Bollettino_Salesiano_197405


Bollettino_Salesiano_197405

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BOLLETTINO SALESIANO ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVIII N . S 1• MARZO 1974
Spediz. in abbon. post. Gruppo 2• (70) - 1• quindicina

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVIII - N. 5
Marzo 1974
Direttor e responsabile
DON TERESIO BOSCO
I mpaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministrazione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
Officine Grafiche SEI
SOMMARIO
Editoriale
2. Quaresima: tempo di Dio
Articoli
4. Dove passa un santo, qualcosa
nasce sempre
6. Nel nome di Mamma Margherita
9. Dal Colle all'Ecuador
1O. Il fagotto del manciuriano
14. La foresta è casa mia
17. Il bambino dormi nel prato
18. li card. Hlond vive nel cuore dei
Polacchi
20. Sene carabinieri per un monello
23. Oggi per gioco, domani chissà
28. li Rettor Maggiore sul Sistema
Preventivo
Not,zie
della Famiglia Salesiana
8. Il Papa ai direttori Salesiani
d' Italia
13. Un salesiano ucciso in Cile
26. Far sorgere vocazioni a Tondo
26. Le iniziative dell'Istituto Teolo-
gico di Guatemala
26. li noviziato di Pindamonhangaba
ha compiuto 30 anni
27. 60 di sacerdozio e 70 di vita
salesiana
27. Una lettera da Recife
27. Piccola comunità a Marghera
27. 50 anni al Valentino di Casale
28. Dal Veneto a Taizè
28. Microrealizzazioni rapide
28. «La Scaletta», presenza salesiana
28. Ricordo vivo di Don Cimatti
28. Riconoscimenti a Salesiani
Rubriche
5. Educhiamo come Don Bosco
«Insegnategli l'amicizia»
22. Microrealizzazfoni Missionarie
25. Pubblicazioni Salesiane
30. Grazie per intercessione di M .
Ausiliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
Una chiesa, uno spazio di si-
lenzio, un libro. Può essere una
maniera per iniziare quella «con-
versione» a cui ci chiama il
tempo di Quaresima.
Il nostro peccato radi-
cale è quello di non
mostrarci figli di DiQ
e di non voler esser~
fratelii - 11 Piccolo Prin-
cipe dice: « Non si ved~
bene che col cuore »
È iniziato il tempo di
Quaresima: tempo di
penitenza e di conver-
I
sione.
Per capire la struttura profonda
della conversione occorre rifarsi
alla teologia biblica. Gesù inizia il
suo ministero con l'invito solenni;
alla conversione. li nocciolo della
sua predicazione è riassunto cosl d;i
San Marco: «Egli predicava il Van-
gelo di Dio e diceva : 'Il tempo 4
compiuto e il Regno di D io è vicino;
convertitevi e credete al Vangelo'
p1arco 1, 14-15) •· Si tratta di cam-
biare il cuore di fronte all'imminenza
del Regno di Dio.
Convertirsi non vuol dire soltanto
pentirsi dei propri peccati; vuol dire
operare una trasformazione interiore
che porta a un cambiamento di con-
dotta, a un orientamento nuovo della
vita. Avviene un rovesciamento spi-
rituale e morale. Gesù invita alla
conversione e ne indica l'atto fonda-
mentale che susciterà poi tutti gli
altri atti, cioè l'atto di fede. Conver-
tirai vuol di.re anzitutto credere al
Vangelo che Gesù proclama. E ~ual
è questo annuncio di gioia·? È la
presenza e l'imminenza del Regno
di D io. Convertirsi e credere al Van-
gelo vuol dire accogliere Gesù con
Ja fede.
La parabola
del Figlio Prodigo
Non c'è nulla che e.i faccia meglio
capi.re il significato di conversione e
di penitenza che la stupenda para-
bola del Figlio Prodigo, raccontata
da Gesù:
t. Un uomo aveva due figli. li più
giova11e disse a suo padre : 'Padre,
dammi la parte di eredità cl,e mi
spetta'. E il padre divise loro i suoi
beni. Pochi mesi dopo, il più giovane
dei due figli rad1mtJ tutto ,·1 suo avere,
partl per 1111 paese lo11ta110 e vi sper-
SI
però ogni sua ricche:r::a in una vita
sregolata a viziosa •·
Protagonista di questa parabola è
il Padre. fl Padre ama il figlw. Il
Padre non è offeso perché il figlio
sciupa il patrimonio; soffre unica-
mente perché il figlio esce di casa
e se ne va lontano. Il peccato è
lonta11anza da Dio.
«Quando ebbe tutlo sperperato, una
grande fame si abbatté s-u quel paese
ed egli co111i11ci/J a se11tire La priva:::io11e.
A11dò allora a mettersi a servi.."10 di
wio degli abitanti del li,ogo che lo invitJ
nei campi a custodire i maiali. Avrebbe
voluto riempirsi lo stomaco di carrube
che mangiavano i maiali, ma nessuno
glie11e dava. Rientrando allora in se
stesso, disse tra sé: 'Quanti salariati
di mio padre lian110 pane in abbon-
danza e io qui muoio di fame! Voglio
partire e tomare da mu, padre e
dirgli: 'Padre, ho peccato co11tro il
cielo e contro di te; 11011 sono pit't
degno di essere chiamato tuo figlio,
trattami come ttno dei tuoi servi'.
Partì dunque e se 11e tomtJ da suo
padre ».
La parabola descrive il peccato
del figlio. li figlio minore esce di
casa perché la presenza del Padre
sembra opprimerlo rubandogli spazio.
Esce quindi per un desiderio di
libertà e di autonomia anarchica. li
peccato nasce dalla falsa convinzione

1.3 Page 3

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EMPO
IDIO
che la legge di Dio ci opprima e che,
altrove, lontani do lui:, ci si trovi
meglio. Poi ci si accorge che il pec-
cato è delusione. La delusione (nella
parabola è espressa con l'immagine
della fame) è il castigo che il peccato
porta con sé; ma è anche un luogo
di salvezza. È che il figlio minore
prende coscienza della insostituibilità
della casa paterna.
« Mentre era ancora lontano, suo
padre lo scon·e e fu tocco da compas-
sione; corse a gettar!(lisi al collo, lo
abbracciò e lo baciò a lungo. Il figlio
allora gli disse: 'Padre, ho peccalo
contro il cielo e contro di te, 11011 sono
più degno di essere chiamato tuo figlio'.
Ma il padre ordinò ai suoi Servi:
'Presto, portale il vestito più bello e
metteteglielo addosso, infilategli un
anello al dito e calzari ai piedi. Tira:te
f1tori un vitello grasso e uccidetelo;
mangiamo e f ncciamo festa, perché
questo mio figlio era morto ed è ritor-
nato a i,ita, era perduto ed è stato
ritrovato'. E si misero a far festa >>.
li figlio minore se ne era andato
via perché il suo amore era altrove;
solo quando sarà totalmente degra-
dato scoprirà quanto poco fosse stato
figlio di un simile Padre: << Non sono
più degno di essere chiamato tuo
figlio >>. Non sentendosi più figlio ave-
va abbandonato la comunità: << Dam-
mi la mia parte» e aveva voltato le
spalle al babbo e al fratello maggiore.
La conversione implica il ritorno a casa
(cioè al Padre, che è Dio) e il ritomo
in comunità (cioè al fratello e ai
ser vi).
« Il figlio maggiore era nei campi.
Quando al ritorno fu vicino a casa,
udi la musica e le danze. Chiamò u,1
servo e gli domandò che cosa signifi-
casse tutto ciò. Il servo gli spiegò :
tornalo tuo fratello e tuo padre
ha ucciso il vitello grasso perché lo ha
ricuperato sano e salvo'. Andò allora
in collera e rifiutò di entrare. Suo
padre uscì a pregarlo. l\\1a lui rispose
a suo padre: 'Ecco, sono tanti anni
che ti servo senza a·11er mai disubbidito
a un solo tuo comalldo e mai tu mi
hai dato un capretto perché facessi
festa con i miei amici; adesso invece
che tuo figlio ritorna dopo di aver
sperperato Lutti i suoi beni con le
dorme, tu fai uccidere per lui il vitello
grasso'. Ma il padre gli disse: 'Tu,
figlio mio, sei sempre con me, e tutto
ciò che è mio è tuo. Bisognava anche
però far festa e rallegrarsi poiché questo
tuo fratello era morto ed è ritornato
a vita, era pe1·duto ed è stato ri-
trovato>> (San Luca r5, 11-32).
Nemmeno il figlio maggiore ha
cuore di figlio: considera suo Padre
come un padrone dispotico: «Sono
tanti anni che ti servo senza aver
mai disubbidito... ». È invidioso del
perdono, è invidioso della gioia del
Padre al ritorno del fratello. Deve
anche lui convertirsi al fratello. Il
figlio minore è di ritorno dopo di
aver sperperato ~ con le donne 1>; il
figlio maggiore vorrebbe << far festa
con i suoi amici 1>; << mangiamo e fac-
ciamo festa insieme •>, dice invece il
Padre.
Trasformazione del cuore
Il nostro peccato radicale è dunque
quello di non mostrarci figli di Dio
e di no11 mostrarci fratelli. La man-
canza di fraternità è l'indice di una
mancanza di amore filiale verso Dio.
È proprio questo il peccato che noi
confessiamo al sacerdote ?' II sacra-
mento della confessione e per noi
davvero il sacramento della riconci-
liazione con i fratelli e con il Padre
Celeste, nella letizia e nella gioia di
indossare il vestito più bello, la veste
della grazia che ci ha tessuto la
Madre di Gesù e Madre nostra ?
<< Io provo un gran bisogno di
confessanni >> scriv<:va recentemente
un giovane cristiano dei più impe-
gnati in Europa. << Il peccato per me
è tutto ciò che mi allontana dal-
)'Amore, tutto ciò che mi impedisce
di realizzarmi. L'accusa in confessione
non mi dà noia. Anzi mi sembra
indispensabile. Chiedo soltanto che
il confessore mi aiuti a confessarmi
bene. Ogni volta che mi confesso
sento di amare meglio gli altri, e 'di
amarli sempre più concretamente. La
confessione per me è un atto di
amore 1>. E un altro giovane dichiarò:
<< La penitenza è la trasformazione
del cuore. Ciò che è essenziale è il
riconoscerci peccatori )>.
Un giovanotto tedesco scrisse la
seguente pagina di diario che avrebbe
fatto la gioia di Don Bosco, afostolo
(al pari dei suoi successori, i beato
Don Rua e Don Rinaldi) della con-
fessione frequente: << Il perdono lo
si prova solo in faccia a qualcuno
che si ama. Ho studiato nel Vangelo
gli atteggiamenti di Gesù di fronte
al peccatore (Gesù assolve sempre il
singolo individuo, mai la massa):
mostra un'estrema delicatezza e una
estrema discrezione. Se Zaccheo ebbe
il desiderio di cambiar vita, è perché
Gesù venne a lui senza chiedergli
nulla. La peccatrice innominata si
getta ai piedi di Gesù e gli dimostra
molto amore. La Samaritana rico-
nosce le sue colpe e gli dice: 'vedo
che tu sei profeta'. Gesù sa bene
chi noi siamo. Non ci chiede altro
che una fede totale nella sua sconfi-
nata misericordia ».
Il Piccolo Principe
Gira attualmente in Europa uno
stupendo film a colori, messo in
commercio dalla Paramount: «Il Pic-
colo Principe >>, tratto da un racconto
fiabesco di Antoine de Saint-Exupéry,
morto in guerra nel '44. A imperso-
nare il Piccolo Principe è un fanciullo
di sei anni, biondissimo, scelto a
Londra fra 700 provini. La storia
del Piccolo Principe oggi ha 30 anni.
Il libro fu venduto a due milioni
di copie in Francia e a tre milioni
di copie negli Stati Uniti, e fu tra-
dotto in 37 lingue. Un filota fa un
atterraggio di fortuna ne deserto del
Sahara. S'addormenta sulla sabbia.
All'alba una voce di fanciullo lo
risveglia:« Per piacere, disegnami una
pecora >l. Dinanzi a lui c'è un fan-
ciullo straordinario: è il Piccolo Prin-
cipe, caduto anche lui dal cielo, dal
suo pianeta, l'asteroide B 612, non
più grande di una casa. Una frase
fa perno in tutto quel racconto, una
frase che ha la smerigliatura del
diamante: </. Non si vede bene che col
cuore. L'essenziale è i11visibile ai 11ostri
occhi 1>. Questa semplice frase può
illuminare a giorno le due misteriose
parole che sono il fulcro del tempo
quaresimale e che stiamo vivendo:
conversione-penitenza.
CARLO DE AMBROGIO 3

1.4 Page 4

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STRENNA 1974
Fedeli agli insegnamenti e
all'esempio di Don Bosco,
tutti i membri della Famiglia
Salesiana considerano dove-
roso coronamento della loro
azione educativa:
orientare e formare voca-
zioni apostoliche nella
Chiesa;
dedicarsi con particolare
cura ai chiamati alla vita
sacerdotale e consacrata;
promuovere e incremen-
tare le vocazioni salesiane,
per adempiere il mandato di
continuare J1ella Chiesa il
carisma di Don Bosco.
dove nassa
un santo
o alcosa
nasce
semore
4
<< La mia vocazione 7 La devo a una
altra vocazione... Ero infermiera in un
ospedale... La mia caposala un giorno
mi disse: "A capodanno lascio il lavoro
ed entro in convento". La notizia mi
lasciò letteralmente sconvolta. Era una
gran bella ragazza. Felice, realizzata in
tutti i sensi. Non mi trattenni dal dirle:
una ragazza bella come te in convento 7
E lei di scatto: "forse che a Dio si de-
vono dare solo gli scarti 7" Per un anno
rimasi in corrispondenza con lei. An-
davo a trovarla qualche volta... Con-
clusione: ho finito di seguirla».
«Una specie di folgorazione è alla
base della mia vocazione. Avevo quin-
dici anni. Al mio paese seppellivano
una giovane suora missionaria morta
tragicamente. Davanti a quella bara
mi sono detta: prenderò il suo posto».
Raccolgo queste testimonianze da
un libro americano: « The road to con-
vent » Geodfrey Press - New York 1972.
Si tratta di una delle tante indagini
fatte sul tema della vocazione.
Ne sono state pubblicate parecchie
in questi ulti!lli anni. Dal raffronto
emergono alcuni dati interessanti.
l'impegno sociale, il lavoro per i
poveri, gli emarginati, il terzo mondo
rappresentano spesso il terreno adatto
per lo sbocciare della vocazione.
« la mia vocazione è nata in un
campo di lavoro... ».
« Devo la mia vocazione a una suora
meravigliosa incontrata in un campo
di lavoro».
Determinante in molti casi il ruolo
giocato dal sacerdote. la direzione
spirituale rimane il mezzo più decisivo
per la vocazione.
La vocazione è lo sviluppo più alto
della conversione.
La guida nel cammino della conver-
sione è spesso anche la <<guida» della
vocazione. << Dove passa un santo
qualcosa nasce sempre... Ho inciampato
in un prete santo: ecco la mia voca-
zione>>.
«Ci sono delle persone che non
hanno bisogno di parlare, basta che esi-
stano: la loro presenza è già un appello:
Don Giorgio... ecco l'appello, ecco
la mia vocazione».
Alcune inchieste affrontano il tema
dell'impegno a tempo limitato e del-
l'impegno a tempo pieno.
Indubbiamente il servizio biennale,
triennale per il terzo mondo, è una
stupenda primavera della chiesa post-
conciliare. Ma può essere anche un
alibi. In certi ragazzi c'era il germe
di una autentica vocazione religiosa.
Bastava una provocazione coraggiosa.
Significativa la confessione di una
insegnante.
«Avevo già deciso per un servizio di
due anni come insegnante di disegno
in una scuola dell'Africa... A un corso
di esercizi sono rimasta colpita dal con-
cetto della "signoria di Dio"... Dio che
è signore della nostra vita e del nostro
tempo e può anche impegnare una vita
a tempo pieno. Sono entrata in un isti-
tuto religioso laicale con regolari voti di
povertà castità obbedienza... Da cinque
anni lavoro in mezzo ai favelados del
Brasile e sono felice... ».
Quali le difficoltà che le vocazioni re-
ligiose femminili oggi incontrano?
La più grossa è l'opposizione dei ge-
nitori. Anche le famiglie buone respirano
l'aria della secolarizzazione e stentano a
capire un discorso di pura fede com'è
il discorso della vocazione.
Altra obiezione frequente: è un rischio
scegliere la verginità senza avere espe-
rimentato la sessualità.
L'obiezione è registrata anche in una
recente intervista che « Panorama» ha
fatto al noto teologo milanese Sandro
Maggiolini.
D. - Qualcuno si chiede se quella
della verginità sia una scelta libera. Come
si può scegliere liberamente la verginità
se non si è fatta un'esperienza sessuale?
Prima conoscere, poi scegliere. Certo che
chi ha conosciuto ...
R. - t una domanda seria, ma anche
un po' amena. Se si potesse scegliere, sol-
tanto dopo averlo provato in concreto,
uno schema di vita, non avrebbero più
senso né la verginità né il matrimonio.
l'esperienza che hai fatto è proprio au-
tentica? La donna che hai sposato è
proprio quella della tua vita? Chi ti dice
che la donna della tua vita non sia quella
che incontrerai fra quattro anni? Come si
vede, non si potrebbe decidere mai.
Qualcuno sfodera ancora il vecchio
slogan: in convento si entra per delusio-
ne d'amore. « In convento per delusione
d'amore 7 - Risponde acutamente una
suora che da vent'anni si spende per i
cancerosi. - Si può entrare, ma non si
rimane».
Mons. Fulton Sheen ha raccontato
un giorno alla televisione americana
questo episodio:
« Un convento di Carmelitane della
metropoli americana venne aperto un
giorno al pubblico per la festa di santa
Teresa. Molti curiosi vi si riversarono per
vedere quelle donne che conducevano
una vita di sìlenzio, di austerità e di
preghiera. Un uomo che non riusciva a
capire come si potesse vivere a quel
modo, richiamò l'attenzione di una suo-
ra giovane e carina sul più bel palazzo
che si ergeva sulla collina di fronte e le
disse: "Suora, se vi appartenesse quel
palazzo, con tanto lusso e tanta ricchez-
za, lo lasciereste per entrare nel vostro
Carmelo?"».
la suora, felice, rispose: «Signore,
quel palazzo era mio I».
G. R.

1.5 Page 5

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Giovanni Bosco da adolescente scopri
un amico, Luigi Como/lo, e non lo
dimenticò più per tutta le vita. Quel-
l'amicizia fu un colpo d'ala per le sua
formazione spirituale e intellettuale. Luigi
fragile, delicato, sensibilissimo era il
completamento di Giovanni, robusto,
intraprendente, azzardoso. Si stimola-
vano vicendevolmente a progredire nella
santità e a primeggiare negli studi. Un
giorno, durante le vacanze estive, Gio-
vanni meraviglio il suo amico Luigi (era
andato a trovarlo nel paesetto di Cin-
zano) con la potenza della sua memoria.
Aveva appena letto i sette volumi di
storie di Giuseppe Fla vio, lo scrittore
ebreo cronachista della distruzione di
Gerusalemme. Li stacco dallo scaffale
e porgendoli al suo amico lo invito:
«Chiedimi pure quale capitolo ru vuoi
che io ti reciti; basta che tu mi dica
Il titolo». Luigi lo accontento e Gio-
vanni gli spiffero tutto il brano richiesto,
della prima e/l'ultima parola. E dopo
il primo ne recito a memoria altri an-
cora.
I due adolescenti si incontravano spesso
per discutere di cose varie; studiavano
insieme e ripassavano Insieme le lezioni.
Giovanni a tempo opportuno faceva da
scudo protettivo al suo giovane amico;
quando i compagni di scuole accenna-
vano a qualche scherzo brutale contro
Luigi, interveniva Giovanni che aveva
una forza fisica di eccezione e li di-
sperdeva. «Mi spaventi con la tue forza
erculea». gli diceva Luigi. Giovanni sor-
rideva. Ma era felice di fare da spella
al suo Luigi che ere delicato e soave
come un fiore. I due adolescenti si
erano incontrati e un unico scopo:
«Essere amici - gli diceva Como/lo -
vuol dire unirci insieme per amore di
Dio». Don Bosco lo ripeterà in seguito
come criterio fondamentale della vera
e autentica amicizia.
Nella fanciullezza e anche nel pe-
riodo della cosiddetta pubertà so-
matica non riesce difficile ai ragazzi
e alle ragazze avere sempre a por-
tata di mano compagni di gioco.
Non trovano difficoltà a inserirsi in un
gruppo e ad assoggettarsi a un capo.
Dal compagno si pretende soltanto che
sia «disponibile» come partner nel
gioco. come presenza necessarra a ren-
dere più interessanti le diverse attività.
Gli adolescenti invece scoprono la
propria anima o ne sono alla scoperta.
Cercano quindi un amico che sìa con-
facente alla loro anima, che gll sia
congeniale, che h sappia integrare e
che abbia anche lui un'anima da offrire,
che valga la spesa d1 esplorare. Il bi-
sogno di un amico diventa straordi-
nariamente sentito a mano a mano
che l 'adolescente cos1:rui sce la
propria personalità. Un impulso in-
teriore spinge l'adolescente alla con-
quista di un essere che gli sia legato
In modo particolare: ecco l'amico in-
timo, personale, come Luigi Comollo
con Giovanni Bosco.
Farsi un compagno, al tempo della
fanciullezza, è molto facile. Farsi
un amico, al tempo dell'adolescenza,
diventa molto difficile. Occorre far
capire ai ragazzi che nell'amicizia questa
ricerca. questa conquista, questa con-
servazione di un •tu• complementare
(come è per definizione l'amico). di-
venia un'impresa difficoltosa. diventa
una «fehcità senza pace,._ Invece della
«dispanib1lltà » dell'altro. l'adolescente
cerca la complementarietil dell'altro; in-
vece di adattare sé stesso all'altro,
l'adolescente prefensce sceglierlo sulla
propria misura.
L'amicizia è una pianta che va
coltivata: bisogna Innaffiarla e curarla,
se si vuole che dia frutti dolci e sani.
L'amicizia è una cosa intangibile. una
specie d1 cerchio che abbraccia com,
pletamente un·altra persona, racchiuden-
dola con tutll I suoi meriti e i suoi d1fet11,
avvolgendola nella sua interezza.
• Col proprio amico un qualsiasi ra -
gazzo non deve mai fare due cose:
ferirlo ne, propri sentimenti; rompere
brutalmente l'amicizia. Occorre inse-
gnare al ragazzi che amicizia significa
soprattutto infinita capacità di per-
dono. Significa reprimere e cancellare
il risentimento, non lasciare che persista
e awelenl lo spirito. Stevenson. l'autore
dell' Isola del Tesoro. scrisse: «È un
novellino nell'amicizia chi non sa per-
donare tutto». Non c'è nella vita cosa
più duratura di una vero amicizia.
Don Bosco non dimenticò mai il suo
giovane amico Lu1g1 Comollo.
C.D.A. 5

