Bollettino_Salesiano_198501


Bollettino_Salesiano_198501

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3 NOTE SPIRITUALI
don Viganò ci parla
5 BREVISSIME
10 INCHIESTA es
Troppi giovani nella splrale della violenza. L'In-
chiesta BS sui giovani prosegue affrontando uno dei
temi più cruciali dell'attuale condizione giovanile:
giovani e violenza.
In copertina:
Barche di pescatori
a Luzzu
Servizio pag. 16
16 ATTUALITÀ
A Malta tra fede e Incertezze. L'isola dei Cavalieri
e di S. Paolo attraversa un difficile momento. In que-
sto servizio presentiamo una panoramica della si-
tuazione ed in particolare l'attività salesiana.
1 GENNAIO 1985
ANNO 109
NUMERO 1
20 VITA ECCLESIALE
Da Paolo VI a Giovanni Paolo Il: i giovani cammi-
nano con la pace. La Giornata mondiale della Pace
Impone una riflessione per tutti: ecco un commento
al tema di quest'anno.
Battuta d 'arresto per l 'ecumenismo? L'ultima set-
timana di gennaio è dedicata ad iniziative di pre-
ghiera e di riflessione ecumenica. Ecco quanto ci ha
detto il Card. Willebrands.
25 PROGETTO AFRICA
Una speranza per i'Etlopia. Le immagini che cl
giungono dall'Etiopia sono drammatiche. Ecco l'e-
sperienza cii un gruppo di giovani della Lombardia
che sono andati laggiù.
28 PASTORALE GIOVANILE
Indossa una tuta e muoviti. Il fenomeno sportivo
continua a crescere. Ecco la cronaca di una iniziati-
va realizzata in Sicilia.
31 STORIA SALESIANA
Sulle tracce di un sogno. Teresio Bosco completa i
suoi interventi sull'animo missionario di Don Bosco.
RUBRICHE
Editoriale, 3 - Scriveteci, 3 La lettera di Nino Barra-
co, 9 - Pigy, di Del Vaglio, 8 - I nostri santi, 35 - Libri
& Altro, 36 - I nostri morti, 38 - Solidarietà, 39.
IL BOLLETTINO SALESIANO
Rivista fondata da san Giovanni Bosco
nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 • Casella post. 9092
- 00163 Roma-Aurelio - Tal. 06169.31.341 .
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere Don Bosco,
Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Marco
Bongioannl - Eugenio Fluotti - Gaetano Na-
netti - Angelo Paoluzl - Cosimo Semeraro.
Archivio: Guido Cantoni
Diffusione: Arnaldo Mon1ecchio
Fotocomposizione, Impaginazione e stam-
pa: Officine Grafiche SEI - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per la Famiglia Salesiana.
• Il 15 del mese per i Cooperatori Sale-
siani.
Collaborazione: La Direzione invita a man-
dare notizie e foto riguardanti la Famiglia
Salesiana, e s'Impegna a pubblicarle secon-
do Il loro interesse generale e la disponibili-
tà di spazio.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Aliano, Rinaldini) -
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06)
49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 41 edizioni naziona-
li e 20 lingue diverse (tiratura annua oltre 1O
milioni di copie) In: Antllle (a Santo Domin-
go) - Argentina - Auatralla Austria Bel-
gio (in fiammingo) - Bollvla Brasile - Ca-
es nada Centro America (a San Salvador) -
CIie - Cinese (a Hong Kong) - Colombla
- Ecuador - Flllpplne - Francia - Germania
- Giappone - Gran Bretagna - India (in in-
glese, malayalam, tamil e telugu) - Irlanda
es - ltalla - Jugoslavia (In croato e In sloveno)
- Korea del Sud - Lituano (edito a Ro-
ma) - Malta - Messico - Olanda - Paraguay
- Perù - Polonia - Portogallo - Spagna -
Stati Uniti - Sudafrica - Thailandia • Uru-
guay - Venezuela - Zaire
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco al
componenti la Famiglia Salesiana, agli amici
e sostenitori delle sue Opere.
Copie arretrate o di propaganda: a richie-
sta, nei limiti del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'in-
dirizzo vecchio.

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1 GENNAIO 1985 3
Don Viganò ci parla
BEATITUDINI
E MONDO
SALESIANO
Tutti i mesi il BS ospiterà un intervento
del Rettor Maggiore che commenta un
aspetto della Strenna 1985. Riteniamo
che possa essere per tutti i lettori un
appuntamento atteso e gradito e del
quale essere grati al settimo successore di
Don Bosco.
La Strenna-85 ci invita a riascoltare con i giovani le Cristo; sono una effusione della potenza del suo Spiri-
Beatitudini del Vangelo. È un appello al mondo sale- to nel divenire dell'umanità.
siano per concentrarsi spiritualmente sul Colle dei Non c'è fonte più cristallina di spiritualità cristiana
Beccbi, chiamato con bella intuizione «la montagna che le Beatitudini.
delle Beatitudini giovanili».
Esse si trovano inserite nella struttura del reale: non
Nel Vangelo, «beato» vuol dire «felice»: però le sono alienanti, né ci ingannano. Emergono dal vissu-
Beatitudini sono davvero paradossali. Proclamano fe- to; portano al traguardo dell'esistenza; iniziano la fe-
lice chi, a prima vista, appare infelice: il povero, l'af- licità nella speranza, già qui sulla terra.
flitto, l'affamato, il perseguitato (Mt. 5, 3-12). Sem- Ci insegnano ad amare come amò Gesù, partendo
bra un assurdo.
dal di dentro della realtà umana, così com'è, per con-
Eppure è veramente questo « il manifesto di Gesù ». dividerla e trasformarla: non si può offrire la storia
Ed è interessante osservare che il Nuovo Testamen- dell'uomo al Padre senza lo spirito delle Beatitudini.
to riporta parecchie Beatitudini all'infuori di quelle Esse non ci promettono un paradiso utopico in terra;
classiche del Discorso della montagna. Tra queste ci solo lo iniziano e lo assicurano in pienezza al glorioso
serve, qui, ricordare il « beato colui che non si scanda- ritorno di Cristo. Ci avviano sull'unica strada che ar-
lizzerà a causa mia» (Mt. 11, 6) e « beati quelli che riva alla meta.
ascoltano la parola di Dio e la custodiscono» (Le. 11, Il mondo salesiano è assetato di maggior spirituali-
28). Quindi, dobbiamo ascoltare bene il messaggio di tà giovanile. Le nuove generazioni anelano approfon-
Gesù; prendere sul serio le sue Beatitudini come dire il manifesto delle Beatitudini; hanno fame e sete
straordinaria « profezia di Dio» sulla conquista della di genuino Vangelo; vogliono pregustare la felicità
felicità per noi e per i giovani.
nella speranza. Si sforzano di capire perché Maria e
Ma c'è qualcuno pienamente felice? È facile rispon- gli Apostoli, che hanno sofferto tanto nella loro vita,
dere: si, Iddio! Ed è felice perché è l'Amore.
siano stati proclamati « beati» e si siano sentiti invasi
Essere felice significa «amare»: ossia, creare comu- pienamente dalla gioia nel loro seguimento del Cristo.
nicare e compartire il bene. «Gesù ha detto: è più Don Bosco si è ispirato appunto a tale ottica; ha
beato dare che ricevere» (At. 20, 35).
offerto ai giovani, come Profeta e Maestro de!Ja loro
IJ peccato, che è egoismo superbia e concupiscenza, felicità, una spiritualità realista, inserita nel quotidia-
ha introdotto nel mondo l'infelicità.
no, vissuta nel compimento dei propri doveri, per-
Gesù Cristo si è impegnato a debellare il peccato e a meata da un amore che si traduce in sacrificio e servi-
trasformare la storia dell'uomo con un metodo origi- zio, piena di inventiva e di ideali apostolici, ben alle-
nale di amore che è l'unico cammino che porta alla nata al dono di sé in un clima di allegria che è gioia
vittoria sull'infelicità. Il nome di questa via è: « Le evangelica.
Beatitudini»!
Le Beatitudini ne misurano il realismo e l'autentici-
Gesù non solo le ha proclamate, ma le ba vissute: tà.
Egli è stato le Beatitudini! Ha compiuto in sé la profe- Ecco perché tutti i fratelli e le sorelle della Famiglia
zia di Dio sulla felicità nel mondo attuale.
Salesiana sono invitati a riascoltare con i giovani, du-
Le Beatitudini non sono un decalogo da osservanza rante tutto l'anno, le Beatitudini del Vangelo.
legale: non si possono ridurre a semplice dettato di Si sentiranno più realizzati nella propria Vocazio-
comportamento etico. Neppure sono propriamente ne; aiuteranno a costruire «la civiltà dell'amore»;
un progetto ascetico. Non vanno lette con occhi mo- prepareranno per la società molti «onesti cittadini e
raleggianti: si peccherebbe di miopia.
buoni cristiani»; e dal profondo della coscienza ascol-
Esse sono la rivelazione dell'amore più vero: sono teranno emergere una Voce che dirà: «Beati voi, figli
una specie di dossologia di ciò che lddio fa all'avven- di Don Bosco, che vivete coi piccoli e coi poveri,
turarsi nella nostra storia; sono una manifestazione perché sarete protagonisti nel Regno»!
della natura del Regno; sono una scoperta del cuore di
Don Egidio Viganò

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4 • 1 GENNAIO 1985
CON IL BOLLETTINO SALESIANO VERSO IL 1988
A partire da questo fascicolo, il
Bollettino Salesiano è intera-
mente prodotto dalla Società
Editrice Internazionale di Tori-
no: le prime due fasi della sua
stampa, fotocomposizione e
impaginazione, che fino ad og-
gi sono state realizzate con en-
tusiasmo e competenza dai Sa-
lesiani dell'Istituto Pio Xl di Ro-
ma, passano alla tipografia tori-
nese. Mentre ringraziamo i
Confratelli del Pio Xl per quan-
to hanno fatto, sottolineiamo
con piacere la più stretta colla-
borazione del Bollettino Sale-
siano con la Società Editrice In-
ternazionale.
Siamo certi che l'efficienza or-
ganizzativa dell'Editrice di Tori-
no potrà tradursi in un sempre
più qualificato servizio ai nostri
lettori. Con questo numero del-
la sua serie Il Bollettino inizia il
109° anno di vita. Non sono
molti i periodici che possono di-
re altrettanto. Iniziamo questo
nuovo periodo di lavoro guar-
dando ad una data che dovrà
coinvolgere quanti credono in
Don Bosco e nella sua attuali-
tà: il 1988 anno centenario
della morte del Santo invocato
come «padre- e maestro della
gioventù».
Il Bollettino Salesiano guardan-
do a quella data cercherà di di-
ventare sempre più così come
Don Bosco l'ha voluto: a servi-
zio della gioventù. Un giorno
Don Bosco ebbe a dire che i
suoi «cooperatori,. sarebbero
diventati milioni. È questa una
certezza del suo fondatore alla
quale la rivista crede. Soltanto
in Italia vengono distribuite tutti
i mesi 350.000 copie di Bolletti-
no; sommando le diverse edi-
zioni nazionali si arriva ad oltre
due milioni di copie. Sono idee,
proposte, esperienze di vita sa-
lesiana che vengono in tal mo-
do fatti conoscere a milioni di
lettori. Questo numero esce
con veste grafica migliorata e,
vogliamo crederlo, più gradita
ai lettori. È il primo mazzo di
fiori che nell'Anno dei Giovani
dedichiamo a Don Bosco
guardando al centenario della
sua morte. È un po' com~ la
scommessa che questa cele-
brazione porterà ad un rinno-
vamento di quanti amano San
Giovanni Bosco e ciò che si-
gnifica nel passato ma soprat-
tutto nell'oggi.
Giuseppe Costa
I.e Terre che si spopolano
Due anni fa sul BS leggemmo il bel-
l'articolo di Giuseppe Costa su monsi-
gnor Tommaso Riggio (t1901) e ac-
cenni su Triora dov'egli mori. Ora,
questa Triora è afflitta da spopola-
mento e con una forte denatalità. Le
coste in riva al mare e le loro comodità
hanno un forte potere d'attrattiva.
L'entroterra è spopolato e senza.fami-
glie giovani.
Nel numero dì novembre del BS un in-
teressante riquadro meriterebbe di es-
sere propagandato, affisso come ma-
nifesto e fatto pervenire ai politici: « Ri-
torno alla terra, bello, ma quanto diffi-
cile».
Vi andrebbe aggiunto anche un tasto
delicato: i contadini ma anche gli arti-
giani che vivono nell'entroterra, uomi-
ni sani e forti, buoni ed anche belli,
con casa e lavoro (e magari anche con
conto in banca) non riescono a spo-
sarsi. Tant'è difficile per la donna an-
dare a vivere dalla città in campagna e
lasciar comodità, vetrine, passatempi.
Affetti serenità, salute, stabilità e sicu-
rezza, valori genuini, non potrebbero
bastarle?
Lettera firmata
Il Bollettino ha sempre guardato con
simpatia ai problemi della campagna.
Tra la fine dell'Ottocento ed i primi del
Novecento su di esso era possibile tro-
vare persino rubriche prettamente agri-
cole curate dal salesiano don Baratta
docente alla Facoltà di Agraria dell'U-
niversità di Parma. Sarebbe molto bel-
lo se dai casolari più sperduti d 'Italia
dove spesso il BS giunge da oltre un
secolo ci arrivassero tante lettere sui
problemi toccati da chi ci ha scritto.
Non sarebbe una maniera per fare an-
che noi qualcosa?
Chi ha bisogno di due piloti?
Ho letto sul numero di settembre 1984
un servizio sulle missioni salesiane in
Ecuador. Questi missionari dispongo-
no di un servizio di aerei chiamato
S.A.M. «Servizio Aereo Missionario-,
che serve loro per gli spostamenti. lo
sono un exallievo salesiano sia io
che un mio amico siamo piloti di ae-
reo con brevetto di 2° grado e vor-
remmo sapere se ci sono possibilità
di assunzioni.
Ferdinando Quattrocchi, Catania
Come vede abbiamo girato la sua ri-
chiesta oltre che all'Ecuador anche ai
lettori. Chissà che non riusciate a...
decollare!

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-------~.---- - #
COREA
È morto don Martelli
D ire don Martelli in
Corea significava
rievocare l'inizio
della presenza salesiana in
quel Paese. Il 6 agosto 1984
è morto ed ai suoi funerali
con una massa di gente e
quasi tutti i Sacerdoti della
Diocesi è stato presente lo
stesso arcivescovo di
Kwangju, monsignor
Vittorino Yun.
Don Martelli era nato a
Commessaggio (Mantova) il
23 novembre 1916 e quando
appena ragazzino conobbe i
Salesiani presso l'Istituto
Don Bosco di Verona, non
esitò a seguirli.
Dopo l'aspirantato ad Ivrea
e la professione religiosa a
Villa Moglia (14-IX-1933),
robusto ed entusiasta
adolescente di 17 anni,
giunse in Giappone e alla
scuola di quel grande santo,
forgiatore di missionari, che
fu Mons. Cimatii, si preparò
con serio impegno, al suo
futuro apostolato. Ordinato
sacerdote da Mons. Doi nel
1942, dapprima fu destinato
a Dairen (Manciuria) e
quindi direttore del nuovo
orfanotrofio di Kokobunji
(Tokyo). Quando nel 1954
l'lspetwre D. Tassinari
stabili di andare in aiuto alla
Korea, appena uscita da una
guerra disastrosa, trovò in
D. Martelli il salesiano
virtuoso, disposto a lasciar
di nuovo tutto, andare in
quella poverissima nazione, e
a 38 anni iniziare lo studio
del coreano.
Così 2 anni dopo, era pronta
nella città di Kwangju una
grande scuola per i giovani
bisognosi, poi venne
l'aspirantato, una casetta per
i confratelli, una parrocchia
a Seoul, il noviziato, il
seminario ed infine la
compera d'un vasto terreno
per una scuola professionale
(l'attuale D. Bosco Youth
Center).
D. Martelli, d'ingegno non
comune, sempre allegro,
paziente ed ottimista,
durante i suoi 50 anni di vita
religiosa, di cui 30 in Korea,
si dedicò senza risparmio e
senza lasciarsi spaventare
dalle difficoltà, ad attuare la
sua imporrante missione:
annunciare la Buona Novella
ai poveri, ai sofferenti.
Anzitutto si prodigò per i
confratelli e le vocazioni, poi
per le varie comunità di
suore e non disse mai di no
anche ai parroci viciniori.
Ma fin dall'inizio la sua
predilezione era per gli
orfanotrofi e per i lebbrosari
cattolici della provincia di
Chonnam e di quelle vicine:
IDon Martelli (a
destra) con don
Faldani al centro e
don Rinaldo
Facchinelll .
1 GENNAIO 1985 5
parla francese, Hypothèses
sur Jésus (la traduzione,
cioè, del suo primo libro) era
stato un grosso successo sia
di pubblico che di critica.
Università, istituti di cultura,
librerie avevano dunque
una ventina circa con
invitato Messori a una
migliaia d'infelici.
tournée per presemare ai
Li visitava sovente e per
prima cosa catechizzava,
canadesi l'attesissimo
seguito, Pari sur la mori, la
organizzava esercizi
versione francese di
spirituali, confessava e
Scommessa sulla morte edito
diceva Messa. Poi si fermava in Italia dalla SEL A Parigi,
a visitare le famiglie più
colpite e discuteva
fraternamente con i
responsabili i vari progetti di
Ila prima edizione della
«Scommessa)) era già stata
\\TITORIO
,\\11::SSOKl
costruzioni (ospedali, case,
cappelle, strade, acquedotto,
~
l
telefono...) e quindi, con
sulla morte
quanto i benefattori gli
l a ~ c n l l l _.. . . _ . , , - . - . , , r
mettevano in mano.,
cooperava deciso alla loro
realizzazione. La scorsa
estate, il suo ultimo lavoro
fu la costruzione d'una
diecina di casette sul mome
Mudu11g. La sua cura
speciale era per i figli degli
hanseniani (circa un
esaurita nel giro di pochi
migliaio) e s'industriava
giorni, grazie anche a
perché tutti potessero
interviste di molte pagine su
studiare, procurando loro giornali come
perfino la bicicletta per poter « Paris-Match» che, con
andare alla scuola lontana. oltre un milione di copie, è il
più diffuso settimanale
CANADA
francese. L'interesse per le
opere di Messori è andato
dunque ben al di là
Vittorio Messori... e i suoi dell'ambiente cattolico (che
libri vanno in tournée
pure si è mosso in forze con
lunghi servizi, a cominciare
U na dozzina di
da una pagina intera sul
conferenze-dibattito, quotidiano La croix).
affollatissime, negli Lo stesso è avvenuto in
auditorium delle univesità di Canada, dove le migliaia di
Montréal, Québec,
persone accorse alle
Trois-Rivières, Rimousky. conferenze e il
Ampie interviste alla
tambureggiare di tuui i
televisione e alla Radio di media hanno ben presto
Stato oltre che in tutte le
piazzato e mantenuto Pari
catene private; servizi vistosi sur la mori nelle classifiche
sui quotidiani e sui
dei libri più venduti. È
settimanali. Pare che in
curioso rilevare che, mentre
Canada non si fosse mai
la saggistica italiana riceveva
verificato un simile interesse una simile accoglienza in
di massa attorno a un autore Canada, nello stesso Nord
italiano.
America, gli Stati Uniti,
1l caso è ancor più
anche la narrativa del noSho
significativo, in quanto lo Paese coglieva un grande
scrittore è Vittorio Messori, successo; in contemporanea,
dunque l'autore non di una infatti, con la tournée cli
facile narrativa popolare, ma Messori, Umberto Eco
di una impegnativa saggistica presentava - da New York
religiosa. Nel Québec,
al Texas - il suo Nome
l'ampio stato canadese che della rosa.

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6 I GENNAIO 1985
MESSICO
Cooperativa di ricamatrici
T ra le iniziative sociali
del centro salesiano di
Totontepec era i
Mixes ha preso il via una
cooperativa di lavoro
femminile. La cooperativa
che spera di poter usufruire
di contributi sta1ali raccoglie
figlie e mogli di contadini.
Per il momento si traila di
un gruppo di dodici ragazze
che si pensa possano
aumentare se qualcuno le
aiuterà a procurarsi nuove
macchine da cucire e se i
Salesiani di Totontepec
riusciranno a reperire nuovi
locali .
AUSTRIA
Mostra sui metodi educativi
U n vivo inceresse ha
destato la mostra sui
metodi educativi e le
possibilità di recupero e di
reinserimento nella società
allestita nella Chiesa di D.
Bosco a Vienna. Ne ~ stato
artefice P . Fritz Debray, un
dinamico salesiano che il 17
dicembre scorso ba
festeggiato i suoi 75 anni.
Da decenni P. Debray è
impegna10 nell'assis1enza
spiriluale ai giovani
carcerati, sia quando sono
rinchiusi a VieT)na in attesa
di giudizio, e sia quando si
trovano nel carcere di
Gerasdorf, a circa 80 1cm
dalla capi1ale, per scomarvi
le pene inflitte dai giudici. I
visitatori della mostra, in
buona parte fedeli della
parrocchia, ma sopranuno
studemi, hanno manifestato
apprezzamenlo per
l'inizi{ltiva, soffermandosi
con P. Debray in
improvvisate tavole rotonde.
Mollo hanno anche assisrito
ad alcuni concerei dati dai
giovani carceraci nella Sala
D. Bosco. La legge, infatti,
permette ai giovani detenuti
di essere artefici di talune
anività, sebbene a
determinate condizioni:
possono, ad esempio,
lasciare il carcere, ma
nell'arco della stessa
giornata devono farvi
ritorno.
sono espressione, portando
idee ed esperienze, in fedel1à
alla Sua originale
ispirazione, che non può non
rifarsi alla sua memoria
storica, a Don Bosco
educatore e alla sua
È il cappellano della
creazione geniale e prediletta
Nazionale austriaca.
« La Scuola di Lavoro».
aderenti al Centro
I suoi allievi ancora oggi
spesso lo assillano di
domande per avere
Nazionale Opere Salesiane
ed affidate a Umberto
Tanoni, Pasquale Ransenigo
sempre nuove informazioni. e Natale Zanni, riporta una
P. Bernhard Maier, infatti, serie di studi di Michele
nonos1ante la sua
Pellerey, Guglielmo Malizia,
giovanissima e1à, ha un
Sandra Chistolini, Giancarlo
primato unico: quello di aver Milanesi, Giuseppe Pellitteri,
partecipato, in qualità di
Gesuino Monni.
assistente spiriluale della
squadra nazionale austriaca,
ai giochi olimpici invernali di
Sarajevo ed a quelli estivi di
Los Angeles. «Mi sono
sentito molto bene - ha
riferito-. acce1tato e
stimato, sia dagli atleti, con
RA°SSEGsNA. ppo,,liilo.,rbr,r·rom~ -e~ pra.,, :l'N
il cui aiu10 ho preparalo
delle sentite e vive
celebrazioni liturgiche, e sia
dagli sportivi presenti.
Diversamente da Sarajevo, a
Los Angeles il lavoro di
assistenza spirituale era più
leggero, meno caotico, con
o-o;
minori pressioni dall'esterno
e un'enorme apertura e
disponibilità ad affrontare
interrogativi sul senso della
vita e della fede».
Rimini ricorda
ITALIA
Alberto Marvelli
Una nuova rivista salesiana
I 45 Centri professionali
salesiani dall'ottobre
1984 dispongono di una
nuova rivista denominata
RASSEGNA CNOS. La
rivista, quadrimestrale, è
indiriz.zata a quanti si
interessano alla formazione
professionale nelle strutture
territ-oriali. Modesto
contributo dell'Ente CNOS
alla vasta ricerca di «nuova
professionalità - scrivono
fra l'altro i suoi promotori
- essa vuol porsi in dialogo
e confron10 con le
numerose, dotte e
sperimentate pubblicazioni,
fiorite anche nel campo
specifico in questo decennio
e con le Istituzioni di cui
D al IOal 24 novembre
1984 la Diocesi di
Rimini ha voluto
ricordare con una mostra
fotografica il servo di Dio
Albeno Marvellì.
Nato a Ferrara il 21 marzo
1918 e morto tragicamente a
Rimini il 5 ouobre 1946,
Alberto Marvelli rappresenta
un modello nuovo di santità
e di impegno cristiano. Gli
exallievi oratoriani di Rimini
lo considerano un po' come
il loro patrono così come
sono in molti che lo hanno
avu10 compagno
nell'Assodazione giovanile
di Azione Cattolica « Don
Bosco» o presiden1e del
gruppo « Aspiranei». Di lui
Giorgio La Pira ha scriuo:
« A me pare che mettere sul
candelabro questa lampada

