Bollettino_Salesiano_197507


Bollettino_Salesiano_197507

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1.1 Page 1

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BIllETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCIX N . 7 1° APRI LE 197 5
Spad,z. In abbon. post. - Gruppo 2° (70) • 1• quindicina

1.2 Page 2

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCIX - N, 7
Aprile 1975
Direttore responsabile
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice. 32
10100 Torino
C.C.P. 1-6115 intestato a:
Dir. Gen. Opere D. Bosco - Roma
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriale
2. Far risorgere I nostri giovani
l\\rticoli
6. Una spedizione missionaria degna
del Centenario
8. A Parigi la ·passione· di un quar-
tiere
1O. Jesus Achuar
13. L'Anno Santo degli stregoni
16. Risorgere a cent'anni
20. Qualcosa di buono è venuto da
Nazareth
22. Il lungo viaggio alla terra degli
indios
Notizie
della Fam q ia Sale ian.i
26. Due notizie che onorano la Con-
gregazione
26. La mediazione di mons. Obando
26. Cooperatori tra gli immigrati
26. Operazione Bolivia
27. Settemila genitori fanno il cate-
chismo
27. Intatta la salma diAlberto Marvelli
28. Il « Richelmy • ha 80 anni
29. Sei FMA tra i Mixes
29. Bilanci e programmi dell'UPS
29. Contro la discriminazione nelle
scuole
30. Natale con il Rappresentante del
Papa
30. Mini-convitto per studenti poveri
31. Inchiesta sulla formazione dei sa-
cerdoti se•esiani
31. «J-20» miglior rivista
31. Primi 2 sacerdoti salesiani a
Ceylon
31. In Cile «serata di preghiera gio-
vanile,
Rubriche
5. Educhiamo come Don Bosco
«Sveglia, gioventù modema. sve-
glia I»
7-25. Pubblicazioni Salesiane
32. Grazie per l'intercessione di M.
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
copert
Una missione per tutti: la, 1iso1gere i
nostri giovani (loto Chiesa).
Cento anni fa, Don Bo-
sco riproponeva alla
società e agli educatori
il metodo del Vangelo:
« 11 sistema repressivo
- affermava - può im-
pedire apparentemente
un disordine, ma diffi-
cilmente farà migliori i
delinquenti. In que-
ste pagine dense e co-
raggiose di un educa-
tore salesiano inten-
diamo rilanciare il mes-
saggio di Don Bosco in
termini concreti: « ~
urgente far risorgere la
gioventù di oggi ».
A 1 car~ere di San Vittore,. anche
se se1 uomo onesto, entri sem-
pre accompagnato da almeno un
agente di custodia. E mentre atten-
devo di incontrare un anùco nel-
l'atrio dei magistrati, in dieci minuti
si sono aperti e subito chiusi, uno
dopo l'altro, quei pesanti cancelli per
quattro traduzioni: un totale di di-
ciannove nuovi inquilini e tutti gio-
vani dai diciotto ai ventidue anni;
ammanettati, tristi e rabbiosi, violenti
e depressi, con un senso di sconfitta
sul volto ed in tutto il corpo, ed una
feroce volontà di ribellione. Lo vo-
glio ancora sottolineare: tutti gio,;ani.

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Quattromila reati al giorno!
Il discorso della delinquenza è
nell'ordine di ogni giorno, dapper-
tutto. In Italia si compiono quattro-
mila reati al giorno, di questi, quattro
omicidi volontari; rispetto all'anno
r972 si è verificato un aumento del
quindici per cento circa.
Quotidiano è diventato onnai per
tanta gente, per la stampa, la Ra-
dio e la TV, anche il problema
della così detta delinquenza mino-
rile. A divulgare il problema sono
i fatti che, ad una frequenza record,
avvengono non più solo nei nuovi
quartieri delle grandi città, ma an-
che in molti di quei paesi ingigan-
titi che in brevissimo tempo hanno
raddoppiato, quintuplicato o di più
ancora la popolazione, senza però
un'adeguata programmazione di in-
frastrutture socio-educative, ed un
corrispondente impegno degli adulti
per una presenza educativa tra i ra-
gazzi e i giovani.
Per essere concreti sarebbe curioso
esaminare che cosa è stato fatto a
servizio dei giovani per esempio a
Rozzano, un paese di trantasette-
mila abitanti da cinquemila che era
nel 1962. Garbagnate dieci anni fa
aveva una popolazione di settemila
e seicento, oggi conta ventiduemila
abitanti.
Non parliamo di Cologno Mon-
zese, Cinisello, Corsico e di tutti gli
altri comuni che fasciano Milano.
Attorno a tutte le grandi città è
cosi. A Roma il nuovo quartiere di
Primavalle ha duecentomila abitanti:
una città come Brescia.
Tn questi nuovi centri si lamenta
comunemente come fonte di disagio
sociale la mancanza di scuole ade-
guate e a tempo pieno, di parchi
gioco, di luoghi di incontro per i
giovani, e spesso l'unico spazio verde
è quello del biliardo, dice un ragaz-
zino di Roma. Ma potremmo dire,
continuando l'elenco delle mancanze,
che non ci sono soprattutto le per-
sone adulte, uomini e donne, capaci
di stare con la gioventù; anzi vorrei
dire che molta gente oggi, sente i
bambini, i ragazzi, i giovani un
peso, un ostacolo al suo vivere tran-
quillo ed in pace.
È naturale allora che nasca in que-
sti giovani un senso di paura e di
solitudine, un sentirsi dimenticati,
emarginati, rifiutati, e di conseguenza
una volontà di sopravvivete in rea-
zione ed opposizione, un tentare
esperienze sentite e condannate dagli
adulti indifferenti nei loro confronti,
e ancora un imitare i grandi nei loro
atteggiamenti egoistici, illègali, anti-
sociali ed antistorici.
Le cause elencate
dal Procuratore Generale
I reati più comunemente commessi
dai minorenni sono: furti, di auto
in modo speciale, scippi, contrab-
bando, commercio di stupefacenti,
risse violente, foghe da casa, indisci-
plina e ribellione a scuola, evasione
dalla scuola d'obbligo, violenze ses-
suali e precoci esperienze, incapa-
cità o rifiuto di un lavoro impegna-
tivo e alle volte anche regolarmente
retribuito, partecipazione alle im-
prese di gruppi armati e complicità
in delitti effettuati da adulti.
Anche il Procuratore Generale di
Cassazione Mario Stella Richter nel-
l'inaugurare l'anno giudiziario 1974,
ha detto che tutto questo non ac-
cenna a diminuire, ed indicava come
causa di questo aumento il disadat-
tamento connesso a fenomeni mi-
gratori, iI disordine della convulsa
vita moderna, il disinteresse dei ge-
nitori assorbiti dal lavoro, lo sfalda-
mento dei legami familiari, il dete-
rioramento dei freni morali della so-
cietà in evidente crisi di sviluppo e
di trasformazione economica.
All'esame della delinquenza mino-
rile crescente, il signor Casetta di
Torino parlando a << linea aperta i)
speciale GR, denunciava una man-
canza di leggi severe ed inflessibili,
di carcere duro e rigoroso, di una
polizia con il potere di colpire senz~
pietà; «e quando i carcerati fanno
sciopero e vanno sul tetto 110n devono
chiamare i pompieri, ma dei tiratori
scelti che ad uno ad uno... » (sic!).
« La legge mi ha solo colpito »
Penso che le affermazioni del si-
gnore di Torino siano emblematiche
di una rilevante opinione pubblica
che invoca pene crudeli per chiun-
que e una polizia con poteri ecce-
zionali in difesa della collettività.
A questo punto dovrei dire che an-
ch'io avrei dovuto essere tradotto in
carcere il giorno in cui durante Ja
mia adolescenza, insieme a tre amici,
ho rubato un pesante tappeto-zer-
bino raffigurante un grosso cane che
abbaiava sull'entrata di una ricca
villa. Ma mi avrebbero recuperato?
La detenzione come è oggi in lta-
1ia, ricupera ben poca gente. Anzi è
risaputo che giovani entrati in una
prigione per futili motivi, sono usciti
scassinatori, rapinatori, delinquenti
di professione.
Gli agenti di custodia, che spesso
si sentono carcerati alla pari degli
stessi detenuti, difficilmente sono in
grado di svolgere un'attività educa-
tiva, anzi è addirittura proibito ad
essi di parlare e dialogare con il
carcerato.
Leggi, strutture, metodi, capitali
e persone che dovrebbero aiutare
chi sbaglia ad essere più uomo, so-
no in realtà disumanizzanti, capaci 3

1.4 Page 4

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di trasformare in ruderi di uomo, o
dj scatenare una implacabile ferocia
bestiale.
È questa l'opinione dell'altra parte
di cinadini, contraria al sjgnor Ca-
setta. È il parere di Paolo, che di-
chiarava essere servito a niente il
carcere • perché non ho mai trovato
nessuno che mi abbia fatto capire
gli sbagli che facevo, non ho trovato
una persona che mi abbia ascoltato,
corretto, consigliato. La legge e gli
uomini di legge mi hanno solo col-
pito Il.
Sono certo che la situazione sa-
rebbe diversa se fossimo in tanti non
solo a schierarci dalla parte di eh.i
vuole la salvezza del deviante, ma
anche ad impegnarci per prevenire
la delinquenza rimuovendo le cause,
ad essere una presenza educativa per
tutti i ragazzi che ci stanno attorno
anche se non sono nostri figli. Per-
ché non basta dire «si spari » o but-
tare in una cella, sul pagliericcio, e
a pane cd acqua chi ha sbagliato per
rendere pulita la nostra società.
Domandiamoci il perché
Di fronte ad un ragazzo che svia,
domandiamoci perché fa quello che
fa, piuttosto che dare libera csprns-
sionc agli istinti emarginanti che
stanno dentro ognuno ili noi, e che
ci spingono a odiare e a considerare
reietto, rifiuto, spazzatura, il giovane
che ha sbagliato.
Mettiamoci nella sua pelle, pro-
viamo .a vivere in quartieri dalla spa-
ventosa promiscuità, con accanto
adulti ignoranti e violenti, in una mi-
seria sconcertante, senza la guida
valida dei genitori, sradicato da un
ambiente e trapiantati in un deserto
o in un serraglio.
Chi non ha vissuto l'espe1ienza ili
certi immigrati, e ha ilietro le sue
spalle una casa, una famiglia, l'istru-
zione, un lavoro, una storia, non
può con facilità rendersi conto del
perché tanti ragazzi oggi delinquono
così precocemente.
E dopo questa • metamorfosi • forse
ci verrà la voglia di gridare aiuto e
di offrire un aiuto.
Non aspettiamo le grandi costru-
zioni, o l'abbondanza di mezzi e
strutture per fare qualcosa.
Purtroppo dobbiamo constatare che
in molte parrocchie gli oratori, i
centri giovanili, i campi sportivi an-
che di recente costruzione, sono de-
serti: ma1u:aJ10 gli opera/on·, gli ani-
matori dei giovani d'oggi.
In questo nostro tempo anche
molti uomini religiosi nati per ser-
4 vìre la gioventù povera ed abbando-
vare il disadattamento giovanile al
suo insorgere e _riesca a _s.i:nu~vere _e
attirare i centri educat1v1 già esi-
stenti, asili e scuole in modo speciale,
per una prevenzione ed un recupero.
Nei centri urbani dove numerosi
giovani in difficoltà sono continua-
mente alla ribalta, si dovrebbe creare
come un e pronto soccorso giova11ile
atto ad accogliere, diagnosticare, ~u-
rarc il disadattato. La sua équ1pe
specializzata dovrà compiere azione
di chiarificazione, terapeutica e di
sostegno della famiglia stessa ~e
solitamente si trova incapace ed im-
nata, sconft:SSano le loro finalità potente da sol~ ad :tffrontat:c i co'!Il:
socio-educative; cosi la scuola che plessi pr oblemi ed I pesanti conflitti
dovrebbe essere il luogo di umaniz- che stanno dentro i loro figli e che
zazione e di socializzazione per i sono causa di grossi stati d'ansia e
ragazzi, è diventata in tanti quar- di ribellione.
tieri un mestiere per gli insegnanti,
e strumento di antisocialità o luogo
di pena in cui starci il meno possi-
bile, per gli allievi.
I nvece anche i giovani contempo-
ranei hanno bisogno di adulti a cui
riferirsi, di amici capaci di apprez-
zarli, di ascoltarli, correggerli, ili
luoghi in cui incontrarsi, esprimersi,
affermarsi, vivere.
Decidiamoci allora a fare qualcosa
di serio e possibilmente senza ve-
derci dietro l'« affare~ partitico od
economico che sia, perché non ba-
sta dire, deprecare, condannare o
distruggere; da troppi anni aspet-
tiamo tutti il governo giusto, le ri-
forme adeguate, una società perfetta.
E le parrocchie, gli oratori c~e cosa
fanno per la pecora smarrita, la
dramma perduta, il figlio ~rodigo!
gli zoppi, i ciechi, gli storpi, 1 poven
incapaci di ricambiare l'invito a cena?
Alle tJolte si comporta110 come uri re-
gno di questo mando che giudica, con-
da11na, emargi11a, esclude. Dopo due-
mila anni non abbiamo ancora ca-
pito che è l'amore che salva e che
il vero perdono è per i più la miglior
medicina. Almeno qualche parroc.-
chia dovrebbe esplicare la sua poli-
tica di liberazione dell'uomo, prepa-
rando e qualificando alcune famiglie
aperte, capaci, coraggiose e generose,
e per fortuna qualcuna c'è, che of-
frano la loro casa anche al ragazzo
difficile carico di problemi e di 'im-
previsti: di poche soddisfazioni forse
Abbiamo bisogno
per un po' di tempo, e non solo al
di adulti che facciano
bambino simpatico che S?-fà erede e
Facciamo! Esemplifichiamo.
bastone della vecchiaia.
Le strutture educative o rieducati11e
Se tu che mi stai leggendo hai la di possibile rinnovam~nto, vengan~
possibilità di dare lavoro, non rifiu- ammodernate e potenziate, e non s1
tare quel giovane di cui sei a cono- sarà mai fatto abbastan2a, non tanto
scenza eh.e ha rubato; e dal ragazzo nei muri forse, ma nel personale che
apprendista che ti vive accanto non deve essere qualificato e specializzato
pretendere l'impossibile, lasciagli il nei metodi di intervento e nelle fi.
tempo e la possibilità di apprendere, · nalità socio-educative.
insegnagli a gustare il lavoro, ad i\\li piace finire con Don Bosco che
appassionarsi ; non disprezzarlo né ha pensato tutta la sua opera educa-
sfruttarlo; abbi pazienza, consiglialo tiva per togliere.i giovani dalle ca~-
con calma, sii amico suo. La difijcoltà ccri. Cento anni fa condannava 11
di trovare lavoro e di inserirsi, è sistema repressivo e della violenza e
spesso causa di mala vita per tanti riproponeva agli educatori il val?re
giovani.
dei giovani e iI metodo evangelico
Sei uomo politico, fai parte del-
1'amrrunistrazione pubblica, o puoi
dire la tua a qualche uomo di. go-
verno di qualsiasi livello ? Non solle-
citare unicamente l'asfaltatura della
strada consorziale, l'aumento di sti-
pendio dei burocrati, o i fuochi d'ar-
tificio per la sagra del paese, ma pro-
poni anche un efficiente servizio so-
del dialogo e della bontà. L'.edut;3tor_e
- diceva - deve rendersi amico 11
ragazzo, essergli amico, parlargli con
il linguaggio del cuore, aiutarlo con
la ragione la religione e .l'amorevo-
lezza a crescere ed a liberarsi. e li
sistema represmo p11ò impedire aPP(!·
rentem.e,zte un disordine, ma difficil-
t11t11te farà migliori i de/i11querzti ».
ciale dell'ente locale che possa rile-
LU IGI MELESI

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Un giorno Don Bosco camminava per
Torino, accompagnato da un suo ex
compagno di studi nel liceo di Chieri.
In via Garibaldi incrociò un giovincello,
malvestito e sprezzante. Don Bosco gli
sortise, lo salutò e lo fermò dicendogli:
- Chi sei tu?
- Chi sono io? - ripeté sbalordito quel
ragazzone. - Ma lei che cosa vuole da
me ? Chi è lei?
- lo. vedi - replicò Don Bosco - sono
un prete che voglio tanto bene ai ragazzi,
e li raduna alla domenica in un bel luogo
presso il fiume Dora, e poi gli do delle
cose buone, li diverto, ed essi mi portano
molto affetto. lo sono Don Bosco. Ma
adesso che ti ho detto chi sono io, mi
vuoi dire chi sei tu?
- lo sono... un ragazzo disoccupato,
senza padre e senza madre e cerco un
qualche lavoro.
- E io ti voglio aiutare. Come ti chiami?
- lo mi chiamo - e spiccicò adagio Il
proprio nome.
- Bene, ascolta: domenica ti aspetto con
i miei giovani... Vieni, ti divertirai; poi ti
cercherò un posto di lavoro: ti farò stare
allegro.
Ilrag/JZZO fisso per qualche istante il prete,
poi sbottò a dire bruscamente:
- Non è vero!
Imperturbabile, Don Bosco estrasse di
tasca una moneta e gliela pose in mano
dicendogli:
- SI che è vero. Vieni e vedrai.
Il ragazzone rimase commosso e, miste-
riosamente vinto, rispose:
- Verrò. Se domenica dovessi mancare,
mi chiami pure bugiardo.
Don Bosco gli sorrise e poi, con un cenno
della mano, gli aggiunse:
- Coraggio e sveglia, ragazzo mio.
Si salutarono tutti e due con un sorriso.
gioventù
d'oggi,
SVEGLIA!
Non dimenticate che l'occasione
càpita soltanto a chi è preparato.
Abbiate un grande sogno; carezzatelo,
coltivatelo e preparatevi: o prima o poi,
se avete nel cuore una grande istanza,
Dio suscita una circostanza, talvolta an-
che improbabile, che fa esplodere la scin-
tilla della grande occasione.
Non prendete le vostre difese.
Se qualcuno vi critica, è molto più ele-
gante fare come lo scrittore irlandese
Bernard Shaw. Quando una malalingua,
un letterato viperino, gli disse, dispettoso:
«L' ultima cosa che avete scritto è una
boiata», Shaw sorrise affabilmente e gli
rispose: « Son d'accordo con lei... ma
che cosa contiamo noi due contro
tanti?».
Nei casi disperati {di depressione
e di avvilimento) ricorrete a Colei
che è la Mamma degli adolescenti:
la Madonna. Don Bosco soleva dire ai
suoi ragazzi: «Maria è la nostra guida,
la nostra maestra, la nostra Madre».
(( Dove c'è il pericolo dell'adolescenza
- diceva Holderlin - cresce anche la
salvezza». E chi può'salvare i ragazzi, cosi
stupendi e fragili , meglio di una mamma?
CARLO DE AMBROGIO
Il ragazzo vive in un mondo tutto suo.
Ha un passo svelto. La stessa parola gio-
ventù significa, in greco, « separazione,
distacco», ma anche «decisione». Il
mondo dei giovani si separa dal mondo
degli adulti che Il ha awolti di cure nella
fanciullezza. In psicologia questa fase di
vita viene chiamata <( fase di distacco».
Il giovane, come Gesù al Tempio a do-
dici anni, si stacca dai genitori, si di-
stanzia dalla generazione più anziana.
Entra nella vita, comincia a decidere da
solo, ad agire autonomo, a sviluppare
idee proprie, a esprimere opinioni perso-
nali, a commettere propri errori. La crisi
è però una svolta. C'è quindi bisogno di
uno che gli faccia coraggio, gli dia una
mano e lo stimoli. Ecco allora alcune rac-
comandazioni di Don Bosco che, in lin-
guaggio moderno, suonano come un
rullo di diana e di tamburi.
Non date importanza al denaro.
Dovete prendere gusto al vostro lavoro,
tanto da non stare quasi nella pelle dalla
gioia. Sceglietevi un lavoro di vostro gra-
dimento; cosi non vi stancherete. Non
cercate il denaro che vi sfibra e vi di-
strugge.
5

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una sped1.z1.one
Scrivendo alla Congre-
gazione Salesiana sul-
1'ormai prossimo Cen-
tenario delle missioni
di Don Bosco, il Rettor
Maggiore don Luigi
Ricceri ha rivolto ai
suoi confratelli un
« fervido invito» a
« realizzare una spedi-
zione missionaria de-
gna dell'avvenimento ».
«Jnvito i confratelli che avranno
l'ispirazione di accogLicre questo
appello, a scrivere direttamente a me.
E fin d'ora li ringrazio, mentre prego
il Signore di benedire, con i generosi
che si offrono, anche le comunità da
cui essi provengono 11. È questa una
delle sostanziose iniziative che ven-
gono presentate alla Famiglia Sale-
siana per una celebrazione realistica
e fruttuosa dell'ormai prossimo cen-
tenario delle missioni fondate da
Don Bosco (la prima spedizione mis-
sionaria partì da Torino l' 1I no-
vembre 1875).
Tre idee concrete
La densa lettera del Rettor Mag-
giore - pubblicata negli Arti del
Consiglio Superiore d1 gennaio
1975 - getta dapprima e uno sguar-
do sul passato>>, poi presenta alcune
«caratteristiche dell'azione missiona-
ria salesiana», quindi propone tre
idee concrete t per una celebrazione
che non sia soltanto accademica.
rmss1onanaIl
degna, del centenario
La doverosa rievocazione sto-
rica accenna alla p1ima spedizione
una svolta nella storia della Con-
gregazione &) che privava le opere
d'Italia del personale migliore e al-
l'apparenza insostituibile, ma che
procurò pure alla giovane Congre-
gazione un impehsabile balzo in
avanti. Dopo le undici spedizioni
avviate da Don Bosco, il Rettor
1\\Iaggiore presenta in una rapida
carrellata la proliferazione sotto il
primo successore don Rua, i tempi
difficili di don Albera (prima guerra
mondiale), la nuova vigorosa espan-
sione con don Rinaldi, i 2500 mis-
sionari partiti sotto don Ricaldone, il
generoso giro del mondo missionario
compiuto da don Ziggiotti, le difficoltà
e le speranze di questi ultimi anni.
«Attualmente 7166 salesiani, ossia
più di un terzo del numero com-
plessivo •, si trovano nel terzo mon-
do, e di essi 4722 sono autoctoni•·
Risulta pure che «i 56 vescovi sale-
siani viventi, nella stragrande mag-
gioranza, lavorano in territorio di
missione o di grande povertà •·
Tra gli aspetti che hanno ca-
ratterizzato il lavoro missionario di
questi cento anni&, don Ricceri mette
in evidenza la partecipazione corale
della Famiglia Salesiana: non solo i
sacerdoti, ma con loro anche:
i Salesiani laici (• presenza insosti-
tuibile : sono 11 1 5 nel terzo mon-
do»);
le Figlie di Maria Ausiliatrice (iJ
loro istituto è missionario per na-
tura e vocazione t; e senza le suore
- diceva Pio XI - non si può
avere missione>>, e ciò risulta vero
io modo impressionante nel progetto
salesiano per le 684-7 [su 18.168]
Fl'.IA che lavorano nel terzo mondo);
oggi anche le Volontarie di Don
Bosco operanti con lo stile pro-
prio di un istituto secolare, ma con
lo spirito del Padre comune•);
i Cooperatori (che con le loro
t unioni» costituiscono un ~ fronte
interno • fornente ai missionari lon-
tani l'appoggio spirituale, psicolo-
gico e anche materiale » necessario;
ma alcuni di loro, specie giovani,
già si recano nelle vere e proprie
missioni).
Altre caratteristiche della missio-
narietà salesiana sottolineate dal Ret-
ror M~giore sono l'attività fra i gio-
vani (Uon Bosco vedeva anche il
missionario salesiano - sono sue
parole - «circondato da una buona
corona di giovani>>); la promozione
umana: (• c'è da stupirsi per quanto
i missionari hanno saputo fare, pur
con mezzi spesso assai limitati »); la
stretta comunione con il centro della
Congregazione; la fede semplice ma
profonda.
Guardare al futuro
Guardando al futuro, don Ricceri
applica anche per le missioni l'at-
teggiamento tipico di Don Bosco,
• espressione di una volontà tanto
6
fiduciosa quanto indomita •• che gli

