Bollettino_Salesiano_199309


Bollettino_Salesiano_199309

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GIOVANI NEL
LONTANO WEST
di don Egidio Viganò
D enver nel mese di
agosto è stata invasa
dall'adunata mon-
diale dei giovani. Li ha con-
vocati dai cinque continenti
Giovanni Paolo Il. Dopo
Roma, Buenos Aires, San-
tiago de Compostela e Cze-
stochowa, la celebrazione
della grande Giornata Mon-
diale della gioventù è avve-
nuta a Denver, negli Stati
Uniti.
Sono già milioni i giovani
scritto perché sappiate che
possedete la vita eterna, voi
che credete nel nome del Fi-
glio di Dio» (1 Gv 5, 13).
La fede cristiana è vita, ed
è, sempre al dire di san Gio-
vanni, vittoria che vince il
mondo. Non, dunque, qual-
che cosa un po' pili in del
cimitero, ma un'energia di be-
ne che passa per tutte le attivi-
tà umane, le purifica e le raf-
forza perché non si lascino
trascinare e snaturare dagli
che si sono riuniti in queste
egoismi delle ricchezze, del
Giornate, dopo che il Santo
potere, delle passioni, delle
Padre ha avuto l'intuizione
ideologie, del consumismo e
e il coraggio di istituziona-
dell'imborghesimento.
lizzare, nel 1984, un appun-
tamento tanto originale, sti-
Dopo Roma, Buenos Aires, Santiago e Czestochowa,
quest'anno la Giornata mondiale della gioventù si è
Una "vita", quella porta-
molante, gioioso e profe- tenuta il 15 agosto a Denver, negli Stati Uniti.
ta da Cristo, che è assoluta-
tico.
mente indispensabile per sa-
nare la persona, la famiglia,
Sono vere celebrazioni della spe- to e messo in comune durante i vari la società. Senza di essa non c'é tra-
ranza: adunate di fraternità, di ascol- giorni che dura l'appuntamento.
guardo vincente per la storia e nessu-
to della Parola, di riflessione, di dia-
no potrebbe percepire i grandi oriz-
logo, di allegria, di preghiera, di pro-
positi d'impegno. Vi partecipa perso-
nalmente il Papa. Lui stesso ha detto
. che questi appuntamenti mondiali
non costituiscono «un rito convenzio-
nale», ma «nascono piuttosto da una
necessità profonda, che trova origine
nel cuore dell'essere umano» . Sono
momenti che servono per interrogarsi
sulle aspirazioni più intime dell'uo-
mo, per andare al cuore dei giovani,
per ascoltare le domande più inquie-
Quest'anno il messaggio offerto
dal Santo Padre è stato l'affermazio-
ne di Gesù: «Io sono venuto perché
abbiamo la vita e l'abbiamo in ab-
bondanza» (Gv 10, 10). Il termine
"vita" suggerisce mille possibilità di
riflessione; è un "tema generatore",
dall'ambito biologico a quello socia-
le, culturale, etico e, soprattutto, a
quello della "vita nuova", sgorgata
dalla risurrezione del Cristo, parteci-
pata nel mistero del Battesimo. Essa è
zonti della salvezza. Dunque: una vita
da ricercare con ansia e da promuove-
re con abilità.
Denver ha rilanciato il Battesimo e
i suoi valori pasquali di rinascita, la
sua opzione fondamentale per Cristo:
esso fa dell'esistenza un cammino ver-
so l' "eternità" per far emergere i valori
della risurrezione già oggi nella storia.
Denver, questa lontana città del
Colorado, ci ha fatto pensare alle av-
venture filmiche del West, ·con briosi
tanti dell'esistenza, per discernere le un'energia che trascende il tempo (an- cavalli ma anche con tanti soprusi e
risposte che ad esse dà l' "Uomo nuo- che se si sviluppa in esso) e perciò vie- crimini . Il 15 agosto siamo stati invi-
vo'': Gesù Cristo via, verità e vita. Lo ne qualificata come "eterna", non tati a progettare una specie di western
stesso Cristo invita a maturare - af- perché arriva dopo la morte, ma per- di "vita esterna" con avventure senza
ferma il Papa - «scelte coraggiose e ché non viene mai meno. È importan- bufali, con sacrifici, con eroismi e
illuminate, che possono contribuire te cambiare il significato che si suol perfino con il martirio di chi si lancia
ad orientare l'avvenire della storia dare, correntemente, a ''vita eterna'' alla ricostruzione cristiana della per-
sotto la guida, insieme forte e soave, identificata con quella che incomince- sona, della famiglia e della società.
dello Spirito Santo». A tal fine la ce- rebbe dopo la morte: qualcosa di mi- Così ci sarà vera vita e in abbondan-
lebrazione di ogni Giornata è contras- sterioso a cui si accede al termine delle za: Cristo infatti «è morto per tutti,
segnata da un tema di studio e di pre- vicissitudini quotidiane. Invece, no! perché quelli che vivono non vivano
ghiera, che viene approfondito nei Non è proprio così: «Carissimi - più per se stessi, ma per colui che è
mesi che la precedono e poi sviluppa- esclama san Giovanni - , questo vi ho morto e risuscitato per loro».
2 · SETTEMBRE 1993

1.3 Page 3

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s!il =
Quindicinale di
informazione e cultura
religiosa edito
dalla Congregazione
Salesiana di
San Giovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo
De Nicolò - Eugenio Fizzottl - Francesco Motto
Collaboratori: Teresio Bosco - Ernesto Gattoni -
Giuseppina Cudemo - Graziella Curti - Serge
Duhayon - Bruno Ferrere - Sergio Giordani -
Margherita Madernl - Antonio Mélida -
Jean-François Meurs - Pietro Moschetto - Angelo
Montonali - Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzl -
Alessandro Risso - Silvano Stracca
Fotoreporter: Cipriano De Marie - Franco Marzi
- Carla Morselll - Guerrino Pera - Pietro
Scalabrino
Progetto grafico· e Impaginazione:
Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: SEI p.a. - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
• Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare
notizie e foto riguardanti la Famiglia Salesiana e
s'Impegna a pubblicarle relativamente alle
esigenze redazionali. Testi e materiali Inviati
non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via
Marsala 42 - 00185 Roma - Tal. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in oltre 40 edizioni
nazionali e 19 lingue diverse (tiratura annua
oltre 1O milioni di copie) In: Antille (a Santo
Domingo) • Argentina - Australia Austria •
Belgio (in fiammingo) Boemia - Bolivia •
Brasile - Canada - Centro America (in
Guatemala) - CIie - Cina (a Hong Kong) -
Colombia • Croazia - Ecuador Filippine •
Francia Germania - Giappone - India (In
Inglese, malayalam, tamil e telugu) Irlanda -
Gran Bretagna • ltalla • Korea del Sud -
Lituania (edito a Roma) - Malta - Messico -
Olanda Paraguay - Perù Polonia -
Portogallo - Slovacchia - Slovenia Spagna -
Stati Uniti • Thailandia - Ungheria Uruguay
Venezuela Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo
richi ede.
Copie arretrate o di propagande: a richiesta,
nel llmltl del possibile.
Cambio indirizzo: comunicare anche l'indirizzo
v ecchio .
rNDIRIZZO
Via della Pisana 1111
Casella post. 18333
00163 Roma
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Fax 06/65.92.929
Conto corr. post.
n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere
Don Bosco, Roma.
1 Settembre 1993
Anno 117
Numero 12
La rubrica «Come Don
Bosco» affronta un tema
centrale della pedagogia
salesiana: l'ottimismo
(foto di copertina e qui di
fianco, archivio centrale SDB).
2 IL RETTOR MAGGIORE
Giovani nel lontano West
di don Egidio Viganò
1O ATTUALITÀ ECCLESIALE
Il Papa in Lituania
di Silvano Stracca
14 I BAMBINI E LA TV
Figli del telecomando
di Giuseppina Cudemo
18 ANNIVERSARI
Al «Cagliero» di Ivrea i salesiani
ci provano ancora
di Teresio Bosco
22 PROBLEMI SOCIALI
Zen e così sia
di Margherita Dal Lago
26 PROTAGONISTI
Il coraggio e la testimonianza
di Antonio Raimondi
28 FAMIGLIA SALESIANA
Il nostro primo libro fu Il Galateo
di Gherardo Leone
Cooperatori in Quirinale
di Daniele Slddi e Pierangelo Fabrini
14 Problemi sociali:
Figli del telecomando
30 INCONTRI
Le umili origini di una storia
bellissima
di Umberto De Vanna
34 REPORTAGE
Solidali con la gente di
Uzhupud e Paute
di Luls Sé.nchez Armijos
38 STORIA SALESIANA
Tutto per Don Bosco
di Francesco Motto
RUBRICHE
Lettere, 4 - In Italia e nel Mondo, 6 -
BS Domanda, 8 - Prima Pagina, 9 -
Come Don Bosco, 13 - Osservato-
rio, 17 - Libri, 21 Cinema, 25 - Il Dia-
rio di Andrea, 33 - Solidarietà, 37 - I
Nostri Morti, 41 - I Nostri Santi , 42 - In
Primo Piano, 43
3OPellegrini al Colle:
'
Le umili radici
di Don Bosco
SETTEMBRE 1993 3

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NON AVEVO FIDUCIA particolare missione salesia- anche un gruppo di preghie- Anch'io desidero rendere
IN ME STESSO. «Avevo na possono essere inviate al- ra, ma mi pare che potrem- omaggio alla cara memoria
mille problemi e adesso che la «Direzione Generale Ope- mo aiutarci a pregare meglio di don Li Vigni: tutti abbia-
ho 31 anni, ho capito da re Don Bosco» in via della e a stare meglio insieme». mo apprezzato il suo genero-
cooperatore convinto da co- Pisana, 1111, 00163 Roma -
sa derivavano i miei com- C/ c 46.20.02, indicando la
so impegno apostolico verso
Lettera firmata, Genova. i giovani e gli exallievi, che
plessi. Avevo pensato di di- causale del versamento.
sono tuttora fedeli ai suoi
vertirmi, ma in fondo ero
«Quando il mondo ci urta, preziosi e mai dimenticati in-
molto amareggiato. Una
non è il mondo, ma siamo segnamenti».
parte della Chiesa non mi
noi che dobbiamo cambia-
dava più soddisfazione, mi
re», ha scritto qualcuno. Antonino Saltallà, Vicenza.
sentivo "sfruttato" da tutti. MANCANZA DI CALO- Molti dei suoi problemi sono
In realtà non ave'tio fiducia RE. «Sono vicina ai "cin- legati probabilmente a quel
in me stesso e nel Signore. È quanta" e sento moltissimo suo trovarsi vicina ai "cin-
bastato l'accorgermi di que- la mancanza di affetto da quanta". Ho naturalmente
sto per riprendere fiducia e parte di mio marito . Lui lo sintetizzato la sua lunga lette- «L'HAI FATTA LA BAR-
riaprirmi agli altri, anche sa, ma non si preoccupa. ra: si rivolga a un prete di sua BA?». «Ho 39 anni e sono
agli "ultimi". Ho affronta- Avrei bisogno di un miraco- fiducia per poterne parlare a sposato. Ricordo di quando
to in sostanza la vita in mo- lo per salvare il mio matri- fondo e a tu per tu.
ero bambino e con mio fra-
do diverso e adesso mi di.- monio. Trovo poi freddi gli
tello Domenico frequentava-
verto veramente e mi ritrovo ambienti ecclesiali. In una li-
mo l'oratorio. Lo vedevamo
sereno. Devo ringraziare breria cattolica che frequen-
come una seconda casa: ogni
don Bort e i cooperatori che to ogni tanto, vedo poca cor-
giorno prima delle 15 erava-
ho conosciuto al campo esti- dialità e gentilezza. Tra di MARTIRI DI SPAGNA. mo che aspettavamo che si
vo, perché mi hanno aiutato noi cattolici, dovremmo evi- «Alla buon'ora! La stampa aprisse il portone. Si giocava
in questa apertura agli
altri».
Domenico Berruti, Asti
MISSIONARIO IN CAM-
BOGIA. «Sono la sorella di
Roberto Panetto, missiona-
rio salesiano in Cambogia,
di cui il BS ha parlato in
febbraio/'91 e maggio/'92.
Sono andata a trovarlo e
insieme abbiamo avviato
qualche iniziativa per soste-
nere la sua opera tra i giova-
ni ex profughi cambogiani.
Per esempio, abbiamo av-
viato le "adozioni ·a distan-
za", che permettono di aiu-
tare parecchi bambini a fre-
tare l'indifferenza, l'ironia,
ma essere pieni di sorrisi ras-
sicuranti e sinceri. Frequento
NUMERO VERDE
PER I RECLAMI
POSTALI
Dal mese di febbraio le
Poste hanno istituito
un numero verde gra-
tuito - 1678/63011- per
i reclami dei disservizi
postali.
Lo c0munichiamo im-
mediatamente ai nostri
lettori, perché a quan-
to pare il numero sarà
attivo tutti i giorni dalle
8.30 alle 20 (il sabato
dalle 8.30 alle 14).
cattolica si ricorda finalmen-
te dei religiosi trucidati du-
rante la guerra spagnola. E
pensare che un articolista
"cattolico" scriveva che le
cifre erano state gonfiate
dalla prop.aganda franchi-
sta... Tanto più apprezzabile
il vostro articolo (I martiri di
Spagna, BS/maggio), detur-
pato però dall'inopportuna
riproduzione di ·auernica. Il
brutto dipinto di Picasso
(impropriamene titolato
Guernica, perché è stato ese-
guito prima di quel bombar-
damento pieno di menzogne)
in realtà è stato fatto per ce-
lebrare una corrida verosi-
milmente in onore del torero
Joselito morto nell'arena».
molto, ma alle 17 suonava la
campana e si dicevano le
preghiere in cortile o si anda-
va in chiesa. A volte ci rega-
lavano un panino o un gela-
to. Tutti i salesiani erano
buoni e affettuosi e li ricor-
do uno per uno. Don Natale
Li Vigni ogni volta che mi
vedeva mi diceva: «L'hai
fatta la barba?». Ero un
bambino e mi passava la ma-
no sulla guancia sorridendo.
Lo ricordo come allora con
tanto affetto. In occasione
dell'ultima sua Messa l'ho
accompagnato all'altare te-
nendogli il braccio. Non po-
tè predicare, dovette sedersi.
Alla domenica, ricordo, di-
ceva la Messa sempre presto
quentare la scuola. Vorrei
che si facesse conoscere an-
che la possibilità che le azien-
Invitiamo tutti a telefo-
nare con sollecitudine
ogni volta che ci siano
Ferruccio Bravi, e io andavo volentieri a sen-
Tesero (TN) tire la sua predica. Mi ha la-
sciato proprio qualcosa di
de e laboratori hanno di ef- inadempienze e ritardi.
particolare: è la fede, che
fettuare versamenti deduci-
bili a favore di una partico-
lare missione».
Beatrice Panetto
Non siamo i soli a la-
mentare il cattivo servi-
zio riservato alla stam-
pa periodica, che pure
dà un notevole contri-
cerco di vivere nella società.
DON NATALE LI VIGNI. Anche oggi ogni domenica
«Faccio seguito alla lettera mi alzo presto per andare a
di Nicola Caronla dell'aprile Messa., Se non vado sto ma-
Via Martiri, 77IA buto alle Poste italiane scorso e vi mando un profilo le. Quando mi incontro con
12040 Ceresole d'Alba (CN) versando la quota non di don Natale Li Vigni scrit- gli amici dell'oratorio ci vo-
certo né piccola, né di to da Peppe Rizzo per Tra- gliamo bene come allora.
Pubblichiamo volentieri il suo favore dell'abbonamen- pani Sera, che traccia in ma- Prendo il BS quando passo
indira,zo a utilità degli inte- to postale.
niera eloquente la sua figura dall'oratorio , lo leggo con
ressati. Le offerte per una
di sacerdote e di maestro. simpatia, lo conservo. Per
4 · SETTEMBRE 1993

1.5 Page 5

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,-
BS
questo vi chiedo di mandar-
melo d'ora in poi a casa».
Lettera firmata, Trapani.
IL PENSIERO DI MADRE
CHIESA. «In riferimento a
"Giovane pianeta cerca so-
le" (ES/maggio '93) l'auto-
re scrive in modo poco chia-
ro. Trattandosi di argomen-
ti delicati, sarebbe bene che
fosse espresso in modo più
preciso il pensiero della san-
ta madre Chiesa cattolica».
Fr. Francesco Maria
da Genova,
Missione per la diffusione
del Regno di Dio,
Garbagnate (MI)
Non è la prima volta che lei
ci segnala i suoi dubbi su
quanto viene scritto nella
rubrica. A suo tempo abbia-
mo già spiegato che "Il dia-
rio di Andrea" non · è una
rubrica destinata ai giovani,
ma ai genitori e agli_educa-
tori, e vuole presentare la
problematica giovanile dat-
i'interno, esprimendo attra-
verso il racconto il modo di
vivere è di pensare più co-
mune tra i giovani.
AL MIO AMICO DI FIDU-
CIA. «Scrivo da Firenze,
dove sto svolgendo il servi-
zio militare nell'aeronauti-
ca, ma appena torno a casa
in licenza subito mi informo
sul BS e lo porto con me in
caserma. Ricevo la rivista
con la massima puntualità,
ma desidero che il mio ami-
co di fiducia riceva pure lui
la rivista. Chissà che Don
Bosco non mi abbia messo
al suo fianco per aiutarlo a
trovare la strada a cui il Si-
gnore lo chiama».
Lettera firmata
SIMONE SRUGI. «Grazie
per aver dato la notizia della
venerabilità del servo di Dio
Simone Srugi, insieme a quel-
la dell'altro salesiano don
Luigi Variara. Ho conosciuto
personalmente ·srugi e come
vicepostulatore della Causa
mi sono trovato a raccoglie-
re notizie che servono a co-
noscerlo meglio. Vorrei ri-
cordare che la data di nasci-
ta è stata corretta nel 1939
dallo stesso -Srugi, che fece
modificare mese e anno: 27
aprile 1877 e non 27 giugno
1878. La conferma più sicu-
ra ci viene dal documento di
battesimo. Simone · ricevet-
te, secondo il rito greco-cat-
tolico-melchita, i sacramen-
ti" dell'iniziazione cristiana
(Battesimo, Cresima, Euca-
ristia) il 10 maggio 1877.
Non è pensabile che li abbia
ricevuti prima di nascere.
Un'incertezza rimane sul gior-
no: 27 aprile, come disse
Srugi nel 1939, o 15 aprile,
come è scritto nel registro di
famiglia? Personalmente op-
terei per il 15 aprile, per le
garanzie che offre il metico-
loso registro di famiglia».
Don Emilio Praduroux,
Cremisan.
NON SI DECIDE A SPO-
SARSI. «Mi ha colpito il to-
no di concretezza, di simpa-
tia e di rispetto che Petit-
clerc dimostra nei confronti
dei giovani che si trovano di
fronte alla decisione più im-
.. ,
~, t
:
-
J..
-.
~
I'
~ : :'-i-J
,..-.9~~
~
_._,. --1 •• , .....1.
:::=::=r .
rl
=
~
:r:;:.
~ ~ L_.j_
Non riusciva a vivere lontano dalla figlia sposata.
portante della loro vita (cf
ES/ maggio, Nostra figlia
non si decide a sposarsi).
Penso però che sia necessa-
rio con i giovani d'oggi _(ra-
gazzi e ragazze) usare anche
qualche accorgimento per
spingerli a maturare e a non
rimandare sempre ogni scel-
ta impegnativa. L'amore
non dovrebbe spingerli ad
avere più fiducia e coraggio
nelle loro risorse e in quelle
della vita?».
Lorenzo Davo/i, Livorno.
FALLIMENTI. «Mi riferi-
sco al BS DOMANDA di
maggio, precisamente alla
questione Nostra figlia non
si decide a sposarsi. D'accor-
do in linea di massima con
quanto si dice. Vorrei però
che si capisse che noi giova-
ni vediamo troppi matrimo-
ni fallire e troppa gente che
prima o poi getta la spugna.
Questo certo non ci aiuta a
decidere allegramente».
Carla Grillo, Monza.
ALEXANDRINA DA CO-
STA. «Mi piace il taglio di
imparzialità con cui presen-
tate i vari articoli, virtù sem-
pre più rara. Sono exallieva
e insegnante. La vita mi ha
condotto a sperimentare al-
tre e diverse sfaccettature
religiose (compreso Medju-
gorje), ma sempre sono ri-
masta fedele allo spirito sa-
lesiano. Ho ascoltato, tem-
po fa, da Radio Maria, pa-
dre Amorth che narrava una
parte della vita di Alexan-
drina da Costa, cooperatri-
ce di Don Bosco. Sono ri-
masta affascinata a ora ho il
desiderio di conoscere da vi-
cino la sua vita. Penso che
un bell'articolo sulla vita di
questa eccezionale creatura
sia di aiuto a molti, oltre che
a me stessa».
Maria Pollo, Asti.
SETTEMBRE 1993 - 5

1.6 Page 6

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La cerimonia di premiazione del 19° Concorso Nazio-
nale della Bontà, a cui hanno partecipato oltre 4.500
ragazzi di 144 scuole, si è tenuta nella Basilica del
Santo a Padova. La cerimonia è stata presieduta da
mons. Tarcisio Bertene, arcivescovo di Vercelli. Nella
foto-ricordo, alla sinistra di mons. Bertene, è il rettore
della Basilica del Santo, insieme al vicario provinciale
e al priore.
UNA SCUOLA PER
I GIOVANI RIFUGIATI
Nel Togo la situazione politi-
ca continua a essere tesa. I
profughi sono numerosissimi.
Passano la frontiera e si ritro-
vano nel Benin, dove salesiani
e figlie di Maria Ausiliatrice
stanno avviando una parroc-
chia. Il fenomeno dei ragazzi
della strada sta esplodendo
anche nel paese, perché.i rifu-
giati non hanno né case, né
strutture di appoggio . Il con-
siglio pastorale di Cotonou ha
affrontato il problema e ha
deciso di trasformare le aule
catechistiche in aule scolasti-
che. Tra i rifugiati sono stati
trovati i primi maestri.
La scuola salesiana di Coto-
nou ospita oggi 250 ragazzi,
tra i più bisognosi del paese.
Cotonou (Benin).
Rifugiati del Togo
nella scuola salesiana.
MALTA
ÉQUIPE
NAZIONALE
ISTRUTTORI PGS
A Malta si sono ritrovati un
centinaio di istruttori PGS
(Polisportive Giovanili Sale-
siane) per puntualizzare il
programma dei campi regio-
nali. Don Gino Borgogno nel-
la relazione di apertura ha ri-
cordato che i campi giungeva-
no alla ventiduesima annata e
ha invitato i tecnici a qualifi-
carsi sempre meglio come
tecnici-educatori. Il soggior-
no maltese ha avuto momenti
di grande fraternità salesiana,
come la serata di amicizia al-
!'oratorio di Sliema: musica,
canti, esibizioni folcloristiche
e buffet.
La Casa Generalizia di Roma, come ogni anno, ha
concluso il mese di maggio con la processione di Ma-
ria Ausiliatrice. Organizzata dalle Figlie di Maria Ausi-
liatrice della comunità locale, alla processione prendo-
no parte un buon numero di abitanti di Ponte Galeria
della zona Regione, oltre al Rettor Maggiore e al Con-
siglio generale, che proprio in questo periodo è al
completo per la sessione estiva.
Sliema (Malta). Il buffet all'oratorio salesiano.
6 · SETTEMBRE 1993
Roma Pisana. La processione di Maria Auslliatrice si
è conclusa anche quest'anno con I fuochi artificiali.