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- - - - - - - - - -sB
risponda alle esigenze più
pressanti della Chiesa oggi:
perché il problema delle
generazioni nuove è, oggi,
fondamentalmente, quello
della loro vita interiore, del
loro modo di unione con
Dio, della loro vita di grazia:
e non è tutto qui il senso
della testimonianza di
Marvelli? La Chiesa di
Rimini potrà dire alle
generazioni nuove: ecco, io
vi mostro cos'è l'autentica
I vita cristiana nel mondo».
1935. Alberto
protagonista
di un'azione di gioco.
Lettera di don Viganò
ai Vescovi Salesiani
Per ricordare la
consacrazione episcopo/e di
Mons. Giovanni Cagliero nel
giorno centenario (7
dicembre 1884), Don Egidio
Viganò, attuale successore di
Don Bosco alla guida della
Congregazione Salesiano, ha
inviato una lettera « ai cari e
benemeriti Confratei/i
Vescovi» per ringraziarli
della « testimonianza di
Successori degli Apostoli»
che essi danno ovunque
«nello spirito di D. Bosco >>.
« In voi - egli scrive - io
vedo una espressione e una
conferma dello speciale
importanza che ha, fin dalle
origini, lo dimensione
.pastorale nella vocazione
salesiana e l'incisività che
esercita in essa il ministero
sacerdotale». Dopo aver
sottolineato il continuo e
vivo ardore missionario che
caratterizza la
Congregazione salesiana, e
di cui la maggior parte degli
ouua/i Vescovi sono
emanazione, D. Viganò
rileva in loro << un
coinvolgimento e un
concreto invito di docilità, di
collaborazione e di adesione
al Successore di Pietro,
insieme a quel senso di
sollecitudine per tutte le
Chiese, caratteristico
del'ufficio episcopale».
Oggi, sono 77 i Vescovi che
appartengono offa
Congregazione salesiana ed
esercitano il loro ministero
nei cinque continenti. La
lunga schiera, cui sono da
aggiungere i 58 già defunti,
ebbe inizio con Mons.
Giovanni Cogliero, Vicario
apostolico in Patagonia, poi
Arcivescovo di Sebaste ed
infine Cardinale.
Un omaggio all'Ausiliatrice
dei Focolarini
I I centro artistico di
Loppiano del
Movimemo dei
Focolarini grazie all'impegno
della scultrice Ave Cerquetti
ha realizzato una starna di
Maria Ausiliatrice in bronzo
ed in terracotta.
Chi fosse interessato a
questa produzione può
rivolgersi direttamente al
Centro di Loppiano.
Nella foto: Particolare della
statua
I GENNAIO 1985 7
soprattutto pensare alla
missione dei Cooperatori
Salesiani tra i giovani.
Intanto congressi si sono
realizzati in Spagna a
Barcellona dal I aJ 4
novembre, per i cooperatori
spagnoli e portoghesi, a
Landser in Francia per i
cooperatori dell'Europa del
Nord dal 2 al 4 novembre
1984 ed a Frascati-Roma per
i cooperatori italiani dal 6
all'8 dicembre 1984.
I congressi spagnolo e
italiano sono stati presieduti
da don Sergio Cuevas,
Consigliere gene.raie per la
Famiglia Salesiana ed hanno
visto anche la partecipazione
di don Antonio Rico e di
don Bosoni rispettivamente
Cooperatori Salesiani:
superiori responsabili per la
verso il Congresso Mondiale Spagna e l' Italia.
li congresso francese è stato
M entre in numerosi
Paesi sono stati
realizzati i
presieduto dal delegato
mondiale do!\\ Mario
Cogliandro.
Congressi Nazionali il Rettor In tutti i Congressi - a
Maggiore 1'8 dicembre 1984 parte lo svolgimento del
ha indetto il 2° Congresso dibattito ovunque
Mondiale dell'Associazione interessante e che darà
che si terrà a Roma dal 29 certamente buoni risultati al
ottobre al 4 novembre 1985. Congresso mondiale - si è
Con tale Congresso i
Cooperatori Salesiani
notato un clima di
particolare fraternità ed
potranno oltre che rivedere il amicizia nelJa comunanza
Regolamento
dello stile e della missione.
dell'Associazione esamfoare
lo stato della medesima e
- Il Congresso Italiano

1.8 Page 8

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8 · r GENNAIO I ~
Don Vig2nò celebra
i cinquant'anni di presenza
salesiana ad Andria
I I 30 settembre 1984 la
Famiglia Salesiana di
Andria in Puglia ha
celebrato i suoi
cinquant'anni di attività alla
presenza del reuor maggiore
don Egidio Viganò.
La commemorazione
urficiale è stata renuta dal
prof. Lorenzo Losappio,
presidente regionale degli
Exallievi pugliesi il quale ha
con la storia della Casa
salesiana tracciato la storia
della stessa città di Andria
con la quale i Salesiani si
identificano. Il reuor
maggiore che è stato accolto
con vivo entusiasmo ha
trascorso nella cittadina
l'intera giornata del 30
settembre durante la quale
ha presieduto l'Eucarestia,
ed ha accollo la professione
religiosa di due giovani
salesiani. Alla cerimonia
commemoraliva - tenuta in
teatro - hanno partecipato
numerose Autorità locali con
in testa il Sindaco Franco
Piccolo e l'arciprete don
Lorenzo D'Angelo.
affermato il relatore - , si
sono improvvisati
imprenditori nei campi più
svariati, dalle costruzioni alle
industrie, dai trasporli alle
assicurazioni, senza avere
una competenza specifica nel
Corsi di aggiornamento
ramo presceho, col solo
Iper la Federazione &:allievi
« n base a recenti studi
di esperti nel campo
desiderio di accrescere i loro
guadagni ed i depositi
bancari».
Tutto ciò ha portato aJla
del lavoro si prevede crisi, sostenuta e
che entro quindici anni un incoraggiata dalla spinta
quarto della popolazione
rivoluzionaria del '68. Ma
farà un mestiere che oggi senza che le cose
non esiste; due operai su tre cambiassero molto, perché
dovranno cambiare lavoro; «fare delle scelte e portarle
si creeranno due o Lre
avanti con coerenza non è
milioni dì posti di lavoro in certo il volere della classe
oltre 250 professioni in gran dirigente politica».
parte nuove>>. Sono alcuni Piuuosto, a dire del Masoui,
degli elementi presentati
si tende a « lasciare tutto su
dall'lng. Lanfranco Masotti di un equilibrio instabile e
nella relazione di base del precario, in uno stato di
cor5o di aggiornamento e di attesa senza prospettive in
informazione della
cui prevale più la tendenza
Federazione Nazionale
alla sopravvivenza che quella
Exallievi di Don Bosco, che al cambiamento, per poter
si è svolto presso il Centro di meglio sfruttare le masse nei
spiritualità e cultura
momenti opportuni ».
« Salesianum » di Roma dal rn tale prospettiva emergono
14 al 16 dicembre 1984.
interrogativi di notevole
l lavori, ai quali hanno
portata: come far fronte alla
partecipato una ottantina di crescente non occupazione di
dirigenti ispeuoriali, unionali giovani che si rifiutano di
e di gruppo provenienti da operare in àmbiti non
tutt'ltalia si sono concentrati rispondenti aJ livello
attorno al tema: e< Lavoro e culturale da essi acquisito?
disoccupazione e le loro
come sarà occupato il ramo
implicazioni con la cultura, tempo libero che risulterà
il tempo libero e lo stile
dalle nuove fasce di orario di
salesiano ». Un argomento, lavoro (16, 24, 36, 40 ore
come si vede, di enorme
setlimanali)? quali reazioni si
attualità, se si lancia -
avranno in chi ha sempre
come ha fatto brillantemente lavorato nella tranquillità di
il relatore - uno sguardo al un ufficio, con limitate
passato, all'evoluzione delle responsabilità, con lo
modaJiLà del lavoro umano stipendio sicuro e puntuale e
nel secolo scorso ed alla
dovrà adeguarsi ad un nuovo
problematica contemporanea modo di vita ancora non
che ha visto la crisi della
chiaramente prevedibile e
società a capitalismo
che forse non sarà
maturo, quale conseguenza condiviso?
logica prima di un
Diversi tentativi di risposta
padronato carico di
sono stati offerti da tuni i
sopraffazione, poi di una partecipanti. Lo stesso
modificazione del senso della relatore tuuavia ha voluto
fatica attraverso sindacalisti sottolineare un aspeno.
onesti, quindi di un'ascesa al Parlando del tempo libero,
potere di padroni competenti che cresce sempre più, egli
e sacrificati ed infine
ha fatto cenno al
l'invasione degli imprenditori volontariato: « Quanta
del boom economico. «L'ex necessità c'è di interessarsi
droghiere, l'ex vinaio, l'ex dei gruppi di anziani;
macellaio, trovandosi in
collaborare con i medici
tasca un po· di soldi - ha nelle corsie degli ospedali

1.9 Page 9

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dove gli ammalau sono
abbandonati a loro stessi;
soccorrere i sofferenti e gli
handicappati; partecipare
alle auività delle parrocchie,
degli oratori; formare e
dirigere gruppi sportivi;
aiutare le opere missionarie e
mettere in pratica l'attività
missionaria nello stesso
posto dove uno vive; andare
a cercare i giovani delle
periferie, dove vivono allo
stato brado, aiutandoli
moralmente e materialmente
per far loro riscoprire
l'esistenza di Dio e della
comunità sociale che vive e
opera intorno a loro».
« Teen.show >>,
la Scaletla 1984
L a Televisione italiana
ha trasmesso il 24
dicembre l984 la
diciassettesima edizione della
Scalena l'ormai traclizionale
festival-rassegna di gruppi
giovanili salesiani o di
quest'area realizzata dal
Laboratorio
Audio-Cine-Video di Roma
direno da don Euore
Segneri. L'edizione di
quest'anno ha ruotato
attorno ad un giovane
giornalista, Sandro Fedeli,
che auraverso un viaggio per
l'Italia, ha incontrato gruppi
di giovani che esprimono
con la danza, il canto, il
folklore della loro terra, il
mimo, il teatro per la strada
e la musica, le loro reazioni
e le loro proposte sui
problemi, le attese e le
speranze dei giovani d'oggi
in Italia.
Catania e Gela, Torre
Annunziata, Asti, Bologna,
Cinisello Balsamo e Brescia
le tappe di questo
viaggio/scoperta di una
gioventù che canta e danza
non per «fare qualcosa»,
per vincere la noia o la
solitudine, ma per recuperare
valori, per proporre nuovi
orizzonti di vita.
Hanno partecipato alla
trasmissione, seguita con
vivo interesse in tutte le
Regioni, i gruppi: «Clan dei
Ragazz.i » di Catania, «O
Pazziariello» di Torre
Annunziata, «Jazz AT 82»
di Asti, «Sbandieratori
Petroniani» di Bologna,
«Mimo» di Cinisello
Balsamo e « Auxilium l> di
Brescia.
- •Jazz AT 82• di Asti.
Il gruppo Mimo• di
Cinisello Balsamo.
I GENNAIO 1985 9
a lettera di Nino Barraco
MA L'ANZIANO
... NON ESISTE
Carissimo,
ho ricevuto la tua lettera.
Mi parli - come non rimanere oggi coinvolti in questo
problema? - dell'anziano. Ed hai ragione. Ma, io vorrei
clini... l'anziano non esiste.
No, non è un paradosso. È la verità. Voglio dire che,
davvero, per il Signore non esistono anziani.
Si nasce vecchi, e si è chiamati a diventare, giorno per
giorno, nuovi, sempre più disponibili a rinascere nella fre-
schezza delle origini, nella novilà della vita.
La vecchiaia non è un uscire dal campo Dio. È un
restarci.
Un restare nel suo Regno, nella missionarietà, con l'e-
sperienza della fede, con l'ottimismo del coraggio, con la
gioia della preghiera.
Ricordo la preghiera, bellissima, di un uomo, che diceva
cosl: «Signore, non permettere che io divenga uno cli quei
vecchj brontoloni, sempre intenti a lamentarsi, a brontola-
re... conservami iJ sorriso, anche se la bocca è un po' sden-
tata, non permeuere che io divenga l'uomo del passato».
Certamente: l'anziano non è l'uomo del passato.
È il presente, è quello che ancora non è esistito, quello
che siamo sempre chiamati ad essere.
Dice Gesù a Nicodemo: «Nessuno, se non nasce di nuo-
vo, può vedere il Regno di Dio».
E Nicodemo: « E come può nascere se è vecchio? Può
forse entrare di nuovo nel seno di sua madre, e cosi
rinascere? ».
Ma Gesù conferma l'esigenza di questa nascita, di que-
sto diventare bambini, ai quali è promessa la beatitudine
dei cicli.
È la paradossale verità della fede, per la quale non esiste
la categoria «anziano>), «anzianità>), ma solo l'uomo in
Cristo, la «nuova creatura» che ha la perenne giovinezza
dello Spirito Santo.
La giovinezza dello Spirito.
Dimmi se fu vecchio Papa Giovanni.
A 81 anni ci diede il Concilio, questo grande fatto di
giovinezza, questa novità che dura ancora oggi.
Sl, probabilmente, noi continueremo a chiamare que-
st'uomo, che ha una certa età, un anziano. Ma per il Si-
gnore non esiste l'anziano.
L'anziano è anzi un dono della prima età, il messaggio
di Dio che ci ricorda di essere nuovi, che ci chiede, nella re•
ciproca accoglienza, nel reciproco servizio, di rinascere
ogni giorno nella sua trama d'amore, nelle sue confidenze
di amicizia, di speranza, cli resurrezione.

1.10 Page 10

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_ INCHIESTA&$_ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
1985 anno dei giovani
Troppi
g1ovan1
È una tragica realtà, su
cui gli adulti debbono
molto seriamente
meditare, per accertare
anche le loro
responsabilità.
nella
spirale
della
violenza
I Corteo
di giovani
negli An ni
Settanta
La violenza percorre,
sinistra e devastatrice, le vie del
mondo. Non da oggi, come pateti-
camente vorrebbero i nostalgici dei
tempi andati; né da ieri, ma da sem-
pre. Sono cambiati i modi di eserci-
tarla, le «tecniche», gli strumenti,
forse ne sappiamo - o ci illudiamo
di saperne - di più sulle cause, ma
violenza c'era e violenza c'è, quasi
inestirpabile. Violenza individuale,
di massa, spicciola, organizzata,
ideologièa, legale, occasionale, si-
stematica. È una delle facce del Ma-
le, del cattivo genio che accompa-
gna l'uomo nella sua avventura ter-
rena, impegnato in una lotta senza
quartiere contro il Bene. Nel gran
mare della violenza, i giovani si rita-
gliano un loro spazio. Non esiguo,
purtroppo.
La violenza giovanile ci impres-
siona, ci atterrisce, benché in rap-
porto con quella esercitata dagli
adulti, sia in proporzione molto me-
no diffusa. Ci chiediamo, inorriditi,
come sia possibile che, a soli 21 an-
ni, un giovane venga tratto in arre-
sto come «killer» della «n'dranghe-
ta» calabrese, pronto ad eseguire
senza discutere le sentenze di morte
emesse dal «tribunale» mafioso, fi-
no a macchiarsi di ben otto omicidi.
Increduli, ci interroghiamo sui sot-
terranei meccanismi che hanno
spinto un giovane militare di 19 an-
ni ad accoltellare, in una caserma di
Novara, un commilitone solo per-
ché non ne sopportava più gli scher-
zi. E che cosa dire del giovane rapi-
natore entrato in un supermercato
con in mano un fucile dal quale fa
partire un colpo che raggiunge,
freddandolo, un bambino di due
anni in· braccio alla madre?
Casi limite, certo, ma il contorno
è fatto di storie meno cruénte e tut-
tavia sempre intrise di violenza, che
parlano di furti, di scippi, di aggres-
sioni, di «racket », di teppismo, di
droga. Al giovane che assume un
comportamento violento spinto dal-
l'impulso di un illecito guadagno, si
affianca il giovane che cede alla vio-
lenza gratuita. Al singolo individuo
si alterna la banda. A Modena,
qualche tempo fa, imperversava
una banda dì quindicenni dedita al-
la devastazione di scuole e di asili
infantili. Nessun profitto, solo il
gusto della scorreria di gruppo, la
voglia di distruggere, sfasciare, an-
nullare. A Roma, di tanto in tanto,
le cronache si occupano di bande
che si affrontano nelle pubbliche
piazze, nottetempo, a colpi di
spranga, dj catene e anche di coltel-
li. Se si va a scavare per cogliere i
motivi che stanno all'origine della
rissa, si trova il vuoto: non politica,
non interessi, non rivalità, non anti-
ca ruggine, niente di niente. «Fac-
ciamo quello che ci capita e che ci
va». lnsomrna, la violenza per la
violenza.
In Germania prosperano bande
giovanili motorizzate che attaccano
i lavoratori stranieri, di p'referenza
turchi, terrorizzando i quartieri do-
ve abitano. Ad Amburgo, la polizia
è riuscita, dopo mesi di caccia, a
sgominare la banda degli «Angeli
dell'inferno», 26 membri, tutti gio-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
-----------5'1
vani di 16-20 anni, i giacconi bor-
chiati, potenti motociclette, che pu-
gnalavano, uccidevano, praticava-
no il «racket». A Parigi, bande gio-
vanili scorrazzano di notte negli im-
mensi parcheggi sotterranei dandosi
al furto e allo scippo.
Larissa della domenica
Luogo privilegiato di violenza
giovanile è lo stadio. La partita di
calcio, che in teoria dovrebbe svol-
gersi all'insegna dello spettacolo,
del divertimento, dello svago dome-
nicale, diventa il pretesto di feroci
pestaggi, di risse furibonde, perfino
di uccisioni. Anche qui tutto il mon-
do è paese: regimi diversi, educazio-
ne diversa, cultura diversa, una so-
la, la stessa, esplosione di violenza.
I giovani tifosi dello «Spartak», la
squadra di calcio di Mosca, sono
noti in tutta l'Unione Sovietica per
le loro inaudite imprese della dome-
nica: si ubriacano, aggrediscono i
sostenitori della squadra avversaria,
rovesciano macchine in sosta, cla-
morosa smentita alla capacità di ag-
gregazione sociale vantata dal Paese
del socialismo reale. In Inghilterra,
la tifoseria locale gode fama di esse-
re fra le più scalmanate del mondo,
a demolire la leggendaria flemma
degli inglesi. Nella Germania fede-
rale, i club di tifosi sono diventati
addirittura centri di neonazismo,
con tanto di sinistra simbologia e
con forti venature antisemite: il gri-
do di disprezzo usualmente rivolto
al giocatore della squadra avversa-
ria è «sporco ebreo», di infausta
memoria.
Negli stadi italiani non passa do-
menica senza incidenti. I casi più
clamorosamente gravi - ad esem-
pio l'accoltellamento mortale, a Mi-
lano, di un tifoso (20 anni) della
squadra ospite, la Cremonese, ad
opera di un diciottenne «milanista»
- hanno larga eco sui giornali del
lunedì, nelle rubriche televisive era-
diofoniche dedicate allo sport più
popolare. Ma ogni domenica è tutto
uno stillicidio di risse, pestaggi, taf-
ferugli, giovani all'ospedale e altri
in guardina. Si sfoga in questo mo-
do la rabbia per la sconfitta, il gol
mancato, la presunta ingiustizia
commessa dall'arbitro. E si aggredì-
scono i sostenitori della squadra av-
versaria, si devasta in nome di Ma-
radona un autogrill nei pressi di Ve-
rona, si riduce in fin di vita un tifo-
so austriaco colpevole di aver inco-
raggiato la squadra del proprio pae-
se durante un incontro per la con-
quista di una delle innumerevoli
«Coppe» inventate dal calcio eu-
ropeo.
I più duri, quelli che picchiano
più forte, o che sfasciano il maggior
numero di autobus, sono giovanis-
simi, 14, 16 anni. Perfino in occa-
sione dei «Giochi della Gioventù»,
a Roma, manifestazione che si pre-
figge finalità educative, questi gio-
vanissimi sono arrivati a pestare sel-
vaggiamente un· arbitro. Gli stadi e
gli immediati dintorni si sono così
trasformati in luoghi di violenza e,
talvolta, di morte. Si colpisce di col-
tello, di bastone, di petardo. E i
«fermati» o gli arrestati hanno in
genere smesso da poco di portare i
pantaloni corti. Viene da chiedersi:
ma questi giovani, il calcio, lo ama-
no davvero? O vanno invece allo
stadio come in una specie di porto
franco dove credono di poter dare
via libera agli istinti più violenti?
Teppisti in azione
AJla violenza vera e propria si ag-
giunge, con una forte spinta alla re-
crudescenza negli ultimi tempi, il fe-
nomeno del teppismo. La SIP spen-
de ogni anno dai 4 ai 5 miliardi per
rimediare ai danni arrecati alle cabi-
I GENNA,'O 1985 11
ne telefoniche. In Inghilterra, la So-
cietà dei telefoni lamenta un onere
più o meno della stessa entità e per
gli stessi motivi. In Italia come in
Gran Bretagna, ad agire sono, il più
delle volte, giovani vandali che si
accaniscono contro cabine e appa-
recchi telefonici per il solo piacere
di mandarli in pezzi. Della stessa
natura il teppismo che a Roma, lun-
go i viali del Pincio, ba decapitato o
deturpato i busti degli uomini illu-
stri disseminati nel parco. «L'ab-
biamo fatto per giocare» hanno
candidamente sostenuto un giovane
di 21 anni e una ragazza di 17 (fug-
gita da casa), che in una sola serata
hanno dato fuoco a sei vagoni di
due treni in sosta alla stazione Ter-
mini di Roma. Secondo il sociologo
Franco Ferrarotti, << gli atti di van-
dalismo sono, in Linea di massima,
gesti di ostilità contro tutti e contro
tutto, contengono un segno di rot-
tura rispetto alla comunità».
Nel complesso - è quasi super-
fluo sottolinearlo - un quadro te-
tro, un panorama rattristante. Ma
tant'è. E bisogna affrontarlo corag-
giosamente come tale, con reali-
smo, evitando di cadere nell'errore
di nascondersi dietro un dito, o,
peggio ancora, di abbandonarsi a
sterili recriminazioni. L'imperver-
sare della violenza riempie le carce-
ri, comprese quelle destinate ai mi-
nori, chiamate istituti di rieducazio-
ne. In Campania, tanto per fare un
esempio, esistono ben cinque istitu-
ti. Vi passano annu::ilmente da sette
Fonte: Comunità economica europea
I TIMORI
DEI GIOVANI
EUROPEI
Sono stati indicati ai giovani europei alcuni motivi di paura con riferi-
mento al futuro (i prossimi 15-20 anni). Ciascun interpellato poteva indi-
care anche più di un motivo. Ecco la graduatoria delle risposte, espres-
sa in percentuale dei timori maggiormente avvertiti.
Aumento della disoccupazione
70
Aumento della criminalità
ol
Degrado della natura
60
Condizioni di vita artificiali
40
Peggioramento dei rapporti internazionali
40
Tensioni sociali
34