1.6 Page 6

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Una contadina del
Monferrato e un•an-
ziana donna torinese:
le due prime coopera-
trici di Don Bosco -
un•attività ignota e
preziosissima - l'lspet-
toria di Verona ha fatto
il primo censimento dei
« Laboratori Mamma
Margherita».
N el 18+6 l'Oratorio di Don Bosco,
trapiantato a Valdocco, era fre-
quentato da centinaia di ragazzi che
correvano, giocavano, pregavano nella
piccola Cappella Pìnardi. Ora biso-
gnava ospitare i più poYeri, i senza
famiglia.
Don Bosco affittò tre stanze vicino
al p rato dell'Oratorio e chiamò sua
madre.
Le promise soltanto la\\!oro, sfac-
chinate da mattino a sera e quei
monel1i a cui voler bene.
lV~adre e fig:lio, il 3 ryovembre r8+6,
p~rtuono da1 Becchi per Torino.
l;na portava un canestro di bian-
cheria, l'altro un messale e un bre-
viario. Fecero tutta la strada a piedi.
Giunsero stanchi e infarinati di
polvere.
Mamma ~1argher ita entrò per pri-
ma nella sua nuova casa. Tre stan-
zette nude e squallide, con due letti
e qualche casseruola. Sorrise e disse
al figlio:
- .Ai Becchi, ogni gior~o doVè\\'O
damu da fare per mettere m ordine,
pulire i mobili e lavare le pentole.
Qui potrò stare molto più tranquilla...
Don Bosco ospitò nei mesi se-
guenti i primi sette ragazzi.
l\\lamma .Margherita era una donna
pratica. Fece subito venire da casa
vino, granoturco, fagioli e grano.
P~r le prime spese _vendette un pezzo
d1 campo e una vigna. Si fece por-
tare anche il suo corredo da sposa,
che aveva conservato gelosamente fino
allo!a. ~lcune sue vesti le usò per
cucire pianete. Vendette i suoi anelli
e la collanina d'oro. E la sera, mentre
i ragazzi dormivano, alla luce di una
stessa candela Don Bosco diceva il
breviario, e sua mamma cuciva calzini
e rattoppava giacchc e pantaloni.
Un dito puntato alla parete
I r~gazzi avevano l'argento virn,
e ogni tanto gli "cappava qualche
n:iarachclla. :'.\\Iamm~ J\\larghcrita pa-
z1enta\\'a1 ma un giorno che le cal-
pestarono l'orto per giocare alla
guerra, noa ne roté più. Andò a
sfogarsi con suo figlio:
- Come posso mandare avanti
questa casa? - gli disse. - I tuoi
ragazzi ogni giorno mc ne fanno
qualcuna. La bianchcria stesa al sole
me la buttano a terra; frustano i
vestiti che non c'è più verso di
rattopparli; perdono fazzoletti, cra-
v~tte,. calze;. per gio~are mi portano
via gli arnc:s1 <la cucina. lo ci perdo
la testa. Quasi quasi mc ne torno
alla mia casa, ai Becchi, a finire in
santa pace i pochi giorni che mi
restano...
Don Bosco non disse una parola.
Puntò il dito verso la parete. '.\\famma
.'.\\largherita guardò. C'era il Crocifisso.
R_iabbassò gli occh1. .'.\\lai più riparlò
d1 tornare a casa sua.
Morl tra quei ragazzi poveri.
Il giorno dopo la sua morte il
chierico l\\lichelc Rua. braccio de~tro
di Don Bosco, andò a trovare sua
mamma, la signora Giovanna Maria:
- È morta mamma i\\ lnrgherita -
disse. - Ci sono tanti ragazzi soli
all'Oratorio. E non c'è più nessuno
che gli faccia la minei.tra, che ram-
mendi le calze. l\\lamma vuoi ve-
nirci tu?
'
A 56 anni, la signora Giovanna
'.\\ laria segui iI figlio, e diventò la
seconda mamma dell'Oratorio. Per
20 anni.
U n'attività singolare e ignota
l\\lamma i\\largherita e Mamma
Giovanna l\\laria furono le due prime,
meravigliose Cooperatrici. Sull'esem-
pio silenzio\\:O e preziosissimo di
queste due mamme, è sorta in gran
parte della Famiglia Salesiana un'at•
tività singolare e ignota: l'atti,·ità dei
laboratori «Mamma l\\larghcrita •>. Si
denominano tuui cosi.
.L·Ispettoria Veneta (Vcrona), per
pnma ha voluto fare un censimento
di queste centrali della carità, con-
tinuazione di quanto hanno fatto le
mamme di Don Bosco e di Don Rua
ai primi tempi dell'Oratorio. Ripren-
diamo parte della relazione dal «No-
tiziario lspcttoriale ,).
. L'~spertoria ne conta cinque effi-
c11:nt1, mentre altri sono in ripresa
o agli inizi. Operano a Schio, a
13ardolino, a Verona Don Ilosco, a
Hovereto e a .Bolzano.
nel
nome
6 di

1.7 Page 7

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Laboratorio
« Mamma Margherita »
di Schio
È il più antico deU'Ispettoria e
già attivo ai primi tempi dell'opera.
Continua a funzionare anche se con
ridotta attività. Una dozzina di brave
signore si radunano nel pomeriggio
del giovedì per qualche ora di lavoro.
Curano la biancheria e il corredo
dei Confratelli e pensano anche a
qualche Missionario partito da Schio;
anche l'addobbo delJ'altare (fiori) è
curato da loro; stimolano la benefi-
cenza locale verso l'Oratorio e ogni
anno allestiscono una grande Pesca
nel mese di maggio; appoggiano le
varie attività dei Salesiani, soprat-
tutto quelle dirette aU'assistenza ed
educazione dei ragazzi.
Laboratorio
« Mamma Margherita »
di Bardolino
È il più giovane: ha iniziato la
sua attività due anni fa, con gran
cuore e intelligenza. I I primo im-
pegno delle Cooperatrici è per la
chiesa: curano e provvedono la bian-
cheria, l'ornamento degli altari, ac-
quistarono la statua della Madonna,
la pianola, il lampadario. Squadra-
rono quindi da capo a piedi i Con-
f ratei.li, e a non pochi di essi prov-
videro biancheria, vesti, scarpe... e si
interessarono dei più poveri dei
ragazzi dell'Istituto, e li fornirono
generosamente di biancheria, vestito,
scarpe; aiutarono dei bambini orfani
di Albaré...
Rivolsero quasi subito la loro at-
tenziom: alle 1.vlissioni, e spedirono
oltre cinque quintali di biancheria e
vesti, scarpe, e 700.000 lire di liquido
nel r97i. a vari missionari; quest'anno
banno già pronte dicci casse di
biancheria per le Missioni dell'Orien-
te, e hanno già raccolte a tutt'oggi
400.000 lire.
1a
'= sorta in g ran parte d e lla Fa miglie Sale-
s iana un"atti vitA s ingolare e ignota: i la bo..
retori <e Mamme Margherita"·
Laboratorio
« Mamma Margherita »
di Rovereto
Riunisce una volta alla settimana,
il lunedì, dalle ore 14 alle 18, una
ventina di vivaci, amabili, intra-
prendenti signore che lavorano sodo.
Hanno nel nostro Istituto i loro
ambienti modesti, ma attrezzati. Le
attrezzature sono quattro macchine
da cucire, la macchina per maglieria
con il bobinatore, il nec~ssario per
stirare, ampi armadi.
Che cosa fanno ? Raccolgono bian-
cheria e vestiti usati ma in buone
condizioni, li mandano direttamente
in territorio di missione, e parti-
colarmente ai lebbrosari. E sono
organizzatissime. In città hanno quat-
tro centri di raccolta. Una coopera-
trice passa con la sua macchina a
ritirare la roba e la porta in labora-
torio. Qui ha inizio una lunga serie
di operazioni: una attenta cernita del
materiale utile, la lavatura a secco;
quindi riparano, stirano, confezionano
a nuovo, secondo le richieste. Poi
dispongono il tutto accuratamente in
casse per la spedizione.
Lavorano prevalentemente per le
Missioni, per i lebbrosari, ma anche
per le chiese bisognose della zona,
per i poveri del luogo, per i Sale-
siani.
In dodici mesi hanno confezionato,
raccolto, pulito del vestiario leggero
e pesante, per bambini e adulti, per
oltre T5 quintali.
Cinque quintali sono stati spediti
in Brasile; 450 kg a Madras per i
lebbrosi; un quintale portato a Lcn-
zima per gli spastici; due quintali
a Nomi per gli anziani di quel
ricovero; So kg consegnati a una
missionaria che lavora nell'America
del Sud ; 50 kg a una suora per
l'Egitto; 190 kg per i poveri del
luogo.
Le cooperatrici hanno inoltre rac-
colto per le missioni la cifra di
1.675.000 lire, che hanno distribuito
ai lebbrosi della Thailandia, del-
l'India, per l'acquisto di materiale
da confezionare, per le spese di spe-
dizione e a missionari.
Hanno inviato due macchine da
cucire per il Sudan e l'America del
Sud, e attrezzi t: forniture varie a
poveri.
Una mole imponente di lavoro, che
queste semplici, generose, amabili
signore prestano senza far rumore,
con pazienza, sacrificio e carità.
Laboratorio
« Mamma Margherita »
del Don Bosco di Verona
Nella cronaca diligente, precisa, at-
tenta, redatta dalla signora Cadetti,
si può seguire l'operosa vita del
laboratorio dall'anno di fondazione,
i.I 1958.
L'idea fu lanciata in un raduno di
zelatori e zeÌatrici salesiane a Trento.
Fu raccolta dalla sig.na Avesani,
dalla signora Nedda Carlctti e Ma-
rina Franca. Animatore instancabile
don Nereo GiJardi. Il 16 gennaio 1959
veniva aperto e inaugurato nei locali
delle Figlie di M . Ausiliatrice, al- 7

1.8 Page 8

▲back to top
Le casse dei ,, Laboratori.,, quando errivono
di là dol mare alle sedi delle missioni, s ono
graditlu lme sorprese. Non contengono
solo oggetti, me l'affetto delle «mamme"
lontane.
l'Istituto Don Bosco. Erano presenti
le p rime quindici volenterose.
L e Cooperatrici si radunano ogni
venerdl nel locale loro riservato dalle
ore 14,30 alle 18,30. Piano piano si
sono attrezzate di macchine da cucire,
di materiale e si sono organizzate
per reperi re i fondi necessari con
una d iscreta propaganda e con con-
t ribuzioni personali.
Il numero delle aderenti è aumen-
tato notevolmente; i mezzi finanziari
sono arrivati tramite mille pie<.'Oli
rivoli, m ille piccole industrie, e le
realizzazioni sono state notevolissime.
Al 24 d i ogni mese hanno la loro
::\\lessa e la conferenza; il 3I gennaio
conferenza annuale e J\\Iessa per i
Cooperatori e Cooperatrici defunti,
ogni anno gli esercizi spirituali e la
gita-pellegrinaggio.
I I 24 maggio celebrano la festa
di '.\\I. Ausiljatrice e il 31 dello stesso
mese aprono la mostra dei lavori.
Questi vanno a beneficio dei poveri,
delle case di formazione, delle chiese
bisognose, delle Missioni.
Non si può, neanche in maniera
approssimativa, fare il bilancio del
lavoro <li questi 15 anni di vita in-
tensa del laboratorio. Q uanti poveri,
missioni, chiese, case di fonnazione
ne hanno beneficiato I
~on si contano le vestine, la bian-
cheria, le bende inviate alla Casa di
Sollievo d i Mad ras; g li ind umenti e
il vestiario per la S. Vincenzo, e per
8 gli zingari.
Laboratorio
« Mamma Margherita »
di Bolzano
Il laboratorio è sorto nel gennaio
del 1961. Erano in tre le prime
Cooperatrici: il solito granello • dj
senapa. Durante i 13 anni d i vita e
di attività instancabile il numero delle
aggregate ha superato la trentina.
Ogni mercolcdl un discreto nu-
mero si riunisce al n ostro Istituto
Rainerum di Bolzano. S i recita il
Rosario, si legge un buon pensiero,
si lettura di lettere di missionari
che chiedono aiuto o ringraziano.
Ogni mese la i\\lcssa con omelia;
ogni anno le due conferenze, una
lotteria per reperire fondi, qualche
pellegrinaggio. Se muore una con-
sorella, l' anima è suffragata con la
celebrazione di dieci messe. E si
lavora moltissimo sia nel pomeriggio
del giorno di riunione, sia a casa
lungo la settimana.
Riportiamo i dati incompleti d i
quanto si è fono in questi anni:
oltre a un abbondante e ricco ma-
teriale per la chiesa e il piccolo clero,
2200 (duem iladuecento) p ullover, 400
camicette d i tela bianca e colorata,
360 pantaloncini, 480 calzette di lana,
16 completi per neonati, 50 maglie
da bambina, 40 vestitini per bam-
bina, 12 scendilcttt di lana, 100 capi
di vestiario per donna destinati alle
zone di missione.
E poi il gran traffico dei vestiti
usati! Un lavoro paziente e dispen-
dioso: organizza re la raccolta, fare
cernita accurata, rammendare, far la-
vare a secco, stirare, imballare e
spedire a Torino, al nostro centro
che si incarica di distribuire alle
missioni bisognose.
l n un anno non completo (il 1972)
sono stati r accolti, ordinati, inviati a
Torino 92 (novantadue) quintali di
vestiario.
Il movimento finanziario liquido
del laborato rio supera annualmente
il milione.
È bene che noi conosciamo questo
ammirabile lavoro, e facciamo giun-
gere la nostra ammirazione e la nostra
riconoscenza.
Ma esse, come Mamma l\\la.rghe-
rita, guardano in alto: a Cristo croci-
fisso che le sostiene, e p repara loro
il premio delle «mamme dei Sale-
s iani 1).
IL PAPA Al DIRETTORI SALESIANI D'ITALIA
«Abbiamo la gioia di vedere qui e di salutare un folto gruppo di Sacer-
doti salesiani. Sono i Direttori degli Istituti delle diverse lspettorie del Nord
Italia (i Salesiani si dividono in lspettorie. come altri Religiosi si dividono in
Province), e rappresentano il governo locale della grande Famiglia di Don
Bosco.
Siamo lieti di accoglierli e di incoraggiarli perché sappiamo che lavorano
nel campo del Signore, soprattutto fra i giovani, con tanto Impegno e con
una vitalità stupenda per se stessa; ma anche per l'apologia e per l'esempio,
per l' attestazione che danno - nel mondo - a tutta la Chiesa: nell'attività
di nostro Signore Gesù Cristo. specialmente per le elessi giovanili, per le classi
che vengono dal popolo lavoratore. umìle e povero.
Siate benedetti I Abbiate assicurazione della vostra vocazione e della
vostra missione. Portate il nostro saluto anche a tutti i vostri confratelli, e dite
alle immense masse giovanili tra cui svolgete il vostro apostolato. che il Pepa
li guarda, li guarda con grande affetto. e tutti, tutti li benedice•·
(Mercoledl. 21 novembre 1973)

1.9 Page 9

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colle
Due coadiutori sale-
siani del Colle Don Bo-
sco hanno passato
quattro mesi dell'esta-
te- autunno 1973 a
Cuenca, in Ecuador, al
servizio di una casa edi-
trice diretta dai Sale-
siani della provincia
ecuadoriana. I loro al-
lievi, al ritorno, li hanno
intervistati. Riportia-
mo alcuni brani dell'in-
tervista.
- D'estate chi va al mare e chi
ai monti. Voi i11 Ecuador. Perché?
- Un salesiano che lavora i.n
Ecuador venne quest'anno in Italia
per acquistare alcune macchine gra-
fiche per la <• Editoria! Don Bosco li,
dove lui opera in qualità di direttore
tecnico. Per avere un consiglio nel-
l'acquisto delle attrezzature si rivolse
a noi. Nel luglio scorso, visitando i
nostri laboratori del Colle e vedendo
la nostra organizzazione, ci fece la
proposta di portarci per un breve
periodo a Cuenca per dar vita e or-
ganizzare il laboratorio di litografia.
Dovevamo tenere un cor~o di per-
fezionamento ai litografi e ai foto-
riproduttori della casa editrice tenuta
dai Salesiani. Tutto qui.
- l'impatto congente diversa, men-
talità diverse, crea di solito d(lficoltà.
A11che a voi?
- Non tutto è andato liscio, natu-
ralmente. 1 primi contatti con l'am-
biente e le persone furono difficili.
Poi la lingua, il clima, la diversa
mentalità nel vedere e giudicare le
cose. Ma abbiamo cercato di farci
ecuadoriani con gli ecuadoriani, nel-
l'ambiente di lavoro, vivendo e par-
tecipando alle conversazioni, interes-
sandoci e immedesimandoci nei loro
problemi sociali, familiari. Ci pare di
esserci riusciti.
- Vi sentivate «professori occiden-
tali >> che andavano a far scuola ai
« sottosviluppati•>?
- Affatto. Piuttosto sentivo di aver
ricevuto dalla vita, senza alcun me-
rito, più di quello che aveva ricevuto
quella povera gente. E questo mi
aiutava a dedicarmi, senza riserve, al
loro servi.zio e al loro bene.
- 111 co11creto, che servi;;io avete
prestato a quella gente?
- Abbiamo elevato il Livello tec-
nico-professionale di diversi operai
con cui lavoravamo, e abbiamo dato,
spero, una testimonianza di vita ge-
nerosa e cristiana.
- Quella geme è cristiana, o i11-
dijferente, o atea?
- La fede cristiana del popolo di
Cuenca è grande. Purtroppo è anche
grande la scarsità di sacerdoti e di
laici ben preparati. E impressionante
è la povertà io cui vive la maggioranza
della gente. Tutto questo fa correre
alla religione il rischio di trasformarsi
io superstizione, oppure di essere
sostituita a breve scadenza dal mar-
xismo ateo.
- I giovani di oggi sono il mondo
di domani. Che giQVani avete incon-
trato iri Ecuador?
- Intelligenti e sensibilissimi ai
problemi sociali. Ma anche scorag-
giati, perché non vedono u·na imme-
diata soluzione alle gravi necessità
del loro Paese: la povertà, la casa,
il lavoro, gli ospedali, l'istruzione.
- Ogni popolo ha i suoi problemi
drammatici. Noi italiani come gli altri.
Quali sono quelli dell'Ecuador che più.
vi hanno colpito?
- I bambini e l'alcoolismo. La
mortalità dei bambini è altissima,
per mancanza di adeguata alimenta-
zione e insufficienza di medicine. Il
bambino, fino all'età di IO-I 1 anni,
nella mentalità dei più poveri, ha
pochissima importanza come persona
umana. Vive come può, non è curato
a sufficienza, veste male, è sporco.
La necessità lo spinge a chiedere
l'elemosina, lustrare scarpe, far servizi
da facchino ai mercati. Ciò nono-
stante, e questo colpisce, il bambino
ecuadoriano è allegro, la sua gioia
di vivere è esplosiva. Una gioia sco-
nosciuta ai nostri bambini.
L'alcoolismo è una piaga diffusa
soprattutto tra gli indios delle mon-
tagne, e in percentuale minore fra
quelli scesi nella città. Per le strade,
nelle piazze, per le vie della città è
normale incontrare numerosi alcoo-
lizzati stesi per terra, sull'asfalto o
nella polvere. Sono giovani, ma so-
prattutto uomini di media età. Sono
papà, mamme magari con i figli
accanto. Col volto intontito attendono
di smaltire g li effetti dell'alcool.
Sono due impresllioni negative. Ma
non è questo assoluta.mente l'EcuadorI
L'Ecuador è un paese bellissimo,
giovane e da scoprire. È un paese
ricco di speranza. Un paese che ha
bisogno soprattutto di essere aiutato
a scopri.re se stesso sul piano umano,
sociale e tecnico.
- Il vostro viaggio è 1ma vostra
f accet1da personale, o è una proposta
lanciata ad altri laici, salesiani e non
salesiani?
- Non è una faccenda personale
né una proposta. È un servizio che
abbiamo cercato di rendere ai nostri
confratelli dell'Ecuador, e che spe-
riamo di rendere ancora in avvenire.
Ci hanno infatti chiesto di tornare
nella prossima estate a terminare il
lavoro incominciato. Questo nostro
servizio può interessare altri ? Lo
speriamo. La strada è aperta a tutti
coloro che nella vita vogliono donare
un po' di loro Rtessi al Terzo Mondo
e ai poveri. l\\lla per donare occorre
avere qualcosa da donare. li regalo
per papà e mamma si compra in
negozio. Quello per i poveri, per i
bambini dell'Ecuador occorre fab-
bricarselo in noi stessi, impostando
la vita sul coraggio di spendersi,
sulla forza di amare.
9

1.10 Page 10

▲back to top
M adre Luisa Vaschetti, terza su-
periora generale delle F.M.A.,
davanti alla barba veneranda di
monsignor Cimatti non seppe dire
di no.
- Le suore, madre, le suore per
il Giappone...
- Sì, monsignore.
Venne preparata la spedizione fatta
di sei missionarie giovanissime, salvo
la capo-gruppo, suor Letizia Be-
gliatti di anni 45; una piemontese
forte e tenace, dal cuore d'oro, sotto
la scorza. Finiva il 1929.
Trentaquattro anni dopo (1963)
suor Letizia moriva a Tokio. Le
puntarono sul petto una grossa me-
daglia con rubini, segno di alto ri-
conoscimento decretato dall'impera-
tore stesso. Ma lei era in coma.
1on ne seppe nulla. La medaglia
significava che quelle prime sei ave-
vano fatto un buon cammino e se la
sarebbero meritata tutte.
Erano partite alla ventura. Il Giap-
pone era per loro una nebulosa. An-
davano coraggiosamente, con la loro
fede robusta e una vocazione sicura.
Ma come fosse quel popolo verso
cui veleggiavano; quale fosse la ci-
viltà, gli usi, i costumi; quali i car-
dini su cui si basava la vita; quali
le religioni, non lo sapevano. E so-
gnavano conversioni in massa.
Dopo il sogno
Il viaggio per mare pareva non do-
vesse finire mai. Le soste nei porti
orientali incominciavano a scalfire il
sogno. Si svegliarono del tutto allo
sbarco nel porto di Kobe. La gente
non le guardava nemmeno. Cioè,
con quegli occhi strani - un taglio
dritto nel mezzo e basta - parevano
non vedere nulla. Invece le studia-
vano da capo a piedi: «Che cosa
vengono a fare qui queste donne,
questi "nasi lunghi">>, si domanda-
vano. Da sessant'anni appena il Giap-
pone aveva riaperto i porti agli
stranieri ed era stato proclamato,
nel medesimo tempo (1869), il de-
creto di libertà di religione, dopo
tre secoli di persecuzione contrn i
cristiani. Un salesiano era venuto a
riceverle e le scortò in treno, per ore
interminabili di giorno e di notte.
10 Si andava verso il sud.
Hanako portò il materassino
Impreparate, un po' impaurite ma
non scoraggiate, all'ultimo scrollone
del treno raccolsero i loro bagagli e
scesero a Myazaki. Il loro cuore si
aprì come un fiore quando una voce
femminile diede il <t benvenute» in
italiano. E torno torno la comunità
cristiana batteva le mani. La ragazza
che aveva letto si chiamava Hanako,
o Piccolo fiore. Aveva diciotto anni.
Monsignor Ci.matti e don Mangiaria
le insegnavano l'italiano quando non
erano in tournée artistica a dare con-
certi. Ora cominciava la vita. La
gioia di Hanako era tanto grande
che la fessura degli occhi si aprì a
mostrare una luce di gioia. Portò il
suo materassino alla casetta di legno
delle suore e si affidò tutta a suor
Begli.atti perché facesse di lei una
vera Figlia di Maria Ausiliatrice.
La vita era dura per le missio-
nari.e non solo perché, a stare accoc-
colate sul pavimento sedute sui tal-
loni, le gambe dolevano, ma perché
abbastanza sovente mancava il pane,
cioè il riso, ché di pane non si par-
lava. I Salesiani facevano quel che
potevano ma anche per loro non tutto
era rose e fiori. La mamma di Ha-
nako ogni tanto posava nel vano
della porta un cesto di viveri e se
ne andava senza essere vista. Nel
1933 Hanako fu novizia. Il giorno
in cui si consacrò al Signore e le
misero in testa una corona di rose
suor Letizia le regalò pensieri come
fiamme vive: <t Soffrire tutto. Com-
battere sempre ma farmi santa. Darò
a Gesu fiori di rinuncia e di amore >>.
Ora erano a Beppu.
Stentare la vita allegramente
Don Adolfo Torquinst era un sa-
lesiano che aveva ereditato dal padre,
banchiere, una montagna di soldi .
I superi.ori lo mandarono a fare il
giro del mondo salesiano perché ve-
desse e provvedesse. Fu tanto buono
da comperare per le Figlie di Maria
Ausiliatrice un terreno e una casa,
dj legno si capisce, a Beppu di fronte
alla bellissima baia di Oita lungo
lo stretto di Bungo. Intanto erano
arrivate altre due missionarie ita-
liane e ,ma tedesca. Oltre il << Pie-
colo Fiore» c'erano, novizie come
lei, Shizuko-Elisabetta e Sugi-Maria.
Tutte lavoravano a preparare la casa
non ancora finita, ma non sapevano
per che opera. Continuavano a sten-
tare la vita allegramente. Benedice-
vano don Torquinst e si domanda-
vano: << Che cosa vorrà la Madonna
da noi, qui?•>.
Un quaderno
dalla copertina nera
Suor Letizia trasse dal suo baule
il quaderno e, alla «buona notte »
lo mostrò alla comunità. Disse: << Lo
poseremo ai piedj della statua di
Maria Ausiliatrice. Ognuna scriverà
i sacrifici che intenderà tare, setti-
manalmente, perché la Madonna ci
faccia sapere quale opera vuole da
noi•>. Fu una gara degna dei Padri
del deserto. E la risposta venne. Pri-
missima arrivò una bimbetta di otto
mesi, portata dalla mamma che aveva
sul volto i seff1i della morte vicina.
E presto mon. L'orfanella fu chia-
mata al battesimo Maria Ausilia, e
quel nome voleva essere il grazie
vivo della prima comunità del Giap-
pone.
Il fagotto del manciuriano
Si stava costruendo un braccio di
ferrovia che legasse il centro del
Giappone al sud. E si era arrivati
nei pressi di Beppu. Per quella fa-
ticaccia venivano ingaggiati i manciu-
riani, dislocati dalla loro patria du-
rante la guerra che aveva visto vin-
citori i nipponici in Corea e Maa.-
ciuria. Un giovane uomo lavorava
di piccone lungo la carrellata, e ogni
tanto volgeva gli occhi a un fagot-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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-: 1 :• 14
Lino posato sul ciglio, nell'erba. Di
tanto in tanto lo trasportava, portan-
doselo dietro. Urt salesiano andava
a visitare i manciuriani della fer-
rovia. Udl un pianto come il ge-
mito d'un gattino. Si guardò attorno.
Il gemito stentato veniva dal fagotto.
Vi scoprì una bimbetta di pochi mesi.
L'uomo raccontò la sua storia: la mo-
glie era morta una settimana prima.
Lui era rimasto solo con la sua crea-
tura, solo come in un deserto. <r Vai
a Beppu sulla collina, alla casa dei
"Piccoli Gigli" - gli disse il sale-
siano. - Vedrai, prenderanno la tua
bimba».
Suor Begliatti la salvò dalla morte
accostandole alla bocca pochi fili di
bambagia intinti nel latte, per una
notte intera. E continuò finché la
piccola ebbe la forza di succhiare
il biberon. Ma quasi all'improvviso
anche il lavoratore manciuriano morì.
La bimba venne battezzata, e suor
Letizia fu la madrina.
Un vetro rotto e i bonzi
Le suore ebbero presto un altro
segno della volontà di Maria Ausi-
liatrice. Una notte il cane abbaiò a
lungo. Era inverno, faceva freddo.
Il mattino trovarono un vetro rotto.
Una mano furtiva aveva infilato nel
vano un neonato. Il cane gli si era
accucciato accanto per scaldarlo. Al-
lora suor Letizia andò dal sindaco
di Beppu e gli domandò gli orfani,
gli abbandonati, i bimbi che nessuno
voleva.
Si sparse la voce che quelle donne
venute dall'Occidente raccoglievano
come perle i bimbi di nessuno. E
non domandavano nulla in cambio.
Ben presto la casa fu piena di strilli.
Suor Hanako-Monica portava al pa-
scolo la capra perché poi i bebè
avessero i_! \\atle per la pappa. Hawai,
l\\llitzu, Ozawa, Tanaka - le nuove
novizie - cullava.no i piccoli. Le
suore lavavano i panni, li sciorina-
vano al sole, cucivano ed erano con-
tente. Suor Letizia scriveva innu-
merevoli lettere in ItaJia perché l'a-
iut~ss_ero a mantenere i suoi giappo-
nesuu.
Sulla collina c'era una pagoda e
un convento. I Bonzi osservavano
tutto, anche suor Teresina Mitzu e 11