1.7 Page 7

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faceva dire: *Non possiamo fer-
marci ». Oggi viene richiesto, ac-
canto al lavoro tra i popoli che an-
cora ignorano il Vangelo, che si
rinnovi l'annuncio a quelli che l'han-
no ricevuto e già dimenticato, che
ci si renda più presenti «nei formicai
delle megalopoli moderne 1►. Viene
richiesta una più intensa catechesi,
avvalorata da convincente testimo-
nianza di vita.
In concreto il Rettor Maggiore
invita l'intera Famiglia Salesiana a
celebrare il centenario collaborando
alle varie iniziative d'animazione che
tra breve saranno segnalate e propo-
ste, a esprimere la solidarietà verso
i missionari, anche con l'aiuto ma-
teriale, e a preparare - come si
diceva - «la spedizione missionaria
degna del centenario •>.
E ovvio pensare a una spedizione
ben nutrita come numero di parte-
cipanti. Delle 104 finora realizzate,
la prima annoverava dieci Salesiani
soltanto, ma in tempi successivi - e
fortunati - si arrivava a oltre due-
cento partenti (nel 1929 essi furono
addirittura 374). Ma al di Jà del nu-
mero, sarà importante il tipo di im-
pegno: si prevede di << concentrare
le nuove forze su certe zone parti-
colarmente bisognose e insieme pro-
mettenti>►, e di «avviare qualche
presenza nuova non tanto geografi-
camente quanto per l'imp~stazione i►.
La Congregazione Salesiana ri-
cerca così, attraverso una realistica
celebrazione del centenario delle sue
missioni, «la grazia del rinnova-
mento » di cui parlava il Concilio.
La nuova lettera del Rettor Mag-
giore sarà nelle comunità salesiane
fatta oggetto di riflessione individuale
e comunitaria, e diverrà occasione
di iniziative a livello di Famiglia
Salesiana. Perché - come ricordava
di recente il card. Poletti, e riferisce
don Ricceri stesso - <1 non solo le
missioni hanno bisogno di noi, ma
forse ancor più le nostre chiese
hanno bisogno delle missioni >>.
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
VOLUME DI STUDI
SULLE COSTITUZIONI
SALESIANE
Autori vari, Fedeltà e rinnova-
m ento. Ed. Libreria dell'Ateneo Sa-
lesiano, novembre 1974. Pag. 296,
L 3500.
<< Un tempo, una pubblicazione sulle
Costituzioni di una congregazione
non avrebbe trovato posto se non in
una collana di studi giuridici. Questa
Invece, apre una collana di spiritua-
lità». L'osservazione di don Aubry,
dice più che non sembri a prima vista,
sulla natura del nuovo volume, il pri-
mo forse di carattere scientifico sul-
l'argomento.
La collana che viene inaugurata con
esso. «Studi di spiritualità», è cu-
rata dall'Istituto di Spiritualità del•
J'UPS (Roma), ma il volume è nato
con la sostanziosa collaborazione del
Dicastero della Formazione e con l'ap-
porto di studiosi salesiani delle varie
parti d'Europa.
A provocare prima le ricerche e poi la
pubblicazione sono stati gli avveni-
menti del 1972 (promulgazione delle
Costituzioni rinnovate) e del 1974
(centenario dell'approvazione delle
prime Costituzioni). Quanto alle nuove
prospettive, sono l'ennesimo evidente
frutto del Concilio.
Diviso in due, il volume tratta nella
prima parte delle Costituzioni antiche,
e nella seconda di quelle rinnovate;
ma esse si integrano a formare un
tutto che trova l'unità nel progetto
storico di Don Bosco.
Sarebbe lungo descrivere glì undici
studi raccolti nel volume. Di più im-
mediata rilevanza sembrano il «bi-
lancio della riforma delle Costituzioni
religiose» (tracciato da J. Beyer SJ,
unico autore non salesiano); lo studio
di J. Aubry sul passaggio « dalle an-
tiche alle nuove Costituzioni»; « ele-
menti teologici delle nuove Costitu-
zioni» messi in luce da G. Soell; temi
concreti riguardanti: il «rendiconto»
(G. Brocardo), il «sistema preven-
tivo» (P. Braido), «orientamenti per
l'educatore salesiano» (J. Schepens).
Altri insigni autori: P. Stella, F. Des-
raumaut, E. Valentini.
L'approfondimento di questa tema-
tica - compito non marginale del-
l'Istituto di Spiritualità salesiano -
acquista rilevanza anche ecclesiale,
perché la Famiglia di Don Bosco oc-
cupa un suo posto nella realtà della
Chiesa.
7

1.8 Page 8

▲back to top
Dal 1932 i Salesiani di
Parigi-Retrait animano
tra i giovani una sacra
rappresentazione che
si è ormai imposta al-
1'attenzione della Fran-
cia intera. Al di là dello
spettacolo, c'è il sug-
gestivo e convincente
atto di fede di un'intera
comunità cristiana.
«p assion à l'Vlénilmontant &. Nel
20° dipartimento di Parigi c'è
una parrocchia dei Salesiani, un
quartiere che si coagula attorno alla
loro opera e che a ogni quaresima vive
appassionatamente la sua •Passione•,
associato dalla fede - attraverso
l'azione scenica - al mistero di Cri-
sto catturato, condannato, crocifisso.
Il fatto si ripete puntualmente
ogni anno dal 1932: la recita va in
scena nella sala-teatro della parroc-
chia tutte le domeruche di quaresima
e i mercoledì delle ceneri. Non è
un divertimento, ma pure la sala si
riempie ogni volta tanto facilmente
e gli spettatori si scomodano a venire
dal centro della capitale, da Pontoise,
dalla Nonnandia, in automobile. Dap-
prima se ne sono occupati i giornali
cittadini, poi i rotocalchì nazional~
(compreso il celebre «Paris-Match »),
poi le stazioni radio e la televisione.
Protagonisti sono trenta attori, ma
8 attorno a loro almeno 150 altre per-
sone si preoccupano di tutto e prov-
vedono a tutti, e attorno al gruppo
c'è la simpatia e l'appoggio dell'intero
quartiere. E se la Passione di Cristo
dura solo tre giorni, quella di Mé-
nilmontant dura mesi e mesi, tra
prove, allestimenti, rifacimenti, e la
caparbia ricerca della perfezione. Ne
sono contagiati tutti: i Salesiani, si
capisce; e i giovani della loro opera,
quelli della parrocchia, i ragazzini
che cominciano a fare da comparse,
poi col crescere degli anni se sono
fedeli ricevono le particine e le parti
importanti (i centurioni, Anna, Caifa,
Giovanni, Pietro, Giuda e il Cristo:
sono stati finora cinque i i< Cristi »
succedutisi in questi 42 anni); poi
gli adulti, che sono i ragazzi cresciuti
ma incapaci di rinunciare al loro
personaggio (certi ruoli da qualcuno
sono tenuti anche per 25 anni di
seguito...); e infine i vecchi, magari
un po' critici ma sempre pronti a
suggerire, a incoraggiart, a rendersi
utili. E non ci sono solo gli attori,
ma pure i cantori della corale, gli
orchestcali, gli attrezzisti, i trovaroba,
i buttafuori, le maschere, i bigliettai...
Molti sacrificano le serate della set-
timana e le domeniche dell'anno, per
mettere a punto la propria presta-
zione.
Non si recita, si vive
All'ini2io di tutto ci fu - come
sempre nelle opere destinate a du-
rare - un uomo di fede, fantasia e
tenacia: padre Dbuit, direttore dei
Salesiani dal 1900 al 19.µ!, costrut-
tore, e conduttore di uomini. Egli
approvò, volle e appoggiò l'iniziativa
con le sue non comuni capacità
organizzative. Accanto a lui, padre
Génycys che scrisge il testo con fe-
deltà al Vangelo. Accanto ai due,
l'exallievo Dehouck, artista e re-
gista di talento, che portò i primi
attori dilettanti dalle papere e dal
«trac 1> fino a una recitazione persua-
siva e commovente.
La q Passion à ì\\Iénilmontant » con
i suoi quattordici quadri scanditi con
solennità quasi liturgica, è più un
insegnamento che una realizzazione
artistica. Gli attori, che non sono
professionisti, ricavano il loro ta-
lento soprattutto dalla fede che li
anima, e incarnano i personaggi con
un'appassionata partecipazione per-
sonale. Già nel 1973 un periodico
parigino osservava: , Nessun artista
della Comédie-Françaisc &iungerà mai
a dare agli apostoli la verità d'espres-
sione che questi dilettanti trovano
senza sforzo t ; e spiegava il perché:
t Qui non si recita la Passione, la si
vive •· E la vive anche il pubblico,
se è vero che una volta Giuda al
culmine del suo tradimento si senti
insultare da uno spettatore con il
grido di • Sagouinl (sudicione), e
l'impressionante silenzio che seguì
disse la drammatica tensione che
s'era impadronita della platea.
Per il r974 la rappresentazione, a
opera dei giovani, è stata revisionata
da cima a fondo: sono caduti dal
testo alcuni brani secondari, l'ac-
compagnamento musicale si è am-

1.9 Page 9

▲back to top
modernato, i costumi e le scenografie
si sono fatte più sobrie ed efficaci.
I cinque<< Cristi >) veterani, che hanno
assistito alla nuova edizione, hanno
approvato.
Atto di fede
di una comunità
La rappresentazione presenta ora
un messaggio più evidente. « Se ascol-
tiamo bene questo dramma - ha
spiegato Patrik, 19 anni, il sesto
<< Cristo >> - si scoprono tante cose:
l'uomo prigioniero in un ingranaggio,
sia egli Giuda o i grandi sacerdoti,
o gli stessi apostoli che subiscono la
catena degli avvenimenti senza arri-
vare a comprenderne appieno il si-
grnficato. Noi abbiamo voluto de-
rrùtizzare i "buoni" e i "cattivi"
perché in realtà non si è mai inte-
ramente l'uno o l'altro, ma si cam-
mina tutti sul filo del rasoio ». E in
mezzo a quei protagonisti fragili,
inconsapevoli, ingannati, delusi, e
tutti più o meno colpevoli, il dram-
ma potente dell'Uomo-Dio, che di-
venuto pericolo per i grandi sacer-
doti, sognatore scomodo per Pilato,
prima acclamato e poi rigettato dalla
folla volubile, personaggio smisu-
rato, costantemente vicino eppure
irraggiungibile.
Per vedere la << Passione » si paga
il biglietto; il ricavato va a sollevare
le necessità del quartiere: vecchi
nell'indigenza, famiglie dissestate,
opere per togliere i ragazzi dalla
strada. Ma il bilancio positivo è
soprattutto morale: la «Passione di
Ménilmontant >> è in primo luogo
un atto di fede compiuto globalmente
da una comunità cristiana, è una
persuasiva testimonianza di solida-
rietà con Cristo e la sua sconcertante
vicenda terrena, è una predicazione
vissuta. « Attraverso questa rappre-
sentazione - dichiarano i responsa-
bili nel presentare la loro recita -
noi vorremmo toccare i vostri cuori
perché anche voi entriate in comu-
nione, insieme a noi, con il mistero
della redenzione ». In questa comu-
nione, di fatto sono entrati uomini
di fede, di cultura e di arte, un Da-
niel-Rops, i vari cardinali di Parigi
succedutisi in questi anni, e un fu-
turo Papa, l'allora mons. Roncalli.
E tanta, tanta gente. Quanto ai
Salesiani di Ménilmontant impegnati
a rinsaldare ogni anno l'équipe dei
loro giovani che fanno rivivere il
mistero della Passione, essi riman-
gono fedeli allo slogan che si sono
dati: << A D)eu par les jeunes >>. Con-
durre anche gli adulti a Dio, attra-
verso i giovani.
ENZO BIAN CO
EDITRICE
ELLE DI Cl
10096 LEUMANN (TORINO)
Una collana per i nostri lettori:
<flE COORDINATEJJ
Volumetti d; lettura e riflessione, dal contenuto solido, pratko,
positivo, per sostanziare la vita di fede. Stile discorsivo,,,piano,
vivace, per persone che han voglia di pensare.
1. IL CRISTO CHE Ml PIACE - A. Fanuli
Pag. 160 - L. 1400
«Se Cristo non mi parla. per me è morto». La persona di Cristo, la sua parola,
il suo messaggio, la sua vita danno la soluzione vera ai miei problemi più pro-
fondi, la risposta sicura alle mie domande più fondamentali.
2. RIFARE L'UOMO DAL DI DENTRO - T. Bosco
Pag. 128 - L. 1000
Venti meditazioni-riflessioni, agili, vivaci, sul filo dei principali avvenimenti
dell'anno liturgico e sui più importanti valori del Cristianesimo: dalla scoperta
dei poveri, alla vita vissuta come missione.
3. CRISTO MIA LIBERTA - A. Brien
Pag.'152 L. 1200
Molti uomi d'oggi. credenti e non credenti, cercano la libertà ovunque fuorché
in Cristo. Eppure solo lui, oggi come sempre, pub consentire all'uomo di sco-
prire se stesso, realizzare la propria personalità, illuminare questa meravigliosa
realtà che è la libertà dell'uomo.
4. PASSIONE DI CRISTO, VERITÀ DELL' UOMO A. èonca
Riflessioni sulla Passione di Cristo
Pag. 112 - L. 1100
Un libro che attraverso la frescllezza dell'intuizione e J'effiçecia dell'immagine,
guida a una conoscenza più profonda e vitale di Cristo e di se stessi. Una me-
ditaz.ione stimolante, aggressiva, provocatoria ma. nello stesso tempo, profon-
damente comprensiva nel confronti della povertà dell'uomo.
5. CAMMINARE CON. CRISTO • A. Conca
Riflessioni sul Vangelo
Pag. 96 - L. 1000
La vita cristiana è stata tradizionalmente qualificata come «imitazione di Cri-
sto». Di qui la necessità di un confronto approfondito con Cristo; confronto che,
nat uralmente, richiede una conoscenza vera, non riduzionistica o strumenta-
lizzante di lui, e una conoscenza vera di noi stessi.
6. CRISTO NOSTRA FESTA - A. Brien
Pag. 136 - L. 1200
Nel cammino della vita 1utti tendiamo, apertamente o segretamente, a un tra-
guardo comune: la felicità. Attorno ad essa si cristallizzano tutte le speranze
e anche tutte le delusioni, li volumetto di Brien cì aiuta a scoprire e sentire la
presenza continua del compagno di Emmaus, quel Gesù, Dio-Uomo, senza il
quale la nozione stessa di gioia non ha alcun significato.
9

1.10 Page 10

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A ttendo l'aereo. Avrebbe dovuto
\\I.mire ieri. Ma non s'è visto, e
neru.meno oggi. Forse verrà domani,
o dopodomani, chissà. Qui il tempo
non conta. Gente che guarda nervosa
e impaziente il cronometro qui non
ce n'è proprio. Si vive, e basta. Sul
ritmo dei fiumi che vanno, degli al-
beri che crescono, della notte e del
giorno che si succedono con calma
perenne.
Ho comjnciato il mio viaggio quin-
dici giorni fa, da Sucùa. Mi hanno
messo sulle spalle la carica di • de-
legato per la i.\\Jissione •• che vuol
poi dire, in termini europei, la carica
di ~ camminatore perenne ». Da Su-
cùa sono perciò passato a Taisha,
Sono nella missione di
Tsuirim. Un nome che
non troverete su nes-
suna carta geografica,
nemmeno su quelle
tracciate a mano dai
missionari. Perché qui
non e'è nemmeno una
« missione» propria-
mente detta, ma sol-
tanto la residenza di
una famiglia di « vo-
lontari missionari » del
posto.
di Il a Wichimi, di qui ancora a
Tsuirim. E di qui andrò avanti,
sempre avanti. E quando avrò finito
ricomincerò, portando ad ogni mis-
sione le cose urgenti, una parola di
conforto, e tanta tanta ammirazione
per questi miei confratelli t di fron-
tiera t .
11 popolo Achuar
ha le sue frontiere
So che i lettori del Bollettino Sale-
siano sanno già tante cose su questa
nostra missione. ì\\Ia nell'attesa del-
l'aereo ho voluto buttare giù an-
ch'io qualche parola per loro. Se
troverete qualcosa di interessante,

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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A sinistra: Ragazzini Shuara nel fiume Upano.
A destra: Il coadiutore salesiano Giovanni
Sanna, veterano dalla missione. Nella pag.
seg.: Una donna Shuar propara il cibo.
grazie a Dio. Se saranno solo ripe-
tizioni, perdonatemi. Lo faccio per
amore ai missionari.
Proprio vicino alla nostra missione
di Scvilla Don Bosco nasce il fiume
Makum. Il robusto corso d'acqua si
avvia verso Nord e taglia la cordi-
gliera di Kutukù. Dopo un arco
molto chiuso, scende definitivamente
verso Sud, e confonde le sue acque
con quelle del fiume Kankaim, presso
la frontiera del Perù.
Non vi ho detto questo per farvi
una piccola lezione di geografia (lon-
tani e a volte penosi ricordi della
scuola media!), ma per dirvi che in
questo ultimo percorso il Makum
segna il confine del popolo Achuar,
che si estende verso Est e verso Sud,
occupando pure una vasta zona del
Perù.
Per letto due tavole di bambù
li popolo Achuar, non molto dis-
simile dal popolo Shuar, (al cui
gruppo etnico appartiene), ha avuto
costanti contatti con i nostri missio-
nari di Taisha fin dalla fondazione
della missione. Da oltre quattro anni,
però, ha un suo missionario pro-
prio: quel Luigi Bolla che risiede
tra loro nella località di Wichimi, e
di cui il Bollettino ha parlato diffu-
samente nell'ottobre scorso. Mi scu-
serete se su di lui dirò qualche pa-
rola anch'io?
Accompagnato da don Alfredo
Germani, incaricato della Pastorale
Giovanile Shuar per tutta la zona
del Vicariato, iniziai a piedi il mio
viaggio da Tahisha. Due ore per
raggiungere il fiume Panki. Verso
sera passammo in canoa iJ Makum
e penetrammo in territorio Achuar.
Sull'imbrunire raggiungemmo il loro
primo centro: Papuentsa.
Ci ospitò il catechista Martin Ka-
shijintiu. Trascorremmo la giornata
seguente presso di lui, per prendere
contatto con la gente che abita li,
ma anche (lo debbo confessare) per
riprendere fiato: non ce la facevo
quasi più. Nelle due notti trascorse
nella casa del catechista ebbi per
letto due nude tavole di bambù.
Durante la notte mi dimenai parec-
chio per non farmi... piallare certe
ossa un po' sporgenti. Mi consolavo
pensando che i migliori medici eu-
ropei consigliano questo genere di
letti a chi, vivendo costantemente in
poltrona, deve correggere certe de-
formazioni della colonna vertebrale,
-
o far fare un po' di ginnastica ai
reni. Mi dicevo che nel mio caso,
poteva benissimo esse1e una cura
preventiva, in attesa della poltrona...
75 scuole radiofoniche
Lì a Papuentsa funziona una delle
75 scuole radiofoniche impiantate
dalla Radio Federaci(m dj Sucùa in
tutta la zona del Vicariato. Per ora,
la scuola comprende soltanto il pri-
mo ciclo delle elementari (prima e
seconda). Le lezioni vengono im-
-partite in due lingue: Shuar e Spa•
gnolo. Si passa in forma progressiva
dalla prima alla seconda lingua. Gli
ideatori sono stati i nostri due mis-
sionari P. Juan Sutka e P. Alfredo
Germani. Quest'ultimo, poi, fa alla
radio lezioni in lingua Shuar, fra cui
ascoltatissime lezioni di Catechesi.
Poiché in questo momento sta viag-
giando con me, ne ha registrato in
anticipo alcune. Una di esse fu tra-
smessa proprio nel momento in cui
eravamo tra la gente di Papuentsa.
Vorrei descrivervi al vivo lo stupore
di quei piccoli Achuar che vedevano
«simultaneamente>> P. Germani fra
loro e lo sentivano parlare alla radio
da Sucùa. Dopo una lunga discus-
sione conclusero che il <i corpo » di
P. Germani si trovava tra loro, e il suo
«spirito>> (Wakani) parlava da Sucùa.
I figli della guerra
Ebbi un rammarico grande quan-
do seppi che molti di quei bambini
e bambine che mi circondavano,
con quel sorriso bellissimo, erano
orfani di padre, alcuni anche di
madre, per la triste usanza delle loro
vendette, chiamate «matanzas ». Sus-
siste ancora profonda nel popolo
Achuar la persuasione che non esiste
la morte per cause naturali. Essa
viene esclusivamente provocata dalle
arti della stregoneria. Uniche ecce-
zioni: le morti dei bambini in te-
nera età. Quando una persona muore,
quindi, viene consultato Io stregone
perché indichi la «persona che causò
la morte \\'!. La persona indicata, da
quel momento, può considerarsi con-
dannata a morte, se qualcuno non
lo avverte in tempo perché fugga e
non si faccia più vedere dalla sua
gente.
Qualche mese fa, un Achuar di
Pupuentsa, Uasijintiu, perdette, nel
giro di ·pochi giorni, due figlie.
L'infermiera austriaca che cura que-
sta gente come « volontaria missio-
naria >>, mi disse che si trattò di av-
velenamento a causa di erbe. Ma lo
stregone attribuì la colpa ad un altro
stregone, di nome Masurash. li capo
della tribù a cui apparteneva la fa- 11

2.2 Page 12

▲back to top
miglia delle due ragazze morte, de-
cise di ucciderlo lui stesso. Masu-
rash, però, avvisato in tempo, riuscl
a fuggire. 11 capo tribù, non aven-
dolo trovato, ammazzò suo figlio,
Yu, già allievo della nostra missione
di Taisha, e dove stava per tornare.
Lo stregone Masurash, a sua volta,
decise di vendicarsi. Ma non tro-
vando nessuno della famiglia di Ka-
sijintiu, ammazzò il genero di lui.
La morte è sempre la cosa più tra-
gica in ogni genere di cultura, ep-
pure bisogna riconoscere che qui
essa è << in certo senso un fatto nor-
male ». Il «credo » di questa gente
afferma che il morto o viene vendi-
cato oppure non può raggiungere la
felicità (cioè trasformarsi in Arutam,
spirito benefico). li morto non ven-
dicato continua a rimanere Iwianch,
spirito in pena, e vaga senza pace
sulla terra, e tormenta i suoi pa-
renti che non sono stati capaci di
vendicarlo.
Padre Bolla mi confidava che, nel
giro di una decina di anni, in questa
maniera perirono una quarantina di
Achuaras, comprese alcune donne.
Quando feci visita a Chiriap, il capo
più famoso della zona, ebbi l'im-
pressione di trovarmi davanti al-
l'uomo più mite del mondo. Ma don
Bolla mi sussurrò: «Sapesse quanti
12 ne ha ammazzati... >>.
Dodici ore con i pappagalli
Dodici ore di camminata verso di
Wichimi. Aobiamo attraversato una
zona che potrebbe essere considerata
un immenso giardino botanico e
zoologico. Ai nostri piedi e attorno
ai nostri volti fiorivano corolle che
farebbero la delizia dei migliori in-
tenditori. Nostri accompagnatori ciar-
lieri e rumorosi i pappagalli, le scim-
mie curiosissime, i cinghiali che si
rintanavano nel folto, gli uccelli bel-
lissimi. Sul sentiero abbiamo notato
più volte l'impronta del tapiro e
quella ben più pericolosa del «ti-
gre >>. Ma fortunatamente non abbia-
mo fatto brutti incontri.
Pensavo camminando, tra una co-
rona del Rosario e l'altr.a, che tutto
questo paradiso terrestre, questa na-
tura vergine, presto sparirà: l'arrivo
della nostra civiltà dei bulldozer e
delle ruspe farà piazza pulita anche
qui, e avremo colate di cemento, e
invece del ciarlare degli uccelli lo
stridere delle radio a transistor. Ma
è questa la vera civiltà?
Tra le braccia di padre Bolla
Dopo dodici ore, con un po' di
male ai piedi, eccoci a Wichimi tra
le braccia fraterne di don Bolla.
Della sua esperienza m1ss1onaria ha
già parlato ampiamente il Bollettino
dell'ottobre 1974, e non voglio per-
ciò ripetermi. Voglio solo ricordare
che la sua esperienza, validissima,
segue le linee tracciate dalla Chiesa
nel Concilio e nei due grandi Con-
gressi missionari lati.no-americani di
l\\llalgar (Colombia) e di lquitos
(Perù). Egli evangelizza gli Achuaras
«dal di dentro >>, nel r ispetto e nella
conoscenza profonda di tutta la loro
cultura. Li porta gradatamente alla
scoperta di quel Dio che era ~ià
presente nella loro storia, e li vuole
portare alla luce piena del suo Van-
gelo.
Don Bolla non ha preso proprietà
di alcun terreno: è ospite del capo di
una comunità Achuar. Non ha vo-
luto nemmeno costruire una pista
di atterraggio, per tener lontani (per
ora) certi bruschi contatti con la ci-
viltà occidentale che impedirebbero
agli Achuaras uno sviluppo sereno,
razionale, pacifico, senza grossi
traumi.
Le melodie degli Anent (canti di
supplica e di amore) e dei Nampet
(canti di allegria) sono diventati le
melodie su cui gli Achuaras cantano
le lodi a D io nella S. Messa. In
tutti questi canti risuona all'infinito
la parola Jesus: il Signore che è
sempre vissuto tra loro, anche se in
maniera nascosta e velata. Ne sono
cosi persuasi che lo chiamano Jesus
Achuar.
Don Bolla non è solo evangelizza-
tore: è un camminatore formidabile
che col tascapane in spalla si fa ogni
pochi giorni 10 o 15 chilometri per
recarsi a curare un morsicato da
una vipera, per portare o doman-
dare la pace a un guerriero in cerca
di vendetta, per placare uno stregone
accanito. Ha scoperto che per queste
opere di pace gli serve assai il suo
piccolo registratore a pile. Le parole
~riferite» hanno certo un valore, ma
<( sentire la voce viva di un proprio
nemico che domanda la pace >> è
tutta un'altra cosa. E sia benedetto
anche il registratore.
Ora sono qui, a Tsuirim. Attendo
l'aereo che doveva venire ieri, che
forse verrà domani. E scrivo con
una biro su foglietti volanti questi
appunti. ·L'aereo potrebbe anche non
venire, ma sono sicuro che qui, tra
questo popolo, verrà Jesus, Jesus
Achuar, portato dai suoi magnifici
missionari, a fondare nella foresta più
profonda il suo Regno d'amore.
DON LUIGI CAROLLO
(delegato della missione)