2.2 Page 12

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12 1 GENNAIO 1985
a ottomila giovani fra i 14 e i 18 an-
ni, denunciati per contrabbando,
spaccio di droga, furto, «racket» e,
talvolta, per omicidio, tutte attività
- e altre ancora - di frequente
svolte per conto di organizzazioni
criminali. Ma il carcere non rispec-
chia la reale consistenza della delin-
quenza minorile. È quanto si sostie-
ne in un rapporto del CENsis, secon-
do cui per ogni minorenne denun-
ciato ce ne sarebbero almeno altri
otto a piede libero.
Un altro dato allarmante viene da
un'indagine condotta dal Comune
di Milano. Oltre a riferire sul pro-
gressivo abbassamento dell'età me-
dia dei giovani coinvolti in attività
criminose, essa rivela che si stanno
intensificando i doppi e i tripli in-
gressi nei riformatori, tragico se-
gnale di perseveranza nel crimine.
Ciò avviene nonostante gli sforzi -
peraltro ancora insufficienti - di-
retti a dare all'istituto di rieducazio-
ne una fisionomia più moderna, fi-
nalizzata nei metodi al recupero del
giovane. Resta, infatti, un nodo ir-
risolto. Mentre nel carcere, oggi, il
giovane dispone di due-tre persone
che si occupano di lui (l'insegnante,
l'assistente sociale, lo psicologo
ecc.), tornato in libertà si ritrova so-
lo, a vivere nello stesso quartiere
dominato dalla violenza, spesso
senza famiglia e privo di qualsiasi
tipo di assistenza, essendo le strut-
ture pubbliche il più delle volte lati-
tanti. Cosicché, molti ripercorrono
più volte, avanti e indietro, la via
del carcere.
Di fronte alle esplosioni di violen-
za giovanile ci si chiede: perché? Da
dove nascono? Che cosa le alimen-
ta? Come vanno interpretate? Quali
rimedi s'impongono? Sono le do-
mande di sempre, affollano conve-
gni, incontri, dibattiti. Gli speciali-
sti si sforzano di stendere diagnosi
credìbiU, il sociologo, il criminolo-
go, l'operatore sociale, il medico, il
moralista, il magistrato, ciascuno
confeziona la propria spiegazione.
E forse tutti concorrono a portare il
proprio pezzetto di verità. Ma il
mosaico completo non riesce mai a
formarsi. Quanto ai rimedi, ognuno
ha il suo ed è portato a ritenerlo il
migliore. Anche se poi, tradotto in
pratica, si rivela del tutto inefficace.
Cosicché a vincerla è la violenza,
IImmagini di violenza
per le strade
del centro storico
di Bologna
(Foto Mario Rebeschinil
che non abbandona il campo, che si
incattivisce come un male incurabi-
le, che si tramanda di generazione
in generazione. L'indice della crimi-
nalità un anno si alza, l'anno suc-
cessivo accenna a diminuire, per ri-
salire poi l'anno dopo, ma il dato
fermo è la sua persistenza nel tem-
po, la sua diabolica capacità di per-
severare. La verità è che la diagnosi
è difficile da formulare, e ancora
più arduo è prescrivere la terapia
adatta al caso. Tuttavia l;:Sistono al-
cuni elementi di fatto, concreti, tan-
gibili, che se non sono ancora del
tutto diagnosi o rimedi, possono
per lo meno aiutarci a capire.
Soffermiamoci per un· momento
nel settore sportivo del calcio (ma
non è il solo sport che fomenta la
violenza: anche il sofisticato basket,
con l'incremento del numero degli
spettatori, ha fatto registrare episo-
di di brutalità e di intolleranza). Og-
gi, il mondo del calcio italiano (ma
anche quello di altri paesi) è incardi-
nato al centro di un colossale «busi-
nesrn, di un affare che vede in ballo
una girandola di miliardi, oltre tre-
mila, è stato calcolato, tra incassi,
scommesse legali e clandestine, spo-
stamenti di tifosi (50 mila ogni do-
menica), contributi degli «sponsor»
ecc. Costretto a pagare il biglietto
d'ingresso allo stadio assai salato,
per risarcire la società calcistica che
ha sborsato 17 miliardi per assicu-
rarsi i servigi del fenomeno Mara-
dona, o di qualche altra «star» este-
ra, il tifoso pretende dal suo idolo il
gol. E il gol mancato è fonte di esa-
sperazione, di frustrazione, di rab-
bia. La sconfitta della squadra assu-
me addirittura i contorni del dram-
ma, va esorcizzata in qualche modo
prima di tornare a casa, costi quel
che costi.
« Ctub» violenti
I più esasperati sono gli iscritti ai
club dei tifosi, che fin dalla denomi-
nazione - «ultra», «commandos»
e simili - nonché dai simboli spes-
so sinistri, evocano violenza e so-
praffazione. Eppure sono questi
stessi club che le società calcistiche,
apparentemente ad essi estranee,
fanno entrare di fatto nella com-
plessa strategia dell'emotività do-
menicale, quando si consuma il rito

2.3 Page 13

▲back to top
-----------#
tribale della partita. Nel perverso
circuito banno finito per innestarsi,
ciascuno con i propri interessi di
cassetta o di immagine, i giornali
sportivi, le televisioni, gli stessi cal-
ciatori. Alberto Dall'Ora, noto pe-
nalista di Milano, dice: «Occorre
misurare gli incentivi, per diminuire
il livello della violenza aggressiva.
Un certo irresponsabile protagoni-
smo dei dirigenti di squadra, pub-
blicamente diffuso dalla stampa e
dalla TV, lo stesso vittimismo degli
atleti, cbe non perdono occasioni
per lanciare accuse veementi, la tea-
tralità becera di certi comportamen-
ti in campo e fuori, sono tutti ele-
menti che fanno salire la febbre».
La febbre della domenica, cbe
tutto esalta ed esaspera, cbe spinge
al fanatismo, all'intolleranza e alla
violenza. Una febbre che brucia i
giovani più deboli, più fragili, più
predisposti, come il giovane omici-
da di Milano, figlio di genitori sepa-
rati, senza occupazione fissa, sma-
nioso di primeggiare, sempre a esi-
bire la propria abilità nel maneggia-
re un lungo coltello a serramanico,
che aspetta per una intera settimana
ILagioia
del tifosi domenicali
spesso degenera
nella violenz.a
(Foto Mario Rebeschini)
il momento in cui, sugli spalti dello
stadio, nella famigerata curva degli
«ultras», potrà finalmente «affer-
marsi», mostrare ciò che vale. Oggi
è rinchiuso in una cella di San Vitto-
re, in attesa di sapere quanti anni
della sua vita dovrà trascorrere fra
le mura di un penitenziario, forse
lacerato dal rimorso di aver stron-
cato un'altra vita, giovane come la
sua.
Ciò che non dovrebbe sfuggire a
quanti discutono sul fenomeno, al
di là degli episodi più direttamente
collegati alle partite di calcio, è che
lo stadio sta diventando una scuola
di violenza, un vivaio dove reclutare
giovani pronti a tutto. E non manca
di certo cbi, in.quel vivaio, getta le
sue reti. A tenere in pugno la cima
che chiude la rete al momento giu-
sto è la criminalità organizzata, che
si avvale largamente di giovani e an-
che di giovanissimi. Li induce a se-
guire tutta la trafila della delinquen-
za, in una tragica «escalation», dal
borseggio al furto, dalla rapina al
«racket», allo spaccio di droga, per
giungere infine all'omicidio.
Anche le grandi città, con i loro
ghetti, i quartieri socialmente lace-
rati, le sacche di povertà, la disoc-
cupazione, le vaste aree di emargi-
nazione, producono una cultura
della violenza in cui nascono e ere-
1 GENNAIO 1985 13
scono migliaia di giovani. Cbi sono,
ad esempio, i giovani che la camor-
ra arruola nelle sue file? Mons. Ri-
boldi, vescovo di Acerra, da anni in
prima fila nella lotta al fenomeno
camorrista, risponde: «Secondo me
vengono dalle fasce dell'emargina-
zione. Una volta fuori dalla scuola
dell'obbligo, ammesso che la fre-
quentino per tutta la sua durata, co-
mincia una competizione assurda
contro la società. Si macchiano del
primo scippo, per poi continuare in
un crescendo impressionante. Per-
ciò io penso che l'emarginazione sia
più determinante della stessa disoc-
cupazione. Bisogna restituire digni-
tà all'uomo, e allora anche la ca-
morra sarà estirpata. lo marcio con
i giovani da oltre due anni, e dico
che in loro c'è la volontà di uscire
fuori da questa realtà soffocante, di
reclamare il diritto a un futuro di-
verso, libero dalla presenza della
camorra».
Società arrogante
Gli fa eco il cardinale Ugo Polet-
ti, Vicario del Papa a Roma: «L'e-
marginazione giovanile è un feno-
meno vero, generato da una società
arrogante, vuota di valori, che con-
duce alla devianza non pochi giova-
ni». La società di cui parla il cardi-
nale Poletti l'abbiamo tutti sotto gli
occhi e non si fa fatica ad ammette-
re che essa offre ai giovani uno spet-
tacolo poco esaltante. L'educazione
dei giovani si compie spesso in un
clima di conflittualità che impregna
famiglie e società. Nella famiglia
spesso si litiga, si divorzia, ci si se-
para, si percuotono selvaggiamente
i ragazzi. Lo psichiatra Enrico De
Vita è convinto che «l'aggressività
dei giovani sia una risposta a violen-
ze subite in famiglia, in forma diret-
ta oppure sotto forma d.i frustrazio-
ni e carenze affettive. L'adolescente
che soffre violenze è destinato spes-
so a diventare a sua volta un uomo
violento». Un rapporto familiare
fortemente deteriorato spinge in
molti casi il giovane ad allontanarsi
da 'Casa, ad andarsene a vivere da
solo, magari senza sapere con cer-
tezza dove dormirà e chi gli darà da
mangiare. Ma un dato statistico ci
informa che più della metà dei gio-

2.4 Page 14

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14 • 1 GENNAIO 1985
E don
portò in gita
i ccdiscoli,,
(ma senza guardie)
Il carcere minorìle (ma si do-
vrebbe dire Istituto di rieducazio-
ne) di Torino si chiama ..Ferrante
Aporti». E ospitato in un edificio
in fondo a corso Unione Sovieti-
ca, vei.;chio di tre secoli. Appar-
tenne a un gentìluomo di corte,
che ne aveva fatto la sua casa di
caccia. un'epoca che brutaliz-
zava i detenuti, giovani o adulti
che fossero, conserva ancora,
abbandonate, alcune «celle di os-
servazione», locali di due metri
per uno e ottanta, senza finestre,
con una presa d'aria di pochi
centimetri quadrati, roventi d'e-
state, autentiche ghiacciaie nei
mesi invernali.
La ristrutturazione ha oggi reso
meno sinistro questo luogo, me-
no umiliante la condizione degli
esseri umani che vi sono ospitati,
più marcato l'orientamento verso
il recupero sociale del giovani.
Ma è pur sempre un carcere, con
tutto ciò che il carcere comporta:
deviazioni, risentimenti, prepo-
tenze, perfino circolazione clan-
destina di droghe «leggere».
Ogni anno, circa 700 ragazzi var-
cano il cancello del «Ferrante
Aporti•, e vi soggiornano per pe-
riodi più o meno lunghi in rappor-
to al reato commesso.
Più di un secolo fa, anche don
Bosco entrò nel carcere minorile
di Torino, invitato a tenere una
serie di conferenze ai trecento
«discoli,. che a quell'epoca vi era-
no ospitati. Don Bosco - è su-
perfluo sottolinearlo - sapeva
come pochi parlare ai giovani, e
anche In quell'occasione, con
l'intelligenza e col cuore, seppe
conquistarsi la simpatia e l'affetto
dei suoi ascoltatori. I ragazzi, di
solito turbolenti, si dimostrarono
docili al punto da indurre don Bo-
sco a proporre al direttore dell'i-
stituto di concedere ad essi, a ti-
tolo di premio, una giornata di li-
bertà. Li avrebbe. condotti lui
stesso a fare una scampagnata a
Stupinigi. Ma - precisò don Bo-
sco - senza il consueto appara-
to di sorveglianza. Insomma,
niente guardie. Garantiva di per-
sona che tutti i giovani avrebbero
fatto ritorno in carcere la sera.
«Famigliarità con i giovani spe-
cialmente durante la ricreazione»
aveva sempre sostenuto don Bo-
sco, facendo di questo indirizzo
un punto fondamentale del suo
metodo educativo. «Senza fami-
gliarità non si dimostra l'affetto e
senza questa dimostrazione non
vi può essere confidenza,.. E di
quale famigliarità si poteva mai
parlare se tutt'intorno fossero
state sguinzagliate le guardie?
La proposta lasciò di stucco il
direttore. Ma, don Bosco, scher-
zava o diceva sul serio? Aveva
voglia di metterlo nei guai? E se
anche uno solo dei ragazzi aves-
se approfittato per darsela a gam-
be, chi andava a raccontarlo ai
suoi superiori? E don Bosco a in-
sistere: niente scherzi, la propo-
sta era serissima, e la condizione
posta - nessuna guardia - lo
era altrettanto.
Il direttore tentò allora una via
d'uscita per mettersi personal-
mente al riparo: un così vistoso
strappo al regolamento poteva
avallarlo solo il ministro dell'inter-
no, che all'epoca era il Rattazzi.
Investito della questione, il mini-
stro sulle prime nicchiò, prese
tempo, ìlludendosi che don Bo-
sco finisse per rinunciare. Ma
don Bosco non era tipo da lascia-
re le cose a metà, e insistette. Di
fronte a tanta serena fermezza,
Rattazzi capitolò, accordando in-
fine il permesso, anche se in cuor
suo pregò che tutto filasse liscio.
La scampagnata si fece. Prima
che le parte del carcere si apris-
sero, don Bosco parlò ai giovani,
diede loro le opportune istruzioni,
impartì consigli, li rese corre-
sponsabili del buon esito dell'im-
presa. I ragazzi trascorsero una
allegra giornata fuori dalle mura
del carcere, e al tramonto fecero
ritorno. Nessuno mancò
all'appello.
Don Bosco si recò di persona a
rassicurare il ministro, che era
stato tutto il giorno sulle spine. E
all'osservazione del Rattazzi, che
lo Stato era impotente a ottenere
simili successi, don Bosco repli-
cò: «Eccellenza, la forza che noi
abbiamo è una forza morale.
Mentre lo Stato non sa che co-
mandare e punire, noi ci rivolgia-
mo anzitutto al cuore dei giovani,
e la nostra parola è parola di
Dio».
vani condannati per crimini, aveva
lasciato la famiglia, o viveva con un
solo genitore separato o divorziato.
li compito educativo della fami-
glia è compito primario, un dovere
e un diritto di natura. Ma può esse-
re vanificato se non trova un sup-
porto nell'azione educativa dell'in-
tera società. E la società è carente.
La cultura sessantottesca, intrisa di
manicheismo a buon mercato, ave-
va attribuito tutte le colpe alla so-
cietà consumista, menando alla cie-
ca colpi d'ascia che pretendevano di
isolare una sola e unica «verità». Se
i ripensamenti successivi hanno fat-
to prevalere interpretazioni più rea-
listiche, ciò non vuol dire miscono-
scere le responsabilità attribuibili
alla struttura sociale così come oggi
la conosciamo. I «modelli» propo-
sti ai giovani hanno ben poco di
educativo. Scandali, ruberie, trame,
corruzione, sfrenata ricerca dell'e-
goistico interesse, poteri occulti si
inseguono sulle cronache dei gior-
nali a ritmo incalzante, invadono.
ambienti fino a ieri considerati al di
soi;>ra di ogni sospetto.
E un fiume limaccioso, che va ad
alimentare la «cultura della violen-
za». «L'adolescente, il giovane -
sostiene Livia Pomodoro, magistra-
to per i problemi dei minori presso
la Procura di Milano - ha bisogno
di valori morali, di serietà, di impe-
gno anche ideale. Non gli bastano la
cultura del superfluo, la discoteca,
la moda». E invece il giovane si ri-

2.5 Page 15

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- - - - - - - - - - -# -
I Contestazione
In occasione
di un mega-concerto
(Publifotol
trova calato io una società io crisi cli
valori, che sfacciatamente predilige
la competizione alla solidarietà, la
ricerca del tornaconto personale al
servizio reso agH altri, che esalta Ja
forza come mezzo più idoneo a ri-
solvere i problemi, chi è meno prov-
veduto deve soccombere.
Nella Germania federale è stata
di recente registrata una ondata di
delitti orripilanti, come quello com-
piuto da un giovane ad Amburgo,
che ha ucciso a colpi di scimitarra
una madre e i suoi due figlioletti, o
quello del bruto che ha strangolato
un bambino di sei anni. La spietata
crudeltà di così mostruosi misfatti è
stata da molte parti messa in rap-
porto con i film dell'orrore messi in
circolazione con le videocassette.
Ecco uno degli ultimi ritrovati degli
adulti per esercitare violenza sui
giovani, nel più totale disinteresse
per le conseguenze e a bassi fini di
lucro. Il criminologo prof. Armand
Mergen, dell'Università di Magon-
za, ha dichiarato: «Non ho dubbi. I
feroci crimini sono in gran parte
conseguenza della brutalità dei vi-
deofilm diffusi a profusione tra i
giovani. Queste pellicole mostrano
perfino episodi di cannibalismo,
con un verismo che fa accapponare
la pelle e ai cui effetti negativi sono
particolarmente esposte le persone
che, per struttura psichica, già incli-
nano alla crudeltà. I videofilm faci-
litano il passaggio dall'idea del fat-
to criminale alla sua realizzazione.
È un pericolo che insidia soprattut-
to i giovani».
i,.;:no nelle
videocassette
Non bastava la televisione, che
già faceva la sua parte. C'è chi so-
stiene che la TV è «neutra», nel sen-
so che le sue immagini scorrerebbe-
ro sul video senza lasciare traccia
nello spettatore. Ma non mancano
gli esperti convinti del contrario. I
personaggi violenti - essi dicono
- quelli che ricorrono ad ogni atro-
cità pur di eliminare l'avversario,
sono i più ammirati. La ricercatrice
americana Patricia Rooney-Re-
beck, afferma che la «videodipen-
denza è un problema che riguarda il
25 per cento dei ragazzi in America
e in Europa. I teledipendenti tendo-
no ad imitare le parole e i compor-
tamenti dei personaggi tèlevisivi e
dimostrano una spiccata tendenza
all'aggressività».
Le videocassette sono ancora
peggio. Mentre la TV, pur facendo i
suoi guasti, è comunque tenuta a ri-
spettare certe regole, il film della
cassetta sfugge a ogni controllo,
viene commerciato nei meandri
oscuri di un mercato clandestino
che macina miliardi, diffondendo
fra i giovani veleno concentrato, un
impasto di pornografia, sadismo,
tortura. La diffusione delle video-
cassette (si possono affittare per
I GEN'-AO 1985 15
15-20 mila lire) è ormai amplissima
in tutta Europa. Nessuno scrupolo
morale insorge a frenare il sordido
affarismo dei fabbricanti e degli
spacciatori. Ancora troppo tenui
sono le misure adottate per stronca-
re l'ignobile speculazione. Tutti gli
sforzi compiuti per affermare una
educazione a1 corretto uso dei mass-
media rischiano così di essere an-
nullati da questo mercato che si
svolge all'insegna del « più brutale
è, meglio è», nel senso che i filmac-
ci, più sollecitano i bassi istinti, e
più hanno mercato.
C'è da stupirsi se si moltiplicano i
casi cli comportamento criminale, se
la delinquenza dilaga? La violenza
esercitata dai giovani è purtroppo
un dato di fatto. Ma è altrettanto
vero che sul giovani si abbatte la
violenza e l'incitamento alla violen-
za da parte degli adulti. li padre che
costringe i figli minorenni ad aiutar-
lo in un sequestro di persona ac-
caduto a Torino), gli adulti che cor-
rompono ragazzi per poche migliaia
di lire da spendere ai video-games,
le ragazze violentate (sono migliaia
ogni anno in Italia), capi mafiosi o
di altre organizzazioni criminali che
assoldano i giovani: ecco alcuni
esempi di responsabilità diretta dei
«grandi» nel comportamento crimi-
nale dei giovani.
Tutto ciò sollecita il mondo adul-
to a guardare a fondo in se stesso, a
domandarsi con più frequenza, e
non solo in corrispondenza di casi
clamorosi, quanta parte esso abbia
nelle devianze giovanili. Questo non
vuol dire certamente assolvere i gio-
vani delinquenti. Ma concedere loro
le anenuanti, questo sì. Almeno co-
me presupposto per un'azione diret-
ta al loro recupero.
Inchiesta a cura di
Giuseppe Costa
Gaetano Nan etti
Nella prossima
puntata:
Che cosa facciamo
stasera?
I giovani e il tempo
libero

2.6 Page 16

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_ ATTUALITÀ_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
I Salesiani a Malta
TRA FEDE
E INCERTEZZE
A MALTA
Che succede nell'Isola di
san Paolo?
Che fanno i Salesiani?
Cosa ne pensano
l'arcivescovo Mercieca e
il leader nazionalista
Fenech Adami.
Un'ora e venti minuti di
volo da Roma ed ecco Malta e le
altre isole dell'arcipelago: poco più
di trecemomila abitanti sparsi per
trecentosedici chilometri quadrati.
È chiaro che a Malta è più sugge-
stivo giungervi via mare cosi come è
certo che il porto della sua capitale,
La Valletta, è il migliore d'Europa.
«Supera - assicura l'Ambasciatore
italiano nell'isola, Negroni - an-
che quello di Rotterdam » .
L'andata in aereo tuttavia offre il
vantaggio non soltanto del tempo
ma anche di una immediata visione
globale dell'intero arcipelago. Si
tratta di una vera e propria mancia-
ta di terra color giallo-ocra o verde
scuro a seconda che prevalgono le
pietre delle sue caratteristiche abita-
zioni oppure i cespugli e gli alberi
della macchia mediterranea resi curs
vi, quest'ultimi, dal libeccio o dallo
scirocco marino.
Malta, Gozo e Comino - poche
unità in quest'ultima - , sono isole
abitate; Cominotto e Filfola sono
due splendidi scogli proprio disabi-
tati.
Un crocevia
di popoli
Di Malta e del suo arcipelago si
può dire che è un paese vecchio di
migliaia di anni, forse milioni. Cosi
in esso si trovano vestigia che par-
tendo dal periodo neolitico giungo-
no fino all'era di Cristo, che qui,
più che altrove, è segno di comunio-
ne e di contraddizione.
Fenici, Greci, Romani, Arabi ed
Europei di ogni nazionalità, attratti
dal misterioso fascino di queste ter-
re, vi banno lasciato tracce di cultu-
ra. E i Maltesi? Ospitali come anti-
chi Greci e generosi come cavalieri,
compiti come gentiluomini di Sua
Maestà Britannica, canori e fanta-
siosi come se fossero cresciuti alle
falde del Vesuvio oppure levantini
come gli amati antenati Fenici, sono
semplicemente e soltanto i Maltesi.
Un popolo, dunque.
La vita dell'Arcipelago è segnata
soprattutto dall'esperienza cristia-
I Baie.
insenature e barche:
ecco Malta
na. Qui, naufrago, sbarcò Paolo di
Tarso; qui indomiti Cavalieri -
quelli, appunto di Malta - dalla
croce ad otto punte come le otto
beatitudini evangeliche, combatte-
rono battaglie nel nome dell'orgo-
glio e della fede; qui, fuggiasco, fra
Michelangelo da Caravaggio, nel
1608 dipinse il suo vermiglio san
Giovanni e qui, cuore del Mediter-
raneo, a metà strada tra Sicilia ed
Africa, hanno sempre guardato,
ahinoi!, generali ed ammiragli d'o-
gni specie e qualità. Naturalmente
la religiosità dei Maltesi ha i colori
dell'Arcipelago e della sua storia.