1.7 Page 7

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TORINO
FESTA CON
L'«AVVOCATO»
ALL'EDOARDO
AGNELLI
«L'Istituto industriale Edoar-
do Agnelli sforna da mezzo
secolo tecnici apprezzati e ac-
coglie oggi 750 allievi», ha
scritto La Stampa di Torino,
ricordando i 50 anni di vita
della scuola. Ai festeggiamen-
ti sono stati presenti anche
l'Ausiliare di Torino e il sena-
tore Giovanni Agnelli. Tra i
discorsi, il saluto di un allie-
vo: «Quanti ragazzi sono pas-
sati in questi cortili, aule, la-
boratori, dove hanno impara-
to professionalità e bontà»,
ha detto. «La presenza del se-
natore Agnelli e dei suoi fami-
liari la sentiamo come il rico-
noscimento che questo istitu-
to internazionale, sorto per
volontà del nonno, senatore
Giovanni, per preparare i gio-
vani al mondo del lavoro, è
stato ed è fedele alla tradizio-
ne di efficienza professionale
e salesiana».
BS
Torino. Mons. Micchiardi, e, alla sua sinistra,
il senatore Agnelli, alla festa dei 50 anni
dell'Istituto Edoardo Agnelli.
Nei mesi di maggio-giugno a Valdocco, presso la crip-
ta del Santuario di Maria Ausiliatrice si è tenuta la mo-
stra «Santuari Mariani nell'arco alpino». L'Interessante
mostra ha esposta materiale "povero", ma estrema-
mente importante dal punto di vista storico-religioso,
espressione di religiosità vissuta e popolare.
AUSTRALIA
LA «BOYS' TOWN
HANDICAP»
Si tratta di una corsa di caval-
li che si tiene in uno degli ip-
podromi della città di Sydney
e che è promossa dai benefat-
tori della Boys' Town di En-
gadine, allo scopo di racco-
gliere fondi a favore dell'ope-
ra salesiana che accoglie gio-
vani della strada e senza fami-
glia. L'attuale direttore don
Bertagnolli ha rispolverato
l'iniziativa benefica, che con-
siste in una competizione di li-
vello nazionale con un pro-
gramma di otto-nove corse.
Ne parlano anche la radio e la
televisione. Le spese organiz-
zative vengono assorbite da
l'Australian Jockey Club (il
club dei fantini). Un exallievo
dell'opera è diventato un fan-
tino di fama nazionale: ha )d-
sto per la prima volta un ca-
vallo alla Boys' Town e ha
imparato a cavalcare.
Engadine (Sydney,
Australia). Il momento
della premiazione della
«Boys' Town Handicap...
A destra il direttore don
Bertagnolli.
SETTEMBRE 1993 7

1.8 Page 8

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CON IL MIO
PARROCO NON SI
PUÒ DIALOGARE
Risponde Stelvio Tannini:
Mi è capitato tra mano un testo
spiritoso che forse è già ben cono-
sciuto, ma che mi offre lo spunto per
la risposta. Dice acutamente: «Se
un parroco predica cinque minuti in
più è un parolaio; se invece è troppo
breve, non ha nulla da dire . Se pos-
siede l'auto personale, è un capitali-
sta e un mondano; se non la possie-
de, non è capace di adattarsi ai tem-
pi. Se visita i fedeli in parrocchia, è
un girovago; se rimane fn ufficio,
preferisce i registri alla gente. Se
parla di offerte, pensa solo ai soldi ;
se non chiede nulla, è perché non
ne ha bisogno o si disinteressa dei
problemi sociali. Se in confessione
si attarda, è interminabile; se va in
fretta, non sa ascoltare. Se abbelli-
sce la chiesa, getta via i soldi; se
non lo fa, lascia andare tutto alla
malora. Se è giovane, non ha espe-
rienza; se è anziano, non riesce ad
Un prete tra i suoi giovani
in montagna.
adattarsi ai tempi. ..» . E cosi di se-
guito, la filastrocca continua.
In realtà, si sa, per dialogare oc-
corre mettersi nei panni dell'altro.
Cercando quello che unisce e non
quello che divide. Sono parroco, mi
sento perciò interpellato in prima
persona. Nel mio ufficio parrocchia-
le bussa tanta gente: tanti problemi,
domande, a volte sofferenze da con-
a -SETTEMBRE 1993
dividere. Molti sono estremamente
esigenti, e invece non è facile man-
tenere sempre la calma, la pazien-
za, con tutti , sempre. Un parroco poi
non ha la bacchetta magica e non
può e non sa fare tutto. Ci sono tanti
preconcetti e addirittura chiusure
nei suoi confronti. Il parroco ha sem-
pre contatto con tante persone (la
mia parrocchia ha 40 mila abitanti!)
e deve tenere presenti i punti di vi-
sta e le esigenze di molti , di tutti.
Non nego che ci siano dei sacerdoti,
che forse per temperamento o per età
non sembrano troppo aperti al dialo-
go. Si deve fare in modo che la verità
venga fuori, ma conservando il rispet-
to. E magari, se c'è, ed è più com-
prensibile e aperto, chiedendo aiuto...
al vice-parroco!
NON POSSO
PERMETTERMI
UN ALTRO FIGLIO
Con il mio stipendio non mi è pos-
sibile mettere al mondo un altro
figlio ...
Risponde Guido Gatti:
Un'affermazione di questo genere
va incontro ad alcune serie obiezio-
ni che se non ne smentiscono ne-
cessariamente la verità, costringono
comunque a verificarla, in coscien-
za, davanti a Dio. L'espressione
"permettersi un figlio" è infatti am-
bigua: formulata in prima persona è
segnata da una certa soggettività:
quel "non posso " dice una valuta-
zione personale e non una verità og-
gettiva fisicamente comprovabile.
Nella stessa situazione e con lo
stesso stipendio, altri potrebbero
forse ritenere di potersi permettere
un altro figlio.
Ora è ch iaro che il giudizio sulla
misura concreta della generosità del
proprio progetto di paternità/mater-
nità responsabile compete solo alla
coscienza degli sposi, che dovranno
tener conto di tutti i dati della loro si-
tuazione nel dare questa valutazio-
ne. Ma resta anche vero che la loro
coscienza nel valutare la " respon-
sabilità" e la " generosità" della loro
paternità, e quindi la serietà e since-
rità di quel " non posso ", si impegna
con questo giudizio nei confronti di
Dio, " amante della vita".
La seconda obiezione riguarda lo
"stipendio" in questione: non sap-
Obiezioni contro il figlio unico.
piamo quale sia, ma è certo che in
altri tempi o, ancora oggi, in altri
paesi un simile stipendio sarebbe ri-
tenuto più che sufficiente a sostene-
re la cura e l'educazione di altri flgli .
E tuttavia resta vero che chi fa
questa affermazione non vive nel
medioevo o nell 'Africa equatoriale
ma nell'Italia di oggi. Ora la possibi-
lità di allevare ed educare figli di-
pende da tante circostanze concre-
te di carattere storico e socio-
culturale. Per questo " oggi " e " in
Italia" è diversa che altrove e in altri
teryipi.
E certo che un " altro figlio" richie-
de oggi in Italia un investimento di
cure e di risorse economiche molto
maggiore di quanto non fosse in
passato e di quanto non sia altrove.
Ma ancora una volta questa circo-
stanza concreta che entra a deter-
minare la verità o almeno la sinceri-
tà di quel " non posso ", ha bisogno
di una verifica in coscienza.
Naturalmente, una volta accertata
tale verità, nascerebbe il problema
del "come". Ma sarebbe un altro
problema; un problema, anch'esso,
di natura non solo tecnica ma anche
morale .

1.9 Page 9

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BS
di Silvano Stracca
Anche la Chiesa Cattolica si
prepara a celebrare l'Anno Inter-
nazionale della Famiglia associan-
dosi all'analoga iniziativa dell'ONU
per il 1994. L'anno incomincerà il
26 dicembre, festa della «Santa Fa-
miglia», e si conclude.rà il 30 dicem-
bre 1994. L'annuncio è stato dato
personalmente dal Papa, sottoli-
neando che l'anno «offrirà un'op-
portunità provvidenziale per appro-
fondire i valori costitutivi di questa
istituzione naturale». La loro cono-
scenza e valorizzazione .«aiuterà a
costruire un mondo più fraterno e
solidale».
Il Pontificio Consiglio per la Fami-
glia sta mobilitando le conferenze
episcopali, i vescovi e tutti i respon-
sabili dei movimenti e delle associa-
zioni interessate alla pastorale fami-
liare per la costituzione, in ogni na-
zione e diocesi, di appositi comitati
per iniziativa e con la guida delle
commissioni episcopali per la fami-
glia. In ottobre, poi, la Santa Sede
sarà rappresentata dal Pontificio
Consiglio alla conferenza promossa
dal Parlamento europeo che si svol-
gerà nel monastero di Klostèrneu-
burg, in Austria. In questi mesi si
sono già riuniti in Vaticano i vescovi
responsabili della pastorale della fa-
miglia e della vita negli episcopati
europei, africani latino-americani,
ecc.
L'attenzione della Chiesa per la
famiglia è stata sollecitata dalla ri-
correnza di luglio, del venticinquesi-
mo anniversario dell'Enciclica «Hu-
manae Vitae» sulla regolazione del-
la natalità. In quel documento, Pao-
lo VI ribadiva l'insegnamento della
Chiesa sulla trasmissione della vita,
già riproposto dal Concilio Vaticano
Il nella costituzione pastorale «Gau-
dium et spes». Lo scorso dicembre
si è tenuto in Vaticano un importan-
te vertice di cinquanta esperti di tutti
i continenti sui «metodi naturali per
la regolazione della fertilità».
LA CHIESA
PER LA FAMIGLIA
111 1994 è stato proclamato anno
internazionale della famiglia.
Nella foto, una famiglia
cambogiana.
Scopo dell'incontro non era tanto
quello di proporre un'alternativa alla
contraccezione, all'aborto e alla ste-
rilizzazione, ma soprattutto di pro-
muovere una vera umanizzazione
del «meraviglioso» dono della pro-
creazione. Lo stesso Giovanni Pao-
lo Il ha riconosciuto che «possono
darsi oggettive ragioni per limitare o
distanziare la prole», aggiungendç,
che deve trattarsi di «motivi seri». «E
importante pubblicizzare il fatto -
ha sottolineato il Papa - che i meto-
di che la Chiesa ritiene morali e ac-
cettabili, ricevono oggi l'appoggio
delle più recenti conferme scienti-
fiche».
Una seconda ricorrenza, dopo il
XXV dell'«Humanae Vitae», contri-
buisce a richiamare l'attenzione di
tutta la Chiesa sulla famiglia. A no-
vembre saranno dieci anni dalla
pubblicazione della «Carta dei diritti
della famiglia» da parte della Santa
Sede. Il documento era stato richie-
sto dai vescovi di tutto il mondo riu-
niti nel Sinodo del 1980 per discute-
re i problemi della famiglia nel mon-
do contemporaneo. Il risultato di
quel Sinodo fu l'esortazione aposto-
lica «Familiaris Consortio», in cui
Giovanni Paolo Il preannunciava la
«Carta dei diritti della famiglia». Il
documento era un fermo richiamo
alla società internazionale sul dove-
re degli stati di difendere, e in qual-
che modo salvaguardare, i diritti ina-
lienabili della famiglia.
La libera scelta di ciascuno del
proprio stato civile. Il diritto di costi-
tuire una famiglia in piena libertà e
senza costrizioni nel decidere il nu-
mero dei figli. Il rispetto e la prote-
zione assoluta della vita umana dal
concepimento. La protezione dai ri-
schi della manipolazione genetica.
La richiesta di uno snellimento nelle
pratiche di affidamento degli orfani.
Il diritto alla scelta di una scuola o
«di altri mezzi necessari per educare
i figli in conformità con le loro con-
vinzioni», morali o religiose. La liber-
tà di vivere la propria vita religiosa
domestica. Il diritto «di professare
pubblicamente e di diffondere la fe-
de». Il diritto ad un «giusto salario fa-
miliare» e ad una «decente abitazio-
ne». Il riconoscimento del valore del
lavoro della donna in famiglia.
Purtroppo, quel documento non è
ancora sufficientemente conosciuto
da parte delle famiglie, anche cri-
stiane. Questo è stato uno dei motivi
per cui anche i vescovi italiani han-
no dedicato la loro assemblea di
maggio alla famiglia, mettendo a
punto un «direttorio nazionale» per
la pastorale familiare. Fra le vie pri-
vilegiate del cammino della Chiesa
nel nostro paese, negli anni '90, at-
torno al programma di «evangelizza-
zione e testimonianza della carità», i
vescovi hanno voluto così indicare
le famiglie . Già dagli orientamenti
pastorali delle Chiese locali era
emersa la necessità di rivolgere cre-
scente attenzione alla famiglia sia
sul versante dell'evangelizzazione
(catechesi , catechismi, scuola e in-
segnamento della religione cattoli-
ca), sia su quello della carità .(sfide
sociali e culturali , politica familiare,
ecc.).
SETTEMBRE 1993 - 9

1.10 Page 10

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ATTUALITÀ ECCLESIALE
IL PAPA IN LITUANIA di Silvano Stracca
A nche negli anni più duri del-
l'offensiva ateistica una fila
compatta di pellegrini saliva ogni
giorno la scala della cappella della
"Porta dell'Aurora" a Vilnius. No-
nostante le difficoltà e le minacce
del regime, i cattolici lituani conti-
nuavano ad inginocchiarsi e a pre-
gare dinanzi ad un'icona miracolosa
della Madonna, ammantata d'oro.
Con speranza, malgrado tutto, chie-
devano alla Vergine il miracolo più
grande, quello che non si celebra ·ne-
gli ex voto: la sopravvivenza appun-
to della fede, mai scalfita dalle de-
portazioni dei sacerdoti in Siberia,
dai roghi dei libri religiosi, dalla tra-
sformazione delle chiese in musei,
magazzini, palestre, teatri.
ZEMAITIJA
Ai piedi della Madonna
di Vilnius
Davanti a quell'icona nera si ingi-
nocchia, in questi primi giorni di
settembre anche il Papa venuto da
Cracovia, legata per secoli da stret-
tissimi vincoli alla vicina nazione
baltica. Si realizza così, nella Litua-
nia ritornata indipendente, il mira-
colo a lungo sognato da Giovanni
Paolo II . Appena eletto, in segno di
particolare devozione, aveva invia-
to il suo zucchetto di cardinale pro-
prio ai piedi della Mater Misericor-
diae di Vilnius. «Ogni giorno visito
in preghiera la vostra patria», aveva
fatto sapere più volte pubblicamén-
tè ai fedeli di quella nazione cattoli~
ca, tragicamente scomparsa nel do-
poguerra non soltanto dalla geogra-
fia politica europea, ma anche dalla
memoria dei popoli.
Le parole del Papa e la sua esor-
tazione, tante volte rivolta al mon-
do, a non dimenticare i fratelli per-
seguitati a causa della fede, hanno
incoraggiato i cattolici lituani a per-
10 · SETTEMBRE 1993
«Ogni giorno visito
in preghiera la vostra
patria», aveva scritto
ai lituani Giovanni Paolo II,
che ai primi di
settembre visiterà insieme
alla Lituania anche
l'Estonia e la Lettonia.
UETUVOS
FIESPUBLIKA

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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ft
UKS]
severare a ogni costo nella fedeltà a
Dio, alla Chiesa, a Roma. E final-
mente è giunto il tempo in cui può
compiersi il pellegrinaggio spìritua-
le sul Baltico del Papa che può visi-
tare anche l'Estonia e la Lettonia.
Voleva venire qui già nel 1984 per i
cinquecento anni dalla morte di san
Casimiro, patrono della Lituania.
Ma il «no» di Mosca fu secco; e le
frontiere restarono chiuse anche per
il cardinale Agostino Casaroli, il fe-
dele segretario di stato da cui Gio-
vanni Paolo II avrebbe voluto esse-
re almeno rappresentato alle solenni
celebrazioni giubilari.
Il Papa tcimò a sperare che le
frontiere sovietiche si aprissero ai
suoi passi nel 1987, in occasione del
seicentesimo anniversario del batte-
simo della terra lituana. Ma i «mu-
ri» dovevano ancora crollare e le
porte della nazione baltica rimasero
ancora chiuse per il successore di
Pietro. Nel giugno del 1991, il quar-
to viaggio in Polonia portò Giovan-
ni Paolo II a pochi chilometri sol-
tanto dal suolo lituano. Ma i tempi
non erano ancora maturi per l'avve-
rarsi di un sogno. Anzi sul Baltico
proprio in quei giorni si vivevano
ore drammatiche per la libertà ap-
pena riconquistata. E da Vilnius
scesero a Lomza quindicimila litua-
ni e i primi dirigenti democratici per
chiedere l'appoggio determinante
della Chiesa per il riconoscimento
del diritto all'autodeterminazione
del loro popolo.
I La Collina delle Croci, luogo
di turismo e di pellegrinaggio.
Più volte inutilmente i russi hanno
cercato di spazzare via le croci.
n prezzo della libertà
Oggi la piccola Lituania è ritorna-
ta nella comunità internazionale co-
me un membro sovrano e ricono-
sciuto. Ma la libertà ritrovata non
poteva cancellare 50 anni di occupa-
zione sovietica. I lituani hanno su-
bito a lungo terrorismo, deportazio-
ni e persecuzioni. «Molti, deportati
in Siberia», ricordava un vescovo al
Sinodo europeo del '91, «hanno spe-
rimentato indigenza estrema, degra-
dazione della dignità umana, pesan-
tissimi lavori forzati. Molti hanno
preso malattie contagiose, sono sta-
ti decimati dalla fame e vessati dai
secondini, hanno trovato la morte.
Le loro spoglie, senza sepoltura cri-
stiana, sono rimaste imprigionate
dal gelo, lontano dalla patria».
Insieme all'indipendenza politica
SETTEMBRE 1993 11

2.2 Page 12

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Il Bollettino Salesiano esce dalla ti-
pografia dieci giorni prima del nuovo
mese e viene spedito con sollecitudi-
ne. Sappiamo purtroppo di notevoli ri-
tardi e di copie che vanno smarrite.
· Ogni mese le poste ci restituiscono
alcune centinaia di copie che non so-
no state recapitate ai destinatari.
Questo causa a volte l'interruzione
dell'abbonamento, nonostante la no-
stra buona volontà.
Se qualcuno si vedesse interrom-
pere l'arrivo della rivista per due nu-
meri consecutivi, sarà sufficiente che
ce lo faccia sapere e rimetteremo im-
mediatamente in corso l'abbona-
mento.
Chi fosse a conoscenza di copie
che vanno smarrite o che non sono
desiderate; di doppioni; di lettori che
hanno cambiato indirizzo o che sono
deceduti, ci aiuti a risparmiare e ce lo
faccia sapere. Ci rimandi per favore
l'etichetta accompagnata dalla ne-
cessaria segnalazione.
Il Bollettino Salesiano viene invia-
to gratuitamente a chi ne fa ri-
chiesta. Dal 1877 è un dono di
Don Bosco a chi segue con sim-
patia il I·avoro salesiano tra i gio-
vani. Diffondetelo tra i parentf e
gli amici. Comunicate subito il
cambio di indirizzo {mandando
sempre la vecchia etichetta).
Scrivete a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
12 - SETTEMBRE 1993
è tornata in Lituania anche la liber-
tà religiosa. Dei tre milioni e sette-
centomila abitanti, circa 1'80% di-
chiara la propria appartenenza al
cattolicesimo, anche se solo il 25%
frequenta abitualmente. I vescovi
sono nove per sei diocesi . Ma il cle-
ro, piuttosto anziano, non è suffi-
ciente: i preti sono solamente 670.
Prima dell'occupazione sovietica
c'erano 1600 sacerdoti. Il loro nu-
mero è dunque diminuito di oltre il
60%. La mancanza di preti è il più
grave ostacolo per lo sforzo di rie-
vangelizzare un popolo sulle rovine
spirituali e morali prodotte da quasi
mezzo secolo di indottrinamento
politico e di propaganda atea.
Giovani: dal marxismo
al business
Le generazioni, cresciute sotto la
dittatura del comunismo, sono da
molti chiamate genet'azioni perdute,
gioventù bruciata. Queste genera-
zioni non sono diventate atee, ma la
mancanza di una sistematica educa-
zione religiosa e l'insistente pressio-
ne della propaganda antireligiosa
sono riuscite a creare un vuoto spa-
ventoso nell'anim.o di tanti giovani.
La gioventù difficilmente accetta i
valori cristiani e ancora più difficil-
mente si apre alla fede cattolica. Il
pericolo è quindi che i giovani passi-
no direttamente dall'ateismo teori-
co del regime marxista a quello pra-
tico della società dei consumi.
Nonostante tutto, però, ci sono
segni di speranza. E il cardinale
Sladkevicius, figura di spicco dell'e-
piscopato lituano, lo scorso feb-
braio poteva esprimere dinanzi al
Papa la certezza che «la situazione
ben presto cambierà». La gioventù
lituana, affermava in un'intervista
il cardinale, non è diventata atea e
non è religiosa, ma ha conservato
un atteggiamento di rispetto nei
confronti della fede. «E questo ri-
spetto - a giudizio di Sladkevicius -
può essere il germe di cose nobili.
Dal momento che esiste, possiamo
sperare che, facendo il possibile,
questo germe cresca. I giovani ora
sono attratti dai business, ma ci sa-
ranno delle delusioni e allora ver-
ranno a cercare conforto nella fede
e nella Chiesa» .
Silvano Stracca
Un fumetto di Don Bosco
tradotto in lingua lituana.
Prima della guerra Don Bosco era co-
nosciutissimo in Lituania, specialmente
per mezzo del Bollettino Salesiano e la
«Vita di Don Bosco»di don Lemoyne. In
quasi tutte le chiese si può vedere il
suo quadro.
Nel 1943, anno della soppressione di
tutte le opere religiose da parte degli
occupanti sovietici , vi erano varie opere
salesiane, tra le quali un fiorente aspi-
rantato. Di quegli anni è rimasto oggi
un unico salesiano, ormai novantenne,
don Jonas Zemaitis, che è ancora par-
roco e ha fatto a lungo l'autista.
I nuovi salesiani però cominciano a ren-
dere consistente la p~esenza salesiana
in alcuni punti del paese: a Palemonas-
Kaunas vi è una parrocchia con la chie-
sa in costruzione ; ad Alytus una parroc-
chia con la costruenda chiesa-santua-
rio di Maria Ausiliatrice. Un'altra par-
rocchia affidata ai salesiani è quella di
Rumsiskes, presso Kaunas. Qui viene
fatto anche il servizio di assistenza reli-
giosa a un "campo di rieducazione at-
traverso il lavoro" dei detenuti criminali
(circa settemila) e si Insegna religione
nella scuola di stato. A Rumsiskes do-
vrebbe sorgere anche il futuro novizia-
to . A Vilnius, la capitale, è in costruzio-
ne una chiesa a Don Bosco, con
oratorio-centro giovanile e le altre ope-
re salesiane.
Gli ultimi cinquant'anni hanno lasciato
il segno: la Chiesa manca di personale
sufficiente e preparato, sono del tutto
insufficienti i mezzi in ogni settore. Ora
poi si nota un pullulare di·sette, prove-
nienti sia dall'Occidente che dall'O-
riente .
Il popolo dimostra una ferma volontà di
ricostruire, anche se a volte pare di ini-
ziare quasi dal nulla. Nel campo edito-
riale il lavoro è intenso. I salesiani vor-
rebbero rendersi presenti nella produ-
zione a servizio dei giovani e della
scuola.
Pranas Gavenas