2.3 Page 13

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l'anno degli .
santo regon1
Upu Tei afferrò una
manciata di quei grumi
di sangue ancora caldo,
la scagliò al cielo, e at-
tese immobile che gli
ricadesse sopra le spal-
le e il capo. Gesti anti-
chi, incredibili oggi, ep-
pure ripetuti pochi
giorni fa. Lotte ango-
sciose contro gli spi-
riti e riti di purificazio-
ne da « anno santo »
pagano...
N eUa nostra missione di Fuiloro
nell'isola di Timor si era amma-
lata un'importante donna del vil-
laggio Rua Lai, chiamata Muu Asa
(Foglia di Papaya). Tutti gli lna-
Jaranus (stregoni) dei dintorni arri-
varono uno dopo l'altro a esercitare
le loro stregonerie sul povero corpo
della malata, ma nessuno riusci a
«mettere in fuga •, la malattia. Pa-
dre Alfonso Nàcher, missionario spa-
gnolo nell'isola di Timor, è incanu-
tito in anni e anni di lavoro fra quella
gente primitiva. Narra cose • anti-
che >), incredibili oggi, eppure acca-
dute sotto i suoi occhi pochi giorni
fa, e che potranno accadere ancora.
Per i nativi dell'isola di Timor
- prosegue - la *signora malattia
è uno spirito maligno che aggredisce
i deboli e Li domina. I forti e i co-
raggiosi no, perché ha paura di loro.
Assalta le sue vittime durante la
notte (conosce gli individui per no-
me, e la casa in cui dormono}, e non
li abbandona pii1, finché non li ha
risucchiati completamente; allora se
li trascina nel suo regno. Se però al
mattino sopraggiunge un forte stre-
gone, la malattia, che ha paura di
lui, fugge; ma tornerà implacabile al
cadere del sole.
Se poi il paziente è furbo, ha tre
modi per difendersi dalla «signora
malattia»: oltre a chiamare un ina-
jaranu cosl forte da spaventare lo
spirito, può cambiare cli casa, oppure
può cambiare il proprio nome. Non
13

2.4 Page 14

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Nella pag. preced.· Abitazioni primit ive a Ti•
mor. Qui accanto: Una t ipic-a vecchia Indigena.
A destra: Caratteristiche costr uzioni d egli In-
digeni a Timor.
c'è la minima sfumatura d'ironia
nelle parole di padre Nàcher, ma
un'infinita tr:istezza. Da anni e anni
egli soffre accanto a quella gente,
soffre del loro buio, del loro faticoso
aprirsi un varco verso la luce.
Noi cristiani celebriamo l'Anno
Santo - continua padre Nàcher -
ogni 25 anni; gli ina-jaranus cele-
brano anch'essi in qualche modo
qualcosa del genere, ogni sette anni,
e soprattutto in occasione di qualche
calamità. Anche in occasione della
malattia di Muu Asa, gli stregoni si
riunirono, a conciliabolo. Niente me-
no che in quindici risposero alla
chiamata del grande Upu Tei (Spalla
Sacra), vecchio astuto che finora non
ha mai voluto vestirsi alla maniera
degli occidentali.
Si organizzò il corteo. Apriva la
processione i l vecchio. Due suoi aiu-
tanti portavano un capretto e un
maialino con le quattro zampe legate
insieme e infilate in un palo issato
a spalle. Le bestiole ballonzolavano
al passo del corteo. Gli altri stregoni
seguivano in fila indiana, tenendo
ciascuno un gallo sotto il braccio.
Il silemio
Prima di uscire dal villaggio, Upu
Tei impose silenzio, un rigoroso si-
lenzio, non solo alla comitiva ma a
tutti gli abitanti. Chiunque avesse
osato rompere quel silenzio anche
nel segreto della sua casa, avrebbe
rotto pure l'incantesimo del sacrifi-
cio. Allora la gente del villaggio,
compresa della grandiosità del mo-
mento, entrò nelle capanne soprae-
levate, ritirò le scalette, e attese. Il
destino dj Muu Asa tra poco si sa-
rebbe compiuto.
Gli stregoni si avviarono; una fil?
di cani scheletrici chiudeva il corteo.
Upu Tei indossava il vestito sacro,
e un panno rosso gli cingeva le
tempia; gli stregoni procedevano ve-
stiti come lui, con l'abito di gala per
quelle cerimonie giubilari.
E giunsero all'altare, che era un
promontorio di pietre ammucchiate
a forma rettangolare di un metro
d"altezza. Vicino si rizzava una a:re-
quera (una palma) dal tronco alto e
grosso. Il più giovane degli stregoni
in silenzio si arrampicò sulla palma,
e issò in cima un panno rosso a modo
di bandiera. Upu Tei suonò il corno,
la cui eco giunse a Rua Lai, e dette
14 inizio al sacrificio.
Gli ina-jaranus allora si costrui-
rono ciascuno una capanna con fra-
sche di palma secche, e vi si rin-
chiusero dentro: solo Upu Tei era
degno di avvicinarsi all'altare. Con
molta difficoltà il vecchio si appol-
laiò sullo scanno; allora i suoi quattro
aiutanti gli porsero il maialetto. Con
una lama egli squarciò il ventre
dell'animale, che stiidette e si dibatté
con tutte le forze, mentre gli aiutanti
cercavano di immobilizzarlo per le
zampe.
Il sangue sprizzava a fiotti, ma lo
stregone non si curava di racco-
glierlo. Scrutava intensamente i mo-
vimenti convulsi dell'animale, e quelle
sue viscere palpitanti. Stava divinando
il destino di Muu Asa, che giù nel
villaggio combatteva contro la morte.
Fece lo stesso rito con il capretto,
e lasciò che il suo sangue si mesco-
lasse sull'altare con quello del maia-
letto. Poi, afferrò una manciata di
quei grumi ancora caldi, li scagliò
al cielo, e attese immobile che gli
ricadessero sopra le spalle e la testa.
Il banchetto
Intanto gli altri stregoni fac.evano
la loro parte con i galli, ma senza
usare coltelli: attenendosi fedelmente
al cerimoniale squarciarono il ventre
degli animali con le unghie, si asper-
sero con il sangue delle vittime, e
scrutarono attentamente i movimenti
delle loro viscere per leggervi le di-
vinazioni. Poi, con le mani e il corpo
macchiati di sangue, ognuno tornò
all'aperto e preparò il suo focolare
per arrostire e mangiarsi le vittime:
il vecchio sopra l'altare, e gli altri
davanti alla loro capanna, in semi-
cercruo.
Il silenzio sacro continuò a regnare
per tutto il tempo del sacrificio, fino
al termine del sacro banchetto. Upu
Tei non riusciva a consumare per in-
tero le sue vittin1e, neanche con la
collaborazione dei suoi quattro aiu-
tanti. Con cenni allora chiamò gli
altri stregoni, perché gli dessero una
mano. Tutti si avvicinarono all'al-
tare, e in poco tempo finirono i resti
degli animali arrostiti.
I cani affamati erano gli unici te-
stimoni del festino, e si leccavano i
baffi pregustando la parte che sa-
rebbe toccata a loro; ma i poverini
ignoravano che le ossa delle vittime
sacre non possono essere violate da
denti canini. E infatti, come parte
integrante del rito, gli stregoni rac-
colsero le ossa pulite e ripulite, le
interrarono in una buca preparata
appositamente nel centro dell'altare,
e le ricoprirono con grosse pietre. Le
penne dei galli invece furono bru-
ciate.
A questo punto Upu Tei sollevò
il capo e fiutò l'aria per vedere se lo
spirito di U ru-Vachu (luna-sole, di-
vinità) scendeva su di lui. Tutti

2.5 Page 15

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conservavano un silenzio sepolcrale,
seguendo i suoi movimenti miste-
riosi. Alla fine bagnato il dito con la
saliva, e visto che asciugava dalla
parte verso il villaggio, come se di
giungesse una brezza benefica,
dette ordine di bruciare le capanne
degli stregoni. Il fumo e le fiamme
si dirigevano in direzione opposta
al villaggio: era il segno buono, gli
spiriti scappavano.
Upu Tei esultante dette inizio al-
lora alla danza sacra, ritto in piedi
sopra l'altare, imitato dai suoi col-
leghi che danzavano in cerchio. Ma-
nifestavano la gioia per il buon esito
del rito, non a parole, ma con suoni
gutturali. Poi si riformò il corteo e
tutti tornarono nell'ordine di prima
al villaggio. Solo i cani, più affamati
che mai, rimasero: gironzolavano al-
tomo all'altare, vi saltavano sopra,
annusavano le ossa attraverso le pe-
santi pietre senza poter giungere fino
a loro, lambivano il sangue delle ,rit-
time coagulato sopra le pietre.
Il colpevole
Quando il corteo degli stregoni
giunse a Rua Lai, chiamarono fuori
tutti gli abitanti, che stufi di aspet-
tare abbassarono velocemente le sca-
lette delle case e corsero nello spiazzo,
Upu Tei si guardò attorno come cer-
cando qualcuno che a suo giudizio
avrebbe do\\'uto seih'altro trovarsi lì.
11 Muu Asa ormai è guarita - gri- Quanto resta ancora da fare - gli
dò. - Perché non viene fuori ?•· diciamo -, ai missionari, tra questa
È morta poco fa ~. tagliò corto gente semplice. - Padre ~àcher
uno della moltitudine.
Il vecchio rimase un attimo in-
terdetto, poi inscenò una grande
furia. Il fumo e le fiamme delle ca-
panne - strillava - andavano in
direzione contraria a quella del vil-
laggio, era segno che gli spiriti ma-
ligni se n'erano andati, scacciati da
Uru-Vachu; se si fossero dirette
verso Rua Lai, allora sl sarebbe stato
segno che molte altre infermità sta-
vano entrando in l\\Iuu Asa. Ora cosi
risultava l'assurdo, che gli spiriti cat-
tivi avevano vinto. Non poteva essere!
Allora, con occhi iniettati di fuoco
Upu Tei scrutò attentamente a uno
a uno tutti i presenti. E ci fu un pau-
roso, che non seppe resistere a quello
sguardo d'aquila: abb~ò gli occhi
i,ieno di paura. Era perduto.
• Sei stato tu! Tu h;µ rotto il si-
lenzio sacro e rovinato la cerimonia I ••
Furono inutili le proteste di inno-
cenza di quel disgraziato: tutti gli
assente.
Prima c'è da distruggere un passato
assurdo, per poi costruire ? No, pa-
dre Nàcher dice che non è cosl.
Siamo troppo sbrigativi, noi occi-
dentali, abituati a passare su tutto
l'antico con il caterpillar della nostra
e cultura moderna».
In quel cumulo di cerimonie che
ho descritto - dice - , ci sono ele-
menti positivi che l'indigeno, salve
le debite differenze, J itroverà anche
nel sacrificio vero di Cristo. Per
esempio richiama potentemente l'at-
tenzione del missionario quella me-
~colanza del sangue del capretto
(che per loro rappresenta la divinità)
con quello del maialetto (simbolo
delJ'uomo). Come pure l'alzare quel
sangue verso il cielo, è come un of-
fertorio; la sua ricaduta sopra gli
officianti, è un rito espiatorio che sem-
pre in ogni parte del mondo ha si-
stregoni gli volarono addosso con
furore e lo colpirono con percosse
selvagge.
Tutti infatti credono che Upu Tei
ha negli occhi una luce speciale, che
gnificato purificazione dei peccati.
Una riconciliazione, un rito da
anno santo pagano? In certo senso...
«E-infine il banchetto sacro delle
vittime, ci ricorda quell'altro biin-
non sbaglia mai: una luce che gli chetto Eucaristico al quale noi mis-
piove dal cielo e gli consente di di- sionari desideriamo portare presto i
stinguere gli innocenti dai colpevoli. poveri abitanti dell'isola di Timo,
E il grande stregone ha sempre ra- Anche in quel rito buio, c'è dun-
gione!
1 que un varco verso la luce.
15

2.6 Page 16

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Le Figlie di Maria Au-
siliatrice, che nel 1972
hanno commemorato il
Centenario della loro
fondazione, il 17 aprile
aprono il primo Capi-
tolo Generale del loro
secondo secolo di vita.
Per l'occasione la Su-
periora Generale madre
Ersilia Canta ha rila-
sciato cortesemente
l'ampia intervista che
segue.
È stato scelto il tema
« La formazione della
FMA »: perché oggi è
profondamente cam-
biato il concetto di for-
mazione, perché la gio-
vane che oggi domanda
di diventare suora è di-
versa, perché diverso è
anche il rapporto della
16 suora verso la società.
a100anni
Intervista allt1 Superiora Generale
delle FMA per il I6° Capitnlo Gene-
raie del!'Istituto.
IL PRIMO CAPITOLO
DEL SECONDO SECOLO
Domanda: lv/adre Canta, il si,o
Istituto nel r972 ha compiuto cento
anni; il prossimo Capitolo Generale
sarà i"/ primo che si celeb1'a nel nuovo
secolo di vita. Che cosa si attende Lei
dal Capitolo, per il futuro del suo
Istituto?
Madre Canta: Si può dire che
l'anno centenario dell' Istituto ha dato
l'avvio alla preparazione del Capitolo
Generale XVI. L'esortazione: «A
cento anni bisogna rinascere », com-
pletata dal Rettor Maggiore: «Rina-
scere con Maria per progredire e
perseverare 1>, ha suscitato in tutto
l'Istituto fervore di vita e di opere.
Le parole del Papa nell'udienza
concessa alle FMA iJ 15 luglio 1972.
hanno ravvivato il loro impegno: «La
Chiesa attende molto da voi. Come
ieri e più di ieri. Chiediamo perciò
la vostra dedizione, il vostro sacri-
ficio, il vostro dono totale alla Ma-
donna per la gloria di Gesù Cristo >J.
Nell'anno centenario ci siamo in-
contrate a !Vlornese con tutte le
Ispettrici per fare il punto sulla si-
tuazione dell'Istituto. Questo ripen-
samento è stato una buona base per
la formulazione del tema dell'attuale
Capitolo Generale. Esso si propone
un compito delicato e vitale: chiarire
e riconfermare, alla luce del carisma
salesiano, l'identità della FMA: con-
siderare i mutamenti, i problemi, le
esigenze che l'attuale società presenta,
specie nel settore giovanile e, su
questa duplice presa di coscienza,
maturare le linee della formazione
della FMA, consacrata-apostola nella ,
Chiesa e nel mondo, oggi.
Secondo questi obiettivi, è stato
formulato il tema dell'attuale Capi-
tolo: << La formazione della Figlia di

2.7 Page 17

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Maria Ausiliatrice, per una graduale
conquista della sua identità di per-
sona consacrata-apostola, operante fra
le giovani con 1o spirito di Don Bo-
sco e di Madre :\\lazzarello nella so-
cietà e nella Chiesa, oggi&.
IN CONTINUO
RINNOVAMENTO
Domanda: Lei ritiene che il rin-
novamento richiesto a mo tempo dal
Concilio ai Religiosi, sia per l'Istituto
delle FMA un impeg110 già reali:s-
zato, o 1m itineran·o solo in parte
percorso, di cui l'attuale CapitoL, Ge-
nerale è una tappa? Ritiene ck esso
è chiamato ad affro11tare temi e pro-
blemi ancora «straordi11ari 1> per la
vita del suo Istituto?
Madre Canta: Ogni Capitolo Ge-
nerale mi pare sia un momento di
revisione, per procedere in continuo
•rinnovamento>>. Il Capitolo Gene-
rale Speciale ha lavorato per la ste-
sura delle Costituzioni secondo le
norme dell'c Ecclesiae Sanctae •, e
ha studiato i problemi a livello di
persona, di comunità orante, fra-
terna e apostolica e di governo, che
la nuova impostazione comportava.
Ancora seguendo l'orientamento
dell'ES, l'attuale Capitolo rivedrà le
Costituzioni apportandovi quelle mo-
difiche che le Capitolari riterranno
opportune dopo aver studiato gli
emendamenti che sono stati richiesti
a tutte le Suore.
Il «rinnovamento voluto dal Con-
cilio esempre attuale, perché si fonda
su una duplice realtà: l'approfondi-
mento del carisma del Fondatore, e
la sensibilità ai segni dei tempi •·
Il Capitolo Generale Speciale ha
dato il via a un impegno di rinnova-
mento che, nel rapido cambiare delle
situazioni storiche, si deve mantenere
vivo se vogliamo essere e vive nella
Chiesa. La Congregazione delle FMA,
come ogni realtà di vita, è in continuo
divenire. E poiché il contesto socio-
culturale in cui viviamo subisce ra-
pide mutazioni, nasce l'esigenza di
assumere in modo sempre più con-
sapevole la realtà del carisma di
Don Bosco per esservi fedeli e, al
tempo stesso, molta attenzione al-
l'uomo di oggi perché l'espressione
del nostro apostolato risponda vera-
mente ai suoi problemi.
NELLA PREPARAZIONE,
TECNICA E PREGIDERA
Domanda: Le si11gole Suore e le
singole Comtt11ità in che modo lia11110
co1ttribuilo alla preparazio11e dell'im-
minente Capitolo?
Madre Canta: Abbiamo chiesto il
contributo di studio sul tema del
Capitolo non solo alle singole Suore
e alle comunità ispettoriali, ma an-
che alle giovani in formazione: po-
stulanti-novizie, e alle giovani che
frequentano le nostre Case: allieve,
exaJlieve, ecc.
Ci pare che questa convergenza
di attenzione su di un unico interesse
- partendo da situazioni di vita di-
verse - sia stata valida...
Le suore hanno avuto pure la li-
bertà di inviare direttamente al Cen-
tro proposte e osservazioni che po-
tessero tornare efficaci per i1 bene
dell'Istituto e della sua specifica mis-
sione.
La risposta è stata sollecita, i Ca-
pitoli lspettoriali hanno lavorato be-
ne. Abbiamo rilevato una maturità
di orientamento, che, mentre cerca
forme nuove per venire incontro
alla gioventù di oggi, tiene presente
che l'efficacia dell'apostolato procede
prima di tutto dalla maturazione
penìOnale, nella preghiera e nel sa-
crificio.
L'Istituto deve il bene compiuto
i.n questi 100 anni, alla fedeltà di
sorelle che, in semplicità di spirito,
sono andate aH'essenziale: preghiera
e sacrificio. Questa è una realtà di
vita che non pub essere sostituita da
alcuna tecnica, anche se è necessario
e giusto servirsi oggi di ogni mezzo
efficace per attuare la nostra mis-
sione.
L'elezione delle Delegate, fatta nei
Capitoli lspettoriali, unitamente alla
nomina di parecchie nuove Ispettrici,
farà che al Capitolo Generale al-
meno 1/ , dell'assemblea sia formata
da suore che per la prima volta vi-
vono quest'ora importante dell'Isti-
tuto. E un'evidente espressione di
fiducia dell'Istituto stesso, che at-
tende ora dalJc Capitolari una ri-
sposta di fedeltà responsabile e di
equilibrata jntuizionc dei problemi
che si studieranno.
ARGOMENTO:
LA FORMAZIONE
DELLA FMA
Domanda: La scelta dell'argomen-
to: «La formazione della FMA co-
TM temà pn'11cipale del Capitolo Ge-
nerale, mi ùul11ce a supporre che si
abbia la necessità e l'i11te11zio11e di
rivedere impostazio11e, conte,mti e me-
todi tklla formazione. Forse flOn 11elle
cpse essenziali (sempre valide), ma i1l
ciò che si riferisce ai cambiamenti dei
tempi. Da dove. nascono i problemi?
Dtil fatto che è cambiata la giO'Ualle
che oggi domanda di diventare Suora,
o dal fatto clie oggi viene richiesto
1,11 rapporto d;verso cklla Sttora verso
la Società?
Madre Canta: Veramente oggi,
quando si parla di formazione ••
non ci si può più riferire, come nel-
l'esperienza tradizionale, al tempo
che decorre tra l'aspirante e i voti
perpetui. Oggi il termine abbraccia
una situazione di vita permanente.
Proprio per questo il Capitolo Ge-
nerale intende studiarne gli obiettivi,
i contenuti, i metodi.
L'approfondimento dello spirito
salesiano illuminerà vitalmente lo
studio dei problemi che ogni Ispet-
CHI ~ MADRE ERSILIA CANTA
Madre ERSILIA CANTA governa da un sessennio l'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice· fu eletta Superiora Generale dal Capitolo Speciale del 1969.
Al non facile compito ha portato, con Ja chiarezza delle proprie doti personali,
la formazione ricevuta nella famiglia monferrina di salde tradizioni cristiane. e
arricchita nelle Case di Mornese e di Nizza Monferrato, dove ha compiuto gli
studi in un clima pervaso dallo spirito delle origini dell'Istituto.
A Livorno. Conegliano Veneto. Nizza Monferrato, Padova e Milano è stata
insegnante. direttrice e 1spettrice. sostenendo nel penoso periodo di guerra
gravi sacn'iici e affrontando situazioni quanto mai difficili.
Nel 1965 è chiamata al Consiglio Generalizio e collabora attivamente alla
preparazione del Capitolo Speciale, anche con rapide visite a parecchi centri
ispettoriali di America. arricchendo sempre più la sua esperienza.
Durante questo sessennio di governo ha dato incremento alle attività del-
l'Istituto promovendo. in consonanza con I bisogni dei tempi, incontri, con-
vegni. pubblicazioni che meglio approfondiscono la spirituehtà delle suore e
ne perfezionano le capacità catechistiche, educative e professionali. Ha visi-
tato personalmente quasi tutti I centri ispettoriali, e non poche case di forma-
zione d'Oriente e d'Occidente (dal 1970 al 1974 assommano a una trentina
le nazioni da lei visitate: dal Cile agli Stati Un,tì, dalle Filippine alla Cina. al
Giappone e alla Corea).
Queste visite hanno creato nell'Istituto un forte vincolo di unione, per cui
esso ha potuto conservare vivo anche oggi, pur nelle difficoltà dell'ora, quel
senso della saldezza In cui è la sua forza e la sua speranza per l'awenire.
17
I

2.8 Page 18

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Accanto: M•dr• Canta rlcevuu In Indio, nel
1970.
toria vive in situazione; le esigenze
e le intuizioni che emergono dai la-
vori delle giovani in formazione e
da quelle che vengono nelle nostre
Case, ci aiuteranno a rimanere sen-
sibili alle esigenze dell'oggi della
Chiesa perché, come è stato detto,
ci possa essere ~ comunicazione tra
le aspirazioni della gioventù, le ne-
cessità del mondo moderno e il ca-
risma dell'Istituto •·
I problemi che oggi si pongono
quando si studia la formazione della
FMA comprendono tutti e due gli
aspetti da lei richiamati; direi anzi
che essi sono interdipendenti. Pro-
prio perché la società è cambiata, è
cambiata la giovane che chiede di
entrare nell'Istituto e sono cambiati
i e modi di relazione della suora
con la società stessa. È su questa
situazione di fatto che si oriente-
ranno i lavori del Capitolo.
Tenendo presenti queste realtà, è
stato studiato da un'apposita com-
missione di esperte un piano orga-
nico della formazione della FMA. È
stato mandato nelle Ispettoric per-
ché ogni Ispettrice lo studi e, ve-
nendo a Roma, possa portare osser-
vazioni e integrazioni in proposito.
Tale piano organico segna solo una
essenziale linea orientativa. In questi
stessi termini lo si studierà in sede
di Capitolo Generale. Sarà respon-
sabilità di ogni Ispettrice, in accordo
con il Centro, ridimensionarlo sulle
concrete necessità della propria Ispct-
toria.
LE COSTITUZIONI
RINNOVATE,
SEI ANNI DOPO
Domanda: li Capitolo Centrale
del r969 ha presentato alle FMA, tra
i fmtti più significativi del suo la-
voro, le e Costituzioni rimUJtJate del-
['Istituto. A distanza di quasi sei anni
può fare un bilancio <kll'accoglim::a
loro riseroata dalle FMA? Dall'esame
delle opinioni già espresse, emerge
qualche i11dicazione di fo,ido partico-
larmente significativa?
Madre Canta: Sarà il Capitolo
stesso che risponderà esaurientemente
a questa domanda, dopo aver preso
in esame gli emendamenti delle Co-
stituzioni. Nelle • sintesi • mandate
dai Capitoli Ispettoriali vengono so-
vente richiamate le Costituzioni in
termini di positività, specie per la
18 sottolineatura esplicita dello spirito
---
- r-1 cl I e
••
t
..
evangelico ed ecclesiale fatta dal Domanda: A mo p(Irere la nuova
Capitolo Generale Speciale. Si de- generazione di suore quali caratteri-
sidera una maggiore evidenziazione sticl1e positive porta in st e q11ali ne-
della componente mariana, in modo gative, legate ai recenti cambiamenti
che la Fl\\[A possa trovare nelle Co- della soci.età e della Chiesa?
sùtuzioni un vero orientamento della
propria spiritualità che si specifica
come eucaristico-mariana.
Le numerose schede di emenda-
menti giunte al Centro, dicono quanto
sia stato intenso lo studio e lo sforzo
per una interpretazione e vitalizza-
zione delle Costituzioni, e danno
pure un'idea della diversa sensihilità
Madre Canta: È molto azzardato
e, soprattutto, non risponderebbe a
verità, fare un elenco di qualità e
di limiti, non solo delJe suore più
giovani, ma di quelle di ogni età.
ln ciascuna di noi ci sono sempre
tante sfumature che attenuano gran-
demente una definizione. A ogni
modo possiamo cogliere alcune ca-
con cui. vengono giudicaù. i. problemi ratteristiche della giovane suora: il
teorici e pratici nelle diverse parti desiderio di vivere una vita forte-
dell'Istituto, presente nei cinque con- mente ispirata al Vangelo, la valo-
tinenti e, largamente, nell'America rizzazione di ciò che è essenziale nei
Latina, primo campo della sua espan- rapporti vicendevoli, il desiderio di
sione missionaria. La corresponsa- 1 corresponsabilità.
bilità, il decentramento, un equili- Evidentemente queste positività,
brato pluraHsmo di attuazioni, espres- se non sono tenute nell'equilibrio
sione di fecondità di un unico spi- generano un limite. Cosl può acca-
rito, sono espressioni che ritornano dere di protestare fedeltà al Vangelo
sovente negli emendamenti. Vi sono e di non praticare la carità nella de-
pure rilievi di stile.
dizione quotidiana nella vita di co-
Prenderemo tutto in considerazione munità. La stessa creatività, se non
in luce di Spirito Santo e ci guiderà è illuminata dall' intelligenza del-
la Madonna a cercare sempre il bene l' umiltà, può rendere difficile la col-
dell'Istituto che è suo.
laborazione o chiuderla nel gruppo.