2.7 Page 17

▲back to top
-----------5'1-
Così in ogni centro emergono le
chiese. Sia la cattedrale dedicata a
san Giovanni o la chiesa di santa
Caterina a La Valletta; si tratti della
neoclassica chiesa di Santa Maria
dalla cupola alta 67 metri a Mosta,
oppure si tratti ancora della basilica
mariana di Ta Pinu a Gozo che soli-
taria, bianca e possente, ricorda a
tutti la devozione semplice e forte di
un popolo, queste chiese sono sem-
pre il simbolo di una unità e di una
identità.
« Religio et Patria» dunque, così
come dice lo storico motto del Par-
tito Nazionalista Maltese.
17 I G[NNA/0 1985'
I
degliIlinsisnedgancaanttoi
manifesta durante
la contestazione
a Don Mintoff
per la scuola
Fenech Adami
Monsignor
Giuseppe Mercieca
La situazione attuale
La recente storia di Malta è cro-
naca e le vicende ultime del primo
ministro Dom Mintoff, delle sue
amicizie con la Libia o delle sue an-
tipatie verso l'arcivescovo Mercieca
non accennano a rientrare. Malta è
oggi una importante pedina della
scacchiera mediterranea.
Il 21 settembre I964 l'Areipelago
maltese è diventato indipendente e
dal 31 marzo 1979 la bandiera ingle-
se - l'« Union Jack» - non vi
sventola più. L'attività politica del
Paese da q uel momento si è polariz-
zata da un lato attorno al partito la-
burista, e dall'altro al partito nazio-
nalista. C'è poco spazio per media-
zioni e per dialoghi anche se Fenech
Adami, leader del pa rtito nazionali-
sta, è convinto che la stragrande
maggioranza del laburisti - il par-
tito guidato da Dom Mintoff ha il
49% dei suffragi - è gente con la
quale si può discutere. Intanto l'e-
conomia attraversa una pericolosa
crisi mentre il turismo non riesce a
decollare. Le ultime statistiche uffi-
ciali parlano di un calo del sei per
cento. In realtà - a detta degli stes-
si albergatori - il calo è più netto.
L'Italia, che per esigenze diplomati-
che ha firmato un patto di assisten-
za con Malta in questi cinque anni
ha dato o ltre 150 miliardi di lire.
Non sono pochi anche se da parte
laburista si vorrebbe la parità del
bilancio nell'export-import dal l' Ita-
lia. Quando stiamo chiudendo il
giornale quel patto di cooperaz.ione
è in piena crisi con Gheddafi pronto
ad allargare la sua sfera d'influenza
su Malta. Dom Mintoff è convinto
che «laicizzando» l'isola questa po-
trà avere un autentico riscatto so-
ciale; le conseguenze di questa sua
convinzione: continui attacchi al-
l'arcivescovo Mercieca, a l quale è
stato impedito perfino di far visita
ai carcerati e difficoltà per le o ltre
quaranta scuole cauoliche costrette
a ricevere gratuitamente i ventimila
studenti che le frequentano.
Certo il capo dei socialisti maltesi
ha a nche dei meriti: si pensi ad
esempio ai miglioramenti sociali dei
cittadini. I suoi colpi di testa tutta-

2.8 Page 18

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18 • I GENNAIO 1985
1 1ragazzi
della scuola salesiana
di Dingli
via e soprattutto le sue rjpicche per-
sonali, nient'affatto politiche, han-
no finito non soltanto con il creare
tensioni al Paese ma anche con lo
stancare i suoi stessi elettori che spe-
rano nel suo ritiro dall'agone poli-
tico.
La stragrande maggioranza dei
Maltesi oggi si chiede: chi sono stati
i mandanti dell'attacco alla Curia
arcivescovile avvenuto nei mesi
scorsi e proprio durante la crisi più
acuta mai attraversata a Malta nei
rapporti fra lo Stato e la Chiesa? Ed
ancora: che significato ha il palese
tentativo di «arabizzare)) l'arcipe-
lago nonostante le tenaci radici eu-
ropee di Malta mentre vi giungono
tecnici sovietici per i lavori del por-
to di La Valletta?
L'Arcivescovo e
Fenech Adami
Monsignor Giuseppe Mercieca è
l'arcivescovo di Malta. Ha in volto
la tenacia degli abitanti di Gozo e la
bontà del viso di un papa Giovanni.
Sono andato a trovarlo in compa-
gnia di don Charles Cini delegato
dei Salesiani di Malta. Il corridoio
che precede il suo ufficio ha ancora
le tracce del passaggio dei « mintof-
fiani »: quadri settecenteschi bucati
e stracciati, statue abbattute. « Ec-
cellenza - è la prima domanda - è
possibile parlare di Malta ancora
come « feudo di Dio?»
«Sono convinto - risponde l'ar-
civescovo - che il popolo di Malta
è molto religioso e perciò bisogna
trattarlo cosi; la società in cui vive
deve ispirarsi alla sua cultura che è
quella cristiana».
La conversazione con monsjgnor
Mercieca è molto cordiale anche se
l'Arcivescovo non vuol correre mol-
ti rischl con i giornalisti.
« Il popolo maltese - osserva -
è un popolo che sta maturando>> ed
ancora: « Non tutti i mali vengono
per nuocere. Certo prima nessuno
poteva immaginare di dover uscire
con l'ombrello in estate... ».
In realtà monsignor Mercieca an-
che se preoccupato ha piena fiducia
nel cristianesimo dei suoi connazio-
nali «che - è certo - sapranno da-
re alla loro fede anche la giusta di-
mensione sociale».
La polemica sulla scuola ba fatto
riscoprire una unità nuova fra i cat-
tolici maltesi che non potrà non da-
re frutti positivi.
« Il popolo - dice ancora I'Arci-
vescovo - si apre alla vita e questa
frase per me è tutto>>.
Più tagliente e polemico con Dom
Mintoff è quanto ha detto il leader
del partito nazionalista Fenech
Adami.
[I capo dell'opposizìqne a Dom
Mìotoff è un avvocato e giornalista
nato cinquant'anni fa. Sposato e
padre dj quattro figli, Edward Fe-
nech Adami è « l'orgoglio» dei cat-
I tolici maltesi che lo considerano
una specie di De Gasperi isolano. È
Una foto d'archivio:
il prosidente di Malta
dott. Anton Buttlgieg
In vislta al Savio College
di Dingli
certo che il capo del Partito Nazio-
nalista - si chiama cosi il suo parti-
to - ·ha visto chiaro sulla politica di
Doro Mintoff sin dall'inizio. Non
fu sostenuto ed ora si ritrova con il
5107o dei suffragi elettorali a com-
battere il socialismo in buona parte
massimalista dì Dom Mintoff. Il
Partito di Fenech Adarni ha radici
lontane. « Il mio partito - ha di-
chlarato - è nato nel lontano 1880
e può considerarsi uno dei primi
partiti democristiani d'Europa».
Rispetto alle elezioni del 1981 il
Partito Nazionalista è certamente
cresciuto. Attualmente dispone di
una organizzazione efficienfe e di
ben 28 mila iscritti. Fenecb Adami,
cattolico convinto e praticante è del
pare.re che da parte della comunità
ecclesiale ci vorrebbe un maggior
impegno sociale e politico e questo
per alleggerire la stessa polarizza-
zione politica del Paese che alla di-
stanza rischla di asfissiare la vita de-
mocratica.
Fenech Adamì parla ormai del
dopo Mintoff: « Il dopo Mintoff -
afferma - sarà più oscuro, proba-
bilmente qui avremo problemi mol-
to grossi, forse si farà la battaglia
finale per la democrazia vera qui a
Malta... ».

2.9 Page 19

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-----------~-
7 GrNNAIO !985 19
Il S. Patrick
di Sliema
Una vita di Don Bosco
e il Bollettino
I primi approcci per l'apertura di
una Casa salesiana a Malta inco-
minciarono vivente Don Bosco. Già
nel 1884 un canonico della Caue-
drale di La Valletta, monsignor
Luigi Farrugia si recò a Torino per
incontrare Don Bosco e discutere
della cosa. «I Salesiani - gli disse il
Santo - cominceranno a poco a
poco, poi si spargeranno per tutta
l'Isola». Morto Don Bosco, Franco
Mauchè, parroco di Sliema, cittadi-
na nei pressi della Capitale, deside-
rando fondare un istituto salesiano
scrisse a Don Rua il quale per tulta
risposta gli inviò la Vita di Don Bo-
sco del Du Boy ed una copia del
Bollettino Salesiano. Si era nel
1889. Bisognerà aspettare il 23 gen-
naio del 1893 allorché un certo Al-
fonso Maria Galea - conosduto a
Malta come l'amico dei poveri -
scrisse al beato Don Michele Rua.
Seguirono altre lettere ed altre ri-
sposte finché il 16 maggio del 1904
poté inaugurarsi l'opera di S. Patri-
zio. Si trattava di una splendida co-
struzione in stile vittoriano che ac-
colse sin dall'inizio ragazzi « diffici-
li » dalla estrazione sociale più di-
sperata. Grazie alla benevolenza di
Don Rua che andò a Malta per ben
due volte nell'aprile del 1906 e nel
maggio del 1908 e alla generosità
del signor Galea, il San Patrizio
crebbe e con esso altre forme di pre-
senza salesiana nel!' Isola.
Oggi i quaranta salesiani di Malta
banno tre opere: due a Sliema ed
un'altra a Dingli. Imanto nell'otto-
bre del 1963 le Figlie di Maria Ausi-
liatrice hanno aperto duecase nell'i-
sola di Gozo. È una pattuglia di do-
dici suore.
L'opera di San Patrizio è di quel-
le che si è soliti definire complesse.
[n realtà in essa vengono assistiti
centotrenta ragazzi bisognosi di tut-
to. Giorno e notte i salesiani, assi-
curano a questi ragazzi del cibo, un
mestiere, ed una famiglia. Qui, Don
Bosco è soprattutto padre degli or-
fani e degli abbandonati. C'è poi
l'Oratorio - Centro giovanile dove
sport, musica e preghiera convivo-
no egregiamente in un sempre at-
tuale e gradito coktail educativo per
una società con sempre più droga e
delinquenza dietro l'angolo. All'O-
ratorio di Sliema c'è anche una ban-
da musicale. È diretta da exallievi
dello stesso oratorio e vi assicuro
che se Li ascoltate in concerto stente•
rete a riconoscere quegli stessi ra-
gazzi che avete poco prima visti gio-
care disperatamente attorno ad un
pallone.
L'altra presenza salesiana è quel-
la di Dingli: qui c'è una scuola me-
dia frequentata da duecento ragaz-
zi, un gruppo dei quali si orienta
verso la vita salesiana.
« A Malta - dice don Cini - ab-
biamo la possibilità di avere molte
vocazioni e Dingli rappresenta un
punto di riferimento per la nostra
pastorale vocazionale».
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
hanno aperto due case a Gozo: asili,
scuola, attività parrocchiali. « Alla
prima occasione - dicono - an-
dremo anche a Malta.».
Quale il futuro dei Salesiani a
Malta?
« Mai come in questi tempi - af-
ferma il Delegato ispettoriale -
Malta ha bisogno dei Salesiani. L'i-
sola attraversa infatti un grosso mo-
mento di difficoltà ed i primi a ri-
sentirne sono i giovani».
L'arcivescovo monsignor Mercie-
ca vorrebbe affidare ai Figli di Don
Bosco altre opere. Ma come si fa?
Anche se la generosità dei Maltesi è
tanta tuttavia per lo sviluppo di atti-
vità soprattutto vocazionali ci vo-
gJfono parecchi aiuti finanziari.
« Speriamo - conclude don Cini
- di poter dare un ulteriore impul-
so di presenze nell'isola e di conti-
nuare a dare, così come vuole il Ret-
tor Maggiore, un generoso contri-
buto di vocazioni missionarie mal-
tesi a sostegno dell'attuale impegno
missionario salesiano».
Ed intanto Don Bosco continua
ad accendere la fantasia dei moltis-
simi exallievi e non che l'hanno co-
nosciuto o lo conoscono. È il caso
del pittore Paolo Camilleri Cauchi
che ha dipinto un Don Bosco forse
inedito per qualcuno ma certamente
autenlico: un dinamico prete tutto
proteso a servizio dei giovani di
Malta e del resto del mondo.
Giuseppe Costa

2.10 Page 20

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_ VITA ECCLESIALE _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
La Giornata per la Pace
D A PAOLO VI
A GIOVANNI
La celebrazione della
Giornata della Pace è
ormai una consuetudine.
Ecco un commento alla
giornata da parte del
nostro collaboratore
Angelo Paoluzi.
PAOLO Il
I GIOVANI
CAMMINANO
CON LA PACE
Un testamento morale
di pace ai giovani: nella ricchezza
del messaggio espresso dalla Chiesa
in ogni occasione e circostanza della
vita, anche associata, ci si può rife-
rire a testi che non appartengono al-
la stretta ufficialità ma a quel tessu-
to connettivo fatto di attese, di spe-
ranze, di fede, comuni a tutti i cri-
stiani, dal papa al più piccolo, al
più umile, al più ignorante dei fede-
li. Fu lasciato, quel testamento, da
Paolo VI durante la concelebrazio-
ne eucaristica della undicesima
Giornata della pace, il 1° gennaio
del 1978, in Santa Maria Maggiore
a Roma. Da ricordare, quel discor-
so, come una delle espressioni signi-
ficative di Giovanni Battista Monti-
ni nel suo ultimo anno di vita prima
del ritorno al Padre: fra le altre, co-
me molti di noi ricorderanno, l'ap-
pello agli « uomini delle Brigate
Rosse» per la liberazione di Aldo
Moro e l'omelia in occasione dei fu-
nerali dello statista assassinato.
L'esortazione del IO gennaio si ri-
feriva al Messaggio delia pace, la
cui ultima parte era appunto dedi-
cata ai giovani. « Avete la capacità
- disse il Pontefice nell'omelia -
di una straordinaria apertura e di
una gioiosa disponibilità, che pur-
troppo talvolta gli adulti hanno di-
menticato o smarrito». Dite la vo-
stra parola «fresca e nuova» - li
incoraggiava il Papa -, dite quel
«no» alla violenza « con energia,
con forza, con la forza del vostro
cuore puro, dei vostri occhi limpidi,
della vostra gioia di vivere, ma di
vivere in un mondo in cui giustizia e
pace si baceranno (Sai. 84, 11)».
« Date sempre - proseguiva-, nei
vostri ideali e nei vostri comporta-
menti, la priorità all'amore, cioè al-
la comprensione, alla benevolenza,
alla solidarietà verso gli altri. Raf-
forzate la vostra convinzione di pa-
ce nella preghiera, personale e co-
munitaria; negli scambi e nelle me-
ditazioni, in cui vi sforzate di cono-
scere sempre più profondamente il
Cristo e di comprendere il suo mes-
saggio in tutte le sue esigenze; nei
sacramenti, e soprattutto nel sacra-
mento dell'Eucarestia, nel quale
Cristo stesso vi dona la fede, la spe-
ranza e specialmente la carità; raf-
forzatela, infine, nella devozione fi-
liale alla Vergine Maria». «Voi,
giovani e ragazzi - concludeva -,
portate in voi stessi l'avvenire del
mondo e della storia. Questo mon-
do sarà migliore, sarà più fraterno,
più giusto, se già, fin da adesso, tut-
ta la vostra vita sarà aperta alla gra-
zia di Cristo, all'ideale di Amore e
di Pace che vi insegna il Vangelo».
La citazione potrà sembrare lun-
ga, ma non ci pare fuori luogo, con-
siderando il tema di questa Giorna-
ta, « la pace ed i giovani camminano
assieme», anche in relazione all'an-
no internazionale dei giovani pro-
clamato, per il 1985, dalle Nazioni
Unite. Tutti sappiamo a quali co-
strizioni e a quali difficoltà è sotto-
posta oggi la condizione giovanile:
il maggior numero di disoccupati
nelle loro file, le tentazioni ricorren-
ti della violenza politica, Ja seduzio-
ne di comportamenti asociali, l'au-
todistruzione attraverso la droga;
l'amara costatazione - documen-
tata da una recentissima inchiesta a
livello europeo - della più alta per-
centuale di suicidi proprio fra colo-
ro che dovrebbero aprirsi ad aspet-
tative di vita e a gioiose realizzazio-
ni. Nello stesso tempo, però, conti-
nuiamo a conoscere, a dispetto di
filosofie ciniche e di nichilismi di se-
conda battuta, tutta la generosità
che, in animi ben indirizzati ai valo-
ri, può esplodere io amore e solida-
rietà, anche puramente umani. Per-
ché essi, gli adolescenti, i ragazzi
più grandi, i giovani che si avviano
verso Ja maturità, praticano la for-
midabile forza dell'essere assieme,
intuendo che soltanto così ci si può
salvare, e che il peccato è solitudine.
Giovanni Paolo 11 ha ripreso e
ampliato i fecondi suggerimenti dei
suoi predecessori, in particolare di
Paolo VI: e nel motto della dicias-
settesima Giornata della pace si ri-
trova un'eco di quelle indicazioni,
una esortazione ai giovani perché,
appunto, sappiamo camminare as-
sieme. In questo senso, più che ri-
farci ai testi dell'immediata attuali-
(sui quali riteniamo tutti vorran-
no svolgere una puntuale e appro-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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-----------~-
fondita esegesi), riteniamo opportu-
no appena adombrare qualche mo-
desta suggestione per dar conto, sal-
vandole dall'oblio e dalla fretta,
della continuità e della fecondità del
vario dispiegarsi del dialogo all'in-
terno della comunità ecclesiale: cioè
fra quanti, fratelli e sorelle nella fe-
de, siamo muniti dello stesso batte-
simo, con un deposito di speranza
nel Cristo morto e risorto, e morto e
risorto per tutti e ognuno di noi.
« Vi lascio la pace, vi do la mia
pace... » ha detto il Signore. Noi
dobbiamo trattenerla, mantenerla,
trafficarla, quella pace; portarla
con noi nel nostro cammino terre-
no. Ricordiamo quindi le parole ri-
volte dal papa ai giovani del Qué-
bec, durante il suo recente viaggio
in Canada del settembre scorso.
« Voi siete cittadiru di un paese che
vive in pace, ma l'avvenire dell'u-
manità vi preoccupa. Voi invocate
la pace dal più profondo del vostro
cuore. Ripercuotete questo appello!
lo auspico che la vostra ansia di pa-
ce mondiale faccia di voi operatori
di pace. Cominciate dal vostro am-
biente. Riprendete la pTeghiera di
Francesco d'Assisi, costruttore di
pace nelJa propria città: "Signore,
fa' di me uno strumento della tua
pace; là dov'è odio, fa' che io porti
l'amore... ". E, un mese dopo, ai
giovani di Reggio Calabria Giovan-
ni Paolo II, ricordando iJ tema della
Giornata delJa pace 1985, diceva:
« Vi esorto infine ad impegnarvi per
la pace, formando innanzitutto in
voi una mentalità di pace, che pro-
duca i suoi frutti nelle vostre fami-
glie, nelle scuola, nel mondo del la-
voro, in tutte le relazioni interperso-
nali e sociali: è la premessa per la
costruzione di una pace più grande
tra i popoli e le nazioni».
C'è una logica in questo sviluppo
di tematiche: « la pace ed i giovani
camminano assieme» implica una
serie di conseguenze - amore per il
prossimo, perdono per le offese, ri-
cerca della giustizia. «Voi, senza
molti ragionamenti - riconosceva
Paolo VI nell'omelia del JO gennaio
1971, celebrando la quinta Giornata
- , comprendete che nel mondo,
anche nel nostro mondo moderno,
vi è ancora bisogno di giustizia. Più
che mai lo comprendete, perché ap-
punto siete moderni; cioè lo svilup-
po sociale e culturale, al quale oggi
siamo arrivati, ha svegliato una co-
scienza umana, che non può più ri-
manere insensibile ai disordini con-
geniti nel nostro ordinamento socia-
le, non può non accorgersi che il
progresso stesso produce malanni,
ai quali bisogna porre rimedio; pro-
duce frustrazioni, produce disugua-
glianze, produce ingiustizie; produ-
ce conflitti, produce pericoli di ca-
tastrofi, di conflagrazioni, d'inqui-
namenti... a cui bisogna reagire:
non è giusto che sia così! Voi lo ca-
pite, e voi, a vostro modo, lo dite; e
lo dite con una minaccia, che può
essere fatale: non vi può essere pa-
ce, senza una nuova giustizia. Voi,
figli della nuova generazione, affer-
rate subito l'intrinseca necessità di
questo binomio: la giustizia e la pa-
ce; esse camminano insieme».
Giustizia e pace camminano in-
sieme come i giovani camminano
insieme con la pace. Come la pace
va costruita con un cuore nuovo (il
messaggio dell'anno scorso), perché
ogni uomo è tuo fratello, e se vuoi
la pace lavora per la giustizia, e così
via, di giornata in giornata, secon-
do una coerenza interna dell'essere
cristiani, in una lettura amorosa an-
cor prima che teologica, in un cre-
scendo di significati che supera l'oc-
casione del singolo documento ma
situa ognuno di essi nello sviluppo
di que1la Parola che la Chiesa tra-
manda col suo insegnamento e, in-
dissolubilmente e contemporanea-
mente, con il suo messaggio d'amo-
re, e all'amore.
Sarà bene ricordare che proprio
la Pontificia Accademia delle Scien-
ze, dietro stimolo di Giovanni Pao-
lo Il, ha condotto una ricerca sulle
eventuali conseguenze materiali di
un conflitto atomico, sia pure limi-
tato. l risultati scientifici dello stu-
dio sono stati sottoposti all'atten-
zione dei responsabili delle maggio-
ri potenze del mondo perché riflet-
tano e, vorremmo dire, si pentano
delJa folle corsa agli armamenti, di-
spendiosa e inutile, mascherata sot-
to l'alibi della difesa, sollecitata da
enormi interessi economici di po-
che, grandi industrie mondiali (le
cosiddette multinazionali - della
morte, aggiungeremmo) e da ambi-
zioni ideologiche e militari di po-
tere.
1 GENNAIO 1985 21
Assistiamo proprio in questi me-
si, in queste settimane all'emergen-
za dei problemi della povertà: vec-
chia o nuova che essa sia, all'inter-
no delle società considerate ricche o
nei « mondi esterni» del sottosvi-
luppo schiacciati dai debiti, dalle
carestie, dallo sfruttamento, da
conflitti che immiseriscono sempre
di più paesi già mised. Sono, più di
quanto non sia lecito credere, con-
seguenze di un nostro mancare di
fede, specialmente fra gli adulti,
inariditi dal voler avere più che co-
struiti in un loro voler essere, e
quindi spesso incapaci di insegnare
ed educare ai valori. Ricordiamo
perciò come, in occasione del con-
vegno celebrato dalla Chiesa italia-
na nel 1977 all'insegna di Evangeliz-
zazione, sacramenti e promozione
umana, si sia sottolineata anche l'e-
sigenza che« nell'ambito stesso del-
la vita di famiglia i giovani dovran-
no essere educati all'incontro e al
colloquio con gli altri, partendo
dalle più piccole comunità di caseg-
giato, o di quartiere, o di scuola,
sino alla più vasta comunità ammi-
nistrativa e politica. Importanza
fondamentale assume l'educazione
alla pace, che la famiglia tanto con-
tribuirà a portare nel mondo quan-
to l'avrà realizzata in se stessa».
I giovani, pertanto, non costitui-
scono una società chiusa, con criteri
propri di comportamento e di giudi-
zio; ma, camminando insieme per
raggiungere la pace, dovranno porsi
obbiettivi ambiziosi, come portavo-
ce della comunità, dei gruppi, della
famiglia. Perché la pace non sia -
come ammoniva Paolo VI nel gran-
de discorso pronunciato nell'otto-
bre del 1965 alle Nazioni Unite -
soltanto assenza di guerra, ma pa-
trimonio per l'edificazione di una
società, migliore e più giusta.
«Questa» società, oggi, nella no-
stra storia, anche politica (non ci di-
ce niente lo slancio ecologico di
molti giovani, al di delle strumen-
talizzazioni di partiti e di gruppi?),
perché il cammino si svolga - come
dice poeticamente il Cantico di Zac-
caria che ripetiamo nelle Lodi mat-
tutine - <<per condurre i nostri pas-
si sulla via della pace)>.
Angelo Paoluzi

