Bollettino_Salesiano_197403


Bollettino_Salesiano_197403

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BOllffilNO SALESIANO ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVIII N. 3 FEBBRAIO 1974
Sped,z. ìn abbon. post - Gruppo 2° (70) - 1• quindicina

1.2 Page 2

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BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVIII - N. 3
Febbraio 1974
Direttore responsabile
DON TERESIO BOSCO
Impaginazione
Luigi Zonta - Ufficio Tecnico SEI
Direzione e Amministraxione
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
Officine Grafic he SEI
SOMM~RIO
Editoriale
2. « Mamma, parlami di Gesù». Il
catechismo dei bambini
Articoli
6. Don Ricceri tra i Salesiani di
3 continenti
9. Una battaglia breve
1O. Ragazzi violenti a Gressoney
12. L'estate dei Giovani Cooperatori
14. Vocazioni: una questione di vita
o di morte
16. Trieste: 75 anni e tanti ragaz.zi
18. SAF: Salesiani con la cinepresa
22. « Noi siamo piccoli ma cresce-
remo... »
24. Don Bosco: un prete per tutti i
ragazzi del mondo (seconda parte)
Notizie
della Fam glia Sal'!sian"I
17. Centro Studi Don Bosco
28. « Roba da Salesiani»
28. Commemorato mons. Olivares
nella sua diocesi
28. Le forze salesiane in Estremo
Oriente
29. La Calabria salesiana a Don Rua
29. Pieno successo del Convegno
sulla Confessione
29. Una città come risposta
30. Il nuovo vescovo salesiano di
Krishnagar
30. Nuovo Prefetto Apostolico del-
l'Ariari
30. «Grazie. Radio Caiarl>l
31. Tre nuovi « Bollettini Salesiani»
31. Un progetto per cambiare le ca-
panne in case
31. Un volume dedicato ai canti dei
Bororo
31. Don Bosco a Chivasso
31 . Acqua piovana tresca
Rub ·iche
5. Educhiamo come Don Bosco
«Educateli a sapersi decidere»
4. Pubblicazioni Salesiane
15. Microrealizzazioni Missionarie
32. Grazie per intercessione di M. Au-
siliatrice e dei nostri Santi
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In coper1ina
Una delle tante splendide bam-
bine dei nostri paesi e delle
nostre città. Al « Catechismo dei
bambini» è dedicato l'editoriale
(pag. 2)
È stato pubblicato da
alcuni mesi, a cura dei
Vescovi italiani, il
« Catechismo dei bam-
bini »: una guida per
genitori, educatrici ed
educatori che vogliono
crescere i loro bambini
come « figli di Dio ».
Don Giacomo M. Me-
dica, direttore della ri-
vista Catechesi, pre-
senta con questo arti-
colo il nuovo catechi-
smo ai lettori del Bol-
lettino Salesiano.
Perché è stato scritto un
« Catechismo dei bambini » ?
Per dare una risposta bisogna
precisare due cose: i (( bambini >>
per i quali è stato scritto questo
libro sono quelli nell'età della
scuola materna, cioè dai 3 ai 6 anni;
perciò è chiaro che questo cate-
chismo è scritto, si, per i bambini
ma non per essere letto da loro,
in quanto non sanno ancora leg-
gere e scrivere.
E allora ? A chi serve questo
catechisnw ? Ai genitori, a educatori
ed educatrici che hanno cura dei
bambini, affinché sappiano parlare
a loro di Gesù e di Dio, con
amore e sapienza cristiana. Si tratta
perciò di un catechist1fO rivolto agli
adulti per i bambini. E messo nelle
mani dei genitori e di chi ha cura
dei bambini, come tutti quegli
altri libri che trattano òel modo di
allevare e di educare i bambini.
Qual è la storia
di questo catechismo ?
È una storia abbastanza breve,
come la vita di un bambino di
tre anni. Infatti, nel 1970 l'Episco-
pato italiano ha pubblicato un testo
intitolato Il Rinnovamento della
Catechesi, chiamato correntemente
<< Documento di base>> perché è
il fondamento su cui è stato pro-
gettato e costruito questo cate-
chismo dei bambini e su cui sono
stati progettati e vengono costruhi
altri quattro catechismi: per i fan-
ciulli, per i preadolescenti, per j
giovani e per gli adulti. E una
storia di studio e di lavoro intensi.
Chi sono gli autori ?
In primo luogo molte famiglie
e molte comunità ecclesiali hanno
fatto in questi ultimi anni delle
esperienze nel campo della cate-
chesi dei bambini: ne hanno par-
lato, ne hanno discusso e ne hanno
scritto. Poi, un gruppo di lavoro
ha ascoltato, ha letto tali scritti,
ha vagliato quelle esperienze, e si
è messo a progettare il catechismo
dei bambini, provando e ripro-
vando e facendo controllare il pro-
prio lavoro da un gruppo di ascolto
formato da genitori, da educatori
ed educatrici, da specialisti in pe-
dagogia e catechetica.
Questo lavoro è stato affiancato
dal consiglio dell'Ufficio Catechi-
stico Nazionale con un suo gruppo
di esperti, e la Commissione epi-
scopale per la dottrina della fede
e la catechesi ha costantemente se-
guito le varie fasi della prepara-
zione. Cosl, il catechismo è giunto
al punto di essere autorizzato dal
Consiglio Permanente della CEI per

1.3 Page 3

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''
una consultazione e sperimenta-
zione nelle diocesi italiane. Si avrà
un testo migliorato e collaudato.
A quali bambini
si rivolge questo catechismo ?
Chi lo ha progettato e scritto
ha cercato di non idealizzare la si-
tuazione dei bambini in Italia oggi,
ha voluto vederla cosi com'è; non
ha pensato che tutti i bambini
siano fisicamente sani, intellettual-
mente dotati, che vedano e sentano
e si muovano senza fatica, che
siano stati procreati responsabil-
mente in una comunità di amore,
che abbiano una vita facile e gioiosa.
Ha innanzitutto pensato ai bam-
bini che hanno ricevuto meno, a
quelli che sono considerati gli ul-
timi, ai non accettati, agli handicap-
pati, a quelli che vivono in fa-
miglie divise, in comunità sociali
contrastate, dove Cristo non si
trova di casa. Per questo ha rifug-
gito dal delineare una famiglia
<< media >>, sommando in certo modo
aspetti e valori positivi e negativj
di tanti tipi di famiglie. Le foto
visualizzano questa varia realtà.
Però, mentre è possibile accet-
tare passivamente la realtà così
com'è senza affrontarla, il cate-
chismo dei bambini vuole accet-
tarla attivamente per affrontarla e
contribuire a liberarla da condi-
zionamenti non umani, a far mi-
gliorare le famiglie e le comunità
per una più piena maturazione dei
bambini.
Perché un libro
e non un fumetto per bambini?
Anche questa domanda è pos-
sibile, ma non terrebb!! conto di
ciò che è stato detto sopra. Il cate-
chismo non è diretto immediata-
mente ai bambini, che non sanno
leggere. D'altra parte è la prima
volta che nella Chiesa si propone
un catechismo per questa età. È
un lavoro nuovo. Qualcuno avrebbe
preferito un album illustrato - ed
è sempre possibile farlo - ma il
catechismo è qualcosa di più.
Si rivolge ai genitori, agli adulti,
alla comunità ecclesiale, perché
sono essi che devono educare i
bambini. Quest'opera non può
farla direttamente un libro. I bam-
bini guardano ai grandi ed è nel
mondo dei grandi che devono vedere
e ascoltare, leggere e quasi. toccare
con mano l'amore di Dio nostro
Padre. È un impegno per tutti.
Il catechismo vorrebbe fare in
modo che le famiglie e le comu-
nità ecclesiali divengano un << cate-
chismo vivo >> leggibile da parte dei
bambini Ci riuscirà? L'impegno
che riesca è di tutti.
Come è fatto
questo catechismo dei bambini ?
Hanno risalto alcune pagine con
scritte in bianco su sfondo azzurro.
Contengono delle domande impor-
tanti: sono «interrogativi>> pro-
fondi che mettono a fuoco il fatto
che la fede non nasce dal timore
ma dall'amore e che perciò le
iniziative che si prendono per i
bambini non devono nascere da
paura ma dall'amore e portare al-
l'amore. Sono <<problemi>> dell'esi-
stenza umana e cristiana.
<< È vero che questi bambini an-
cora prima di nascere erano 11ella
mente di Di.o? ... Le parole di Di.o
riguardano soltanto l'anima di questi
bambini? ... Non li riguardano forse
come persone, anime e corpi? ...
Come fare perché il senso religioso
nei bambini si desti e come fare per
chiamarli senza costringerli? ... Che
il primo annuncio di Gesù sia dato
da tm padre o da una madre è un
lusso o una necessità? ... Battez-
ziamo per tradizione, per paura o
per a11wre? ... ~.
A questi interrogativi il cate-
chismo risponde con un linguaggio
discorsivo, con un dialogo paziente,
rispettoso, impegnato, per inse-
gnare a parlare di Gesù e del
Padre ai bambini, per suggerire le 3

1.4 Page 4

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PUBBLICAZIONI
SALESIANE
La copertina d el te Catechle mo dei bambini lt. Nella pagine precedente, in
alto: uno del freech l d lHgnl del bambini che lllus1rano Il Catechis mo.
prime espressioni e le prime pre-
ghiere della fede, per un richiamo
ai primi atteggiamenti di vita cri-
stiana.
Chi leggerà
il catechismo dei bambini ?
Chiunque lo voglia. Il testo, di
~68 pagine, è in vendita nelle
librerie (L. 800). In particolare è
raccomandato:
- al clero impegnato nell'azione
pastorale;
- ai genitori, che lo potranno
leg~ere da soli o in gruppi eccle-
siali, con la guida della comunità
parrocchiale o diocesiana;
- alle educatrici della scuola
materna, laiche o religiose;
- in corsi di prepatazione al
matrimonio o di spiritualità fa-
miliare;
- negli istituti o nelle scuole
magistrali.
Alcuni punti
di particolare interesse
Nell'impossibilità di offrire una
visione organica dei problemi e
delle prospettive del catechismo,
è utile rilevarne alcuni.
I. È importante e fondamen-
tale il discorso dei primi capitoli
4 sulla dignità dei bambini nella co-
munità civile e cristiana. È un
discorso sereno ma di netta con-
testazione dei condizionamenti di
cui oggi sono vittime bambini e
famiglie. È una presa di coscienza
che sarà feconda se porterà a
un'azione impegnata.
2. Il battesimo dei bambini visto
nella luce dell'amore: l'adozione
a figli di Dio è dono per i bam-
bini e impegno per gli adulti.
3. Il fondamBrito dell'educazimU!
morale è l'amore e non il timore
o la paura: in questa luce si può
affrontare la realtà del peccato nel
mondo, della sofferenza, della croce
di Gesù.
4. L'incontro cotL Gesù nBlla Bib-
bia e nella vita va purificato dai
rischi della leggenda e del mito,
cose usuali in una educazione di
comodo, ma preoccupanti sul piano
deIl'itinerario cristiano.
5. Il problema della scuola del-
l'i'nfanzia nel nostro paese viene
affrontato apertamente, anche con
riferimento agli orientamenti edu-
cativi della scuola materna di Stato,
considerati con serietà democratica
e con libertà cristiana.
6. Testi biblici e altri documenti
(pagine a sinistra) per lo spirito
cristiano e la formazione degli
adulti.
GIACOMO MARIA MEDICA
NOVITA SEI
D. Zlmmermann, Ricerca pedago-
gica In una cl•••• differenziai•.
Pag. 128. L. 1500
Sulle basi di un'esperienza durata
otto anni come insegnante in una
classe differenziale, a contatto con
ragazzi «disadattati». l'autore ha
compiuto un'evoluzione che l'ha por-
tato, da un metodo pedagogico tra-
dizionale, ad elaborarne uno «at-
tivo•• per concentrarsi infine su una
pedagogia ad orientamento non di-
rettivo. Il libro narra queste espe-
rienze.
NOVITA LDC 10096TO-Leumann
M. Galizzi, Una chiesa giovane.
Pag. 112. L. 600
L'autore legge la Prima e la Seconda
Lettera di Paolo al Tessalonicesi nel
contesto della Chiesa di oggi. perché
siano di contestazione, esortazione
o lode alle comunità ecclesiali e ai
fedeli dei nostri giorni. Ne emerge
la piena attualità del pensiero di
Paolo ai problemi del nostro tempo.
Un discorso facile e concreto per
sacerdoti, gruppi e singoli fedeli.
A. Paoli, I gioml della droga
del quabracho. Pag. 168. L 1000
Dal suo osservatorio fatino-ameri-
cano, Paoli guarda con occhio pro-
fetico i giovani, scopre i nuovi va-
lori che fermentano nella loro rivolta,
li invita a liberarsi per costruire in-
sieme la storia.
G. Gatti, La dimensione morale
dalla catechesi. Pag. 148. L 900
Il volume. già collaudato in nume-
rosi corsi di catechetica, si rivolge
ai catechisti che si preparano alla
loro Impegnativa missione. Vuol dare
una conoscenza chiara dei principi
generali della morale cristiana e dei
criteri fondamentali per affrontare
quel problema di fondo che è l'im-
pegno morale del cristiano.
G. Milanesi e M. Aletti, Paicologla
della religione. Pag. 240. L. 1800
La prima parte (4 capitoli) espone
criticamente le principali interpre-
tazioni psicologiche del fenomeno
religioso. La seconda parte (9 capi-
toli) descrive le tappe progressive
dell'evoluzione della religjosità uma-
na. dall'infanzia all'età adulta. Il ca-
pitolo conclusivo delinea fa compo-
nenti della maturità religiosa.

1.5 Page 5

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Giovannino Cagliero aveva tredici anni
quando per la prima volta incontrò
Don Bosco a Castelnuovo d'Asti. Era
il primo di novembre del 1851, festa di
tutti i Santi. Don Bosco contava allora
36 anni.
- Mi pare che tu abbia qualcosa da
confidarmi - gli scoccò con un sorriso
Don Bosco, quando si accorse che quel
ragazzo gli ruotava attorno indeciso.
Veramente, sì, - rispose il ragazzo.
- Hai qualche desiderio?
- Vorrei venire con lei a Torino... e
stare sempre con lei.
Bastò lo sguardo di Don Bosco per
rendere inflessibile la decisione di Gio-
vannino. Alla mamma del ragazzo, la
sera di quel giorno Don Bosco azzardò:
- È vero che volete vendermi vostro
figlio?
- Venderlo, no. Piuttosto glielo regalo.
la sera del 2 novembre, giorno dei
Morti, Giovannino Cagliero entrava de-
finitivamente nell'Oratorio di Valdocco a
Torino. Don Bosco lo presentò alla sua
buona mamma Margherita:
- Ecco, mamma, un ragazzetto di
Castelnuovo: ha ferma volontà di farsi
buono e di studiare. (Con quelle pa-
role Don Bosco rafforzava indiretta-
mente la decisione del ragazzo, che non
si lasciò più smuovere).
- Oh, si - interloqui la mamma. -
tu non lai altro che cercare ragazzi,
mentre sai che manchiamo di posto e
di locali.
- Ma via, mamma, qualche cantuccio
lo troverai - ribatté Don Bosco.
- SI. lo metteremo nella tua stanza.
- Non è poi necessario. Questo ra-
gazzo. come vedi, non è grande; lo
metteremo a dormire nel canestro dei
grissini e con una corda lo attacche-
remo a una trave, alla maniera di una
gabbia per canarini.
Il ragazzo non si staccò più da Don
Bosco. Si fece prete e salesiano, fu
missionario prestigioso nella Terra del
Fuoco, poi vescovo e cardinale.
• Il tormento della scelta tortura
il ragazzo durante la cosiddetta
« pubertà psichica». Occorre che
qualcuno (educatore o familiare) lo
guidi su quei difficili binari. Da fan-
ciullo, le responsabilità della scelta rica-
devano in gran parte sui suoi genitori
e educatori. Da ragazzo, deve lui affron-
tare il rischio di dover decidere, pur
mancando di tante conoscenze speci-
fiche che garantirebbero la bontà della
sua decisione. È naturale che i ragazzi
si rivolgano a persone di loro fiducia
per avere una qualche direttiva o un
consiglio.
• Il ragazzo va preso sul serio. La
necessità di operare delle scelte appar-
tiene al destino dell'uomo; la capacità
di operarle è un segno di progressiva
maturazione interiore. Per ogni deci-
sione non è tanto essenziale una visione
vasta e dettagliata del problema, quanto
piuttosto una certa forza interiore: la
forza di decidere; e una certa dose
di coraggio: il coraggio di accettare
il rischio.
Nessun ragazzo dovrebbe vedersi
strappare dagli educatori Il diritto
a operare le proprie scelte. Genitori
e educatori devono guidare e allenare
il ragazzo a decisioni autonome. Si no-
terà allora con quale serietà e intelli-
genza il ragazzo accetta il rischio, un
rischio costruttivo basato sulla cono-
scenza dei fatti e guidato dal ragiona-
mento, e quanto vivamente desidera ri-
volgersi per consiglio ai propri educa-
tori. « Se dedicassimo allo studio del
modo di affrontare i rischi - nota uno
psicologo - metà del tempo che pas-
siamo a cercare di evitarli, non avremmo
molto da temere dalla vita».
Alcuni ragazzi, incapaci di accet•
tare ogni forma di rischio, non
fanno che tergiversare senza de-
cidersi, lasciandosi semplicemente
trascinare dalle circostanze. Eppure
talvolta saranno costretti a correre un
rischio per evitare una catastrofe. Uno
studioso racconta di una crociera nel
mare con alcuni amici che avevano un
panfilo a vela. «Il secondo giorno di
navigazione incontrammo mare grosso
e sentimmo alla radio che una violenta
burrasca si stava addensando proprio
sulla nostra rotta. Virammo di bordo e
ci dirigemmo con tutta la forza del
nostro motore ausiliario al porto dal
quale eravamo partiti. Eravamo a meno
di due chilometri dal molo e già vede-
vamo lampeggiare il faro che segnava
l'ingresso alla salvezza quando la bur-
rasca ci raggiunse. Mentre ringraziavo
il Signore di essere quasi arrivati a
sfuggire il pericolo, con mio stupore il
timoniere invertl la rotta e puntò di-
ritto al centro della tempesta. "Certo,
è un rischio - mi gridò in risposta alla
mia protesta -. Ma è sempre meglio
che fracassarci su quegli scogli". Alcune
ore dopo, quando la tempesta si calmò
entrammo in porto; vidi i rottami dei
natanti e dei pescherecci sbattuti contro
le banchine. Quell'uomo aveva imparato
in molti anni di navigazione che si po-
teva raggiungere la salvezza soltanto
correndo un grave rischio. L'alternativa
è indilazionabile: agire o subire».
« Avventurarsi significa rischlare
di avere spesso molti guai; ma non
avventurarsi e rimanere indecisi si-
gnifica perdere e rovinare se stessi»,
disse i I fi losofo danese Kirkegaard.
Ogni buon educatore, come Don Bosco,
sa opportunamente guidare il ragazzo
a decidere e ad awenturarsi nel rischio.
Dopo tutto, anche la fede è un rischio,
ma un rischio meravigliosamente calco-
lato.
CARLO DE AMBROGIO 5

1.6 Page 6

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don Ricceri tra
i salesiani di
Tra il 1° ottobre e il
12 novembre, il Rettor
Maggiore ha compiuto
un viaggio che lo ha
portato in America
Centro-Nord, in Au-
stralia ed Estremo
Oriente. Un viaggio ric-
co di episodi, il cui si-
gnificato va oltre la
portata dei singoli in-
contri perché realizza
l'incontro del succes-
sore di Don Bosco con
la Famiglia Salesiana.
«E eco Don Bosco che viene con
voi », aveva detto egli stesso
nel lontano 1875, quando la prima
spedizione dei missionari stava per
varcare l'oceano. Ma Don Bosco
allora si era limitato a consegnare
un libretto, in sua vece: le Costi-
tuzioni Salesiane. Quel viaggio ri-
sultava per lui impossibile, Don
Bosco «doveva>> rimanere a To-
rino. fl successore di Don Bosco
invece, oggi può raggiungere i suoi
figli sparsi nel mondo. E Don Rie-
ceri l'ha fatto, ancora una volta.
Ha visitato tre continenti, ha
incontrato un migliaio di Salesiani
e Figlie di Maria Ausiliatrice,
Exallievi, Cooperatori, le popola-
zioni pittoresche delle missioni,
nugoli di ragazzi. << In un certo
senso è stato un viaggio informale
- ha detto al ritorno Don Rie-
ceri - ; e meglio di quelli ufficiali,
ha permesso di prendere davvero
contatto, di entrare in familiarità,
di comprenderci ».
Il 1rolto fiero di un'india messicana. « Ml
sembrava di assera piombato in una comu-
nità cristiana del primi secoli», disse Don
6 Riccerl tornando dalla missione dei Mixes.
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1.7 Page 7