2.9 Page 19

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L'attenzione al futuro può far per-
dere di vista il valore dell'esperienza
che è già stata verificata dalla vita.
Tutte, ma specialmente clii è
figlia di questi ultimi decenni,
portiamo in noi la poca familiarità
con il sacrificio quotidiano, spicciolo,
espressione umile di un importante
dominio di sé, di vera libertà. È
più stimolante la grande e passeg-
gera testimonianza. Oggi special-
mente, il benessere e la tecnica ci
tentano continuamente di pigrizia
spirituale e di scarsa volontà. Se
guardiamo a Madre Mazzarello, una
donna che oggi diremmo pienamente
realizzata, osserviamo che la sua vita
è stata un continuo esercizio di su-
peramento del quotidiano in una
luce di fede grande.
Debbo dire però che il desiderio,
espresso specialmente dalle nostre
sorelle µiu giovani, di approfondi.re
le ricchezze dei primi anni dell'Isti-
tuto, è motivo di viva fiducia. I
corsi di spiritualità salesiana già rea-
lizzati in varie l spettorie, e ripetuta-
mente richiesti nelle proposte pre-
sentate al Capitolo, ci fanno pensare
che l'Istituto sta veramente attuando
quel rinnovamento auspicato dal Con-
cilio.
LA FAMIGLIA SALESIANA
Domanda: J Salesiani nel loro Ca-
pitolo Generale Speciale celebrato l'an-
no r97I hanno approfondito il tema
della << Famiglia Salesiana» realizzata
da Don Bosco. Il prossimo Capitolo
Generale del mo Istituto riesaminerà.
anch'esso il molo delle FMA nella
Famiglia Salesiana secondo la pro-
spettiva del progetto apostolico trac-
ciato da Don Bosco?
Madre Canta: Il tema specifico
di questo Capitolo, come già ho
detto, è la formazione della FMA
ed è fondamentale per la vitalità del-
l'Istituto.
Concentreremo perciò su questo
tema tutta la nostra attenzione, e per
evitare frammentarietà e dispersioni
non abbiamo in programma altri ar-
gomenti pur molto validi e interes-
santi.
Alla Famiglia Salesiana presenta-
taci dal Capitolo Generale Speciale
dei Salesiani abbiamo aderito volen-
tieri e dato la nostra cordiale colla-
borazione, particolarmente per i frutti
che ne possono venire in una con-
corde azione formativa nel campo
della pastorale.
Questa collaborazione delineerà
meglio la sua fisionomia nella con-
cretezza che sarà richiesta ogni giorno
<lai luoghi e dalle circostanze.
In varie Ispcttorie si sono realiz-
zati incontri che hanno meglio rile-
vato la vicendevole ricchezza dei vari
gruppi che Don Bosco, direttamente
o indirettamente, ha dato alla Chiesa.
La stima reciproca porterà senz'al-
tro a una maturazione nella capacità
di ascolto e di rispetto da parte dei
vari gruppi e perfezionerà cosi quella
collaborazione nella carità che è la
prima testimonianza che il mondo ci
chiede.
LE SUORE MISSIONARIE
Domanda: È ormai vicino il cen-
tenario delle J11issioni forzdate da Don
Bosco, impresa apost,olica che vide le
FMA al fianco dei salesi·arzi fin dal
I877. L'attuale Capitolo si occuperà
anche dell'argomento missionario? In
quali prospettive?
Madre Canta: Proprio nella cir-
colare mensile del dicembre 1974
abbiamo richiamato a tutto l'Istituto
l'anno centenario delle Missioni Sa-
lesiane sottolineandone l'importante
significato.
Il Capitolo Generale si occuperà
di questo argomento nella linea della
formazione. L'Istituto, dicono le no-
e stre Costituzioni << per sua natura
educativo e missionario». Tale realtà
impegna a una qualificazione di base
che aiuti ogni FYI.A a sentire la pro-
pria missione di evangelizzatrice della
gioventù di oggi nel mistero fecondo
dell'annuncio e della testimonianza.
Verrà fatta poi una revisione per
il Corso di Missiologia frequentato
dalle Suore che andranno in terre
di missione, in modo clie siano sen-
sibilizzate sempre di più alla com-
prensione, al rispetto, alla vera ca-
rità evangelica verso i popoli ancora
da evangelizzare, e siano fondate
sui princìpi sicuri che ci vengono
dal magistero della Chiesa e del-
l'Istituta.
Sarà presa pure in considerazione
l'iniziativa già promossa dal prece-
dente Capitolo, per il ritorno tem-
poraneo in Patria delle missionarie.
A tutte, nel periodo trascorso in
Italia, è stata offerta la passi bilità
di ritemprarsi fisicamente e spiritual-
mente. Il ritorno in famiglia è stato
motivo di apostolato; il corso di ag-
giornamento e gli Eser cizi Spi.rituali
fatti a Mornese, sono stati fonte di
una efficace ripresa spirituale.
L'onda di ritorno è stata confor-
tante; riesamineremo però tale espe-
rienza nella visione d'insieme della
formazione permanente che deside-
riamo, per quanto possibile, unitaria
nell'impostazione e negli obiettivi
che intende perseguire.
LA GEOGRAFIA
DELL'ISTITUTO
Domanda: Ci può brevemente pre-
sentare il suo Istituto in cifre? E può
illustrare gli eventuali cambiame11ti
che stanno a'1JVenendo in esso? C'è chi
parla di mutamenti nella geografia
della vita religiosa : accado110 anche
per le FMA?
Madre Canta: Le FMA sono at-
tualmente 18.060, di cui 348 No-
vizie. Si trovano in 57 Nazioni e
lavorano in 1.443 case.
Alcune opere in questi ultimi anni
hanno subito viiri cambiamenti le-
gati in parte ai mutamenti socio-
culturali, che hanno creato la neces-
sità di nuove presenze apostoliche
più rispondenti ai luoghi e ai tempi.
Mentre infatti si sono aperte nuove
case nelle popolate periferie delle
città, si sono chiuse case in piccoli
centri montani e rurali, che il feno-
meno dell'urbanizzazione ha grada-
tamente spopolati. Ridimensionate
varie grandi comunità, se ne sono
formate di più piccole dedicate spe-
cialmente al lavoro pastorale nelle
Chiese locali.
Sono state potenziate le opere po-
polari già esistenti (in particolare
oratori e centri giovanili), è stato
dato nuovo impulso pastorale alle
scuole; e si sono aperte e incremen-
tate, spesso in collaborazione di al-
lieve ed exallieve, nuove opere di
promozione umana-cristiana.
Anche la nostra Congregazione ha
però risentito della crisi vocazionale
che investe oggi la Chiesa, e il nu-
mero delle vocazioni è diminuito
specialmente nell'Europa e nell'Ame-
rica Latina.
Sono fiorenti ancora i Noviziati
dell'India e del Messico e hanno un
buon numero di aspiranti e di novi-
zie anche le ispettorie degli Stati
Uniti e del Venezuela,
Ci sono però segni di una buona
ripresa vocazionale già in varie altre
l spettorie. E si nota che quanto più
le ~iovani trovano nelle Suore una
aperta professione della propria iden-
tità religiosa, più cresce in loro il
desiderio di Dio, della preghiera, e
si fa vivo l'interesse per la vita della
Chiesa e dell'Istituto.
Questo e, idenzia chiaramente che
Gesù continua a chiamare anche oggi
alla sua sequela, e il Capitolo avrà
come primo compito quello di for-
mare la FMA in modo che non sol-
tanto con le parole, ma con la coe-
renza e con la gioia deUa sua vita,
dia testimonianza di aver scelto il
Signore come ideale della propria
esistenza.
Intervista raccolta da ENZO BIANCO 19

2.10 Page 20

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Simone Srugi era nato
a Nazareth. Era norma-
le che ogni tanto gli
domandassero (con o
senza l'ironia dell'anti-
co Natanaele) : « Può
forse venire qualcosa
di buono da Naza-
reth? ». E lui, ometto
magro e palliduccio, .
invariabilmente con-
fermava : « È vero : da
Nazareth è venuto un
bel nulla, e quel nulla
sono io».
Q uinto e ultimo figlio di una cri-
sti:ma di Nazareth e di un cri-
stiano di professione sellaio (Srugi in
arabo significa appunto sellaio) ve-
nuto dal Libano, il piccolo Simone
rimane presto orfano: nato nel 1877,
prima dei due anni perde il babbo,
e prima dei sei perde anche la mamma..
Accudiscono a lui una sorella mag-
giore, poi una zia. 1 padri France-
scani gli mettono tra le mani l'abbe-
cedario, e gli mettono negli occhi e
nel cuore le immagini stùpende della
Terra Santa, i luoghi di Gesù, della
Madonna, di Giuseppe. Poi, nel 1888
Simone va a Betlemme, nell'orfano-
trofio cattolico, dove insegnano a
diventare calzolai, falegnami e sarti.
Lui, ragazzo esile e vispo, è fatto
apposta per ago e forbici.
A dirigere quell'opera benefica
c'è un sacerdote venuto da lontano,
don Antonio Belloni, che tutti chia-
mano Abuliatama (padre Qegli or-
fani). Nel 1891 l'Abuliatama annun-
da ai trecento orfani di Betlemme
che 1i affiderà a nuovi superiori:
difatti ecco arrivano, e sono i Sale-
siani (tutte le opere che don Belloni
aveva fondato in Oriente passano .ii
Salesiani, e anche i suoi religiosi
diventano Salesiani, e lui per primo:
in questo modo singolare la Congre-
gazione ha cominciato la sua atti-
vità nel Medio Oriente).
Per quel che riguarda Simone, gli
chiedono di imparare e lui lo fa
volentieri; gli chiedono di giocare e
lui non si rifiuta; gli chiedono di
pregare e la sua anima sembra fatta
apposta per aprirsi alla preghiera. I
nuovi superiori gli piacciono, e a
16 anni Simone domanda di diven-
tare come loro. Eccolo infatti a
Beitgemal (30 km da Gerusalemme),
aspirante alla vita salesiana. Beitge-
mal è un piccolo centro agricolo, sul
pendio dei monti che dalla Giudea
scendono al mare davanti a Gaza,
<love un tempo imperversavano i Fi-
listei. La casa salesiana è un fabbri-
cato massiccio, quasi un castello, che
domina la collina. Simone vi tra-
scorrerà tutta la vita; esattamente
cinquant'anni, e non la lascerà che
per il cielo.
Cinquant'anni nell'ombra, nella
semplicità, nel servizio. Di 1ui novi-
zio dicono: «Questo ragazzo fa tutto
con perfezione; non è come gli altri».
Divenuto salesiano coadiutore, ap-
pende alla giubba il crocifisso della
sua consacrazione religiosa, un po' a
sinistra, in modo che Gesù sia vicino
al suo cuore, e lavora, da mattino a
sera, e anche dopo. È maestro, assi-
stente, sacrestano, sarto, mugnaio,
incaricato della piccola rivendita di

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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commestibili e chincaglierie, infer-
miere. Con queste professioni, eser-
citate quasi sempre simultaneamente,
Simone rende testimonianza a quel
suo concittadino che divinizzò la fa-
tica delle mani, profumandola di
silenzio, di servizio, di preghiera. Il
Cristo.
È maestro di scuola. Muallem
Srugi (maestro Srugi) cominciano a
chiamarlo i suoi primi scolaretti, e
quel nome lo accompagnerà per
tutta la vita. Lo ricordano: <i Ci
guidava la mano nelle prime scrit-
ture con tanta dolcezza, che neppure
un padre lo avrebbe uguagliato. Non
ho trovato nessuno più bravo di lui
nel temperare le matite ».
Ricordano gli scolari mussulmani:
«L'ho conosciuto come la palma di
questa mia mano : era come una
coppa di miele... Io sono mussul-
mano e lui era ciistiano, ma mi
trattava sempre come se fossi stato
suo fratello... Mi raccomandava di
essere buono con tutti e cattivo con
nessuno, di perdonare chi mi fa-
cesse del male e di perdonarlo come
fratello... Nessuno sotto il cielo po-
teva essere nemico di Muallcm
Smgii>.
Mugnaio. Gli portano i sacchi di
grano da macinare senza pesarli
prima, e si riportano via i sacchi di
farina senza pesarli dopo : sono sicuri
che non li defrauda neppure di un
chicco.
Operatore di pace. In qualche vil-
laggio scoppia una lite, e lo chirnano
a fare da arbitro: «Per noi, dopo
Dio c'è lui, e lui è un uomo 'taman'
(giusto)».
Infermiere. Nella zona manca il
medico, e da una cinquantina di vil-
laggi intorno corrono a lui in frotte,
facendo anche ore di cammino. È
per lo più gente povera, sparuta;
pastori, contadini, beduini, ma anche
ricchi, su vdoci cammelli. Arrivano
a qualsiasi ora, mentre mangia (e
pianta tutto lì), di notte. Li cura
nella casa salesiana (una stanzetta è
stata trasformata in ambulatorio e
dispensario) o corre a casa loro.
Chi può gli darà qualcosa, ma lui
non chiede.
Malati rozzi, ignoranti, a volte
carichi di insetti, con infermità ripu-
gnanti: lui sente pietà per tutti,
disprezzo per nessuno. Li ripulisce,
li cura, li tratta con delicatezza. In
realtà vede in loro unicamente Cristo.
E parla loro di Cristo. Nel fare
un'iniezione, nell'applicare una me-
dicina, dichiara: «ln nome del Gua-
ritore i>. Domanda: «Hai pregato
Sitti Mariam? >> (la Signora Maria,
così i mussulmani chiamano la Ma-
A sirnstra· Una mamma nazarethana. Qui sopra:
La figura ascetica di Simone Srugi.
donna). E indicando il Crocifisso:
«Noi ti diamo la medicina nel nome
di Gesù i>.
l suoi malati sono convinti che li
guarisce con la sua fede e la sua
santità. «Perché vieni fino a Beitge-
mal cosl da lontano? Non ci sono
medici dalle tue parti ?». «Sì, ma
non hanno le mani benedette del
signor Srugi i>. La sua presenza
rende meno cupo e quasi accetta-
bile perfino il mistero della morte.
La spiegazione di tutto è nell'in-
teriorità, là dove Srugi raggiunge e
assapora il divino. Egli prova in
continuità la sicurezza e la gioia di
vivere, piccola creatura portata nel
palmo caldo di una mano amorosa.
f.: assorto in Dio: <• Quando prega
neppure un colpo di <;_annone lo
farebbe voltare indietro l>. E in ascolto
della parola: iI Vangelo deIla dome-
nica spiegato nella Messa (tante
volte fuori chiesa avvicina il predi-
catore per avere chiarimenti e delu-
cidazioni) diventa per lui argomento
di conversazione con tutti nel corso
della settimana.
È in sintonia con Cristo: al venerdl
si fa taciturno, ha il volto velato di
tri:itezza. Non è tempo di troppe
parole, Gesù soffre, Srugi. partecipa
alle sofferenze del Golgota. E non
potendole lenire in Cristo, le addol-
cisce nei malati che si presentano in
suo nome.
I suoi confratelli non hanno mai
avuto da adirarsi con lui. (< La sua
parola - dicono - è più efficace s11
di noi che non la parola del cliret-
tore stesso». E il direttore: << È il
parafulmine della casa. Ci rivolgiamo
a lui, e ci raccomandiamo alle sue
preghiere quando abbiamo bisogno
di grazie )). Per esempio: <i Signor
Smgi, preghi: in casa non abbiamo
più neppure un soldo i>; e lui, sicuro
di domandare a un padre miseri-
cordioso, fa di più: appende in
chiesa una borsa che qualcuno riem-
pirà.
Don Rua, in visita a Beitgemal nel
1908, dopo averlo incontrato rac-
comanda ai confratelli: << Seguitelo e
notate giorno per giorno le sue
parole e le sue azioni. È un auten-
tico santo ». Il patriarca di Geru-
salemme quando si reca a Beitegemal
offre l'anello da baciare a tutti, meno
cbe a Srugi. «Lui è un santo i>, dice,
e lo abbraccia.
Non c'è nulla di eccezionale nelle
sue azioni, ma tutto è straordinario
in lui. Cristiani e mussulmani subi-
scono ugualmente il suo fascino,
sentono che comunica con Dio. Chi
gli vive accanto è costretto a condi-
videre la sua stessa intensità di vita
spirituale, altrimenti è come un pesce
fuor d'acqua.
Un giorno il suo direttore, don
Mario Rosin, si reca col cavallo a
Rabat in visita al Patriarca. A sera
i Salesiani vedono tornare il cavallo
solo... Sulla via del ritorno una banda
di masnadieri aveva assalito don Ro-
sin e lo aveva trucidato a colpi di
pietra. La polizia giunge a indivi-
duare la banda, ma i fuorilegge sono
imprendibili. Finché un giorno...
All'ambulatorio di Srugi si pre-
senta nientemeno che il capobanda.
È feri to alla testa e alle spalle, im-
plora. Srugi lo riconosce, la suora
dell'ambulatorio anche. I gendarmi
sono sulle sue tracce, entrano al
galoppo nel cortile della casa sale-
siana e cominciano a frugare dap-
pertutto. È il momento buono per
consegnarlo. Srugi lo medica, lo
fascia con cura, poi lo accompagna a
un'uscita di sicurezza e lo sottrae alla
cattura. La suora è allibita, protesta;
ma lui imperturbabile: «Noi siamo
qui solo per fare del bene, come il
Signore. Don Rosin è in paradiso,
e quel tale che ha agito male se la
vedrà con Dio. Ma Gesti ha perdo-
nato ai suoi carnefici, e noi dobbiamo
fare altrettanto l>.
Nel 1943 si spegne, nel son no, con-
sumato da quella malattia che aveva
curato in tanti infelici: la malaria.
Da tutti i villaggi vicini arrivano a
salutarlo i poveri, i suoi amici . Ma
anche le autorità. Sono una grande
folla, e tutti dicono che è morto un
santo.
Un mussulmano: <i Peccato che
Muallem Srugi fosse cristiano! Se
fosse mussulmano, ne faremmo uno
dei nostri santoni 1>.
A dispetto dell'antico Natacle, da
Nazareth è venuto qualcosa di buono,
molto buono.
21

3.2 Page 22

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••• ATLANTICO
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4.
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A sinistra: In queeta antica c;orta geografica
si può s eguire Il viaggio dei primi « missio •
ni•ri ealealenl 1> fino alla allora leg gendaria
Patagones. A destra: Un missionerio s ale-
s iano tra povarls almi indi a creoli de lld
Pampa,, in un"antlca foto.
Le tribù Eripaylà e Ma-
nuel Grande - Un segno
di croce con l'aiuto de-
gli angeli - Militari cor-
rotti e corruttori
24 maggio: alla porta
della Patagonia ln-
dios prigionieri di guer-
ra - I carri muovono
verso Patag6nes - Una
caccia silenziosa e
spietata - « Pieno di fi-
ducia ho accettat~ ».
MISSIONI SALESIANE
1875
Bucnos Aires-Azul-Carrhué-Choele
Choel-Carmen de Patagones. Ci.r-
ea 1300 chilometri coperti quasi tutti
a cavallo o su carri t raballanti da
Far West. È il primo viaggio << mis-
sionario » compiuto da due salesiani,
narrato con vivacità popolaresca nelle
lettere che don Costamagna inviò
durante il tragitto a Don Bosco. Fu-
rono lette con grande commozione a
Valdocco, e destarono entusiasmi
sconfinati.
«li mercoledl dopo Pasqua mon-
signor Espinoza, don L uigi Botta e
io partivamo in via ferrata da Buenos
Aires, insieme col Ministro della
guerra, e molti militar i di tutti i
gradi alla volta di Azul, ultimo
paese della Repubblica Argentina,
passato il quale principia il gran
22 deserto della Pampa.
<< Ma che ci ha da fare il Ministro
delJa guerra ed i militari con una
Missione tutta di pace ? Mio caro
Don Bosco, bisogna adattarsi o per
amore o per forza! In questa circo-
stanza è d'uopo che la croce vada
dietro alla spada, e pazienza! L'Arci-
vescovo accettò, e noi chinammo il
capo, e partimmo in qualità di mis-
sionari e cappellani militari allo stesso
tempo...
i1 Fermatici un po' di tempo in
Azul (nel qual tempo il Ministro
parti per aspettarci in Carrhué), fu
dato a ciascuno dei tre Missionari
u n cavallo, e un carro per tutti, il
quale, oltre al trasporto dell'altare,
armonium e valigie nostre, ci doveva
servire di dormitorio e di sala di
ricreazione durante la pioggia e neve,
che avremmo avuta nel lungo viaggio;
e senz'altro partimmo.
<< Nel primo giorno incontrammo
sui nostri passi le 40 capanne dei
coloni Russo-Alemanni, uomini reli-
giosissimi, venuti l'anno scorso a
Buenos Aires per fuggire le indegne
persecuzioni, che continuano nei loro
paesi; vedemmo eziandio a quando
a quando dei toldos o capanne fatte
con pelli d'animali. Sono Indi-Pam-
pas già quasi inciviliti, che tuttavia
non vogliono abbandonare il loro
toldo. Essi sono di colore molto
bruno, faccia larga e schiacciata, col
capo adorno di folti capelli, che
nelle donne si dividono in tre grosse
treccie, una delle quali pende sul
dorso e due sulle spalle. Passando
loro vicino, li salutammo in loro
favella, dicendo: Marimari; ed essi
ci risposero: Marimari, padre cumele-
cazmi? Buon giorno, padre; come
sta? Li regalammo d'una medaglia