3.2 Page 22

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_ VITA ECCLESIALE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __
Intervista
con il card. Willebrands
n Presidente del
Segretariato vaticano per l'unione
dei cristiani, rispondendo al nostro
collaboratore Silvano Stracca,
fa il punto sul dialogo
fra i seguaci di Cristo ...
B attuta
d'arresto
per
l'ecumenismo?
La presenza nell'aula
del Concilio, voluta da Papa Gio-
vanni, cLi osservatori delle Chiese
non cattoliche. La revoca della sco-
munica con Costantinopoli. L'ab-
braccio a Gerusalemme fra Paolo
VI e il patriarca Atenagora. Papa
Montini che bacia nella cappella Si-
stina i piedi al metropolita Melito-
ne. La restituzione delle reliquie di
Sant'Andrea e di San Marco...
E ancora. La morte del metropo-
lita russo Nikodim fra le braccia di
Papa Luciani. I viaggi e gli incontri
di Gfovanni Paolo Il a Istanbul,
nella cattedrale anglicana di Canter-
bury, nella terra di Lutero ed in
quella di Calvino. La preghiera di
un Papa, per la prima volta dopo
secoli, in una chiesa luterana...
Una serie di gesti altamente signi-
ficativi che hanno commosso l'opi-
nione pubblica e che sono rimasti
impressi nella memoria popolare,
scandendo e caratterizzando il cam-
mino ecumenico della Chiesa catto-
lica dal Concilio Vaticano Il sino ai
nostri giorni.
Eppure si sente spesso ctire che
l'ecumenismo segna il passo, che vi-
ve un periodo di stasi. È vero? È
una domanda che torna d'attualità
in occasione della «Settimana di
preghiera per l'unità», che si cele-
bra ogni anno in tutte le Chiese cri-
stiane, nella settimana che va dal 18
al 25 gennaio.
L'ecumenismo segna, dunque,
una battuta d'arresto?
L'abbiamo chiesto ad un osserva-
tore qualificato, il cardinale olande-
se Giovanni Willebrands, presiden-
te del Segretariato vaticano per l'u-
nione dei cristiani, un uomo che è
stato - accanto a Giovanni XXlll,
Paolo VI, Giovanni Paolo I e Gio-
vanni Paolo 1I - testimone e prota-
gonista dei più importanti avveni-
menti ecumenici dell'ultimo ven-
tennio.
D. Venti anni sono trascorsi dal-
la promulgazione del decreto conci-
liare sull'ecumenismo. Quali sono
stati i passi - ed i gesti - più im-
portanti compiuti in questo periodo
verso l'unità?
R. L'avvenimento ecumenico
per eccellenza, dal quale sono scatu-
riti i passi e i gesti cui Lei fa allusio-
ne, è stato lo stesso Concilio Vatica-
no ll. I passi si riferiscono ad un
cammino segnato dalle pietre milia-
ri dei gesti. Il cammino presuppone
una mèta. Questa mèta si è imposta
alla coscienza conciliare della Chie-
sa come conseguenza dell'appro-
fondimento ecclesiologico che ha
caratterizzato il Concilio.
Il decreto sull'ecumenismo affer-
ma che i credenti battezzati sono co-
stituiti, in virtù del battesimo, in
«una certa comunione, seppure im-
perfetta», con la Chiesa cattolica.
Afferma inoltre che le Chiese e co-
munità ecclesiali separate sono
<(strumenti di salvezza, di cui lo Spi-
rito non ricusa di servirsi»; e affer-
ma ancora che nella Chiesa cattoli-
ca si trova «tutta la pienezza dei
mezzi di saJvezza», ma che questa
pienezza, che la Chiesa non può
perdere, è tuttavia non pienamente
attuata, o come offuscata, a causa
della divisione fra i cristiani.
Il cammino ecumenico, se queste
affermazioni si prendono sul serio,
diventa allora una via maestra della
realizzazione della Chiesa; la divi-
sione dei cristiani, infatti, non è più
percepita come un fatto esterno,
che semplicemente non tange in al-
cun modo, la Chiesa cattolica. Al

3.3 Page 23

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-----------,11-
contrario. Finché dura questa divi-
sione, essa non potrà esprimere pie-
namente quella pienezza. che la co-
stituisce. 1 passi di questi venti anni,
a cominciare dai grandi gesti simbo-
lici di intensa carica emotiva - co-
me gli abbracci del papa con i capi
di Chiese e comunità ecclesiali così
a lungo mutuamente estranee - per
finire ai più sobri (e faticosi) dialo-
ghi teologici intessuti con le diverse
aree del mondo cristiano, sono
espressioni di questa coscienza.
D. Potrebbe sottolineare - in
una rapida sintesi generale - quali
sono stati gli ostacoli, le incompren-
sioni, i sospetti rimossi nel cammi-
no ecumenico?
R. Il papa Paolo VI ha usato una
espressione felicissima per caratte-
rizzare la modaJità con la quale il
dialogo deve essere perseguito,
espressione che esprime nello stesso
tempo la condizione di possibilità
dei dialoghi teologici propriamente
detti: purificazione della memoria.
La storia cristiana è stata turbo-
lenta. L'onda turbinosa del passato
si prolunga inevitabilmente nello
spirito dei contemporanei. Una me-
moria purificata allude a quella cal-
ma disponibilità dello spirito che,
come in acque finalmente quiete, la-
scia scorgere il fondo delle cose.
Nel.la misura in cui questo atteg-
giamento profondo del cuore - che
è sempre un dono dello Spirito - è
stato raggiunto, molti equivoci so-
no stati immediatamente dissipati.
Mi sarebbe troppo lungo enumerar-
li in questa sede. Certo è possibile
che procedendo nel dialogo si arrivi
in qualche caso a concezioni irridu-
cibilmente opposte, come davanti a
un muro che costringe a sperimen-
tare e confessare la propria impo-
tenza. Se ciò accadrà non dovrà stu-
pire. Anche il peccato nella vita di
un uomo distrugge irrep·arabilmente
ciò che soltanto lo Spirito può gra-
tuitamente ricreare.
Forse, alla fine della strada,
quando avremo raggiunto il limite
estremo del nostro sforzo e speri-
mentato dolorosamente tutta l'im-
potenza di un desiderio che non può
scavalcare la verità, allora, forse, il
Signore, perdonandoci, farà l'im-
pensabile.
U nostro compito non è quello di
realizzare, bensì di promuovere, fi-
no al limite delle nostre forze, l'uni-
tà dei Cristiani. E, così facendo,
promuovere la realizzazione della
Chiesa cattolica.
D. Sin dall'inizio del suo pontifi-
cato, Giovanni Paolo II afferma la
necessità del movimento ecumenico
nel nostro tempo. Eppure è diffusa
anche tra i cattolici l'impressione di
una stasi dell'ecumenismo. Ritiene
che tale impressione sia ingiustifica-
ta? E perché?
R. Lei dice che è diffusa anche
fra i cattolici l'impressione di una
«stasi».
Vorrei ricordare, a quanti hanno
questa impressione, per dirla con
Dante: ficca di retro alli occhi tuoi
la mente! (Paradiso XXI). Gli occhi
dei cattolici, specialmente durante il
Concilio e nel dopo Concilio, si so-
no abituati ad immagini incredibili.
Pensiamo all'abbraccio tra Paolo
VI e il Patriarca Atenagora! O a
Paolo VI che bacia i piedi al Metro-
polita Melitone! Ma la mente, l'in-
telligenza della fede, deve compren-
dere il carattere profetico di questi
gesti e il compito che ne deriva.
Se l'abbraccio tra il papa e un pa-
GENNAIO 1985 23
triarca è un'estasi__:_ nel senso origi-
nario della parola: un gesto che po-
ne la Chiesa fuori di sé, ovvero «là»
dove essa veramente è, nell'unità
originaria che la costituisce - af-
finché questo abbraccio diventi
l'abbraccio di tutta la Chiesa d'Oc-
cidente con tutte le Chiese sorelle
d'Oriente (e con tutti i cristiani) bi-
sogna percorrere un lungo cammino
che agli occhi può apparire stasi,
ma che conduce, per la mente,
all'ex-stasi della piena unità.
D. Quali sono le sfide maggiori
davanti ai cristiani all'approssimar-
si del terzo Millennio, come ci ram-
menta continuamente il Papa Gio-
vanni Paolo II?
R. Le sfide maggiori sono ap-
punto quelle enumerate dallo stesso
Giovanni Paolo II tante volte in
ogni parte del mondo. Se lei mi
chiede come la Chiesa può rispon-
dere a queste sfide, non posso che
ripetere anch'io l'affermazione del
Concilio, che risuona così vigorosa-
mente in tutto il magistero di Gio-
vanni Paolo II: facendo risplendere
nel mondo la Chiesa come « un sa-
I PaoloVI
incontra i Monaci di Taizè
con a fianco il Card. Bea:
è un momento storico
per l'ecumenismo

3.4 Page 24

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24 · I GENNAIO 1985
I L'incontro
fra Paolo VI
e Il patriarca di
Costantinopoli
Atenagora
VUOI
RICEVERE
Il BOLLETTINO
SALESIANO1
Dal lontano 1877
questa rivista viene
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a chi ne fa richiesta.
Scrivi subito il tuo
indirizzo a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
era.mento, segno e strumento, del-
l'intima unione con Dio e deU'unità
di tutto il genere umano».
11 nostro lavoro ecumenico, come
ho già spiegato, essendo teso, per la
sua essenza, alla piena reaUzzazione
della Chiesa come sacramento, si
trova collocato nel cuore del dram-
ma che la Chiesa e l'umanità intera,
alla vigilia del terzo Millennio, stan-
no vivendo con una radicalità -
che è anche radicalità della speranza
- forse senza precedenti.
D. In Italia i/problema ecumeni-
co - per una serie di motivi di varia
natura - non è parzicolarmente av-
vertito. La celebrazione dell'annua-
le «Settimana di preghiera» può es-
sere l'occasione per una sensibiliz-
zazione all'ecumenismo? È ancora
compreso il richiamo alla «preghie-
ra per l'unità»?
R. Posso immaginare senza dif-
ficoltà, pur non essendo italiano
(ma come card inale, del resto, mi
sento romanò e in qualche modo
corresponsabile della Chiesa di Dio
in Roma...) che il problema ecume-
nico in ltalia sia avvertito diversa-
mente che altrove. Nel mio Paese,
per esempio, la grande frattura del-
la Riforma ha lasciato i suoi segni
nella storia, nella cultura e nella me-
moria della Nazione. Ma in Italia,
come del resto ovunque, è avvertibi-
le il problema della divisione in sen-
so lato: la presenza di quelle forze
del male - con le quali la Chiesa e
ogni cristiano sono perennemente in
lotta - che vogliono separare l'uo-
mo da Dio, quindi dagli altri uomi-
ni, e infine da se stesso.
Se si fa attenzione a questo dram-
ma spirituale che accompagna tutta
la storia umana e che, paradossal-
mente (ma sappiamo bene perché) si
intensifica nella storia cristiana, la
preghiera per l'unità non è a ltro che
la preghiera cristiana nel suo conte-
nuto primordiale: venga il Tuo
Regno.
D. Come presidente del Segreta-
riato per l'unione dei cristiani, che
cosa si attende - e che cosa racco-
manderebbe - ad unafamig/ia reli-
giosa quale la Salesiana?
R. Ai Salesiani, immediatamen-
te, come presidente del Segretariato
raccomanderei prima di tutto di vi-
vere e comunicare ai giovani il cari-
sma del loro fondatore.
Don Bosco è stato animato tutta
la vita dall'unico desiderio di salva-
re i giovani, dare loro il senso della
dignità umana nell'incontro con
Cristo, toglierli dalle strade, dare
loro una professione, un lavoro, un
inserimento costruttivo nella socie-
tà: farne degli uomini cristiani, ov-
vero semplicemente, ed in pienezza,
degli 1:1omini. Oggi, nella nostra so-
cietà, sembra a volte che i veri pove-
ri siano i giovani (e non alludo sem-
plicemente, né in primo luogo, alla
disoccupazione giovanile). Auguro
ai Salesiani di avere di fronte ai loro
giovani, e a tutti i giovani, il cuore
di Don Bosco.
La formazione ecumenica è una
dimensione, direi, naturale, di una
personalità armoniosa, che ha tro-
vato in Cristo la sorgente profonda
della sua umanità, che ama la Chie-
sa come il segno che conduce a que-
sta sorgente; e che è pronta ad acco-
gliere nella pienezza deU'unica
Chiesa ogni frammento della storia
umana fecondata dallo Spirito del
Signore.
Silvano Stracca

3.5 Page 25

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_ PROGETTO AFRICA- - - - - -- - - - - - --58-
25 1 GENNAIO 1985
U NA
SPERANZA
PER
L'ETIOPIA
I Laboratorio di
motoristica e
meccanica in
costruzione.
Il Sidamo: una terra a
sud del'Etiopia tra le
più afflitte dalle calamità
naturali e sociali del
nostro tempo. I Salesiani
vi hanno f andato una
missione. Alle loro spalle
tutta un'ispettoria.
<< Per sopravvivere, cen-
tinaia di migliaia di persone hanno
venduto tutto, sementi, bestiame,
attrezzi agricoli, effetti personali.
Sono diventati contadini dalle mani
nude, su terre sterili. La carestia ha
distrutto il tessuto sociale e il siste-
ma produttivo. E bisogna vedere se
la comunità internazionale sarà di-
sposta ad assistere le vittime di que-
sto terremoto per tutto il tempo che
occorrerà... »
È la tragedia dell'Etiopia e il bra-
no riportato da un giornale ne è ap-
pena un flash. Ventotto milioni di
persone sparse per 1.221.000 kmq a
causa di scelte politiche ed economi-
che sbagliate, di difficoltà naturali e
di interessi internazionali scommet-
tono tutte le mattine sulla loro vita.
I Salesiani sono presenti in Etiopia
con due opere: Makalè nel Tigre e
Dilla nel Sidamo.
La prima è a nord, al confine con
l'Eritrea. Qui siamo nel cuore della
carestia e qui i Figli di Don Bosco
sostenuti dall'aiuto finanziario di
enti e di privati hanno aperto un
campo-raccolta per profughi alla
disperata ricerca di cibo e di acqua.
A Makalè sono accampate da ottan-
ta a cento mila persone. Ogni gior-
no almeno venti di questi muoiono.
Cadono non per guerra o per malat-
tia per il naturale ordine delle co-
se: muoiono di fame.
L'altra presenza, Dilla, si trova a
sud andando verso il Kenia e la re-
gione si chiama SLDAMO. Qui la si-
tuazione non è così disperata come
nel Tigre e in Eritrea ma se non si
interviene con iniziative di promo-
zione umana e di civiltà anche il Si-
damo può avere lo stesso tragico de-
stino. A Dilla dal luglio del l 983 la-
vorano un gruppo di salesiani dell'i-
spetloria di Milano. Qui si sono re-
cati, a più riprese, gruppi di giova-
ni, « per dare una mano» - si dice
sempre così alla partenza - o « per
gustare la gioia del meglio dare che
ricevere>> come si è costretti a di-
chiarare al rientro.
Rossano Gaboardi è uno dei gio-
vani che è stato a Dilla. Ha voluto
scrivere l'articolo che riportiamo di

3.6 Page 26

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26 I GENNAIO !98S
seguito con la convinzione che Dilla
è si la classica goccia nel mare dei
bisogni dell'Etiopia ma è soprattut-
to il segno di una speranza che può
diventare certezza: se tutti, come di-
ce un canto giovanile, daremo una
mano.
C'è una terra a sud dell'Etiopia;
una terra come tante altre, con
qualche problema in più.
È grande come la parte settentrio-
nale della nostra penisola, ma i suoi
abitanti non riempirebbero la sola
Milano.
È questa la provincia del Sidamo:
una delJe zone più afmtte dalle cala-
mità naturali e sociali del nostro
tempo.
Dire Sidamo infatti è come dire
siccità, carestia, fame, malattie.
È una terra fertile quando la sta-
gione lo permette, ma mancano i
mezzi per lavorarla.
Se la visiti con la pancia piena e
con una buona jeep ti affascina; ma
se incontri i suoi abitanti, se osservi
la sua gente seduta sulla strada o
con i piedi nella fanghiglia dimenti-
chi il panorama e la jeep e la fauna.
È la vigna del Vangelo; è la terra
dei poveri, degli afflitti, di coloro
che muoiono di fame, di sete, di
malaria, di tifo, di lebbra.
I salesiani dell'ispettoria Lom-
bardo-Emiliàna ci sono venuti tre
anni fa.
L'hanno scelta come luogo di
evangelizzazione e promozione
umana.
Si sono così stabiliti in una citta-
dina a 380 km da Addis Abeba do-
ve tutti i problemi del Sidamo sono
sintetizzati in una strada e in un
mercato.
È Dilla la cittadina di 20.000 abi-
tanti, la maggior parte dèi quali sen-
za acqua e senza luce, dove la mis-
sione salesiana, raccogliendo le per-
sone più povere, le unisèe in un cir-
condario di capanne, di malattie e
di miseria.
E i problemi di questa- gente non
si fermano solo alla dimensione
economica: alle radici di una pover-
così profonda sta la mancanza di
una cultura, di tradizioni, di unità.
Essendo Dilla infatti un crogiuo-
lo di razze diverse: dai Sidamo ai
Guji, dai Ghede'o ai Borana, vari
sono i conflitti e le discriminazioni
Paesaggio della
cittadina di DIiia.
razziali che vengono a crearsi.
È un continuo dissidio che la lot-
ta per la sussistenza incarna all'in-
terno delle stesse famiglie.
Si sviluppa così una situazione
complicata e ostica al messaggio
evangelico portatore di una visione
di vita diametralmente opposta.
È infatti utopistico pensare che
persone nate tra l'odio e la vendet-
ta, tra la miseria e la mancanza di
insegnamento possano capire subito
un messaggio di amore come quello
cristiano.
L'opera sociale diviene così il pri-
mo compito del missionario che il
salesiano rivolge in primo luogo al
giovane.
Con l'aiuto della Misereor, -
l'organizzazione tedesca che tanti
meriti ha in questo campo - i sale-
siani dell'ispettoria milanese hanno
così costruito una scuola professio-
nale per falegnami, meccanici e mu-
ratori.
È nato così anche un oratorio do-
ve i ragazzi possono giocare al cal-
cio e alJa pallavolo.