2.2 Page 12

▲back to top
Gli orfanelli dell'opera s ociale In Toklo. Sul
fondo, suor Letizia Begliattl, che guidò la
prima spedizione delle F.M.A. in Giappone.
una «naso lungo ~ che andavano ogni
giorno al mercato con un carretto:
una tirava, l'altra spingeva. Doman-
davano in regalo i resti di pesce in-
venduti per il pranzo della comu-
nità, e gli ossi che, spolpati a dovere,
venivano usati come combustibile. Un
bel giorno i Bonzi scesero con il
loro superiore in visita ai «Piccoli
Gigli » o «Sayuri Aijien >>. Rimasero
pieni di meraviglia.
Dal quaderno nero era nata la
prima opera sociale. E viveva di sa-
crifici e di tanto amore. Persino il
principe ereditario visitò i bebè di
Beppu. La casa era piena. Allora suor
Letizia pensò che anche nella capi-
tale, a Tokio, v'erano bimbi orfani
e abbandonati a cui nessuno, allora,
badava. Vi si trasferi alla vigilia
della seconda guerra mondiale. Com-
prò un terreno e fece fare una ca-
setta nel rione detto Mikawagima.
Prima fu asilo. Scoppiata la guerra,
successe che, per i massicci bom-
bardamenti, più nessuno a volte si
µresentasse a ritirare i piccoli, e
l'orfanotrofio fu purtroppo cosa fatta.
Anche la casa di Mikawagima btuciò
dalle fondamenta, però suore e bam-
bini erano sfollati, a tappe, fino al
Guji-san, a Yamanake. Quando l'Ita-
lia chiese l'armistizio, rompendo l'al-
Je,anza col Giappone, le suore ita-
liane vennero internate: quelle del
sud su di un'aspra montagna. Ma
quelle di Tokio non ebbero il co-
raggio di toccarle: le lasciarono con
i piccoli orfani, sebbene sotto sor-
veglianza.
Il tempo dei marines
Poi vennero i giorni terribili (6-9
agosto 1945) delle due bombe ato-
Iniche, e anche in Giappone la guerra
finì. I soldati americani sbarcavano
con tonnellate di viveri. E i primi
ad essere sfamati furono i bimbi
degli orfanatrofi. Le suore compra-
rono in Tokio un terreno, anzi un'in-
tera collina che era stata dell'esercito
giapponese ora disciolto. La paga-
rono una bazzecola. Si scese dal
Fuji-san, dove il freddo mordeva
forte, e si andò ad abitare nelle ba-
racene sulla collina.
I marines, accampati poco lon-
taoo, adottarono quei bimbi orfani.
Portavano ogni giorno i resti - ab-
bondanti - della loro cucina. Molte
volte le ore di libera uscita le pas-
savano lassù a raccogliere i resti di
12 obici, le schegge di bombe, il filo
spinato, perché i piccoli non si fa-
cessero male. Lasciavano scivolare
nelle mani di suor Letizia, con non-
curanza, la loro paga...
Il Cappellano Inilitare chiamava
suor Begliatti «la sua madre Ca-
brini ». Lei cominciò a scrivere in-
finite lettere in America. Divideva
i dollari che riceveva in tanti sac-
chettini così: per iI riso; per il latte;
per il condimento. E finalmente poté
scrivere su un sacchettino: per la
nuova costnlZione. Fu un giorno
felice. I marines aiutarono a demo-
lire, man mano che si vuotavano,
le baracche di legno.
La ragazza che arrivò
col kimono rosso
Maria Ausiliatrice non mandava
solo bambini e dollari; mandava an-
che belle vocazioni che, a volte, non
si sapeva neanche di dove spuntas-
sero. Kyoko si era incontrata in
treno, da Yamanaka a Tokio, con
due suore. Aveva domandato che
cos'erano, vestite a quel modo. Le
parole sono come le cj)jegie: una ne
tira dieci o cento ... Finirono col dirle
che andavano alla collina - Aka-
banedai - a strappare' l'erba, riem-
pire le buche e pulire le baracche
per preparare la casa ai bambini. Se
voleva andarle ad aiutare...
Dopo alcuni giorni si presentò
davvero, vestita con un kimono rosso,
calzini bianchissimi, ghetà o sanda-
letti dalle fettuccine di velluto... In-
filò un grembiulone, strappò erba
fino a scorticarsi le mani. Dopo un
mese voleva il battesimo. Poi fu
suora. Oggi Kyoko - suor Fran-
cesca - lavora in una delle opere
sociali nel sud. Non ha mai rimpianto
quell'incontro sul treno.
Mitzu è la ragazza del carretto, a
Beppu. Alla fine della guerra era a
Yamana.ka. La bomba atomica su
Nagasaki le aveva ucciso padre, ma-
dre e una sorella, disintegrandoli.
Con una missionaria lei era andata
a cercarli. Non aveva trovato che
qualche frammento di ossa calcinate
sull'area carborùzzata dov'era prima
la sua casa, il suo giardino.
Senza lacrime (l'orrore era troppo
grande) aveva messo quei frammenti
in una bottiglia di plastica, gettata
via dagli americani e, postala sul
cuore, a braccia incrociate, l'aveva
portata al cimitero cristiano. Anche
là le tombe erano sottosopra, sco-
perchiate.
Ora a TokiQ lavorava come e più
di sempre, seppellendo nel profondo
il suo dolore senza nome. Di giorno
cucinava. Di notte si offriva a ve-
gliare i neonati. Alle quattro del
mattino andava alla stalla a togliere
lo strame e a mungere le vacche.
Era la ragazza più istruita di tutte
nel convento. Suo padre era stato
preside d'una scuola superiore, pro-
fessore di scienze naturali. Per que-
sto Mitzu sapeva anche potare gli
alberi. Ma non volle più sapere al-
tro che Gesù Cristo e Gesù Cristo
Crocifisso.
Morl poco prima di suor Letizia.
Tutte la ricordano come si ricor-
dano i santi.
Kieko e la principessa
Kieko era una signorina buddista
che gestiva un laboratorio con un
gruppetto di ricamatrici. Un bel
giorno disse loro così: << Ho trovato
la verità: si chiama Gesù Cristo. Mi
faccio cristiana. Se qualcUIJa vuole
seguirmi, vado a Akabanedai, a nord
di Tokio •>.
Andò. Qualcuna la seguì. Istruita,
battezzata, volle essere suora. Da

2.3 Page 13

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A 1 portone dell'Oratorio San Paolo
di Torino in maggio apparve un
grosso cartello. Vi si leggevano venti-
cinque parole: «Soggiorno estivo per
ragazzi da 8 a rz anni, bisognosi
d'affetto, di amicizia, di aria buona
e di spensieratezza. La partecipazione
è completamente gratuita ». Quel car-
tello aveva una storia. Non l'avevano
appeso i Salesiani del San Paolo,
ma un gruppo di ragazzi e di ragazze
dell'oratorio che, sotto la guida di
un sacerdote salesiano, organizzava
ogni anno «campi di lavoro •> per
mandare denaro ai missionari del-
!'America Latina.
Quei ragazzi e quelle ragazze, abi-
tuati a contestare gli << adulti •1, il
<1 sistema 1>, la <1 società costruita dai
grandi>>, si erano all'improvviso sen-
titi contestare loro, da ragazzi della
loro età e ancora più giovani. << Va
bene - si sentirono dire-. Voi fate
campi di lavoro, organizzate spetta-
I
ISS8 23

2.4 Page 14

▲back to top
Uno dei giovanissimi animatori del cam-
peggio dei vispi <e $ .P.O.R. l>.
coli, mostre artigianali, vi tassate
personalmente ogni mese. E con il
ricavato aiutate i lebbrosi del Sud
America, tirare su un paio di case
per gente senza tetto a Cujabà. Ma
non vi accorgete che i lebbrosi ci
sono anche qui da noi? Non vi ren-
dete conto che il nostro quartiere è
gonfio di immigrati carichi di pro-
blemi e di fi~li? Non vedete che
questi ragazziru passano l'estate sotto
il sole rovente della Torino asfaltata,
senza che nessuno li carichi su un
pullman e li porti a respirare per
tre giorni l'aria di una pineta? Non
vi pare di essere 'estranei' alla nostra
parrocchia e al nostro quartiere ? ».
Ragazzi e ragazze entrarono in
crisi. Erano partiti decisi, si erano
rimboccate le maniche << per far qual-
cosa, per agire anziché parlare e
discutere ». Tutto questo per con-
testare una società che <1 lavora sulle
parole e lascia la realtà così com'è».
Improvvisamente si trovavano dal-
l'altra parte della barricata, con l'eti-
chetta di «imboscati 1>.
La « politica dei due binari»
Al termine di riunioni a volte
tempestose a volte pesanti di silenzio,
decisero di scegliere la «politica dei
due binari i>. Non avrebbero abban-
donato i loro obiettivi in Sud Ame-
rica, ma avrebbero aggiunto altri
obiettivi, da realizzare nel loro quar-
tiere. Da realizzare subito.
Chiarirono però un punto fonda-
mentale: «Laggiù in Sud America
ci sono 'poveri' che hanno bisogno
non tanto di gente che costruisca
case su case per loro, ma di gente
che sappia 'vivere con loro'. Anche
qui, nella parrocchia, i 'poveri' non
hanno tanto bisogno dell'elemosina di
una colonia estiva, quanto di gente
che s'incontri con le famiglie, che
s'interessi alle varie situazioni dei
ragazzi, che anche dopo la colonia
continui a 'vivere con i poveri facen-
dosi come loro'. Quello che costruisce
davvero è mettersi a disposizione con
semplicità e bontà, non organizzare
un soggiorno estivo impeccabile.
Perciò saremo semplici, buoni, di-
sponibi_li )).
Immediatamente saltarono fuori
due grossi problemi : i soldi e la
località.
Per risolvere il primo decisero di
triplicare il lavoro durante l'anno:
mostre, spettacoli, tasse personali, rac-
colte di carta straccia.
La località per la villeggiatura dei
24 ragazzini fu oggetto di ricerche affan-
nose, e in pratica ha avuto una solu-
zione <<zingaresca>>. Il 1973 è il terzo
anno in cui al portone del San Paolo
appare l'ormai celebre cartellone, e
per tre anni la carovana di 120 ra-
gazzi imbarcati sui pullman è appro-
data in luoghi diversi. 1971, Fene-
strelle. 1972, Casa salesiana di Peve-
ragno ai piedi della Bisalta. J 973,
dopo nuove affannose ricerche, i Sale-
siani di Perosa Argentina mettono a
disposizione il loro Istituto.
«Così, anche quest'anno - scrive
uno degli animatori - per due turni
di tre settimane abbiamo ospitato
una sessantina di bambini per turno.
Quello che mi sembra più importante
è che siamo noi stessi, ragazzi e
ragazze, a portare avanti il lavoro,
sia coi bambini come animatori delle
varie iniziative, sia come persone con
il servizio di cucina, lavanderia,
pulizia•>.
7 punti per uno stile di lavoro
Lo <(stile)) di lavoro questi ragazzi
lo hanno scelto da tempo, e lo ripen-
sano con frequenza. È stato conden-
sato in 7 punti: Lavorare - lavorare
in gruppo - lavorare per. i poveri -
con spirito missionario - pagando di
persona - cercando di essere buoni - e
se c'è bisogno ci dai anche la vita.
Le «caratteristiche >l dell'animatore
le hanno schematizzate in quattro
parole: carica - gÙJia - ottimismo -
voglia di vivere.
Si sono anche premuniti contro un
pericolo che minaccia ogni gruppo
che lavora per i bambini: non si va
alla ricerca di tenerezza, di affettuo-
sità. Hanno scritto rudemente sul
loro programma: «I poveri non sono
mai né carini simpatici vivaci;
i poveri possono essere ributtanti, a
livello fisico e a livello morale. Ma
la nostra scelta è per gli ultimi,
siano come siano •>.
Come venne organizzato il sog-
giorno estivo . si può capire dal-
l'esposizione un po caotica ma effi-
cace di un ragazzo-animatore: << Per
noi si è trattato di qualcosa veramente
difficile, perché pochi di noi hanno
esperienza di vita con i ragazzi: ma
siamo stati aiutati molto, e ci siamo
incanalati sullo stile educativo di
Don Bosco, che noi crediamo più
attuale che mai. Quello che ci pro-
ponevamo era una vita di amicizia
con loro, non 20 giorni 'fatti passare',
ma 'vissuti' in allegria, familiarità,
gioia, anche se sotto un certo indi-
rizzo educativo: come nella quoti-
diana mezz'ora di catechesi, impostata
su un dialogo con i ragazzi, nelle
varie attività artistiche, alla scuola di
canto, nei momenti di preghiera al
mattino e alla sera, e alla Santa
Messa. E così, tra Olimpiadi, i giochi,
i tornei, le serate, le attività manuali
e scientifiche, gli spettacoli, le pas-
seggiate, i giorni trascorrevano veloci
fino alla sera, quando i ragazzi an-
davano a dormire•>.
I giovanissimi animatori arrivavano
a quest'ora distrutti. <1 Ma la nostra
giornata - continua il relatore -
non finiva Il Continuava nella nostra
riunione serale, con una riflessione
su uno spunto preso dalla Bibbia,
con la revisione della giornata, e con
l'organizzazione a tavolino del giorno
seguente, mentre altri di noi passa-
vano le serate in camerata, ad assi-
stere i bambini nel riposo )}.
E al mattino si riattaccava. Narra
un simpatico cronista: «Sveglia I Oc-
chi assonnati, passi strascicati, ma di
chi? Non certo dei vispi 'S.P.Q.R.'
(Sono Pazzi Questi Ragazzi), ma ben
più spesso dei 'vigili', ma stanchi

2.5 Page 15

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Don Dante Invernizzi,
missionario salesiano
in Bolivia, fu uno dei
fondatori della « Mu-
yurina », una scuola
agraria modello per 240
allievi nella zona di
Santa Cruz. Nei « fine-
settimana » cominciò a
spingersi tra le comu-
500 km . per andare
a servire i poveri
Ho saputo di un'esperienza, nuova
da noi, realizzata con i giovani più
anziani del nostro collegio della Mu-
yurina. Mi pare una cosa degna di
essere sottolineata, perché mai si era
visto prima che dei giovani di fami-
g lia << bene » si sporcassero le mani
per lavorare a favore della pove ra
gente.
Durante le passate vacanze una
ventina di ragazzi degli ultimi corsi
del collegio, con la guida del sa-
cerdote salesiano don Valentino Fred-
di, decisero di andare ad aiutare una
comunità campesina. 11 viaggio fu
una vera epopea: 500 chilometri, tre
giorni di treno e camion per strade
che sono un modo di dire.
La popolazione li ricevette come
inviati dal cielo. Lavorarono per co-
struire una grande casa (capannone)
che doveva servire per locale della
comunità, scuola e cappella. Era la
prima volta che i campesinos vede-
vano dei giovani lavorare sul serio
e <• sfangare 1> per loro.
È il segno di un mondo che cam-
bia. La cosa ha avuto risonanza, e
anche altri collegi stanno pensando
di 1111itare l'iniziativa. La convivenza
cementò l'amicizia e l'unione tra gli
stessi studenti, ed entusiasmò i cam-
pesinos, che scoprirono gente che
pensava a loro con amore.
Difficile ricominciare
a 60 anni
In questa mia 111101 ., dimora sto
cercando di adattarmi. È difficile co-
minciare dall'anno zero quando si è
compiuto 60 anni, dopo una vita
passata in gran parte a fare il pro-
fessore, l'amministratore, i1 di ret-
tore di collegio. Adesso i miei alunni
sono i ragazzini incolti della foresta
e uomini analfabeti. È molto più
difficile lavorare con loro, insegnare,
nità dei campesinos,
nella foresta. Poi una
grave malattia lo rispe-
dì d'urgenza in Italia.
Guarito quasi prodigio-
samente, e tornato in
Bolivia, è andato a sep-
pellirsi nella foresta tra
le più avanzate comu-
nità campesine.
educare, ma molto più bello! Al-
l'inizio però devo confessare che ero
molto depresso. :\\ti sentivo un se-
polto vivo, avevo perso tutti i con-
tatti con la gente che conoscevo, mi
sembrava che tutti mi avessero di-
menticato. Sessant'anni sono proprio
tanti per certe esperienze drastiche.
Ma sono passi che si fanno per amore
di questi poveri campesinos e di
Colui che li ha amati molto più di noi..
La nostra missione si trova nella
foresta tropicale, nelle regioni basse
dell'oriente boliviano: da qui ha
inizio l'immensa conca amazzonica
che arriva fino all'Atlantico.
I serpenti, vicini di casa
Nella foresta si impara a << fare
senza». Tante cose che nei nostri
Paesi sviluppati sembrano indispen-
sabili, qui non ci sono e basta.
Altre, invece, abbondano. Per esem-
pio i serpenti, specialmente nelle
zone dove la foresta è stata appena
abbattuta.
I campesinos cambas, nativi del
tropico, difficilmente vengono mor-
sicati dai serpenti, anche se cammi-
nano scalzi: hanno un acutissimo
senso di osservazione, riescono a ve-
dere tra l'erba ciò che noi non ve-
d iamo. E poi loro, dei serpenti, se
ne servono. È normale trovare nelle
loro baracche dei pezzi di serpente
seccati e appesi al tetto. Pensavo li
tenessero per superstizione: << No pa-
dre - mi hanno risposto, - li
usiamo contro le malattie interne >>.
I serpenti freschi, invece, servono
per fare impiastri per le ossa e per
mali esterni. Quando poi è il caso,
servono anche per una buona man-
giatina.
Eravamo arrivati m tre a una co-
munità campesina, una sera. Per
strada avevamo ucciso un magnifico
serpente, grosso e lungo quattro
metri. Lo caricammo sul camion
per portarlo a casa e conservarne la
pelle. Giunti aJla comunità, non
trovammo carne perché non avevano
potuto andare a caccia e avevano
finito i rifornimenti. I miei due com-
pagni si ricordarono del serpente.
Lo pelarono, lo fecero arrostire e se
lo mangiarono quietamente. Io non
potevo nemmeno guardarli per il
voltastomaco. Mi compatirono, e mi
incoraggiarono a provare con un
pezzettino. Mi feci forza, ma con
quella roba tra le mani mi riprese il
ribrezzo (< civile 1>, lo lasciai cadere,
e... continuai il digiuno.
Decisamente devo ancora impa-
rare molto per essere come un
camba. I serpenti di notte si muo-
vono, attirati dall'odore della cucina
entrano nelle capanne in cui dorme
la gente. Per evitare queste sorprese,
i cambas tengono i cani. Ma sovente
i serpenti eludono anche questa
astuzia, e alla mattina te li trovi
dentro. Per me è una sorpresa a cui
non riesco ad abituarmi, e non so
come non mi abbia ancora causato
un infarto. La paura è sempre tanta!
La pelle preziosa del giaguaro
l\\t'la nella foresta non ci sono solo
serpenti: per fortuna c'è anche ab-
bondante selvaggina, che costituisce
il nutrimento base dei campesinos.
Qui la caccia non è uno sport, ma
il lavoro normale per procurarsi il
cibo.
L'esercito ha una segheria nell'in-
terno della foresta. I soldati che vi
lavorano, rimangono un paio di mesi
senza uscire dalla foresta. Per man-
giare ricevono: riso, farina, grasso,
sale, zucchero, caffè e... munizioni.
Di animali feroci c'è solo il gia-
guaro, che qui chiamano << el tigre •>.
Per fortuna si muove quasi esclusi-
vamente di notte, quando non c'è...
molta gente in giro. Ci sono solo i
cacciatori appostati nei punti di pas-
saggio obbligato. Amici inseparabili
dei cacciatori sono i cani: magri
come grovigli di fil di ferro. Scovano
la selvaggina nel folto impenetrabile,
e la tengono a bada fino all'arrivo
del padrone, guidato dai loro latrati.
- E per << el tigre 1>, vi aiutano
molto i cani? - ho domandato.
- No, padre. Appena sentono ~ el
tigre 1> i cani ci vengono vicino e
guaiscono come se piangessero. È
l'avviso che ci siamo.
Solo l'uomo affronta il giaguaro,
ma deve farlo a colpo sicuro, perché
un giaguaro ferito che riesce a scap-
pare diventa terribile: pazzo di do-
lore assalta chiunque e uccide per
uccidere.
15

2.6 Page 16

▲back to top
..
·,•·,
.,,..
_,,
,.--:·.
- i'ì )'1,.
La nos tra gante è semplice. Aggredisce la
foresta e, a pura forza di machete e scure,
abbatte il bosco con alberi secolari gigante•
schi. t un'Impresa titanica compiuta a
mano.
<◄ El tigre » è ricercato perché con
la vendita di una sola pelle il caccia-
tore ricava una cifra corrispondente
al salario di sei mesi di un operaio.
Tracciare i confini nella foresta
Il cacciatore della foresta tropicale
è sempre un campesinos camba, cioè
nativo del posto, mai un indio ve-
nuto dall'altipiano. Questi poveretti,
che scendono in gran numero dai
4000 metri di altezza, e si adattano
a vivere in un clima caldo-umido
per cercare un po' di <◄ benessere 1),
si trovano nella foresta come in un
labirinto senza via di uscita. Si smar-
riscono con estrema facilità, manca-
no di ogni punto di riferimento,
come noi in una fitta nebbia.
II camba invece, nella foresta è a
casa sua. Vi si muove come un pesce
nell'acqua, orientandosi con estrema
facilità.
Un giorno occorreva tracciare i
confini di proprietà tra due comu-
16 nità campesine. Mi armai di due
bussole con goniometro e mi r ecai
sul posto. Questi confini, nella fo-
resta, sono linee rette segnate sulle
mappe, ciascuna con i suoi rispettivi
gradi con il nord. Il lavoro di trac-
ciare un confine è pesante e lungo,
perché consiste nel tagliare gli alberi
e il groviglio di liane e cespugli in
modo che risulti un corridoio largo
circa un metro lungo tutti i lati della
proprietà.
Per questo lavoro dovevo fermar-
mi cinque o sei giorni, e giunto nella
comunità feci tornare indietro quelli
che mi avevano accompagnato. Ma
quando tutto fu pronto per iniziare
il lavoro, mi accorsi con gran disap-
punto che le bussole, con cui avrei
dovuto dirigere il lavoro, erano ri-
maste nel sacco di uno dei miei
accompagnatori. Ero disperato. Dissi:
- Mi dispiace molto. Fare il la-
voro è impossibile.
- E perché ? - domandò il capo
della comunità.
- Perché non ho la bussola. E
senza bussola si può forse calcolare
la direzione giusta, ma non certo
mantenerla per quasi tre chilometri
di foresta.
- Padre, lei non si preoccupi. Il
lavoro lo facciamo noi.
E cominciarono. Il capo (un camba
asciutto come se fosse scolpito nel
legno) si arrampicò sull'albero più
alto. Con le braccia aperte a croce
ci chiese che direzione dovevamo
r.rendere. Non mi fu difficile, con
l'aiuto della mappa e del sole, indi-
cargli la dfrezione giusta. Egli dal-
)'alto, sempre con le braccia distese,
fece piantare due paletti a cinque
metri di distanza l'uno dall'altro,
nella direzione delle sue braccia. Poi
discese. Mi disse semplicemente:
- A 2500 metri da qui c'è un
grosso albero di kupesì., proprio nella
direzione che mi hai indicato. Ci di-
rigeremo dritti su di lui.
E cominciarono a disboscare il cor-
ridoio, piantando ogni 30 metri un
paletto allineato sui primi due. Io
ero del tutto scettico. Davanti a noi
si elevava il muro altissimo e impe-
netrabile della foresta: andavamo
avanti alla cieca. Dopo il primo
giorno di fatica borbottai:
- Come facciamo a sapere se an-
diamo a finire sul tuo kupesi.?
- Non si pr eoccupi, padre - mi
rispose tranquillo.
Al mattino del terzo giorno mi
disse:
- Padre, questa mattina arrivia-
mo al kupesì.
Rimasi letteralmente ammutolito
quando, due ore dopo, comparve
davanti a noi il grande albero, e si
constatò che la direzione tenuta an-
dava dritta sul tronco: ci saranno
stati 20 centimetri di scarto dopo
due chilometri e mez.zo di disbosca-
mento!
Gridare tre volte
Bisognava poi tracciare il lato di
chiusura del rettangolo della pro-
prietà, che è sempre il più difficile;
una retta che congiunge i due punti
estremi dei due lati opposti, distanti
tra loro quasi quattro chilometri.
Il capo, allegro per il successo
precedente, agì con decisione. Divise
gli uomini in due gruppi: uno ri-
maneva con lui, l'altro doveva por-
tarsi all'estremo del lato opposto.
Una volta arrivati, uno doveva salire
sull'albero più vicino al punto d'ini-
zio e gridare. Il capo, dall'alto del