2.3 Page 13

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BS
di Bruno Ferrere
EDUCARE
ALL:OTTIMISMO
«Primo: niente ti turbi». Così Don
Bosco comincia i "Ricordi confiden-
ziali" ai direttori. In questo primo
"ricordo" , Don Bosco propone co-
me esempio se stesso: la sua è sta-
ta una vita sorretta da un incrollabile
ottimismo radicato nella virtù cristia-
na della speranza. Tutte le testimo-
nianze concordano su un aspetto ti-
pico della personalità di Don Bosco:
irradiava serenità e sicurezza nei
suoi collaboratori e nei ragazzi. Del
resto il Sistema Preventivo può spri-
gionare tutta la sua efficacia solo in
un clima di fondamentale ottimismo.
L'ottimismo è quella "marcia" in
più che consente alla persona di riu-
scire.
Nonostante un modo diffuso di
pensare, solo raramente l'ottimismo
è una qualità "naturale". I più devo-
no trasformarsi da pessimisti in otti-
misti attraverso un deliberato piano
d'azione. Ottimisti si diventa volen-
dolo. E soprattutto se si ha ricevuto
un'educazione in questo senso.
Questo significa che i genitori devo-
no proporsi anche l'educazione del-
l'ottimismo. Particolarmente in que-
sto nostro tempo.
«Ho 14 anni e sto vivendo un pe-
riodo del tutto particolare della mia
vita», ha scritto un ragazzo alla rivi-
sta Dimensioni Nuove. «Mai mi sono
sentito cosl confuso: ho dentro il
caos più profondo e non riesco a ca-
pire che cosa mi stia succedendo.
Fino ad un anno fa, sentendo in TV
dei morti per droga, dei suicidi ,
ecc... mi sarei meravigliato e avrei
detto tra me: " Ma come si può but-
tar via così la propria vita? ". Ora ca-
pisco invece come si può: basta
pensare a chi è intorno a te che non
si cura dei tuoi problemi, agli amici
che non hanno le tue stesse esigen-
ze e forse ti prendono per uno che
non c'è tanto con la testa, a quel tuo
amore segreto che nemmeno si de-
gna di guardarti e arrivi alla conclu-
sione che non c'è per te un posto
Ottimisti si diventa.
nella società del domani. ..» . È dav-
vero una conclusione amarissima, a
14 anni.
Per molti giovani e ragazzi, oggi,
la vita assume troppo presto l'aspet-
to arcigno e scostante di una cassa-
forte ermeticamente chiusa. L'otti-
mismo è come la serie dei numeri
che formano la combinazione che
consente di spalancarla.
Educare un ottimista, però, non
significa affatto costruire un illuso
che vive beatamente facendo lo
struzzo. Gli ottimisti sono ben con-
sapevoli di vivere in un mondo im-
perfetto dove l'amore è fragile, gli
ingenui vengono imbrogliati e i ma-
lati muoiono. Tuttavia gli ottimisti
mettono In pratica alcune fonda-
mentali strategie che consentono di
mantenere controllo ed equilibrio.
Pensano a se stessi come a riso-
lutori di problemi. I figli si trovano
continuamente davanti a degli osta-
coli: è la legge del crescere. Devono
imparare a vederli sempre come oc-
casion i nuove per mettersi alla pro-
va, non per rinunciare . Ogni volta
che un bambino tenta di ritirarsi da-
vanti ad una difficoltà, deve trovarsi
accanto papà e mamma che comin-
ciano a studiare con lui un modo di-
verso per superarla o aggirarla. Un
bambino deve crescere senza pen-
sare al " fallimento " .
Sanno che esistono sempre delle
alternative. I genitori devono inse-
gnare ai figli che, quando un tentati-
vo fallisce, si può sempre scegliere
un'altra strada. Devono fornire ai fi-
gli un arsenale di alternative.
Prevedono i problemi. Essere ot-
timisti significa essere profonda-
mente realisti : bisogna aspettarsi
dei problemi , ma nello stesso tempo
bisogna essere sempre pronti a do-
mandarsi: " Cosa posso fare per mi-
gliorare una situazione negativa?"
Molti genitori mettono semplice-
mente in guardia i figli contro tutto e
tutti. È un atteggiamento senza vie
d'uscita che porta solo alla temera-
rietà o allo scoraggiamento.
Evitano i falsi incoraggiamenti.
Un incoraggiamento fasullo è in ge-
nere l'ultima cosa di cui un ragazzo
ha bisogno. Semmai serve qualcu-
no che dica: «Siamo in un bel pastic-
cio ma, se tutti noi ci rimbocchiamo
le maniche, possiamo fare qualcosa
per uscirne».
SETTEMBRE 1993 13

2.4 Page 14

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I BAMBINI E LA TV
FIGLI DEL TELECOMANDO
di Giuseppina Cudemo
Si moltiplicano da tempo
le proposte per tutelare
i bambini dalla invadenza
della TV. Ma anche
per favorire programmi
(e svaghi alternativi)
p
a
ii.ùgwf.uvnaznizos.nsza.mliz..
D a una inchiesta di Carlo Buzzi
e Barbara Oncari, intitolata
"Non rompiamogli le favole. Unari-
cerca su bambini, pubblicità e TV",
ed. COOP. Milano, risulta quanto
segue: alla domanda «Chiedi ai tuoi
genitori il permesso per accendere la
TV?» , il 62,7% dei bambini ha ri-
sposto no; alla domanda «I tuoi ge-
nitori sanno cosa guardi in TV?», il
36% ha risposto no; alla domanda:
«Succede che siano i tuoi genitori a
dirti di guardare la TV?», il 36% dei
bambini ha risposto sì; e infine, alla
domanda «I tuoi genitori sono con-
tenti che tu guardi la TV?», il 22,8%
ha risposto sì.
Cocktail artificiale
Che la televisione costituisca-una
presenza importantissima nelle no-
stre case è un fatto incontrovertibile.
Che i bambini dedichino ad essa più
tempo che a qualunque altra attività
singola assistendo anche ai program-
mi destinati agli adulti, è altrettanto
provato ed è, inoltre, un fatto così
consueto che la maggior parte di noi
tende a considerarlo normale. Si
tratta invece di una situazione "arti-
ficiale", i cui effetti secondari sfug-
gono a quegli stessi che decidono e
mandano in onda i programmi.
Ci riferiamo soprattutto a quegli
effetti "secondari" che sono la for-
mazione e l'educazione. Che cosa ci
viene proposto durante le 280 ore di
trasmissione che le emittenti nazio-
nali e locali ci propinano quotidia~
namente? Per lo più un cocktail di
giochini, quiz, serial, telenovelas,
cartoni e varietà, spesso confezio-
nati affrettatamente, per soddisfare
14 - SETTEMBRE 1993

2.5 Page 15

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l'insaziabile fame dei tele-dipenden-
ti, che ormai usano il telecomando
come un'appendice di se stessi. Psi-
cologi e pedagogisti sono severissi-
mi: non basta eliminare dai . pro-
grammi le scene di violenza e di por-
nografia. Dice infatti·il critico tele-
visivo Oscar Cosulich: «Un pro-
gramma per bambini non si deve
giudicare dai contenuti ma dalla
forma, dalla presenza o dall'assen-
za di intelligenza. È la stupidità che
fa male». Antonio Faeti, docente di
Storia della Letteratura per l'infan-
zia all'Università di Bologna è al-
trettanto duro: «La cornice delle
trasmissioni per ragazzi è orrenda.
Una mistura di gridolini, mossette,
giochini cosi imbecilli da sembrare
surreali». Inoltre, negli spettacoli
- spessQ "strillati" e basati sull'e-
stremizzazione degli atteggiamenti
per catt~rare l'attenzione - la figu-
ra del "maestro" è ricoperta dai
professionisti dell'intrattenimento
e, come dice il sociologo Mario
Marcellini, il loro scopo non è quel-
lo di formare, ma di operare sul
mercato dei consumi, di indurre ad
acquistare.
«Quando guardo la televisione
con i miei figli e penso che fuori
ci sono le stelle e il profumo della
sera, il cuore mi si stringe»
(Marco Guzzi, Dentro la sera,
Raidue). I ragazzi dai 6 ai 18 anni
ogni giorno stanno davanti al
televisore dalle 3 alle 4 ore.
Tra pubblicità e violenza
Il ruolo della pubblicità ha quindi
assunto proporzioni gigantesche ed
è nata la figura nuova dello spon-
sor, che inonda di denaro i pro-
grammi: per vincere milioni basta
premere il bottone giusto. Cosi i
bambini, generalizzando la situa-
zione, possono credere che il mon-
do sia abitato da fate buone che
elargiscono a tutti denaro e felicità,
Due associazioni che si propongono di tutelare I bambini e le famiglie:
LEGA PER IL DIRITTO DEI BAMBINI ALLA COMUNICAZIONE. È stata
fondata per sòllecltare il dialogo tra adulti e bambini e per educare all'uso
attivo del mezzo televisivo . Essa ha promosso un'Inchiesta sull'uso della
televisione da parte dei bambini e nel '91 ha creato un'agenda Intitolata
"CARTA DEI POTERI DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE" per guidarli
nell'uso intelligente della TV. Per informazioni: tel. 0587/685348/684544.
SIDEF (Sindacato italiano delle Famiglie). È sorto per far riconoscere la
famiglia come soggetto sociale. Come rappresentante dei genitori si oc-
cupa del diritto delle famiglie a intervenire nella formulazione dei pro-
grammi della televisione. Nel 1988, per sua iniziativa, è stato proposto a
tutte le emittenti il coplce di autoregolamentazione televisiva, al fine di tu-
telare i minori ed i diritti educativi delle famiglie. Presso la sede centrale
è in funzione una segreteria telefonica permanente, che raccoglie tutte le
osservazioni, le critiche e le indicazioni dei telespettatori su quanto tra-
smette la TV. Per informazioni 02/7383822.
DIZIONARIO
del
NOMI GEOGRAFICI
ITALIANI ed ESTERI
(significati ed etimologie)
Il salesjano Antonio Rudoni
ha al suo attivo numerose
pubblicazioni, che provano
la molteplicità dei suoi inte-
ressi: dalla poesia alla teolo-
gia, dalla musica alle scien-
ze esatte ... Si può dire che
essi si ritrovano, sia pure in
misura diversa, nel Diziona-
rio dei nomi geografici, in
cui alla spiccata competen-
za toponomastica e glottolo-
gica si associa la passione
"creativa", volta a trovare la
risposta ai numerosi interro-
gativi che i nomi geografici
suscitano negli spiriti sensi-
bili al fascino della "parola".
L'opera, che raccoglie, in or-
dine alfabetico, circa 11.000
nomi italiani e stranieri, co-
stituisce il primo tentativo
compiuto in Italia e può noh
solo appagare la curiosità
scientifica degli studiosi, ma
anche proporsi come stru-
mento indispensabile da affi-
dare agli insegnanti, che vo-
gliono promuovere una non
approssimata e superficiale
educazione geografica, sto-
rica e linguistica. (Germano
Proverbio in Scuola Viva)
Per informazioni relative
all'acquisto:
Collegio Don Bosco,
via S. Francesco 5, Varazze (SV),
tel. 019/95.236.
SETTEMBRE 1993 - 15

2.6 Page 16

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acquisendo della realtà una visione
falsa e pericolosamente fiabesca.
Il messaggio pubblicitario, inol-
tre, crea nel bambino la mentalità
che il superfluo sia necessario e che
senza di esso si sia diversi dagli altri.
Così tutto è lecito per convincere i
piccoli telespettatori a comprare,
anche l'erotismo: persino le cara-
melle ed il gelato sono associati ad
immagini sexy. E la sessualità assu-
me così caratteristiche di aggressivi-
e ripetitività, ed entra nel mondo
del bambino anche quando egli non
l'ha ancora scoperta.
Anche la violenza è di casa in TV.
Durante i telegiornali, che sono visti
da grandi e piccoli, l'immagine di
esseri umani che muoiono e vengo-
no trascinati via è consueto. Non ci
si rende conto del dolore di chi re-
sta, dei drammi familiari, del fatto
che quel morto è una persona con
la sua storia ed i suoi legami affetti-
vi. Le scene di violenza quindi, viste
e riviste nei film, nei notiziari, addi-
rittura nei cartoni animati, non fan-
no più impressione. All'inizio terro-
rizzavano i bambini, ed era un ma-
le; ora li lasciano indifferenti, ed è
un male ancora più grande.
Che fare allora, se la TV è un ele-
mento così importante della società
in cui viviamo? Eliminandola ri-
schieremmo una sorta di isolamento
sociale ugualmente dannoso. L'uni-
co modo è usarla bene, non essere
cioè fruitori passivi, ma attivi ed in-
segnare ai nostri figli a fare altret-
tanto.
Piccolo vademecum contro
la teledipendenza
Una regola importantissima è
non accendere la TV "tanto per ve-
dere qualcosa" o per distrarre il
bambino mentre mangia. Stabilia-
mo con lui che la si accende solo
quando c'è qualcosa di interessante
o di divertente da vedere e noi per
primi, stiamo ai patti. Scegliamo
con lui il programma o, se già ne co-
nosciamo qualcuno proponiamo-
glielo. Egli così capirà che non sia-
mo contrari per principio all'uso del
televisore, ma che esso va usato con
criterio e spirito critico, perché non
tutto merita di essere visto. L'ideale
è guardare la TV insieme al bambi-
no: potremo così controllare le sue
16 · SETTEMBRE 1993
Queste le regole che la Federa-
zione radiotelevisioni commerciali
(in prima fila la FininvesQ e alcune
associazioni hanno deciso di dar-
si per tutelare lo sviluppo armoni-
co dei telespettatori in età evolu-
tiva:
1 - assicurare che i programmi
dedicati ai minori siano ispirati a
valori positivi, umani e civili e al ri-
spetto della dignità della persona;
2 - eliminare ragioni oggettive di
pregiudizio per lo sviluppo dei mi-
nori nella programmazione ad es-
. si dedicata e nella pubblicità in
essa trasmessa a qualsiasi ora,
nonché in quella messa in onda
dalle 16 alle 19. I programmi con-
tenuti in tale fascia non devono
essere comunque in contrasto
con i valori indicati al punto 1;
3 - garantire che nei 15 minuti
precedenti e successivi ai pro-
grammi per minori non siano con-
tenute sequenze, compresi pro-
mo e trailer, che possano turbare
tale utenza;
4 - non inserire nella programma-
zione dedicata ai minori trailer e
promo di produzioni non adatte ai
minori;
5 - promuovere la trasmissione di
programmi per minori valutando
anche le esigenze segnalate da
educatori o da associazioni;
6 - eliminare la pubblicità di alcol,
medicinali e di tutti quegli altri
prodotti il cui uso può rivelarsi
dannoso o pericoloso per i minori,
sia durante la fascia protetta sia
durante ogni altra programmazio-
ne dedicata ai minori;
7 - comunicare abitualmente alla
stampa i programmi per tale
utenza;
8 - rispettare gli orari della pro-
grammazione come indicata sulla
stampa;
9 - ispirare le autoproduzioni spe-
cifiche per i minori ai valori di cui
al punto 1 e tenere conto dei me-
desimi valori in ogni altra produ-
zione destinata ai minori;
10 - il rispetto e l'applicazione del
Codice sono affidati a un "Co-
mitato di attuazione" il cui re-
golamento dovrà comprendere le
norme di funzionamento, di inte-
grazione e di modificazione del
Codice, e l'indicazione di sanzioni
dissuasive delle violazioni.
reazioni ed intervenire al momento
opportuno. Se ciò non è sempre
possibile, informiamoci sullo spet-
tacolo che egli desidera vedere: se è
un serial o un cartone, cerchiamo
Ciò che fa male ai bambini è
trovarsi soli davanti al televisore.
anche noi di vederne un paio di
puntate per valutarlo. Poi chiedia-
mo sempre al bambino le sue im-
pressioni: questo ci aiuterà a cono-
scerlo meglio, a capire quali pro-
grammi sono più adatti a lui. .Se
non possiamo stare con lui, faccia-
mo in modo che egli veda la TV con
un amichetto o con un'altra perso-
na adulta, questo allenterà eventua-
li tensioni emotive, provocate da
scene troppo forti. Non facciamo,
inoltre, della TV un premio o un ca-
stigo, proibendone la visione, se il
bambino non ha fatto il suo dovere
o se è stato per ore davanti al tele-
schermo, perché questo rischia di
enfatizzarne il valore. Indaghiamo
poi sui gusti dei nostri figli: video-
games, lettura, palestra, gioco all'a-
perto, musica, e cerchiamo di sod-
disfarli.
Spesso la TV è un riempitivo di
ore vuote e noiose, ma se offriremo
ai bambini nuovi motivi di interes-
se, li troveremo senz'altro d'accor-
do. Ecco allora che un torneo di
carte, una gara in cucina, una pizza
fuori, l'ascolto della musica preferi-
ta saranno alternative allettanti.
Senza la pretesa di aver scoperto
magici sistemi, questi semplici sug-
gerimenti potranno aiutarvi a dosa-
re e orientare l'uso della TV da par-
te dei vostri bambini, così che da in-
fida baby-sitter essa diventi un'al-
leata nella loro formazione.
Giuseppina Cudemo