3.3 Page 23

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il lungo vi ·o alla
terra degli indios
della '.\\Iadonna, e tirammo avanti a
traverso il deserto...
Le tribù Eripaylà
e Manuel Grande
«... Pianure vastissime, che par non
vogliano mai terminare, e si potreb-
bero chiamare un immenso piatto
verde coperto dalla gran calotta ce-
leste, senza mai incontrare, non dirò
un albero, ma un arbusto, un virgulto
solo!
«Ogni giorno trovavamo sul nostro
cammino fortini di frontiera fatti con
zolle di terra, armati di un piccolo
cannone... Lasciando tutto questo,
passo a dire che feci in Carrhué.
<( È il Carrhué una stazione nel
cuore del deserto Pampa, e linea di
frontiera tra la Repubblica Argentina
e le tribù degli Indi. Sta situata
sopra la sponda di un bellissimo lago
di acqua salsa. Compongono la sta-
zione una fortezza (di sola terra, una
quarantina di case e di toldos di due
tribù di Indi, che prendono il nome
dai loro Cacicchi'. o capi. ·Essi sono
Eripaylà e Manuel Grande... Fattomi
dare un cavallo, domandai dove sta-
vano gli I ndi, ed indicatomi che essi
erano a 15 minuti fuor del paese,
tosto mi vi portai.
Un segno di croce
con Paiuto degli Angioli
<e Approssimandomi alle loro tolde-
rie, non mancava di sentire un qual-
che batticuore: come farò?... Eccomi
venire incontro il figlio del cacicco
Eripaylà, il quale, per mia gran
fortuna, sa parlare il castigliano molto
bene. Mi ricevette cordialmente, mi
condusse da suo padre, facendomi
da interprete. Eripaylà mj accolse
esso pure con tutta bontà, e mi
d-isse che era suo vivo desiderio che
tutti si istruissero nella Religione
Cattolica e ricevessero il Battesimo;
laonde io senz'altro riunii i ragazzi,
ed incominciai il catechismo. Con
un po' di sforzo e coll'aiuto degli
Angioli dei miei catecumeni, inse-
gnai loro i1 segno della santa Croce...
«Tornai nello stesso giorno per una
seconda lezione; e questa volta Eri-
paylà volle che la facessi sotto il suo
gran toldo. Entrando, trovai i sedili
preparati; e indovini un po' che
sedili? Cranii e mandibole di asini
e di cavalli! Non vi ba migliore o
più nobile sedile, che possa offerire 23

3.4 Page 24

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l'Indio-Pampa. Miseria e grande mi-
seria regna sotto le pelli di queste
tolderie I...
<• Andai pure dal Cacico Manuel
Grande, che mi offrì un mate (bi-
bita comune nell'Amei ica Meridio-
nale), e mi diè ampia licenza di
istruire e battezzare. Quindi mi posi
aU'opera e a tutt'uomo, e in breve
toccai con mano che anc.he questi
poveri ragazzi sono creature di Dio,
anch'essi sono come la cera, che
riceve l'impressione che Je si dà.
«Che contento udire alle mie inter-
rogazioni: Pilaymi Cristiano geam?
Vuoi farti Cristiano? May, padre! Si,
padre, rispondere. - Chumael? Per-
ché? Tain pouay Wenumu. Per andare
in Paradiso. Ma se giubilavo per un
lato, non potevo non rammaricarmi,
pensando che non ci saremmo potuti
fermare per molto tempo.
<• I compagni già arrivano ad aiu-
tarmi, e mentre il catechista Botta
insegna loro le orazioni, monsignor
Espinosa tenta d'aggiustare i matri-
moni, e già riusci a disporre alla
fede e far celebrare santamente il
matrimonio allo stesso figlio del
Cacicco Eripaylà.
«Amministrammo una cinquan-
tina dì battesimi ai ragazzi Indi, ed
una ventina ai figli di Cristiani, e
Dio volesse che ci potessimo fer-
mare almeno un mese! Ma il signor
Ministro di prega di volerlo seguire,
perché, ci dice, sono 2000 uomini
che intraprendono il viaggio di un
mese senza un Prete. Di più, in
Rio Negro vi saranno altri lndi da
istruire e battezzare. Monsignor Espi-
nosa è di parere che convenga
annuire, ed a noi, quantunque a
malincuore, tocca rassegnan:i e par-
tire, ma col desiderio vivissimo di
ritornarci al più presto...
Carrhué-Deserlo dei Pampas
27 aprile r879
Militari corrotti e corruttori
<• Partimmo dal Carrhué sul finire
di aprile, e seguimmo animosi il
viaggio il più a cavallo, camminando
ora tra l'avanguardia ora tra la retro-
guardia di un piccolo esercito, che
s'andava formando ed aumentando
a misura che ci avanzavamo sulla
linea di frontiera.
<< Io non sono uomo da apprezzare
ce,ti fatti e certi diritti che uomini
sedicenti civilizzati vorrebbero avere
su altri, che chiamano barba.ii ... A
fare certi apprezzamenti, ho paura
di dire spropositi, quindi silenzio...
«Seguimmo la via del deserto in
compagnia non solo deU'esercito, ma
24 di frazioni di alcune tribù di Indi
che per ordine del ministro dovevano
trasportare a Choele-Choel i loro tol-
dos, per formare su quei nuovi con-
fini un popolo nuovo. Deserto e
sempre deserto per un mese conse-
cutivo...
<< Seguimmo la marcia molto len-
tamente a causa dei monti di sabbia
detti Médanos che dovevamo supe-
rare. Approfittavamo delle varie fer-
mate per trattenerci un po' coi sol-
dati... Sono buoni provinciali, che
sanno ancora sgranare la Corona colla
stessa mano con cui usano la spada...
Altri militari, graduati, dal cuore pu-
trefatto, corrotti e corruttori, che
non sanno aprir bocca che per dire
qualche bestialità o eruttare immonda
lava, mostrano compassione per i
primi e li chiamano infelici. Non
dirò con questo che tutti i graduati
fossero della stessa farina, no; tra
di essi v'avevano cuori ben fatti, che
ci usavano tutte le attenzioni, e cer-
cavano eziandio la nostra compagnia.
Quello che di più faceva loro impres-
sione era il vedere il disinteresse e
coraggio con cui noi avevamo intra-
preso questa Missione...
<< L'u di Maggio, dopo d'essere
passati per valli e monti, lagune e
torrenti arrivammo finalmente al Rio
Colorado, fiume che poco più poco
meno può essere grande come il
nostro Po a Torino. Sulla sponda e
nell'aperto campo celebrammo la
S. Messa.
24 maggio: alla porta
della Patagonia
<<Ci disponemmo al passo del Rio.
Credevamo di non riuscirvi così
presto, eppure con la benedizione di
Dio nello spazio di due ore lo pas-
sammo in più di duemila persone e
circa cinquemila cavalli, senza che
ci accadesse la menoma disgrazia.
Guadammo anche noi il Rio come
tutti gli altii, cioè inginocchiati sul
dorso del cavallo che nuotava, ed
afferrandoci con ambo le mani alla
sella...
.
«Domandai ed ottenni di accompa-
gnarmi con l'avanguardia, che, la-
sciando il convoglio dei carri, si
sarebbe inoltrata ed avrebbe anti-
cipato l'arrivo al Rio Negro. Cam-
minai per tre giorni a cavallo tra
boschi di spine, facendo di tutto per
non lasciarmi mettere l'abito a bran-
delli... Al mattino del 24 maggio,
alzatomi sull'albeggiare e scossa la
brina che era caduta su ciò che
dovrei chiamare il mio letto, riscal-
datomi ad un buon fuoco, montai
a cavallo allo spuntar del sole, ed
01a trottando ora galoppando per
circa 40 miglia giungevo a Choelc-
Choel. Alle 4,34, nell'istante in cui
il sole si nascondeva dietro la Cor-
digliera, io mettevo piede a terra;
e sulla sponda del Rio Negro, che
è quanto dire suUe porte della Pata-
gonia (che il Rio Negro divide dalla
Pampa) intonai dal fondo del mio
cuore un inno di grazie alla nostra
Madre Maria Ausiliatrice, nel giorno
della sua festa...
Indios, prigionieri di guerra
<< All'indomani, lasciando che tutti
gli altri celebrassero la festa patria del
25 Maggio, cercai tosto gli Indi
prigionieri di guerra, per catechiz-
zarli. La miseria nella quale li trovai
è qualche cosa di straordinai io. Se,r:ni-
nudi erano alcuni, non avevano altro
che una pelliccia di agnello per co-
prirsi; non :.1vevano toldos, ma doi-
mivano all'aperto senza alcun riparo.
Poveretti! Al vede1mi arrivare mi
circondarono tosto, uomini e donne,
ragazzi e ragazze.
«Dopo alcuni giorni ecco arrivare
i carri, e con essi mons. Vicario e
Don Botta da me tanto sospirati.
Cominciammo allora iI fuoco su
tutta la linea : istruzione ai ragazzi
e adulti, istru2ione alle donne Indie,
e tutto questo più volte al giorno,
ché il tempo per la partenza dei carri
per Patag6nes premeva...
«Accadeva che qualche Indio ci
dicesse di non volersi far Cristiano,
ma facendogli vedere che noi era-
vamo venuti da tanto lontano spe-
cialmente µer lui, e senza nessun
motivo di guadagno materiale; che
d'altronde l'esempio di cattivi cri-
stiani, che aveva sott'occhi, nulla pro-
vava contro la nostra SS. Religione,
mentre costoro, se non si convertono,
vanno a bruciar nel fuoco eterno,
annuiva facilmente, e domandava di
essere battezzato come tutti gli altri.
<• Deo gratias! Amministrammo il
S. Battesimo dapprima a 60 adulti,
poi ad altri 40, poi ad altri ancora.
Ma il freddo sempre crescente (oi
agghiacciava l'acqua nelle ampolle
della Messa due minuti dopo di
avercela messa), il deteriorarsi della
nostra salute e la partenza dei carri
per Patag6nes, furono tutti motivi
di lasciar la Missione di Choele-
Choel più presto di quanto avremmo
voluto ...
I carri muovono
verso Patagones
«:\\lfontammo sui nostri cavalli, e
c'inca111minammo alla volta di Pata-
gones, sempre costeggiando il tor-

3.5 Page 25

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tuosissimo Rio Negro. Dopo sei
giorni di viaggio, arrivammo a una
colonia di Indi chiamata Canesa, di-
retta dal bravo signor Antonio Rel-
cade.
<< Questo signore ci ricevette con
tutte le attenzioni, e ci supplicò che,
lasciato il convoglio dei carri, ci fer-
massimo alcun tempo a battezzare
e a dire la prima Messa nella sua
nuovissima colonia. Lo contentammo,
e, fermatici colà circa due giorni,
battezzammo 50 e più ragazzini;
dicemmo la S. Messa due volte e
promettemmo di tornare al più presto
a prenderci cura dei 1000 Indi, che
compongono la colonia...
«Rimontammo i nostti valorosi ca-
valli. Ed eccoci finalmente giunti al
tanto sospirato Patagoncs. Qui ve-
demmo di nuovo come son fatte le
case, non avendo visto per l'addietro
se non capanne e tende... Patag6nes
ha poco più di cento anni di vita.
Ha una popolazione di 4000 anime
che sta situata sulle due sponde del
Rio Negro a sette leghe di distanza
dall'Atlantico... Noi adesso siamo
alloggiati nella bella casa del buon
padre Savino, Lazzarista, che ci fu
compagno di naufragio l'anno scorso.
Concorrono a tenerci allegri oltre al
buon Parroco anche il sacrestano,
che è Antonio Calamaro, Ùn nostro
allievo del Collegio di Lanw, che
io non conoscevo più a causa della
sua gran barba rossa...
Patagones, 23 giugno z879
Una caccia silenziosa e spietata
I Missionari rientrarono a Buenos
Aires alJa fine di luglio, ma la cam-
pagna militare del Rio Negro si
prolungò ancora per quasi due anni,
fino all'aprile del 1881. La maggior
parte degli Indi, praticamente disar-
mati, poterono opporre poca resi-
stenza alle carabine e agli ~quadroni
della cavalleria. Julio Roca aveva
calcolato che le tribù sarebbero fug-
gite verso sud, per essere spalleggiate
da altri indigeni. Invece, in preda
alla paura e alla disperazione, gli
Indi o fuggirono verso il Cile attra-
verso la Cordigliera, o si arresero, o
si dispersero per vivere pacifica-
mente insieme ai civili. Moltissimi
furono sterminati dai fucili del-
l'esercito. Manuel Nam.uncurà con
piccole unità di Indi guerrieri, evitò
la cattura fuggendo verso la Cordi-
gliera.
<< Dopo di allora scrive P. Stel-
la - gli Indi cessarono di essere
forza militare, motivo di molestie,
ostacolo alla colonizzazione. I rag-
gruppamenti indiani rimasti, furono
perciò dallo stato di cose necessitati
a un rapporto di vita, se non pacifico,
almeno di timore e di soggezione,
in stato spesso di indigenza (per il
venir meno della selvaggina e per la
impossibilità di razziare impune-
mente) e perciò furono in condizioni
d'istintivo bisogno di appoggio>►.
Questo << bisogno di appoggio» di-
venterà drammatico negli anni che
seguiranno la fine della conquista
militare. Abbandonati da tutti, senza
capi né difensori, gli Indi superstiti
saranno l'oggetto di una caccia si-
lenziosa e spietata, che cercherà di
farne degli schiavi per la fattoria, o
semplicemente di eliminarli.
« Pieno di fiducia
ho accettato »
Il 5 agosto 1879, l'arcivescovo di
Buenos Aires scrive a Don Bosco:
<< È finalmente giunto il momento in
cui Le posso offrire là Missione della
Patagonia che le stava tanto a cuore,
come anche la parrocchia di Pata-
g6nes che può servire di centro alla
Missione >l. Elencava quindi le pos-
sibili sedi di Missioni stabili : i luoghi
dove Don Costamagna aveva ini-
ziato una sommaria catechesi durante
il primo viaggio: Choele-Choel, Co-
nesa, Guardia-Mitre, Carmen di Pa-
tag6nes. ù I Padri Lazzaristi - con-
tinuava - alcuni anni or sono si
presero carico di questa missione, ma
il tutto si ridusse ad alcuni prepa-
rativi per la casa dei missionari; dopo
di che per la mancanza di personale
la dovettero abbandonare ». Conclu-
deva: «La necessità di missionari è
immensa. La scongiuro per le viscere
misericordiose di N. S. Gesù Cristo,
che s'affretti a soccorrere tante po-
vere anime abbandonate».
Il 31 agosto Don Bosco rispondeva
a Don Costamagna: << Ringraziamo
Dio. La tua missione andò bene. Ora
tratta seriamente cçll'Arcivescovo la
apertura di una casa centrale di
Suore e di Salesiani a Patag6nes. Io
mi occuperò per il personale, e tutti
insieme ci occuperemo dei mezzi
materiali i►. E nella lettera di capo-
danno del 1880, ai Cooperatori,
annunciava: «Il campo più glorioso
che in questi momenti la divina
Provvidenza presenta alla vostra ca-
rità, è la Patagonia. L'Arcivescovo di
Buenos Aires ci invita formalmente
a prendere cura dei Patagoni, e io
pieno di fiducia in Dio e nella vostra
carità ho accettato l'ardua impresa~.
11 tempo della lunga preparazione
era terminato. Con umiltà, si andava
avanti.
TE RES IO BOSCO
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
TRE LIBRI ELLE DI Cl
PER LAVORARE CON I GIOVANI
Pietro Balestro, Continente adole-
scenza. Pag. 128, L 1400.
La redazione di una rivista, le lettere
dei $UOI lettori, le risposte di un
esperto: nulla di trascendente. Ma cir-
costanze fortunate aiutano il volume,
che cosi ne è nato, a sfuggire alla ba-
nalità sempre in agguato e a rendersi
veramente utile.
Le circostanze sono queste. La rivista
è «'Dimensioni Nuove», che per nor-
ma aggredisce le coscienze dei giovani
rivedendone impietosamente le bucce.
I lettori (non solo i giovani - di so-
lito «impegnati» - ma anche i loro
genitori o educatori) portano al vaglio
situazioni di calda attualità. L'esperto
(autore), è un sacerdote laureato in
filosofia, specialìzzato in psicopeda-
gogia, docente di filosofia morale, in
continuo contatto con i giovani nella
scuola e nel rapporto psico•terapeu-
tfco. Le sue risposte, non sono pa-
nacee a pronto impiego sulle ferite,
ma ampi articoli che prima indugiano
a descrivere i meccanismi psicologici
e sociali, e solo dopo passano alle
impllcanze ped,ilgogiche e agli orien-
tan,enti operat ivi. Con l'awertenza
insistita che «l'educatore non sia e
non debba essere l'esecutore di istanze
tecniche elaborate a tavolino», ma
uno che « crea in ogni momento delta
sua attività».
Cesare Bissoli, I giovani e la Bibbia.
Pag. 256, L. 2200.
.
Ha destato meraviglia - in chi ha
tentato non da sproweduto di far ac-
costare i giovani alta Bibbia - la
pronta presa che il libro sacro ha
fatto su di loro. ~a il cumulo di in-
successi mietuti dagli impreparati, ha
portato a scoprire che di fatto man•
cano ancora gli strumenti concreti per
un'adeguata catechesi biblica. li nuovo
volume dedica un centinaìo di pagine
al problematico approccio dei giovani
d'oggi alla Bibbia (metodologia, in-
somma); e riversa nella seconda parte
- «realizzazioni» - un'abbondante
e preziosa esemplificazione pratica.
Teresio Bosco e Giuseppe Clemente!,
Pescat o ri di uominJ (il prete oggi:
figure,e riflessioni). Pag. 128, L 1000.
Ancora uomini protagonisti, questa
volta realizzatisi nelrambito della vo-
cazfone sacerdotale. «Cristo che
muore di fame alla periferia delle
grandi città, che cammina per le strade
del mondo nella persona di vecchi,
di madri senza speranza, di bimbi sen-
za sorriso, è ancora un potente ri-
chiamo per i giovani migliori del no-
stro tempo». Alternate ai profili, fi-
gurano sette meditazioni sulla \\loca-
zione, scritte con la collaborazione di
G. Clemente!, esperto in pastorale vo-
cazionale.
25

3.6 Page 26

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NELMDNDO
SALESIANO
DUE NOTIZI E CHE ONORANO
LA CONGREGAZIONE SALESIANA
Riportiamo dall'Osservatore Romano:
Il Santo Padre ha promosso alla Chiesa
titolare vescovile di Zallata il Reverendo
Don Edvaldo Gonçalves Amaral, sale-
siano, deputandolo in pari tempo Ausi-
liare di Sua Eccellenza Reverendissima
Monsignor Luciano José Cabrai Duarte,
Arcivescovo di Aracajù (Brasile).
Il Santo Padre ha nominato Segretario
della Pontificia Commissione per la Re-
visione del Codice di Diritto Canonico
Sua Eccellenza Monsignor Rosalio ~losé
Castillo Lara, Vescovo titolare di Pre-
causa.
LA MEDIAZIONE DI
MONS. OBANDO TRA
GUERRIGLIERI E GOVERNO
A MANAGUA
Grazie alla mediazione dell"arcivescovo
salesiano di Managua, mons. Obando y
Bravo, si è concluso senza ulteriore spar-
gimento di sangue il sequestro di alcune
personalità politiche compiuto da un
commando di guerriglieri nella capitale
del Nicaragua.
Come è stato reso noto, negli ultimi
giorni del dicembre scorso un commando
diotto guerriglieri appartenenti al «Frante
de Liberaci6n Sandinista l> aveva fatto i r-
ruzione in una vìlla della capitale, ucciso
il proprietario, e preso in ostaggio alte
personalità riunite per un party (tra i se-
questrati, il ministro degli esteri, il sindaco
della capitale, alcuni ambasciatori, e
molti loro congiunti). Il Frente, come
pure è noto, si oppone al regime presi-
denziale della famiglia Somoza che go-
verna il paese dal 1936. L'arcivescovo sa -
lesiano è ora intervenuto con successo
per condurre le due parti a un'intesa. Il
commando ha rimesso in libertà tutti gli
ostaggi. In cambio ha ottenuto la libera-
zione di 18 prigionieri politici, la diffu-
sione di una dichiarazione antigoverna-
tiva, e un aereo per trasferirsi a Cuba.
Mons. Obando ha accompagnato i guer-
riglieri, garantendo con la persona la loro
incolumità. È la seconda volta che mons.
Obando interviene in gravi avvenimenti:
nel dicembre 1972, quando Managua ri-
mase semidistrutta da un immane terre-
moto, egli si prodigò nell'organizzare i
26 soccorsi.
NOMINA
Do n Michele V alentini è stato no-
minato dal Ministero del Turismo e Spet-
tacolo italiano. membro della Commis-
sione centrale per la Cinematografia.
Don Valentini è presidente dei «Cineclub
giovanili salesiani», e da tre anni porta
avanti l'iniziativa della «Scaletta>}, che
ha ottenuto considerevole successo in
televisione.
COOPERATORI TRA
GLI IMMIGRATI
«Il campo è immenso» aveva scritto
don Romano Venturelli da Montreal (Ca-
nada) nel giugno scorso. «Qui nella no-
stra parrocchia di immigrati italiani ab-
biamo un buon gruppo di Cooperatori or-
ganizzati l'anno scorso. Ma non abbiamo
alcun materiale per la loro formazione
oltre il Bollettino Salesiano. Mi spedisca
M o ns. Obando, mediatore (vedi
notizia nel testo).
un centinaio di copie del Nuovo Regola-
mento in italiano e alcune copie in inglese
e francese. A Montreal ci sono circa
250.000 .italiani: il campo è immenso:
mancano gli strumenti di lavoro!».
Ricevuto il materiale si è messo subito
al lavoro, con riunioni quindicinali per la
spiegazione del Nuovo Regolamento e
attività parrocchiali. In questi giorni ci ha
comunicato che 1'8 dicembre scorso ben
48 parrocchiani hanno fatto la promessa
{adattamento della formula dei voti SDB)
e ricevuto l'attestato Cooperatori.
RICONOSCIMENTI
A don Bernardo Ponzetto è stato
conferito il premio « Bontà Cristiana»
nella città di Novara, con la seguente
motivazione: « Per più di 40 anni, e so-
prattutto nel periodo bellico, ha svolto
tra i poveri e gli emarginati della città e
dintorni, un'opera provvidenziale di squi-
sita carità, con spirito evangelico, sacer-
dotale, salesiano. A lui è dovuta tutta la
riconoscenza della cittadinanza novarese
e dei suoi amici beneficati».
Al salesiano coadiutore sig. Ettore
Sneider è stata conferita a S. Paolo
(Brasile) la commenda <( Pro Ecclesia et
Pontifica», che vuole sottolineare i suoi
70 anni di feçonda vita apostolica in Bra-
sile. Nato vidino a Roma 89 anni fa, egli
ha scelto Il Brasile come sua seconda
patria, vi progettò e costrul ben 9 chiese,
continua a modellare pregiate statue di
Don Bosco e dei Santi salesiani, e non
ha mai cessato di preparare gruppi di ra-
gazzetti alla Prima Comunione.
Al salesiano don Giuseppe Del Fa-
vero è stata consegnata a Mogliano Ve-
neto l' onorificenza di Cavaliere Uffi::iale,
conferitagli dal Presidente della Repub-
blica per meriti speciali.
ISP. VENETA SAN MARCO:
« OPERAZIONE BOLIVIA»
Da tempo ormai funziona il «gemel-
laggio» tra le lspettorie Salesiane del Ve-
neto («San Marco») e della Bolivia. Da
una lettera di don Aquilino che scrive da
S. Carlos (Bolivia) stralciamo un brano
significativo:
« Mi rendo conto che conoscevo ben
poco di San Carlos. Stiamo scoprendo il
vero volto, la realtà amara di questa gente,
sia dal punto di vista sociale, economico,
che religioso e morale.

