Bollettino_Salesiano_198503


Bollettino_Salesiano_198503

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò cl parla
5 BREVISSIME
9 INCHIESTA es
Tanta musica nel tempo libero del giovani. BS
affronta Il tema del tempo libero e I giovani. Che
fanno? Ci sono prospettive educative?
14 PROGETTO AFRICA
Nella tendopoli di Makallè faccia a faccia con la
fame. L'opera salesiana di Makallè in Etiopia è al
centro della grave crisi che attraversa gli stati del
Corno africano. Don Luc van Looy, superiore re-
sponsabile delle Missioni salesiane si è recato a
visitare il Campo. Vi diciamo cosa ha visto.
In copertina:
(foto Museo della
Montagna Torino)
I corni del Paine nella
Patagonia meridionale
(servizio pag. 30)
1 FEBBRAIO 1985
ANNO 109
NUMERO 16
17 VITA ECCLESIALE
Uno sforzo di educazione per tutte le età. La co-
munità ecclesiale Italiana si accinge a celebrare il
suo convegno. Abbiamo intervistato don Cesa-
re Bissoli sugli aspetti pedagogico-educativi di ta-
le awenimento.
20 VITA SALESIANA
Una facoltà universitaria per la professionalità
femminile. Fra le opere più significative delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice c' è la Facoltà dì Scienze
dell'Educazione di Roma.
25 VITA SALESIANA
Un po' di follia e s'accende la ribalta.
Proseguendo I nostri interventi sul teatro presen-
tiamo una filodrammatica... in scena. Ecco cosa
pensano i giovani attori del C.G.S. LA PIRAMIDE
dell'oratorio salesiano del Testaccia di Roma.
28 VITA SALESIANA
Una parrocchia a cuore aperto.
L'evangelizzazione, specie nelle nazioni occiden-
tali non è cosa facile. Presentiamo l'esperienza di
una parrocchia salesiana a Strasburgo In Francia.
31 STORIA SALESIANA
Ai limiti del mondo. Il Museo della Montagna di
Torino ha voluto dedicare una propria mostra al
salesiano don Alberto M. De Agostini. Abbiamo
chiesto a don Marco Bongioanni che ha visitato i
luoghi che lo videro esploratore di tracciarne la fi.
gura e l'attività.
RUBRICHE
Editoriale, 4 Scriveteci, 4 Pigy, di Del Vaglio, 6 ·
La lettera di Nino Barraco, 7 · I nostri Santi, 35 Li-
bro & Altro, 36 I nostri morti, 38 Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092
00163 Roma-Aurelio • Tel. 06/69.31.341.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongloannl Eugenio Flzzotti Gaetano Na-
netti • Angelo Paoluzi Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione, Impaginazione e stam-
pa: Officine Grafiche SEI Torino
Registrazione: Trìbunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Dire.zione invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secon-
do il loro interesse generale e la disponibili-
di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Alfano, Rinaldinl)
Via Marsala 42 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo In 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 10
milioni di copie) In: Antille (a Santo Domin-
go) - Argentina Australia Austria - Bel-
glo (in fiammingo) Bolivia Brasile Ca-
nada Centro America (a San Salvador)
Cile BS Cinese (a Hong Kong)• Colombia
Ecuador Filippine Francia Germania
Giappone . Gran Bretagna India \\in in-
glese, malayalam, tamil e telugu) - lr anda
es ltalla Jugoslavia (in croato e in sloveno)
- Korea del Sud Lituano (edito a Ro-
ma) Malta Messico Olanda Paraguay
Perù . Polonia Portogallo Spagna
Stati Uniti Sudafrica Thailandla Uru-
guay Venezuela Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco ai
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitorì delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nel limiti del possìbile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

1.3 Page 3

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-----------s/J-
1 FEBBRAIO 1985 3
r giovani attendono ben altro: gioiscono sognando
la novità di trasformazioni radicali. Per questo è im-
portante educarli alla gioia delle Beatitudini. Che
dapprima imparino, come ha detto Paolo VI, «a gu-
stare semplicemente le molteplici gioie umane che il
Creatore mette già sul nostro cammino: gioia esaltan-
INVITO
te dell'esistenza e della vita; gioia dell'amore casto e
santificato; gioia pacificante della natura e del silen-
ALLA GIOIA
zio; gioia talvolta austera del lavoro accurato; gioia e
soddisfazione del dovere compiuto; gioia trasparente
della purezza, del servizio, della partecipazione; gioia
esigente del sacrificio. Il cristiano potrà purificarle,
- Le Beatitudini parlano di felicità: e l'espressione completarle, sublimarle: non può disdegnarle. La
più sensibile della felicità è la gioia. Le Beatitudini so- gioia cristiana suppone un uomo capace di gioie natu-
no dunque, nel loro insieme, un prezioso messaggio di rali» (Esortazione apostolica «Gaudete in Domfao» -
gioia: beati, beati!
I 975).
I santi hanno intuito questo aspetto del Vangelo e Ma inoltre, che entrino coraggiosamente e con luci-
lo hanno sperimentato. Il cuore di Maria erompe nel dità di coscienza nel mistero della Redenzione, ossia,
«Magnificat»: Tutte le genti mi diranno beata! Quel- approfondiscano anche il significato della gioia carat-
lo di Francesco d'Assisi intona il «Cantico delle crea- teristica delle singole Beatitudini, una per una. E con-
ture». Quello di Don Bosco crea una pedagogia della viene che scoprano, prima, il segreto che è loro comu-
gioia: «Noi facciamo consistere la santità nello stare ne, fissando lo sguardo su Gesù.
sempre allegri!».
La gioia è un bisogno del cuore umano «dall'età - La causa della gioia in Gesù è stata la coscienza
dell'infanzia meravigliosa fino a quella della serena lucida di sentirsi amato dal Padre, di essere il Figlio
vecchiezza, come un presentimento del mistero divi- prediletto, e di poter amare come Lui facendo sempre
no>> (Paolo VI).
la sua volontà: «Il Padre conosce me e io conosco il
È soprattutto un bisogno del cuore giovanile, la cui Padre; tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue so-
vita si apre con slancio ai richiami del futuro.
no mie»; «non si faccia la mia, ma la tua volontàb>.
La giovinezza però, se considerata dal solo punto di Ciò non ha tolto a Gesù le prove, né le difficoltà,
vista dell'età, è un fatto effimero. Sull'orizzonte della la sofferenza, i tradimenti, né le incomprensioni,
storia solo Cristo s'affaccia come la giovinezza peren- né la persecuzione e la morte; bensì lo ha arricchito
ne del mondo: Lui è il Risorto.
con la potente energia dell'amore divino per trasfigu-
Una accorta spiritualità giovanile si dedicherà, per- rarle, rivestirle di un significato nuovo, e renderle sca-
ciò, ad armonizzare e ad unire in feconda simbiosi nel turigini del bene vincente. È appunto questo il segreto
cuore dei giovani lo slancio biologico degli anni con il della gioia delle Beatitudini: sentirsi amati da Dio ed
dinamismo dello Spirito Santo rinnovatore. La vera essere capaci, anche se debolmente, di amare c.ome
giovinezza dell'umanità è condensata nei valori esca- Lui.
tologici della Pasqua e della Pentecoste: l'apertura del Nessuna Beatitudine parla esplicitamente dell'unio-
cuore giovanile li reclama. Da essi si sprigiona la gioia ne con Dio o della preghiera; però le situazioni di
delle Beatitudini.
strettezza da loro descritte si rapportano all'unico Re-
gno di Dio presente tra noi, che è espressione di amici-
- L'attuale società ha moltiplicato le occasioni di zia, che è silenzio di ascolto (cf Le 11, 28), dolcezza di
piacere, ma non la gioia. Ha fatto piuttosto crescere dialogo, fonte sorgiva di comunione.
la noia, la malinconia, la tristezza, il vuoto del cuore, Per far partecipi i giovani della gioia delle Beatitu-
anzi l'angoscia e persino la disperazione. La gente si dini è indispensabile educarli al segreto dell'unione
sente sprovvista di fronte al realismo della vita, inca- con Dio. La genialità pedagogica di Don Bosco è tutta
pace di assumerne le sofferenze e le miserie. La città qui: saper testimoniare e comunicare ai giovani una
del consumo ha un aspetto senile; vive anestesiata da spiritualità di amicizia con Gesù e Maria, i due risusci-
una civiltà borghese, materialistica, edonistica, atten- tati, che sia sorgente quotidiana di gioia evangelica.
ta solo alle banali mode del benessere.
Don Egidio Viganò

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4 · l FEBBRAIO 1985
NUOVA E ANTICA SOLIDARIETÀ
Nelle grandi città succede,
sovente, di dover deviare il
proprio cammino per non in-
ciampare sul corpo di un
qualche nostro fratello bar-
bone che avvolto in stracci e
rannicchiato, a mo' di
stuoia, su cartone attira l'at-
tenzione dei passanti fingen-
do un impossibile riposo sul
marciapiedi.
A Roma - tanto per parlare
della capitale - è possibile
incontrarli soprattutto nel
centro storico: stazione Ter-
mini o via della Conciliazio-
ne che sia. La tentazione di
credere che ciò sia un male
necessario delle grandi città
così come quel tossico di-
pendente che quotidiana-
mente si inietta la sua dose
di veleno buttando poi la si-
ringa che verrà raccolta da
ignari e innocenti bambini
nel giardinetto pubblico del
quartiere non è poi tanto lon-
tana dal nostro sentire.
Così come le immagini di fol-
le affamate - in questo nu-
mero parliamo di quelle del-
1'Etiopia, ma non sono le so-
le - ci dicono che qualcosa
nell'ordinamento nazionale
ed internazionale non fun-
ziona.
C'è una povertà che non è
segnata dagli _indici lstat co-
sì come c'è una buona parte
dell'umanità che a Ginevra
nel recente incontro Shultz-
Gromyko non era rappre-
sentata. È una massa ster-
minata di poveri nostri fratel-
li che possono abitare a mi-
gliaia di chilometri di distan-
za da noi oppure proprio die-
tro l'angolo di casa. Che fa-
re? Fra le tante lettere che
arrivano in redazione c'è
quasi sempre una qualche
richiesta di lavoro: a scrivere
sono giovani disoccupati op-
pure mamme premurose al-
la ricerca di un impiego per
la figlia appena diplomata.
Ed anche qui: che fare?
Vengono alla memoria le
profetiche parole di Paolo VI
nella Popolorum Progressio:
«Quando tanti popoli hanno
fame, quando tante famiglie
soffrono la miseria; quando
tanti uomini vivono immersi
nell'ignoranza, quando re-
stano da costruire tante
scuote, ospedali e abitazioni
degne di questo nome, ogni
sperpero pubblico o privato,
ogni spesa fatta per ostenta-
zione nazionale o personale,
ogni corsa estenuante agli
armamenti diventa uno
scandalo intollerabile. Noi
abbiamo il dovere di denun-
ciarlo». Non soltanto. È ne-
cessario che ciascuno di
noi, nella diversità dei ruoli e
delle funzioni, riscopra l'es-
senza cristiana dell'amore
del prossimo in un raccordo
con tutti che si chiama soli-
darietà. Spetta in altri termi-
ni, ad ognuno di noi, dimo-
strare l'efficacia sociale del
cristianesimo. Recentemen-
te la rivista «Nigrizia» dei Pa-
dri Comboniani ha polemiz-
zato sull'uso degli aiuti per il
Terzo Mondo ed in particola-
re per l'Etiopia. Noi non en-
triamo in merito ma è chiaro
che è soprattutto in casi co-
me questi che l'attenzione
dei cristiani deve farsi più
vigile.
Giuseppe Costa
Vuol corrispondere con suore
missionarie
Sono una giovane di 19 anni che da
poco tempo legge. il Bollettino. Espri-
mo con sincerità il mio apprezzamen-
to per la rivista. Ho deciso di scrivervi
per avere, se possibile, indirizzi di
suore o persone che lavorano nei pae-
si più poveri del mondo. lo vorrei poter
scrivere loro e spero tanto mi possiate
aiutare o almeno possiate dirmi a chi
rivolgermi.
Lettera firmata, Corteno Golgr (B$)
Dal momento che la corrispondenza si
fa almeno in due, non possiamo, gen-
tile signorina, non pubblicare la sua
lettera. Il Bollettino Salesiano giunge
presso molti territori di missione del
Terzo Mondo e non: ci sono suore
missionari, volontari impegnati eh~
vogliono scrivere?
Il Bollettlno nelle carceri
Sono un operatore sociale che lavora
alla Casa circondariale di Padova ed
ho apprezzato sia per l'impaginazio-
ne, sia per le foto, il calendario del
Bollettino pubblicato nel mese di no-
vembre. Potrei averne diverse copie
per i detenuti? E assieme alle copie
del calendario potreste inviare anche
la vostra rivista?
Lettera firmata, p. Comm1ss1one sportiva
e culturale Detenuti, Casa C,rcondarrale · Padova
Abbiamo inviato molto volentieri un
congruo numero di calendari ed ab-
biamo provvisto al regolare invio del
BS. Saremmo lieti di fare altrettanto
per altre Case circondariali.

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- - ---------------:.111.,____--sB
INDIA
1 FEBBRAIO 1985 5
GU A TEMA LA
Ponle Tortona-Monigran
L a prima chiesa
dedicata al tortonese
Monsignor Versiglia e
a Don Caravario proclamati
beati il I5 maggio 1983 è
stata voluta proprio dalla
Diocesi di Tortona ed è sorta
in lndia tra i Santali.
Accompagnato da oltre
trenta persone monsignor
Libero Meriggi, vicario
generale e direttore
dell'Ufficio missionario della
Diocesi di Tortona si è
recato a Monigram città a
250 chilometri da Calcuua
proprio in occasione
dell'inaugurazione. La
circostanza - anche per
l'aiuto organizzativo di don
Antonio Alessi e dei salesiani
dell'India - si è trasformata
per gli italiani in un vero e
proprio viaggio tra le più
interessanti realizzazioni
missionarie indiane.
Particolare commozione ha
suscitato l'incontro fra il
gruppo di Tortona e la
comunità cattolica di
Monigram. Don AJessi che
vi ha assistito l'ha così
descritto:
«Entusiasmante l'incontro
dei pellegrini con la
comunità cattolica di
Monigram.
Malgrado la loro povertà,
afferma mons. Meriggi,
hanno un senso profondo
dell'ospitalità. Ci hanno
accolto con tale entusiasmo e
calore da lasciarci stupefatti
e commossi. Erano tutti ad
aspettarci davanti alla chiesa
ancora accerchiata dalle
impalcature con puntelli di
bambù. Ci hanno messo al
collo una collana di fiori,
mentre le ragazze in
ginocchio lavavano i piedi ai
dieci sacerdoti che si
preparavano a concelebrare.
Sfila il corteo con il grande
quadro, rinchiuso nella
robusta cornice di prezioso
legno 'teak', eseguito da un
artista di Calcutta, seguito
dai ragazzi che danzano al
rullo dei tamburi.
La celebrazione eucaristica
ha momenti di grande
intensità nell'alternarsi di
preghiere e canti in lingua
italiana e santali.
All'omelia mons. Meriggi
legge la lunga lettera di
mons. Bongianino, vescovo
di Tortona fa cui dice:
'Presenti in spirito e uniti in
fraterna comunione,
partecipiamo alla gioia dei
figli di Don Bosco e di
cotesta comunità. Con voi
eleviamo fervide preghiere in
rendimento di grazie al
Signore per averci dato nei
beati martiri Mons. Versiglia
e Don Caravario un fulgido
esempio di eroica dedizione
ai fratelli e per averci dato
due intercessori presso il suo
trono.
Poi per implorare su cotesta
comunità, operante in questo
sconfinato paese, copiosi
frutti di bene, per
l'evangelizzazione della
popolazione indiana e la
promozione umana a favore
dei più abbandonati e
diseredati'.
Alla processione offertoriale,
accanto ai ricchi doni portati
dall'Italia: un prezioso
calice, paramenti liturgici,
tovaglie per l'altare, cotte,
carnici, vestiti... i poveri
doni dei santali, non meno
preziosi e graditi a Dio: una
gallina, qualche uovo, un
pugno di riso, un frutto di
papaia, qualche patata...
li pranzo, intercalato da
canti, danze, scambio
reciproco di doni, suggella la
fraternità con questo popolo
così ricco nella sua povertà,
di fede, bontà, semplicità
che finisce per cattivare il
cuore di tutti.
Ora Monigram, dice
monsignore ringraziando
tutti, è più che mai vicina a
Tortona perché è entrata nel
nostro cuore. Ci sentiamo
tutti più impegnati ad
aiutare voi e il vostro
parroco a realizzare quelle
strutture che vi aiutino a
vivere come figli di Dio e
fratelli nostri.
Abbiamo portato loro tanti
aiuti, commenta don Carlo
Leardi, ma è molto più
quello che abbiamo ricevuto
che non quello che abbiamo
donato. Il ricordo di questa
giornata ri marrà
indimenticabile nella nostra
vita. Ce lo ha ricordato una
delle ragazze che ha voluto
salire con noi sul pulman,
accompagnandoci per un
lungo tratto di strada:
'Forget us not!' (Non
dimenticateci!). Erano forse
le uniche parole di inglese
che conosceva, ma le sue
lacrime erano più eloquenti
di ogni parola».
Laboratori di
Comunicazio ne all'Istituto di
Teologia
, istituto salesiano
di teologia del
L Guatemala -
aggregato all'Università
Francisco Marroquin - ha
arricchito ulteriormente i
suoi corsi e le sue
attrezzature didattiche.
Alla presenza del Nunzio
Apostolico monsignor
Oriano Quilici, del Rettore
della stessa Università
professor Manuel F. Ayau
sono stati infatti inaugurate
le nuove attrezzature della
Scuola di Scienze della
Comunicazione.
La Scuola - diretta da don
Angelo Roncero, d'ora in
poi potrà disporre di un
laboratorio radiofonico, di
un laboratorio fotografico
per lo sviluppo a colori e in
bianco e nero, di una sala
per montaggi audiovisivi.
La gestione tecnica degli
impianti è stata affidata al
salesiano spagnolo don Felix
de la Fuente.
Nelle foto:
Il quadro, opera di
Bruno Scarampi,
donato dal Tortonesi
a Monigram.
La chiesa dedicata ai
due Martiri salesiani
con ancora le
·
impalc ature.

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6 · I FEBBRAIO 1985
GIAPPONE
Città Armoniosa s ve nde
Una nuon chiesa per nuovi
cristiani
I I 2 dicembre 1984 per i
Salesiani del Giappone è
stato un giorno di festa.
L'occasione questa volta è
stata data dall'inaugurazione
della nuova chiesa di Kusu.
Benedetta dal vescovo
monsignor Hirayama e
costruita dal missionario don
Orlando Puppo, questa
chiesa - assicurano quanti
l'hanno vista - è risultato
un vero gioiello per
semplicità e funzionalità.
Naturalmente il buon don
Puppo spera di riempirla con
nuovi cristiani giapponesi...
Nella foto:
I
Il prospetto della
chiesa di Kusa.
ITALIA
A Bari un corso sui
preadolescenti
L a preadolescenza: età
difficile. Modalità
relazionale-educativa:
attorno a questo tema di
grande attualità si svolgerà
un corso monografico,
destinato a genitori, docenti,
6/Z.,Q~/~ IU> UNA
/>ll,OWIDeNel.9i.G
R/FORJl'IA
,,
... RLMENO PSZ. IS /:INNI
IL POsro NON TE LO
i.El//:# NESSUNO!,,
)}
educatori e animatori, a cura
del Centro Pedagogico
Meridionale, diretto dai
proff. Morante, Orlando e
Parracino, salesiani.
li corso ha soprattutto
finalità scientifico-culturali,
ma non sarà puramente
teorico. Partirà dalla
presentazione dell'indagine
nazionale COSPES «I
IL Pl208l.Em J:>EU,tJ
[)ISoatJPA~IOHé
,qv1u:fl/NA R,91>/PR
SOLU:i/ONI: ;
L a notizia è di quelle
che dispiacciono:
l'Editrice Città
Armoniosa di Reggio Emilia
ba chiuso i battenti e svende
i suoi libri. Chiude cosi una
vivace editrice che pure tante
speranze aveva suscitato con
la sua produzione culturale.
A noi oggi purtroppo non
resta altro che pubblicare la
seguente segnalazione
ricevuta da Ferruccio
Mazzariol:
Città Armoniosa, prestigiosa
editrice d'ispirazione
cattolica, è in liquidazione.
Essa svende, fino al 30 aprile
1985, tutti i suoi titoli con
sconti compresi tra il 500Jo e
1'800/o. In catalogo, tra
l'altro, libri di Nievo,
Proust, Reymonl, Scapucci,
Sulivan, Milosz., Wilde,
Delibes, De Saint-Exupéry,
Manzoni, Schneider,
preadolescenti in Italia oggi»
studiando i dinamismi di
scoperta-socialità, le risorse
interiori, il progetto di sé, il
rapporto genitori-figli, i
condizionamenti e le
interazioni.
L'approccio psicologico
prevede l'approfondimento
delle strutture e dinamiche
dell'età evolutiva, dei
dinamismi psicologici
fondamentali, delle
motivazioni e degli
atteggiamenti fondamentali.
Dal punto di vista
sociologico si esaminerà la
socialità e il protagonismo
nella preadolescenza, la
progettualità con i suoi
condizionamenti, l'jnflusso
dell'ambiente e dei rapporti
Claudel, Santucci, Andres,
Turoldo, Jammes,
Camilucci, Bernanos,
Mauriac, Ramuz, Bergson,
Maritain, Boezio, Cerfaux,
S. Bonaventura, Lacordaire,
Gratry, Guitton, Galic,
Gladilin, Dostoevk:ij. Queste
le offerte: 13 libri per
L. 50.000; 27 libri per
L. 100.000; 41 libri per
L. 150.000; 55 libri per
L. 200.000. Tutti i 76 volumi
solo L. 250.000. È possibile
acquistare più copie di uno
stesso libro.
Per chiarimenti, avere il
catalogo, ordinazioni,
rivolgersi a Ferruccio
Mazzariol, Casella Postale
277 - 31100 Treviso - tel.
0422/ 55355.
interpersonali nella crescita.
Di interesse risulterà
l'approccio educativo, che Si raccolgono notizie e scritti
sarà centrato principalmente su don Braga
sull'amicizia e la
coeducazione .
Le lezioni, finalizzate alla
formazione umana e
A quasi quindici anni
dalla morte si stanno
raccogliendo scritti e
cristiana, prevedono scambi notizie del salesiano don
di esperienze e metodologie Carlo Braga nato a Tirano
relazionali. Le iscrizioni
(Sondrio) il 23 maggio 1889
vengono fatte telefonando al e morto a San Fernando
34.09.75 di Bari. Gli incontri Pampanga il 3 gennaio 1971.
si svolgeranno dalle 16,30 Don Braga è considerato
alle 19 dei giorni 16, 18, 21, uno dei protagonisti della
23, 25 e 28 di questo mese di presenza salesiana in estremo
gennaio.
oriente essendo stato sin dal

