almeno
60.000 anni fa, attraversarono lo
stretto di Behring al di sopra di un
ponte terrestre poi scomparso. Da
allora sono prigionieri di questo
pianeta fatto di fiumi e di foreste.
Non conoscono altri mondi.
Vivono allo stato prepaleolitico,
non conoscendo la lavorazione dei
metalli, ma neppure quella della
pietra per la costruzione di utensili.
Benché insediati nelle vicinanze di
fiumi navigabili, non sono mai stati
in grado di costruirsi una canoa,
una zattera, un ponte.
Ancor oggi accendono il fuoco
sfregando fra di loro due bastoncini
di cacao selvatico. Non hanno mai
costruito usano alcuno strumen-

2.4 Page 14

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14 · 7 MARZO 1985
I Donna Yanomaml
con Il proprio bambino
(Foto SAF)
to musicale. Nelle discussioni e nei
momenti di lotta comunicano fra di
loro a monosillabi urlati, tanto che
gli altri Indi con dispregio chiama-
a.o gli Yanomami Guajaribos e cioè
scimmie urlatrici, anche riferendosi
allo loro costituzione fisica.
[ ... ]
Si chiama sciabono il gruppo di
capanne abitato da ognuna delle tri-
bù Yanomami. Un piazzale recinta-
to e protetto solo dalle pareti peri-
metrali. Dal cielo entrano pioggia e
vento, ma esce il fumo dei fuochi
delle singole famiglie.
Una specie di zattera persa in un
oceano vegetale dove essi approda-
no dopo le cacce e i raccolti.
A Marauià, nell'alto Rio Negro,
ai confini tra Brasile e Venezuela,
meta della nostra spedizione scienti-
fica, la tribù è composta di 179 uni-
tà, che vivono raggruppate in 39 nu-
clei familiari lungo le pareti dello
sciabono.
Ogni famiglia ha il proprio foco-
lare sotto il tetto ricoperto dalle fo-
glie intrecciate della palma scianti-
gra. I pochi beni appesi al tetto.
Qui nascono e muoiono, conser-
vando intatto nei millenni l'esile pa-
trimonio di una civiltà antichissima,
ancora per molti lati sconosciuta.
Uomini e donne si rasano la testa
al centro, lasciando intorno alla
tonsura una breve corona di capelli
neri e ispidi; gli uomini tengono il
membro legato al prepuzio e allac-
ciato in alto ad una cintura di filo di
cotone, il che rende più agevole e si-
cura le vita nella foresta. Non fu-
mano. Uomini e donne hanno il
profilo facciale deformato da una
abnorme sporgenza del labbro infe-
riore, perché sin da bambini tengo-
no grossi boli di foglie di tabacco
impastato con cenere fra i denti in-
feriori e il labbro; non bevono liqui-
di fermentati; i pagé si inalano l'un
l'altro con la lunga canna di bambù
polveri allucinogene vegetali, per
mezzo delle quali ritengono di en-
trare in contatto con gli spiriti eterni
degli animali, delle piante e dei fe-
nomeni della natura. Si dipingono il
corpo ignudo con colori vegetali,
usando il colore nero per le imprese
bellicose, il rosso e il violetto per fe-
ste e riti.
Non seppelHscono i morti ma li
cremano e ingeriscono la polvere
delle ossa pestate in un mortaio, mi-
schiate ad uno stracotto di banane,
durante le cerimonie di endocan-
nibalismo.
Si cibano delle ceneri dei morti
perché lo spirito del defunto con
tutte le sue virtù e la sua forza ri-
manga nella tribù. Gli Yanomami
hanno molti tabù e vivono in un co-
stante stato di paura: pensano di
poter essere attaccati dagli spiriti
maligni o da altri esseri umani.
È una vit:a senza tempo, domina-
ta dalJa natura e subordinata alle
sue ,Iegg1.
I bambini sono il bene più
prezioso.
Le donne non sono mammiste;
dopo poco tempo, i bambini sono
di tutti.
C'è un capo, che generalmente è
anche pagé, ma la sua autorità è li-
mitata. S'impone soprattutto con la
persuasione e con l'esempio. Per le
decisioni importanti consulta gli an-
ziani, i notabjjj del gruppo. Alcuni
di loro, privilegio raro, considerata
la scarsità di donne, hanno anche
due o tre mogli.
Quando i frutti e gli animali in-
torno allo sciabono cominciano a
scarseggiare, i membri più influenti
del gruppo scelgono vicino ad un
corso d'acqua un altro luogo dove
aprire con il fuoco un varco nella
foresta.
Le ceneri renderanno più fertile
la nuova piantagione. Accanto, co-
struito dagli uomini, risorgerà il
nuovo grande sciabono.
[ ... ]
Sovente a 13/14 anni le fanciulle
sono già mamme. Sarà il loro corpo
la culla della nuova creatura portata
su di un fianco con una bandoliera
di fibra vegetai~. Giorno e notte il
nuovo arrivato avrà a disposizione
il seno della madre.
Gli Yanomami' di Marauià non
posseggono strumenti musicali. La
foresta si arricchisce ogni tanto di
suoni nuovi. Sono le nenie cantate,
i loro dialoghi che all'orecchio occi-
dentale suonano come monosillabi
urlati. Si tratta invece di un normale
intercalaremusicale e ritmato carat-
teristico della loro lingua.
L'acqua del fiume non è sempre a
portata di mano. In questo caso la

2.5 Page 15

▲back to top
-----------s8-
provvista si fa negli stagni melmosi
e nelle pozze dove si abbeverano gli
animali. Amebe e parassiti di ogni
genere finiscono nei recipienti di
zucca. Le infezioni intestinali sono
numerose, specie nei bambini, e la
vita media non supera i trent'anni.
L'acqua degli igarapé, ruscelli co-
perti della foresta, è fresca e pulita e
laddove non supera il metro d'altez-
za i ragazzi vi si immergono per cer-
care di sfuggire all'afa che li op-
prime.
La natura non conosce il ritmo
delle stagioni. Il caldo e l'umidità
fanno sì che fiori e frutti pendano
dall'intreccio sempre verde degli
alberi.
In nessuna parte de.I mondo vita e
morte si alternano in modo così ra-
pido e ininterrotto. Diventare adulti
nella foresta dove si è nati ai piedi di
un albero, sulle foglie di un banano
selvatico stese a terra come un len-
zuolo, è una difficile, rischiosa im-
presa. La foresta ricca di muffe, lin-
fe, veleni, terre medicamentose,
guarisce e uccide.
Per la pesca vengono in genere
usate cortecce e foglie velenose ma-
cerate e ridotte in poltiglia, oppure
l'arco e le frecce.
Uno dei tipici ripari del territorio
Yanomarni è la grande parete spio-
vente orientata in modo da proteg-
gere il più possibile dai venti e dalle
intemperie.
Ad una latitudine (0,54° dall'e-
quatore) dove una sola stagione,
estate eterna, regola la vita, gli ac-
quazzoni quotidiani danno nuovo
impulso alle piantagioni e ai frutti
naturali della foresta.
Ma quando le grandi piogge, per
sei interminabili mesi, trasforme-
ranno J'Amazzonia nel più vasto ca-
tino del mondo e ostacoleranno
l'attività degli uomini, momenti di
carestia renderanno più difficile il
sostentamento agli abitanti dello
sciabono.
Gli uomini cacciano, disboscano,
costruiscono le capanne, fabbrica-
no gli archi, le frecce, fanno la
guerra.
Le donne coltivano la terra, rac-
colgono i frutti della piantagione e
quelli offerti spontaneamente dalla
foresta vergine, hanno cura dei fi-
gli, tengono pulita la capanna e il
grande spiazzo antistante, intreccia-
no cesti, cucinano sulla brace, den-
tro le foglie, frutti, radici, animali.
Alla donna è affidata anche la
raccolta e la lavorazione della ma-
nioca, una radice velenosa dalla
quale esse ottengono, con un parti-
colare trattamento, il pane quoti-
diano degli lndi.
Se qualche maschio partecipa allo
1 MARZO 1985 15
sfrondamento degli arbusti di ma-
nioca e all'estirpazione dei tuberi,
lo fa unicamente per sostituire la
moglie incinta agli ultimi mesi o
ammalata.
La manioca è piantata per lo più
aJl'inzio della stagione delle piogge.
È sufficiente infilare nella terra due
o tre rametti per trovare dopo sei
mesi sotto l'arbusto i primi tuberi.
I tuberi, come del resto i frutti, i
piccoli animali, i pesci, appartengo-
no alla famiglia che li raccoglie, an-
che se la raccolta e la caccia vengo-
no svolte in gruppo. Solo le grosse
prede delle battute di caccia sono
divise tra tutti.
Anche i bambini, presto attratti
da un'attività che li unisce agli adul-
ti, collaborano con mordente quasi
competitivo. Non hanno mai avuto
giocattoli; appena sono riusciti -a
costruirsi il loro piccolo arco, han-
no iniziato la lotta per la sopravvi-
venza. È stata la prima lezione della
foresta.
Le donne fanno provvista anche
di grandi foglie di banano selvatico
e di altre piante a foglia lunga e resi-
I Un guerriero Yanomaml
si prepara
per la grande caccia

2.6 Page 16

▲back to top
li lavoro di Giorgio e Fabrizio
Re è nato da un arrivederci.
«Un nebbioso m~ttino del
prolungato inverno torinese
- raccontano i due Autori -
facemmo la conoscenza con
padre Francesco Laudato,
statuario missionario sale-
siano, originario di Nocera
Superiore, da trent'anni tra-
piantato in Brasile e oggi in-
sediato con il fratello Luigi in
una delle più «difficili» mis-
sioni salesiane a Marauià
nel bacino del Rio Negro ai
confini fra l'Amazzonia bra-
siliana e quella venezuela-
na... Fu così che nacque
un'amicizia. Quando don
Laudato lasciò Torino, il
prof. Giorgio Re ed il figlio
Fabrizio dissero soltanto: ar-
rivederci a Marauià. La pro-
messa fu mantenuta e que-
sto volume ne è la testimo-
nianza. Presentato da Luigi
Firpo, Gli ultimi Yanomami,
edito da Point Couleur, è
uno splendido volume carto-
nato con foto ed annotazioni
eccezionali. La vita e la sto-
ria delle tribù amazzoniche è
qui descritta con passione e
rispetto quasi, si direbbe, un
atto d'amore dovuto.
Rivive anche la storia dei
missionari, uomini che per
Cristo hanno attraversato fo-
reste invalicabili rimanendo
a. volte dubbiosi sul da farsi
di fronte a manifestazioni an-
tropologiche tanto primitive
e pur tanto profondamente
umane. Con altri missionari
il volume esalta l'azione di
don Gois, di don Luigi Cocco
e dei fratelli salesiani Luigi e
Francesco Laudato.
stente, che sono la carta, il desco,
l'involucro per la cuttura di molti
cibi, il tetto degli Yanomami.
A Marauià non viene lavorata la
creta; ed è questa un'altra occasione
per meglio comprendere lo stadio
della loro civiltà. Non sanno fare
una piastra di terracotta o un vaso o
una pentola, come hanno invece sa-
puto fare gli Indi limitrofi dispo-
nendo a spirale l'uno sull'altro ro-
tolini di creta che poi vengono levi-
gati con una conchiglia.
Tutti gli utensili sono preparati
con elementi vegetali e animali.
Gli Indi, ·insuperabili cacciatori,
sono altrettanto abili nel costruire
armi. Pochi sapienti tocchi trasfor-
meranno una foglia di agave in una
resistentissima fibra per la corda
dell'arco.
Lt: punte delle frecce per i piccoli
animali e per la guerra sono fatte
con ossa o legno di palma. Per la
caccia grossa la punta è ricavata da
una durissima canna di bambù e ha
Ja forma di una lancia, tagliente su-
gli spigoli e, scagliata, penetra at-
traverso i tessuti più duri. Sulle
punte, colorate con il succo vermi-
glio di una bacca selvatica, l'urukù
o onoto, sono disegnati i bersagli
più ambiti: giaguari, tapiri, cinghia-
li, in maniera molto approssimati-
va, quasi stilizzati.
Il disegno ba scopi magici: fa cen-
trare il bersaglio e assicura l'effica-
cia del colpo sulla vittima
designata,
Da epoca immemorabile l'intrec-
cio è un'attività in cui glilndi Yano-
mami eccellono. Le dita dell'uomo,
e soprattutto quelle delle donne,
perpetuano gesti uguali nel tempo.
Le liane, le scorze, le fibre, le foglie
di palma, diventano cesti, panieri,
recipienti, stuoie, setacci, spremito-
ri per la manioca, ventole per il fuo-
co. Mentre le donne intrecciano ala-
cremente questi oggetti, gli uomini,
stesi in contemplazione sulle ama-
che, stanno a guardare.
Un gran numero di panieri fa
parte delle suppellettili familiari.
Grandi ceste a maglie larghe o fitte
sono destinate a custodire. paletti
per il fuoco, la tintura di urukù per
la cosmesi, ossa di animali.
Esistono anche dei cesti piani a
forma di piatto, finemente decorati.
Delle grandi zucche servono agli
Yanomami come ricipienti per l'ac-
qua. Tagliate in due, per attingere o
bere. Le più piccole servono da
cucchiaio.
Si conserva il cibo in panieri fatti
con foglie di palma piegate.
Tutti questi apparati domestici
vengono appesi sotto il tetto. Li si
trovano anche le frecce e i fagotti
con le ossa di animali uccisi conser-
vati come talismani per la caccia.

2.7 Page 17

▲back to top
-----------s11-
Sono infine appese anche le
zucche che contengono le ossa fine-
mente pestate dei morti. Queste so-
no assolutamente tabù e nessuno le
deve toccare.
Esistono tre modelli cli amaca.
Quelle fatte con larghe strisce di ra-
fia, che si confezionano rapidamen-
te quando si viaggia.
Le amache intrecciate con i sottili
nastri di una liana sono più solide.
In questi due modelli le strisce lon-
gitudinali sono attaccate assieme
solo alle estremità.
Infine esistono anche delle ama-
che più raffinate in cotone. Si rac-
coglie del cotone selvatico, che si fi-
la con un semplice fuso. I fili in ca-
tena solida sono legati con fili in-
crociati. Queste amache sono certo
meno scomode cli quelle fatte con
liane o cortecce, che lasciano i segni
... sulla carne.
[]
Quando partono per piccole bat-
tute di caccia gli uomini portano so-
lo !!arco e le frecce. Sono osservato-
ri attentissimi. Controllano tutte le
impronte e se sono umide, se la ter-
ra è screpolata, se i ragni hanno già
intessuto la loro tela sui sentieri,
sanno da quanto tempo è passato il
giaguaro o il tapiro.
I Ragazzi Yanomaml
(Foto SAF)
Uno splendido esemplare
di pappagallo amazzonico
1 MARZO 1985 17
Per ogni animale hanno un ri-
chiamo appropriato.
Dove la foresta è più folta, i
branchi di scimmie vivono sugli al-
beri. Scendono cli rado per andarsi
ad abbeverare agli stagni e hanno
per l'uomo una atavica diffidenza,
del resto giustificata. Esse infatf
rappresentano un ghiottisstrno
bersaglio.
Le frecce cli legno di palma avve-
lenate con il curaro, sulle quali gli
Indi praticano tre o quattro incisio-
ni circolari affinché si rompano do-
po essere penetrate nelJa carne, re-
stano infisse senza consentire alla
scimmia di estrarle. Il curaro agisce
con straordinaria rapidità sugli or-
gani delJa respirazione. La scimmia,
stroncata, non ha potuto dare l'al-
larme al branco.
In una cultura che si basa sulla
trasformazione del legno e delle sue
fibre, anche il fuoco nasce dal cuore
del legno. li fuoco, un prodigio che
si rinnova ogni giorno da quando
per la prima volta i fulmini lo acce-
sero sulla terra.

