Bollettino_Salesiano_199306


Bollettino_Salesiano_199306

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LA SFIDA MISSIONARIA
DELL'ASIA
di don Egidio Viganò
Nelio scorso mese
di marzo sono
intavolare un intelligen-
te dialogo interreligio-
stato in Thailan-
so, non però per cam-
dia, in Vietnam e in Ci-
biare la natura della sua
na. Quando si viaggia
missione, ma per ren-
nei popolosi paesi del-
derla più evangelica.
l'oriente nasce sponta-
Purtroppo, però, sono
neo un tipo di riflessio-
nate in questi anni an-
ne inquietante e stimo-
che delle teorie devianti
lante: l'Asia si presenta
per cui è facile trovare
oggi come una sfida to-
chi si chiede, come scri-
tale alla visione cristia-
ve il Papa: «È ancora
na del mondo e della
attuale la missione tra i
storia.
non cristiani? Non è
forse sostituita dal dia-
Tanti popoli, i più
numerosi del globo - il
Phuoc Loc. Il Rettor Maggiore, accompagnato dall'ispetto-
re don Peter De, gira attorno alla nuova chiesa di Maria Au-
logo interreligioso? Non
è un suo obiettivo suffi-
60 per cento dell'intera siliatrice in costruzione. I cattolici del Viet Nam, che non ciente la promozione
umanità - vivono un'e-
sperienza umana pecu-
hanno il permesso di costruire scuole o altro, si concentra-
no sulle chiese: le fanno grandi e belle.
umana? Il rispetto della
coscienza e della libertà
liare con valori culturali
non esclude ogni pro-
assai originali: in Cina
posta di conversione?
un miliardo e duecento milioni, in sce meno. Come mai? Perché? For- Non ci si può salvare in qualsiasi re-
India ottocentocinquanta milioni, e se i cristiani sono stati troppo poco ligione? Perché quindi la missio-
poi tanti milioni in più dal Paki- missionari? E i missionari forse non ne? ». La risposta è chiara nell 'enci-
stan, Irak e Iran fino all'Indonesia, hanno considerato dovutamente clica Redemptoris missio: Gesù Cri-
al Giappone, alla Siberia e ai paesi l'impegno di inculturazione? O c'è sto è l'unico vero salvatore; la po-
ex URSS.
un misterioso piano del Signore nei tenza del suo Spirito guida la mis-
La presenza cristiana è minima. secoli? Ci si sente come immersi, an- sione per vie a noi sconosciute men-
Eccettuate le Filippine e, in minor che con angoscia, nel mistero della tre rende missionario tutto il Popo-
proporzione, il martoriato Libano, storia della salvezza. C'è senz'altro lo di Dio affinché sappia incarnare
i cattolici sono piccole oasi in regio- da meditare, da pregare e da cam- il Vangelo al di dentro delle culture.
ni sovrapopolate: che cosa rappre- biare di mentalità nella concezione e
sentano in Cina 5 milioni di cattolici nella realizzazione della missione.
Rientrando da Hong Kong a Ro-
su tante centinaia di milioni di abi- Questo enigma dell'Asia può of- ma le lunghe ore di volo invitano a
tanti? e in Giappone i 450 mila cat- frire una specie di paradigma per sommergersi in simili interrogativi,
tolici su 110 milioni di abitanti? e in tante altre aree culturali oggi emer- senza naufragare. Ho trovato uno
Thailandia i 300 mila cattolici su 40 genti un po' ovunque e per quegli spiraglio di luce nella seguente ri-
milioni di abitanti? e in Bangladesh "aeropaghi moderni" che prescin- flessione di un missionario : «Io
i 280 mila cattolici su 11 O milioni di dono da Cristo. Ha ragione Gio- penso che è provvidenziale, nei pia-
abitanti? E anche se in India i catto- vanni Paolo II ad affermare che ni di Dio, che l'Asia non sia ancora
lici raggiungono i 20 milioni, che l'attività missionaria della Chiesa è, convertita. Sono convinto che
peso socioculturale possono avere dopo 20 secoli, appena agli inizi. quando l'Asia si convertirà a Cristo
in rapporto agli altri più di 850 mi- In Asia i popoli dimostrano di porterà alla Chiesa una tale ricchez-
lioni di abitanti?
avere uno spessore religioso: indui- za umana (culturale, filosofica, ar-
smo , islam, buddismo , confuciane- tistica, ascetica, di esperienza di
Risulta paradossale costatare che simo, shinto. Sono religioni assai Dio) da arricchire tutti e da trasfor-
proprio il continente dove è nato antiche e inculturate. Ebbene, il Va- mare profondamente il nostro mo-
Gesù Cristo sia quello che lo cono- ticano II ha stimolato la Chiesa ad do di essere cristiani».
2 · 1 GIUGNO 1993

1.3 Page 3

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~ il
Quindicinale di
informazione e cultura
religiosa edito
dalla Congregazione
Salesiana di
San Giovanni Bosco
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo
De Nicolò - Eugenio Fizzotti - Francesco Motto
Collaboratori: Teresio Bosco - Ernesto Gattoni -
Giuseppina Cudemo - Graziella Curti - Serge
Duhayon - Bruno Ferrere - Sergio Giordani -
Margherita Maderni - Antonio Mélida -
Jean-François Meurs - Pietro Moschetto - Angelo
Montonati - Gaetano Nanetti - Nicola Palmisano
- Angelo Paoluzi - Alessandro Risso - Silvano
Stracca ·
Fotoreporter: Cipriano De Marie - Franco Marzi
- Carla Morselli - Guerrino Pera - Pietro
· Scalabrlno
Progetto grafico e Impaginazione:
Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: SEI p.a. - Torino
Fotocomposizione, Stampa: IlTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403
del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri,
eccetto agosto) per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare
notizie e foto riguardanti la Famiglia Salesiana e
s'impegna a pubblicarle relativamente alle
esigenze redazionali . Tesll e materiali inviati
non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio
Nazionale Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via
Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in oltre 40 edizioni
nazionali e 19 lingue diverse (tiratura annua
oltre 10 milioni di copie) In: Antille (a Santo
Domingo) - Argentina - Australia - Austria -
Belgio (in fiammingo) - Boemia - Bolivia -
Brasile - Canada - Centro America (in
Guatemala) - CIie - Cina (a Hong Kong) -
Colombia - Croazia - Ecuador - FIiippine -
Francia - Germania - Giappone - India (in
inglese, malayalam, tamil e telugtl) - Irlanda -
Gran Bretagna - Italia - Korea del Sud -
Lituania (edito a Rom a) - Malta - Messico -
Olanda - Paraguay - Perù - Polonia -
Portogallo - Slovacchia - Slovenia - Spagna
Stati Uniti • Thailandia • Ungheria Uruguay
Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo
rich iede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta,
nei limiti del possibile.
Cambio Indirizzo: comunicare anche l'indirizzo
vecchio .
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111
Casella post. 9092
00163 Roma-Aurelio
Tel. 06/65.92.915
Fax 06/65.92.929
Conto corr. post.
n. 46.20.02 intestato a
Direzione Generale Opere
Don Bosco, Roma.
1 Giugno 1993
Anno 117
Numero 10
In prima linea per i progetti
di sviluppo dell'Etiopia.
A pagina 10, l'intervista a
Cesare Bullo
(foto di copertina e qui di
fianco SAF).
2 IL RETTOR MAGGIORE
La sfida missionaria dell'Asia
di don Egidio Viganò
10 COPERTINA
I nuovi progetti di Cesare Bullo
di Umberto De Vanna
14 CHIESA
Il catechismo degli adolescenti
di Silvano Stracca
18 PORTOGALLO
Il pericolo è nella strada
di Antero Ferreira
22 FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
L'abbraccio del lebbroso
di Armida Magnabosco
26 PROBLEMI SOCIALI
Sconfiggere la droga e il malessere
di Alessandro Risso
30 MULTIMEDIA
Le fro ntiere dell'apprendimento
di Giuseppe Colombara
34 REPORTAGE
Con il Rettor Maggiore in Messico
e nell'Estremo Oriente
di Angelo Botta
38 SANTITÀ SALESIANA
La bella lezione di Don Quadrio
di Teresio Bosco
22 Suor Nicolina:
42 anni di amore
per l'India
RUBRICHE
Lettere, 4 - In Italia e nel Mondo, 6 -
BS Domanda, 8 - Prima Pagina, 9 -
Come Don Bosco, 13 - Osservato-
rio, 17 - Libri, 21 - Incontri, 25 - Il Dia:
rio di Andrea, 29 - Cinema, 33 - Soli-
darietà, 37 - I Nostri Morti, 41 - I No-
stri Santi, 42 - In Primo Piano, 43
2 6 ~~~Ti~~a dura
e legalizzazione
1 GIUGNO 1993 - 3

1.4 Page 4

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FEDELISSIMA. «Inviai lét-
tera raccomandata con rice-
vuta di ritorno spiegando
che sono exallieva e che da
tempo immemorabile ricevo
puntualmente il BS. Ma ora
inspiegabilmente non mi ar-
riva più. Sono molto dispia-
ciuta. Ho ricevuto da don
Ricaldone l'iscrizione a coo-
INIZIATIVE ESTIVE
DI FORMAZIONE
E DI VOLONTARIATO
SETTE GIORNI
DI CONDIVISIONE
IN UMBRIA
La Comunità San Girola-
mo, di ispirazione cristiana,
accoglie persone di diversa
matrice ideale, portatori di
handicaps o di altre forme
di disagio e soggetti fisica-
mente sani, per autogestire
una serie di iniziative di
condivisione, di riabilitazio-
ne e di lavoro. La comunità
si trova in un ex-convento
trecentesco immerso nel
verde, a un chilometro dal
centro storico di Gubbio.
La settimana è aperta a chi
è seriamente motivato al
tema della condivisione e
della emarginazione.
Per altre informazioni, ri-
volgersi a Marco Rufoloni,
telef. e fax : 075/9220654
(dalle 9 alle 18);
075/9220623 alla sera.
CAMPI DI LAVORO
E ALTRE ESPERIENZE
DI VOLONTARIATO
IN AFRICA, ASIA,
AMERICA LATINA E
NEI PAESI
DEL MEDITERRANEO
Per parteciparvi occorre
avere almeno 22 anni e
una precedente esperien-
za in campi di lavoro in Ita-
lia o in Europa. Le spese
del viaggio sono a carico
del volontario, il vitto e l'al-
loggio sono garantiti dal-
l'associazione. Ma per le
informazioni in dettaglio,
scrivere a Servizio Civile
Internazionale, via dei La-
terani, 28 - 00184 Roma -
Telefono 0617005357; fax
0617005472.
peratrice e ho conosciuto
don Rinaldi. Sono devota di
Don Bosco, Domenico Sa-
vio, Madre Mazzarello, ho
messo·sotto la loro protezio-
ne i miei nipoti...».
Lucia Sala Vimercati,
Arcore (MI)
Pubblichiamo la sua lettera
per scusarci con lei e con
tanti altri. Le poste - spes-
so davvero inspiegabilmente
- ci restituiscono copie con
l'indirizzo da annullare,
mentre molte volte è valido.
Che fare? Scriveteci e ri-
manderemo immediatamen-
te la rivista. Nel limite del
possibile - se lo si desidera
- potremo farvi avere an-
che le copie arretrate.
I NOSTRI SANTI. «Sarà
perché ho conosciuto i sale-
siani nel 1954 (pochi mesi
dopo la canonizzazione di
Domenico Savio) e a Faenza
(la terra di don Cimatti, do-
ve ho fatto i primi due anni
del liceo da "interno"), fat-
to è che tutti i santi salesia-
ni, glorificati o no, sono nel
mio cuore. Ho letto con pia-
cere l'intervista con don Li-
beratore, il nuovo postula-
tore generale. Se non sba-
glio era dall'ottobre '86 che
l'argomento non veniva
trattato in modo organico.
Ho conservato l'articolo di
don Fiora pubblicato sei an-
ni e mezzo fa e ho potuto
metterlo a confronto con il
nuovo, segnando sul grafico
i traguardi precedenti: non è
che i passi avanti siano stati
esaltanti, se si eccettuano
Laura Vicufia e don Rinal-
di, suor Maddalena Morano
e lo stesso mons. Cimatti.
Che sia anche un po' colpa
nostra? Mi chiedo però se
non sono "santi salesiani"
tutti gli avviati alla strada
degli altari che le Costitu-
zioni del 1986 considerano
componenti della "Fami-
glia", exallievi compresi.
COME SI DIVENTA COOPERATORI. «Vorrei di-
ventare cooperatore salesiano (sono un exallievo).
Che cosa devo fare?».
Giuseppe Orse/lo, Luxembourg
Risponde il delegato centrale don José Reinoso. La
prima cosa da fare sarebbe mettersi in contatto con la
casa salesiana (SDB o FMA) più vicina. Qui si chiede
del delegato/a per i cooperatori. Se si conosce già un
cooperatore è tutto più facile. Se nella propria zona
non ci sono opere salesiane, ci si rivolga all'Ufficio
nazionale (in Italia è in via Marsala, 42 - 00185 Ro-
ma). Se nella propria nazione non ci sono salesiani,
come nel suo caso, ci si può rivolgere alla Segreteria
esecutiva centrale, che è in via della Pisana, 1111 -
00163 Roma.
Ma la cosa più importante è naturalmente cominciare
un cammino di formazione e di riflessione chefaccia
comprendere a cosa ci si impegna diventando coope-
ratore, e che porti a una scelta libera e sempre più
motivata. A questo riguardo non si diventa coopera-
tori perché si ha "simpatia" per le cose salesiane, ma
perché si sceglie un certo stile di vita apostolica e sale-
siana. Perché i cooperatori sono "veri salesiani nel
mondo". Dopo un sufficiente periodo di preparazio-
ne, si può quindi entrare ufficialmente nell'Associa-
zione, facendo una "Promessa" con la quale si espri-
me la volontà di vivere la scelta battesimale secondo
il "Regolamento di vita apostolica" proprio dell'As-
sociazione.
Fino a che punto è giusto siano" anche uno come il
fermarsi a quelli delle cui beato mons. Edoardo Ro-
cause si occupa in modo di- saz, "scelto" da Don Bosco
retto la Postulazione e trat- come vescovo di Susa? Una
tare gli altri solo in modo proposta, allora: un censi-
episodico? Proprio di recen- mento accurato e la pubbli-
te, per esempio, ho fatto cazione a tempo debito di
una picoola scoperta: a Bo- un inserto, con le fotografie
logna sta per concludersi il e cinque righe di biografia
processo canonico diocesa- per ciascuno» .
no per don Giuseppe Codi-
cè, arciprete di Vedrana di
Guido Buldrini, Roma
Budrio, fondatore di una
piccola congregazione reli- Risponde don Pal;quale Li-
giosa: le suore della Società beratore. Mi congratulo per
delle Visitandine dell'Imma- quanto scrive sui santi sale-
colata (il riferimento a san siani, che rivela il suo grado
Francesco di Sales è preciso di partecipazione alla nostra
e diretto). Ebbene, don Giu- famiglia . Ai nuovi traguardi
seppe era cooperatore sale- da lei segnalati, vanno ag-
siano, accolto da don Rua giunti due nuovi «venerabi-
nel 1897 e si vantava di aver li», Simone Srugi e Luigi
dato undici sacerdoti alla Vqriara. Ora, in sei anni,
Chiesa, primo dei quali il due nuovi beati e quattro
salesiano don Alfredo Treg- nuovi venerabili non sono
gia. E non è un " santo sale- pochi. Senza contare le va-
4 - 1 GIUGNO 1993

1.5 Page 5

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BS
rie tappe intermedie raggiun- disposizione degli stranieri il nessuno trae da questo vil-
te da molte cause e che il gra- loro tempo, il loro impegno laggio un guadagno perso-
fico per brevità non poteva e la loro professionalità. La- nale. Anzi, la Caritas, a cui
riportare. Quanto alla que- vorano da anni acquistando "Il Riparo" fa capo, copre
stione dell'elenco completo, vecchie case, ristrutturando- con i suoi fondi buona parte
5-11 LUGLIO A BARI:
CAMPO DI LAVORO
MISSIONARIO
PER RAGAZZE DI
15-17 ANNI
dipende dal criterio che si le e mettendole a disposizio- delle spese del villaggio.
usa. Quello che si limita solo· ne di chi non ha un tetto.
alle cause gestite dalla nostra Meritano rispetto, perché a
Esperienza di vita insieme
per imparare a condividere
tempo, preghiera, lavoro,
postulazione, è certamente il differenza di chi troppo AMICI IN EUROPA. «So- fatica a favore dei• fratelli
più restrittivo. Se ci si riferis- spesso si riempie la bocca di no uno studente albanese di
se alla Famiglia Salesiana, ai solidarietà, loro la pratica- 18 anni, che studia all'uni-
35 già elencati, bisognerebbe no, in silenzio, rischiando in versità di Scutari. Sono cat-
aggiungere san Giuseppe Ca- prima.persona. La giustizia tolico, come tutta la mia fa.
più poveri; per diventare
più sensibili ai loro proble-
mi ; per trovare la strada
della " solidarietà"
Per informazioni : Centro
f asso, san Leonardo Murial- del Gabibbo è sommaria e miglia. Desidero con tutto il Animazione Missionaria,
do, il beato Luigi Guanella, il dunque facilmente errata.. cuore entrare in corrispon-
beato Giuseppe Allamano, il Non è vero che gli extraco- denza con un giovane o una
beato Luigi Orione, il vene- munitari pagano 300 mila li- ragazza non albanese, di
Missionarie Secolari Com-
boniane, 55061 Carraia
(LU). Tel. 0583/980158 .
rabile Alberto Marvelli, Sal-
vo D'Acquisto. Andare oltre,
come lei fa includendo Codi-
cè e Rosaz, significherebbe
re d'affitto; non è vero che
il quartiere dove sorge il vil-
laggio è emarginato e malsa-
no e se le casette (non rou-
qualsiasi nazione europea.
Per scriverci possiamo usare
sia la lingua italiana che
quella inglese. Siamo in
de Audi è meccanico e io so-
no studente. Per favore,
scrivetemi prestissimo!» .
forzare un po' l'estensione lotte) sono malridotte spes- quattro in famiglia . Mio pa-
della Famiglia Salesiana. So- so è soltanto per l'incuria di dre Pjerin è tecnico di co-
Aleksander Ujka
no lieto tuttavia di dirle che chi le abita. Nessuno tratta struzione, mia madre Rozi-
Ndoc Mazi
abbiamo in programma di gli extracomunitari in modo na lavora all'ospedale della
Rruga: Pashko Vasa
dare alle stampe una pubbli- poco umano, e soprattutto çittà, mio fratello più gran-
N. 43 Shkoder Albania
cazione di tutti i santi della
Famiglia Salesiana.
UNA MANO TESA. «Pen-
L'ELEMOSINA NON BA-
STA. «Ho visto su Canale 5
la trasmissione "Striscia la
notizia". Il Gabibbo si era
recato presso le roulotte si-
stemate alla periferia di To-
rino, in un terreno pantano-
so, gestite proprio dalla so-
cietà «Il Riparo», di cui par-
late sul BS di marzo. Nelle
roulotte malandate viveva-
no famiglie di extracomuni-
tari, costretti a pagare 300
mila lire al mese di affitto.
Il Gabibbo si era recato nel-
l' ufficio lussuoso dell'archi-
tetto Piero Pieri e questi lo
aveva messo sgarbatamente ·
alla porta senza spiegazioni.
Qual è la verità? Beneficen-
za o sfruttamento? Scrivo
anche a nome di molti miei
amici rimasti come me per-
plessi su quanto da voi
scritto».
Amalia Sgaritta, Imperia
so che nulla accada per ca-
so, anzi un filo conduttore
guidi i nostri passi. Era ora
che conoscessi il BS e, subi-
to dopo averlo letto, vi scri-
vo. Tanti ragazzi sprecano il
loro tempo libero in giochi
insulsi se non dannosi. Tan-
ti anziani soffrono per la
mancanza di amici, oltre il
peso degli anni. Io voglio, io
posso fare qualcosa per lo-
ro. A chi ne abbia piacere,
dico: scrivimi, se puoi acclu-
di un francobollo da 750 per
la risposta, dimmi qualcosa
di te. Sono della terza età,
ho esperienza, posso capirti,
consigliarti. Un passatempo
ideale per tutte le età è certa-
mente la filatelia. Se vuoi, ti
regalo dei francobolli e ti do
consigli pratici. Apriremo
così un dialogo cristiano,
umano, tra noi. Forse diven-
teremo amici. E tutto questo
grazie al BS, al quale per
adesso dico solo: grazie».
Risponde Mario Giordano.
"Il Riparo " è costituito da
volontari che hanno messo a
Sei stato tu a dire: "Mettiamo ai voti democratica:
mente la scelta dei programmi. .. -
Valentini prof. Laura,
Via Sestio Calvino, 103
00174 Roma
1 GIUGNO 1993 - 5

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Sesto San Giovanni (Milano). La locandina della
festa del "grazie" a Madre Marinella Castagno.
FIRMA IL TUO CIELO. Voleranno gli aquiloni, diceva
il programma. E il 25 aprile i giovani l'hanno mantenu-
ta la promessa e per la festa della madre generale,
Madre Marinella Castagno, hanno fatto volare tanti
aquiloni colorati nel palazzetto dello sport di Sesto
San Giovanni. Le tre ispettorie lombarde delle Figlie di
Maria Ausiliatrice hanno mobilitato tutta la loro fanta-
sia per dire grazie a Madre Marinella. Lo slogan che
ha guidato la preparazione - che è stato insieme il /eit
motiv della festa - è stato un richiamo alla libertà, in-
tesa come conquista e impegno. La festa ha coronato
un anno di cammino formativo , che ha coinvolto le
suore, i giovani e tutta la comunità educante.
VIETNAM
1700 GIOVANI
CON DON VIGANÒ
Sono . arrivati sin dalle sei
del mattino . Da ogni parte del
Vietnam, dopo aver passato
una notte nei pullman del ser-
vizio pubblico o alcune ore di
riposo in alloggi di emergen-
za. 1700 giovani: una cosa
mai vista in Vietnam. Giovani
delle pianure e ragazze " mon-
tagnard" dalle lunghe gonne;
rappresentanti ufficiali in ele-
gante abito nazionale; vesco-
vi, religiosi, fedeli ... Sono
stati richiamati nella parroc-
chia di Xuan Hiep per i 150
anni di Domenico Savio .
«Cari giovani, siete la gioia e
la speranza della Chiesa», ha
detto loro il Rettor Maggiore.
«In agosto non andrete a
Vietnam. Un momento
della festa dei giovani.
Sul palco, alla destra e
alla sinistra di don
Viganò, mons. Paul
Nhat, vescovo di Xuao
Loc, presidente della
conferenza episcopale
vietnamita e mons.
Raphael Diep, vescovo
coadiutore di Vinh Long.
PAPUA
NUOVA GUINEA
PRIMA CHIESA
A DON BOSCO
A Badili, un quartiere della
capitale Port Moresby, è stata
costruita la prima chiesa della
nazione dedicata a Don Bo-
sco. Intanto anche in questo
paese difficile, sono spuntate
le prime vocazioni: un giova-
ne papuano è in noviziato,
mentre cinque altri si prepara-
no come pre-novizi e tre come
aspiranti. Quando i primi sa-
lesiani nel 1980 arrivarono
nell'isola, trovarono che il
nome Don Bosco li aveva pre-
ceduti e vari ragazzi erano già
stati battezzati col nome Gio-
vanni Bosco .
6 · 1 GIUGNO 1993
Nuova Guinea. La nuova chiesa
dedicata a Don Bosco e i cinque
pre-novizi papuani con don
Giuseppe Savina, fondatore
dell'opera a Badili.