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- - - - - - -# -
1919 missionario in Cina e
quindi dal 1930 al 1952
ispe1tore in quel Paese.
Succe&Sivamente passò nelle
Filippine.
Quanti fossero in possesso di
scritti, fotografie od altro di
don Carlo Braga e volesse
meuerli a disposizione, potrà
scrivere al Bollettino
Salesiano (Via della Pisana
1111 - 00163 Roma).
Una Casa per la Gioventù
chiamata <c20 + h
' 8 dicembre, festa
dell'Immacolata è
L stato celebrato con
particolare solennità in quasi
tutte le Case salesiane del
mondo. Si sa, l'opera di
Don Bosco iniziò proprio 1'8
dicembre di oltre un secolo
fa. Ma a Pisa, quest'anno la
festa ha assunto un
significato particolare. Nella
città delJa torre i Salesiani
sono presenti sin dal lontano
1897. Da quasi un ventennio
poi i figli di Don Bosco sono
al CEP, un nuovo quartiere
in crescita bisognoso di
attrezzature ed iniziative
fortemente aggreganti. Ed al
CEP 1'8 dicembre si è recato
il Vicario Generale dei
Salesiani don Gaetano Scrivo
per far festa con i giovani
del quartiere e visitare con
loro la nuova palestra in
costruzione.
Le colf che insegnano una
lingua ai bambini
e olf indiane, filippine,
peruviane e dì altre
nazionalità domenica
4 gennaio 1985 si sono
riunite a Palermo presso
l'Istituto S. Lucia delle Figlie
di Maria Ausiliatrice.
L'occasione è stata data
dall'incontro - ormai
annuale - con l'arcivescovo
della cillà Cardinale
Pappalardo. Organizzatore
principale dell'incontro è
stato il salesiano don
Salvatore Naselli che è anche
l'incaricaro della pastorale
diocesana per gli stranieri.
Brillante professore d'inglese
ed ouimo organizzatore don
Naselli ormai da alcuni anni
sì adopera perché queste
ragazze abbiano punti di
riferimento per il loro
inserimento io un comesto
culturale tanto diverso da
quello di provenienza. Con
l'aiuto dell'APIColf -
associazione professionale di
categoria vicina alle ACLI
- delle Suore Ancelle del S.
Cuore, delle Figlie di Maria
Ausiliacrice e di altre
organizzazioni, don Naselli
ha realizzato tutta una serie
di iniziative intese a
«coscìentizzare» queste
ragazze giunte a centinaia a
Palermo come in molte città
italiane alla ricerca di
lavoro.
Nella foto:
Il prospetto della
nuova palestra.
'·1 n- 11J 1 1 1 1
ITrn;r.::,-~--7-:--~ 1 1
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!SU
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I FEBBRAIO 1985 7
a lettera di Nino Barraco
LA STRADA
SPAZIO DI CHIESA
Carissimo,
bisognerebbe capire che cosa fu per don Bosco la stra-
da, il conile.
Si parla tanto, oggi, degli spazi della celebrazione ritua-
le, il battistero, l'ambone, l'altare, ma se è vero
- che il luogo privilegiato della presenza di Dio nel
mondo è l'uomo
- che tempio di Dio è l'uomo
- che offerta gradita a Dio è l'uomo
- che sangue versato io libagione è l'uomo, se è vero
tuHo quesco, allora, accanto al battistero, all'ambone, al-
l'altare, spazi di questa celebrazione, va aggiunta la
mada.
La strada.
Accanto alla sacramentalità dello spazio liturgico, la
strada.
La strada come spazio fondamentale del tempio, segno
itinerante del nostro viaggio verso la Gerusalemme celeste.
Silenzio e proclamazione, ascolco e comunione, percorso e
fermata, po"enà e profezia, pace e provocazione.
Il tempio incomincia dalla strada. Continua nella stra-
da. Ha come collegamento essenziale la strada.
Dio fissa il suo appuntamemo con il Samaritano non nel
tempio di Gerusalemme, dal quale, tra l'altro, era escluso,
ma nella strada. La strada che da Gerusalemme scende a
Gerico, normalmente infestata dai briganti.
La strada di Gerico.
La strada di Emmaus.
La strada di Damasco.
Le nostre strade. Strade dove si incarna la Parola, dove
continua a farsi Messa, dove si fa salvezza o violenza, spe-
ranza o morte.
Le strade delle nosrre città, dove Dio è alla ricerca
dell'uomo.
Lo spazio di questa celebrazione di incontro, di conver-
sione, di possesso.
Le nostre strade. Strade dolorose. Attraversate da fra-
telli, da nomi, da volti, da mani che uccidono, che creano
droga, violen1a, morte. Ma anche strade dove si costruisce
una speranza, una convocazione di tutte le forze, che si ri-
trovano per fare insieme solidarietà di vita, di fucuro, di
pasqua.
Non sono possibili dichiarazioni di estraneità, di
perbenismo.
Cristo pose la sua tenda era gli uomini.
Per tutti i fratelli che sono sulla strada, l'assemblea li-
turgica si fa messaggio, segno dell'alleanza di Dio con i
più deboli, ba1tesimo delle nostre città in ginocchio, an-
nunzio di salvezza, eucaristia di altare.
Messaggio di speranza. Non solo per il tempo, ma per il
domani che sopravvive a rune le speranze e a tutte le Libe-
razioni della strada. Messaggio di una liturgia che si fa mi-
stero nella strada.

1.8 Page 8

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8 · I FEBBRAIO 1985
Don Vittorione è diventalo
prete
I I 15 settembre 1984 don
Vittorio Pastori -
famigliarmente
chiamato
« Don Vittorione» per i due
quintali e più della sua mole
- è diventato sacerdote
coronando un suo intimo,
profondo desiderio della
fanciullezza. Don Vittorio -
che è exallievo salesiano - è
famoso per i suoi oltre
ottanta viaggi in Africa,
dove dagli inizi degli anni
'70 ha portato tonnellate e
tonnellate di generi di prima
necessità: viveri, medicinali,
coperte, apparecchiature
sanitarie, attrezzi agricoli,
pompe per irrigazione, ecc.,
con 6 1 aerei cargo e 76
containers. Tutto è nato
dall'incontro con mons.
Manfredini, che negli anni
'60 era prevosto di Varese:
la sintonia di ideali fra i due
ha portato «Vittorione» a
chiudere un famoso
ristorante che gestiva da L5
anni nella città per seguire
nel 1969 l'amico a Piacenza,
mettendo a servizio della
carità verso i più poveri le
sue spiccate doti di
imprenditore. Questa sintesi
fra La fede nella
Provvidenza, imparata fiTI
da piccolo nella sua famiglia
povera ma profondamente
cristiana, e le sue capacità
organjzz.ative, gli hanno
meri rato il titolo di « boss
della Provvidenza», come luj
stesso ama scherzosamente
definirsi.
L'Africa orientale, e
particolarmente l' Uganda, è
il campo dove soprattutto si
è esercitata e continua ad
esercitarsi l'azione di don
Vittorio. La situazione
disperata dell'Uganda dopo
la guerra del '78-'79, che ha
segnato la fine della
dittatura di Amin, ha
intensificato il suo impegno
e lo ha portato a fondare,
sempre con mons.
Manfredini e !'on GiuHo
Andreoui il comitato «Amici
per l'Uganda». Con questo
paese ha stabilito un legame
tutto particolare da quando
il vescovo di Gulu, mons.
Cipriano Kihangire, lo ha
ordinato diacono della sua
Chiesa. È stato ancora
mons. Cipriano che l'ha
consacrato sacerdote a
Varese, prendendo il posto
che mons. Manfredini aveva
desiderato di occupare.
POLONIA- - - - -
Hanno cantato i.n S. Pietro
Q uanti hanno
ascoltato il 6
gennaio 1985 la
funzione religiosa
teletrasmessa dalla Basilica
Vaticana di S. PieLro banno
potuto apprezzare le qualità
di un coro eccezionale. Ma
forse soltanto in pochi
avranno pensato che si
trattava di un coro polacco
salesiano... È il coro <<Lira»
di Rumia, città nei pressi di
Danzica fondato sin dagli
anni Cinquanta dai Salesiani
della nazione polacca ed
attualmente diretto da don
Stanislaw Onninski.
Il coro è composto da
sessanta elementi, uomini e
donne, ed ha un repertorio
di canti vastissimo riportato
in dischi e pubblicazioni
varie.
Su •Don Vlttorione•,
l'editrice ElleDICI di
Leumann (Torino) ha
pubblicato una storia
a fumetti della quale
riportiamo qualche
quadro.
Dal 1973 i «parrocchiani» di
Rumia hanno pubblicato ben
sette volumi che raccolgono
in massima parte
composizioni di autori
salesiani, deceduti e non.
Riecheggiano così le note
musicali composte, fra gli
altri, da don Antonio
Chlondowslci, fratello del
Cardinale primate August
Hlond, salesiano egli pure e
di Karol Lewandowski. La
tournée romana per il Coro
polacco è stata non soltanto
l'occasione per una forte
esperienza ecclesiale ma
anche salesiana, presentati
da don Agostino Dziegel,
infatti, esso è stato in visita
al Rettor Maggiore dei
Salesiani don Egidio Viganò
che ricevendoli ha ricordato
la sua visita alla Parrocchia
di Rumia ed ha incoraggiato
il Coro a proseguire in
questa crescita musicale.

1.9 Page 9

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"'
~ •NCHIESTA as'-----------------sB-
Anno Internazionale dei giovani
1 FEBBRAIO •985 · 9
T ANTA
MUSICA
NEL
TEMPO
LIBERO
DEI
GIOVANI
I Diciottenni
in festa
(Foto 'v1oretti)
I mega-concerti delle stars
del rock, i video-clips, le
discoteche: tutti approdi
musicali di grandi masse
giovanili. C'è posto anche
per qualche film. Ma si
divertono veramente?
Musica, musica e anco-
ra musica. Ecco, la regina madre
del tempo libero dei giovani è pro-
prio lei, Sua Maestà la Musica.
Rock, pop, folk, disco, hard, dan-
ce, jazz eccetera eccetera, musica
giovane, o dei giovani, o per i gio-
vani, assorbita, succhiata, consu-
mata in porzioni formato gigante.
Anche col rischio di ingolfare il mo-
tore.
Sappiamo, per averne parlato in
una precedente puntata, che molti
giovani dedicano gran parte del loro
tempo libero al servizio degli altri,
impegnati in attività sociali, umaru-
tarie, assistenziali. Ma anche per es-
si viene il momento dello svago, del
divertimento, della festa, come ac-
cade alla gran massa dei loro coeta-
nei. Per questi ultimi, semmai, c'è
un problema in più, legato all'utiliz-
zazione di un tempo libero che si
sviluppa lungo un arco di maggior
ampiezza temporale. Su tutti, co-
munque, aleggia l'assillante doman-
da che resta sospesa sui fili incrocia-
ti degli appuntamenti telefonici: che
cosa facciamo stasera?
Domanda da mille dollari, che il
più delle volte raccoglie risposte
orientate verso l'approdo musicale.
E allora, musica! Musica amplifica-
ta a 60 Watt in assordanti discote-
che, sventagliata sugli spalti delle
arene calcistiche, saettata in paralle-
lo verso occhi e orecchie dai video-
clips. E quando proprio non c'è
niente di meglio, musica sparata
dritta su.i timpani dalle cuffie dei re-
gistratod tascabili.
Musica, va bene. E il teatro di
prosa? Incompatibilità pressoché
totale, i giovani non lo filano per
niente. L 'opera lirica? Roba da vec-
chi, da « patiti» di provincia, puro
pretesto coltivato da fasulli amatori
del bel canto attenti solo alle « pri-
me» con annesse esibizioni di gioiel-
li e abiti di alta sartoria. IJ circo? Va
benissimo per i bambini e le relative
mamme. Insomma, soltanto musi-
ca? A parte lo sport (di cui ci occu-
piamo in queste stesse pagine), si
salva soltanto l'isolotto del cinema.
Ma si difende piuttosto male, strito-
lato dalla crisi, da prodotti spesso
sotto il livello della decenza, da at-
tori sempre meno tagliati per recita-
re. Da una inchiesta svolta dalla
Doxa risulta che i giovani fra i 15 e
i 24 anni vanno al cinema almeno
una volta al mese, in genere il saba-
to e la domenica, spesso con pizza
incorporata per completare la
serata.
La frequenza al cinema, sempre
secondo i dati delJa Doxa, è tuttavia
in calo. E ciò per due motivi. Anzi-
tutto, i giovani spettatori giudicano
scadenti i film in cartellone (le loro
preferenze, quanto a generi, vanno
alla commedia brillante, alla fanta-
scienza e ai film comici). Secondo
motivo, il prezzo del biglietto d'in-
gresso, considerato troppo caro,
non alJa portata di tutte le tasche
giovanili, notoriamente dipinLe di
verde. La riprova della validità di
quest'ultimo dato è venuta dal festi-
val del cinema di Venezia 1984. Gli
organizzatori hanno praticato fon i
sconti sul prezzo del biglietto per i
giovani, ed è stato un successo. So-

1.10 Page 10

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10 · I FEBBRAIO 1985
prauutto per i più giovani c'è poi la
TV, che assicura film a pioggia,
qualcuno buono, più spesso robac-
cia da far accapponare la pelle, e ciò
nonostante inghiottita senza fare
una piega.
Naturalmente, il tema dell'uso
del tempo libero affrontato nell'ot-
tica del divertimento e dello svago,
mal si presta a gePeralizzazioni. Ci
sono migliaia di giovani che trascor-
rono il tempo libero dallo studio e
dal lavoro nell'oratorio, nell'asso-
ciazione parrocchiale, nelle sedi dei
circoli ricreativi di quartiere e in
questi ambienti si confezionano au-
tonomamente intrattenimenti che
vanno dal teatro al cinema, dai vi-
deogames ai tornei di ping-pong,
dalle partite di calcio alle gare di
pallavolo. Ma ci sono altre migliaia
di giovani che si collocano in aree
totalmente svincolate dalle «istitu-
zioni», al di fuori dell'«associazio-
nismo». Inoltre, il tipo di svago è
fortemente influenzato dall'età. A
15 anni, quando la tutela dei genito-
ri può ancora imporsi sia pure tra
milJe difficoltà, è più arduo per
molti ragazzi uscire di casa la sera, e
ancora più difficile farvi ritorno ad
Quante chitarre
segnano
il tempo libero
giovanile?
(Foto PGS)
ore piccole. E allora è la TV che la
fa da padrona, con qualche strappo
serale per la festicciola in casa di
amici. A vent'anni, le festicciole
non piacciono più, a 25 si può senti-
re una forte attrazione per la
birreria.
C'è tuttavia un dato comune a
tutte le classi di età. Alla domanda:
con chi trascorrete il tempo libero?,
i giovani in coro rispondono: con
gli amici. La tendenza all'aggrega-
zione di gruppo è nettissima. I gio-
vani legano insieme i due «valori»
- tempo libero e amicizie - che,
secondo una indagine della Doxa, si
collocano uno accanto all'altro nel-
la scala dei valori indicati come
prioritari da 4000 giovani intervista-
ti, rispettivamente al terzo e quarto
posto, dopo la famiglia e il lavoro.
Gli amici con i quali si forma il
gruppo si trovano per lo più a scuo-
la, in parrocchia, nel circolo di
quartiere (dove c'è). Molto meno
sui luoghi di lavoro. In genere, i
gruppi sono misti. Dalla stessa in-
dagine risulta che 1'88 per cento dei
giovani fa riferimentr a un gruppo
abituale di amici. La percentuale si
alza per i più giovani, s.i abbassa in-
vece dopo i vent'anni, quando co-
mincia ad essere privilegiata I'ag-
gregazione di coppia. Nel comples-
so, si può dire che, per i giovani,
«insieme è meglio».
Difatti quasi tutLi gli interpellati
affermano di frequentare amici, na-
turalmente con gradi di soddisfazio-
ne molto diversi da Paese a Paese. 1
più soddisfatti del loro rapporto
con gli amici sono, in Europa, i gio-
vani olandesi. li 64 per cento di essi
definisce «ottimi» tali rapporti, il
29 per cento «abbastanza buoni», il
3 per cento «discreti», nessuno li di-
chiara «cattivi>> (4 non hanno rispo-
sto). I meno soddisfatti, invece, ri-
sultano essere i giovani tedeschi
Solo il 33 per cento definisce «otti-
mi» i rapporti con gli amici, il 52
«abbastanza buoni», l' 11; «discre-
ti» (4 non hanno risposto). l dati
che riguardano la Germania spiega-
no, in parte almeno, la tendenza dei
giovani tedeschi a una vita di solitu-
dine, considerata in quel Paese un
vistoso fenomeno sociale, molto
preoccupante perché si collega di-
rettamente con l'alto numero di gio-
vani che si tolgono la vita.
Quanto ai giovani italiani, essi si
collocano in una posizione interme-
dia. Il 41 per cento definisce «otti-
mi» i rapporti con gli amici, il 48
per cento <<abbastanza buoni>>, il 10
per cento «discreti» (uno non ha ri-
sposto). Perché i giovani amano
l'aggregazione? Secondo il prof.
Minardi, docente a Bologna, «il
gruppo costituisce un forte antidoto
alla insicurezza che colpisce partico-
larmente i giovani».
Bene, ora che c'è il gruppo, che
cosa si fa? Ed ecco schizzare fuori
la musica, aggressiva, fragorosa, in-
vasata. Se su piazza arriva - ma
non è roba di tutti i giorni - Bob
Dylan con la sua « genialità poeti-
ca», l'affare è fatto: si va decisi al
mega-concerto della superstar del
rock. Perché iJ «Dylan Day» rifiuta
le anguste dimensioni di una nor-
male sala da conce:to, e impone di
prepotenza l'utilizzazione dello sta-
dio calcistico, tribune, gradinate,
curve, con la sola esclusione del sa-
crale tappeto verde del campo, in-
toccabile da chiunque non appar-
tenga alla confraternita dei domeni-
cali riti della palla di cuoio. Non si
afferma forse che la musica rock fa-
vorisce la socializzazione? E come si
socializza se ci si ritrova in quattro
gatti? Così i fans accorrono a mi-
gliaia, socializzano per alcune ore, e
quando se ne vanno lasciano lo sta-
dio ridotto a una enorme pauumie-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
-----------sB-
ra e con qualche attrezzatura sporti-
va bisognosa di urgenti lavori di re-
stauro accaduto a San Siro, a Mi-
lano, con un lungo strascico di pole-
miche). Al Palasport di Roma, do-
po aver «socializzato)> durante un
concerto dei «Clash », gli spettatori
al culmine dell'entusiasmo hanno
demolito gran parte delle sedie di
platea. Sempre al Palasport roma-
no, durante un concerto di Eric
Clapton, si son viste scene da guer-
riglia urbana, tra fumi acri di lacri-
mogeni, esplosioni di bottiglie mo-
lotov, pestaggi, incendio di auto in
sosta. A chiedersi il perché di tanto
sconquasso, sono rimasti autorità,
organizzatori, genitori, chi ad ad-
dossare la colpa alla mancanza di
attrezzature adatte ad ospitare simi-
li manifestazioni canore, chi a la-
mentare l'eccessivo numero di bi-
glietti venduti in rapporto ai posti
disponibili.
Quarantamila per Bob Dylan a
San Siro, IO mila al Palasport di
Milano per Joe Jackson (rock raffi-
nato), 4 mila al teatro tenda di
Lampugnano per Elton John (rock
teatrale), 15 mila a Montreaux
(Svizzera) per Gianna Nannini
(rock anticonformista), 15 mila al
Palasport di Roma per Joan Baez
(folksinger) e via suonando e can-
tando con Miles Davis (questa volta
jazz), con i Rolling Stone, i Clash, i
Police, i Santana, i Genesis e mille
altri complessi in gran parte targati
Gran Bretagna o USA, in giro per il
mondo in perpetua tournée. Tutti
con i loro fans d'assalto, gli arrab-
biati, gli infatuati della star di tur-
no, sempre disposti a immergersi fi-
no al collo nelle pantomime un po'
nevrotiche sapientemente predispo-
ste da accorte regie, su sfondi sce-
nografici studiati a tavolino per ali-
mentare un'atmosfera perennemen-
te sovreccitata.
Perché - bisogna pur dirlo -
quei cantanti col microfono in boc-
ca, quei complessi musicali che pi-
giano con energia i tasti dei loro
esplosivi strumenti o si impegnano a
martoriare le corde delle loro chi-
tarre, guadagnano fior di milioni,
facendo prosperare una fiorente in-
dustria dello spettacolo e del tempo
Libero, che controlla un vasto setto-
re giovanile. Senza contare il genere
di suggestioni che spesso vengono
1 ffBBRA10 1985 11
GIUDIZI DEI GIOVANI
EUROPEI SULL'USO DEL
TEMPO LIBERO
Sesso e età
Molto Abbast. Discre- Piutt.
bene bene tamente male
Molto
male
N.A.
MASCHI
15-16 anni 37
38
17
3
1
4
17-18 anni 31
46
14
6
2
1
19-20 anni 28
45
12
5
5
5
21-22 anni 23
39
22
6
3
7
23-24 anni 22
35
25
6
5
7
FEMMINE
15-16 anni 35
39
15
3
3
5
17-18 anni 36
32
18
9
2
3
19-20 anni 26
33
16
13
9
3
21-22 anni 23
31
24
12
5
5
23-24 anni
17
34
21
13
8
7
La domanda rivolta ai giovani europei era rivolta ad accertare il gra-
do di soddisfazione personale circa l'impiego del loro tempo libero.
La tabella riporta le loro risposte secondo il sesso e l'età.
Fonte: Comunità economica europea.
spinte a viva forza fra i giovani. An-
ni fa, Patty Smith cantava canzoni
che tessevano placidamente l'elogio
della droga. Più di recente, un no-
strano cantante rock urlava ai quat-
tro venti « voglio una vita spericola-
ta», «voglio una vita piena di
guai», naturalmente a 10 milioni a
sera. Fino a che i guai _gli sono
piombati addosso e si è trovato in
difficoltà con la giustizia, fra la co-
sternazione di migliaia di giovani
fans. Risolti i problemi giudiziari,
ha ripreso a snocciolare canzoni
«disperate e maledette».
Una cosa, tuttavia, può essere data
per certa: iJ rock, quella forma di
comunicazione musicale succinta-
mente definita rock, esercita una
forte attrazione su molti giovani. A
Milano, nelle sole due set1imane dal
I 0 al 15 settembre 1984, sono stati
spesi per concerti rock due miliardi
di lire. I caserecci Romina e Al Ba-
no potrebbero vincere tutti i festival
di Sanremo da qui al 2000, ma non
riuscirebbero mai a commuovere i
giovani. Possono piacere alla mam-
ma e al papà, ma non ai giovani.
Per questi ultimi, la musica o è rock
(ed espressioni musicali analoghe) o
non è. I soli implacabili avversari
del rock sono i complessi che fanno
musica pu11k, i cui sostenitori dete-
stano dal profondo del cuore il rock
considerandolo «vacuo, asfiuico,
insopportabilmente onnipotente)>.
Giovani e rock, dunque. Ma di
qui a dire, come fa Robert Pittman,
esperto americano del settore, che
«i ragazzi intorno ai 18 anni usano
oggi la musica rock per definire la
propria identità allo stesso modo
con cui i loro genitori usano la mac-
china e l'appartamento», bè, ci cor-
re, e ci corre molto. Se mai quell'af-
fermazione fosse oro colato, ci sa-
rebbe da mettersi mestamente a