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ENZO BIANCO
continenti
E di g101re insieme. Sembra re-
torica, il Superiore circondato dagli
evviva, sembra paternalismo d'altri
tempi. Al contrario, era la veri.fica
di un dato facilmente supposto in
teoria, e d'improvviso scoperto nel
reale: l'esistenza cioè, sostanziosa,
di una vera Famiglia Salesiana.
Il filo invisibile
Bastava l'apparire di quei suoi
capelli bianchissimi, di quel sor-
riso misurato, bastava un cenno
con la mano dalla scaletta del jet,
e di colpo il senso d'isolamento
si scioglieva, nasceva la sensazione
netta che quel volo d'aereo por-
tante il Rettor Maggiore collegava
con un filo invisibile i nodi della
geografia salesiana, che tutti quanti
- i presenti, ma non meno i
lontani - insieme si formava un
tutto, in Don Bosco e nella Chiesa.
È accaduto in Messico, dove
gli undici Ispettori della regione
Pacifico erano giunti al loro con-
vegno con un dossier colmo di
problemi (erano di quei giorni i
fatti del Cile, c'erano le difficoltà
del rinnovamento religioso, c'era
l'apprensione per il destino delle
nuove generazioni di Salesiani).
È accaduto agli Exallievi del-
l'America Latina riuniti a Ciudad
de México a congresso per ricer-
care insieme un impegno di giu-
stizia nel mondo: Exallievi anziani
come colonne portanti, ed Ex-
allievi giovani inquieti, trovarono
tutti nel Rettor Maggiore il natu-
rale punto di riferimento, la cer-
tezza, l'impulso a proseguire.
In Managua che risorge dal ter-
remoto, con il suo Vescovo sale-
siano mons. Obando Bravo, con
i confratelli e le nostre suore fatti
oggetto - nel loro sforzo per soc-
correre gli altri - della conver-
gente solidarietà della Famiglia Sa-
lesiana, a tutti il Rettor Maggiore
ha solo dovuto riconformare e ri-
badire questa unità di animi, che
era più che evidente.
Poi i Mixes. Decine di mi-
gliaia di Indios affidati, per il loro
approccio con la fede e con la
nostra cosiddetta civiltà, a un pu-
gno di missionari salesiani. I Mixes,
soprattutto i bambini, guardavano
con stupore e gioia insieme a quel
personaggio fascinoso che prima
da lontano aveva inviato loro i
missionari e ora veniva in persona
a fare la loro conoscenza.
In suo onore i Mixes hanno
cantato e danzato ciò che di
meglio sanno fare sotto la volta
del cielo), e hanno affollato la con-
celebrazione, all'aperto, del Rettor
Maggiore. Ali'offertorio hanno por-
tato con pane e vino anche i fiori,
i frutti, le gallinelle e gli altri
piccoli animali della loro foresta.
Poi comunioni, tante comunioni.
Che bello, per loro, se la cele-
brazione non fosse finita più. <1 Mi
sembrava di essere piombato in
una comunità cristiana dei primi
secoli », dirà il Rettor Maggiore.
Era valsa la pena affrontare strade
"prima polverose e poi fangose,
sopra una camionetta obbligata a
procedere tra sbalzi e tonfi a passo
d'uomo. Era valsa ia pena: per
constatare che anche 11 crescono
i figli di Dio, si compiono i sogni
di Don Bosco.
La Casa dei Becchi in America
Stati Uniti. Due Ispettorie, e
un lavoro non facile tra giovani
che trovano nel benessere la loro
fortuna e la tentazione di dimen-
ticare il Vangelo. << La parola d'or-
dine dataci mezzo secolo fa quando
IL GIRO DEL MONDO IN 43 GIORNI
In realtà il viaggio è durato solo 42 giorni, perché il Rettor Maggiore attra-
versando il Pacifico da est a ovest, ha... perso un mercoledl, quello del 31 ot-
tobre, fenomeno che ben conoscono gli studiosi di geografia. Ecco l'itine-
rario completo:
1-2 ottobre: in aereo, Roma-Amsterdam-Ciudad de México;
2-22 ottobre: permanenza in Messico, con partecipazione a riunioni e
brevi visite in nazioni vicine;
2-12 ottobre: Convegno Ispettori Salesiani della Regione Pacifico. Il
Rettor Maggiore apre il Convegno con la conferenza « L'ispettore oggi», e
prende parte a moltissime sedute;
7-9 ottobre: visita a Managua. Il Rettor Maggiore si congratula con le
comunità Salesiane che si sono prodigate in occasione del terremoto;
10-14 ottobre: 4° Congresso Latino Americano Exallievi: il Rettor Mag-
giore presenzia ai momenti più importanti;
16-18 ottobre: visita alla missione dei Mixes;
22-30 ottobre: visita negli Stati Uniti;
30 ottobre 7 novembre: visita in Australia. Tappe: Sunbury, Lyster-
field, Brunswick, Chadstone, alla periferia della grande Melbourne, e poi
Elenorchy, (la città più australe del continente, Adelaide, Engadine, eccetera).
Il Rettor Maggiore chiude i festeggiamenti per il 50° dell"arrivo In Australia
dei Salesiani.
7-12 novembre: visita in Thailandia e Vietnam. Itinerario: Bangkok,
Saigon, Dalat, Saigon, Bangkok;
12-13 novembre: rientro in aereo Bangkok-Roma.

1.8 Page 8

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Qui acC"anto: la « Casa natale» di Don Bosco
costruita a West Haverstrow: copia fedele
di quella del Becchi, è fatta con mattoni ri-
cavati da cascine in rovina del Colle Don
Bosco e portati in America. Sotto: A Thu Due,
in Vietnam, il Retto, Maggiora è accolto
a suon di banda nell'Aspirantato salesiano.
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partimmo da Torino - ricordò a
don Ricceri uno dei primi Sale-
siani recatosi negli USA - fu
questa: andate negli Stati Uniti,
state .sempre uniti. Con Don Bosco
e tra di voi >>. E don Ricceri visi-
tando le case di Los Angeles,
Bellflower, New York, Ramesey,
Boston, San Francisco, eccetera,
poté constatare che la consegna
dell'unità era stata eseguita.
I Salesiani lo portarono a vedere
un tangibile segno d'unità: la loro
Casa dei Becchi. Sorge a West
Haverstrow, è una copia fedele di
quella vera, l'hanno costruita con
mattoni ricavati da cascine in rovi-
na nelle parti del Colle Don Bosco,
e trasportati in America...
siani diventare lspettoria. E nel
vortice dei festeggiamenti non riu-
sciva a frenare le lacrime.
E poi, sulla via del lungo ri-
torno, il Rettor Maggiore non po-
teva non fermarsi in Vietnam, per
complimentarsi con i Salesiani che
vi lavorano.
Sono comunità giovanissime (età
media trent'anni) che chiedono con
l'impazienza dei giovani di essere
riconosciute come Ispettoria. E
hanno un'esplosione di vocazioni.
Nella scuola media inferiore, 240
ragazzi; 250 in quella superiore.
Dei ragazzi dell'ultimo anno, una
cinquantina faranno domanda per
il noviziato. Mentre altrove i gran-
diosi seminari son vuoti e in af-
fitto, i Salesiani in Vietnam hanno
dovuto costruire in fretta e furia
una sede nuova per il noviziato
e gli studentati. Non c'era il de-
naro, ma i chierici nelle ore libere
dallo studio hanno lavorato sodo.
Hanno scaricato I 8.000 sacchi di
cemento, 150 tonnellate di ferro.
Hanno scavato le fondamenta, ver-
niciato infissi, porte e finestre.
Hanno aiutato a realizzare l'im-
pianto elettrico e quello idraulico.
Don Ricceri ha inaugurato l'edi-
ficio nuovo, costruito nel breve
volgere di un anno. Soprattutto,
nella sua sosta, don Ricceri con
il filo invisibile ha collegato più
strettamente a Don Bosco anche
le nuove case del Vietnam.
Con questo ennesimo viaggio, il
Rettor Maggiore ha ripetuto ai
Salesiani dislocati sotto i pia di-
versi meridiani del mondo: << Ecco
Don Bosco che viene con voi >>.
L'ultimo superstite
della prima spedizione
Cinquant'anni di lavoro in Au-
stralia. La vi~ita del Rettor Mag-
giore era per celebrare quei cin-
quant'anni di fedeltà premiata.
Don Ricceri ha incontrato il Sale-
siano che personifica in sé questo
periodo storico, il signor Celestino
Acemi, ultimo superstite della pri-
ma spedizione salesiana nel conti-
nente dei canguri. Il signor Acerni
giorno dopo · giorno ha visto il
granello di senape farsi albero, il
8 primo sparuto drappello di Sale-

1.9 Page 9

▲back to top
cc.
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J
e
I
« 11 ragazzo-guida spari
dietro uno stormo di
pavoni selvatici, la ca-
noa puntò decisa verso
sud » - In viaggio attra-
verso la foresta, verso
un nuovo avamposto
missionario in Ecuador,
sgranando la corona.
Scrivo da un nuovo avamposto mis-
sionario: Vicimi. Sono arrivato
ieri sera dopo due giorni a piedi
da Taisha. Un po' stanco. Anche
perché le mie gambe sono specializ-
zate in contestazione dopo le prime
cinque o sei ore di foresta. Ma non
ci si poteva fermare. C'era un mezzo
chilometro di relativa pianura; arri-
vava una discesa che era una benedi-
zione; ma subito dopo una salita
che faceva perdere tutti i meriti
della discesa. Si giungeva in cima,
col fiatone, col fango abbondante
sulle gambe e scarso in faccia. E
si riprendeva da capo: il breve tratto
di pianura, la discesa, ecc.
Il guaio è che, tra discesa e sa-
lita, c'è il torrentello o il fiume. Col
loro bravo ponte: un tro11co bello
rotondo, che può avere un diametro
di 20 centimetri o di mezzo metro.
Pulitissimo: niente rami, niente rin-
ghiera. Gli indi Shuar passano di
corsa, come se li avessero invitati
a nozze. Ho l'impressione che chiu-
dano gli occhi, ma non potrei giu-
rarlo. Io - fatto di stoffa diversa -
uso una doppia tecnica. Quella del
<< cieco 1> (senza chiudere gli occhi):
cerco appoggio col bastone ad uno
dei lati del ponte, e, con passetti
da neonato, arrivo all'altra sponda.
Oppure quella detta «panoramica >>:
seduto spalle alla corrente, mi sposto
facendo gioco delle braccia. Lo spet-
tacolo dell'acqua che se ne va è
bello; i calzoni ci soffrono, e general-
mente piu di un viaggio del genere
non lo sopportano.
Un cane che non
s'intende di canottaggio
È la prima volta che vengo a
Vicimi. Ieri il ragazzo che mi guidava
era rimasto indietro: aveva il fucile,
aveva sentito dei pavoni selvatici
gracchiare lungo il sentiero... Sono
andato avanti da solo. Beh, c'era
il cane, che la strada la sapeva. Ma
non poteva dirmi quante << discesa-
ponte-salita >> mancavano ancora. Ar-
riva il momento che non ne puoi
pii.i, e dici al Signore: (( Senti, tu sei
il padrone e puoi metterne quante ne
vuoi; ma cerca di non esagerare,
per favore! 1).
Finalmente sono arrivato v1cmo
alla missione. C'è un fiume rispet-
tabile, nessun ponte, una canoa.
Mi sono imbarcato, col mio bravo
zaino in spalla, ed ho incominciato
la traversata. Per mancanza di remo
usavo una pertica. Ma la corrente
era piu forte di quanto · avessi cal-
colato; il cane, di canottaggio non
se ne intendeva. Sicché, dopo pochi
metri, la bnchetta intraprese de-
cisa un viaggio al sud. La Provvi-
denza mi fece incappare in un al-
bero caduto in mezzo al fiume: mi
ci aggrappai, fermando canoa cane
zaino ecc. Si produsse una situazione
alquanto sgradevole quando buttai
la catena della canoa su un ramo,
centrando in pieno un nido di vespe.
Non riesco ancora a capire cosa ci
stessero a fare quelle vespe: se l'al-
bero cade nel fiume, perché non
se ne vanno ? Ci fu una battaglia
breve, nella quale la mia arma fu
l'acqua che mi buttavo in faccia con
ambedue le mani.
Mezz'ora dopo, mentre in mis-
sione finivo la terza scodella di brodo,
mi tiravo fuori dai capelli l'ultima
vespa: letteralmente affogata.
Roba da togliere il sonno
Ormai le punture non le sento
più. Inoltre, dicono che un tratta-
mento del genere fa guarire dai reu-
matismi. Io non ce li ho, ma è
sempre bene prevenire. Ho la faccia
gonfia ancora, ma è roba da poco.
C'è poi la consolazione che di questi
viaggi ne faccio, sì e no, una dozzina
all'anno. I nostri missionari li ripe-
tono a getto continuo. Ciò che sta
facendo qui a Vicimi don Bolla tutto
da solo, per esempio, e roba da to-
gliere il sonno. Queste sono per me
prove indiscutibili di un mondo che
deve andare avanti e migliorare: non
può evitarlo, con s-anti simili.
In quanto a me, approfitto delle
camminate anche per pagar debiti.
Quando si fanno molte ore a piedi,
non si ha fiato per chiacchierare
con la guida. Ma col Signore e la
Madonna si parla. A getto continuo.
Dicendo un rosario dopo l'altro.
L'inventore del rosario deve essere
stato un camminatore formidabile.
Ci si sente ben accompagnati, si trova
la forza in momenti difficili, e si
dice una parolina per tante persone
che ti fanno del bene... Si sgrana
la corona, e si ricordano alla Ma-
donna tanti volti cari. Spero siano
preghiere buone, anche se spedite
da questa foresta inestricabile, tra
<•discese-ponti-salite>> senza fine.
DON ANGELO BOTTA
(missionario salesiano in Ecuador) 9

1.10 Page 10

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Quando Franco annunciò ai ra-
gazzi affamati che a pranzo ci
sarebbe stato risotto con i funghi,
un urlo di approvazione fece tre-
mare i soffitti. Ma Cam1elo si voltò
cerso di me, mi sgranò quei suoi
due occhioni neri interrogativi e mi
chiese: << E cos'è il risotto con i fun-
ghi? >>. Non l'aveva mai mangiato.
Iniziata la distribuzione, Carmelo
disse: «Poco >>. Lo assaggiò con dif-
fidenza, masticò qualche boccone e
<< Non mi spiace - mi confidò.
- Tu prendi i pezzetti di funghi
- prosegul - e io mangio il riso».
Cosi il risotto lo mangiammo in
tandem, stile famiglia. Appena sco-
vava un brandello di fungo, lo isolava
come un vibrione e me lo girava
nel piatto con una faccia che era
un poema.
Fantasia
Un altro giorno le cuoche, in vena
di fantasia, servirono uno sformato
di gelatina e prosciutto. <<Cos'è?>>
si chiesero molti ragazzi. Alcuni af-
fondarono la forchetta decisi e man-
giarono, altri rimasero sulla difen-
1o siva, poco convinti. E quando una
sera si videro nel piatto un passato
di verdura, Salvatore proclamò de-
ciso: «A me piace solo il brodo
trasparente». Quello dei dadi. Aveva
mai visto un passato di verdura.
Le accoglienze entusiaste erano ri-
servate alla pastasciutta, alle pata-
tine fritte, all'insalata di pomodoro,
ai budini. Ricercatissimo il sugo che
restava nei piatti di insalata di po-
modori: vi inzuppavano pagnottine a
non finire.
Anche solo questi accenni sul menu
costituiscono uno spioncino sociolo-
gico per capire chi era Carmelo o
Salvatore o Luigi o Cqsimo, i 42
ragazzini della nostra colonia alpina
a Gressoney St-Jean, questa scorsa
estate. Bambini a volte smagriti, come
Carmelo, da una lunga fame di ge-
nerazioni. A cui la mamma, con
un marito che lavorava sì e no tre
giorni alla settimana, non poteva per-
mettersi che una pastasciutta e un po-
modoro. L'inverno passato dovemmo
intervenire d'urgenza perché la bam-
bina piccola rischiava di lasciarci la
pelle per denutrizione. Con tutti gli
omogeneizzati che appaiono sul vi-
deo per bambini supernutriti, la so-
rellina di Carmelo, di pochi mesi,
a
aveva a disposizione soltanto pochi
fili di spaghetti, niente vitamine,
niente proteine in piu.
La colonia estiva di Gressoney, di-
retta e organizzata dai Giovani Coo-
peratori Salesianj, ha fatto il suo
reclutamento tra i bambini piu po-
veri e bisognosi del sottoproletariato
torinese d'immigrazione. Sei, sette
fratelli erano la cifra normale di
ogni ragazzino. Non mancavano le
famiglie con dodici, tredici figli. Su
42 ragazzi, 36 erano meridionali. Fa-
miglie partite per il Nord con il
miraggio di strapparsi da una lunga
miseria e incapaci di inserirsi, per
i motivi piu diversi, nella grande me-
tropoli. Emarginate, buttate ai bordi
a vivere di espedienti, di lavori sal-
tuari, con la disoccupazione sempre
alla soglia dell'uscio di casa. Padri

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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spasso incapaci di affrontare il ritmo
di un lavoro serrato, inabili ad am-
ministrare le poche entrate del ma-
gro bilancio. Altri inabili al lavoro
per motivi di salute. Qualcuno al-
coolizzato. Spesso senza iniziativa,
naufragati in una apatia e in Wl
disinteresse per la famiglia e per i
figli. Magari spariscono da casa per
quindici giorni e poi vi ritornano
d'improvviso, un bacio alla moglie
e ai figli, e tutto come prima, senza
perché. Ottenere da loro un docu-
mento, una pratica, anche la piu sem-
plice, è impresa impossibile. Ti man-
dano i bambini in colonia così, a
volte senza un paio di calzoncini
di ricambio o con i sandalini che
hanno nei piedi.
Nella colonia alpina di
Gressoney con 42 ra-
gazzini. La storia vera
di Carmelo, Salvatore
e Cosimo. Dopo I'esta-
te il ritorno a Torino
nelle soffitte di Porta
Palazzo o nei ghetti di
via Artom. Certi feno-
meni rivelatori. Come
operare un ricupero.
diroccata, sperduta tra i boschi di
Reaglie. Scovarla non fu un'impresa
facile. Sl, è vero, Il i ragazzi sono
tagliati fuori dalle «bande >> di via
Artom, ma andare a scuola è un
dramma. Fa pensare alla Lettera a
una professoressa di don Milani.
D ifficoltà
Lo scorso anno incontrammo grosse
difficoltà a strappare un ragazzo di
undici anni dal suo ambiente per
portarlo in colonia. Non voleva mol-
larlo l'adulto che gestiva in propr io
una piccola banda di ladruncoli, e
il nostro amico era un elemento
scaltro e promettente. Un intero ca-
seggiato, quest'anno, firmò una pe-
tizione al Comune perché fosse in-
ternato in correzionale per mino-
renni un altro nostro ragazzo, di-
sperazione del quartiere. La scolarità
di questi ragazzi è disastrosa: classi
saltate, studi abborracciati, assenze
scolastiche immotivate, quoziente in-
tellettuale molto basso non perché
questi ragazzi siano di una razza
inferiore - «D io non fa di questi
dispetti ai poveri 1> scriveva don Mi-
lani - ma perché !'ambiente è stato
crudele con loro.
Ragazzi violenti: Il primo anno che
passai con loro il periodo di colonia,
restai colpito da questa loro violenza.
Per un nonnulla erano parolacce, pu-
gni, calci, pietre che volavano. Una
violenza assorbita dall'ambiente in cui
crescono, dove ci si difende a denti
stretti, dove chi non è violento soc-
combe. Eppure enormemente biso-
gnosi di affetto. Te lo fanno sentire
dopo cinque minuti che sei con loro.
Piu che una carenza di vitamine e
proteine, quello di cui soffrono è
carenza d'amore. Cercano calòre piu
che pane. E ti si accavallano addosso
e si fanno coccolare come a riempire
..
Le madri, povere donne, sono
spesso quelle che tirano avanti la
famiglia. Sfiancate dai parti e dagli
aborti, vanno a ore nelle famiglie,
mettono insieme qualche soldo per
tirare avanti la baracca. E le case
di questi ragazzi, a entrarci si stringe
il cuore. Abitano nelle soffitte di
Pona Palazzo e nelle topaie del
centro storico. Oppure nei ghetti
degli immigrati. In via Artom, alle
Vallette, al Regio Parco, a Cascine
Vica, a Mirafiori. Pochi giorni fa
una di queste famiglie che abitava
in via Artom, prese le masserizie e,
per tirar fuori i ragazzi da quel-
1'ambiente, :finl in una cascina mezzo
A sinistra in alto: La co lonia s alesiana di
Gressoney. Qui accanto: Gli c1alveari umani»
da cui provengono i ragaz:zlnl.
11