3.7 Page 27

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-----------#-
Giovani della
Ispedizione Agosto '84
con i salesiani
residenti: don Franco,
don Ello, don Angelo,
don Roberto, coad.
Gian Paolo.
I Don Roberto dinanzi
alla Scuola - Cappella
di Sulcclo.
I GENNAIO 1985 27
E lì, dove anche le antiche tradi-
zioni locali sono state cancellate
dal grande richiamo occidentale,
dove più nulla è rimasto tranne la
fame e l'epidemia, lavorano cin-
que salesiani.
Don Franco Maffezzoni, diretto-
re della missione, servitore degli
ammalati lo ricordo con i suoi oc-
chiali scuri e la sua voce tonante.
Don Elio Bonomi, barba rossa e
occhi azzurri è il parroco; il parroco
che come la necessità richiede ri-
sponde; sia in chiesa sia tra i campi
da gioco.
Don Angelo Moreschi, l'econo-
mo, ragazzone come tanti, ma con
un cuore più grande che si riflette
nei suoi gesti, nelle sue espressioni
d'allegria.
Don Roberto Bergamaschi, par-
roco delle comunità di montagna,
sereno ma al tempo stesso riflessi-
vo; lo ricordo con il suo maglione a
scacchi.
n signor Panelli, incaricato della
scuola tecnica, sempre pronto all'i-
ronia schietta.
Li ho conosciuti e forse in un
posto diverso da quello non li avrei
capiti. Insieme ad altri ragazzi ho
visto un modo nuovo di credere,
una ricerca profonda di felicità.
Mi sono conosciuto meglio; ho
scoperto di non essere poi cosi uo-
mo.
Dilla, con i suoi abitanti, con tut-
ti quei bambini scalzi e festosi, ha,
tra i tanti problemi, un messaggio
nuovo per noi.
Tra la capanna del fabbro, la ca-
sa del vecchio maestro, il mercato di
venditori ambulanti nasce ogni
giorno una lezione di pazienza, di
coraggio, di fiducia.
E attorno a questo messaggio ci
sono oggi tanti ragazzi, gli Amici
del Sidamo, che pregano e lavorano
per poter imparare la vita dei figli di
quella terra rossa e dura.
Già una trentina di loro hanno
potuto scoprire quel mondo: cono-
scere quella terra vuol dire anche
conoscere una chiesa giovane, una
religione viva, non morta; una reli-
gione che per l'uomo, per lo schia-
vo, per il sofferente è una speranza
di vita, di libertà, di guarigione.
Gaboardi Rossano

3.8 Page 28

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_ PASTORALE GIOVANILE_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _
Sicilia
I NDOSSA
UNA TUTA
E MUOVITI
I Sfilata di PGS
per le vie
del centro di Gela
(Foto Cassarà)
Oltre duemila giovani
atleti hanno partecipato
alla giornata conclusiva
di una settimana
salesiana dello sport a
Gela, in Sicilia. Che
succede nello sport
italiano? Ed a livello
locale cosa c da fare?
Il rapporto del CENSIS
1984 sullo stato sociale del Paese ha
messo in evidenza come fra le realtà
emergenti di maggior interesse ci sia
lo sport. Esso viene indicato come
un fenomeno in continua crescita
numerica e qualitativa. Perché? La
risposta è intrinseca alla stessa real-
tà sportiva ma la si può trovare an-
che in alcune indovinate scelte edu-
cative perseguite dal CONI con le
Federazioni Sportive Nazionali da
un lato e dagli Enti di Promozione
Sportiva dall'altro unitamente alla
Scuola. Avvenimenti spettacolo co-
me le Olimpiadi di Los Angeles poi
o altre competizioni hanno creato
una cassa di risonanza notevole in
grado di spingere chiunque a calza-
re le classiche scarpette, indossare
una tuta e muoversi.
Il risultato raccolto dal CENSIS
lascia certamente soddisfatti quanti
da anni si sono adoperati perché

3.9 Page 29

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-----------~-
I Si esibisce
il Clan dei ragazzi
di Catania
(Foto Cassarà)
r GCNNA/0 1985 29
ILa sala
del cinema Royal
gremita
all'inverosimile
l'attività sportiva fosse più una
componente della cultura educativa
che una episodica attività agonisti-
ca. I Salesiani sono presenti nello
sport da sempre e dal l 979 con un
Ente di Promozione Sportiva deno-
minato PGS-Polisportive Giovanili
Salesiane.
Esso nasce, com'è facile intuire,
dentro l'esperienza delle tante case
salesiane d'Italia e viene costituito
per garantire allo sport salesiano
una presenza più viva tra le struttu-
re della partecipazione sportiva del
nostro Paese.
Tra le sue finalità, come dice
l'art. 2 dello Statuto, l'Ente «pro-
muove le attività sportive, culturali,
assistenziali e ricreative, assumen-
dole come valide alla educazione fi-
sica, morale e sociale dei giovani, in
una visione cristiana della vita e del-
la società, e si ispira al Sistema edu-
cativo di Don Bosco e agli apporti
della tradizione salesiana)>.
n PGS è presente pressoché in
tutto il territorio nazionale ed è
strutturato in comitati regionali e
provinciali che sovrintendono al-
i'attività di decine di migliaia di tes-
serati.
In anni di attività l'Ente PGS ha
gestito moltissima attività e non sol-
tanto agonistica come i non « inizia-
ti» potrebbero pensare. L'indagine
promossa in collaborazione con l'I-
stituto di Sociologia dell'Università
Salesiana di Roma ha rivelato ad
esempio che l'impegno di molti tec-
nici ed animatori è molto spesso
una scelta di autentico servizio cri-
stiano cosi come attraverso decine
di Campi Scuola estivi e non, il PGS
ha incontrato formandoli, giovani
che hanno affrontato problemi non
soltanto tecnico agonisLici ma dalla
chiara collocazione pedagogica, fi-
losofica, sociologica e politica. Di-
battiti, mostre e convegni insomma
tra gli sportivi salesiani sono all'or-
dine del giorno molto più spesso di
quanto si creda: salvi, ovviamente
gli impegni di allenamenti e campio-
nati.
Siamo andati recentemente a Ge-
la in Sicilia dove il Comitato Regio-
nale presieduto da un giovane coo-
peratore salesiano il professor Enzo
Caruso in collaborazione con le Po-
lisportive Salesiane esistenti in quel-
la città ha realizzalO una Settimana
Salesiana dello Sport.
Tema di questa « sette giorni» è
stato: «Rendere lo sport un servizio

3.10 Page 30

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30 · I GE,."IA/0 1985
SI dibattono
Ii problemi
dell'informazione
spo"iva
con I ragazzi
del Liceo Eschilo
(Foto Cassarà)
realmente aperto aUa comunità, per
migliorare la qualità complessiva
della vita». La scelta di Gela come
sede della manifestazione ovvia-
mente non è stata casuale: la dispo-
nibilità dei Salesiani e delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, di un gruppo di
dirigenti locali nonché di qualche
amministratore pubblico l'hanno
favorita. Per non parlare poi che
questa città vive come nessun'altra
le contraddizioni di uno sviluppo
economico « a canguro» dove il
principale scotto è pagato soprat-
tutto da almeno trentamila dei suoi
90.000 abitanti; tanti sono infatti i
cittadini di Gela al di sotto dei ven-
ticinque anni.
E delle difficoltà di questi ragaz-
zi, della loro domanda sportiva -
sistematicamente inappagata per
mancanza di impianù sportivi, ca-
renza quest'ultima diffusa a tutto il
Sud d'ItaJia - si è discusso nel cor-
so di un dibattito svoltosi nell'Aula
Magna del Comune dove gli Asses-
sori, comunale e provinciale, hanno
risposto dando qualche tiepido se-
gnale della volontà, finalmente di
sbloccare le cose e di realizzare im-
pianti in grado di assicurare questo
che la Carta del Consiglio d'Europa
ha chiamato appunto come « il di-
ritto allo sport per tutti».
Sport, informazione ed educazio-
ne. Esiste un rapporto fra questi
termini? Quanti leggono i giornali
sportivi? Perché i giornalisti non
denunciano certi avvenimenti o ne
favoriscono altri? A questi interro-
gativi sempre nell'ambito della Set-
timana hanno cercato di dare una
risposta i giornalisti sportivi Anto-
nio Urzi e Valentino Alfieri nonché
un operatore dell'informazione co-
me il direttore del Bollettino Sale-
siano don Giuseppe Costa. Per gli
oltre duecento studenti del Liceo
Eschilo della città che hanno assisti-
to al dibattito è stata l'occasione per
riflettere sul proprio modo di avvi-
cinarsi al giornale e all'informazio-
ne. Ci sono poi stati altri dibattiti:
« lo sport dei lavoratori», tema trat-
tato dal presidente nazionale delle
Unioni Sportive ACLI, Bentandi e
« la legge quadro sullo sport e il ruo-
lo degli Enti di Promozione», tema
quest'ultimo affrontato da don Gi-
no Borgogno delegato nazionale
PGS. Certo non a tutti i dibattiti si è
avuta la stessa partecipazione e
molto spesso sono mancati all'ap-
puntamento proprio gli educatori,
genitori, insegnanti, preti, ammini-
stratori, adulti insomma quasi a
sottolineare che certi valori oggi so-
no maggiormente sentiti dalle nuo-
ve generazioni.
Fra gli ingredienti della Settima-
na non potevano mancare alcune
gare ed altri incontri di carattere
tecnico-agonistici. Tre gare, una di
basket, una di volley ed un'altra di
calcio, disputate tra formazioni lo-
cali ed altre, provenienti da Catania
e Caltanissetta, hanno aperto la ma-
nifestazione. Inoltre, grande inte-
resse ha riscosso l'incontro di ag-
giornamento per istruttori ed atleti
di pallamano condotto dal prof.
Eduard Domazet, slavo, da molti
anni consulente tecnico della FIGH.
Domai.et ha mostrato agli interve-
nuti alcuni filmati, didatùcamente
validissimi, sugli ultimi «Mondiali»
di pallamano, svoltisi di recente in
Italia.
L'ultimo giorno, domenica 25
novembre, ha visto confluire a Gela
da tutta la Sicilia ben 2500 aderenti
alle PGS che hanno in tal modo vo-
luto esprimere pubblicamente la lo-
ro adesione allo sport salesiano ed a
tutto quello che significa in termini
educativi, sociali ed ecclesiali cosi
come ha voluto sottolineare il dele-
gato regionale di pastorale don Gi-
no Perrelli presiedendo l'Eucarestia
della domenica. Dopo una festosa e
coloratissima sfilata per le strade
del centro cittadino, i partecipanti si
sono raccolti al cinema Royal; qui
hanno dato il loro saluto ufficiale il
presidente nazionale del PGS prof.
Giuseppe Bracco, venuto da Tori-
no, il delegato regionale del CONI
dott. Orlandi - che ha tenuto a
precisare la sua « ex-allievità salesia-
na» - ed il professor Caruso, pre-
sidente regionale, che ha distribuito
premi e medaglie per... tutti ricor-
dando due cifre significative: le
PGS in Sicilia hanno 72 polisportive
e 11.000 tesserati.
Certamente manifestazioni del
genere non risolvono problemi anzi
spesso ne creano. È chiaro tuttavia
che esse rappresentano una mancia-
ta di idee che se raccolte possono
far nascere iniziative più sistemati-
che ed in grado di dare spinte più
incisive ed efficaci alle stesse agen-
zie educative oltre che all'intero ter-
ritorio nel quale vivono le Opere sa-
lesiane.
Salvo Laudani

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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y1_ _ STORIA SALESIANA_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
I GENNAIO 1985 31
S ulle
tracce
diun
sogno
L primo sogno
missionario
Negli anni 1869-70 il
Concilio Vaticano I contribuisce
notevolmente allo sviluppo delle
missioni cattoliche. Vescovi delle
Americhe, dell'Africa e dell'Asia
approfittarono della venuta in Italia
(dove il clero era dottissimo rispetto
alle loro regioni) per arruolare preti
e suore per le loro diocesi.
Anche a Valdocco giunsero do-
mande concrete, da parte di mons.
Barbero per la diocesi di Hyderabad
(India) e di mons. Alemany vescovo
in California. Era il 1870. Don Bo-
sco non accettò, forse si sentiva an-
cora impreparato.
Intorno al 1872, Don Bosco fa un
sogno drammatico. Lo narra prima
al Papa Pio IX, nel marzo del 1876.
La sensibilità ecclesiale
di Don Bosco ha una
prova tangibile nelle
spedizioni missionarie dei
suoi figli. Teresio Bosco
rievoca il clima spirituale
di quegli anni.
Poi, confidenzialmente, ad alcuni
dei suoi giovanissimi Salesiani. Due
di essi, don Barberis e don Lemoy-
ne, ne presero nota accuratamente.
Don Barberis lo senti prima raccon-
tare da don Bodrato, a cui DB lo
aveva riferito confidenzialmente.
Due giorni dopo DB lo raccontò an-
che a lui. Non disse nulla, e così
poté confrontare le due ,<edizioni».
La redazione di don Barberis è nelle
Memorie Biografiche X,54. La con-
denso.
« Mi parve trovarmi in una regio-
ne selvaggia, un'immensa pianura.
Alle estremità lontanissime la profi-
lavano scabrose montagne. Turbe
di uomini la percorrevano: statura
straordinaria, aspetto feroce, larghi
mantelli di pelli di animali, per armi
una lunga lancia e la fionda. Alcuni
si combattevano fra loro, altri veni-
vano alle mani con soldati vestiti al-
1'europea. Ed ecco spuntare all'e-
li Card.
Giovanni Cagliero
stremità della pianura missionari di
vari ordini. Si avvicinavano per pre-
dicare. 1 barbari, appena li vedeva-
no, tutti li uccidevano con ferocia.
Dissi tra me: "Come fare a conver-
tire gente così brutale?". Intanto
vedo in lontananza un drappello
d'altri missionari che si avvicinava-
no con volto ilare, preceduti da una
schiera di giovinetti. lo tremava:
"Vengono a farsi uccidere". Li ri-
conobbi per nostri Salesiani. I primi
mi erano noti, non ho potuto cono-
scere personalmente molti altri che
seguivano. Ma erano anch'essi mis-
sionari salesiani, proprio dei nostri.
Non avrei voluto lasciarli andare
avanti, quando il loro comparire
mise in allegrezza tutte quelle turbe
di barbari. Abbassarono le armi,
accolsero i nostri Missionari con
cortesia. Li istruivano, ed essi ascol-
tavano volentieri; insegnavano ed
essi imparavano con premura. Reci-
tavano il santo Rosario. l selvaggi
di buon accordo rispondevano a
quella preghiera. Ed ecco uno dei
Salesiani intonare: "Lodate Ma-
ria". e quelle turbe continuare il
canto. Mi svegliai ».
Il sogno dell'immensa pianura
ebbe un peso notevolissimo nella vi-
ta di DB. Possiamo affermare che
essa sta alle Missioni Salesiane come
il sogno dei 9 anni sta alla Congrega-
zione Salesiana. In esso DB vede in-
dicati lo stile, le persone, il luogo
preciso delle prime spedizioni.
Lo stile è indicato da tre partico-
lari: «volto ilare», <<preceduti da
una schiera di giovinetti», « recita-
vano il Rosario ».
L'allegria semplice, fondata sulla
sicurezza di essere nelle mani di
Dio, farà superare ai Missionari si-
tuazioni al limite del dramma e del-
la tragedia.
L'iniziare dai ragazzi non solo
attirerà su di loro le simpalie, ma
li renderà gli uomini del futuro,
perché puntano sulle generazioni
nuove.

4.2 Page 32

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32 · 1 GENNAIO 1985
La devozione alla Madonna ma-
dre della Chiesa e di ogni singolo
cristiano, questo valore popolare e
semplice di cristianesimo, sarà uno
dei segreti del successo, anche negli
ambienti più difficili.
Il luogo preciso, per le prime spe-
dizioni, DB comincia da questo mo-
mento a cercarlo. Racconta: « Gli
uomini nerastri del sogno, dappri-
ma credevo fossero africani dell'E-
tiopia. Ma dopo aver interrogato
persone che conoscevano quei luo-
ghi lasciai questo pensiero. Poi mi
fermai su Hong-Kong, isola della
Cina. Passai quindi a vagheggiare le
missioni dell'Australia. Per uno
sbaglio singolare mi persuasi a un
ceno punto che il sogno riguardasse
le Indie... ».
C'era UD particolare che Don Bo-
sco ricercava testardamente sulle
carte geografiche, per scoprire il
« luogo segnato da Dio». Lo ricor-
da don Amadei, uno dei più attenti
biografi del santo: «Nel campo d'a-
postolato visto in sogno, aveva con-
templato due fiumi all'entrata d'un
vastissimo deserto, che non riusciva
a rintracciare nelle carte geografi-
che che andava pazientemente esa-
minando: e venne a riconoscere che
erano il Rio Colorado e il Rio Ne-
gro nella Patagonia solamente
quaod'ebbe in Torino il primo col-
loquio col commendatore Giovanni
B. Gozzolo ... Ricordo di aver visto
io stesso uno dei vecchi atlanti esa-
minati da Don Bosco.
La domanda concreta
arriva a Natale
Riflettendo su questi avvenimen-
ti, Pietro Stella commenta: « Risul-
ta chiaro l'orientamento di Don Bo-
sco, alla ricerca di una via per l'e-
spansione della sua opera fuori
d'Europa. Egli pensa e sogna le
missioni nel senso più stretto, in
partibus infidelium; e nel suo più
romantico di allora: tra popoli cru-
deli e selvaggi ... In Argentina egli
aveva i selvaggi, anzi: i suoi selvag-
gi ... Selvaggi era parola magica, che
suscitava l'interesse e la curiosità...
Clima di leggenda circondava i sei-
I Volti ed immagini
di vita missionaria
in Africa
vaggi della Patagonia, descritti dai
più antichi esploratori come gigan-
ti; riprodotti, ancora nel secolo de-
cimottavo dalla fantasia dei dise-
gnatori di libri di viaggi, come co-
lossi ai quali gli europei coi loro tri-
corni arrivavano appena al di sopra
della cintola, quasi all'altezza dei
neonati indigeni» (1,169).
La domanda concreta di fonda-
zione arrivò a Valdocco alla fine del
1874. DB la lesse al Capitolo Supe-
riore la sera del 22 dicembre. La
proposta era duplice: assumere a
Buenos Aires una parrocchia popo-
lata di immigrati italiani.; e far fun-
zionare in San Nicolas un collegio
per ragazzi da poco terminato. San
Nicolas era un centro molto impor-
tante.
DB rispose in Argentina artico-
lando il programma non in due ma
in tre punti. Primo: avrebbe inviato
alcuni preti a Buenos Aires per co-
stituire, nella parrocchia assegnata,
il punto-base dei Salesiani in Ameri-
ca. Essi si sarebbero impegnati
«specialmente per la gioventù pove-
ra e abbandonata, catechismi, scuo-
le, predicazioni, oratori festivi».
Secondo: in UD tempo seguente
avrebbero assunto l'opera di S. Ni-
colas. Terzo: da queste prime due
basi avrebbero potuto « essere altro-
ve inviati». In questo terzo punto
DB racchludeva e quasi velava il
suo disegno di «raggiungere al più
presto i popoli selvaggi».
Era stato cosi delineato in termini
pratici e concreti un metodo parti-
colare di evangelizzazione rnissiona.
ria: i Salesiani non si sarebbero lan-
ciati tra le tribù lontane da ogni ci-
viltà, ma avrebbero creato delle basi
in territorio sicuro, lavorando tra
gli emigranti italiani numerosissimi
io Argentina, e veramente bisognosi
di assistenza religiosa e morale. Di
sarebbero partiti per intraprendere i
loro tentativi apostolici « di prima
linea».
À ccendere la fantasia
per sollecitare vocazioni
Racconta don Ceria negli « Anna-
li della Società Salesiana» (1,248
seg.): « Allora DB, senza lasciar tra-
pelare nulla in essa, preparò un bel
colpo di scena. La sera del 29 gen-
naio 1875, festa di S. Francesco di
Sales, fa radunare artigiani, studen-
ti e confratelli nella sala di studio,
dov'era stato eretto un palco. Vi sa-
le Don Bosco, il console Gazzolo

4.3 Page 33

▲back to top
-----------#-
vestito della sua pittoresca unifor-
me, i componenti del Capitolo Su-
periore e i direttori delle Case Sale-
siane. All'assemblea attentissima,
DB annuncia che, con l'approvazio-
ne del Papa, i primi Salesiani sareb-
bero partiti per le rnissionj dell' Ar-
gentina meridionale. Quelle parole
non suscitarono timore per i rischi
di un'impresa che poteva sembrare
temeraria, ma entusiasmo inconte-
nibile tra i giovani e tra i Salesiani».
Eugenio Ceria commenta: «Era
stato gettato un fermento nuovo tra
allievi e giovani salesiani. Si videro
moltiplicarsi le vocazioni allo stato
ecclesiastico; crebbero sensibilmen-
te le domande di ascriversi alla Con-
gregazione, e l'ardore dell'apostola-
to s' impadronì di molti)>. E così
continua: « Per giudicare l'impres-
sione prodotta, noi dobbiamo ri-
portarci a quei tempi, quando la
Congregazione aveva ancora l'aria
di una famiglia strettamente accen-
trata attorno al suo Capo. Lo slan-
cio dato quel giorno alla fantasia
portò all'improvviso a immaginare
orizzonti sconfinati, e ingigantì in
un istante il già grande concetto che
si aveva di Don Bosco e della sua
Opera. Cominciava veramente per
l'Oratorio e per la Società Salesiana
una nuova storia)> (Annali, 1,248
seg.).
Il 5 febbraio, DB dava l' annuncio
della prima partenza missionaria a
tutti i Salesiani che risiedevano fuo-
ri Valdocco. La sua circolare prega-
va i volontari di presentare doman-
da scritta. L'entusiasmo si moltipli-
cò. Quasi tutti si offrirono candida-
ti per le missioni.
Vorrei che fissassimo un attimo
l'attenzione suJJe parole di don Ce-
ria: « Lo slancio dato quel giorno
alla fantasia ... ». Finora ho detto
cl1e DB cercò ru preparare nei suoi
la « disponibilità totale fondata sul-
la fede)), qualità base di una missio-
nario. A questo punto, DB non ha
paura a destare, quasi a scatenare
con una scena solenne, su un palco,
lo «slancio della fantasia)>, il senso
dell'avventura che desta interesse e
curiosità. Uno slancio di fantasia
senza disponibilità, porterebbe un
missionario al fallimento, lo tra-
sformerebbe in un avventuriero.
Ma è ugualmente vero che nei gio-
vani una disponibi)jtà coltivata a
lungo, che non sia accoppiata allo
slancio della fantasia, rimane mor-
tificata, appiattita. DB non ha pau-
ra ad unire queste due doti, per sol-
lecitare vocazioni, e vocazioni au-
tentiche, alla vita salesiana e alla vi-
ta missionaria.
Oso domandarci: come accendia-
mo oggi lo slancio della fantasia,
l'entusiasmo, il senso dell'avventu-
ra dei nostri giovani? Occorre lavo-
rare in profondità per costruire le
doti-base: la disponibilità, la fede.
Ma contemporaneamente dobbia-
mo destare l'entusiasmo: non pos-
siamo ignorare i meccanismi menta-
li dell'età giovanile. Non abbiamo
nelle nostre scuole dei vecchietti sa-
pienti, abbiamo dei giovani!
Ci sono degli splendidi missionari
che arrivano a Valdocco e vanno su
e giù per i cortili, disorientati, senza
sapere che fare. E poco lontano ci
sono nostre scuole con centinaia di
giovani ...
Ore 16, addio
nel Santuario
Le spedizioni missionarie che DB
organizzerà nella sua vita saranno
undici. Ma nessuna supererà l'entu-
siasmo e la febbre della prima. Tra i
salesiani che risposero in massa al
1 GENNAIO /985 33
suo invito, fissò la sua scelta su sei
preti e quattro coadiutori. Capo
della spedizione sarebbe stato Gio-
vanni Cagliero, il ragazzo su cui
aveva visto un giorno lontano cur-
varsi due indi giganteschi color del
rame. Aveva 37 anni, ora, ed era
difficile immaginare l'Oratorio sen-
za questo prete di un'attività esube-
rante. Laureato in teologia, era il
professore dei chierici, l'insuperabi-
le maestro e compositore di musica,
direttore spirituale delle FMA. Sa-
rebbe stato una perdita molto gra-
ve. Eppure DB se ne priva perché
vede in lui il solido fondamento di
questa tappa importante della sua
Opera. Un altro sacerdote di valore
che partiva era don Fagnano, ex-
soldato di Garibalru. Ma tutti svol-
gevano mansioni importanti all'O-
ratorio, tanto che « parecchi dura-
vano fatica a persuadersi che la spe-
dizione si sarebbe davvero fatta»
(MB 11,155). « Il coaruutore Bel-
monte, per esempio, incaricato di
badare agli ospiti, che nell'Oratorio
si succedevano quotidianamente,
mezz'ora prima della partenza eser-
citava ancora le sue funzioni, talché
se non gli si fosse ricordato di con-
segnare le chiavi, le avrebbe portate
in America» (ib.).
DB compie un grosso atto di fede
nel privarsi di questi collaboratori.
Ma vorrei che fissassimo l'attenzio-
ne anche sulla fede di questi parten-
ti. I viaggi intercontinentali, a quel
tempo, erano ancora molto ruversi
dai nostri. Avventurarsi su una na-
ve in partenza per l'America era
una faccenda che molti chiamavano
ancora « una pazzia». Si lasciava al-
le spalle una vita: parenti, amici,
abitudini, lingua, per andare a ri-
farsene un'altra in terre completa-
mente ignote, con poche speranze di
rivedere chi si lasciava. Questi dieci
salesiani giocavano la loro vita su
una parola di Don Bosco, per la fi-
ducia e l'amore che avevano per lui
e per la Congregazione. Dobbiamo
ricordare con molto affetto questi
nostri confratelli, anche se un paio
di loro non furono poi molto esem-
plari.
L' 11 novembre di quel 1875, nel
Santuario di Maria Ausiliatrice, DB
diede loro l'addio. Alle 16 la chiesa
era traboccante di persone. Non
c'era l'Arcivescovo mons. Gastaldi.