2.7 Page 17

▲back to top
kupesl raggiunto, avrebbe risposto.
Dovevano gridare tre volte, con uo
intervallo di cinque minuti tra un
grido e l'altro. Orientandosi sulla
v~ce, i due gruppi avrebbe comin-
ciato ad aprire il sentiero.
Le grida si sentirono a stento.
Ciascuno, con i sensi tesi, collaborò
a segnare la direzione, poi iniziarono
ad :ibbattere la foresta andandosi in-
contro, come minatori in una galleria
di foglie e di Jjane.
Confesso la mia completa sfiducia
nel metodo a orecchio •· Temevo
che ci sorpassassimo a vicenda chissà
a quale distanza, senza incontrarci.
Ma, dopo le sbagliate previsioni di
pochi giorni prima, me ne stavo
ben zitto. E l'incredibile avvenne.
Nel pomeriggio deJ quarto giorno, i
due gruppi si incontrarono cori lo
scarto di appena tre metri l'uno dal-
l'altro, che si poté correggere con
una piccola deviazione. Dovetti am-
mettere che la bussola, per questa
gente, è uno strumento quasi inutile.
La foresta è diventata casa mfa
Mi sono perso un po' per strada,
a raccontare cose che forse, a voi,
sembreranno insignificanti. Domando
scusa, ma qui esse costituiscono la
nostra vita di ogni giorno. La fo-
resta è diventata casa mia. I:: molto
diverso dal venirci di scappata, co-
me facevo prima. Adesso devo essere
amico degli insetti che mi hanno
conciato come un crocifisso, devo
mangiare la carne com'è (dura e che
puzza) e quando c'è; di verdura non
si può parlare, e il pane, quando
c'è, è orribile, e deve durare per di-
versi giorni.
Fino a qualche mese fa, il mio
contatto era stato con gli adulti e
con le comunità, adesso è con le
famiglie e con i bambini. Devo in-
cominciare da zero, imparare a farmi
capire dai bambini, senza... troppi
mezzi audiovisivi! Però sto benone.
Aiutatemi a dir grazie al Signore
per una salute così «esagerata & che
mi regala di giorno in giorno. Man-
gio di tutto, bevo di tutto, e non ho
mai niente. Corro tutto il giorno
da una comunità all'altra. Per for-
tuna non si può andare molto ve-
loci, ma si torna sporchissimi di terra,
e stracchi che lo sa solo il Signore.
Ora sto scrivendo alla luce di una
candela che balla tremendamente
per il vento che entra per le aperture
della parete, e mi stanca la vista.
Perciò smetto. Un saluto a tutti,
dalla foresta, casa mia.
DON DANTE INVERNIZZI
Missionario salesiano
Il BAMBINO DORMl NEL PRAID
Questa l"llera è giunta recentemente clalla foresta bofh,,aua.
L 'altro gìomo, in una notte di «su-
razo •• molto fredda per iI vento
del sud, arrivano a cavallo marito e
moglie con il loro bambino piu pic-
colo. Sono venuti da lontanissimo
per far celebrare una Messa per i
loro morti: hanno viaggiato quasi
tutto iI giorno e devono aspettare
la mattina per la Messa.
Chiedo loro se hanno trovato un
posto da dormire.
• No, Padre, perché siamo arri-
vaù tardi e non conosciamo nes-
suno•.
«Beh, vedrò di trovarvi io un
posto».
«No se moleste, Padre, abbiamo
il cavallo e dormiamo con lui nel
prato •·
E non ci furon ragioni: dormi-
rono nel prato con una notte fredda,
per essere piu pronti per la Messa
al mattino!
Viviamo tra questa gente! Siamo
in due: P. Freddi Valentino e colui
che scrive, P. Dante Invernizzi, re-
duce dalla clinica dei tumori.
La nostra è gente semplice: è abi-
tuata al duro, a lottare per vivere
contro una natura tremendamente
avara. Aggredisce la foresta, e, a
pura forza di «machete t e scure, ab-
batte il bosco con alberi secolari gi-
ganteschi; è una impresa titanica
compiuta a mano.
E mentre fanno questo lavoro pe-
sante e pericoloso, lontanissimi dai
centri abitati e senza strade, all'in-
fuori dei sentieri che si fanno loro,
vivono appollaiati sotto gli alberi o
in capanne fatte di foglie di palma.
E il\\ un ambiente d'un lavoro tanto
sacrificato non esistono distrazioni,
svaghi, momenti di distensione: l'u-
nico che rimane al povero campe-
sino, quello che tiene a disposizione
e che meno g li costa è ubriacarsi: e
da qui tutti i mali: spreco di soldi,
rovina della propria salute, famiglia
senza il necessario per vivere, figli
senza scuola e denutriti, litigi e mal-
trattamenti in casa e risse coi com-
pagni... di s\\'entura, che sovente fi-
niscono con spargimento di sangue.
Entra in questa linl'a la decisione
nostra di costruire un grande sa-
lone sociale, per dare la possibilità
di qualche forma di distrazione e di-
vertimento che non sia l'ubriacarsi
e l'abbrutirsi nell'alcool. Esso ser-
virebbe anche per corsi brevi sugli
argomenti piu svariati che possono
servire alla gente della foresta: uo-
mini, donne, giovanotti, ragazze.
Un'altra attività assai efficace per
aiutare i campesinos a migliorare
le loro condizioni economiche fa-
miliari, sarebbe la creazione di una
cooperativa di macchine agricole.
La finalità sarebbe di liberare i
campi dai ceppi degli alberi abbat-
tuti, che rubano piu della metà del
terreno coltivabile e costituiscono un
ostacolo enorme alla lavorazione dei
terreni, impedendo inoltre la possi-
bilità di usare macchine o animali
per i lavori. I campesinos non pos-
sono neanche sognare di procurarsi
una macchina. Noi lavoreremo con
una macchina nostra, facendoci pa-
gare il lavoro con parte del prodotto,
che con il lavoro della macchina si-
curamente passerà ad essere piu del
doppio dell'attuale.
Ai singoli campcsinos ne verrà cer-
tamente una grande utilità; il pro-
fitto, che trarremo dall'uso delle mac-
chine, sarà poi a beneficio delle stesse
comunità dei campcsinos in opere a
loro utili.
La vostra generosità sarà anche
sprone a noi poveri Missionari a
continuare senza misura e senza ti-
mori nel sacrificio della nostra vita,
elle è l'unica cosa che possiamo dare,
e stiamo dando totalmente e gioio-
samente per questi nostri fratelli.
DON DANTE INVERNIZZI S.D.8.
17

2.8 Page 18

▲back to top
Il cardinale Hlond è tuttora vivo
nei cuori dei polacchi non solo per-
ché la sua persona si è legata in-
separabilmente ai periodi più diffi-
cili della recente storia del nostro
popolo, ma è vivo anche a causa
dell'eminente opera che egli ha svol-
to per il bene della Chiesa e della
Nazione. Basti ricordare che i do-
cumenti concernenti la sua vita e la
sua opera, raccolti finora, riempiono
ormai oltre 50 grossi volumi.
Ancora oggi conserviamo il lumi-
noso ricordo del suo temperamento
e della sua intrepida condotta, che
fu per tutti un esempio e un con-
forto. Scrisse il cardinale Bernardo
Griffin, arcivescovo di Westminster:
<< La Polonia con il cardinale Hlond
ha perduto uno dei suoi più grandi
figli che la storia ricordi: il mondo
è rimasto privo di un ispirato con-
dottiero; mentre la Chiesa ha perso
un fedele servitore e un grande sa-
cerdote>>.
Nato il 5 luglio 1881 a Brzeckowi-
ce, nell'Alta Slesia, entrò giovanissi-
mo nei salesiani a Foglizzo, dove
emise i voti religiosi nelle mani del
beato Michele Rua, successore di
Don Bosco. Sulla sua formazione spi-
rituale molto influirono gli studi fatti
a Roma, dove con la scienza im-
parò a pensare con le categorie della
Chiesa universale, acquistando quello
spirito pieno di fede, di disciplina,
di obbedienza, di adesione al Papa,
di filiale amore verso la Chiesa che
caratterizzò tutta la sua vita.
<• Come rimane impressionato un
cattolico - scriveva il futuro cardi-
nale Hlond nel 1890 - quando, dopo
aver passato il Tevere, egli si trova
dinanzi alla basilica maestosa di San
Pietro e al Palazzo Vaticano. 11 cuore
gli batte più fortemente e l'anima
prova dolci emozioni. Qui, a Roma,
abita il Padre dei cristiani; qui c'è
la sua capitale; qui si trova tutto
ciò che vi è di più caro per chi
crede in Dio e ama sinceramente la
Chiesa di Cristo>).
Tornato in Polonia e ordinato sa-
cerdote il 23 settembre 1905, Hlond
svolse importanti mansioni nella Con-
gregazione salesiana. Inviato a Vien-
na quale direttore della casa sale-
siana di quella città, si guadagnò
ben presto la simpatia e la stima
della popolazione, dedicandosi so-
prattutto all'apostolato giovanile. A
Vienna fece conoscenza con monsi-
gnor Achille Ratti, futuro papa
Pio XI. Nel 1919 fu nominato ispet-
tore della provincia religiosa sale-
il card.
vive nel cuore
dei polacchi
Nel 25° anniversario
della morte del Cardi-
nale salesiano Augusto
Hlond, Primate di Po-
lonia, mons. Baraniak
{che fu suo segretario)
ne ha tracciato un vi-
goroso profilo durante
la commemorazione
svoltasi nel Palazzo
della Cancelleria Apo-
stolica in Roma. Diamo
un ampio condensato
del discorso.
In questa pagina: in a lto, il sepolcro de l card.
Hlond nella cattedrale di Varsavia. In basso,
giovani operai polacchi. Nella pagina seguente:
18 il volto assorto e sofferente del card. Hlo nd.

2.9 Page 19

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siana Ungarico-Austro-Germanica. JI
7 novembre 1922 fu nominato da
Pio XI amministratore apostolico di
quella parte dell'archidiocesi di Vra-
tislavia, dopo la guerra toccata alla
Polonia. Con sommo zelo si dedicò
alla fondazione di organizzazioni cat-
toliche e di un settimanale.
Guida spirituale della Polonia
Il 3 gennaio 1926 fu consacrato
vescovo della nuova diocesi di Kato-
wice. Nel giugno del 1926 Pio XI gli
affidò la vacante sede primaziale e
l'anno successivo lo elevò alla dignità
un cardinalizia.
Da primate fu
vero custode
della coscienza del popolo polacco.
<< Il primate di Polonia - dirà poi
mons. Radonski, vescovo di Wlocla-
wek - fu primate del cuore dei cat-
tolici polacchi come nessun altro dei
suoi predecessori. Si aveva in lui pie-
na fiducia e si guardava a lui come
alla guida spirituale della Polonia».
Apostolato dei laici, promozione del-
1'Azione cattolica, formazione degli
intellettuali furono i suoi obiettivi
di fondo. Notevole fu la sua solle-
citudine per la Chiesa universale.
Organizzò vari congressi internazio-
nali e nazionali, tra cui quello mis-
sionario nel 1927, quello eucaristico
nel 1930, quello tomistico nel 1934,
quello su Cristo Re nel 1937. Attiva
fu la sua partecipazione all'estero
con funzioni anche di legato ponti-
ficio. Per i connazionali sparsi nel
mondo fondò una nuova congrega-
zione religiosa.
Lo scoppio della seconda guerra
mondiale lo colse nel pieno della sua
attività. Su consiglio del Nunzio Apo-
stolico e dello stesso governo polacco,
si recò a Roma per conferire con
Pio X II, da dove poté rendere noti
i crimini commessi dal nazismo nei
primi mesi di occupazione.
La Polonia, divenuta libera, si tro-
però con le frontiere modificate;
e questo fatto faceva sorgere mi-
gliaia di nuovi problemi per la Chie-
sa, apparentemente disfatta e minac-
ciata nel suo avvenire. Prima di par-
tire per la sua patria, il 7 luglio 1945
il cardinale scrisse: << Condividevo
con gli esuli la loro sorte, quando
gli hitleriani mi hanno proibito di
tornare nel paese. Ora il ritorno di-
viene possibile cd io mi affretto a
raggiungere ambedue le archidiocesi
non solo perché sono canonicamente
obbligato a risiedere presso la sede
primaziale, ma anche a causa dei
grandi ed urgenti compiti affidatimi 1>.
Provvisto dell'autorizzazione del
Santo Padre, intraprende il perico-
loso ed ostacolato viaggio attraverso
l' Italia, la Gt:rmania (Monaco w Ba-
viera) e la Cecoslovacchia (Praga),
dappertutto regolando vari problemi
commessigli dalla Santa Sede. Il 20
luglio 1945 raggiunge la sua sede
primaziale a Poznan, incendiata e
quasi completamente distrutta da
una guerra di ferro e di fuoco.
Primate di Gniezno e Varsavia
Il percorso storico del cardinale
Hlond non era però ancora finito.
Il 4 marzo r946 Pio XII sciolse l'unio-
ne «ad personam 1> delle archidiocesi
di Gniezno e di Poznan e fece una
nuova un.ione tra Je archidiocesi di
Gniezno e di Varsavia, capitale mar-
tire della Polonia. L'ingresso del car-
dinale Hlond a Varsavia, avvenuto
il 30 maggio 1946, fu un trionfo della
Chiesa sulle rovine di una città,
che allora rassomigliava piuttosto a
Pompei.
Uno dei suoi primi atti fu la so-
lenne consacrazione della Polonia al
Cuore Immacolato di Maria, che eb-
be luogo nel santuario di Jasna Go-
ra 1'8 settembre 1946. Nonostante le
difficoltà delle comunicazioni, vi con-
venne più di un milione di fedeli,
molti dei quali giunti a piedi dalle
regioni più lontane. Fu l'ultima ma
forse la più grande gioia della sua
vita.
Come scopo principale, il cardi-
nale si propose di ricostruire le set-
tanta chiese, che insieme con la cat-
tedrale giacevano incenerite e ri-
dotte ad un cumulo di macerie. A
questo fine costitul il << Consiglio Pri-
maziale per la ricostruzione delle chie-
se di Varsavia•>. Ma più d'ogni altra
cosa lo preoccupava la «restaurazio-
ne delle anime», colpite dalla guer-
ra, nonché le sofferenze dei corpi.
Tra la pOJ?Olazione impoverita, tor-
nata a vivere in mezzo alle rovine
e nei sotterranei delle case semidi-
strutte, organizzò una stupenda ope-
ra caritativa, facendo venire aiuti
dagli uomini di buona volontà di
tutto il mondo. Incominciò la visita
pasto.raie in tutta l'Archidiocesi, che
da sette anni non aveva più il suo
Arcivescovo: il Cardinale Kakowski
era morto nel 1939. Organizzò le con-
ferenze dell'episcopato, scrisse nu-
merose lettere pastorali e parlò dap-
pertutto, per incoraggiare i fedeli ad
una nuova vita cristiana, dopo i
disagi e le tremende vicissitudini del
passato. Continuò instancabilmente
le sue visite in tutta la Polonia, e
organizzò nuove forme di aposto-
lato, adattate alle mutate condizioni
del paese.
Cosi egli condusse la sua vita per
due anni.
Glorioso transito
Dopo un viaggio apostolico a Wro-
claw, dove presiede anche la confe-
renza dell'episcopato, verso la metà
d.i ottobre del 1948, si ammala. Ben
presto la malattia si rivela mortale.
Ed infatti nelJa settimana dei 22 ot-
tobre 1948, dopo aver dato le ulti-
me disposizioni, circondato da ve-
scovi, sacerdoti, suore, da numerosi
medici e da tutto il personale del-
l'ospedale, si spegneva serenamente
con la preghiera sulle labbra.
Le sue ultime parole, rivolte al se-
gretario, furono: << Dica al Santo Pa-
dre che io sono stato sempre fedele
al Papa>>.
I suoi funerali furono un vero
trionfo. Si calcola che vi fossero pre-
senti più di trecentomila persone,
giunte da ogni parte della Polonia.
Fu sepolto nella cattedrale di Var-
savia, che era in ricostruzione. Il
suo cuore, però, è conservato nella
vetusta cattedrale di Gniezno, dove
riposano molti altri primati, suoi
predecessori.
Aveva adempiuto così la sua mis-
sione, dopo un lavoro intenso, ad
imitazione di San Giovanni Bosco. E
in una visione quasi profetica indicò
un avvenire più felice alla Polonia,
posta sotto la protezione di Maria
Santissima: << La vittoria, quando
verrà, sarà la vittoria della Ma-
donna » ripeteva.
Per le sue grandi archidiocesi, pri-
ma di Gniezno e di Poznan, e poi di
Gniezn.o e di Varsavia, come per l'in-
tera Chiesa della Polonia, fu l'uomo
all'altezza dei tempi, fu veramente
l'uomo mandato da Dio.
19

2.10 Page 20

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La voce imperiosa di
un ragazzo nella neb-
bia - Don Bosco la sen-
te e vuole conoscere
quel ragazzo - Comin-
cia cosi l'avventura di
Michele Magone, l'ado-
lescente che andò in-
contro a Dio - Un mo-
dello per i ragazzi che
in questo mese si rac-
colgono in Esercizi e
Ritiri spirituali per in-
contrare Dio.
In una sera fredda d'autunno la
nebbia intristiva ogni cosa. Don
Bosco, sotto La tettoia della stazione
di Carmagnola, aspettava il treno.
Qualsiasi altro viaggiatore, sotto quel
freddo umido, avrebbe cercato un
buon posto in sala d'aspetto. Don
Bosco invece cercava «lavoro>>. C'era
una frotta di monelli vocianti, in-
torno. << Tra quelle grida - scrisse
poi Don Bosco nella lingua fiorita
de11'8oo - re11devasi notahile u11a
voce che distinta alzavasi a dominare
tutte le altre; era come la voce di un
capitano, che era da tutti seguita
quale rigoroso comando. Nacque in
me vivo desiderio di conoscere colui
che sapeva regolare cosi svariato schia-
mazzo>>.
Don Bosco si avvicina. Appena la
veste nera sbuca dalla nebbia, i mo-
nelli se la danno a gambe. «Uno solo
si arresta, si fa avanti, e appoggiando
le mani sui fianchi, con aria imperiosa
cominda a parlarmi cosi : ''Chi siete?
Che cosa volete da noi?" >>.
Don Bosco fissa quel ragazzo dai
capelli scompigliati, e in fondo agli
occhi colmi di fierezza vede un'ani-
ma p reziosa, che va alla deriva. Con
un dialogo di pochi minuti vince la
diffidenza, e sa da lui il nome "Ma-
gone Michele", La situazione "tredici
a,mi, senza padre", la prospettiva per
il futuro "ho imparato il mestiere del
fannullone".
li treno fischia, c'è pericolo di
perderlo. Ma perdere quel ragazzo
sarebbe una disdetta molto più gran-
de. Gli mette nelle mani una meda-
glia della Madonna e gli'dice S\\Telto:
<< Vai da don Ariccio, tuo viceparroco.
Digli che il prete che ti ha dato
questa medaglia desidera informa-
zioni su di te 1>.
« Miseria che ci vado ! »
Pochi giorni dopo, Don Bosco ri-
cevette una lettera dal viceparroco di
Carmagoola. Diceva: << Il giovane
Magone Michele è un povero ragazzo
orfano di padre; la madre, dovendo
pensare a dar pane alla famiglia, 1t0n
può assisterlo; ma la sl,a volubilità e
sbadataggine l'hanno fatto licenziare
più volte dalla scuola; tuttavia egli
ha fatto abbastanza bene la terza
elementare.
In quanto alla moralità io lo credo
buono di cuore, e di semplici costim1i;
ma difficile a domarsi. Nelle classi di
scuola e di catechismo è il disturba-
tore universale; quando non inter-
viene, tutto è pace; e quando se ne
parte, fa un beneficio a tutti.
L'età, la povertà, l'indole, l'inge-
gno lo rendono degno d'ogni caritate-
vole riguardo. Egli è nato il I9 set-
tembre I845
Don Bosco rispose che, se il ra-
gazzo e sua mamma accettavano, era
disposto ad ospitarlo nel suo Oratorio.
Don Ariccia chiamò Michele, gli
parlò di quel prete che a Torino
aveva una casa grande grande con
centinaia di ragazzi che correvano,
si divertivano e studiavano o impa-
ravano un mestiere. E concluse: «È
disposto ad accettare anche te nella
sua casa. Ci vuoi andare ? ~- Si sentì
rispondere: << Miseria che ci vado!
« Se un birbante... »
La mamma lo accompagnò al
treno, con un fagottino di biancheria
e il cuore stretto di commozione. E
Michele Magone approdò a Valdocco.
Don Bosco ricordava il primo dia-
logo come se l'avesse registrato:
In questa pagina: la vecch ia casa d i Miche le
Mego n e a Carmagno la. Nella pagina se-
guente: Miche la « re dell'alleg ria» interp re-
20 t at o dal pittore Nino Mu•lo.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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oer
un
~ Eccomi - disse correndomi in-
contro - eccomi, io sono quel Ma-
gone Michele che avete incontrato alla
stazione della ferrovia a Carmagrwla.
- So tutto, mi.o caro; sei venuto
di buona volontà?
- Sì, si, la buona volontà non mi
manca.
- Allora ti raccomando di 11011
mettermi sottosopra tutta la casa.
- Oh state tra11,q_uillo, che non vi
darò dispiacere. Per il passato mi
sono regolato male; per l'avvenire
non voglio che sia così. Due miei
compagni sono già in prigi.o11e, e io...
- Sta di biwn animo. Dimmi sol-
tanto se preferisci studiare o imparare
un mestiere.
- Sono disposto a fare come vo-
lete; se però mi lasciate la scelta, pre-
ferirei studiare.
- E terminate le classi, che cosa
vuoi diventare?
- Se un birbante... - disse, e poi
chinò il capo ridenda.
- Continua : se un birbante...
- Se un birbante potesse diventare
abbastanza buono per ancora farsi
prete, io mi farei volentieri prete.
- Allora vedremo che saprà fare
un birbante. Ti metterò allo studio >>.
Da quel momento cantare, gridare,
schiamazzare, correre, saltare, di-
venne la sua vita. Non era però di-
ventato un santino tutto d'un colpo,
anzi! La «Compagnia dell'Immaco-
lata >> ( un gruppo di ragazzi in gamba)
d'accoido con Don Bosco, gli mise
al fianco un giovanottino che lo aiu-
tasse e lo coueggesse con bontà. Ne
ebbe del lavoro. Parole sboccate, di-
scorsi volgari, mezze bestemmie...
Ma ogni volta che il compagno lo
correggeva, Michele, pur vivacissi-
mo, ringraziava e si riprendeva.
C'era una cosa cordialmente anti-
patica a Michele: la campana che
segnava seccamente il termine della
ricreazione per chiamare allo studio
e alla scuola. Con i libri sotto il
braccio, sembrava un piccolo con-
dannato ai lavori forzati.
Molto più simpatico gli era i.l se-
gnale che indicava il termine della
scuola. Scrive Don Bosco: «Sem-
brava che uscisse dalla bocca di un
cannone: volava i11 tutti gli angoli,
metteva tutto in movimento >>. Nel
gioco era capitano di una squadra
che, dal suo arrivo, era quasi invin-
cibile. Passò così un mese.
I giorni della tristezza
Un giorno cominciò a intristire.
Da un angolo solitario guardava i
compagni giocare, sfuggiva la com-
pagnia degli amici , chiassosi, e a
volte, non visto, piangeva. Sembrava
che un velo di malinconia fosse ca-
lato sulla sua faccia. Cediamo la pa-
rola a Don Bosco:
«Io tenevo dietro a quanto acca-
deva in lui, perciò m1 giorno lo mandai
a chiamare e gli parlai così :
- Caro Magone, io avrei bisogno
che mi facessi tm piacere; ma non
vorrei zm rifiuto.
- Dite pure - rispose ardita-
mente - sono disposto a fare qualun-
que cosa mi comandiate.
- Avrei bisogno che mi lasciassi
un momento padro11e del tuo cuore, e
mi ma11ifestassi perché da alcuni giomi
sei cosi, malinconico.
- Sì, è vero... ma io so1w dispe-
rato e non so come fare.
E scoppiò a piangere. Lo lasciai
sfogare; quindi, a modo di scherzo,
gli dissi:
- E tu saresti quel generale Mi-
chele Magone capo di tutta la banda
di Carmagnola? Che generale sei I
Non sei capace di dire ciò che ti rende
tri.ste?
- Vorrei farlo, ma non so espri-
menni.
- Dimmi una sola parola.
- Ho la coscienza imbrogliata...
- Questo mi basta. I-Io capito
tutto. Tu puoi mettere a posto tutto
con la massima facilità. Dl solo al
confessore che hai qualcosa da rive-
dere nella tua vita passata, poi egli
prenderà il filo delle tue cose, in ma-
niera che a te non rimarrà altro che
dire qualche si e qualche no».
C'erano alcuni sacerdoti all'Ora-
torio, ma quasi tutti i ragazzi anda-
vano a confessarsi da Don Bosco.
Quella sera stessa, Michele andò a
bussare al suo ufficio:
- Don Bosco... forse di&turbo...
ma il Signore mi ha aspettato molto,
e non voglio farlo aspettare ancora
fino a domani.
Coll'aiuto paterno di Don Bosco,
Magone depose ai piedi del Croci-
fisso tutte le sue piccole miserie, e 21