1.7 Page 7

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BS
Denver, ma tutti accompa-
gneremo Giovanni Paolo II
per unirci ai giovani del mon-
do nel ricevere da Gesù Cristo
la vita in abbondanza, ossia
per imparare ad amare».
INDIA
INCONTRO
NAZIONALE
COMUNICATORI
CINA
SULLE ORME
DI VERSIGLIA
E CARAVARIO
Accompagnati dai salesiani
di Hong Kong, hanno visitato
Pechino, Macao, Shangai e
Canton, Shiuchow e Lin-
chow, quindi chi in barca e
chi a piedi sono giunti fino al-
la " punta dell'aratro", fo r-
mata dalla confluenza dei fiu-
mi Linchow e Suipin. Da qui,
dopo aver parlato con gli abi-
tanti della zona che ricorda-
vano di aver sentito racconta-
re di "due diavoli stranieri"
derubati e poi fucilati dai pi-
rati in un vicino bosco di
bambù, hanno raggiunto con
commozione il luogo del mar-
tirio . L'impresa è stata con-
dotta da una comitiva di ora-
toriani e amici di Courgnè
(Torino) che hanno voluto
raggiungere e vedere di perso-
na i luoghi della vita e del
martirio del loro concittadino
il beato Callisto Caravario, e
di mons. Luigi Versiglia.
L'India salesiana, una delle
nazioni in maggiore espansio-
ne - sette ispettorie e una de-
legazione a New Delhi, 10
centri -per la comunicazione
sociale - ha organizzato nel
marzo scorso un incontro per
verificare la qualità e la possi-
bilità di sviluppo della comu-
nicazione sociale nel paese.
L'incontro nazionale si è te-
nuto a Calcutta, presenti tutti
gli ispettori e gli incaricati
ispettoriali del settore. Per la
prima volta è stata fatta
un'attenta analisi dell'esisten-
te e all'unanimità è stato av-
viato uno studio per favorire
un maggior coordinamento
tra le ispettorie e la valorizza-
zione della comunicazione so-
ciale nella pastorale. All'in-
contro sono stati presenti il
consigliere generale don An-
tonio Martinelli e Paul M.
Cheruthottupuram, responsa-
bile dell'informazione nel di-
castero centrale.
Il boschetto dove
furono martirizzati
monsignor Versiglia e
don Caravario.
Calcutta. Ispettori e delegati per l'incontro nazionale
sulla comunicazione sociale.
UNA PAROLA DI CONFORTO
NEL MARE DELLA SOLITUDINE
UN AIUTO SPIRITUALE
A CHI SI SENTE ABBANDONATO
UN TELEFONO AMICO
CONTRO LA SOLITUDINE
Ha già sei mesi di vita l'iniziativa de_gli exallievi ~el
San Filippo Neri di Catania, che ha coinvolto una cin-
quantina di iscritti e le loro mogl_i. Si trat~~ d~I "Telefo-
no contro la solitudine", in funzione tutti I g1orn1, com-
presi i festivi. Grazie all'appoggio della sta~p'.3- e ~elle
emittenti televisive e radiofoniche e alla d1stribuz1one
di oltre e:liecimila dépliant, le telefonate non si sono fat-
'te attendere. «Da tutta l'isola ci stanno arrivando tele-
fonate di aiuto e di conforto, messaggi di plauso e vo-
glia di collaborazione», scrive il giornalista Ag~tino Ziz-
zo, uno dei promotori dell'iniziativa. «In realta quest~
servizio delicato sta facendo del bene soprattutto a chi
risponde alle telefonat':l: a capir~ il senso d~ll~.~~l_ida-
rietà a togliere le scorie della vita dal proprio 10 ». Il
num~ro del "telefono contro la solitudine" è il
43.93.55. Il prefisso per chi chiama da fuori Catania è
095.
Catania. Gli exallievi nel giorno dell'inaugurazione
del "Telefono contro la solitudine" .
1 GIUGNO 1993 7

1.8 Page 8

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HO DUE FIGLI:
DEVO CONTINUARE
A LAVORARE?
Risponde Jean-Marie Petitclerc:
La questione è spesso posta in
questi term ini. E formulata cosl non
sembra partire da un modo di pen-
sare evangelico. Sarebbe meglio di-
re: «Ho due figli: per la costruzione
della felicità della nostra famigl ia de-
vo sospendere o conservare la mia
attività professionale? Nel Vangelo
infatti non cerchiamo altro che la fe-
licità...» .
Messa in questi termini , la doman-
da non può avere una risposta sola.
Tutto dipende infatti dalla motivazio-
ne profonda che porta la persona a
continuare a lavorare. Si vuole prima
di tutto migliorare le proprie condi-
zioni di vita? Non c'è dubbio che sia
legittimo per una famiglia disporre di
ciò che è necessario alla copertura
dei propri bisogni. Ma non dimenti-
chiamo che molti bambini preferi-
scono una maggiore presenza dei
genitori , a un'infanzia ricca solo dal
punto di vista materiale.
Si tratta invece più profondamente
di una scelta fatta per realizzarsi me-
glio come persona? La risposta allo-
ra è più complessa. Perché il figlio
ha bisogno di una mamma felice,
che non gli faccia pesare la sua fru -
strazione. Ed è preferibile una pre-
senza punteggiata di assenza e ric-
ca di intensità, che una presenza
continua ma piena di acidità.
8 · 1 GIUGN0 ·1993
Ciò che conta è che nei momenti
cruciali della giornata, soprattutto al
mattino quando ci si alza, e alla sera
quando si va a dormire, i bambini
non siano lasciati soli. E che un po'
di tempo venga anche passato insie-
me durante i loro giochi. Bisogna or-
ganizzare la vita di ogni giorno in
modo che il padre o la madre possa-
no essere presenti durante questi
momenti decisivi dell 'educazione
dei bambini. Nella costruzione della
felicità familiare, l'attenzione ai biso-
gni del fanciullo deve far passare in
secondo piano le considerazioni di
ordine unicamente professionali.
Non dimentichiamo mai che molti
fanciulli sono schiacciati da una as-
senza troppo grande dei loro genito-
ri , sovente vista dai figli come segno
di mancanza di interesse nei loro
confronti. E di queste ferite rimango-
no tracce devastanti al momento
dell'adolescenza.
Dunque, è una questione di equili-
brio nel programmare i tempi di pre-
senza tra i figli, perché i bisogni non
sono per tutti gli stessi. !.:importante
è di rimanere continuamente attenti
alla loro felicità.
LA CHIESA SI FA
PUBBLICITÀ?
Risponde Stelvio Tonnini:
Grossi cartelloni nelle strade citta-
dine: La Chiesa aiuta.. . aiuta la
Chiesa. Spot alla televisione, annun-
ci radiofonici. Anche a me qualche
volta tutta questa pubblicità ha dato
un po' di fastidio. Il nuqvo Catechi-
smo della Chiesa Cattolica ha con-
fermato il precetto già presente nel
Catechismo di San Pio X: «I fedeli
hanno l'obbligo di sovvenire alle ne-
cessità materiali della Chiesa, cia-
scuno in base alle proprie possibili-
tà» (n. 1351).
Un tempo i fedeli provvedevano
alle giuste esigenze del parroco por-
tando (questo nelle chiese di cam-
pagna) farina, fagiol i, un pollastro,
uova, un dolce, l'olio per la lampada
del Santissimo. La pulizia della
Chiesa e il lavaggio delle tovaglie
era riservato come onore ad alcune
brave "pie donne" che lo facevano
con amore e zelo. Nèlle parrocchie
di città dove sono stato, ho incontra-
to tanta brava gente che sensibiliz-
zata, informata e corresponsabiliz-
zata sente il dovere di sostenere la
parrocchia e i sacerdoti che vi lavo-
rano. Siamo soliti alla fine dell'anno
presentare all'assemblea parroc-
chiale una relazione sullo " stato del-
la parrocchia", sia a livello pastorale
(catechesi-liturgia, servizio) che a li-
vello economico-finanziario. Una
commissione di laici insieme al par-
roco cura questo settore: entrate,
uscite, previsioni di spese. Quando i
parrocchiani conoscono le esigenze
della "gestione" delle attività, non si
tirano indietro. C'è chi si meraviglia
a sentir parlare di milioni per la luce,
il telefono,·il riscaldamento e gli sti-
pendi per il personale di servizio.
Non sembri irriguardoso: hanno un
costo le candele, il vino, le ostie per
la Messa. Il sacerdote deve mante-
nersi , andare dal medico, fare gli
esercizi spirituali. .. Ed è giusto assi-
curargli un decoroso modo di vivere.
Ecco dove va a.finire il contributo dei
fedeli.
Ho preso come termine di parago-
ne la parrocchia, ma non dimenti-
chiamo che ogni chiesa locale si
preoccupa anche delle esigenze
della Chiesa universale: i poveri , le
missioni , il terzo mondo, le calamità.
Leggevo su l'Avvenirè che a Roma la
Caritas Diocesana ha raccolto 510
milioni in aiuto alla Somalia, alla ex
Jugoslavia, per il terremoto in Tur-
chia, per i! Brasile. Credo che quan-
do i fedeli vedono e apprezzano il
servizio pastorale della Chiesa, fa-
miglia delle famiglie, diventano mol-
to generosi.
. C'è _bisogno allora di · radio, TV,
spot e manifesti? Una Chiesa più
credibile forse potrebbe farne a me-
no. Ma poiché ci sono anche i di-
stratti, talvolta è utile anche l'infor-
mazione stampa-radio-televisione.

1.9 Page 9

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BS
di Silvano Stracca
IL CONGRESSO
EUCARISTICO DI SIVIGLIA
Un calice, un'ostia, una croce,
una nave, delle mani. È il simbolo
del 45° Congresso eucaristico inter-
nazionale in programma a Siviglia, il
7-13 giugno, sul tema "Cristo, luce
dei popoli". È un evento tra i più im-
portanti di quest'anno per la Chiesa
universale assieme al raduno mon-
diale dei giovani a Denver, in ago-
sto, attorno al Papa. Sarà così lo
stesso Giovanni Paolo Il a presi~de-
re nella città andalusa la solenne
" Statio Orbis", la celebrazione eu-
caristica conclusiva.
L'occasione del congresso è l'i-
nizio dell'evangelizzazione 500 anni
fa in America con la prima celebra-
zione eucaristica nel 1493. Già a
Seul , quattro anni orsono, a conclu-
sione del 44° congrésso, il Papa
aveva collegato l'appuntamento eu-
caristico di Siviglia con il V centena-
rio dell'arrivo del cristianesimo nel
Nuovo Mondo. In un discorso ai ve-
scovi dell'Andalusia, Giovanni Pao-
lo Il ha più chiaramente delineato la
finalità dell'incontro: «Dovrà essere
una solenne professione di fede da
parte della Chiesa verso quell'uni-
versalità che nasce dall'amore e
che spinse cinque secoli fa i missio-
nari spagnoli a lanciarsi nell'esal-
tante avventura apostolica dell'an-
nuncio della salvezza ai fratelli del-
l'altra riva dell'oceano".
I congressi sono nati dalla pro-
fonda devozione eucaristica del
-XIX secolo ed esprimevano la
preoccupazione di rinnovare intima-
mente la Chiesa e la società per
mezzo dell' Eucarestia. Precorritrice
di questa forma di culto è stata una
donna di Tours, Emilie Tamisier, di-
retta spiritualmente da san Pietro
Giuliano Eymard. Questi vedeva nel
mistero dell'Eucarestia il fuoco che
doveva infiammare il mondo e di cui
dovevano essere portatori tutti quelli
che amano il Cristo. E infatti , il prin-
cipio fondamentale di ogni congres-
1 11 simbolo del 45° Congresso
Eucaristico internazionale
di Siviglia.
so eucaristico è quello d'imparare a
conoscere meglio e ad amare più
profondamente Gesù nel sacramen-
to dell'Eucarestia, per poterlo servi-
re meglio nella Chiesa e nel mondo.
Il primo congresso internazio-
nale si tenne a Lilla, in Francia, nel
1881 . In realtà si sarebbe dovuto
svolgere a Liegi, in Belgio, culla del-
la festa der Corpus Domini , ma le
circostanze politiche lo impedirono.
A Lilla erano presenti 363 parteci-
panti di sette nazioni e la processio-
ne eucaristica finale si svolse nella
più grande chiesa della città, perché
il governo francese proibì che si te-
nesse all'aperto. Subito dopo Lilla
comincia l'esplosione dei congressi :
Liegi nel 1883, Friburgo in Svizzera
nel 1885. Nel 1893 viene toccata I' A-
sia col congresso di Gerusalemme,
nel 1910 l'America con quello di
Montreal. L'Oceania vede il Con-
gresso di Sydney nel 1928, l'Africa
quello di Cartagine nel 1930.
Dal congresso di Roma (1905) vo-
luto da Pio X in poi, ogni congresso
internazionale è presieduto da un le-
gato papale. Pio Xl, nel 1924, trac-
cia la magna charta dei congressi,
concedendo indulti ·e dispense, in-
dulgenze e privilegi a chi vi parte-
cipa con le debite condizioni. Da
Sydney in poi i congressi si conclu-
dono con un radiomessaggio del
Papa. A Bombay (1964) e a Bogotà
(1968) Paolo VI si reca di persona.
Giovanni Paolo Il non può essere
presente al congresso del centena-
rio a Lourdes, nel luglio 1981, per
l'attentato del 13 maggio. Ma non
manca a Nairobi nel 1985 e a Seul
nel 1989.
I primi congressi in Europa, dato
l'anticlericalismo imperante, voglio-
no essere una manifestazione co-
raggiosa ·della fede dei credenti. Poi
cominciano ad essere spesso tratta-
ti temi sociali. Le lettere pontificie ai
legati sottolineano che l'Eucarestia
deve essere legame tra le classi so-
ciali ·e tra i popoli. A Barcellona, nel
1956, il tema è la pace. A Filadelfia,
nel 1976, la fame nel mondo. A
Bombay Paolo VI chiese che gli stati
devolvessero - almeno in parte -
le loro risorse economiche per i pae-
si in via di sviluppo, invece che per
gli armamenti. A Bogotà il Papa toc-
cò i problemi sociali dell'America
Latina. A Seul lanciò un appello per
la " Chiesa del silenzio" in Cina.
Il culmine dei congressi è stato
quasi sempre la processione pubbli-
ca finale. A Monaco, nel 1960, ci fu
una svolta: la processione avvenne
in forma ridotta. Terminato alla sera
il pontificale, la gente accompagnò
solennemente le specie eucaristi-
che alla chiesa più vicina. Il Concilio
Vaticano 11, con il rinnovamento bi-
blico e liturgico, ha portato avanti il
rinl")ovamento dei congressi e oggi
al vertice di tutto si mette il sacrificio
della Messa.
1 GIUGNO 1993 - 9

1.10 Page 10

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Servizio fotografico: SAF
Ancora una volta Cesare
Bullo ha percorso le
strade dell'Europa alla
ricerca di soccorsi per
l'Etiopia. Questa volta
per finanziare una nuova
scuola tecnica a servizio
dei giovani.
10 · 1 GIUGNO 1993
P roclamato «Buon Samaritano»
nel 1988, Cesare Bullo è un ve-
neto di Chioggia di 52 anni, che ha
costruito un incredibile ponte di so-
lidarietà con l'Etiopia. A causa del-
la siccità la nazione ha conosciuto
negli anni 1984-85 una delle carestie
più tragiche del nostro secolo e Bul-
lo è riuscito a realizzare una capilla-
re rete di trasporti, organizzando un
centro di soccorso che è servito a
sfamare centinaia di migliaia di per-
sone in quei due anni e ha garantito
fino a oggi la sopravvivenza.
Cesare Bullo è cresciuto nei cortili
dell'oratorio salesiano di Chioggia e
nella scuola professionale di Vero-
na. La vocazione missionaria gli è
nata presto, conoscendo i missiona-
ri di passaggio dal Veneto, o da
Torino-Rebaudengo, dove, ormai
giovane salesiano, stava completan-
do la sua preparazione professio-
nale.
D(l,l Vietnam all'Etiopia
Le ossa come missionario se le è
fatte giovanissimo in Vietnam, dove
visse dal 1962 al 1974, quando, do-
po una breve parentesi di studio ne-
gli Stati Uniti, le autorità vietnamite
gli chiesero di lasciare il paese.
«Non fummo espulsi», tiene a pre-
cisare Cesare Bullo: «ma "invitati"
a uscire dal Vietnam». Gli anni del-
la guerra però Cesare Bullo li ha vis-
suti tutti, anche quelli più duri,
q4ando nell'istituto salesiano do-
vettero ospitare fino a 17 mila pro-
fughi.
.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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la prima e ancora oggi unica scuola
tecnica a servizio dei 5 milioni di
abitanti del Tigray» .
La ricostruzione
Da un paio di anni, praticamente
dalla fine del governo Mengistu,
l'Etiopia sta vivendo una nuova e
più positiva situazione politica e so-
ciale. Finita una guerra che ha pro-
curato divisioni e gravi distruzioni,
la gente lavora, può viaggiare sicura
e senza permessi speciali . Non c'è
guerriglia e sono sempre più rari i
piccoli e insidiosissimi gruppi degli
distribuito attraverso quattordici
centri. A ogni famiglia vengono da-
ti 25 chili di viveri, soprattutto gra-
no, olio, latte, e anche sementi.
L'Etiopia oggi deve riprendere il
problema acqua. E Bullo ha dei
progetti precisi. La trivella è saltata
in aria a causa di una mina e stanno
riparandola. L'idea è di realizzare
un centinaio di pozzi e di costruire
nuove dighe, che potrebbero garan-
tire acqua ai villaggi, per gli orti e
gli animali, ma che alimenterebbero
gli stessi pozzi. Ogni intervento pe-
rò è stato sospeso a causa della
guerra. «Ora che è finita la guerra,
il grosso problema in Etiopia è quel-
lo di passare dall'assistenzialismo
allo sviluppo», dice Bullo, impe-
gnatissimo a progettare pensando·al
futuro ».
I salesiani intanto a metà degli
anni '70 avevano aperto la nuova
frontiera africana e a Roma, dove
era arrivato dal Vietnam, Cesare
Bullo si era incontrato con i primi
due missionari che stavano andan-
do in Etiopia. Su due piedi fu invi-
tato e decise di aggregarsi a loro .
«Il mio trovarmi in Etiopia è
dunque assolutamente dovuto a un
invito casuale», precisa oggi. «For-
se perché conoscevo bene la lingua
inglese». Ma si sa che le vie del Si-
gnore si rivelano poi le più diritte,
anche quando si presentano "ca-
suali".
A Makallè non trovarono assolu-
tamente nulla e partirono da zero.
«Adagio adagio abbiamo iniziato
l'opera», ricorda, «abbiamo comin-
ciato i servizi sociali, l'aspirantato,
I Foto grande, la ripresa dei lavori
per la costruzione di una diga.
Qui sopra, finalmente un po' di
serenità in Etiopia.
ex soldati sbandati. Dice Bullo: «In
realtà ora è la Somalia a vivere un
periodo gravissimo di povertà, ma i
suoi problemi nascono in gran parte
dalla mancanza di un governo. In
Somalia tutti sono impegnati a ru-
barsi ogni cosa. Al porto vedi i carri
armati che si portano via gli aiuti in-
ternazionali. In Etiopia invece, sia il
governo che i guerriglieri hanno
sempre aiutato la popolazione, fa-
vorendo la distribuzione del mate-
riale che arrivava». La povertà co-
munque anche in Etiopia rimane
molto diffusa e l'assistenza è tutto-
ra indispensabile. Lo stesso Bullo si
occupa della distribuzione del cibo
a mezzo milione di persone. Si trat-
ta di un soccorso mensile che viene
Una buona presenza salesiana
Salesiani e Figlie di Maria Ausi-
liatrice hanno in Etiopia in questo
momento undici opere e sono pre-
senti a Makallè, Adigrat, Addis
Abeba, Adua, Zway e Dilla. Ad
Adua ci sono andati recentemente,
spinti dalla grande povertà della zo-
na, sempre trascurata, anche ai
tempi dell'imperatore. Ad Adua ci
sono anche le suore di Madre Tere-
sa, presenti tra i poverissimi. A Ma-
kallè c' è la scuola tecnica, l'unica
esistente nella regione e sempre più
qualificata. Ovunque sono sorti
centri sociali e giovanili, centri di
promozione della donna. Cesare
Bullo opera ad Addis Abeba, dove
avviene lo smistamento degli aiuti e
vi sono la procura missionaria e il
centro di assistenza e di sviluppo .
«Il rapporto con la gente è molto
buono», continua Bullo. «Le opere
di grande utilità ovunque. Questo
perché in nessun caso si è pensato ai
progetti prima di conoscere i pro-
blemi concreti della gente e del po-
sto . Se dipendesse dalle richieste dei
vescovi dovremmo aprire una venti-
na di nuove opere».
Con gli ortodossi all'inizio c'era
stato qualche problema e momenti
di tensione e di diffidenza. Oggi in-
vece il clima è quello del rispetto e
del dialogo. «Abbiamo aperto reci-
procamente le nostre chiese», dice
Bullo. «Usiamo, soprattutto al
nord, il rito etiopico e i nostri allie-
vi, che per il 90 per cento sono orto-
1 GIUGNO 1993 - 11

2.2 Page 12

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IN LIBRERIA - - - - - .
COLLANA
«MONDO NUOVO»
r,trao AMBROSIO
Selezione dagli ultimi titoli
pubblicati:
Pietro Ambrosie
RISPOSTA Al TESTIMONI
DI GEOVA
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Enzo Bianco
VIVERE LE OPERE
DI MISERICORDIA
Card. Godfried Danneels
LE BEATITUDINI
DEL CRISTIANO
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QUANDO LO SPORT
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Tel. 011/95.91 .091
c/c Postale 8128
12 - 1 GIUGNO 1993
dossi frequentano la nostra messa
senz; problemi. Alcuni ortodossi si
sono fatti addirittura salesiani. Ne
abbiamo due o tre che hanno il pa-
dre che è prete ortodosso».
Catena umanitaria
Gli domando: dove trovi gli aiuti
per affrontare la quotidianità e l'e-
mergenza? E soprattutto su qua)i
certezze puoi progettare lo svi-
luppo?
«Stiamo cercando i finanziamenti
soprattutto per una nuova scuola
tecnica che ci sta particolarmente a
cuore, dato che sarà a servizio dei
giovani. Sarà un progetto ambiz~o-
so e grande, ma importante per m-
fondere speranza alla gente e getta-
re le basi per un futuro professiona-
le diverso per i giovani. Abbiamo
già coinvolto la Caritas italiana, la
Misereor tedesca, la Cafod (Catho-
lic Fund Overseas Development) in-
glese. La procura missionaria sale-
siana degli Stati Uniti ci è sempre
stata vicina e continuerà. Ci sono
poi alcune migliaia di p1ersone italia-
ne che ci aiutano con grande gene-
rosità, tanto da poter dire che anche
nei momenti peggiori i soccorsi non
sono mancati. Funzionano bene an-
che le adozioni a distanza: ogni me-
se sono tanti quelli che ci mandano
le 50 mila lire che noi diamo alle fa-
miglie per il mantenimento e per gli
studi di un bambino o di una bam-
bina. Ci pare il modo più giusto di
organizzare le "adozioni" , lasci~n-
do i bambini nelle loro case e am-
tando le famiglie . In realtà l' aiuto
più urgente sarebbe poter avere. ~n
paio di tecnici bravissimi, esperti m
meccanica o in motoristica, che po-
tessero fermarsi con noi per un an-
no o due per istruire i nostri inse-
gnanti e gli stessi salesiani. Meglio
naturalmente se conoscono l'ingle-
se. Due sono già venuti dagli Stati
Uniti, uno da Los Angeles e uno da
New York».
A conclusione della conversazio-
ne non riesco a trattenere una do-
m;nda al salesiano Cesare Bullo.
«L'essere un salesiano laico, ti ha
aiutato o ti ha creato difficoltà a or-
ganizzare questa catena di solidarie-
tà? ». Ma la domanda si rivela subi-
to inopportuna: «Da noi non fa
nessuna differenza l'essere prete o
laico. Qui vedi il prete salire sul
trattore, impegnatissimo anche sul
piano dell'assistenza sociale. Certo,
soprattutto a sud, dove vi so~o le
parrocchie, il prete deve dedicare
più tempo a "fare il prete", mentre
il laico può dedicarsi con più conti-
nuità ai servizi sociali e alla parte
organizzativa. Ma la spinta aposto-
lica per tutti è la stessa».
Ho parlato con Cesare Bullo
mentre passava per Roma, alla ri-
cerca di quei famosi aiuti europei
che gli permetteranno di realizzare
il progetto della nuova scuola tecni-
ca. Intanto ha ordinato in Italia tre-
mila banchi di scuola, perché i bom-
bardamenti hanno sfasciato ogni
cosa e le scuole sono tutte da rico-
struire. «Ma ora dobbiamo prepa-
rarci ad accogliere subito 500-600
mila profughi che stanno tornando
dal Sudan», dice.
Umberto De Vanna
Cesare Bullo Salesians of Don Bosco
P.O. Box 531 A ddis A beba - Etiopia