2.2 Page 12

▲back to top
un vuoto troppo lungo e mortifi-
cante. Come il mio amico Carmelo,
nove anni, la taglia di un ragneno
con il viso da topino sempre terreo,
che diceva «Ancora I Ancora! » quan-
do accennavi a tagliar corto e a
farlo scendere di sella.
Un fenomeno rivelatore. È noto
che l'enuresi notturna dei rag-azzi
ha spesso origine in traumi psiclùci.
Ebbene, la notte successiva alla vi-
sita dei genitori ai ragazzi, - visita
intessuta di canti, suoni, scenette,
celebrazione comunitaria della Messa,
trattenimento offerto ai parenti dal
gruppo dei ragazzi con sketch, sce-
nette eccetera - il fenomeno toccò
la sua punta massima.
E un altro fatto è interessante.
Si S:t che quando un turno di colonia
giunge agli s~occioli, negli ultimi
giorni, i ragazzi esplodono dalla gioia
di tornare a casa, presso le loro fa-
miglie. A Gressoney si è verificato
il fenomeno opposto. Gli ultimi due
o tre giorni videro i ragazzi diven-
tare meno rumorosi, come presi in
un clima di nostalgia per il distacco
e la separazione imminente. Scher-
;,;avo un pomeriggio con loro. A Car-
melo che durante l'anno era stato
ospite di un istituto presso Spotorno,
dissi: «Coraggio, Carmelo, tornerai
a Spotorno ~- Il bimbo s'irrigidl. E
disse con tono insolitamente duro:
• A Spotomo ci sputo e non ci tomo •·
C'erano tante cose. Ma forse man-
cava proprio l'affetto.
Non bastano certo quindici giorni
di colonia, sia pur ricchi di giochi,
di gite, di iniziative, di calore fami-
liare, di interessamento per risolvere
certe situazio.ni. E i giovani che hanno
organizzato e gestito la colonia se
ne rendono perfettamente conto.
Per questo il periodo di colonia
non è un masso erratico nel giro
dell'anno. È soltanto un momento
forte di un lungo dialogo tra i gio-
vani Cooperatori e le famiglie e i
ragazzi. Ogni mese, le famiglie ven-
gono visitate: si parla delle situazioni,
dei ragazzi, degli studi. Sfondato il
primo atteggiamento di diffidenza e
di riserbo, i genitori si aprono e
confidano anche i loro problemi piu
gravi. Si vengono cosl a conoscere
sib,lazioni a volte tristissime o dram-
matiche. Durante l'anno i ragazzi si
ritrovano per gite, incontri, merende.
I genitori, mentre i ragazzi schia-
mazzano in cortile, si riuniscono in
una sala per un dialogo sui problemi
educativi dei loro figlioli.
A volte però tutto questo non è
sufficiente. E allora si cerca per que-
sti ragazzi una soluzione radicale:
vengono accolti in istituti salesiani
12 dove possono essere meglio seguiti e
tirati su fisicamente, intellettualmente
e moralmente. Attualmente sono 25
i ragazzi ospiti di tali istituti, mentTe
si tengono contatti con circa 70 fa-
miglie. E, di proposito, non seml?re
nelle visite si porta il pacco di in-
dumenti o di viveri. Proprio per non
dare l'impressione di un assistenzia-
lismo sorpassato, ma per far capire
che il nostro discorso è su un piano
diverso, educativo piu che assisten-
ziale, di collaborazione con le fa-
miglie pili che di semplice sussidio.
Il ricupero dei ragazzi negli isti-
tuti non è facile. Quest'anno a Pi-
nerolo, abbiamo dovuto presentare
una classe di q_uesti bambini come
classe differenziale agli esami di
quinta elementare. Ma furono gli
esaminatori che, terminati i colloqui,
vennero spontaneamente a congra-
tularsi con i salesiani che avevano
lavorato nella classe. <t Con ragazzi
di questo genere - ci dissero -
e avete fatto miracoli 1>.
Non tutto facile. Le barriere
della diffidenza, del disinteresse, della
scarsa responsabilità educativa di
certe famiglie non sono facili da su-
perarsi. Ma questi giovanotti, que-
ste signorine - qualche studente,
molte impiegate, qualche maestra -
non si scoraggiano. Siamo giovani
Cooperatori salesiani, dicono, lavo-
riamo con lo spirito di Don Bosco
che affrontò realisticamente, a fatti
concreti, il fenomeno del disadat-
tamento giovanile conseguente alla
prima industrializzazione della To-
rino di cento nnni fa. I problemi
di oggi sono cambiati, il fenomeno
ha assunto tonalità diverse. Ma l'esi-
genza di affrontarlo fattivamente per-
mane.
Benvenuto
Questi ~iovani non si sono mai
preoccupati di farsi conoscere, di
crearsi un'aureola pubblicitaria. È
il quarto campo estivo che fanno e
nessuno ha mai fatto attenzione al
loro impegno cristiano e sociale, che
tocca la Torino degli emarginati nel
suo elemento piu sensibile: i bam-
bini e i ragazzi. Hanno accantonato
le chiacchiere, le <I denunce 1>, le con-
testazioni verbali. Si sono tirati su
le maniche e hanno cominciato a
lavorare.
i\\Ii scordavo: la colonia, come tutte
le iniziative durante l'anno, se la
sono anche pagata loro, con inizia-
tive di ogni genere, dalla lotteria alla
serata di canti alpini, alla raccolta
di carta. È la «loro* colonia. In
tutti i sensi. Benvenuto a clù volesse
dare loro una mano.
CARLO FIORE
MON T A LT O
(fraz. cli Rionero-lsernia) :
16 campisti e un sacerdote
La località dista 10 km. dal suo
capoluogo, ed è a più di xooo metri
di altezza. È priva di alcuni servizi
fondamentali: scuola materna, scuola
media, chiesa, farmacia, illumina-
zione pubblica, recapito quotidiano
della posta. La strada di collega-
mento con i1 Comune è così disse-
stata da ii,olare il paese nei mesi in-
vernali. Il servizio-autobus funziona
solo nei giorni scolastici.
Per la Messa, quasi tutte le do-
meniche (esclusa l'estate) vi si reca
il parroco di Rionero.
La gente, che vive di agricoltura,
di pastorizia e dei· frutti dell'emi-
grazione, vota comunista per pro-
testa, ma si sente ugualmente cri-
stiana. Ha un profondo senso dell'o-
spitalità e dell'amicizia.
Per quaranta giorni i. GG. CC.
hanno dato vita a un • soggiorno di
vacanza• per 35 bambini, si sono
impegnati in ripetizioni scolastiche,
servizio sociale, incontri di gruppo,
celebrazioni liturgiche. Con iI la-
voro manuale hanno dato la prima
sistemazione ad un campo da gioco.
ARCINAZZO (Frosinone) :
14 campisti e un sacerdote
Si è realizzato un << soggiorno for-
mativo» per 40 preadolescenti di
condizione povera, provenienti da
diversi paesi del Lazio. I ragazzi,
veramente bisognosi, erano stati se-
gnalati da vari centri di coopera-
tori. Scrive un campista: e Qualche
ragazzo mi ha parlato della sua ma-
niera di pregare il Signore, di ciò
che gli chiedeva e che gli offriva,
in un modo coi;ì dolce e spontaneo,
così attento a quelli che sono i pro-
blemi della vita, che mi ha vera-
mente commosso ».
ACQUAVIVA (Isernia) :
16 campisti e un sacerdote
Questo centro è ricco di giovani
e di ragazzi. Le scuole sono nuove
e accoglienti, c'è la chiesa ma senza
parroco (un prete viene periodica-
mente). Si sente 1a mancanza di
qualsiasi evangelizzazione. Tra la
gente (che ha apprezzato la loro pre-
senza) i GO. CC. hanno realizzato:
{t soggiorno di vacanza•> per 40 bam-
bini, catechesi, funzioni liturgiche, la-

2.3 Page 13

▲back to top
t
STATE DEI GIOVANI COOPERAIDRI
« Presenza Giovanile», il ci-
clostilato di collegamento dei
Giovani Cooperatori, segnala
nell'estate 1973 altri sette
« campi di lavoro». Ognuno
ha una storia, vicende toc-
canti, piccoli e grossi drammi.
Non possiamo scrivere a lungo
di tutti, ma ne diamo una
veloce panoramica.
voro manuale per la sistemazione
della chiesa (a richiesta degli abi-
tanti), preparazione alla Cresima e
alla prima Comunione. Durata: 24
luglio - 2 1 agosto.
Scrive un campista: << Le serate
ricreative in piazza hanno creato un
clima di amicizia, indispensabile per
aprire un dialogo con la gente. Al-
l'irùzio facevamo tutto noi, poi ab-
biamo lasciato spazio alle iniziative
della gente, che partecipava vo-
lentieri con canti, racconto di barzel-
lette... Anziché costruire palchi, sede-
vamo in mezzo a loro alla buona, e
questo diede maggjore spontaneità alle
serate».
PALMA DI MONTECffiARO
(Agrigento): 24 campisti
e un sacerdote
«Palma è forse uno dei comuni
più dissestati d'I talia - scrive don
Buttarelli - per la miseria, lo sfrut-
tamento e l'abbandono in cui vive
la popolazione. Questo almeno fino
a un anno fa. Ora qualcosa si muove
da parte delle autorità. Nel comune
(20.000 abitanti) come zona del no-
stro lavoro è stato scelto il quartiere
di Pietrecadute, tristemente noto per
la sua situazione igienica e di abban-
dono. Mancanza di acqua, di la-
voro, di strutture sociali, Ma ragazzi
dal cuore aperto e generoso>>.
Attività del campo: soggiorno ma-
rino di vacanza per 60 bambini, ca-
techesi, liturgia, ripetizioni, servizio
sociale. Durata: 30 giorni.
pieno di vita e ricco di gioventu.
I campisti hanno prestato servizio di
animazione cristiana presso i ragazzi
di due parrocchie, catechesi, oratorio,
liturgia, incontri con i genitori.
PALERMO~ s. cmARA:
18 campisti e un sacerdote
S. Chiara è un quartiere popolare
della Palermo vecchia. Confrontando
una cartina topografica del 1754 con
una recente, non si trova nessuna
variazione. S. Chiara è uno dei quat-
tro <<mandamenti >> che aspettano da
decenni il risanamento, e che sono
stati scelti dalla << Missione di Pa-
lermo >> come campo operativo per
la pre-Evangelizzazione. S. Chiara
è stato il primo ad essere organiz-
zato, e gli altri si stanno modellando
su di esso. Situazione: strade strette
e sporche all'inverosimile; «catoi >>,
cioè vani interrati, senza luce, come
abitazioni dì molti nuclei familiari,
famiglie numerose (da 8 a 13 ele-
menti), disoccupazione, evasione sco-
lastica al 36% , lavoro minorile; su
120 famiglie, 20 con il padre in pri-
gione o ex carcerato; ignoranza re-
ligiosa massiccia.
Attività: per 28 giorni colonia diur-
na per 65 ragazzi, catechesi di quar-
tiere, terapia di gruppo per ragazzi
emarginati della <1 missione di Pa-
lermo».
GALLICIANÒ
(Reggio Calabria):
5 campisti e un sacerdote
Sistemato tra le montagne a 670
metri e a circa 20 km. dalla costa,
totalmente isolato perché senza strada
I ragani di Palma di Montechiaro al mare.
<;;amionabile d'accesso, vive un agglo-
merato di una sessantina di famiglie
che costituiscono una frazione vera-
mente originale del comune di Con-
dofuri, il cui stato di abbandono col-
pisce a vista. Vi si parla dialetto
greco, e si conservano mentalità e
usanze veramente antiche. Alla dif-
fidenza e alla protesta contro !'au-
torità di ogni t ipo (clero compreso)
fa riscontro un senso di ospitalità e
di amicizia veramente unico.
Il sacerdote non vi risiede da molti
anni, e vi si reca rarissimamente. Le
funzion.i, funerali compresi, vengono
fatte tutte all'aperto perché la chiesa
e è diroccata. Evangelicamente <1 ter-
ra di missione 1>.
Attività: inserimento totale nella
popolazione per, animazione cristiana
e sociale; colonia diurna per 40 bam-
bini, ripetizioni, incontri giovani-ge-
nitori, liturgia.
Da Gallicianò ha scritto una cam-
pista: << II paese ha delle caratteri-
stiche stupende, ma anche dei pro-
blemi enormi (altro che T erzo Mon-
do!): emigrazione del 99% della po-
polazione, emarginazione sociale for-
tissima (per raggiungere il paese c'è
una mulattiera disastrosa di circa
10 km. II comune aveva cercato di
cosfruire la strada, poi qualcuno ha
bloccato tutto...). Quei pochi ragazzi
che frequentano la scuola media de-
vono fare ogni giorno i 10 l...,n. di
strada a piedi... Noi facciamo ripe-
tizione a quelli che sono stati riman-
dati (per loro è un servizio utilissimo
in quanto in paese non c'è nessun
professore)... Un inconveniente è La
scarsità dei campisti: tutto il lavoro
grava su di noi ; non c'è neppure
tempo per avvertire la stanchezza!. .. >>.
BIANCAVILLA (Catania):
15 campisti locali
24 giorni di << missione nella chiesa
locale» da parte dei GG. CC. del
luogo. Biancavilla è un grosso paese
13

2.4 Page 14

▲back to top
z1on1
A prendo il Congresso Mondiale
sulle Vocn::ioni, il Card. Gar-
rone ba affermato: << Il problema
delle vocazioni rappresenta per la
Chiesa una questione di vita o di
morte. Assistiamo al crollo delle
statistiche, ed avvertiamo qua e
sintomi di rassegnazione... ».
Parole gravissime, che sono state
per i congressisti un autentico
choc, e che dovrebbero scuotere
l'inerzia di tanti cristiani.
Al Congresso Mondiale, tenuto a
Roma dal 19 al 24 novembre
scorso, hanno partecipato i Vescovi
responsabili in ogni nazione dei
«Centri di animazione per le voca-
zioni•· Erano pure presenti i rap-
presentanti degli organismi mon-
diali del Clero, dei Religiosi e
delle Religiose, dell'Apostolato dei
Laici.
Il lavoro del Congresso è con-
sistito nella presentazione dei «pia-
ni di azione 1> per le vocazioni,
preparati dalle Conferenze Episco-
pali di gruppi di nazioni, nel con-
frontarli e discuterli.
Sei progetti, una strategia
Diamo un rapidissimo sguardo
a questi «piani di azione&.
Il gruppo di nazUJ11i di lingua
spagnola: suggerisce di tenere pre-
sente la situazione della gioventù
di fronte al mondo e di fronte
alla Chiesa, e di insistere sulla
educazione alla fede per la libe-
razione integrale dell'uomo. Oc-
corre una presentazione chiara e
ferma del sacerdozio ministeriale,
occorre pure la testimonianza dei
preti e dei religiosi. La promozione
delle vocazioni deve far leva sulle
14 famiglie, i movimenti giovanili di
STRENNA 1974
Fedeli agli insegnamenti e
all'esempio di Don Bosco,
tutti i membri della Famiglia
Salesiana considerano dove-
roso coronamento della loro
azione educativa:
orientare e formare voca-
zioni apostoliche nella
Chiesa;
dedicarsi con particolare
cura ai chiamati alla vita
sacerdotale e consacrata;
promuovere e incremen-
tare le vocazioni salesiane ,
per adempiere il mandato di
continuare nella Chiesa il
carisma di Don Bosco.
apostolato, i vari settori nei quali
vive la gioventù. Due pericoli: la
superficialità e la politicizzazione.
Viene sottolineata la validità dei
seminari minori, e affermata la
necessità di un loro profondo rin-
novamento.
Il gruppo di 11azioni di lingua
tedesca: sottolinea la necessità di
una nuova spiritualità specialmente
per i sacerdoti. Si propone una
ricerca coraggiosa di metodi e
strade nuove per risolvere il pro-
blema delle vocazioni.
Il gruppo di nazioni di lingua
i11glese : propone una presentazione
positiva e fiduciosa della vita con-
sacrata come dono totale a Dio,
in spirito di servizio, evitando at-
teggiamenti disfattisti o difensivi-
stici. Avanza la proposta di offrire
ai giovani la possibilità di tra-
scorrere un periodo di tempo nei
seminari.
l l gruppo di nazioni di lingua
orientali: propone una campagna
delle vocazioni che dovrebbe co-
prire l'intero arco dell'anno, fa-
cendo prendere coscienza a tutti
della necessità, natura ed eccellenza
della vocazione sacerdotale. Una
campagna da condursi attraverso
la preghiera, la catechesi e i con-
tatti personali.
una
questione
di vita
odi morte
Il gruppo di nazioni di Lingua
fra11cese: è favorevole alla ricerca
e alla promozione di nuovi modi
di vivere i ministeri ordinari e le
forme esistenti di vita consacrata.
È pure favorevole alla ricerca di
nuovi metodi e forme di vita con-
sacrata.
Il gruppo di lingua italiana: in-
dica come necessaria la ricerca di
motivazioni fondamentali rispon-
denti alla sensibilità dei giovani,
che infondano in loro il coraggio
di dedicarsi al servizio di Dio e
degli uomini. Sottolinea inoltre
l'importanza della testimonianza
vissuta e comunicata con piena
convinzione da parte dei sacerdoti
e dei religiosi.
Sulla scia di Don Bosco,
incomparabile maestro
I «piani di azione » illustrati
al Congresso Mondiale sono sinte-
ticamente proposti alla Famiglia
Salesiana dalla «strenna r974 & del
Rettor Maggiore. Essa è un'eco
dell'articolo 12 delle Costitu::ioni
Salesiane: << La nostra presenza tra
gli adolescenti e i giovani ci farà
scoprire che molti sono ricchi di
risorse spirituali. Per questo cer-
chiamo di coltiva.re in loro il senso
di responsabil.ità cristiana, e di
favorire la maturazione di voca-
zioni apostoliche, sia laicali che
religiose e sacerdotali, a beneficio
di tutta la Chiesa •·
L'impegno di« orientare alla vo-
cazione personale » gli adolescenti
e i ~iovani non è limitato ai Sale-
siam. Esso viene assunto da tutti
i membri della Famiglia Salesiana:
Figlie di Maria Ausiliatrice, Volon-

2.5 Page 15

▲back to top
tarie di Don Bosco, Cooperatori,
Exallievi, e da quanti si· ispirano
alla figura paterna e concretamente
apostolica di Don Bosco. Il nostro
Padre fu un incomparabile e atti-
vissimo maestro nell'orientare i
giovani all'impegno cristiano e alla
consacrazione religiosa e sacer-
dotale.
Ogni educatore riscopra
La strenna esorta gli educatori
a «far tirare ai giovani tutte le
conseguenze & del loro Battesimo
e della loro Cresima: vivere come
Figli di Dio, partecipare alla mis-
sione della Chiesa, essere disponi-
bili ad un.a chiamata << speciale >>
di Dio.
La crisi di vocazioni investe an-
che la Famiglia Salesiana: ce l'ha
detto il Rettor Maggiore nella sua
lettera di capodanno. Ed è una
crisi grave specialmente se teniamo
d'occhio le esigenze attuali del-
l'apostolato, che si stanno dila-
tando a dismisura negli ambienti
giovanili e popolari.
MICROREALIZZAZIONI MISSIONARIE
Prima di lanciare nuove Microrealizzazioni, desideriamo portare a termine
le prime quattro, lanciate negli ultimi mesi del 1973. Daremo perciò ogni mèse
un bilancio di esse. Prevedtamo per aprìle la poS$ibilìtà di lanciarne una nuova
serie.
Ecco la situazione aggiornata al 15 gennaio 1974:
M lcro n. 1 : Corea del Sud • Dormitorio per giovimi operai (P. Paolo Bahillo)
Costo: L. 2 milioni. Offefte pervenute: L. 794.000.
Micro n. 2: India Sud - Capannone per handicappat i (P. Francesco Sohloo2).
Costo: L 3 milioni. Offerte pervenute: L. 945.000.
Micro n . :t: Brasile - Centro sociale per piccoli lustrascatpe (P. Ernesto
Saka1da). Costo: L. 1.500.000. Offerte p(lrvenute: L. 236.000.
Micro n. 4: India - Pompa a motore elettrico per Uriurkuppam (P. Thomas
Naidu). Costo: L. 400.000. Offerte pervenute: L. 229.000.
I contributi per le Microrealizzazioni (specificando a quale di esse s'in-
tende collaborare) vanno indirizzati a:
Padre Giuseppe Baracca - Case Madre Opere Salesiane
Via Maria Ausiliatrice 32 - 10100 Tortno
Ci si può servire del Conto Corrente Postale N. 2/36546.
Occorre perciò che ogni educa-
tore riscopra il suo preciso dovere
di educare alla fede cristiana, e di
guidare ogni ragazzo e ogni ragazza
a scoprire la << sua vocazione perso-
nale >> nella Chiesa di Dio.
I giovani hanno diritto a questa
educazione. Le iniziative che li
aiutano ad affrontare il problema
più importante della loro vita sono
per loro una necessità. Sarebbe
assurdo che le o.re spese dai loro
educatori per far capire il << teo-
rema di Pitagora>> fossero più nu-
merose di quelle spese per aiutarli
a scegliere Ja strada che Dio ha
tracciato alla loro vita.
È un servizio che dobbiamo ren-
dere ai giovani, e ehe la Famiglia
Salesiana intende sviluppare met-
tendo a loro disposizione tutto
l'impegno che in questo campo
Don Bosco le ha lasciato in
eredità.
L'organizzazione delle Congre-
gazioni, le singole Opere, i gruppi
all'interno di ogni Opera, hanno
nell'<i impegno per le Vocazioni»
il traguardo tracciato dalla Chiesa
e dal Successore di Don Bosco.
Un traguardo non da contemplare
ma da raggiungere.
15