2.8 Page 18

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18 · ! MARZO 1985
ll fuoco è ragione di vita per gli
Yanomami. Non osiamo pensare
cosa deve essere stata la loro esi-
stenza prima della scoperta del
fuoco.
Oltre a riscaldare la capanna, il
fuoco serve per arrostire le carni,
per cuocervi la manioca, per abbru-
stolire la banane e moltissimi altri
alimenti. li fuoco diminuisce l'umi-
dità sotto il tetto dello sciabono e
devasta la foresta disboscata prima
dell'allestimento di un nuovo vil-
laggio.
Per cuocere le scimmie gli Yano-
mami preparano una gabbia di fra-
sche dentro la quale arrostiscono gli
animali catturati.
Gli Yanomami non allevano
maiali, il loro unico animale dome-
stico è il cane. Parrebbe strano che
non allevino altri animali utili come
le pecore, i vitelli e le galline. Esiste
invece una spiegazione convincente,
mai avanzata dai ricercatori che ci
hanno preceduto. Tutti i tentativi in
questo senso sia di padre Gois che
dei fratelli Laudato fallirono perché
in brevissimo tempo le povere bestie
venivano dissanguate nottetempo
dai famelici pipistrelli-vampiri.
Addomesticano invece una gran-
de quantità di bestie catturate nella
foresta, che allevano per rifornirsi
di piume per l'ornamento, ma che
non utilizzano mai a scopo alimen-
tare.
Lo sciabono di Marauià è un pic-
colo giardino zoologico. Pappagalli
verdi con le ali tarpate perché non
volino via corrono indaffarati sul
terreno. In mezzo ad essi saltella un
tucano dal grosso becco. Un aguti
addomesticato, con una zampa trat-
tenuta ad una palo mediante una
liana, e una scimmia cappuccina
adulta seminano disordine nello
sciabono. Le bambine la spidoc-
chiano e l'attirano nella loro ama-
ca. La si sgrida se fa una sciocchez-
za, ma essa non comprende affatto
perché la bombardino con dei
ciottoli.
In un angolo abbiamo visto an-
che due are, che però avevano avuto
una sorte meno piacevole. Una era
stata depennata delle sue piume ros-
se e faceva estremamente pena con
la sua grossa testa sul collo sottile
con le piume rade e il corpo quasi
I Lo Yanomaml trascorre
molte ore della giornata
in amaca.
Da essa non scende mal
volentieri ...
nudo privato delle sue penne
maestre.
Per gli Yanomami la malattia è
un'entità cattiva che penetra nel
corpo. Il medico stregone, mediato-
re fra gli uomini e le potenze so-
prannaturali, provvede a scacciarle
con un rituale magico.
Operazione igienico-alimentare è
l'eliminazione dei pidocchi, cui par-
tecipano con reciproca soddisfazio-
ne amici e familiari.
Con i pidocchi vengono mangiate
anche le uova.
La lista viene completata da for-
miche, ragni abbrustoliti, -vermi-
ciattoli, crisalidi di coleotteri e larve
strappate ai favi di alveari selvatici.
Il rispetto dell'estetica tribale im-
pone buchi e trafitture. In genere
véngono usate spine di palma, ma
per i buchi più spessi, quali quelli
che attraversano il labbro, si ricorre
al durissimo legno di bacabo.
Per le bambine tale consuetudine
rappresenta una prova di coraggio e
serve a formarne il carattere. Nei
fori sono infilati bastoncini e penne
di tucano o di pappagallo.
I gruppi affini si scambiano visite
per rinsaldare rapporti di amicizia e
di parentela.
I matrimoni sono quasi sempre
endogamici tra Indi di gruppi diver-
si nello stesso sciabono. E sovente
tra un uomo e una bambina in caso
di scarsità di ragazze.
L'uomo che decide di prendere
moglie, porta cacciagione e altri do-
ni ai futuri suoceri, i quali, nell'ac-
cettarli, impegnano la propria
figlia.
li marito ne attende pazientemen-
te la pubertà prima di convivere con
lei in un focolore separato da quello
dei suoceri.
Anche se è prevista una visita di
pochi giorni nulla viene lasciato a
casa. Per le creature della foresta
ogni cosa è preziosa. L'amaca, gli
archi, le frecce, le faretre, i recipien-
ti di zucca e di terracotta.
Le ragazze si dipingono per l'oc-
casione nèi o linee sottili in segno di
gioia. Il pennello è un pezzo di liana
masticato alla punta.
Il rosso urukù, l'ocra, il blu scuro
delle bacche di genipa, e anche il ne-
ro del carbone sono i colori rubati
alla natura per arricchire un'estrosa
tavolozza.
Le collane di perline colorate so-
no il frutto di chissà quali baratti.
Rappresentano l'ornamento più
prezioso e invidiato. Le piume di
pappagallo, di tucano e di colibrì
costituiscono splendidi orecchini.
È il pendolo dell'amaca a scandi-
re il tempo. L'orologio è il sole. Il
calendario è affidato aJ plenilunio.
L'altezza delle costellazioni nel cie-
lo dà le ore della notte e il plenilunio
avverte che un altro mese è passato.
Quando i frutti matureranno, sarà
trascorso un anno.
L'indio non rincorre il tempo.
Assapora l'attimo presente. Non
pensa al futuro e non ha alcun com-
plesso del tipo normalmente inteso
in Occidente.
Giorgio e Fabrizio Re
estratto da
«Gli ultimi Yanomami >>,
ed. Point Couleur, Torino 1984,
pp. 320.

2.9 Page 19

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5'1_ _ VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Brasile
I MARZO 1985 19
U N DIPLOMA
PER QUATTRO
Mt, AD AREIA BRANCA,
C'E POSTO PER TANTI
Quando la jeep
non va...
Un gruppo di salesiani
dell'Ispettoria di Verona
dal 1978 ha
«sponsorizz.ato» un
angolo dell'immenso
Brasile. Ci è giunto questo
reportage.
Il 15 agosto I984, gior-
no dellà festa della città, alla pre-
senza del sindaco, di tutti gli asses-
sori e di un folto pubblico, la città
di Areia Branca conferi un diploma
di benemerenza e di gratitudine ai
missionari salesiani: d. Roana, d.
Venturelli, e al signor Cibin per il
lavoro di promozione umana e di
cura pastorale svolto durante i sei
anni della loro permanenza in città
e nella zona.
All'appuntamento mancava un
quarto salesiano, d. Guastalla, re-
centemente trasferito nella nuova
missione di Camaragibe (Alagoas).
La storia di questa missione è co-
minciata nel 1878 quando l'ispetto-
ria di Verona, che aveva già dato
tanti missionari nelle varie parti del
mondo, decise di accettare la richie-
sta della diocesi di Mossorò e aprire
questa nuova presenza in una delle
terre più povere del!'America Lati-
na, il Nordest del Brasile, mante-
nendo con essa legami vivi e diretti.
Il 23 maggio la piccola spedizione
venne accolta con gioia dai nostri
salesiani di Recife che, pur essendo
già presenti nel Nordest in quasi tut-
te le grandi città, mancavano tutta-
via di una presenza specificatamen-
te missionaria.
U a terra tristemente
famosa
Il Nordest del Brasile è tristemen-
te noto per essere una delle sacche
mondiali della fame, della mortalità
infantile (256%0) e soggetta a quella
tremenda calamità periodica che è
la secca. Non c'è persona che non
abbia visto alla televisione o sentito
parlare di questo fenomeno. L'ulti-
ma, fortunatamente terminata que-
st'anno, colpi nove stati, 1226 mu-
nicipi, uccidendo 3 milioni e mezzo
di persone secondo i dati ufficiali,
(dieci secondo il vescovo ausiliare di
Fortaleza), colpendo principalmen-
te bambini: una morte lenta e silen-
ziosa per denutrizione, fame, sete,
epidemie. A questo si deve aggiun-
gere che per lo meno il 600,,0 dei
bambini nati in questi anni avranno
un triste futuro irrimediabilmente
compromesso dalla mancanza di
alimenti essenziali alla crescita e al-
lo sviluppo.
Non fatalità ma op era
dell'uomo
Il Nordest ba un clima semiarido
con decorsi irregolari, ora compor-
tandosi come deserto e ora come re-
gione piovosa. Questo fatto condi-
ziona l'uomo del campo il quale im-
posta tutto il suo lavoro come se la
secca non dovesse mai capitare.
Niente è stato fatto finora per pro-
grammare un'agricoltura capace di
affrontarla con allevamenti adegua-
ti e con la coltivazione di piante re-
sistenti alla siccità. La disorganizza-
zione e l'abbandono in cui è lasciata
questa zona non è l'ultima causa
della sua miseria e della sua povertà

2.10 Page 20

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20 · 1 MARZO 1985
cronica. La corruzione, largamente
diffusa, è arrivata a sfruttare perfi-
no la distribuzione dell'acqua nel
periodo di necessità, tanto che si è
parlato di «un'industria della sec-
ca». La «Sudene» ente che assomi-
glia alla nostra cassa per. il Mezzo-
giorno, aveva organizzato 5.000 au-
tobotti per l'approvvigionamento di
animali e di persone, ma l'acqua
venne anche usata per irrigazioni
private e distribuita a chi pagava. Il
cardinale di Fortaleza Aloisio Lor-
scheider poteva dire con ragione:
«II Nordest non è una realtà della
natura, ma opera dell'uomo».
U 'area vasta quanto
la provincia di Napoli
In questa situazione all'estremo
limite della Sertaò che degrada ver-
so il mare, vivono e lavorano i quat-
tro salesiani dell'ispettoria di Vero-
na. La missione occupa un'area di
1.200 km quadrati. È situata lungo
la costa atlantica esattamente a me-
tà strada tra Fortaleza e Natal dalle
quali dista circa 300 km. Un lungo
braccio di mare che risale all'inter-
no sul letto del fiume Mossorò, di-
vide la missione in due parti. I forti
dislivelli delle maree che raggiungo-
no i tre metri, creano problemi di
trasporto e di comunicazione tra le
due zone. Da una parte e dall'altra
del fiume, ci sono due centri. Il cen-
tro più grosso Areia Branca, è la se-
de della missione. Possiede le strut-
ture essenziali come: scuola, piccolo
ospedale, banca, centrale telefoni-
ca, negozi vari a cui vengono rifor-
nirsi tutti gli abitanti dell'entro ter-
ra. Nel circondario ci sono circa 20
tra paesi e paesetti. Fa parte della
missione infine, un grosso progetto
governativo per la coltivazione del
cajù e del cotone con 23 nuclei abi-
tati. Tutta la missione conta una
popolazione di circa 40 mila abitan-
ti. Un tempo questa zona era relati-
vamente benestante per la presenza
di grandi saline che impiegavano
numerosa manodopera. Con la
meccanizzazione sono venuti meno
molti posti di lavoro creando altret-
tanti disoccupati. Per i giovani so-
prattutto non c'è futuro. Parte della
popolazione vive riscuotendo una
piccola pensione e per chi abita lun-
go il mare, di pesca. Ma la povertà
è tale che la comunità salesiana è
chiamata quotidianamente a risol-
vere situazioni di emergenza. Molti
bambini, per esempio, non sanno
cos'è il latte. Ma i mali di questa zo-
na non stanno solo qui.
Ua scuola che produ-
ce analfabeti
L'ambiente che meglio riflette la
situazione di povertà e di abbando-
no è la scuola: aule spoglie e nude,
senza mobili, senza il minimo mate-
riale didattico. Pochi i maestri pre-
parati. Molte maestre sono recluta-
te tra le ragazze del paese senza una
formazione adeguata, molte volte
semianalfabete. La scuola non solo
non riesce a svolgere il suo compito
educativo, ma sta creando un nuo-
vo tipo di analfabetismo.
I salesiani hanno costruito nel
quartiere più povero della città, una
scuola elementare per permettere ai
bambini, che non hanno un vestito,
di frequentare la scuola. Si sta inol-
tre organizzando un movimento di
giovani volontari che si preparano
per alfabetizzare le zone rurali più
abbandonate.
epatiti anche gravi
si curano in casa
Anche il sistema di assistenza sa-
nitaria risente del clima di disorga-
nizzazione e di inefficenza. Un
ospedale un po' attrezzato dista 50
km. In gran parte della zona rurale
manca qualsiasi tipo di assistenza.
Mancano oculisti e dentisti, di cui ci
sarebbe urgente bisogno. Anche le
medicine disponibili sono scarse e a
prezzi impossibili. Più si va dai cen-
tri verso le periferie, decresce pro-
porzionatamente la capacità profes-
sionale di medici e infermieri, l'inte-
ressamento degli enti assistenziali e
le possibilità di intervento.
I, problema dei giovani
Un problema molto preoccupan-
te e che, come salesiani ci tocca da
vicino, è la disoccupazione giovani-
le. Le strade sono piene di giovani
senza far niente: non vanno a scuo-
la, non hanno lavoro e solo pochi
fortunati riescono ad arruolarsi nel-
la marina. Ma i più rimangono qui
a riempire i bar, le spiagge, i ritrovi.
Per venire in parte incontro a que-
sto problema, è stata iniziata la co-
struzione di un Centro Giovanile
con sale di ritrovo, aule per catechi-
smo, sala teatro e una chiesa. In
parte è già agibile e si spera tra bre-
ve di inaugurarlo.
Sono stati anche organizzati dei
mini corsi professionali, ma che per
mancanza di fondi e di strutture,
ebbero vita breve.
U a casa per tutti
L'iniziativa sociale più rilevante è
quella portata avanti dal signor Ci-
bin, l'infaticabile nostro coadiuto-
re. Si tratta della costruzione di
nuove case, in cui, le famiglie più
povere ricevono gran parte del ma-
teriale occorrente, il terreno, un
muratore e sono invitate a collabo-
rare alla costruzione della loro casa.
Le medesime mani aiuteranno altri
a costruirne altre: ne sono nate più
di cento. Dopo un certo periodo di
tempo (per evitare che la casa venga
venduta) si consegna il documento
di proprietà. Non sono case di lus-
so; riflettono il modello locale, ma
offrono vani più confortevoli e igie-
nicamente più sani.
I, lavoro pastorale
Tutto questo lavoro di promozio-
ne sociale, va naturalmente affian-
cato al lavoro strettamente pastora-
le. Nei due centri maggiori di Areia
Branca e di Grossos i problemi sono
diversi da quelli della zona rurale.
In città ci sono problemi molto si-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲back to top
-----------#-
mili a quelli dei grossi centri urbani:
alcool, droga, violenza, prostituzio-
ne, famiglie dissestate. P. Bernardo
è il responsabile di questo settore ed
ha saputo così bene organizzare la
parrocchia che per certi aspetti, per
le liturgie domenicali per esempio,
sembra di trovarsi in una buona
parrocchia del Veneto.
Della zona rurale sono responsa-
bili P .Giuseppe e P .Carlo. Qui lo
strumento più importante è la jeep.
l 1.200 km quadrati non hanno
strade, ma piste piene di buche, di
crepe profonde, di guadi, di dune di
sabbia... è tale la fatica di questi
viaggi che arrivati a casa non si ha
più voglia di far niente. Alcuni dei
posti che assistiamo non hanno al-
cuna strada. Sono raggiungibili, in
tempo di bassa marea, attraverso la
spiaggia che si trasforma in una pi-
sta solida e compatta.
L'attività nei villaggi comincia al
mattino presto con la messa, poi la
visita alla scuola e alle famiglie. Si
ascoltano mille volte le stesse cose,
· gli stessi problemi, le stesse difficol-
tà, ma anche siamo edificati tante
volte dalle stesse espressioni di fede:
«Si Deus quiser»... se Dio vorrà.
Nel pomeriggio, un momento di
pianificazione con le catechiste e
con i responsabili delle comunità o
di gruppo, e verso sera catechismo
per la preparazione del Battesimo e
della prima Comunione.
1 matrimoni religiosi sono rari;
un fatto strano se si pensa alla reli-
giosità della gente, ma che viene
spiegato in tante maniere non ulti-
ma la prolungata assenza dell'istru-
zione religiosa e la mancanza di sa-
cerdoti. Se c'è tempo attacchiamo
un cavo alla batteria della jeep (l'e-
nergia manca quasi dappertutto) e
proiettiamo una delle belle nostre
filmine. Tutto il villaggio è presen-
te. Prima di partire un ultimo giro
per le case con la jeep carica di bam-
bini e si ritorna.
È già buio. All'equatore si fa
buio in fretta. Se non c'è la luna l'o-
scurità è totale. Il senso della solitu-
dine quando si viaggia di notte, sen-
za anima viva, senza luci, senza il
minimo segno di vita, che non sia
qualche civetta abbagliata dalla luce
che viene a sbattere sul parabrezza,
fa una certa impressione e, perché
no?, anche un po' di batticuore. Ma
c'è anche un senso di pace nella
tranquilla coscienza di aver speso
bene il proprio tempo.
La collina del miele
Così è chiamata una vasta zona
che il governo ha tentato di trasfor-
mare con un grande progetto agri-
colo per la coltivazione di una pian-
ta da frutto, il cajù e il cotone. Vi
abitano 23 comunità disposte su
un'area di 800 km quadrati, a cin-
que chilometri di distanza una dal-
l'altra. È la zona che più ha sofferto
della recente secca. Come spesso ac-
cade, il progetto è stato lasciato a
metà senza il completamento delle
strutture necessarie e senza attrezza-
tura tecnica per cui molta terra è ri-
masta incolta o abbandonata. P.
Giuseppe è il responsabile dell'assi-
stenza spirituale della zona e anche
l'infaticabile animatore di un pro-
getto educativo che prevede la crea-
zione di un sindacato rurale, l'orga-
nizzazione di associazioni coopera-
tivistiche e una migliore organizza-
zione del lavoro. E stato studiato
anche un grosso progetto di irriga-
zione che, sfruttando i numerosi
pozzi scavati dalle compagnie in
cerca di petrolio e che invece hanno
trovato acqua, possa irrigare parte
della zona e soprattutto fornire ac-
qua potabile a tutta la popolazione.
Latta per la ter-ra
La maggior parte dei contadini di
qui sono «posseiros» cioè occupano
e coltivano da anni un terreno che è
proprietà di un latifondista.
Per la nuova legge sulla regola-
mentazione della terra, essi sarebbe-
ro i nuovi proprietari, ma dalla leg-
ge alla sua applicazione... c'è di
mezzo il mare e molti altri interessi.
Non bisogna dimenticare che i pro-
prietari sono anche coloro che de-
tengono il potere politico o sono lo-
ro parenti.
I MARZO 1985 · 21
Prendere le difese del «possei-
ros» vuol dire mettersi contro que-
sti interessi rischiando anche perso-
nalmente, come la cronaca recente
ha dimostrato. Ma spesso l'unica
voce a difesa dei deboli è quella del
sacerdote e anche la nostra comuni-
tà è coinvolta in questa difesa degli
ultimi. Per favorire maggior spirito
di solidarietà e di collaborazione tra
i contadini, è stato comperato un
trattore che verrà gestito comunita-
riamente.
La nuova missione
Con un atto di coraggio è stata
aperta, sempre nel Nordest, una se-
conda missione a Camaragibe (stato
dell'Alagoas). Questa nuova mis-
sione si trova al centro della mono-
cultura della canna da zucchero.
Qui Lavorano tre salesiani, due del-
l'ispettoria di Verona e un brasilia-
no. La missione compie in dicembre
il suo primo anno di vita. Il conte-
sto è molto simile a quello già de-
scritto con la differenza che trattan-
dosi di una zona dell'interno, è an-
cora più segnata dalla povertà e dal-
la miseria.
Non esistono praticamente picco-
li proprietari e nemmeno « pos-
seiros ».
Non esiste neppure la possibilità
di un pezzo di terra libero per pian-
tare. Tutto è alla mercé dei grandi
proprietari della canna. È la zona
dove più ha dominato la schiavitù e
dove le conseguenze sì fanno ancora
sentire nella mentalità: sfruttatrice
da una parte, fatalista e rassegnata
dall'altra.
eonclusione
Il lavoro in entrambe le missioru
non manca. C'è solo bisogno di
braccia e di generosità. Altri missio-
nari stanno preparandosi per parti-
re e venire a dare il cambio a chi ha
già consumato preziose energie in
un lavoro duro e faticoso.
Carlo Vitaccbìo