2.3 Page 13

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BS
di Bruno Ferrero
IN GABBIA I PASSEROTTI
MUOIONO
La prima bozza della sceneggia-
tura del film sulla vita di Don Bosco
portava il titolo " Il contadino di Dio " .
Al santo non sarebbe dispiaciuto: i
suoi sentimenti e /'esperienza nei
confronti della natura rimasero sem-
pre qu~lli di un contadino: sentimen-
ti robusti ed esperienze reali. Del re-
sto Gesù stesso parla così spesso di
seminatori, vigne, messi, fichi che
non producono frutti, pastori buoni e
fiori dei campi.
Don Bosco sentiva la natura in
modo sorprendentemente moderno:
un 'indispensabile e magnifica ispi-
ratrice di risorse spirituali , la sorgen-
te primaria dell'equilibrio umano. E
quindi un mezzo vitale per educare.
li rischio della nostra civiltà è
quello di perdere il piacere persona-
le offerto dalla contemplazione del
paesa'ggio , il gusto del colore della
terra e dell'odore dell'aria pulita, il
cantò dell'acqua, lo sforzo del cam-
minare.
Don Bosco cercava di sviluppare
nei suoi ragazzi il sentimento del
bello, del naturale, dell'estetico e lo
faceva con poetici ritratti della natu-
ra. Raccontava ai suoi ragazzi che ,
quando saliva in camera a notte tar-
da, dopo una intensa giornata di la-
voro : «Giunto sul balcone mi ferma-
vo a contemplare gli spazi intermi-
nabili del firmamento , mi orizzonta-
vo coll 'Orsa Maggiore, posavo lo
sguardo nella luna, poi nei pianeti ,
poi nelle stelle; pensavo, contem-
plavo la bellezza, la grandezza, la
moltitudine degli astri , la lontananza
sterminata fra di loro, la distanza da
me; e inoltrandom i in questi pensie-
ri, salivo fino alle nebulose e al di là
ancora... tanto ne ero preso che mi
venivano le vertigini. L'universo mi
appariva un 'opera così grande, così
divina.. .» (Memorie Biografiche IV,
202) .
Non si accontentava di parlarne.
Voleva che i suoi ragazzi conservas-
sero il "contatto" con la natura. In-
ventò !'"agriturismo", il " trekking ",
le scuole all'aria aperta. Erano que-
sto le celebri "passeggiate " . Turi-
smo giovanile ed escursionismo,
«I ragazzi sono come i passerotti :
in gabbia muoiono».
nelle· forme più larghe e imprevedi-
bili , in cl ima di improvvisazione e di
ottimismo: attraverso le colline del
Monferrato o delle Langhe, la comi-
tiva dei suoi giovani e dei suoi edu-
catori poteva dare l'impressione del
vagabondaggio , del turismo didatti-
co , del teatro popolare ambulante,
del pellegrinaggio religioso.
Le vacanze sono la grande oppor-
tunità di accompagnare i propri figli
nella scuola della natura. Sono tan-
te le cose da fare e da imparare.
Il risveglio della vita sensoriale.
È la chiave dell'intelligenza che
troppi genitori si dimenticano di for-
nire ai figli. Uno dei modi più piace-
voli e divertenti per stimolare la cu-
riosità è di impegnarsi in lunghe
" passeggiate esplorative" . I genito-
ri devono camminare lentamente
con i bambini, spiegare che le cose
più interessanti sono spesso molto
piccole e nascoste alla vista. L'im-
mersione nella natura riapre le porte
dell'anima: forme, colori, materiali ,
suoni , profumi , sapori.
Dall'ambiente naturale si può fa-
cilmente passare all'ambiente so-
ciale. I genitori possono insegnare
ad ascoltare, a guardare, ad essere
attenti ai messaggi non verbali.
Ritrovare la meraviglia attiva. I
ragazzi , oggi, sono bravf spettatori e
ricevono indubbiamente molte solle-
citazioni visive, eppure sono passivi
e si annoiano facilmente . La natura
risveglia la meraviglia, ma una me-
raviglia che si allarga man mano
che l'uomo impara a " partecipare" .
Una meraviglia assolutamente affa-
scinante perché intrecciata di av-
ventura e di scoperta.
Imparare la pazienza e l'umiltà.
Si deve " uscire" per ritrovare lana-
tura: non siamo noi al centro del
mondo. E per scoprirla bisogna es-
sere silenziosi , imparare a tacere ,
farsi piccoli , aspettare, talvolta na-
scondersi : per non disturbare, per
non spaventare. Tutto questo è diffi-
cile per una bambina che arriva da
un mondo rumoroso, dove occorre
sgomitare per avere il posto miglio-
re , dove bisogna sbraitare, essere
rapidi, combattivi. La natura è la
grande scuola dell' umiltà.
Un'.altra lezione difficile per chi
arriva dalla città: mettersi al ritmo
della natura. La natura non è un film :
la vita non è accelerata, al contrario si
prende tutto il tempo necessario per
sbocciare, farsi bella, progredire sul
filo delle stagioni, degli anni, dei se-
coli. È fatta di attese e di pazienza.
Solo dal contatto guidato con la natu-
ra i bambini e i ragazzi di oggi posso-
no imparare l'amore per la vita, pas-
sare dall'ecologia alla coscienza, dal-
la creazione al Creatore.
Nell'epoca dei. "bambini d'apparta-
mento", questo aspetto della peda-
gogia salesiana è geniale e vitale. Un
grande e indimenticabile salesiano,
don Luigi Cocco, con semplicità lo
esprimeva così: «I ragazzi sono come
i passerotti: in gabbia muoiono».
1 GIUGNO 1993 - 13

2.4 Page 14

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CHIESA
Commissione episcopale per la dot-
trina della fede e la catechesi.
IL CATECHISMO
DEGLI
ADOLESCENTI
di Silvano Stracca
È appena uscito
«Io ho scelto voi»,
il nuovo catechismo degli
adolescenti. Le novità
della nuova edizione e
le scelte catechistiche
di fondo. Intervista .
a monsignor Chiarinelli.
I 1rinnovamento d~lla catechesi in
Italia continua. E stato appena
consegnato ai vescovi, durante l'as-
semblea di maggio, il nuovo catechi-
smo dei giovani/I, che si rivolge in
particolare agli adolescenti. Il titolo
è Io ho scelto voi. Abbiamo chiesto
di presentarlo ai nostri lettori a
monsignor Lorenzo Chiarine/li, ve-
scovo di Aversa, presidente della
Come si inserisce il nuovo testo
nel progetto globale dei catechismi
della Conferenza episcopale italiana?
Il catechismo della Cei è un unico
catechismo in più volumi, articolati
secondo le età. Il titolo generale è
Catechismo per la vita cristiana.
Nessun testo può essere considerato
chiuso in se stesso. Sono tutti mo-
mento di un progetto unitario. Il
primo volume è il cosiddetto "docu-
mento di base'' sul rinnovamento
della catechesi. Cinque volumetti
sono dedicati alla "iniziazione· cri-
stiana" dei bambini, dei fanciulli,
dei ragazzi. Due volumi interessano
l'area giovanile. L'ultimo volume,
che è il "cuorè" e il "primum" di
tutto il progetto, è il catechismo de-
gli adulti.
lo ho scelto voi è il primo testo
deil'area giovanile e costituisce uno
snodo tra l'iniziazione cristiana e la
catechesi degli adulti. Ed è uno sno-
do di grande rilevanza psico-
pedagogica, culturale ed ecclesiale.
L'itinerario che il testo propone ha,
14 - 1 GIUGNO 1993
Il rinnovamento catechistico
raggiunge i giovanissimi
(foto De Marie).

2.5 Page 15

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cioè, un prima - l' iniziazione cri-
stiana - e un poi - la maturità del-
la fede - e va collocato nell'oriz-
zonte globale del progetto catechi-
stico della Chiesa italiana. Per leg-
gerlo, interpretarlo e farne emerge-
re tutta la virtualità educativa biso-
gna, quindi, collocarlo nell'insieme
degli altri volumi.
A chi rivolge questo catechismo:
ai genitori, agli educatori, agli stessi
giovani?
Un catechismo ha per destinata-
rio globale la comunità cristiana ed
ha poi referenti specifici. lo ho scel-
to voi interpella, dunque, prima di
tutto la comunità cristiana a frohte
degli adolescenti/ giovani, promuo-
vendo consapevolezza di un urgehte
compito educativo e reclamando
una contestualizzazione che è testi-
monianza e coralità di esperienza
cristiana. Fa appello in maniera
energica ai genitori, sostenendòne
l'azione educativa in un passaggio
così delicato della vita dei figli. E,
ovviamente, è destinato ai giovani
dai 15 ai 18 anni, età tipica di orien-
tamenti decisivi per l' esistenza. Eti è
età poco considerata nella sua speci-
ficità.
Ecco perché questo catechismo è
molto importante. L'adolescenza
come età di passaggio corre il ri-
schio di essere "terra di nessuno" in
campo pedagogico; può passare co-
.me un tunnel laddove questa fastia
di età abbisogna di lucida, concreta
e perseverante progettualità. Forse,
la bellezza di lo ho scelto voi è pro-
prio di offrire un progetto educati-
vo in un'età problematica dove,
probabilmente, l' uscita dall'adole-
scenza e la non ancora matura as-
sunzione di decisioni della giovinez-
za possono far correre rischi di qua-
lunquismo, disorientamento, ap-
piattimento. Poiché il testo interlde
essere una proposta e un sostegno
per questa fascia d' età, l' abbiamo
chiamato il catechismo dei giovani
n. 1, mentre il secondo volume ab-
braccerà l'età dai 18 ai 25 anni.
Quali problemi sono stati incon-
trati durante la preparazione del
testo?
La redazione di questo catechi-
smo ha richiesto un impegno parti-
colare, ma, nello stesso tempo, ha
costituito un'avventura culturale,
pedagogica ed ecclesiale. È, infatti,
questo un catechismo nuovo: per
specifica fascia di destinatari, per
cqntenuti propri, per mediazione
pedagogica. La struttura di Io ho
scelto voi è differente dagli altri ca-
techismi. È divisa in fasce per aiuta-
re il giovane a leggere i diversi
aspetti della sua vita interiore e del
suo mondo. Ed entro ambiti, aspet-
ti, dimensioni diverse, far emergere
un'autentica, robusta, significativa
proposta di fede.
La pastorale in atto nelle comuni-
tà ecclesiali , nonostante la gravità
dei problemi e la scarsità delle ener-
gie, e la competenza degli operatori
sono state utilizzate al meglio. In
questo senso Io ho scelto voi è senza
modelli e, certamente, per coglierlo
ed accoglierlo bisogna tener conto
di questa sua "singolarità". I cate-
chismi dell'iniziazione cristiana e
degli adulti sono già mediazioni col-
laudate. Invece il catechismo degli
adolescenti è una mediazione nuo-
va. Del resto, è proprio l'età che è
sempre nuova e sul piano della pro-
posta educativa ci interpella di con-
tinuo e reclama creatività.
Il testo servirà per l'insegnamento
della religione nella scuola· o per la
catechesi?
Un catechismo è per la catechesi,
naturalmente. Ma, tenendo ben
chiara la diversità degli obiettivi,
della metodologia, del contesto
educativq, è evidente che la propo-
sta pedagogica può essere mediata
in ambiti e spazi vitali diversi. Tut-
tavia non è un testo di scuola, per-
ché l' insegnamento della religione
nella scuola ha finalità proprie e
uno statuto diverso dalla catechesi.
L'approfondita ricerca metodologi-
ca e didattica nei gruppi e nelle di-
verse realtà associative può però es-
sere d'aiuto per chi, pur in spazi e
con metodologie diverse, è chiama-
to a far fronte all ' educazione reli-
giosa dei giovani.
Quali sono gli obiettivi generali e
la meta globale di questo cate-
chismo?
Innanzitutto , aiutare l' adolescen-
te a riappropriarsi personalmente
del messaggio cristiano median-te un
cammino di fede organico, non epi-
sodico, non frammentato, e attra-
verso l'esperienza di gruppo. In se-
CARLO FIORE
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1 GIUGNO 1993 - 15

2.6 Page 16

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CHIAMATI A SEGUIRE GESÙ
È il capitolo del catechismo «lo ho scelto voi». L 'adolescente, che a que-
sto punto de/l'itinerario dovrebbe essersi orientato verso un progetto di vita
cristiana, trova in questo quinto capitolo alcuni elementi per guardare e pren-
dere seriamente in considerazione una vocazione stabile di vita. Gli si offrono
perciò punti di riferimento essenziali per una ricerca vocazionale. In particola-
re gli vengono offerti gli esempi di vita di alcuni testimoni, tra i quali quello del
giovane Pier Giorgio Frassati. Ne riportiamo il testo.
Pier Giorgio Frassati muore a soli 24 anni nel 1925, a Torino: un giova-
ne che pratica lo sci, l'alpinismo e l'equitazione, ma che sa scegliere con
coraggio la povertà, sa vivere nella purezza e in una grande carità. Impe-
gnato nella vita ecclesiale, nella "Gioventù Cattolica", affronta seriamen-
te l'università e vive con attehzione le vicende sociali del tempo, manife-
stando un particolare impegno nel servizio dei poveri.
«Noi, awicinando i poveri, a poco a poco veniamo ad essere i loro confi-
denti ed i consiglieri nei momenti più terribili; facciamo penetrare in loro le
parole consolatrici che ci vengono suggerite dalla fede e tante volte riuscia-
mo, non per merito nostro, a portare sulla retta via gente che, non per catti- Pier Giorgio Frassatl
veria, s'era allontana. Gesù Cristo ha promesso che tutto quello che noi fare-
mo ai poveri per amor suo egli lo considererà come fatto a se stesso. Non vogliate negare a Gesù questo amore...
Lo so che questa via è erta e difficile e piena di spine, mentre l'altra a prima vista parrebbe più bella e più facile
e più soddisfacente, ma se noi potessimo scandagliare l'interno di coloro che disgraziatamente seguono le vie
perverse del mondo, noi vedremmo che mai in loro v'è la serenità che proviene da chi ha affrontato mille difficoltà
e rinunciato ad un piacere materiale per seguire la legge di Dio».
Altrettanto decisa è la sua partecipazione alle vicende sociali e politiche, dove la carità cristiana diventa impe-
gno a servizio del grande ideale della giustizia.
«I fortunati di questo mondo sono dunque ammoniti: le ricchezze non li salvano dal dolore. Esse, per la felicità
futura, più che giovare, nuocciono. I ricchi debbono tremare, pensando alle minacce straordinariamente severe
di Gesù Cristo: dell'uso dei loro beni dovranno un giorno rendere rigorosissimo conto al Dio giudice... Soddisfatte
le proprie necessità, dovere soccorrere col superfluo ai bisognosi».
condo luogo, cogliere il rapporto
strettissimo tra la fede e la vita, la
vita dei giovani e degli adolescenti
con le interpellanze ed i problemi
che la caratterizzano. Infine, speri-
mentare la validità e la possibilità
concreta-del messaggio cristiano per
creare realtà nuove ed aprire alla
speranza.
Agli adolescenti che ricercano un
proprio progetto di vita e vogliono
fare le loro scelte con riferimento
alla fede e alla vita cristiana, il cate-
chismo offre un cammino incentra-
to sull'incontro con Cristo, accolto
come colui che dà significato all'in-
tera esistenza dell'uomo e al suo fu-
turo. Il testo sviluppa, pertanto,
una forte dimensione vocazionale.
A quale tipo di adolescente si ri-
volge il testo? Come riesce a parlare
a giovani certamente meno catechiz-
zati di una volta e, in genere, poco
interessati al fatto religioso?
Fare oggi un identikft della figura
dell'adolescente non è facile, perché
la situazione socio-culturale è fram-
mentata e sono crollati certi schemi
di carattere ideologico . Il mondo
giovanile sembra essersi appiattito e
16 · 1 GIUGNO 1993
anche certe connotazioni " giovani- ed esigente. Se, in questo clima di
listiche" risultano meno presenti. esasperato consumismo che brucia
Questo rende difficile identificare i molti valori, il giovanè riesce a co-
giovani e anche definire una propo- gliere la solidità e la validità della
sta per loro. Noi abbiamo pensato proposta che è Cristo, non manca di
di aiutare il giovane a rendersi con- essere perlomeno sollecitato e, poi,
to, prima di tutto, di dove è, di chi anche di dare concretamente una ri-
è e di dove va.
sposta.
Il giovane cui ci rivolgiamo non è
tanto il giovane "acculturato" te- Qual è il rapporto tra "Io ho scel-
nuto presente dal catechismo dei to voi" e il nuovo catechismo uni-
giovani precedentemente, quanto il versale?
giovane "comune" delle nostre fa. Il catechismo della Chiesa cattoli-
miglie, scuole, discoteche, ecc. Un ca è un punto di riferimento per la
giovane che sente forte il richiamo redazione degli altri catechismi. Lo
di alti valori, ma non tanto procla- è stato anche per questo testo . E
mati quanto vissuti. Un giovane che laddove si tratta di offrire delle sin-
ha alle spalle meno tradizione reli- tesi per la professione di fede, o di
giosa rispetto al passato. Un giova- individuare i nodi dell'esperienza
ne più disincantato, perché, forse, cristiana, il riferimento al catechi-
l'esperienza stessa del nostro vivere
non lo invoglia a guardare al futuro
con volon_tà d'impegnarsi.
Il catechismo tiene presente que-
sta situazione socio-culturale. Ma
fà anche credito alle grandi energie
che albergano nel cuore dell'uomo
in genere e del giovane.in particola-
re. Noi crediamo alla presenza di
Dio nella vita e nella storia degli uo-
. smo della Chiesa cattolica non è so-
lo implicito ma esplicito. Tenendo
conto naturalmente della mediazio-
ne necessaria per un volume che fa
parte di tutto un progetto catechisti-
co della Chiesa italiana e della me-
diazione in ordine all'età e alla con-
dizione adolescenziale nel proporre
e attualizzare i contenuti della fede.
mini. La proposta è, quindi, chiara
Silvano Stracca

2.7 Page 17

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@
BS
di Pietro Moschetto
Il nucleo della popolazione ameri-
cana indigena, forse il 95% , possie-
de caratteri anatomici chiaramente
asiatici (di tipo mongolico) . Lo dimo-
stra con evidenza l'antropologia, e
anche la genetica. Le decorazioni
degli oggetti iri terracotta della cultu-
ra Valdivia (zona costiera dell'Ecua-
dor) sono straordinariamente simili
alle culture di Jamén (Giappone). La
celebre civiltà Maya, e forse anche
la Tolteca e l'Atzeca, hanno le loro
radici in una precedente cultura me-
soamericana, la Olmeca, la quale
presenta una stretta e non casuale
rassomiglianza con la civiltà Shang
(China): tratti caratteristici comuni
sono la deformazione cranica, le
"piramidi" formate da piattaforme
di terra sovrapposte, centri cerimo-
niali e amministrativi, asce di giada
come simbolo di autorità con iscri-
zioni identiche, il significato religio-
so dei felini e delle montagne, un ca-
lendario di straordinaria precisione,
vestiti ricavati da corteccia di albero,
dei della pioggia (con relativi riti) ,
imbarcazioni di bambù simili alle
"balse" equatoriane. C'è un cumu-
lo di indizi così grande che debbia-
Testa sacrificata
(Veracruz, Messico).
mo ammettere che esistettero, pri-
ma di Colombo, contatti tra l'Ameri-
ca precolombiana e i popoli asiatici.
La quasi totalità del substrato cultu-
rale e forse razziale dell'America bi-
sogna cercarlo in Asia.
Forse sono meno conosciuti gli
indizi che collegano l'America pre-
colombiana all'Africa.
In Messico, in una località della
" Tres Zapotes ", enormi teste mo-
IN MARGINE
Al 500 ANNI
«C'erano gruppi etnici " negri"
in America prima di Colombo?»
nolitiche rappresentano personaggi
con caratteri somatici sicuramente
negroidi. Statuette d'argilla trovate
in Messico, Guatemala, El Salvador,
così 'come alcuni crani incontrati in
certe zone del Messico, mostrano
una chiara prevalenza negroide. Gli
elmi delle enormi teste olmeche so-
no gli stessi che usarono al tempo di
Ramses lii , appartenenti alla dina-
stia negra dell'Alto Egitto.
Il direttore del Museo Archeologi-
co dello Stato di Vera Cruz (Messi-
co), Alfredo Medellfn Zanil, non ha
dubbi: «I capelli crespi e lanuti, le
narici larghe, le labbra grosse e altri
caratteri non lasciano dubbi sulla
presenza in America di individui di
razza negra, che non perpetuarono
i loro caratteri somatici a causa del
loro scarso numero». Memorie, leg-
gende e miti •operarono il prodigio
della loro deificazione come "eroi
culturali", immortalata nelle terre-
cotte e in enormi pietre.
La presenza del negro non solo
in Messico, ma anche più a Sud, in
Costa Rica e Panamà, è confermata
da alcuni cronisti del tempo della
"Conquista".
Il frate Pietro Martire di Anghiera,
consigliere della regina Isabella La
Cattolica, nelle sue •·•oécadas",
narrando le esplorazioni di Blasco
Nunez de Balboa, scrive (con il titolo
di " Tribus etiépicas" incontrate in
Panama): «Ll s' imbatterono in schia-
vi negri di una regione distante due
giorni da Caruaca, abitata unica-
mente da negri feroci e straordina-
riamente crudeli ... Indi e negri si
schiavizzano e uccidono a vicenda»
(lii Década, Cap. Il).
Il frate domenicano Gregorio Gar-
cfa (1554-1637), riferiste lo stesso
episodio e afferma che i primi spa-
gnoli videro abitanti di razza negra
per la prima volta in un'isola presso
Cartagena (Colombia), e che erano
schiavi del "cacique" .
Cristoforo Colombo, al suo primo
viaggio, trovò che i nativi dell'isola
"Espanola" avevano tra le mani del-
le punte di frecce formate da una le-
ga di oro, argento e rame. Si infor-
mò sulla loro provenienza, ed essi ri-
sposero che li avevano ricevuti da
commercianti negri venuti dal Sud e
da Sud Est. Colombo portò quegli
oggetti in Spagna e li fece esamina-
re da esperti, che li giudicarono del
tutto simili a quelli provenienti dalla
Guinea.
Furono questi, forse, i più recenti
e ultimi contatti dell 'Africa con l'A-
merica prima dell'invasione (?) eu-
ropea.
Padre Pedro Porras, eminente
archeologo equatoriano, presenta a
suo giudizio prove (o almeno indizi
;:~~f "'~-~
f X ~e~"-
~ .-:·.--~. .'~.~
~
V
"
,.
La Venta Tabasco (Messico).
significativi) della presenza negra in
questa parte dell'America, special-
mente nella cultura di "La Tolita"
(Esmeraldas).
A questa sporadica presenza ne-
gra nel continente si aggiunse a po-
co a poco quella dei servi schiavi al
servizio dei conquistatori, e poi, in
forma massiccia, la vergognosa
"tratta degli schiavi " figli dell'Africa
Nera, certamente il peccato più
grande, e oggi per noi quasi incom-
prensibile, che popoli europei e çri-
stiani hanno commesso nella loro
lunga e non sempre limpida storia.
1 GIUGNO 1993 - 17