2.6 Page 16

▲back to top
N ell'autunno del 1948, un sale-
siano di Trieste decise di fissare
per iscritto la storia dell'Opera di
Don Bosco a Trieste. I protagonisti
dei primi tempi stavano scompa-
rendo, ed era ora di muoversi prima
che fosse troppo tardi. Andò dritto al
palazzo arcivescovile, e clùese udienza
a mons. Carlo Mecchia, allora vi-
cario generale. Gli espose la sua in-
tenzione.
- Ed è venuto da me per questo ?
L'Oratorio deve pur avere q ualcosa
nei suoi archivi! - rispose monsi-
gnore.
- Temo che noi salesiani non
siamo diligenti archivisti - ribatté.
- Fabbrichiamo la cronaca, ma non
custodiamo la storia.
Monsignore lo fece accomodare,
socchiuse gli occhi, e cominciò a
parlare lentamente, con frequenti in-
tervall i pensosi.
- Anzitutto non è esatto datare
dal 20 ottobre 1898 l'inizio dell'opera
salesiana a Trieste. C'è una preistoria
da tener presente. Da pochi anni
era morto Don Bosco, ma la sua
opera era già universalmente cono-
sciuta. Anche a Trieste era giunta
la voce di quanto i Salesiani face-
vano per i giovani poveri e abban-
donati. Nel 1894, la Conferenza di
S. Vincenzo cittadina deliberò di
iniziare trattative con Torino per la
fondazione di un Oratorio nella no-
stra città. Ma il locale disponibile
era vecchio, angusto e senza adia-
cenze: del tutto inadatto a iniziare
un'opera giovanile. Allora formam-
mo un comitato con il compito di
trovare una casa e i primi mezzi
di sussistenza. La Provvidenza ci
fece trov-.1re una casetta in via del-
l'Istria. I ragazzi brulicavano per le
strade, e nell'attraversare quei pa-
raggi non sempre era garantita l'in-
columità: volavano sassi in cerca di
bersaglio. Finalmente Don Rua ac-
colse la nostra richiesta, e ci inviò
una lettera nella quale si annunciava
l'arrivo di tre salesiani per l'otto-
bre del 1898.
Quei primi tre salesiani (don Ales-
sandro Veneroni sacerdote, Angelo
Marchesi coadiutore e Maurizio Mai-
nero chierico) giunsero il 20 ottobre,
accompagnati dall'ispettore don Mosè
Veronesi. Alla stazione non i,.'at-
tendevano certo un ricevimento a
16 suon di banda, ma s'illuminarono di
gioia quando si videro accolti come
fratelli da mons. Petronio, dal dott.
Ugo Mioni e dal barone de Albcrt.
Un'ora dopo facevano il loro ingresso
nella miserrima abitazione di via
d'I stri a 27.
D ov'era la cassaforte?
Allora l'anticlericalismo era vigo-
roso e piuttosto volgare, e un quoti-
diano scrisse che «i salesiani, venendo
a T rieste, trovano la casa col refet-
torio imbandito e la cassaforte ri-
colma$. La verità si sarebbe potuta
scoprire guardando semplicemente at-
traverso le persiane sconnesse: la ta-
vola aveva appena il pane e la mi-
nestra che i buoni vi facevano tro-
vare ogni giorno, e quanto alla cas-
saforte non c'era neppure. Ma c'e-
rano tanti ragazzi sbandati all'intorno,
e questo era il tesoro che cercavano
i Salesiani.
D omenica 23 Ottobre. Alle nove,
dodici ragaz-zetti varcano esitanti la
soglia dell'oratorio. Sono r primi che
rompono il muro della diffidenza.
Nel pomeriggio quei dodici sono già
diventati cinquanta. L a domenica
dopo furono duecento. I primi con-
tatti determinar ono una corrente di
simpatia che non si arrestò più.
U no steccato
per ripararsi dalla bora
Ora quella prima modesta casetta
non c'è più. Sul terreno s'innalza
un enorme grattacielo. I Salesiani
sgombrarono già due mesi dopo l'a-
L'Oratorio Salesiano di Trieste
ha 75 anni. t giovane e guarda
all'avvenire. Nei suoi cortili
sono cresciuti 24 sacerdoti, tra
cui il leggendario missionario
dell'Assam, Don Ravalice (foto
sopra). Ne stanno crescendo
altri, per la Chiesa e la Con-
gregazione di doma ni.
pertura: fecero un passo più in
portandosi al n. 29 della stessa via
dell'I stria, in una casa affittata dal
Municipio. Qui c'era più spazio per
i ragazzi che diventavano sempre
più numerosi. La baronessa Sartorio
vi fece costruire uno steccato e una
tettoia, per r ipara.re i ragazzi dalla
bora e dalla pioggia. Mancavano na-
turalmente molte cose necessar ie,
ma i Salesiani hanno sempre comin-
ciato così. Una delle prime cose che
nacquero in quell'Oratorio fu la
banda. Don Bosco non concepiva
una sua casa senza la banda. Con
quelle trombe son.>re e il tamburo
pulsante, i Salesiani attirarono e in-
cantarono fo lle di giovani.

2.7 Page 17

▲back to top
Da guei giorni sono trascorsi 75
anni. Si sono succeduti gli uomini,
i ragazzi, le vicende. Solo Dio ha
potuto contare le fatiche, le strettezze
di ogni giorno, l'amore speso e l'a-
more ricambiato tra i figli di Don
Bosco e i ragazzi di Trieste. Impossi-
bile narrare nel breve spazio di due
paginette le vicende di tanti anni.
Accenneremo soltanto di sfuggita a
quelle che hanno lasciato un segno
negli uomini e nelle cose.
« Andatevene! »
18<)9. Si scatena una furibonda
campagna anticlericale contro i Sa-
lesiani. Nel Teatro Fenice, durante
u.n comizio, un liberale sventola con
disprez7,0 un numero del Bollettino
Salesiano gridando: «Andatevene I».
Jn un altro comizio, socialista que-
sta volta, qualcuno afferma: «Noi
temiamo che l'istituzione dei sale-
siani allevi i futuri disertori della
causa del lavoro, e l'Oratorio diventi
il covo dei crumiri •· Ma sul quoti-
diano L'l11dipe11dente il giornalista
Riccardo Zampieri scrive con co-
raggio: oNel nome dell'Italia, io ita-
liano difendo i salesiani, italiani come
me».
Nessuna campagna riesce a fer-
mare l'affiusso dei giovani, sempre
più numerosi nel cortile e nelle sale
dell'Oratorio. E nel 1901 si pone la
prima pietra di una nuova casa, sem-
pre nella solita via dell'Istria, que-
sta volta al numero 53. La costru-
zione sorge rapida, e a inaugurarla
viene il Beato Don Michele Rua.
1911. Il secondo successore di
Don Bosco, don Paolo Albera, viene
a inaugurare la grande chiesa di
Maria Ausiliatrice, che da questo
momento sarà il cuore dell'opera sa-
lesiana.
1915-1918. Sono i quattro anni
della prima guerra mondiale, con
il fronte non molto lontano dalla
città. Nell'Oratorio rimane un solo
salesiano, don Federico Moratti, a
tirare avanti come si può. Ma gli
anni del dopoguerra vedono una ri-
fioritura esplosiva dell'opera. La do-
menica delle palme del 1919 l'Ora-
torio salesiano sfila al completo, con
il suo direttore, la sua banda, le se-
zioni di canto e di ginnastica, per
le vie di Trieste, nello storico corteo
dell'Annessione.
1939. Ancora un'altra guerra mon-
diale. La gente sfolla dalla città,
l'Oratorio si svuota lentamente. Ma
proprio in quegli anni (1943) viene
eretta la nuova «Parrocchia di S. Gio-
vanni Bosco •·
17 febbraio 1945. Durante un bom-
bardamento aereo, una bomba per-
fora il muro maestro della facciata
e penetra nella cripta della chiesa.
Nessuna vittima, ma lo spavento e
i danni sono grandi.
Maggio 1947. Arrivano a Trieste
le Figlie di Maria Ausiliatrice, che
affiancano i Salesiani nell'apostolato
tra le ragazze. Anche loro si accam-
pano nella solita via dell'Istria, al
numero 55.
Poche cifre per un bilancio
Nell'Opera salesiana gli anni che
passano fanno sentire la necessità di
molte opere di riadattamento. Muta
il volto esterno della Casa, sorgono
nuove sezioni, e sono tutt'oggi in
costruzione nuovi locali per nuove
attrezzature.
11 bilancio di un'opera impostata
su metodi cristiani e non industriali
è sempre difficilissima. Ma certe ci-
fre dicono qualcosa. Nell'Oratorio sa-
lesiano di Trieste sono cresciuti 24
sacerdoti, tra cui la splendida figura
di don Luigi Ravalico, indimentica-
bile missionario dell'Assam. NelJ'Ora-
torio delle FMA sono cresciute sei
suore.
Nei giorni 21 e 22 ottobre scorsi,
la Comunità salesiana ha celebrato
il 75° anniversario dell'opera «senza
inutili accademismi - ha affermato
il direttore don Zenarola. - Dalla
considerazione del passato preferiamo
guardare avanti &. Gli exallievi, gli
alJievi, i cooperatori e gli amici si
incontrarono alla concelebrazione pre-
sieduta da don Ter Schure, che rap-
presentava il Rettor Maggiore. Alle
11 del 21 ottobre il Sindaco di
Trieste tenne in teatro la comme-
morazione, sul terna • La responsa-
bilità educativa dei Salesiani nel pro-
blematico tempo attuale >>.
« Avere il coraggio
di rinnovarci »
Il giorno 22 mons. Zaffonato, per i
sacerdoti, le religiose e i religiosi
svolse una meditazione sulla delicata
e difficile missione pastorale tra i
giovani d'oggi. Disse parole gravi
e pensose: «I giovani vanno e ven-
go,io fra persone e in luoghi che noi
r,011 co1UJsciamo. Passano le loro ore
libere in ambienti in cui ci è diffiale
penetrare. Ci sentiamo distanziati,
siamo coritrariati. L'entusiasmo ci ab-
ba11dona. Spesso non siam<> pronti, non
siamo disponibili. Siamo troppo 11er-
vosi, stanchi e affaticati per riflettere,
per rimettere in questio11e tante idee,
mentre sentiamo che la generazione
nuova ci respinge. Dobbiamo invece a
tutti i costi conseroare i contatti., fare
il punto su noi stessi e avere il co-
raggù, di n1mOfJarci... Bisogna dimo-
strare che il Vangelo può incarnarsi
anche nella vita dell'uomo d'oggi. Bi-
sogna avere fiducia e sforzarsi di com-
prendere i giovani, in piena adesione
al Cristo».
Ai suoi salesiani triestini in festa,
il sesto successore di Don Bosco
aveva scritto: «In tempi dispersivi e
inquietanti come i ,iostri, conseroate
e aumentate il vostro amore per l'Ora-
torio, pupilla degli occhi. di Don Bo-
sco. La gioventù trOfJi Ira le sue mura
quella serenità che aiuta a cogliere e ad
assimilare con gioia - in una ricerca
talvolta sofferta - i valori i1zestima-
bili della edtlca::rione cristiana».
CENTRO STUDI DON BOSCO
Con una lettera indirizzata al Rettor Magnifico del PAS, il Rettor Mag-
giore don Luigi Ricceri ha comunicato la sua decisione di affidare alla Fa-
coltà di Teologia il Centro Studi Don Bosco. Questo centro si presenterà
quanto prima alla Congregazione con una serie di pubblicazioni:
- l'edizione critica degli scritti mariani di Don Bosco;
- alcuni studi storici (autori don Piero Stella, don Paolo Ripa, cav. Se-
condo Caselle);
- l'edizione manuale di tutte le opere di Don Bosco.
ti Centro desidera prendere contatto con tutti i confratelli che stanno
preparando una pubblicazione o una tesi di argomento salesiano, e pone a
disposizione le sua biblioteca specializzate (circa 8000 volumi).
17

2.8 Page 18

▲back to top
Un gruppo di Salesiani che va Y a,iomami : tra spiriti e stregoni 1
a fare cc ferie di lavoro ,, al di dell'Amazonia. Questo lo conside-
là del mare - Quattro docu-
mentari come biglietto da vi-
sita - Yanomami: una pellicola
che dura 60 minuti, ed è stata
riamo un po' il nostro capolavoro ••
mi dice Saglia. È la prima documen-
tazione sulla vita di una tribù che
vive sull'alto Orinoco. È stata avvi-
cinata da don Luigi Cocco. La vita
giudicata cc una tesi di laurea degli indios, colta per la prima volta
in etnologia» - Una scuola
che ha cambiato volto e re-
spira aria missionaria.
dall'obiettivo, conserva l'incanto e
la suggestione del primitivo allo stato
puro. La pellicola, che dura 6o mi-
nuti, è stata giudicata da etnologi di
chiara fama: • Una tesi di laurea in
Torino-Valdocco. Un portonevetro-
metallo, due secche rampe di scale
mozzafiato, e si entra nel SAF.
4 salesiani e 25 ragazzi. Grandi ba-
cheche luminose con fotocolor niti-
dissimi, attrezzatura scientifica per
una modem.a scuola fotografica. SAF
significa: Scuola di AppHeazwni Fo-
tograficlze, e il corso di perfeziona-
mento che impartisce ai 25 ragazzi
in camice nero dura tre anni.
Ma da qualche anno SAF signi-
fica anche qualcosa di piò, di diverso.
Questi salesiani vanno da alcuni anni
a passare le ferie estive al di là del-
l'Oceano Atlantico. Riempiono un
paio di valigie di rotoli di pellicola, di
teleobiettivi e di grandangolari, im-
bottiscono accuratamente le cineprese,
e sbarcano a Corumbà, a Quito, a
Manaus.
• L'iniziativa è nata cosi - mi
racconta Enzo Spiri. - Don Gio-
vannini, Consi~licre Generale per le
Scuole Professionali, all'inizio aveva
fondato il nostro gruppo perché rea-
lizzasse documentari a servizio della
Congregazione. Studiammo la tec-
nica, ne realizzammo alcuni su mani-
festazioni salesiane in Italia. Poi ca-
pitò l'occasione di girare un docu-
mentario sulle missioni salesiane del
Rio Negro. Partimmo un po' all'av-
ventura. Il risultato piacque, incon-
trò, e gli inviti si moltiplicarono.
Cosl, invece che "al mare", andiamo
a fare le ferie "al di del mare" ~.
Non si tratta certo di viaggi turi-
stici. Nel 1970, in piena foresta
amazzonica, un chierico che li accom-
pagnava fu assalito da violenti febbri
malariche. Giornate quasi tragiche,
tra sentieri aperti col machete e una
barca che cercava di risalire la cor-
rente fino a una postazione medica.
«Era bianco come uno straccio e
batteva i denti in maniera impres-
sionante. Avevo proprio paura che
ci morisse •. Nell'estate 1973, sulle
ripidissime strade dell'Oriente ecua-
doriano, Antonio Saglia si senti male.
Gli indi Shuar cercarono di ri-
metterlo in sesto a base di << cicha 1>,
bevanda alcoolica ricavata da mais
ripetere il viaggio massacrante per
tornare in basso, a Sucua.
<< Lo scherzo più vigliacco - mi
dice Spiri - ce lo facemmo da soli
sull'Alto Orinoco, in Venezuela. Una
faticaccia nera per girare una scena
di vita primitiva in piena foresta.
Quando in Italia aprimmo i nega-
tivi in camera oscura rimanemmo di
sasso: una cinepresa rimasta una
notte in canoa aveva sofferto la tre-
menda umidità e ci aveva mandato
alla malora il materiale. Avevo voglia
di piangere•·
Quattro documentari
com.e biglietto da visita
~ Ciò che più costa - mi dice
Saglia - è che da quattro anni non
abbiamo più il tempo di tirare il
fiato. Partiamo che la scuola è appena
finita, torniamo che i nuovi scolari
sono già nei banchi ad aspettarci. E
per il mon~io dei documentari
abbiamo a disposizione un tempo
solo: quello rubato al sonno. Dedi-
cando qualche ora al giorno, diamo
l'impressione di essere un po' lenti
nella realizzazione. ~fa a volte ab-
biamo proprio bisogno di dormire •·
li e biglietto da visita» con cui
oggi il SAF si presenta è notevole:
quattro documentari a colori finiti e
già in circuito, quattro in lavorazione.
I primi:
Agonia di 1m popolo che canta : la
missione di l\\Iaturakà, sul Rio Negro,
tra i Koroshitari, una tribù molto
primitiva e purtroppo in via di estin-
zione. Durata: 40 minuti.
Gente d'Amazo11ia : vita dei missio-
nari sul Rio Tikié e sull'alto Rio
Negro tra i Makus e i Tucano: due
tribù che sono già entrate in con-
tatto con i bianchi, ma che conser-
vano gelosamente un ricco patri-
monio etnico, tutto da scoprire.
Durata: 30 minuti.
Più del patte: una breve panora-
mica sull'opera sociale salesiana tra
le paludi periferiche di Belem, alle
foci del Rio delle Amazzoni. Opera
etnologia•·
I quattro in preparazione illustre-
ranno: la regione brasiliana di Ron-
donia, dove i Salesiani sono al lavoro
da quasi cent'anni; la Citade Don Bo-
sco di padre Sa.'<ida alla periferia di
Corumbà; le tribù dei Bororos e dei
Xavantes nel Mato Grosso; l'opera
salesiana tra gli indios dell'Oriente
Ecuadoriano e tra i campesinos delle
Ande. Quest'ultimo ha già un titolo:
~ Parallelo Zero 1>.
Nell'estate 1973 il duo Spiri-Saglia
ha percorso un itinerario che supera
i 20 mila chilometri: Venezuela-
Ecuador-Brasile. Sono riuscito a in-
tervistarli in una nebbiosa e rigida
serata dell'inverno torinese, a pochi
passi dalla moviola dove stava na-
scendo, tra un groviglio di spezzoni
di pellicola, il documentario «Paral-
lelo Zero t.
« Tutte le volte che torno,
mi vergogno »
- Voi siete stati negli avamposti
delle missio11i, dove i salesiani vivono
iri co11dizio11i di disagio a volte eroico.
Avate f alto ronzare le vostre mac-
chine. Poi, tanti saluti, e siete tornati
a casa iti aereo. E i missionari sollo
rimasti laggiù, a lottare ogni giorno
per sopravvivere. Non vi se11tite a
disagio pensando a quelli che avete
lasciato laggiù?
- Tutte le volte che torno, mi
vergogno di rituffarmi nella vita bor-
ghese, agiata, europea. Qualche volta
ho ser-iamente pensato se non sia
meglio piantar tutto e tornare laggiù
fer sempre. Ciò che mi conforta
e che con il nostro lavoro rendiamo
un grosso servizio a quei nostri
confratelli missionari, e diventiamo
dei missionari anche noi. Perchè
quel contatto vivo ci toglie di dosso
la corteccia di borghesismo, e ci
risospinge alla genuinità della nostra
missione salesiana, che non si svolge
solo nelle selve tra i primitivi, ma
anche tra i borghesissimi «primi-
tivi ~ delle nostre grandi città.
fermentato. Riuscirono a girare alcuni fondata da don Lorenzo Bertolusso. - Tanta gente di oggi dal mat-
18 metri di pellicola, ma poi dovettero Durata: 12 minuti.
tino alla sera è preoccupata solo dal

2.9 Page 19

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de,raro, e viene sfihrat~adda~u:nn'.Ttaii'IJiiioiiroot"-::-~:'._~:._;__
che spesso ha 1m ritmo disuma,ro.
Quando e11tra i11 ,m cinema, quesla doveva fare qualcosa, scuotersi, muo-
gente vuole divagarsi, vuole evadere versi. Qualcuno di questi ragazzi
in un mondo di avventure eccitanti. potrà partire volontario per spendere
Che cosa volete dire voi a questa un paio d'anni accanto ai missionari.
gente, con le vostre pellicole?
Molti non lo potranno fare, ma
- Vorremmo far scoprire loro un
mondo di avventure forse non ecci-
tanti, ma vere e commoventi. Rive-
lare loro una realtà che moltissimi
ignorano: quella di piccoli uomini
come noi che in angoli sperduti del
mondo stanno spendendo la vita per
potranno scoprire che anche qui, at-
torno a loro, c'è gente che aspetta il
loro impegno. Hanno scoperto che
c'è uno scopo per cui vivere: gli
altri, i poveri, gli emarginati, in una
foresta dell'Amazonia e nella peri-
feria di Torino.
della gente primitiva, ricca di valori
che noi abbiamo perduto, ma total-
mente indifesa davanti all'avanzare
Un incontro freddissimo
prepotente della nostra civiltà sfrut- - Se lei 110n dqvesse mai più rive-
tatrice e distruttrice. Ma noi vogliamo dere le terre dov'è stato m queste
specialmente parlare ai giovani, ai «ferie di lavoro», q11al è la persona
tanti giovani che sciupano la vita nei
bar e nei niglit, che hanno tutto
eccetto uno scopo per vivere. Ho
sentito decine di ragazzi domandarmi
clie ricorderà con più simpatia.~
- È una domanda cattiva. Nomi-
nando una persona devo escluderne
alla fine dei nostri documentari: Che
cosa possiamo fare per loro?•· Una
domanda formidabile, che era già
in se stessa una risposta: perché
avevano scoperto che si poteva e si
elli
Shuar,
liente. Il
primo i.neo
to freddissimo.
Stava fac
n lavoro molto deli-
cato nella <1 edcrazione Shuar )> quan-
do arrivammo. E dalla sua faccia
trasparentissima capimmo che arri-
vavamo al tempo giusto per rompere
le scatole. Erano giorni duri: tra
colonizzatori bianchi e indi Shuar
erano avvenuti degli scontri, e lui
stava scrivendo ciò che avrebbe detto
quella sera stessa alla radio ai colo-
nizzatori. Voleva alcuni momenti di
tranquillità per pesare ogni parola,
che doveva essere chiara ma non
doveva offendere nessuno, altrimenti
il peso della rampogna sarebbe rica-
duto sulle spalle dei suoi indigeni.
Ho visto in lui il tormento di questi
missionari, che stanno tra l'incudine
e il martello: non possono prendere
atteggiamenti drastici, perché rica-
drebbero sulla pelle degli indigeni;
non possono stare zitti, perché noi
bianchi sentendoci i più forti, ricor-
riamo spesso a metodi prepotenti e
ingiusti. E d'altra parte, questi mis-
sionari hanno l'impressione che noi,
qui in Europa, non comprendiamo
questa loro passione, li abbandoniamo
a loro stessi. Si sentono soli, isolati,
in una battaglia che ogni giorno li
logora di più.
Passò daJla freddezza alla massima
cordialità quando capì che non era-
vamo andati a girare una pellicola
trionfalistica sulle <e glorie della Con-
~regazione tra i selvaggi >>. Volevamo
uwece rendere testimonianza al lavoro
oscuro che essi stanno conducendo in
favore di quel popolo primitivo, gli
Shuar, che ha una sua dignità, una
sua identità, e la deve conservare per
rimanere non una uzoo umana ~. ma
un popolo di Figli di Dio.
Il salesiano Saglle riprenda 1tna danu di
giovani XavantH nel Maro G,.,.._o del
Brasile.
19