2.2 Page 12

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12 I FEBBRAIO 198:S
I
La radio privata,
nuovo spazio di aggregazione
giovanile
(Foto Giordani)
piangere, tanto sui ragazzi quanto
sui loro genitori. Per fortuna si sco-
pre che il sig. Piuman, le sue lapida-
rie - e interessate - sentenze le
emette dall'alto del piccolo impero
musicale di cui é proprietario, quel-
la «MTV» che trasmette videomusi-
ca per la delizia dei J8 mila abbona-
ti a 25 dollari al mese.
Questa della video-musica è l'ul-
tima brillante trovata elettronica
dell'industria discografico-televisi-
va. Nata in Inghilterra, dove si è da
tempo affermata, sta facendosi vi-
gorosamente strada anche in altri
Paesi europei, Italia inclusa. La
«Music Box» inglese trasmetle via
satellite i suoi programmi anche nel-
1'Europa continentale: in Italia, i
video-clips vanno in onda 24 ore su
24 da una TV privata. Si tratta della
cosiddetta «musica da vedere»,
trionfo della canzone elettronica,
un po' visionaria, che abbina la mu-
sica alle immagini, diciamo una mu-
sica sceneggiata, film in miniatura,
che additano la via della soffitta a l-
la figura del cantante impietrito da-
vanti al microfono.
In questi video-clips l'immagine
può essere funzione di un brano
musicale, oppure, come sempre più
spesso accade, l'immagine prescin-
de totalmente dal contenuto delle
canzoni, si muove per proprio con-
to, nevroticamente, in piena auto-
nomia. Il già menzionato sig. Pitt-
man afferma: «Siamo nell'era del
video, e c'è una intera generazione
che ama la musica ed a cui piace
guardare la televisione. Noi mettia-
mo insieme le due cose». E intorno
alle «due cose» - ma questo Piu-
man non lo dice - è tutto un ribol-
lire di miliardi, che diventano sem-
pre più fitti man mano che, pur di
vendere, ci si inoltra verso forme di
sottocultura rivolte a compiacere
tendenze tutt:altro che positive. «In
Inghilterra - ha confessato C hri-
stofer Collins, autore di video-clìps
- perché un prodotto artistico di-
venti popolare tra i giovani deve es-
sere anarcoide, il più contestatore
possibile. l miei video-clips vanno
contro il sistema perché i giovani in-
glesi sono fuori del sistema». Ecco
un personaggio che merita di essere
annoverato fra i benemeriti del-
l'educazione...
In conclusione, questa video-
musica è «la migliore espressione
artistica di oggi», come sostengono
i produttori, oppure è«il veleno più
sottile che rovina le menti dei giova-
ni», come affermano seccamente
molti educatori? In Canada si sono
di recente pronunciati senza mezzi
termini: «La video-musica - han-
no deuo - lancia ai' giovani un
messaggio subliminale (ossia, occul-
to, ma persuasivo a livello incon-
scio) che si può sintetizzare così: il
mondo non ha senso e la vita è un
disastro». Non c'è molto da stare
allegri, se questo è il modo di aiuta-
re i giovani nel loro approccio con
l'esistenza. Negli Stati Uniti, dove
la video-musica dilaga senza incon-
trare argini, il ministero della sanità
sta considerando l'opportunità di
applicare sui video-clips l'etichetta
con la scritta: «dannoso alla salu-
te», come sui pacchetti di sigarette.
E si allude alla salute morale, prima
di tuuo, ma anche a quella mentale.
Le associazioni dei genitori prote-
stano perché i loro figli trascorrono
ore davanti al video, catturati dal
magnetismo di quella miscela
parole-musica-immagini, che ha
grosse probabilità di essere esplosi-
va, perché inibisce i giovani facendo
loro sognare paradisi proibiti che
non esistono. Le statistiche segnala-
no una fruizione media di video-
musica sui 63 minuti al giorno, che
diventano 82 nei fine settimana.
Anche in Italia, proliferano ormai i
gruppi di giovani che si ritrovano la
sera in casa di Slllici per ascoltare e
vedere - in assoluto silenzio - la
video-musica.
Di musica i giovani ne assorbono
moltissima anche dalla radio, anzi
dalle innumerevoli radio ormai fitte
come mosche (3 mila emittenti ra-
diofoniche in Italia), tutte prese dal-
l'irrefrenabile desiderio di irradiare
confusamente nell'etere musica e
annunci pubblicitari, captati da mi-
lioni di orecchie dì giorno e di notte.
Anche a notte fonda, come risulta
da un sondaggio che definisce gio-
vanile il pubblico degli ascoltatori
di Stereonotte, la trasmissione ra-
diofonica musicale della RAI in on-
da dalle 24 alle 6 del mattino. Qual-
cuno poi, la musica provvede a con-
fezionarsela in proprio, e allora na-
scono i gruppi musicali, piccole or-
chestrine formate da amici appas-
sionati di musica. Ne sono stati con-
tati 110 solo a Bologna.
C'è infine uno stuolo di giovani
che la musica l'ascolta in discoteca,
naturalmente ballando. Quello del
ballo è un divertimento che viene
costantemente sollecitato da gente
che sembra pagata apposta per in-
ventare nuovi ritmi ballabili, mode
che esplodono all'improvviso e
spesso con altrettanta rapidità sono
abbandonate per far posto ad altri
passi di danza. Anche in questo
campo, grande varietà: daU'<<elec-
tronic boogi», reso famoso da Mi-
chael Jackson (il suo disco «Thril-
ler» ha venduto venù milioni dico-

2.3 Page 13

▲back to top
- - - - - - -----sB-
pie, record di vendita di tutti i tem-
pi), a l «breaking», acrobatico
ballo-ginnastica sconsigliabile a chi
teme di rompersi l'osso del collo (in
Inghilterra e in Francia viene inse-
gnato ai giovani con appositi corsi
trasmessi dalla TV). Su quest' ulti-
ma danza, nata dieci anni fa nel
South Bronx, USA, è stato girato
un film, «Break D ance», costato ai
produttori un milione e 200 mila
dollari e che ha incassato in sedici
settimane di programmazione 36
milioni di dollari. I «breakers>>,
cioè g_li appassionati di « breaking»,
si sono organizzati anche un cam-
pionato del mondo, che l'anno
scorso si è svolto in Italia, con la
partecipazione di agitati provenienti
da sedici paesi. Si sono esibiti nelle
loro acrobazie, che poi sono state
imitate nelle discoteche, trasforma-
te in qualcosa di molto simile a pa-
lestre percorse da scariche elettri-
che.
È tramontata l'epoca delle gigan-
tesche discoteche da 2 mila posti,
sul tipo dei Piper e dei Titan, tutto
sfolgorio di abbaglianti fasci lumi-
nosi e di specchietti scintillanti. Ri-
mangono le discoteche di dimensio-
ni relativamente più ridotte, fre-
quentate da ragazzi con i timpani a
prova di cannonata. La batteria rin-
trona peggio di un bombardamento
a tappeto, le chitarre elettriche ulu-
I .. Uno spazio
per ascoltarsi
a vicenda
(Foto PG.S,.)..,....,._.,~
!ano fino allo stordimento. I fre-
quentatori di questi locali hanno
praticamente abolito la parola come
mezzo di comunicazione, costretti
dal frastuono ad esprimersi a gesti,
perché là dentro la normale voce
umana non è assolutamente percet-
tibile.
O ltre alla musica, il cinema. Del
cinema abbiamo già detto che vede
un costante calo degli spettatori gio-
vani. Costoro non sono soddisfatti
della merce in circolazione, e non si
può dare loro torto. Anche qui c'è
chi si sforza di catturare il pubblico
giovanile, ma il più delle volte con
scarso successo. Come è accad uto
con il lancio sul mercato di una bat-
teria di filmetti commerciali a basso
costo, che raccontano storielle ba-
nali di giovani maliziosamente in-
nocenti, stracolme di luoghi comu-
ni, interpretati da attorucoli alle
prime armi. I giovani non banno
abboccato, per cui gli incassi sperati
non si sono visti. Film di maggiore
impegno, capaci di affrontare i pro-
blemi dei giovani del nostro tempo
con serietà e pulizia di immagini e di
linguaggio, ci sono, ogni anno ven-
gono presentati al Festival di Giffo-
ni (Salerno). Purtroppo rimangono
confinati nell'angusto spazio del fe-
stival, senza alcuna prospettiva di
circolazione nelle sale cinematogra-
fiche, per il disinteresse dei circuiti
di distribuzione.
A ridurre la frequenza al cinema
ci ba pensato anche la televisione. Il
55 per cento dei giovani segue pro-
grammi celevisivi per 2-3 ore al gior-
no, e le punte più alte, in relazione
t FE6BFIAIO 1985 13
all'età, sono toccate dai giovanissi-
mi. Anche qui le note non sono alle-
gre, perché la programmazione è
tutt'altro che esaltante. «La selezio-
ne TV - ha scritto il giornalista-
scrittore Gaspare Barbiellini Ami-
dei - non oscilla fra grandi vette.
Ci sono ore, ci sono momenti nei
quali video-music, film spazzatura,
spot pubblicitari carichi di volgari
allusioni danno soltanto la libertà di
spegnere il televisore».
E la lettura? Quanto tempo libero
è dedicaLO alla lettura? Poco, pur-
troppo, molto poco. Basta ascoltare
le lamentele dei librai sulla continua
diminuzione delle vendite. In Ger-
mania è stato appurato che un tede-
sco su tre non apre un solo libro in
vita sua, oltre quelli letti nel periodo
scolastico. In Italia, il 33 per cento
dei giovani legge da 2 a 5 libri l'an-
no, mentre il 23 per cento non legge
alcun libro.
E allora, dopo tanta musica, do-
po una serata al cinema o in discote-
ca, dopo un programma televisivo, i
giovani si sono divertiti? Possono
dire di aver speso bene il loro tempo
libero? È lecito dubitarne, perché
un po' di musica, un film, se utiliz-
zati come unica copertura del tem-
po libero, difficilmente consentono
al giovane di esprimere caratteristi-
che soggettive che pure hanno biso-
gno di manifestarsi. A confortare
questa impressione sta lo scarso
grado di soddisfazione espresso dai
giovani europei a proposito dell'uti-
lizzazione del tempo libero. È signi-
ficativo che a dichiararsi più soddi-
sfatti siano quei giovani che dedica-
no allo svago e al divertimento una
parte del loro tempo libero, utiliz-
zando il resto in attività ancorate a
valori di partecipazione.
lnchjesta a cura di
Giuseppe Costa
Gaetano Nanetti
Nella prossima
puntata:
La famiglia
torna di «moda»

2.4 Page 14

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_ PROGETTO AFRICA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
Etiopia
N ELLA
TENDOPOLI
DI MAKALLE'
FACCIA
A FACCIA
CON LA
FAME
I Don Luc Van Looy
tra I rifugiati
del campo
di Makallè
(Foto Dicastero Missionario Salesiano)
m~n11• Ha ancora negli occhi le
scene del dramma che si sta consu-
mando a migliaia di chilometri di
distanza, nella sfortunata terra etio-
pica. Occhi che hanno visto il dolo-
roso calvario di tama gente, colpita
da una calamità naturale e dall'im-
previdenza degli uomini. Don Luc
Van Looy, responsabile delle Mis-
sioni salesiane, è rientrato in Italia
dopo alcune settimane trascorse in
Etiopia, soprattutto a Makallè, epi-
centro di quella catastrofe che si
chiama fame.
Ha visto arrivare all'accampamen-
to di tende allestito alla periferia di
MakaJlè dalle organizzazioni di soc-
corso, una madre con i due figliolet-
ti, uno di pochi giorni, appeso aJ
collo, l'altro di tre anni, e il marito
sulle spalle, un pover'uomo ridotto
a pelle e ossa, incapace di reggersi in
piedi. Con i suoi fardelli, La donna
aveva percorso a piedi 46 chilome-
tri. Per mettersi in cammino e ab-
bandonare il villaggio dove ormai
non cresce un filo d'erba e non c'è
più niente da mangiare, aveva atte-
so di dare alla luce il bambino che
portava in grembo. Nel villaggio so-
no rimasti altri due figli, morti di
stenti. Sono sepolti sotto la terra
sbriciolata dal sole di una intermi-
nabile stagione di siccità. Quella
madre, il mari.lo, i due figlioletd vi-
vi, i due morti sono l'immagine
stessa di una sofferenza sconfinata.
« Ho perduto due figli - ha detto la
donna presentandosi esausta al
campo - aiutatemi a non perdere
gli altri due».
Non hanno
più lacrime
Don Van Looy ha passato molti
giorni nella realtà raccapricciante
del campo di raccolta dei profughi,
fra le tende che biancheggiano,
spettrali, sul rosseggiare della terra
bruciata. Sfinita, inerte, incapace di
reagire, sotto le tende è ammassata
un'umanità dolente, preda della
malattia, spesso solo in paziente at-
tesa della morte. Un'umanità che
Don Luc Van Looy ha
vissuto la realtà
drammatica di un centro
di soccorso. La
dedizione dei missionari
salesiani. Una madre
simbolo dell'immane
tragedia.
non parla, che non piange perché
non ha più lacòme, che non chiede.
Soffre, questo sì, e soffre come più
non si potrebbe. Don Van Looy è
stato, di quella sofferenza, un testi-
mone partecipe, e a sua volta addo-
lorato al cospetto di tanta desolata
miseria. Ne parla con la pena, la fa-
tica di chi ha visto di persona uomi-
ni, donne, ragazzi spesso incapaci,

2.5 Page 15

▲back to top
- - - - - - - - - - -5'1-
per aver raggiunto l'estremo stadio
della debolezza, perfino di nutrirsi;
di chi ha visto centinaia di persone
trasferite nell'ospedale da campo
solo per andarvi a morire; di chi ha
benedetto Le salme, ogni giorno
sempre più numerose, sepolte nel ci-
mitero di Makallè, dove le tombe si
allineano ormai oltre il muro di
cinta.
Sotto le 2.500 tende sono accam-
pate più di 40 milapersone. Dormo-
no sulla nuda terra, avvolti in co-
perte militari. Altri fuggiaschi che
non hanno trovato posto nelle tende
hanno scavato buche e vi trascorro-
no la notle, precario riparo contro il
freddo notturno dell'altopiano etio-
pico. Il personale del campo visita
quotidianamente le tende, per se-
gnalare ai medici (sono al lavoro tre
squadre di volontari, una italia,1a,
una giapponese e una etiopica, ma il
loro numero è del tutto inadeguato
alle crescenti necessità}, i casi più
gravi, il bambino agonizzante, la
madre che partorisce senza l'aiuto
di nessuno, il vecchio incapace di
nutrirsi. A Malcallè affluiscono dai
villaggi più vicini altre persone,
15-20 mila ogni giorno, ritirano un
po' di cibo e ritornano a casa.
l viveri arrivano, la solidarietà
del mondo intero la si tocca con ma-
no, generosa, sollecita. Nessuno
vuole dover dire a se stesso: non ho
fatto nulla per chi è nel bisogno.
Venticinque aerei, francesi, ameri-
cani, tedeschi atterrano ogni giorno
sulla pista in terra battuta dell'aero-
porto di Makallè, facendo la spola
con i porti sul mar Rosso. L'afflus-
so di cibo ha contribuito a frenare
la morte per fame, anche se finora il
flagello ha causato il decesso di ol-
tre 700 mila persone nel Tigrai e in
Eritrea.
trario, è destfoata ad aggravarsi,
perché anche quest'anno non è sta-
to possibile seminare e quindi non ci
sarà il raccolto. Non solo. La morsa
atroce della fame si estenderà ad al-
tri Paesi della fascia del Sabei che
finora, sia pure a fatica, hanno af-
frontato la carestia, ma che non po-
tranno reggere a ll!Ilgo. È questo
che non bisogna mai dimenticare,
per impedire che le migliaia di chilo-
metri di distanza che ci separano da
quel dramma finiscano per spegnere
l'impulso alla fraterna solidarietà.
Le scene strazianti che don Van
Looy ha visto qualche settimana fa,
chiunque di noi le potrebbe veciere
anche oggi, e le potrà vedere a:1cora
domani. Quelle tende continueran-
no ad essere colme di sofferenza.
Il volto di don Van Looy si iJiu-
mina solo quando d parla di ciò che
i volontari stanno facendo in terra
etiopica, con abnegazione, sacrifi-
cio, incuranti del rischio, sempre
presente, di contrarre pericolose
malattie infettive. In particolare,
don Van Looy non nasconde la sua
fierezza quando parla del lavoro
svolte dai missionari salesiani, tutti
schierati in prima linea a fronteg-
giare l'avanzala della fame. Sono i
salesiani ad avere la responsabilità
diretta della conduzione di un setto-
re del campo, un terzo dell'intera
tendopoli. Il sacerdote don Edgar-
do Espiritu, filippino, diretto.e del-
la Missione di Makallè, il sacerdole
.l _, , \\t'-
P, ~....,..
,.,_
f,
.•
don AngeJo Regazzo e il coadiutore
Cesare Bullo sono impegnati a tem-
po pieno nell'assistenza ai profughi,
per venire incontro a tutle le loro
necessità quotidiane, organizzare la
raccolta dei viveri, la distribuzione
dei pasti preparati nella cucina da
campo dalle figlie della Carità di
San Vincer..zo de' Paoli, quasi tutte
etiopiche.
I tre salesiani sono aiutati a rota-
zione da altri quattro confratelli che
con loro costituiscono la comunità
missionaria salesiana di Makallè, da
tre novizi e da 39 aspiranti salesiani,
tutti disponibili al limite massimo
delle loro forze, con coraggio e sa-
crificio, senza concedersi riposo.
Anche per essi è un momento di
grande prova. L'affrontano co1i la
dedizione che è propria dei missio-
nari salesiani, i quali hanno sempre
accompagnato l'evangelizzazione
all'impegno per la crescita del Livel-
lo materiale di vita delle popolazio-
ni presso cui essi si recano a portare
lo spirito di don Bosco. L'affronta-
no, questa dura prova, consapevoli
di avere dietro di sé, anche se geo-
graficamente lontana, la grande fa-
miglia salesiana.
Al margini
della 1endopolì
(Foto Dicastero
M1ss1onario Salesiano)
U a tragedia
che continua
I viveri arrivano. Ma fino a quan-
do'? Ecco, è questa la domanda as-
sillante. Perché su una cosa don
Van Looy non ha dubbi (e gli esper-
ti sono dello stesso parere): che la
tragedia dell'Etiopia non arriverà
tanto presto al suo epilogo. Al con-

2.6 Page 16

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16 · 1 FEBBRAIO 1985
eoncreto aiuto
allo sviluppo
E pensare che solo dieci anni fa, a
Makallè, una cittadina che conta
pochi cristiani fra i suoi 65 mila abi-
IUno degli
innumerevoli
abitanti del campo:
riuscirà
a sopravvivere
(Foto Dicastero Missionario Salesiano)
tanti, i cattolici proprio non ce li vo-
levano. Furono i salesiani ad aprire
una breccia in quella barriera di
ostilità. U varo del lungimirante
«Progetto Africa» contribuì a raf-
forzare la Missione. Oggi tutti co-
noscono i missionari, i giovani li
amano, per le strade tutti salutano i
«padri» con rispetto e ammirazio-
ne. Perché i salesiani, appena, giun-
ti, si misero entusiasticamente e di
gran lena al lavoro, aprendo una
scuola di istruzione tecnica, l'unica
esistente in Etiopia a nord di Addis
Abeba. Oltre ad impartire l'educa-
zione di base, nella scuola, apprez-
zata in tutto il Paese, si preparano
ottanta allievi a diventare bravi
meccanici e bravi falegnami. Ma la
scuola non è stata la sola realizza-
zione nel quadro di un programma
di aiuto allo sviluppo. I salesiani,
negli ultimi tre anni, hanno provve-
duto a perforare 31 pozzi e hanno
avviato la realizzazione di un pro-
getto che prevede la costruzione di
piccole abitazioni destinate ad ospi-
tare due famiglie ciascuna. Le pri-
me case sono già state edificate e la
Ili campo
è popolato
soprattutto
di donne e bambini
(Foto Dicastero Missionario Salesiano)
gente che I.e abita esprime ai salesia-
ni la più viva riconoscenza.
Ma ora i missionari si sono vocati
alle necessità imposte dalla situazio-
ne d'emergenza, destinandovi ener-
gie e risorse finanziarie. Perché le
esigenze sono molte, e tutte costose.
Si tratta di fronteggiare molte spe-
se, i camion (cinque) e le Iand-rover
(otto) adibiti al trasporto dei viveri
e dei materiali, la benzina, i condu-
centi, il personale. Il sapone costa
caro, ma i salesiani ne acquistano
molto per distribuirlo alla gente con
la raccomandazione di lavarsi spes-
so le mani allo scopo di evitare il ri-
schio di malattie. Anche le pompe
elettriche per trarre acqua dai pozzi,
in Etiopia costano molto. E poi c'è
il sale, anch'esso acquistato in gran-
di quantità per consentire alla gente
di sottrarsi al pericolo della
disidratazione.
La partecipazione dei salesiani al-
lo sviluppo della regione, le espe-
rienze fatte in questo campo hanno
consentito di affrontare l'emergen-
za con strutture già collaudate e con
una efficiente organizzazione. Don
Van Looy ha visto al lavoro i mis-
sionari salesiani e ne è rimasto am-
mirato. «È bello, in tanta desola-
zione, vedere quanto bene essi com-
piono per i fratelli colpiti dalla tra-
gedia». C'è solo da augurarsi che
reggano fisicamente (uno dei con-
fratelli ha contratto il tifo, ma si è
rimesso in salute ed ha ripreso a la-
vorare nella tendopoli), e soprattut-
to che non venga meno l'appoggio
di quanti, pur non potendo essere
presenti di persona, seguono fatti-
vamente il loro lavoro. Un lavoro
destinato a continuare a lungo nel
tempo, anzi a raddoppiarsi, a tripli-
carsi, perché la siccità seguita a im-
perversare e molta altra gente sarà
costretta ad abbandonare i villaggi,
specie quando le malattie e la debo-
lezza impediranno di fare la spola
fra le capanne delle piccole località
e il centro di soccorso.
La tragedia del popolo etiopico
ha mosso la solidarietà del mondo.
Nella sciagura, questa è una conso-
lazione perché dice che nel nostro
mondo la gente non pensa solo al
proprio benessere, ma mantiene
aperta la porta al flusso della parte-
cipazione alla sofferenza degli altri.
Un flusso che non deve arrestarsi.

2.7 Page 17

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# _ _VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Verso il Convegno
I FEBBRAIO 1985 17
Intervista a
don Cesare Bissoll
UNO SFO;;~
DI EDUCAZIONE
GLOBALE
PER TUTTE
LE ETA'
l
Siamo ormai alla vigilia
del Convegno della Chiesa Italiana
«Riconciliazione cristiana e comu-
nità degli uomini». Mentre scrivia-
mo, vengono messi a punto il pro-
gramma definitivo delle giornate
conclusive di Loreto, 9-13 aprile, e
il «documento di lavoro» che servi-
rà di base alle discussioni dei duemi-
la delegati delle Chiese locali, invi-
tati, esperti, rappresentanti di co-
munità religiose e di associazioni,
gruppi, movimenti.
li «documento di lavoro» sarà il
punto di arrivo di un lungo cammi-
no che, dalla fine di novembre alla
metà di gennaio, ha impegnato il
Comitato nazionale preparatorio
soprattutto attraverso lo svolgimen-
to di quattro seminari di studio per
diversi settori di ricerca: quello edu-
cativo, pedagogico e scolastico;
quello teologico, quello filosofico e
scientifico; quello sociale, economi-
co e politico.
Finalità comune dei seminari era
quella di allargare il respiro cultura-
le del Convegno e di stimolare il suo
impegno creativo e critico. Si tratta-
va di individuare, a partire dallo
specifico di ogni area, i nodi più ri-
levanti da sciogliere in ordine ad un
cammino di riconciliazione nell'a-
rea stessa, nella Chiesa e nella socie-
tà; di valutare quali siano le forze
da valodzzare, le occasioni da non
mancare; di formulare proposte,
ipotesi, suggerimenti.
A don Cesare Bissoli, direttore
dell'Istituto di Catechetica dell'Uni-
versità Salesiana, che ha partecipa-
to al seminario di studio dell'area
educativa e scolastica, abbiamo
chiesto di mettere a fuoco il nesso
che lega l'ambito pedagogico alla
tematica generale del Convegno ec-
clesiale.
Se il rapporto tra riconciliazione
cristiana e edificazione della comu-
nità degli uomini ha un suo punto
cruciale nella questione delle cosid-
dette «evidenze etiche», cioè di va-
lori morali che siano condivisi, e
quindi capaci di sostenere e orienta-
re la convivenza, è evidente la ne-
cessità di educare a tali valori, ossia
di formare persone e coscienze che
sappiano trovare in essi la spina
dorsale della propria condotta, in
ogni ambito e circostanza della vita.
D. In che senso, don Bissoli, il
tema «Riconciliazione cristiana e
comunità degli uomini» interpella
in modo specifico l'ambito educa-
tivo?
R. Indubbiamente il prossimo
Convegno ecclesiale ha finalità mol-
to più ampie che non l'ambito stret-
tamente educativo. Non potrà però
realizzare i suoi obiettivi espressi nel
motivo della riconciliazione se non
attraverso uno sforzo di educazione
globale di tutte le età, di tutta la
Chfosa, di tutto il paese che viene
chiamato a riflettere su questo argo-
mento. 1n sostanza, un processo di
autoeducazione con incidenze speci-
fiche nel mondo giovanile; un pro-
getto pastorale della Chiesa italiana
che si identifica con lo stesso pro-
getto di educazione della fede.