2.7 Page 17

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Fatti&
Persone
di Gianni Frigerio
IN ATTESA DEL NUOVO
VIETNAM
Il governo vietnamita ha risposto
positivamente alle richieste dei ve-
scovi vietnamiti che nei mesi scorsi
avevano chiesto una maggiore liber-
tà religiosa. Il responsabile della
commissione statale per gli affari re-
ligiosi, il signor Vu Quang, ha comu-
nicato al vescovi le nuove disposi-
zioni che permetteranno alla Chiesa
vietnamita una maggiore possibilità
di movimento e di organizzazione.
In particolare il governo permette
che il prossimo anno scolastico
quattro sacerdoti siano inviati a Ro-
ma per studiare, e ogni seminario
potrà ricevere nuovi candidati ogni
due anni, invece dì tre come si è fat-
to finora. D'ora in poi i sacerdoti li-
berati dai campi di "rieducazione",
potranno riacquistare la qualità sa-
cerdotale ed esercitare il ministero
pastorale. E altre più modeste con-
cessioni, che però portano un po' di
respiro alla vita della Chiesa, come
la libertà di riunirsi per il consiglio
permanente dei vescovi e la possibi-
lità per i professori di un seminario
di insegnare anche in un altro.
Ma i vescovi non si sono detti
soddisfatti, e tramite mons. Emma-
nuel Le Phong Th_uan, hanno pre-
sentato una lista di altre richieste,
come l'allargamento del numero dei
seminaristi per le diocesi più nume-
rose. La diocesi di Xuan Loc, la più
grande diocesi del Vietnam, con più
di 700 mila fedeli può accogliere sol-
tanto 30 seminaristi ogni due anni!
In realtà ha circa 400 seminaristi
clandestini. Chiedono tra l'altro di
poter accogliere i seminaristi ogni
anno, e che possano essere ordinati
sacerdoti subito dopo gli studi senza
autorizzazione governativa.
Attualmente la Chiesa in Viet-
nam ha sei milioni di cattolici su una
popolazione di 70 milioni di abitanti;
cinque sono i seminari con numero
chiuso per 25 diocesi. Il numero dei
sacerdoti è così esiguo che non rie-
sce a supplire il numero dei sacer-
doti morti o anziani. I candidati de-
vono aspettare anni per entrare in
seminario. Il seminario che ha il
maggior numero di seminaristi è
quello di Ha Noi, con 62 seminaristi
provenienti da sette diocesi del
nord. Centinaia di seminaristi, dio-
cesani e religiosi, terminati gli studi
da anni, attendono ancora l'autoriz-
zazione del governo per essere ordi-
nati sacerdoti. 20 sacerdoti, ordinati
clandestinamente in passato, ora
sono stati riconosciuti dal governo.
Quattro diocesi sono ancora va-
canti: Hue, Ha Noi, Thanh Hoa,
Hung Hoa. L'arcivescovo coadiuto-
re di Città di Ho Chi Minh, mons.
Francesco Xaverio Nguyen Van
Thuan, esiliato a Roma dal novem-
bre 1991 dopo 13 anni di prigione
senza essere stato giudicato, non è
ancora autorizzato dal governo a ri-
tornare nel paese.
Salesiani e Figlie di Maria Ausi-
liatrice in Vietnam attualmente so-
no circa 120, con una ventina di no-
vizie e di novizi, e sono alla ricerca
delle strade giuste per impiantare
nel paese alcune nuove opere pa-
storali ed educative a servizio dei
giovani. Le possibilità sono poche e
difficili, gli spazi ristretti. Tuttavia sia
il Rettor Maggiore che gli altri supe-
riori del Consiglio generale che vi
sono stati, hanno visto in Vietnam
molta vitalità e una gran voglia di ri-
costruire. «I salesiani operano in
parrocchie e guardano con nostal-
gia alle scuole, ai centri professiona-
li e alle attività oratoriane», ha scritto
don Martinelli. E nei mesi scorsi le
suore sono riuscite a tenere a Tam
Ha un maxi raduno di 400 giovani,
tra i quali suscitare i futuri missiona-
ri del paese.
VENEZUELA. Uno mattina, la nota
trasmissione di Rai uno, ha dedicato un
servizio alla storia di suor Felicita Su-
pertino, una missionaria italiana che da
33 anni vive nella zona amazzonica del
Venezuela tra le etnie minoritarie del-
l'Alto Orinoco. Suor Felicita ha lanciato
il suo appello ai giovani: «C'è molto la-
voro», ha detto, «e c'è davvero biso-
gno di aiuto. Con poca energia elettrica
prodotta da piccoli generatori, tra diffi-
coltà climatiche, respiriamo però una
grande ricchezza umana».
ROMA. I.Jarcivescovo mons. Jan Schot-
te, segretario generale del Sinodo, nel
mese di giugno ha tenuto un incontro
informativo alla comunità della Casa
Generalizia, sul prossii:no Sinodo sull'A-
frica, che si terrà nell'aprile del '94. Pre-
sente il Rettor Maggiore con il suo Con-
siglio, l'incontro ha offerto un quadro
ampio e convincente della dinamica or-
ganizzativa di ogni Sinodo ed è servito a
conoscere da vicino l'andamento dei la-
vori e le problematiche del Sinodo Afri-
cano, al quale i salesiani si sentono par-
ticolarmente interessati anche in funzio-
ne degli sviluppi del «Progetto Africa» .
NEPI (Roma). Un centinaio di sacerdoti
della diocesi di Civita Castellana ha de-
dicato il ritiro del mese di maggio alla fi-
gura di mons. Luigi Maria Olivares, di
cui è stata avviata la Causa di canoniz-
zazione. Il vescovo salesiano, morto 50
anni fa, ha retto la diocesi di Sutri e Ne-
pi dal 1916 al '43 e per due anni è stato
amministratore apostolico di Civita Ca-
stellana, Orte e Gallese. «Siamo lieti di
ricordare un Vescovo che ha edificato le
nostre popolazioni e la giovinezza di
molti nostri sacerdoti», ha detto l'attua-
le vescovo monsignor Divo Zadi, il qua-
le ha voluto fosse presente il postulatore
don Pasquale Liberatore, che ha infor-
mato sull'andamento della Causa e ha
tenuto l'omelia. Per settembre è in pro-
gramma una nuova giornata commemo-
rativa estesa ai fedeli di tutta la diocesi.
MESSINA. I.Jistituto Teologico S. Tom-
maso ha organizzato nel periodo 31
agosto-2 settembre un convegno di stu-
dio sul nuovo Catechismo della Chiesa
Cattolica. Le relazioni di Cravotta, La
Piana, Conte, Frattallone, Russo, Aro-
nica, Varagona e Ruta hanno inteso co-
gliere il significato del nuovo Catechi-
smo in rapporto al movimento catechi-
stico della Chiesa, esaminarne la strut-
tura globale e alcune tematiche specifi-
che, individuare alcuni criteri di utilizza-
zione.
SETTEMBRE 1993 17

2.8 Page 18

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L'istituto salesiano
di Ivrea festeggia
i cento anni e i suoi
1120 missionari. Ma sfida
l'avvenire col nuovo
liceo scientifico.
T , ho incontrato su una terraz-
.L za di Rio de Janeiro. Capelli
bianchissimi sul volto consumato
dall'età e dal lavoro, occhi amorevo-
li e attenti a seguire i ragazzotti che
disputavano una rumorosa partita
sul campo della Scuola Salesiana,
gambe gonfie per il diabete distese
su uno sgabello. «Sieda qua che fac-
ciamo quattro chiacchiere mentre
assisto quei ragazzi», mi disse. «Io
sono padre Cesare Del Grosso, di
18 · SETTEMBRE '1993
Novara. Sa che io a quest'ora dovrei
essere in Cina? Avevo finito l'aspi-
rantato a Ivrea, e ci distribuirono
quei foglietti con cui ci dividevamo
il mondo: io in India, tu in Venezue-
la, tu in Siam, tu in Cina. Eravamo
quaranta giovanotti appena rivestiti
della tonaca e pronti ad andare in
capo al mondo. In sei, su quel fo-
glietto avevamo trovato scritto: de-
stinazione Cina. Ma era l'anno
1927, e in Cina c'era una delle tante
rivoluzioni. I superiori ci pensarono
un po' su, poi conclusero: "Allora è
meglio che partiate per il Brasile". E
così sono finito quaggiù, e ci sono
da quarantaquattro anni. Sono sta-
to a Manaus, nel cuore della foresta
·amazzonica, ho lavorato 14 anni
nella favela di Jacarezinho, a far
scuola ai bambini, a mettere a posto
famiglie, mi sono gettato tante volte
tra uomini che avevano tirato fuori
il coltello... ». Padre Cesare Del
Grosso è uno dei 1120 missionari
che l'Istituto "Cardinal Cagliero"
di Ivrea ha regalato alla congrega-
zione salesiana e al mondo.
«Diventerà una casa di lavoro
e di preghiera»
La prima "casa" in Borgo S. An-
tonio 32, centro di un vasto podere,
fu dohata al beato don Rua dalla
madre del vescovo d'Ivrea. «In que-
sta villa ho abitato da piccina, mi è
molto cara», disse la veneranda si-
gnora Lydia Realis-Richelmy. «De-
sidero farne una casa religiosa, e
mio figlio mi ha suggerito di donar-
la a lei». Don Rua la ringraziò, e ga-
rantì: «La sua villa diventerà una
casa di lavoro e di preghiera». Era
la primavera del 1892.
Dal 1893 al 1901 la casa salesiana
d'Ivrea fu aperta ad aspiranti che
arrivavano da varie nazioni per di-
ventare salesiani: irlandesi, tede-
schi, austriaci, inglesi, polacchi. ..
Tra essi ci fu Ignazio Canazei, che
divenne grande missionario in Cina,
e nel i930 fu ordinato vescovo per
succedere al martire mons. Versi-
glia.

2.9 Page 19

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Nel 1904 la casa diventò sede del
noviziato centrale della congrega-
zione, e nel 1906 scuola agraria.
Ma la ''rivoluzione'', per la casa
salesiana d'Ivrea, giunse nell'anno
1922.
Nel 1922 la congregazione sale-
siana celebrava le nozze sacerdotali
di diamante del cardinale Giovanni
Cagliero, primo missionario salesia-
no. «Per l'occasione», raccontò
don Adolfo Tornquist, «avevo sug-
gerito di fondare u_n istituto missio-
nario nella Spagna. Allora il cardi-
nale Cagliero disse: ''E perché non
in Italia?". Don Rinaldi (Rettoi·
Maggiore dei salesiani) decise cosi
che la casa di Ivrea sarebbe stata de-
stinata agli aspiranti missionari, col
titolo di Istituto Cardinal Cagliero».
Da quella decisione nacque quella
che si potrebbe chiamare (a costo di
sfiorare la retorica) un 'epopea mis-
sionaria. Fu una delle iniziative più
audaci della famiglia salesiana.
Il richiamo missionario era stato
sempre fortissimo neila congrega-
zione, e proprio in quegli anni la
Chiesa veniva spinta a coraggiose
iniziative missionarie dal Papa Pio
XI. Ma per le Missioni estere, i sale-
siani avevano sempre preparato
confratelli adulti. Ora, don Rinaldi
ebbe un'idea geniale e rischiosa in-
sieme: «Perché mandare i missiona-
ri già adulti? Il tempo migliore per
acclimatarsi, orientarsi, imparare le
lingue è già passato. Mandiamoli a
fare il noviziato e gli studi sul posto
perché possano studiare le lingue. E
così, appena ordinati sacerdoti, sa-
ranno pronti a lanciarsi sul lavoro».
Egli stesso diede l'annuncio sul Bol-
lettino Salesiano dell'agosto 1922:
«Col nuovo anno scolastico 1922-23
si aprirà in Ivrea l'Istituto Cardinal
Cagliero per la formazione intellet-
tuale, morale e religiosa del perso-
nale per le missioni salesiane. Ad es-
so potranno indirizzarsi tutti coloro
che si sentono chiamati alle missio-
ni, e non solo i sacerdoti e i.chierici,
ma anche quei secolari che aspirano
·a prestar l'opera loro come catechi-
sti, o addetti alle occupazioni e ai
molteplici impieghi che nelle missio-
ni occorrono. Vi sarà pure una se-
zione di studenti, nella quale ver-
ranno accettati giovani dai 14 anni
in su... L'accettazione sarà gra-
tuita».
Su pagine ingiallite la cronaca
dell'epopea
Qualsiasi rievocazione di quei
tempi risulterebbe falsata da parole
scritte in un'epoca tanto diversa.
Preferisco riprendere la voce dei
protagonisti registrata sulle "crona-
che''· della casa. Sono pagine ingial-
lite dal tempo, grafie già tanto di-
verse dalle nostre, parole già tanto
lontane dal nostro linguaggio; ma
sono testimoni fedeli di avvenimenti
che, se a noi appaiono temerari, fu-
e Nuove scelte metodi nuovi per i
giovani del «Cagliero».
rono sorretti e portati a maturazio-
ne da una grande fede.
Don Ambrogio Rossi, uno dei
"favolosi" direttori di quegli anni
di fuoco, scriveva: «L'Istituto di
Ivrea è stato invaso dagli ardenti
aspiranti missionari. Da ogni regio-
ne d'Italia decine di giovani, rapiti
dalla bellezza del sacrificio, hanno
bussato alla porta: cento, centocin-
quanta, duecento! L'ora delle mis-
sioni è scoccata! Da un capo all'al-
tro d'Italia è tutto un fremito d'ar-
dore missionario. Le domande di
giovani anelanti all'apostolato fioc-
cano e l'istituto è presto insufficien-
te. Il direttore si è rivolto al prefetto
generale della congregazione: «Non
sappiamo più dove metterli. E tanti,
ottimi, picchiano ancora alla por-
ta!". Don Ricaldone ha risposto·:
"Stringi i posti, occupa tutti i va-
ni". "L'abbiamo fatto, ma ce ne
sono quaranta che chiedono anco-
ra". E il venerato superiore, con ar-
dimento pari alla sua fede: la
Provvidenza che li manda, non ri-
fiutarli! Per un mese mettili sul so-
laio, nel fienile, dove puoi. Sarà
una prova d'idoneità alla vita mis-
sionaria, il preludio a ciò che li
aspetta">>.
«Ehi, voi del Cagliero, piglia-
te le cose con calma!»
L'afflusso delle domande fu tal-
mente gninde che tre anni dopo si
dovette aprire un secondo aspiran-
tato missionario a Penango, subito
dopo un terzo a Fqglizzo, poi fu la
volta di Cumiana, Gaeta, Bagnolo
Piemonte ...
Nei primi dieci anni del ''Caglie-
ro" partirono per le missioni estere
450 novizi, ragazzi quindicenni e
giovanottoni maturi. La scena della
"destinazione" era l'avvenimento
più atteso e clamoroso dell'anno.
Così la descrive don Rossi: «Entra il
superiore nell'ampia sala di studio
dove tutti attendono col cuore aper-
to, con la volontà protesa, la voce
di Dio. Il direttore legge un nome, si
alza un giovane. E a quel giovane
egli assegna la nuova patria spiri-
tuale. Il giovane prorompe in un
forte: Deo gratias! e i compagni ac-
clamano tra scrosci d'applausi. So-
no destinati alla Patagonia, al Giap-
pone, alla Cina, all'Equatore, alla
SETTEMBRE 1993 19

2.10 Page 20

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Thailandia, all'India, alla Palestina,
al Mato Grosso, al Rio Negro ... ».
Un ragazzo di allora, monsignor
Carretto, mi raccontò: «Arrivai al-
l'aspirantato di Ivrea con i calzoni
corti, ma con una decisione incrol-
labile: sarei partito missionario.
Quando, quattro anni dopo, con al-
cuni miei compagni sbarcai in Thai-
landia, pieni di entusiasmo, ricordo
che monsignor Pasotti ci disse:
"Ehi, voi del "Cagliero", pigliate le
cose con calma! Non si può conver-
tire il mondo in quattro giorni. For-
se occorrerà almeno un mesetto ... "»
I grandi nomi
Tra i "ragazzi" partiti dal Caglie-
ro sei si sono allineati a monsignor
Canazei ricevendo l'ordinazione
episcopale: Giovanni Marchesi in
Brasile, Michele Arduino in Cina,
Pietro Carretto in Thailandia, An-
drea Sapelak tra gli Ucraini dell' A-
merica del Sud, Giuseppe Di Pietro
in El Salvador, e (anche se non mis-
sionario) Vittorio Bernadetta, ve-
scovo di Susa dal 1978.
E ci sono splendide figure di sale-
siani semplici, conosciuti e ammira-
ti in tutto il mondo: don Orfeo
Mantovani, fratello dei lebbrosi di
Madras, don Giuseppe Quadrio, di
cui è iniziata la causa di beatifica-
zione, il coadiutore Giovanni Ugetti
fornaio a Betlemme, don Suppo a
lungo prigioniero nelle carceri cine-
si, don Fogliati fondatore di case di
cura per lebbrosi bambini, don
Fuchs martirizzato sulle rive del Rio
Negro, don Lomazzi ucciso a Hong
Kong dai mercanti di droga a cui
strappava i giovani, e più di mille
altri.
La seconda guerra mondiale arrivò
nel 1939 come un gigantesco ciclone:
Travolse non solo l'Europa, ma il
Medio Oriente, l'Asia, l'Africa. Le
partenze dei missionari furono bloc-
cate. Ma nel Cagliero continuarono
ad affollarsi aspiranti, che pregava-
no e si preparavano nell'attesa.
Pochissimi anni dopo l'arrivo
della pace (1945) le partenze per le
missioni estere ripresero. Un solo
esempio. La Thailandia salesiana di
oggi vive con le "forze fresche"
partite dal Cagliero nel dopoguerra:
l'ispettore Tito Pedron, l'economo
ispettorale Battista Personeni, il di-
rettore di Bangkok Mario Sala, il
20 · SETTEMBRE 1993
direttore di Hua Hin Antonio Re- proprio quartiere. Al "Cagliero"
stelli, il professore di teologia Fran- non affluivano più schiere di giova-
cesco Cais e altri sono partiti tutti notti entusiasti, pronti a partire per
dal "Cagliero" negli ultimi anni '50. le missioni estere. Arrivavano grup-
pi di preadolescenti, di undicenni.
Dovevano maturare, seguendo le
Tempi nuovi e orario antico indicazioni della Chiesa, scelte nuo-
Negli anni 1950-70, la vita al Ca-
gliero ripeteva ancora quasi inte-
gralmente la vita degli "anni d'o-
ro": programma scolastico e for-
mativo scandito da un orario di fer-
ro, vita di preghiera alimentata dal-
la messa quotidiana e dalla direzio-
ne spirituale, entusiasmo per le mis-
sioni e per Don Bosco, catechesi
quotidiana, educatori che vivevano
accanto ai giovani (tutti "interni")
a tempo pieno: 24 ore su 24.
Nella celebrazione del 40° dell'I-
spettoria Centrale, nel 1966, si pote-
va comunicare al successore di Don ·
Bosco che "il Cagliero" aveva do-
nato alla Congregazione Salesiana
ben 1120 missionari.
ve, metodi nuovi. Nessuno aveva la
bacchetta magica per inventarli, ma
i salesiani avevano una grande fede
e una grande speranza, anche se me-
scolate a inevitabili incertezze e con-
traddizioni.
La prima revisione del "Caglie-
ro" viene impostata negli anni
1967-72. Il biennio ginnasiale legal-
mente riconosciuto rimane aperto ai
giovani già orientati alla vocazione
salesiana. Ma la presenza degli allie-
vi cade a poche unità: sette-otto per
classe. I tre anni della media infe-
riore legalmente riconosciuta ven-
gono costituiti in ''scuola di orien-
tamento apostolico". Gli allievi,
cioè, danno una certa garanzia di
volersi orientare all'apostolato: nel-
la loro comunità cristiana o tra i sa-
Le sofferenze del cambio
lesiani. Il "Cagliero" si trasforma
gradualmente in esternato.
Ma qualcosa stava cambiando at- La seconda, più radicale revisio-
torno all'isola del "Cagliero" . I ne, avviene nel 1988-89. Dopo in-
giovani provenivano ormai da una tense consultazioni con il vescovo di
società diversa, da famiglie diverse, Ivrea e le altre presenze religiose del
da una Chiesa che si stava profon- territorio, l'ispettore salesiano con-
damente ristrutturando col Concilio voca i genitori degli alunni e dice: «I
Vaticano Il. Era cambiato il modo salesiani, in diretta intesa con il ve-
di vivere, la sensibilità, gli ideali. scovo, propongono, nella linea edu-
Persino la vocazione missionaria cativa della scuola cattolica, un
stava perdendo il suci alone roman- nuovo "Liceo Scientifico Cagliero"
tico e avventuroso per diventare un per ragazzi e ragazze...». Approva-
impegno di testimonianza cristiana to in sede ministeriale, il Liceo si
concreta ai confini del mondo o nel apre ai primi alunni nel settembre
1989. Attualmente, nei primi quat-
tro anni, è frequentato da circa 50
ragazzi e 20 ragazze.
«Nel momento in cui l'Europa
abbatte le barriere economiche e
linguistiche e va verso un'integra-
zione fra le Nazioni, il progetto
"Cagliero" colloca questo centro
educativo scolastico nel movimento
della cultura cristiana contempora-
nea. Il nuovo liceo dovrà interpreta-
re le esigenze dell'uomo, mettere in
luce i problemi della società, cercar-
ne le soluzioni». Così si è scritto con
fiduciosa audacia all'inizio di que-
sta seconda revisione.
È una sfida ad un avvenire incer-
to. I salesiani ci provano ancora,
con fede e coraggio.
Ivrea. Allievi del nuovo liceo.
Teresio Bosco

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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BS
EMANUELA DALLA CHIESA
UNA CROCEROSSINA
SECONDO IL VANGELO
di Luigi Castano
Leumann, Elle Di Ci, 1993
pp. 198, lire 15.000
A dieci anni dalla morte di
Emanuela, consorte del genera-
le Dalla Chiesa, uccisi insieme
nell'agguato del 3 settembre
1982 a Palermo, il libro racco-
glie ricordi e memorie di chi co-
nobbe, avvicinò e ammirò que-
sta donna. Ne è venuta fuori la
biografia di una donna bella, se-
rena e sorridente, ma soprattut-
to sòrretta da convinzioni cri-
stiane, che si sono espresse
nella donazione agli ammalati,
come crocerossina specializza-
ta, e al ragazzi handicappati,
per I quali Introdusse in Italia
l'Ippoterapia.
IL GEMITO DELLA
CREAZIONE
ECOLOGIA E FEDE CRISTIANA
di Giacomo Ponteghini
Padova, Messaggero, 1992
pp. 170, lire 15.000
L'Autore, direttore del mensi-
le Messaggero di Sant'Antonio,
affronta uno dei temi centrali e
riassuntivi di tante problemati-
che attuali , quello dell'ecologia.
«Ecologia», si afferma nella pre-
messa, «è una di quelle parole-
bandiera - come libertà, demo-
crazia, diritto, pace, giustizia,
progresso - che oggi trovano
tutti ·concordi e tutti divisi nello
stesso tempo». E la questione
ecologica si avvia oggi a diven-
tare uno del temi più Impegnati-
vi dell'antropologia teologica. Il
libro si offre come una sintesi
delie ricerche teologiche su
questo tema. Adatto per inse-
gnanti di religione e per scuole
di teologia.
Arnaldo Ptdrini
TERESA DI LISIEUX
Affmità spirituale con
H:ancesco di Sales
TERESA DI LISIEUX
AFFINITÀ SPIRITUALE
CON FRANCESCO DI SALES
di Arnaldo Pedrini
Milano, O.R., 1993,
pp. 1.18, lire 14.000
Il libro non vuole essere un
trattato vero e proprio di compa-
razione tra I due giganti della
santità, precisa l'Autore, sale-
siano di Don Bosco, ma una ri-
cerca amorosa e attenta di alcu-
ne affinità che vengono a creare
una sorprendente parentela spi-
rituale tra il vescovo di Ginevra
e la piccola Teresa di Lisieux.
"Arnaldo Padrini ha dato il me-
glio di sè in queste pagine" scri -
ve nella presentazione Giorgio
Papàsogli. "La conoscenza che
l' insigne Autore rivela nei riguar-
di del testi teresiani e di quelli sa-
lesiani è mirabile". L'Autore si
muove tra questi testi a suo agio
e con Interesse appassionato,
rendendo l'Importante servizio di
Illuminare una pagina di spiritua-
lità inedita.
MARIA
DONNA DEI NOSTRI GIORNI
di Tonino Bello
Milano, Edizioni Paoline, 1993,
pp. 126, lire 10.000
Il vescovo di Molfetta, presi-
dente nazionale di Pax Christi,
recentemente scomparso, pro-
pone queste riflessioni mariane
Ispirate al Vangelo con devota
creativa immaginazione. Scrive
Luigi Santucci nella prefazione:
«La dimestichezza con la Ma-
donna ha dotato monsignor To-
nino Bello di un'eloquenza flui-
da e anche letterariamente ma-
gistrale». L'Autore parla di Ma-
ria con tenerezza e passione an-
ticonformista. Un libro piacevole
e prezioso.
UN UOMO MANDATO DA DIO
BIOGRAFIA FAMILIARE
DI GIOVANNI XXIII
di Renzo Allegri
Milano, Editrice Àncora, 1993,
pp . 194, lire 21 .000
L'Autore, scrittore e giornali-
sta, traccia questa biografia in-
solita e suggestiva, proponen-
dosi di ricostruire la vita quoti-
diana dell'uomo Giuseppe Ron-
calli attraverso i racconti dei te-
stimoni oculari che ha incontra-
to. Un libro nato da materiale
nuovo e di prima mano, con epi-
sodi Inediti, che rendono ancor
più familiare l'indimenticabile
Papa buono a trent'anni dalla
sua morte.
Emesto Olivero
A ARE
CO LCUORE
DI DIO
AMARE CON IL CUORE DI DIO
di Ernesto Olivero
Torino, SEI, 1993,
pp. 148, lire 20.000
Ernesto Olivero, sposato e tre
figli, fondatore del SERMIG,
raccoglie In questo libro «ap-
punti di viaggio scritti con un oc-
chio alla penna e l'altro a un Dio
amico e paziente». Sono pagine
intrise di concretezza quotidia-
na, di chi ha scelto la via scomo-
da di andare incontro alla pover-
del mondo. Il libro è presenta-
to da Dom Luciano Mendes de
Almeida, presidente della Con-
ferenza episcopale del Brasile.
SEGNALAZIONI
LUCIANO SEGAFREDDO
GLI ITALIANI SULLE VIE
DEL MONDO
Personaggi e storie
di emigrazione
Editrice Messaggero, Padova
Pagg. 363, lire 26.000
MARTIN LUTHER KING
IO HO UN SOGNO
Scritti e discorsi che hanno
cambiato il mondo
Editrice SEI
Pagg. 207, /Ire 24.0oo·
R. QUINTAVALLE- D. VOLPI
LE FESTE E LE STAGIONI
Drammatizzazioni per ragazzi
Editrice La Scuola
Pagg. 158, /Ire 16.000
-SETTEMBRE 1993 21