3.2 Page 22

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gli domandò perdono. Don Bosco,
testimone di quella giovane risurre-
zione, annotò: « Nlagone aveva perso
l'allegria quando aveva cominciato a
capire che la vera contentezza non
nasce dal far salti, ma dafl'amicizia
del Signore e dalla pace della co-
scienza. Vedeva i suoi compagni ac-
costarsi alla Comunione e diventare
sempre più buoni, e lui, che non si
sentiva, era preso da grande i11qmi!.tt1-
di11e... Alla fine della confessione disse
commosso : Come so1w felice ! >).
Il giorno dopo, nel cortile del-
l'Oratorio Michele tornò alla testa
della sua squadra, e la guidò a una
memorabile vittoria. Era tornato il
re dell'allegria.
Sette carabinieri
Ora la campana che lo chiamava
in chiesa non era più antipatica:
andava a incontrare Gesù, diventato
suo amico. Con l'aiuto di Don Bo-
sco tracciò un << piano di battaglia •>
per conservare e sviluppare questa
amicizia: impegno per conservare
una purezza perfetta nella sua vita;
impegno a fondo per diffondere
bontà e allegria tra i suoi compagni.
Sul taccuino personale scrisse sette
propositi, che lui chiamò i «sette ca-
rabinieri>> per difendere la sua ami-
cizia con il Signore. Eccoli:
I. Incontrare sovente Gesù nella
Comunione e nella Confessione.
2. Amare teneramente la Vergine
Santissima.
3. Pregare molto.
4. Invocare frequentemente Gesù
e Maria SS.
5. Non t roppa delicatezza per il
mio corpo.
6. Avere sempre qualcosa da fare.
7. Girare al largo dai compagni
cattivi.
Sul fronte della bontà e dell'alle-
gria condusse la battaglia con il suo
stile impetuoso e scanzonato. In un
gruppetto appartato sotto il portico,
un ragazzotto raccontava barzellette
poco pulite. Attorno, qualcuno sghi-
gnazzava, qualche altro avrebbe vo-
luto andarsene ma non ne aveva il
coraggio. Michele capì tutto, si av-
vicinò alle spalle del ragazzotto, si
ficcò in bocca quattro dita e gli
lasciò partire negli orecchi un fi-
schio acutissimo. Quello fece un
salto di spavento e si girò rabbioso:
- Ma sei matto ?
E Magone serio:
- l.vlatto io o matto tu a raccon-
tare queste porcherie ?
Un giorno passava in piazza Ca-
stello con Don Bosco. Un paio di
ragazzi stavano giocando a soldi, e
a un tratto uno di loro scoppiò a
bestemmiare coprendo di insulti il
nome del Signore. Michele filò dritto
verso quei due e mollò due schiaffi
al bestemmiatore. Quello, che non se
l'aspettava, incassò ma subito pard
al contrattacco, e cominciarono a
pestarsi di santa ragione tra la gente
che si fermava a guardare. Don Bo-
sco ebbe appena il tempo di get-
tarsi tra i due e separarli. Michele
sibilò:
- Ringrazia questo prete, altri-
menti ti conciavo per le feste!
Don Bosco dovette faticare a per-
suaderlo che non era il caso di pren-
de.re a pugni tutti quelli che bestem-
miavano.
MICROREALIZZAZIONI MISSIONARIE
Padre Baracca ci annuncia che il primo «blocco» di quattro microrealiz-
zazioni è quasi completato. Manca un piccolo sforzo, una piccola ondata di
generosità, e nella Corea del Sud, a Madras, a Campo Grande e a UriurkUppam
lasceremo i segni concreti della nostra carità.
Diamo la situazione aggiornata al 1O febbraio 1974.
Nel mese prossimo presenteremo ai lettori del «Bollettino» una nuova
microrealizzazione.
Micro n. 1 : Corea del Sud Dormitorio per giovani operai (P. Paolo Bahillo).
Costo: L. 2 milioni. Offerte pervenute: L. 1.325.000.
M icrò n. 2: India Sud - Capannone per handicappati {P. Francesco Schlooz)
Costo: L. 3 milioni. Offerte pervenute: L. 1.035.000.
Micro n. 3: Brasile - Centro sociale per piccoli lustrascatpe (P. Ernesto
Saksida). Costo: L. 1.500.000. Offerte pervenute: L. 104,500.
Micro n. 4: India - Pompa a motore elettrico per Urlurkuppam (P. Thomas
Niiidu). Costo: L. 400.000. Offerte pervenute: L. 546.500.
I contributi per le Microrealìzzaz1onl (specificando a quale d1 esse si in-
tende collaborare) vanno indirizzat i a:
Padre Giuseppe Baracca - Casa Madre Opere Salesiane
Via Maria Ausiliatrice 32 - 10100 Torino
22
Ci si può servire del Conto Corrente Postale N. 2.36546.
Magone, per il suo amico Gesù,
non era però capace soltanto di me-
nare le mani. Diventava di giorno
in giorno servizievole, generoso. Aiu-
tava i più piccoli a riordinare il letto,
a pulirsi le scarpe, ripassava le le-
zioni scolastiche con i meno intel-
ligenti.
Arrivò la fine del 1858. Quell'ulti-
ma sera dell'anno, Don Bosco rac-
comandò a tutti di cominciare a con-
tinuare bene l'anno nuovo, ne1la
grazia di Dio, perché forse <( per
qualcuno di voi - disse - sarà
l'ultimo anno di vita>>. La mano di
Don Bosco, mentre diceva quelle
parole, era posata sulla testa di Nli-
chele. Ed egli pensò: «Che sia per
me quest'avviso? •>. Ma non si spa-
ventò. Disse solo tra sé: << Mi terrò
preparato •>.
Addio alla terra
Tre giorni dopo accusò dei dolori
allo stomaco: era un male che aveva
avuto anche negli anni precedenti, e
che ogni tanto tornava. Si recò in
infenneria, e la cosa non sembrò
per nulla preoccupante. Don Bosco,
avendolo visto dalla finestra, gli do-
mandò che cosa avesse, e si sentì
rispondere: «Niente. È il solito
male... >>.
Ma la sera del 19 gennaio il male
si aggravò improvvisamente. Fu chia-
mata d'urgenza la mamma. Il me-
dico, accorso, udendo il respiro pe-
sante, faticoso, allargò le braccia
nella sconsolata impotenza della me-
dicina di quegli anni. Disse solo :
<< Andiamo male ,1.
li 21 Michele era in fin di vita.
Gli amici, costernati, pregavano per
lui. Gli fu portato il Viatico. Fu
l'ultimo incontro .sulla terra tra Mi-
chelino e Gesù.
Si avvicinava la mezzanotte, ormai.
La mamma aveva dovuto tornare al
paese per badare ai figli più piccoli,
ma Don Bosco era li, accanto al letto
di Michele.
- Ci siamo - disse all'improv-
viso. - Mi aiuti, Don Bosco... Diea
a mia mamma che mi perdoni tutti i
dispiaceri che le ho dato... Le dica
che io le voglio bene, che si faccia
coraggio... Io l'aspetto in Paradiso...
Era ormai mezzanotte. Michele eb-
be un istante di assopimento. Poi,
come se si svegliasse da un profondo
sonno, con il volto sereno disse a
Don Bosco:
- Dica ai miei compagni eh.e li
aspetto tutti in Paradiso. Gesù, Giu-
seppe, Maria...
Il suo volto rimase immobile, sor-
ridente. Non aveva ancora 1+ anni.

3.3 Page 23

▲back to top
cucire ne aveva fin che voieva con
tutti quei bambini I Di più inse-
gnava il ricamo nella scuola. Sì, per-
ché avevano aperto anche la scuola
con l'appoggio delle autorità ameri-
cane e giapponesi. E tutto era nato
da una domanda scritta per avere
zoccoletti: «... per mandare alla scuola
comunale gli orfani>/.
L'ufficiale americano, leggendo, a-
veva esclamato: << E fatela voi la
scuola: ecco il foglio da riempire. Vi
aiuteremo in tutto>>. Altro che zoc-
coli! Avevano avuto la stoffa per
tutte le divise, cappottino compreso.
Dunque, Kieko che di notte ram-
mendava calzini, mutandine, sotta-
nelle, trovò modo e tempo di pre-
parare lo «stand>> Figlie di Maria
Ausiliatrice alla esposizione di lavori
femminili allestita in Tokio, sotto
gli auspici d'una principessa impe-
riale. Vi figuravano bellissimi ki-
mono ricamati.
li giorno dell'inaugurazione un
colpo di telefono dal palazzo impe-
riale chiamò Akabanedai: «La prin-
cipessa desidera avere presente alla
funzione di apertura la maestra Kie-
ko •>. Rispose una suora, piangendo:
<< È morta due ore fa>>. Forse s'era
stancata troppo ? Si era sentita male
nella notte; l'avevano portata all'o-
spedale ma il cuore s'era fermato.
Era morta com'era vissuta: sorri-
dendo. << Ogni punto d'ago era stato
un atto d'amor di Dio>> come aveva
insegnato Madre Mazzarello, sarta
anche lei.
Addio per suor Letizia
Suor Letizia Begliatti ebbe la gra-
zia di vedere fiorire l'opera in Giap-
pone in modo meraviglioso. Non
senza lacrime. L'ultima sua opera fu
Shimizu. Creata dal nulla, divenne
- per la sua tenacia - un com-
plesso scolastico imponente. Oggi
ospita oltre 1500 alunne. Le fu al
fianco fin dai tempi eroici Setzuko-
suor Teresina, che ne ereditò lo spi-
rito e che, ancor oggi, continua
l'opera.
A Shimizu-Shizuoka, provincia tut-
ta posata in faccia al Pacifico, si
coltiva il tè a perdita d'occhio. Suor
Letizia mandava mensilmente il
e qualche altro modesto regalo a
monsignor Cirnatti allora direttore
di Chofu. U <, Don Bosco del Giap-
pone 1> le scriveva: <• Rev.ma Madre
Letizia. Laetare, Letizia! Grazie dal
profondo del cuore per quanto lei
e le sue figliole, nella vostra carità,
avete fatto per questo povero uomo.
Il Signore vi rimeriti e vi conceda
quanto ho clùesto per voi nella
Messa di quel giorno. Contjnuo a
ricordarvi cotidie e anche voi non
dimenticate il vostro... >>. E ancora:
«Rev.ma Madre Letizia. Ricevo la
sua generosità! Ab, sempre buona
madre, suor Letizia!... Non posso
fare altro che offrire tutta l'ottava
della Mamma ad intentionem suam.
I nuovi sacerdoti promettono pure
un memento speciale nella loro prima
Messa. Buona Madre, le due colom-
belle (le nuove professe) e tutte le
altre le diano tante consolazioni che
La facciano campare fino ai novanta
o giu di U... Ossequi a tutte e bene-
dizione a tutte più una specialissima
(la piu bella) per lei... >>.
Ma il tempo per suor Begliatti
volgeva al termine. Doveva lasciare
Shimizu per Akabanedai. Lo strappo
fu duro per tutti. Nella serata d'ad-
dio la maestra di canto, signorina
Shiba Keiko, pagana, le cantò l'Ave
Maria con commozione, e tutti pian-
sero. Poi volle donare la sua foto-
grafia alla partente. Suor Letizia la
serbò, come serbò fino all'ultimo
quell'amore materno e sànto che
l'aveva fatta camminare così a lungo
su e giù per le strade del Giappone.
TI nome della piccola manciuriana
ravvolta nel fagotto e salvata per
miracolo - il segno vivo della vo-
lontà di Maria - fu l'ultima sua
parola.
Come il fiore del ciliegio
Raccontare tutto è troppo lungo,
anche se sarebbe bello. L'albero delle
Figlie di Maria Ausiliatrice in Giap-
pone ha sparso i suoi petali un po'
ovunque. Le Opere sociali sono in
piena fioritura: Beppu, Oila, Tokio,
Seibi Home, Shizuoka, Yamanaka.
Gli assistiti e le assistite dal giorno
uno agli anni diciotto trovano una
famiglia, l'istruzione, l'educazi.one,
in molti casi la fede cristiana, un
lavoro sicuro e onesto. Tutto sotto
lo sguardo di Maria Ausiliatrice.
Chi vuole e ne ha il talento può
anche frequentare l'Università.
Abbiamo domandato a un gruppo
di ex-allieve del tempo di guerra:
«Che cosa pensate di suor Letizia?•>.
Ci hanno risposto: << Era una mamma.
La trovavamo un po' severa, ma ora
noi facciamo con i nostri bimbi
come lei faceva con noi >>. Una
mamma ci ha detto: <1 Io ogni sera
do la "buona notte" in famiglia
come ce la dava suor Letizia allora ».
Un'altra mamma: << Mi sono sposata
a un buddista e sono entrata nella
famiglia di mio marito. Mia suocera
non era contenta di me, però mi
permetteva di andare a Messa tutte
le domeniche ed io portavo a casa
ogni volta qualche foglietto od opu-
scolo sacro. Di nascosto la vecchia
li leggeva. Si ammalò gravemente e
mi disse: "Va a chiamare il bonzo
cristiano..." Sono andata in cerca
di un sacerdote, perché suor Letizia
ci diceva sempre di non lasciare mo-
rire nessuno senza il battesimo... >>.
L'albero si conosce dai frutti. Oggi
le Case delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice sono 24, comprese le tre
aperte in Corea. E le vocazioni sono
tante, a lode e gloria di Dio.
A cura dell'Ufficio Stampa F.M.A.
UN SALESIANO UCCISO IN CILE
Don Gerardo Poblete Fernandez, sacerdote salesiano di 31 anni, è dece-
duto in Cile in seguito a maltrattamenti subiti in una caserma.
Era nato a Chuquicamata (Antofagasta, Cile) il 13 maggio 1942. A tre-
dici anni era entrato come alunno in collegio salesiano di Santiago; a 19
anni - sentendo forte l'ideale della consacrazione «ai giovani più poveri,
come il nostro buon padre Don Bosco» - chiedeva di professare nella
Congregazione salesiana. E chiedendo gli ordini sacri, spiegava cosi il suo
passo: e Per essere ogni giorno di più un chiaro ed efficac& testimone del•
l'amore Sljlvifico del Padre per tutti i giovani di oggi ». Veniva ordinato nel
novembre 1971.
Trascorse i due anni di ministero sacerdotale tutto assorbito nella pastorale
giovanile, ifl coerenza con il suo programma. Mandato dall'obbedienza a
lquique, una cittadina a 2.000 km. al nord di Santiago. vi lavorava come con-
sigliere scolastico. Era tra gli iniziatori della «Settimana Santa Giovanile»,
un'iniziativa che portava i giovani a vivere il loto iml)egno cristiano «pas•
sando con il Signore Gesù dalla morte alla vita».
Il 21 ottobre scorso fu arrestato per dei sospetti 09gettivamente futili.
È deceduto nella caserma locale dei Carabineros, poche ore dopo l'arresto,
a seguito dei maltrattamenti subiti. La sua morte violenta ha causato una
tragica sorpresa e ha scosso l'opinione pubblica. L'Episcopato e i Superiori
salesiani hanno denunciato i soprusi della violenza, e hanno chiesto che si
stabilissero le responsabilità. Il generale Pinochet ha ordinato una inchiesta,
chè è ancora in corso, sul decesso.
13

3.4 Page 24

▲back to top
a
Sono arrÌ\\·ato, dopo 23 giorni di
nave e treno e camion, alla mia
nuova dimora nella foresta brasiliana
di Santa Cruz de la Sierra.
Dopo la mia infermità «maligna >>,
i Superiori non avrebbero voluto
che ripartissi per le missioni. Ma io
mi sentivo obbligato a spendere la
salute riavuta a beneficio dei miei
campesinos • che avevano molto
trepidato e pregato per me.
I Superiori finirono per accettare
il mio desiderio di ripartire per le
missioni, ma pensavano che io mi
fermassi in un luogo con un poco
di comodità, nel collegio della ~ !\\1u-
yurina *, in cui avevo lavorato per
13 anni (dalla sua fondazione), per
la sistemazione economica e scola-
stica.
Risposi che non mi sembrava lo-
gico partire per le missioni e poi
rimanere io un luogo in cui poter
avere comodità: per far cosi tanto
valeva rimanere io Italia.
E cosi ora mi trovo qua nella fo-
resta, dove abbondano gli insetti che
ti riducono a un crocifisso piagato,
dove non si può dire che abbondino
le comodità. Non più per dei • fine-
settimana •, ma a tempo pieno.
La strada (l'unica) quando pio,·e
si trasforma in una pozza di fango
che impeùiscc persino di passare col
cavallo. Quando non piove sono
20 centimetri di terra polverosa come
il talco.
Adesso per esempio è piovuto, e
sono quasi due settimane che non si
può transitare, così siamo senza zuc-
chero, saJc, carne, uova, verdura,
olio. Abbiamo riso e patak. Di
burro non se ne parla (arriverebbe
14 liquido!).
e'

3.5 Page 25

▲back to top
assistenti. Svegliaaa! Poi una musica
da... Bangladesh. Ti scuote irrime-
diabilmente i nervi e sei di nuovo
pronto per assistere, insistere... Man-
gia figliuolo l ».
« Predicare su.i tetti,
eseguire sotto i tetti »
Il direttore salesiano dell'Istituto
scrive: • A ll'inizio, abbiamo osservato
questi giovani tenendoci un po' a
distanza. Poi siamo stati coinvolti
nel clima e nel ritmo del loro lavoro,
al punto che oggi, nell'esprimere un
parere, devo cercare di non lasciarmi
trascinare dall'entusiasmo. Dapprima
restammo colpiti dalla formula nuova
di portare avanti il soggiorno: tutta
la conduzione era in mano ai gio\\•ani
che programmavano la giornata nei
minimi particolari e poi la realizza-
vano. Poi ci impressionò lo spirito
con cui questi giovani affrontavano
il loro lavoro: spirito di sacrificio,
vero amore verso questi piccoli sem-
pre imprevedibili, impegno sodo al
punto di rinunciare ad ogni evasione
e interesse personale. Vero spir ito
cristiano, che agganciava tutta la
giornata alla Messa, alla revisione di
vita e alla meditazione della parola
di Dio. l bambini, sotto la loro guida,
assistevano ogni giorno alla S. Messa.
E loro talvolta, tardi nella notte, si
radunavano ancora con Don Aldo
per celebrare un'altra l\\lessa, vissuta
con calma, nel silenzio. Solo questo
spiega come questi giovani, dai 16
ai 20 anni, abbiano potuto sostenere
la fatica durissima di 40 giorni che
li impegnavano dal mattino alla
notte•·
Anche altri salesiani stavano ad
osservare. 11 salesiano laico incaricato
dell'amministrazione scrive:« Quando
si pensa a un gruppo ùi giovani dai
16 ai 20 anni, riuniti insieme aJ fine
di 'combinare' qualcosa, lo si giudica
in generale e con pessimismo un
'gruppo contestatore'. Si crede che
non abbia nulla da fare se non dare
fastidio a qualche 'benpensante' di
età più avanzata. Ma quello che è
accaduto l'estate scorsa a Perosa, sa
di contestazione, ma di contesta-
zione evangelica: quella che si deve
predicare sui tetti e poi eseguire
sotto i tetti &.
E un sacerdote salesiano aggiunge:
«Ho visto i giovani animatori fare
di tutto: lavare i piatti e la bian-
cheria, fare il teatro, cantare, pregare,
giocare, fare gli infermieri, cucinare.
Il vederli poi alla sera radunati in
preghiera, era qualcosa che trascinava.
Per molti giovani di Perosa è sta!o
ll1l invito ad uscire dal propno
~oismo. Alcuni di loro mi hanno
già proposto di fare qualcosa di si-
mile l'anno prossimo».
Anche i ragazzi, tra un gioco e
una passeggiata, osservano i loro ani-
matori. Un gagnetto scri ve nello stile
imprevedibile dei suoi 8 anni:• Vanno
d'accordo, sembrano fratelli, non liti-
gano, ma chiacchierano ». E un altro
di 10 anni: «Quando vi vedo Lavare
i piatti vorrei aiutarvi, perché guar-
date noi già tutto il giorno, e se
finiste prima potreste riposarvi in-
sieme a noi •· E uno di dodici: Da
grande voglio diventare come voi
In agosto, il grande ritorno, ma
non la dispersione. Quei ragazzini si
ritrovano nei cortili dell'Oratorio sa-
lesiano, e gli animatori salgono
5-6 piani (senza ascensore) per andare
a parlare con papà e mamme. L'ami-
cizia continua, si approfondisce. E
un altr'anno il cartellone, puntuale,
verrà ancora appeso al portone.
Ogni animatore ha scritto, al ter-
mine del soggiorno estivo, le sue
impressioni. Rubo dieci righe a una
ragazza e a un ragazzo. Possono far
pensare.
«Prima di cominciare la colonia
avevo davvero molta paura: paurn di
non riuscire a fare tutto quello che
mi p roponevo, paura dc.Ila mia ine-
sperienza, paura di non essere al-
l'altezza del mio compito per i miei
pochi mesi di gruppo.
E inVece sono i;tati i bambini che
hanno saputo darmi l'entusiasmo ne-
cessario, hanno saputo 'caricarmi',
hanno potuto trasmettermi la loro
gioia di vivere.
Quando capitava che ero un po'
giù, o perché si era stanchi o perché
qualcosa 'non girava' bastava andare
tra i bambini che con una loro bat-
tuta, con quella loro allegria ti face-
vano di nuovo venire voglia di ridere
e di cantare (M. T.).
• È sempre così, cominci per dare,
e poi ti accorgi che sei stato tu ad
essere arricchito, e ritorni più felice
più carico, con la voglia di fare, e
sono proprio loro con la loro sem-
plicità e perché no, ìl loro affetto,
che ti fanno capire che la strada di
lavorare per gli altri è quella giusta.
È bello per noi 'assistenti di giugno
e luglio' accorgersi come oggi, finita
l'estate, i ragazzini ci siano ancora
vicini, sempre amici con i quali par-
lare e anche a volte lavorare. È bello
pensare di avergli trasmesso ciò in
cui noi crediamo, vederli affaccendati
in una mostra o a legare pacchi di
carta, oggi per gioco, domani chissà »
(M. N.).
TERESIO BOSCO
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
NOVITA SEI
Banhes, Bovon, Leenhardt, Martin-
Achard, Starobinki, Analisi strut-
turale ed esegesi biblica. Pag. 120.
L. 1400
Per la prima volta è presentato il
metodo di ricerca strutturale appli-
cato all"esegesi biblica. Specialisti di
chiara fama presentano lo s1ruttura-
lismo e applicano concretamente i
principi all'esegesi. Non si arriva a
nessuna «conclusione 11, poiché la
discussione è ancora aperta.
Tina Zuccoli, Balene e balenieri,
Pag. 182. L. 2400
G. Albeno. Storia dell'aviazione.
Pag. 206. L 3000
A. Scheinfeld, Perch6 tu sei tu.
Pag. 168. L. 2200
I primi tre volumi della nuova
«Collana Poker» che Intende pre-
sentare al ragazzo una vasta serie
di argomenti: dai problemi sociah ai
fenomeni scientifici, passando per la
tecnica, la stona, le biografie...
NOVITA PAS- VERLAG
Piazza Ateneo SaleSJaoo, 1 00139 Roma
Domenico Berteno. La vita sale-
siana oggi nella luce di Maria.
Pag. 350. L. 2500
Il volume presenta le Meditazioni-
Conferenze che l'illustre autore ha
tenuto in vari corsi di Esercizi Sp1•
rituali, con l"intento di calare le Co-
stituzioni rinnovate nella vita e nella
pratica di ogni salesiano. Le 23
conferenze trattano i temi fonda-
mentali della vita e della missione
salesiana. La luce di M. Ausiliatrice
dà tono mariano alle conferenze.
NOVITA LDC 10096 TO-Leumann
Card. R. Silva Henriquez, Lotta di
classe o solidarietà cristiana 1
Vescovi tedeschi, Problemi deJla
sessualità umana.
Card. J. Hoffner, La morale ses-
suale alla luce della fede.
Tre nuovi volumetti della collana
«Maestri della fede». Ciascuno L. 260.
Pellegrino-Suenens-Carretto, Cristia-
nesimo di speranza. L 250.
Il « pomeriggio di speranza, di pre-
ghiera e di silenzio» organizzato a
Torino nel maggio scorso, con le
parole pronunciate dai tre illustri
oratori a 1O mila giovani.
NOVITA F.M.A. (l,1i1u10 F.MA.
via d.ell'A1eneo Salesiano 81 ROMA)
L Dalcerri, Tradizioni salesiane,
spirito di famiglia. Pag. 384. s.p.
Traendo spunto dalle circolari delle
Madri Generali e del Consiglio,
l'autrice mette a fuoco le caratteri-
stiche più care dell'Istituto F.M.A. 25