2.8 Page 18

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18 · I FEBBRAIO 1985
Nella fase preparatoria si è molto
insistito sul fatto che scopo del
Convegno è di far prendere coscien-
za di certi valori morali, oggi venuti
meno, che la fede cristiana tradjzio-
nalmente portava all'interno del no-
stro paese e che urge adesso ripren-
dere e rimettere in circolazione alla
luce dell'Evangelo e della compren-
sione conciliare dell'annuncio cri-
stiano.
Di conseguenza, si tratta di fare
del Convegno un momento, non
conclusivo, ma certamente forte, di
presa di coscienza di un cammino di
educazione morale attorno a quei
valori segnati dal motivo della ri-
conciliazione che il Vangelo propo-
ne con la propria specificità, ma che
in tanta parte corrispondono al vi-
vere insieme: tutto ciò che è nell'or-
dine della carità, che diventa poi so-
lidarietà, capacità di dialogo, rico-
noscimento delle diversità di una
convivenza e che diventa, tutto
sommato, una grande carità cristia-
na praticata all'interno del nostro
paese reale.
D. Qualt sono le aree concrete m
cui quesr'educazione morale alla lu-
ce de/l'Evangelo si deve realizzare?
R. Già il documento preparato-
rio, «La forza della riconciliazio-
ne», toccava in una prospettiva ec-
clesiale alcuni aspetti macroscopici
che ne inglobano chiaramente altri.
Anzitutto, dal punto di vista del-
!'espressione pedagogica, tutto
quello che nel grande mondo dell'e-
ducazione della fede attraverso la
catechesi viene tematizzato espres-
samente. La consapevolezza delle
difficoltà della catechesi stessa non
può infatti assolutamente far venir
meno quel progetto di catechesi rin-
novata come cammino di educazio-
ne alla fede che la Chiesa in Italia
da tempo si è prefissa.
Un secondo aspetto è quello delle
«evidenze morali», ossia tutte quel-
le verità da credere e da praticare
nella realtà della vita di ogni giorno,
che emergono e che presentano luo-
ghi specifici di realizzazione: il con-
testo sociale in generale, la fami-
glia, la scuola che non può non esse-
re scuola di educazione ai valori.
Un terzo elemento di tipo educa-
tivo muove dalla constatazione di
un certo calo di interesse per il poli-
tico per riproporre la concezione
della comunità come fatto parteci-
pativo. Un invito, quindi, ad entra-
re nell'ambito del politico, della ge-
stione del potere, a partire dagli ul-
timi, dai più poveri, come espressio-
ne di moralità cristiana per superare
quella privatizzazione della fede
che, purtroppo, era subentrata at-
traverso un mal concepito senso
della «scelta religiosa».
Se tale scelta politica non deve
scadere in tipi di presenzialismi che
provocano reazioni e diffidenze da
parte degli altri, ciò non toglie che
oggi si chieda al credente cristiano
di entrare in forza della propria ve-
rità nell'ambito della cosa pubblica
per apportarvi i suoi valori, che so-
no valori di Liberazione e di consoli-
damento della stessa vita pubblica.
D. Sì possono gìà individuare al-
cuni nodi più rilevanri da sciogliere
nel cammino di riconciliaz1orie che
la Chiesa italiana intende intrapren-
dere?
R. A questo riguardo ci si deve
necessariamente rifare ad un docu-
mento dei vescovi, «La Chiesa ita-
liana e le prospettive del paese»,
pubblicato nel 1981, che ha avuto e
ha grossa rilevanza perché entra nel
vivo dei problemi del nostro paese a
livello di vita associata e di vita per-
sonale, individuando le grosse lace-
razioni che percorrono la società e
scendendo alle radici dei mali da
tutti denunciati.
Il nodo fondamentale da risolve-
re per iJ buon servizio del credente
al proprio paese è che il credente si
appropri delle motivazioni profon-
de di un cammino di riconciliazione
che derivano dalla sua fede, com-
presa la convinzione che ·1a riconci-
liazione è soprattutto dono di Dio, e
che entri nella logica di prolungare
tale riconciJiazionè nella società con
la stessa generosità, gratuità e pa-
zienza che Dio ha nei nostri con-
fronti.
Un discorso, dunque, non in-
traecclesiale, ma che entra concreta-
mente nel vivo della realtà comples-
sa della società italiana e di tutto ciò
che è sotto il segno della frattura e
della divisione: situazioni di ingiu-
stizia strutturale; forme di scettici-
smo e di rifiuto di partecipazione
che non favoriscono certo la vita
pubblica; l'enorme fenomeno del-
l'emarginazione; le stesse lacerazio-
ni nel seno della com unità ecclesia-
le, per esempio fra clero e laici e fra
movimenti, gruppi, associazioni, al
fine di riuscire a ottenere un'unità
di Chiesa, di tipo anche operativo,
nella pluralità delle forme.
Mi sembra che si apra qui il di-
scorso sulla necessità di far leva su
tutte Je forze, specialmente giovani-
li, che credono ancora a quest'uto-
pia della riconciliazione. Penso in
particolare alla realtà enorme delle
forme di volontariato. La riconci-
liazione non sarà qualcosa che si
realizzerà grazie a documenti o un
fatto calato dall'alto, ma una realtà
che nascerà dal tessuto vitale di una
comunità che accoglie l'impulso
dello Spirito e che si impegna con-
cretamente per realizzare cammini
di riconciliazione ecclesiali e sociali.
D. Si apre qui la problemanca di
grande portara, anche reoretica,
de/l'intimo rapporro fra fede cri-
stiana, antropologia ed etica, e su
un altro versanre dell'educazione ai
valori in una socierà pluralista.
R. Problema delicato. Si sa che
nella Chiesa italiana un elemento,
se non di conflittualità, certamente
di diversità e talora anche di divari-
cazioni, è quello del compito e della
presenza della Chiesa nel paese. Ora
se questo elemento di diversità de-
v'essere giustamente accolto, la no-
vità e l'audacia del Convegno stan-
no nella volontà di raccogliere le
migliori ispirazioni del Concilio Va-
ticano Il e di impostare un discorso,
un dialogo, anche con coloro che
non hanno una visione di fede, pro-
ponendo come punto di incontro
l'uomo che è la via della Chiesa, se-
condo la «Redemptor Hominis», e
come servizio comune il servizio al-
l'uomo a partire dagli ultimi.
Questo è il profondo spirito di ri-
conciliazione del prossimo Conve-
gno ecclesiale, che vuol dare udien-
za a tutti ma chiarendo sin dal pri-
mo momento che a nessuno è dato e
concesso di essere gruppo egemone,
portatore di verità assolute per gli
altri. Questo stile di Chiesa aperta
all'accoglienza di tutti, che non
emargina nessuno - stile voluto dai
vescovi che saranno presenti al

2.9 Page 19

▲back to top
-------5'1-
Convegno come soggetti attivi-, è
un grande motivo di speranza per la
comunità ecclesiale italiana.
D. Ci sono, a suo avviso, valori
chiaramente condivisi che possono
favorire l'incontro?
R. 1n una sintesi che non preten-
de assolutamente di essere esausti-
va, ne richiamerò brevissimamente
alcuni:
- il principio di solidarietà: il
povero, l'ultimo non dev'essere ul-
teriormente emarginato e massacra-
to. Non è umano, né, tanto meno,
cristiano;
- il principio della pace: ormai
la pacenon è più solo un contenuto,
ma un modo di essere cristiani. E
non solo di fronte alla minaccia
apocalittica di una guerra nucleare,
ma di fronte a tutte quelle violenze
di ogni giorno che sono l'anticame-
ra dell'ecatombe nucleare;
- l'ecologia, il rispetto per l'am-
biente, la riconciliazione con la na-
tura come terra dell'uomo;
- il superamento dei razzismi:
nella stessa Europa, superando le
divisioni politiche, ideologiche, mi-
litari, economiche;
- la promozione della donna,
come elemento portante di un cam-
mino di Chiesa dopo il Concilio,
che vede nelJa donna un segno dei
tempi da valorizzare.
D. In che modo il tema del Con-
vegno può essere una provocazione
anche per la famiglia salesiana oggi
in flalia?
R. La «strenna» del rettore mag-
giore per il 1985 indica un impegno
che va in questa direzione quando
invita a riscoprire le Beatitudini og-
gi per ridare al mondo la speranza.
Che cosa sono infatti le Beatitudini
se non la consapevolezza dell'inizia-
tiva di Dio che si rivolge verso l'uo-
mo in termini di gioia, di felicità, di
pace, di autorealizzazione? In ter-
mini di riconciliazione, questo vuol
dire superare le barriere che il pec-
cato ha creato ed accogliere il dono
che Dio ci fa.
Ecco: io vedrei una lettura <<ita-
liana» di una «strenna» che per sua
natura è mondiale. I salesiani nel
nostro paese possono partecipare
concretamente, dall'interno, allo
sforzo delle diverse Chiese locali,
tematizzare la riconciliazione all'in-
terno del proprio ambito, dei nostri
istituti. Attraverso quali forme?
Prendendo coscienza anzitutto del
fatto ecclesiologico che è tutta una
Chiesa che si muove; cogliendone
gli aspetti formativi in rapporto al
futuro dei giovani, specie dei più
grandi; stimolando in essi un eserci-
zio di riconciliazione attiva, portan-
doli a riflettere sulJe divisioni e le La-
cerazioni presenti nelle loro stesse
case.
Anche nelle scuole salesiane oggi
c'è il rischio di gente che viene por-
tando una mentalità borghese. Bi-
sogna riuscire a correggerla, a ri-
metterla in sesto, a trasformarla in
una mentalità cristiana aperta al
servizio della società, a indirizzarla
in una prospettiva ecclesia.le e di ri-
scoperta di quel senso della propria
appartenenza ecclesiale che è troppe
volte deficitario.
C'è un elemento costitutivo dello
spirito salesiano che don Bosco
amava mettere sotto il motivo del-
l'amorevolezza, del.lo spirito di fa-
migiia, e che era in termini semplici
un elemento che sapeva cogliere le
divisioni, vederne i motivi ed anche
superarli nel processo educativo. ln
fondo, educare è sanare dei contra-
sti in continuità, con una realtà
ideale a livello anche di rapporti in-
terpersonali. Che i salesiani valoriz-
zino molto questo motivo dell'amo-
revolezza!
Don Bosco amava tanto i Sacra-
menti delJa Riconciliazione e del-
l'Eucaristia, colonne - come lui di-
ceva - del suo sistema formativo.
Al di là di quella che poteva essere
la concezione culturale del suo tem-
po, rimane la continuità di essi nella
nostra formazione. Nel momento in
cui il ragazzo si incontra con Dio
nella riconciliazione sacramentale,
l'educatore salesiano deve saper co-
gliere la possibilità presente nel cuo-
re del giovane riconciliato di diven-
tare a sua volta riconciHatore «ad
extra» e non bloccare la potenza del
Sacramento sul rapporto interper-
sonale, che non corrisponde alla vo-
lontà di quel Gesù che riconciliava
andando a tutte le genti e facendo
del bene all'anima e al corpo.
D. Il Convegno ecclesiale cade in
un momento in cui anche l'Istituto
I FEBBRAIO 1985 · 19
di Catechetica dell'Università Sale-
siana è impegnato nella verifica dei
catechismi de/Ja Cl11esa italiana. C'è
un segno della Provvidenza in que-
sta coincidenza?
R. Globalmente questo sforzo di
revisione ha in una caratteristica
riconciliatrice. È un'occasione per
riconciliare anzitutto noi operatori
delJa catechesi a tutti i livelli, per
metterci maggiormente in armonia,
in comunione circa quello che de-
v'essere il cammino di educazione
della fede, dai bambini agli adulti, e
su cui - dobbiamo ammetterlo -
sono avvenute alcune spaccature.
Eccessi e non buona realizzazione
dei testi da una parte; diffidenze
preconcette dall'altra. Tanto vale
allora approfittare dell'occasione
del Convegno sulla riconciliazione
per procedere ad una revisione che,
prima che sui testi, sia un parlare in-
sieme per rivedere, rifinire, miglio-
rare e poter finalmente cammlnare
assieme.
D. Un Convegno, in conclusio-
ne, segno di speranza non solo per
la Chiesa ma per il paese?
R. li Convegno è espressione di
un bello stile di Chiesa che vuol
camminare insieme per servire il
paese. Non posso però nascondere
una trepidazione. C'è il pericolo che
le singole Chiese locali, i vari movi-
menti e gruppi, le diverse associa-
zioni, le differenti comunità, ecc.,
assorbHe da tante e pur importanti
iniziative, non accordino al Conve-
gno tutta la priorità che l'avveni-
mento merita.
Sarebbe un peccato. Il Convegno
è un avvenimento di tutta la Chiesa
che è in ltalia e che porta in il ca-
risma di una sofferenza comune di
fronte a mali comuni. Chiamandoci
a lavorare assieme, il Convegno do-
nerà ad un paese che guarda con
diffidenza alla Chiesa, un'immagi-
ne di Chiesa che dev'essere il suo
naturale modo di essere. È una
«chance» formidabile per una
Chiesa che si presenta contando so-
lo sulla Parola del suo Signore e cer-
cando di metterla in pratica per ab-
battere i muri di divisione e rigene-
rare il paese alla speranza. Per me,
il Convegno è grazia.
Silvano Stracca

2.10 Page 20

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_VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _
l'.«Auxilium» di Roma
U La Facoltà di Scienze
dell'Educazione
«A uxilium» di Roma
per la f ormazione delle
suore e di quanti sono
interessati ai problemi
educativi. Come è nata e
si è sviluppata la
Facoltà. Cosa ne
pensano la Preside e le
studenti.
L'Au xilium
I
in occasione
della recente nevicata
a Roma
NA
FACOLTA
UNIVERSITARIA
PERLA
PROFESSIONALITÀ
FEMMINILE
È ubicata alla periferia
nord di Roma, al quartiere Casa-
lotti.
Vi si giunge Luttavia abbastanza
disinvoltamente anche se chi ci va
per la pFima volta ha quasi sempre
la sensazione di procedere verso la
campagna. Eppure la via Cremoli-
no porta proprio ad una Facoltà
universitaria.
L 'architettura della Pontificia
Facoltà di Scienze dell'Educazione
«Auxilium» contrasta un po' con il
paesaggio d'orti che caratterizza la
zona nel quale è situato.
Tuttavia per chl ha a·uraversato
qualche minuto prima la città pre-
gnante di frastuoni ed ha constatato
ad ogni angolo quei segni di incer-
tezza e di sofferenza che la caratte-
rizzano, l'improvviso calarsi nel-
l'atmosfera di ordinata tranquillità
che regna nell'Istituto «Auxilìum»
non può che creare qualche attimo
di incredulità.
Eppure in questo angolo apparta-
to, ai confini della Capitale del
Caos, giovani suore dell'Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice e di
altri ordini, provenienti da tutto il
mondo, si impegnano per ben cin-
que anni nei vari indirizzi di studio
che la Facoltà «Auxilium » loro
propone per divenire competenti
educatrici della società più giovane,
e costruttrici di altre personalità in
un momento della storia che presen-
ta complesse difficoltà.
Una delle peculiarità fondamen-
tali della Pontificia Facoltà di
Scienze dell'Educazione «Auxi-
lium», oltre a quella di essere aperta
a suore e laiche provenienti da tutto
il mondo, consiste nel fatto che nel
1970 è stata insignita da parte della

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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- - - -- - - - - - -# -
Sacra Congregazione per l'Educa-
zione Cattolica del riconoscimento
giuridico di Pontificia Facoltà con
propri statuti autonomi.
Non si può non notare l'impor-
tanza di questo riconoscimento con
il quale la Chiesa ha affidato ad un
Istituto religioso femminile la com-
pleta ed indipendente gestione della
Facoltà di Scienze dell'Educazione.
Se si vuole risalire alle origini del-
l'Istituto Auxilium dobbiamo ricor-
dare la raccomandazione program-
matica che nel 1883 Don Bosco for-
mulava ai suoi figli spirituali: « Bi-
sogna che cerchiamo di conoscere i
nostri tempi ed i adattarvici». Il me-
todo alla luce del quale opera infatti
la Facoltà Auxilium è quello che si
rifà ai principi dell'umanesimo pe-
dagogico cristiano di S. Giovanni
Bosco, ed è su questa linea che si
può seguire il suo sviluppo stor ico.
Nel 1954 nasceva a Torino l' isti-
tuto Internazionale di Pedagogia e
Scienze Religiose che nel 1966 veni-
va incorporato all'Istituto Superio-
re di Pedagogia del Pontificio Ate-
neo Salesiano. Nel 1978, la sede del-
l'ormai P ontificia Facoltà di Scien-
ze dell'Educazione « Aux.ilium » si
trasferiva a Roma.
La nuova sede esplicita il rigore
dell'impegno con il quale le religio-
I
La hall
d'ingresso
della Facoltà
I La psicologa
suor Antonia Colombo,
preside
della Facoltà
I FEBBRAIO 1985 · 21
se vogliono prepararsi ad entrare
con competenza nella società: aule
moderne e funzionali, strutture tec-
niche adeguate alle necessità delle
singole specializzazioni, una biblio-
teca ben fornita.
Ma è soprattutto il piano di stu-
dio e la sua articolazione che testi-
moniano la serie1à con la quale la
Facoltà Auxilium risponde alla re-
sponsabilità che le è stata affidata.
Il curriculum di studi prevede cin-
que anni per il grado di licenza, e di
almeno un anno dopo la licenza per
il grado di dottorato. Nel primo
biennio si approfondiscono materie
filosofiche e teologiche. U piano di
studi prevede quattro indirizzi, che
corrispondono alle sezioni della Fa-
coltà che, pur caratterizzandosi per
discipline specifiche, conducono al-
la Licenza (laurea) in Scienze del-
1'Educazione. Gli indirizzi sono: pe-
dagogico, psicologico, catechetico,
sociologico.
Alla Facoltà sono annesse la
Scuola di Scienze Religiose e la
Scuola di Servizio Sociale.
Preside della Facoltà è suor An-
tonia Colombo. Laureata in giuri-
sprudenza a ll 'Università Cattolica

3.2 Page 22

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22 · I FEBBRAIO 1985
LE STUDENTI:
MOLTE CULTURE,
UNICA RICCHEZZA
Chi sono le suore che studia-
no alla Pontificia Facoltà di
Scienze dell'Educazione «Auxi-
lium,.? Da dove vengono? Quali
sono le loro prospettive? Cosa
ne pensano della Facoltà alla
quale si sono iscritte e della
esperienza che stanno vi-
vendo?
Per rispondere a queste e al-
tre domande, abbiamo fallo una
piacevole chiacchierata con al-
cune delle suore interne
dell'Istituto.
Quest'anno le iscritte alla Fa-
coltà «Auxilium» sono, come del
resto gli anni precedenti, oltre
un centinaio, provenienti da tut-
to il mondo: il volto internazio-
nale é una delle caratteristiche
precipue della Facoltà. Sono
giunte qui suore europee rispet-
tivamente dall'Austria, dall'Ir-
landa, dall'Italia, dal Portogallo,
dalla Spagna e dalla Jugosla-
via; dall'Asia: Corea, Filippine,
Giappone, India, lrak e Thailan-
dia; dall'America: Canadà, Co-
sta Rica, El Salvador, Messico,
Nicaragua, Artentina, Bolivia,
Brasile, Cile, Colombia, Ecua-
dor, Paraguay, Perù, Venezue-
la. Aggiungendo le naz.ionalità
delle iscritte agli anni successivi
possiamo dire che il mappa-
mondo è al completo. Per tutte
le suore con le quali abbiamo
parlato la comunione di vita e di
studio con le compagne, il con-
tinuo scambio di idee, la sco-
perta della stessa ricchezza spi-
rituale pur nelle diverse culture
rappresenta un'esperienza ine-
guagliabile. «Un primo aspetto
dell'esperienza che qui viviamo
è di carattere personale: impa-
riamo a conoscere la nostra
identità, e ciò grazie non solo al-
1'attività puramente scientifica
ma anche al meraviglioso rap-
porto con le nostre compagne.
In secondo luogo impariamo a
tradurre alla nostra cultura ciò
che abbiamo assimilato» è
quanto ci ha detto Suor Maria
Ines, argentina, laureata in pe-
dagogia, che nel suo Paese in-
segnava presso la scuola
secondaria.
L'irlandese Suor Mary, lau-
reata in lettere, insegnante alla
scuola media, è stata inviata
all'«Auxilium» per seguire l'in-
dirizzo psicologico, poiché la
sua ispettoria necessitava per
motivi organizzativi di una
psicologa.
«All'Inizio• ci ha detto -pensa-
vo che questo corso fosse trop-
po lungo, oggi invece ne sono
entusiasta perché mi è stata da-
ta una visione globale dell'uo-
mo».
«Formando meglio gli inse-
gnanti si arriva meglio alla so-
cietà» è quanto sostiene Suor
Placida, peruviana, insegnante
di storia presso la scuola secon-
daria, a suo parere grande im-
portanza ha la pedagogia com-
parata, la conoscenza e la com-
parazione dei diversi sistemi
scolastici nel mondo.
È con la competenza che que-
ste giovani suore vogliono inse-
rirsi in una società rispetto alla
quale esse rappresentano un
segno di contraddizione e di ca-
povolgimento della gerarchia
dei valori.
Secondo Suor Mariela, vene-
zuelana, «la Facoltà, ci deve
aiutare nella nostra vocazione
ad essere educatrici. La nostra
di Milano e successivamente in psi-
cologfa a quella di Lovanio in Bel-
gio, suor Antonia è auualmente ti-
tolare della cattedra di Psicologia
dinamica e Psicologia clinica. È lei
che rispondendo alle nostre doman-
de ha ulteriormente descritto il vol-
to di questo Istituto Universitario.
D . Quali sono le finalità de/l'Isti-
tuto «Auxilium »?
R. In primo luogo quella di for-
mare persone consacrate per l'edu-
cazione cristiana dei giovani, ma al-
la luce di un particolare metodo che
è quello di Don Bosco interpretato
dalla originalità di Madre Mazza-
rello.
Agli inizi l'istituzione era nata
senza pretese di essere Facoltà, ma
la chiamata a divenire tale da parte
della Sacra Congregazione per l'E-
ducazione Cattolica, che è stato un
riconoscimento di fiducia, ci ha im-
posto di riorganizzarci e di rispon-
dere con la competenza e la profes-
sionalit~ nella ricerca, quindi con
una crescita qualitativa, alle nuove
domande della società.
Nel terzo paragrafo dell'articolo
3 degli Statuti della nostra Facoltà
si dichiara di voler promuovere, in
armonia con i princìpi dell'umane-
simo pedagogico cristiano di S.
Giovanni Bosco, «l'approfondi-
mento dei problemi dell'infanzia,