2.8 Page 18

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PORTOGALLO
Il glorioso monastero
delle clarisse di Santa
Chiara a Vi/a do Conde
è diventato una scuola
salesiana per il ricupero
dei ragazzi della strada.
V ila do Conde è una cittadina
portoghese dalla storia ricca e
ben documentata. Il più significati-
vo dei suoi monumenti è senza dub-
bio il monastero di Santa Chiara,
attorno al quale è nata e cresciuta la
città.
Il monastero, che ha testimoniato
per secoli il fervore della comunità
delle Clarisse, a partire dal 1893 con
un decreto statale di estinzione degli
ordini religiosi, fu evacuato e desti-
nato pochi anni dopo a scuola di
rieducazione. Nel 1944, cinquan-
t'anni fa, il Ministero della Giustizia
affidò la scuola ai salesiani.
Dalla periferia di Porto
Oggi Santa Chiara è una scuola
che ospita ragazzi che hanno già
compiuto qualche reato e sono pas-
sati per il Tribunale dei Minori. Ma
vengono anche accolti altri ragazzi,
quelli che si trovano nel rischio di
cadere nella stessa situazione. Li in-
dirizza alla scuola una Commissio-
ne di Protezione dei Minori, dopo
aver provato inutilmente, anche con
la collaborazione della famiglia, a
superare le difficoltà. Si spera che
in un ambiente protetto possano
farcela. I ragazzi che frequentano la
scuola sono in tutto un centinaio e
provengono per 1'80 per cento dalla
periferia di Porto e dintorni . Ognu-
no di loro porta con sé un documen-
to che racconta la triste cronaca dei
suoi problemi, il primo dei quali è la
mancan_za di una vera famiglia. C'è
chi è stato abbandonato, e chi vive
in una famiglia con problemi di al-
colismo, ristrettezza o mancanza di
alloggio , povertà .. . È così che i ra-
gazzi finiscono sulla strada, abban-
donati a se stessi.
18 - I GIUGNO 1993
IL PERICOLO
E NELLA STRADA
di Antero Ferreira

2.9 Page 19

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Vivere per -la strada
I ragazzi della strada devono ri-
solvere da se stessi quei problemi ti-
pici di ogni ragazzo, che normal-
mente vengono soddisfatti dalla fa-
miglia. Il più urgente per loro è so-
pravvivere. Per questo devono im-
parare a rubare sia per mangiare
che per vestirsi. Vivono ai margini
del mondo e della società, anzi, ci
"vivono contro". Da un lato c'è la
società con i suoi codici e le sue re-
gole, con le sue leggi e le sue armi.
Dall'altro il mondo degli emarginati
più giovani, che fanno di tutto per
vivere contro e sulle spalle degli al-
tri. Il furto e la violenza sono le loro
armi. Sentono di avere diritto alla
vita, ma questo non gli è garantito
dalla famiglia, né tanto meno dagli
altri. E per mantenersi vivi, tutto va
bene. Santa Chiara riceve ragazzi
che non hanno ancora compiuto i
tredici anni, per non accoglierli
quando sono ormai totalmente de-
formati dalle cattive abitudini.
Quasi tutti vi arrivano portando, in-
sieme a una grande carenza affetti-
va, anche una totale indisponibilità
alla disciplina e all'ordine, un alto
grado di aggressività e una grande
abitudine al furto.
I ragazzi normalmente non sono
abituati all'igiene, al lavoro, al ri-
spetto, alla buona educazione.
Quando si trovano a dover vivere in
un internato soffrono la pressione
degli orari e le varie esigenze legate
alla convivenza che, soprattutto al-
l'inizio, diventano molto pesanti.
Qualcuno non ce la fa e abbandona
la scuola. La nostalgia della strada
è fortissima. Si sono talmente abi-
tuati a vivere nella strada e della
strada che non possono farne a me-
no. La strada non ha tempi, né ora-
ri, presenta rischi e avventure. Le
stesse difficoltà di sopravvivenza
(fame, freddo, polizia.. .) danno gu-
sto all'esistenza. Invece l'internato
non ha queste attrattive: è monoto-
no andare a letto e alzarsi a ore de-
terminate: per loro questo non è vi-
vere. Fuggono tante volte fino a
quando l'istituzione non si stanca di
cercarli.
Sono ragazzi che hanno dovuto
imparare a difendersi, lottando
contro tutte le difficoltà e sono di-
ventati aggressivi. Negli altri vedo-
no dei potenziali nemici, e l'aggres-
sione è un'arma potente nella loro
vita di relazione. Ma è una mentali-
tà che può essere superata. Gli edu-
catori ripetono tantissime volte che
sia nella scuola che nella vita non si
può andare avanti così. Lo ripetono
senza stancarsi, perché si tratta di
creare un nuovo modo di pensare
che influisca anche sugli altri aspetti
della loro personalità. Tra gli edu-
catori c'è un patto sacro: non essere
mai violenti nei confronti dei ragaz-
zi, anche quando si devono ripren-
dere e castigare. E col passar del
tempo qualcosa nel loro animo si
addolcisce.
Quanto al furto, i ragazzi posso-
nestà, ma un'abilità, e il ladro un
artista; e pensano che chi ha dei be-
ni, se vuole conservarli, deve impa-
rare a difenderli. Ed è proprio ciò
che capita con questi ragazzL ~on
c'è da stupirsi se uno dei nostri allie-
vi una volta, prima di assaltare l'uf-
ficio del direttore, abbia detto a un
altro salesiano: «Il direttore lascia
sempre la finestra aperta, ed è come
se mi invitasse a derubarlo». Natu-
ralmente il direttore non lanciava
alcun invito, ma lui si era sentito
spinto ed ... era entrato a r_ubare.
Aveva già 16 anni ed era nella scuo-
la da quando ne aveva dieci!
Prepararsi alla vita con le tecnologie più sofisticate. Al banco della
fotocomposizione elettronica.
no trovarsi in una di queste situa-
zioni: c'è chi ha rubato per vivere e
chi ha rubato per vizio. Nel primo
caso, l'abitudine può essere corret-
ta: dal momento che la scuola dà
vitto, vestito, scarpe e anche qual-
che spicciolo proporzionato al buon
comportamento, spariscono i moti-
vi che portano a rubare. E i ragazzi
smettono di farlo. Ma l'esperienza
comincia a dirci che quelli che lo
fanno per vizio con il passare del
tempo raffinano la loro tendenza. Il
furto è diventato per questi una se-
conda natura, come capita con qu~i
popoli per i quali il furto non è diso-
Un beli'impegno educativo
La scuola dipende dal Ministero
della Giustizia del Portogallo trami-
te la Direzione Generale dei Servizi
Tutelari dei Minori. Questa è pro-
prietaria dell'immobile, dà un sussi-
dio per la manutenzione dell'opera
e paga una parte del personale che
vi lavora. Gli educatori sono 42.
Accanto ai salesiani e ad altri fun-
zionari, ci sono le insegnanti delle
classi elementari, la cui presenza di-
venta molto importante a causa del-
la dimensione affettiva che portano
nel loro lavoro. Ogni gruppo è còm-
1 GIUGNO 1993 - 19

2.10 Page 20

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Fatti&
Persone
CAMBOGIA. La prima comunità delle
Figlie di Maria Ausiliatrice ha iniziato
la sua attività a Phnom Pènh 1'8 dicem-
bre dell'anno scorso. A pochi mesi di
distanza è iniziato il primo laboratorio.
In una piccolissima stanza dove ci stan-
no appena cinque o sei persone, suor
Lakana (una thailandese) ha cominciato
le lezioni di taglio e cucito. La prima ra-
gazza accolta dalla comunità ha 16 anni
ed è orfana. Il direttore salesiano padre
John Visner ha suggerito alla comunità
di cercare un'insegnante cambogiana
per le ragazze, in modo da superare le
inevitabili difficoltà della lingua.
VATICANO. Da circa un anno don Er-
vino Martinuz, dell'ispettoria di Campo
Grande (Brasile), è responsabile del
programma brasiliano alla Radio Vati-
cana. Don Ervino, 45 anni, organizza il
programma quotidiano di 27 minuti. In
particolare cura il notiziario sulla vita
della Chiesa e sta lavorando al progetto
della trasmissione del programma brasi-
liano via satellite. Presso la casa genera-
lizia salesiana collabora al dicastero
centrale delle comunicazioni sociali.
INGHILTERRA. Don Tom Williams
dell'ispettoria della Gran Bretagna, ha
pubblicato un dossier sull'AIDS. II dos-
sier è una risposta delle diocesi di St.
Andrews ed Edimburgo per quanti sono
interessati al problema della prevenzio-
ne. Don Williams si è curato' del coordi-
namento di questa iniziativa; la prima
del genere tra le scuole cattoliche ingle-
si. Il dossier contiene considerazioni e
informazioni pratiche, statistiche, con-
sigli, esercitazioni e lucidi da utilizzare
con la lavagna luminosa. II dossier si
presenta bene, ha un linguaggio accessi-
bile e in sei lezioni aiuta i giovani a ri-
trovare fiducia in se stessi , a superare le
paure e a fare delle scelte.
. MALTA. Il ministro per la gioventù, la
cultura e lo sport ha chiesto a don Chàr-
les Cini di coordinare una campagna
contro la droga. «Anche i giovani di
Malta sono coinvolti in questo grave
problema», dice don Cini, che ha previ-
sto anche un week-end residenziale con
i giovani. Con lorò concorderà le scelte
di fondo e le strategie della campagna,
che potrà contare anche su una serie di
programmi televisivi.
20 · 1 GIUGNO 1993
posto da una decina di ragazzi per lo ha accolto bene la proposta, ma
ogni insegnante, cosi si può mante- ha avuto una cura e anche un affet-
nere un rapporto educativo molto to particolare per questi allievi.
personalizzato. Le insegnanti sono
tutte madri di famiglia di ragazzi di · Con la pazienza di Dio,
età più o meno uguale a quella dei
loro allievi e si sentono molto legate
pensando al domani
al loro lavoto educativo. Partecipa- Anche se non sempre questo è
no molte volte alle attività parasco- possibile, i salesiani di Santa Chiara
lastiche, aiutano a preparare le fe- sono convinti che si debba operare
ste, a cui prendono parte anche con tra questi ragazzi in collaborazione
i mariti e i figli. Fino a due anni fa, con la famiglia, sia perché i loro
dopo le prime classi elementari, la problemi sono nati dalle sue defi-
scuola veniva continuata dai sale- cienze, sia perché sarà la famiglia a
siani in Santa Chiara. Conoscendo doverli poi accompagnare nel loro
bene i ragazzi, sapevano che la loro inserimento in società.
integrazione nella scuola normale L'educazione di un figlio è opera
avrebbe trovato delle difficoltà e si di amore e in questa deve esserci un
correvano dei rischi; ma sapevano poco della "pazienza di Dio", che fa
anche che avrebbe portato molti capire quali sono i momenti migliori
vantaggi. Sono così arrivati alla so- per intervenire. La pazienza è tanto
luzione di accettare la sfida e li han-
no iscritti alla scuola statale. E ora
possono dire di aver fatto bene. Og-
gi i ragazzi di quinta e sesta classe si
comportano come gli altri allievi e
le allieve della scuola statale. Con la
differenza che sono soltanto un po'
più cresciuti perché hanno comin-
ciato a studiare più tardi .
più necessaria in una situazione di
rieducazione. A Santa Chiara ci
vuole tanto cuore e tanta pazienza.
Il sorriso che Don Bosco ha otte-
nuto da Bartolomeo Garelli dopo tre
o quattro domande, con questi ra-
gazzi lo si può avere soltanto dopo
molti giorni, mesi o anche anni. Ma
normalmente finisce per nascere.
Quanto alla scuola statale non so-
Antero Ferreira

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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BS
a cura di Eugenio Fizzotti
A CUORE APERTO
PSICOLOGIA E SPIRITUALITÀ
di Neylor J. Tonin
Leumann , Editrice Elle Di Ci,
1992, pp. 159, lire 12.000
Non è.difficile né raro sentirsi
vuoti , tristi, annoiati, sen?a alcu-
na voglia di impegnarsi. E que-
sto mentre tutto, a livello socia-
le, lavorativo, culturale, sembra
andare per il meglio . Si può
scoppiare di salute, e soffrire di
anemia spirituale. Si può. occu-
pare un. posto invidiabile nella
società, e avvertire la solitudine
più desolante.
Il volumetto di Neylor J. To-
nìn, un francescano psicologo
brasiliano, propone una sessan-
tina di brevi riflessioni che aiuta-
no a ritrovare il senso della vita
e il gusto delle cose essenziali,
partendo dalle realtà più sempli-
ci e quotidiane per arrivare fino
a Dio.
È una lettura stimolante, rac-
comandata vivamente.
C'ERA UNA VOLTA
IL PROGRESSO
di Sian Eales
Torino, SEI,
1992, pp. 94, lire 19.000
Ecco un sussidio che ogni
educatore, ogni genitore e ogni
ragazzo dovrebbe avere tra le
mani. Non solo perché le parole
scritte sono poche decine, e al
loro posto si trovano simpaticis-
sime vignette, ma soprattutto
perché il messaggio che l'auto-
re vuole comunicare costituisce
il nucleo centrale di qualsivoglia
Itinerario per la crescita e la ma-
turazione della persona.
Basta un tratto di matita, una
battuta di spirito, una strizzata
d'occhio perché temi quali l'in-
quinamento, la distruzione degli
animali, l'alienazione di una vita
in cui non c'è più posto per l'aria
pura vengano resi accessibili e
comprensibili a qualsiasi lettore.
Il materiale è provocatorio e fa
sprigionare una nostalgia che
non può non tradursi in impe-
gno sistematico per i valori au-
tentici della vita di ogni giorno.
CAMMJNO
PERLA
FORMAZIONE
DEI
CATECHISTI
_____ __ _,_,.o,,o_rn.__,,,_ __.
CAMMINO
PER LA FORMAZIONE
DEI CATECHISTI
di Giancarla Barbon e
Rinaldo Paganelli
Bologna, Edizioni Dehoniane,
1993, pp . 240, lire 18.000
Sempre più viva e urgente è
la domanda di formazione da
parte dei catechisti. E altrettan-
to tempestiva e approfondita è
la risposta che, da più parti, vie-
ne loro offerta. La posta in gio-
co, infatti, è troppo alta per non
chiedere serietà di impegno, ca-
pacità di progettazione, fedeltà
alle dinamiche comunitarie, lin-
guaggio realistico, appassiona-
to sforzo pedagogico.
Il volume che presentiamo, i
cui autori si sono specializzati in
catechetica e pastorale giovani-
le presso l'Università Salesiana
di Roma, si pone proprio come
strumento aggiornato e valido
per l'individuazione di concreti
obiettivi di una catechesi rinno-
vata. Dopo aver delineato la fi-
gura del catechista, esso analiz-
za in modo particolare il ruolo
del gruppo catechistico e gli stili
comunicativi che favoriscono
una corretta metodologia nella
fedeltà a Dio e nella fedeltà al-
l'uomo.
APPUNTAMENTO
CON L'EUROPA
TRA STORIA, FUTURO
E SPERANZA CRISTIANA
del Card. Jean-Marie Lustiger
Milano, Massimo / Ancora,
1992, pp . 160, lire 21.000
La storia dell 'Europa, che fati-
cosamente sta cercando di co-
struire una unità dinamica nel ri-
spetto delle molteplici tradizioni
culturali in essa presenti , è stata
caratterizzata finora dalla follia
dell'uomo, ma anche dai frutti
della sua saggezza. Gli sconvol-
gimenti dei secoli passati, ma
anche quelli che seminano mor-
te e violenza ai nostri giorni, non
hanno come unica causa le de-
cisioni delle potenze economi-
che e di quelle politiche: i fattori
decisivi sono di ordine spiritua-
le, e rimandano a ùna visione ri-
duzionista e razziale dell'uomo.
Il card . Lustiger ci mostra,
con questa sua nuova opera, sia
la genesi dell'unità europea che
le tragedie che l'hanno segnata
e suggerisce di non mancare al-
l'appuntamento con l'Europa
grazie a un radicale rimando al-
la matrice cristiana che; con la
sua sottolineatura della libertà e
dell'uguaglianza, può consenti-
re di affrontare dinamicamente
la pluralità è di valorizzarne tutti
gli aspetti positivi.
LA FELICITÀ
DI ESSERE UOMO
CONVERSAZIONI
CON DOMINIQUE XARDEL
di Jacques Loew
Milano, Editrice Ancora,
1992, pp . 330, lire 29 .000
Prete-operaio sulle banchine
del porto di Marsiglia per più di
dodici anni , fondatore della Mis-
sione Operaia Santi Pietro e
Paolo nel 1955, ideatore della
Scuola della Fede a Friburgo,
viaggiatore instancabile sempre
pronto a lanciare nuove iniziati-
ve e a rispondere a ogni forma
di povertà, Jacques Loew ha
scritto molto ed alcuni dei suoi
libri fanno parte dei best-seller
dell'editoria religiosa.
In occasione del suo ottante-
simo compleanno egli ha cerca-
to, con l'aiuto di Dominique Xar-
del, di tracciare un bilancio della
sua lunga e impegnata esisten-
za. Le conversazioni, svoltesi
nell'abbazia cistercense di Ta-
mié, rivelano una spiritualità vi-
va e vivace, capace di entusia-
smarsi e di entusiasmare, au-
tentica testimonianza di una vita
vissuta in pienezza nel servizio
attento ai più poveri.
Si tratta di un personaggio da
conoscere!
1 GIUGNO 1993 - 21

3.2 Page 22

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Tenace e sorridente, Suor Nicolina si è sempre sentita realizzata.
L'impegno missionario di
suor Nicolina Viano:
42 anni di amore
per l'India. Una vita
per i lebbrosi
e la promozione sociale.
H o incontrato_ suor Nicolina
Viano ad Ahmednagar, una
cittadina dello stato di Mahrashtra,
a ovest dell'India. Dopo gli slums di
Bombay e il brulichio dei centri abi-
tati, dopo il viaggio in treno e in
jeep attraverso la campagna arida
disseminata di capanne di paglia, la
casa di suor Nicolina ci riceve come
un fiore bianco in un'oasi verde e
colorata, con cespugli rigogliosi e
cascate di bouganville che rompono
l'aridità del terreno, che da due anni
non subisce il solito monsone:
La costruzione, per ora in piedi
solo per un terzo, stenta a contenere
22 - 7 GIUGNO 1993
le opere già in atto: la scuola mater-
na ed elementare, il corso annuale di
"promozione della donna" per ra-
gazze dai 16 ai 25 anni, l'internato
per le bimbe dei villaggi.
Per ogni sorriso una storia
drammatica
Le ragazzine interne, più di ses-
santa, spuntano da ogni ambiente,
ti raggiungono ovunque con il loro
saluto squillante, si aggirano per
tutti gli spazi dando mano a tutto.
Entrano nell'ufficio sempre aperto
della direttrice con la disinvoltura di
chi è a casa propria. Mi colpisce la
loro essenzialità di vita: a piedi scal-
zi, ma con i vestiti puliti, mangiano,
dormono, studiano nello stesso am-
biente. Non hanno bisogno né di se-
die, né di letti o posate. Svuotano
sacchi di riso e di cereali con il loro
insaziabile appetito. Ma dietro que-
gli sguardi balenanti e quei sorrisi
aperti, si trascinano situazioni dolo-
rose. Non è solo la povertà dei vii-
!aggi. La piccola Rita, per esempio,
ha visto la mamma darsi fuoco ,
piuttosto di accettare l'infedeltà del
marito. La stessa situazione tragica
è toccata a Caterina, 16 anni, che
frequenta il corso di promozione
della donna, il Grihini. Per l'ultima
vacanza, quasi tutte le sue compa-
gne sono andate a casa. Lei, seduta
nel cortiletto, rispondeva un po' tri-
ste al saluto e guardava lontano .
Suor Nicolina segue bimbe e ra-
gazze con la promessa di aiutarle a
custodire la dignità e porre altre
fondamenta al loro futuro. «In que-
sti mesi ha fatto scandalo una noti-
zia», racconta. «Una donna è stata
arrestata perché aveva soffocato la
sua bambina di pochi giorni. La
donna, stupita, si è giustificata di-
cendo che lo fanno tutti. E ha spie-
gato: "Io soffro, perché la mia
bambina deve soffrire come me?
Non è meglio che muoia?"».
«Un giorno», continua suor Ni-
colina, «le donne che lavorano coi
muratori hanno trovato fuori dal

3.3 Page 23

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cancello il corpicino di una bimba:
i cani le sbranavano i piedi e i corvi
le beccavano la testa».
Impatto con la lebbra
Quando cessa il coprifuoco cau-
sato dagli scontri tra indù e musul-
mani per la distruzione della mo-
schea di Ayodhia, lasciamo Ahmed-
nagar e in volo per Madras ci por-
tiamo nel verde Tamil Nadu, dove
suor Nicolina ritrova i luoghi e i ri-
cordi dei suoi primi anni di missio-
ne: Pallikonda, Polur, Ami, Ma-
dras, Bangalore.
In una sosta a Katpadi-Vellore,
ammiro il complesso di opere sorto
attorno all'università delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, un vero atto di
sfida alle ristrettezze di mentalità e
di mezzi del tempo; poi in jeep rag-
giungiamo Ami, la cittadina della
seta e dei sari. Qui suor Nicolina ha
vissuto per ben diciassette anni, tro-
vandosi subito di fronte alle piaghe
della lebbra causata proprio dalla
lavorazione artigianale della seta.
Mi spiega: «Nella capanna faceva-
no un buco nel terreno per mettere
i piedi in basso e sedersi davanti al
telaio; l'umidità causava l'infezione
e altri venivano contagiati». Suor
Nicolina si era diplomata al Cotto-
lengo di Torino e già a Polur aveva
imparato da don Pianazzi come cu-
rare i lebbrosi. Arrivò ad averne 800
in cura. Mi confida un ricordo:
«Curavo un lebbroso che, per le
mani tumefatte, non poteva conti-
nuare il suo lavoro di lavandaio.
Quando, dopo tante settimane di
cura, ha constatato il miglioramen-
to, mi ha abbracciato esclamando:
"Grazie, ora potrò nuovamente la-
vorare per i miei figli!''. Questa è
stata la mia prima gioia, ricevere
l' abbraccio di un lebbroso». E con-
tinua: «Dopo il mio trasferimento,
Suor Nicolina e la sua
inseparabile vespa.
Con le ·ausiliarie dell'ospedale e dell'internato.
i lebbrosi venivano da Polur ad Ar-
ni; perché, vede, la gente non cerca
solo la medicina, cerca il contatto,
l'affetto, una parola buona... ».
Un giorno un lebbroso viene re-
spinto dall'ospedale governativo: la
lebbra era troppo avanzata, niente
da fare. Lui va da suor Nicolina che
tenta di incidere la gamba gonfia...
uno spruzzo di vermi inonda la
stanza! Ma la gamba viene liberata
e guarita.
L'esperienza del lavoro nei villag-
gi la fa esclamare: «È una bella
esperienza! ». E ricorda di quegli
anni la gente e i bimbi che le anda-
vano incontro quando la vedevano
arrivare dopo ore di cammino; le
esponevano i loro casi e lei era tutto
per loro: medico, chirurgo, ostetri-
ca, confidente, oltre che catechista.
1 GIUGNO 1993 23