3.2 Page 22

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_VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ __
Italia
La comunità parrocchiale
salesiana di San Giovanni
Bosco opera in un
quartiere perijerico di
Bologna e al tempo stesso
aiuta lo sviluppo di
villaggi in Ruanda.
Intervista con il parroco
don Colombo
Volontari bolognesi
I
Impegnati con giovani africani
nella realizzazione
di un'opera
BOLOGNA, febbraio
- La parrocchia bolognese di San
Giovanni Bosco è molto grande: ar-
riva fino ... all'Africa. Può sembra-
re una «boutade», e in effetti lo è.
Ma non del tutto. Certo, nella sud-
divisione territoriale della Diocesi di
Bologna, quella di San Giovanni
Bosco è una delle ormai molte par-
rocchie della periferia cittadina, al
centro di un quartiere i cui confini si
perdono un po' nella campagna fra
la via Emilia e la strada della Futa,
con la sua chiesa, al numero 7 di via
Genova, che ha lo stesso taglio mo-
derno delle case che la circondano,
tutte di non antica data, a testimo-
niare di una città cresciuta quanto
meno in estensione.
E tuttavia il prolungamento afri-
cano esiste veramente, punta deciso
verso il cuore del Continente nero,
in quel piccolo Paese cbe si chiama
Ruanda, dove la parrocchia bolo-
gnese, attraverso il gruppo «Amici
del Ruanda», opera attivamente
realizzando progetti di sviluppo a
vantaggio di quelle popolazioni.
Vocazione internazionale salesiana
di una parrocchia salesiana. Meglfo
dire subito che qui l'impegno in fa-
vore dell'Africa, di una pur minu-
M ACHE
PARROCCHIA
GRANDE
ARRIVA
FINO...
IN AFRICA
scola fetta di Africa, non è inteso
come una specie di attività dopola-
voristica, da svolgere con la mano
sinistra, perché qualcosa per quei
poveri negri bisogna pur fare, visto
che vivono nella miseria... No, le
cose-qui vanno in tutt'altro modo.
li coinvolgimento è completo, direi
organico alla vita parrocchiale. ·
A Bologna si lavora come si lavo-
ra nel villaggio del Ruanda, con lo
stesso spirito, la stessa dedizione, lo
stesso impegno. Come ogni parroc-
chia salesiana che si rispetti, anche
questa ha l'oratorio frequentato da
schiere di ragazzi bolognesi, e l'ora-
torio è stato impiantato in Ruanda
per schiere di ragazzi ruandesi. La
parrocchia si impegna a Bologna in
aiuto degli anziani ospiti della casa
di riposo Giovanni XXIII, e lavora
in Ruanda per fornire di acquedotti
il dispensario di Gikoro. La parroc-
chia cerca fondi in Italia e li spende
in Africa. La parrocchia promuove
continui incontri e attività che coin-
volgono centinaia di giovani e le lo-
ro famiglie in una scelta di volonta-

3.3 Page 23

▲back to top
-----------~-
riato, ed esporta, con stile salesia-
no, questo servizio in terra afri-
cana.
Il circuito è lineare: Bologna-
Ruanda e viceversa, ma è alimenta-
to a corrente continua, e l'arricchi-
mento umano e cristiano è recipro-
co. «Anzi - mi dice don Ferdinan-
do Colombo - se proprio vogliamo
essere precisi e onesti, noi prendia-
mo dagli africanì più di quanto dia-
mo loro. Il contatto diretto con i
problemi del sottosviluppo, della
fame, dello sfruttamento ci stimola
a prendere coscienza della situazio-
ne di pesante condizionamento in
cui anche noi, come ogni persona,
ci troviamo a vivere. I riflessi sulla
vita personale, parrocchiale, di co-
munità cittadina sono immediati e
benefici>>.
Sarà per via di questa parrocchia
tanto... grande, che lo impegna in
mille attività, ma don Colombo -
parroco qui da sei anni - , per po-
tergli parlare, bisogna afferrarlo al
volo. Mi ha appena espresso un suo
pensiero, ed ecco che schizza via co-
me una saetta, mormorando un «mi
scusi, torno subito », chiamato da
un gruppo di giovani che armeggia
in chiesa attorno - mi pare - a un
impianto di altoparlanti. In attesa
che ritorni, sfoglio un opuscolo in
cui sono allineati i progetti già rea-
lizzati in varie località del Ruanda:
attrezzatura di un laboratorio di
analisi per ospedale, potabilizzazio-
ne e canalizzazione di falde acquife-
re, costruzione di un mulino per ce-
reali, costruzione di un dispensario,
costruzione di un silos per fagioli,
di un orfanotrofio e di un centro
handicappati, di un centro nutrizio-
nale, di una officina per apprendisti
meccanici, di chiese, di capanne e
via realizzando. Mi colpisce una an-
notazione che affianca i nomi delle
località dove i progetti sono stati
realizzati: «collaborazione ininter-
rotta dal 1974... , collaborazione
ininterrotta dal 1975... dal 1976...»
Mi vengono in mente certe belle
imprese compiute in Africa da gente
che è arrivata dall'Europa senza
neppure farsi annunciare, che si è
data un gran da fare per mettere in
piedi la «grande opera» decisa a ta-
volino in qualche ufficio europeo, e
poi tanti saluti a tutti, ha fatto armi
e bagagli riprendendo la via del ri-
torno. Mai più visti. Agli africani è
rimasta la «grande opera» che nes-
suno sapeva far funzionare, o addi-
rittura del tutto inutile. Quattrini
buttati al vento, alterigia di elemosi-
nieri senza anima, e, forse, qualche
inconfessabile interesse di gruppi o
di individui.L'Africa è disseminata
di « cattedrali nel deserto», monu-
mentali ruderi di forme sbagliate di
cooperazione allo sviluppo.
Riacchiappo don Colombo che è
appena ricomparso e, svelto svelto,
lo interrogo su quella «collabora-
zione ininterrotta». «Si, i nostri
progetti reggono nel tempo per due
motivi fondamentali. In primo luo-
go, la fedeltà. Avviamo l'opera, la
portiamo a termine in stretta colla-
borazione conla gente del luogo che
addestriamo a servirsi di quell'ope-
ra, ne seguiamo anno dopo anno la
sua utilizzazione, e cosi avanti fino
a quando possono fare a meno di
noi perché si sono resi autonomi. In
questo modo otteniamo più di un ri-
sultato: evitiamo opere inutili, ciò
che realizziamo è utilizzato quoti-
dianamente, addestriamo nei vari
mestieri centinaia di persone».
E il secondo motivo?
«Noi interveniamo solo su richie-
sta delle popolazioni interessate.
Sono loro a dirci di che cosa hanno
più urgente bisogno. Ci fanno da
tramite i missionari, salesiani e non,
coloro, cioè, che conoscono a fon-
do la situazione locale perché hanno
scelto di condividerla allo stesso li-
vello della gente comune. Ci riser-
viamo una verifica in relazione an-
che alle nostre modeste disponibili-
tà finanziarie, e se l'opera è fattibile
e risponde a reali necessità, ci met-
tiamo al lavoro per realizzarla. No,
non siamo i ''migliori''. Gli '' amici
del Ruanda" sono solo persone con
i piedi per terra, che hanno scoperto
la gioia di aiutare gli altri a crescere,
che con Cristo guardano all'uomo
come valore supremo».
«Tutto ciò - continua don Co-
lombo - consente di stabilire fra
noi e le popolazioni ruandesi un
dialogo continuo, e sollecita una co-
noscenza diretta, stimola alla reci-
proca comprensione, permette di
penetrare a fondo nei problemi veri
della gente».
Chi opera concretamente sul
campo?
1 MARZO 1985 23
«I volontari che hanno accettato
di prestare servizio per periodi che
vanno da un mese a uno o più anni.
Finora circa 700 persone hanno pre-
stato la loro attività in varie regioni
del Ruanda. Dietro di loro c'è, co-
stante e fattivo, il sostegno del
Gruppo, direi anzi dell'intera co-
munità parrocchiale. Tutti fanno
un'esperienza che si rivela di straor-
dinaria efficacia. Si fa presto a dire
fame, sottosviluppo, miseria. Ma
per andare oltre le parole, per sen-
tirsi addosso le realtà amare che es-
se stanno a indicare, bisogna vivere
questa realtà, coglierla nell'uomo,
condividerla, mettere in comune i
valori e le ricchezze di ciascuno e
preservarli intatti nel tempo».
Nuova fuga di don Ferdinando,
reclamato a gran voce altrove, non
so per che cosa. Mi lascia con un
pacco di fotografie: «Scelga quelle
che vuole». Ne prendo una, foto di
gruppo di volontari con alcuni ra-
gazzi di un villaggio, sullo sfondo di
verdi palme. C'è anche lui, don Co-
lombo. Perché il parroco di San
Giovanni Bosco partecipa di perso-
na alle «spedizioni» estive in Ruan-
da, e quando è laggiù si rimbocca le
maniche e lavora sodo, come gli al-
tri, presenza sacerdotale di anima-
zione che fa della celebrazione del-
1'Eucarestia l'occasione fondamen-
tale per consolidare le motivazioni
profonde del servizio reso ai
fratelli.
Don Ferdinando riappare poco
dopo, e riprende il filo del discorso.
«Perché, vede, se non stabiliamo un
legame di fedele amicizia con la
gente che vogliamo aiutare, il no-
stro lavoro sarà di scarsa resa. Noi
non facciamo beneficenza, sia ben
chiaro. Assolviamo a un dovere fra-
terno, né più né meno. E un dovere
non lo si assolve un giorno sì e dieci
no, ma 365 giorni all'anno. Ecco
perché ci siamo posti il problema di
mantenere il legame con le popola-
zioni anche quando non siamo ma-
terialmente presenti. E l'abbiamo
risolto adottando la vecchia, speri-
mentata formula di don Bosco: l'o-
ratorio. Ci abbiamo raccolto ragaz-
zi e ragazze che erano abbandonati
a se stessi. E le garantisco che la
"vecchia" formula funziona a me-
raviglia anche in Africa. Tramite i
ragazzi, dal colloquio con loro an-

3.4 Page 24

▲back to top
24 · I MARZO 1985
che attraverso animatori locali, si è
attivato un rapporto che coinvolge i
genitori, e ciò ci consente di pene-
trare nella mentalità della gente, di
disporci sulla stessa lunghezza d'on-
da. È grazie a questo metodo che
abbiamo potuto impostar·e con suc-
cesso campagne di medicina genera-
le, di igiene, di alimentazione».
Don Colombo, e i soldi? Chi ve li
dà i soldi per realizzare tanti
progetti?
«Ci àiamo da fare in ogni dire-
zione. Intanto tutti i membri del
gruppo Amici del Ruanda ci metto-
no del loro, quello che possono, ma
sono i primi a scegliere di mettere in
comune i beni che possiedono con le
persone per cui lavorano. Poi c'è il
contributo del Comune di Bologna,
ci sono le sovvenzioni delle banche,
della Caritas, c'è il cofinanziamen-
to, per alcuni progetti, della Comu-
nità economica europea, che ci ba
riconosciuto come Organizzazione
non governativa, il ricavato di mo-
stre, della vendita di biglietti augu-
rali, di oggetti dell'artigianato afri-
cano, di spettacoli teatrali ecc. E c'è
la gente del Quartiere, di Bologna e
di altre città, che segue con simpatia
il nostro lavoro».
Un altro aspetto del circuito
Bologna-Ruanda merita di essere
sottolineato. I volontari che hanno
vissuto l'esperienza africana torna-
no a casa avendo maturato una
mentalità nuova, che li fa affronta-
re gli impegni precedenti con uno
«stile nuovo». La loro attività di
servizio, sia in campo ecclesiale che
civile, riceve un impulso dinamico.
Penetrano fino in fondo la verità
di quel programma che dice: contro
la fame cambia la vita. Si attiva al-
lora tutto un ripensamento che in-
veste il modo di vivere nella società
e nella comunità ecclesiale, che re-
spinge lo spreco consumistico, rifiu-
ta la corsa all'avere di più, supera il
proprio particolare, l'angustia cam-
panilistica.
E i riflessi sulla vita parrocchiale
sono immediati. Ecco perché la par-
rocchia di San Giovanni Bosco è, a
Bologna, un polo di attrazione per i
giovani che vengono qui anche da
altri quartieri. A farne un centro di-
namico e attivo concorrono molte-
plici attività di servizio per i giova-
ni, gli anziani, gli handicappati,
nonché incontri culturali, serate di
sensibilizzazione, corsi di lingue
ecc. I predecessori di don Colombo
hanno avuto la lun gimiranza di do-
tare la parrocchia di vaste aree de-
stinate alle attività sportive e di met-
terle a disposizione dei giovani, che
difatti vi accorrono numerosissimi.
Nel territorio parrocchiale, a po-
che centinaia di metri dalla chiesa
sorge la casa di riposo per anziani
«Giovanni XXIII>> ed è i quel luo-
go, che è spesso sinonimo di abban-
dono, emarginazione, solitudine,
che i giovani della parrocchia spen-
dono gran parte del loro tempo libe-
ro per assistere i poveri vecchi, tene-
re loro compagnia, aiutarli in tutti i
modi. Un servizio, questo, conside-
rato dallo stesso personale della ca-
sa di riposo, tra i più efficienti e uti-
li. Anche attraverso di esso, Ja par-
rocchia si innesta come comunità
viva nel quartiere.
Ecco, a questo punto don Colom-
bo mi lascia, e questa volta capisco
che non ci sarà ritorno. Ci salutia-
mo sotto una gigantografia di don
Bosco, nell'atrio dell'edificio par-
rocchiale, mentre da una parete di
lato occhieggia il ritratto sorridente
del Rettor Maggiore, don Viganò.
Tutt'intorno c'è il fervore di una
parrocchia salesiana, che opera nel-
I la Chiesa di Bologna, proiettata
verso la giovane Chiesa africana.
dVeollognrtuapripo «Amici del Ruanda•
con un gruppo
di ragazz.i neri.
Il primo a sinistra
è don Ferdinando Colombo

3.5 Page 25

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# - _PASTORALE GIOVANILE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
El Salvador
1 MARZO 1985 25
C oN
I GIOVANI
DELLA
CAPITALE
Come si fa pastorale
giovanile tra guerriglie e
attesa di pace? Come
sono i giovani
salvadoregni?
Risponde don Salvador
Cafare/li, delegato
ispettoriale per la
pastorale giovanile e la
catechesi.
Al centro di una crisi
politica lacerante, El Salvador non
conosce pace. Trentamila morti tra
i quali il vescovo della Capitale
Oscar Arnolfo Romero, una venti-
na di giornalisti, suore, sacerdoti,
diplomatici. Quali speranze può nu-
trire chi vive in un Paese simile? Po-
trà mai trovare la via della riconcia-
liazione? Da qualche mese le spe-
ranze si sono riaccese. Il nuovo pre-
sidente della repubblica eletto con
libere elezioni Napoleon Duarte ha
aperto con i capi della guerriglia un
dialogo che se finora - gli incontri
sono stati appena due - non ha da-
to gli esiti tanto attesi, tuttavia ha
acceso più di una speranza. Gli in-
contri, si sa, sono stati promossi ed
ILa celebrazione
della Pasqua Juvenll
è sempre un momento
di forte esperienza
spirituale per moltl
ragazzi ~lvadoregnl
aiutati dalla Chiesa salvadoregna ed
in particolare dall'arcivescovo sale-
siano di San Salvador monsignor
Arturo Rivera Damas. Se educare
alla fede è sempre difficile, è chiaro
che le difficoltà aumentano in un
ambiente dove lo stesso incontrarsi
è un rischio.
Don Cafarelli vuol farci un qua-
dro generale della situazione giova-
nile del Paese?
«Dal 1979 si era diffusa nel Sal-
vador una specie di paura per tutto
ciò che significava organizzazione
giovanile; dai gruppi giovanili im-
pegnati erano infatti venuti fuori
non pochi guerriglieri. Le reazioni
del Governo erano violente e molti
giovani con qualche sacerdote sono
stati uccisi. Da quel momento da
parte di molti educatori c'è stata
"paura" di fare una pastorale gio-
vanile impegnata nel sociale. I gio-
vani sono stati abbandonati e si è
preferita una certa pastorale rivolta
agli adulti. Si sono così sviluppati
movimenti poco impegnati sul pia-
no socio-politico e proiettati all'e-
sclusiva formazione dei propri ade-
renti: catecumeni, carismatici, fa-
miglia nueva ed altri movimenti a
spiccata scelta religiosa si son così
affermati».