3.3 Page 23

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- - - - - - - - - - -5'1-
missione è quella di educare e
di aiutare a crescere ricercando
nuove prospettive nella socie-
tà,..
Ma quali sono le difficoltà che
queste suore simbolo di una «ri-
voluzione,. incontrano nel rap-
porto con gli altri? Ancora Suor
Mariela ci ha risposto «la gente
non comprende la Suora, non
comprende il profondo della
consacrazione, tuttavia crede in
noi, accetta la nostra azione
educatrice. Rappresentiamo
per molti un segno di riferimen-
to, la gente ha la sicurezza di
trovare presso di noi una rispo-
sta alle proprie incertezze...
Ma è soprattutto ai problemi
dell'educazione della donna
che le figlie di Maria Ausiliatrice
guardano: «noi dovremmo esse-
re un segno di speranza per la
giovane che oggi difficilmente
trova il suo posto nella società,.
ci ha detto Suor Rosanna, italia-
na, «dovremmo promuovere un
senso di libertà ed autonomia
che le permetta di contribuire a
costruire la società».
E ciò deve essere inteso in un
unica prospettiva cioè quella
che la donna mantenga la sua
sensibilità femminile. Al riguar-
do ci sembra di poter conclude-
re con la riflessione di Suor Ma-
ria Ines che sintetizza quella
delle altre sorelle: ,<In un mo-
mento della storia, nel quale la
vita è minacciata sia al suo na-
scere, sia nel suo corso, sia alla
sua fine, il compito della donna
nella società è principalmente
quello di tutelare la vita. Noi do-
vremmo suscitare la vocazione
della donna alla vita. Della «don-
na» in quanto culla della vita.
D. Quali sono, Suor Antonia, le
difficoltà che incontrate nel riorga-
nizzare una Facoltà che certamente
avverte la responsabilità di essere
stata affidata dalla Chiesa alla ge-
stione di un Istituto religioso fem-
minile?
R. 11 problema più evidente è
quello relativo all'ubicazione della
nostra Facoltà in una zona extraur-
bana. Per quanto questo ambiente
tranquillo si concili perfettamente
I ;t:SBRAI<.) 198:, · 23
con lo studio, tuttavia la lontananza
e la mancanza di adeguati mezzi di
comunicazione con il centro crea
molte difficoltà alle studentesse che
risiedono in città, ciò anche se la
maggioranza delle nostre iscritte al-
loggiano nel collegio annesso alla
Facoltà. lnfatti tutte devono, o per
Lasala
della biblioteca
della fanchùlezza e dell'adolescenza
con speciale attenzione a quelli del-
l'educazione femminile»; seguendo
questa Unea oggi cerchiamo di privi-
legiare nell'ambito delle scienze del-
l'educazione lo studio serio e siste-
matico dei problemi dell'educazio-
ne della donna e di allargare il rag-
gio di estensione dei servizi offerti
dalla Facoltà Auxilium in favore di
una professionalità specifica ed ag-
giornata della donna nella Chiesa.

3.4 Page 24

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24 · I FEBBRAIO 1985
Dal lontano 1877
questa rivista viene
inviata gratuitamente
a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
I Il computer
è da tempo
di casa
la redazione delle tesi, o per motivi
di tirocinio, frequentare quotidia-
namente le scuole della città.
Un altro problema è quello del ri-
conoscimento statale dei nostri tito-
li che è lo stesso che registra l'UPS;
e la difficoltà a veder rese esecutive
numerose convenzioni internazio-
nali che sono già state ratificate da
tempo.
D. Quali sono dunque gli sboc-
chi professionali che si aprono alle
suore che conseguono la laurea
presso la vostra Facoltà di Scienze
dell'Educazione?
R. Molte di esse trovano la loro
occupazione nel campo dell'inse-
gnamento, altre nei centri di orien-
tamento scolastico o vocazionale,
naturalmente le prospettive variano
a seconda degli indirizzi specialistici
scelti. Numerosi sono i settori pro-
fessionali ancora in via di sviluppo
per coloro che provengono dall'in-
dirizzo sociologico.
Dobbiamo comunque rallegrarci
del fatto che le nostre laureate di-
mostrano, rispetto a coloro che
escono dall'Università statale, una
preparazione scienti fica e professio-
nale molto più completa. Ciò gra-
zie, in primo luogo, al sistema con il
quale sono articolati i nostri piani di
studio, che prevedono un primo
biennio nel quale si approfondisco-
no la teologia e la filosofia; sulla
base di questa preparazione si pos-
sono in seguito innestare su un ter-
reno più fertile (poiché si ha una vi-
sione più ampia dell'uomo e della
realtà educativa) le materie delle se-
zioni specialistiche.
In secondo luogo ciascun indiriz-
zo prevede alla fine del corso un ti-
rocinio guidato, con il quale si aiu-
tano le studentesse ad affrontare,
sotto la supervisione dei docenti, il
primo impatto con la loro futura at-
tività. Questo rappresenta un ulte-
riore vantaggio rispetto agli studen-
ti delle Università statali che a causa
del numero non possono essere se-
guiti così da vicino dai docenti.
Maria Galluzzo
(Foto di Franco Marzi / Roma)

3.5 Page 25

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_VITA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _~ _
Le Comunicazioni Sociali
I FEBBFIA/0 1985 · 25
UNPO'
DI FOLLIA
E S'ACCENDE
LA RIBALTA
Molti rimpianti
nostalgici sul teatro
salesiano. Ma c'è chi
rimboccandosi le
maniche ha cercato
nuove vie. Presentiamo
il CGS La Piramide
dell'Oratorio Salesiano
del Testaccia di Roma.
Qui, dove esistono
gloriose tradizioni, è
nato qualcosa di nuovo.
PierDante Giordano, un
salesiano impegnato
nel! 'Associazionismo
culturale è andato a
trovare il gruppo
proprio al termine di
una recita.
Nelle foto: Alcuni
momenti della
rappresentazione di
Trionfo, passione,
morte di un povero
Cristo, Il cavallere
della Mancia• a
cure del GGS La
Piramide del
Testacelo I Roma
<i Una cosa possiamo
fare, un ricordo portare via: tener
viva nel nostro cuore un po' della
sua follla... ».
Al ritmo di un godibilissimo
rock, queste parole riecbeggiano
con insistenza dal palcoscenico ver-
so una platea gremitissima e plau-
dente. Cala iJ sipario sulla decima
replica di «Trionfo, passione, mor-
te e resurrezione di un povero Cri-
sto, il Cavaliere della Mancia», un
dramma di Fortunato Pasqualino.
Siamo al Teatro Clemson del Te-
staccio (quartiere popolare di Ro-
ma), dove il CGS La Piramide ha
allestito il 2° Festival del Teatro per
Ragazzi. L'iniziativa ha avuto una
vasta eco e ha suscitato molto inte-
resse. Tanto più che lo spettacolo -
il suo autore Fortunato Pasqualino,
notissimo operatore culturale, è ex-
allievo dell'oratorio salesiano di
Caltagirone - è stato replicato alle
Carceri minorili di Roma, al Cine-
ma Gran Guardia di Livorno e nel
teatro del gruppo « Venti più uno»
di Pisa.
Non abbiamo voluto perdere
l'occasione ed abbiamo incontrato i
giovani protagonisti.
Il primo a cadere sotto il fuoco
delle domande è proprio lui: il diret-
tore del Festival. Lascia lo specchio,
getta l'ultimo batufolo di cotone
imbrattato di cerone, indossa arruf-
fatamente un maglione e mi invita
ad ascoltarlo nell'angolo meno di-
sastrato del camerino, trasformato
in un irregolare tappeco di costumi,
parrucche, mantelli, tuniche su cui
si incrociano le esclamazioni soddi-

3.6 Page 26

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26 · I FEBBRAIO 1985
sfatte e chiassose dei giovanissimi
attori.
«Sì, mi hanno incaricato di fare il
'direttore' del festival - esordisce
Fabio, 15 anni, 'direttore' senza
doppiopetto e farfallina - perché
qui tutti facciamo qualcosa. All'ini-
zio eravamo due gruppi, uno di bal-
lo e uno di recitazione, poi ci siamo
riuniti a formare un solo gruppo
proprio con questo spettacolo.
Ognuno con quello che può dare».
«Abbiamo già fatto altre rappre-
sentazioni - interviene come
un'ombra il Gran Beffardo (in real-
è Roberto, seconda Liceo Classi-
co, che ha interpretato così magi-
sualmence il personaggio da farcelo
confondere con la sua stessa perso-
na) - come 'La bambola abbando-
nata' o 'La storia di una madre' e
altre ancora».
Non poteva che capitare così,
tanta è la tensione affettiva e di par-
tecipazione nel gruppo. Infatti, at-
torno al «direttore» e al Gran Bef-
fardo si raccolgono gli altri giova-
nissimi attori della compagnia che
hanno fiutato odore di intervista. Il
mio compito risulta semplificato,
salvo nella fase riassuntiva. Tutti
hanno da dire tutto.
L'entusiasmo è alle stelle. Cerco
di non mollare le redini e interven-
go: «Pensate che i1 pubblico abbia
capito ciò che volevate comunicare
con questa 1appresentazione?».
È ancora Fabio che risponde:
«Credo proprio di sì, anche se il te-
sto è difficile. Ce ne siamo accorti
quando lo abbiamo studiato insie-
me, come gruppo, per capirlo me-
glio. Ma sono sicuro che hanno ca-
pito il messaggio. Nell'intervallo so-
no sceso tra il pubblico e ho provato
a domandare. Sì, hanno capito!».
Elisabetta, una delle ballerine, è
pronta a intervenire: «Io l'ho capito
dal silenzio del pubblico, dai suoi
momenti di tesa attenzione nei pun-
ti più significativi del racconto. E
anche dagli applausi. Per esempio:
quando don Chisciotte muore».
«Penso anch'io che ci sia una com-
prensione del pubblico che si espri-
me nelle sue emozioni - osserva
Fabrizio, autore della musica -.
Ho notato che i ragazzini non han-
no subito applaudito alla scena del
duello, quando don Chisciotte viene
ucciso. Un adulto applaude perché
capisce che la scena è spettacolare e
vede che è realizzata bene e, quindi,
con l'applauso approva. I ragazzi-
ni, invece, hanno aspettato. Hanno
capito che non era giusto quello che
accadeva». «Anche i miei compa-
gni di scuola, dopo le precedenti
rappresentazioni, mi hanno fatto
intendere che il messaggio l'hanno
capito e ne abbiamo parlato anche
in classe, con i professori», aggiun-
ge ancora il Beffardo.
È la volta di Vito (interpreta il
Cantastorie; frequenta la seconda
Liceo Scientifico): «È molto chiaro
il messaggio. Si tratta di un folle che
si mette in testa di cambiare il mon-
do. Non ci riesce. È come Gesù Cri-
sto; anche Lui è morto. Però noi
abbiamo anche cantato più volte:
dobbiamo continuare! Secondo me
con la buona volontà si riesce a fare
tutto. Noi lo diciamo proprio con
questo teatro. Noi sentiamo che
possiamo ravvivare le persone». Lo
dice con la stessa convinzione con
cui dal palco annunciava gli eventi
significativi del dramma.
Tento di portarli via dall'emozio-
ne immediata dello spettacolo e
chiedo che cosa possa significare
per dei ragazzi come loro «fare tea-
tro»; in fondo può sembrare roba
da professionisti! Mi si risponde che
alcuni di loro avrebbero desiderio di
continuare. È Marino (il Cavaliere
della Bianca Luna, 2a professiona-
le) a chiarirmi le idee. Dice convin-
to: «Noi recitiamo perché ci diver-
te. Ci fa stare insieme. ,\\bbiamo
fatto amicizia. Potrebbe essere an-
che una professione. E a volte ci si
pensa. Però io credo che sia come
tutte le cose che pensiamo per il no-
stro futuro: ci piacerebbero, le at-
tendiamo, ma non possiamo adesso
vivere come se ci fissassimo solo su
quelle!». La sua risposta mi ha inte-
ressato come il personaggio che in-
terpretava in scena e non posso fare
a meno di domandargli: «Tu hai in-
terpretato il ruolo di un 'cattivo'.
Come ti senti nella veste di un per-
sonaggio sgradito al pubblico? Ti fa
impressione pensare che fai credere
al pubblico cose non vere della tua
vita, che lo fai emozionare sotto
l'impressione di finzioni?». Irrom-
pe, quasi avesse già avuto occasione
di pensare altre volte al!a domanda:
«Se il pubblico mi rifiuta in quella
parte, vuol dire che ho recitato bene

3.7 Page 27

▲back to top
-----------#-
e sono contento. Però so che quan-
do interpreto un personaggio sto
fingendo, ma su parti differenti e
varie del nostro carattere. Anche in
me c'è del buono e c'è del cattivo».
Si ferma un attimo, forse per mette-
re a fuoco la seconda parte della do-
manda; poi: «Quando uno sta sul
palco, è vero che recita, ma 'vive' la
sua parte. Non penso che il pubbli-
co mi giudichi se sto fingendo».
Questa volta è Il Governatore a far-
si avanti (una ragazzina di 14 anni,
terza media): «Anch'io mi sono
sentita nella 'mia' parte, pur inter-
pretando un personaggio antipati-
co. Forse - aggiunge con un accat-
tivante sorriso - perché anch'io so-
no antipatica! ... Ma il Governato-
re, così superbo e antipatico, in fon-
do, lo vedo come molto buffo». È
Cristiana, che così tenta di assolver-
si di un ruolo spiacevole.
Mi viene, intanto, la curiosità di
sapere se recitano più volentieri da-
vanti a un pubblico di ragazzi o di
adulti. È Elisabetta a raccogliere la
provocazione. «Io preferisco il pub-
blico dei ragazzini. Mi sembra più
vero. Un adulto segue la recitazio-
ne, capisce e applaude perché sa che
deve farlo. Il ragazzino no. II ragaz-
zino è tentato di distrarsi, di fare
caos; ma se applaude è perché è sta-
to catturato, perché era interessato
a seguire ciò che rappresentava-
mo».
È difficile districare le battute che
si intrecciano con tanto entusiasmo.
Questi venti ragazzi ti assediano,
spinti dalla voglia di esprimerti e co-
municarti ciò che esplode dentro.
Viene da pensare che proprio la pra-
tica del teatro li abbia educati al bi-
sogno di esprimersi, di comunicare
e di condividere con gli altri. È ciò
che sottolineano, mentre riferisco-
no sulla loro attività di gruppo.
Ma non voglio perdere l'occasio-
ne di strappare due impressioni ai
giovani animatori della compagnia.
Quello apparentemente più distac-
cato, perché silenzioso e attento os-
servatore, è il regista: Candido
Coppetelli, 28 anni, impiegato. Mi
spiega che il gruppo è da 5 anni che
sta impegnandosi, dietro l'iniziativa
di animazione volontaria della fi-
danzata, Angela Luciani, attrice
professionista di teatro e che ha
scelto la presenza tra i ragazzi come
una ragione seria di servizio educa-
tivo della sua professionalità. An-
che lui si è fatto coinvolgere. «Ero
catechista qui all'oratorio salesia-
no, prima di occuparmì del teatro.
Poi mi sono accorto che la cateche-
si, con la veste così sistematica co-
me la facevamo, mi vincolava: se-
guire i ragazzi 4 anni, poi altri due
per la cresima, con tappe stabilite e
poi, lasciarli. Mi sono accorto che il
teatro mi diecimila opportunità
in più. Io qui mi sento catechista.
Mi chiedo sempre: perché un grup-
po di teatro non può essere un grup-
po di preparazione alla cresima?...
Secondo me è in una forte esperien-
za di gruppo che i ragazzi possono
recuperare elementi di fede che han-
no dentro di sé e qui, nel teatro, ab-
biamo trovato la maniera più op-
portuna per dare alla catechesi va-
lenze umane e per portare i ragazzi
a una esperienza di formazione
complessiva. Certo, è uno stile che
non paga. Ti paga nel tempo, non
subito. Ma io credo nel rispetto dei
ritmi di crescita della p~rsona e non
nella facciata e nemmeno nel nume-
ro delle persone raggiunte. Ne par-
liamo spesso anche con gli altri ami-
ci che collaborano con me. Questa
attività lascia delle perplessità. Ci
dicono: voi fate spettacolo, non fa-
te formazione! E allora qualcuno ci
chiede di fare la riunione «formati-
va» per accompagnare una pratica
di interessi che sembrerebbe priva di
significato educativo. Ma io penso
che non sia così. Ce ne accorgiamo
noi animatori vivendo tantissime
ore in mezzo ai nostri ragazzi. Don
Gigi (è il direttore dell'oratorio del
Testaccio, n.d.r.) ci aiuta molto nel
Consiglio Oratoriano degli Anima-
tori a operare in quest~ direzione
educativa ed è al progetto comples-
sivo dell'associazionismo oratoria-
no che noi ci ispiriamo. Guarda, lo
constatiamo nella vita del nostro
gruppo di ragazzi. C'è amicizia ve-
ra, accoglienza, c'è collaborazione,
c'è pazienza, ci accorgiamo che ira-
gazzi avvertono che nella loro cre-
scita devono fare riferimento a un
Dio per il quale noi stiamo qui a fa-
re quello che facciamo>>. Mi accor-
go che il discorso ha assunto un to-
no serioso e temo una caduta di in-
teresse da parte del gruppo ormai
assiepato silenzioso attorno ai pro-
I FE8BRA10 19i;:, 27
pri animatori. Ma è Fabrizio, l'au-
tore delle musiche, a incalzare:
«Non basta più stare con i ragazzi
per prepararli tecnicamente. Sì,
l'approccio è sul piano tecnico, ma
poi ci si accorge che bisogna andare
più in là. È quello che bo provato
anch'io. Ero stato invitato a dare
una mano, un anno fa, per la musi-
ca di uno spettacolo. Sono cantau-
tore e frequento una scuola specia-
lizzata di musica; per questo ho fat-
to quel poco che potevo e mi sono
accorto che questo è servito anche a
me. Ho provato, nel sentire i ragaz-
zi, la stessa emozione come se can-
tassi da solo. Ma, insieme, ho sco-
perto qualcosa di più con loro. Sta-
re con loro, in questa attività, ad
esempio, mi ba fatto decidere per il
servizio civile». Ormai il ghiaccio è
rotto e anche Rosy, apparentemente
riservata, interviene: « Io ho seguito
i ragazzi per la danza coreografica.
Ho trovato aJl'inizio difficoltà dal
punto di vista tecnico: i ragazzi era-
no impacciati, disordinati, con scar-
so senso di disciplina. Poi si è creato
un grande clima di amicizia e di in-
tesa che ci ha favorito anche tecni-
camente. Pensa che noi, pur stando
alla decima replica, continuiamo a
fare le prove per stare insieme, per
«incontrarci», per fare sempre me-
glio grazie alla collaborazione di
tutti. Anche da piccola ho fatto
questa esperienza. Ricordo che po-
tevi pattinare, recitare o fare qual-
che altra cosa nella parrocchia solo
se eri tra quelli che andavano a Mes-
sa. Ora c'è più libertà, ma c'è più
responsabilità: le cose le fai perché
le senti. lo ho osservato che i ragaz-
zi sono molto cresciuti in questa
responsabilità».
La simpatica conversazione si
spegne al di Jà del sipario. I ragazzi
sciamano, dando l'impressione di
realtà interiori più sentite di quelle
che so1itamente interpretano in
pubblico in occasione dei grandi
spettacoli. Nelle loro parole così
«fuori del copione» rimbalza, con
un significato più vero, quello che
avevo appena ascoltato diffondersi
sulla platea: « Una cosa possiamo
fare, una cosa portare via: tener vi-
va nel nostro cuore un po' della sua
follìa». Manca -l'applauso. Ma cre-
do nella possibilità della replica.
Pierdante Giordano

3.8 Page 28

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_VITA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
Francia
La parrocchia Don
U NA
Bosco di Strasburgo.
Vent'anni di storia
PARROCCHIA
in appassionante
evoluzione. Una fede
A CUORE APERTO
profonda nell'azione dei
laici e più che mai nella
necessità di adattarsi.
Il centro
I
parrocchiale Salesiano
di Strasburgo
Una serie di cassette per
la posta mezzo attaccate l'una sul-
l'altra e poco preservate: quattro
nomi, un piano: l'ottavo.
La doppia porta dell'ascensore si
ferma con uno scricchiolio poco
rassicurante. Black-out... a tentoni,
si cerca il pulsante. Per fortuna è
l'ultimo ed è facile da trovare. L'a-
scensore sale incerto e finalmente
s'arresta. Sul pianerottolo qualche
giovane mingherlino. Un «buon
giorno» detto amichevolmente e
con spontaneità. Una delle porte si
apre.
Calorosa accoglienza della comu-
nità salesiana. Jean-Jacques, il più
anziano del gruppo e parroco; Jean-
Noel, vicario; Jean-Claude che divi-
de il suo tempo tra la parrocchia ed
il suo lavoro cli responsabile J.o.e.
e Bernard, tutto preso da una
«ZUP» (ncir. Zone de Urbanisation
Prioritaire: una grossa costruzione
d'abitazione popolare) di un quar-
tiere vicino.
L'appartamento è semplice ma
confortevole. La cucina ha una fi-
nestra che si apre sopra i campi e
non può esserci vista più eloquente.
infatti c'è una gran massa di
giovani.
La vista della stanza da pranzo
su altri immobili e, più in là, su del-
le ville. Jean-Claude dalla finestra
ci spiega la realtà che forma il quar-
tiere e la parrocchia
U quartiere:
tre realtà
Sono ben riconoscibili tre catego-
rie di abitanti geograficamente ben
distinti. Qui siamo nella «cité du
Hohberg», un insieme di abitazioni
popolari costruite tra il 1963 ed il
1970 da una società a capitale misto
con partecipazione maggioritaria
dell'Amministrazione comunale.
La zona conta 1.100 alloggi con cir-
ca 5.000 abitanti.
Ma altri numeri sono più elo-
quenti: 1'80% della popolazione
scolastica è di origine operaia, il
500Jo dell'intera popolazione ha me-
no di 18 anni, il 45% dell'altra è
emigrata; il 35% degli scolari hanno
almeno un anno di ritardo scolasti-
co mentre il 120Jo dei loro genitori
sono disoccupati. Dall'altra pane,
diviso da una strada, si trova jJ
quartiere antico. È chiamato «ro-
mano» e raggruppa una serie di co-
struzioni edificate per la maggior
parte tra il 1914 ed il 1948. Circa il
50% degli abitanti sono proprietari
delle loro case. È una popolazione
stabile: circa ottocento persone in
buona parte insegnanti ed impiega-
ti. Ci sono poi una serie di immobili
in comproprietà. È una zona deno-
minata «Belle Demeure». È la parte
più moderna ed è abitata da sette-
cento persone appartenenti al ceto
medio con meno del IO"lo di operai.
Abitare in uno degli immobili
della «cité du Hohberg» è stata una
scelta della comunità. Certamente
un modo di condividere il quotidia-
no con la maggior parte della gente
che vive in questo quartiere.
È nella sala da pranzo del loro
«F 5» che i membri della comunità
salesiana si trovano per la revisione
settimanale. li dividere l'Eucarestia
attorno alla tavola comune con l'e-
sperienza di ciascuno: gli incontri, i
fatti notevoli della settimana. Una
ricerca dove ognuno cerca di appro-
fondire, dj interrogare, di riferire al
Vangelo tutto ciò che è vissuto. Una
tavola dunque attorno alla quale la