3.4 Page 24

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11' fJi1 r lii .'ir,
Il Bollettino Salesiano esce dalla ti-
pografia dieci giorni prima del nuovo
mese e viene spedito con sollecitudi-
ne. Sappiamo purtroppo di notevoli ri-
tardi e di copie che vanno smarrite.
Ogni mese le poste ci restituiscono
alcune centinaia di copie che non so-
no state recapitate ai destinatari .
Questo causa a volte l'interruzione
dell'abbonamento, nonostante la no-
stra buona volontà.
Se qualcuno si vedesse interrom-
pere l'arrivo della rivista per due nu-
meri consecutivi , sarà sufficiente che
ce lo faccia sapere e rimetteremo im-
mediatamente in corso l'abbona-
mento.
Chi fosse a conoscenza di copie
che vanno smarrite o che non sono
desiderate; di doppioni; di lettori che
hanno cambiato indirizzo o che sono
deceduti, ci aiuti a risparmiare e ce lo
faccia sapere. Ci rimandi per favore
l'etichetta accompagnata dalla ne-
cessaria segnalazione.
Il Bollettino Salesiano viene invia-
to gratuitamente a chi ne fa ri-
chiesta. Dal 1877 è un dono di
Don Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra i gio-
vani. Diffondetelo tra i parentf e
gli amici. Comunicate subito il
cambio di indirizzo (mandando
sempre la vecchia etichetta).
Scrivete a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
24 · 1 GIUGNO 1993
Ahmednagar. L'opera in costruzione .
L'amore che guarisce
Il secondo fulcro dell'esperienza
missionaria di suor Nicolina-me-
dico è Vyasarpadi, una località di
Madras che è tuttora un centro di
opere gestite dai salesiani con la col-
laborazione delle suore. «Centre of
beatitudes» è scritto sulla facciata.
L'iniziatore è stato Padre Manto-
vani.
Colpito dalla miseria del luogo,
partendo dal nulla riuscì a costruire
un vero complesso assistenziale ed
educativo.
Intorno al" 1970, in un ospedalet-
to del centro, luogo di raccolta dei
moribondi, le suore di Madre Tere-
sa di Calcutta se ne sono andate.
Qualcuno suggerisce che si mandi
suor Nicolina per continuare l'ope-
ra; ma lei, prima di andarvi, la tra-
sforma da luogo per morire a luogo
per guarite. Amplia la costruzione
dell'ospedale fino ad ospitare 90 de-
genti, dà importanza alla pulizia e
alle eme. Nel tempo che dedica alla
preparazione dell'ambiente, piutto-
sto mal ridotto, ottiene il permesso
di servirsi di una motoretta, ·una
"vespa" acquistata con l'aiuto dei
benefattori, per gli spostamenti dal-
la casa ispettoriale al centro (ancora
oggi se ne serve, rapida e sicura, nei
dintorni di Ahmednagar).
.
Nel periodo in cui è stata direttri-
ce ad Ami, suor Nicolina costruì
per le fanciulle orfane la scuola e
l'internato, le seguì fino a un diplo-
ma e ad un lavoro, fino al matrimo-
nio aiutando le ragazze a trovare
marito e, naturalmente, pensava lei
alla dote. Nei nostri spostamenti ne
incontriamo parecchie di queste ex-
allieve di Ami, ormai donne che
hanno formato una vera famiglia .
Hanno saputo dell'arrivo di suor
Nicolina e accorrono a raccontarle
le vicende che lei non ha più potuto
seguire. Alcune la chiamano ancora
"mamma". Un caso un po' singo-
lare sono due donne con marito e fi-
gli che si pre~entano al nostro pas-
saggio a Bangalore: sono due sorel-
le che suor Nicolina ha fatto sposa-
re con due fratelli, dopo aver trova-
to a tutti un lavoro.
A Madras ne incontriamo una
che lavora presso le suore: è sordo-
muta. Suor Nicolina le regala un sa-
ri. Mi commuovo nell'assistere allo
spettacolo di quel prolungato lin-
guaggio di gesti e suoni in cui lei co-
munica tutta la sua gioia, ed espri-
me pensieri, racconta situazioni.
A Bangalore, a Nasik e ora ad
Ahmednagar suor Nicolina ha con-
tipuato e continua a vivere in pieno
le due caratteristiche più spiccate
della sua personalità: la predilezio-
ne per i poveri e l'intraprendenza
per le costruzioni. Le malattie, le
fatiche, la fame, i disagi d'ogni ge-
nere nori sono state le uniche sue
sofferenze. Dice, anzi: «Disagi? Io
neppure me ne accorgevo. Era natu-
rale per chi aveva scelto la mis-
sione... ».
Altre sofferenze non mancarono
per il suo carattere pronto e deciso,
per.il suo coraggio nell'andare fino
in fondo e per il successo delle sue
imprese. Non tutti hanno capito e
hanno battuto le mani. Ma e'è una
frase che ritorna sovente nel suo di-
scorso e nei suoi scritti: «Mi sono
sempre sentita realizzata!».
Armida Magnabo.sco

3.5 Page 25

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BS
di Tonino Bello
Quella notte ero salito su un vago-
ne di seconda classe. Con i pochi
viagg iatori che imbarcava e con i
tanti scompartimenti vuoti a disposi-
zione, quel treno per Roma era mol-
to comodo per me, soprattutto quan-
do, non avendo avuto tempo per
prepararmi di giorno, ero costretto a
studiare di notte. Quella volta, poi,
ero particolarmente preoccupato.
La mattina seguente avrei dovuto te-
nere la relazione di fondo in un con-
vegno importante, e contavo proprio
su quelle otto ore di viagg io per or-
ganizzare il mio discorso.
Mi ero già sistemato in uno scom-
partimento vuoto e avevo appena ti-
rato le tendine dopo avere sparpa-
gliato sui sedili libri e riviste, quando
sentii scorrere il portello, e un signo-
re sulla trentina mi chiese con un
sorriso: «Scusi, lei non è il vescovo
di Molfetta?». Non feci in tempo ad
accennargli di sì , che replicò soddi-
sfatto: «Che bella fortuna! Ora me
ne vengo qu i da lei e così , chiac-
chierando, la notte passerà in un ba-
leno».
Pensavo che la freddezza con cui
mostrai di accogliere la sua propo-
sta lo avrebbe scoraggiato. Ma quel-
lo, nonostante il fastidio che mi si
leggeva chiari_ssimo in faccia, dopo
qualche minuto fece irruzione nel
mio rifugio con due pesanti valigie,
e io fu i costretti a ritirare gli appunti
sparsi qua e là sui sedili di velluto, in
attesa, speravo , che il mio importu-
no interlocutore si potesse addor-
mentare.
Attaccò subito discorso, dopo es-
sersi seduto di fronte a me. Parlava
a ruota libera e, benché io gli repl i-
cassi con monosillabi avari , dilaga-
va come un fiume in piena.
Mi disse che era un marittimo, e
che andava a raggiungere la sua na-
ve ancorata a Livorno. Era scappato
a casa per due giorni , poiché la più
grande dalle sue bambine aveva fat-
to la prima comunione. Mi fece ve-
dere le foto di famiglia, mi spiava l'e-
spressione del viso, e pretese il mio
giudizio perfino sulla bellezza di sua
moglie. Mi confidò che le voleva un
bene da morire, che quando poteva
CON LA BIBBIA
IN VALIGIA
IIl nostro affettuoso ricordo di
mons. Tonino Bellp, vescovo di
Molfetta, presidente Pax Christi,
morto il 20 aprile scorso.
Nella foto è con un gruppo di
extracomunitari in Italia.
le telefonava ogni sera, anche dal-
l'Australia, e che, nonostante le mil-
le seduzioni di tutte le città portuali
del mondo, non l'aveva mai tradita.
Chiusi i libri e mi misi ad ascoltar-
lo: cominciava ad interessarmi. Non
aveva certo un 'aria bigotta. Parlava
con incredibile naturalezza di don-
ne, di attrici , di moda, di calcio, di
politica, di musica. .. passando da
un argomento all'altro senza forza-
ture e con una straordinaria carica
di simpatia.
Mi disse che amava la vita. Che
l'unico rimpianto era quello di avere
scelto un mestiere che lo teneva ot-
to mesi su dodici lontano dalla fami-
glia. Ma che doveva ancora conti-
nuare per qualche anno, se il Signo-
re gli dava la salute , perché si era
comprato un appartamento delle ca-
se popolari e doveva finire di pagar-
lo. Che anzi aveva intenzione di ac-
quistare un campicello per camparsi
la vita. Che lui non ci teneva ad ar-
ricchirsi dopo che aveva visto la mi-
seria dell'Africa sui cui porti sbarca-
va spesso con la nave. E che non
c'è nessuna cosa al mondo che pos-
sa darti tanta gioia quanto l'amore
della tua donna, la buona riuscita
dei figli , e una partita a carte in casa
con gli amici.
Ero letteralmente assorto nell'a-
scolto di quel compagno di viaggio.
Mi andavo chiedendo quale fosse il
segreto di quell 'esistenza umana-
mente così armonica, quando, al-
l'improvviso, mi rivelò: «lo leggo
ogni giorno il Vangelo! Lo faccio
sempre ogniqualvolta, durante la
navigazione, ho un momento di li-
bertà».
Non dovetti mostrare di prendere
sul serio la sua dichiarazione, per-
ché aggiunse: «Vedo che non crede
molto a ciò che le ho detto». E si alzò
a prendere una valigia che depose
pesantemente sulla poltrona. La
spalancò e in cima alla biancheria,
fermato dalla cinghietta, scorsi «Il
santo Vangelo di Nostro Signore
Gesù Cristo».
Me lo pòrse e io, invece che alla
prima, lo sfogliai per caso all'ultima
pagina, su cui , scritte in matita, lessi
queste annotazioni: «Finito di legge-
re la prima volta il 3 ottobre del 1980
presso lo stretto di Gibilterra.. . finito ·
di leggere la seconda volta nella
baia di Sidney... finito di leggere la
quinta volta...».
Chi sa per quale suggestione, mi
vennero in mente le parole della
Gaudium et spes: «Le gioie degli uo-
mini d'oggi. .. dei poveri soprattutto,
e di coloro che soffrono ... sono le
gioie dei discepoli di Cristo».
Il Vangelo mi rimase aperto tra le
mani su quell'ultima pagina. Ma do-
vetti chiuderlo subito: ero giunto a
Roma. Anzi , molto più in là di Roma.
Ero giunto in quell'arcana stazione
dello spirito, dove il treno delle gioie
dei poveri e il treno delle gioie dei di-
scepoli di Gesù facevano coinci-
denza.
1 GIUGNO 1993 - 25

3.6 Page 26

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PROBLEMI SOCIALI
SCONFIGGERE
LA DROGA
E IL.
MALESSERE
di Alessandro Risso
Di fronte alla droga senza preconcetti,
ma puntando sulla prevenzione
=~-.:...=:,..,..,,,...-,.._:..:::..:,;=...., e sulla «cultura della vita».
Quali strascichi psicologici ha
lasciato dietro di sé il sangue
versato a San Patrignano? !.?opera
delle comunità di recupero ha perso
considerazione e stima nella pubbli-
ca opinione? Le scelte o le colpe di
un uomo simbolo come Muccioli,
non rischiano di vanificare la com-
pattezza del fronte antidroga?
· Solo a quest'ultima domanda la
risposta è facile: no.
Infatti il fronte antidroga in Italia
non ha avuto mai il pregio della
compattezza. Un flagello che richie-
derebbe la stessa unanime condan-
na, la stessa unità d'intenti dimo-
strata anni orsono contro il terrori-
smo si avvantaggia delle divisioni
culturali e politiche presenti nell'o-
pinione pubblica.
Persino la maggioranza di gover-
26 - 1 GIUGNO 1993
no ha mostrato un atteggiamento
ondivago sul decreto che avrebbe
dovuto modificare la Legge 162 del
giugno '90. rvi:a può essere utile par-
tire dal dibattito su questa contro-
versa legge per ripercorrere qualche
certezza ed evidenziare i dubbi an-
cora aperti.
La "Iervolino-Vassalli", così nota
dal nome dei due promotori, è sulla
carta una legge completa ed equili-
brata, ispirata a criteri preventivi ed
educativi. Purtroppo però, come
spesso capita in questo nostro
strampalato paese, gli aspetti più va-
lidi e costruttivi sono rimasti lettera
morta. Carenza di strutture, man-
canza di volontà politica, problemi
più urgenti sul tappeto, tutto ha
congiurato per ridurre un buon pro-
dotto delle Camere al semplice di-
lemma ''carcere sì - carcere no'' per
chi fa uso di sostanze stupefacenti.
Quelli dello "spinello libero"
Cominciamo proprio da qui: dro-
garsi è un reato? Se sì, va espiato in
galera? Sono sempre tanti - anche
se paiono ormai preistoria gli anni
'70, quelli dello "spinello libero"
- coloro che ritengono lecito far
uso di droghe leggere. Il terzo Rap-
porto sulla condizione giovanile in
Italia riporta che il 20 per cento dei
giovani ha già sperimentato o non
esclude affatto di sperimentare in
futuro l'uso di hascisc o marjuana.
E non mancano le ricorrenti prese
di posizione pubblica dei cosiddetti
''garantisti'', appassionati difensori
del diritto individuale all'esperien-

3.7 Page 27

▲back to top
za, anche trasgressiva. Un loro ar-
gomento forte è sostenere che le
droghe legali, alcoolici e psicofar-
maci, provocano guasti ben mag-
giori in vite umane e costi sociali.
Nessuna persona di buon senso si
sentirebbe in colpa per bere un bic-
chiere di vino durante i pasti o per
trangugiare un sonnifero la notte
che proprio non si riesce a chiudere
occhio. Sono gli eccessi a comporta-
re danni. Sono gli eccessi che vanno
condannati. Ora si tratta di capire
se fumare uno "spinello" vale il
bicchiere di vino e non piuttosto un
bottiglione, se vale il sonnifero pre-
so quando serve o invece le pillole
sistematiche che aumentano di nu-
mero, e di tossicità, per mantenere
il loro effetto.
Le indagini sul pianeta-droga so-
no poi concordi nell'affermare che
il consumo di droghe leggere è nella
grande maggioranza dei casi l'anti-
camera per il passaggio alle pesanti:
basterebbe di per sé questo dato a
condannare qualsiasi consumo di
sostanze stupefacenti, anche ddle
più "innocue", definendo così
quelle che non provocano tossicodi-
pendenza.
Ubriacar.si, impasticcarsi, ''farsi
una canna" o bucarsi, sono tutti
modi per evadere dalla realtà, dalle
proprie responsabilità umane e so-
ciali. Ed è quindi giusto che la socie-
tà condanni i comportamenti irre-
sponsabili.
Ciò non significa sbattere tutti in
cella, ma semplicemente ribadire
che drogarsi è male. Dalla preven-
zione alla repressione, dal dialogo
alla galera, dalla terapia medica al
recupero psicologico, tutti i mezzi
sono buoni per combattere un feno-
meno che in ultima analisi provoca
la distruzione della persona e la co-
stringe a vivere esclusivamente in
funzione del suo male.
Gli schiavi dell'eroina, ecco il
problema più drammatico. Sono
stimati intorno a 200 mila unità, si-
curamente per difetto se pensiamo
ai "giovani ponte", coloro che rie-
scono ancora a conciliare studio o
lavoro con la droga, nascondendo
la triste realtà spesso anche ai fami-
liari, oltre che alle statistiche. Come
impedire che costoro continuino
nella loro opera di autodistruzione?
Come riportarli alla vita? Come co-
stringerli ad uno sforzo di recupe-
ro? Le polemiche sull'utilità del car-
cere sono poca cosa di fronte alla
complessità della questione. Sui cir-
ca 13.000 drogati reclusi, solo poco
più di 400 sono dentro per semplice
consumo, mentre tutti gli altri uni-
scono l'imputazione di spaccio. È
proprio la vendita a terzi dell'eroina
il mezzo più usato per trovare i soldi
necessari alla dose giornaliera. Gli
altri sono il furto, la rapina, la pro-
stituzione. Una criminalità diffusa
che provoca costi sociali altissimi;
poca cosa comunque di fronte al
prosperare della malavita organiz-
zata, che trae i maggiori guadagni,
in Italia come nel resto del mondo,
dalla produzione e vendita di narco-
tici.
Gli antiproibizionisti
Le operazioni di polizia ottengo-
no risultati parziali, talvolta apprez-
zabili, ma non hanno sin qui scalfi-
to il complesso dei traffici, destinati
a continuare senza fine per il fiume
di miliardi facili che procurano. Per
questo, secondo · alcuni, andrebbe
considerata senza preconcetti, valu-
PUNIRE O LEGALIZZARE?
Vincenzo Muccioli, fondatore della
comunità di San Patrignano: «lo non
faccio distinzione fra proibizionisti e
antiproibizionisti ma fra i messaggi
di morte e i messaggi di vita. Quello
della legalizzazione è un messaggio
che spinge verso la morte».
Don Luigi Ciotti, fondatore e re-
sponsabile del Gruppo Abele, punta
soprattutto sulla formazione e sulla
prevenzione: «Bisogna ripensare le
strategie, affinché i giovani non solo
non finiscano in carcere ma nemme-
no debbano fuggire nella droga; oc-
corre promuovere le condizioni so-
ciali e culturali, di qualità della vita e
dei processi educativi affinché i gio-
vani trovino un senso alla vita e delle
risposte di aiuto al disagio».
Don Mario Picchi, fondatore del
Centro italiano di solidarietà: «Lega-
lizzare la droga, sarebbe una resa.
Se lo Stato accetterà questa propo-
sta dovremmo definitivamente ac-
cettare di v:ivere anziché con i nostri
figli con dei vegetali. Degli zombi» .
Don Antonio Mazzi, l'inventore del
Progetto Exodus: «In lihea di princi-
pio l'affermazione di punibilità del
drogato non è sbagliata. Se però mi
metto dall'altra parte e guardo negli
occhi chi si sta drogando sono co-
stretto a domandarmi perché lo fa».
Don Sergio Pighi, salesiano, re-
sponsabile della Comunità dei giova-
ni di Verona: «Siamo contrari alla
cultura del pietismo, che spinge a
negare qualsiasi responsabilità pe-
nale al tossicodipendente, m-a il car-
cere si è rivel1:1.to un'arma spuntata.
Il sistema della punizione e la coerci-
zione compromettono in modo irre-
versibile la relazione educativa, indi-
spensabile per ogni cambiamento».
La vita, ragazzi,
on bruciatela con la droga.
1 GIUGNO 1993 27

3.8 Page 28

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PERCHÉ SI CONSUMANO DROGHE?
I
Motivazioni
Inizio Termine Ricadute
Facile reperibilità
della sostanza
73 56 59
Ricerca di piacere 87 21
Controllo dell'ansia 97 82
44 I
91
Pressioni da parte
degli amici
48 21
27
Manifestazione di
"rivolta" nei confronti
della famiglia e del
mondo esterno
29 .10
11
Desiderio di
emulazione
53 16 23
Voglia di
impressionare gli altri 43 12 13
Automendicazione 10 17 14
Astinenza
81
Fonte: Agenzia ASPE, 1993
tandone freddamente l'utilità, la
proposta di chi chiede la distribu-
zione pubblica dell'eroina. Sinora
questa tesi è stata propugnata dagli
Antiproibizionisti, più decisi però
nel richiedere l'inaccettabile libera-
lizzazione delle droghe leggere che
nel costruire un progetto per comin-
ciare e discutere sulla "droga di Sta-
to". L'idea non deve far rabbrividi-
re. C'è chi pensa che distribuire, o
iniettare direttamente, la dose in un
ambulatorio ospedaliero, o in altro
ambiente idoneo, permetterebbe di
conoscere direttamente i tossicodi-
pendenti potendo iniziare una più
mirata politica di recupero, ed eli-
Jllinerebbe la piccola criminalità al-
la ricerca delle centomila lire quoti-
diane, darebbe un colpo mortale al
traffico mafioso, stroncando alla
base i presupposti del guadagno ille-
cito. Non sarebbero successi di po-
co conto.
Esistono certo valide argomenta-
zioni per manifestarsi perplessi di
fronte a una simile prospettiva, ma
sino ad ora è mancato un confronto
costruttivo di posizioni, che anche il
mondo cattolico italiano sembra
maturo per affrontare e per allarga-
re a tutta la società.
la vita'' in grado di superare la
noia, la ricerca di paradisi artificia-
li, l'annichilimento. Protagonisti di
questa educazione alla vita sono la
famiglia, la scuola, i mezzi di infor-
mazione, gruppi e associazioni. E
qui l'argomento si amplia ben oltre
i confini di questo articolo.
C'è ancora lo spazio per qualche
ragionamento sul recupero. Passa o
no attraverso il carcere? O attraver-
so la paura del carcere? Di certo la
prigione non è l'unica risposta, co-
me ritengono a volte qualunquisti
benpensanti. Ma può essere una
delle tante risposte. Sono illuminan-
ti le parole di don Antonio Mazzi,
fondatore delle comunità Exodus:
«C'è chi ha bisogno di una sanzione
forte per cambiare. Chi addirittura
del carcere, sia pure umanizzato,
tant'è che alcuni tossicodipendenti
chiedono di essere arrestati altri non
vogliono usufruire dell'alternativa
terapeutica. C'è chi ha bisogno di
una comunità rigidamente struttu-
rata. Chi di disporre un giorno di
metadone, un giorno di un collo-
quio, il giorno dopo ancora di eroi-
na, poi di un amico. Chi ha necessi-
tà di un appoggio tutto il giorno,
chi soltanto di parlare o di essere
ascoltato. Chi di trovare un lavoro
e chi di perderlo, cioè di cambiarlo.
Chi di ricominciare a studiare, chi
di abbandonare lo studio e di fare
qualcosa di più utile .a se stesso e
agli altri. Chi di ricomporre i pezzi
della propria famiglia, chi di abban-
donarla definitivamente». Di fronte
a tale ventaglio di necessità deve esi-
stere la massima flessibilità di rispo-
ste. E non ha quindi senso processa-
re San Patrignano perché organiz-
zata troppo rigidamente, un mondo
chiuso che avrebbe permesso e co-
perto un omicidio . La comunità di
Muccioli è una risposta alla droga,
valida per alcuni, inutile per altri.
Così come quelle di don Ciotti, o di
don Gelmini, o di don Mazzi.
«Un tossicòdipendente su 15 si li-
bera dalla droga dopo l'esperienza
in comunità>>, sosteneva ad un di-
battito un giovane operatore volon-
tario, e le 784 comunità terapeuti-
che esistenti in Italia si calcola che
possano risolvere al massimo un
terzo del problema. L'obiettivo è
aprirne di nuove, ma anche cbstrui-
re strutture diverse di accoglienza,
lavorare alla prevenzione nei propri
ambiti di competenza, contribuire
fattivamente alla cultura della vita.
E su questo piano nessuno può
esimersi dal fare la propria parte.
Alessandro Risso
Francia. Un manifesto per la campagna contro la droga.
La prevenzione
La vera risposta alla droga rima-
ne comunque la prevenzione, la ca-
pacità di costruire una "cultura del-
28 - 1 GIUGNO 1993