2.10 Page 20

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.&
. -- ,...,.......
I
-
~--11:◄-~
....
+
-
-
In alto: Campesinos della Sie rra ecuadoriana incamminati verso il mercato. In basso: La fa-
volosa strada « Transamazonlca » che per oltre cinquemila chilometri taglia la fores ta dol-
l'Amazonia (Brasile ), congiungendo le costa atla ntica con la frontiera peruviana.
Nei giorni seguenti abbiamo potuto
osservare in q uest'uomo dalla faccia
tormentata una ricchezza spirituale
intima, personalissima, e un attac-
camento fortissimo alla nostra Fami-
glia Salesiana. Alle sei del mattino
era al confessionale. Subito dopo
diceva la Messa per i ragazzi dell'in-
ternato Shuar. Poi, se non partiva
per uno dei suoi interminabili viaggi,
si metteva al suo poverissimo tavolo,
a scrivere e a tradurre ciò che serviva
per il suo lavoro. Qualsiasi Shu ar
arrivasse, per qualsiasi necessità, si
metteva a sua disposizione, con un'in-
finita pazienza. Troncava qualsiasi
cosa per essere a disposizione.
Ho nominato padre Germani. Mi
permetta almeno di nominare altre
due persone che non dimenticherò
mai. Avevamo incontrato qui a To-
rino, l'anno scorso, una volontaria
laica della Polonia, che andava a
fare la dottoressa in missione. L 'ab-
biamo rivista laggiù, alla Federazione
Suhar: ha messo in piedi un piccolo
dispensario ed è al centro di un movi-
mento formidabile. Riceve tutti gli
Shuar ammalati, li visita, distribuisce
medicine, li cura. Otto ore al giorno
in dispensario, più le visite alle resi-
denze indigene. Gli Shuar le sono
talmente affezionati che vogliono le
medicine da lei, mentre diffidano di
quelle del medico che periodicamente
sale fin lassù. Ciò che mi ha colpito
è la sua gioia. Quei suoi capelli di
stoppa sempre in movimento, quella
faccia rossa e sorridente, tra i capelli
nerissimi e le facce brune degli
i11dios. Avrà trent'anni. Una donna
felice.
E poi ricordo un indio. 30 anni,
padre di due bambini. È il primo
presidente della Federazione Shuar.
Dai volontari italiani che hanno la-
sciato la m1ss1one, ha ricevuto una
pesante eredità: la segheria che do-
vrebbe dare lavoro e sostentamento a
molte famiglie indigene. Ma i colo-
nizzatori bianchi che avevano fiducia
dei volontari italiani, diffidano degli
indios, e fanno scarseggiare il lavoro.
Ho visto questo giovane uomo col
volto duro discutere animatamente :
(( Siamo uomini anche noi. Perché non
ci date fiducia?)). La sua farniglia
vive in una kivaria lontana, lui vive
accanto a padre Germani, e insieme
cercano di tirare avanti, di convincere
i bianchi della loro buona volontà.
Ricorderò sempre quest'uomo che in
ghiottiva umiliazioni e si batteva ani-
mosamente per ì suoi fratelli di razza.
- Se d1Jvesse indicare il luogo, la
situazione che l'ha impressionata di
più, che cosa indicherebbe?
- Il lebbrosario di Campo Gran-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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de, in Mato Grosso e quello di
Porto Velho, in Amazonia. Ho visto
al lavoro, tra i lebbrosi, giovani vo-
lontari italiani e giovani volontari
brasiliani: curavano le ulcere più
ributtanti, servivano gli ammalati a
tavola, pulivano le stanze che a volte
erano ridotte a poverissimi covili.
Ciò che più mi ha impressionato è
che fanno tutto questo non con l'aria
di martiri o di eroi, ma come se
fosse la cosa più naturale del mondo.
Alla nostra meraviglia hanno risposto:
«Che cosa vedete di straordinario ?
Ci vogliamo così bene, siamo così
amici >>. E toccavano quei malati con
l'amorevolezza con cui noi trattiamo
nostro padre e nostra madre.
- In questa vostra attività di do-
cumentaristi, vi sentite degli isolati, o
siete sostenuti dalla Congregazione?
- La nostra ispettoria, la Subal-
pina, visti i risultati del lavoro, ha
approvato e assunto in proprio la
nostra attività. L 'ufficio missionario
e ispettoriale, diretto a Torino-Val-
docco da don Pelli, si assunto l'in'-
carico del noleggio delle pellicole a
chiunque le desideri. Non si fa que-
stione di prezzo. Si vuole far cono-
scere a più gente che sia possibile,
specialmente ai giovani delle nostre
opere, il lavoro dei nostri missionari.
- Voi siete insegnanti. Avete una
scuola da fare e dei programmi da
svolgere. Questa attività collaterale vi
disturba o vi aiuta nel lavoro scolastico?
- Io penso che prima ·di tutto
siamo educatori, ed educatori sale-
siani. Ebbene le dirò che non solo
questo lavoro non ci disturba, ma
ha fatto entrare i nostri ragazzoni in
clima missionario. Si sensibilizzano,
avvertono 1a possibilità di impostare
la vita su un binario diverso da quello
proposto dalla società: salario-diver-
timento. Sei o sette anni fa un nostro
giovanotto che aveva raggiunto una
posizione economicamente splendida,
mi disse: o Non vi riesco a capire.
Gente come voi, se appena .mettesse
un piede fuori della Casa salesiana,
potrebbe avere stipendi da mezzo
milione al mese. E allora perché
rimanete li dentro? >>. Fu un discorso
che mi umiliò profondamente: mi
diceva quanto poco eravamo riusciti
a educare nel profondo quel ragazzo.
Dopo quattro anni di questo lavoro
missionario, alcuni dei miei giova-
notti mi hanno avanzato timidamente
una proposta: <• Potremmo partire
volontari anche noi, magari per un
paio d'anni?». Queste parole mi han-
no rivelato che la situazione e rove-
sciata, che stiamo incidendo davvero.
TERESIO BOSCO
4 STRUMENTI DI LAVORO LITURGICO
L'editrice salesiana ELLE DI Cl ha pubblicato negli ultimi mesi
quattro volumi molto diversi tra loro, ma veri e indispensabili
strumenti di lavoro liturgico.
MESSALE DELL'ASSEMBLEA CRISTIANA
(Festivo - Anni A, B, C)
L'opera è in coedizione (la firmano anche le editrici Esperienze, Ouerl·
niana e Regalità), ma è stata preparata a cura del «Centro Catechistico Sale-
siano» di Tor1no-leumann. «Vi ha lavorato - spiega il dépliant - un·équipe
di liturgisti, biblisti, teologi, catecheti, giornalisti. Un'edizione nata dal lavoro
e dalla preghiera di una comunità>>.
Il volume risulta troppo complesso e ricco di elementi per descriverlo
nei dettagli. Per ogni festa viene dato un titolo (che inchioda subito i fedeli
al preciso messaggio della celebrazione), ha un'introduzione, commenti di
varia natura, la numerazione dei versetti, eccetera.
Domeniche dei tre cicli, solennità e feste dei santi. Ma anche i sacramenti,
le varie forme di preghiere, i vari riti. Ancora: elenco di letture bibliche secondo
gli argomenti, per le celebrazioni della parola. E infine gli indici, vere chiavi,
o miniere di spunti, quanto di meglio si potesse desiderare,
Anche le risorse tipografiche sono sfruttate al massimo (il che non è certo
l'ultimo pregio dell'opera): giustezze, corpi e caratteri, chiari e neri, tondi e
corsivi, maiuscoli e maiuscoletti, stampa in due colori... E poi splendidi disegni,
in una stilizzazione pastoralmente efficace.
Il dépliant illustrativo del messale cosi ne precisa le possibili utilizzazioni
(e non si può che convenirne):
« per una più diretta partecipazione alla messa delle comunità;
per un'approfondita formazione biblica, liturgica, ecclesiale dei cri-
stiani più maturi;
per la preparazione dell'omelia festiva;
per una liturgia calata nella concretezza dei problemi quotidiani e delle
ansie dell'uomo moderno».
le comunità liturgicamente vive troveranno in questo messale una per-
suasione continua alla «creatività entro gli argini»; le comunità assortite vi
troveranno una sottile seduzione e uno stimolo inconscio ma efficace a uscire
dal dormiveglia.
Pagine 1534, lire 3.500.
LIBRO DELLA PREGHIERA
È un manuale popolare, per una partecipazione vitale dei fedeli alla pre-
ghiera della Chiesa. Ma serve non meno alla preghiera personale che a quella
familiare. in modo che la vita stessa diventi preghiera. All'accurata scelta dei
testi (e dei 250 canti) si accompagnano introduzioni, riflessioni, didascalie
o,pp0rtunamente distribuite.
Anche questo volume - voluto dall'episcopato della Regione conciliare
Triveneta - è stato compilato con la collaborazione del « Centro Catechi-
stico Salesiano» di Torino•leumann (e con ogni probabilità verrà adattato
e adottato da altre diocesi d'Italia).
Pagine 540, lire 1.600.
I SALMI, PREGHIERA DI CRISTO E DELLA CHIESA
di Rinaudo Spirito
L'opera è giunta quest'anno alla sua quinta edizione (il dato è già signifi-
cativo in se stesso), e merita di essere segnalata perché ai pregi delle edi-
zioni precedenti aggiunge. l'aggiornamento secondo la liturgia rinnovata. Il
libro infatti è completamente rifuso.
Fondamentale - e magistrale - è la lunga introduzione, che insegna
a «pregare i salmi». Anzi c'è da chiedersi (e gli operatori della pastorale
dovrebbero chiederselo davvero) che senso abbia pregare o far pregare i
salmi, se prima non si è letta una «manuductio » del genere.
Poi il volume presenta il paziente - ma caldo, teologicamente corrobo-
rante - commento a ciascuno dei 150 salmi.
Pagine 816, lire 4.200.
IL NUOVO CALENDARlO LITURGICO di Alessandro Olivar
l'autore monaco di Montserrat (Spagna), è già noto per altre pubblica-
zioni liturgiche. Compilazione eminentemente pratica, contiene i documenti
ufficiali sul calendario liturgico, un profilo storico-spirituale (finalmente «at-
tendibile>i) di tutti i santi del nuovo calendario della Chiesa, e indici vari sul-
l'argomento. Collocazione nelle comunità: al posto del vecchio Martirologio.
Pagine 248, lire 1.900.
21

3.2 Page 22

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DOISlatnO
picooli-ma
e --... remo
<•N oi siamo piccoli, ma cresce-
remo... >>. La festosa cantilena,
cinguettata dai bimbi degli « Asili in-
fantili di mezzo secolo fa, è scom-
parsa dai repertori di canti educativo-
ricreativi della odierna Scuola. J.Ia-
terna. Permane però intatta la sua
promettente realtà...
Sono molte le Scuole Materne
gestite e dirette dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Complessivamente quasi
novecento. Hanno volto e metodi
diversi, come diverse sono le fogge
e i colori delle gaie divise di fre-
22 quenza; come diversi sono gli occlù
e i sorrisi dei bimbi eh~ le affollano.
Oltre seicento in Europa, una cin-
quantina in Asia, duecento in Alnc-
rica, una ventina in Africa.
Si rifanno tutte a una prima data
di nascita: 8 ottobre 1876. Un grup-
petto di Suore, preparate dalla sa-
pienza materna di Santa Maria Maz-
zarcllo, vanno ad aprire la Casa di
Lu Monferrato, e in essa quello che,
secondo la terminologia di allora, fu
il primo Asilo infantile della Con-
gregazione.
L'elenco dcli.e fondazioni docu-
menta un moltiplicarsi intenso di
tali istituzioni, incoraggiate dallo stes-
so Oon Ilosco.
Ciò specialmente in Italia. Oggi
infatti sono quasi cinquecento le
Scuole Materne delle F.:\\I.A. fitta-
mente disseminate nella Penisola.
Piene di vita serena e pacata nei
paesetti della campagna (ove pur-
troppo il fenomeno dell' urbanesimo,
con l'esodo dei giovani, continua a
ridimensionare il numero dei piccoli
frequentanti). Superaffollate nei cen-
tri cittadini grandi e piccoli, ove le
giornate pìù penose dell'anno scola-
stico sono quelle delle iscrizioni. An-

3.3 Page 23

▲back to top
che se la Scuola Materna statale si
propone di risolvere il problema della
scolarità infantile, ovunque, al Nord
e al Sud, un numero di bimbi ecces-
sivamente superiore alle possibilità
preme per essere accolto.
È recente un episodio molto signi-
ficativo al riguardo, uno dei tanti.
Roma. Un rione giovane come le
famiglie che vi si pigiano nei caseg-
giati-alveari di recentissima costru-
zione. Sono le sei del mattino. Una
Suora apre il cancello dell'Istituto
Maria Ausiliatrice in cui funziona la
Scuola Materna ed è meravigliata
di trovare, a quell'ora, un gruppo
di mamme in attesa. Tutto però è
presto chiarito: è il r5 giugno, giorno
di apertura delle iscrizioni, e il desi-
derio di riuscire a far accettare il.
proprio bimbo ha suggerito di << fare
la coda »nelle ore notturne per mag-
gior sicurezza. E nessuna se ne pen-
tirà, perché alla Scuola il lavoro di
Segreteria è stato brevissimo: prima
di mezzoiiorno i posti disponibili
erano tutti esauriti, anche se i bimbi
accettati sono duecento.
Un fagotto vivo
nell'ultimo banco
I motivi di questa pressione sono
molti e di indole diversa. L'ambiente
socio-economico in cui oggi la vita
si svolge, impone situazioni ed esi-
genze pesanti.
Torino, in una zona industriale.
Nel vicino stabilimento l'entrata degli
operai è alle sette. È ancora buio e
le Suore sono in Cappella per la
S. Messa. Fuori c'è molto freddo .
Un papà arriva in bicicletta. Porta
con sè, ravvolto in una coperta di
lana, il suo bimbo semiaddormentato.
La portieria è aperta, entra in Cap-
pella in punta di piedi, depone il
suo singolare fagotto nell'ultimo ban-
co, ove, per una tacita intesa, si trova
la Suora responsabile della Scuola
materna, e se ne va mentre già fischia
la sirena della fabbrica. Marco con-
tinua tranquillo il suo sonno inno-
cente. E il suo caso non è unico.
Cosi, alla sera, sono molti i bimbi
che, gioiosamente occupati dalla loro
maestra, attendono fino alle 18,30 il
fischio della sirena. Solo allora il
babbo o la mamma sono liberi di
venire a riprendersi il loro piccolo.
L'appartamento-prigione
per bambini di quattro anni
Nella vita moderna c'è un'altra
situazione che rende indispensabile la
Scuola materna. La conosce bene il
piccolo Fabio che non fa misteri con
nessuno della sua g101a di recarv1S1.
Eppure egli ha una casa bella; ma è
posta lassù, al sesto piano di un
condominio. È ben arredata e fun-
zionale, ma gli ambienti sono piccoli,
i mobili delicati. Tutta la struttura-
zione dell'appartamento ha i?norato
la presenza e le esigenze dell ometto
di quattro anni. Quindi piovono con-
tinuamente Sll di lui precetti e ini-
bizioni: qui non si salta, qui non
si corre, non ci si arrampica sulle
seggiole, non si aprono i cassetti, non
si grida per non disturbare i vicini.
La conseguenza è ovvia: per Fabio,
in fondo, la vera casa è la Scuola
materna. Una casa meno bella della
sua, ma fatta per la sua libertà, con
un ampio cortile, col prato ove si
può giocare con altri bambini, ove
c'è Sr. Anna Maria capace di ascol-
tarlo, di alimentare la gioia delle sue
scoperte, di lasciarlo correre-, saltare,
giocare. Per tutto questo egli ha
quattro anni.
E ci sono i bambini che vengono
alla Scuola materna perché i genitori,
al di là di particolari necessità con-
tingenti, ne hanno compreso l'in-
trinseco valore. Infatti se la famiglia
promuove le esperienze fondamentali
della vita, la Scuola materna le al-
larga e le integra attraverso le rela-
zioni con il mondo esterno e la con-
vivenza col gruppo.
È il compito affidato alla cosciente
responsabilità dell'Educatrice. Le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice hanno per
questo la ricchezza del metodo edu-
cativo di Don Bosco, fondamentale
per qualsiasi momento della forma-
zione giovanile. La ragione, la reli-
gione, l'amorevolezza, sono la sintesi
delle linee pedagogiche anche dei
più validi «Ordinamenti>> per l'età
prescolare. Il sistema del <<prevenire>>
ha tutto il sapore dell'amore e della
tenerezza materna.
Per questo è pure facile istaurare
il dialogo individuale con le Mamme,
negli incontri quotidiani.
Per la cordialità di rapporti che si
istaura con le famiglie, il dialogo di-
viene collettivo nelle ad.unanze di
studio a cui partecipano i genitori:
problemi di psicologia, di pedago-
gia, di educazione sessuale, di at-
tualità sociali: tutto viene trattato
con il cuore e l'interesse rivolto al
presente e al futuro di quei frugoli
che giocano, spensierati e felici, giù,
nel cortiJc alberato.
La fatica
di un continuo aggiornamento
Tutto questo esige un continuo
aggiornamento di cultura pedago-
gica, psicologica, sociologica, di me-
todi didattici, di sussidi... Perciò i
Corsi e Convegni si susseguono a
riempire, in gara dinamica con tutti
gli altri impegni apostolici, il cosid-
detto «tempo libero •> della Suora
Educatrice.
È un'esigenza nata dalle radici di
questa attività educativa delle FMA.
Fu infatti Don Bosco, nel lontano
agosto 1885, ad approvare che si
radunassero nella Casa Madre a Nizza
Monferrato le Maestre d'<< Asilo>> per
un ciclo di conferenze di indole pe-
dagogica.
Da allora date, sedi, temi di studio,
si sono annualmente moltiplicati. Lo
ufficio centrale della Congregazione
ha registrato nel solo 1971 una ven-
tina di convegni. Ci;eano una ric-
chezza comune, scaturita dai ripen-
samenti più seri e dalle esperienze
più varie. Forse non è facile coglierne
le dimensioni, perché, sia nelle aule
modernamente attrezzate delle città,
come in quelle modeste e ridenti dei
paesini di campagna, questa ricchezza
educativa assume con disinvoltura la
veste dimessa dei giorni feriali per
agire ed educare con spontaneità e
vitalmente.
Così dovunque : tra i vivacissimi
bimbi italiani, come tra gli ometti in
miniatura della Seibi Gakuen di
Tokyo; tra la compostezza quasi adul-
ta dei bimbi coreani che col berretto
gogliardico vanno a ricevere il di-
ploma di Licenza dalla Scuola Ma-
terna, come tra i precoci e intra-
prendenti bimbi di Brasilia, o davanti
all'attenzione mansueta, un po' incan-
tata e un po' impacciata, dei piccou
delle tribù Mixes nelle Missioni del
Messico, o dei Shuar dell'Equatore.
E i frutti delle fatiche della Suora
Educatrice? Uno studio su questi
particolari << ex allievi ed ex allieve >>
permetterebbe constatazioni interes-
santi e incoraggianti. Ma forse la
sintesi più eloquente si sarebbe po-
tuta cogliere nello sguardo e nel sor-
riso pieno di meraviglia e di compia-
cenza della vecchia Maestra dell'<1 Asi-
lo•> di L u Monferrato, Sr. Vincenza
Razzetti. Quante volte Mons. Evasio
Colli, Arcivescovo di Parma, si vantò
di essere stato suo alunno e di dovere
a lei qualcosa della sua grazia epi-
scopale?
<< Noi siamo piccoli, ma cresce-
remo... >>. Come .cresceranno? È que-
sta l'ansia interrogativa e stimolante
delle 1 500 Suore di Don Bosco che,
sotto tanti cieli diversi, si donano
quotidianamente all'infanzia.
La àsposta la conosce il Signore e
l'avvolge nella sua paterna e amorosa
Provvidenza.
A cura dell'Ufficio Stampa delle F.M.A. 23

3.4 Page 24

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DON
un prete
per tutti
1ragazzi
del mondo
11 pianto di un giovane
prete davanti a una
cella del carcere con ra-
gazzi e giovanissimi -
L'Ave Maria che dà rav-
vio a tutto - In Torino
non c'è un posto per i
ragazzi del « prete
pazzo» - Una tettoia e
una piccola campana: è
Pasqua - Il tempo delle
grandi realizzazioni
Un pianto lungo: «Ora
comprende tutto... » -
« Dite ai miei ragazzi
che li aspetto tutti in
Paradiso »
Conclu-
diamo il rapido profilo
di Don Bosco.
Torino, l'antica capitale del regno
sardo-piemontese, sorge ai piedi delle
Alpi, sulle rive del Po. Nell'autunno
del L8+r Don Bosco vi si stabilisce
per perfezionare gli studi teologici.
Prende alloggio nel Convitto Eccle-
siastico, e attende che la Provvidenza
gli faccia conoscere il luogo strate-
gico dove dovrà piantare le tende del
suo apostolato.
Sulle piazze e sulle strade di To-
rino, Don Bosco incontra i giovani.
Giovani poveri, giovani lavoratori che
arrivano dalla Valsesia, dalle Valli di
Lanzo, dal Monferrato, attirati a
Torino dal primo boom industriale e
edilizio. Li vede arrampicarsi sui
palchi dei muratori, cercare un posto
24 di garzone nelle botteghe, aggirarsi
lanciando il richiamo dello spazza-
camino. Li vede agli angoli delle
strade gioca.re a soldi con la faccia
dura e decisa di chi è disposto a
tentare ogni mezzo per farsi largo
nella vita.
Uno dei professori, al Convitto
Ecclesiastico, è don Giuseppe Ca-
fasso, un pretino che gli sarà amico
e consigliere per tutta la vita. È
chiamato «il prete della forca», per-
ché il tempo libero lo impiega an-
dando nelle prigioni a consolare i
detenuti, e se qualcuno viene con-
dannato a morte, sale sulla carretta
accanto a lui, e lo consola fino al
luogo della forca.
Un giorno Don Bosco accompagna
il suo professore nelle carceri. Tra le
muraglie nere e sgocciolanti, davanti
a quelle facce tristi e minacciose,
Don Bosco sta per svenire. A un
tratto, oltre le sbarre, vede un gruppo
di giovanissimi, dj ragazzi. Don Bo-
sco scoppia a piangere.
- Ma perché piange quel pre-
te? - domanda uno di-loro.
- Forse perché ci vede qui dentro.
- Anche mia madre piangerebbe
se mi vedesse qui. Quel prete deve
volerci bene, se piange.
Uscendo dal carcere, Don Bosco
ha preso una decisione incrollabile:
<< Dedicherò la mia vita ai giovani d i
Torino. Non so ancora come, ma
qualcosa farò. Questi ragazzi hanno
bisogno di tm lavoro sicuro, dj una
scuola, di una casa, di uno spazio
verde per giocare. E hanno bisogno
di una chiesa per incontrarsi con
Dio. Signore, io sono pronto. Dimmi
da che parte devo incominciare >>.
SECONDA PARTE
« Sai fischiare ? »
8 dicembre 1841. È la festa di
Maria SS. Immacolata. Don Bosco
è nella sacrestia della chiesa di
San Francesco d'Assisi. Sta per dir
Messa. A tm tratto entra in sacrestia
un ragazzo. H a i capelli rasati a zero,
i calzoni stropicciati e sporchi di
calcina. È uno dei tanti garzoni mu-
ratori arrivati a Torino in cerca di
lavoro. Forse sua madre, prima di
lasciarlo partire, gli ha detto:
- Vai a Messa la domenica.
Lui è entrato in chiesa, ma s'è
vergognato, vestito cosl, tra tanta
gente vestita bene. Ha pensato di
ascoltare Messa dalla sacrestia. Ma
il sacrestano lo crede un ladruncolo,
e lo caccia via a scopate. Don Bosco
vede tutto e alza la voce:
- Perché batti quel ragazzo? Che
male ha fatto ?
- A lei che interes~a ?
- Interessa molto, è un mio
amico. Vallo subito a chiamare.
Il ragazzo torna, mortificato. Don
Bosco gli parla:
- Ascolta pure la Messa. Dopo
ci parliamo. Devo dirti una cosa che
ti farà piacere.
Terminata la Messa, Don Bosco
gli parla con faccia allegra:
- Come ti chiami ?
- Bartolomeo Ga.relli, sono arri-
vato da Asti.
- Che mestiere fai ?
- Il muratore.
- È vivo tuo padre ?
- No, è morto.
- Quanti anni hai ?
- Sedici.