3.7 Page 27

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La famiglia è un problema drammatico.
Già abbiamo incominciato a visitare le
famiglie, meno frettolosamente, di pro-
posito. Anche per un rilievo dal punto di
vista statistico, e di Il impostare qualche
linea pastorale di intervento, per quanto
è possibile efficace. A volte resti muto,
a volte ti ritrovi con le lacrime. a volte
stanco.
Infedeltà, irresponsabilità, abbandono
dei figli, alcoolismo, promiscuità, aborti,
solitudine... bimbi che muoiono per de-
nutrizione, vecchi abbandonati, matri-
moni «naturali» tra giovanissimi senza
prospettive... senza contare la povertà, la
fame, gli insetti, le infezioni, le malattie...
L'altro giorno passo per la canchB
( - campo di calcio) e vedo un uomo con
un bimbetto che si piega in due per la
tosse. Ero in jeep. Mi fermo. Gl i domando.
32 anni, 4 figli. Da due mesi non lavora :
gli mancano le forze. Vive in una capanna
di 3 metri per 3, che non è sua. Stenta a
camminare, fa fatica a parlare. Chiedo se
è stato a farsi visitare. Non ha soldi per
questo. Dei 4 bimbi che ha, 3 hanno la
tosse con febbre.
Lo carico sulla jeep e lo porto all'ospe-
dale di Japacanl. Il dottore è preoccupato.
Esame del sangue. Per la radiografia lo
porto il giorno seguente a Santa Cruz:
TBC a stadio avanzato. Gli compero un
sacco di verdura, legumi. per intanto, e gli
lascio un po· di soldi. È solo pelle e ossa.
Per le medicine ci arrangiamo con le
nostre. Non c·è però da illudersi di aver
risolto il problema. 11 brutto è che di
questi casi ce ne sono a decine... ».
AMSTERDAM:
SETTEMILA GENITORI FANNO
IL CATECHISMO Al FIGLI
Un nuovo metodo di «catechesi fami-
liare», ideato ad Amsterdam dal sale-
siano padre Wim Saris e dai suoi colla-
boratori, dopo le prime positive sperimen-
tazioni viene applicato quest'anno in set-
temila famiglie dell'Olanda. Il metodo. il-
lustrato in un fascicolo di 53 pagine di
testo, si presta a essere applicato dai ge-
nitori stessi, in collaborazione fra loro
nei confronti dei propri figli. I risultati fi-
nora ottenuti hanno riscosso unanimi con-
sensi.
L"iniziativa, cresciuta troppo in fretta,
aveva bisogno di una sede idonea, e sia
pure in modo avventuroso - dopo ten-
sioni e incomprensioni - finalmente l'ha
ottenuta. L'attuale vicenda ricorda alcuni
episodi della vita di Don Bosco, quando
il denaro occorrente alle sue opere giun-
geva all'ultimo minuto, e per vie inattese.
Anche padre Saris, trovato faticosamente
i I locale adatto, era in difficoltà per le
spese; un giorno ricevette una telefonata:
era nientemeno che i l Vescovo. il quale
gli parlò di una congregazione di suore
che al termine di un·attività svolta si tro-
7000 genitori olandesi fanno catechismo ai figli (vedi notizia nel testo).
vava con un saldo attivo, e intendeva
impiegarlo in un·opera buona. Le suore
non ponevano condizioni di sorta, ba•
stando loro di sapere che il denaro fosse
ben impiegato; anzi, vollero mantenere
l' incognito. Di fatto col loro aiuto viene
assicurato alla « Catechesi familiare» un
buon lancio e un buon anno di vita.
La nuova sede - ecco un"altra circo-
stanza curìosa - si trova al n. 9 di via
Beethoven; naturalmente ora l'opera ca-
techistica di padre Saris viene chiamata
« la Nona di Beethoven)).
INTATTA DOPO 28 ANNI LA
SALMA DI ALBERTO MARVELLI
Rimini. A 28 anni esani dalla sua
morte, hanno deciso di riesumare la
sua salma e di trasferirla nella chiesa
di Sant'Agostino. In un muro della
chiesa avevano aperto un loculo, e al
cimitero avevano portato una piccola
cassetta in cui riporre le poche ossa. Non
potevano immaginare. Alberto Marvelli.
già chierichetto dell'Oratorio salesiano,
già presidente dell'Azione Cattolica. già
assessore comunale, che tante volte in
vita aveva stupito chi gli viveva accanto,
ha voluto stupire ancora una volta: ha
fatto trovare la sua salma intatta, a
28 anni dalla morte, perfettamente con-
servata. « Non ho mai visto nulla di si-
mile», ha esclamato il direttore del cimi-
tero, un veterano in fatto di esumazioni.
Al posto della cassetta dovettero pren-
dere una normale cassa di zinco; invece
di un piccolo loculo dovettero dargli un
ampio spazio nel terreno. Di fatto gli anni
a Rimini sono passati non per cancellare
ma per ravvivare il ricordo che la gente ha
di lui. Gli exallievi suoi compagni che
hanno chiesto e brigato per il suo trasfe-
rimento dal cimitero comune, le autorità
religiose che ne hanno visto l'opportu-
nità, e le autorità municipali allora come
adesso di idee diametralmente opposte a
quelle di Alberto ma concordi sulla ne-
cessità di riconoscere i suoi meriti, tutti
si sono dati da fare. Il municipio rosso ha
voluto a sue sp1;se tutta !"operazione, il
Vescovo ha presieduto l'inumazione, gli
exallievi e i Salesiani hanno animato l'ini-
ziativa. Chi era l'ingegner Alberto Mar-
velli? Impossibi le condensare in due pa•
role la storia di questo straordinario ra-
gazzo di oratorio e di Azione Cattolica.
che in mezzo alle prove della guerra di-
ceva: « Quando si è in grazia di Dio, di
chi avere paura?», e che un banale in-
cidente automobilistico ha rubato a
28 anni alle speranze di tanti poveri e in-
felici. Basta dire ora che al suo nome è
sorta in Rimini una « Casa della gioventù
studiosa ll con annesso centro spirituale
e culturale, che recentemente all'Univer-
sità Lateranense è stata discussa una tesi
di laurea sulla sua figura e opera, che la
sua Diocesi ha iniziato il processo di bea-
tificaz.ione e canonizzazione.
I L cc RICHELMY» HA 80 ANNI
La casa del «Martinetto» in Torino ha
avuto inizio con l'Oratorio S. Agostino,
aperto solennemente nel 1891. Si trat-
tava però di una comunità... itinerante I 27

3.8 Page 28

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NELMONDO
Don Dones e gli aiutanti, partivano da
Valdocco al mattino e vi facevano ritorno
per il pranzo. Nel pomeriggio venivano a
continuare la loro opera e alla sera, se
ritardavano, correvano il rischio di trovare
la cucina chiusa, per cui... « Buona
notte!».
Intanto maturava il passaggio delle
«Scuole Apostoliche l> ai Salesiani. Il ca-
nonico Richelmy che le aveva fondate,
nominato vescovo di Ivrea, non poteva
più seguire fa sua opera.
Previo accordo tra Don Rua e mons.
Richelmy, il direttore don Brunelli e un
aiutante, entrarono il 1° ottobre 1894.
La vita del « Richelmy,> in questi 80
anni fu piuttosto varia:
fino al 1911: sede dei Figli di Maria a
cui ben presto si aggiungono gli artigiani
{sarti, falegnami, calzolai);
dal 1913: solo artigiani;
nel 1929 scompaiono definitivamente
gli artigiani per lasciare il posto alle sole
scuole elementari;
il 29 settembre 1940 arriva il decreto
ministeriale che autorizza l'apertura della
Scuola Media;
ma il 9 ottobre successivo, ormai en-
trati in pieno nel secondo conflitto mon-
diale, l'Istituto viene requisito dalle Au-
torità come Ospedale militare e verrà re-
stituito solo il 15 giugno 1946.
La comunità però non si scioglie e l'at-
tività continua ospite di altre opere sale-
siane: Valdocco, Cumiana, S. Giovanni,
S. Paolo.
E ora... la vita continua con un fiorente
oratorio, la scuola articolata in quarta e
quinta elementare e tre sezioni di scuola
media {le domande permetterebbero ogni
anno di aprirne almeno sei I).
Fuori da ogni trionfalismo, 1'80° è
stato celebrato nella comice del.la Festa
dei Premi, che ogni anno vede riuniti as-
sieme Superiori e giovani, con una rile-
vante partecipazione di genitori.
Il signor Ispettore che presiedette la
manifestazione, tenne il discorso ufficiale
sul tema Scuola salesiana oggi.
SALESIANO
adulti. Non siamo più di cinque o sei per
classe, per cui l'insegnante può seguire
bene ogni alunno. lo sono appena arri-
vata qui da un mese. e fra sette mesi
avremo gli esami governativi, dopo di che,
a Dio piacendo, incominceremo a fare
qualcosa sul serio.
Madre Ispettrice ci ha già dato l'op·
portunità di visitare le nostre opere più
vicine. Qui in Bangkok c'è l'Istituto dei
ciechi che è veramente qualcosa di me-
raviglioso. Tra bambini e adulti sono circa
un 150. Noi siamo giunte verso sera
prima di cena: alcuni passeggiavano,
sempre a due o tre. mai da soli. prenden-
dosi sottobraccio; altri seduti lavoravano
con fili di naylon, facevano dei serpenti
di diversi colori, ma non si vedeva un filo
fuori posto. Li abbiamo poi osservati
mentre erano a cena: ecco, se uno non
avesse saputo che tutti quei bambini
erano ciechi, difficilmente se ne sarebbe
accorto.
Terminata la cena ci hanno fatto sen-
tire un pezzo di concertino che stanno
preparando. Ogni ragazzina aveva in
mano uno strumento fatto con canna dì
bambù caratteristico della Thailandia)
che può suonare una sola nota. Al via
di una loro compagna che si era posta
davanti per dirigere, tutte cantavano la
musica con le note, quando arrivava la
loro nota suonavano lo strumento per cui
si sentiva una vera armonia.
È un'opera veramente meravigliosa
questa dei ciechi. Queste creature rie-
scono a rendersi indipendenti e a gua-
dagnarsi la vita.
Un'altra grande e bella opera è quella
di Banpong a circa due ore da Bangkok.
Qui funziona una scuola frequentata da
più di mille alunne. Le suore che vi la-
vorano sono circa quindici per cui i I per-
sonale insegnante è quasi tutto esterno.
Molte maestre sono nostre exallieve, le
quali sì sentono onorate di ottenere un
posto di lavoro nella propria scuola. Vi
sono annessi l'aspirantato e l'educandato.
Nella Casa ispettoriale, invece. c'è il
pensiona to. In questo periodo le ragaue.
in maggior parte universitarie, sono circa
80. Alcune stanno qui per 9 anni. Tra di
esse 26 sono cattoliche un numero
alto se si pensa alla percentuale di catto-
lici in Thailandia). Ogni giorno hanno la
possibilità di partecipare alla santa Messa
e di recitare il santo Rosario. C'è sempre
un buon gruppo che risponde. anche tra
le buddiste. Una cosa che mi colpisce
molto: quelle che vengono in chiesa,
siano o non siano cattoliche (io non le
conosco ancora) si capisce che sanno
dove sono per il contegno esterno e per
la partecipazione attiva.
In genere queste ragazze sono molto
socievoli e vanno spontaneamente in-
contro alla suora missionaria novellina,
s'interessano, la interessano, vorrebbero
che già parlasse la loro lingua e apprez-
zano moltissimo il minimo sforzo che si
fa per imparare a parlare... ll.
UNA GIOVANE FMA A SCUOLA
DI LINGUA THAI
Da una lettera in arrivo dalla Thai-
landia:
«Ogni mattina prendo la mia cartella
e vado a scuola. Siamo fortunate perché
la scuola si trova proprio vicino alla no-
stra casa, e Il si svolgono continui corsi
28 per insegnare la lingua Thai agli stranieri
Una FMA tra I bambini Thai ciechi (vedi notizia nel testo).

3.9 Page 29

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SEI FMA TRA I MIXES
La nostra comunità, composta di sei
suore, è divisa in due case. Le tre sorelle
che lavorano in Matagallinas sono impe-
gnate nel catechismo di tutta la scuola
ed in tre villaggi La casa ospita quaranta
bambine interne provenienti dai vari pae-
selli della regione mixe. Le suore si de-
dicano con molta generosità alla loro for-
mazione e le occupano anche in corsi di
cucito, insieme ad alcune esterne.
Noi tre che abitiamo in Ayutla fac-
ciamo catechesi parrocchiale due volte
alla settimana per i bimbi e tre volte per
gli adulti: ci rechiamo poi in cinque paesi
che distano dal nostro tre o quattro ore
di cammino a piedi.
Prima di iniziare regolarmente questa
catechesi abbiamo visitato le singole fa-
miglie invitandole a frequentare le lezioni
e lasciando medaglie di Maria Ausiliatrice·
volevamo che la Madonna preparasse i
cuori di questi fratelli a ricevere i l mes-
saggio di Cristo e constatiamo con gioia
che è intervenuta mirabilmente.
Una volta alla settimana, dai villaggi più
vicini, giungono gruppi di donne a cui
impartiamo lezioni di cucito.
Abbiamo tenuto un corso per cate-
chisti indigeni bilingui della parrocchia:
essi sono il nostro più valido aiuto, per-
ché traducono le lezioni nel dialetto del
luogo. Quattordici hanno fatto promessa
ufficiale di prestare servizio per tutto
l'anno e. finora. sono puntuali e fervorosi.
Nei paesi lontani si sono organizzate
«missioni» per dieci giorni consecutivi.
L'oratorio va prendendo incremento e vi
lavoriamo con entusiasmo. Infine il di-
spensario che non può mancare in questi
luoghi, è il mezzo prowidenziale per ini-
ziare rapporti con quella gente che non si
avvicinerebbe spinta da motivi religiosi.
Sperdute su queste alture cl sentiamo
felici ed intensamente vive nell"lstituto e
nella Chiesa.
s,. c. Calles
BILANCI E PROGRAMMI All'UPS
Interessanti dati relativi all'Università
Pontificia Salesiana risultano dai vari no-
tiziari informativi diffusi dal massimo cen-
tro culturale della Congregazione.
L'anno accademico 1973-74. L'UPS
ha contato 693 studenti iscritti, 97 do-
centi aggregati alle facoltà, e altri 43 do-
centi provenienti da diversi centri.
Durante l'anno sono stati rilasciati
8 titoli di dottorato, si sono avute 16 di-
fese di dissertazioni dottorali, 81 titoli di
licenza, altrettanti di baccalaureato, e
16 diplomi.
Per l'anno accademico 7974-75:
è stato creato I'« Istituto per lo studio
della Religione nel mondo contempora-
neo», con corsi biennali;
si è iniziato un <( Corso biennale di
qualificazione in psicologia» per laureati;
Sei FMA tra i Mixes (vedi notizia nel testo).
è in programma un convegno su
« Educazione e politica», 1 cui atti appa-
riranno m «Orientamenti pedagogici»;
è in studio una <( Settimana della
gioventù europea» aperta ai rappresen-
t anti dei movimenti educativi e pastorali
giovanili;
è prevista una nuova « Settimana di
spiritualità salesiana»;
l'annuale ciclo di conferenze pub-
bliche ha come tema « Problemi attuali
di Cristologia ll;
è fissato per la prima metà di luglio
1975 un doppio incontro dei Direttori e
dei Presidi degli Studentati salesiani: a
Roma, presso la Casa Generalizia.
I SALESIANI DI BOLOGNA
CONTRO LA DISCRIMINAZIONE
NELLE SCUOLE
« I genitori degli alunni dell'Istituto Sa-
lesiano di Bologna hanno preso visione
del progetto di legge regionele... Con
rammarico hanno constatato di essere og -
getto di una discriminazione che viola i
diritti sanciti dalla Costituzione... Elevano
ferma protesta affinché il progetto di
legge venga modificato... ». La lettera -
decisa in assemblea dei genitori e firmata
da 714 di essi - è stata inviata nel no-
vembre scorso al Consiglio Regionale
della Regione Emilia-Romagna. ·
La protesta di questi genitori va contro
un progetto che prevede per le sole scuole
statali una serie di provvedimenti, negati
invece agli alunni delle scuole private:
servizi di trasporto gratuiti, contributi per
i servizi di mensa, distribuzione gratis di
libri dì testo. ecc.
L"aspetto discriminatorio. nel caso del-
l'Istituto Salesiano è tanto più evidente
in quanto verrebbe a colpire alunni ap-
partenenti non a famiglie abbient i. ma
del ceto operaio (64°~). d i agricoltori e
piccoli commercianti (21 % ), di imi,iegati
e insegnanti (14%).
L'iniziativa salesiana è condivisa dalle
altre scuole private della Regione. La
Fidae ha presentato una «memoria» al-
l'Episcopato emiliano; anche il gruppo
DC della Regione ha preso posizione im-
pegnandosi a chiedere « assoluta parità
di trattamento per tutti gli alunni di tutte
le scuole, laiche e religiose».
NOZZE DI DIAMANTE
A CIUDADELA
Sono state celebrate nel dicembre
scorso a Ciudad~la (Isola di Minorca,
Spagna), come annunciava testualmente
l'opuscolo dei festeggiamenti , le « nozze
di diamante fra la città e l'opera sale-
siana». Ciudadela, come dice lo stesso
nome, è una piccola città, ma conta mi-
gliaia di giovani e uomini educati dai Sa-
lesiani in 75 anni di ininterrotto lavoro,
vanta la prima chiesa pubblica di Spagna
dedicata al culto di Maria Ausiliatrice, e
ha dedicato a due benemeriti salesiani
due delle sue vie.
I festeggiamenti, a cui ha partecipatG
in rappresentanza del Rettor Maggiore il
Superiore regionale don Antonio Mélida, 29

3.10 Page 30

▲back to top
Padre alla comunità, attraverso il direttore
della missione. In questo dono, tutti per-
cepivano e sentivano prolungata la pre•
senza del Papa.
hanno visto fra l'altro l'assegnazione di
un premio giornalistico, un concorso di
arte infantile, un'esposizione filatelie-a con
annulli speciali concessi dalla Direzione
generale delle Poste, « la medaglia della
città» offerta dal sindaco alla Congrega-
zione e l'inaugurazione di un moderno
edificio dell'opera salesiana destinato alla
gioventù.
NATALE CON IL
RAPPRESENTANTE DEL PAPA
S. E. mons. Carmine Rocco, Nunzio
Apostolico in Brasile, ha trascorso i giorni
delle feste natalizie fra le tribù di lndios
del Mato Grosso, in visita alle missioni
dei Padri Salesiani. Al Rappresentante
Pontificio hanno fatto da guida S. E.
mons. Camillo Faresin, Prelato di Guira-
tinga, e l'Ispettore di quella provincia sa-
lesiana.
Il 24 dicembre è stata visitata la comu-
nità Meruri, che comprende circa 240 ln-
dios. L'accoglienza è stata calorosa. Gli
lndios hanno manifestato, con danze e
canti tipici, la gioia di ricevere nelle loro
terre il Rappresentante del Santo Padre.
Nel momento dell'incontro, il capo-tribù,
seguendo una tradizione tipica del suo
popolo, ha segnato la fronte e il volto
degli ospiti con i colori della tribù, inco-
ronandoli poi con iI caratteristico Koccar
(corona di piume d'uccelli) e ponendo
al collo la collana, ad indicare che essi
entravano a far parte della comunità dei
Bororo di Meruri.
A mezzanotte ha avuto luogo la cele-
brazione della santa Messa natalizia,
chiamata colà Missa do Gaio, con la par-
tecipazione di tutta la comunità, in mag-
gioranza cattolica. Il Vangelo è stato letto
nelle lingue portoghese e Bororo, mentre
Il discorso del Nunzio è stato sintetizzato
in bororo da un giovane della comunità.
Un neonato ha ricevuto il sacramento del
battesimo. Al sacro rito è seguita la pre-
sentazione del bambino alla comunità
presente, momento molto significativo per
i Bororo, per cui la nuova creatura è rico-
nosciuta membro della tribù.
La cerimonia notturna si è conclusa
con la consegna del calice, dono del
Santo Padre al direttore della missione.
Il 25 dicembre, giorno di Natale, il
Nunzio ha v1s1tato la comunità di
San Marcos, composta di circa 900 lndios
Xavante. Dopo una festosa danza, il
capo-tribù ha rivolto il suo saluto al Nun-
zio Apostolico. Alla fine della cerimonia
il Nunzio riceveva ,tra gli applausi dei pre-
30 senti, il Koccar, l'arco, le frecce e un ba-
stone, simbolo del comando, dallo stesso
capo-tribù.
Nel pomeriggio, il Prelato mons. Fa-
resin e tutti i sacerdoti presenti hanno
concelebrato la Messa di Natale insieme
al Rappresentante Pontificio. Durante il
rito eucaristico, il Nunzio ha amministrato
il battesimo a tre giovani Xavante, che
hanno colpito per la loro preparazione,
serietà e consapevolezza. L'offerta del ca-
lice, donato dal Santo Padre alla comu-
nità, ha concluso la solenne celebrazione
eucaristica.
Il 26 dicembre è stata la volta della co-
munità di Sangradouro, composta da
poche famiglie di lndios Bororo e da circa
400 Xavante.
Il punto focale della visita si concre-
tizzava nella celebrazione eucaristica.
L'altare, eretto al centro del villaggio, era
circondato da un doppio cerchio, com-
posto dai bambini e dagli adulti. Armo-
niosi e solenni i canti ritmati del Kyrie, del
Sanctus e del Pater Noster, in lingua au-
toctona. Dopo il Vangelo, mons. Nunzio
ha amministrato il sacramento del matri-
monio a due giovani lndios, ambedue
scalzi e d'una povertà assoluta, ricchi solo
di fede. All'offertorio, la tribù ha presen-
tato frutta raccolta nella missione, archi,
frecce ed un bastone. A conclusione del
sacro rito, si ripeteva la cerimonia della
consegna del calice donato dal Santo
MINI-CONVITTO
PER STUDENTI POVERI
Gli E>tallievi salesiani di Fuiloro (Isola
di Timor) l'anno scorso hanno costruito
a Lospalos un minilar (mini-convitto)
dove ora alloggiano 25 studenti poveri
di 14-16 anni. La casetta è fornita di elet-
tricità e acqua corrente (comodità per
niente disprezzabili a Lospalos), e ha
campi per pallacanestro e pallavolo dove
i ragazzi si divertono un mondo.
Gli Exalllelli hanno sostenuto tutte le
spese della costruzione, e ora tengono a
proprio carico la direzione, l'amministra-
zione e iI peso di tutte le necessità della
piccola opera.
Ma non è questa l'unica loro attività.
Essi hanno anche costituito una coope-
rativa agricola denominata « Gruppo So-
ciale !pi-Sali», finanziata con le quote
degli aderenti. Per venire incontro alla
scarsità di cibo nella loro zona hanno ac-
quistato all'ingrosso tre tonnellate di ali-
menti, e le hanno rivendute alla gente al
prezzo di costo.
Nell'Isola di Timor durante la stagione
secca si verificano con frequenza disa-
strosi incendi, che distruggono interi vil-
laggi. Nella zona di Fuiloro l'anno scorso
due incendi hanno incenerito 22 case, e
un gruppo di Exallievi si è prestato per ri-
costruire alcune delle abitazioni andate
distrutte: ha lavorato una decina di giorni,
Natale con il Rappresentante del Papa (vedi notizia nel testo).