3.6 Page 26

▲back to top
26 · I MARZO 1985
VUOI
RICEVERE
IL BOLLETTINO
E i salesiani?
« I salesiani dal canto loro hanno
cercato di non perdere i contatti con
la realtà giovanile e cosi già da qual-
che anno l'Ispettore don di Pietro
mi ha proposto di riattivare ed ani-
mare il movimento giovanile sale-
siano. Nel 1982 bo iniziato con
quanto restava di alcuni gruppi del-
la Capitale salvadoregna nelle varie
case salesiane e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. All'inizio eravamo in
pochi. Allorché capii che si poteva
crescere dandosi obiettivi chiari e
realizzazioni concrete finalizzate
non a una formazione chiusa in se
stessa ma proiettata nella società,
scelsi questa via ed i gruppi inco-
minciaroao a moltiplicarsi. Abbia-
mo pensato ad attività che non ci di-
videssero sul piano politico ma che
ci unissero su quello sociale. Propo-
si così la realizzazione di un Natale
per i bambini poveri in alcune zone
rurali e nella Città dei Ragazzi. Una
esperienza piccola ma che da queste
parti non si era mai fatta: riusci
molto bene ed i ragazzi, impegnatis-
simi, si sono sentiti coinvolti. La
Pasqua poi di quell'anno ci diede la
I Giovani di un gruppo
salesiano Indossano
una maglietta preparata
In occasione della vlsi1a
del Papa a San Salvador
possibiltà di celebrare una "Pasqua
iuvenil" con la partecipazione di
1.500 giovani. Erano i primi passi,
giusto per studiare l'ambiente, la
reazione dei giovani e le loro propo-
ste. Successivamente abbiamo pen-
sato a qualcosa di più incisivo e di
meno episodico. A Panama city
avevo visto dei programmi pastorali
che, nati ed applicati negli Stati
Uniti, erano stati adottati da don
Ennio Leonardi per l'America
Latina.
Si chiamava ESCOGE JUVENIL
e proprio dal Panama è venuto a
darci una mano don Miche Giorgio
con un gruppo di giovani. L'avvio è
stato dato nell'agosto del I983. Non
poteva andare meglio».
Vuol spiegare di che si tratta e
perché ha avuto una risposta tanto
positiva?
«È una iniziativa per giovani di-
ciottenni ai quali si vuol far prende-
re coscienza della propria apparte-
nenza alla Chiesa, alla famiglia, alla
società lanciandoli per un rinnovato
impegno».
Come funziona?
«Facciamo un invito a quanti vo-
gliono partecipare mandando una
scheda. Il ragazzo deve normalmen-
te cercarsi qualcuno che lo presenti
e che risponda agli organizzatori. Il
«garante» compila la scheda e se il
nuovo venuto non ha la quota di
SALESIAN01
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA

3.7 Page 27

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-----------sR-
partecipazione - appena 4 dollari
- deve tirarla fuori egli stesso.
U tutto si svolge in un fine-
settimana intero. Per preparare
questi incontri sono necessari alme-
no due mesi. Ogni partecipante vie-
ne analizzato per vedere quali sono
le sue caratteristiche, se ha problemi
di ambientamento. Si cerca ancora
di non mettere nello stesso gruppo
persone che già si conoscono invi-
tandolo ad aprirsi spontaneamente
e a non crearsi "difese". È impor-
tante infatti aiutare ogni nuovo par-
tecipante a farsi conoscere e a cono-
scere per arricchirsi dell'esperienza
degli altri. Il tutto dura due giorni
dunque. Non ci sono conferenze ma
brevi riflessioni registrate con un
sottofondo musicale. Tutto serve a
creare un clima di partecipazione.
Si lavora in gruppi formati da non
più di nove persone. Si discute ed
ogni partecipante parla senza mime-
tizzarsi nel gruppo o nella massa. È
un coinvolgimento pieno. Il pro-
gramma dell'incontro prevede una
confessione finale. Ma su questo
non insistiamo eccessivamente dal
momento che gli incontri sono aper-
ti anche a giovani non credenti o di
altre religioni; puntiamo infatti a
promuovere la persona umana vista
nel suo valore. Terminato l'incon-
tro, la settimana successiva i parte-
cipanti vengono invitati per quella
che noi chiamiamo la "tarda del
reincuendro", una sorta di rivedersi
nel quale si cerca di programmare
l'attività del gruppo che continuerà
il lavoro nella prapria parrocchia
nel quartiere o nella scuola di pro-
venienza. Ogni partecipante viene
insomma incoraggiato ad impe-
gnarsi».
È un programma che non lascia
spazio per i ragazzi, i più piccoli
almeno.
«C'è un programma per i preado-
lescenti e finora oltre seicento ra-
gazzi lo hanno frequentato con otti-
mi risultati».
Come sono i giovani salvadore-
gni? I giovani di un Paese che sem-
bra precipitare nel vortice di una
guerra civile, ma che in effetti conti-
nua a vivere ed in certe zone quasi
con assoluta normalità?
«Nel Salvador credo d'aver tro-
vato tra i giovani qualità umane
molto solide, una volontà ed una te-
1 MARZO 1985 27
I
L'allegria non può
che essere di casa
fra gruppi salesiani
Partirà da diverse zone della città
e si concluderà allo stadio. Tutto il
mese di marzo verrà dedicato ad
una catechesi finalizzata a ciò».
E nelle Case salesiane esistono al-
nacia senza pari altrove. Vivo qui tre iniziative?
da pochi anni ed ho lavorato anche «Nelle scuole organizziamo an-
in altri Paesi ma ritengo che questa che le settimane di attività speciali.
voglia di vivere sia la caratteristica Abbiamo incominciato a farle in
principale di questo popolo anche Guatemala. Sono attività di tipo
se non ha molte risorse economiche. culturale e di tipo ricreativo. Si trat-
Il Paese non ha un atteggiamento ta di una occasione per far diventa-
passivo: reagisce, risponde e si mo- . re la scuola centro di interesse per
bilita».
tutto il quartiere o la città. Ogni
Ed il loro rapporto con i Sale- scuola privilegia qualche attività
siani?
particolare. È un modo per aprirsi
«Ci confrontiamo, vengono e ci all'esterno. D'altra parte le nostre
portano le loro esperienze. D'altra scuole sono ben note. In molte
parte cja salesiani non possiamo non aziende per esempio è titolo prefe-
essere aperti a loro, ascoltandoli e renziale avere studiato ali'Istituto
capendone la realtà a volte tragica Tecnico Don Ricaldone>~.
che essi vivono.
I Salesiani hanno una linea
Quando sono arrivato da queste politica?
parti due dei più attivi ragazzi sono «Senza essere disimpegnati - sa-
venuti a mancare. Uno è stato ritro- rebbe un gravissimo errore - ci im-
vato ucciso a poca distanza dal cen- pegniamo concretamente educando
tro giovanile e l'altra, una ragazza i giovani ad amare il loro Paese.
universitaria, è scomparsa nel Noi cerchiamo di lavorare sodo e
nulla».
l'apprezzamento della gente è la mi-
Quanti giovani varcano le soglie gliore solidarietà. Sulla porta della
di una casa salesiana?
segreteria del Collegio Don Bosco
«Nella Capitale sono da sei a set- di San Salvador un cartello avverte
te mila. Gli oratori poi sono fiorenti che le iscrizioni sono al completo fi-
e pieni di vita giovane.
no al 1989. Ci sono 1600 allievi ed il
Per il 1985 -Anno internaziona- sessanta per cento viene dalla peri-
le dei Giovani - in collaborazione feria, dai quartieri più poveri. Sia-
con l'Arcivescovo organizzeremo mo penetrati profondamente nel
una marcia per la pace con lo slogan tessuto sociale di questo Paese».
che ci ha lasciato il Papa: "Gioven-
e Pace".
Vittorugo Mangiavillani

3.8 Page 28

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28 · 1 MARZO 1985
LUIGI MELESI
Le parabole di Gesù In teatro,
Collana •EG•, Elle Di Ci, Leu-
mann (Torino), 1984, pp. 159, L.
7.500.
Per l'annuncio del Regno di
Dio Gesù sceglie la parabola co-
me forma di insegnamento e uti-
lizza Immagini quotidiane della
vita della natura e della vita del•
l'uomo, nella varietà delle sue
espressioni lavorative, familiari,
sociali, culturali.
Il più delle volte sono proiezio-
ni di situazioni e vincende uma-
ne, realisticamente conflittuali
01 padrone e gli operai, il padre
misericordioso e Il figlio pecca-
tore, l'amico insistente e quello
importunato...). Esse awincono
il pubblico per il loro contenuto
religioso, psicologico e morale,
mettono In moto la fantasia di
chi vuole intendere e la volontà
di chi si decide a fare. E si tra-
sformano in tal modo in espe-
rienza spirituale e cristiana.
I
Uk,l\\b,11:-1
1..E P\\ll\\001..1:: DI
GESF
~TEATRO
Luigi Melesi, da anni impe-
gnato nel mondo del teatro, pro-
pone la messa in scena di 12
parabole mediante una triplice
scansione: aggancio psicologi-
co, azione evangelica, dibattito.
Fornisce anche opportune indi-
cazioni di metodo per una inte-
riorizzazione del testo da sce-
neggiare e per un'accurata tec-
nica teatrale.
L'esperienza insegna che
molti sono stati awiatl dalle sa-
cre rappresentazioni ad una co-
mune conversazione sui temi
relativi alla fede e alla vita cri•
stiana. E per tanti hanno rappre-
sentato l'inizio della conversio-
ne. La rappresentazione di qual-
che parabola si potrà anche, per
qualcuno, concludere con una
proposta pratica di vita, con un
atto di fede vissuta, con un ge-
sto concreto di carità. Sarebbe
la dimostrazione che il teatro
non è solo diversivo, ma è impe-
gno di animazione e di trasfor•
mazione della coscienza, è
messaggio, testimonianza, e-
vangelizzazione.
(e.f.)
VIKTOR E. FRANKL
Psicoterapia par tutti, Collana
«La vita nelle mie mani•, Edizio-
ni Paoline, Roma, 1985, pp.
189, L. 10.000.
Non è difficile oggi leggere o
parlare di psicologia, psichia-
tria, psicanalisi. Molti si diletta-
no nell'uso di parole •alla mo-
da• per dare l'impressione di
essere aggiornati. Eppure, die-
tro un tale linguaggio si celano
profondi disagi interiori, situa-
zioni di sofferenza intima, con-
flitti di valori, perplessità sulle
vere motivazioni che guidano
l'agire di ogni giorno o che so-
stengono le grandi scelte della
vita. Occorre allora vederci chia-
ro, camminare sul sicuro, farsi
guidare da una mano esperta
che non si limiti a •smaschera-
re• motivi reconditi, ma faccia
brillare in tutto il suo spessore
significativo il senso più vero
della vita.
Lo psichiatra austriaco Viktor
E. Frankl da molti anni sta con-
ducendo avanti proprio una
campagna di sensibilizzazione
in tale prospettiva. Egli vuole af-
fiancare l'uomo nel cammino fa-
ticoso di riscoprire il senso talo-
ra perduto o annebbiato del suo
esistere.
E per fare ciò scrive libri, tiene
corsi in tutte le Università del
mondo, partecipa a congressi
internazionali.
Frankl - che il 26 marzo ha
compiuto 80 anni - ha vissuto
la tragica esperienza dei Lager
nazisti, e quindi ha provato sulla
sua pelle il bisogno di «dire di sl
alla vita, nonostante tutto•. Il li-
bro che le Edizioni Paoline han-
no tradotto in italiano e che ap-
pare nelle librerie proprio In
coincidenza con 1'80° com-
pleanno, raccoglie 26 conversa-
zioni radiofoniche su tematiche
attinenti la psicoterapia e l'Igie-
ne mentale (ansia, insonnia,
malinconia, eutanasia, eredita-
rietà, ipocondria, isterismo...),
mediante le quali egli ha opera-
to una specie di terapia «al mi-
crofono•. li linguaggio immedia-
to rende la lettura quanto mai
gradevole e spinge a guardare
con sincerità nel profondo di se
stessi per scorgere le eventuali
zone d'ombra e illuminarle con •Cosi scrivendo scrivendo ho
la riscoperta di valori autentici. raccontato li mio difetto dell'in-
(e.I.) fanzia. Che poi era un difetto
per modo di dire. Fine del ricor-
do•. Cosl, semplicemente, si
chiude questo nuovo volume
SERGIO ZAVOLI
della collana •L'altra Infanzia•,
con la quale la SEI propone a
DI tutti I colori, Collana •L'altra piccoli e grandi i ricordi di perso-
infanzia•, SEI, Torino, 1984, pp. naggi famosi. La passerella,
32, L. 6.000.
che ha già visto sfilare uomini di
Musica come impegno
Un antico principio dell'esteti- voce: la sua voce ha mille suoni,
ca classica greco-romana Indivi- infinite movenze, ritmi divini e
duava nell'arte due elementi profondamente umani•.
fondamentali: •Dulce et Utile• li La gioventù ha bisogno d'i-
definiva un poeta latino som- deali, ha necessità di credere in
mando al piacere che scaturi- qualcosa per cui vivere e lotta-
sce dalla fruizione di una bellez- re: Il fallimento dei miti sessan-
za artistica il suo carattere se- tottini ha generato tutta una fa-
gnatamente formativo.
miglia di •ismi•: relativismo,
Oggi, in una società che sta scetticismo, individualismo,
gradualmente penetrando nel• pragmatismo. Giuseppe Mosca-
l'era della robotica, la cosiddet- ti propone ai giovani attraverso i
ta civiltà del silicio, l'antico as- suoi. LP una vita nuova, una
sioma si è scisso a detrimento scelta d'amore che scopre le
della seconda componente: cosi sue solide fondamenta nella fe-
anche nella musica, che volente de nel Cristo risorto.
o nolente riflette sempre lo spi;l- I complessi Gen muovono, a
to dei tempi, abbiamo potuto re- loro volta, da una adesione tota-
gistrare da una decina di anni lo le al Vangelo, che propongono
svilupparsi di una produzione come li libro per eccellenza, •il
consumistica che si potrebbe manuale della vera rivoluzione,
definire •clinex•: •ascolta e get- quella di Gesù•. Sono comples-
ta•. Musica senza pretese, su- si formati da giovani e giovanis-
perficiale e di veloce consuma- simi inseriti appieno nella nuova
zione che purtroppo rispecchia temperie musicale elettronica.
la condizione •disimpegnata• di Sulla stessa scia si pone la neo-
una larga fascia di gioventù. formazione degli «Anastasis•,
Dopo la protesta del '68 che un gruppo di giovani romani che
ha mostrato i suoi aspetti positi- ha alle spalle una commedia
vi come quelli velleitari, oggi la musicale (•E venne la luce•) e
ripresa dell'impegno giovanile numerosi concerti senza aver
proviene Indubbiamente da sor- trovato ancora la via dell'LP per
genti cristiane: il «dulce et utile• le consuete difficoltà d'inseri-
è ben realizzato da una fitta mento nel mondo delle incisioni
schiera di cantanti e cantautori, discografiche.
cattolici o la cui ispirazione si Renato D'Andrea, Marina Val-
sostanzia degli elementi di que- maggi, Domenico Machetta,
sta fede, che spesso però incon- Chiara Grillo, Rino Farruggio
trano notevoli difficoltà ad Inse- non concludono certo questo
rirsi nelle intricate maglie del veloce panorama della musica
mondo dei suoni.
cristiana che, analogamente al-
Giosy Cento, sacerdote, è lo spirito del tempo, sta segnan-
uno del cantautori più noti che do una graduale ripresa pur nel-
coglie nell'esigenza di un amore la spietata concorrenza della so-
più vero lo stimolo a una fede cietà dei consumi: ed è proprio
operosa, fattivamente calata a quest'ultima che si rivolge
nella realtà di tutti i giorni non proponendo un messaggio non
solo religiosa ma anche sociale, di odio o egoismo ma di amore
politica e artistica: •Succederà verso il prossimo e verso Dio.
di tutto a Dio - afferma - ma
non gli awerrà mai di perdere la
Sergio Centofantl