3.5 Page 25

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- Sai leggere e scrivere?
-No.
- E cantare?
- Nemmeno.
- Sai fischiare ?
- Oh, sì - sorride, per la prima
volta.
- La prima Comunione l'hai già
fatta?
- Non ancora.
- Vai al catechismo ?
- Ci sono andato una volta, ma
i ragazzi più piccoli di me mi pren-
dono in giro...
- Se ti facessi io il catechismo,
verresti ?
- Volentieri.
- Anche qui?
- Purché il sacrestano non mi
prenda a scopate.
- Stai tranquillo. Sei mio amico,
e nessuno ti maltratterà. Quando
vuoi che cominciamo ?
- Quando vuole lei.
- Anche subito ?
- Con piacere.
Don Bosco e Bartolomeo Garelli
s'inginocchiano e dicono un'Ave Ma-
ria. In. quel momento inizia il grande
apostolato di Don Bosco tra i giovani,
nasce l'Oratorio.
Bartolomeo, la domenica seguente,
ritorna, ma non è più solo: ha con-
dotto con sé sei amici. Don Bosco
fa un po' di catechismo a tutti, poi
li porta a giocare nel cortiletto del
Convitto Ecclesiastico.
La domenica dopo arrivano altri,
e poi altri ancora: una fiumana di
ragazzi col viso nero di fuliggine o
bianco di calce, con la giacchetta
sulle spalle. Cercano Don Bosco, la
sua parola, il suo affetto.
Finiti gli studi al Convitto, Don Bo-
sco non sa più dove radunare i suoi
ragazzi. Don Cafasso lo consiglia:
- Faccia fagotto e vada al Rifugio.
Là occorre un direttore spirituale.
Lavorerà per quell'istituto, e Dio
intanto le suggerirà che cosa fare
per i suoi ragazzi.
fuori del cortiletto, invadono i prati
intorno, prendono d'assalto la stan-
zetta di Don Bosco. Chi si siede
sul letto, chi sul tavolino, eh.i per
terra, chi sul davanzale. Tra tutto
quel pandemonio, Don Bosco cerca
di dare ai più intelligenti lezioni di
lingua, di aritmetica. Ma è una
fatica immane, in quel trambusto.
Uno accende il fuoco, l'altro lo spe-
gne; chi scopa la camera senza in-
naffiare il pavimento, chi la spolvera;
gli oggetti finiscono sottosopra men-
tre i più grandi vogliono ordinarli.
Don Bosco guarda e ride, racco-
manda solo di non rovinare nulla. Ma
la Marchesa non sopporta a lungo
quello schiamazzo. Cerca dapprima
di persuadere Don Bosco ad abban-
donare i monelli per dedicarsi com-
pletamente al suo istituto. .Non riu-
scendovi, lo licenzia.
« Questa è la mia casa,
di qui uscirà la mia gloria »
Don Bosco si ritrova sulla strada.
E ora, dove radunare tutti quei
ragazzi che a squadre sempre più
numerose accorrono a lui? In quei
giorni di sconforto, la Vergine gli
appare in sogno. Gli mostra un
prato grande, percorso da turbe di
monelli che fanno a sassate, e gli
dice:
- In questo luogo dove i gloriosi
martiri di Torino, Avventore e Ot-
tavio, sopportarono il martirio, io
voglio che Dio sia onorato.
E Don Bosco vede sorgere in quel
prato una chiesa vastissima, so.rmon-
tata da una gloriosa cupola, e sente
la voce della Madonna che dice:
- Questa è la mia casa. Di qui
uscirà la mia gloria.
Una marchesa
che non ama il chiasso
Il Rifugio, un'opera sociale per
ragazze abbandonate, è stato fon-
dato nella z.ona di Valdocco dalla
ricca e pia Marchesa di Barolo. Dopo
lunghe spiegazioni, la Marchesa (che
ha un carattere rigido) autorizza
Don Bosco a radunare i suoi monelli
in w1 cortiletto. La turba dei ragazzi
arriva la domenica mattina. Due-
cento, trecento monelli · straripano
Questa antichissima e imperfetta foto•
grafia ritrae Don Bosco circondato dai
suol i:rimi ragazzi.
25

3.6 Page 26

▲back to top
È l'autunno 1845. Don Bosco tra-
pianta le tende del suo Oratorio
presso i Mulini di Città. Per breve
tempo. Poi emigra presso il cimi-
tero di San Pietro in Vincoli. Anche
qui il chiasso dei ragazzi è insop-
portabile, e deve trasferirsi su un
prato, affittato dai fratelli Filippi.
Poche settimane. I padroni arrivano
a controllare il prato, lo vedono
calpestato senza pietà da ottocento
zoccoli e scarponi, e licenziano in
tronco Don Bosco. È un colpo di
fulmine. Dove andare ora? Lo hanno
ormai scacciato da troppe parti. Pa-
recchi preti, vedendolo «fisso >> nel
pensiero dei suoi monelli, lo credono
pazzo. Hanno addirittura cercato di
internarlo in manicomio.
Appoggiato a un tronco d'albero,
in un angolo del prato, Don Bosco
guardò i suoi ragazzi che correvano
felici, forse per l'ultima volta, e
pianse. Ma poi si fece forza. Fece
rullare il tamburo dell'adunata, e
disse ai suoi monelli:
- An~am· o in pellegrinaggio alla
Madonna i Campagna. Abbiamo bi-
sogno da Madonna una grazia
grande.
Nella chiesa, mentre i suoi ragazzi
cantavano, Don Bosco stanco e sfi-
nito disse:
- O Signore, io ho fatto tutto il
possibile. Adesso, fate Voi.
E proprio quella sera, la Provvi-
denza arrivò ai bordi del prato nella
persona di un brav'uomo, piccolo e
balbuziente:
- È vero che lei cerca un posto
per fare un laboratorio ?
- Non un laboratorio, ma un
Oratorio.
- Fa lo stesso. Un posto c'è, lo
venga a vedere.
Era una povera tettoia dal tett,~
guasto e senza pavimento, con una
piccola striscia di terreno. Don Bo-
sco tornò dai suoi ragazzi con l'anima
in festa:
- Allegri, amici l Abbiamo tro-
vato l'Oratorio! Vcdete laggiù ? Quella
tettoia, vicino a casa Pinardi. L'ap-
puntamento per domenica è là l
Per tutta la settimana, Don Bosco
si rimboccò le maniche e lavorò a
trasformate la tettoia in cappella.
Vennero. anche i suoi ragazzi, nelle
ore libere, a dare una mano. Il 12
aprile era domenica di Pasqua. Tutte
le campane della città squillarono a
festa. A quel coro imponente si uni
una piccola campanella, che dalla
tettoia Pinardi annunciò a tutti i
ragazzi della << bassa » di Torino che
la loro casa era pronta, che Don Bo-
sco li attendeva.
Quella tettoia, nel rione di Val-
26 docco, fu il seme di una grande
pianta, che crebbe veloce e robusta,
e ospitò presto tra i suoi rami centi-
naia di uccelli senza nido.
Una mamma
per cinquecento ragazzi
Quando, alla sera della domenica,
Don Bosco licenziava i suoi ragazzi,
il cuore gli si stringeva. Molti non
sapevano dove andare. Non avevano
casa. Donnivano sotto i ponti, nelle
stalle abbandonate, o, se avevano
quattro soldi, al dormitorio pubblico.
- Devo comprare una casa e ospi-
tare i più poveri - si ripeteva.
Riuscì ad affittare tre stanze vicino
alla tettoia. Ma per ospitare dei
ragazzi soli, occorreva una donna che
facesse da mamma. Pensò alla sua
vecchia madre, rimasta ai Becchi
tranquilla e felice tra i nipotini, la
campagna e l'orto. Andò a trovarla:
- Mamma, il giorno della mia
prima Messa mi hai detto cbe se
diventavo ricco non saresti mai ve-
nuta a casa mia. Ora invece sono
povero e carico di debiti, e vogHo
dare una casa ai ragazzi più poveri
di Torino. Ti senti di venirmi a
dare una mano ?
Quella vecchia donna ci pensò su
qualche secondo, poi:
- Se credi che questo faccia pia-
cere al Signore, vengo subito.
Sera del 4 maggio 1847. Su Torino
è scoppiato un temporale che fa
scrosciare l'acqua a catinelle. Don Bo-
sco e la sua mamma hanno appena
cenato che qualcuno bussa alla porta.
È un ragazzo di quindici anni, ba-
gnato come un pulcino.
- Da dove vieni ?
- Dalla Valsesia. Sono muratore,
ma non ho ancora trovato lavoro.
Avevo tre lire, ma le ho spese tutte.
Ho freddo. Mi lascia entrare?
- Vieni, mettiti vicino al fuoco,
così ti asciugherai.
Mamma Margherita gli prepara
un boccone per cena. Don Bosco
gli domanda:
- E stanotte dove andrai?
- Non so. Mi lasci stare qui... -
e scoppia a piangere.
Mamma Margherita pensa ai quat-
tro giovanotti che Don Bosco ha
lasciato dormire sul fieno pòchi giorni
prima, e che se la sono battuta por-
tandosi via le coperte. Dice al ragazzo:
- Se fossi sicura che non sei un
ladruncolo, potrei tenerti. Ma cbi mi
assicura...
- Ob, no, signora - protesta il
ragazzo. - Sono povero, ma non
ho mai rubato.
Don Bosco esce sotto la pioggia e
torna con alcuni mattoni. Li dispone
a rettangolo, vi distende sopra alcuni
assi. Mamma Margherita stende so-
pra un pagliericcio, due lenzuola, una
coperta. Don Bosco gli dice:
- Dormirai qui. E rimarrai finché
ne avrai bisogno. Don Bosco non ti
manderà mai via.
Il giorno dopo, Don Bosco l'ac-
compagna a cercare lavoro. È il
primo orfano che entra nella casa di
bon Bosco. A fine d'anno saranno
sette. Diventeranno più di mille.
Le grandi realizzazioni
Da questo momento, è impossi-
bile tener dietro al grande sviluppo
dell'opera di Don Bosco. Esso è
narrato in venti. grossi volumi di
ilfemorie Biografiche, che sbalordisco-
no ad ogni pagina. A chi gli si rivol-
geva con ammirazione, domandan-
dogli come aveva fatto a realizzare
tante imprese, Don Bosco rispondeva
stringendosi nelle spalle:
- lo? Io sono soltanto il povero
Don Bosco. Chi ha fatto tutto è la
Madonna.
Qui possiamo soltanto annotare il
sorgere delle imprese più grandi.
1848. Scoppia la prima guerra
d'indipendenza. Sui sanguinanti cam-
pi di battaglia cadono decine di mi-
gliaia di uomini. Turbe di orfani si
aggirano per Torino. Don Bosco
ingrandisce la sua casa, dà inizio alle
scuole serali g ratuite.
1853. Don Bosco apre i primi due
laboratori per piccoli artigiani. Co-
mincia dal nulla come sempre: alcuni
deschetti per i calzolai in un corri-
doio, due tavoli per i sarti in cucina.
Sono il piccolo seme delle centinaia
di scuole professionali che i figli di
Don Bosco fonderanno in tutto il
mondo.
1853. L a setta protestante dei Val-
desi sta facendo molti proseliti tra
ia gente povera di Torino. Quelli non
sono anni di «dialogo » tra cattolici
e protestanti, ma anni di lotta, di
battaglia. Don Bosco fonda le << Let-
ture Cattoliche &, una serie di libretti
mensili che rafforzano la fede dei
cattolici. I libretti sono scritti, stam-
pati e diffusi da Don Bosco. L'ab-
bonamento alle «L etture Cattoliche >>
costa 36 soldi all'anno. La diffusione
è così vasta, che i protestanti se la
prendono con lui. Qualcuno cerca di
toglierlo di mezzo. Un sicario gli
spara dalla finestra mentre fa cate-
chismo: il proiettile gli straccia la
veste sotto l'ascella e si conficca nel
muro. Un'altra volta, mentre torna
a casa tra la nebbia, due omaccioni
lo assalgono a colpi di randello. Ed
ecco sbucare un cane grigio che si

3.7 Page 27

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Accanto alla s alma di Don Bosco, ricom-
posta nella poltrona dove aveva confessato
I s uoi ragazzi negli ultimi anni, s filarono
piangendo inte rmina bili f ile di Sales iani e
di ragazzi. Era Il 31 gennaio 1888.
lancia sugli assalitori c con morsi
tremendi li mette in fuga. Chi ha
mandato quel cane ? Don Bosco non
lo sa, non lo sa sua madre, ma «il
grigio>> appare spesso all'improv-
viso, ai fianchi di Don Bosco, quando
c'è qualche pericolo. Sparisce in si-
lenzio, così come appare.
26 gennaio 1854. I primi ragazzi
che Don Bosco ha raccolto dalla
strada e dalle povere case di Torino,
sono cresciuti, e accettano di «diven-
tare come lui». Nella stanzetta di
Don Bosco, senza chiasso e senza
clamori, nascono «i Salesiani». Uno
di quei ragazzi, Michele Rua, che
diventerà il suo primo successore,
racconta nel suo diario: «Ci radu-
narrimo nella stanza del sig. Don Bo-
sco: Rocchietti, Artiglia, Cagliero e
Rua; e ci venne proposto di fare
coll'aiuto del Signore e di S. Fran-
cesco di Sales una prova di esercizio
pratico della carità verso il prossimo,
per venirne poi ad una promessa, e
quindi se parrà possibile e conve-
niente di farne un voto al Signore.
Da tal sera fu posto il nome di
Salesiani a coloro che si proposero e
proporranno tal esercizio ».
1860. Michele Rua, il ragazzino
pallido che Don Bosco ha incontrato
quando il suo Oratorio veniva cac-
ciato via da ogni parte, e che è diven-
tato il suo braccio destro, sale l'altare
per dire la prima Messa. È il primo
ragazzo di Don Bosco che diventa
sacerdote. Rimardl sempre con lui.
1864. Nel prato di Valdocco,
Don Bosco pone la prima pietra del
grande Santuario a Maria Ausilia-
trice. È la grandiosa chiesa che
Don Bosco vide in sogno, nei giorni
in cui la Marchesa di Barolo lo
licenziò. Attorno alla cupola gran-
diosa che coronerà il Santuario, ver-
ranno scritte a lettere colossali, le
parole che la Madonna gli disse
quella notte: «Questa è la mia casa.
Di qui uscirà la mia gloria >>.
1872. Don Bosco fonda la Congre-
gazione delle Figlie d-i Maria Ausi-
liatrice. Esse si diffonderanno nel
mondo io maniera mirabile, per il
bene di milioni di ragazze.
1875. Nel Santuario di Maria Ausi-
liatrice, Don Bosco abbraccia i primi
dieci Missionari salesiani che par-
tono per l'America del Sud. È a
capo della spedizione don Cagliero,
uno dei primi, vivacissimi ragazzi
dell'Oratorio. Diverrà vescovo e car-
dinale, e vedrà le Missioni di Don Bo-
sco diffondersi in tutto i[ mondo.
1877. Don Bosco fonda il << Bol-
lettino Salesiano >>. È una rivistina
semplice, che porta a tutti gli amici
di Don Bosco, e specialmente ai
Cooperatori, le notizie della fami-
glia salesiana. QueJla semplice rivi-
stina avrà uno sviluppo enorme: oggi
è pubblicato in 13 lingue, con una
tiratura complessiva di 950 mila copie
mensili.
1887. È ormai vecchio e stanco,
Don Bosco. Logorato da un lavoro
immane, ha visto i suoi figli spiri-
tuali partire per tutto il mondo,
fondare case e oratori per ragazzi
poveri in ogni continente. Per soste-
nere tutte queste opere, ha compiuto
lunghissimi viaggi in Spagna e Fran-
cia, tendendo la mano come un men-
dicante di Dio. Per le sue mani, la
Madonna ha compiuto miracoli a
centinaia. L'ultima, pesantissima mis-
sione, Don Bosco l'ha ricevuta dal
papa Leone XIII: innalzare io Roma
un grande tempio al Sacro Cuore. Ha
portato a termioe la missione, ma
l'ultimo viaggio in Spagna per chie-
dere ancora una volta l'elemosina
dei buoni, l'ha sfinito. Curvo per
gli anni e la fatica, Don Bosco sale
l'altare del tempio ormai compiuto
per dirvi la S. Messa. La chiesa è
piena zeppa di gente in religioso
raccoglimento. Al momento de.Ila Co-
munione, Don Bosco scoppia im-
provvisamente a piangere. Un pianto
lungo, irrefrenabile. La gente è im-
pressionatissima. Don Michele Rua,
che gli è accanto, è preoccupato.
Sussurra:
- Don Bosco, che ha ?
Riesce a mormorare:
- A nove anni, la Madonna mi
disse: «A suo tempo tutto compren-
derai >>. Ecco, ora comprendo tutto...
Valeva la pena di fare tanti sacrifici,
tanto lavoro, per le anime dei gio-
vani ...
Come una candela che si spegne
lentamente, dopo essersi tutta con-
sumata per dare luce, Don Bosco
mori all'alba del 31 gennaio 1888.
Ai salesiani che vegliavano attorno
al suo letto, mormorò: «Vogliatevi
bene come fratelli. Fate del bene a
tutti, del male a nessuno... E dite
ai miei ragazzi che li aspetto tutti
in Paradiso l).
FINE 27