3.2 Page 22

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Periferia nera
e abbandonata. Qui
i volontari del VIDES
hanno impiantato
un centro di speranza.
Z EN: in Italia, e a Palermo in
modo particolare, basta questa
parola per indicare quell'incredibile
quartiere di disperazione che è cre-
sciuto ai margini della città. Non ha
neppure un nome pittoresco come
gli altri: una sigla soltanto. La «Zo-
na Espansione Nord» è, sul piano
regolatore del comune, un appezza-
mento. Non ci sono strade segnate e
· asfaltate.
A i margini della vita
La comunità di Palermo-Santa
Lucia fino a qualche anno fa non
sapeva neppure che si fosse lo ZEN_.
La gente non ne parla volentieri. E
come uno di quei segreti che la so-
22 - SETTEMBRE 1993
cietà copre quasi con un senso di
pudore o di vergogna. Un'exallieva
a cui si chiedevano informazioni
disse semplicemente: «È una zona a
rischio». Fu così che, mettendo il
naso fuori casa, ci siamo avventura-
te per la prima volta in un mondo
che non avremmo sospettato.
«Venga con me», mi disse il par-
roco «vedrà se i giornali hanno det-
to la verità». Su una piccola e sgan-
gherata 500 ho girato attraverso
strade inesistenti dove i ragazzi gio-
cano in mezzo al fango, dove le case
ci sono, come alveari dagli occhi
vuoti. Non c'è luce, non esiste la re-
te fognaria, mancano i collegamenti
per l'acqua e il gas. Già: l'impresa
costruttrice si è dileguata prima di
consegnare al comune questo bloc-
co di case popolari. È cosi che sono
finite qui famiglie giovani in cerca
di quattro muri, sfrattati, ricercati.
Sono vent'anni che la parte
«ZEN 1» è stata occupata e vi abita-
no circa 25mila persone, ma nessu-
no sa esattamente quanti sono e chi
sono. Lo «ZEN 2» è sorto nel
1987-1988 ed è tutto abusivo.
Le figlie di Maria Ausiliatrice allo
ZEN di Palermo.
I bambini sono diventati la strada
per arrivare agli adulti.

3.3 Page 23

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Tra questi ragazzi, i volontari
hanno scoperto un nuovo
campo di servizio.
Con gli abusivi
Fare volontariato è sempre un de-
siderio. Fa parte degli slanci. Ma
quando si è cominciato seriamente a
parlare di ZEN e di attività in quel
quartiere, ai genitori delle alunne si
sono arricciati i capelli. Avrebbero
finanziato volentieri gli aiuti, ma
permettere alle loro figlie di finire
all'inferno, no.
Ma sotto non c'era solo la voglia
di scrivere una pagina gloriosa di
diario. C'era una volontà di servizio
che non voleva assolutamente chiu-
dere gli occhi sulla realtà.
Per prima cosa si è cercato un
ambiente: sugli spiazzi fangosi non
si sarebbe potuto far altro che un
po' di compagnia, ma ai ragazzini,
abbandonati già tutto il giorno alle
leggi della banda, non poteva ba-
stare.
Il parroco ci ha dato una stanza
come appoggio. Lì è nato il primo
doposcuola, un gruppo di ricamo,
qualche incontro. Piano piano è
stato sfondato il muro di ostilità e la
comunità educante di Palermo-San-
SETTEMBRE 1993 23

3.4 Page 24

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----
Famiglia
Salesiana
SLOVACCHIA. «Marianske zvony»
·(Le campane di Maria), è la nuova rivi-
sta mariana dei salesiani slovacchi. Di-
retta da Andrej Pauliny, è pubblicata a
Sastin. Al quarto numero ha già rag-
giunto la tiratura di 11 mila copie, che
è sicuramente una tiratura-record tra le
riviste dell'Est dedicate alla Madonna.
PIEMONTE. Il CIOFS (Centro Opere
Femminili Salesiane) ha preparato una
videocassetta che illustra il problema
della formazione professionale come si
configura nell'attuale sistema formati-
vo italiano e sul mercato del lavoro. I
centri di formazione professionale,
comprendenti un primo livello per i ra-
gazzi che hanno finito la scuola media e
un secondo livello, per chi ha già finito
la scuola secondaria o è disoccupato,
assicurano qualifiche differenziate che
facilitano l'ingresso dei giovani nel
mondo del lavoro. Le qualifiche CIOFS
del Piemonte sono ripartite nell'ambito
tessile-abbigliamento, nel terziario (of-
fice automation) e nell'informatica
(programmazione e grafica).
ASTI. Mons. Giuseppe Marello, che sa-
beatificato da Giovanni Paolo II nel-
la città di Asti il prossimo 26 settembre,
è stato iscritto tra i cooperatori salesiani
sin dal 1881. Il nuovo Beato fu sempre
molto vicino alla Famiglia Salesiana. Il
Bollettino Salesiano nel numero di lu-
glio del 1885 ricorda il pontificale cele-
brato da mons. Marello il 24 maggio di
quell'anno , alle 10.30 nella Basilica di
Maria Ausiliatrice. Ancora mons. Ma-
rello celebrò la messa solenne di suffra-
gi~ per i benefattori il 12 dicembre
1891, anno giubilare della fondazione
dell'Oratorio di Valdocco e nel suo di-
scorso nella Basilica gremita espresse
parole piene di entusiasmo per !'"indi-
menticabile Don Bosco".
ETIOPIA. La Famiglia Salesiana . del
nord e del sud del paese, si è stretta at-
torno al salesiano etiopico padre Alazar
Kidane Fessehatsion, ordinato sacerdo-
te nella cattedrale di Adigrat (Tigray) da
mons. Kidane-Mariam. Attualmente
sono due i sacerdoti salesiani etiopici e
tre i salesiani laici. 14 giovani salesiani
si stanno preparando a vari livelli, dal
noviziato alla teologia, mentre 12 sono
i pre-novizi e 60 gli aspiranti .
24 · SETTEMBRE 1993
L:
Una presenza di volontariato che è un piccolo segno di amore.
Il gruppo VIDES «Laura Vicufia» (Vò-
lontariato Internazionale Donna Edu-
cazione Sviluppo) di Palermo è costi-
tuito da volontari, adulti e giovani, im-
pegnati nel quartiere ZEN con obietti-
vi, modalità, impegni e tempi adegua-
ti ai diversi destinatari.
Una testimonianza riassume la voce
del gruppo: «Se mi chiedessero: "Ma
chi te io fa fare?" risponderei che...
bisogna crederci! Non so dire altro,
non riesco ad esprimere ciò che vivo.
Qualsiasi espressione mi sembra
troppo "poco" per descrivere un im-
pegno di volontariato che mi ha fatto
scoprire il senso da dare alla vita e la
ricchezza di esprimersi come "grup-
po" che ci crede» (Olivia).
ta Lucià ha "sposato" quest'opera
nuova, abusiva, in mezzo a gente
abusiva. Nessuno infatti ci ha per-
messo di affittare una casa nel quar-
tiere. Abbiamo "occupato" uno
spazio. Come l'altra gente. Con lo
scopo di metterci a servizio di chi
era privato di tanti diritti.
Poveri segni
16 anni e due figli. Questa è stata
una delle più terribili costatazioni
dei primi tempi.
Le famiglie, qui, hanno in media
cinque figli. La gente cresce in fret-
ta. Ama e si dispera.
Pensavamo a un centro giovanile,
noi con la nostra mentalità cittadi-
na.' Ma non sapevamo che a due
passi da casa le ragazze di sedici an-
ni erano già adulte, con una fami-
glia a carico, con problemi di sussi-
stenza incredibili. Così il centro gio-·
vanile è diventato anche "scuola
materna".
Ancora una volta i piccoli sono
diventati ·1a strada verso gli adulti.
Lè mamme hanno cominciato ad
aprire spiragli di confidenza e a la-
sciar trapelare la povertà di cultura,
che emargina più ancora di quella
edilizia.
Il numero dei volontari, giovani e
adulti, si è fatto via via più consi:
stente e si è potuto creare una rete d1
solidarietà più vasta e differenziata:
un centro di ascolto, un centro di al-
fabetizzazione, la scuola, l'orato-
rio. È nato un altro mondo.
Le periferie delle città, lo abbia0
mo toccato con mano, sono dapper-
tutto sacche di miseria che invocano
presenze educative e, soprattutto,
senso per la magra esistenza.
Il nostro gruppo VIDES si è af-
fiancato al parroco perché da solo
poteva fare ben poco. Ed è stato per
noi la certezza di essere Chiesa: pic-
colo segno di amore in una terra di-
menticata da tutti.
Margherita Dal Lago

3.5 Page 25

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BS
di Giusi Buglioni
JONA CHE VISSE NELLA BALENA
Jona ha 4 anni e vive ad Amster-
dam con i suol giovani, meravigliosi
genitori. È scoppiata la seconda
guerra mondiale, ma per un certo
tempo la vita quotidiana dei tre scor-
re felice. Gli echi del conflitto sono
lontani. Fino al giorno in cui un ra-
gazzo in strada distruggerà i giochi
di Jona, accusandolo di essere
ebreo; fino a quando la mamma non
potrà più fare la spesa e dovranno
portare cucita sul braccio la stella di
Davide. Poi arriverà il momento In
cui dovranno partire: i passi pesanti
dei soldati violeranno la pace della
piccola casa e da quel momento fini-
rà la loro gioia. La destinazione è
Westerbork , un villaggio a nord di
Am~terdam , dove gli ebrei olandesi
vengono · smistati. Poi Bergen-
Belsen , dove centinaia di famiglie
ebree vengono ammassate, per es-
sere barattate con prigionieri tede-
schi.
Il film racconta la vita nel cam-
po, vista con gli occhi innocenti
del bambino, filtrata dalla sua sem-
plicità e dalla sua voglia di vivere .
Così i drammi appaiono sfocati e le
atrocità della guerra e della perse-
cuzione si stemperano in semplici
elementi rappresentativi : uniformi,
voci concitate, cani, ordini incom-
prensibili e una situazione di promi-
scuità vissuta nel cerchio protettivo
delle braccia materne.
Il papà è stato separato da loro e
vive a poche centinaia di metri , in -
sieme ad altri uomini , ma non lo ve-
dono mai. Poi una sera, grazie ad
una preziosa scatola di sigari, la
mamma riesce a corrompere il me-
dico dell' infermeria e là, nello squal-
lore di quell'anonima stanza, i tre si
incontreranno. Il papà è molto cam-
biato e quasi si vergogna a mostrar-
si , anche Jona ha un momento di
blocco di fronte a lui , così visibil-
mente provato. Poi si riannodano i
legami dell'amore, si abbracciano
increduli , si toccano, si guardano
sorridendo e festeggiano il com-
pleanno del papà con un dono umile
e preziosissimo: una focaccina di
patate con un po' di carne dentro,
JONA CHE VISSE
NELLA BALENA
Regia: Roberto Faenza
Soggetto: tratto dal romanzo
" Anni d'infanzia" di Jona Oberski
Sceneggiatura:
Roberto Faenza, Filippo Ottoni
Interpreti: Luke Petterson , Jen-
ner Del Vecchio ,
Juliet Aubrey.
Fotografia: Janos Kende
Musica: Ennio Morricone
Origine: Italia - Francia 1993
Il piccolo protagonista del film.
sottratta ai loro magri pasti di prigio-
nieri. Toccante è 1;3. scena in cui i
due sposi , smarriti e disperati , vor-
rebbero amarsi un'ultima volta ma
Jona è fuori e non vuole aspettare,
mentre il medico lo catapulta den-
tro. Pochi tocchi a suggerire la vasti-
tà di un dramma di solitudine e di la-
cerante distacco, ancora più doloro-
so perché dopo poco il papà morirà.
Jona cresce nel campo , cono-
scendo la crudeltà e la bontà uma-
na: la sorvegliante che gli frusta le
mani, perché ha lasciato cadere le
scarpe da cui i ragazzi debbono
scucire il cuoio (non sanno che sono
le scarpe dei morti); il cuoco, che li
fa sfamare di nascosto con i residui
del cibo buono degli ufficiali rimasto
in fondo ai pentoloni; le angherie dei
ragazzi più grandi ; la tenerezza di
Simona, poco più grande di Jona,
destinata in seguito a prendersi cura
di lui , quando anche la mamma, mi-
nata nei fisico e nella mente, morirà.
il film è un inno alla speranza, per-
ché Jona, pur passando l'infanzia in
prigione e pur vedendo morire i suoi
genitori , troverà in se stesso la forza
di continuare a vivere , grazie all 'a-
more che aveva ricevuto a piene
mani da quelle due creature ecce-
zionali. Così ; quando si ritroverà or-
fano e reagirà con l'anoressia alla
sua situazione, rivedendo nell'affet-
to dei signori Daniel quello dei suoi
genitori, riuscirà a tornare a nutrirsi
ed a guarire, a giocare, a ridere e ad
avere fiducia. Più volte la mamma
gl i aveva ripetuto al campo, specie
nei momenti più dolorosi : «Bambino
mio, qualunque cosa succeda guar-
da sempre il cielo... e non odiare
nessuno».
Quella di Jona ha la pregnanza
della storia vera . Il film è tratto dal
libro Anni di infanzia che egli , scien-
ziato e residente ad Amsterdam , ha
scritto. Dice Jona Oberski nelle sue
pagine: «Ognuno di noi ha vissuto
esperienze negative e ognuno di noi
ha il compito di superarle. Non c'è
un 'ora della mia vita, in cui io non ri-
pensi a quegli anni , ma nonostante
questo c'è in me una straordinaria
forza vitale. Probabilmente grazie
all'amore dei miei genitori».
il film è estremamente attuale, se
pensiamo ai rigurgiti di razzismo e
di violenza che in questi ultimi tempi
ci fanno guardare con preoccupa-
zione al futuro. Un film la cui sostan-
za è valida per tutte quelle situazioni
mondiali, e sono tante, in cui la vio-
lenza e la sopraffazione tolgono al-
l'uomo la sua dignità.
Per questo il messaggio di forza e
di speranza del film, al di là di qual-
che lentezza nel dipanarsi della sto-
ria, ne fa un lavoro di impegno a cui
non è estranea la poesia. Perché se
ricordare turba e può far male, di-
menticare significa abdicare alla no-
stra dignità di uomini annegando
nell'indifferenza. Mentre Jona, e
tanti come lui , ci invitano a ricordare
affinché certe atrocità non si ripeta-
no e possa nascere un mondo
nuovo.
SETTEMBRE 1993 25

3.6 Page 26

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PROTAGONISTI
IL CORAGGIO
E LA
TESTIMONIANZA
di Antonio Raimondi*
Non si è spenta l'eco
della tragica morte di
Sean Deveraux, exallievo
e cooperatore, assassinato
a Mogadisco a 28 anni.
Sean alla consulta
mondiale degli .
exallievi (Roma
1986). Al centro,
insegnante tra i
ragazzi di Chertsey.
Sotto, nella missione
salesiana in Liberia.
H o conosciuto.Sean nel 1986 a
Roma, dove eravamo stati
convocati per una consulta europea
di giovani exallievi. Io rappresenta-
vo l'Italia e Sean rappresentava
l'Inghilterra. Avevamo il compito,
durante una settimana, di redigere
un documento che spiegasse ai gio-
vani associati nel mondo l'identità
dell'exallievo di Don Bosco. Nel cli-
ma di profonda fraternità che acco-
munava tutti i partecipanti, diven-
tammo molto amici. La nostra ami-
cizia derivava anche da un comune
punto di vista e senso della vita: es-
sere veramente seguaci di Cristo e di
Don Bosco, in pienezza e senza ec-
cessive "teorizzazioni". E;ravamo
tutti colpiti dalla simpatia di Sean e
dalla sua concretezza. Non potrò
mai dimenticare la serata passata
nella trattoria del Testaccio con
Sean che rideva di gusto. Aveva un
simpaticissimo senso dello humor,
ed essendo di origine irlandese si ac-
costava molto al nostro humour la-
tino. Sean era già un collaboratore
dei Salesiani e insegnava geografia
ed educazione fisica nella scuola sa-
lesiana di Chertsey.
Una decisione importante
L'anno successivo, 1987, avem-
mo la fortuna di rincontrarci anco-
ra a Roma-Pisana per una consulta
mondiale dei GEX. La mattina in
cui andammo dal Papa per la Santa
Messa e l'udienza privata, Sean era
veramente euforico. Furono ancora
giorni intensi e di profonda comu-
nione con tutti gli altri giovani exal-
lievi. In tutti noi c'era la volontà di
essere più fedeli al carisma di Don
Bosco, alla cui scuola eravamo stati
educati. Luiz Neto, exallievo di San
Paolo in Brasile, mi confidava di
voler prendere una decisione impor-
tante: alcuni mesi dopo mi scrisse
che aveva deciso di farsi salesiano.
Anche Sean mi lasciava capire che
voleva prendere una decisione im-
portante per la sua vita. Dopo diver-
si mesi gli scrissi per sapere se veniva
a Roma per il congresso mondiale
degli exallievi per le celebrazioni del-
l'anno centenario: mi rispose che
non sarebbe venuto perché aveva
deciso di partire per i'Africa come
26 - SETTEMBRE
Presidente VIS (Volontariato Intern azionale
per lo sviluppo)

3.7 Page 27

▲back to top
. :-
La pagina del Daily Mail dedicata
alla morte di Sean.
volontario laico nella missione sale-
siana in Liberia. Io, che in quel pe-
riodo facevo volontariato presso
l'oratorio di Lanuvio come obietto-
re di coscienza, mi sentii come un
cristiano ancora immaturo di fronte
a scelte cosi radicali. L'anno succes-
sivo anch'io, sull'esempio di Sean,
mi avvicinai al volontariato interna-
zionale attraverso il VIS.
Giovane testimone
I miei contatti con Sean si inter-
ruppero a causa della lontananza.
Lo ricordavo sempre molto volen-
tieri quando prendevo tra le mani la
foto ricordo dell'incontro con il
Papa.
Dopo la notizia della sua morte
..._ ,--.,..,,_.,.,:::':".:n~
ho potuto leggere la rassegna stam-
pa che lo riguardava. Tutti concordi
nel definirlo un autentico testimo-
ne, un giovane martire ucciso per i
suoi ideali. Quasi tutte le foto di
Sean lo ritraggono con dei bambini
o insieme a giovani. Dopo aver la-
vorato come volontario in Liberia
fu costretto a lasciare il paese nel
1990, dopo aver rischiato in un paio
di occasioni di essere ucciso per aver
difeso i ragazzi della missione sale-
siana. Allora si aggregò alle forze
dell'Unicef per portare aiuto ai
bambini che morivano di fame nella
Somalia. A K.isimayo, città a 250
km a sud di Mogadiscio, Sean era
un grande amico dei bambini. Ma è
stato lì, la sera del 2 gennaio scorso,
che le sue due guardie del corpo gli
hanno sparato alle spalle mentre
rientrava in casa. Aveva urlato in
faccia a questi signori della guerra e
della morte che non ne poteva più di
pagare "salari" esorbitanti per la
sua "protezione": 250 dollari al
giorno per 400 metri di percorso.
Sean ha agito con coraggio, perché
era onesto e leale; era uomo di fede
che agiva per il bene degli altri, so-
prattutto dei bambini. Le sue
"guardie del corpo" gli hanno spa-
rato alle spalle, perché mai avrebbe-
ro potuto sopportare gli occhi lim-
pidi e sereni di Sean.
Nella lettera che Sean aveva in-
viato appena un mese e mezzo pri-
ma ai parrocchiani di St. Swithin, a
Yateley in Inghilterra, aveva con-
cluso dicendo: «Per quanto mi ri-
guarda mi sento frustrato e mi viene
il voltastomaco quando ho a che fa-
re con le autorità locali e le guardie
del corpo. La loro ingordigia mi fa
ammalare. Al contrario, mi sento
sollevato quando ho l'opportunità
di andare fuori città e vedere i centri
che distribuiscono alimenti e medi-
cine che funzionano e quindi ripren-
dere contatto con la faccia più gen-
tile dell'umanità. La scorsa settima-
na abbiamo ripulito dagli escremen-
ti il campo di calcio della città e ab-
biamo svolto con i ragazzi un tor-
neo. I somali sono eccezionali nella
corsa... A fianco del campo di cal-
cio ci sono centinaia di piccoli cu-
muli di terra. Sono le tombe dei
bambini morti di fame nei mesi
scorsi. Il contrasto è cosi tremendo,
ma mentre guardavo l'energia e
ascoltavo le risa dei bambini che
calciavano il pallone ho capito che il
messaggio era che dove c'è vita c'è
speranza».
Caro Sean, abbiamo speranza
grazie all'esempio della tua vita.
San Cipriano, nel terzo secolo, ri-
spose alla sentenza che lo condan-
nava a morte per la sua fede in Gesù
Cristo: Dea Gratias! Lo stesso ri-
spondiamo noi alla condanna ese-
guita a Kisimayo per la tua fede in
Cristo e nell'umanità sofferente.
Chi ti ha conosciuto ha il cuore tri-
ste per non poter più vedere il tuo
sorriso luminoso, ma ha anche la
certezza che sei andato avanti a noi,
indicandoci una strada. Quella del
coraggio, dell'impegno, della coe-
renza.
SETTEMBRE 1993 27