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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e il Centro Exallievi ha sostenuto tutte le
spese dei lavori.
Gli Exallievi di Fuiloro sono fieri so-
prattutto del loro nuovo mini/or, dove
si danno convegno per i loro periodici
incontri e le feste sociali, e per organiz-
zare le loro benefiche attività.
INCONTRO SU << SALESIANI E
COMUNICAZIONE SOCIALE 11
Nei giorni 11 e 12 gennaio 1975 si è
svolto alla Casa Generalizia di Roma un
Incontro sul tema: « Salesiani e comuni-
cazione sociale: un problema aperto 11.
L'incontro promosso dalla CISI, presie-
duto da don Giovanni Raineri e don Luigi
Fiora. e coordinato da don Ettore Se-
gneri, ha inteso offrire «due giorni di ri-
flessione, scambio di esperienze e pro-
grammazioni per animatori e coordina-
tori ispettoriali della es>>. Vi hanno preso
parte quasi tutti gli Incaricati ispettoriali
della CS, e diversi altri confratelli interes-
sati al problema.
Non è possibile riassumere in poche
righe il molto che è stato detto, proposto,
deciso. Il mensile «Multimedia per l'edu-
cazione• pubblicato a cura del «Centro
per le Comunicazioni sociali», che giunge
in tutte le Case salesiane d'Italia, dedica
il suo fascicolo di febbraio 1975 a un'am-
pia presentazione dell'Incontro. Riporterà
il testo delle relazioni fondamentali, una
sintesi delle comunicazioni e discussioni,
e Il testo delle conclusioni.
Mini-convitto a Timor per studenti pove ri (vedi notizia nel testo).
__J
rità, non abbiamo alcuna reticenza. non
presentiamo una fede svilita e debole I
Non si deve spegnere il moccolo fumi-
gante né spezzare la canna piegata, però
si deve avere forza e sicurezza nel pre-
sentare ai giovani un ideale che valga la
pena, che li spinga ad abbracciarlo, ad
amarlo. e a dare per esso la vita,.
cc J -20 » MIGLIOR RIVISTA
Cosi è stata giudicata. e come tale ha
ricevuto il «Premio Nazionale• per l'anno
1974. Il vivace periodico, il cui titolo si-
gnifica «Gioventù del secolo ventesi-
mo», è pubblicato dal Salesiani dell'Edi-
torìal Don Bosco di Barcellona.
LA VERITA ETERNA
IN UN VESTITO NUOVO
In un'intervista concessa alla rivista
salesiana « Nuestro Tiempo». il card.
Raul Silva Henriquez ha risposto tra l'altro
alla domanda: « Eminenza, che cosa ci
chiedono i giovani oggi 7 che cosa vo-
gliono dalla Chiesa 7».Eccole sue parole:
«Direi chiedono due cose. Primo: che
noi siamo giovani. E secondo. che cono-
sciamo I loro valori. Sono due cose im-
portanti.
Essere giovani, cioè amare le cose che
amano i giovani (come diceva Don Bo-
sco); presentare loro le cose che richia-
mano la loro attenzione; offrire ideali vivi,
per far sl che amino la vita che gli pre-
sentiamo. Non possiamo presentare ldealì
caduchi superati. Dobbiamo offrir loro la
verità eterna, ma in un vestito nuovo
Per questo dobbiamo essere giovani, la
Chiesa dev'essere giovane. e deve adat-
tarsi ai tempi attuali. Però dobbiamo dare
ai giovani un'altra cosa che essi ci chie-
dono: la forteua e la prudenza dell'uomo
maturo. Dobbiamo offrir loro l'ideale del-
l'uomo maturo, dobbiamo essere uomini
con loro e presentare l'ideale dell'uomo
sicuro, padrone di sé; dell'uomo che sa
dove va e sa indicarlo agli altri. Per ca•
I PRIMI DUE SACERDOTI
INCHIESTA SULLA FORMAZIONE SALESIANI DI CEYLON
DEI SACERDOTI SALESIANI
Il 23-12-1974 sono stati ordinati sa-
Nel dicembre scorso il Consigliere Ge- cerdoti nel seminario « Don Bosco li di
nerale per la Formazione Salesiana don
Egidio Viganò ha inviato ai Direttori delle
comunità di formazione sacerdotale un
fitto questionario allo scopo di conoscere
il meglio possibile «come si va realiz-
zando la formazione sacerdotale sale-•
siana nell'attuale processo di decentra-
Negombo due salesiani di origine ceylo-
nese: padre Emanuele Janze e padre Pa-
rere Kingsley. Essi sono i primi Salesiani
dello Sri Lanka (Ceylon) diventati sacer-
doti, e anche per questo motivo sono
stati particolarmente festeggiati dalla loro
comunità.
mento, in corso nella Congregazione, e
I quindi «per aiutare, nella misura del pos-
sibile, i responsabili» di questo delicato
settore.
·
IN CILE « SERATE
DI PREGHIERA GIOVANILE»
L'inchiesta, definita da don Viganò
«uno strumento di concretezza li, verte
sulla preparazione al sacerdozio «tanto
negli studentati teologici come nei nuovi
Sono state sperimentata con buon
esito nel «Centro di spiritualità» di San-
tiago La Florida. L'invito a partecipare a
una « Serata di preghiera giovanile» era
stato rivolto una prima volta nel novembre
tipi di comunità sorte a tale fine». Il pe- scorso ai gruppi di giovani che durante
riodo formativo considerato risulta di l'anno erano passati nella Casa salesiana
fatto « la tappa più delicata». quella per eserci:i:i spirituali o allro motivo. In
«che pone più problemi». attesa «l'at- settanta hanno risposto all'invito, e in un
tuale crisi della formazione sacerdotale>>. clima stupendo, con grande serietà, hanno
Di qui il bisogno di «cercare insieme ele- trascorso cinque ore (dalle 15.30 alle
menti validi di soluzione>. L'inchiesta 20,30) in attività di riflessione. medita-
prepara un incontro con i Direttori delle done. adorazione. L'esperienza è stata
comunità di formazione, che avverrà alla ripetuta con altrettanto successo In di-
Casa Generalizia nel luglio 1975.
cembre.
31

4.2 Page 32

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PER DIECI LUNGHI ANNI
Per dieci lunghi anni ho sofferto di un forte esaurimento
hervoso, alla base del quale c'era una grossa calunnia nei
miei riguardi. le sofferenze morali e quelle fisiche soprag-
giunte sono difficilmente spiegabili. Per sedici volte dovetti
essere ricoverata in Ospedale psichiatrico, e questo, forse, dice
tutto. Non ho però perso mai la fede. Ho sempre di cuore in-
vocato l'Ausiliatrice e Don Bosco, sicura che mi avrebbero
ascoltato. Cosi avvenne. È ormai due anni che i disturbi sono
cessati e che ho ri preso, con il giusto equilibrio, anche il mio
normale lavoro. Ri ngrazio di cuore e mi dichiaro riconoscen-
t i ssima.
A. 8. (/,mera firmata)
LA GUARIGIONE DEL FRATELLO
In seguito ad una grave caduta. mio fratello riportò una
ferita al capo e peggiorò rapidamente. Ricoverato, fu dichia-
rato in fin di vita e operato d'urgenza. l'intervento preciso e
puntuale ce lo salvò, per questo intendo ringraziare i medici
e i chirurghi; ma sono pure certa che Don Bosco e Dome-
nico Savio, da me fervorosamente invocati, guidarono la loro
mano intercedendo validamente presso Dio.
Roma
Sa'c. ANTONIO POZZUOLI
SONO UN ALTRO UOMO
Ho passato degli anni molto difficili, in cui la vita mi appa-
riva come un inferno, e spesso non avevo più la forza di sop-
portarla. Un medico psichiatra diagnosticò un forte esauri-
mento nervoso, difficile da guarire In breve. tempo. Allora mi
rivolsi a Maria Ausiliatrice, e umilmente la pregai di gua-
rirmi. Sono passati due anni, e posso dire che oggi sono un
altro uomo, fiducioso in me stesso e nel prossimo. lo credo
che tutto sia frutto della mia fiduciosa devozione a Maria Au-
siliatrice, che ringrazio pubblicamente.
N. N. (lettera firmata)
IL PICCOLO DAVIDE
Dopo due anni di matrimonio, mio marito ed io attendevamo
con ansia un bimbo. Ed ecco arrivare il piccolo Davide. Ma
a sole 24 ore dalla nascita, i l bimbo fu preso dalle convulsioni,
dovette essere portato d'urgenza in ospedale, e per due giorni
rimase in fin di vita. Mio marito ed io eravamo affranti. lo
raccomandammo alla Madonna: lo affidammo nelle sue sante
braccia perché gli facesse lei tornare la salute. E l'Ausilia-
trice ci ha esaudit i. Ora i l piccolo Davide ha 5 mesi, è vispo
e allegro.
Ringraz_iamo di cuore Maria Ausiliatrice.
Vezzo d'Alb, (Cuneo)
LUCIANA e GIOVANNI PORELLO
LA GIOIA DI VEDERCI ANCORA
Soffrivo da tempo di gravi disturbi agli occhi. Dopo varie
visite mediche, decisi di farmi operare. Era il dicembre del
1972. l'operazione all'occhio destro dovette essere ripetuta
due volte alla distanza di 8 giorni. Ma la Vergine Santa ve-
gliava su di me, e all'inizio del 1973 potei riprendere il mio
lavoro. A maggio, dietro consiglio di un eminente clinico,
tentai l'operazione all'occhio sinistro, dal quale non vedevo
quasi più. l'operazione Il per Il sembrò riuscita bene, ma ben
presto c1 fu l'amara delusione. lo specialista mi disse: « Di-
32 stacco della retina». Era il novembre del 1973. Mi ritrovai nuo-
vamente sulla strada di Genova per un quarto intervento, con
il pianto in gola che mi soffocava. Non ero più capace di pre-
gare, invocavo solo Maria Ausiliatrice perché mi stesse vi-
cino. E questa volta l'esito fu felice e duraturo. Sono infatti
trascorsi molti mesi, ho potuto riprendere il mio lavoro di in-
segnante, e vedo bene da entrambi gli occhi.
Con filiale e riconoscente amore ripeto il mio grazie a
Maria SS., vera Ausiliatrice.
Torino
N. TASSO
LA RICONOSCENZA DI UN EXALLIEVO
Sono un exallièvo dell'Istituto Salesiano di Penango (Asti).
Durante il mio viaggio di nozze, nel 1967, volli rivedere il mio
antico Istituto, e pregando davanti alla bianca statua di
Maria Ausiliatrice affidai a lei la nostra futura vita di sposi.
Dopo sette anni di matrimonio, due belle bimbe, Lucia e Ma-
rinella, rendono la nostra vita felice.
Ma 1'8 agosto scorso, mia moglie Anna, da alcuni giorni
sofferente, ebbe un collasso. la trasportammo d'urgenza al-
l'ospedale di Camposampiero dove venne sottoposta ad un
difficilissimo intervento, poiché' un'emorragia interna che du-
rava da quattro giorni l'aveva ridotta agli estremi. la prima
parola che mia moglie disse riprendendo conoscenza fu
« Maria Ausiliatrice, l'ho vista>>. A lei entrambi ci eravamo af-
fidati con fiducia.
Oggi, sereni e felici, porgiamo il nostro ringraziamento al
Cielo, con la promessa di una prossima visita al Santuario di
M. Ausiliatrice in Torino.
VII/ade/conte (Padova)
ANNA a /GINO TONIN
ccMI CREDEVANO IMPAZZITA: ERO SOLTANTO...
GUARITA I >>
la signorina Mary Memoria Quirino, residente a Rio de
Janeiro e impiegata all'INPS da quattordici anni, ha ottenuto
per intercessione di Laura una segnalata grazia.
Racconta lei stessa:
«Delicata di salute fin dall'infanzia, dovetti subire a par-
tire dall'età di ventotto anni (ora ne ho quarantaquattro) quattro
successivi interventi chirur.s:iici all'addome per il ripetuto so-
pravvenire di tumori a distanza di tempo: 1958, 1967, 1968
e 1973.
Fu quest'ultimo intervento che mi procurò sofferenze indi-
ciblli ed ebbe un seguito di penose complicazioni.
Tolti i punti solo dopo ventidue giorni dall'operazione, la
situazione non accennava a migliorare.
Costretta a letto,immobile anche per l'emorragia inconteni-
bile, ero sottoposta a cure di antibiotici ed a quotidiane do-
lorose compressioni manuali per l'estrazione del siero infetto.
Un mese e mezzo di cure non diedero altro esito che una vio-
lenta infezione a tutto l'addome, con febbre altissima, tume-
fazione ed enfiagione.
Il processo infiammatorio mi aveva resa tutta un dolore, e
il ventre era trasformato in una palla di fuoco. Antibiotici e
applicazioni infrarosse non valsero a nulla, cosicché i l noto
chirurgo, dr. Enrico Pasqualetti i I 12 ottobre decideva un ul-
teriore intervento per il giorno seguente, alle ore 9, nell' "Isti-
tuto Brasiliano di ricerche cardiovascolari". Affidava l'opera-
zione al f iglio, dr. Giorgio, perché precedenti impegni profes-
sionali gli impedivano di trovarsi in sede, e l'urgenza del caso
non consentiva rinvio.

4.3 Page 33

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Intanto io mi rivolsi a prendere in mano l'immaginetta di
Laura Vicui\\a che una mia amica mi aveva consegnato al-
cuni giorni Innanzi e lessi la preghiera più volte: veramente
senia molta fiducia, perché la sofferenza conti nuata mi aveva
depressa e straziata. Sentivo ,n me una potente ribellione e
null'altro.
Seppi più tardi che la signora M. Conceiçao Miranda
- l'amica stessa - in casa con I suoi familiari aveva pregato
molto, chiedendo a Laura Viculia di passare la sua manina sul
mio corpo malato e di ottenere un e~ito felice all'operazione.
Verso la sera del 12 chiedevo alla domestica di prepararmi
la valigia per la nuova degenza in ospedale, e affrontavo
un'al1ra nottata di dolori e febbre tormentosa.
Solo nelle prime ore del giorno 13 presi sonno, per effetto
di un calmante, e dormendo m, appoggiai sul lato destro: cosa
che da tempo mi era impossibile, e che mi stupi al breve ri-
sveglio. Continuando il sonno, sognai una cara ragazzina che
mi guardava sorridente e non tardai a identificarla con la gio-
vinetta, dell'immagine.
Verso le 6 del mattino ml svegliai normalmente; senia nep-
pure rendermi conto dell'eccezionalità della cosa, mi alzai e
att.esi alla pulizia personale che da tempo non riuscivo a fare
da sola.
Allora sol1anto mi avvidi di essere completamente guarita,
e mi diedi a camminare per la casa destando stupore e ap-
prensione nella donna di servizio che mi raccomandava cau-
tela e riguardo... Ma togliendo fasce e bende ebbi la con -
ferma che non ero... uscita di senno, né suggestionata: era
scomparsa ogni traccia di enfiagione, di infiammazione e dì
formazioni purulente.
Gridai allora al miracolo: Laura mi aveva realmente guarita/
Uscii di case, incurante della pioggia torrenziale, fra l'allar-
mato stupore degli addetti alla pulizia, che Il giorno prima mi
avevano vista trasportare in barella. Dovevo avvisare il chi-
rurgo che l'operaiione non era più necessaria.
Dall' altro capo del telefono lo sentii perplesso. quantunque
riguardoso. e fui invitate all'ambulatorio per Il controllo. VI
andai il lunedl seguente (era sabato 13), e fui accuratamente
visitata dai medici, padre e figlio, ai quali non rimaneva che
constatare le .mie condizioni di perfetta guarigione, e autoriz-
zarmi a viaggiare per raggiungere i miei genitori a Natal (Rio
Grande do Norte), in sei ore di volo.
Intento, prima dei medici. avevano potuto constatare la mia
guarigione i miei numerosi parenti e conoscenti che avevano
affollato la mia casa fino dalle 9 di quel famoso 13 ottobre;
era venuta anche la signora Maria da Conceiçao Miranda,
commossa fino alle lacrime. che ripeteva continuamente:
"Laurita è veramente potente presso il Cuore d1 Dio I". C'erano
altri che, avendomi visto nelle condizioni disperate dei giorni
precedenti. non esitavano a chiedere: "Chi è questa sentina
che ti ha guarita?".
Ma un' altra grazia, mi ha ottenuto Laura.
lo da tempo non ricordavo più Dio, non volevo più pensare
a lui, perché la mia sofferenza era troppo grave. Oggi tutto
è cambiato: sento Dio come Fratello. Padre, Amico, e il trat•
tenermi con lui è diventato un piacere. Non tralascio la Messa
festiva e frequento I Sacramenti: fino al termine della mia vita
Dio per me sarà tutto».
Rio de J•nelro
(lettera firmata)
Sono unile testimonianze In menlo e d,chiarazion, clln,che.
Maria Cofano (Torino) ringrazia Laura Vicufta per essere
intervenuta presso il Signore per ottenere la salvezza della
nipotina Giorgia, che con febbre altissima rischiava di morire.
DUE GRAZIE A MONS. OLIVARE$
Sono cugina del Servo di Dio Mons. Olivares, e sono lieta
di poter segnalare due grazie da lui ottenute qui presso di noi.
la moglie di un nostro amico dovette subire una grave
e devastatrice operazione chirurgica. Tutto andò bene, ma
al momento di lasciare l'ospedale soprawenne una febbre
alta con grevi disturbi renali. Dopo un mese di cure fu de-
ciso un nuovo intervento specialistico. Sia l'ammalata che
la sua famiglia erano angustiatissimi. ed io li Invitai ad una
novena al Servo di Dio, applicando alla malata una piccola
reliquia. Ed ecco che all'ultimo esame radiografico fatto
prima dell'intervento, la grave malformazione che esigeva
l'operazione risultò scomparsa senza lasciare alcuna traccia.
Ora la signora è tornata in famiglia. sta bene, ringraiia con
me il Servo di Dio.
Ed ecco le seconda grazia. Una nostra sorella tanto cara.
suor Angela Raffaella. di 49 anni, era da un decennio im-
pedita in ogni sua attività da uno stato dolorosissimo e pe-
noso (enterocolite cronica emorragica, ulcera duodenale
sanguinante...), ed era inoperabile per una grave anemia.
In questi dieci anni è stata ricoverata sette volte a lunghi
intervalli, è stata esaminata da valenti professori ed aiutata
con continue trasfusioni di sangue. Nel maggio scorso è
tornata in ospedale con una diagnosi completamente sco-
raggiante: anche le trasfusioni non potevano essere più
accettate dal suo fisico.
Ricorremmo all'intercessione di Mons. Ollvares, facendo
una novena nella nostra Comunità. la paziente cominciò
a migliorare ed ora si sente completamente guarita. Ha
potuto riprendere la sua vita regolare, e lavora tutto il giorno
con serena disinvoltura. Anche i disturbi (esterni ed interni)
sono cessati. Nell'ultima visita, il medico si meravigliò di
trovarla in cosi buono e insperato stato.
Con animo riconoscente glorifichiamo Dio nei suoi Servi.
Monastero Vlsit•none Santa Maria- Bolog na Suor GIOVANNA C OUVARES
Maria Bagnoli in Berlini (Roma) : • In un lunghissimo pe-
riodo di amarezze per la mia famiglia e in particolare per
mio figlio, ho pregato con costanza il Servo di Dio Mons.
Luigi M . Olivares perché ci ottenesse aiuto dal Signore.
La situaiione si à evoluta cosi bene da farmi pensare ad un
miracolo. Porgo i miei ringraziamenti uniti alle preghiera ».
COMPAGNO ALL'ORATORIO DI DON CALLISTO
In un giorno del febbraio scorso fui colto da una emorragia
cerebrale che mi bloccò tutta la parte destra. Internato in
ospedale, i medici considerarono il mio caso abbastanza
grave. Avendo libere la memoria e la parola, pensai che se i
medici erano in difficoltà, dovevo mettere la cosa nelle mani
di Don Calllsto Caravario, Servo di Dio e mio antico
compagno d'Oratorio. Ed egli intercedette per me presso
il Signore. Dopo sei giorni incomincia a muovere il braccio,
poi anche la gamba, e dopo venti giorni fui rimandato a
casa. Ora ho ripreso pian piano 11 mio lavoro e miglioro di
giorno in giorno. Siccome anche i medici trovano In questa
mia ripresa qualcosa di «straordinario 11, sento Il dovere
di attribuire ogni cosa al buon Don Caravario.
Jvr11a
!xallisvo ANTONIO GASTALDO 33