3.9 Page 29

▲back to top
-----------s/J-
vita del quartiere con i suoi alti e
bassi è stata lungamente condivisa e
continua ad esserlo. Ma quanto
cammino in vent'anni!
J tempi eroici
Jean-Jacques Berger, vero padre
fondatore della parrocchia ne può
parlare. Senza nostalgia evoca vo-
lentieri i tempi pionieristici. Un pe-
riodo certamente non facile e dalle
tinte forti.
«Fu il 1° dicembre 1963 che que-
sto vostro servitore, buon giovane
prete della Casa salesiana di Land-
ser, dall'insegnamento fu paracadu-
tato, per volontà del suo superiore,
nel cuore di un rigoroso inverno, in
questo vasto quartiere allora in co-
struzione.
Un illustre figlio di Strasburgo,
monsignor Mathias, arcivescovo sa-
lesiano di Madras in India, in accor-
do con un altro alsaziano, don Kol-
mer, aveva cospirato, soprattutto
durante il Concilio Vaticano Il, per
ottenere dal vescovo l'autorizzazio-
ne ad aprire un'opera salesiana nel-
la capitale dell'Europa. Monsignor
Weber - vescovo della città - do-
nò loro un... nuovo quartiere dove
incominciavano a spuntare le prime
case. Il primo Natale venne celebra-
to in una casa in corso di allestimen-
to. Fu che si presero i primi con-
tatti con i primi canolici praticanti
del quartiere...».
Molto presto si capirono i bisogni
della gente.
La frase che si udiva più frequen-
temente era la seguente: <<Qui non
c'è nulla». Era il tempo in cui la no-
stra abitazione era l'unico posto ove
ci fosse il telefono. Diventerà «la
cabina telefonica pubblica)). Così la
parrocchia organizza anche il tra-
sporto per 200 scolari mentre l'uni-
ca sala per le riunioni è il locale vici-
no alla cappella provvisoria e la
Kermesse parrocchiale sarà il solo
momento di festa per tutto il
vicinato.
Creando l'« Associazione Don
Bosco - Gioia e Salute», la parroc-
chia si prende carico dell'animazio-
ne del tempo libero dei suoi fedeli
più piccoli.
I FEBBRAIO 1985 · 29
PARROCCHIE SALESIANE
IN FRANCIA
In Francia sono affidate alle cure pastorali dei salesiani 41 par-
rocchie; 28 si trovano al Nord e le altre tredici al Centro. Il servizio
parrocchiale è assicurato da 82 salesiani senza contare quanti -
pur non essendo direttamente impegnati da una «ubbidienza» non
si tirano mai indietro per dare una mano... L'ultima parrocchia in or-
dine di tempo affidata ai Salesiani si trova al Nord ed è quella di
Montier en Der pres de St Dizier.
Si tratta incontestabilmente di
una fase dinamica della vita della
parrocchia dove prevale l'elemento
organizzativo.
Le scelte pastorali
Diversi fattori intervengono spes-
so a modificare le scelte pastorali
della parrocchia. Il Concilio Vatica-
no Il con la costituzione «La Chiesa
e il mondo contemporaneo» unita-
mente ad una maggior consapevo-
lezza ha prodotto nel quartiere una
diversa responsabilità cosicché i cri-
stiani più attivi - per lo più abitano
nel «quartiere romano>> - si sfor-
zano di aiutare i bisogni dei cristiani
del quartiere di Hohberg. A poco a
poco ci si accorge che ciò non basta.
Con l'arrivo di Jean Lefourn nel
1966 e di Bemard Hubler nel 1969 ci
si rende conto che devono essere gli
stessi abitanti di Hohberg ad assu-
mersi la propria gestione e che la
parrocchia non pu.ò addossarsi tut-
to. L'équipe parrocchiale decide co-
di fare una sceila: ridurre le attivi-
tà parrocchiali all'azimut per favo-
rire lo sviluppo della vita associati-
va in tutti i nuovi abitanti: genitori
degli alunni, condomini...: i mem-
bri della comunità cristiana sareb-
bero stati impegnati in queste strut-
ture. La stessa presenza dei salesiani
doveva diventare più discreta. Da
«organizzatori», quest'ultimi, sa-
rebbero diventati «accompagnato-
ri» dei laici impegnati; non più re-
sponsabili delle associazioni ma sol-
tanto membri attivi.
Tutta una serie di tappe successi-
ve avrebbero convalidato questa
scelta.
La «suma spirituel»
Nel 1968 !'«Associazione Don
Bosco - Gioia e Salute» diventa
«Associazione Gioia e Salute» e la
responsabilità passa totalmente ad
un gruppo di laici che da cristiani
entrano in associazioni come quelle
dei genitori, dei condomini, del
tempo libero. Nell'ottobre del 1971
la nuova Commissione Pastorale di
Hohberg prende il posto del Consi-
glio Pastorale dove era difficile
prendersi insieme le conseguenze di
una opzione pastorale di evangeliz-
zazione all'interno di movimenti ed
associazioni cattoliche.
Intanto si costruisce un nuovo
centro comunitario; è una struttura
polivalente per la catechesi, la litur-
gia, la vita dei gruppi organizzati
cristiani, cattolici e protestanti, gli
stessi bisogni de Ila gente del
quartiere.
LI centro familiarmente viene de-
nominato «suma spirituel» dal no-
me di un vicino supermercato. Non
ha certamente la grazia di una catte-
drale ma è molto funzionale. Natu-
ralmente nulla è stato fatto senza
lotte e sacrifici, ma esistono autenti-
che conquiste senza sudore?
continuo
adattamento
«La vita continua. Incessante-
mente essa ci incita ad avanzare ed a
rinnovarci», constata Jean-Claude
Qui come altrove infatti c'è un~
pratica domenicale molto bassa: al-
la messa domenicale va appena il

3.10 Page 30

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STORIA SALESIANA _ _ _ _ _ _ _ _ __
30 · 1 FEBBRAIO 1985
5% della popolazione cattolica.
Con i giovani è ancora più difficile.
Jean-Claude precisa che il 45% del-
le famiglie arriva a Hohberg da al-
tre parti: le ultime statistiche parla-
no del 600Jo in alcuni immobili. La
stessa immigrazione è aumentata e
così se nel 1968 c'erano otto fami-
glie immigrate su cento oggi queste
sono diventate venti.
È chiaro che i rapporti fra «loca-
li>> e «immigrati» non sono facili.
«C'è sempre così bisogno di un co-
stante adattamento degli obiettivi
da raggiungere da parte della comu-
nità ecclesiale e della nostra pa-
storale.
Le associazioni - continua Jean-
Claude - hanno un valore ed una
missione eccezionale e sono tutte
unite attorno ad un progetto educa-
tivo denominato « ZEP)> e cioè:
«Zona Educativa Prioritaria» o di
sperimentazione pedagogica, messa
in moto da due anni per fare fronte
ai problemi scolastici.
«Gioia e Salute» che conta ormai
dodici animatori stipendiati e nu-
merosi volontari, dà la possibilità a
fanciulli, giovani ed adulti di uscire
dal loro isolamento, di divenirsi e
di trovare chi li ascolta.
Alcuni membri della comunità
salesiana sono stati assunti dall'As-
sociazione. La stessa azione cattoli-
ca parrocchiale con 100 fanciulli è
animata da «Gioia e Salute».
La comunità è inoltre rappresen-
tata presso l'Associazione degli
Abitanti di Koenigshoffen-Hohberg
che dirige e pubblica un giornale di
quartiere inteso alla promozione dei
diritti-doveri dei cittadini.
Jean-Noel sottolinea: «Tutte
queste associazioni aderiscono al
progetto educativo ZEP e c'è in tut-
ti la volontà d'aiutare i fanciulli.
Per i salesiani è essenziale 'vivere
con' questa popolazione affidata
loro dalla Provvidenza. Noi - con-
tinua Jean-Noel - dobbiamo essere
parte pregnante di tutto ciò che si fa
per spingere la gente a migliorarsi.
Non farebbe lo stesso Don Bosco se
si trovasse a vivere per le strade di
Hohberg oggi?».
Padre «Patagonia»
A1
LIMITI
DEL
MONDO
Con
Alberto M.
De Agostini
e
(nostra traduzione da BS/francese)
(foto Jacques Rey)

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

▲back to top
:-------------# -
Una Mostra organizzata
dal Museo della
Montagna di Torino ne
ripropone l'eccezionale
figura. Marco
Bongioanni, che ha
partecipato all'intenso
lavoro di ricerca che ha
preceduto la Mostra
descrive lo scenario nel
quale don De A gostini
visse la sua avventura
sacerdotale e umana. Il
BS che pure nel gennaio
del 1984 ne ha ricordato
il centenario della
nascita è lieto di tornare
sull'argomento.
Punta Arenas sullo
Stretto di Magellano. In questa Ter-
ra del Fuoco (una terra di gelo dove
il fuoco necessita anche d'estate per
riscaldarsi) visse un famoso stermi-
natore di indi. Si chiamava Julius
Popper ed era oriundo rumeno resi-
dente a Buenos Aires. Nei territori
magellanici era accorso alla notizia
dell'oro e di altre probabili ricchez-
ze fino allora sconosciute. 11 suo ar-
rivo coincise press'a poco con la ve-
nuta di monsignor Giuseppe Fagna-
no e dei nùssionari salesiani.
Non era il solo spregiudicato nel
suo genere.
Il confine tra l'Argentina e il Cile
non esisteva che in teoria e sulla car-
ta. In pratica la Terra del Fuoco era
tutta unita e anche la circoscrizione
missionaria concentrava insieme le
due «nazionalità». Comune base di
riferimento era Punta Arenas sulla
sponda nord dello Stretto, la città
piu meridionale del continente. Ma
a quel tempo Punta Arenas non era
che uno squallido agglomerato di
catapecchie abborracciate con legno
e zinco, triste confino per galeoni e
rifiuti sociali.
Popper vi batteva moneta e come
lui anche i grandi «affaristi» del
luogo che, gestendo spacci di alcoo-
lici e di consumo, cercavano di riap-
propriarsi in quei locali del denaro
coniato dalle loro zecche e sborsato
ai loro lavoratori in salario.
Al postutto quegli avventurieri,
che al dire dell'esploratore svedese
Otto Nordenskjold scialacquavano
in 65 taverne (una ogni 25 abitanti)
tutti i risparmi fatti in lunghi mesi
di lavoro e fatiche, rappresentavano
qualcosa, erano una premessa. ln
un lurido «borgo di 180 baracche
con 1.800 persone» essi costituiva-
no il bandolo di un filone da cui
avrebbe preso il via lo sviluppo
commerciale e industriale del pro-
fondo sud patagonico e fueghi no.
Che si snodava peraltro su diverse
piste: quella dei cacciatori di balene
e dei pescatori di pesci, crostacei e
prelibate «centollas» (o rare arago-
ste) che scatolate sul posto avrebbe-
ro raggiunto i mercati mondiali;
quella dei «loberos» cacciatori di
foche, lontre e altri animali da pel-
liccia e cuoio, che in breve tempo
dovevano portare la migliore fauna
fueghina alle soglie dell'estinzione;
quella della lana e dellacarne dovu-
ta agli «estancieros» allevatori di
ovini e bovini; quella del legno, del
I FEBBRA v f9&> 31
111 superbo
ghiaccialo Moreno
visto dal lato sud
del lago Argentino
carbone, dell'oro oggi abbandona-
to, del petrolio oggi incrementato, e
via dicendo di altre potenziali
imprese.
Si era agli inizi del novecento.
Don Bosco aveva intuito questo ini-
z_iale «boom>> alcuni decenni prima,
quando il mondo scientifico nutriva
ancora il pessimismo di C. Darwin
secondo cui «nulla di buono era
possibile ricavare da quelle terre
maledette». Al contrario, secondo
Don Bosco, «quando si fossero co-
nosciute le immense ricchezze con-
tenute in quel sottosuolo, uno svi-
luppo commerciale straordinario
sarebbe avvenuto in quei territori>>.
L'intuizione del santo non era solo
stata confidata ai suoi intimi; il 14
aprile 1883 aveva acceso un dibatti-
to davanti alla Società Geografica
di Lione i cui soci incuriositi ne
chiesero memoria scritta e (dopo tre
anni di verifiche) la giudicarono de-
gna di «premio speciale».
Don Bosco aveva detto qualcosa
di più. Davanti a uditori niente af-
fatto digiuni in materia, studiosi an-
zi molto più esperti che non il con-
ferenziere, aveva sostenuto che « i
geografi s'ingannano nel ritenere le
cordigliere del Sud America come
un massiccio muro divisorio tra i
due versanti patagonici: esse sono
invece solcate da seni e canali lunghi
anche mille e più chilometri». Ri-
chiesto dove avesse pescato tante
belle notizie si limitò a rispondere
che quanto aveva detto era la pura
verità. Le sue fonti di informazione
restano misteriose, ma superavano
la conoscenza scientifica dell'epoca.
Individuarle in libri molto specializ-
zati equivarrebbe riconoscere a Don
Bosco uno spessore (forse multilin-
gue) di studioso che egli non ebbe.
Ai suoi intimi egli parlò di «so-
gno». Disse: « lo vidi nelle viscere
delle montagne, nelle profondità
delle pianure, avevo sott'occhio la
geografia precisa e le ricchezze in-
comparabili di quelle regioni che un
giorno verranno scoperte, vedevo
miniere di metalli preziosi, cave ine-
sauribili di carbon fossile, giaci-

4.2 Page 32

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32 · I FEBBRAIO 1985
menù di petrolio così abbondanti
quali mai finora si trovarono in altri
luoghi». Oro, carbone, petrolio fu-
rono trovati e sfruttati solo venti-
cinque e trent'anni dopo, anche
più.
A confermare perentoriamente
che Don Bosco vide giusto fu lo
scienziato e missionario Alberto M.
De Agosùni (1883-1960), sia per il
verso geologico come per il verso
geografico. De Agostini arrivò gio-
vane sacerdote a Punta Arenas sul
finire del 1909 e iniziò le sue esplo-
razioni nel 1910. Ma era stato pre-
ceduto dalla « mentalità scientifica»
- sia pure a risvolto pratico - di
tutta una costellazione di missionari
ivi inviati da Don Bosco: il quale la
stessa «mentalità scientifica», come
s'è visto, aveva nutrito per sé. «So-
no andato - lasciò scritto De Ago-
stini - in terre che esigevano una
vera ricerca scientifica, sia antropo-
logica tra gli indi, sia geografica e
geologica sul territorio. Era certa-
mente una mia passione, ma fu an-
che un ordine tassativo che ricevet-
ti». Quell'ordine gli era venuto (De
Agostini me lo confidava con com-
piacenza) dal Vicario generale della
Congregazione salesiana don Filip-
po Rinaldi, oggi avviato agli altari;
e gli venne poi riconfermato dal
successore don Pietro Ricaldone.
Questi uomini chiaroveggenti com-
presero e sostennero sempre - an-
che se non sempre né da tutti condi-
visi - il particolare «stile missiona-
rio» del De Agostini, che fondeva
in unità e non solo in binomio la fe-
de e la scienza. ln anticipo sui tem-
pi, era un'affermazione culturale
della evangelizzazione.
In nuce quest'affermazione cul-
turale apparteneva appunto a
mons. Giuseppe Fagnano che dal
1887 dirigeva e animava le missioni
in Terra del Fuoco; per non dire già
aUo stesso Don Bosco cbe studi
scientifici, soprattutto meteorologi-
ci, aveva concordato con lo scien-
ziato barnabita p. F. Denza impian-
tando una intera rete di Osservatori
nelle incipienti missioni salesiane di
tutto il Sud America. Per Don Bo-
sco e per Fagnano l'intento era so-
prattutto «pratico» (ess.i non si at-
teggiarono mai a «teorici»): posse-
dere dati per stabilire centri urbani
in territori dove urgeva sia sviluppa-
I I «tempanos»:
enormi blocchi
di ghiaccio
sul lago Argentino
I Il malinconico
lago Fagnano (545 kmq.)

4.3 Page 33

▲back to top
- - - - - - - - - - -5'1-
re l'edilizia per gli immigrati, sia
creare aree «vivibili» per la soprav-
vivenza degli indi patagonici e fue-
ghini; ma non per questo veniva
menomato il contributo della scien-
za. Al contrario.
Interrogato da un giornalista che
gli domandava perché fosse andato
in America australe, A. De Agostini
rispose che proprio questo «humus
scientifico» con altre cause lo aveva
attratto. Era rimasto «molto colpi-
to - disse - soprattutto dalle di-
chiarazioni di Don Bosco così inso-
lite tra i geografi del tempo». An-
che per verificare quelle intuizioni e
per integrarsi nella «costellazione
missionaria» di G. Fagnano, scien-
tificamente aperta e sensibile, De
Agostini scelse Punta Arenas, la
Terra del Fuoco e la Patagonia.
Talmente vi si immedesimò che il
nome di «Padre Patagonia» gli ven-
ne appiccicato dalla cordialità dei
confratelli e non se Io scrollò più di
dosso.
Fin dalla prima estate australe
successiva (I 910) Fagnano valorizzò
il talento di quel giovane missiona-
rio dal viso un po' ossuto e dante-
sco. In seguito continuò a valoriz-
zarlo e incoraggiarlo sempre di più.
Fu proprio De Agostini a «sfondare
il muro» delle Ande patagoniche
con le sue esplorazioni e a dimostra-
re ai geografi l'esistenza dei «canali
e fiordi lunghi anche mille e più
km» che Don Bosco aveva veduto.
Se si pensa che il solo canale Bac-
ker, il più esteso e grande seno p·ata-
gonico insinuato nella cordigliera
per oltre 400 km, non fu noto al
mondo fino a dieci anni dopo la
morte di Don Bosco, e che un deda-
lo di fiordi a nord e a sud deJlo
stretto magellanico (un «isterismo
topografico» sommante nel suo in-
sieme più migliaia di km in bracci di
mare a solco delle montagne), attese
proprio questo missionario geogra-
fo per essere svelato al mondo, si
comprenderà la portata delle esplo-
razioni che De Agostini compì lun-
go un cinquantennio di lavoro.
Nel film «Terre Magellaniche»
girato tra il 1915 e il 1929 A. De
Agostini ricorse sovente al «cartone
animato>> per illustrare le proprie
scoperte, rompere la «muraglia»
della cordigliera fino allora suppo-
sta massiccia, incunearvi fiordi e ca-
nali. Le carte geografiche da lui di-
segnate sul posto furono tutte stam-
pate dalle cartografie militari cilene
e argentine che ne adottarono i rile-
vamenti e le nomenclature. TI «Fior-
do De Agostini» dedicatogli dal Ci-
le porta significativamente il suo
nome. Ma a vetce, canali, fiordi,
vallate innumerevoli, a partire dal
46° parallelo fino a Capo Horn, egli
diede nomi a luj cari per ricordare
scienziati, confratelli, amici, perso-
nalità meritorie.
Così i nomi di Italia, Roma, Mu-
rallon, Don Bosco, Cagliero, Pier-
giorgio, Pollone, Milanesio, Pio
Xl, Torino, Spegazzini, Amenghi-
no, Moyano, Pietrobelli ecc.... co-
stellarono tutto l'«inesplorato»
mondo «polare» della calotta pata-
gonica chiamato genericamente
«Hielo Continental». Più a sud e in
Terra del Fuoco la geografia si ar-
ricchì dei nomi di Sella, Carbajal,
Schiaparelli, Lovisato, Bove, e nu-
merosi altri consegnati a cime, val-
late, fiordi, ghiacciai scoperti e
scrupolosamente rilevati. La rileva-
zione topografica stette a cuore a
De Agostini più delle scalate, che
peraltro seppe organizzare con suc-
cesso e soddisfazione dei suoi scala-
tori, fino a vincere per primo i su-
perbi monti S. Lorenzo e Sarmien-
to, o a porre sicure premesse di vit-
toria su altre cime inviolate, che ge-
nerosamente (e umilmente) egli con-
segnò al successo altrui.
I FEBBRAIO 1985 33
Se nonostante tanti nomi da lui
imposti e scoperte a lui risalenti non
si possono attribuire a De Agostini
che ben definite priorità geografi-
che, spetta però a lui il più vasto
merito di complete e precise descri-
zioni, conferme, rilevamenti topo-
grafici per una definitiva carta geo-
grafica delle regioni patagonica e
fueghina. A lui, per esempio, è do-
vuta la conferma della triplice ripar-
tizione della Terra del Fuoco: cordi-
gliere cristalline sud occidentali,
stratificazioni rocciose centrali, pia-
nori orientali con praterie e «bo-
sques patagonici». Oggi questa sud-
divisione appare pacifica. Ma De
Agostini la dovette difendere contro
colleghi in scienze che gliela
contestarono.
Perché, oltre al movente di Don
Bosco, De Agostini se ne andò per
montagne? « La novità dei luoghi -
egli scrisse - e la diversità del.vive-
re, specialmente il fascino dell'igno-
to, sono le molle potenti che molti-
plicano le nostre forze e ci sospingo-
no serenamente verso difficoltà e
fatiche non ignorate».
I Ma De Agostini andò ben oltre la
geografia e la geologia. Se gli scien-
ziati lo hanno giustamente valoriz-
Cordigliera Darwin
in Terra del Fuoco
vista dalla baia
di Ushuaia
sul canale Beagle
(Foto Museo della montagna)