3.9 Page 29

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- - - - - - - - - - -s/J-
cultura come Arpino, Chiara,
Grillandi, Lagorio, Saviane, Qui-
lici, si illumina ora con questo
testo di Sergio Zavoli, attuale
Presidente della RAI.
La storia è semplice: da ra-
gazzo egli sognava a colori, e
non in bianco e nero come tutti
gli altri. Il fatto suscitò scalpore
in famiglia, al punto che fu deci-
so di portarlo da un medico per-
ché desse Il suo parlare di lumi-
nare della scienza. «lo il figliuolo
lo lascerei starei - fu il verdetto
- Ha solo un po' di immagina-
zione...•. Ecco allora il punto:
l'immaginazione! E quale ragaz-
zo non si è fatto prendere dalla
fantasia, cavalcando alati pule-
dri, inventando dialoghi con
amici Invisibili, curando bambo-
le strapazzate?
Con questo suo ricordo Zavoli
invita alla riscoperta della fanta-
sia, ai suoi colori variopinti, alle
sue forme stravaganti. I bambi-
ni di oggi sono più fortunali -
egli commenta con amarezza
I apparente, che in fondo è soddi-
stazione - non solo perché ci
sono più colori ma anche per-
ché se dicono una cosa un po-
chino strana i grandi mica li por-
tano dal dottore». Magari fosse
verol Se si desse un po' più di
credito alla voce dei piccoli, po-
tremmo forse recuperare quella
parte di noi stessi che è soffoca-
ta dal rumore, dalla routine, dal-
la macchina. Il che non sarebbe
niente male, non è vero?
(e.I.)
1 MARZO 19 85 29
SERGIO ZAVOLI
DITUTTl
IO
L'AUTORE
DEL MESE
Il presidente nazionale dell'Azione Cattolica Italiana Alber-
to Monticone ha pubblicato, nell'ultimo scorcio del 1984, un
interessante volume dal titolo quanto mai espressivo e provo-
catorio: Nella storia degli uomini. La scelta di essere cattolici
(AVE, Roma, pp. 134, L. 8.000). L' intervista vuole approfon-
dire alcuni aspetti di tale opera in collegamento con il prossi-
mo Sinodo 1986 su la missione del laici nella Chiesa e nel
mondo•.
D. Prof. Monticone, come vede il laicato nella Chiesa del
futuro?
R. Penso che un laicato serio in Italia debba guardare alla
Chiesa del domani cercando di venire incontro al bisogno es-
senziale di comunità nuove, attraenti, centrate sul primato
della persona, coinvolte nei problemi del territorio, ma so-
prattutto umanamente ricche. La Chiesa del futuro, a mio pa-
rere, non deve vivere all'Insegna dei fulmini e del pessimi-
smo che serpeggia nel mondo. Essa deve caratterizzarsi per
l'ottimismo e il bene che si può fare stando insieme. Cosi co-
me la società si qualifica per la tenace difesa della democra-
zia e la vigorosa tensione verso la libertà.
I laici allora devono essere uomini e donne sapienti, capaci
di guardare con intelllgenza e con cultura la Chiesa e la so-
cietà, e diventare così veicolo di amore.
D. Come ci si puo preparare a vivere nella Chiesa del futu-
ro, fatta per essere luogo di gioia e di accoglienza, di ricchez-
ze umane, di significati profondi e autentici?
R. lo credo che li laicato cattolico debba prepararsi seria-
mente. Non è mai tempo sprecato quello richiesto dalla pre-
parazione, soprattutto se si tratta di formazione religiosa. Es-
sa è fatta di letture, di confronto, di studio, di autentico per-
corso educativo per giovani e per adulti, al di là di ogni peri-
colo, attesa o presunto rischio. Un altro ambito di preparazio-
ne - non esclusivamente riservato all'Azione cattolica, ma
che riguarda qualsiasi realtà ecclesiale - è quello di una cul-
tura autentica, capace di dialogare con le varie forme espres-
sive trasmesse dai mass-media. L'ultìma modalità di prepa-
razione, infine, consiste nell'amore alla comunità, cioè quella
scelta di carità che consiste nel voler bene con semplicità al-
la gente, alle cose che si fanno, alla soci età.
D. Ecclesialità e laicità sono i due cardini su cui si fonda la
proposta dell'Azione cattolica: come si coniugano e come si
esprimono?
R. L'osservazione della situazione storica del nostro pae-
se e l'amore per la Chiesa inducono l'Associazione a preoc-
cuparsi di fare opera di promozione di laicità. Non si tratta so-
lo di essere, da laici, parte viva della comunità, ma anche di
aprire nella Chiesa quelle porte di laicità necessarìe, oggi,
per evangelizzare nella secolarìzzazìone.
La presenza e il servìzio dì laici nella catechesi, nella litur-
gia, nell'animazione pastorale non esauriscono questo biso-
gno di laicità, che le comunità ecclesiali siano più fortemente
Chiesa e quindi meno clericali per risalire, controcorrente, la
china della secolarizzazione. Questo bisogno, questa pre-
senza di laicità è un fatto di mentalità, di condivisione e di re-
sponsabilità. L'opinione comune dei cristiani e quella dei lon-
tani deve poter guardare alla Chiesa come ad un luogo non
diverso da sé, come ad una proposta di un possibile umano,
per una mèta, che però travalica ogni umanità.
Tuttavia la promozione della laicità non si esaurisce nella
vita intraecclesiale, bensl si traduce in una prospettiva nel
campo stesso della società laicizzata. Ne consegue che I'A-
zione cattolica sente il bisogno e l' urgenza di riproporre, in
forma originale e in maniera chiara, le linee di fondo di una
politica coerente con i valori cristiani.
Ma qui, come in ogni forma di attività, è ancora questione
di persone più che di progetti; o, meglio, di persone portatrici
di progetti. Ecco pertanto che l'Azione cattolica, per questo
come per ogni Impegno ecclesìale, desidera essere un labo-
ratorio ecclesiale per persone vive, mature, generose, nel
quale le Chiese locali italiane possano essere sicure di trarre
i volontari adatti per ogni realizzazione, oggi, della loro
missione.
Maria Grazia Tibaldi

3.10 Page 30

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_ PROTAGONISTI _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ __
Tomas Gonzales Morales
M
n Paese latinoamericano
continua ad essere alla
ribalta della cronaca
quotidiana, seguito con
viva attenzione
dall'opinione pubblica più
sensibile ai valori della
democrazia.
Approfittando di una
visita a Roma del vescovo
salesiano monsignor
Tomas Gonza/es Mora/es,
vescovo di Punta Arenas
in Cile, il Bollettino
Salesiano l'ha intervistato.
oNSIGNORE,
PARLIAMO
DEL CILE?
Dopo undici anni il Cile
è piombato di nuovo nel clima di
terrore che caratterizzò i primi tem-
pi della dittatura militare. Alla pro-
testa popolare esplosa nuovamente
sulle piazze, il governo ha risposto
prima con i «carabineros» e l'eser-
cito. Poi con lo stato d'assedio e gli
arresti degli oppositori, i « lager», i
rastrellamenti, le torture, la censu-
ra, gli attacchi alla Chiesa e ad alcu-
ni suoi uomini accusati di essere
«più comunisti dei comunisti».
«Il generale Pinochet», spiega
mons. Tomas Gonzales Morales,
vescovo di Pu'nta Arenas, la diocesi
più meridionale di tutta l'America
Latina, «ha cercato di giustificare
l'involuzione reppressiva con la ne-
cessità di combattere IIla sovversio-
ne e il terrorismo marxista", l'idea
ossessiva che, dal giorno della cadu-
ta del governo di unità popolare di
Salvador Allende, ha ispirato tutta
la politica del gruppo dirigente delle
Forze Armate al potere.
Ma l'appello alla ragion di stato
per soffocare qualsiasi voce di dis-
senso non può mascherare la crisi
del potere militare. Dopo undici an-
ni di dittatura, che ha provocato
morti e ha costretto altre migliaia di
cileni a trovare la salvezza nell'esi-
lio, Pinochet è ormai isolato. Il suo
regime sempre più impopolare e
odiato. Lo stesso Pinochet ne è or-
mai consapevole. Più volte ha di-
chiarato, infatti, d'essere rimasto il
solo ad opporsi al marxismo».
«Ciò», soggiunge il presule sale-
siano, «è la conferma di una sorta
di messianismo di cui Pinochet si
sente investito. All'inizio non ce ne
siamo resi conto sino in fondo. Pen-
savamo si trattasse solo di una for-
ma retorica di autoesaltazione del
potere. In realtà, Pinochet è persua-
so che il "golpe" del 1973 gli sia
stato suggerito da Dio. Ha persino
composto una preghiera che comin-
cia così: "O Signore, tu che mi hai
detto nelle lunghe notti di sguainare
la spada per difendere la patria... ''.
Dall'altra parte, uno dei punti
fermi della filosofia dell'ideologia
della sicurezza nazionale, cui si ispi-
Lefoto
Idel servizio si riferiscono
a partlcolarl momenti
dell'attività pastorale
di monsignor Gonzales,
un vescovo
•in mezzo• alla sua gente
rana i militari cileni, è la convinzio-
ne che il problema numero uno in
America Latina è rappresentato
dalla possibile conquista del potere
da parte dei gruppi marxisti. Biso-
gna perciò combatterli. E questa
guerra deve essere totale e poter
contare sul supporto di un sistema
economico assolutamente indipen-
dente dalle pressioni delle nazioni
acquirenti delle materie prime e dei
prodotti dei paesi del nostro emi-
sfer o ».
Mons. Go'nzales Morales mette
cosi a fuoco il primo elemento della
drammatica situazione cilena: la
crisi economica in cui la nazione
versa da alcuni anni. Poche cifre
bastano a documentarla. La più im-
pressionante è che il Cile, con quasi
venti miliardi di dollari di debito

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

▲back to top
-----------#-
estero, è il paese che detiene il re-
cord mondiale dell'indebitamento
pro-capite.
Con un'inflazione del 25 per cen-
to, il potere d'acquisto dei salari si è
dimezzato in tre anni. li prezzo di
vendita del rame, massima risorsa
del paese, è sceso al livello minimo
degli ultimi cinquanta anni. La di-
soccupazione supera il 30 per cento
e nei quartieri popolari di Santiago
tocca punte del 70. La recessione ha
provocato la chiusura di centinaia
di fabbriche. Mentre migliaia di ri-
sparmiatori sono· stati travolti nel
crak di alcune banche.
«Anche il mondo imprenditoria-
le, che aveva naturalmente salutato
con favore l'avvento di un regime
autoritario di destra dopo l'espe-
rienza socialista», sottolinea il ve-
scovo di Punta Arenas, «ora invoca
il ritorno allo stato di diritto per ri-
salire la china. E Pinochet è stato
costretto a liquidare i "Chicago-
boys" - i teorici della scuola eco-
nomica più arretrata, sostenitori di
un isolamento autarchico, i cui
princìpi si sono rivelati un completo
fallimento - ed a fare appello agli
economisti delJa vecchia scuola libe-
rale, che erano stati vicini a Arturo
Alessandri, presidente del Cile negli
anni sessanta.
·
Questi economisti stanno adesso
tentando di convincere le banche
nordamericane e quelle europee del
''club di Parigi'' a concedere al Cile
crediti a basso tasso di interesse. Ma
qui sorge il problema politico. As-
sieme agli altri membri del comitato
permanente dell'episcopato ho par-
tecipato ad un incontro con alti diri-
genti della Comunità Economica
Europea, i quali ci banno detto
apertamente che solo il giorno in cui
verrà restaurata la democrazia, sarà
possibile ipotizzare un intervento di
emergenza, una specie di "Piano
Marshall", per salvare il Cile dal di-
sastro economico».
In prima linea, nell'opposizione
alla dittatura, sono i giovani. So-
prattutto quelli educati nelle scuole
e nelle università cattoliche: un mo-
tivo in più per il regime per scagliar-
si contro la Chiesa accusandola di
fomentare la contestazione. La pro-
testa delle nuove generazioni - i
giovani di oggi erano bambini all'e-
poca della conquista del potere da
parte di Pinochet - rivela un se-
condo elemento di fondo dell'attua-
le situazione cilena: la crisi del siste-
ma educativo.
« Il regime», mette in evidenza
mons. Gonzales Morales, «si è pro-
posto sin dagli inizi di ideologizzare
la scuola con i princìpi della filoso-
fia della sicurezza nazionale. A tal
fine il paese è stato diviso in dodici
regioni. Ogni regione ha a capo un
1 MARZO 1985 31
governatore militare. Mentre tutti i
sindaci vengono nominati dal Mini-
stero degli interni. E tocca poi ai
sindaci nominare i direttori delle
scuole statali, che si trasformano in
tal modo in un pericoloso veicolo di
indottrinamento ideologico.
La crisi del sistema educativo pre-
senta uno dei sintomi più evidenti
nell'assoluta confusione a livello di
programmi. Ciò è in parte anche la
conseguenza dei continui avvicen-
damenti alla guida del dicastero del-
1'istruzione, dove si alternano mini-
stri militari e ministri civili, che re-
stano in carica al massimo un anno.
Gli uni e gli altri si caratterizzano
per la totale non conoscenza dei veri
problemi pedagogici. E, soprattutto
se militari, essi sono portati a dare
importanza prevalentemente allo
studio degli avvenimenti bellici del-
l'intera umanità a scapito delle altre
discipline.
Le scuole statali sono dunque di-
ventate gradatamente uno strumen-
to educativo del tutto passivo, dove
si seguono pedissequamente le di-
rettive impartite dall'alto. Tale pas-
sività fa risaltare ancora di più la li-
bertà d'insegnamento delle scuole
cattoliche, che sono divenute una
spina nel fianco del regime. Questo
vale a maggior ragione per le uni-
versità, nonostante la presenza di
rettori militari che ha però come
unico effetto di radicalizzare la rea-
zione dei gruppi estremisti di
sinistra».
Accanto alla crisi economica ed a
quella educativa, il terzo elemento
del quadro è la sempre più netta
presa di distanza della Chiesa dal
regime. E ne è spia l'accanimento
degli attacchi del governo e dello
stesso Pinochet. In realtà, la Chiesa
cilena è impegnata in un'opera di ri-
conciliazione nazionale attraverso
la pacificazione degli animi, affin-
chè non si allarghi il solco che divi-
de il popolo dalle autorità. Un ruo-
lo paragonabile a quello che la
Chiesa svolge in Polonia: in en-
trambe le situazioni è più che mai
necessario operare affinché le ten-
sioni non si aggravino e non si
esasperino.
« L'azione della Chiesa», ribadi-
sce mons. Gonzales Morales, «non
può prescindere dalla difesa dei di-
ritti umani. La denunzia della loro

4.2 Page 32

▲back to top
32 · 1 MARZO t985
sistematica violazione ha portato ad
un punto critico le reiazioni con Pi-
nochet, che per lungo tempo si è ri-
fiutato anche di parlare con i vesco-
vi, ad eccezione di un paio. Siamo
quindi rimasti piuttosto sorpresi
quando, l'anno scorso, ha accettato
di incontrare il presidente e il segre-
tario della Conferenza episcopale e
l'arcivescovo di Santiago, che inten-
devano sottoporgli un rapporto sul-
le reali condizioni del paese.
Pinochet si è arrabbiato moltissi-
mo ascoltando i vescovi esporgli ve-
rità che nessuno ha il coraggio di
dirgli. E si è scagliato violentemente
contro la Chiesa cattolica, accusan-
dola di ingratitudine nei suoi con-
fronti dopo che aveva salvato il Cile
dal comunismo, e contro noi vesco-
vi, attribuendoci il proposito di far
cadere il suo regime. Gli è stato ri-
sposto che non è compito della
Chiesa e dei vescovi appoggiare o
meno l'uno o l'altro regime, ma sol-
tanto di essere la coscienza critica di
tuW i regimi.
Allora Pinochet ha accusato l'e-
piscopato di non esser1: stato la co-
scienza critica del governo socialista
di Allende. Ma è stato facile repli-
cargli che non aveva mai letto nes-
suno dei documenti con cui, al prin-
cipio degli anni settanta, l'episcopa-
to aveva preso le distanze anche da
quel regime. A quel punto Pinochet
ha citato come prova dell'atteggia-
mento ostile della Chiesa verso di
lui i fatti del febbraio scorso a Pun-
ta Arenas, la mia città.
Punta Arenas è una città dove
l'opposizione alla dittatura è parti-
colarmente forte. A febbraio, in oc-
casione della visita di Pinochet, la
popolazione ha organizzato una
manifestazione di protesta. Al suo
arrivo, una domenica, il generale è
stato accolto al grido, a1tissimo:
«Assassino, assassino». Non acca-
deva da anni. Immediatamente, i
militari che erano stati portati in
piazza per accogliere il presidente e
che, dicono, fossero drogati, si so-
no scagliati contro i dimostranti
manganellandoli e scandendo slo-
gans contro la Chiesa e il vescovo.
I manifestanti hanno cercato ri-
fugio nella cattedrale, dov'era ap-
pena terminata la celebrazione della
Messa. I fedeH che stavano uscen-
do, sono stati risospinti nel tempio.
Un caos terribile! Pinochet, fuori di
sé dall'ira, si è scagliato ·contro i
preti che avevano organizzato la
manifestazione. La tensione non si
è allentata neppure dopo l'allonta-
namento del generale. E solo nel
tardo pomeriggio i dimostranti so-
no potuti tornare alle loro case».
«Per Pinochet», continua il ve-
scovo di Punta Arenas, «è stato cer-
tamente lo "choc" psicologico più
grave di tutta la sua carriera milita-
re. Tanto più che il generale era per-
fettamente al corrente deJla prepa-
razione della manifestazione di pro-
testa, che era stata preannunciata
per radio. Ma non aveva voluto dar
retta a chi gli consigliava di non an-
dare. Ha preferito sfidare la piazza
sicuro che il popolo fosse con lui!
Di qui l'inizio di alcuni timidi
tentativi di rompere l'isolamento
del regime, aprendo un dialogo con
l'opposizione democratica. Il dialo-
go si presenta estremamente diffici-
le, perché i partiti pongono giusta-
mente come condjzione preliminare
l'abolizione della costituzione del
1980, la quale prevede che Pinochet
conservi il potere sino al 1989. Una
costituzione di per sé velleitaria, au-
toritaria, che contiene articoli come
iJ ventiquattro che costituiscono
una flagrante violazione dei diritti
umani, consentendo al presidente di
far imprigionare chiunque per venti
giorni senza fornire spiegazioni.
I partiti politici e le forze sindaca-
li hanno chiesto alla Chiesa di far
opera di mediazione. Ma noi abbia-
mo rifiutato un simile ruolo di sup-
plenza perché la Chiesa non è una
terza forza, anche se è pronta ad ap-
poggiare ogni iniziativa unitaria e
non violenta per la ricostruzione del
paese. Ma è difficile parlare di de-
mocrazia con chi non crede real-
mente nella democrazia e ricorre ad
eufemismi per indicare un tipo di
democrazia "protetta e discrimina-
toria" qual è concepita dal regime.
Da questo punto di vista, noi ve-
scovi siamo oggi molto preoccupati
per il deterioramento del clima mo-
rale. Il governo ha perso il senso dei
valori etici ed abusa della menzogna
per difendere il loro potere. In que-
sta situazione il nostro compito - e
in questo ci è di conforto l'appoggio
del Papa e della Sede Apostolica -
continua ad essere la difesa dei di-
ritti umani e l'educazione del popo-
lo alla partecipazione, facendo
prendere coscienza alla gente che
partecipare è un suo diritto e non un
dono concesso dall'alto>>.
«I rischi» non si nasconde però
mons. Gonzales Morales, «sono
numerosi. Più la dittatura si prolun-
ga e più l'estremismo trova terreno
favorevole per crescere parallela-
mente al rincrudirsi della repressio-
ne. Con la legge antiterrorismo, il
regime ha praticamente legittimato
il terrorismo di stato. Il prezzo di
questo reciproco alimentarsi degli
opposti potrebbe essere, se non fos-
se arrestato in tempo, il frantumarsi
del fronte di opposizione democra-
tica e lo spegnersi in germe delle po-
che speranze di libertà rimaste al
nostro sventurato popolo».
Silvano Stracca