3.8 Page 28

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FAMIGLIA SALESIANA
IL NOSTRO PRIMO LIBRO
FU IL GALATEO
di Gherardo Leone
Lettera aperta all'exallievo Vittorio Sgarbi.
e aro Sgarbi,
La chiamo così e non onorevo-
le perché non mi rivolgo al politico,
ma all'exallievo, cresciuto come
me, per pochi o molti anni non so,
nel clima dell'educazione dei sale-
siani. Che lei non approva, rigetta,
trovandola oppressiva, come si è
espresso sul palcoscenico di non so
più quale trasmissione. Quella volta
mi trovai di sfuggita sintonizzato
sul canale nel quale lei appariva co-
me ospite. Le ponevano delle do-
mande, e a una di queste riguardan-
ti la fede lei rispose, tra l'altro, ac-
cennando con parole ferme al clima
qppressivo del collegio salesiano
dove è stato educato, che la induce-
va, per reazione, alla trasgressione.
Questo fu il succo delle sue paro-
le, alle quali avrei voluto riprendere
subito su queste colonne, ma ne ne
mancò il tempo e la possibilità pra-
tica. Ma rimuginai per molto tempo
dentro di me le cose da dirle.
Perché non ero assolutamente
d'accordo sulla patente di oppressi-
vità data ai salesiani. Nel cui orato-
rio e istituto scolastico ho trascorso
complessivamente dieci anni della
mia vita, senza contare quelli uni-
versitari con la nostra sede della
FUCI allogata nello stesso istituto.
Che era quello di Caserta, solido e
fiorente. Trecento e forse più colle-
giali, e centinaia di ragazzi nell'an-
nesso oratorioo festivo. Un'educa-
zione capillare, vastissima, che non
si avvertiva a fior di pelle, discreta
com'era e naturale.
All'oratorio ci aveva portato no-
stro padre fin dal primo approdo in
quella cittadina quasi interamente
militare o comunque di statali. Dal-
l'età di sette anni ho giocato, prega-
28 · SETTEMBRE 1993
to, rissato anche, nel grande cortile
dell'oratorio, confinante con i giar-
dini colmi di aranci e con un bel
portico dove d'estate, al termine
della ricreazione, ci riunivamo per
dire le preghiere della sera.
Un cancello e un orto ci divideva-
no dall'altro grande cortile dell'Isti-
tuo, riservato ai collegiali. Che vi
facevano regolari ricreazioni, con
partite di calcio, che s'interrompe-
vano di colpo al suono imperioso
della campanella, che chiamava a
raccolta per le altre · attività della
giornata: la scuola, lo studio, la
preghiera, la mensa.
Ero stato incapsulato anch'io in
questa vita regolata al cronometro,
subito dopo le elementari. Non da
interno, ma da esterno frequentato-
re del ginnasio. Dove mio padre,
papalino spaccato, ci aveva convo-
gliati, per farci dare un'educazione
tutta cattolica.
E tra le prime cose che mi aveva-
no messo in mano, assieme agli altri
libri di testo, era il galateo. Un li-
bretto seducente per tutto quello
che ci insegnava, dal comportamen-
to a tavola a tutto il resto. Seducen-
ti, almeno per me, erano tutti i libri
di studio. Ci venivano consegnati in
una stanzuccia del cortile, nuovi e
intonsi, con le pagine tutte da ta-
gliare, e tutti editi, se non sbaglio,
dalla SEI, la Società Editrice Sale-
siana. Sapevano di mistero, di novi-
tà, e tra i primissimi ci fu «Le mie
prigioni» di Silvio Pellico, che un
insegnante non sacerdote dell'Isti-
tuto, un cosiddetto istitutore, o for-
se cooperatore, ci fece amare, deli-
bandolo pagina per pagina, parola
per parola, con attenzione alle
espressioni, ai termini. Era un cala-
brese, se ben ricordo, giovane e bru-
no di carnagione, distinto, affabile.
Mi dispiace di non ricordarne con
sicurezza il nome. Ma anche gli altri
insegnanti, tutti sacerdoti o comun-
que religiosi, erano interessanti.
La disciplina certo c'era, rigoro-
sissima, con invii al cosiddetto «an-
golo» a ogni più piccola trasgressio-
ne. Ma io l'associo solo alle mie in-
temperanze, anche se non di mera
cattiveria.
Non so lei, Sgarbi, in quali collegi
sia stato, e con quale disciplina, cer-
to più moderata della mia, data la
diversa generazione. Ma in che cosa
poteva consistere, per lei, l'oppres-
sività salesiana? Nel ritmo delle
giornate regolate al millesimo, dalla
levata mattutina alle ore della not-
te? Al comportamento in aula, a ri-
creazione, a mensa, e nello studio:
quegli stanzoni bene ordinati, con
piccole scrivanie individuali perfet-
tamente allineate, dove ogni cosa
era al suo posto giusto, e anche ira-
gazzi non sgarravano di una virgola,
composti e raccolti, senza un movi-
mento superfluo. Sotto gli occhi del-
l'istitutore che studiava per conto
suo dall'alto di una cattedra posta a
fronte.
Quella disciplina, certo, poteva
pesare, specie per un tipo pieno di
immaginazione come lei. Ma era
l'educazione che qualcuno per lei
aveva scelto, espressamente voluta
per darle anche principi specificata-
mente cattolici. Perché che altro po-
tevano darle i salesiani se non que-
sti, con la fede, la morale. Io non so
in che consistesse l'oppressività che
le dava insofferenza. Può darsi che
lei, anche per il suo temperamento
vivace, si sia trovato particolarmen-
te in difficoltà. Non posso biasi-
marla per questo. Ma da questo a
negare tutto ...
Voglio credere che in certe sue
uscite ci sia il gusto birichino di
scandalizzare, scuotere, smuovere,
per la sua naturale vitalità, e non
una intrinseca implacabile rigorosi-
tà. Del resto, lo vedo, o meglio lo
leggo, lei è un uomo di spirito e si
diverte molto spesso ad assumere
atteggiamenti, e a dare risposte, stu-
pefacenti.
Ed è anche estremamemte since-1

3.9 Page 29

▲back to top
ro, anche a çosto di automortificar-
si, come quando ha rivelato che è
stato rifiutato come marito dalla
bella deputata Silvia Costa.
Ebbene, forse la farò arrabbiare,
ma questa sua linearità, questa sua
apertura, sia pure scandalistica, di
sincerità, lo voglia ammettere o no,
è frutto della sua educazione sale-
siana. Non me ne voglia per questo.
E anche se non posso essere d'ac-
cordo con lei su tante cose, devo
dirle che apprezzo molto le sue qua-
lità di critico d'arte.
COOPERATORI
IN QUIRINALE
di Daniele Siddi e Pierangelo Fabrini
Nel mese di aprile i cooperatori italiani sono
stati ricevuti dal presidente Scaljaro.
I I Presidente è in casa. Lo indica
la bandiera tricolore che sventola
nel cielo terso sul colle del Quirina-
le. Sono le 10 del 7 aprile scorso: è
l'ora del cambio della guardia. Poli-
ziotti a cavallo, commessi, vigili ur-
bani e corazzieri completano la cor-
nice di immagine e di sicurezza che
circonda la residenza del primo cit-
tadino della repubblica.
Noi, coordinatori ispettoriali pro-
venienti da tutta Italia, attendiamo
pazientemente l'espletamento delle
ultime formalità prima dell'udien-
za. Minuti carichi di trepidazione
per tutti. Consapevolezza di vivere
un momento unico. Umana curiosi-
tà per ammirare dal di dentro il pre-
stigioso palazzo e le sue stanze.
Finalmente la chiamata, l'ingres-
so silenzioso, il saluto del corazziere,
l'ampio scalone a struttura elicoida-
le, il pavimento in parquet intarsiato,
l'anticamera con gli affreschi e Pli
stucchi dorati... e lui, Oscar Lmgi
Scalfaro, Presidente della Repubbli-
ca, cooperatore salesiano, cortese e
visibilmente lieto nello stringere la
mano a ciascuno di noi.
Ci fa accomodare. Pierangelo Fa-
brini, consultore mondiale dell 'As-
sociazione, gli rivolge un indirizzo
di saluto. Il Presidente ascolta.
Quindi, familiarmente e con buon
senso dell'umorismo che crea subito
confidenza, conversa_rievocando la
sua giovinezza vissuta con puntuale
riferimento a Don Bosco ed ai sale-
siani. Poi la domanda sul nuovo re-
golamento dei cooperatori: «Quanti
articoli ha?». «Cinquanta», gli ri-
spondiamo. Quello scritto da Don
Bosco appena otto. «Dunque 42 ar-
ticoli sono inutili o dannosi». Al di
là della celia, Scalfaro ci invita a tor-
nare alle radici: onesti cittadini e
buoni cristiani. Già, "onesti cittadi-
ni". Proprio oggi questo si impone
come un obiettivo primario dell'e-
ducazione salesiana. Così il discoro
arriva a tangentopoli con un parago-
ne tratto dal mondo della scuola:
«Siamo caduti non su un arduo pro-
blema di interpretazione del paradi-
so dantesco all'esame ·di maturità,
ma sulle aste e sull'ABC della prima
elementare. Purtroppo in certi am-
bienti cattolici ho sentito dire che in
politica bisogna saperci fare, che bi-
sogna essere furbi... ma la furbizia è
orientata al proprio tornaconto;
non ci sono furbi altruisti». E di se-
guito una considerazione che suona
come doveroso impegno per tutti i
cooperatori: «Il nostro non è pro-
blema di moneta o di disoccupazio-
ne .. .è invece un problema di norma
morale: è vostro compito aiutare la
gente a ritrovarla».
Pierangelo Fabrini, qualche mi-
nuto prima, aveva detto al Presiden-
te: «In questi mesi stiamo preparan-
do il Congresso della Regione Italia
e Medio Oriente, che si celebrerà a
Roma dal 4 all'8 settembre di questo
anno, su un tema che riteniamo di
estrema attualità: "Nuove povertà e
nuove solidarietà: società plurietni-
ca e cultura dell'accoglienza». E ser-
virà a tracciare le prospettive ideali e
concrete del nostro impegno per i
prossimi sette anni, alle soglie del
terzo millennio, aprendosi alla sem-
pre più urgente necessità di solida-
rietà; alla sempre più urgente neces-
sità di educazione ad accogliere la
differenza e a viverla come ricchez-
za, come preziosa possibilità offerta
nelle nostre mani per costruire l'esi-
stenza, per scoprire nel fratello un
dono per noi e con gioia e stupore
scoprire di esser generoso dono per
chi ci sta accanto, e di educazione a
tradurre concretamente la fede in
fatti impastati di solidarietà».
SETTEMBRE 1993 29

3.10 Page 30

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INCONTRI
LE ·UMILI ORIGINI
DI UNA STORIA
BELLISSIMA
di Umberto De Vanna
La terra dei sogni
di Giovannino Bosco
è diventata meta
di pellegrinaggi. Alla
riscoperta delle umili
radici di una storia
guidata da Dio.
30 - SETTEMBRE 1993
P« er la Famiglia Salesiana, il
Colle Don Bosco è il luogo
delle origini del suo carisma. È la
terra dove un ragazzo di nome Gio-
vannino ha detto un sì incondizio-
nato al Signore che gli chiedeva di
occuparsi dei ragazzi con allegria e
amorevolezza. Per il Piemonte poi,
il Colle è diventato un ambiente reli-
gioso ricercato, e anche una simpa-
tica meta turistica, dal momento
che lo spettacolo ambientale è bel-
lissimo».
Cosi l'attuale rettore del grande
santuario, don Elio Scotti.
Qui Giovannino è diventato
Don Bosco
Don Scotti al Colle.si sente piena-
mente a suo agio. A poca distanza
c'è la casa in cui è nato, ed è pieno
di ammirazione per la virtù, la tena-
cia, la religiosità, il senso dell'one-
stà e del lavoro della gente astigia-
na. Da ragazzo si trasferì per gli stu-
di a Torino-Valdocco e là fu con-
quistato dalla figura di Don Bosco
e dall'idea di lavorare per i giovani.
In realtà suo padre, grande ammira-
tore di Don Bosco, tre volte deputa-
to al parlamento italiano, era stato
mandato al confino dai fascisti ed
era stato costretto a mettere i figli in
collegio.
I Colle Don Bosco. Un intervento di
don Scotti a un meeting giovanile.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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«Don Scotti:, quale Don Bosco si
respira qui?».
«Il Colle ha nella chiesa superiore
il Cristo risorto e stanno ormai cir-
condando questa grande statua (la
più grande del mondo in legno) i
pannelli della Via Lucis, quasi a di-
re, per usare le parole del Rettor
Maggiore, che Don Bosco è stato il
santo che ha presentato il Vangelo
in chiave di ottimismo e di profon-
da speranza. Qui Don Bosco vive
della risurrezione, di un Risorto che
è accanto a noi, che ci dà forza eco-
raggio anche ne·i momenti più diffi-
cili della vita».
Ci sono anche le radici umili di
Don Bosco... ».
«Queste servono per la contem-
plazione di quella che è la sua po-
vertà. Diceva Mamma Margherita:
''Lo sà il Signore perché ti è morto
il padre a due anni". Se non gli fosse
morto il padre, Giovannino avrebbe
sicuramente vissuto una giovinezza
diversa. Eppure quell'essere orfa-
no, quel sentirsi perfino un po' ma-
le a casa sua con il fratello che non
voleva che studiasse, l'abitare in
una casa piccolissima, mai battuta
dal sole, una scarsità che giungeva a
volte perfino a momenti di esaspe-
razione, come quando Mamma
Margherita dovette uccidere il vitel-
lo di pochi mesi, non gli tolgono la
serenità, perché capisce che il Si-
gnore e la Madonna vogliono fare
di lui qualcosa proprio a partire da
quella estrema povertà. Giovannino
che si mette a studiare, anche se in
questa zona non vi era ancora nes-
suna scuola, che vive per due anni a
Cascina Moglia, che va a Chieri e
poi a Torino, è un giovane di spe-
ranza, un uomo che attraverso il sa-
crificio, il lavoro, l'ansia quotidia-
na del sopravvivere ha imparato a
credere nella Provvidenza».
IGiovanni Paolo Il al Colle. Al
centro il rettore don Elio Scotti, a
sinistra Corrado Piazza di Ortisei,
autore del grande Cristo Risorto.
(Foto A. Mari)
Per tutti i giovani
Don Scotti si dice soddisfatto per
il notevole e crescente numero dei
pellegrini che giungono al Colle.
Non meno di 1600 gruppi ogni an-
no, dei quali 250 dall'estero. Una
presenza annuale di circa 500 mila
pellegrini, che fanno di questo com-
SETTEMBRE 1993 31

4.2 Page 32

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IL «PROGETTO COLLE»
Praticamente fino al 1915 al Colle ci si occupò soltanto di conservare l'u-
mile casetta dove Mamma Margherita visse con Giovannino Bosco e i
suoi fratelli Antonio e Giuseppe.
Dal 1915 al '35 venne invece ricuperato tutto il centro storico: furono ac-
quistate le case vicine , in particolare la casa di Giuseppe, e fu costruito
il santuarietto di Maria Ausiliatrice.
Nel 1940 si avviò la costruzione del grandioso edificio scolastico - I' Isti-
tuto Bernardi-Semeria - proprio sul terreno dove sorgeva la casa Biglio-
ne, dove nacque Don Bosco e dove gli morì il padre Francesco.
Dal 1960-65 iniziarono i lavori del santuario con le due grandi chiese:
quella inferiore che fu consacrata nel '65; e quella superiore consacrata
nell'84.
Nel 1988, in occasione del centenario della morte di Don Bosco, attraver-
so il Progetto Colle, si pensò di ristrutturare ogni ambiente per renderli
idonei all'accoglienza dei moltissimi pellegrini che sarebbero venuti da
ogni parte del mondo. La ristrutturazìone rimise a nuovo il ricchissimo Mu-
seo etnico-missionario, testimonianza qualificata delle culture in cui vis-
sero e operano tuttora i missionari salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatri-
ce. E fu inaugurato il Museo della vita contadina per documentare il modo
di lavorare e di vivere dei contadini in questa regione al tempo di Giovan-
nino Bosco.
Intanto per iniziativa di alcuni membri della Famiglia Salesiana particolar-
mente sensibili alla dimensione contemplativa, nella zona della chiesetta
dell 'Ausiliatrice nasceva il CEM (Cenacolo Eucaristico Mariano).
Ora altri progetti sono in cantiere,
·
soprattutto a .servizio dei giovani :
l'ex cascina agricola si è trasforma-
ta in un luogo di accoglienza per i
giovani che vengono soprattutto
dall'estero. E il vecchio ristorante
diventa un luogo di accoglienza
per giornate di spiritualità giovanili,
di ritiro, di esercizi spirituali.
Più recentemente è stato inaugura-
to il Ristoro del Pellegrino, che è in
grado di garantire il self-service per
alcune centinala di persone.
La rivista del Colle. Ha come scopo
specifico quello di presentare la figu-
ra storica e la spiritualità educativa di
Don Bosco. E di presentare e diffon-
dere la devozione a Don Bosco nel
mondo.
Santo dei giovani, luogo che Gio-
vanni Paolo II ha definito felice-
mente " Colle delle Beatitudini gio-
vanili"» .
La Betlemme dei salesiani laici
« Tanti salesiani laici sono usciti
dal Colle e sono partiti verso le varie
scuole professionali e le missioni.. .».
«Don Ricaldone e prima ancora
don Rinaldi pensarono al Colle co-
me a una casa di formazione per
giovani provenienti da tutta l'Italia
settentrionale desiderosi di vivere la
loro vocazione salesiana impegnan-
dosi nel campo professionale. Per
questo sorsero qui la casa agricola e
la scuola agricola, la scuola di fale-
gnameria e di sartoria, di calzoleria
e di meccanica e infine la scuola
grafica, che ebbe poi particolare
sviluppo perché don Ricaldone vol-
le potenziare la Libreria Dottrina
Cristiana (LDC), che ebbe i suoi ini-
zi proprio al Colle. Molti di questi
salesiani laici si sono sparsi in tutto
il mondo e hanno fondato ovunque
laboratori e scuole agricole».
«Questa è storia del passato o è
ancora storia dei nostri giorni?».
«La scuola media e il centro pro-
fessionale grafico_, professional-
mente molto qualificato, tanto.che i
ragazzi trovano lavoro prima di fi-
nire gli studi, accolgono ancora ra-
gazzi e giovani che sono orientati
maggiormente verso l'impegno e
l'apostolato. Non mancano anche
oggi dei giovani che cercano la vita
salesiana e altri che si impegnano
nelle loro parrocchie».
plesso uno dei primi dieci santµari
d' Italia.
Ma altre iniziative, al di là di
quello che è stato chiamato il «Pro-
getto Colle», sono in cantiere, so-
prattutto a servizio dei giovani. ·In
gran parte sono progetti legati alle
attività nate nell'ambito del Movi-
mento Giovanile Salesiano e della
pastorale giovanile in genere. I sale-
siani hanno già dichiarato il loro en-
tusiasmo e pensano a un passaggio
regolare di giovani dalle varie ispet-
torie d'Europa, che a contatto con
i luoghi di Don Bosco attingeranno
più facilmente e in modo più pieno
32 - SETTEMBRE 1993
alla sua spiritualità. «Ultimamen-
te», precisa don Scotti, «sono stati
messi a servizio dei giovani due
grandi ambienti: l'ex cascina agri-
cola, che si è trasformata in un luo-
go di accoglienza per quelli che ven-
gono soprattutto dall'estero per
giornate di incontro e di ricerca, e il
vecchio ristorante che diventa un
luogo di accoglienza per giornate di
spiritualità giovanili, di ritiro, di
esercizi spirituali. Con queste ulti-
me iniziative, il Colle è un santuario
per tutti gli amici di Don Bosco, ma
con un'attenzione particolare per i
giovani. Questa è infatti la terra del
Un bilancio positivo
«La congregazione si è sviluppata
in oltre 100 nazioni in modo impen-
sato e qui ci troviamo alle origini di
questo miracolo», aggiunge conclu-
dendo don Scotti. «Don Bosco nel
sogno del 1886 a Sarria in Spagna si
trovò proprio qui in questo cortile e
fu da qui che la pastorella gli fece
vedere le opere che da Santiago del
Cile a Pechino sarebbero sorte per
il bene dei giovani. Quando noi ve-
diamo arrivare i salesiani da ogni
parte del mondo , non possiamo che
gioire di questa straordinaria e pro-
digiosa fecondità, partita da inizi
così umili».
Umberto De Vanna