3.8 Page 28

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NELMDNDO
SALESIANO
<<ROBA DA SALESIANI »
Dichiarazioni dell'industriale Maurizio
Fracassi, presidente della << Pettinatura
Lane» di Vercelli, rilasciate al giornalista
Corrado Incerti dopo un incontro tem-
pestoso con il ministro Giolitti.
« Nel Sud senza operai specializzati
e senza servizi, lontano sia dall'arrivo
della lana (Genova) che dai mercati
(Amburgo, il Nord), senza pezzi di ri-
cambio, a diretto contatto con la mafia
locale e con le burocrazie locali, senza
che lo Stato mi abbia preparato attorno
niente, né acqua, né luce...
lo preferisco un bravo operaio biellese
comunista con alle spalle generazioni di
lavoro e di specializzazione, a un ope-
raio 'meno combattivo' del Sud. Perché,
invece, non fanno prima le scuole pro-
fessionali nel meridione? ~ da Salesiani,
non da Industriali, andare al Sud in
queste condizioni».
- Lei lo ha detto a Giolitti?
- L'ho detto I
(Da« L'Europeo» del 1° novembre 1973
pag. 34).
COMMEMORATO
MONS. OLIVARES NELLA
SUA DIOCESI
La diocesi di Sutri e Nepi ha comme-
morato il centenario della nascita di colui
che per 27 anni (dal 1916 al 1943) fu
suo vescovo e pastore, mons. Luigi Oli-
vares, salesiano e servo di Dio.
La celebrazione, solennizzata dalla
presenza del card. Luigi Traglia e del-
l'attuale Vescovo di Sutri mons. Mar-
Una fune, tanti ragazzi e un paio d i Salesiani. È l'oratorio di Canlubang
(Filippine), d-0ve i figli di Don Bosco conducono pure avanti un collegio con-
vitto, una scuola di awiamento agricolo, corsi di meccanica e di altre profes-
sioni, una casa di formazione con novizi e liceisti. A dispetto della crisi, a Canlung
stanno crescendo molte vocazioni.
28
celio Rosina, ha avuto luogo nella chiesa
cattedrale il pomeriggio del 25 no-
vembre scorso. Alla concelebrazione
hanno preso parte parroci della diocesi
(che in buona parte erano stati ordinati
da mons. Olivares); per parte salesiana
erano presenti don Bernardo Tohill del
Consiglio Superiore, il Postulatore ge-
nerale don Carlo Orlando ed il Parroco
di Roma-Testaccio. Ha tenuto la com-
memorazione il Vicario vescovile mons.
Amedeo Tombari.
I fedeli in grandissimo numero hanno
partecipato al rito, rendendo la più bella
testimonianza al santo Vescovo che al
suo arrivo a Sutri aveva scritto nei suoi
appunti personali: « Amerò la mia dio-
cesi come mia sposa».
LE FORZE SALESIANE
IN ESTREMO ORIENTE
Il Direttore della Procura Missionaria
di Madrid, don Modesto Bellido, ha
tracciato una panoramica delle forze
missionarie salesiane in Estremo Oriente,
che riassumiamo.
India. In questa immensa nazione le
lspettorie salesiane sono già quattro, i
Salesiani indiani superano il migliaio.
Esistono 6 seminari minori in cui ven-
gono formati più di 1200 ragazzi che
aspirano alla vita missionaria nel loro
paese. I novizi sono in aumento ogni
anno, al momento sono 72. I chierici
sono 430, di cui 132 studenti di teologia.
Altri duecento ragazzi si preparano per
'diventare un giorno salesiani coadiutori.
Filippine. Da soli vent'anni i Sale-
siani vi si sono stabiliti, e già formano
un'lspettoria. Contano 21 O aspiranti,
14 novizi, più di 70 chierici di cui pa-
recchi vicini al sacerdozio. Il ritmo di
crescita è notevole.
Vietnam del Sud. È forse il paese
in cui i Salesiani sono in maggiore svi-
luppo in questo momento. I dati sono
stati riportati nella lettera del Rettor
Maggiore pubblicata nel numero di gen-
naio.
Corea del Sud. I Salesiani vi lavo-
rano da pochi anni; ci sono già i primi
novizi coreani; alcun i entrati in Congre-
gazione adulti, riceveranno presto ìl sa-
cerdozio.
Giappone, Thailandia. Lo sviluppo è
più lento. Però questi paesi sono costi-

3.9 Page 29

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tuiti in lspettorie, e hanno vocazioni:
poche ma in numero crescente.
lspe ttoria cinese. Opere in piena
fioritura: nove grandi collegi solo a
Hong Kong; altre case a Macau e
Taiwan. Quasi tutti i duecento Salesiani
sono cinesi. Vocazioni in numero di-
screto.
LA CALABRIA SALESIANA
HA RESO OMAGGIO A DON RUA
Vibo Valentia (Catanzaro, Italia) - La
Famiglia Salesiana della Calabria i l 30 set-
tembre scorso ha reso omaggio al beato
Don Rua con una cordiale manifesta-
zione svoltasi in questa città. Vi hanno
preso parte più di 1200 persone, giunte
da ogni parte della regione con 14 pull-
man e altri mezzi di trasporto. Figura-
vano Salesiani, Figlie di Maria Ausilia-
trice, Volontarie di Don Bosco, Coope-
ratori, Exallievi, come pure le Suore
Salesiane Oblate del Sacro Cuore fon-
date dal vescovo salesiano mons. Co-
gnata, che hanno parecchie case in
Calabria, e dichiarano a pieno diritto
di sentirsi «profondamente salesiane».
La manifestazione si è svolta in due
momenti, nel salone-teatro e nella chiesa,
che da tempo non conoscevano tanto
affollamento. Giustamente è stato dato
rilievo alla figura di Don Rua, che visitò
la Calabria, la predilesse perché povera,
vi mandò i suoi Salesiani a lavorare.
e raccomandò loro con insistenza: << Pen-
sate alla Calabria».
La manifestazione, avvalorata dalla
presenza di don Luigi Fiora del Consiglio
Superiore, e dell'on. Froggio che tenne
la commemorazione, è significativa per-
ché risulta la prima, forse, di questo
genere: ha riuni to infatti a Vibo Valentia
i rapprt.sentanti di ogni ramo della Fa-
miglia Salesiana, e non a livello di ver-
tice ma di base. in un incontro popo-
lare e fraterno.
- ~ il
~-~....--~ --.---:-=9~--
PIENO SUCCESSO DEL CONVEGNO
SULLA CONFESSIONE
Università Pontificia Salesiana (Roma)
- Un successo al di là delle attese ha
riscosso il Convegno di aggiornamento
sul tem11 « Valore e attualità del sacra-
mento della Penitenza» svoltosi presso
la sede romana dell'Università salesiana.
I partecipanti sono stati 750. mentre
ne erano attesi al massimo trecento. Pro-
posto per sacerdoti in cura d'anima, ha
visto l'adesione anche di 150 suore e
50 laici. Motivo del successo è stato
anzitutto l'argomento, oggi circondato
da incertezze, oggetto di informazione.
contro-informazione e disinformazione.
causa di sofferte attese per superare i
condizionamenti storici e restituire sicu -
- .. ,,-:.i- :
--:~
,..
·- ;rr.;,-·
.. . .. ~"'t
Una città come rispos ta. Nel settembre scorso, a Medellin (Colombia). è
stata inaugurata in forma familiare la «Ci ttà Don Bosco». È la risposta che la
città di Medellin sta dando al problema dei ragazzi che corrono pericolo di tra-
sformarsi in piccoli delinquenti candidati al carcere minorile. Questa risposta.
finanziata da persone che credono nella carità di Cristo. è affidata alle mani e al
cuore dei Salesiani. La «città>) offre ai ragazzi cinque anni di scuola elementare,
un'alimentazione abbondante. un'assistenza medica, dentistica e psicopedago-
gica. A seconda delle inclinazioni, il ragazzo viene indirizzato ad un mestiere o
ad un'attività. Attualmente la città comprende tre «blocchi» con 12 aule funzio-
nanti, 4 dormitori con 160 posti-letto, un vasto locale destinato a, futuri laboratori. 29

3.10 Page 30

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NELMONDO
rezza pastorale nella linea del rinnova-
mento post-conciliare. Altri motivi di suc-
cesso sono stati la solida impostazione
teologica del Convegno e la rosa dei
relatori.
L'Osservatore Romano ha dedicato
al Convegno tre pagine di sintesi. Gli
«Atti del Convegno» conterranno le 18
relazioni.
IL NUOVO VESCOVO SALESIANO
DI KRISHNAGAR
Nel mese dì dicembre annunciammo
che Paolo VI aveva nominato Vescovo
di questa diocesi il salesiano mons. Matteo
Baroi. Desideriamo dare qualche notizia
in più su questo illustre salesiano. È
nato 48 anni fa a Narikelbari, diocesi
Chittang, ora territorio del Bangladesh.
Entrato nei Salesiani, compi gli studi
in studentati della Congregazione: la fi-
losofia a Sonada (Bengala) e la teo-
logia a Mawlai (Assam). Nel 1964 fu
nominato direttore dell'aspirantato di
Bande( (Calcutta) e parroco; tenne tale
duplice incarico con sollecitudine fino
alla nomina del 5 settembre 1970, da
parte della Santa Sede, ad Amministra-
tore Apostolico della diocesi di Krishna-
gar, rimasta vacante per le dimissioni
di mons. Luigi Ravoire Morrow.
Dal 1928 i Salesiani sono a Krishnagar,
una diocesi povera e difficile che con-
tava allora sei milioni di abitanti e appena
seimila cristiani. Oggi il numero dei cri-
stiani non è salito di molto (si aggira sui
sedicimila), ma essi costituiscono delle
comunità dal forte spirito religioso e
piene di iniziative. Tra l'altro sono molto
benemerite le « Suore diocesane di Ma-
ria lmmacolatal>, fondate da mons. La Ra-
voire, impegnate con spirito salesiano
in svariate opere religioso-sociali.
Il nuovo Vescovo è il 104° che la
Congregazione Salesiana dona alla Chiesa.
SALESIANO
dal 1955 fu direttore di varie opere della
Congregazione, e dal 1969 Vicario del-
l'lspettoria salesiana di Bogotà.
Succede nella Prefettura apostolica
dell'Ariari al salesiano mons. Coronado,
nominato pochi mesi fa Vescovo di Gi-
rardot.
« GRAZIE, RADIO CAIARI»
Porto Velho (Territorio di Rondonia,
Brasile) - Nell'undicesimo anniversario
dell'inaugurazione dell'emittente pione-
ristica Radio Caiarl del salesiano padre
Vitor Hugo, una apposita trasmissione in
collegamento da Rio de Janeiro ha
commemorato l'avvenimento.
Radio Caiari, nel cuore del Brasile,
in una regione aspramente impegnata
nella lotta per il progresso, ha compiuto
con i suoi programmi irradiati sulle onde
medie e lunghe un ingente lavoro di
alfabetizzazione e istruzione delle popo-
lazioni vicine. Per questo i massimi
rappresentanti dell'ABERT (l'associazio-
ne brasiliana che fa capo a 800 radio-
trasmittenti) hanno voluto con una tra-
smissione da Rio felicitarsi con padre
Vitor e i suoi collaboratori.
Ha preso la parola dapprima il diret-
tore esecutivo dell'ABERT, Renato Tra-
vares: « In lei - ha detto a padre
Vitor - riconosciamo un vero espo-
nente della vera radiodiffusione, di
quella cioè che prima di tutto guarda
all'interesse pubblico. Radio Caiarl ha
svolto un lavoro pionieristico. antici-
pando gli stessi programmi governativi,
portando istruzione dappertutto, perfino
nelle piantagioni di gomma di questa
immensa regione».
Ha tenuto il discorso ufficiale il dott.
Saint Clair Lopes, docente universitario,
sette volte direttore della radio nazio-
nale, personalità tra le più in vista nel
mondo della radiodiffusione.
«Amici ascoltatori - ha detto fra
l'altro - noi che in quasi quarant'anni
di attività abbiamo visto i capelli diven-
tare bianchi lavorando al servizio della
radiodiffusione, sappiamo molto bene
che cosa abbia rappresentato per l'al-
fabetizzazione e la cultura l'esistenza
di un'emittente come Radio Caiarì in
un punto strategico come il Territorio
di Rondonia. Sentiamo di dover sotto-
lineare tutto il valore di ciò che ha fatto
finora padre Vitor, con fatica, con en-
tusiasmo, e con idealismo. Non ha mi-
surato spese, non ha misurato sforzi,
non ha misurato niente nel suo servizio
alla comunità. Grazie e buona sera,
popolo di Rondonia, popolo di Porto
NUOVO PREFETTO APOSTOLICO
NELL'ARIARI (COLOMBIA)
È giunta notizia che Paolo VI ha no-
minato il salesiano don Ettore Jaramillo
Duque nuovo Prefetto Apostolico del-
1'Ariari.
Mons. Jaramillo ha 49 anni. Nato nel
1924 a Manizales (Caldas) in Colombia,
aveva intrapreso gli studi universitari di
medicina quando il Signore lo chiamò
a curare le anime nelle file salesiane.
30 Ordinato sacerdote a Bogotà nel 1950,
Si chiama Marian Hl/I (Collina di Maria) la residenza missionaria di Jowai nel
Me~hala}'.a (India}. Il salesiano don Enrico Fantin, in visita ai villaggi sparsi sulle
colline, s1 sforza di vincere la sospettosa timidità di due suol piccoli parrocchiani.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Una scuola professionale con 1200 allievi, e 105 piccole scuole elementari con
300 insegnanti e 5000 scolaretti neri: tutti provenienti dalle baracche di Port-
au-Prince (Haiti). Nelllt' f oto: la grande cucina delle scuole. Haiti. statisticamente,
è il paese più povero dell'America, e gli scolaretti per poter stare attenti alle le-
zioni hanno bisogno di mangiare. «Abbiamo un passivo di 30 mila dollari- scrive
il salesiano P. Bohnen - . Ma andiamo avanti, anche facendo i salti mortali».
vocabolario speciale delle molte parole
proprie dei canti e fuori dell'uso comune;
poi riporterà i canti di caccia, i canti di
pesca e i canti festivi.
Il volume sarà arricchito da molte e
nitide illustrazioni in bianco e nero e
anche a colori.
I volumi di questa eccezionale Enci-
clopedia, che tramanda nei secoli il ri-
cordo di una civiltà primitiva condannata
a scomparire, sono stati accolti finora
con vivo interesse dagli studiosi. Nel
giugno scorso il noto etnologo Claude
Levi-Strauss scriveva a Padre Albisetti:
« L'annuncio della prossima pubblica-
zione del volume terzo dell'Enciclopedia
mi riempie di gioia, perché io uso in
continuità i due primi volumi nei miei
corsi, e vi scopro una dopo l'altra delle
ricchezze inesauribili ». L'apprezzamento
è tanto più significativo perché - come
si sa - il grande etnologo francese non
ha mai dimostrato troppa tenerezza nei
confronti dei Missionari.
I due missionari e ricercatori Salesiani
intendono dedicare il prossimo volume
della loro Enciclopedia al «Centenario
delle Missioni Salesiane» che si cele-
brerà nel prossimo 1975. (ANS)
Velho; grazie e buona sera, padre Vitor
Hugo».
E naturalmente, - come accade per
tantissime iniziative disinteressate nel
campo delle comunicazioni sociali - la
Radio Caiarl di padre Vitor tira avanti
in una povertà proibitiva. (ANS)
milioni di lire. La m1ss1one salesiana
compie 18 anni di vita, e durante l'anno
vuole apprestare diciotto nuove case per
altrettante famiglie.
Cosi a Cochin la fede e la liberazione
dell'uomo dall'indigenza procedono in
pari passo. (ANS)
DON BOSCO A CHIVASSO
La fitta schiera di exallievi di questa
città si è assunto l'impegno di organiz-
zare per la prima volta iI 17 febbraio
prossimo, la festa di Don Bosco a livello
cittadino. Saranno presenti tutti i sacer-
doti salesiani di Chivasso e i sacerdoti
exallievi. Interverranno i « Piccoli Can-
tori» del Colle Don Bosco.
UN PROGETTO PER CAMBIARE
LE CAPANNE IN CASE
Cochin (Madras, India) - Un progetto
per cambiare le capanne in case - a
favore di famiglie cristiane poverissime -
da anni è in corso di realizzazione per
iniziativa dei missionari salesiani a Co-
chin. Già per centocinquanta povere fa-
miglie cristiane il progetto è stato rea-
liuato, ma ancora ottanta famiglie del
luogo attendono il loro turno.
L'aiuto dei missionari è fatto in modo
da stimolare la responsabilità e la ini-
ziativa di queste famiglie: infatti non
viene data loro una casa già fatta, ma
viene consegnato al capo famiglia il
materiale per costruirla secondo il suo
estro e le necessità del suo gruppo fa-
miliare.
Il costo del materiale occorrente per
una di queste case si aggira sulle due-
mila rupie (circa cinquecentomila lire).
Il « Club dei Centomila» fondato dal
compianto Don Bertuzzi e diretto attual-
mente da padre Baracca (lo stesso che
cura le «microrelazioni » segnalate dal
Bollettino) , ha recentemente raccolto e
inviato a Cochin un soccorso di due
TRE NUOVI
« BOLLETTINI SALESIANI »
Sono nati in questi ultimi mesi: in
Colombia, in Bolivia e nell'lspettoria
messicana di Guadalajara. Essi vanno
ad accrescere i canali d' informazione
della vasta Famiglia Salesiana sparsa
nel mondo.
UN VOLUME DEDICATO Al CANTI
DEGLI INDI BORORO
Sangradouro (Brasile) - L'.Enciclope-
dia Bororo - di cui sono già usciti due
volumi, molto apprezzati dagli studiosi -
nel suo terzo volume si occuperà dei
canti degli indi Bororo. Conterrà il testo
di quest i canti, con traduzione letterale
e traduzione corrente, arricchita di ab-
bondanti note. Compilatori del volume,
come dei due precedenti, sono i missio-
nari salesiani padre Cesare Albisetti e
padre Angelo Venturelli.
Il volume è previsto in tre tomi, per
un numero complessivo di 74 canti e
1500 pagine.
Il primo tomo, che sarà pronto nel
1974 o all'inizio del 1975, conterrà il
ACQUA PIOVANA FRESCA
Acqua piovana fresca, e non più a
temperatura ambiente, sarà d'ora in-
nanzi offerta dal missionario padre Pietro
Daniele a quanti si recheranno a fargli
visita nella sua residenza missionaria a
Pranburi (Thailandia). Il direttore del
«Don Bosco» di Bangkok gli ha infatti
regalato un piccolo frigorifero.
Ma - assicura padre Daniele - se
l'apparecchio consumerà troppa corrente,
egli toglierà la spina e lo userà come
armadio per le scarpe della festa. (ANS)
PER 30 ANNI ALLA
PROMOZIONE SOCIALE
Il Centro salesiano di Formazione So-
ciale dell'Aquila potrà tra breve trasfe-
rirsi nei nuovi locali, sorti per l'intervento
dei Ministeri del Lavoro e dei Lavori
Pubblici. Lo ·stato infatti, riconosciuto
il prezioso lavoro svolto dai Salesiani
in terra d'Abruzzo, si è assunto l'onere
della costruzione, a patto che l'edificio
sia destinato per 30 anni alla promozione
sociale della gioventù.
31

4.2 Page 32

▲back to top
IL DISPERATO TENTATIVO FU INUTI LE
Il 14 settembre u.s. percorrevamo in macchina, insieme
con una signora, la Casilina Frosinone-Cassino, quando al-
l' improvviso un autocarro, uscendo dalla Cassino-Formia,
ci tagliò la strada. Il disperato tentativo della suora, che era
alla guida, di evitare lo scontro fu inutile. L'autocarro colpi
in pieno la nostra macchina, scagliandola contro un palo
della corrente, e quasi stritolandola sotto le ruote anteriori.
ln quel momento di terrore invocammo con fede Maria
Ausiliatrice che ci scampasse da una morte sicura. Le prime
persone che accorsero, vedendo la vettura ridotta a un am-
masso informe e noi ancora vive, affermarono che era proprio
un miracolo, tanto più che era scoppiato anche il serbatoio
della benzina senza causare incendio. Trasportate tutte al
vicino ospedale di Cassino, i medici riscontrarono soltanto
qualche frattura, contusioni e ferite, ma niente di grave,
mentre l'incidente poteva essere mortale per tutte. Dopo
soli venti giorni potemmo lasciare l'ospedale, piene di rico-
noscenza a Dio e alla Vergine Ausiliatrice, nostra cara e
buona Mamma.
s. Apo/1/nare (Fr.)
Sr. MARIA FERRO, Sr. ANTONIETTA
PAVONE, Sr. M. ANTONIETTA SPERANZA,
Figlie di Maria Ausiliatrice
GLI OCCHI DI UNA MAMMA
Una paralisi progressiva agli occhi mi fece perdere del
tutto l'uso dell'occhio destro, con pericolo anche per l'altro.
Fui ricoverata e operata. Sono madre di famiglia, la vista
mi è indispensabìle, perciò mi raccomandai tanto alla Ma•
donna. Una suora, Figlia di M.A., mi inviò un'immagine della
Madonna, e facemmo insieme una novena, con promessa
di pubblicare la grazia. Poco tempo dopo, con vera sorpresa
dei medici, l'occhio destro si risanò completamente, e anche
il sinistro andò poco alla volta rinforzandosi. Riconoscente
a Maria Ausiliatrice invio modesta offerta, e invoco la sua
protezione su tutta la famiglia,
Lancenlgo Fontan" (Treviso)
TERESA SAGGIO in GUIDOLIN
LA RICO NOS CENZA DI UNA S ORELLA
A 71 anni mia sorella dovette rassegnarsi all'operazione
dell'asportazione della cistifellea. L'intervento si presentava
piuttosto difficile, sia per l'età della paziente, sia per il quadro
clinico generale. Eravamo preoccupati. Il 15 di settembre il
chirurgo compi l'atto operatorio, ma non nascose i suoi
dubbi circa la possibilità che l'ammalata potesse riprendersi.
Era la festività dell'Addolorata, e io mi rivolsi alla Ma-
donna chiedendo la guarigione della sorella con tutta la
fede, anzi, la sicurezza di una figlia verso la propria Madre.
Maria SS. nostro aiuto e nostra mamma, ascoltò le pre-
ghiere mie e di tutta la famiglia. Non solo non ci furono
complicazioni, ma l'ammalata cominciò a migliorare rapida-
mente, e guari prima di quanto il Professore e le infermiere
potessero sperare anche con le previsioni più ottimistiche.
Infatti, dopo un mese poteva lasciare la clinica. Mentre
serbiamo viva gratitudine per i dottori e le infermiere, espri-
miamo tutta la nostra riconoscenza a Maria aiuto dei Cri-
stiani, e adempiamo la promessa di far pubblicare la grazia.
32 Roccavione (Cunao)
Sr. ASSUNTA NOSENGO, F.M.A.
LA NOVENA E LA S . MESSA
Un mio stretto congiunto, cooperatore salesiano, avrebbe
dovuto subire un grave intervento chirurgico. Nel tentativo
di evitarlo, gli fu prescritta una cura che, a detta degli stessi
medici, «sarebbe servita ben poco». Allora iniziammo su-
bito con tanta fede una novena a Maria Ausiliatrice con la
celebrazione della santa Messa, al termine della quale reci-
tavamo le preghiere della novena. Invocammo anche S. G.
Bosco, i Santi salesiani, e Papa Giovanni. Non solo: un
altro congiunto offrl a Dio la rinuncia a un favore che da
anni andava chiedendo e che gli stava tanto a cuore. Ebbene,
alla fine della novena non solo fummo esauditi, ma anche
quel congiunto cominciò a veder realizzati i suoi desideri.
Ringraziamo di cuore inviando offerta e pubblicando la
grazia.
Lettera firmata
(si omettono le indicazioni di luogo e di persone per desiderio del relatore)
LA PICCOLA MONICA ~ RICONOSCENTE
La mia bambina Monica, di appena 5 anni, i l 17 marzo 1973
venne colpita improvvisamente da una malattia gravissima,
la meningite. Il suo stato apparve subito gravissimo, tanto
che pur essendo stata portata tempestivamente in ospedale.
il Dottore che la prese in cura dopo di aver diagnosticato
la malattia, aggiunse che se fosse stata portata pochi mi-
nuti dopo, sarebbe stato troppo tardi. In tale frangente pur
avendo molte speranze nelle cure mediche, non mi rima-
neva altro, come ex allìevo dei Salesiani, di raccomandarla
alla protezione dì San Domenico Savio la cui reliquia da
quel giorno è sempre sul corpo della mia bimba. Essa stessa
continua a ripetere, toccando la reliquia: «È questa che mi
ha fatto guarire». È guarita perfettamente senza dar segno
di alcuna conseguenza del terribile male.
Ringrazio molto di cuore San Domenico Savio e mando
un'offerta per una Borsa Missionaria.
Strada Fortino Asti
BOTTO ARNALDO
DUE MAMME UNITE NELLA RICONOSCENZA
Sono un'ex-allieva, e con fede ho sempre invocato i
Santi salesiani in ogni necessità. Ero in un difficile stato di
gravidanza, e i medici erano già d'accordo per operarmi,
quando mi rivolsi con molta fiducia a San Domenico Savio
di cui portavo l'abitino. Prima che i medici intervenissero,
diedi alla luce un bel bambino, al quale abbiamo messo i l
nome di Francesco Domenico.
Mia compagna di clinica era una signora molto preoccu-
pata per l'alta pressione e altri sintomi nefasti. La esortai ad
invocare il piccolo Santo e le diedi il mio abitino. Con grande
sorpresa dei medici curanti ha dato felicemente alla luce
un bel bambino. Anch"essa esprime con me una profonda
riconoscenza al santino delle culle.
Marana (Napoli)
CLORINDA CAVALLO In NEOLA
UNA MAMMA DI SEI BAMBINI
Sono mamma di sei bambini. L'ultima mia, la piccola
Manuela, aveva appena un mese di vita quando mi accorsi
che respirava male. Chiamai il dottore, e lui subito mi con-