3.9 Page 29

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BS
di Jean-François Meurs
Mercoledì 12 maggio. Questo po-
meriggio abbiamo incollato delle
donne nude sul fianco destro della
macchina di Roberto. Il difficile è
stato farlo salire in macchina senza
che se ne accorgesse. Ma è andato
benissimo. Roberto è il più vecchio
della classe e ha già ripetuto un sac-
co di volte. Ha più di 18 anni. Ogni
volta che ci sono le pagelle, è come
se giocasse a tombola: o riceve una
punizione o un premio. L'ultima volta
che è riuscito a stare promosso, i ge-
nitori gli hanno comprato l'auto. Ci
stiamo ancora chiedendo come è
riuscito a prendere la patente. È un
po' tonto, e quando parla di ragazze,
anche se non si tratta di storie spin-
te, diventa rosso fino alle orecchie. È
per questo che abbiamo pensato al-
le foto.
Ora però se ne è fatto un comples-
so e gioca a fare il duro per vendi-
carsi. Infila una dozzina di bicchieri
di birra alla volta, e racconta di
quando con gli amici fa a botte il sa-
bato sera. Quando è in macchina,
diventa spericolato. Viaggia come
un dingo e claxona dietro tutte le ra-
gazze. Si ferma davanti ai tavolini
dei bar per farsi vedere.
Questo mercoledì dopo pranzo c'è
stato il grande delirio. Tornava in cit-
tà come sempre, e tutti gli facevano
segno dei poster. E lui era super-
felice, credeva che gli facessero fe-
sta. La gente si era alzata dai tavolini
e tutti ridevano come delle balene.
Lui non si è accorto di niente. Quan-
do ha visto le foto però, ha comincia-
to a infuriarsi. A momenti prendeva
a calci la macchina! È stato grande!
I tipi come lui fanno ridere, ma a
volte fanno paura, perché sono ca-
paci di tutto e non importa cosa.
Quando è con noi, si comporta ab-
bastanza bene, ma con gli amici con
cui si diverte diventa casinista. Se
poi ammira qualcuno, dipende cie-
IN CIASCUNO
DI NOI DORME
UN VIOLENTO
Abbiamo in noi stessi un poten-
ziale di aggressività a cui non ba-
diamo e che si manifesta soprat-
tutto quando crediamo di avere
delle "ottime ragioni" («È per il
suo bene!») o ci possiamo na-
scondere dietro a un ordine rice-
vuto, che ci scarichi la coscienza
(«Me lo ha detto lui!»). Dobbiamo
imparare a obbedire, ma qualche
volta anche a disobbedire, per
seguire la nostra coscienza.
camente da lui. Non riflette per nien-
te. Vorrebbe entrare nella polizia, o
arruolarsi! Ma non sarebbe per nien-
te igienico. Gli farebbero fare qua-
lunque cosa!
Sono tanti che da pacifici si tra-
sformano a volte in carnefici. Ho let-
to un giorno un articolo sui soldati
greci che avevano fatto uso della tor-
tura durante il regime dei colonnelli.
Erano dei tipi normali, non partico-
larmente violenti. Erano stati dei
contadini o degli operai tranquilli, ed
erano gentili con le proprie mogli.
Come hanno potuto obbedire quan-
do gli hanno chiesto di torturare del-
la gente che a loro non aveva fatto
niente? Si dice sempre che "sotto le
armi non rifletti più, obbedisci e ba-
sta!". A me sembra grave questo.
Ho visto in un film un'esperienza
che documenta dove può portare a
volte l'obbedienza. Si cerca della
gente attraverso un piccolo annun-
cio su un giornale per prendere par-
te a un'esperimento in un laborato-
rio. L'assistente finge di tirare a sorte
colui che farà l'insegnante e colui
che farà l'allievo, e spiega che si
vuole verificare l'effetto delle puni-
zioni sull'apprendimento di alcuni
abbinamenti di parole. .Le punizioni
sono delle scosse elettriche da 15 a
450 volts. In realtà è sempre lo stes-
so che fa da allievo, ed è un attore,
e non riceve nessuna scossa, ma
finge soltanto. Chi fa da insegnante
però non lo sa. Nori soltanto sono
pochi che rifiutano di applicare le
punizioni, ma il 65 per cento delle
persone vanno avanti fino a manda-
re scosse mortali di .450 volts. E tutto
per fare imparare alcuni abbinamen-
ti! Non vi è buon senso! E non si trat-
ta di categorie particolari : ci stanno
tanto le donne come gli uomini, i col-
ti e gli universitari, come gli ignoran-
ti. .. Ebbene, questo ci fa capire co-
me un Hitler sia riuscito a mettere in
piedi la grande macchina per stermi-
nare gli ebrei, gli zingari, i comuni-
sti. .. Dividendo il lavoro tra coloro
che comandavano e coloro che ese-
guivano, ha messo in piedi un eser-
cito di piccoli tiranni senza co-
scienza.
1 GIUGNO 1993 - 29

3.10 Page 30

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MULTIMEDIA
LE FRONTIERE
DELL'APPRENDIMENTO
TESTO
SCRITTO
IMMAGINE
FISSA
DISEGNI
ANIMATI
PARLATO
REGISTRATO
PARLATO
DI SINTESI
MUSICA
REGISTRATA
MUSICA
DI SINTESI
di Giuseppe Colombara
Chi non ricorda le
battaglie navali giocate di
nascosto in classe per
vincere la noia? Oggi
però molte cose stanno
cambiando grazie alla
rivoluzione injormatica.
30 · 1 GIUGNO 1993
S cuola, libri, professori, registri,
studio: nell'immaginario collet-
tivo degli studenti equivalgono a
noia, fatica, stress, tempo che non
passa mai. Nel futuro sarà .sempre
così o cambierà qualcosa riguardo
all'apprendimento, alla ineliminabi-
le necessità di imparare?
La rivoluzione informatica sta af-
filando le sue armi per conquistare
anche questo settore, non certo con
i banali programmini in Basic o in
Pascal che si cerca di raffazzonare
oggi in varie scuole: la parola magi-
ca si chiama multimedia.
Un passo indietro
La parola multimedia è recente e
sta diventando sempre più usata e
abusata non solo presso gli addetti
ai lavori, ma anche nelle divulgazio-
ni scientifiche popolari; il concetto
però è antico, quasi quanto l'uomo.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Si parte dal termine "media": mez-
zi, strumenti di comunicazione del
pensiero tra gli uomini. In principio
era la parola; poi, secoli dopo, ven-
ne la scrittura; l'associazione delle
due forme espressive ha dato vita
alla prima "didattica multimedia-
le", che ha avuto un successo tale
che, dopo millenni, è ancora oggi
alla base dell'insegnamento: il libro
di testo e l'insegnante che lo spiega.
Quando al semplice scritto si uni-
sce l'immagine (pensiamo - alle
splendide miniature che illustrava-
no i manoscritti medievali o alle cat-
tedrali dello stesso periodo, con le
loro vetrate istoriate, i mosaici, gli
affreschi, i bassorilievi, ecc., vere e
proprie spiegazioni figurative della
Bibbia e della religione ad uso del
vasto popolo analfabeta), allora lo
strumento espressivo acquista mag-
giore forza ed efficacia. L'immagi-
ne stessa, la figura è stata protago-
nista di un cammino progressivo di
perfezionamento: dal disegno a ma-
no alla fotografia, dall'immagine
fissa a quella in movimento (cine-
ma), dal muto al sonoro, dal bian-
co/nero al colore, fino alla televi-
sione e ai suoi mille aspetti.
Anche la scuola si è avvalsa tal-
volta di questi strumenti, ma in mo-
do frammentario e sostanzialmente
inutile: qualche filmato, qualche
proiezione di diapositive, qualche
"video"; il tutto in forma saltuaria
e occasionale (quando non addirit-
tura come riempitivo per supplire
insegnanti assenti).
Oggi queste forme ormai familia-
ri di espressioni multimediali hanno
trovato uno strumento potente e
nuovo che è capace di cambiare ra-
dicalmente la loro utilizzazione: il
computer, la "macchina" che è ca-
pace non solo di collegarsi con gli
altri "media", ma anche di gestirli
e più ancora di integrarli perfetta-
mente uno con l'altro per un fine
preciso e definito.
Ecco allora il concetto di multi-
media come viene a prospettarsi at-
tualmente: un computer che gestisce
e integra insieme testo e scritto, im-
magine fissa, animazione di disegni,
filmati, parlato preregistrato, parla-
to sintetizzato dal computer, musi-
ca registrata, musica sintetizzata
(vedi schema in figura). ·
Ma a che cosa serve tutto questo
groviglio?
Apprendimento
e divertimento
Pensate a un liceale che studia
con la musica di sottofondo. Cerca
di rendere più divertente il suo im-
parare, magari in modo semplicisti-
co e un po' schizofrenico, dissocia-
to. Con il multimedia questo scopo
non solo si ottiene facilmente, ma è
uno degli obiettivi primari, insieme
a quello di realizzare uno studio
personalizzato e completo degli ar-
gomenti. Ma come è possibile ciò?
Non parlo, per ora, dell'aspetto tec-
nico, della strumentazione materia-
le, ma dell'idea-guida, della base lo-
gica e concettuale di tutto. Per dar-
ne un accenno almeno essenziale è
necessario introdurre un'altra di
quelle parole moderne che si stanno
facendo largo anche nel linguaggio
corrente: ipertesto.
Che cos'è? Presto detto: mentre
un testo normale ha una struttura
essenzialmente sequenziale, riga do-
po riga, pagina dopo pagina, capi-
tolo dopo capitolo, un ipertesto è
un insieme molto vasto di informa-
zioni, disposte non consecutiva-
mente ma collegate tra loro, - lin-
kate, in gergo informatico - in mo-
do multiplo e ramificato, secondo
agganci logici di varia natura (stori-
ci, geografici, letterari, artistici,
ecc.). Come si sa, il nostro cervello
non lavora in modo sequenziale, ma
per associazioni di idee e collega~
menti; quindi questa forma di ap-
prendimento è più consona alla fa-
coltà umana che deve operare. A di-
re il vero, anche nei libri si trova
qualcosa del genere: sono le note in
calce, i rimandi, le citazioni, le figu-
re, le tavole e simili; però questo è
limitato e insufficiente, e per di più
è dello stesso tipo e con gli stessi li-
miti: testuale e sequenziale. Si im-
magini invece, come esempio ipote-
tico, di leggere sul video di un com-
puter la Divina Commedia, con la
possibilità ad ogni nome proprio,
per es. Farinata, solo schiacciando
un bottone, di avere informazioni
sulla sua carriera politica, illustra-
zioni sulla città di Firenze al suo
tempo, le battaglie sui luoghi e con
l'animazione, l'organizzazione so-
ciale, gli artisti, ascoltare il linguag-
gio che si parlava o la musica che si
cantava, ecc.
È come leggere un testo avendo a
disposizione enciplopedie e libri in
quantità, e sfogliarli alla ricerca di
notizi-e; ma è molto di più, perché le
informazioni multimediali sono di-
sponibili istantaneamente, senza bi-
sogno di sfogliare, e poi sono dotate
di qualità nuovissime, come il sono-
ro e il movimento, che nessuna enci-
clopedia tradizionale ha mai avuto.
Inoltre poi questa azione conosciti-
va ha una caratteristica speciale: è
interattiva (altro bel neologismo in-
formatico!), cioè lo studente traccia
lui stesso il percorso del suo studio,
approfondisce un aspetto o un altro
111 computer è diventato
"amichevole", a vantaggio anche
dell'apprendimento dei
giovanissimi.
1 GIUGNO 1993 - 31

4.2 Page 32

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a scelta, e può persino farsi interro-
gare e valutare.
Come è possibile questa utopia
dell'apprendimento? Due sono gli
strumenti essenziali per ottenere
questi risultati: innanzitutto il com-
puter, naturalmente; e poi il Com-
pact disk, il dischetto a lettura laser
che ha una enorme capacità di im-
magazzinamento di dati. Come op-
tional si possono poi aggiungere un
amplificatore e delle casse, per mi-
gliorare il sonoro. Come si vede,
tutti oggetti ormai largamente dif-
fusi, quasi alla portata di ogni
tasca.
Due esempi
Certo si tratta di un settore che è
appena agli inizi, quasi ancora in
fase sperimentale, con molti proble-
mi da risolvere, quali la compatibi-
lità degli apparecchi, gli standard
tra i produttori, ecc. Tuttavia si può
trovare già sul mercato qualche rea-
lizzazione molto interessante come
le due che presento l;Jrevemente qui
di seguito (e presentarle solo con
parole scritte e immobili è totalmen-
te riduttivo e inadeguato!). Le in-
formazioni sono ricavate dalla rivi-
sta specializzata "MC-Microcom-
puter", edita da Techmedia - Ro-
ma, nn. 116 e 118.
Il primo titolo è "multimedia
Beethoven - The Ninth Sympho-
ny'' . Ecco qualcuna delle innumere-
voli possibilità che si possono sfrut-
tare con questo CD-ROM: mentre
si ascolta un brano della Nona, si
può vedere scorrere su una parte
dello schermo un commento musi-
cale di esperti, oppure lo spartito
che compare passo passo perfetta-
mente sincronizzato con l'audio;
isolare un brano o un tema, riascol-
tarlo a piacere, fissare la partitura
di un singolo strumento e farla suo-
nare dal computer stesso; avere no-
tizie di ogni genere, dalla vita del
musicista alla rivoluzione francese,
da Napoleone agli strumenti musi-
cali dell'epoca, dalla composizione
ottimale di un'orchestra adatta alla
Nona, fino ai cornetti acustici usati
dal grande compositore per atte-
nuare la sua terribile sordità. E per
finire, con un gioco a quiz puoi ve-
rificare quello che hai imparato e ti
ricordi.
I Allievi di una scuola salesiana del nord Europa nel laboratorio
di informatìca.
Il secondo esempio: "Desert
Storm" (Tempesta sul deserto, ov-
vero La guerra del Golfo). Attivan-
do questo CD sul computer, si pos-
sono leggere i vari rapporti scritti di
giornalisti e inviati, vedere e asco!-
tare i protagonisti e le loro dichiara-
zioni (Bush, Schwarzkopf, ~ad-
dam...), dossier su equipaggiamenti
ed armi, mappe dei luoghi con ani-
mazione grafica e spiegazione a vo-
ce sui movimenti degli eserciti, foto
commentate, articoli di riviste come
"Time", ecc.
Una constatazione che appare
lampante a chi utilizza strumenti
conoscitivi come i due esempi citati.
Usare il computer in modo multi-
mediale è una cosa facilissima, alla
portata proprio di tutti, persino de-
gli anziani (una volta si diceva: per-
sino dei bambini .. .): nessun lin-
guaggio da imparare, niente coman-
di astrusi e difficili, o libri spessi e
pesanti da studiare. È sufficiente
guardare lo schermo del computer,
scegliere spostando la freccina indi-
catrice sulla figura o titolo o argo-
mento che interessa, e "clickare"
sul mouse. (Il mouse è una specie di
telecomando per computer, con so-
lo due o tre pulsanti, e clickare si-
gnifica premere uno di questi) . Tut-
to il resto è divertimento, gioco, av-
ventura, ma soprattutto apprendi-
mento.
È il futuro
Arriverà mai la scuola ad essere
sostituita da queste macchine? La
cultura personalizzata o autodidat-
tica prenderà il posto di quella isti-
tuzionale, ben strutturata e uguale
per tutti? È realistico ipotizzare un
apprendimento sino ai più alti livelli
senza sforzo e impegno, senza sacri-
ficio e dedizione, senza "olio di go-
mito" (come si diceva una volta)?
Difficile non solo dare delle rispo-
ste, ma anche prevedere eventuali li-
nee di sviluppo; sta di fatto che l'in-
dustria informatica si è gettata a
gran forza per questa strada, tanto
che i titoli ''multimedia'' su Com-
pact disk sono già qualche decina.
Inoltrè aver reso così "amichevole"
l'uso del computer è certamente un
progresso che torna a vantaggio di
tutti, studenti compresi.
Giuseppe Colombara
32 - 1 GIUGNO 1993

4.3 Page 33

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BS
di Giusi Buglioni
DUE DRAMMI INFANTILI
Due bei film sul dolore infantile e
sulla famiglia. Due film diversi nei
toni e nella tecnica espressiva.
Francesca Archibugi , per il suo " Il
grande cocomero" si è ispirata all'o-
pera del neuropsichiatra infantile
Marco Lombardo Radice, scompar-
so tre anni fa, e ne ha avvalorato la
coraggiosa convinzione che è molto
più efficace l'amore e la dedizione,
dei farmaci.
"Il grande cocomero" racconta
la storia di Pippi, malata di epiles-
sia, e del neuropsichiatra del repar-
to in cui la ragazzina è ricoverata,
Arturo (interpretato da Sergio Ca-
stellitto, più convincente che mai).
Dal!' elettroencefalogramma della
bambina, non risulta nulla che pos-
sa avvalorare la diagnosi di epiles-
sia ed il medico ha l'intuizione che il
male è fuori di lei , nei rapporti che
Pippi ha con i genitori , due ex-
borgatari arricchitisi illegalmente,
apparentemente irreprensibili, in
realtà colpev0l1 di aver ferito profon-
damente l'animo della figlia che ha
intuito di essere da loro più soppor-
tata che amata. Si tratta, insomma,
per Pippi di un'epilessia autoindot-
ta, un 'estrema richiesta di aiuto e di
amore, che la porterà nello squallido
reparto ospedaliero di neuropsichia-
tria infantile gestito dalla USL. Qui
entrerà in stretto rapporto con Mari-
nella, una piccola cerebrolesa che
non parla e non si muove; malgrado
ciò il loro rapporto sarà intessuto di
una comunicazione muta ma inten-
sa, fatta di sguardi e di emozioni.
Pippi cercherà di farsi " adottare" da
Arturo, che in un'istituzione noncu-
rante e anonima porta tutta la sua
umanità e la sua dedizione. Scrive
Marco Lombardo Radice nel suo
diario, al quale la Archibugi si è ispi-
rata: «Nessuna miglioria istituziona-
le potrà mai garantire su un ragazzi-
no molto disturbato la disponibilità
di un singolo operatore (ovviamente
molto preparato) a farsi carico, total-
mente o quasi, delle sue angosce e
dei suoi problemi , non solo mental-
mer,te, ma anche concretamente».
Pippi grazie ad Arturo, guarirà e tro-
verà "il grande cocomero", che fuor
di metafora, è l'utopia che si realiz•
za, il sogno per il quale bisogna vi-
vere. Anche Arturo lo troverà quan-
do, stanco e in crisi, incontrerà Pippi
e le dirà: «Mi dai un perché all'alzar-
Sergio Castellitto e la giovane protagonista che interpreta la parte di Pippi.
mi la mattina». Il film è realistico e
tenero , drammatico e ricco di intelli-
genza e di denuncia.
Anche "L'olio di Lorenzo" , di
George Miller, è una storia di dolore
infinito e di speranza. Racconta la
vicenda realmente accaduta dei co-
niugi Odone. Dopo aver trascorso
tre anni alle isole Comore per l'inca-
rico che l'uomo ha presso la Banca
Mondiale, il loro bambino Lorenzo,
di vivacissima intelligenza, che ha
dimostrato eccezionali capacità di
adattamento a quel soggiorno, una
volta tornati a Washington ha strani
disturbi e crisi improvvise. Sono i
sintomi di una rara malattia, l'Adre-
noleucodistrofia (ALD), per la quale
non ci sono cure. I medici infatti gli
danno due anni di vita. Comi17cia co-
sì la lotta rabbiosa e tenace dei geni-
tori, che non si rassegnano a questo
verdetto, ma con coraggio e passio-
ne cercheranno sui libri di medicina
e di chimica una risposta, per impa-
dronirsi del complicato gioco di enzi-
mi e processi metabolici, che scate-
na la malattia. La casa viene adatta-
ta a luogo di degenza e fra momenti
di abbattimenti e risalita, i due co-
raggiosi genitori passano le giornate
nella Biblioteca Nazionale di medici-
na di Bethesda, nel Maryland; neu-
rologia, biochimica, articoli su espe-
rimenti, fino alla felice intuizione del
marito, che riesce a far sintetizzare
presso un laboratorio britannico, l'o-
lio di colza integrato con un acido,
che smaltisce dal sangue i grassi
tossici, responsabili della distruzio-
ne della mielina. E con la sommini-
strazione di questa sostanza Loren-
zo continua a vivere e migliora. Oggi
il vero Lorenzo ha 14 anni, riesce a
fare piccoli movimenti, non ha più
gli atroci spasmi di prima, è tornato
a sentire e riesce a star seduto in
carrozzina.
Un bellissimo film in cui il dramma
si fa denuncia appassionata di una
classe medica talvolta indifferente e
distratta; e la tenacia e il coraggio
scaturiscono dall'amore.
1 GIUGNO 1993 33

4.4 Page 34

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REPORTAGE
CON IL RETTOR
MAGGIORE
IN MESSICO
E NELL:ESTREMO
ORIENTE
di Angelo Botta
Concluso il centenario
in Messico, don Viganò
si è recato in Asia,
a verificare di persona
il coraggio
e l'intraprendenza
dei salesiani,
usciti da giorni difficili.
"e ent'anni di Don Bosco nel
Messico", proclamavano da
mesi i cartelloni sui muri, le ma-
gliette indossate dai giovani, distin-
tivi, spille, adesivi e calendari che
incontravi dappertutto. Un anniver-
sario con solenni celebrazioni pre-
siedute da don Juan E. Vecchi e da
don Antonio Mélida, inviati dal
Rettor Maggiore. E che finalmente,
dal 18 febbraio al 2 marzo, ha visto
anche il successore di Don Bosco.
Amatitdn è una cittadina posta in
mezzo a coltivazioni infinite dell'a-
gave da cui si estrae il famoso tequi-
la. Nel silenzio di una casa immersa
nel verde, 73 confratelli (ispettori,
direttori di città e missioni, vari an-
che dal Centro America) hanno par-
tecipato·agli esercizi spirituali predi-
cati da don Viganò.
34 · I GIUGNO 1993
Ciudad Judrez e Mérida, nord e
sud della grande nazione, offrono
esempi di "oratori" nuovi che ripe-
tono nel mondo messicano di oggi
l'esperienza iniziale di Valdocco. II
Rettor Maggiore vi ha trascorso due
giorni in contatto con i giovani vo-
lontari e i membri del patronato.
Poi le grandi messe di ringrazia-
mento a Maria Ausiliatrice nelle
chiese di Guadalajara e Città del
Messico, un "campobosco" impres-
sionante a Le6n, incontri con i vari
gruppi della Famiglia. «Sapevo che
venivo a vedere Don Bosco», dice
un cooperatore. «Voglio seguire i
passi di mamma Margherita. Credo
che nella mia città finora ci sono
stati pochi sacerdoti perché sono
mancate mamme dal cuore sacerdo-
tale», aggiunge una signora del pa-
tronato.
Realtà consolanti. Piani corag-
giosi di futuro. «Sembrano sogni»,
ha commentato il Rettor Maggiore.
«Ma siamo figli di un sognatore, e
io sono andato, come lui, da Valpa-
raiso a Pechino. I salesiani arrivati
nel Messico cent'anni fa erano sol-
tanto cinque, erano poveri, venivano
da lontano; ma portavano con sé il
carisma di Don Bosco, le sue con-
vinzioni, l'audacia della speranza,
la capacità di sacrificio: guardate
adesso!» .
I Uno dei tanti murales
che ricordano i 100 anni
dall'arrivo dei salesiani
nel Messico.
I missionari dal cuore buono
Una breve pausa a Roma e il 13
marzo riparte. Inizia a Bangkok,
passa poi a Banpong e Pakkred.
Quando i nostri primi confratelli ar-
rivarono in Thailandia, la gente, al
vederli trattare con i ragazzi e gioca-
re con loro, li definì i missionari dal
cuore buono. Adesso salesiani e Fi-
glie di Maria Ausiliatrice seguono,
con Io stesso cuore, oratori e scuole
professionali, centri di formazione
ed opere per ciechi (dai 15 ai 30 an-
ni, dodici mesi di permanenza:
«Vengono senza speranza e se ne
vanno con tanta dignità», informa-
no i responsabili).
Una nuova fondazione, frutto del
coraggio intraprendente di un sale-
siano laico e di tanti exallievi che
collaborano in pieno, ha portato re-
centemente Don Bosco a Phnom
Penh, nella Cambogia tormentata.
«Guardo a voi come a un miraco-
lo », confessa don Viganò al partire
per il Vietnam.
Qui si ferma una settimana ed è
capitolo a parte. I cambi del 1975