4.3 Page 33

▲back to top
BS
di Jean-François Meurs
LA VIRTÙ MAGICA
DEL CIOCCOLATO
Daniele è un tipo iper-bizzarro ed
eccitabile, ma non è colpa sua.
Quando è morta sua madre, lui è
tornato a vivere da suo padre, ma la
sua "nuova madre" , come la chia-
ma lui , non ha mai voluto accettarlo.
E siccome suo padre non osa troppo
prendere le sue difese, Daniele è
più sovente per la strada che a casa
sua. Quando le cose vanno davvero
male, lui va a dormire un giorno o
due da Carlo. È da lui che l'ho cono-
sciuto.
Daniele si è gettato ci.a un ponte
dell'autostrada perché la sua amica
del cuore non ne voleva più sapere
di lui. È una cosa normale, lei era
troppo giovane, aveva solo 14 anni.
Ha avuto una gamba e un braccio
rotti, e anche qualche cosa alla co-
lonna vertebrale. Ebbene, lui getta-
va ancora le sue scarpe
dietro gli automobilisti che
volevano aiutarlo, e mor-
deva!
Ma così non poteva an-
dare avanti, allora il giudi-
ce lo ha piazzato presso un
educatore che è anche un
prete. Se ne trovano abba-
stanza che oggi fanno que-
sto mestiere. Questo prete
si chiama Stefano, e abbia-
mo cominciato a conoscer-
lo anche noi , perché di tan-
to in tanto passiamo a tro-
vare Daniele.
Una sera abbiamo trova-
to Daniele sdraiato sul cor-
nicione. La sua camera è
proprio sotto il tetto. Dice-
va che era andato Il per " riflettere" .
Lui ama le emozioni forti ed è per
questo che è fanatico del rock: lron
Maiden, Motorhead... Ma il colmo è
martedì: aveva trovato non so dove
delle tende nere con delle guarnizio-
C'è della gente che ce l'ha a mor-
te con la musica hard-rock e i
suoi fantasmi. Quando vede un
giovane con l'auricolare che in-
differente a tutto sente una musi-
ca di cui si percepisce solo il ton-
fo sordo della batteria, gli sembra
che un muro invalicabile divida i
loro due mondi. Ma un educatore
che reagisce in questo modo non
concluderà molto, se non sa offri-
re ai giovani .delle soddisfazioni
alternative altrettanto emozio-
nanti. La musica rock per molti
giovani ha una funzione esplora-
trice e compensatrice.
ni d'argento per i funerali, e le aveva
messe tutte attorno alla sua stanza,
con due candelieri e una lampada
viola. E ascoltava musica hard ad al-
tissimo volume. Aveva creato così
l'atmosfera!
È solo in seguito che abbiamo vi-
sto questo, ma quando siamo arriva-
ti, lui scendeva dalla sua stanza co-
me se avesse il diavolo alle calca-
gna. Aveva la faccia verde e la voce
non sembrava la sua. Gridava: «Ho
visto uno spirito! C'è un fantasma
nella mia camera!». E diceva al pre-
te di esorcizzarlo.
Don Stefano non ha detto nulla,
ma è andato ad aprire un cassetto
dove ha preso della cioccolata, e ne
ha offerto un pezzo a Daniele, che
gridava che non voleva che si pren-
desse gioco di lui. Ma don Stefano
gli ha assicurato che il cioccolato è
un rimedio eccellente contro i cattivi
spiriti. E ho visto Daniele gettarsi sul
cioccolato dicendo che erano già
quindici giorni che non ne mangiava.
«Lo sospettavo», ha detto don
Stefano: «Tu hai speso tut-
to in dischi. Il prossimo me-
se pensa a comperare la
tua razione abituale di
cioccolato. È buono, anche
più della tua musica rock,
per far digerire i cattivi
umori dei professori e le
frustazioni!».
Ne ha dato anche a noi,
e devo dire che Daniele si
era calmato davvero. Poi
ha cominciato a ridere
quando ci ha raccontato
delle tende, le candele, i
poster e i suoi " riti" maca-
bri, come diceva lui (si al-
lungava disteso a terra o
alzava le braccia in alto).
Siamo andati a vedere la sua
stanza e abbiamo smontato tutto in-
sieme a lui. Don Stefano è astuto. E
il suo buon senso è buono come il
suo cioccolato.
a
SETTEMBRE 1993 33

4.4 Page 34

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34 - SETTEMBRE 1993

4.5 Page 35

▲back to top
I L'inondazione ha travolto ogni
cosa, creando uno sbarramento
di 500 metri.
di Luis Sanchez Armijos
L'inondazione che ha
invaso una vasta zona
dell'Ecuador, ha lasciato
la popolazione nella
desolazione.
La ricostruzione dei fatti
nel racconto
dell'ispettore salesiano.
I 129 marzo di quest'anno abbia-
mo avuto la sgradevole sorpresa
di una grande inondazione nella zo-
na La Josefina, presso El Descanso,
al crocevia per Cuenca, Azogues,
Paute, Gualaceo e la provincia di
Morona Santiago. L'inondazione
fu causata dalle persistenti piogge,
ma anche dallo sfruttamento indi-
scriminato di una miniera situata in
quella zona. L'inondazione travolse
una grande quantità di materiale,
che si trasformò in uno sbarramen-
to di 500 metri di altezza sul letto
del fiume Paute. L'acqua non riuscì
a trascinare questo materiale. Nello
stesso tempo si formò un lago che
crebbe fino quasi a toccare Cuenca
e Azogues.
Stando al giudizio dei tecnici ve-
nuti dalle varie nazioni, sembrava
pericoloso bombardare lo sbarra-
mento, perché si sarebbe prodotto
un'enorme defluire dell'acqua e vi
era il rischio che crollasse un'altra
parte della montagna. Decisero
quindi di liberare la diga con dei
macchinari che potevano aprirsi la
strada fin per avvicinarsi. Fu un
lavoro faticosissimo, ma riuscirono
a fare un grosso canale, che sembra-
va a tutta prima sufficiente a far
scorrere l'acqua, una volta che fos-
se uscita dalla diga.
Come far defluire l'acqua
Sfortunatamente i calcoli non fu-
rono esatti. Passati otto giorni del
tempo previsto per lo straripamen-
to, l'acqua che usciva era appena la
decima parte di quella che vi entra-
va. Di conseguenza il lago continua-
va a crescere, con grande pericolo e
danno, perché copriva le case e tra-
volgeva i campi, le coltivazioni, le
strade.
In questo modo, gli abitanti di
Cuenca, Azogues, Paute e dintorni
vivevano in continuo pericolo: quel-
li di Cuenca e Azogues, perché cor-
revano il rischio che l'acqua rag-
giungesse la loro città; quelli della
sponda del fiume Paute, perché non
sapevano quali conseguenze avreb-
be avuto l'apertura del canale.
Nel frattempo tanti abitanti di
Paute furono costretti ad abbando-
nare le loro case per cercarsi un po-
sto più sicuro. Si sistemarono così
in tende di fortuna, senza poter la-
vorare, guardando impotenti le loro
case e i terreni, la cui sorte era in-
certa.
Davanti a tanta incertezza, i mili-
tari credettero bene di bombardare
la diga con missili antiaerei. Era il
primo maggio. In questo modo fu
aperto un passaggio all'uscita del-
l'acqua, che, come si temeva, trasci-
nò con sè ogni sorta di materiale,
sradicando alberi, coprendo le case
e distruggendo i ponti. I campi col-
tivati furono totalmente distrutti.
Il ponte del distretto di Paute che
stava più in basso servi da argine:
non poterono passare i tronchi e gli
alberi sradicati dalla corrente; tanto
meno poterono travolgere il ponte.
A causa di questo si formò un lago
che, estendendonsi rapidamente fi-
no a Paute, causò distruzione in
molte case e seminò il panico e lo
sconcerto tra la gente.
Dopo un'ora, davanti al grave
pericolo di cancellare del tutto Pau-
te, i militari bombardarono il pon-
te. Così il fiume potè seguire il suo
BS
corso, causando disgraziatamente
danni terribili più sotto, nella pro-
vincia di Azuay e di Morona San-
tiago.
Moltissime persone persero la ca-
sa, i terreni e il lavoro.
fl Colegio Agronomico
Salesiano a Uzhupud
A Uzhupud, di fianco all'albergo
dello stesso nome, vi è il Colegio
A gronomico Salesiano, che prima si
trovava a Cuenca e che fu trasferito
qui nell'ottobre del 1991. Ci vollero
però quattro anni per costruire gli
edifici e per preparare il terreno per-
ché fosse adatto alle coitivazioni. Si
tratta di una scuola agricola. Metà
degli allievi provengono da Cuenca,
l' altra metà dalla zona di Uzhupud.
Tutti i salesiani della comunità
furono molto soddisfatti del cam-
biamento di sede. Meritano partico-
lare segnalazione i salesiani laici,
uomini pratici e di grande iniziati-
va, che diressero e realizzarono la
maggior parte della costruzione, il
sistema di irrigazione e la prepara-
zione tecnica del terreno destinato
alla coltivazione.
Il terreno coltivabile era di 35 et-
tari. Grazie all'abilità dei salesiani
laici, fu tutto ben coltivato e serviva
per le diverse lezioni di agricoltura
degli allievi. Purtroppo, in pochi
minuti , questo giardino si è trasfor-
mato in un deserto.
Il fiume impetuoso si portò via
anche il ponte che univa il nostro
collegio con la strada che va da
Cuenca a Paute. Fortunatamente
l' acqua non distrusse gli edifici. Co-
munque i danni causati sono gran-
di, intorno ai 1.500 milioni di su-
cres. Ma si deve aggiungere che ira-
gazzi hanno serie difficoltà a rag-
giungere il collegio. Quelli di Cuen-
ca impiegano tre ore per venire e al-
trettante per tornare. Quelli dei din-
torni di Uzhupud non possono at-
traversare il fiume.
ùi fronte a questa situazione sor-
se l'esigenza di fare scuola agli allie-
vi di Cuenca presso il Colegio Técni-
co Salesiano. E lo si è fatto in forma
intensa, per poter terminare i pro-
grammi entro il mese di maggio .
Qualcosa di simile si dovrà fare per
gli allievi di Uzhupud e dintorni.
Pet essi sarà necessario un ponte sul
SETTEMBRE 1993 35

4.6 Page 36

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Il gioco consiste in 26 carte per
ognuna delle sei aree tematiche
in cui viene suddiviso l'argo-
mento Bibbia: parole e citazio-
ni; domande varie; persone e
storie; luoghi e fatti; piante, ani-
mali, numeri; in'lungo e in largo.
Ogni carta contiene tre doman-
de, con diverso grado di difficol-
tà. E sul retro, le risposte. Per
un minimo di due giocatori o per
squadre.
fiume Paute, almeno per i pedoni.
Dopo il disastro, i salesiani di Uz-
hupud, superando l'inevitabile sco-
raggiamento nel vedere andato per-
duto il frutto di tanto lavoro a favo-
re dei rag_azzi più bisognosi della zo-
na, si sono immediatamente impe-
gnati a rimettere in piedi ogni cosa,
così come era possibile, date le loro
scarse possibilità.
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MASSIMO SCHIAVETTA
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Pagg . 173, lire 15.000
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rie per un numero vario di parte-
cipanti, da svolgersi all'aperto o
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36 - SETTEMBRE 1993
L 'Rogar juvenil Don Bosco
di Paute
A Paute, a circa 800 metri dal
centro del paese, i salesiani hanno
l'Hogar Juvenil Don Bosco. È un in-
ternato che ospita ragazzi poveri dei
dintorni della cittadina. Per i ragaz-
zi è la loro vera casa, dove vivono
dal lunedì al venerdì. Per la scuola
vqnno (o meglio, andavano) al col-
legio di Paute o a quello di Uz-
hupud.
Le acque fangose, che si raccolse-
ro nel giro di un'ora, hanno distrut-
to una casa-laboratorio e hanno in-
vaso tutti i locali dell'Hogar. Si cal-
cola una perdita di circa cento mi-
Honi di sucres.
Anche a Paute, così come si è fat-
to subito a Uzhupud, si è intrapreso
ill}mediatamente il lavoro di rico-
struzione, grazie all'entusiasmo e
alla ferrea volontà dei salesiani del-
la casa. Molti allievi prestano vo-
lontariamente la loro collaborazio-
ne per vedere subito rimessa a nuo-
vo "la loro casa".
Una catena di solidarietà
Anche se la prima responsabilità
di vigilare su questa gente è dello
stato, il popolo ha manifestato una
IUzhupud. Il consigliere regionale
don Garcìa, qui tra due salesiani,
ha voluto manifestare la sua
solidarietà alla popolazione
colpita dall'inondazione.
maggior fiducia nella Chiesa e sin
dall'inizio ha fatto arrivare a mon-
signor Luna, arcivescovo di Cuen-
ca, vari soccorsi a favore dei dan-
neggiati. E monsignor Luna ha dato
vita a una catena di solidarietà, an-
che se le necessità superano i soc-
corsi. Le perdite materiali sono sta-
te grandi. Solo nelle due case sale-
siane di Uzhupud e Paute si parla di
danni per circa 850.000 dollari. Sen-
za calcolare che molti genitori dei
giovani che frequentano i nostri
centri educativi non potranno più
pagare la loro modesta retta, perché
hanno perso la casa e i campi, e si
ritrovano senza lavoro.
Penso sia doveroso, da parte di
tutti noi, manifestare la nostra soli-
darietà e pensare alla possibilità di
dare una mano a questa povera
gente.
Luis Sa'1chez Armijos
Jnspectoria Salesiana del Ecuador
Calle A lpallana, 144
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QUITO - ECUADOR

4.7 Page 37

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Carmen e Lina.
SETTEMBRE 1993 37

4.8 Page 38

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STORIA SALESIANA
Don Vittorio Alasonatti,
primo «braccio destro»
di Don Bosco, per dieci
anni suo infaticabile
collaboratore.
.7
A vigliana, amena località posta
fra la Dora Riparia e due pic-
coli laghi, a 25 km da Torino, domi-
nata dalla millenaria Sagra di S. Mi-
chele, sulla strada del Moncenisio e
del Monginevro. Furiosi venti spaz-
zano la parte alta del paese, tutto
circondato da boschi ricchi di cac-
ciagione e da discreti giacimenti di
torba. Vi passarono molti grandi
della storia: Giulio Cesare, Carlo
Magno, Federico Barbarossa, Fran-
cesco I, Napoleone, Pio VII prigio-
niero dell'imperatore dei francesi.
È ad Avigliana, e precisamente al
santuario della Madonna dei laghi,
che nell'estate 1850 Don Bosco con
un centinaio di giovani (dai 16 ai 48
anni!) si ferma a riposare. Da parec-
chie ore stanno camminando alla
volta del seminario di Giaveno per
fare gli esercizi spirituali. Ad atten-
derli c'è un prete trentottenne, don
Vittorio Alasonatti, che, dietro ri-
chiesta del Cafasso, s'è dato da fare
a preparare per gli ospiti un'abbon-
dante colazione. Ma non si accon-
tenta di rifocillarli; va da loro a Gia-
veno, ne riceve le confessioni, assiste
alle prediche. Si rende così conto di
tante cose: chi fossero quei giovani,
da quale ambiente venissero, quali
gli obiettivi del loro educatore.
Non era quello il suo primo in-
contro con Don Bosco. Lo aveva già
incontrato più -volte andando assie-
me a fare gli esercizi spirituali a ·S.
Ignazio, sopra Lanzo, ma ora, in
compagnia dei suoi giovani, gli ap-
pariva in luce nuova. Che cosa si
dissero in quei pochi giorni non lo
sappiamo. Forse Don Bosco appro-
fittò immediatamente di quell'occa-
sione per invitare l'amico a venire a
Torino per dargli una mano all'Ora-
torio, visto che altri, quelli della pri-
ma ora, lo avevano lasciato prati-
38 · SETTEMBRE 1993
Avigl!ana, il !ago e il santuario della Madonna dei laghi. È qui
che Don Bosco incontra don Alasonatti.
camente solo. Un fatto però è sicu-
ro: rimasero in contatto, tanto che
due anni dopo si ripetè la stessa sce-
na. E non c'è dubbio che questa vol-
ta Don Bosco gli abbia avanzato la
proposta. Ma sarebbero passati altri
due anni prima che don Vittorio la
accettasse.
Una lettera lo fece capitolare
Un giorno, verso la fine del 1853,
Don Alasonatti si vide recapitare a
casa una lettera da Valdocco: L'a-
prì e lesse: «Mio buon amico, se
vuol seguire la voce di Dio, faccia
tacere per ora la voce della natura e

4.9 Page 39

▲back to top
Sequere me (seguimi); ho però quel-
la di ricordarle, che Dio ha bisogno
che lo venga a servire a Torino, a
benefizio di queste centinaia di ra-
gazzi, che aspettano chi loro spezzi
il pane della vita e quello dell'ani-
ma... ». Come resistere ad un simile
invito? Certo, non c'è da giurare
che Don Bosco abbia scritto pro-
prio queste parole (sembrano piut-
tosto uscite dalla penna del poeta,
amico e futuro confratello don
Francesia); ma le idee sono quelle di
Don Bosco. E Don Alasonatti capi-
tolò. Lasciò il ridente paesello, l'an-
ziano genitore, le comodità della fa-
miglia e corse all'Oratorio.
Tempo peggiore non poteva sce-
gliere: il 30 luglio era scoppiato a
Torino il colera, che in poco più di
4 mesi avrebbe portato alla tomba
quasi 1500 torinesi, di cui oltre la
metà residente nella zona dell'Ora-
torio. Ci voleva del coraggio abban-
donare un luogo praticamente im-
mune dal contagio per stabilirsi nel
posto più infetto della città! Più che
la paura del colera, poté l'amore a
Don Bosco e ai suoi giovani. Dopo
un primo contatto estivo, si stabilì
definitivamente all'Oratorio all'ini-
zio dell'anno scolastico 1854-1855.
degli affetti. Qui Dio lo aspetta. Io
non posso assicurarle altro che la-
voro, ma le sto garantendo che avrà
una gran ricompensa in paradiso. Si
faccia coraggio, imiti l'esempio de-
gli Apostoli, e venga dove il Signore
lo chiama... Quanto bene potrem-
mo fare! Non ho autorità di dirle:
Suddito di Napoleone
Don Alasonatti era nato ad Avi-
gliana il 15 novembre 1812, suddito
di quel Napo.leone che proprio in
quei mesi stava marciando con la
grande armata verso Mosca. Secon-
dogenito dei nove figli di Giovanni
e di Maria Vietti, Don Alasonatti
fece i primi studi al paese, li prose-
guì poi a Chieri, dove concluse i
corsi teologici nel 1835. Pochi mesi
dopo nel medesimo seminario li
avrebbe incominciati Don Bosco. E
come lui, appena ordinato sacerdo-
te, frequentò il convitto ecclesiasti-
co di Torino per seguire le conferen-
ze di morale del teologo Guala.
Nel giugno 1836 lo troviamo inse-
gnante elementare alle scuole comu-
nali di Avigliana. Non contento,
prese pure all'università di Torino
l'abilitazione all'insegnamento nelle
scuole ginnasiali inferiori (corri-
spondente all'attuale scuola media
inferiore). Per 18 anni insegnò al
paese mentre svolgeva il suo mini-
stero sacerdotale.
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fascino di Gesù, ma stentano ad
accettare la Chiesa. Il volume ap-
porta un contributo al supera-
mento di questa mentalità, per
aiutare i giovani a dire: «Chiesa sì
perché Gesù sì».
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attraverso giornali, radio,
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bro nasce da dieci anni di inse-
gnamento e mantiene il carattere
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SETTEMBRE 1993 - 39

4.10 Page 40

▲back to top
L'uomo giusto al posto giusto
Con Don Bosco non aveva molti
tratti in comune. Il viso era da asce-
ta, piuttosto serio, ben diverso da
quello naturalmente gioviale e sorri-
dente del santo di Valdocco. Calvo,
fronte solcata da profonde rughe,
occhi modesti, curvo nella persona,
lo avresti detto invecchiato anzitem-
po. Eppure era nel pieno della ma-
turità: aveva 42 anni. Né aveva
quelle doti che talvolta si pensano
indispensabili a un sacerdote, a un
educatore: la capacità di parlare, di
predicare, di attiritre l'attenzione di
ragazzi vivaci (si fa per dire) come
quelli dell'Oratorio. Benché si pre-
parasse minuziosamente, benché
meditasse e scrivesse le sue prediche
- molte sono conservate - quan-
do prendeva la parola si imbroglia-
va; tutto nella mente gli si offuscava
come polvere sollevata dal vento.
Parola di don Francesia, testimone
auricolare.
Ma di un uomo simile, tanto de-
voto al Signore quanto disponibile
per i giovani, Don.Bosco ne fece per
oltre dieci anni il suo braccio de-
stro, il prefetto come si diceva allo-
ra. Gli diede in mano l'amministra-
zione generale di una comunità di
centinaia di persone, fra interni ed
oratoriani; gli assegnò la direzione
dei laboratori e delle scuole; gli affi-
dò la responsabilità della condotta
morale dei giovani, l'assistenza in
tutti gli ambienti, la registrazione
economica di tutto. Ne fece il ceri-
moniere ufficiale della chiesa di S.
Francesco di Sales, il maestro di
canto gregoriano, il suo alter ego
per la corrispondenza epistolare.
Lui presente, Don Bosco poteva as-
sentarsi anche lunghi periodi di
tempo.
Ed erano anni difficili. Don Bo-
sco era solo, circondato da pochi
giovanissimi chierici: Angelo Savio
19 anni, Rua 17 anni, Francesia 16
anni e pochi altri, più o meno della
stessa età . Tutti con un massimo di
due anni di chiericato. Nessun prete
a tempo pieno ... se non don Alaso-
natti, l'ultimo arrivato. Il bilancio
economico poi segnava sempre ros-
so; le uscite sempre superiori alle
entrate... e Don Bosco che accetta-
va nuovi ragazzi, ampliava le co-
struzioni, investiva denaro - che
non ayeva - in nuovi laboratori e
40 · SETTEMBRE 1993
I Don Bosco a don Alasonatti: «Dio l'aspetta qui. Il Signore la
chiama ... » (Quadro di Musio).
scuole, pubblicava libri e libretti a
non finire. E lui, don Alasonatti, al-
le prese coi creditori esigenti, coi ge-
nitori insolventi, colla burocrazia
insensibile, coi politici insofferenti
di un'amministrazione, affidata al-
la buona volontà di un prete facto-
tum e di un santo sognatore più che
a esperti della partita doppia.
Anni difficili, certo, ma anche
anni di grande fecondità spirituale.
Un nome solo fra tutti: Domenico
Savio. Entrò all'Oratorio assieme a
don Alasonatti in quel fine 1854.
Per due anni Don Alasonatti visse
accanto a mamma Margherita. Ne
raccolse l'ultimo respiro, dopo
averne fatto allontanare il figlio
troppo affranto dal dolore. Conob-
be Michele Magone, Francesco Be-
succo e tutta la schiera dei primi sa-
lesiani, da don Rua e don Durando,
da don Barberis a don Cerruti, da
don Albera a don Cagliero.
Primo «prefetto» salesiano
Pochi mesi di vicinanza con Don
Bosco ed eccolo pronto, nella pri-
mavera del 1855, a fare i voti an-
nuali; quattro anni dopo, al sorgere
della congregazione salesiana, viene
eletto primo prefetto generale. Ri-
mase in questa carica fino alla mor-
te. Documenti importantissimi dei
primi anni della congregazione sale-
siana ne portano la bella grafia. La
sua firma è garanzia di autenticità.
Con Don Bosco condivise gioie e
dolori, fatiche e speranze. Per oltre
un decennio lavorò in una stanza-
ufficio, inchiodato alla sedia, fino
all'ultima malattia del maggio 1865,
quando lasciò l'oratorio per ritem-
prarsi la salute nel collegio di Lan-
zo, dove morì il 7 ottobre, poche
ore dopo aver visto realizzato un
suo sogno: quello del riconoscimen-
to del culto del conterraneo beato
Cherubino Testa, giovane monaco
agostiniano morto nel 1458. Per
molti anni aveva raccolto e trascritto
documenti, da inviare a Roma; dalla
città papale gli giunse, sul letto di
morte, il tanto sospirato decreto.
Con la morte di Don Alasonatti
Don Bosco perdeva un grande ami-
co, un generoso collaboratore, un
uomo cui doveva non poco di quan-
to di buono aveva fatto in quel de-
cennio, che rimane nella storia co-
me quello più creativo e geniale del-
la società salesiana. Ma l'umile pre-·
te di Avigliana rion lasciava un vuo-
to incolmabile: quel vuoto ormai
era pronto a riempirlo il ventotten-
ne don Rua, che accanto a lui ed a
Don Bosco, aveva avuto tempo per
farsi le ossa. Scherzi della provvi-
denza! Il futuro primo successore di
Don Bosco in realtà è anche il pri-
mo successore di don Alasonatti. Se
Don Rua «farà a metà» con Don
Bosco, don Alasonatti lo aveva già
fatto prima.
·
Francesco Motto