4.3 Page 33

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sigliò di farla ricoverare. Si trattava di broncopolmonite
doppia, che divenne subito grave e preoccupante. lo pian-
gevo disperata.
Avvertita, corse subito una cara mia cugina, cooperatrice
salesiana, che pose sotto il guancialino di Manuela l'imma-
gine di San Domenico Savio. Con tanta fede l'affidammo
a lui, pregandolo con tutto il cuore che intercedesse presso
Dio.
la mia bimba non peggiorò più, anzi, quasi istantanea-
mente cominciò a migliorare, e dopo 14 giorni di degenza
potei riportarmela a casa. Riconoscente ringrazio il Santino,
e mando una piccola offerta.
Savig/iano (Cuneo)
MARIA TERESA In MASSA
PAPA E MAMMA CON VIVA GIOIA
Intendiamo esprimere la nostra più viva gioia e gratitu-
dine a San Domenico Savio. Desideravamo da tempo avere
un bambino, e abbiamo pregato con fiducia e costanza.
Ora è giunto il piccolo Flavio Domenico, che sta bene ed
è la nostra più grande gioia. Affidiamo il nostro bambino e
noi alla protezione del piccolo Santo.
Gardigiano (Venezia)
ELDA e VALIMBERTO GOMIERO
Grazia Crescenza (Cisternino, Brindisi) ringrazia San Do-
menico Savio per la guarigione del marito sottoposto a
intervento chirurgico.
Giuseppina e Alfonso Violato (Binzago, Milano) ringra-
ziano San Domenico Savio per aver ottenuto loro, dopo
12 anni dì matrimonio, la grazia di una splendida bambina,
Lorella Ausilia, che tanto avevano atteso.
I nonni Clara e Giacomo Gaschino (Torino) son ricono-
scenti verso il Santo dei bambini per la nascita felice del
nipotino Oscar.
MENTRE L'URNA DELLA SANTA MOVEVA
VERSO MORNESE
Da circa un anno tribolavo per dolori acutissimi a una
gamba, quando mi sopraggiunse una flebite, che mi obbligò
a letto per un mese.
Guarita dalla flebite, ebbi un versamento sinoviale al gi-
nocchio, per cui venni ricoverata all'Ospedale Monterotondo
di Livorno, rimanendovi per due mesi. Poiché il versamento
non si riassorbiva, dovetti subire un'operazione chirurgica.
In seguito, tanto il professore come gli altri dottori, mi dis-
sero che i l male era di natura specifica, per cui avrei dovuto
rimanere per un anno tra i I letto e la sedia, senza poter far
altro.
Fu allora che mi rivolsi con grande fiducia a Madre Mazza-
rello. Stavano per cominciare i solenni festeggiamenti cen-
tenari dell'Istituto e l'urna della Santa doveva partire da To-
rino per le grandiose celebrazioni di Mornese.
Proprio il 1° agosto cominciai a migliorare, e i I 5, nella
precisa ricorrenza centenaria, sentii dirmi dal professore che
potevo far ritorno a casa e camminare senza timore, perché
ero del tutto guarita. La grazia fu davvero completa.
Devo ringraziare la nostra cara Santa anche per un'altra
grazia concessa a una mia consorella. Era stata colpita da
un blocco renale, ribelle a ogni cura. Quando tutto pareva
perduto, Madre Mazzarello non ci lasciò deluse nella nostra
fiducia in lei. La suora guarl bene, e già da un anno continua
in salute, senza risentire più del male sofferto.
Li'lorno
Sr. F. L., F.M.A.
Da alcuni mesi si è iniziata la causa di beatifica-
zione di Don Cimatti. Egli viene perciò ad accre-
scere la schiera dei Salesiani «Servi di Dio».
DON CIMATTI SI È SUBITO RICORDATO DI ME
Ero molto preoccupato della mia salute e anche del lavoro
che mi andava molto male. Un giorno incontrai in via Alfieri
il segretario dell'Unione Exallievi. Gli raccontai cosi e cosà
le mie faccende, ma non feci molto caso a quello che mi
disse. Però, giunto in magazzino, ricordai che mi aveva
parlato di Don Cimatti, che si stava facendo qualcosa per
ottenerne la beatificazione. E allora pensai: perché non ri-
volgermi a lui? Non ho avuto l'onore di frequentare l'Oratorio
S. Giuseppe quando era direttore lui. L'avevo frequentato
prima, e poi ero passato al « Pio X», nel circolo «S. Pietro
e Paolo». Però ogni tanto tornavo al mio vecchio oratorio,
e perciò vidi e conobbi di sfuggita Don Cimatti. Pensai che
se ne aveva la possibilità avrebbe interceduto per me, otte-
nendomi la grazia di cui tanto avevo bisogno.
Così mi rivolsi a lui. Con la sua fotog rafia davanti agli
occhi gli chiesi di aiutarmi se poteva. Con mia grande sod-
disfazione la salute migliorò molto rapidamente (un fasti-
dioso eczema scomparve del tutto), e anche le faccende del
mio lavoro si aggiustarono.
Sono convinto che Don Cimatti si è subito ricordato di
me. L'ho ringraziato. Continuerò a rivolgermi a lui.
Torino
ZAVER/0 GHERSI
ANCHE IN CIELO
CONTINUA AD ESSERE UN AMICO
Ho conosciuto Don Cimatti quando era Direttore del-
l'Oratorio S. Luigi, frequentato di!i miei fratelli. Ebbi allora
una crisi spirituale, ed egli mi fu tanto di aiuto. Già allora
lo stimavo un sacerdote santo. Ogni volta che tornava a
Torino, anche dal Giappone, veniva sempre a fare una scap-
pata a casa nostra.
Poi la mia famiglia ebbe gravissime difficoltà che non
mi pare opportuno raccontare. In momenti veramente dif-
ficili mi rivolsi a lui, ed egli mi fece sentire che anche dal
Cielo continua ad essere un caro amico.
Torino
L. S. ( Lettera firmata)
33

4.4 Page 34

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PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Mons. José Borpttt, vescovo di Vledma
(Arsentfna) t a 82 annì.
Per vent'anni ero stato vescovo salesiano d1
questa immensa diocesi della Patagonia. Nato
a Buenos Aires il 17 se.ttcmbre 1·891, il piccolo
Giuseppe era cresciuto nei collegi salesiani di
Bernal e Viedma, dove era rimasto affatcinato
dai pionieri salesiani della prima ora. A dodici
anni ricevette la prima comw,ione dal futuro
Cordinal Cagliero, nel 1908 fece la professfone
religiosa nelle mani di un alrro missionario
da leggenda, mons. Vespignani. Ordinato sa-
cerdote nel 19r6, lavorò in diverse opere sale-
siane. Nel '29 era direttore, nel 1941 era Vi.
cario capitolare di Viedma, e nel 1953 Vescovo.
Nci ventJanni di episcopato lavori> sull'esempio
dei suoi illusrri predecessori nelttimmenso ter-
ritorio della sua diocesi (vasta due terzi d'Italia)
confermando nello. Cede i suoi sparsi diocesani
(p0co pii.i di un abitante per Kmq).
Sac. Giovanni Colombo t • Milono a 69 anni.
Donò il suo ottimì6mo e la S,UB serenità spe-
cialmente agli enùgrati ìraliani nel Medio
Oriente.t dove trascorse la maggior parte dell.à
aua vita salesiani\\. Qu3ndo una grave infermit.à
(che doveva portarlo alla cecità quasi completa)
lo strappò al suo impegno missionario, si de.
dicò con ge_ncrosità al mjnistero della Confes-
sione, che esercitò in una dimensione vera-
mente pasquale•·
Sac. cario Giovanni Riva t • Sesto S. Gio-
va.nni a 70 anni.
Era entrato in Congregazione già adulto, dopo
una valida partecipazione come laico alla vita
parrocchiale in Galbìate. Servì in varie Case
salesiane del Piemonte. Nel 1968 era tornato
in Lombardia com.e confessore nella comunità
di Sesto S. Giovanni. Una lunga malattia lo
purificò prima dcll'i.ncontro con Dio.
Coad. cario Danni t a Quito (Ec=dor) a
57 anni.
Nato a S. Grato-Villanova Mondovl (Cuneo)
fu m.issiona.r:io oltre l'oceano, distinguendosi
per il suo a.more al lavoro e la sua aentjta so.le-
sianità. Diresse per m.olti anni la libreria di
Quito, e si prodigò per i ragazzi poveri nel..
l'Oratorio festivo, Sentendo vicina la fine non
pregò per vivere ancora, ma offrl la vita per
gli aspi.rand e pe.r le vocazioni.
5ac. Rocco CWiJI t a Napoli a 6z anni.
Nato a Pietragalla (Potenza), fu per quasi tutta
la vita missionario in Colombia, dove lasciò
esempi lu.minosi di lavoro infaticabHe e di
genuina bontà cristiana.
!lac. l'lllppo Garegnanl t a Somma Lom-
bardo \\Varese) a 70 anni.
Passò a sua vita salesiana nelle Opere del
Medio Oriente, al servizio dei figli degli ita-
liani àll'e.stcro. Fu uomo semplice, attaccatis-
simo al dovere di insegnante e di educatore,
e {u soprattutto sacerdote, pronto _però a ogni
umile lavoro, anch.e n quello di cuoco. Negli
ultimi tre anni di vita, passati a Vendrogno,
coltivò un' intensa corrispooden.za con i mol ..
tìssimi amici che aveva in ogni parte del mondo:
dal card. Oell'Acqua. padre della •= voca-
zione, ad autorità scolastiche conosciute in
Oriente, ad innumerevoli ex:alJicvi. S\\'olse cosl
ancora il suo lavoro sacerdotale di consiglio e
di amicizia «istiana.
Sac. Giuseppe Mascarlno t Torino a
84 anni.
Per 30 anni svolse un umile e generoso servizio
come maestro elementare, poi -come ammini-
stratore e in cura d'anime. Specialmente a
Cuorgnè, dove passò 37 anni della sua vita,
lavorò prima con instancabile energia, p0i ac-
cettò dal Signore la sofferenza offrendola per
la Congregazione, l'Is-pcttoria e la sua Comunità.
COOPERATORI DEFUNTI
Anselma Brlan ved. Fare.sin t a Maragnolc
di Breganze a 86 anni.
Sarive mons. Cunillo Farcsin: M.ia mamma
.se ne è andata nel silenzio. Non aveva mai
chiesto nulla per sé; tutto e sempre aveva.
donato :igli altri: ai figli, ai nipoti, a tutti. U
Signore arricchi la sua umile vita di fede e di
amore. Le diede un cuore missionado, lieta-
mente partecipe della santa .missione dei suoi
figli, che con gioia donò a Dio, a Don Bosco,
ol Cottolengo. 11 suo ricordo dolcissimo riem-
pirà la nostra vita di serenità e di ,peranza.
per :sempre. Ci accompagnerà l'eco soave della
sua voce: usiate umili, vogliatevi be.ne. abbiate
fiducia nella Madonna". Tee figli sacerdoti e
una figlia suora saranno ogni giorno la sua
offerta a Dio. Desidererei fosse ricordata sul
Bollettino Saleri.ano, che desiderava sempre
leggere per prinu., anche. perché. dcsidec-ava
trovare qualche notizia dei suoi figli missio-
nari•·
Leontlna Quey ved. Favre.
Dei suoi quattro figli. due li donò al Signore
nella. Famiglia Salesiana: Marco, coadiutore
missionario in Braaile, e Mnrìnngcla, Figlia
di M. Ausiliatrice. Fu donna di fede semplice
e commovente, e di profonda pietà. Visse una
vita laboriosa, portando con serenità la croce
insieme con il Signore.
Can. Franceaco Ramognini t a Ovada a
53 anni.
Aveva appena terminato le -solenni celebrazioni
annuali del S11.nto Patrono di Ovada, quando
Dio lo chiamò all'improvviso. Anima pro...
fondamcnte interiore, devotissimo della Ma-
donna e di Don Bosco, fervente decurione dei
Cooperatori salesiani, fu in.stancabile nel-
l'operosità sacerdotale. Nelle varie cariche
ricoperte nel Seminario e nelle Diocesi, lasciò
una scia di bene difficilmente dimenticabile.
cav. Carlo Pallottinl t a Livorno a 77 anni.
La sua Tettitudine costante nel lavoro di coopera-
tore che svolgeva insieme alla moglie Lina,
lo fecero promuovere consigliere ispettorìale.
Noo risparmiava né tempo né mezzi per servire
l'Op.,ra di Don Bosco. Volle che su.Ila sua
tomba fosse scritto soltanto: Carlo Pallottini
Cooperatore Salesiano •·
Antonietta Zanettt veti. Macchi t a Varese•
93 anni.
Madre di numerosa famiglia e fervente coopera-
trice, ebbe la grazia di :.:ve.re un figlio sacerdote.
l'attuale mons. Pasquale t-.1accbi, Segretario
particolare di Paolo Vl. Per tanti anni fre-
quentò la cappel!JI Maàa Ausiliatrice presso
l'Istituto Salesiano_ Poi, per anni, i Salesiani
le recarono in caso. la $ , Comunione. Tre
vescovi e parecchi sacerdoti concelebraTODO l3
Messa per la sua pace in Dio.
Antonietta Doncu veti. Rassu t a Cngliari
a 82 anni.
Atti,·• Cooperatrice fin dal'li inizi dc!l'Opero
Maria Ausiliatrice• in Cagliari, fu stimata
per la pietà, l'amabilità e la filiale devozione
A Don Bosco e alla Madonna. Visse nello spirito
deUo Famiglia SaJesi-ona.
Maria Ralmo. ndl t ad Alassio a 77 anni.
Scrive il figlio Don Giuseppe salesiano: La
mia carissjma mamma è morta qui ad Alassio,
in casa nostra, nel giorno dell'Immacolata.
Era Cooperatrice da t.11nti anni. Vogliate pre-
gare per lei••
I.etisia Tedeschi t a Serra S. Bruno (Cz).
Sorella del defunto salesiano don Giovanni
Tedeschi, fu insieme ai suoi cari di aiuto va~
lido ai salesiani dell' oratorio. La preghiera e
la carid: nutrirono la sua vita. Formò un gruppo
di anime generose ed eucaristiche, tutte con.
sacrate al bene e al Signore. Tornò al Padre
$ilenziosamente, senza recar disturbo a ne,-
suno, lasciando in rutti rin1piaoto e un caro
ricordo.
Signora Scheda t a Chiusa Pesio.
t mancata dopo tre anni di sofferenza, )asciando
nel marito e nella figlia un _ricordo di bontà e
di devozione. Leggevamo con cura e atten...
zione il vostro Bollettino•• scrive il marito.
La fiducia in Maria Ausiliatrice l'accompagnò
fino agli ultimi istanti.
Dante Gallini t a Bondeno (Ferrara).
Aiutò i qw,.ttro figli a costruire quattro famiglie
nel ti more di D-o e nel rispetto del prossimo.
Pieno di paterne premure per tutti, seppe tra-
sferire nei figli quelle stesse doti che brillavano
nella sua vita~ Fu cooperatore dotato di gnndi
virtù umane e cristiane.
Maria DorlgoUI t a Rovereto (Trento) a
63 anni.
Fu affeziooatissim.a a Don Bosco. Ammalata
di cuore, non poteva fare molte cose per il
centro dc.i Cooperatori. ma dimostrava il suo
attaccamento con l'offerta costante di denaro
e di sofferenza per le MìHioni, e con il suo jn-
tercssunento affettuoso.
Anna Burli In Gerosa t a Rovereto (Trento)
a 79 anni.
Fu madre di sette figli, e Li educò con impegno
severo alln religione e al lavoro. Fu ricambiata
con J',.ffctto è le attenzioni pii.i delicate.
EmWa Plona t a 77 anni.
Nella sua intensa vita di lavoro lrovb sempre
il tempo per .le preghiere e il santo Rosario.
Volle bene a Don Bosco e ai giovani. Aiutb
le mia:s-ioni e i poveri per rutta la vita, e mo-
rendo lasciò a loro tutto ciò che possedeva.
Aldo Bertolottl t a Pinerolo (Torino).
Aveva lavorato per tutta la vita, era stato tra
gli alpini, ed era un generoso donatore di
sangue. Leggeva il Bol/$ttìno Sau,iano e amava
le opere di Don Bosco. Una grave malattia lo
purificò prima dell1incontro con il Padre.
LA DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, riconosciuta giuridicamente con D.P. del 2-9-1971 n. 959 e L'ISTITUTO SALE-
SIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente personalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22. possono legalmente ricevere Legeti ed
Eredità. Ad evitare possibili contestazioni si consiglìano le seguenti formule:
Se trattasi d'un legato: «... lascio alla Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Roma (oppure all'Istituto Ssl11sleno per le Missioni con sede
In Torino) a titolo di legato la somma oi lire .••.••..• (oppure) !"immobile sito in ..••. •·
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l"uno o !"altro dei due Enti su indicati, la formula potrebbe essere questa:
«... Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco con sede in Rcr.:a
(oppure !"Istituto SRlesisno per le Missi:mi con sede in Torino) lasciando ad esso quanto mi appaniene a qualsiasi titolo•·
34 {luogo e data)
(firma per distett:)

4.5 Page 35

▲back to top
BORS E COMPL ETE
Bona: Maria SS. Ausilbtrlce e
S. Giovanni Dose.o, i n 111ffrt1(110
d,i mi<i d•fuml. A cura dJ Alfonoin•
Foiada. Rin1,zino (Svizzero). J..irc
200.000.
Bona: In svft't9Clo dei defunti Gian·
nino Buoul-lnes Be!ioul Glano ll
e LuJ1i.Do Glanoll. A cura di Alb<,rto
lk$oi:z1, Cutelveccano (Varese).
L. 135.000.
Borsa: Alla cara Mamma AuslllA-
lrice, a S. Giovanni Bosco cd a
lllttl I Santi Salesiani. A curu di
Carolina Giu,,-i, Bollate (M il•no),
L . 100.000.
Borsa: In ~uflra!{lo defunti ed a
favore di uno s1uden1e. povero
aspirante alle
Bice Altobell,
MJss
vtd.
ioni. /\\
o• Aiello,
cura di
Teno
(Casrrui). I.., 100,000.
Bors11c: A Mula SS. Aus Ufa1rlce e
Don Bosco di cui s ono devota
perchè spes so A loro ricorro. A cura
di Gi, cllo Brunomesso, Lé11n11~0
(Vuona), I,. llo.ooo.
BorSa: Maria SS. Ausiliatrice e
Don Bosco, ,\\ cuni dì 1'.N., Leiin•10,
L. bo.000.
Borsa: M a ria SS. Ausillatrlce e
S. Giovanni Bosco per una gran~
di cui ho tanto bisogno. A ""'" di
Adele l nvernii~i. Cavoione (Milnno),
L. 55,000.
Borsa: Marl<i SS. Ausiliatrice, in
manon·a di mio ttrurrito Vittorio e,♦illib.
A cura d, Graz:ia Giltio, Torino,
L. 50.000.
Borsa: A Maria SS. Auslllatrlce
ed a S . G io vanni Bosco, pu implo-
rar~ una 1ra.:.ia ,pedali! sui fi,huolr.
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