4.4 Page 34

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34 · l FEBBRAIO 1985
zaro per le sue scoperte, eun pecca-
to che su altri versanti la sua perso-
nalità non sia stata sufficientemente
approfondita. Egli non fu meno un
esploratore dell'uomo. Sia perché
intenzionalmente ferrato anche in
antropologia, sia soprattutto perché
ottimo missionario. Quj emerge in
lui una seconda coordinata che non
può essere né sottaciuta né suborili-
nata alla prima. Egli si fece amico
dei « loberos)), dei legnaioli, dei co-
loni, degli <<estancieros», dei mina-
tori, dei marinai, dei pescatori, de-
gli scalatori... e soprattutto degli in-
ili (purtroppo pochi) ancora super-
stiù. Nel dedalo degli spiriti si mos-
se non meno che nel dedalo delle
montagne e dei fiorili. Ai rapporti
umani si deilicò per vocazione non
meno di quanto si deilicò alla topo-
grafia per passione. «In quattro
mesi - scrisse una volta felice al su-
periore generale don Rinaldi - ho
percorso 2.150 km, amministrato
579 battesimi, 545 cresime, e bene-
detto 15 matrimoni»: un bel bilan-
cio di geografia spirituale.
Anche questa diversa «geogra-
fia» De Agostini illustrò nei libri e
nei saggi pubblicati. Intanto volle
rendere partecipi quanti più uomini
poté della sua gioia ili esploratore,
« perché molti fossero gli ammirato-
ri delle meravigHose bellezze elargi-
te dal creatore in quelle lontane re-
gioni»: e scrisse una decina ili «gw-
de turistiche», certo incrementando
con esse in anticipo un'altra possi-
bile industria - quella del turismo
appunto - di futuro sviluppo, ma
soprattutto stimolando per quel tra-
mite un vivo calore umano e uno
spirituale consenso verso zone rite-
nute inospitali. Inoltre si eresse bat-
tagliero e senza mezzi termini a di-
fesa dei più poveri e deboli, soprat-
tutto degli indi, sostenendo anche
confronti e polemiche di grossa por-
tata con scienziaù, politici, escan-
cieros, e giornalisti in qualche modo
suoi avversari.
A cavallo dei due secoli si era sca-
tenata a Punta Arenas un'autentica
«tratta dell'indio» in favore ili talu-
ni messeri cw il governo cileno ave-
va elargito vaste concessioni di pa-
scoli e boschi. Q uesta «gente gran-
de» aveva allargato le cupidige sugli
stessi territori missionari dell'isola
Dawson. Di lì le retate dj indi che,
sottratti alla loro libertà e alla pro-
tezione salesiana, venivano esposù
quasi nudi per le vie della città e di-
stribuiti «schiavi» a quanti spregiu-
dicati o meno ne avessero fatto ri-
chiesta. I salesiani con Fagnano, e
in particolare il p. G. Crema, si era-
no precipitati al salvataggio, aveva-
no nascosto quanti più indi possibi-
le nei solai di casa, li avevano quin-
di restituiti dapprima all'isola Daw-
son e poi (quando l'isola fu tolta a
Fagnano) alla nuova città ili Rio
Grande espressamente fondata da
Fagnano in quei frangenti.
Poiché era venuto a inserirsi in
questo quadro di fatti, De Agostini
li descrisse con l'obiettività dello
storico, tanto si commentavano da
soli.
Questi rilevamenti portarono De
Agostini a toccare non solo i limiti
del mondo, ma anche i limiti del-
l'uomo. La sua sensibilità «antro-
pologica» va ricordata almeno
quanto la sua sensibilità geografica:
si tratta di due coordinate di una
personalità unica, completa, esem-
plarmente cristiana. Per la prima
volta, forse, entrambe queste com-
ponenti deagostiniane sono state
debitamente focalizzate oggi in una
documentazione e in un libro
espressi in una pregevole Mostra de-
dicata tutta alla sua figura mentre si
chiude il primo centenario della na-
scita. Mostra e libro s'intitolano si-
gnificativamente: «Ai limiti del
mondo, Alberto De Agostini in Pa-
tagonia e Terra del Fuoco». Oltre
che omaggio allo scienziato e al mis-
sionario, la quantità dei materiali e
degli studi raccolti viene a docu-
mentare con rigore scientifico (e in-
sieme con apertura popolare) non
solo l'attività ili De Agostini ma an-
che il grande contributo umano e
cristiano della costellazione missio-
naria salesiana che mons. G. Fagna-
no dislocò nell'America australe.
Più a monte e per se stessi i materia-
li documentano inoltre la veridicità
della remota «intuizione di Don Bo-
sco, quel sogno patagonico che al
santo mostrò con precisione e con
forte anticipo sw tempi i dati che
nella Mostra e nel libro si trovano
contenuti.
L'iniziativa è partita dal Museo
Nazionale della Montagna ili Tori-
no, che in proprio allestisce la Mo-
stra e pubblica il libro. L'ente -
uno dei più prestigiosi al mondo nel
suo genere - esprime anche il Club
Alpino Italiano (Cai) di cui A. De
Agostini fu socio e collaboratore at-
tivo. Si sono associati ad esso per la
circostanza la Regione Piemonte
(Assessorato alla Cultura) e la Re-
gione autonoma della Valle di Ao-
sta (Assessorato al Turismo). Al di
là di questi enti promotori banno
incoraggiato l'iniziativa i governi ci-
leno e argentino sia tramite le ri-
spettive ambasciate come per inter-
vento diretto nel sostenere le ricer-
che in Patagonia e Terra deJ Fuoco.
Queste ricerche di documentazio-
ne e verifica si sono svolte sugli stes-
si luoghi già percorsi da A. De Ago-
stini. In ciò l'intervento e il contri-
buto dei salesiani sia del centro (di-
rezione generale e archivi) e sia nei
territori cileno e argentino (vescova-
di, ispettorati, istituti, persone) è
stato determinante. Alla speilizione
di raccolta e di verifica - insieme al
direttore del Museo dr. Aldo Auili-
sio e al curatore della Mostra prof.
Giuseppe Garimoldi - bo parteci-
pato di persona. Non per la prima
volta mi sono spinto nelle terre au-
strali, ma per la prima volta vi sono
andato con l'animo di De Agostini,
l'ultimo pioniere, che questo viag-
gio a riepilogo avrebbe trovato esal-
tante. Di fatto è stato esaltante e
favoloso.
Non facile. La Patagonia meri-
dionale e la Terra del Fuoco restano
ancora «ostili» al punto da spezzare
le auto più ferrate e le schiene più
caparbie e solide. l loro geli, i venti
e le bufere, ancora insidiano le im-
prese su aerei e navi. Tuttavia per
terra per mare e per cielo il nostro
sopralluogo si è svolto su decine di
migliaia di km, condensando in un
mese le panoramiche registrate da
De Agostini in un cinquantennio.
Grazie a lui che ne inilicò, spesse
volte per primo, l'itinerario. Ripro-
posto nella versione grafica della
Mostra e del libro, è sperabile che
questo viaggio riesca a comunicare
tu.tta la commozione di De Agosti-
ni, dei primi missionari salesiani,
dello stesso Don Bosco di fronte a
una geografia esaltante, a una sto-
ria sconvolgente, a un futuro pro-
mettente...
Marco Bongioanni

4.5 Page 35

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I Ff:BBRAIO 1985 · 35
I NOSTRI
SANTI
Questa lettera voglia essere
DIMINUISCONO
I MALANNI
di aiuto e di testimonianza a tutti
coloro che s, trovano in situazio-
ni simili, perché umli nella pre-
ghiera Il Signore ci doni sempre
D a tempo soffrivo diversi
malanni per cui mi rivolsi
a Maria Ausiliatrice, a Don Bo-
la Sua Santa Benedizione.
Coniugi Frlgnani Ferrara
sco ed a tutti i Santi salesiani
con particolare devozione ai
neo Beati martiri don Caravarlo
e Mons. Versiglla.
Ora Il Signore ha voluto esau-
dire la mia preghiera ed i malan-
ni sono diminuiti.
Negn Barbara Morbi -
Ca d'Andrea -
S. Pietro (Cremona)
anni era rimandata Quest'anno
ha preso la sos?irata maturità e
devo dire che è stata veramente
brava: 53/60.
A suo tempo suor Itala mi ave-
va fatto pregare Suor Eusebia
Invocandola per la promozione
dalla ragazza ed ecco il risul-
tato.
Ringrazio vivamente la Ma-
donna, perché, nonostante I
miei 81 anni, non subii fratture
e, dopo 20 giorni di digiuno pro-
vocato dalla melma ingoiala, mi
sono ripresa completamente,
senza compllcaz1onl
Maddalena Patrucco - Torino
Cl HANNO SEGNALATO
GRAZIE
Scrivo questa lettera per rin-
graziare Suor Eusebia e perché
Allemand Giovanna • Appendini Gla•
NON HO FATTO
NESSUNA CURA
avevo promesso che avrei se-
gnalato tutto ciò al Bollettino.
Ora spero in un posto di la-
voro...
UNA LETTERA
DI AIUTO
E DI TESTIMONIANZA
como • Baglia Francesco • Balleuo
Margherita• Barutello Teresa• Bellol
Giampaola • Bessone Maria B,111
Ronchi Giuseppina B19inelll Prov&-
ra Teresa • Binda Riccarda• Bonas-
D esldero ringraziare san
Domenico Savio e Maria
Ausiliatrice per quello che io
considero una grande grazia
Ero sposata da più di sei anni
e dopo un intervento operatorio
mI sembrava impossibile che la
nostra casa venisse allietata da
una piccola creatura. Non ho
fatto nessuna cura, ho solo pre-
gato san Domenico Savio e Ma-
ria Ausiliatrice, affinché mi fa-
cessero questa grazia
Cosi nel febbraio 1984 è naia
la piccola Linda Maria.
Giuseppina Vane/lo - Agrigento
RAGIONIERE
CON 53/60
DISOCCUPATA
S ono una exallleva, ncevo Il
Bollettino Salesiano da
poco tempo; da quando cioè la
mia antica insegnante suor Itala
si è interessata per farmelo
avere.
Vivo a Roma da 18 anni circa
e sono mamma di una ragazza
di anni 20 e di due gemelli di 14
(Alessandro e Massimo). Sono
sempre rimasta In buoni rappor-
ti con suor Itala (dal lontano
1950- Collegio Orfani di Mara di
Genova-Voltri). Ho sempre avu-
to dei problemi con Roberta per
quanto riguardava lo studio. Ha
frequentato ragioneria e tutti gli
Anna Mega/e · Roma
FELICEMENTE
SOPRAVVJSSUTO
R ingraziamo san Domeni-
co Sav1ò che In occasione
del parto del piccolo Dario avve-
nuto in condizioni disperate ci
ha visibilmente assistiti.
Ornella e Pasquale Gafbusera -
Casatenovo (Como)
A 81 ANNI ERA CADUTA
IN UN FOSSO
PIENO D'ACQUA
V oglio ringraziare Maria
Ausiliatrice, che m, ha
meravigliosamente e visibilmen-
te protetta in un incidente grave.
Stavo raccogliendo frutta nel-
l'orto, quando, chinandomi per
raccogliere una pera sul ciglio
del fosso, vi sono caduta dentro
a capofitto. Subito ho awert110
un dolore fortissimo al collo, ma
ho cominciato ad agitarmi per
emergere dall'acqua fangosa,
nella quale stavo per annegare.
Fortunosamente emisi un ge-
mito, che fu awertito da un uo-
mo che lavorava vicino, il quale
entrò in acqua e mi estrasse in
tempo dal tango.
S iamo una giovane coppia
di sposi, genitori del pic-
colo Marcello e desideriamo far-
Vf conoscere la nostra storia, af-
finché essa sia di testimonianza
alla grazia ricevuta.
Il nostro Marcello, nato il 12
luglio scorso, è nato con gravi
lesioni cerebrali di natura Inde-
terminata, per le quali i medici si
erano riservati Il fatto che Il
bamb:no non avrebbe avuto uno
sviluppo regolare sia a livello
cerebrale che flslCQ, e ciò si sa-
rebbe manifestato sin dai pri-
missimi giorni di vita,
Il nostro dolore e sconforto so-
no stati immensi e inconsolabili,
ma la nostra voglia di vivere feli-
ci e sereni accanto al nostro pic-
cino e la fede nel Signore, cl
hanno portati a confidare nel•
l'immensa bontà di San Dome-
nico Savio, al quale abbiamo
chiesto la Grazia per la salute
del nostro piccolo Marcello. Fi-
duciosi abbiamo sempre portato
oon noi Il Vestitino di San Dome-
nico, accostandolo sempre alla
testa del bambino e pregando
Insieme.
Oggi Marcello è qui accanto
noi sorridente e brontolone, e
cresce meravigliosamente bene
ln tutti i sensi, sotto lo stupore
generale dei medici che l'hanno
seguito. Noi continuiamo sem-
pre a pregare e tenere accesa
una candela all'Immagine di
San Domenico nella nostra Par-
rocchia, affinché la Sua grazia
non abbia mai a cessare.
sIn Elisabetta - Bonnlni c,tron Car-
mela - Brunei Bamsta Cesare Bruz-
zone Mana Calvetti Antonella
Campione Carmela - Catini Maria
Cecchl Ubaldina · ~resa Giuseppl•
na - Chiabotto Giuseppina • Chtarle
Giuseppina Colla Pina Compagni
Teresa • Confalom&rl Paolo e Albina
- D'Amato Antonia• Daverio F,lli - Del
Lungo M. • Oevecchl M. - Di Pieiro
Olga - Erinl Maria - Falletti Ippolita
Faroppa Marta • Ferrara Lina • Fer-
ruzzt Anna - Fumagalli Marco e Ro-
saria - Gallino Gianluca • Garagglola
Maria • Garron►Bosco • Genovese
Lucia • Gice Caterina - Gregori Rlna
e Silvana Latas Lii/la Legger Pl&-
rantonio Giuseppe - Llbnzzi Domeni•
ca - Malagamba Maria Robello . Ma-
nica Adelina - Menino Maria Ma,et•
l!l Rita Maritano Mana • Marseglla
Gisella• Martmott, Camillo • Messina
Francesca M1gli01e sorelle R. A. F •
M1lone Lu,g,a Tref1canta • Lodena
Natalina - Motlnens Teresa Franco •
Musurpça C!IQllia Musuraca Flora,
Napione Caterina - Nasuti Baffone
Concetta • Navone Luisa • Paltro
Leonilda - Perron Odilla - Picca Pic-
cone Cesare Pompermajer Maria
Ponzo OaVide - Prestìn1ant Giada M
Rita Quattrocchi Caterina • Razzoli
Nlnta - Ricagno Aruonla • Roccobene
Lina • Roberto Caterina • Rocci Mer-
lone famiglia - Salino Cesarina • Sai•
tari Prima Sappo Giuseppe • Sata-
nano Antonina Savio suor Amalia
Savolni Noemi - Sc1hetta Rosa - Se-
gnar Bruno - Selvello Gwdo • Severi•
na Rosa • Sìreci Fellce - Soave Ro-
mana• Sola Spanò Adriana- Soprani
Maria · Sperlndé Ulderico · Spottl
Anita • Suoca10 Giovanna - Tama-
gnone N - TanIardlnl Mariuccia
Tedde Giovanna Terzolo Rosarita
Ughetto Felice Usai Giuseppa • Va-
go sorelle Valtorta Nino • Vemero
Maria - Villafeale Rosa Zarbo Feli-
ce e

4.6 Page 36

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36 · I FEBBRAIO J985
-
ANTONIO MAGALHÀES
MARTIN$
Dall'altro lato della frontiera,
Associazione Italiana Amici di
Raoul Fo/leresu, Bologna, 1984.
pp. 253, sp.
L'annuale •Giornata Mondia-
le per I malati di lebbra•, svolta•
si nello scorso mese di gennaio,
ha offerto a tutti la possibilità di
riflettere sulle vane e intelligentl
iniziative che si vanno facendo
per liberare gli hansenlanl dal
marchio odioso e dall'alone di
spavento costituito dagli stessi
nomi •lebbra• e •lebbroso•. Vie-
ne quindi a proposito questo v~
lume, fresco di stampa, scritto
con immediatezza e che descri-
ve la storia di un uomo dal m~
mento in cui scoprì di essere
colpito dalla malattia-incubo.
Il testo, autobiografico, si leg-
ge tutto d'un fiato e lascia nel
cuore la voglia di buttare all'aria
le stupide preoccupazioni di
ogni giorno per darsi tutto al re-
cupero della speranza in tanti
noslrl fratelli, colpiti dal morbo
di Hansen.
Passato dall'altro lato della
frontiera, lungo la quale si per-
corre il lriste cammino della soli-
tudine senza la prospettiva di
una luce nuova, Antonio Magal-
haes Martlns volle raccontare
con semplicità la sua awentura
di hanseniano per aiutare sua fi-
glia a liberarsi da un terribile so-
spetto: quello di essere stata ab-
bandonata dal genitori, perché
nata in una colonia di hansenia-
ni e Internata in un •prevent~
rio•, senza quindi ricevere la p1ù
piccola manifestazione di
affetto.
Una testimonianza quindi di
alto valore umano e cristiano,
da cui far scaturire un impegno
rinnovato di speranza.
GINA LAGORIO
La terra negli occhi, Collana
•l'altra infanzia•, SEI, Torino,
1984, pp. 32, L. 6.000.
«Tutte le mie memorie di va-
canza Infantili sono odorose di
fieno, di frutti maturi, di conci-
me, di minestre con tante verdu-
re, di pane fatto in casa• Cosi
scrive l'autrice di questo prezi~
so volumetto che, illustrato da
Alarico Gatlla, viene ad arricchi-
re la collana •L'altra infanzia•
Si tratta dl un libro scritto per
i fanciulli, ma che piace anche
agli adulti i quali vi vedono ripor-
tate esperienze Intensamente
vissute, quali la mancanza di 11-
bertè durante la dittatura fasci-
sta, l'Impegno culturale per la
lettura, l'Incomprensione della
maestra. l'apprendimento dlffl-
cile ma caparbio della lingua lta•
liana. Interessante l'episodio
della cugina Matilde che la por-
tava a spasso e si fermava a
chiacchierare -volentieri con
tutti quelli che incontrava per le
strade e nei negozi• e special-
mente con Romolo il macellalo:
un giorno dovette anche fare da
postina, owiamente di nasc~
sto. Ne nacquero litigi, rlmpr~
veri, bronci. •Che cosa avevo
fatto? Avevo detto la verità a zia
Giacoma che me l'aveva chie-
sta; niente altro. Ma allora non
dovevo credere alla mamma
che mi predicava sempre di
dirla?•.
Una storia quindi di valore
educativo, capace di aiutare la
riflessione e di contribuire alla
Icostruzione di personalità
mature.
GINAUGOalO
LATEllltA
NEGLI OC0I /Jff/1,
~ ~~ ~
•RAIMONDO FRATTALLONE
Musica e liturgia. Analisi della
espressione musicale nella
celebrazione liturgica, C.L. V. -
Edizioni Liturgiche, Roma,
1984, pp. 94, s.p.
La ventata di rinnovamento li-
turgico del Concilio Vaticano Il
ha olferto ai credenti la possibili-
di vivere più intensamente,
perché con linguaggio più com-
prensibile e con segni più vicini
alle nuove sensibilità, I momenti
celebrativi della liturgia. Molte
cose sono cambiate in ventl an-
ni. La partecipazione più viva, Il
coinvolgimento dell'assemblea,
Il confronto diretto con la Parola
di Dio, la preparazione catechi•
stica più accurata sono chiari in-
dizi di una vivacità liturgica pri-
ma sconosciuta. C'è il rischio,
però, di ridurre la celebrazione
ad una ripetizione materiale e
stereotipa dl un testo stilizzato e comunità ecclesiale nel suo rap-
anonimo. A meno che non si porto con la liturgia l'autore del
concentri l'attenzione sulla per- presente studio, docente di teo-
sona umana nel suo dinamismo logia morale all'Università Pon-
di espressività musicale, che è tificia Salesiana di Roma e all'I-
una delle caratteristiche di ogni stituto Teologico Salesiano di
celebrazione liturgica.
Messina e apprezzato autore di
Per favorire una crescita della musiche liturgiche e ricreative
Dove va la musica
giovanile
L' attuale panorama della mu- americano, sorgono negli anni
sica pop circolante In Italia non '60 I cosiddetti cantautori (Ten-
offre ormai che rari spunti degni co, Gaber, Jannacci, De André)
di rilievo: la disco music con i che con le loro temaliche socia-
suoi effetti •narcotizzanti• im- li, politiche, etiche offrono un
perversa già da una decina di volto più serio della can20ne
anni, anche se solo nell'ultlmo italiana.
quinquennio si è letteralmente Negli anni '70 giungono nella
impossessata del mass-media. penisola I succhi culturali del
Sotto questa denominazione beat inglese e del folk america-
convivono in realtà parecchi slili no: ma non solo Beatles, Aolling
differenti accomunati però da Stones, Dylan o Baez ma anche
una serie di caratteristiche che Pink Floyd e Tangerine Dream,
ne confermano senz'altro l'ap- che prediligono la ricerca del
partenenza a una medesima fa- momento sonoro slegato dalla
miglia: è in genere musica dalla discorsività temporale delta me-
ritmica ossessiva, destinata lodia, rifacendosi ai risultati rag-
esclusivamente alle sale da bal- giunti dal polltonallsmo stravln-
lo o al facile ascolto della pura skiano e dalle tesi •materiche•
evasione. Povera di contenuto di un Varèse. Questo periodo
non pretende farsi messaggio dunque è caratterizzato da
se non di mero disimpegno, bru- un'alta cultura musicale e da un
ciando velocemente I suoi pr~ Impegno Intellettuale che non ri-
dotti sulla scia di una industria troveremo più nel decennio suc-
discografica salva solo grazie a cessivo: i complessi più noti so-
queslo fenomeno.
no gli Area, la Premiata Forneria
In questo breve spazio non si Marconi, il Perigeo, Napoli Cen-
vuole certo concludere sulla ne- trale, Il Banco del Mutuo Soc-
gatività in sé della disco music, corso. I cantautori della secon-
ma è bene segnalare Il pericolo da generazione sono forse ca-
di un monopolio culturale che ratterizzati da uno spirito più
andrebbe ricondotto nel margini acre e graffiante: Guccini, Vec-
di una fruizione ben più limitata. chioni, Flnardl, Battìato, Edoar-
L.a cultura musicale Italiana che do ma soprattutto Eugenio Ben-
aveva raggiunto forse il suo api- nato che sacrifica Il successo
ce negli anni ' 70, dopo una stre- immediato per una sincera ri-
nua opera di sprovmcializzazi~ cerca filologica su un materiale
ne, é rnornata, anche se attra- folclorico e romanzo; attività in-
verso moduli espressivi diffe- trapresa anche da Branduardl
ren2iati, nel chiuso orticello di ma meno genuinamente con dei
un mondo sonoro pago di sé, cedimenti alle necessità del
conlormista e privo di quella mercato: e Inoltre De Gregorl,
dialettica interna vari movi- Vendlttl e Dalla che si aggiungo-
menti che costituisce la sostan- no a questo gruppo nutrito di
za medesima di un ambito cultu- fatto più che di diritto.
rale ricco e fermeniante.
Ed eccoci di nuovo agli anni
Dal primi contrasti tra i mel~ '80: l'impoverimento culturale
dici, diretti epigoni del filone liri- delle nuove generazioni non
co e partenopeo (Villa, Tajoli, può che preoccupare, a questo
PizzQ e gli urlatori (Dallara, Mo- punto.
dugno) che attraverso la produ-
zione discografica avevano mu-
tuato movenze e ritmi dal rock
Sergio Centofantl