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
ABRIGO suor Pierina, figlia di Maria Ausiliatri-
ce, t Torino il 25/2/1993 a 81 anni.
. Oratoriana assidua al tempo In cui Il beato don
Rlnaldi era un assistente spirituale, fece profes-
sione proprio nelle sue mani. Per 40 anni lavorò
presso le case salesiane prodigandosi In tanti
servizi per alleggerire la vita faticosa di chierici e
sacerdoti. Quando la salute non le permise più di
svolgere questo servizio, si dedicò all 'animazione
d~I laboratori " Mamma Margherita" per aiutare
le missioni.
BAVA sac. Mario, salesiano, t Torino il
7/4/1993 a 72 anni.
Nato a Murisengo (AL), aveva fatto Il noviziato
a Chieri-Villa Maglia, dove nel 1939 divenne sale-
siano. Fu ordinato sacerdote nel 1951 , dopo aver
completato gli studi alla Gregoriana di Roma. Nel
1955 divenne parroco, prima a Cuneo e poi a To-
rino, da tutti apprezzato per ii suo zelo . Nel 1969
divenne ispettore della Subalpina, dove diede
particolarmente impulso alle opere più spiccata-
mente pastorali. Dal 1975 fu di nuovo parroco,
prima ai S. Agostino di Milano e poi a Pavia. Era
suo desiderio trascorrere l'ultimo periodo della vi-
ta presso la Basilica di Maria Ausiliatrice a
Torino-Vaidocco, ma per un male incurabile qua-
si inaspettatamente il Signore lo chiamò a sé. Ha
lasciato scritto nel suo diario: «Il bene che ho ope-
rato come salesiano e sacerdote è tutto di Maria.
È lei che riparava I miei fiaschi , che mi cambiava
l'acqua in vino senza che me ne accorgessi. Tut-
to ha fatto Maria!».
MANENTE sac. Giacomo, salesiano t Mogliano
Veneto (Treviso) 1'8/4/1993 a 81 anni.
Il Giovedl Santo, mentre la liturgia invitava alla
celebrazione della Cena del Signore, don Giaco-
mo ven iva chiamato al grande Banchetto che il
Signore ha preparato al "servo buono e fedele".
E tale fu tutta la sua vita di sacerdote e salesiano.
Fu insegnante apprezzato, cappellano militare
durante la guerra In Albania e poi prigioniero in
Germania. Divenne maestro dei novizi in Sicilia e
poi a Portici. Sarà direttore e parroco a Napoli e
a Bova Marina. L'ultimo decennio lo trascorse a
Mogliano Veneto, instancabile guida spirituale
dei giovani e apostolo del confessionale dovun-
que fosse richiesto.
NEGRO suor Anna, figlia di Maria Ausiliatrice,
t Nizza Monferrato (Asti) il 26/2/1993 a 90 anni.
In un cosl lungo tempo di vita, suor Anna ha po-
tuto conoscere le stagion i del servizio responsa-
bile e del lento declino, del vigore pieno e dell'at-
tesa sofferente del cielo. Durante la seconda
guerra mondiale a Canelli fu collaboratrice del di-
rettore salesiano don Alessandro Feltrin: conob-
be la sofferenza e la durezza della resistenza in
terra piemontese. È stata una donna rispettosa e
attenta, capace di sdrammatizzare e di creare pa-
ce attorno a sé.
DONNA Irma, cooperatrice, t Pont Canavese
(TO) il 18/3/1993.
È stata madre di 5 figli, dei quali uno salesiano
di Don Bosco. Fu una donna fedele e attiva nella
comunità parrocchiale di Poni, oltre che terziaria
francescana e iscritta all'azione cattolica. Ha do-
vuto affrontare, specie negli ultimi.tempi, notevoli
disagi di salute per sé e per alcuni familiari. Ulti-
mamente si era iscritta alla Associazione madri
dei consacrati , che lega tra loro in vincolo di pre-
ghiera mamme di sacerdoti e religiose/i, Ispiran-
dosi alla mamma di Don Bosco.
BANDINI Domenico, exallievo, t Meldola (Forll)
il 25/2/1993 a 72 anni.
Sofferente da 20 anni, ha accettato la sua lun-
ga infermità con quella fede che aveva animato la
sua vita fin dagli anni della sua fanciullezza. Al
tocco mirabile della mamma, si aggiunse nella
sua educazione l'opera di un santo sacerdote sa-
lesiano, don Divina, nel collegio di Ravenna, do-
ve Domenico trascorse l'adolescenza e la prima
giovinezza. La conoscenza dello spirito di Don
Bosco si impresse fortemente nell 'animo di Do-
menico, che rimarrà per tutta la vita un exallievo
fedele alla parola e all 'esempio dei suoi educa-
tori.
RUSCONI suor Pierina, figlia di Maria Ausilia-
trice, t Quito (Ecuador) il 2/2/1993 a 80 anni.
54 anni di missione In Ecuador sono un passa-
porto notevole: suor Pierina l:la lasciato nella sua
terra di adozione orme incancellabili di bontà, di
fermezza, di osservanza, di rettitudine e di gran-
de amore . Fu una grande lavoratrice e I salesian i,
le exallieve, le figlie di Maria Ausiliatrice la ricor-
dano cosi.
MUNOZ MARTINEZ Clariso, salesiano, t La Ci-
sterna (CIie) Il 7/4/1993 a 96 anni.
Era uno dei quattro salesiani nati nel secolo
scorso. Aveva 96 anni e 107 giorni di età. Prove-
niva da una famiglia molto cristiana che diede
molti figli alla Chiesa nelle varie congregazioni.
Fu un salesiano laico di molta pietà, soprattutto
mariana e un grande lavoratore. Allegro , come
sono allegri i campeslni cileni, era un esempio di
vita salesiana per le nuove generazioni. Quasi
tutta la sua vita salesiana la trascorse in case di
formazione, prestando la sua opera con umiltà e
gioia. Tutti lo conoscevano nell'ispettorla con il
nome di «Tio» (zio). Fu don Berruti a battezzarlo
cosl per primo nel 1949: «Come sta, zio Clariso?».
CASTRO Petronilla, cooperatrice, t Catania
1'1/4/1993 a 76 anni.
Nella sua città natale di Paternò (CT) sin da gio-
vane con la sorella Antonina e il salesiano don
Rasà fu l'anima di un oratorio cittadino per circa
1Oanni. In esso, vera fucina di formazione cristia-
na, fiorirono anche delle vocazioni sacerdotali.
Legata all'opera di Don Bosco, cooperatrice con-
vinta, partecipava attivamente a tutte le nostre
manifestazioni con amore ed entusiasmo e coin-
volgeva amici e conoscenti.
RINALDI sac. Pietro, salesiano, t Torino il
28/2/1993 a 82 anni.
DI famiglia numerosa (12 fratelli, di cui 5 sale-
siani) era pronipote del beato Filippo Rinaldi, che
ebbe la sorte di conoscere bene: di lui scrisse un
rapido, ma felice profilo. Giovanissimo, venne In-
viato negli Stati Uniti per il noviziato e là trascorse
tutta la sua vita di salesiano. Per 30 anni fu parro-
co, Per suo impulso fu costruita anche una gran-
de e apprezzata scuola cattolica. Ebbe un appas-.
sionato amore per la Sindone. Nel 1940 scrisse il
suo primo libro di successo: «Ho visto la Sindo-
ne». Come vicedirettore della Commissione degli
studiosi della Sindone degli Stati Uniti, promosse
e coordinò il lavoro di ricerca In seno alla Nasa e
fu tramite di rapporti con gli studiosi Italiani ~
mondiali. Fu scrittore di successo. Il suo libro " E
il Signore" fu un bestse/ler con oltre un milione di
copie .
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
<<... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
SETTEMBRE 1993 - 41

5.2 Page 42

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A cura di Pasquale Liberatore*
* Postulatore generale
r A CONCLUSIONE
DELLA NOVENA
Mio marito fu colto da infarto
mentre si trovava al lavoro. Ri-
coverato urgentemente in ospe-
ta l'effusione di cui è capace
una mamma e prometto di dlf-
fondere la sua devozione.
Coniugi Cucciatti,
Salto Canavese (TO)
di cuore Don Bosco e spero che
continui la sua protezione su di
noi.
Santina Gherlone, Torino
dale, i medici si mostrarono mol-
to preoccupati. lo iniziai con fe-
de una novena a Maria Ausilia-
trice. A conclusione di tale no-
vena mio marito veniva dimesso
dall'ospedale in buone condi-
zioni.
O.A.M., Palermo
r UN VISO
DETURPATO
Essendo stato colpito da una
forte intossicazione sanguigna,
ebbi come conseguenza il viso
deturpato da chiazze e bubboni.
Mi son rivolto con fiducia al bea-
to Filippo Rinaldi e in poco
tempo tutto scomparve, con mio
grande sollievo.
R.A., Mi/ani
r PORTO SEMPRE
LA SUA RELIQUIA
Desidero ringraziare pubblica-
mente il beato don Filippo Ri-
naldi per la sua particolare assi-
stenza durante una mia recente
malattia. Dopo l'Intervento per
l'estrazione di un polipo, furono
effettuati i dovuti esami istologi-
ci, dai quali risultarono foce.lai di
carcinoma con displasia grave.
Dopo le cure prescritte, l'esito
dei controlli - ripetuti ogni sei
mesi - è sempre stato rassicu-
rante, sollevandomi da giuste
preoccupazioni. Mi sono sem-
pre raccomandata con grande
fiducia al beato don Rinaldi e
r SUBITO SI
TRANQUILLIZZÒ
Il mio bambino aveva appena
compiuto sei anni quando gli
venne un attacco di peritonite.
Che angoscia vederlo entrare
nella sala op~rat~ria in c<?nd_izio-
nl di grave ag1taz1onel Gli misi al
collo l'abitino di san Domenico
Savio ed e·gli subito si tranquil-
lizzò. Anche sotto l'effetto del-
l'anestesia egli continuava a ba-
ciarlo . Ora mio figlio sta bene ed
indossa ancora quell'abitino or-
mai consunto .
Mery Picone,
Acquaviva Platani (CL)
r MIOZIO, IL
BEATO CALLISTO
CARAVARIO
Sono la nipote di don Callisto
Caravario e desidero pubblicare
quanto mi è successo. ~iornl fa
mio figlio Andrea e mia nuora
tornavano in auto da una gita in
montagna, quando si sono visti
tagliare la strada da una m~c-
china; per evitarla sono andati a
finire contro il muro di una casa.
Sono usciti illesi senza la più
piccola ferita mentre la macchi-
na è finita dal demolitore. Chi ha
visto l'incidente non sa darsi
una spiegazione, ma io so che
tutto si deve alla particolare pro-
tezione dello zio Callisto che noi
continuamente Invochiamo.
Elena Caravario, Torino
r APPENA UN
EMATOMA
Mia madre di ottant'anni e sola
in casa, per un improvviso malo-
re cadde dalla scala Interna dal
primo plano al piano terra. Per
la ripidità e la lunghezza di es:
sa, avrebbe potuto procurarsi
gravi fratture o peggio; Invece si
constatò appena un ematoma al
braccio destro: È stato evidente
l'Intervento di Maria Ausiliatri-
ce da lei subito invocata prima
della caduta.
Suor Rinalda Bel/angero,
FMA, Rio Marina (LI)
r CON POCHE
PROBABILITÀ
Mio figlio Davide venne sottopo-
sto ad un Intervento chirurgico
al cuore. Si trattava di un inter-
vento perlcoloso, con poche
probabilità di riuscita, perché
era molto piccolo: aveva nove
mesi e pesava cinque chili. Misi
al collo del bambino l'abitino di
san Domenico Savio e l'Inter-
vento riuscl benissimo. Ora Il
bambino ha quattro anni e gode
ottima salute.
porto sempre la sua reliqua: per
questo sono certa della sua spe-
ciale protezione anche in avve-
nire.
Suor Maria Gambogi,
FMA, Torino
r POSI LA SUA
RELIQUIA
Mia madre si ammalò grave-
mente. Le fu diagnosticato un
tumore maligno che bisognava
subito asportare . lo, exallieva
salesiana, Invocai con fiducia
don Rinaldl. Prima di entrare In
sala operatoria, accostai la sua
reliquia alla mamma. Tutto si è
svoltò bene. Il male tanto temu-
to si è rivelato una semplice
cisti.
Ventura Concetta,
Blancavil/a (C7)
CON TUTTA
L'EFFUSIONE DI
UNA MAMMA
Avevamo tanto desiderato un fi-
glio che rendesse più completa
la nostra unione. Abbiamo Invo-
cato a tale scopo san Domeni-
co Savio e il piccolo Santo non
cl ha delusi. Ci è nato un bel
r ASCOLTANDO
UNA VOCE
INTERNA
Mi recai nella Basilica di Maria
Ausiliatrice per partecipare alla
santa Messa e consegnare
un'offerta per le missioni. Desi-
deravo accostarmi al sacramen-
to della confessione ma, mentre
attendevo Il mio turno, una voce
Interna mi diceva: «Torna a ca-
sa...». Cosi feci. Mio marito non
era uscito per la santa Messa
come era solito fare. Gli chiesi :
«Come mal? Non ti senti be-
ne?». La sua risposta fu Incom-
prensibile... Capii subito la gra:
vità della situazione e telefonai
prontamente alla guardia medi-
ca che diagnosticò: «E un Ictus.
Le invio subito un'ambulanza».
All'ospedale confermarono la
diagnosi: Ictus alla ~~r<?la con
paresi lato destro. lrnz1a1 subl!o
la novena a Don Bosco e mio
marito ne portò con fede la reli-
r DUE GRAZIE
IMPLORATE E
OTTENUTE
Mia nonna si è raccomandata al
servo di Dio don Giuseppe
Quadrio per ottenere due gra-
zie che le stavano a cuore. Per
un nipote, affetto da una grave
forma di esaurimento, ha Invo-
cato l'intercessione del servo di
Dio e in pochi giorni, il malato
ha sublto un sensibile migliora-
mento. SI è poi di nuovo racco-
mandata a lui per la guarigione
di un figlio che temeva colpito
da un cancro. Risultò invece af-
fetto da un male curabile. Rico-
noscente al Servo di Dio, lo pre-
ga ancora di assistere e di por-
tare a compimento la guarigione
del due ammalati.
Maria Robuste/li Test, Torino
Per lapubblicazione non
si tiene conio delle lelle-
re non firmale e senza
recapito. Su richiesta si
potrà omei/ere l'indica-
zione del nome.
Rossigno/i Alessandra, Verona bambinol lo Lo ringrazio con tut- quia. Ora va meglio. Ringrazio
42 · SETTEMBRE 1993

5.3 Page 43

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Nome: suor Lina Pegoraro, Figlia
di Maria Ausiliatrice.
Nata a: Rosà (Vicenza).
Altre notizie utili: Ha 70 anni e 49 di
professione religiosa. È partita
per Cuba nel 1946 e in tutti questi
anni è vissuta tra Cuba e Santo
Domingo, ricoprendo anche com-
piti di responsabilità.
Suor Lina, quando è potuta rien-
trare in Cuba?
Nel 1980-1981 si è cominciata a re-
spirare un 'aria di maggior libertà.
Quell'anno il vescovo ha richiesto
l'apertura di una casa. Io ho fatto
parte di questo gruppo.
L'Istituto FMA, in questo mo-
mento, come è presente a Cuba?
Attualmente ci sono tre case.
Quella di Guanabacoa (Habana) è
l'unica che non è mai stata chiusa.
È stata fondata nel 1937 e ha sem-
pre svolto attività a sostegno della
parrocchia. Nel 1982 è stata aperta
ufficialmente la casa di Camaguey.
Una suora di questa comunità la-
vora con la parrocchia salesiana
che si trova a 20 km dalla casa. La
comunità di Manzanillo, invece, è
stata aperta solo nel 1991, con
opere di catechesi, visita alle fami-
glie, assistenza sanitaria.
In questo momento, oltre l'attività
catechistica che pure è intensa, si
possono effettuare visite alle fami-
glie per le piccole prestazioni sani-
tarie di cui abbisognano. Questi
sono i momenti del dialogo perso-
nalizzato e io approfitto di questi
incontri per portare il foglietto
con le iniziative parrocchiali.
È possibile qualche attività in col-
laborazione con i salesiani?
Le distanze (più di 700 km) sono
enormi. Le forze poche. A l'Haba-
na c'è una suora che lavora nella
parrocchia salesiana, così come a
Camaguey. Una volta l'anno si
riesce a fare un ritiro insieme. Ed
è già una grazia. Le case dei sale
siani sono cinque. Noi siamo in
tutto solo 12 suore.
C'è una ripresa della pratica reli-
giosa e delle vocazioni?
I giovani hanno una grande ricer-
ca di Dio e la gente sta ritrovando
la tranquillità di frequentare la
chiesa. In questi 33 anni ci sono
state 4 professioni religiose come
FMA; una ha fatto la professione
il 5 agosto scorso. Ci sono alcune
giovani che condividono con noi la
vita e stanno orientandosi. Le vo-
cazioni autoctone sono una grande
speranza.
Quali sono le condizioni sociali
della gente?
Il livello di vita è povero. Anche la
nostra casa di Camaguey era mol-
to povera, tanto che, familiarmen-
te, la chiamavano "il pollaio".
Adesso ne abbiamo una un po' più
grande in cui poter accogliere i
gruppi. Ma, in genere, le condizio-
ni di vita sono precarie.
E i rapporti tra la Chiesa e lo
Stato?
Ho parlato di maggior ''tolleran-
za" nei confronti della Chiesa. Ci
lasciano fare, chiudendo un oc-
chio, ma ufficialmente, non ci so-
no accordi. Il nunzio apostolico
mons. Beniamino Stella sta facen-
do molto in questo senso: è attra-
verso la Nunziatura che noi pos-
siamo entrare e uscire da Cuba,
chiedendo con due mesi di antici-
po il permesso.
D
COME MARCELLINO
Nella èasa Don Bosco di Valencia
(Venezuela) è stato abbandonato un
bambino di forse quattro anni. Il
bambino ha detto di chiamarsi Que-
rian. Lo ha abbandonato la madre
Crucita, secondo quanto ha raccon-
tato il bambino stesso. Querian per i
salesiani di Valencia è diventato come
il famoso Marcellino pane e vino, al-
levato con amore da un gruppo di
frati. Ma non avverrà la stessa cosa
per Querian, perché il bambino è
troppo piccolo e non crescerebbe be-
ne in un ambiente dove si ospitano
solo ragazzi più grandi.
Davanti a questa situazione, il di-
rettore don Diego Angulo, ha lancia-
to un appello alla madre, perché ven-
ga a riprendersi il figlio e non lo ab-
bandoni. Altrimenti Querian sarà af-
fidato a una congregazione di suore
perché si prendano cura di lui con
quell'amore e quella dedizione che la
madre non riesce più a dargli.
Don Angulo dice che Querian è un
bambino molto dolce e che chiacchie-
ra volentieri, anche se a causa della
sua età non si capiscono bene tutte le
sue parole. «Noi gli stiamo dando
tutto l'affetto possibile, ma sappia-
·,mo che non potremo tenerlo con
no1. ».
È davvero paradossale che mentre
alcuni genitori si disperano per non
aver figli o per averli persi, come è il
caso di Miguel Alejandro Bravo Rai-
nieri, che fu rapito dalla sua casa nel-
l'ottobre scorso, altri così facilmente
li abbandonano al loro destino, senza
curarsi di che sarà di loro. Nessuno
chiede di venire al mondo. Ma se un
giorno si prende la decisione di avere
dei figli bisogna decidere di amarli e
di fare in modo che diventino uomini
sani e crescano senza odio o frustra-
zione a causa di chi ha negato loro
una famiglia.
(Veronica Vitoria,
Boletin Informativo
Venezuela salesiana,
Caracas, 190, aprile 1993)
SETTEMBRE 1993 43

5.4 Page 44

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO C .M .P.
Rivista per la Famiglia Salesiana
e gli Amici di Don Bosco
Inoltrare le richieste - Cambio di indirizzo - Corrispondenza a:
IL BOLLETTINO SALESIANO - Via della Pisana, 111 1
Casella Postale 18333 - 00 163 Ro ma
UNIVERSITA' PONTIFICIA SALESIANA
Un nuovo curricolo di studi:
1ni) e dottorato (2 anni):
- giornalismo
- comunicazione radiofonica
- comunicazione televisiva
-animazione (teatro,musica, group-media)
istituto
di scienze
I
Condizioni di a mmissione
-primo ciclo universitario
in teologia (o curricolo analogo)
oppure biennio universitario
in scienze umane,
con integrazione di corsi
di teologia
-conoscenza delle lingue
it aliana e inglese
Piazza Ateneo Salesiano , 1 - 00139 Roma- Tel. 06/87131078 - Fax 06/87290536