4.3 Page 33

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_STORIA SALESIANA-------------~-
Le comunicazioni sociali
IL TEATRO
DI CASA
FRA
PASSATO
E FUTURO
1 MARZO 1985 · 33
Torino Valdocco 1952.
I Pochi salesiani possono
SI recita •Golgota•
Torino Valdocco 1952.
vantare l'esperienza
•Serenata agli spettri•
di Scarzanella-Uguccionl
teatrale di don Marco
Bongioanni· autore di
test4 direttore di riviste,
attualmente direttore
artistico del/1stituto del
Dramma Popolare di
S. Miniato.
Ci racconta la nascita di
questa sua seconda
«vocazione».
Quel gradino scheggia-
to a metà scala del vecchio edificio
di Foglizzo Canavese, se non è an-
cora stato eliminato o riparato da
restauri recenti, sta a ricordare non
solo il guerrone degli anni '40 e il
precario vivere del momento, ma
anche il rischio di chi «faceva tea-
tro» nel clima arroventato di quegli
anni.
Si era nel bollente biennio scola-
stico 1943-45 quando io, avventato
sbarbatello, ero stato incaricato di
Filosofia (e dintorni) nel liceo sale-
siano del luogo. In quell'edificio oc-
cupato in parte da «repubblichini»
di Salò, in parte da soldati tedeschi,
in parte ancora da ben camuffati
<<alleati» latitanti, incrociava sor-
nione - ben noto e ben ignorato -
un certo fior fiore di partigiani ex
allievi dell'annesso Oratorio, sem-
pre presunti «oratoriani» sebbene
fossero in palese età di leva...
U coprifuoco
inviolabile
I giovani st udenti liceali salesiani
sommavano a oltre 160, natural-
mente tutti «interni». Per cedere gli
ambienti migliori alla variegata coa-
bitazione degli «ospjti», avevano
dovuto stiparsi nella parte più vetu-
sta dell'istituto guardati a vista dai
sospettosi coinquilini. Quella coabi-
tazione non eliminava reciproche
paure, anzi le accentuava soprattut-
to al cadere della notte, quando il
buio e l'obbligatorio oscuramento
sembravano favorire ogni possibile
agguato.
Le diverse « fazioni» si ritrovava-
no tuttavia per tacito armistizio uni-
te insieme quando in casa si faceva
teatro. Ciò avveniva anche due-tre
volte al mese, per l'alternarsi di
due-tre filodrammatiche. Delle qua-
li l'incaricato ero io. 11 salone a pia-
no terra, per quanto situato nel vec-
chio corpo della casa, era bello e a
modo suo moderno. Quasi contiguo
allo scalone che dal portico prospi-
ciente il cortile sale ai piani superio-
ri c'era, e c'è probabilmente anco-
ra, un vano di accesso al palcosceni-
co. Quella era la via che percorrevo
per dedicare le mie mezze nottate al-
l'allestimento di scenari lavorando
di martello tenaglie e colla, perché
come è noto il teatro è anche fatto
di ore rubate al sonno e di non lievi
fatiche artigianali...
Non avendo da uscire all'aperto,
non ho mai supposto di violare per
quella via l'inviolabile coprifuoco
notturno. Ma una certa mezzanotte
i repubblichini di Salò furono di
tutt'altro parere e mi sventagliaro-

4.4 Page 34

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34 · 1 MARZO 1985
no alle calcagna una raffica di mitra
che se mi avessero colto non sarei
qui a raccontare l'avventura. Devo
alla mia inveterata abitudine di sali-
re i gradini a tre e quattro per volta
se non mi colsero. Quando risuonò
il «ta-ta-ta» con lo « swing» che
sbrecciò proprio quell'orlo di scali-
no, io ero fortunatamente già oltre.
Mi fermai solo al secondo piano, in
zona scampo a captare i battiti del
cuore e l'eco della minaccia che tut-
tora mi risuona sìnistra negli orec-
chi: «ta-ta-ta, swiiing! »...
La domenica dopo eravano tutti
insieme in teatro. I filodrammatici,
gli studenti, i soldati, gli <<oratoria-
ni», l'anonimo mitragliere ed io: il
teatro ci restituiva alla pace. Non
che in quella occasione ne facessimo
droga, oppio per dimenticare i dirit-
ti ei doveri dell'ora; ma perché quel
precario lenimento di ansie era cor-
roborato da un sovrappiù di valori
umani, riscoperti tramite la finzione
scenica. Davanti ai quali valori, le
più discordi tendenze si ritrovavano
concordi.
Testi di buona fattura
Al richiamo di quella pacifica
concordia risposero spesse volte an-
che gli orchestrali torinesi dell'Eiar
(oggi Rai) sfollati in gran numero
nelle campagne del Canavese. Ave-
vano bisogno di ritrovarsi tra loro e
di ritrovare un loro pubblico. Tra
gli insegnanti del Hceo c'era un uo-
mo di raffinata sensibilità musicale
e umanistica: don Roberto Bosco,
cui succedette al podio, poco dopo,
il non meno sensibile don Ernesto
Bosio. Da parte loro i giovani stu-
denti salesiani offrivano una magni-
fica gamma di voci tenorili, basse,
baritonali. Allestimmo «Operette»
mietendo a man salva da Offenbach
e altri; e persino antologie d'Opera
attingendo da Puccini, Donizetti,
Verdi... «Teatro e musica - disse
una volta Don Bosco - sono corre-
lativi». Noi lo sperimentammo. Ma
soprattutto sperimentammo la po-
tenza di coagulo, di pacifica fusione
in armonia, che le varie arti sceni-
che offrivano come alternativa alla
guerra. Riuscimmo a costruire mo-
menti indimenticabili, di comunio-
La Madonna
dello spazzacamino•,
azione scenica
per acC8demle
scritta da Bongioanni-Flore
ne che, in effetti, non furono mai
più dimenticati da chi li convisse e
condivise.
I testi teatrali consueti del nostro
repertorio erano «ricavati da buoni
autori» come suggerisce il regola-
mento di Don Bosco; ma ovviamen-
te nell'ambito « filodrammatico».
Questa parola non va intesa in sen-
so «pressapochista» ma in senso
«amatoriale». Ossia non si cercava-
no affatto quintessenze letterarie e
artistiche, del resto irreperibili in
quell'area, ci si preoccupava di
toccare una «professionalità)) im-
possibile: si cercava l'autore che sti-
molasse e liberasse al meglio la crea-
tività di cui noi stessi, singolarmen-
te e in gruppo eravamo capaci. Nel
che se non erro sta un altro princi-
pio di Don Bosco: che il teatro sale-
siano sia non già scimmiottatura di
<,esperti» ma espressione e crescita
di giovani «inesperti».
Affondavamo dunque con disin-
voltura le mani, armate di forbici e
penna, nei libretti prescelti che ricu-
civamo con molta libertà sulla no-
stra misura. Qualche anno fa, in-
contrando Diego Fabbri al crepu-
scolo nel suo appartamento romano
sull'Aventino, gli confessai il «pec-
cato» di allora. Avevamo mano-
messo qualche poco anche Paludi,
dramma dei suoi felici esordi. Fab-
bri sorrise benevolo. «Questo mi fa
piacere - egli disse - perché il tea-
tro non è mai frutto esclusivo di un
autore geloso, è anche creatura di
interpreti che di volta in volta rie-
scono a farlo sul palcoscenico; per
questo il teatro resta ineguagliabi-
le». Come Fabbri, interpretammo a
nostra misura autori che si chiama-
vano magari Ugo Betti ma anche
Enrico Basari (con il suo «Angelo»
e «Ceppo di z.i' Meo» tratti rispetti-
vamente da Tolstoi e Dickens), o
Macchi o Anselmetti o Milani o Re-
possi o molti altri autori a rileggere
i quali si trovano pagine sorpren-
denti ancora oggi, tanto sfatavano
l'opinione che il teatro filodramma-
tico fosse quel «sottobosco» di cat-
tivo gusto che taluni mal documen-
tati ipercritici sentivano e sentono il
dovere di irridere.
Miniere a cui attingere erano le
collane della SEI, della LES di Ber-
ruti («Boccascena»), dell'Ancora
(«Controcorrente»}, di Majocchi e
l'incipiente rivista romana «Filo-
drammatica» diretta da Turi Vasile
(più tardi da Guido Guarda) per
l'Azione Cattolica. Ma esistevano
altre nutrite collane e libretti auto-
nomi atti a rifornire biblioteche «ad
hoc» di cui oratori parrocchie isti-
tuti scuole e amatori singoli erano
sempre ben forniti. C'era una vitali-
tà di base, perciò una domanda di
repertorio cui rispondeva una tal
quale ricchezza di offerta editoriale.
La rivista salesiana «Teatro dei
Giovani>> stava per nascere incorag-
giata dal Rettor Maggiore don Pie-
tro Ricaldone (che qualche comme-
dia aveva pure scritto per giovani
quando era ancora a Siviglia). L'a-
vrebbe diretta quello straordinario
esperto di teatro giovanile che era
don Rufillo Uguccioni, limpido stile
narrativo, penna scorrevole e argu-
ta, salesiano fedele, erede di quella
buona letteratura per ragazzi che
proveniva - tanto per fare qualche
nome - da un Bertelli (Vamba), da
un Novelli (Yambo), da un Fanciul-
li ...; ma continuatore altresì di un
teatro per giovani nato da Don Bo-
sco e poi affermato da Lemoyne,

4.5 Page 35

▲back to top
-----------sB-
Reffo, Ellero, Ubaldi, lflcelli, Mi-
chelotti. .. e via via fino al Marescal-
chi e alJ'Uguccioni in parola.
«fo sono un
professore... »
Non essendo questa la sede per
fare bilanci storici e critici, i nomi
evocati non sono che citazioni ad
esempio. In tempi di teatro «testua-
le» (cui oggi si opporrebbe un
teatro-gioco di spontanea «espres-
sione»), quei nomi e altri consimili
pilotavano letture e rappresentazio-
ni sceniche. Anch'io tenevo una bi-
blioteca teatrale privata, natural-
mente scelta secondo preferenze
personali e tendenze del momento.
li primo libretto lo avevo acquistato
in terza media si intitolava «Il mira-
colo dell'amore», ne era autore
Giuseppe Ellero, apparteneva alla
collana drammatica della SEI. Era
il ricordo della mia prima volta in
palcoscenico. In antecedenza mi ci
avevano issato solo le suore e le
maestre del paese per farmi dire:
«Io sono un professore che mai non·
trova euguali / la scienza mi riempie
persino gli stivali»; e mi avevano
fatto calzare gli stivali del dottor
Mauro, medico condotto, su uno
solo dei quali sarei potuto entrare
tutto intero. Ora però il «Miracolo
dell'amore» era ben altra cosa, era
teatro-come-si-deve; e il fatto di do-
ver recitare quel dramma mi stupiva
enormemente, mi intimoriva e mi
affascinava.
Devo dire che fu in qualche modo
una introspezione, un'analisi di me
stesso, la scoperta di un modo di
autodisciplina. Certo occorreva co-
raggio da vendere e molta buona
mutria per inscenare quel dramma a
quell'età. Ma a quattordici anni
mostravo un fisico da diciotto e poi
il coraggio lo aveva avuto e ce lo
aveva contagiato l'insegnante don
Giovanni Ronco, un amabile «in-
grugnito» che abbinava sensibilità a
intelligenza e che (credo come Don
Bosco) sapeva liberare le energie
dove erano e come erano, anche nei
giovanissimi. Nella sua classe di
adolescenti don Ronco individuò
tribuni, patrizi, senatori romani e,
manco a dirlo, nerboruti guernen
germanici deportati a Roma in
schiavitù. Uno di questi aveva nome
Thorwald, credeva nel Valhalla e in
Odino, era disposto a mettere Ro-
ma a ferro e fuoco pur di restituire
suo figlio alla libertà. Fui dunque
quel Thorwald. 1n qualche modo lo
sono tuttora perché a distanza di
quasi un lustro di decenni trovo
sempre un vecchio compagno di
scuola che mi saluta: «Ciao Thor-
waldl ». Al che perdo per li un cin-
quantennio di storia e mi ritrovo
ragazzo.
eol teatro nella vita
li teatro è giovinezza. Solo i gio-
vani - anche se ottantenni come
Paola Borboni e Paolo Stoppa -
sanno trasferirsi con fantasia creati-
va in dimensioni temporali e spazia-
li diverse dal quotidiano. Forse il
successo dei vari Lemoyne, Brnlan-
do, Ellero e altri sta anche nell'ave-
re stimolato i giovani a trasferirsi
con fantasia, nei luoghi e nei tempi
della storia. Essi ci hanno fatto ri-
scoprire la Storia sul palcoscenico,
l'hanno recuperata dalle imperver-
santi «date» restituendola allo spes-
sore dei significati. Noi abbiamo in-
terpretato «Le pistrine» e «Colpa e
perdono» (unico tentativo di riaf-
frescare una sacra rappresentazione
odierna), abbiamo recitato «Legna-
no», «Pier delle Vigne», «Vita No-
va», « Il Dio ignoto» e simili, come
1 MARZO 1985 35
magnifica alternativa alla scuola e
alla vita. Tuttavia siamo rimasti
nella scuola e nella vita. Penso che
un teatro giovanile moderno possa
distaccarsi le mille miglia dai «cli-
ché» letterali di quei modelli, ma
non possa assolutamente fare a me-
no di aderire ai presupposti pedago-
gici di quei modelli. Bertolt Brecht
insegna. I gruppi teatrali giovanili
più famosi del mondo - dal Living
al Bread and Puppet - insegnano.
Sotto sotto insegna ancora Don
Bosco...
Don Bosco non adottò affatto
«un» teatro. Adottò «dei» teatri,
levò il sipario su scene diverse: quel-
la «creativa» spontanea come quel-
la «didascalica»; quella «popolare»
come quella «erudita»; quella «fa-
ceta» fino alla farsa come quella
«accademica»... 1n ogni caso egli
non adottò mai un'ottica classista
per distinguere pubblico da pubbli-
co: il suo « unico» pubblico furono
i giovani, studenti e lavoratori alla
pari. Gli studenti erano educati in
chiave popolare. 1 lavoratori erano
elevati alla cultura degli studenti.
Nel fare il nostro teatro sotto gli oc-
chi di una generazione ancora
<<donboschiana» quasi della prima
ora, e nel desumerlo da collane di
testi tramandati da quella stessa ge-
nerazione (se non addirittura dai
«primissimi» come il Lemoyne) noi
eravamo in qualche modo guidati
Il piccolo centro
I
di Foglino
e l'Istituto Salesiano
!
1.L