3.6 Page 26

▲back to top
NELMONDO
SALESIANO
FAR SORGERE VOCAZIONI
A TONDO
Promuovere vocazioni per il proprio
futuro è il lucido impegno che si sono
presi i sei Salesiani e le quattro Figlie
di Maria Ausiliatrice di Tondo, il vasto
centro sociale che sorge alla periferia
di Manila.
Impegnati allo stremo con scuole
professionali, oratori, catechismi, ambu-
latorio e opere assistenziali di vario ge-
nere - tutte per gli innumerevoli ba-
raccati della zona - i figli di Don Bosco
awertono l'importanza che dalla stessa
zona sorgano le vocazioni per assicurare
continuità alla loro azione religiosa e
sociale.
«Abbiamo già - dice una recente re-
lazione giunta da Tondo - un chierico
salesiano all'ultimo anno degli studi filo-
sofici, tre giovani che si preparano al
noviziato, e un chierico al primo anno
di teologia presso i Maristi. Le Figlie
di Maria Ausiliatrice hanno una ragazza
al secondo anno di probandato e un
gruppetto di sei giovani della media
che studiano latino».
Queste cifre acquistano significato se
s1 tiene conto che l'opera salesiana è
cominciata a Tondo appena cinque
anni fa.
<< Di queste vocazioni - aggiunge con
una certa fierezza la relazione perve-
nuta - ci assumiamo noi stessi l' onere
finanziario, perché vogliamo che siano
per intero vocazioni di Tondo».
mente latino-americano. Esce in fasci-
coli semestrali di 300 pagine (abbona-
mento annuo: 5 Quetzales o Dollari
USA).
Dal 1972 si tiene nell'Istituto nel pe-
riodo delle vacanze scolastiche (in Gua-
temala da novembre a gennaio) un
« Corso intensivo di Teologia» della du-
rata di quattro anni, per offrire a laici,
religiosi e religiose una solida cultura
teologica e una preparazione adeguata
all'insegnamento della religione nelle
scuole. Vi prendono parte più di ottanta
alunni di dodici nazioni diverse.
Altre iniziative culturali si sono svolte
nel periodo luglio-agosto 1973. Il noto
Redentorista padre Antonio Hortelano
ha diretto un «Seminario di Teologia
Morale» aperto a sacerdoti, religiose e
laici. con temi differenziati per le tre
categorie.
In agosto il Rettor Magnifico del
PAS romano, don Antonio Javierre, ha
tenuto due «cursillos » (rispettivamente
di 8 e 11 giorni) sui temi: « Problematica
attuale sulla Chiesa» e « Ecumenismo».
L'Istituto Teologico Salesiano (20 Ave-
nida 13-45, Zona 11, Guatemala) era
sorto a El Salvador nel 1931 , per for-
mare al sacerdozio i giovani religiosi sa-
lesiani. Trasferito in nuovi locali a Gua-
temala, dal 1967 sotto la spinta delle
aperture conciliari accoglie nelle sue
aule anche seminaristi diocesani, reli-
giosi e religiose di varie congregazioni.
Per la validità del suo impegno teolo-
gico, nel 1972 è stato riconosciuto sia
dal Pontificio Ateneo Salesiano di Ro-
ma, sia dall'Università Francisco Morro-
Il noviziato Salesiano di Pindamonhangaba (Brasile) ha compiuto 30
anni. I novizi che vi arrivarono nel 1943 erano 36. Tre anni dopo il loro numero
toccò li vertice: 81 candidati alla vita salesiana. Poi in Brasile si aprirono altr1 due
noviziati salesiani, e li numero calò. Oggi Pindamonhangaba raccoglie 41 novizi:
età media superiore ai 20 anni; provènienza: lo stato super-industrializzato di
S. Paulo. l'Amazonia dalla foresta vergine pill estesa del mondo, il Mato Grosso
attu,:1le Far-West del Brasile. In 30 anni sono passati in questa casa 1.083 novizi,
tra essi gli attuali Ispettori dell'Amazonia, di Porto Alegre e dì Belo Horizonte, il
vescovo coadiutore dì Uberlandia, il Procuratore Gen. dei Salesiani presso la S. Sede.
LE INIZIATIVE
DELL' ISTITUTO TEOLOGICO
DI GUATEMALA
Con la pubblicazione di una nuova
rivista, e con l'organizzazione di nuovi
corsi e seminari di studio, l'Istituto Teo-
logico Salesiano di questa città va
acquistando un sempre più preciso
ruolo di orientamento e di stimolo nella
Chiesa del Centro America.
la sua nuova rivista, « Estudios Ca-
tolicos », che rimedia a una evidente la-
cuna (l'assenza totale di pubblicazioni
di quest'indole nell' area del Centro
America), è motivata dalla necessità di
informare sui problemi umani e religiosi
di quella vasta zona geografica.
La rivista si articola in due sezioni:
scritti di investigazione teologica. e cro-
nache e informazioni sulle esperienze
26 liturgico-pastorali di interesse precipua-

3.7 Page 27

▲back to top
quin di Guatemala (di cui è diventato
Facoltà di Teologia). (ANS)
60 DI SACERDOZIO 70 DI VITA
SALESIANA
Don Leone Cartosio Bianchi ha cele-
brato a Vigo (Spagna) gli 85 anni di età,
i 70 di vita salesiana e i 60 di sacerdozfo.
Inviato dall'Italia alla Spagna nel lontano
1907, Don Cartosio s1 è fatto veramente
<< spagnolo con gli spagnoli», e ha lavo-
rato senza risparmio in moltissime case
di formazione.
Per i suoi meriti è stato insignito della
«Cruz de Alfonso X», postagli sul petto
dal suo exallievo J. L. Meilàn Gil, di-
venuto Segretario generale del Ministero
.f.
delle Opere Pubbliche.
UNA LETTERA DA RECIFE
«Quando ricevo il Notiziario della mia
lspettoria Meridionale, faccio uno sforzo
sovrumano per mettere da parte tutte
le altre mie preoccupazioni per leggerlo
con avidità...
Mi hanno voluto direttore, come se
quello che facevo fosse poco... In poco
tempo, se non si aprono gli occhi, qui
ci 'si svuota·. Leggo sul vostro Notiziario
di tanti corsi estivi di formazione spiri-
tuale, aggiornamento, teologia... ed io
praticamente resto sempre con la mia
teologia di Castellammare e niente più...
Sono circondato dalle sei del mattino
alle sei della sera da ragazzi la cui età
è quella delle mille domande: solo la
pazienza salesiana può sopportare.
Dopo le 19 non capisco più niente,
l'unico mio conforto è la preghiera del
vespro e l'amaca: un sonno continuo e
pesante fino alle cinque del mattino
seguente. Non mi lamento: sono contento,
sono felice... ».
Recife. 18-X-1973 Don Tifi Roberto
PICCOLA COMUNITA
A MARGHERA
Da oltre un anno vivono nella zona
di Marghera tre salesiani.
La zona di Ca' Emiliani è all'estrema
periferia di Mestre- Marghera, e, come
tutte le periferie delle grandi città, soffre
degli squilibri e delle contraddizioni ti-
piche di tali zone: insicurezza e precarietà
provocate da una casa che non è spesso
definitiva, abbandono materiale e urba-
nistico, scarso l'interesse per la scuola,
situazione igienica e sanitaria allarmante
data la vicinanza con le grandi fabbriche.
La zona è povera, alcuni casi toccano
la miseria. È formata essenzialmente da
operai e da sottoproletari, pochissimi gli
impiegati; molti vivono alla giornata con
lavori saltuari e poco redditizzi; un certo
numero ha fatto e sta facendo esperienze
di carcere.
~ ---
Desiderosi di inserirsi. Seul (Corea del Sud): il Salesiano coadiutore Agostino
Kim insegna materie tecniche a un gruppo di giovani operai del Centro giovanile
San Giovanni Bosco. Questo Centro di recentissima realizzazione (moderno e
frequentato da una gioventù desidero~ d'un inserimento a misura d'uomo nella
società), è una delle quattro opere che la Congregazione ha aperto nella Corea.
La frequenza e la « pratica» religiosa
è bassissima, specie tra le persone più
povere.
I ripetuti inviti della Curia Patriarcale
di Venezfa e le deliberazioni del Capitolo
lspettoriale Speciale hanno fatto si che
sorgesse la Piccola Comunità a Marghera.
I tre confratelli vivono in mezzo alla
gente, nei loro stessi condomini; al
mattino sono occupati, chi ad insegnare
chi a lavorare, e al pomeriggio sono a
disposizione del quartiere.
Queste le attività svolte nel primo
anno di lavoro:
un doposcuola giornaliero per i ra-
gazzi delle elementari:
avvicinamento dei maestri per ten-
tare un aggancio tra scuola e famiglia,
cosa qui molto difficoltosa;
assistenza alle famiglie più bisognose
(ricoveri di bambini in ospedali specializ-
zati, invio nelle colonie, assistenza alle
famiglie più numerose);
attività ricreative per i ragazzi delle
elementari e medie, costretti a giocare
nelle strade, mancando nella zona un
campo o una palestra;
avvicinamento della gente attraverso
incontri personali e di famiglie.
C'è inoltre la normale attività liturgica
e catechistica in aiuto alla parrocchia.
È stato giudicato urgente impegnarsi
in due campi che esigono interventi
molto solleciti:
1 . Doposcuola per i ragazzi delle me-
die: il risultato scolastico di questi ra-
gazzi nell'anno 72-73 è stato molto
scoraggiante. Ci sono state percentuali,
tra rimandati e bocciati, dal 50 al 60%,
con gli effetti di tale situazione: scorag-
giamenti, ragazzi che abbandonano per
sempre la scuola, mancanza di qualifi-
cazione, lavoro prematuro. E tutto questo
perché non sono seguiti da nessuno.
Dopo le feste di novembre si è iniziato
tale doposcuola con l'aiuto di studenti
universitari.
2. Attenzione ai problemi del quar-
tiere: sono molti e vanno dall'inquina-
mento al problema delle case malsane,
alla formazione di un comitato scuola-
famiglia, alla sensibilizzazione delle fa.
miglia per la gestione comunitaria del-
l'asilo privato esistente, povero e senza
mezzi del tutto.
(Dal Notiziario lspettoriale della «San
Marco»)
50 ANNI AL VALENTINO
DI CASALE
Nell'ottobre scorso i Salesiani di Ca-
sale Monl. hanno celebrato il 50° del-
l'inaugurazione del Santuario votivo di
tutto il Monferrato al Sacro Cuore di
Gesù. Il 1922 non fu l'anno di inizio
dell'Opera salesiana: essa era nata nel
lontano 1897. Ma in quell'anno, accanto
alla Casa Salesiana. fu terminato e inau-
gurato il grande santuario. Nell'occasione, 27

3.8 Page 28

▲back to top
il Rettor Maggiore ha scritto ai Salesiani
di Casale: « Auguro di cuore che la ce-
lebrazione del 50° della Basilica del
Sacro Cuore al Valentino porti un rin -
novato fervore di vita cristiana incentrata
nel culto eucaristico, segno perenne del-
l'amore di Gesù per gli uomini ».
DAL VENETO A TAJZ!
I Salesiani dell'lspettoria veneta
«S. Marco» hanno organizzato una vi-
sita di 8 giorni a Taizè da parte dei gio-
vani particolarmente impegnati a livello
ecclesiale. Il contatto con una comunità
viva e con giovani delle più svariate pro-
venienze si è rivelata utilissima. I giovani
sono tornati alle loro comunità più di-
sposti ad offrire una valida collaborazio-
ne all'edificazione della «Chiesa viva».
MICROREALIZZAZIONI RAPIDE
All'offertorio della Messa di ogni lu-
nedl, nell'Istituto S. Francesco di Sales
di Catania, l'animatore e qualche ragazzo
propongono un « caso penoso» che ha
bisogno di un aiuto immediato, sotto-
lineando la necessità di sacrificarsi per
gli altri. Subito dopo 4 volontari raccol-
gono le... lirette dei presenti, e le de-
pongono sull'altare. Un ciclostilato pe-
riodico rende conto delle realizzazioni.
Pochissimi esempi tra i tanti: per una
trasfusione di sangue L. 1980; per l'o-
perazione alla moglie di un operaio
L. 5000; per il superstite di una famiglia
distrutta L. 4825; per una donna amma-
lata di cancro e abbandonata L. 6830;
per due vecchiette malate di cancro
L. 6005.
(Dal Notìziatio lspettorìale della Sicilia)
ccLA SCALETTA»,
NUOVA PRESENZA SALESIANA
FRA I GIOVANI
Da qualche parte ci sono «gatti che
ridono tra i baffi l>, e «bimbi, neri,
bianchi, rossi e gialli» che tenendosi
per mano formano catene a non più
finire: è il mondo della canzone dei
ragazzi. «La Scaletta». cui si riferiscono
queste immagini, ha raccolto i brani
migliori eseguiti nella sua settima edi-
zione (1973) in un riuscito LP; e in
questi mesi sta mettendo a punto l' ot-
tava edizione della simpatica manife-
stazione giovanile.
Il disco, dal titolo «Tutti insieme in
allegria», contiene 17 brani con canti
in due li ngue. eseguiti soltanto da cori,
secondo un intento pedagogico che
mira a sottrarre i ragazzi al faci le divismo.
Per essere davvero - come è suo in-
tento dichiarato - un sussidio pratico
per gli educatori, il disco si accompagna
a un fascicolo contenente parole e mu-
28 sica. Lo si può acquistare nelle lìbrerie
salesiane, o presso i'AGA$ (via Mar-
sala 42, Roma).
L'ottava edizione della «Scaletta»,
sempre sotto la direzione di Don Mi-
chele Valentini, prevede una maggior
partecipazione di gruppi giovanili a li-
vello internazionale, una realizzazione
più accurata, e una maggiore risonanza
nazionale. Fedele al suo programma di
costituire una reintegrazione originale
della canzone popolare filtrata attra•
verso la «corale>> spontaneità dei ra-
gazzi. la manifestazione nel 1974 sarà
incentrata sul messaggio di Paolo VI:
« La pace dipende anche da te».
La «Scaletta», la maggior manife-
stazfone salesiana di questo genere in
Italia, non è runica. E anche in altre
nazioni i Salesiani sostengono da anni
iniziative similari, che ribadiscono in
forma moderna una caratteristica ge-
nuina del sistema di Don Bosco.
IL RICORDO VIVO
DI DON CIMATTI
Il M 0 lno Savini scrive da Faenza:
« Ritorno da Barcellona dove ho diretto
l'Iris di Mascagni... Il nostro caro Don
Cimatti continua a farsi sentire: a Bar-
cellona, come protagonista dell'Iris c'era
il celebre soprano giapponese Atzuke
Azuma; un giorno, mentre eravamo a
pranzo, il discorso cadde su Tokio, e
io le chiesi se là avesse mai sentito
parlare di Don Cimatti. Mi guardò me-
ravigliata con quei suoi occhioni a man-
dorla, chiedendomi a sua volta come
facevo a conoscere Don Cimatti (non
sapeva che era un mio concittadino), e
aggiunse, quasi commossa: « Era un
santo I lo da buddista divenni cattolica
e ricevetti da ragazzina il Battesimo,
la Cresima e la Comunione dalle sue
mani... ». Atzuke Azuma è venuta a dare
un concerto a Faenza, eseguendo antiche
canzoni giapponesì. Ad un tratto si
fermò, e disse che la prima volta che
aveva udito quella canzone era stato
dalla bocca di Don Cimatti. E ci tenne
ad aggiungere che fu lui a convertirla
alla Religione Cattolica... ».
RICONOSCIMENTI A SALESIANI
Don Eugenio Fizzotti, dell'Università
Pontificia Salesiana, è stato nominato
membro onorario della «Accademia
Medica Austriaca di Psicoterapia». Glie-
ne ha dato personalmente comunica-
zione il Presidente dell'Accademia, prof.
Victor Frankl.
Il coadiutore Giovanni Gioia, del-
l'ispettoria salesiana di S. Paulo (Bra-
sile), è stato insignito della croce di
cavaliere « Pro Ecclesia et Pontifica»
e ricevuto in privata udienza dal Papa,
in riconoscimento del suo assiduo e
apostolico lavoro in Brasile.
Il « Convegno Europeo sul Si -
stema Preventivo di Don Bo-
sco», che ha avuto luogo con
pieno successo (280 parteci-
panti) al Salesianum di Roma,
si è concluso il 5 gennaio
scorso con una concelebra-
zione presieduta dar Rettor
Maggiore. Don Ricceri nella
Omelia ha voluto « fare come
delle sottolineature, delle pun-
tualizzazioni sul tema » del
Sistema Preventivo, che è « il
cuore della nostra pedagogia ».
Dopo aver riaffermato l'attua-
lità del metodo di Don Bosco,
Don Ricceri ha cosi prose-
guito.
Educare alla maniera di Don Bo-
sco - e come potremmo educare
altrimenti ? - significa essere con-
vinti che alla base della sua opera
educativa sta non un'ideologia o una
qualsiasi tecnica metodologica, ma una
visione di fede. Da essa Don Bosco è
illuminato all'azione; per essa si giu-
dica tutta la sua vita e tutte le sue
scelte; in essa si spiegano e si risol-
vono le cosiddette antinomie della vita
e dei detti di Don Bosco: pane-pa-
radiso, peccato-ottimismo, umanesi-
mo-evangelizzazione... Il Sistema Pre-
ventivo in questa «visione boschiana »
è una ricca eredità evangelica messa
nelle nostre mani dal Padre, è parte
viva e caratterizzante dello spirito
salesiano (...).
Don Bosco ha reagito
Da questa sua visione di fede
- senza la quale tutta l'opera edu-
cativa di Don Bosco sarebbe un
corpo senza vita, e comunque qual-
cosa di inspiegabile - promana lo
spirito di profonda interiorità e di
intensa preghiera che si effonde in
una carità pastorale veramente senza
confini, tradotta in una dedizione
illimitata; carità soprannaturale, che
anima, spiega e sostiene in ogni
momento la sua azione. Azione che
è per lui sempre un'autentica «mis-
sione pastorale 1>1 e non semplicemente
l'opera, pur rispettabile, di un edu-
catore qualsiasi. Le implicazioni di
queste due parole - <1 Missione pa-
storale ~ - sono particolarmente im-
portanti, e non si possono eludere.
Di fronte all'opinione, oggi piu. dif-
fusa di ieri, che ciò che si dà a Dio
si toglie all'uomo, Don Bosco ha
reagito con la convinzione opposta,
sempre e costantemente, perché è la
sola evangelicamente valida.

3.9 Page 29

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llRETTOR
MAGGIORE
SUl
SISTEMA
PREVENTIVO
La fede cnst1ana è liberazione e
divinizzazione di tutto l'uomo, spi-
rito incarnato ma con destinazione
eterna. Ecco perché il Da mihi animas,
coetera tolle è stato, piu che il suo
motto, la preghiera costante di Don
Bosco.
Sono sicuro che, ritornando dopo
queste giornate nelle vostre Ispet-
torie e comunità, farete cli tutto per
vivere il Sistema Preventivo con ac-
cresciuto senso di responsabilità e
consapevolezza. Ma per viverlo ve-
ramente - l'esperienza di questi
giorni ve lo ha dimostrato - oc-
corre conoscerlo di piu, studiarlo.
Non è però possibile captare, assor-
bire e vivere il Sistema Preventivo
senza conoscere Don Bosco vivo. Il
Sistema Preventivo è incarnato in
Don Bosco. Conoscere, ma non in
superficie, Don Bosco, è stato il
desiderio spesso manifestato nelle vo-
stre assemblee: è una necessità ca-
pire Don Bosco per capire il suo
sistema educativo. Non solo: cono-
scere il Don Bosco totale, è, clirei,
una componente e una garanzia cli
piu vasta portata cli continuità crea-
tiva, di sicurezza personale e di
identità salesiana. Da questa ricerca
amorosa e sistematica, condotta con
senso filiale di chi cerca di scoprire
ci hteesonroinpeatepransis,ivnaamsceentqeusetlalaticfae,demltaà
fedeltà nella continuità storica di
Don Bosco, e insieme - proprio
nella sua linea - fedeltà ai veri
interessi e bisogni del mondo giova-
nile cli oggi. Facendo queste aHer-
mazioni mi colloco nella linea di
sviluppo del CGS, che - non pos-
siamo dimenticarlo - ha rivisto in
profonclità l'identità salesiana << alla
luce delle realtà cli oggi, secondo le
direttive della Chiesa, e in òsposta
alle istanze provenienti dalla stessa
Congregazione», senza mai perdere
cli vista il suo punto focale: Don
Bosco e la linea di sviluppo seguita,
dopo la sua morte, dalla Congrega-
zione. <i Il lei.t-motiv che ha accom-
pagnato in ogni passo il nostro Ca-
pitolo è stato: guardare a Don Bo-
sco oggi ». È il leit-motiv che deve
ispirare la fedeltà al suo sistema edu-
cativo oggi, in un contesto socio-
culturale pur tanto diverso.
Un invito e una istanza
Carissimi tutti, se ci sentiamo
membri della Famiglia Salesiana,
manteniamo il legame organico vi-
tale con il carisma originario cli Don
Bosco. Se ci mettiamo in profonda
sintonia col suo spirito - che, giova
ancora ripeterlo, è essenzialmente di
fede e di carità soprannaturale, e
per questo profondamente umano -
iI Sistema Preventivo diventerà l'e-
spressione logica necessaria della no-
stra vita vissuta; e non ci lasceremo
suggestionare da miraggi che non
portano l'impronta di Dio, e non pos-
sono quindi essere nella linea della
missione salesiana. A conclusione
permettete che vi faccia sentire un
appello, sincero e accorato, che ci
è stato rivolto da una persona - un
sacerdote - che accanto all'abbé
Pierre ha passato vent'anni di mini-
stero nella rieducazione dei giovani
di oggi. Si tTatta del padre Duvallet.
Ecco le sue parole per noi Salesiani:
«Voi avete opere, collegi, oratori
per i giovani, ma non avete che un
solo tesoro: la pedagogia di Don
Bosco. In un mondo in cui i ragazzi
sono traditi, disseccati, triturati, stru-
mentalizzati, il Signore vi ha affidato
una pedagogia u1 cui trionfa il ri-
spettò del ragazzo, della sua gran-
dezza e della sua fragilità, della sua
dignità di figlio di Dio. Conserva-
tela, rinnovatela, ringiovanitela, ar-
ricchitela ùi tutte le scoperte moderne,
adattatela a queste creature del ven-
tesimo secolo e ai loro drammi che
Don Bosco non poté conoscere. Ma
per carità, conservatela I Cambiate
tutto; perdete, se è il caso, le vostre
case; ma conservate questo tesoro,
costruendo in migliaia di cuori la
maniera di amare e di salvare i ra-
gazzi che è l'eredità di Don Bosco>>.
Raccogliamo questo invito, che in
pari tempo è un monito (...). Rac-
cogliamo questo messaggio cristiano
e boschiano, come il messaggio di
queste giornate, per esserne vital-
mente i portatori nelle nostre co-
munità.
29