4.5 Page 35

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A/VOS
DE DON.BOSCO EN AfEXIC
la casa di formazione di Dà Lat,
nessuno sa perché; possono curare
un paio di internati per ragazzi po-
verissimi o addirittura orfani; fan-
no lavori complementari.
Le FMA in moto
Il Rettor Maggiore ha incontrato
l'arcivescovo di Ho Chi Minh,
mons. Paul Nguyefi van Binh, e pa-
recchi altri vescovi. Ha visitato le
nostre presenze della grande città. È
stato presso le FMA, accolto con un
insolito corteo di moto: lo apriva
una suora e lo integravano, in file
ordinate, novizie e postulanti che a
prima vista non sembravano tali. In
una giornata attraverso risaie, bo-
schi di caucciù, coltivazioni tropica-
li, saline e stagni per l'allevamento
di gamberetti, si è recato a Phu Sòn,
Due Huy, Phuoc Thàn, Phuoc Loc,
Hien Due e altre cittadine dai nomi
difficili, dove si costruiscono chie-
se, si porta avanti un intenso lavoro
pastorale, si curano le vocazioni.
La messa dell'Oltrasi, in latino, ci
ha riportati indietro nel tempo e ne
ha fatto risaltare ancora di più al-
tre, in musica e lingua vietnamita,
animate da cori splendidi. Indimen-
ticabili quelle che hanno costituito il
punto centrale della giornata sale-
siana del 17 marzo e dell'incontro
giovanile del 21. C'era la grande
statua di Don Bosco scolpita in pie-
tra del posto, con i lupi che si tra-
sformano in giovani; e un taberna-
colo pensato addirittura dalla fan-
tasia di un bonzo: tre fuochi girano
vertiginosamente e formano un
cuore.
«Hanno cacciato via i missiona-
ri», disse il Rettor Maggiore riassu-
mendo le sue impressioni, «siete ri-
masti soli; alcuni confratelli in quei
momenti difficili sono usciti. Poi
avete incominciato a crescere, ades-
so superate il centinaio, avete voca-
I Don Manuel Rodriguez, missionario
di Oaxaca, Messico, visita
una famiglia di Cerro Chango.
hanno espulso gli iniziatori stranieri
e nazionalizzato i collegi. Le FMA
hanno l'auto.rizzazione di gestire
scuole materne con numero chiuso.
I salesiani lavorano in parrocchie,
privilegiando i giovani . Si è salvata
Phuòc Lòc. Davanti alla chiesa di Maria Ausiliatrice, consacrata
il 24 maggio '93.
1 GIUGNO 1993 35

4.6 Page 36

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... ... 111'·-·~-·-1·1·-,.·-.•~-.~·=1·--R-··1·11·
«lo non ho ancora mai trovato co-
me nel Vietnam, la serenità e la
letizia di una comunità cattolica,
salda e dignitosa in mezzo alle
sue prove, tutta animata dalla
speranza per la prosperità della
sua Chiesa e del proprio paese».
Card. Etchegaray
Ho Chi Minh, nella casa delle FMA
Ia Tam Hà. Il Rettor Maggiore è
accolto da un corteo di moto
(in sella, una FMA e alcune
novizie e postulanti).
L'abito vietnamita delle FMA ha
colori... francescani!
tare, come in tutto il mondo, sono
specialmente gli exallievi. E dire che
qui, nella loro maggioranza, sono
pagani. «Vedete: non li ha fondati
neppure Don Bosco», osserva don
Viganò in una delle sue simpatiche
buone notti. «Gli exallievi sono sta-
ti fondati dal cuore».
Continua a parlare di sogni:
«Quando ho incominciato a fare il
Rettor Maggiore c'era da risolvere il
Progetto Africa. Adesso dovremo
pensare al Progetto Cina» . E chia-
zioni. Questa è l'audacia dello Spi-
rito Santo! Questa è storia, storia
che deve cambiare la faccia del
mondo!» .
Giorni di speranza
22 marzo: passa a Hong Kong,
per dedicare a questa città e a Ma-
cau il 23 e il 24. Li ha chiamati "i
giorni della testimonianza e della
speranza". Testimonianza dei vec-
chi iniziatori, alcuni dei quali hanno
potuto finalmente ricevere, proprio
dalle sue mani, la medaglia della
professione. Speranza dei giovani e
dei loro formatori, con cui si è in-
trattenuto guardando al futuro.
Ha visitato varie opere di Macau.
È stato a Coloane, l'isola dalla qua-
le don Nicosia continua a moltipli-
care, con l'aiuto delle Volontarie di
Don Bosco (VDB), le iniziative a fa-
vore dei lebbrosi e dei loro figli. Ha
percorso le strade di Hong Kong
sempre più affollate: facciate di
enormi edifici multifamiliari nasco-
ste in permanenza dall'infinità di
36 - 1 GIUGNO 1993
I Hong Kong, Comunità Don Braga. Il Rettor Maggiore impone la medaglia
della professione a don Francesco Liang, _venuto da Shanghai; _
in attesa per riceverla, don Paolo Fong, direttore della comumta.
panni messi ad asciugare; sopraele-
vate che sfiorano le finestre degli
appartamenti a una distanza di 80
centimetri appena; edifici di banche
e alberghi, forse i più moderni del
mondo, irl continuo aumento.
In ambedue le città ha incontrato
i membri della Famiglia Sales.iana.
Impressiona la vitalità e l'affetto
dei vari gruppi , anche se a farsi no-
ma a prepararsi per il lancio al
nord, verso Pechino. Loro intanto
lo impegnano per febbraio del '96:
vogliono che il successore di Don
Bosco regali dieci giorni a Hong
Kong nell'anniversario del martirio
di mons. Versiglia e di don Carava-
rio che precede l'annessione alla
Cina.
Angelo Botta

4.7 Page 37

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BS
Borsa: Maria Trotta, a cura della
Missione Cattolica Italiana di
Karlsruhe, per un aspirante afri-
cano alla vita sacerdotale salesia-
na, L. 2.600.000 - Borsa: Don
Giovamii Battista Grosso, in de-
vota memoria, a cura di R.D ., L.
1.000.000 - Borsa: Don Gerola-
mo Luzi, per riconoscente ricor;
do; a cura di R.D., L. 1.000.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice, im-
plorando protezione su di me e
sui nipotini , a cura di Rita Della-
sette, L: 1.000.000 - Borsa: Sa-
cro Cuore di Gesù , in suffragio
dei defunti della famiglia Della-
sette, a cura di Rita Dellasette, L.
1.000.000 - Borsa: Don Bosco e
Santi Salesiani, in ringraziamen-
to, a cura di Rita Dellasette, L.
1.000.000 - Borsa: S. Giovanni
Bosco, per protezione della figlia,
a cura di N.N. , L. 1.000.000 -
Borsa: Sacro Cuore di Gesù e
Don Bosco, a cura di Bigoni Ma-
ria; L. 1.000.000 - Borsa: Maria
Ausìliatrice e S. Giovanni Bosco,
in suffragio dei defunti della fa-
miglia e invocando protezione, a
cura di Massucco Giuseppe, L.
500.000 - Borsa: Don Bosco, a
cura di Marino Giovanna, L.
300.000 - Borsa: Maria Ausilia-
trice, Don Bosco , Domenico Sa-
vio, in memoria e suffragio dei
genitori Cherubina e Antonio Re-
possi, a cura della figlia Rosina
R., L. 300.000 - Borsa: Edvige
Carboni, per grazia ricevuta, a
cura di Accardi Caterina, L.
300.000 - Borsa: Don Bosco, in
ringraziamento per la salute ricu-
perata, a t ura di Franco Giusep-
pe Emilio, L. 250.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, ringraziando per i tanti
aiuti avuti e invocando ancora
continua protezione, a cura di
Fumagalli Giuseppina, L .
200.000 - Borsa: Maria Ausilia-
trice e S. Giovanni Bosco, per
protezione, a cura di Alifredi
Edoardo, L . 200.000 - Borsa:
Don Bosco e Domenico Savio,
per protezione, a cura della fami-
glia Valente, L. 200.000 - Bor-
sa: S. Giovanni Bosco, a cura di
Padre Marcucci, Missionario, L.
200.000 - Borsa: Maria Ausilia-
trice e Don Bosco , in memoria di
Michele e Elvira Landi, a cura dei
figli Rocco e Dino, L. 200.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, in suffragio dei miei de-
funti , a cura di F.P., L. 150.000
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mo ?asinelli, L. 150.000 - Bor-
sa: S. Giovanni Bosco , a cura di
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sa: Maria Ausiliatrice, Don Bo-
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pervenute
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don Nicosia.
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ria e suffragio di Raffaele, a cura garia Angela ~ Borsa: Maria
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120.000.
per grazia ricevuta, a cura di G.
Pesce Bertoldo - Borsa: SS.
Borse Missionarie da
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Cuori di Gesù e Maria , a cura di
N .N . - Borsa: Maria Ausiliatri-
ce, Don Bosco, Domenico Savio,
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vio, per ringraziamento e prote-
zione, a cura di Aimar Annita -
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Don Bosco , per grazia ricevuta e
invocando protezione per la fa-
miglia, a cura di N.N. Coopera-
trice di Cocconato - Bor$a: Ma-
ria Ausiliatrice e Santi Salesiani,
in memoria di Luigi Castagno e
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Bosco , per ringraziamento e pro-
tezione, a cura di Pugno Ines -
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Salesiani, salvate le no$tre fami-
glie, a cura di N .N . - Borsa:
Don Bosco e Don Rua, in suffra-
gio dei propri genitori , a cura di
Merlo Luciana - Borsa: In suf-
fragio dei miei defunti, a cura di
N .N. - Borsa: Maria Ausiliatri-
ce, Santi Salesiani, S. Gaspare del
Bufalo, invocando grazie partico-
lari , a cura di N.N. - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice, Don Bosco, Do-
menico Savio, invocando prote-
zione per un ammalato, a cura di
M .R . - AL - Borsa : Maria Ausi-
liatrice, implorando protezione
sui figli Emanuela e Maurizio e
per una difficile situazione, a cu-
ra di Dova Carla - Borsa: Maria
Ausiliatrice e Don Bosco,. ringra-
ziando e invocando protezione
sulla famiglia, a cura di B.P. -
Borsa: Maria Ausiliatrice per
protezione della mamma, a cura
di Marisa.
1 GIUGNO 1993 - 37

4.8 Page 38

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SANTITÀ SALESIANA
LA BELLA LEZIONE
DI DON QUADRIO
Don Giuseppe
Quadrio.
di Teresio Bosco
Gli venne voglia di farsi
prete e salesiano
leggendo la «Vita di Don
Bosco». Dio fece di lui
un maestro e un santo
per i nostri giorni
dubbiosi.
S uo papà si chiamava Agostino,
sua mamma Giacomina Robu-
stelli. Papà era una persona riserva-
ta, a volte burbera, ma era intelli-
gente e buono, molto stimato dalla
gente. Era stato sindaco del paese
prima dei tempi fascisti, ma sindaco
o non sindaco, quando i suoi otto
figli avevano bisogno di scarpe e ve-
stiti, insieme a molti compaesani si
recava nella vicina Svizzera a fare il
manovale.
Don Giuseppe lo ringraziò nell'o-
melia della sua prima Messa così:
«Vorrei ricordare il mio papà, quan-
do lavoravamo insieme al di là del-
l'Adda, a preparare un pezzo di
campo. Voi, papà, allora mi diceva-
te: " Sono contento che tu veda co-
me si fa, dove si mette la ghiaia, la
terra... cose che in caso di necessità
potrai continuare da solo. Caro pa-
pà, io ho scelt o un altro campo, un
campo dove bisogna fare lo stesso
lavoro: strappare le spine, togliere i
sassi, metterci la terra. Io spero di
aver imparato come si fa».
Mamma Giacomina fu una donna
eccezionale, perché la vita· la affron-
tò sotto la pioggia gelida del dolore,
senza lasciarsi abbattere mai. Dovet-
te chiudere gli occhi a quattro dei
suoi otto figli , ma ogni mattina ri-
trovava forza e serenità nella Messa e
38 - 7 GIUGNO 1993
nella Comunione, che non saltava
mai nonostante il lavoro continuo in
famiglia e nei campi. Il suo Giuseppe
incominciò ad andare a Messa tutte
le mattine dandole la mano. Mamma
nel primo banco e lui chierichetto.
Alla fine di ogni Messa, il parroco
gli dava un soldo. Ci poteva compra-
re quattro caramelle, ma lui li mette-
va da parte per comprarsi i libri e i
quaderni di scuola.
C'era una grossa pianta di fichi vi-
cino a casa, e i frutti dolci erano pre-
ziosi per i suoi bambini, perché c'era
tanta povertà. Eppure mamma Gia-
comina non sgridò mai i ragazzini
affamati come i suoi che si arrampi-
cavano di sfroso per rubarglieli. Di-
ceva soltanto: «Prendine quattro,
non di più, che devono bastare anche
per gli altri. E va a casa a mangiarli
con la polenta».
Andando e tornando dalla Messa,
e stringendo la mano della mamma,
Giuseppe guardava la sua terra. Era
nato il 28 novembre 1921 a Ca' Tor-
chio, una località di Vervio·.(Son-
drio), nella verdissima Valtellina.
Avrebbe ricordato per sempre "le
mie belle montagne". E avrebbe por-
tato nel cuore l'ammirazione e l'af-
fetto della sua gente.
Leggendo
la «Vita di Don Bosco»
La vocazione gliela diedero Dio e
sua madre . Ma fiorì leggendo un li-
bro che il suo parroco gli aveva im-
prestato, la Vita di Don Bosco . «La
lessi quando andavo al pascolo .
Don Bosco da quelle pagine mi af-
fascinò . Io non cesserò finché avrò
vita, di benedire quel libro».

4.9 Page 39

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Frequentava la quarta elementa-
re, allora, e durante la quinta un
compagno cattivo tentò e quasi riu-
scì a metterlo sulla cattiva strada.
Una domenica dopo pranzo - rac-
conta - «mi trovai con la mia spli-
ta compagnia e ci mettemmo a gio-
care a soldi o bottoni. Perdevo e
continuavo a perdere. Ad un certo
momento persi le staffe e pronun-
ciai a mezza voce una bestemmia.
Nesst,mo mi aveva sentito, eppure
non so cosa provai in quel momen-
to. Smisi immediatamente di gioca-
re e mi avviai verso casa avvilito.
Alcuni giorni dopo mi confessai, e
da allora cominciò il mio ravvedi-
mento. Mi scrissi alcuni impegni di
vita che cercai di osservare».
Uno degli impegni era quello di
andare in chiesa per fare una visita
al Santo Sacramento. Gli costava,
perché i compagni lo prendevano in
giro: «un vero martirio di derisioni.
Ogni giorno ascoltavo la santa mes-
sa, facevo la santa Comunione.. .
Fu allora che mi ritornò più grande
più vivo, il pensiero.di farmi prete».
Non osava dirlo a nessuno. Lo sco-
prì papà Agostino, su un biglietto
scritto dal suo ragazzino. Erano an-
ni finanziariamente difficili, ma pa-
pà e mamma non fecero difficoltà.
Il parroco lo indirizzò all'Istituto
missionario salesiano di Ivrea, dove
in soli tre anni fece tutti e cinque gli
anni del ginnasio, dimostrando
un'intelligenza brillante e soda.
Giuseppe scrisse appunti e riflessio-
ni per tutta la sua vita, ma distrusse
tutto con un atto di grande umiltà
nell'agosto 1963, due mesi prima di
morire. Si salvarono pochi fogli del
suo diario, raccolti e conservati dal
suo direttore don Eugenio Valen-
tini.
Entrò nel noviziato che non ave-
va ancora 15 anni. L'anno dopo di-
venne salesiano. A 20 anni prepara-
tore di sacerdoti. Fece il liceo a Fo-
glizzo (Torino). La sua riuscita fu
così brillante che i superiori salesia-
ni decisero di mandarlo subito (a 17
anni!) a studiare filosofia all'Uni-
versità Gregoriana di Roma. Gli
dissero che dopo tre anni sarebbe
tornato a insegnare filosofia ai chie-
rici cµe si preparavano al sacerdo-
zio. E così, conseguita la Licenza in
filosofia a pieni voti, Giuseppe
Quadrio salì a soli 20 anni in catte-
dra di filosofia. Insegnandola "con
chiarezza e profondità", si preparò difendere, alla presenza di nove car-
con i suoi alunni a diventare sacer0 dinali tra i quali il futuro papa Pao-
dote. Per tre anni. Poi risalì sul tre- lo VI, la definibilità dogmatica del-
no per Roma, a iniziare gli studi di 1'Assunzione della Madonna al Cie-
teologia.
lo . È un successo clamoroso, di cui
Era l'anno 1943, e l'Italia sentiva parlano i giornali. Subito dopo ini-
ormai il soffio rovente della secon- zia la sua preparazione all'ordina-
da guerra mondiale. Si diventava zione sacerdotale.
più seri e pensosi mentre le case ca- 16 mar~o 1947: don Giuseppe
devano sotto le bombe, mentre i Quadrio è sacerdote. Ha 26 anni. È
bambini smagrivano per la fame. gioia grande anche per la sua fami-
Giuseppe Quadrio sente anche lui glia. La prima Messa al paese natio
che la giovinezza è finita, che le la celebra il 20 luglio, festa patrona-
scelte si fanno decisive. E scrive le. In quel giorno ringrazia pubbli-
«Ora mi trovo al bivio. O santo pre- camente papà, mamma, tutta la
te, o mezzo prete. Non posso sfug- gente umile e lavoratrice. ·
gire alla scelta, non posso traman-
dare la decisione. Voglio smettere di
vivere borghesemente alla comune.
Il santo non può vivere alla comu-
ne, alla meglio, dando molto a Dio
e tenendosi qualcosa per sé».
Quando le sirene annunciano la
fine della guerra, Roma è affollata
di "sciuscià", ragazzini senza fami-
glia e senza casa, che "si arrangiano
a vivere''. Giuseppe non sottrae un
frammento di tempo allo studio,
ma il tempo libero lo dedica agli
sciuscià. E mentre serve con le sue
mani questi ragazzi rifiutati, mentre
li sente preziosi, figli di Dio come
lui anche se coperti di stracci e di in-
setti che Giuseppe Quadrio acqui-
sta ~na grande confidenza con il Si-
gnore. Lo chiama •~mio Fratello,
mio Amore, mio Avvenire, mia Sa-
pienza, mia Luce, mio Maestro,
I superiori l'hanno destinato ad
un impegno delicatissimo: inse-
gnante e formatore di altri sacerdo-
ti. Per questo egli torna due anni a
RÒma, e con lavoro' intenso prepara
· e consegue la laurea in teologia. La
sua salute fisica è notevolmente in-
debolita, ma i superiori insistono
perché nell'autunno del 1949 inizi
regolarmente il suo insegnamento a
Torino, al Pontificio Ateneo Sale-
siano. E don Quadrio ce la fa. Men-
tre la sua tesi di laurea è stampata in
una prestigiosa collana dell'Univer-
sità Gregoriana, egli è già in catte-
dra ad insegnare. Davanti a sé ha il
fior fiore dei giovani salesiani di
tutto il mondo, dai quali usciranno
i direttori, i maestri, i superiori che
costituiranno l'ossatura della con-
gregazione di Don Bosco. Egli ini-
mio Tutto".
zia dicendo: «È stato detto che nella
Il Natale 1945, insieme ad altri vita di un sacerdote, una delle gra-
studenti salesiani, lo passa con gli zie più grandi è aver avuto un buon
sciuscià. «Di notte ho aiutato a pre- professore di teologia. Ma un buon
parare 250 pacchi natalizi - scriv_e professore di teologia non è una co-
-. Di giorno ho provato 300 vesti- sa tanto facile e semplice. Dovrebbe
ti. Distribuzione di tutto il 25 di- essere anzitutto un santo, e io vi
cembre: Il 27: prima Comunione di chiedo scusa di non esserlo».
80 sciuscià. O Gesù, ti adoro nei Le sue lezioni chiare, sicure, sere-
tuoi poveri fratellini».
ne la dottrina soda e il suo linguag-
Lo studio e la dedizione ai ragazzi gi~ semplice, fanno pensare a più
della strada lo portano sull'orlo del- d'uno: «Avremo un magnifico pro-
l'esaurimento. Il 3 novembre 1945 è fessore per decine e decine d'anni».
stato premiato con medaglia d'oro Nessuno sa che il giovane e brillante
come migliore alunno dell'Univer- professore ha davanti a sé solo do-
sità.
dici anni di vita.
Prima messa
tra mamma e papà
Dodici mesi dopo riceve un com-
pito pesantissimo: la solenne dispu-
ta teologica pubblica, in cui dovrà
Rifiutare, poi accettare
il dolore
Un malessere generale l'ha colpi-
to già nell'autunno del 1951, di ri-
torno dalla Germania, dov'è andato
1 GIUGNO 1993 39

4.10 Page 40

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Famiglia
Salesiana
ROMA. Non è la lingua di Don Bosco,
la lingua più parlata dai salesiani, alme-
no come prima lingua o lingua madre.
La lingua più diffusa è infatti lo spa-
gnolo, parlata da 4468 salesiani
(26.4%); mentre l'italiano è parlato co-
me prima lingua da 4192 salesiani
(24.8%) e l'inglese da 3004 (17.7%).
Naturalmente l'italiano è quasi ovun-
que conosciuto, mentre l'inglese vanta
la maggiore diffusione per nazioni.
ROMA. Il 26 aprile scorso è morto don
Rinaldo Vallino. Nato a Saluggia (Ver-
celli) 67 anni fa, ha trascorso gran parte
della sua vita salesiana in Messico, dove
è stato direttore a Guadalajara, Coacal-
co e Monterrey. Dopo sei anni trascorsi
in Bolivia come ispettore, dal 1981 era
assistente centrale delle Volontarie di
Don Bosco (VDB).
VENEZUELA. Suor Felicita Superti-
no, missionaria veterana e audace infer-
miera in territorio amazzonico, si è vista
assegnare il massimo riconoscimento
dello stato venezuelano: la medaglia
d'oro per l'esemplare promozione dei
diritti della persona. Suor Felicita ha la-
vorato a lungo nella frontiera più avan-
zata del territorio Yanomami, difenden-
do i diritti delle minoranze indigene e
sfidando innumerevoli difficoltà, lonta-
no da ogni contatto con i centri forniti
di attrezzature e medicinali. Nella stessa
circostanza, pergamene di riconosci-
mento sono state assegnate a suor Ma-
ria Wacthler, suor Josefia Garda Gu-
tierrez e a suor Clara Abad.
STATI UNITI. Don Ernesto Giovanni-
ni è morto il 14 marzo scorso a Watson-
ville, ispettoria di san Francisco. Avreb-
be compiuto quest'anno 89 anni. Mem-
bro del Consiglio generale dal 1958 al
1972, era stato popolarissimo responsa-
bile delle scuole professionali salesiane.
Nato a Casabianca (Torino), don Gio-
vannini aveva studiato a Valdocco ed
era partito prima dei 20 anni per gli Sta-
ti Uniti, dove fu giovanissimo direttore
e per 15 anni ispettore, sempre impe-
gnato in nuove opere e nella crescita del
numero dei salesiani.
40 · 1 GIUGNO 1993
In gita con gli allievi. Don Quadrio ricordava volentieri
"le sue belle montagne" (Foto Archivio Centrale Salesiano).
a perfezionare il suo tedesco. L'im-
patto col dolore è duro. Si sente al-
l'improvviso isolato, dimenticato.
E scrive: «Signore, ti offro quest'o-
ra di agonia. Confesso di aver assa-
porato senza allontanarla l' amarez-
za della solitudine, dell'indifferenza
e dell'abbandono di chi egoistica-
. mente pensavo più prossimo».
Mentre insegna, lavora su se stes-
so con la forza che ogni giorno gli
dà il Signore. In rapidi appunti scri-
ve: «Sarò per ognuno dei miei stu-
denti un vero fratello: cordiale, af-
fabile, sorridente, accogliente. Cer-
cherò quelli che non mi avvicinano;
incoraggerò i timidi; ·consolerò gli
abbattuti; saluterò per primo chi mi
incontra; vincerò la timidezza e la
ritrosia».' E ancora: «Essere e non
sembrare; donare, non mercanteg-
giare; lavorare, non agitarsi; prega-
re, non recitare preghiere». Matura
in lui una profonda sapienza umana
e cristiana, una tenerezza e una sen-
sibilità rara, una serenità e una for-
za interiore senza incrinature, una
bontà condiscendente e un umori-
smo finissimo, una disponibilità ge-
nerosa alle richieste più svariate.
Il 4 luglio 1960 è ricoverato all'o-
spedale per un malessere prolunga-
to. La diagnosi è spietata: linfogra-
nuloma maligno. Può sopravvivere
pochi giorni come pochi anni, la sua
vita è al capolinea. Ha 39 anni. La
notizia non è per lui ''una mazza-
ta", "uno scompiglio di program-
mi". Al Rettor Maggiore che gli
scrive che tutta la congregazione
prega perché don Rua gli ottenga il
miracolo, risponde: «Il grande mi-
racolo che don Rua mi ha fatto fin
dal primo annuncio è una pace im-
meritata e soavissima, che rende
questi giorni di attesa prolungata i
più belli e felici della mia vita».
E ancora: «Ho imparato quanto
sia bello attendere il Signore. Dio è
veramente buono». Iniziano gli an-
dirivieni dall'ospedale, le cure. E
scopre improvvisamente una nuova
dimensione del suo sacerdozio: «In
camera, all'ospedale, ho scoperto
che questa è una forma di evangeliz-
zazione,sempre possibile a chiunque
e dovunque». «È una esperienza
che in questi mesi mi ha molto im-
pressionato: quella di incontrare
sotto ogni abito (bianco, rosso o ne-
ro) delle anime sensibilissime alla
bontà e bisognose di comprensione.
Si direbbe che tutti sono in attesa, e
non sanno resistere alla bontà sem-
plice ~ schietta».
La morte ormai è lì, ed egli scri-
ve: «Sento la mano del Padre cele-
ste sulla mia spalla, e sto in perfetta
pace». Dio gli viene incontro nella
sera del 23 ottobre 1963.
Teresio Bosco