4.6 Page 36

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36 · 1 MARZO 1985
I Particolare di
•Serenata degli spettri-,
recita svoltasi
a Valdocco nel 1952
- consapevoli o no - da criteri pe-
dagogici di rispetto, che oggi non
sarebbe vano riconsiderare e appro-
fondire nella loro attualità.
Gioco è disciplina
Abbiamo amato molto quel tea-
tro. Per quel tramite abbiamo rea-
lizzato una creatività genuina che
non era affatto limitata dal dover
mandare a memoria la parte. Ciò
che s'imparava a memoria era sol-
tanto il testo. L'interpretazione era
inventivamente nostra, e nostra era
la proposta scenica benché salutar-
mente stimolata e «disciplinata» da
una letteratura testuale di partenza.
Per quanto Don Bosco e i suoi «pri-
mi)), come i loro immediati succes-
sori, abbiano esplicitamente escluso
dai fini educativi del teatro salesia-
no la formazione di professionisti
nel settore, ne sono pure sorti dei
veri profrssioni~ti. Molti, tra passa-
ti e presenti: da un Macario a un
Turi Ferrc, da un Buazzelli a un
Manfredi e'rmu.rnerevoli altri. Per-
ché? Credo cle 1a ragione stia preci-
samente nel fato che il teatro sale-
siano oltre a esere · «gioco» è anche
«disciplina»: quest'apparente con-
traddizione fu risolta da Don Bosco
con una formuletta pratica sempli-
cissima: il teatro deve «divertire
istruire educare». Portare a conver-
gere queste tre esigenze, riguardanti
attori e spettatori, spetta alla libera
iniziativa del buon esecutore e alla
sua sensibilità educativa.
In più di un secolo il piccolo tea-
tro salesiano ha scritto pagine talo-
ra assai belle, ha suscitato energie
forse inimmaginabili se è vero (co-
me è vero) che è anche stato una
delle fonti vocazionali riconosciute
da molti. il fatto è che ha rivelato
uno «spirito», ha prospettato
«identità», ha amalgamato gruppi,
ha creato e dilatato amicizie, ba re-
so credibili luoghi tempi persone,
ha indotto a pazienza, ha approfon-
dito dialoghi e osmosi reciproche,
ha stimolato introspezioni, ha disci-
plinato caratteri e relazioni, ha raf-
finato sensibilità, ha vinto timidez-
ze, ha liberato energie, ha rivelato
verità, ha fatto scoprire prossimi,
ha abituat0 a platee sociali, ha crea-
to comunioni... Le vocazioni genui-
ne - da quelle «laiche» a quelle
« religiose» - hanno radici in hu-
mus di tale genere, perciò non deve
stupire se il teatro, che ne è portato-
re, ha anche prodotto vocazioni.
L 'esperienza romana
Nell'immediato dopoguerra, la-
sciando Foglizzo per Roma, pensai
che fosse giunta l'ora di dare un de-
finitivo «addio alle scene>>. Il baga-
glio invece mi corse appresso. Pun-
tualmente, le scene sono sempre sta-
te ad attendermi ogni vòlta che ho
creduto di sbarazzarmene. Furono
gli anni di altri «buoni autori», de-
gli indimenticabili Emmet Lavery
con «La prima legione», Fritz
Hochwaelder con «II sacro esperi-
mento», José M. Peman con «II
cardinale primate», O'Neill con
«L'imperatore Jones» e «I drammi
marini», altri nuovi e vecchi reper-
tori. Ma l'esperienza più beUa non
derivò dal repertorio: derivò dagli
incontri cosmopoliti che quel reper-
torio occasionò, dalle platee studen-
tesche di varia nazionalità e colore
che le università cattoliche romane
schierarono davanti ad ogni novità
scenica. Con gli studenti c'era il fio-
re dei professori e fu divertentissi-
mo vedere i grandi gesuiti dell'Uni-
versità Gregoriana «polemizzare»
in poltrona secondo che erano favo-
revoli o contrari alle scelte che i loro
confratelli «storici» - evocati in
scena da Hochwaelder e Lavery -
facevano nelle celebri «riduzioni
missionarie» del Paraguay o nelle
crisi di coscienza e fede prodotte
dalle insicurezze contemporanee.
Scambiammo queste recite con
altri gruppi. Quello di Frascati in-
cludeva i giovani Tino Buazzelli e
Nino Manfredi. Tra gruppo e grup-
po si comunicò, si apprese, forse si
lasciarono tracce. Fummo addirit-
tura invitati per «provini» ali'Acca-
demia e a Cinecittà... Declinammo,
avevamo ben altra vocazione. Re-
stava però il fatto che tramite il no-
stro teatro, tutto sommato abba-
stanza modesto, realizzassimo non
solo qualche poco di Don Bosco ma
anche qualche poco di «pastorale
culturale» (chiamata da Maritain
«carità intellettuale») che ancora
oggi i cattolici lasciano abbastanza
scoperta nel settore teatro...
Al «Sacro Cuore» di Via Marsala
c'era la LES (Libreria Editrice Sale-
siana) ricca di tradizioni testi espe-
rienze. C'era pure una pluridecen-
nale filodrammatica di ex allievi, di
cui era anima un indimenticabile
sig. Fausti. Altro gruppo, altro ma-
gnifico segno di coesione dedizione
e sacrificio, altra testimonianza di
genuino intervento salesiano nella
cultura del quartiere e della città.
Che questo gruppo si ritrovasse e ri-
conoscesse in modo particolare in-
torno alla LES è anche un segno di
quanto possa una libreria-ritrovo,
non limitata a vendere. I filodram-
matici del «Sacro Cuore», al di
dei ricordi, hanno consegnato alle
successive generazioni dei modelli
di presenza e di attività. Forse sono
stati una delle più belle e più con-
vincenii dimostrazioni dell'efficacia
del teatro, salesianamente inteso,
all'interno di un gruppo e nell'am-
bito popolare e giovanile di un
quartiere centrale in una metropoli
non facile.
Marco Bongioanni

4.7 Page 37

▲back to top
I NOSTRI
SANTI
r MARZO 1985 37
LA FEDE INVECE DI
DIMINUIRE AUMENTAVA
Ma pochi giorni dopo, alle
16,30, Rosaria ebbe un embolo
cerebrale: fu portata d'urgenza
e lrca due anni fa mio mari-
to, in seguilo ad incidente
in sala di rianimazione con una
i,aresi in tutto il lato destro e
prognosi riservatissima. Giunto
stradale, ebbe gravi fratture a
una gamba. Dopo due anni di
cura e 5 operazioni esisteva
I MEDICI GIUDICARONO
DISPERATO IL MIO CASO
NELLA CITTÀ NATALE
in ospedale alla 18, Intensificai
la mia preghiera a D. Bosco, co-
me già avevo fatto nei giorni
sempre Il pericolo di doverla
precedenti. Alle 19,30 il cappel-
U R amputare. Ma la fede In Maria
Ausiliatrice Invece di diminuire
na forma grave di trom•
bosi mi fece perdere I
lcoverato presso la Se- lano dell'ospedale, O. Edi Pez-
conda Clinica Chirurgica zetta, salesiano, ml comunicò
aumentava... Tutti insieme spe- sensi; ne conseguirono pallore, dell'Ospedale di Faenza - l'a- che Rosaria era fuori pericolo e
rammo e pregammo. A guari- bava, occhi rovesciati, tremori. matissima città natale di Mons. che la paresi era totalmente
gione completa riesce pur a fare Ricoverata presso l'ospedale di Vincenzo Cimattl - e sottopo- scomparsa, senza lasciare se-
qualche passo con meraviglia Sesto S. Giovanni, i medici giu- sto ad un intervento quanto mal gni. Il grazie a O. Bosco è gran-
dello stesso chirurgo.
dicarono disperato il mio caso, impegnativo e difficoltoso, con- de. A lui la preghiera di conti-
lo stessa ho provato l'aiuto di senza speranze di restare in dotto felicemente in porto da nuare a farci da guida.
Maria Ausiliatrice quando forti vita.
medici capaci e coscienziosi, ml
coliche renali fecero ritenere In- I miei cari, tra cui il mio figliolo sono rivolto al mio caro e indi-
Vittorio Par/si• Napoli
dispensabile un Intervento per salesiano, ml affidarono al Si- menticabile •maestro• di
estrarre I calcoli: ma la ferita
stentava a rimarginarsi. La pre-
gnore, chiedendo l'intercessio-
ne del venerabile Auguato
Torino-Valsalice affinché, nono-
stante l'età avanzata (81 anni
IL CALCOLO SI
ghiera e la fede fecero il resto. Czartoryakl. Incominciai ben compiuti lo scorso 21 ottobre), SGRETOLÒ DA SOLO
N.N. - Rosà (VI)
TI RINGRAZIO, O PADRE,
PERCHÉ ASCOLTI
LA PREGHIERA DEGLI
UMILI
S offrivo da tempo dolori ad-
dominali con gonfiore e
persistenti vomiti; non piena-
mente cosciente del male, ri-
mandavo da un mese all'altro i
controlli medici. Intanto mi aff1-
davo a Suor Eusebia Paloml-
no. Finalmente Il momento deci-
sivo venne: la febbre altissima
svelò la gravità del male e i con-
trolli approfonditi fecero risulta-
re la coleclstl stipata di calcoll.
Di conseguenza l'Intervento fu
presto a migliorare e, dopo 14
giorni di degenza, uscivo dall'o-
spedale completamente ristabi-
lita e nel pieno possesso dalle
mie facoltà.
Il medico del reparto ha preso
atto che il male è regredito
spontaneamente. L'èquipe me-
dica ha dichiarato che è raro
che una persona, colpita da
trombosi, ne esca indenne sen-
za alcuna conseguenza. Il caso,
affermano, si pone fra questi po-
chi fortunati. La guarigione ha
destato più meraviglia ancora
nel personale medico data l'età
che ho raggiunta di 81 anni.
Pierina Glbln Loreggla - Sesto
S . G. (Ml)
MANCAVA POCO
tutto si concludesse nel migliore
dei modi, specie nella dellcata
fase post-operatoria, che pre-
senta di solito notevoli inconve-
nienti. Ne sono stato pienamen-
te esaudito.
Antonio Cassigoll - Marradl (FI)
M entra prestavo servizio
nell'infermeria della Ca-
sa Madre di Valdocco ebbi un
dolorosissimo attacco di calcoli
ai reni. Trasportato d'urgenza al
pronto soccorso ml ordinarono
esami e radiografie. Si rivelò la
presenza di un grosso calcolo e
1 medici propendevano per una
PENSIERI DI PACE
Immediata operazione. Una not-
te in cui I dolori si acuirono mol-
N egli ulUml tempi ml sono
rivolta a Laura Vlcuna
perché, attraverso la sua inter-
cessione, la famiglia di mia so-
rella raggiungesse nuovamente
la pace e una certa stabllltà do-
po un periodo burrascoso.
tissimo, alle due del mattino,
nella mia solitudine Invocai Ma-
ria Ausiliatrice e la sua fedele
serva, Suor Eusebia Pa/omino.
Sì calmarono subito i dolori, il
calcolo si sgretolò e In due ripre-
se lo eliminai.
A distanza di mesi molti scogli
sono stati superati. Ml auguro
Pasquino Messorl - Torino
che la cara Laura continui a pro-
immediato.
ALL'AMPUTAZIONE
A distanza di molti mesi, gra-
M zie all'Intercessione di Suor Eu-
sebia che sento vicinissima In
modo Incoraggiante, continuo il
mio lavoro.
la madre era affetta da
una cancrena alla gam-
ba sinistra. I medici erano decisi
per l'amputazione. Una violenta
teggere i miei cari e chiedo al Si-
gnore di !_spirare loro pensieri di
pace e perseveranza nel bene.
E. S. Trieste
LA BAMBINA
HA RECUPERATO
MOLTISSIMO
S entiamo Il dovere e la
gioia di ringraziare pubbli-
Giuliana Ferrar/ Malesco (NO) febbre fece dilazionare l'ora del- LA PARESI SCOMPARVE camente S. Domenico Savio da
- - - - - - - - - - - l'Intervento e rinnovare gli esa- TOTALMENTE
noi fiduciosamente Invocato
HO PREGATO CON TANTA ml cllnlcl. ~uesti svelar?no un
perché aiutasse la nostra picco-
FIDUCIA
diabete seno. Tutto, perciò, ven-
ne sospeso. Mia madre conti-
nuò le sue preghiere al servo di
A vevo bisogno di due gra- Dio O. FIiippo Rinaldl. Il male
zie molto importanti per alla gamba si attenuò e si rese
me e la mia famiglia. Ho pregato Inutile la progettata operazione.
con tanta fiducia Mons. CimattJ Ora sta migliorando sotto ogni
e posso dire, con riconoscenza, aspetto. Persevera nella pre-
che le ho ricevute Insieme a tan- ghiera in attesa della completa
te altre 'grazie minori.
guarigione.
M.C.R. Elda Casiraghi Triuggio (Ml)
A tredici anni di distanza
dalla nascita del secondo
figlio, avemmo la gioia di una
terza maternità. Tutto sembrava
andare per il meglio. Il parto, av-
venuto regolarmente, non face-
va pensare al peggio. Improvvi-
samente Rosaria, mia moglle, fu
colpita da una miocardite post-
parto. Le cure prontamente pre-
statele fecero regredire Il male.
la Daniela, nata con gravi pro-
blemi di crescita normale. La
bambina, che ha ora più di due
anni, ha recuperato moltissimo.
Siamo grati, e sicuri che S. Do-
menico Savio continuerà la sua
protezione a lei e alla sorellina
Luisa.
Aldo e Orsola Bortolameotti -
Vigolo Vottaro (TR)