4.7 Page 37

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- - - - - - - - - - -sB-
(sono famosi I suol dischi con fa-
vole per bambini), si è preoccu-
pato di cogliere Il nesso profon•
do tra la musica e la liturgia, tra
l'espressione umana come fatto
antropologico e l'evento liturgi-
co come momento di •espres-
sione• religiosa personale e
comunitaria.
DI interesse I capitoli sull'e-
spressione musicale nella cele-
brazione dell'Eucaristia e nella
Liturgia delle Ore. Molto validi i
riferimenti bibliografici. Il volu-
me, pertanto, destinato agli ope-
ratori pastorali e agli animatori
liturgici, costituisce uh prezioso
vademecum per bandire l'im•
prowisazlone e dare dignità alla
liturgia.
-
GERMANO PROVERBIO
Progetto Scuola , Collana
«Scuola vlvaN I 14, SEI, Torino,
1984, pp. 283, L. 16.000.
Secondo recenti dati raccolti
dal Bureau lnternational du Tra-
vail, •le nevrosi accompagnate
da depressione infieriscono di
più tra il corpo insegnante che
tra le altre professioni•. E par-
tendo da ciò Laura Sciolla, nella
presentazione al libro in esame,
elenca una serie di fattori alla
base della crisi esistenziale di
molti docenti, per concludere
che •allo stato attuale delle co-
se, quindi, pare che la scuola
non piaccia a nessuno, nemme-
no a chi la 'crea' ogni giorno
I FEBBRAIO 1985 · 37
cor il proprio lavoro•.
è dominata da un sistema fram-
E necessario pertanto elabo- mentario e privo di organicità. Si
rare una proposta alternativa al sottolinea l'esigenza del lavoro
rinunciatario prendere a calci» individualizzato e di quello a
la scuola, recuperando l' imma- gruppi, dell'interdisciplinarità
gine di una ricerca viva e ine- per l'unificazione del sapere e
sauribile del conoscere.
dei sistemi multimedia nel con-
Il volume del salesiano Ger- testo delle nuove tecnologie
mano Proverbio intende proprio educative. Si propone la ricerca
porre come nucleo interpretati- nelle varie fasi di problematizza-
vo la ricerca, come caratteristi- zione, di ipotesi, di confronto e
ca Irrinunciabile dell'uomo, si- di proposta In alternativa alla le-
tuando la scuola in una prospet- zione ormai contestata. Un vero
tiva aperta, tesa fra l'analisi del «Progetto• dunque, affascinan-
passato, la problematicità del te e moderno. Una provocazio-
presente e la ricerca degli stru- ne, se si vuole. Non certo per fa-
menti per costruire Il futuro. re terra bruciata, ma per contri-
Vengono passate in rassegna le buire a costruire una scuola di-
varie possibilità che si aprono versa, più umanizzata, più par-
alla scuola di domani, che oggi tecipata, più vera.
L'AUTORE
Docente di antropologia e filosofia all'Università Pontìficia
Salesiana, il prof. Sabino Palumbieri ha pubblicato nel mesi
scorsi Il volume L 'Europa e l'uomo (LDC, Leumann, 1984,
pp. 175, L. 7.500) ed ha diretto Il convegno La cultura euro-
pea tra crisi e speranza. Abbiamo voluto con lui approfondire
alcuni temi sull'europeismo.
D. Oggi si fa un gran parlare di «eurosclerosi•. Addirittura
si denuncia una «sindrome depresslvaN della Comunità Eu-
ropea. In un'epoca di crepuscolo, che senso può avere scri-
vere un libro sull'Europa?
DEL MESE
L'EUROPA
E
L'UOMO
un'anima Wl camnùno
R. È proprio quando le carte d 'identità risultano stracciate
che urge ricomporre i pezzi. Quando le çrepe di un edificio si
rivelano profonde, occorre rivisitare le fondamenta. Ogni cri-
si può trasformarsi in crescita se guidata e animata. Ecco
perché ritengo che la passione per le radici ridarà agli euro-
pei il gusto dell'umanesimo e della spiritualità oggi traditi.
Ciò sarà possibile solo se si arriverà alla riscoperta sincera
della centralità dell'uomo, della sua libertà, del senso della
comunità e dell' apertura ai valori della Trascendenza, che
sono i costitutivi dello spirito originarlo dell'Europa.
D. Il problema europeo, dunque, si contestualizza nel più
ampio discorso sull'uomo. Ma Il mondo degli uomini come
reagisce a questo ritorno in avantì all'uomo?
R. All'inizio del secolo Paul Valery affermò che l'Europa é
«un affare di uomini, anzi dell'uomo•. In un'epoca di trapas-
so culturale come la nostra, ogni tipo di ricostruzione deve ri-
centrarsl sull'uomo. Ecco perché, come titolo di un altro mio
libro, scelsi la domanda: È possibile essere uomo? Si tratta di
un grido emblematico che erompe dalla coscienza storica.
Tra Auschwitz e l'éra delle guerre stellari, noi viviamo •item-
pi dell'Apocalisse•. Il mondo dell'opulenza affonda nel mate-
rialismo consumistico, roso dalla noia e dalla nausea per l'in-
significanza del tutto, mentre i «dannati della terra• sprofon-
dano nella disumanizzazione per mancanza di calorie vitali e
di calore umano. La scienza compie prodigi e la coscienza
perde il significato di questi prodigi. Si moltiplicano gli stru-
menti di comunicazione e si approfondisce l'Incomunicabili-
tà. Si inneggia alla vita e si costruisce una cultura di morte.
L'uomo corre ma non cresce.
Ebbene, ciò può essere vinto ad una condizione: che l'uo-
mo ridiventi Il baricentro del mondo delle cose e che Dio ridi-
venti Il baricentro dell'uomo signore delle cose.
IDITIICI IL.UI DI 0
D. Ridiventare: ma questo non é automatico. È questione
di formazione. E chiama in causa Il problema pedagogico,
specie In riferimento ai giovani.
R. Sl, oggi è più urgente che mai la coscientizzazione dei
singoli e delle comunità dei popoli. Bombardato da mille noti-
zie, l'uomo non ascolta più la notizia: é ancora possibile es-
sere uomo in Dio che si è fatto uomo per aiutare ogni uomo
a farsi veramente uomo.
Soprattutto I giovani, questo sottoproletariato giovanile~,
hanno bisogno di assimilare questa notizia liberante. Abbia-
mo creato per loro un ambiente privo di ossigeno: come una
camera a gas, sia pure attrezzata di tutto punto per i comfort.
L' uomo invece è un bacino di indefinite potenzialità.
Oggi la •cultura del gratuito•, della «compagnia•, della
•pace•, awertita dai giovani, è il vero arsenale della guerra
contro ogni guerra. Educare significa svegliare queste forze,
farle sprigionare, purificarle, orientarle. Il centro di questo
campo di forze é li •seme eristico• che, come dice S. Agosti-
no, depositato nel cuore degli uomini, diventerà .Cristo in fio-
re• nel cuore dei singoli e delle comunità.
Ci saranno giardinieri per la fioritura di questa primavera
della storia? La Pasqua del Signore è alla nostra portata. Ce
la faremo. Se lo vorremo.
Eugenio Fizzotti

4.8 Page 38

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38 · l FEBBRAIO 1985
I NOSTRI
MORTI
GRIGOLETTO sac. GIUSEPPE, sa-
lesiano t Tolmezzo a 78 anni.
Nasce a Povolaro (VI) il 26 novem-
bre 1906. Resta orfano di papà e
mamma all'età di sei anni.
A nove anni entra nel collegio
Manfredlni di Este. Da quel giorno
don Bosco sarà ìl Padre per tutta la
vita e la Congregazione la sua nuova
famiglia.
Daquestaesperienza di dolore per
la prematura scomparsa del genitori
si può capire l'attaccamento straordi-
nario di don G rigoletto alla Congre-
gazione, il suo amore incondizionato
alla Madonna tanto da •dissemina-
re le statue della Vergine in tutte le
Case dove è stato.
Temperamento essenziale, perfi-
no ruvido, ha sempre avuto, sotto la
scorza dura, una prorompente affetti-
vità e una straordinaria capacità di
amare.
Don Grlgoletto entra in noviziato il
13 settembre del 1921: farà la sua
prima professione religiosa salesia-
na 1124 novembre del 1922, nel Novi-
ziato di Este. Da Este parte per
Valsalice-Torlno per compiere glì stu-
di filosofici tino al 1925. E qui, a Val-
salice, la casa che custodisce le spo-
glie mortali di don Bosco, don Giu-
seppe fa Il suo primo grande incontro
con un uomo d i Dio, straordinario per
scienza. per Intelligenza e per tede:
don Vincenzo Cimatti.
È l'incontro che segna con sigillo
indelebile tutta la vita di don Grigolet-
to. A contatto con questo grande sa-
lesiano Il giovane Grigoletto eredite-
rà un amore grandissimo a don Bo-
sco e un altrettanto amore alla cultu-
ra e allo studio delle scienze naturali
in particolare.
Scienziato per vocazione e lettera-
to per obbedienza, don Grigoletto ha
percorso nel suol anni migllori le valli
dalla Carnia a Bolca alla ricerca di
minerali e di fossili. Lo ricordiamo
camminatore infaticabile, con le ta-
sche piene dei suol sassi e un pezzo
di pane...
Con la sua competenza scientifica
e Il suo lavoro ha potuto aiutare mol•
to don Cimatti (divenuto nel frattem•
po fondatore delle missioni salesiane
in Giappone). Allo studentato filosofi-
co dell'lspettoria del Giappone è an-
cora conservato un museo di scienze
naturali ricco dei minerali e dei fossili
che don Grigoletto inviava in quel
lontano paese.
Dopo gli studi filosofici, don Grigo-
letto compie il tirocinio a Verona,
Trento e Mogliano Veneto. Resterà
purea Mogliano dal 28 al 32 frequen-
tando Il seminarlo di Treviso per gli
studi teologici e a Mogllano Astori sa-
rà ordinato sacerdote dal servo di
Dio Mons. Andrea Longhin.
Dopo l'ordinazione sacerdotale
andrà a Trento (32-34), a Mogliano
(34-36), a Verona (36-46). Nel 46 arri-
va a Tolmezzo per la prima volta e vi
resterà fino al 57.
Ed a Tolmezzo la sua personalità
ricca, essenziale, solida e talvolta ru-
vida come questi monti della Carnia,
troverà una straordinaria facllltà ad
assimilarsi alla ricca cultura di quella
gente.
MAZZUCCO alg.na ANNA, coope-
ratrice t Roma a 82 anni.
Leggeva con molto interesse la no-
stra rivista traendone spesso spunti
per la sua attività educativa come In-
segnante.
Di carattere mite e doloe si dedicò
interamente alla scuola ed ai suoi ca-
ri lasciando una testimonianza di ge-
nerosa donazione agli altri.
MONETA slg.na TERESA, coope-
ratrice t 90 anni.
la sua morte è stata lmprowisa
ma non fu trovata Impreparata dal
momento che per tutta una vita ave-
va servito Il Signore. Fin quando le
forze glielo hanno consentito ha aiu-
tato In tutti I modi la Parrocchia sof-
frendo per l'lndifferenza di molti. Se-
guiva con particolare affetto l'attività
dei salesiani. Chi mai potrà dire Il suo
amore veramente commovente per
la •SUB• Ausiliatrice e al •suo• Don
Bosco? Per li lungo arco della sua vi-
ta è sempre stata assidua lettrice del
Bollettino Salesiano, felice dl vedere
lo sviluppo dei Salesiani dei quali af-
fermava con intima gioia: •Ormai so-
no presenti in tutto il mondo•.
Nel suo ricordo, In famiglia, si sen-
tono dolcemente forzati a continuare
questa tradizione.
MATHIS prof. dott. GIOVANNI ,
cooperatore t Torino.
Fece del suo apprezzato lavoro
una preghiera, portando la sua paro•
la cristiana e salesiana ad ogni ceto
di persona, consigliando, confortan-
do, animando alla fiducia, alla fede.
Fu professionista esemplare e padre
affettuoso e seppe con l'esempio e la
parola testimoniare ciò.
BIELLI alg.ra LAURA, cooperatrice
t Torino.
Sopportò con cristiana fede e ras-
segnazione offrendo a Dio la sua lun-
ga degenza e sofferenza. Fu madre
che seppe educare I suoi quattro figli
all'amore di Dio e di Don Bosco. La-
vorò per lunghi anni a servizio delle
missioni Impegnandosi nel Laborato-
rio Mamma Margherita.
MACCAGNO alg.ra ROSINA, coo-
peretrlce t Torino.
Zelante ed impegnata diede sem-
pre Il suo contributo edificando con
serena giovialità e pie sincera.
RUSSO slg. GIOVANNI, exalllevo t
Conegliano (TV) a 66 anni.
Dedicò la vita alla famiglia e alla
scuola e mal dimenticò gli anni tra-
scorsi dal Salesiani per I quali con•
servava affettuosa stima e gratltudi•
ne. Negli ultimi anni della sua carrie-
ra scolastica chiese di essere man-
dato a Torino quale Commissario
agli esami di Stato per rivedere cari
Insegnanti come don Zavattaro ed al-
tri ed avere notizie di compagni di
scuola. la sua prematura scomparsa
lascia nel più profondo dolore la mo-
glie e la figlia che chiedono per Lui
crisliani suffragi.
DE GIOVANNI slg.ra LAURA du-
chessa di Caroslno, cooperatrice t
Il 5 ottobre a 105 anni.
la nobildonna Laura duchessa di
Caroslno si è spenta serenamente il
5 ottobre u.s. alla bella età di 105 an-
ni. Spinta dall'amore verso i giovani
donò nel 1950 l'Intera sua villa di Vle-
tri sul Mare, con il palazzo ed i giardi-
ni, perché I Salesiani ne facessero
un'oasi per la loro educazione cri-
stiana. Cooperatrice Insigne e molto
devota all'Ausiliatrice fu sempre ge-
nerosa ed accorta per I nostri ragazzi
e confratelli, continuando la sua be-
nevolenza cosi come già faceva sua
madre, principessa Maria Alessan-
dra, con il nostro santo fondatore
Don Bosco. Visse religiosamente I
suoi anni, ricca di meriti ed opere di
bene.
VERA LUIGI t a Busto ArsizJo Il 16
novembre 1984
Dopo lunga sofferenza ha chiuso
la sua vita terrena, accettando con
serenità l'Invito del Signore di passa-
re all'altra sponda!
Uomo cristianamente onesto ha
dato a Sr. Anna Maria F.M.A., la pos-
sibilità di realizzare la sua vocazione.
Provato dal dolore fisico è rimasto fe-
dele al Signore che lo ha preparato
al suo Incontro, purificandolo attra-
verso la sofferenza redentrice.
BERTANI alg. ANGELO, coopera-
tore t S. Croce di Reggio Emilìa a 77
anni
Cooperatore amantissimo della
Madonna Ausiliatrice e dì Don Bo-
sco, fedelissimo agli Incontri.
A tre ann i I suoi occhi non videro
più la luce. Maestro di pianoforte, uo-
mo di fede accettò con esemplare
cristiana serenità la sua condizione
di non vedente.
La sera prima della morte ripeté
spesso alla sua sposa, Signora Car~
na, • fra poco I miei occhi si apriran-
no e vedranno il volto di DIO... •·
LANDONI slg. GIUSEPPE, coope-
ratore salesiano t Castellanza
Vederlo e sentirsi animati alla pre-
ghiera era tutt'uno. Incontrarlo signi-
ficava ricordare il dovere di pregare
per la santificazione del Sacerdoti e
delle anime consacrate. Amava ri-
cordare il desiderio di Don Bosco di
farsi francescano. Più che leggere,
meditava Il Bollettino Salesiano a cui
volle abbonare il nipote Enrico anco-
ra in tenera età.
Il vuoto che il caro •Sani Luis• la-
scia tra quanti gli vollero bene, è col-
mato dalla certezza che ora in Cielo
è ancor più operoso Cooperatore Sa-
/es/ano.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rico-
nosciuta giuridicamente con D.P . del 2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: ... lascio alla O/razione Generale Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le
missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire...,
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di Istruzione e educazione
di culto e di religione•.
'
- se si tratta Invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su Indicati:
... annullo ogni m ia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opera Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'Istituto Sales/ano par le Missioni con sede in
Torino) l_asclando .~d es.so quanto mj appartiene a qualsiasi titolo, per
gli scop, persegu,t, dall Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
llcenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione•.
(luogo e data)
(firma par disteso)

4.9 Page 39

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
I FEBBRAIO 1985 39
Borsa: Maria Auslllatrice e Don Bo-
s<:o, a cura di N. N., Bergamo,
L 2.000.000
Borse: Maria Auslllalrlce a S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Rezza Cateri-
na, Borgomasino TO
Borse: Alla memoria di Don Agosti-
no Archentl, a cura di N.N.,
L. 2.000.000
Borsa: Maria Auslllatrlca, Mamma
potente, intercedi per me, a cura di
N.N., L.1.000.000
Borsa: S. Giovanni Bosco, S. Do-
menico Savio, implorando protezio-
ne sulla famiglia, a cura di Vincenzo
Piccolo, L. 1.000.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
siliatrice a Santi Saleslanl, per una
conversione, a cura di una mamma
fiduciosa, L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, aiutatecie proteggete-
cl sempre, a cura di M. C. e E. F. ,
Cocconato AT, L. 1.000.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, Invocando protezione per la fa-
miglia, a cura di O. G., L. 750.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Nicolettl NIio, Tirlolo CZ, L. 550.000
Borse: Don Bosco, a cura di Ballarlo
Anna, L. 200.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Don Rlnaldl, In memoria e suf-
fragio di Primina Celestina e Gino, a
cura di M. Bersano, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Nasi Serra
Rina, Cuneo, L. 200.000
Borsa: In suffragio del defunto Cesa-
re, a cura di Fabris Teresina, VE,
L. 200.000
Borsa: In memoria di Bussi Luigia, a
cura di Concina Giovanna, Confien-
za PV, L. 150.000
Borsa: In memoria e suffragio di Don
Luigi Cocco, a cura dì Cesare Balzar-
ro, L. 150.000
Borse: S. Giovanni Bosco e S. An-
na, per ottenere salute, a cura della
Famiglia Castagno, L. 150.000
Borsa: In memoria e suffragio del
Dott. Gino Gandolfo, a cura degli
amici e compagni di scuola. Torino
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco e Domenico Savio, per grazia
ricevuta, a cura di Gelo Gabriella,
Milano
Borsa: Don Bosco e Domenico Sa-
vio, a cura di D. Ugo Di Biagio, Spo-
leto PG
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, a cura di
N.N. Tortoli NU
Borse: Maria Auslllatrlc,a, a cura di
Blondani Maria, S. Massimo all'Adi-
ge VT
Borse: S. Domenico Savio, in me•
moria di Maria e Pietro Petuslo, a cu-
ra della figlia Teresina
Borsa: Sacri Cuori di Gesù e di Ma-
ria, per la pace nel mondo e per la
soluzione del miei problemi, a cura di
F. R.
Bpraa: S. Domenico Savio, ringra-
ziando e Invocando protezione, a cu-
ra di Elisa e Stefano
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, In memoria di Capra Mombellar-
do Enrichetta, a cura di Momballardo
Antonietta, Torino
Borse: San Domenico Savio, a cura
di N.N.
Borsa: Don Bosco, a cura di D. G.
Borsa: S. Giovanni Bosco e S. Do-
menico Savio, per ottenere grazia e
proiezione per tutta la famlglla, a cu-
ra di Rosano Teresa C.. Casal di
Prlnclpe CE
Borsa: Maria Auslllatrlce, in ringra-
ziamento II invocando protezione per
la nipote R. M.
Borse: S. Domenico Savio, Implo-
rando protezione. a cura di N.N.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in suffragio del coniugi
Edoardo e Calterlna Balocco e del f/.
g/io Mario, a cura della cugina Emilia
Torasso, Torino, L. 500.000
Borse: S. Giovanni Bosco, in rin-
graziamento e implorando protezio-
ne per la figlia, a cura di F. M.,
L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce a Don Bo-
sco, a cura di Maggi Ottavio e Una,
L. 500.000
Borse: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco e Domenico Savio, in memoria
e suffragio del papil Carmelo e de-
funti familiari e implorando protezio-
ne, a cura di P. P., L. 500.000
Borsa: Don Bosco, in memoria di
Padre Luigi, a cura di Giancola Gui-
do, MIiano, L. 300.000
Borsa: Maria Ausillatrlca, a cura di
Mastrovlta Nina, Napoli, L. 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, pregate per noi, a cura
di N.N.. Castiglione Tinalla CN,
L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice a S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Ballarlo An-
na, Villafalletto CN, L. 200.000
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Au-
slllatrlca a Don Bosco, a cura di
Zucca Elvira Boni, Roma, L. 200.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura
di Falcone Oraziantonio, TO,
L. 150.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Giorgio
Annalisa, Potenza, L. 134.000
Borsa: Don Bosco, chiedendo gra-
zia particolare, a cura di Fontana M.
Ermellìna, Marina di Carrara MS,
L. 125.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura
d i Trigno Giuseppa, Potenza,
L. 110.000
Borse Missionarie
di L. 100.000
Borse: Mons. Verslglla e Don Cara-
vario, a cura di Cubeta Giuseppe,
Messina
Borsa: Martiri Cristiani, a cura di Pi-
va Francesco, Limena PD
Borsa: A suffragio di Don Luigi Za-
vattaro, a cura dai nipotini Gian Pie-
ro. Silvana, Anna Maria
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, invocando protezione
per tutta la famiglia , a cura di Gino a
Maria, Montà d'Alba CN
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Domenico Savio, per grazia ri-
cevuta, a cura di Carpanetti Marghe-
rita, Cassolnovo PV
Borsa: Maria Ausiliatrice a S. Gio-
vanni Bosco, in ringraziamento e in-
vocando protezione, a cura di M. B.
G., Torino
Borsa: In memoria di Luigi Bacca/a-
ro II Padre Mariano, amici, imploran-
do protezione, a cura di A. B.
Borsa: S. Giovanni Bosco a Papa
Giovanni, a cura di Brambllla Ange-
lo, Velate Ml
Borsa: Don Bosco , a cura di N.N.
Borse: Maria Auslllatrlce, Don Bo-
sco, Papa Giovanni, pergrazia rice-
vuta, a cura di Scarpelli Emilia,
Roma
Boraa: Maria Auslllatrlce, s. Gio-
vanni Bosco e anime del purgato-
rio, In ringra;;:iamento e implorando
protezione sulle famiglie dei miei fi.
gli, a cura di V. S.
Borse: Maria Ausiliatrice a S. Gio- Borsa: Maria Auslllatrlca e Don Bo-
vanni Bosco, a cura di Cecchetto
Plovesan Mari
sco, a cura di De lntinis Teresa, Pen-
na PE
Borsa: Don Bosco, a cura di Vane-
sio Mario, Venegono lnf. VA
Borse: Maria Auslliatrlca, a cura di
Vanesio Mario, Venegono VA
Borse: SS. Cuori di Gesù a di Maria
e Santi Salesiani, a cura di Colom-
bano Renzo, Vignale Monf. AL
Borse: S. Giovanni Bosco, in rin-
graziamento, a cura di Giuliana Tere-
sa, Agrigento
Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
Salealanl, a cura di A. G., Borgoma-
sino TO
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di
Tanasso Maria. Lugugnana VE
Borsa: Don Bosco, a cura di Castol-
di M. Luisa, Pavia
Borsa: Maria Au&Ulatrlce a S. Gio-
vanni Bosco, implorando protezione
sulla famiglia, a cura di G. A.
Borsa: Maria Auslllatrlca, Santi Sa-
lesiani, per ringraziamento e chie-
dendo ancora protezione, a cura dì
M. P.
Borsa: Maria Auslllatrica, a cura di
Totaro Antonietta, Messina
Borsa: Maria Aualllalrlce, per rin-
graziamento e protezione. a cura di
Colla Lorena. Parma
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, percM la nipote trovi presto la-
voro. a cura di N. N.
Borsa: Maria Ausillalrlca, per gra-
zia ricevuta, a cura di Ugolini Rosan•
na, Rimini FO

4.10 Page 40

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DITUTTI
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SERGIO ZAVOLI
Di tutti i colori
Solo quando sono venuti il cinema e la
televisione a colori i bambini hanno cominciato
a sognare e a pensare colorato, e questo è
molto bello. Ma prima era un difetto.
GINA LAGORIO
La terra negli occhi
Ricordi infantili, memorie di vacanze odorose
di fieno, di frutti maturi, di minestre con tante
verdure, di pane fatto in casa.
GIORGIO SAVIANE
Il Mosca e l'agnello
Un cucciolo di cane lupo salvato da un
torrente in piena e l'agnello, tenero protagonista
del racconto di una vecchia contadina, sono
i primi grandi amici del piccolo Giorgio.
SOCIETA EDITRICE INTERNAZIONALE - TORINO
GINA LAGORIO
LATERRA
NEGLI OCCHI folRJJ,
tr.=,o GIORQO 5MANE
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