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34 · 1 GENNAIO 1985
L'attrito tra lui e la Congregazione
Salesiana stava passando una delle
fasi più dolorose. Al termine dei ve-
spri, DB salì sul pulpito, e tracciò ai
suoi primi figli che partivano il pro-
gramma della loro azione futura:
- in un primo tempo si sarebbe-
ro occupati dei loro compatrioti
emigrati in Argentina: «Vi racco-
mando con insistenza particolare la
posizione dolorosa di molte fami-
glie italiane... Voi troverete un
grandissimo numero di fanciulli e
anche di adulti che vivono nella più
deplorevole ignoranza del leggere,
dello scrivere e di ogni principio re-
ligioso. Andate, cercate questi no-
stri fratelli, che la miseria e la sven-
tura portò in terra straniera». (Il
primo pensiero, iJ posto privilegiato
dell'azione salesiana, al di qua e al
di deJl'oceano, è sempre identico:
i poveri, gli emarginati, gli abban-
donati);
- Poi avrebbero intrapreso l'e-
vangelizzazione della Patagonia:
« In questo modo noi diamo princi-
pio ad una grande opera... chi sa
che non sia questa partenza come
un seme da cui abbia a sorgere una
grande pianta>> (MB 11,383).
20 ricordi
tracciati a matita
Al termine, DB diede ai partenti
il suo abbraccio paterno. <(La com-
mozione giunse al colmo quando i
dieci missionari traversarono la
chiesa, passando in mezzo ai giova-
ni e ai conoscenti. Si faceva ressa
per baciar loro le mani e le vesti>>
(MB 11,389). Ognuno dei partenti
aveva con sé un foglietto con «venti
ricordi speciali>> scritti da DB. Li
aveva tracciati a matita nel suo tac-
cuino durante un recente viaggio. A
questi salesiani che vanno lontano,
a iniziare una tappa fondamentale
per la Congregazione, alcuni dei
quali non vedrà mai più suJla terra,
DB confida in questi ricordi le sue
preoccupazioni fondamentali. C'è
una paternità accorata che li avvol-
ge e li rende una deJle unità più si-
gnHicative di DB. Li abbfamo nel-
l'appendice delle Regole rinnovate
(pg. 281-2). Ricordo qui i IO che mi
sembrano i più immediati:
I . Cercate anime, ma non dana-
ri, né onore, né dignità.
2. Prendete speciale cura degli
ammalati, dei fanciuJli, dei vecchi e
dei poveri, e guadagnerete la bene-
dizione di Dio e La benevolenza de-
gli uomini.
12. Fate che il mondo conosca
che siete poveri negli abiti, nel vitto,
nelle abitazioni, e voi sarete ricchi
in faccia a Dio e diventerete padroni
del cuore degli uomini.
13. Fra di voi amatevi, consiglia-
tevi, correggetevi, ma non portatevi
mai né invidia rancore, anzi il
bene di uno sia il bene di tutti; le
pene e le sofferenze di uno siano
considerate come pene e sofferenze
di tutti, e ciascuno studi di allonta-
narle o almeno mitigarle.
15. Ogni mattino raccomandate
a Dio le occupazioni della giornata,
nominatamente le confessioni, le
scuole, i catechismi, e le prediche.
16. Raccomandate costantemen-
te la divozione a Maria Ausiliatrice
ed a Gesù Sacramentato.
17. Ai giovanetti raccomandate
la frequente Confessione e Comu-
nione.
18. Per coltivare le vocazioni Ec-
clesiastiche insinuate: 1° Amore al-
la castità; 2° Orrore al vizio oppo-
sto; 3° Separazione dai discoli; 4°
Comunione frequente; Usate con
loro carità, amorev6Jezza e benevo-
lenza speciale.
19. Nelle relazioni, nelle cose
contenziose, prima di giudicare si
ascoltino anche le parti.
20. Nelle fatiche e nei patimenti
non si dimentichi che abbiamo un
gran premio preparato in cielo.
AMEN. {Annali 1,255).
Un mese dopo, il 14 dicembre, i
primi Salesiani sbarcavano a Bue-
nos Aires. L'avvenire si profilava
non facile, ma don Cagliero porta-
va con un foglietto su cui DB gli
aveva scritto: <(Fate quello che po-
tete: Dio farà quello che non possia-
mo fare noi. Confidate ogni cosa in
Gesù Sacramentato e in Maria Au-
siliatrice, e vedrete che cosa sono i
miracoli».
Termino con l'invito a una rifles-
sione sui ricordi di DB ai suoi primi
Missionari. Ad esaminarli bene, so-
no una esemplificazione semplice e
concretissima del metodo e della
spiritualità salesiana. Ci stanno tut-
ti nel nostro trinomio fondamenta-
le: Ragione, Religione, Amorevo-
lezza, eccetto due: il richiamo acco-
rato alla povertà e l'invito a coltiva-
re le vocazioni. Povertà, Vocazioni:
due valori che, man mano che la vi-
ta di DB procede, si aggiungono
sempre più esplicitamente ai prece-
denti fondamentali valori salesiani
di Ragione, Religione, Amorevolez-
za.
Questi ricordi possono formare
una concreta e salesiana traccia di
esame di coscienza, per noi oggi,
per tutti sempre.
- Le anime, le persone dei no-
stri giovani, sono l'unica nostra
preoccupazione? Il denaro, l'onore,
le dignità, sono cose su cui sappia-
mo sorridere?
- Le nostre predilezioni concre-
te sono per i confratelli malati, an-
ziani, e per i giovani poveri e emar-
ginati?
- Siamo poveri nel vitto, negli
abiti, nelle abitazioni?
- Tra di noi ci amiamo, cioè ci
consigliamo, correggiamo, non ci
poniamo invidia né rancore? n
bene dei confratelli è il nostro bene?
Le sofferenze di uno sono quelle di
tutti?
- Tra le faccende che racco-
mandiamo a Dio, banno il primo
posto (cioè consideriamo come cose
più importanti delJa nostra giorna-
ta) le confessioni, la scuola, i cate-
chismi e le prediche?
- Incoraggiamo la Confessione,
la Comunione, la devozione alla
Madonna e a Gesù Eucarestia? E
questo con costanza?
- Ci-preoccupiamo di coltivare
le vocazioni? E questa preoccupa-
zione si traduce in amore alla casti-
tà, separazione delle possibili voca-
zioni dai compagni cattivi, comu-
nione frequente, amorevolezza spe-
ciale per i giovani possibili candida-
ti?
- Nelle questioni grandi e picco-
le, qualunque grado di autorita ab-
biamo, sappiamo ascoltare tutte e
due le parti prima di dar torto o ra-
gione?
- Viviamo di fede, guardando
al cielo quando c'è da faticare e da
soffrire?
Teresio Bosco

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I GENNAIO 1985 35
I NOSTRI
SANTI
j
IAPEVREVEOSPBOCRRRmEOLA SITUAZIONE
Genitori felici di un bellissimo bambino,
sentiamo il dovere di ringraziare pubblica-
mente, come promesso, San Domenico
Savio.
La gravidanza si presentava problemati-
ca per disturbi di pressione, che avrebbero
potuto compromettere l'incolumità della
madre e del nascituro. Ci affidammo fidu-
ciosi alla protezione del Santo, oltre che al-
le cure mediche. La nascita avvenne felice-
mente.
Agostino gode oggi di ottima salute e al-
lieta il nostro matrimonio.
Lettera firmata Rosà
NON RIUICIVAIIO
A TROVARE CASA
Sono grata a tutti I Santi salesiani ed In
particolare a Maria Ausiliatrice per avermi
concesso molte grazie.
Recentemente poi mi sono rivolto alla
Madonna, perché pur essendo aiutati da
tanti amici non riuscivamo a trovare casa.
Cl riuscimmo soltanto allora e ne ringrazio
Maria Ausiliatrice.
Lettera firmata - Brancaleone (RC)
1 NATA UNABAIIBINA
I IIL MEDICO ESCLAMO·
11. -....a...........a...----------------....J •l UN MIP..ACOLO• .
A causa di una serie di incresciose circo-
stanze, temevo di aver irrimediabilmente
compromessa la mia quarta gravidanza.
Avevo già vissuto una triste esperienza con
la prima conclusasi poi con la nascita di un
bimbo morto. Fu allora che mi ricordai d'a-
ver letto sul •Bollettino Salesiano• che mio
marito riceve in quanto exallievo, delle nu-
merose grazie avvenute per intercessione
di San Domenico Savio.
Feci presente la mia angosciosa situa-
zione e tutti i miei timori ad una suora resi-
dente a Torino che si premurò di inviarmi il
cosiddetto «Abitino•. Lo misi al collo por-
tandolo anche in sala parto.
Ebbene senza alcuna difficoltà è nata
una meravigliosa e sana bambina. Debbo
confessare che non avevo molta fiducia ma
ora eccomi qui a ricredermi. Spero che San
Domenico Savio ml aiuti come mamma a
saper educare i miei figli.
Velentini Maria Giuseppina - Avezzano
_I
Neglì ultimi tempi mi sono rivolta a Laura
Vicuììa perché, attraverso la sua interces-
sione, la famiglia di mia sorella raggiunges-
se nuovamente la pace e una certa stabili-
tà, dopo un periodo burrascoso.
A distanza di mesi molti scogli sono stati
superati. Mi auguro che la cara Laura con-
tinui a proteggere i miei cari e chiedo al
Signore di ispirare loro pensieri di pace e
perseveranza nel bene.
E. S. - Trieste
Sono ammalata da sei anni. Due volte
sono stata colpita da infarto. Nel novembre
del 1983 le mie povere gambe si ridussero
ad un insieme di piaghe. Il medico non ave-
va molte speranze. Cominciai la novena a
S. Giovanni Bosco. Venti giorni dopo, VE\\•
nendomi a visitare, Il medico esclamò: •E
un miracolo•. Le gambe erano guarite.
Continuo a migliorare e ho fiducia che Don
Bosco mi ottenga la grazia completa.
Grazia Lombardo S. Cataldo (CL)
1=~
Sono una ex-allieva salesiana ed una as-
sidua lettrice del -Bollettino•. Vorrei che
pubblicaste la grazia ricevuta il 23 luglio.
Premetto che prima di iniziare un viaggio
in macchina chiedo con la preghiera la pro-
tezione di Maria Ausiliatrice e di San Gio-
vanni Bosco.
Ero di ritorno con mio marito e due nipo-
tini dall'aver fatto visita ad una mia sorella
suora. Uno del nipotini soffre la macchina
ed il nonno P.Ur essendo al volante cerca di
rincuorarlo. E un attimo: perduto il control-
lo della macchina finiamo, capovolti, in un
canneto. Abbiamo provato uno spavento
tremendo ma siamo usciti indenni dall'abi-
tacolo e senza l'aiuto dì nessuno. Ringra-
zio la Madonna e San Giovanni Bosco e li
prego soprattutto per i miei amati nipotini.
Ringrazio per l'ospitalità che mi darete sul
«Bollettino•: lo leggo sempre con tanto
piacere.
Carboni Agnese - Castelletto Molina
Nel novembre dello scorso anno, avevo
scritto per esporre la situazione del mio ni-
potino Massimo che doveva essere opera-
to per osteoma e per chiedere a Voi pre-
ghiere. Nello scrivere mi ero promesso di
inviare l'offerta per una borsa di studio,
qualora al mio nipotino gli fosse stata evita-
ta l'operazione. Essa invece c'è stata, ma
grazie a Dio, è andata bene ed ora Massi-
mo è quasi guarito, per cui voglio ringrazia-
re la Vergine Santa, S. Giovanni Bosco e
S. Domenico Savio per l'aiuto concesso e,
contemporaneamente, voglio ringraziare
anche Voi per le preghiere rivolte ai Santi
salesiani.
Graziano Scudu - Vil/agrande
~ AL TREDICESIMO
ANNO DI M A ~
Pur avendo consultato tanti dottori, al
tredicesimo anno di matrimonio ancora
non arrivava nessun bambino. A chi ci
spingeva a pregare Domenico Savio ri-
spondevamo: • Se non ci sono riuscili i me-
dici (anche se non lo hanno mai escluso).
possibile che Domenico pensi proprio a
noi?•.
Finché un giorno ci convincemmo e
prendemmo l'abitino di Domenico Savio.
Andammo anche direttamente a Torino per
chiedere la grazia e pregammo con tanto
fervore dinanzi all'urna del Santo.
Tornammo a casa: era il 14 novembre
1982. Esattamente un anno dopo tornava-
mo di nuovo a casa, lasciando la clinica.
Con noi era Fabio, un bambino bellissimo.
Non finiremo mai di essere riconoscenti a
Domenico Savio e appena possibile andre-
mo a Torino con il nostro bambino.
Coniugi Torrisl - Caprino (VR)
I"STATA UN'ISPIRAZIONE
Anziana, sola in casa, sofferente di dia-
bete e di cuore, attribuisco a S. Domenico
Savio la prontezza di spirito con la quale,
una notte, sentitami male, telefonai al
Pronto Soccorso: la provvidenziale urgente
assistenza ricevuta ha evitato il coma dia-
betico e un infarto molto più grave di quello
che ho sofferto. Commossa e riconoscente
partecipo questo segno di una particolare
predilezione.
Francesca Sulas - Nuoro

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AMBRA GENTILE -
GAETANO BARLETTA
Padre e figlia, Collana «Educa-
re oggi•, SEI, Torino, 1984,
pp. 114, L. 12.000.
In chiave psicologica e peda-
gogica, l'autrice di questo libro
affronta la grande tematica del
rapporto tra padre e figlia al fine
di comprenderne le profonde in-
terrelazioni e favorire la struttu-
ra familiare, tante volte vacil-
lante.
In una prima, originale, parte
viene offerto uno studio accura-
to sul rapporto padre-figlia sia
nella mitologia che nella lettera-
tura fiabesca. Nella seconda
parte, più a sfondo psicologico,
viene ripercorsa la storia di vita
di queste due figure: dall'atteg-
giamento dinanzi alla eventuale
nascita di una figlia alla reazio-
I
c~~-
X ,t
PADRE
E FIGllA
Nonni e nipoti. Significato di
una relazione, Collana «Educa-
re oggi•, SEI, Torino, 1984,
pp. 188, L. 18.000.
Il problema degli anziani sta
suscitando ovunque interesse:
gli anni '80 infatti presentano at-
teggiamenti e comportamenti
nuovi in coloro che si awiano
decisamente verso l'età avanza-
ta. Chi diviene anziano oggi ha
vissuto, nell'età adulta, il dissol-
vimento della famiglia patriarca-
le; il suo passato è legato (più
nell'area urbana, meno in quella
rurale) ad eventi innovativi e
partecipativi (guerra, resisten-
za, ricostruzione, benessere
economico, lotte sindacali, mu-
tamenti di valori, urbanizzazio-
ne, sicurezza sociale, moderniz-
zazione ed omogeneizzazione
della società italiana, crisi post-
industriale con crisi di sicurezza
a livello economico, uso più va-
rio del tempo sociale e spesso
più qualificato sul piano delle
conoscenze, adeguamento
sempre più attivo a nuovi compi-
ti, autorealizzazione ed autole-
gittimazione nel comportamen-
ti). Soprattutto l'anziano di oggi
ha vissuto il fenomeno di espul-
sione dal mondo produttivo e
quindi si presenta con la consa-
pevolezza del rischio di emargi-
nazione e con una capacità per-
sonale maggiore di fare fronte
alla vita In modo autonomo e
personale.
inte-1 ne in occasione di conflitti affet-
tivi. Ne emerge un quadro
ressante, sul quale soffermarsi
con calma, meditandone gli ele-
menti problematici: le figlie, ad
esempio, rimproverano frequen-
temente ai padri di vivere solo in
funzione del lavoro; rifuggono i
padri intellettuali, i padri ideolo-
gici, I padri «partito•, i padri-
padroni; chiedono un padre in
carne ed ossa, che sia alla loro
stessa altezza per poterle guar-
dare negli occhi. Il padre, dal
canto suo, può maturare insie-
me alla figlia se è disposto ad
accettarla, osservarla, ascoltar-
la, amarla. E un padre che ama
non solo dà, ma si dà, coinvol- Il volume di Gaetano Barletta,
gendo se stesso In prima perso- psicologo e docente all'Univer-
na nella relazione affettiva. E sità di Pisa, Intende ripercorrere
cosi il padre può sperimentare il senso di questa «presenza
la gioia di «essere educato• dal- nuova• degli anziani da un'otti-
la figlia ogni qualvolta ella lo ca tutta particolare: quella dei
esorta con la sua presenza a vi• bambini. In una ricerca pilota,
vere nel presente senza fossiliz- condotta su 1800 bambini di tre
zarsi nel suo personale passato. differenti aree geografiche (ur-
bana, in transizione, rurale), egli
ha fatto emergere l'immagine
che essi hanno degli anziani at-
traverso questionari, interviste,
disegni.
Dallo studio, accuratamente
condotto, si possono intravede-
re possibilitàdi recupero della fi-
gura del nonno e del significato
che può avere nella relazione
tra i membri giovani della fami-
glia. E possono essere utilmen-
te ricavate indicazioni pedago-
giche per un intervento educati-
vo che aiuti ognuno di noi a
guardare con maggiore speran-
za il futuro e a invecchiare
diversamente.
E SE CANTASSIMO Ul PACE?
Nel 1955 Albert Einstein, Ber- ma si può dire che abbia fatto
trand Russell e altre celebri per- scuola a una larga schiera di
sonalità operanti nel mondo del- epigoni sparsa in tutto il mondo,
la scienza e della filosofia deci- sfruttando ora la tematica pacifi-
sero di inviare alle maggiori po- sta, ora quella politica e sociale
tenze economiche e militari un ora quella religiosa (Dylan è di
messaggio di pace del quale vo- famiglia ebrea). Appena ventu-
gliamo qui riportare un breve nenne componeva •Blowin' in
passo: • ... oggi è possibile co- the Wind• per chitarra e armoni-
struire una bomba 2500 volte ca, amara riflessione sulla guer-
più potente di quella che di- ra consegnata a uno stlle scar-
strusse Hiroshima. Alla sua uti- no ed essenziale che trascen-
lizzazione bellica conseguireb- dendo qualsiasi polemica di par-
be una morte immediata solo te spira un accorato anelito alla
per una minoranza, laddove l'u- pace.
manità superstite andrebbe in- Anche i «Beatles• contribui-
contro ad una morte lenta e scono a diffondere negli anni
penosa•.
'60 ideali di pace e fratellanza
Il primo grande appello per la attraverso un sound melodico e
pace lanciato dal mondo della accattivante non esente talvolta
musica si può invece ritenere da un'estrosità sperimentale e
l'Importante manifestazione di da una furberia di marca britan-
Woodstock, cittadina dello stato nica. Un altro gruppo inglese
di New York, dove ben cinque- quello dei •Clash•, di tendenze
centomila giovani si riunirono il roccheggianti, si schiera con de-
21 agosto del 1969 per celebra- cisione contro la politica dei due
re i •tre giorni di pace, amore e blocchi rifiutando il duplice neo-
musica•: presero parte al colos- colonialismo sovietico e ameri-
sale Happening i più famosi mu- cano a favore di una pace che
sicis1i del momento da David trovi il suo punto d'appoggio nel
Crosby, Stephen Stllls, Graham disarmo unilaterale. Di recente
Nash e Nei! Young al Santana, formazione sono gli •U TWO•:
Jimi Hendrix, Arlo Guthrie ma sorto appena nell'80 è un grup-
soprattutto Joan Baez regina in- po irlandese che si professa cat-
contrastata del folk americano. tolico ed è molto impegnato a
Figlia di un fisico di origine mes- contrastare il passo alla violen-
sicana· subi di persona la discri- za intesa sia in una prospettiva
minazione razziale riservata al morale che ln quella fisica.
meticci: da questa esperienza e In Italia a parte i cantanti cri-
dallarealtà della guerra nel Viet- stiani che meriterebbero un di-
nam trasse la linfa che sostan- scorso a sé come per esempio i
zia le sue canzoni ispirate a un vari Giosy Cento, Renato D'An-
Ideale· di pace e di non-violenza drea, Chiara Grillo e cosl via di-
ed espresse dalla semplicità di scorrendo, forse il cantautore
una voce incantevole appena che più ha insistito sul tema del-
accompagnata da una chitarra la pace è Fabrizio De André: al-
acustica. Sempre della Baez ri- cuni altri hanno appena sfiorato
cordiamo Il suo celebre •We il problema, mentre la maggior
shall overcome• divenuto l'inno parte sembra averne eluso l'esi-
delle manifestazioni pacifiste stenza. Non è un po' troppo po-
negli Stati Uniti.
co per una schiera musicale tan-
Robert Zimmerman, In arte to folta come quella italiana?
Bob Dylan, è ìl simbolo della
canzone di protesta americana
Sergio Centofantl