3.10 Page 30

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UNA CASSA IN PIÙ
PER LA FAME DI UNA DONNA ANZIANA
28 agosto 1973: i l terremoto che scuote il Messico pro-
vocando vittime e danni. suscita ovunque partecipazione
viva al dolore dei fratelli disastrati.
L'Ispettrice delle F.M.A. Madre Antonietta Bohm, con
una équipe di dieci suore e quattro giovani, si affretta a visi-
tare alcuni paesi colpiti dal sisma. Le scene si susseguono
dolorose: volti su cui è scolpita l'immagine di un'angoscia
profonda, macerie, desolazione, squallore,
All'arrivo nel primo villaggio, con l'aiuto del sindaco, le
suore radunano la folla dei superstiti, rivolgono parole di
conforto e distribuiscono i viveri e gli indumenti raccolti,
in fretta, prima di partire. Lasciano circa duemila borse con-
tenenti pasta, pane, farina e latte.
Proseguono quindi verso un secondo villaggio: si ripete
lo stesso contatto spirituale e il medesimo dono materiale.
Cosi in sei luoghi diversi.
L'ultima città visitata è Cerdan. Sembra che l'epicentro
del terremoto sia stato proprio in questa zona. La terra si è
aperta e chiusa ingoiando uomini ed edifici. I superstiti
portano sul corpo larghe ferite ma, nella stretta del dolore
morale, sembrano dimentichi della propria sofferenza fisica.
Si presenta subito il problema imprevisto dei viveri non
sufficienti. Infatti le prowiste sono quasi finite ed i sini-
strati superano il migliaio. L'Ispettrice ha una stretta al cuore.
poi invoca fervidamente la Madonna ed inizia la distribu-
zione. Tutti ricevono con abbondanza e, solo quando ognuno
ha ottenuto il suo dono, Roberto l'autista, nota che le casse
disposte sul piccolo camion sono ormai tutte vuote.
È in quel momento che una povera donna anziana riesce
a farsi largo e si awicina all'lspettrìce:
- Ti prego, dai anche a me una borsa di viveri... la fame
ed il dolore ml sfiniscono.
Madre Antonietta si volge a Roberto. Questi scuote la
testa:
- Mi spiace... non c'è proprio nulla I
Sul volto della povera donna passa un'ombra: anche
quest'ultima speranza è crollata.
L'Ispettrice la conforta con parole affettuose poi, seguendo
un'ispirazione improwisa:
- Aspetta, le dice, voglio controllare se, per caso, qualche
borsa è scivolata sotto i sedili del camion.
Osserva dappertutto: nulla. Con gesto quasi inconscio,
alza il coperchio d'una cassa: è piena di pasta. L'autista
guarda sbalordito:
- Madre, questa è l'ultima cassa che abbiamo svuotata
proprio adesso! Com'è possibile?
I presenti sono colti di sorpresa e da emozione.
- Danne alla donna e distribuisci il resto a chi ne vuole
- conclude semplicemente l'Ispettrice.
Lungo la via del ritorno i testimoni delle meraviglie di
quel giorno chiedono con insistenza:
- Madre Antonietta come è stato possibile beneficare
tante persone con i pochi viveri che portavamo?
Neppure lei sa darne una spiegazione: mistero per tutti...
un mistero che aumenta la fiducia nella divina Provvidenza
e nella tenerezza dell'Ausiliatrice.
(Dal Notiziario delle F.M.A.)
Laura Beffardi (Torino) ringrazia Maria Ausiliatrice, Don Bosco
30 e Laura Vicuiia per la guarigione da grave malattia.
FU UN URTO TREMENDO
Sono una cooperatrice salesiana, e ho sempre serbato
in cuore un grande amore per la Vergine Ausiliatrice e per
i santi salesiani. Don Bosco e Domenico Savio. Più volte
ho ricevuto per loro intercessione grandi favori, ma il più
grosso risale al luglio del '72.
Mio figlio, che ho posto fin da bambino sotto la prote-
zione di quei cari santi, si era recato all'estero in macchina
con un amico. Al ritorno in Italia, presso S. Donà di Piave,
dovette fermarsi in corsia di emergenza per un'avaria. Im-
provvisamente, un'altra macchina che proveniva dalla stessa
direzione a velocità pazzesca, la investi in pieno. Fu un urto
tremendo, le macchine restarono demolite. Ma mio figlio,
come spinto da una mano misteriosa, cadde da una scarpata,
e rimase completamente illeso.
Sono imml)nsamente grata alla Vergine santa e ai santi
protettori.
Tolentlno (M.C.)
BRANDI BRANL/A
MAMME RICONOSCENTI A S. DOMENICO SAVIO
« La prima maternità si concluse con la morte della bam-
bina. Nella seconda mi affidai alla protezione dì San Do-
menico Savio, e nacque un bimbo che chiamammo Fran-
cesco Domenico. Nella terza ero sul punto di perdere la mia
creatura: fui costretta a stare a letto, e mi raccomandai al
Santo. Il bimbo nacque con piccole malformazioni, ma poi
superò tutto. Ora che sono entrambi grandicelli, insegno loro
ad amare il Santo e a pregarlo che li tenga sempre sotto la
sua protezione».
Torino
( Lt!ltera firmata)
<C Mia cognata era in attesa della seconda desideratissima
creatura. La maternità si presentava incerta e difficile. Ma essa
indossava con fede l'abitino di San Domenico Savio, e
nonostante tutte le previsioni dei medici, è nata Sara per la
gioia di tutti. La cara Mamma del Cielo e S. D. Savio proteg-
gano la piccola Sara e la sorellina Elena, e donino a noi tutti
sempre più grande fede nel Signore>).
Genova
Suor DAVIDINA
«Tre ~uccessivi parti cesarei rendevano impossibile il
quarto: ci avrei lasciato la vita, e tre figlie orfane. Mi affidai
a San Domenico Savio, aumentando la mia fede e la pre-
Cl HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Ambrogio Sergio - Antonioli Onorina - Avegone Ghiara Luigia - Baiano
Clelia - llnsile Mario - B:utagli Adrian FiorenT.a - B,maglia GiUllcppin:i -
Bcldioli Marghcrirn - U~lgran Lidia - Denazzo Maddalena - Bertoluzzo
Guido e Natale - lliana:mi 1\\minu .. Bianchi Man:ina Paolina - Biandrntc
Lina - Boero Bernardina - Uollasina Ma.ria - Bonaccorso Giuseppe Fam. -
Dorio Clotilde - Bozzola Aurelio • Bruna Maria • 13rundu M. Paolo - Bruno
Pierina - Caffa Silvio - Cagliani FeliC<! - Caldarclli Gilda - Caldirola Anrn
- Callegari Rosa - CoJzavacca Teresa - Cammarata Pinu - Canau1,1 Clvalìcre
Maria - Cane Silvana - Cantorcggi Anna - Carnbellì Bianchi Leopolda -
Cariani Rosaria - Carollo Elsa - Cnsalegno Gìuscppina - Cavnpliano Do-
mtnico - C"vallini L::1urn - Cerri Elisabetta .. Chinavassi Conqu1ro - Ciulla
Rin.a - Cocco Marisa - Colaneri Vittoria - Cordàrn Mario - Corvino Viuoria
- Crognolini Mnrin - Cravìno Giuseppina - Cristofarì Elvira - Di Bortolo
Mario - Qj G.iorgio Francesca - Di 1\\1arc;o Amonma • Dominici F.lis.abettQ
Fabozi Franco - Facchini Rosa - Favre Palmira - Frneui Maria - flinco
Giuseppina - Finoccuiaro C ianca.rio - Fiorentino Giuseppina - Fior1ll0

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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ghiera di mano In mano che il momento si avvicinava.
Nacque senza complicazioni una bella bambina, Domenica».
Catan,a
MARIA CANTAR/NO
« Due anni or sono, mentre con tanta gioia attendevo la
mia prima creatura. sopraggiunsero vari mah che mI ridus-
sero tra la vita e la morte, con serio pericolo per la mia
creatura. Invocai con tanto amore San Domenico Savio, e
ho sentito la sua protezione anche durante il parto, che si
è presentato molto difficile. Ml è nata una sana e vispa bam-
bina che è la nostra gioia».
Casale Monfe1rato
LUCIANA BELLINO COMIN
«Mia cugina dopo una maternità delusa si è affidata con
fede all'intercessione di S. D. Savio e ne ha portato l'abitino.
Ha avuto il conforto di una bella bambina, Daniela Domenica».
Mapello (Bergamo)
CONSONNI RINA
« Mia figlia non riusciva ad avere la gI01a di una sua crea-
tura. La zia, suora di M. A .. le regalò un abitino di San Do-
menico Savio. Il luglio di quest'anno nacque una bella
bambina. che ponemmo subito sotto la protezione del caro
Santo, invocando sempre la sua protezione».
Torino
FRANCA PUGNO
ALTRE GRAZIE ATTRIBUITE
ALL' INTERCESSIONE DI SAN DOMENICO SAVIO
«Il mio piccolo, appena nato, dovette essere ricoverato
d'urgenza in una clinica specializzata di Zurigo per una mal-
formazione che ml aveva già fatto perdere prima due bam-
bini. Questa volta mi sono rivolta fiduciosa a San Domenico
Savio, e dopo venti giorni ho avuto la gioia di stringere fra
le braccia il mio piccolo sano e salvo. Ora lo affido alla sua
protezione. Si unisce al mio ringraziamento mia madre, che
aveva affidato iI caso a Don Rua l>.
Salerno
MARIA VIGOR/70 LECCE
« La mia nipotina di cinque anni e mezzo fu colta da forti
dolori con febbre molto alta. Gli esami di laboratorio misero
in evidenza un'infezione renale. Temevamo il peggio, e c1
raccomandammo a San Domenico Savio. Le cure furono
efficaci, e dopo un mese la bimba fu dichiarata guarita.
Ora la mettiamo sotto la protezione del Santo».
Vazzola (Treviso)
ExPllieva CARMELA C/TRON
« Al settimo mese di gravidanza la mia situazione preci-
pitò. Fui portata all'ospedale in fin di vita. e quasi del tutto
cieca. La mia creatura volò subito al Cielo, e per me c'erano
poche speranze. Tutti allora pregarono San Domenico
Savio. Cominciai a migliorare. e anche a riacquistare la
vista. Dopo quasi un mese lasciai l'ospedale. e i professori
mi dissero di ringraziare il Signore se ero ancora in vita.
Esprimo riconoscenza anche per mia cugina, che finalmente
dopo sette anni ha avuto la gioia di una bella bambina a cui
ha messo nome Silvia Domenica. Essa ha portato la felicità
nella casa».
Cavour ( Torino)
GIOVANNA GAIDO
« Un ostinato malanno, ribelle a ogni cura medica, ren-
deva difficile il mio compito di sposa e di mamma. Mi sono
rivolta con fiducia all'intercessione di San Domenico Savio,
e le gravi difficoltà che mi molestavano da tanto tempo sono
state superate».
Alcamo ( Trapani)
MARIA STELLINO
«Sono devota di San Domenico Savio, e ho sempre af-
fidato a lui i miei due bambini. Una sera il piccolo Andrea
di otto mesi cadde dal suo seggiolino battendo sul pavi-
mento. Temetti gravi conseguenze, e lo affidai subito a
San Domenico Savio. Tutto si è risolto bene, e il piccolo
è tornato sereno e sorridente».
Marina Jonica (Reggio C.)
TERESA CAST/NO
« Un giorno di giugno la mia bambina di due anni accusò
forti dolori al capo, accompagnati da febbre e vomito. Il me-
dico mi disse che non era nulla di grave, ma intanto la bimba
peggiorava. Disperata invocai San Domenico Savio co-
minciando una novena. Ora la bambina sta bene, è tornata
come prima».
San Donà (Venezia)
PIERINA BORODEL
« Ringrazio San Domenico Savio per la protezione ac-
cordata in un difficile intervento subito dalla mia nipotina
Marina, e invoco continua assistenza».
San Paulo (Brasi/)
LUDOVICA GAMBA
« Invochiamo preghiere per onenere la protez_ione della
Vergine Ausiliatrice e di San Domenico Savio sul nostro
piccolo Paolo, affetto da disturbi cardiacb>.
Alba (Cuneo)
FAMIGLIA STOCCO
M. Teresa - Frnolmi Colomba - Frisendn Giuseppina - Ga1do Pie1ro -
Gallino Ida - Gallo Nicol ina - Gardino Anse.Ima .. Gaspnri Maria .. Ger-
va.soni Cari.I - Girardi ErcoHns - Giugno Mi:irfa - Kius. Natalia - Gosmaro
Famiglia .. GoneUa Felicina - Gonzalez Mercedes - Grassi Claudia Gu-
glielmineui Pierina - Ciudo Oresti11J1 ldrnme - [nverniz.7,i Vittorio - L;1c..iw
Viola - Landi Orllini • Luparia Clelia - Magri Camicia - Maitan Alessandro
- I\\1faJfatti Ernesta Maria - Mariani Anno - Ma.rin Giuseppina - I\\1nrnetto
Tranquillo e Mana • Marro ·reresa ... .,"1.asern Aldo - Mellino Piednn - t-.1.igUo
Battista - M.ing.,ri Lina - Mc,è Angeh1 - l\\,1o llur:t 'l'eresa . Mortllo Annn
Morfo - Mori Scotuz:ti Fr,ruca - Muro Elisabetta - Musso Giovnru1i - Nava
Fam1glio - Necchi Assunta - Novura t\\ntonin~ - Occ hicJrn Cuido - Ogni-
tt·nc Giuseppe - Pndrtnostro Carmcla - Paita Erminia - Palermo Gio vanna
- PapiJi Maria. - Parodi Angelina - Porodi Lidia - Paroteni Pietro - Patn.rone
Mehtnio - Pccchin Maria - Pellegrino Alfia - Pcrrin Teresa - Personeni Rosa
- PL"sce M:uiuccia ... Pettini Sore.1le - Pezzi Erndta - Pianta MorCll Carme.o
- Pigntti Romolò - Pis1mo Gi,m Lui~i - Pipia :\\-taria ... Pizzi f-'onunant ...
Piacentino Nunzio - Poggo Am1idn - Pulèri Ros:i - R.1daeUi Gina - RadaeUi
Mario - R,ag:1z2onj EmHiu - Ramponi Luigina - Rnnuschio Luciano J\\1arfo.
- Rava Virginio - Recb Camilla - Regaldi Mnrw - Revellì Regina - Rigbjni
G1useppinn - Ril'taldi 1\\ngclo - Rin~mdo Fr.mcesca - Riolo Don. Antonino
- Ricci Angela ... Ricciardolo ~1ndJalenn e Nive.1 - Rfocobono Maria .. Rivera
Girut e Giu$eppe - Rodano Cc:sarin,:\\ - Rossj Luc:.ian:1 - Rossot-:to Fnrnco -
Ruggc:ri Gìudiuu • Sala.mora Antonjna Sunra - Sa:looia Snl vatTice - Salva..
terrn Bice - Snlverti rnnoccnre ... SammartinQ Giovanni - Snnfilippo Nlnett.a
- S.:1ntoni Armi<l:i - Semperboni Bernardo - :")~rnfini Anita . Schiavi Linda -
Sciacca Santina - Scivolctto Clcmc:ntina - Sirnone-tto Ndla - Sirtori Ester
- ~oh\\ro Ester - Spaniò Zorn • Spr~ga Nella - Tacclii Ros;1 ... T::wen1iti Vin-
cenza - Testn Chiglilm1 ~1.arta - Testare Atu1ia - Thiebet Pietro - Torrero
Rosetta - Tosi Ester - Trucco Francesco - Vacchino Or~tc - Vaio Mar-
gherita ... Vnrvello Maria - Vlneentis I\\1arinnna • Zais Sanrinn .. Znllo Ca-
terina ... Zamataro Lucia - Zanni Anny - Z;lppa Pit:rina - Zom G1ovu.nni
- Zumino Caterina.
31

4.2 Page 32

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E DI
ALTRI SANTI
E SERVI
DI DIO
L'AIUTO FU EVIDENTE
Da qualche anno si rilevava in mia sorella Rita l'andatura
zoppicante, che le si andava sempre più accentuando.
Tutte le cure risultarono inutili e, dopo accurate visite di
specialisti e ripetute radiografie, risultò trattarsi di lussazione
bilaterale alle anche. Col passare del tempo peggiorò tanto
che per quattro mesi non poté più uscire e nemmeno accu-
dire ai lavori di casa.
La raccomandai subito a Madre Mauarello. Venne rico-
verata al Centro Traumatologico Ortopedico di Torino, e il
14 maggio - festa della nostra Santa - fu operata.
L'innesto riuscl molto bene, ma mia sorella non poteva
camminare e, pur valendosi della stampella, faceva grande
fatica a dare qualche passo.
Assodato bene li primo innesto, dopo undici mesi venne
ripetuta la stessa operazione all'anca sinistra. Anche questo
secondo intervento ebbe ottimo esito, e ora, dopo quasi un
anno dalla seconda operazione, mia sorella Rita cammina
speditamente, attende a tutte le sue occupazioni e segue
con amore la nostra mamma anziana.
Grazie, Madre Mazzarello per averla aiutata; affido a te
anche altre grazie che mi stanno molto a cuore.
Roma
Sr. CLARA DAGHINO, F.M.A .
« S. MARIA MAZZARELLO, PENSATECI VOII »
Da vario tempo mi sento in obbligo di far pubblicare,
come da promessa fatta, le molte grazie ottenute per inter-
cessione di Santa Maria Mauarello.
Due anni fa mi ammalai gravemente di diabete e dovetti
essere ricoverata all'ospedale. Coi miei settantun anni di
età, mi trovai presto in pericolo di vita, anzi senza ormai
alcuna speranza di guarigione.
Accorsa la mia figlia, suora tra le Figlie di Maria Ausilia-
trice, pregò tanto Santa Maria Mazzarello. Dopo un mese
circa di degenza. con meraviglia degli stessi dottori, potei
far ritorno a casa e riprendere le mie faccende domestiche.
Ora, benché il diabete persista, mi sento bene. Il medico
curante dice sempre che c'è un santo che prega per me.
Poi una mia nipotina si ammalò di enterite cosl gravemente
da trovarsi in punto di morte. Anche questa volta ricorremmo
a Santa Maria Mazzarello e fummo esauditi, La bambina,
superata la malattia, si riprese in breve tempo, e ora è del
tutto sana e vivace.
Dovrei elencare tante altre grazie. In ogni necessità invoco
Santa Maria Mazzarello. dicendo: Pensateci voil E cl pensa
davvero, ottenendomi l'aiuto di cui abbisogno. Desidero,
perciò che la Santa sia la protettrice della mia famiglia. Invio
con animo grato un'offerta secondo le mie possibilità, e
chiedo preghiere per tutti i miei cari.
Pesaro
ELISABETTA D 'URBANO
Ernesta
Fr
0
,
cooperatrice salesiana
( Vercelli)
esprime ri-
conoscenza a Madre Mazzarello. promettendo di far cono-
scere la sua vita e di propagare la sua devozione.
DOPO GIORNI DI ESTREMA TREPIDAZION E
Oggi, al termine della convalescenza seguita alla grave
malattia di mio marito, sento il dovere di segnalare la grazia
32 ricevuta per la prodigiosa guarigione di mio marito. Per essa
con tutti i miei familiari avevamo pregato fervidamente ìl
beato Don Rua, perché intercedesse per noi presso il Si-
gnore.
Ecco ìn sintesi i fatti.
Mio marito, affetto da gravi disturbi motori e sensori, fu
ricoverato ìn ospedale in stato di coma nello scorso gennaio.
Dopo le analisi e gli accertamenti. il primario specialista mi
comunicò che purtroppo sì trattava di i< tumore maligno al
cervello», ed aggiunse che era perfettamente inutile tentare
l'intervento chirurgico, in quanto il male era ormai troppo
esteso. Consultai con angoscia altri medici, ma tutti mi dis-
sero che era assurdo che il primario errasse la diagnosi,
tale era la sua esperienza e competenza, e tanto chiare erano
le indicazioni diagnostiche.
Mi rivolsi con tutta la mia fede e con tutto il mio animo
disperato a Don Michele Rua perché operasse il miracolo
e mi ridonasse mio marito guarito. Furono giorni di grande
dolore e di estrema trepidazione, ma non perdetti mai la
speranza in Don Rua.
Come estremo tentativo feci ricoverare mio marito in un
altro ospedale. e Il fu operato. Il tumore risultò non maligno.
Don Michele Rua aveva esaudito, contro ogni speranza
umana, le preghiere mie e dei miei.
forino
ELSA DATTILO
LA RICONOSCENZA DI UNA LAVORATRICE
Lavoro a Milano e torno a casa al sabato. Quattro anni
fa mi presero dei dolori sciatici fortissimi, dovetti essere
ricoverata in ospedale, e potei riprendere la vita normale
solo dopo cure molto dolorose. Alcune settimane fa i dolori
tornarono, della stessa natura e con la stessa intensità. Ar-
rivata a casa con molta pena, trovai l'immagine del beato
Michele Rua, e cominciai subito una novena, promettendo
che avrei fatto segnalare la grazia e avrei inviato una piccola
offerta. Ora i dolori sono passati, senza aver dovuto ricorrere
alle cure ospedaliere. Riconoscente mantengo la promessa.
Como
GIUSEPPINA FUMAGALLI
UNA FELICE RISOLUZIONE
Dopo continue e incessanti preghiere, a cui ho unito delle
umili offerte secondo le mie possibilità, finalmente Don
Rua mi ha esaudita. Da 20 anni mio fratello conviveva in
situazione irregolare con una donna, prima separata poi ve-
dova, e nonostante le mie pazienti esortazioni, era irriduci-
bilmente avverso a sistemare la sua posizione davanti a Dio.
Quand'ecco, all'improvviso, mi annuncia una decisione as-
solutamente inaspettata: «Ti invito alla celebrazione reli-
giosa del mio matrimonio I>>. Siano rese grazie a Dio e al suo
fedele servo Don Rua, a cui mi raccomando per altre grazie
per me e per la mia famiglia.
Venezia
(Leuers firmata)
UN GESTO DI FEDE E TANTA PREGHIERA
Da alcuni anni soffrivo per un forte dolore agli occhi,
c~e mi toglieva la possibilità di vedere. Per di più, soprag-
giunse una cataratta, e il medico ritenne necessario l'inter-
vento chirurgico. Ma io non mi sentivo ìl coraggio di subirlo,
e ricorsi con fede all'intercessione di Don Rua. Proprio in
quei giorni si faceva la ricognizione della sua Salma, in vista
della beatificazione. Una mia sorella, Figlia di M. A.. mi