4.4 Page 34

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PER I NOSTRI MORTI
PREGHIAMO
$ALES/AN/ DEFUNTI
Coad. Giuseppe Batd111•■arre t a Nopolo a
t►3 anni.
Conobbe Don Bosco otrravcrso il suo plU'roco
che aveva apeno in ciuà (Ba.tlen11 di Bari)
un Oratorio 1ul10 aule 1ale,Jano. Fu apprcz.
uto Capo d'An• f,dc11n1me e seppe u-uron-
dcrc nei oumero,.1 aJlie,-i ra.more Don Bo.e.o
e l'attaccamento al lavoro. Quasi tutu le Case
dcli' hpettoria Meridionale porrano i sewni della
1uo 1trivitA. Il portale dello Chiesa dc,I Rcdtn•
torc di Dari fu cepo,io alla Fiera del Levante
e meritò gli elOR1 dì Oc Casperi. Rc,l!wioso
esemplare seppe unfrc In inrtnncabilo. attività
allo spirito di pieul piu puro e genuino.
Co111d. RJno c:e.LN> t a lnrra di Verbania a
55 anni.
Dalla DllD\\'ll (ra,oone di Manango di Campo
S. Man;no (PO), il aiomo •tesso del ,uo
26• compleanno ,:enne Ira noi, donde partl
per il Cile. LI pct 18 anni attese al lavoro dc,
,J campi. E.r.a robwco, a\\'eY'II un fuico forte,
ellt":nato aJJa fatica, non dìase mai basta... no
a quando il S1anorc dine «basta• per lui.
Salesiano laborio•o, rcdetc ai suoi impcgn,,
integro. retto, che non c()nosccv-a 6.n..tioo.i, pio
e di non comune aeruiibHitl umana. ~ructo
preso d.all'affetto della Cua salesiana, come
1c fosse la propria cua natale. port.a,~a co1l H
,uo contribwo • quella cara ,·ita di famiRlia
che l la comunicazione delle cos4' si:nrituali e
temporali, condicé e maturate al calo,., del-
l'amore filiaJe e. d1U1affetto domC$1.Ìco. Si1mo
e.erti di avere un ami co preuo Dio in cu,
restiamo uniti anche ohrc la rnone
Sac, Giuseppe A"11lle t ad AICS11andna a
75 onni.
Con lui scompare l'ultÌ m• figura missionaria d!
OuarJi:nento, terra feconda di vocazioni a1cer-
dot11i (ancora 13 viventi). Nel 1913 da Penon110
partiva per l'estremo Oriente1 e la Cina diven-
rava la sua seconda patria. Li nello teorto
IJ4'nnaio festegg;ava con I Confratelli , I suo
so• W permanenta tn Cina. Nttl seu~n\\brc
,corso tornò nella IUJI terra pe.-nundo di nprcn-
dctc le forze ormai fiaccate dal lnoro e dai:h
anni, ma il Signore lo chlamb al riposo nella
Caso del Padre.
Sac:. Alfio Cs.N:lola t • Messina • 57 anni.
Vero salesiano che vioe nel htvoro e nel ttilt:rt.zjo.
Tn..scone Ja aua vita •nlestana, dopa 11 fine
della seconda guerra mondiale, nel nouro
On1orio salceiano S. Domenico Savio• d1
Messina, sempre. dedicato alla form111onc
crisbana dei suoi piccoli alunni della prima
eluse elemcnrare, che aapeva anche prepa-
nre a deUe recite teatrali, suscitando entu-
siasmo nei piccoh at1on1
1pedalmente delle famiglie.
con gioia
Dop0 2s
grande
anni di
insc,na.mento1 con siran pena ba dovuto, nrl
1970, sospendere l'in1e.1enamem:o per un forte
c•11trlmen111 e gravi difturbi al cuore, finçhd
un attacco cardiaco Jo ricondusse :al Padre
Celate, assiarito da, confratelli della Cau.
Sac:. A.br.uno Giuseppe Llutdon.l t • S,no
S. C,or.mru ( Milano) a SQ anni.
,\\nJma aperta o ac.neroa:a. fedeJe a.Jl'idrale
1.alesiano, si donO •ll'c-ducazione. dcJla gio,~r:ntù
nella scuola ama11 e viHula, con slancio qio-
vanile. fino agLi ulumi eiorni. Al m.ìn11tcrc
dolla Parola e d~I perdono fu sempre di•pooto,
incurante di fatiche e aacrifici. Dotato d, kÌO•
vialità amabile, sapeva diffondere intor-no • té
un'onda di a1n,p1tfo, lic[O invito aWoperturn
Jci l"Uori, l..'11ta.ula.i:.1 ti S1,1:norc nd .-uo H.~i:nu,
e gli doni il prenlio do, giu.ti.
Sac:. Domenico Rucccrl ~ a Mes,ina a 69 •nni.
Nacque da famJ1rlia pro(ondamt".ntc cri.JtianA,
che h• donato 11 Signore i suoi aouc fi11h :
J Figlie di ;\\lloria Au1iliatricc, una Carntel,-
tana di atren• d1u1ura, J ••ce.rdoti 1ale1i1nL
Di canttere srtO\\.'iale, apeno e geneto90, itp,..
ran simp111a e, fiducta tra ali alunni c he banno
a\\11.110 la fortuna di a,·ulo come ■1.1i1tt:nie e
u1se.gna.nte d.a m■tem1tie11, Anche tra I m1h-
ta.ri den·ulti ma tiucrra, cui prese parte come
Cappellano M1litorc, fu ammirato e lodAIO per
il tuo comportamt:nto di vero AP02'tOlo cri-
n.iuno e salc-11in.no.
COOPERATORI DEFUNTI
Gucci Giuseppe t a Vìareggio • 78 ann,.
Fu Oirr1IOT4' e 1• Clùrurgo dell"Ospcdale Ci-
vile di S. Gi m.ÌlfRtno (Siena) per circa 40
anni. Fu 1e.mpre un medico sacrificato e un
apostolo pci ,uo, malati che Jo amav1no come
un padre. Ha 1crl110 parecchie e apprcuote
pubblicazioni circa l.R sua professione; ma lo
ore libere le volle dedicare a !èjlgere e medi-
wre i volumi delle Memorie Biografiche di
Don Bosco " le altre pubblica1ioni ,ul nottro
Santo, di cw (u acmpre devoto Cooperatore
e ammiracort. Vaaheg~l> UDJl Vua di Don
Bosco sott> il profilo delle sue non poche ,.,
pur celate sofferc.nic, per cui Don Do1co ah
apparve un ,·ero martire di cootinuata 1mmo..
1a.'Zione per la •-a1vez.za delle anime dei aiov■ n1.
All'Opera Salcs11na di Firea;e volle donare
il tuo attrcz.zato Studio Clinico, con l'inten-
zione di divenire il loro Sanitario 1.li totah:
acrvi-zio e fiducia.
cattaneo Paolo t a Como a 87 anni.
In tutta la vita rccb viva l'impronto. dell·cdu-
a.zione ricevuta alle Scuole Salesiane di
\\ 'aldocco S. Benirno Canovese, chr non
djmenticò mli è tndU51e io edificante, 11nva
devoZlonc a ~ l•ria Ausiliatrice, Don Do,co,
Don Rua e nottrl Santi.
Padre 1!$Cmplore Cormò i Suoi alle convinzìoni
p1u profo nde della vi1a c.ri•ti•n.a. Primo tempre
ntllA <eotimoniann dell'azione fra colleahi d!
lavoro e confratt1Ji' di Associazione, fu ~eme
roso a.oimatorc dc.llA promozione mittion~rin
in tu-ue le s ue forme. Beneficò molli coi> offerte,
1acrifici e preghiere, particolarmente le Opere
Salc,jane dcli' India.
A11tonietta Rolando ved. Avenan.l t
Cute8amon1e (T onno) 7<1 anni.
Le rue grandi dob di mente • l'eccuional~
finé7.U e bonti d"1nimo la resero cari a quanta
t•av,,;ci.na.rono. Tuua lt su.a \\."Ìta fu in.te11u11
di operoutil per la cura della famiglia • l'edu-
cazione dei figli, di canti genérou e discreta,
tlì preghie.rA aUmentnt a do un viV1nimo 1p,..
rito dJ fede. Trovò conforto e •luto nelle
diflicol!ll del!~ vita in una pnrticolui,slma
devozione Bll'Auti.liatrice e a Don Bo,co.
E l'aver offerto alla Con11re11ai:ione di Don Bo-
aco il figlio don Remo, costituì sempre il
•uo pìù grande oraoalio e. la sua gioia p1U
profonda.
Carmelloa OIJvero naua AnselmJ t a
Ch1Y&SS0 ._ 89 snn,.
Profuse tuttn 11 Sua ,;r• per Dio e per la
famiglia. Devo1ia1ima nell'Ausiliatncc e 1n
Don Bosco owni anno si recava in pcll•~rl-
n•g11io il 24 l\\1D1u1lo a Valùocco. Fervente
cooperatrice.~ fu benefica verso le opere ~ulo-
•f.ine. Li.t!h. 1.t ,•ivo rimpianto anche 1m C"h
ExalUevi d1 <.:blvu•o a c ui fu prodlaa d,
consigli per la fonda~ione del gruppo,
Gatto Giovanna ln Fornasuo t a Torino
a 44 anni.
~1.aru:ata. 1mprovV11■ me.nte: a1t·affe.uo de.1 auo,
cari, lucia con U ricordo di mamma e,em•
plare, l'eacmpio fuljlido di coopcrattoce salc-
aiana mtta dedita alle opere d, bene ooprat-
tutto nella parrocchia del Lingotto, che la
,;de sempre •••àdua alle as.semb1ec Utura-ichc
e 11enerosomcnte ded.11a alle opere d, bene.
Pietro Mort;antl t a Fagnano Olona (Va)
a 77 anni.
Cooperatore S•l.,iono d! antica dati, re•liuò
nella sua vita la 1inte1i • sa.16:iarui •: li L1l\\'Qt()
~ Pr"l!hiera, Lavori> molto e pre11b moluu1mo
Dc,•otissimo della Madonna, poti dire, lliA
anziano. di n.on ave.re ma.i t:ral.uciaro un •olo
giorno la recita del Rosario. Nel!',\\acionc Cac-
tolica della tua Parrocchia, di cui fu per molo
anni diriaerue, ,·olle per •~ l'animazione delle
attività apiricuah. cd ornnizz.ava ogni anno,
con tenacia e zelo I com degli Ese,rcil:i Spin•
tuali. La •u• "ioìa ed il suo ,·onto era quello
di aver doto a Uon Do1co il figlio don .\\lcsundro.
Secondo Guadat;nlnJ t • Faenzll 09 anni.
Le ,ricende del111 tua vita semplice e mirnbilc
rest.ano imprctsi ne.I cuore e s.i ri8euono nella
vita di innumerevoli e.x.allievi. R-eprc c.oncem•
plare !"anima dd bambino con intwto e ri•
■pctt.o, e ,i nversò resoci di vuiti. upendo
W croce.re ae.rm, di bont.Q con xdo di,~nto
e sapicnu di apo,tolo. Ogni giorno r&JU1iun-
gcva l'Oratono Sale,-iano, per JlOdc-rnc dCJ
giochi 1pen,ierati d4'i ragazzi e per educarli
al canto con un'arte mirabile.
VtrglJlla Chiodi t n Roma a 70 anni.
Fu per tAntl ftnni medico condotto della zona
periferico di Roma che ha per centro Ponte
Mammolo, v..lcntc, itelante nella 1u• protcs-
•ionc e nell'Apostolato crlniano. In questi
tempo ebbe molto da soffrire, finch~ Dio lo
chiami) alla ,ua Cua. Uaò molte volte i 1uo1
riaparm.J per adottare vocazioni m.islionaric:
l'ultimo fu u.n chierico gi-apponesc 11lctiano.
Oetuly TalolJ t a Colleferro 74 ann,.
Fu coo·peratric:e fedele e assidua ad oani ini-
ziativa del Centro. Donna di fede di invidi••
bile pazienza di fronte alle difficili prove
della \\'Ìlà, mnnifc•tò il suo pr()londo 1enicn
cmrei1stii1.wno
1pec1a..lmcnte ne.gli
doloroH rnalat1i1t.
ultimi.
quattNJ
Acosdno GaTIUsJ t a Roma a 77 anru.
Cris-riano con\\.into. non ,·e.nnc mai meno al
su.oi doveri di ercden1e, educò cri"uanamente
le •ue due fi~lie di cui una donò 111· ht11u10
delle Fl\\1.\\. Sempre pronto " dùpo110 a •acri-
ficani per ali •1tri. faceva gustare a chi lo
av,icin11\\"a un •~n.10 dj pace: quellA attH•
c he egli poMede.va. Destò amm,ru:.ìonc tn
gli nrrùci e compngni di lavoro por 11 a uu
nraordinaria bontol, dolicata e gentile.
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Giuseppino Laru.a - Tomuina Sanno - \\nto-
ne nietta Tenari \\'cd, 8e1111i:uo - Giovanni Carta .
Mario Picnante - Ron :\\wfa Brot.io - \\lar-
tini Angclinl Erminia - Carbai;nì Felicina - Al-
wgnìni Frane,, Ocncdotta - B0Uer111i Addc
CAiza Culo • Ferro Modn ved. Longo • G1u110
Simon~ M•l•u11mb, 'l'c,..ita vod. Lupi - ù lio%.tr>
Giuseppe.
Per quanti ci hanno chieSto Informazioni, annunciamo che LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sedo in ROMA. riconosciuta giuridica-
mente con D. P. oel 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto
13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere L,gati ed éreditli. Formule legalmente valide gono:
se trattasi d'un legato: «... lascio alla Direzione Generale Ope,,, Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Sslasiano per le missioni con sedo
In Torino) a titolo di legato la somma di llro . . . . . • . . (oppure) l'immobile sito In ..••• •·
se trauasi, lnvoçe, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l'alno del due Enti su indicali:
e••. annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Dlrttzfone Generale Opere Don So,co con sede In Rom•
(oppure rtstituto S1lesf1no per le Missioni con sede In Torino) lasciando ad euo quanto mi appanlene a qualsiasi titolo•.
34 (luogo a data)
(finn, per diltuc)

4.5 Page 35

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Bona: S. Giovanni Bosco, a cura di
De Bello Giovanni, C1,gliari, Lire
150.000.
Bona: Maria AusllJatr lce e S.
Glovaruù Bo1eo, in n,Jfra,io di
M•rti,mi Berto Rinà, a cura delle
Sorelle Schiaffino, Camogli (Ge-
nova), L. 100.000.
Bona: Beato D. M. Rua, pu ,ra•ia
riuvuta, a cura di N. N., Aoeta,
L. 100.000.
Bona: In mmoon·a di C/tùnw/li
Catl!lffl ,d Ematina, a cura di Chia-
neUi Dou. Giovanni, Napoli,
L. 100.000.
Boraa: Ma ria Ausiliatrice, Don
Botco e Don Rua, in n,.,,,raziamento,
a cura Manara Alberto, Domo-
do11ola (Novara), L . 100.000.
Borsa: Maria Aualllatrice e S.
Giovanni Bo1eo, 1 cun di Don
D'Enne, Latina, L. 100.000.
Borsa: Maria Au1Ulattlce o S.
Giovanni Bo1co, in rinva:ruimmto
pu vazia m.wta, a cura delle
Sorelle Vago, Inveruno (Mibno),
L. 100.000.
Borsa: S. Domenico Savio, intu•
te.di per il mio bombino, a cun di
Conco Giuoeppe, Orbusano (To-
rino), L. 100.000.
Bona: S. Giovanni BolCO, in ,,...
mori,, del Dr. Prof. Alei,l, Frcudnm
(Milano), a cura del Comm. A. R.,
Milano, L. 50.000.
Bona: Maria SS. Auslllatrlce, in
n,emorio del D,. Pi,ro Frtuchini
(Mi/4no), a cun dei 1uoì esci. Li-
re- 50.000.
Bona: S. Domenico Savio, a cun
di Marcolla Noemi, Vigo _per Ton
(Trento), L. 50.000.
Bona: S. Giovanni Bo1eo, cun
di MarillllÌ Marisa, Novara, L. 50.000.
Bona: Maria AuaUlatrlce o S.
Domenico Savio, a c:ura di Casa-
lini Maria Bernardina, Bologna,
L. 50.000.
Borsa: M ons. Raffaele Dello Noc•
che, Vacouo di Trlt.arico, a cura di
La Rocca Maria, Tricarico (Ma1era),
L. 50,000.
vBaoonrua:BMo1aeroiae
Auaillatrlce, S
S. Domenico
. Glo•
Savio,
aiutato protqg,u mi,, nipot, lo
,uafomiglia, a cura di N. N., L. 50.000.
Boraa: Maria AuaUlatrlco o S.
GloYlUlDJ Bosco, p,r vo.oio riuwto
imp/,w,.,.,J,, 011,a 1ro,llio, cun
G. V. Villa, Torino, L. 50.000.
Borsa: In l'UOIT•Mo ,ul mio 90• com-
pl,onno, a cun di RoHO Clelìa,
Sordevolo (Vercelli), L. 50.000.
Bona: Maria Aualllatr loe e Don
BolCO, o ,uffra,io da mui D,fi,nti
,lri,dntdo où,10 nelu preJmli MUJ·
Jird, a cun di lnvemìzzi Adele,
TNccanano (Milano), L. 50.000.
Boraa: A ru:o,do di Paolo GOtJ.,,.D•
tori, cun di N. N., Bergamo,
L. 50.000.
Bona: Beato Don Rua, • cun di
Nan Anna Maria, Loano (Savona),
L. 50.000.
Bona: MarJa Aualllatrlca e S.
Oomenlco Savio, invo<ando p,01,-
non, , into-cuzion, di ~i ctluti
pu il ,,,,,,.;10 pu il figli,,, a c:ura di
Nobili R01ina, Vetto (Rqgio Emilia),
L. 50.000.
Borsa: Maria AuallJatrico o S.
Giovanni Bosco, a cun Lonao
T. Jolanda, Roma, L. 50.000.
Bona: Maria Ausiliatrice o S.
Glovaruù Bosco, rinvozumdo ,d
inuo<ondo ancoro p,011:rùme p,, mio
,narito , per mio figlio, a cun di
$celai Ada, Alaundria, L. 50.000.
Boraa: D. Pietro Berrutt : 1110:ri,,
Don Putrol, a cun di Carini Gn-
r.iella, Milano L. 50.000.
Bona: S. Giovanni Bosco, in m••
wu,ria delle ,i,j)luivc mamme, nel
10° onniv,rsario della morte, a cura
di L. e O., Schio (Vicenza), L. 50.000.
Bona: Maria AU8lliatrlce e S.
Gl.ovaool Bosco, in rint,o%iomento
~ rou;ma n"wci.ta di .,,. int~IO
aU'ouhio, a cura di Demate.it Emma,
Chatillon (Aoata), L. 50.000.
Boraa: S. Giovan ni Bosco e S.
Domenico Savio, in ,uff,o,i,, d,l
gim,am Mario ~ . a cur.a dei
genitori, Cuof111lé (Torino), L. 50.000.
Bona: Maria Au.sllJacrlco, o mordo
,uffra,io dt/lo caro Ilio Cortontino
Usse,M, a cura dei nipoti, Torino,
L. 50.000.
Bona: S. Glovaruù Bo1eo, o ricordo
e ,uffro,i,, d•/14 ,oro 11:io Mor,Mrita
UuezUo, cura de-i nipoti, Torino,
L. 50.000.
Bor aa: Maria Ausiliatrice, Don
BolCO e B. Luca, prott1get1 il nostro
m'pati Luca, a cun dei nonni G.,
L. 50.000.
Bona: Guù Sacramentato, Maria
AU8illalrlce, S. Glovaruù 8o1CO,
po- otuncrc pazi.e prottflone, a
cura di Gonella Vittorina. Torino,
L. 50.000.
Borsa: Maria AuaJUatrico, in ,in-
vo:rùJnunto, invocando salute b,.
udizion,, a cun di Mariangela e
fi_!fli, L. 50.000.
Bona: Maria Ausiliatrice o S.
Giovanni Bosco, • cun di N. N.,
L. 50.000.
Bona: S. GloVlllUli Boar'>, ptrthl
prouuo i mui ,ari, a cura di F. C.,
Genova, L. 50.000.
Bona: Maria Aualllattlce e S.
Giovan.o.i Bosco, pu voto, a cunL
Pugno Jne1, Torino, L, 50.000.
Borsa: Sacro Cuore di Gesù o
Maria Auslliattice, pu,hl ci p,o-
teg.1ano in f.1ita ~ in pu:nto di morte,
pu I, Am"m,i ,hl Pur,otorio pu il
d,fi,nto Marco, a cura di N. N.,
Riva di Chieri (Torino), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Glo•
vannl Bosco, pr,goll p,r noi, pu
la pa<1 nel m<mdo e p,ouu,ttci
umpu, a c:ura di P. G. e C., L. 50.000.
m,- Bona: Maria Aualliatr lce e S.
Giovanni Bosco, p,r grazia
mda, a cura di Falletti Annamaria,
Torino, L. 50.000.
Borsa: Maria Aualllacrlce, S. Gio•
vanni Bo1eo, S. Domenico Savio
e Beato Don Rua, pu impl,,rore
gr~. a cura di Viberti-Cerri, Ls
Morra (Cuneo), L. 50.000.
Boraa: Don Pietro Arnoodo, a ri-
tardo llefjra,io p,r intJocare lo
p,01,,,;,,,.. di Mario Awiliotric,, di
S. Giwanni Bo,co di S. Domenùo
Savio, a cura de.i parenti, L. 50.000.
Boraa: Madoona AU8lllatrlce, Don
Bosco, Don Rua, Don Rioaldl,
proteggete 1empre ltJ pu,on, a me cor•,
a cun di Demartini Rota, Chiavari
(Genova), L. 50.000.
crociata
ELENCO DI BORSE MISSI ONARI E PERVENUTE ALLA DIREZIONE
DEL BOLLETTINO SALES IANO
Borsa: Maria Auailiatrlce o S.
Giovanni Bosco, in lleffrOlio da
d,funii e pu im,ocor, prot,zione
sulla famiglia, a cun di Benetto
C rl,tina, Noie Canavese (Torino),
L. 50.000.
Bona: S. Domenico Savio, in
n'n.rraziaJMnto, cura di Adamo
Nicola, Milano, L. 50.000.
Bona: Maria Aualilatrlco o B.
Giovanni B01CO, pu imp,t,ore uno
grazio ,p,cial• p,r il figlio Mieheu,
a cura di .Ran.icri Anna, Roma,
L . 50.000.
Bona: Sacro Cuore d1 Gesù,
Maria A\\l8lilattlc:c, Don Rinaldl,
a suffro,i,, di Cosiroti Ferdinàndo, a
cun. di Alborahetti Natalina, Cas-
11no d'Adda (Milano), L. 50,000.
Borsa: Maria AuallJatrlce, Don
BolCO e Santi Salesiani, p,r p,ot.,.
,,,, la mia Fomjzlia, a cun di Fcr-
r.iri Gallottì Teresa, Lodi (Milano),
L. 50.000.
Borsa: Servo d1 Dio D. Lulil
Variar.a, a cura d.i Cereta Dott.
Dante, Milano, L. 50.000.
Bona: Servo di Dio D. Lulei
Variar.a, a cura di Cereas Dott.
Dante, Milano, L . 50.000.
Borsa: Maria Ausutacrlco e S.
Giovanni Bosco, in lleffrogio del
marito Luigi, 1 cura di Barbieri Maria,
Sannazzaro de' Burgondi (Pavia),
L. 50.000.
Bona: Maria AuallJatrlce, S. Giu•
sep~. Papa G iovanni, a cun di
Manca Zaira, Terralba (Caaliari),
L. 50.000.
Borsa: Ma.ria Ausiliatrice o S.
Glovaruù Bosco, in memoria n,f.
fro,i,, di Gioneorla, cun di Gia-
chen; Ettore, Settimo Rottaro (To-
rino), L. 50.000.
Borsa: In 1uffrogio dei miei Cori
dtfu.nti, cura di Papa Concetta,
Franano (Ma1ina), L. 50.000.
Bona: S. GloYlUlDJ B01Co, cun
di Di Giamben.nlino Emilia, Roma,
L. 50.000.
Bona: Maria AU8lliatrlce e s.
Glovaruù Boeco, in mffrogio dei
defunti e inuoco1ul.o prottttìon, sui
nipoii, a cura di Ceppi Chiara,
Chiuso (T!-Svizzera), L. 50.000.
Bona: In n,/fra,io d,U'anima d,l
popd, a cun di Colombano LottJUO.
Vi11nale (Alessandria), L. 50.000.
Borsa: Maria Au1Ulatrlce, in nif•
frogio di Mirisolo Mich•I• Sardo
Gr,uìo, cura della fami11lia Mirl-
00l1, S. Cala.Ido (Caltanissetta), Li-
re 50.000.
Bona: Maria Aualllatrlc:e, Don
BollCO a Santi Salesiani, imlocondo
grtu1', 8 protezi.MU, • cura di Lom-
bardi Rosaria, La Spaia, L. 50.000.
Bona: S. Giovanni BOICO, per
Mario, a cura dei congiunti di Va-
rese, L• .50.000.
Bona: Maria AU8lllatrlce, S. Gio-
vanni Bosco e S. Domenico Savio,
per implorare tma grtuia. a cun di
N. N., L. 50.000.
Bona: Maria Auaillatrlco, Don
ClmatU, impw,anda protuion,
aiuto, a cun della fami.lllia Bof-
felli, lnveri.110 (Como), L. 50.000.
Borsa: Nostra Slsnon d1 Lourdea,
In m,mo,ia d,l figlio Mario, .,, alliltlO
saluiano, a cura dj Banotti Maria
Tuaa, Fauglia (Piaa), L. 50.000.
Bona: Lloda Tol'Caloni Ro11I, in
onore di Don Bo,eo, protetto,, di
wtto lo Joqlio, cun di Marabe-
rita Zanon Roaal, Piovene Roc-
chette (Vicenza), L. 50.000.
Borsa: Marla Aual.llatrlce e S.
Glovaruù Bo1eo, inwcando prole-
rioni sui Cari, vivi e tùfum:i, a cura
Marooo Pia, Vicenza, L. 50.000.
Borsa: Maria AuaUialrice e S.
Giovanni Bosco, pu ,ro.oio riavuta,
a cura di Alifrcdi Edoardo, Torino,
L. 50.000.
Bona: Don Filippo Rlnaldl, in
ri,.,,-lttÌonwnlo, a cura di Melloni
Clelio, Fino Mornasco (Como),
L. 50.000.
Borsa: Maria AuaUiatrlce e S.
Giovanni Boaco, o •uflrqgi4 ddh>
,o,-1/o, a cura di N. N., L. 50.000.
Bona: S. Giovanni Bo1eo, a c:ura
Menna Antonìet1a, Cisterna di
Lsrina, L. 50,000.
Boraa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bo5CO, a cura di Cavanna
Ivonne, Ovada (Alasandria), Liro
50.000.
Borsa: Don BolCO, prottui la mio
ammalato, a cun. di N. N~ L. 50.000.
Boraa: Sa.n Giovanni BolCO,
cura di FUIUDi Muia, Fiesole (Fi-
ttnl'it), L. 50.000.
Borsa: Don BolCO, proteggi i ,nùi
rtipotini, a cun di N. N., L. 50.000.
Bona: Maria Aualliatrtcc, S. Gio,
van.n.1 Bosco. Santa Rita. in rin•
v~iam,nJ.o , p,r implorare. proti•
.i-ioni sui r,u·a Can, vivi , dt./unti.
cura di Mangiaroni Rachele, Broni
(Pavia), L. 50.000.
Bona: Maria Au1lliatrlco e S.
GlovaJUll Bosco, ~• 11ro%io riuvuta
, in.vacando t,rote%1om e aiuto su mio
marito, su me e ,ui familiari. a cura dj
Rlch1ud Glauco Ada, Pctos• Araen•
tina (Torino), L. 50.000. (<o:n.,.••I

4.6 Page 36

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0e
~
SpediL in abbon. postale Gruppo 2° (70) • 1 quindicina
BOLLETTINO SALESIANO
Quindicina/e di lnfo1mazlone e di cultuta tellgiosa
S 'invia gratuitamente ai Cooperatori, Bene-
meriti e amici delle Opere di Don Bosco
Direzione e amministrazione: via Maria Au-
siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
Direttore responsabile: Teresio Bosco
Autoriu. del Trib. di Torino n. 403 del 18 febbraio 1949
C. C. Po•tale n. 2-1355 lnte• tato a: Direzione Generale
Opera Don Bosco Torino
C.C.P. 1 -5115 intut. • Dir. Gen. Opera D. Bo•co - Rom.
Per cambio d 'indirizzo Inviare anchal'indlriuopracedenta
-,e
SECONDO CASELLE
1-
> Cascinali e contadini in Monferrato:
0z
I cc Bosco>) di Chieri
nel secolo decimottavo
Introduzione di Pietro Stalla Edizioni LAS-Roma, 1971, pp. 140, con tnv. f.t., La.•
Perché S. Giovanni Bosco nacque da una famiglia di piccoli possidenti, in una zona di fra-
stagliatissima proprietà terriera e nella necessità di integrare i redditi agricoli con i proventi del-
l'impiego della propria forza-lavoro, anche solo per risolvere il problema della sopravvivenza 1
Perché il fratellastro Antonio si oppose tanto alla vocazione sacerdotale di Giovannino 1
Sono, questi, interrogativi ai quali dà una risposta nuova l'indagine di Secondo Caselle, già
benemerito sindaco di Chieri.
Il Caselle ricostruisce la vicenda dei Bosco, insediati originariamente nel territorio di Chieri
in qualità di massari e poi emigrati, in parte, a Castelnuovo d'Asti. Utilizzando catasti, atti cl
compra-vendita, costituzioni di doti nuziali, testamenti, elenchi di beni lasciati in eredità, liti, sta•
tistiche della popolazione, documenti vari desunti da archM comunali, notarili e giudiziari, re-
gistri di battesimo, matrimonio, morte, egli delinea Intelligentemente Il piccolo mondo contadino-
dei Bosco tra Collina Torinese e Alto Monferrato. Il suo è un libro che può prestare illuminati
servizi agli studiosi di demografia, vita agraria, società, cultura e mentalità contadina; è un libro.
anzitutto, d'interesse per chi voglia meglio conoscere gli esordi di una personalità, cosi rilevante
nell'Ottocento religioso, qual è quella di S. Giovanni Bosco.
~ Spett.le LAS: SpeditemI contrassegno (più spese postali)
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Secondo CHelle CASCINALI E CONTA-
DINI IN MONFERRATO: I « BOSCO» DI
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CHIERI NEL SECOLO DECIMOTTAVO
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Firma
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