4.7 Page 37

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- - - - - - -- - -- # -
ROSANNA BENZI
Il vizio di vivere, a cura di Save-
rio Paffumi, Rusconl, Milano,
1984, pp. 140, L. 10.000.
«Se fosse mia figlia la porterei
subito a Genova. Domani matti-
na la bambina non respirerà più.
Avrà bisogno di un polmone
d'acciaio e voi non farete più in
tempo•. Fu con questo verdetto
drastico e definitivo che iniziò il
21 marzo 1962 l'esperienza in-
credibile di Rosanna Benzl: da
allora la poliomielite la costringe
a vivere in una nuova «casetta•,
che sbuffa continuamente e le
consente di vivere, di lavorare,
di amare, di impegnarsi, di far
circolare idee e progetti.
Costretta da 22 anni in un poi•
mone d'acciaio, che le lascia fl.
bera solo la testa, Rosanna non
si è abbandonata a cupe malin•
conle, a rimpianti o a geremiadi,
ma ha recuperato tutta la sua
forza per vivere ln maniera pie-
na, carica di nuove sensazioni,
in perenne dinamicità, al punto
da saper affrontare Il grande
pubblico di amici, ammiratori,
curiosi. E da diversi anni affron-
ta anche il vasto pubblico dei
lettori della rivista Gli altri, che
ha come sede redazionale la
stanza dell'Ospedale di Genova
In cui vive. Ed ora si presenta
cosi, semplicemente ma con la
convinzione di chi sa di aver vin-
to, nel volume Il vizio di vivere.
Vent'anni nel polmone d'ac-
ciaio, che raccoglie, armoniosa-
mente organizzate, lunghe con-
versazioni avute con Saverio
Paffumi, giornalista genovese,
nel corso di diverse settimane.
li libro, che raccomandiamo
caldamente, non è per niente
triste: lascia dentro la voglia in-
sopprimibile di farsi prendere
dal vizio di vivere, un vizio che,
per fortuna, è contagioso. Ro-
sanna, lungi dal voler annoiare
o rattristare, coinvolge con dol-
cezza, o con ironia, o con spic-
cato senso dell'umorismo; eco-
si ogni lettore sentirà di poterla
1 GENNAIO 1985 37
e doverla accompagnare passo
passo lungo il suo caparbio,
inarrestabile cammino verso
l'ottimismo e verso la vita.
I
l!o>anna Bend
ILVIIIO
\\,-D..I_V..,I,.V.._I R.._I _
L'AUTORE
DEL MESE
Nello scorso numero del Bollettino Salesiano è stato pre-
sentato il volume di Giorgio Zevini sul Vangelo di S. Giovan-
ni. Abbiamo voluto intervistare l'autore per approfondire al-
cuni aspetti interessanti del suo lavoro.
D. D. Zevini, come nasce un libro sul LIBRO per eccellen-
za, che è il Vangelo?
R. Anzitutto vorrei dire che un libro non nasce per genera-
zione spontanea, ma è la conclusione di un lungo cammino,
fatto di anni di riflessione, dì ricerca e di attenzione all'uomo
e alla sua storia. Nel mio caso, il libro sul Vangelo di Giovanni
vede la luce dopo un notevole periodo di coinvolgimento e di
studio su questo testo sacro, sia a livello di indagine scientifi-
ca, sia a livello vitale in gruppi e personalmente.
In verità il primo contatto con il IV Vangelo mi riporta alpe-
riodo della mia adolescenza, vissuta nell'Oratorio Salesiano
di Castelgandolfo, dove fui affascinato da un educatore sale-
siano che ci presentava l'aquila come simbolo di questo Van-
gelo e diceva che l'aquila è l'unico uccello che può guardare
direttamente nel centro del sole senza battere ciglìo e senza
rimanere abbagliato, come dire che solo chi possiede questa
«vista• può leggere e capire, come Giovanni, questo Vange•
lo. Dopo tanti anni da questo fatto sono ancora in ricerca e
desideroso di acquistare questi •occhi d'aquila•.
D. Il suo libro dunque scaturisce da un 'esigenza storica e
da un bisogno esperienziale dell'uomo di oggi...
R. Direi di sll Sono convinto di questa esigenza: se voglia-
mo oggi rimanere fedeli all'uomo e tentare di appagare la
sua innata sete di conoscere e di vivere nel senso più profon-
do, questa è la strada. Ma c'è di più! Il mio lavoro nasce da
un' altra sentita convinzione, e cioè che l'ambito della ricerca
scientifica abbraccia anche la fedeltà a Dio e quindi la sua
iniziativa e la sua avventura con l'uomo, la nostra prassi di vi-
ta cristiana, l'impegno per un'educazione al Vangelo e ai va-
lori essenziali della vita di fede.
Oggi non sempre si crede ad una «scienza per la vita•, per
cui si giudica non vera scienz.a il dialogo con l' uomo attraver-
so lo studio serio della «vita nello Spirito•. In realtà la ricerca
e la «intelligenza spirituale• delle Sacre Scritture sono il ca-
nale privilegiato per incontrare Dio e l'uomo, e instaurare un
dialogo tra questi due protagonisti attraverso l'opera di me-
diazione e di testimonianza di Cristo, Parola di Dio per noi.
L'esperienza personale mi porta a credere che l'uomo, spe-
cie se giovane, nella lettura e nella conoscenza della Parola
di Dio alla luce dello Spirito può ritrovare gusto e gioia di vive-
re e fondare le ragioni del suo credere e del suo operare.
D. Conosce lei alcune esperienze giovanili di riflessione
sulla Parola di Dio?
R. Ne conosco molte e diversamente variegate. Dal grup-
po biblico parrocchiale al movimenti ecclesiali contempora-
nei che vivono e lavorano con la Bibbia, fino ad alcune comu-
nità giovanili che scandiscono la loro giornata con la Parola
di Dio da meditare e da compiere sulle orme di Cristo che ha
modellato sulle Scritture tutta la sua vita.
In tutti c'è il bisogno di confrontarsi e di realizzare un In-
contro non con un testo, ma con Qualcuno che costituisce il
mistero di grazia del testo sacro. E poi gradualmente si pas-
sa da una crescita culturale, tondata esegeticamente sul te-
sto, com~ luogo essenziale della Parola di Dio per noi, lino
ad unacrescita teologale, per cui nella pagina sacra si coglie
un piano di salvezza vivo e presente nella propria storia, per
poi aprirsi, con lede e con amore, ad una crescita di testimo-
nianza e di annuncio, per cui la Parola di Vita accolta e medi-
tata si fa Parola donata ad altri.
La sorprendente esperienza che oggi si verifica nella Chie-
sa attraverso diverse esperienze con la Parola di Dio è pro-
prio questa: il testo biblico va colto nella visione di lede, e
questo cerco di lare anch'io, perché sono convinto che è lo
Spirito a rendere viva e feconda la Parola. Qui si trovano pa-
role autentiche di vita, parole capaci di illuminare pienamen-
te le ricerche dell'intelligenza e di trasformare divinamente
l'uomo e ogni sua pur piccola vicenda.
Eugenio Fizzotti

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38 1 GENNAIO 1985
I NOSTRI
MORTI
MESSINA cav. ALFIO, cooperatore
salaslano t Catania a 86 anni
Uomo Integerrimo, Innamorato di
Maria Ausiliatrice e di Don Bosco,
ebbe tutta la vii.a flliale devozione per
entrambi.
Faceto, cordiale, Intelligente ed at-
tivo fu portatore di serenità. Attento e
generoso con chiunque bussasse al-
la sua porta non fece mal sfoggio di
quanto la Provvidenza gli aveva do-
nato.
Con la morte rimase intatta la sua
espressione di sorridente serenità,
lasciando in coloro che lo hanno vi-
sto la fiducia dell'ultimo incontro con
l' Ausiliatrice.
PENNUCCI D 'AGOSTINO sig.ra
MARIA ANTONIA, cooperatrice sa•
laslane t Pesco Sannita a 85 anni
È stata donna di tede incrollabile,
di speranza operosa anche nelle ore
dure della vita, di una carità fatta di
comprensione, concordia, perdono e
pacel Madre generosa di sei figli di
cui due Figlie di Maria Ausìliatrlce.
TURA slg. BENEDETTO, coopera-
tore salaslano ed ex-allievo t Bolo-
gna a 68 anni
È mancato improvvisamente la-
sciando nella commozione e dolore
quanti lo conoscevano, lo apprezza-
vano e gli volevano bene.
Oltre l'amore e dedizione per la fa-
miglia lo distinse un particolare amo-
re e interessamento per I poveri, i
bisognosi e l Missionari: nella Comu-
nità della sua Parrocchia S . Cuore
animò e diresse la •San Vincenzo •;
per gli E.x-allievi e Amici di Don Bo-
sco organizzò e diresse con appas-
sionato zelo una Carltas Missionaria,
Sono valori che lascia, particolar•
mente a noi della Famiglia Salesiana
bolognese, come ricordo vivo della
sua vita e in eredità.
MARZORATI slg. ALFEO, ex-allle•
vo t Milano a 88 anni
L'Opera Salesiana di Milano ha
voluto presenziare al funerali invian-
do proprio rappresentante con la
bandiera.
Mutilato della Grande Guer-
ra 1915/1918, dedicò l'intera sua esi-
stenza al lavoro. Rimasto vedovo con
unabambina in tenera età, nonsiper-
se di coraggio e seppe affrontare an-
che tale sventura con animo sereno.
In questi ultimi anni, passava le le-
stività In Via Copernico presso l'lstl-
tuto Salesiano che sempre aveva nel
cuore.
BERUTO dott. LUIGI, cooperatore
aaleslano t a 81 anni
Medico condotto a Cavaglià (VC)
per trent'anni dal 1938 al 1968. Coo-
peratore Salesiano assiduo ad ogni
Incontro del Centro.
Ebbe una vita lineare, improntata
sulla luce e sulla verità di Cristo. Fu
cittadino esemplare sia da civile che
da militare In guerra e In prigionia.
Della sua professione fece missio-
ne: medico e amico. Estese la sua
carità negli annuali Pellegrinaggi Of-
tallanl a Lourdes.
Né menzogna, né compromesso
offuscarono la luminosità della sua
esistenza terrena.
I Salesiani e le Figlie di M. Ausìlia-
trlce, che lo ebbero sollecito samari-
tano, nonché fraterno consigliere, to
sperano nella luce di Dio.
DIONISI slg. ARNOLFO, ex-alllevo
t Fermo il 23/10/1984
Uomo semplice, di grande fede e
profonda pietà. Ha testimoniato la
sua vita cristiana senza rispetto uma-
no.
Lavoratore instancabile, amava la
sua famiglia e riversava nel tempo li-
bero il suo affetto al nipotini e al gio-
vani della sua Parrocchia.
Ex-allievo del S. Cuor& e del Pio Xl
di Roma è ancora ricordato per la
sua bravura di attore teatrale.
Assiduo lettore del •Bollettino Sa-
lesiano• e grande devoto di San Gio-
vanni Bosco.
VINCIGUERRA sig.ra ANNA, ex-af-
lleva e cooperatrice aaleslana t Si-
racusa a 62 anni
Vìsse la sua vita dedicandosi all'in-
segnamento dei bamblnl come inse-
gnante. Ebbe di mira Il benessere
della sua famiglia fino al sacrlflzlo
della sua esistenza. S i chiede un ri-
cordo nelle preghiere. Fu una ferven-
te ex-allieva e cooperatrice salesia-
na
fra la commozione generale. La sera
del 5 novembre, circondato dal con-
fratelli e da alcune persone cha lo
avevano assistito amorevolmente,
CUTTICA aac. LUIGI, aaleslano t
Perugia a 62 anni
Nalo ad Alpignano (TO) il 3/911922
ereditò dalla terra natia l'amore al la-
voro, al giovani e a D. Bosco. Scopri
la sua vocazione salesiana e sacer-
dotale a Bagnolo dove i genitori l' a-
rese la sua anima a Dio.
D. Luigi fu apprezzato per la bon•
tà, la coerenza di vita, la scrupolosa
osservanza religiosa, lo spirito apo-
stolico e m issionario, ma I confratelli
lo ricorderanno sempre in modo par-
ticolare per la sua umiltà, la riserva-
tezza e li nascondlmento.
vevano mandato per avviarlo ad un
mesMre.
BIROLO SPIGARIOL slg.ra ELSA t
Manifestando Intelligenza acuta e Caselette (TO) a 56 anni
fine fu indirizzato agli studi filosofici È mancata troppo In fretta dopo
al Rebaudengo, terminati poi alla profonde sofferenze, dilaniata da un
Cattolica di MIiano.
male incurabile, lasciando costernati
Ad Amelia, dove fu mandato per li
tirocinio pratlco, insegnò filosofia ai
chierici e cosi la scuola divenne Il
campo principale del suo apostolat.o.
quanti in paese la conoscevano e le
volevano bene.
L' amore grande per la famiglia, la
disponibilità completa e totale per
Dopo aver frequentato la Gregoriana tutti, la coerenza delle proprie con-
fu ordinato sacerdote e riprese l'in- vi nzioni, Il suo carattere schivo, Il suo
segnamento con passione e dedlzlo- lavoro silenzioso, sono ciò che ci la-
ne piena. Trascorse gli anni più belli scia come ricordo della sua vita.
e proficui a Faenza, dove lo ricorda•
no come educatore sensibile, inse-
gnante profondo, preciso e metodico
e sacerdote esemplare.
Tutti gli ex-allievi sono rimasti col-
piti per la passione con cui insegna-
CIMINO aac. ENRICO, salealano t
Varazze a 82 anni
Lo spirito giovanile e gioviale
espresso costantemente nella sere-
va, l'amore con cui seguiva ciascuno nità delle sue amabili battute, è stato
personalmente anche terminati gli la sua forza nel decidersi per Impe-
studi, Conservava gelosamente l'e- gni sempre più vasti e di responsabi•
lenco e i voti di tutti I suoi alunni e ne lltà.
serbava un vivo ricordo.
La sua capacità di portare frutto in
Nell'80 fu trasferito a Perugia dove ogni età, l'ha indicato spesso esem•
in breve tempo ebbe modo di farsi
apprezzare dal colleghi di insegna-
mento, dal genitori e dal ragazzi, che
gli sono rimasti affezionati e stretta-
mente legati.
Purtroppo nei primi mesi dell'83 fu
pio di obbedienza e di disponlbìlltà.
agli adulti, specie ai suoi numerosi
ex-allievi, nel consiglio e ai ragazzi
nel loro bisogno scolastico e di matu•
razione.
Con l'avanzare degli anni qualche
assa!ito dal male che non perdona e
dovette lasciare la scuota per essere
operato. Nel settembre riprese la
sua attività sorretto unicamente dal-
!' amore al ragazzi; ma al primi di
novembre il male ricomparve e con
tlnta di difetto si è tramutata in virtù.
Può apparire strano: ma lo Spirito di
Dio riesce a trasformare sassi In pa-
ne.
Ricordo Il suo lungo impegno nella
scuola e la sua capacità didattica.
grande amarezza fu costretto ad
abbandonare definitivamente la
scuola.
Il dolore totale e il progressivo ed
Inarrestabile disfacimento, che ac-
Sempre, ma soprattutto negli ulti-
mi suol anni, ha profuso le sue ener-
gie soprattutto nel lavoro parrocchia•
le con dolce pazienza, ha consolato
e incoraggiato. Ha personificato Il
compagnano questo male, sopporta- perdono di Dio nel sacramento della
ti con P.azlenza esemplare e spirito di
tede, lo hanno purificato interiormen-
te e preparato all'Incontro definitivo
col Signore. Il 17 ottobre, giorno del
ritiro mensile, coQcelebrando assie-
me a tutti i confratelli della Comunità,
Riconciliazione. Molto ha..ascollato,
godendo dei momenti gioiosi, e In
quelli tesi consolando, perché il lavo-
ro pastorale procedesse tranquillo.
Il binomio Don Cimino-Livorno esi-
steva felice e stimato dal 1933. Rin-
ricevette per le mani del Vicario graziamo Dio e Don Bosco per aver•
lspettoriale l'Unzlone degli Infermi celo donato.
A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA rico-
nosciuta giuridicamente con D.P . del 2-9·1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto i3-1-1924 n. 22, possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredita.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: • .•. lascio alla Direzione Generale Opere
Don Bosco con sede In Roma (oppure all'Istituto Salesiano per le
missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma d1 lire...,
(oppure) l'immobile sito in... per gli scopi perseguili dall'Ente, e parti-
colarmente di a_s~istenza e beneficenza, di Istruzione e educazione
dI culto e dl rehg1one•.
'
- se ~i tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
l'altro dei due Enti su indicati:
... a,nnullo og~i mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-
no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con
s~ In Roma (Oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede In
T~rmo) lasciando ad e5;50 quanto ml appartiene a qualsiasi titolo, per
~h scopi ~e.rseg~ltI dall Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
ficenza, d1 Istruz1ona e educazione, di culto e di religione • .
(luogo e data)
(firma per disteso)

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SOLIDARIETÀ
borse di studio
per giovani Missionari
pervenute
alla Direzione
Opere Don Bosco
I GENNAIO 1985 39
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Salesiani. in memoria e suffragio di
Anna Teslo, a cura di Elsa Alrale. To-
rino, L. 1.000.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Zanno-
ni Luigi, Reggio Emilia, L. 1.000.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Bondi Livia Vitali, FO, L. 600.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
N.N., L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Sa•
leslanl, invocando protezione In vita
e in morte sulla mia famiglia, a cura
di N.N., L. 150.000
Borsa: Maria Ausillatrlce, In memo-
ria di mio marito Luigi. a cura di BI-
son Maria, Mogliano Veneto TV,
L. 150.000
Borsa: Maria Ausillatrlce e Santi
Salesiani, per grande grazia ricevu•
ta, a cura della famiglia Scortegagna
Bruno, L. 500.000
Borsa: In memoria e suffragio degli
zii Augusto e Ugo, a cura di R. M..
L. 150.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, e S. Gio-
vanni Bosco, ringraziando e invo-
candoprotezione per I mieicari vivi e
defunti, a cura di A.MV. , Crusinallo
NO, L. 500.000
Borsa: Don Bosco, a cura del Sale-
siani di lspettoria Adriatica, Ancona,
L. 500.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo•
sco, a cura di Lusso Rina, Alba CN,
L. 150.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e di Ma-
ria, a cura di N.N., L. 135.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura di
Terrazzonl Anna, SS, L. 125.000
Borsa: Vanna, a cura di Don Alfonso
Pura, Ascona, Svizzera, L. 350.000
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Boaco, S. Domenico Savio,
per ringraziamento e invocando pro-
tezione sulla famiglia, a cura di N. N.,
Robbiate CO, L. 350.000
Borsa: Maria Auslllatrlce, a cura
di Giuzio Giuseppe, Potenza,
L. 110.000
Borse di L. 100.000
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Gio-
vanni Bosco, a suffragio dei fratelli
Giuseppe, Giacomo e Battista, a cu-
ra di Don Ottorino Sartorl, Roma,
L 300.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Rota Adele,
Torino, L. 300.000
Borsa: Don Bosco, a cura di Varano
Marchesi, Parma, L . 250.000
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
di Petrini, Sara e Anna, Livorno Fer-
rarls ve, L. 200.000
Borsa: Maria Ausllfatrlce e S. Glo•
vannl Bosco, in memorie di mio fra-
tallo Salvetore. ex al/levo, a cura di
E. P., Caserta
Borsa: Martiri Cristiani Moderni, a
cura di Piva Francesco, Limena PD
Borsa: Gesù Sacramentalo, Maria
Ausiliatrice e Santi Salesiani, a cu-
ra di L. T., Crescentino VC
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, in ringr9!iàmento, a cura di
N.N., Mede PV
Borsa: Maria Ausiliatrice, S. Gio-
vanni Bosco, S. Maria Mazzarello,
per ottenere grazie per la mia faml-
glla, a cura di Zanella Mariella, Bor-
gomanero NO, L. 200.000
Borsa: S. Cuore di Gesù e Maria
Auslllatrlce, in memoria e suffragio
del marito Ignazio, a cura dì Regana-
ti Giuseppina, Piedi monte Etneo CT,
L. 200.000
Borsa: Gesù Sacramentato, Merla
Auslllatrlce, Santi Salealanl, ringra-
ziando e Invocando particolare gra-
zia, a cura di N.N., L. 200.000
Borsa: Maria A?Jailiatrlce, In suffra-
gio di papà, mamma e fratello, a cura
di Rizzo Pasqualina, Orsara Bormida
AL
Borsa: S. Cuore di Gesù e Marta
Auslllatrlce, In ringraziamento e in-
vocando protezione. a cura di N.N.
Borsa: Maria Auslllatrlce, in suffra•
gio di Carlo e Cerollna, a cura di Me-
ronl Virginio, Alzate Brianza CO
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, a protezione della mia famiglia,
a cura di Bertola Maria, Torino
Borsa: Mons. Versiglia e Don Cara- Borsa: Marta Ausiliatrice, S. Gio-
vario, a cura di Re Assunta, PV, vanni Bosco, per ottenere grazie, a
L. 200.000
cura di 8Iandrat1Gianfranco, Novara
Borsa: In suffragio di Fernando Men-
sltleri, a cura di Mensitieri Giorgio,
Fiuggi
Borsa: SS. cuori di Gesù e di Ma- Borsa: Maria Auslllatrlce, Sr. Eu-
rla, ringraziando per grazia ricevuta, debla, Sr. Valsè, ringraziando per
a cura di Magda A.
grazia ricevuta, a cura di A. M.
Borsa: Mamma Margherita, a cura Borsa: -Ave Maria: prega per noi
di Flnazzl Pierina, Bergamo
peccatori•, In suffragio di Dante, a
cura di R. P.
Borsa: Marta Ausiliatrice, S. Glo•
vannl Bosco, in ringraziamento e
per prolazione par tutta la mia vita , a
cura di B. A. , S. Cristoforo AL
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi
Ssleslanl, in ringraziamento e lmplo-
rendo ancora protezione sulla femi-
glia, a cura di N.N., Torino
Borsa: S. Giovanni Bosco, a cura di
Mura Felicina, Paulilatìno CA
Borsa: Don Bosco, a cura di Dal
Sasso Umberto, Asiago VI
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
De Cecco Primo, Lucerna, Svizzera
Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Sa- Borsa: Maria Auslllatrlce e Santi
leslanl, ringraziando a Invocando Saleslanl, a cura di Rago Giuseppe,
protezione, a cura di B. M., Cumiana Venosa PZ
Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Sa- Borsa: Maria Aualllatrlce e Don
leslanl, proteggeteci in vita e in mor- Bosco, a cura di Ferrari Urbano. Val-
le, a cura di due Pensionate Biellesi sorda TN
Borsa: Marta
vannl Bosco,
Asu. sDiloiamtreinceic,osS. aGvlioo•,
Borsa: Don Bosco, a cura di Calza
proteggete le nostre famiglie, a cura Angelo, Cizzolo MN
di N.N., Doprana ve
Borsa: S. Domenico Savio, a cura
Borsa: Maria Auslllatrlce, proteggi di Bonin Cesarino
la nastia famiglia, a cura di Valente - -- -- - - - - - -- -
Roberto, Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, a cura di Fabris Elisa,
Borsa: Marta Auslllatrlce, Don Bo-
sco, ringraziando e invocando anco-
ra protezione, a cura di G. L. S.,
MIiano
Boraa: Anime dal Purgatorio, a cu-
ra di Galleano, Caramagna CN
Borsa : S. Giovanni Bosco, per otte-
nere grazie, a cura di Galleano, Ca-
ramagna CN
Venezia
Borsa: Sacra Famiglia e S. Giovan-
ni Bosco, invocando protezione, a
cura di Magri Concetta, Catania
Borsa: Maria Auslllatrlce, S. Gio-
vanni Bosco, a cura di Brusasco
Fornaro Maddalena, Alessandria
Borsa: Maria Auslllatrlce e Don Bo-
sco, a cura di Maroso Pia, Vicenza
Borsa: Maria Ausiliatrice, per otte-
nere grazie, a cura di Galleano, Ca- Borsa: Marta Ausiliatrice e Don
ramagna CN
Bosco, a cura di Guàrnéra Valaria,
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
sco, Domenico Savlo,,per ringrazia-
mento, a cura di Grezzana Lucia,
Verona
Roma
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco. a cura di Rossi Ines, Ponte
Nossa SG
Borsa: S. Giovanni Bosco, in me-
moria cJi Dal Mo/in Maria ved. Casta- Borsa: Marta Auslllatrlce e Don
gna, a cura degli eredi
Bosco, a cura di Barabini Mariange-
la, Vicenza
Borsa: In memoria e suffragio del
padre Giuseppe, a cura di Renella
Rita, NA
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Gio-
vanni Bosco, in riograziemento e in-
vocando protezione sui figli, a cura di
Magnoni Giuseppina, Milano
Borsa: Maria Ausiliatrice, a cura di
Salveminl Rosaria, Molfetta SA
Borsa: Maria Auslllatrlce e S. Glo-
vannl Bosco, a cura di Zanin Ivana
Sellramlnl, Pradamano UD
Borsa: Marta Auslllatrlce, a cura di
Ghetti Teresa, Faenza RA
Borsa: Maria Ausillatrlce e Don
Bosco, a cura di Libani Grassinì As·
sunta, Legnano Ml

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oe
~
SpedlL in abbon. postale - Gruppo 2° (70) 1• quindicina
AWISO PER IL
PORTALETTERE
~ In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TORINO
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
SAGGI/SEI
■■
PETER
HODGSON
energi. a
nel futuro
Prefazione d i
LUIGI GONELLA
È lecito o no,
da un punto
di vista morale,
l'uso
dell'energia
nucleare?
~
11111
Alla grave crisi energetica contemporanea,
l'autore dà una risposta che non è solo tecnica,
ma tiene conto anche degli aspetti «morali»
del problema e delle sue possibili soluzioni.
Collana «Saggi»
L. 16.000