4.3 Page 33

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mandò un tazzole1to che era stato deposto sulla testa del
Beato, invitandomi ad accostarlo agli occhi e a pregare con
fiducia. Da allora i forti dolori lentamente diminuirono, e
ripresi a vederci un poco. Da un controllo all'altro, il medico
costatò un tale miglioramento che ritenne non più neces-
sario l'intervento chirurgico. Ora, a distanza di un anno,
posso dire che se non ho ricuperato del tutto la vista, con-
tinuo però a migliorare, e non accuso più i forti dolori di
prima. Sento quindi il bisogno d1 ringraziare pubblicamente
Don Rua, unita a mia sorella.
Chitrl (Torino)
GIUSEPPINA GOLA
L'IMMAGINE PATERNA, PIENA DI BONTA
Ritornavo su una «cinquecento» dall'esercizio del mio
ministero sacerdotale, su una strada a scorrimento veloce.
Pensavo di non incontrare alcun pericolo e perciò, nonostante
la mia non più giovane età, tenevo un'andatura elevata. Ma
improvvisamente un camion mi altraversò la strada. Per evi-
tare un urto che sarebbe stato mortale, pestai a fondo sul
freno. L'utilitaria sbandò in modo cosl violento da strapparmi
il controllo del volante, poi piegò e. sbattendo, si fermò sul
lato sinistro. Ho avuto paura, è naturale. ma su dì me vegliava
l'immagine paterna, piena di bontà, del beato Don Michele
Rua. che avevo sul libro della preghiera quotidiana. Mi ras-
serenai, e con meraviglia di chi era accorso in mio aiuto,
potei riprendere il viaggio guidando il medesimo mezzo,
con più prudenza. Una contusione alla spalla e una lieve le-
sione alla costola non mi hanno impedito il normale svolgi-
mento delle mie mansioni. Sono gratissimo al primo Suc-
cessore di Don Bosco, che intendo studiare meglio per po-
terlo imitare di più, e farlo conoscere.
Al,;11mo (Trapani)
Sa,;. GIROLAMO M. GIARDINA, sal~l.mo
Rita Giacalone (Marsala, Trapani) si è rivolta con fervore
al Beato Michele Rua per il proprio genero che doveva su-
bire una grave operazione. Tutto è andato bene. Ora il genero
ha ripreso le sue normai! occupazioni, e tutti ringraziano di
cuore il Beato.
Secondo Manina (Asti) scrive: « Mio figlio di 11 mesi
fu ricoverato all'ospedale per una gastroenterite acuta, ri-
belle a ogni cura. Ormai la morte era vicina, tale era il giu-
dizio del primario e di tutti i sanitari dell'ospedale. Con vivis-
sima fede ci rivolgemmo a Don Rua, la cui immagine con
reliquia trovammo appesa in capo al lettino dell'ammalato.
Dopo giorni di angoscia, Don Rua esaudl pienamente la
nostra preghiera, e cl ridonò il caro Paolo in buona salute,
tra la meraviglia di tutti i medici e del personale dell'ospedale».
Anita Gillio (Torino) Il giorno della beatificazione di Don
Rua si trovava nella Basilica di Maria Ausiliatrice, e lo pregò
con tutta l'ansia che la tormentava per la salute già da anni
gravemente compromessa. Dopo qualche tempo cominciò
a stare meglio. Ora. in via di guarigione completa. esprime
le sua riconoscenza al Beato.
Maria Pramotton (Aosta) scrive: Assidua lettrice del
«Bollettino Salesiano», mi rivolsi con grande fiducia al
beato Don Rua per un male ribelle a ogni cura. Tornata dal
medico, questi mi disse con sorpresa: «Signora, la sua fe.
rita sta per chiudersi I Grazie, caro Don Rua I.
Domenica Lariua (Totino) ringrazia di tutto cuore 11 beato
Don Rua per averla aiutata in un caso difficile, e invoca a
sua costante protezione.
LA SALUTE DI UN PAPA OTTANTENNE
Il nostro caro papà ottantenne. fino allora sano e robusto,
nel novembre scorso accusò forti dolori allo stomaco. Rico-
verato in clinica. gh fu riscontrata una seria e grave malattia.
Il professore ci disse chiaro e tondo che papà era ormai
incapace di reagire alla gravità del male: non c'era quindi
nemmeno da pensare ad un intervento chirurgico, anche
per riguardo all'età. Nello spazio di un mese. a detta dei
medici, dovevamo rassegnarci a perderlo.
Non sapevamo rassegnarci ad una perdita cosi improv-
visa e inaspettata. Nostra sorella, Figlia di Maria Ausilia•
trice, affidò con fede il papà all'intercessione di Don Filippo
Rinaldi, applicandogli sulla parte malata la reliquia del Servo
di Dio.
Il giorno dopo, contro ogni altro parere, questa nostra
sorella decise di far trasportare il papà alrospedale per un
nuovo consulto. Noi eravamo molto perplessi, ma essa,
confidando soltanto nell'aiuto del Signore, si prese ogni
responsabilità.
Dopo nuove analisi, il Primario si decise all'intervento
chirurgico. Durò un'ora e mezza. Il male che in poco tempo
ci avrebbe privato del caro papà, fu trovato molto ben loca-
lizzato, e il Primario poté procedere ad una radicale aspor-
tazione.
Temevamo la reazione dell'organismo, ormai debilitato.
Ma. a detta del chirurgo, papà « la superò come un giova-
notto».
Ora, a distanza di cinque mesi, papà sta bene, si nutre
normalmente, e ci auguriamo che il Signore, per intercessione
di Don Rinaldi. lo mantenga ancora a lungo al nostro affetto.
Uniti alla nostra sorella Suora nella fede e nella ricono-
scenza, mandiamo la nostra offerta.
Acqui Terme
Famiglio RA VERA
UNA NOVENA E TANTA FEDE
L'1 1 novembre del 1971 dovetti essere ricoverata al•
l'Ospedale di Cittadella per un intervento chirurgico. L'an-
gioma che mi tormentava alla gamba ere molto preoccupante,
e lo stesso Professore mi disse che non era affatto tranquillo.
Dopo un mese, infatti, dovetti cominciare una terapia spe-
ciale L"effetto non fu quello sperato: Il gonfiore aumentò,
i dolori si intensificarono, e non potevo più muovermi.
Mi riportarono all'Ospedale di Cittadella. Qui venne a
trovarmi una mia sorella Figl!a di Maria Ausiliatrice, che
rni consegnò una reliquia di Don Rinaldi. Rinnovai la mia
fede, e insieme alla sorella iniziai una novena.
Ed ecco che, finalmente, dopo un nuovo intervento, i
dolori cominciarono a diminuire, e la ferita a rimarginarsi.
Ora è già trascorso più di un anno. Sono perfettamente
guarita, e posso nuovamente provare il piacere di cammi-
nare. Riconoscente invio un'offerta per la beatificazione d1
Don Rinaldi, e desidero che venga conosciuta la sua bene-
volem:a nei miei riguardi.
Solello di VigodBr{tre (Padova)
MARIA ZANELLA In SECCO
Anna Zorzi (Cavalese Trento) ringrazia Don Rinaldi per
una insigne grazia ricevuta.
33

4.4 Page 34

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SALESIANI DEFUNTI
Sac. Guglielmo Zanuso t :, Cison di Vul-
marino (Treviso) a 58 anni.
A Venezia, dove fu parr oco per 16 anni. e a
Cison, dove ru .apprezzato direttore spirituale. e
predicatore, portò la tcsdmonìanza dell'amore
fraterno e l'ansia dell'unione comuniroria.
Sua carnueilitica: la gioia di essere sempre
amico di tutti. Le gnndi soffcre.n:ze degli
ultimi giorni lo trasforrnarono in una vittima
di fede e di cariro,
Sac. Pietro Garbln t a Porli a 67 anni.
Giunse alta vita salesianu dal seminario di
Padova, affasci n11.to daJl.a lettura della vita
di Don Bosco. Diresse per vari nnni Popera sale-
siana di Farli con fede e coraggio, ronquisron-
dosi l'affetto e l1nmmirezione della a;:ente,
opecie d11rnnte l,i II guerra mondiale. Poté vì-
verc gli ultinù a•nni nll'ombrn delJa chiesa da
lui riedificata dopo le distruzioni belliche.
Coad. JEmJdlo Bernl t a Maggia no (Lucoa) a
54 anni.
Lavorò in molte ~ase salesiane. prestando senti~
zio di saerestia e accudendo aHa chiesa. Non
si rinchiuse nel silenzio, ma conservò un
carattere nperto ed espansivo. Offrl le ultime,
dolorose sofferenze, per la Congregazione e
le Vocazioni.
Sac. Mario Ghlglleno t Cuneo a 89 anni.
Giovane di vivaci.ssimo ingegno, si laureò o
pieni voli io chimica all'Università di Torino,
dove divenne ~sistente di Facoltà. lniziò
quindi una rapida carriera come tecnico nel-
Vindusui0.. Alla morte della mammaJ che egli
uvevu assistito a lungo con am.mirevole dedi-
zione nella ceci-tà e nella paralisi, lasciò ogni
cosa ed enrrò in Congregazione. Aveva 38 anni.
D-n allora si venne delineando la su11 figura
di maestro preciso, appassionato, stimato; di
sacerdote sempr~, dovunque, con curri; di
salesiano affezionato alle tradìzioni e sensibile
ai tempi. Ltt breve malattia e la morte serena
le accett ò con fede, nell'nttesa dell' incontro
con Cristo, c.he sveva annunciato con la pa-
rola e la vita.
Sac. Guido Sbernini t a Chiari (Brescia)
a 82 anni.
Si consumò in un lavoro umile e costante di
:npostolato tra i g iovani. Cresciuto slla scuole1
di gru.ndi sntes1ani1 li ricordò sempre come
maestri, Durante fa. sel!onda guerra mondiale,
a Modena, si prodittò per soccorrere e .salvare
i sinistra.ti <lai bombardamenti. .Parc:cchi deb-
bono a lui la vita. Si spense nella fiduciosa
ottesa della manifestazione del Sjgnure Gesù•·
Sac, Attillo Llusar-onl t n Loreto a 87 11 nnL
Quand'era piccoUssjmo, tra le braccia della
mamma, fu accarezzato e bèncdctto da Don
Bosco, che invoco su di lui la protezione cli
Dio. Ebbe un c:trattere font, e seppe send-
nare in profondità nei cuori giovanili. Rac-
colse schiere di qualificati e affezionoti exal-
lievi. e un manipolo di sacerdoti salesiani e
dioe:esanj. Ancbt nell'ufficio di economo ispet-
toriale s-i sentì prete, e come tale lo appr ezza-
rono tu1ti.
Sac. Luigi Oldano t •ù Alassio o 90 nani.
Entrò giovanissimo nelln 1-'"a.n"U~lìa Sales.ian.t,
e vi profusè tutte le sue belle <lot i di ìn1?e1?00
e di indole forte. Visse ln maggior parre dcllu
suo vita ad Alassio come Catechista. inse-
q:m1nte dt matematica e .fisico, direttore e pre•
sidc. Si debbono a lui le varie tappe di amplia-
mento dell'Istituto. /lppre~zatissimo da111i ul-
lie,·i, ebbe anche. riconosdment1 dalle !lUtOrità
scolastiche. Dì recente gli fu asseg-nnta la
ntedaglia d'argento per benemerenze scolastiche.
e la Croce Pro Ecclesia et Ponriji«. Fedele
alla Regola e a Don Bosco, fu negli ultimi
anni il Patriarca dtll.t Casa salesinna. Spirò
serenamente invocando Marin Ausiliatnce e
Don Bosco.
Coad. Italo SlgnorlnJ t ad Alassio a 68
anni.
Lavoracort- U1stancabil.e1 consacri. la sua vita
all'apostolnto della buona stttmpn con umiltà
e tenacia, Fedele allo sp1rico d1 Don llusco
lascia l'ese mpio luminoso di una vita spesa
con generosità per Dio e per il prossimo.
Coad. BenJamlno Gubltta t a Legnago
(Ve.rona) a 58 anni.
Scrvl in Congregazione come c uoco, prodi-
gando in questa arte delicato i suoi rn.Jenti
di obilio\\ e laboriosin\\, amm;rato ed a.pprez-
2ato da tutti. Ebbe. costante sorriso, battuta
arguta e intelligente. Fu gempre disponibile
e pronro tutti. 11 tempo libero lo dedi co
al teatro, dove fu attore apprezzato e applau-
dito.
COOPERATORI DEFUNTI
Giustina Perln In Ve~tto t a ;Q anni.
Ci ~cri ve il figlio sacerdote: , Raocomancle.rei
al vostro suffrait.io la mia cara mnmm.a, che
visse di fede, d1 serth.io e di sacrifici. Donò
dell ' Istituto delle FM A t re figlie, e permi.se
a me di diventare sacerdote diocesano•· Che
Dio ci doni nncora tante di queste mamme.
Car lotta Nonnola t n Romn n 90 anni.
Aveva offerto con gioi:~ un figlio a Don Bosco,
e per questo si sentivo. parte viva della Fa-
miglia Salesiana e madro in qualche modo
di ogni salesiano c he incontrava. l Salesiani
che l'hanno conosciuta ricambinvaoo jl suo
affetto m.aterno, e alcuni 1A chiamavano « mam-
ma l'vfargherirn •. Ave\\la una devozione. grande
a Don Rinaldi, che aveva conosciuto personal-
mente- nel lontano 1Q28.
Luigi Dettone t a Faenza n Q9 nnni.
Ebbe una viu evangelicamente lineare, e la
spese nella cura del.In sua numerosa famiglia:
12 fil(li. di cul 7 donati nl Signore (due sacer-
d~ti diocèsani, un religioso capuccino. un sale-
s-i.ano, tre religiose domenicane-). Quondo non
pote! piU lavorurc, passò la giornata ne11a pre-
ghieru. Solo Dio ha contato le S. Messe do
l u1 :3e.rvite e ascoltate nella cattedre.le dj Faenza1
dove uno de.i s uoi figli è parroco. Ormai molto
anziano, ma sempre lucidissimo, oon:'iervò
fino alla fine i-tuguzia e il buon umor e dei
roinagnoli autentici.
Mai la ParodJ t a Sompicrdarena o 71 anni.
Exallieva delle FMA, es.presse la sua profonda
devozione alla l\\ihdonna e a Don Bosco nella
preghiera e nc.ll'apos tolato. F u inst~\\ncabiJe
collaboratrice in tante in.iziati1<e di bene nelle
associazioni parrocchiali. La ricordiamo ani-
ntnta Ja inren.so spirilo e.vangelit.:.o, vera coope-
ratrice s.iles-iann.
Giannina Morgantl t • Busto ;\\rsizio
Cooperatrice salesiana cli antica clnta. ~elio
svoJg:imt:nto del $U0 lavoro di infermièra a
domicilio, spese ricchezze di fede e di carità
per i l conforto spirituale dJ tanti sofferenti.
Seppe infondere fiducia in Maria Ausiliatrice.
Fu grande benefattrice delle Opere cli Don Bo-
sco, rAt.."'--og-liendo moltis!òJ.i me intenzioni per
la celebrazione di Sante Messe a beneficio
delle l'lllissioni Salesiane.
Clorinda Mlnettl t a Bologna a 93 anni
Cominciò a servire come guardarobiera presso
i Sales-iani di Bologna durante la prima g-uerra
mondia le, e continuò finché le forze le basta-
rono per lavorare. Queua donna coraggiosa
diede ve-ramente tutta la sua vita e la sua nrti-
vid, all'Istituto, per decine d 'anni. 1'ei tragici
giorni dei bombardamenti drl 19+3-45 ru una
delle poche persone che rirnasero al loro posto
di lavoro, finché l'fstituto fu evacuato. Gli
ultimi noni li trascorse presso un pc.nsioa.n.ro
di religiose, con la mente, il cuore e la pre-
ghiera sempre presso i t suoi Sale-sia.ai.
Morendo volle che tutto quel poc.o che po,-
sedeva fosse loro consegnato: ultimo 5egno
della sua totale dedizione.
Dina Sandri Marcbesanl t a Pa,'ia a 77 anni.
Era semplice e buona, e sapeva infondere a
chi le.: smva vicino fede e c.oraggio. Coop~u-
trice salesiana fc.rvcotc, «!bbc fino alla fine una:
parola buona e un sorriso per tutti.
Maria G. Sprovierl ved. Signorelli t a
Spezzano Albanese (CS) a 76 anni.
Seppe educare nella fede e nell' amore la sua
numerosa. fa.miglia. :-,.J'clla lunga sofferenza
serenamente accettata testimoniò H suo s-pirito
cristiano.
Anna Tos cano t a Spezzano Albanesè (CS)
a 62 anni.
Fu \\1na cooperatrice instancabile. Ha lasciato
a tutti i suoi cari l'esempio di una vita c.ristinna
sincera e sacrificarn.
Francesco Bartolomeo t a Spezzano Alba-
nese (CS) a 72 anni.
Cooperatore fedele, visse per la sua famigli3
dimostrandosi uomo di pece e di fede.
Francesco Coclto t a Castagnole Lan~e.
Padre esemplare, fervente e fedele coopern-
Lore salesiano, dedicò tutta la vita alla forma-
zione cristiana dei figli e 0lle opere benefiche,
Devotissimo di Don Bosco, ne visse lo spi-
rito. Coronò la vita con una morte serena.
Cav, Carlo PaUottlnl t a Livorno a 76 anni.
Lavorava tra i Cooperatori assieme alla con-
sorte Lin3. La rettitudine, l'impegno co-
stante lo fecero promuovere Consigliere lspet-
torialc. Non c'era jnìziative spirituale per 1a
quale I Livornesi non fossero informati ed
esortnti da Jui. Non ri!Jpnrmi nva telefono
posta vishe penona.U. Don llosco gli
assegncr.l il « pezzo di Paradiso» promc.:.so
a.i suoi fig!L
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Emilia Senesi - Minna Frnnceseo - Carmela
di Mario (Chicago-US.\\) • Alfredo Camera .
"E.mnu Chia.rini - Dora De Tietnardis - C:JrO-
lirut I\\1èssinn - Sac. P ellegrino 7\\li:-.trtttn
:\\lurin P1ras lVlanca - Banist:J RoMo
I
I
LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA. riconnsciuts giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALE-
SIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22, possono legalmente ricevere Legati ed
Eredita. Ad evitare possibili contestazioni si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: «... lascio alla Dtrezlone Generale Opere Don Basco cc" sede in Rama (oppure all"lslituto Sa/Psiano per le Missioni con sede
in Todno) a titolo di legato la somma al lire ......••• (oppure) l' immobile sito in . ... . ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l'uno o l"altro dei due Enti su Indicati, la formula potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la O/reuone Generale Opere Don Bosco con sede In Roma
(oppure l'Istituto SMesiana per le Missioni con sede in Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo•.
34 (luogo e daca)
(firma per disteso)

4.5 Page 35

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BORSE COMPLETE
Bors:,: 1n m e moria " sutrn,&lo di
Serafino Rosso Sapienza e xallievo.
A cura di Rooalia Di Martino VNI.
Rono, lanello (Pakrmo), L. 100,000.
Bors:a: 1n s uffragio e memo r ia
del d o n. Francesco Chicco rn
ringra,:ìamrnto. ,\\ cura della famiglia
Chicco, Palo del Colle (Bari), lire
100.000.
Borsa: 1n memoria di ,uor On o
rina Llln(ran co. A curn di un fami-
Jia.re, L. J 00.000.
Bors a: Béatc, Don M ichele Rua
per ouencre 1rulc. A cura dell•
famj11lia Fcrrcro, Torino, L. 100.000,
llorsa : 1n ul!'raglo di G ianni e
Rando lfo Della F lo re. A cura di
Maria 8allanni vcd. Dalla Fiore, Ro-
vescala (Pavi1), 1~ 75,000.
Borsa: Gcaù n lve-ua nosc.ra. A
cura di L\\JÌOll \\'cranio, Tamoi (Por•
denone), L. 60.000.
Borsa: G ea ù Sa c ramentato, Maria
SS. Aualllatrlce, S. Giovanni Bosco
e 6gUo Mlc b cle. A cu ra di G regorio
B ifulco, Ottav,nno (Napoli), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Ausiliatrice ptrthd
protq6a oro t,I in atJVdnirt! il piaolo
Gius,pp,, A C\\Jr.l di Ed04Tdo Alit:redi,
Torino, L. 50.000.
Bors:,: A S. Giovanni Bosco pn- i,.,,,;
.lfwwnari M' ,rm,ra riav1tta. A cwa
d1 Sabina Chrea•, L 50,000.
Borsa: S. D o menico Sav io, D o n
Filippo Rinaldl. A C\\Jta dei coniugi
BellordlndH, C..tel11andolfo (Roma),
L . 50.000.
Borsa: Maria SS. Auslliatdce, S.
Giovanni Bosco, Beato Don Mi-
chele Rull e S. D o menico Savio,
ÌmJocando ai1,to e pror~::iont per t11fli
noi. A cun d, Pnoln Pi%:ruti, S. Bene-
detto del Tronto (Ascoli Piceno),
L . 50.000.
Borsa: In 1uffra1tio dei defunti
Maria • Paolo • Olinda e Bruno
Antollnl. A cuni di Fn.neesco
Antolini, Bo,ao Voi di Taro (Parma),
L. 50.000.
Borsa: [n suffra1Jo del de funro
Emlllo Farlnertl, A C\\JJ'll di Pasqm-
lina Cnvino, Or11n Bormida (Aleo-
sandrìo), L. 50.000.
Borsa: Beato D on Michele Rwt.
A cu ra di ;\\nKdinJI M...,.Ja, Bon
(Nuoro), L. 50,000.
nor,.,,: Beato Don Michela Rua.
I\\ çurn d , Tino .V. linJ,?Uri, Rorn,•.
L. 50.000.
Borsa: In onore di Maria SS,
Au llllla trlce e di S. GloV1lDnl
Bosco. A cura di Annio Povolo,
Rcoo:uo (Vicenza}, L. 50.000.
Borsa: Anim e sante d el Purjfator lo
prc1a1e per noi. A cura di l\\lur•
ll<l{aldr, lloc,doleto (Vercellì), Lm:
50.000.
Borsa: Ma ria SS. Ausllll\\lrlcc e
Sac ro C uore, P" tujfragnr, 11/10
manro Nwo ed i miei gemtori Allrr'<mu
e .Riccnrdo, A turn di Michclin11
~rini Meli&, CaglJJu-i, L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Auslliatrlcc, S.
Giovanni Bosco e S. G iuseppe ,
f>"tehl FrtrMo Mario. ,,.,,,a tt,n ltt
sal.urt dtll,om·ma e- dtl corpo otUntre
una buana ,Utnna::::ioM t tutti i mrmb,ì
dtllo famirlia abbiano solwun
10/u11. A cura di Michelma Gorin,
Mello, Ca11liari, L. 50.000.
Boru: S. D o menico Savio in n,J.
J,011'0 dtì mia" ,~niton·. A cuna di
'N.N., Bellagio (Como), L. 50.000.
Borsa: S. Giovanni Bosco e Oon
Filippo lUnaJdl, in suffr'!f(ÌO dtl
,..,. don Z11ceollo. A CW'll di Anto-
nicrm Montaruli, Ruvo di Pulli•
(Bari), L. 50.000.
Borsa: D on Augusto Czarto rlJkl.
A cun di Lucia Mlbni, Ghcdl
cBrcsci•l, L. 50.000•
Bol'Sll: Maria SS. Ausilia trice, San
Giovanni Bosco, S. Domenico
Sa vio e Papa Giovanni XXIII,
g,am rn rù111atiamint<> benr/ìd r,'rroutì rd
int•oe,mdo
~ blt1td;~ioni. A CW'Q
di N,N., Poirino (Torino), L. 50,000.
Bors a: Maria SS. Ausiliatrice e
S. O lo vannl Bosco, A cura dtl111
prof.•• Angd• Solino, Lrvorno, lire
50.000.
Borsa : Maria SS. Aw.lllatrlce,
S. Giovanni Bosco e S. Oomcnleo
,d,.. Savio, """.gatz pr,,. m~ e. p,m.1111t,11 i
11otonm, t, Jnmiglit, i bimbi 1/1
t/ltt1ri dtllo norrra Parrocdllo. A c\\Jn
di :\\1. Luisa Besenval, S1. Detm
(/\\OJla), L. 50.000.
Bona: Maria SS. Auslllarrlce,
S. GloVllilnl Bosco e S calo O on
Rwa. A C\\Jn> di N.N., Cil.av"llna
(Pavia), L. 50.000.
Borsn : Maria SS. Ausllillrrlcc e
$. C iovanni Bosco. A cun& Ilei
n11, Ezio Fonrano Peslll'o, L. 50.000.
crociata
TOTALE MINIMO PER BORSA L. 50.000 Avvertiamo che la pub•
bllculone di una Borsa Incompleta al effwttue quando Il verumanto
lnlzlale ragglun~ I• aomma di L 25.000, ovvero quando tale aomma
vien• raggiunta oon offerte e uccesslve. Non potendo fondare una Borsa.
si pub contribuire con qualsiasi somma a complatere Borse già fondate
Borsa: Alla cara memor ia del
si11. Nicolino Pcccl, ,amne ,kl.
l'Unione tJta/li,w Ca1a .Htulu. A
cun deJ cav. Pic1ro Narc:tto, L. 50..000.
Borsa: Marlii SS. Auallla1rlee e
S. Giovannl Bosco, J>tr ottoiert
una zra::ia. A cun d 1 Maria Anto--
lìni, Trento., L. 50.000.
Borsa: Marill SS. Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, /11 totffragio dei
nortri d,f,mti. A cura dclln f«miglin
PArieni Cervnsmi, M uscagno (Tic..-
Svizura), L, 50.000.
BorsJ1: Oon Bosco a iutalo a sop-
portare. A cun di N.N., L. 50.000.
Bol'Sll: S. G iovanni Bosco. A cura
di Mm:isa Scutcri, Torino, L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Aus iliatrice,
S. G iovannJ Bosco a S. Cu o re di
Gesù, aiuu,r_c pro1q1t111 bDu:diu
mio figlio. A C\\Jn, di L<t~ÙI Bolh,
$. Bonifacio (Veron•), L. 50.000 .
Borsa: S. Cuore , Maria SS. Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bos co, P"
gra::ùz ,icet•uta i11votorulo prote::ione
per i mi.m" car,'. J-\\ curn di Caterina
Resruccia, Vjbo Volenti• (Catanzaro),
L . 50,000.
Borsa: Marla SS. Au• ll1a1r-tce e
S. Glo~-anni Ba.co, in ri,izra,:ù,.
mento , lllpplicando prott.-u,,r,. A cu.ra
di ADnll Colonnello llroell, Milano,
L. 50.000.
Bo rsa: Per o no rare la m c morla
d el sac. don F ran cesco Roma-
gnino. A CUJ'll dcli• ramislio Roma-
gnino PignocCQ, C111li•rl, I.. 50.000.
Borsa: Don Bollco c ondnua ad
aiutarci! A cur.i di N.N., Como-
Rebbio, L. 50.000.
Bona: Maria SS. AusUlarrlce Ma-
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