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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RAMELLA suor Fernanda, Figlia di Maria Ausi-
liatrice, t Milano il 16/1/1993 a 79 anni.
Con le sue doti di intuizione e di dialogo, ha
tracciato, fino a questi ultimi anni, molte strade
nuove. Ha insegnato filosofia e fu direttrice e
ispettrice. Tornando.serenamente alla normalità
della vita comunitaria, ha insegnato anche nella
sofferenza a cercare le strade che conducono al-
la Verità.
CINI Carmelo, cooperatore, t Victoria (Gozo
Malta) il 18/2/1993 a 74 anni.
'
Padre di quattro figli, di cui tre exallievi dell'O-
ratorio salesiano e una exallieva delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, attuale coordinatrice dei coo-
peratori, ha donato generosamente a Don Bosco
il figlio maggiore Charles, per otto anni delegato
mondiale degli exallievi salesiani. Fu un uomo di
fede, onesto, umile e dedito alla famiglia. Perso
Il padre prima di nascere, dovette affrontare una
fanciullezza difficile, ma grazie a un carattere
gioioso e buono, seppe superare le prove della vi-
ta. Istillò negli altri, specie nei figli, la capacità di
rischiare e l'amore al lavoro. Cuore generosissi-
mo, operò sempre con rettitudine e grande sensi-
bilità ai bisogni altrui. Era un esempio vivente di
amore fraterno: il suo sorriso simpatico era il do-
no più bello che donava agli altri. Andando in
ospedale presentl la su11- morte e lo disse alla ca-
ra moglie, con cui visse felicemente 52 ann i. Il
suo funerale fu una grande festa, perché era un
uomo amato e stimato sia dalla gente semplice
che dai ministri. La sua eredità: amava la vita, ma
non fu mai attaccato ai beni materiali, servl il Si-
gnore donandosi ai fratelli , specie a chi era nel bi-
sogno .
BELTRITTI mons. Giacomo Giuseppe, Patriar-
ca emerito di Gerusalemme, cooperatore,
t Gerusalemme 1'1/11/1992 a 81 anni.
Era nato a Peveragno (Cuneo) e al termine del-
le classi elementari entrò nel seminario dei Tom-
masini al Gottolengo di Torino. Qui ebbe modo di
conoscere e affezionarsi anche all'opera salesia-
na. Nel 1926 partl per la Terra Santa, dove prose-
gul gli studi per il sacerdozio. A 25 anni divenne
parroco. Conosceva la lingua araba ed è sempre
stato sensibile ai problemi dei cristiani d'Oriente.
Divenne in seguito collaboratore del patriarca
mons. Gori, che lo volle suo ausiliare e poi lo pro-
pose come successore. Governò la diocesi pa-
triarcale per 17 anni, fino al 1987, quando venne
accolta la sua rinuncia. Di mons. Beltritti rimane
il ricordo di una trasparente santità personale,
fatta di spiccata pietà e amorevole sollecitudine
pastorale calda di umanità. La conoscenza di
Don Bosco e del suo spirito lo spinsero a iscriver-
si tra i cooperatori. Ricordava volentieri questa
sua qualifica e ne parlava. Amava Don Bosco e
leggeva con particolare gusto il libro " Don Bosco
con Dio". Merita grande riconoscenza per la par-
te che svolse nella causa di beatificazione di Si-
mone Srugi, che aveva conosciuto e ·amato.
VISENTIN Ernesto, cooperatore, t Postioma di
Paese (Treviso) il 12/12/1992 a 84 anni.
Padre di due suore salesiane , da giovane
avrebbe voluto partire come altri per l'America
Latina, ma per assecondare il padre fece il conta-
dino al suo paese. Per sposare Gemma, che era
di un paese vicino, gli fu tolta la tessera di Azione
Cattolica, che allora proibiva di sposare gente di
fuori paese. Inventivo e creativo, fu fotografo di-
lettante ma abilissimo e concepì un sistema di
idraulica che funziona tuttora. Tanti gli aspetti
gradevoli del suo temperamento. Era un uomo
che amava la pace e il discorrere sereno. Fu pic-
chiato dalle SS e portato in Germania, perché si
era rifiutato di tradire la gente del paese. Nel
campo di concentramento si fece amico del cuo-
co russo, al quale vendeva le sigarette in cambio
di patate per sfamare se stesso e i suoi compa-
gni. Venuto il tempo di dividere le proprietà della
famiglia, lo fece serenamente e nella giustizia per
mantenere In armonia figli e figlie. La sua pre-
ghiera alimentava una fede profonda e una one-
stà disarmante. Ha dato tre suore alla Chiesa:
suor Annamaria, francescana, lavora tra gli immi-
grati italiani in Svizzera; delle due Figlie di Maria
Ausiliatrice, suor Silvana è insegnante e vice par-
roco in Australia e suor Antonietta è insegnante
di scuola materna a Torino. Si ritirò in punta di
piedi dalla scena del mondo, morendo serena-
mente come era vissuto.
LOI sac. Francesco, salesiano, t Cagliari il
26/12/1992 a 60 anni.
Nato a Lanusei (Nuoro), in famiglia e poi all'o-
ratorio fu educato a vivere la propria fede nel do-
no di sé. La sua vita non lunga, ma feconda di la-
voro e di carità, l'ha vissuta per i giovani. Gli ora-
tori di Cinecittà e del Pio Xl di Roma, di Carbonia
e di Cagliari hanno conosciuto il suo cuore gran-
de e generoso. Con "cuore oratoriano " animò,
quale delegato regionale, le associazioni sportive
(PGS), gli Amici Domenico Savio e gli exallievi, ri-
velando anche doti di buon organizzatore. Spe-
cialmente con allievi ed exallievi del liceo scienti-
fico Pacinotti di Cagliari, dove per 20 anni fu inse-
gnante di religione, seppe creare un clima orato-
riano, carico di amicizia, di solidarietà e di fede
operosa. Durante l'ultimo periodo della malattia i
giovani non lo hanno mai lasciato solo e al suo fu-
nerale, a centinaia, gli si sono stretti attorno, ad-
doloratissimi per la perdita di un vero amico e di
una guida sicura. Era un sacerdote nella vita. In
lui non ci sono state distrazioni o deviazioni.
Quello che era con le sue virtù e i suoi limiti fu tut-
to per il Signore.
CORRADO ROSSO suor Gugliermina, Figlia di
Maria Ausiliatrice, t San José de Costa Rica il
17/12/1992 a 86 anni.
Nata a Torino , poté realizzare la vocazione
missionaria solo nel 1946 dopo la guerra. Da allo-
ra ha vissuto nell'lspettoria centro-americana,
svolgendo delicati incarichi come segretaria, in-
segnante e aiutante dell'economa ispettoriale.
L'ultimo tempo della sua vita fu silenzioso e sere-
no e insegnò a molti ad accettare l'inevitabile de-
clino delle forze, continuando a sorridere e ad
amare la vita.
PAPPALARDO suor Lucia, Figlia di Maria Ausi-
liatrice, t Catania il 12/7/1992 a 53 anni.
Penultima di cinque figli, aveva un carattere vi-
vace per l'indomabile voglia di vivere e familiariz-
zare. Sapeva tarsi amare per la bontà del suo
cuore. Conosciute le FMA di Pedara, divenne as-
sidua ed entusiasta allieva della scuoia di ricamo.
L'oratorio diventò la sua calamita. li vedere le
suore sempre attive e disponibili alle esigenze dei
giovani, fece nascere in lei il desiderio di imitarle
e a 17 anni lasciò la famiglia per diventare una di
loro. Realizzò il suo apostolato tra i giovani sem-
pre con entusiasmo, intuizione e disponibilità. Fu
direttrice a Pachino e a Calatabiano, dove il Si-
gnore la chiamò prematuramente a sé. Hanno
detto di lei: «Sapeva ascoltare e sdrammatizzare
le situazioni. Andava incontro agli altri per vedere
nei loro volto ciò di cui avevano bisogno».
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1 -1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati :
«... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale-la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma(oppure 11stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
1 GIUGNO 1993 - 41

5.2 Page 42

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A cura di Pasquale Liberatore*
* Postulatore generale
IL NUOVO ccVENERABILE»
DON LUIGI VARIARA
Il 2 aprile 1993 è stato lett5; alla presenza del Papa,
il decreto sulla eroicità delle virtù di don Luigi Variara
che perciò ora è uno dei nove «venerabili» della Fami-
glia Salesiana. Nato a Viarigi (Asti) il 15 gennaio 1875
e divenuto salesiano dopo aver conosciuto Don Bo-
. sco, partì per il lebbrosario di Agua de Dios, invitato da
don Unia, quasi cento anni fa, nel 1894. Consacrò tut-
te le sue energie per i poveri lebbrosi, rallegrando quel
luogo di dolore con la banda e il teatro . Fondò la Con-
gregazione delle Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Ma-
ria, che accetta anche ammalate di lebbra. Morì a Cù-
cuta (Colombia) il 1 febbraio 1923. È sepolto ad Agua
de Dios.
Don Luigi Variara.
PER I MEDICI
NON SAREBBE
GUARITO
Cinque anni or sono, si è amma-
lato mio nipote Yilber Augusto.
Si trattava del male di "Guillon
Barret", un tipo di paralisi infan-
tile molto avanzata. lo ero appe-
na arrivata ad Agua de Dios e
avevo sentito parlare di tante
grazie attribuite all'intercessio-
ne del Servo di Dio Luigi Varia-
ra. Mi rivolsi a lui con fiducia. Il
bambino fu internato nell'Istitu-
to Roovet dove fu curato per un
anno. Per i medici solo un mira-
colo l'avrebbe guarito. Ho fatto
molte novene a don Variara e il
miracolo è avvenuto. Pian piano
è andato migliorando ed ora è
perfettamente guarito.
Leopoldina Sanchez V.
de Camargo, Bogotà
ERANO GIÀ
PRONTI I FIORI
PEfl I FUNERALI
Marta Ines cominciò a sentirsi
male allo stomaco . Le sommini-
42 - 1 GIUGNO 1993
strarono dei decotti di erbe . Il ri-
sultato fu che la giovane si ag-
gravò. Trasportata in ospedale
fu urgentemente operata di peri-
tonite. Dopo otto giorni , ancora
un intervento chirurgico per
complicazioni avvenute. E poi
ancora un altro. A venti giorni di
distanza le condizioni dell 'am-
malata precipitarono: problemi
di cuore, anemia, ipofunzione
polmonare e renale. Si diffuse la
notizia che stava morendo. In
collegio provvidero i fiori per or-
ganizzare il funerale. Le fu am-
ministrata l'unzione degli infer-
mi. Ma quello stesso giorno, la
direttrice del collegio Iniziò in-
sieme agli alunni una novena al
Servo di Dio Luigi Variara. Do-
po 47 giorni di ospedale e dopo
tre interventi chirurgici la situa-
zione migliorò tanto da poterla
dimettere. Si era ridotta ad uno
scheletro rivestito di pelle ma il
miglioramento fu costante. Gua-
rl completamente. Tornò in col-
legio e potè studiare, giocare,
far ginnastica. Oggi ha termina-
to gli studi e si trova in ottime
condizioni di salute.
Godofredo Arguello Ojada,
Colombia
r UNA FORTUNATA
SEMINAGIONE
DI ccZANDIA»
Trovandoci in strettezze econo-
miche abbiamo dovuto fare un
grosso prestito. Col passar del
tempo gli interessi superarono il
debito e mio marito non aveva
più speranza di arrivare a paga-
re. Una Figlia di Maria Ausiliatri-
ce partendo per Agua de Dios ci
invitò a scrivere una lettera al
Servo di Dio Luigi Variara e lei
l'avrebbe messa sulla sua tom-
ba. Lo feci molto volentieri.
Quell 'anno avevamo fatto una
seminagione di «zandia» con la
speranza di toglierci un po' del
nostro debito. Ma una gelata
bruciò tutte le seminagioni. lo
però continuai ad aver fede. E
quale non fu la nostra sorpresa
quando a suo tempo vedemmo
che la nostra seminagione non
aveva sofferto per nulla come
invece era capitato a quelle con-
finanti. Il raccolto fu abbondante
e noi potemmo pagare il nostro
debito .
Sara Maria de Ortiz,
Buen Retiro (Bolivia)
r NELL'ANNO
CENTENARIO
DELL'ARRIVO
AD AGUA DE DIOS
All'età di sei anni nostro figlio in-
cominciò a presentare sintomi
di asma bronchiale, con crisi
acute che rendevano necessa-
ria la sua ospedalizzazione con
molta frequenza . Il tempo tra-
scorreva senza visibili risultati e
la nostra angoscia era grande.
Eravamo nell'anno centenario
dell'arrivo dei salesiani ad Agua
de Dios. Fu per noi molto spon-
taneo ricorrere all'intercessione
del Servo di Dio Luigi Variara
che tanto aveva dato ai bambini
degli ammalati di lebbra. Pre-
gammo uniti in famiglia finché,
dopo una più forte crisi della
malattia, cominciammo a notare
con soddisfazione che il bambi-
no anqava migliorando. Ora no-
stro fi9.lio ha quindici anni com-
piuti. E guarito perfettamente.
Da sei anni non ha avuto più al-
cun disturbo e ciò gli permette
di disimpegnare ogni tipu di la,
voro .
Josè Angel Alfonso,
Agua de Dios

5.3 Page 43

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Nome: suor Maria Luisa Mazzarello
Nata a: Bologna nel 1937.
Attività: Docente di Metodologia
Catechetica alla Facoltà di Scien-
ze dell'Educazione "Auxillum" e
all'"Università Salesiana" di
Roma.
Attuale residenza: Roma
Altre notizie utili: Collabora presso
Ufficio Catechistico Nazionale e
nell'équipe di "Viva la Vita" pres-
so l'Istituto di Catechetica
dell'Università Salesiana.
Cosa vuol dire iniziazione cristia-
na oggi?
L'iniziazione cristiana è un tempo
di apprendistato per vivere da cri-
stiani nella nostra società che spes-
so non è stata raggiunta da una
prima evangelizzazione.
Quale il futuro della catechesi del-
l'iniziazione cristiana?
Assicurare, prima di tutto, l'evan-
gelizzazione e la catechesi ai geni-
tori per cristianizzare il nucl eo fa-
miliare, contemporaneamente pre-
parare i genitori a diventare cate-
chisti dei figli. È possibile, l'abbia-
mo sperimentato.
gli approcci metodologico-didat-
tici dovuti alla peculiarità propria
dei diversi ambienti educativi.
Il "Catechismo dell'iniziazione
cristiana dei fanciulli e dei ragaz-
zi" (1991) che futuro avrà dopo il
"Catechismo della Chiesa Cattoli-
ca" (1992)?
Un futuro fecondo. Il catechismo
universale non è stato voluto per
soppiantare i Catechismi delle
Chiese locali , ma come punto di
riferimento per garantire la tra-
smissione integra della fede. Que-
sta nel Catechismo dei vescovi ita-
liani è assicurata.
Quale catechista allora?
Parlerei piuttosto di più figure di
operatori della catechesi: di guide
formatrici dei genitori, di genitori
catechisti dei figli, di animatori
degli incontri dei fanciulli in par-
rocchia, di coordinatori di tutta la
pastorale catechistica della comu-
nità ecclesiale.
Quale preparazione per questi
operatori?
Diversificata, come indicato negli
«Orientamenti e itinerari di for-
mazione dei catechisti» dell'Uffi-
cio Catechistico Nazionale (1991).
Tra catechesi e insegnamento della
religione nella scuola elementare
c'è continuità?
La continuità è data dalla "com-
plementarietà" tra le due forme di
comunicazione religiosa, sempre
salvaguardando la "diversità" de-
Che differenza c'è tra i due Cate-
chismi?
Quello della Chiesa cattolica assi-
cura la dimensione veritativa della
catechesi, quello della CEI anche
la dimensione pedagogica della
trasmissione dal momento che si
rivolge a soggetti in età evolutiva.
Lei fa parte dell'equipe di "Viva
la Vita". Di cosa si tratta?
"Viva la Vita" è un progetto per
l'insegnamento della religione nel-
la scuola elementare nato dall'Isti-
tuto di Catechetica dell'Università
Salesiana, si caratterizza per un
forte impegno di ricerca e di speri-
mentazione per migliorare la qua-
lità dell'insegnamento attraverso
la professionalità degli insegnanti.
E questo a tutto vantaggio degli
alunni e della loro crescita inte-
grale.
HANNO DETTO
«Con i giovani oggi le nostre
parole sono come una goccia in
un bicchiere pieno».
(Mons. Vittorio Bernardetto,
vescovo di Susa)
«Un mondo senza sacerdote
è un mondo senza Dio, senza
miracoli, senza Cristo in terra».
(Gaspare Barbiellini Amidei,
giornalista e docente
universitario)
«I ragazzi d'oggi sono molto
pazienti, più maturi di quanto si
pensi. Sembrano voler proteg-
gere una generazione di padri
che non è stata all'altezza di
educarli» .
(Renato Zero)
LA BUONA NOTIZIA
Aveva un'azienda elettromecca-
nica. A un certo punto decise di
voltare pagina e scelse di servire i
poveri in Brasile. Sistemò altrove
ciascuno dei suoi dodici dipenden-
ti, chiuse tutto e partì. Sergio
Omegna, 43 anni, di Buttigliera
d'Asti, poco distante da Colle Don
Bosco, è scapolo e oggi vive per
aiutare i bambini brasiliani. «Do
una mano a suor Brigida, una reli-
giosa giapponese che da tempo si
occupa di loro ». «Perché hai ta-
gliato i fili con il passato?», gli
hanno chiesto. «Mi sforzo di esse-
re cristiano. E il volto di Gesù lo
devo scoprire nel prossimo più sof-
ferente. Tutto qui. Ero già impe-
gnato nella San Vincenzo. Ho aiu-
tato dapprima i missionari come
ho potuto, inviando sul posto ma-
teriale elettrico (termostati, ad
esempio, o decespugliatori), poi mi
sono trasferito di persona». Sergio
ha il papà ottantenne, la madre di
79 anni, un fratello e una sorella
sposati. «Come hanno reagito alla
tua decisione?» . «Bene . Mia ma-
dre , quando gliel'ho detto, mi ha
risposto: "Vai tranquillo. Se fossi
più giovane, ti seguirei" ».
«Chi perde il rispetto per
il padre e la madre, si attira
sul capo la maledizione di Dio»
Don Bosco
1 GIUGNO 1993 - 43

5.4 Page 44

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO C. M.P.
Rivista per la Famiglia Salesiana
e gli Amici di Don Bosco
Inoltrare le richieste - Cambio di indirizzo - Corrispondenza a:
IL BOLLETTINO SALESIANO - Via della Pisana 1111
Casella Post. 9092 - 00163 Roma-Aurelio
L'ESTATE DEI COOPERATORI
Settimane di spiritualità e di fraternità
ISPETTORIA ADRIATICA
Loreto 1° turno:
29 agosto (ore 18)
al pranzo del 2 settembre
Loreto turno:
3 settembre (ore 18)
al pranzo del 7 settembre
Informazioni: don Dino Colucci,
Tel. (071) 83.218
ISPETTORIA LIGURE-TOSCANA
Colle di Nava (IM): 8-13 agosto
Informazioni: don Livio Mazzolo,
Tel. (019) 93.18.28
ISPETTORIA MERIDIONALE
Famiglia Salesiana dell'lspettoria:
Pacognano (NA): 4-10 luglio
Cooperatori ed Exallievi
della Campania-Basilicata:
Pacognano (NA): 25-27 giugno
Cooperatori della Puglia:
Cassano Murge (BA): 23-27 giugno
Per giovani cooperatori
della Puglia:
Trani (BA): 18-22 agosto
Cooperatori ed Exallievi
della Calabria:
Acquavona (CZ): 22-25 agosto
Acquavona (CZ): 25-28 agosto
Acquavona (CZ): 28-31 agosto
Informazioni: don Giuseppe De Biase,
Tel. (081) 751.10.29
ISPETTORIA NOVARESE-ELVETICA
Cooperatori di Asti:
Muzzano (VC): 21-25 giugno
Cooperatori di Borgomanero:
Muzzano (VC): 12-17 luglio
Famiglia Salesiana del Piemonte:
Muzzano (VC) : 18-24 luglio
Esercizi-ferie di agosto:
Muzzano (VC): 7-19 agosto
Informazioni: don Marino Gobbin,
Tel. (015) 63.280
ISPETTORIA ROMANA
24-26 settembre per cooperatori
salesiani del Lazio
Informazioni: don Alfonso Alfano,
Tel. (06) 49.00.71 - 49.55 .369
ISPETTORIA SICULA
Exallievi e famiglie:
Zafferana Etnea: 27-31 agosto
Cooperatori:
Zafferana Etnea: 1-5 settembre
Famiglia Salesiana (SDB, FMA, CC, EX):
Colle San Rizzo (ME): 7-14 agosto
Informazioni: don Giuseppe Falzone,
Tel. (095) 43.96.41
ISPETTORIA SUBALPINA
Per cooperatori ed exallievi:
Roccavione (Cuneo): 13-17 giugno
Muzzano Biellese: 7-17 agosto
Roccavione (Cuneo): 22-26 agosto
Per tutta la Famiglia Salesiana:
Muzzano Biellese: 18-24 luglio.
Predica don Carlo Chenis
Informazioni: don Corrado Bruno,
Tel. (011) 52 .24.405
ISPETTORIA VENETA-EST
Per exallievi e famiglie:
Castello San Martino (Vittorio Veneto):
dal 15 luglio (ore 16)
al pranzo del 18 luglio
Per giovani cooperatori
e aspiranti cooperatori:
Cencenighe (Belluno): 8-15 agosto
Per giovani cooperatori
e giovani coppie:
Pierabech (Udine): 22-29 agosto
Per cooperatori adulti
(anche anziani):
Santa Giustina Bellunese:
24-29 agosto
Per giovani exallievi (GEX):
Cencenighe (Belluno): 20-22 agosto
Informazioni: don Bruno Martelossi,
Tel. (041) 54.98.300
ISPETTORIA VENETA-OVEST
Centro uPapa Luciani», Colcumano -
Santa Giustina Bellunese (BL): 25-31
luglio. Tema: cela spiritualità di san
Francesco di Sales», Predica don J6zef
Strus, Università Salesiana di Roma.
Informazioni: don Luigi Fantinato,
Tel. (045) 59.13.82
ISPETTORIA CENTRALE:
per informazioni: don Emilio Zeni,
Tel. (011) 568.44.54
ISPETTORIA LOMBARDO-EMILIANA:
per informazioni: don Giorgio Zanardini,
Tel. (02) 608.03.18
VISITATORIA SARDA:
per informazioni: don Giovanni Lilliu,
Tel. (070) 65.86.53
Cooperatori della Sicilia, con
don Reinoso e il coordinatore generale.
A destra, il gruppo della Veneta est.