4.8 Page 38

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38 · r MARZO 1985
I NOSTRI
MORTI
MONETTI LUSERNA slg.r• MAD-
DALENA t Castagnole Piemonte a
74 anni
Per molti anni Impegnata tra i coo-
peratori salesiani di Castagnole, la-
scia un grande esempio di fede a di
amore alla Chiesa, a Don Bosco ed a
Maria Ausiliatrice di cui ara davotls-
slma.
La malattia la prostrò fisicamente
ma rimase fino all'ultimo lucida e con
la preghiera sulle labbra.
RIZZOLI slg.ra COSTANTINA,
exallleva t Zlano (TN) a 75 anni
Erala maggiore di una famiglia nu-
merosa: aiutò con amorevole sacrifi-
cio i genitori nel sostentamento e si-
stemazione del fratelli.
Amò il lavoro e le compagnia; or-
ganìzzb pellegrinaggi e gite per i la•
voratori convinta che un po' d1 nposo
a cultura affinano lo spirito.
Gustal/8 le giornate di ritiro e gli
esercizi spirituali stlle salesiano.
Cosi premunita spiritualmente
guardò serena l'avvenire ormai se-
gnato da un mala che non perdona.
VANZETTA slg.ra MARIA t Ziano
(TN) a 78 anni
Fu membro attJvo delt'UNITALSI a
di •OSPITALITA' TRIDENTINA• .
Finché la forze la consentirono. par-
tecipò al pellegrinaggi al vari Santua-
ri dalla Vergine. Sollecita e premuro-
sa si adoperò perché ogni ammalato,
ogni povero della parrocchia abbia la
consolazione di fruire di questi Incon-
tri con laMadonna di cui era devoti$-
sima.
Ammiratrice delle opera dI Don
Bosco, generosamente la sostenne
con offerta, l)feghlera e sacrifici.
Specialmente durante la sua malat-
tia uni le sua sofferenza al lavoro
apostolico di chi lavora per la missio-
ni a per la gioventù.
PAGLIARELLOaac. NATALE, sale-
siano t Pietrasanta (Lucca) a 71 anni
Don Natala era natoa Caprie (Ton-
no) il 30/Xl/1913.
All'età di 5 anni rimase orfano del
padre: evento molto doloroso che ha
Inciso fortemente sulla sua vita.
È entrato nel 1929 nella casa sale-
siana di Fogllzzo, coma aspirante, e
nel 1930, ricevette per mano di don
FIiippo Rlnaldi, la vaste talare.
Avendo espresso Il desiderio di
tarsi missionario, parti per la Colom-
bia e a Mosquera (Bogotà) tace l'an-
no di noviziato.
In Colombia passò i suol migliori
anni di vita salesiana, dedicandosi
naI pnmì anni alla preparaz,ona al
sacerdozio e poi nel ministero attivo
in quahtà di Insegnante In scuole Il•
ceall e di teologia.
Nel 1950 rìlornò in Italia per ragio-
ni di salute e fu incardinato nella
Ispettori& Ligure-Toscana.
Fu destinato come vice-parroco a
Livorno, dove fu apprezzato par Il mi-
nistero sacerdotale e par la sua
predìcazJone.
Dopo 5 anni, trascorsi nella casa di
Livorno, continuò il suo compito co-
me confessore e aiutante In parroc-
chia nelle casa di Colle Val d'Elsa, la
Spezia, Flrenze.
Nel 1967 passò nella casa salesia-
na di Platrasanta, a lul più congenla•
le par Il clima e par la posslbihtà di
dedicarsi a lavori di giardinaggio al·
l'aria aperta.
LOI slg. ANDREA, cooperatore t
Acqui Terme a 73 anni
Autentico esempio di Cooperatore
Salesiano secondo l'ideale di San
Giovanni Bosco, quale padre di fami-
glia educò esemplarmente I Suol 4 fi•
gli alla pratica cristiana a al lavoro.
Nell'esercizio della Sua professio-
ne lu compatente a oosclenziOso,
sempre pronto a comprendere Il fra-
tello, Incoraggiare tutti.
Negli ulhml cinque anni di vita ha
fatto parte del COnsiglìo lspattorlale
della lspettoria di Subalpina di Torino
apportando Il Suo contributo alle
opere salesiane.
RUSTIGHINI ■lg. LUIGI t
10/11/1984
Papà Lulgl lascia un grande rim-
pianto tra I suol cari e nella Parroc-
chia! Uomo di profonda fede e di v,ta
cristiana esemplare, ha dato a Don
Bosco due figli, Don Franco e Sr,
Amelia, la devozione al Santo del
giovani è cresciuta con la sua vita,
te è a Penango. Adolescente In Pata-
gonia (Argentina). Giovane a Roma
dove, a 27 anni, è ordinato sacer-
dote.
Fiduc1erio dai Superiori Maggiori,
perché già da ragazzo, Don Bosco
gll è stato modello.
La sorella Sr. Maria F.M.A. ha lro-
vato in luf un appoggio alla realizza-
zione della sua vocazione! La Fami-
glia Salesiana Lombarda è grata a
Papà Lulgì par averta arricchita
due vocazioni a certamente Don Bo-
sco a Madre MazzarellO lo hanno ac-
colto nel Paradiso Salesiano!
esplica le mansioni di segretarlo e in-
caricato delle Relazioni Pubbliche
della Congregazione. Poi è chiamato
come direttore dell'Uffìclo Diffusione
dell'Editrice LDC. Sotto l'aspetto mi-
nisteriale è assistente delle Volonta-
rie di O. Bosco e presso la comunlti<
delle Figlie dl Maria Ausllìalrìca di
Valdocoo e di Sassi.
Nobile nel tratto: buono, affabile,
sereno Uomo del dovere: attivo,
umile, discreto, preciso, ubbidiente.
BOCCACCIO 91g. CESARE, ex-al• Guida splrltuale: saggia, prudente,
!levo t Torino
decisa.
Ex-allievo esemplare, fortemente
legato aJJa Famiglia Salesiana ed a
Don Bosco, ha Irradiato fiducia e cor-
Queste la sua buona notJzla: -Ad
ogni mio •SI• possa trovare il cuore di
Dio In festa•.
dialità in tutti coloro che lo avvi-
cinavano.
Sin da giovanotto sl è prodigato
come catechista, nella fllodrammatl-
DOMINICIS slg. LEANDRO, exallle-
vo t Monte Campatri a 79 anni
ca e nell'Auxillum.
Dapprima apprezzato insegnante,
Nel mondo dal lavoro ha lasciato poi funzionario del Comune di Roma;
una profonda testimonianza di ope- devotissimo di S. Giovanni Bosco,
rosità, onestà, giustlzla, serenità, sempre presente ai convegni ax-
che nascevano da un marcato cri- alliavl di •VIiia Sora•, dova ara stato
stianesimo lnteriol'e e dal suo incon- educato stimato da tutti, ha lasciato
tro quotidiano con l'Eucarestia
un vuoto Incolmabile nella cittadina
In questi pochi anni di quiescenza, dove ora viveva.
Ila prodigato tutto Il suo tempo nel•
l'Unione In un servizio costante di ac-
coglienza e di conforto, dl esuberan-
te creatività e dinamicità quale orga-
GAMBARO . .c. AREALOO, aale-
t sl■no Varazze a 65 annl
nizzatore di momenti formativi e ri-
creativi; un cuore ed un sorriso aper•
to a tutti, specie al più bisognosi, agli
anziani, agli emarglnatr.
Lascia una testimonianza di gene-
rosa donazione personale, di una
grande umanità e senslbilìlà, di una
vivace carica spirituale, di una pre-
ghiera semplice ma sentita, da vero
figlio dì Don Bosco.
Orfano In tenera età, sappa con-
servare memoria del suo precoce bi-
sogno di affetto, per Irradiare fiducia
a slmpa1la per tanti giovani che In-
contrò nella vita. specie quelli In
difficoltà.
Dotato di una bontà squisita, capace
delle più delicate premure, fu sacer-
dote zelante e pio, insegnante ap-
passionato, donandosi generosa-
mente, nonostante la fragile salute,
CONSONNI ..c. ANGELO, aalesia-
no t Torino a 68 anni
perché I suoi allievi realluassero gli
Ideali cristiani proposti alla scuola di
Don Bosco.
Don Angelo Consonnl ara ritornato Aggredito dal male dovette rinuncia-
a Torino quando la fede diventa fe- re ad ogni attivilà, ma testimoniò la
deltà: nel tempo che prepara l'appro- fecondità spirituale della sofferenza,
do •all'altra riva•
sopponata con fede sincera a corag-
111i marzo u.s. al ha dato l'arrive- giosa. la sua vita, offerta nel dono
derci. Abbiamo cosi rivisitato nella lu- dal prossimo, resta ricchezza autan-
ce dell'essenziale la sue vita.
llca perquanti lo hanno avuto fratello
Fanciullo lascia Besana Brianza nella consacrazione, padre, guida e
per Cavagllà Biellese. Preadolescan- amico nel cammino spirltuala.
A quanti hanno chiesto mlormaz10nl, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede In ROMA, rico-
nosciuta glundìcamente con D.P del 2-9-1971 n. 959, e L"ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede m TORINO, avente perso-
nalità giuridica par Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Lsgati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: ... lascio ella Direzione Generale Opere
Don Bosco con sede In Roma (oppure aJl'/stftuto Sa/es/eno per le
missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma d1 lire ..,
(oppure) l'immobile sito in... per gh scopi perseguiti dall'Ente. e par11--
colarmente di aSSistenza a beneficenza, di istruz10ne e educaz,one,
di culto e di religione•.
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
!"altro dei due Enti su indicati:
... annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
sede In Roma (oppure /'Istituto Sales/ano per la Missioni con sede In
Torino) lasa!ando ad asso quanto ml appartiene e qualslasl tltolo per
gli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
ficenza, d1 IstruzIone e educazione, di culto e di religione•
(luogo e data)
(firma per dlSfeso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
I MARZO 1985 39
Borsa: M1rl1 Au1lllatrlce, In memo-
ria di papà, mamma e fratello Don
Giuseppe, sales/ano, a cura di Rizzo
Pasqualina, L 400.000
Borsa: Mari■ Au1lllatrlce a S. Gio-
vanni Boeco, In rlngrszlamentD e
Implorando protezione, a cura di
Gandlgllo e Franco
Boru: Ge■ù S.cr■ ment.1_to, Mari■
Auslllatrtc■ a S. Giovanni Bosco, In
rlt19razfamento e chiedendo la grazia
di un posto di lavoro, a cura di N.N••
Chiari TO, L 400.000
Borsa: Maria Auelllatrlce e Santi
Sele■l■nl, In ringraziamento per gre-
zfa r/cu,vuta, a cura di Rossi Teresa,
Castellamonte, L 300.000
Bora: Maria Auslllatrlce e Slntl
S.le1lanl. in memoria e suffragio di
Battista Tlt/1, a cura del llgll,
L 2.000.000
Borsa: Mari■ Au■lllatrlca e S. Gio-
vanni Bo■c:o , In suffragio del defun-
ti, a cura di Piera e Francesco Leone,
Argentera di Rivarolo, L. 200.000
Borsa: Don Bosco, in mamorla e
suffragio del Prof. Tommaso Ghlgl/e-
no e tamil/ari, a cura di N.N.,
L. 900.000
Borsa: Maria Au1lll1trlc1 e Slntl
Sale■lanl, per ringraziamento e Invo-
cando protezione, a cura di N.N.,
L. 200.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, ringra-
ziamento per grazia ricevuta, a cura
di C.V.G., Torino
Bor■a : Beato Mlchele Rua, In suf-
fra9lo dei genitori, a cura di Brambll•
la Ida, Sesto S. Giovanni Ml
Borsa: Servo di Dio Mone. Clmattl,
a cura dì Brambllla Ida
Boru: In suffragio del Cav. Alfio
Messina. Cooperatora Salesiano, a
cura dl Z8ppalà M. nna, Catania,
L 300.000
Bor■a : In memoria di Don Evaristo
Marcoaldl, nel anniversario della
morte, a cura di GaJeanl Don Nello,
Sulmona, L. 700.000
Boru: Maria Au■lll■trtce e S. Glo-
v■nnt Bolco, chiedendo grazia par-
ticolare, I! cura di Gullino Giovanni,
Grugllasco TO, L 200.000
ca,. Boru: Mon■. Veralgll■ e Don
vllfo, In suffragio di Gian Mario, a
cura N .N.
Boru: M■rie Au1lllatrice, Don Bo-
sco, Don Rue, in ringraziamento per
protezione, a cura di Fedeli Bianca,
Ravenna, L. 250.000
Boru: Mari■ Au1lll1trlce, chieden-
do preghiera, a cura di Acqulstapace
Giovanna, COmo. L. 250.000
Boru: PBf'CM Il Sar,to Nata/8 porti
181118luc», a cura di N .N., L 200.000
Borsa: S. Cuore di Geaù e Mari■
Au1lll1trlce, a cura di Cumoli Gio-
vanni, Plano del Voglio BO,
L.200.000
Borsa: Divini Provvidenza, a cura
di Bogllone Francesco, TO
L200.000
Boru: S. Cuore di Gesù, Mari■ Au•
alUltrlce e Santi Saie.i■nl, in suf-
fragio del defuntie per ringrszlamen-
to, a cura di F.T.P.A., L. 200.000
Borsa: GelÌl Blmblno, invocando
benedizione sul fam/1/arl, a cura di
Barra Secondina, L. 200.000
Boru: M1rl1 Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bo■co , Invocando protezione
per figi/ e famiglia, a cura di F. O.,
L. 200.000
Bor■a : Mari■ Au1lll1trice I S. Gio-
vanni Boeco, Invocando una grazia,
a cura di N.N.• L. 500.000
Borsa: Maria Au,lllatrlce e S. Gio-
vanni Bo■co , In memoria di Grandi
Giovanni e Rosa, a cura della Fami-
Boru: M■rl1 Aualllatrlce, per gra-
zia rlcu,vuta, a cura di Alifredi Edoar•
do, TO
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Sale1lanl, In memoria del defunti
della Famiglia Genta. a cura di Mario
glia Ventura, RG L. 200.000
Borsa: Merla Auelllatrlce e Don Bo-
■co, a cura di Colonna Angela, No-
Borsa: M■rll Au1lll1trlc1, per pre-
ghiere e protezione, a cura di Norese
Gian Luigi, Predosa AL
Genta, Torino. L 500.000
vara, L. 200.000
Boru: Maria Aualllatrtce, In suffra-
Borsa: Maria Aualllatrtce, In suffra-
gio cl8I miei defunti e fsmlllsrl, a cura
di Mascheroni Marisa. Mariano Co-
mense, L. 600.000
Borsa: Maria Aualllatrlce e S. Gio-
vanni Boaco, in memoria e suffragio
del miei cari defunti e perprotezione,
a cura di Fopplano Pavanl Jolanda,
Monleone GE, L. 500.000
s. Borsa: Mllf.l Aualllatrlca e Gio-
vanni Bo■c:o , per riconoscenza e
chiedendo la guarigione della mo-
gi/e, a cura di Gulllno Giovanni, Gru-
gliasco, L 200.000
Borse Missionarie
di L. 100.000
gio di Rachele e Carlo, a cura di Co-
lombo Antonio. Castelseprio VA
Boru: Man■ Au,lllatrlce, Don Bo-
■co, Domenico Savio, In ringrazia-
mento e In suffragio della mamma
defunta, a cure di Agnettl Maria, Novl
Ligure AL
Borsa: M1rl1 Auallletrlce e Don Bo-
sco, in memoria di Padrs Poplelu-
Borsa: Miria Au■lllatrlce e Don Bo-
sco, In ringraziamento, a cura di N.
N•• MIiano, L. 500.000
sko, Invocando una grazia, a cura di
Borsa: S . Giovanni Bo■co e S. Do- Sabadin Bianca, Rossano Venato VI
menico Slvlo, invocando benedizio- - - -- - - - - - - - -
ne e protezione per I miei bambini Borsa: Maria Aualll1trlce, Don Bo-
Borsa: Miria Auallletrlce, per grs•
zia ricevuta.. a cura di N.N Cassano
Magnago, L. 500.000
Matteo e Giorgio, a cura di Carrabba sco, Oom■nlco Slvlo, In ringrazia-
Or. Mario
mento e Invocando protezione, a cu•
ra di Campagnoli Antonietta, Vesto-
Borsa: S. Giovanni Boeco e S. Do- ne es
menico Slvlo, per grazia ricevuta e
Borsa: Don Pietro Chlasa, a cure di Invocando protezione su tutta la fa• Borsa: Don Bosco, e cura di Capo-
Giannino Cautero, L. 200.000
miglia, a cura di Raoca Pietro
russo Angela, Bari
Bor■a : Don Bosco, a cura di Cottl- Bora: Ma.ria Auslllltrl~. In ringra- Boru: Don Boeco, in memoria e
nelli Una. Brescia, L 200.000
ziamentò e invocando protezione, a suffragio del miei genitori, a cura di
cura di N. N., Ooglianl
Aldera Celestina, Vlzzola T tclno VA
Borsa: S. Oom1nlco Savio e S . M■•
ri■ Muz■rello, invocando protezlo.
ne per I miei nipoti, a cura di N.N.,
Chieri TO, L. 200.000
Borsa: In suffragio di Csllinl Ernesto,
Calloni Orsola e Naggl Giuseppe, a
cura di Calllni Teresa, Arconate Ml,
L. 150.000
Boru: Maria Aualllatrlce, per gra- Bor■a : Miria Auallletrtce e S. Maria
zia ricevuta, a cura di Robba Susan- Mazzarello, per grazia ricevuta, a
na, TO
cura dl Slclllano Eberardo, Trolna EN
s. Boru: M1rl1 Au■lllatrlee e GIO•
vannl Bosco, In memoria e suffragio
dei miei defunti, a cura di N.N. Chieri
TO, L 200.000
Borsa: Martiri Mons. Veralglla e
Don car■varlo, chl1'dendo forza s
coraggio, a cura di N.N. Chieri TO,
L 200.000
Boru: In memoria e suffragio del
compianto Prof. Pietro Margara, a
cura della moglie, L. 200.000
Borsa: S . Cuore di Ge1Ìl e Marta
Au■ lllatrfce, perprotezione del !ami•
/fari ammalati e In suffragio del de-
funti. a cura di Alessandria Mariuc-
cia, Bra CN, L 150.000
Borsa: M1rl1 AusUlatrlce e S. Gio-
vanni Bo■co , Invocando protezione
e pace, a cura di N.N, Bolzano,
L 150.000
Borsa: S. Giovanni Boaco, per gra-
zia ricevuta, a cura di Marchese Cri•
stlna, Genova, L 150.000
Borsa: In memoria di Donadlo Rena•
lo, e cure del cugino Michele,
Venosa
Boru: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
■co, Domenico Savio, in ringrazia•
mento e chiedendo protezione, a cu-
ra di Stantero Genoveffa, Canale
d'Alba
Bor■a: Don Boeco , Don Rua, Don
Rlnilldl, In suffragio dél defunti, a cu•
radi Lucci Marta Cuìcchl Chiaravan-
ne AN
Borsa: S . Domenico Savio, In rin-
grszlamento e chl&dendo protezione
per I nipotini, a cura dl Alesse Ornel-
la. Roma
Borsa: Miria Auslll1trlc1 e S. G.lo-
vennl Boeco, In ringraziamento e
chiedendo ancora protezione, a cura
di Vlelml Lidia, Brescia
Borsa: S . Cuore di Ge■il, Maria Au-
alllatrlce e Santi S■leal.,I, per la
nostra salvezza eterna, a cura delle
Famiglia B.

4.10 Page 40

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oe
~
1,-
..i.i,i,
~
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·.e:;
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SpediL in abbon. postale Gruppo 2° (70) 1• quindicina
COLLANA
EDUCARE OGGI
Una straordinaria iniziativa editoriale
per migliorare le relazioni familiari
Gaetano Barletta
NONNI E NIPOTI
I rapporti fra le generazioni stanno cambiando.
Attraverso l'idea che, oggi, i bambini hanno dei
loro nonni, l'autore coglie i segni di un nuovo
modo di vivere all'interno della famiglia contem-
poranea. È una ricerca stimolante per scoprire i
valori dell'anziano e per invecchiare diversamente.
Ambra Gentile
PADRE E FIGLIA
La bambina, la ragazza, la donna adulta si pon-
gono in maniera nuova di fronte alla figura pa-
terna. L'opera analizza la costante evoluzione del
rapporto padre-figlia, considerandoli in età, con-
dizioni, circostanze diverse. È un volume utilissimo
per evitare errori di educazione a volte gravi e,
anche, per risolvere situazioni familiari di crisi.
~
!iEI
GI\\ETANJ
llAAJ.ETTA
NONNI
E NIPOTI
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PADRE
E FIGLIA