Bollettino_Salesiano_197307


Bollettino_Salesiano_197307

1 Pages 1-10

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1.1 Page 1

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BollETTIN I SALESIAN I ORGANO DELLA FAMIGLIA SALESIANA
ANNO XCVII N. 7 1° APRILE 1973
Spediz. in abbon, post. - Gruppo 2° (70) • 1• quindicin~

1.2 Page 2

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IN QUESTO NUMERO
2. Sulla Chiesa gli uragani dell'in-
verno?
6. Un vescovo cammina nella giungla.
1O. Un miracolo al giorno in Ecuador
14. Missione sul quinto Continente
18. Ragazzi nuovi a Palermo
21. F.M.A. a Katpadi (India)
28. «Famiglia Salesiana, che dici di te
stessa?». Settimana di spiritualità
salesiana a Roma
Rubriche
13. Educhiamo come Don Bosco
Capiamoli questi ragazzi
24. Nel mondo salesiano
27. Pubblicazioni salesiane
32. Grazie per l'intercessione di Maria
Au5i liatrice
34. Salesiani e Cooperatori defunti
35. Crociata Missionaria
In copertina
Il sorriso di due bambini vietnamiti
è l'augurio più bello per l'umanità
dell'anno 1973. Significa che anche
per questi nostri sfortunati fratelli
Cristo è risorto I
BOLLETTINO SALESIANO
Anno XCVII - N. 7 - Aprile 1973
Direttore Responsabile
DON TERESIO BOSCO
Rada:rlone
DON PIETRO AMBROSIO
DON CAR LO DE AMBROGIO
lmpa gina:1Jone
Luigi Zonta • Ufficio Tecnico SEI
D lre:rlona a Ammlnistra:riona
Via Maria Ausiliatrice, 32
10100 Torino
Officina Grafiche SEI
La risurrezione di Cri-
sto segna l'inizio della
primavera del mondo.
Cristo è risorto annun-
ciando all'uomo la li-
berazione dalla morte,
dalla disperazione, dal
peccato. Ma oggi, la
Chiesa di Cristo scossa
profondamente nelle
sue strutture e nei suoi
membri, cosa annuncia
al mondo? Se lo do-
mandano molti, op-
pressi dalla paura e dal-
la tristezza.
A sette anni dalla chiu-
sura del Concilio Vati-
cano 11, il card.Garrone
tenta, con il libro «La
Chiesa 1965-1972 » una
appassionata lettura
del presente. « Le im-
pazienze disordinate e
le reazioni invocanti un
ritorno al passato na-
scono dall'ignoranza
del Concilio ». Esso è
stato la manifestazio-
ne nel tempo opportu-
no della saggezza della
Chiesa. Oggi più che
mai la Chiesa di Cristo
annuncia al mondo la
Risurrezione e la Libe-
razione.
«c iovan.ni XXIII annunciò il Con-
cilio come una primavera della
Chiesa, e neUa grandissima maggio-
ranza i credenti lo salutarono come
t,de. l i Concilio segnò veramente l'ori-
gine di un grande movimento che do-
veva scuotere profondamente la Chie-
sa, le sue strutture e i suoi membri.
La Chiesa uscl dal Concilio come
da Wl nuovo bagno battesimale.
Aveva ritrovato, tornando alle fonti,
qualche cosa cl-ella sua freschezza
originale, con la gioia e la fiducia
che genera un rinnova.mento.
Ma og~i più nessuno rischiereb-
be di chiamare pri;mavera lo stato
presente della Chiesa. Siamo !on-
Oggi la Chiesa di Cristo, scossa profonda-
mente nella suo strutture e nei suoi mem•
brl, cosa annuncia al mondo? Se lo doman-
dano molti, oppressi dalla paura e dalla
tristezza.
Il « Bollettino Salesiano» au.-
gu,ra ai suoi lettori e a tutti gU
amici della Famiglia Salesiana
una Pasqua liela e liberante
nella luce di Criau, Buorto.

1.3 Page 3

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gli uragani
dell i1 nverno
tani dall'euforia iniziale, lontani da
quella gioia facile che accompagna il
risveglio delle cose e le partenze
piene di allegrezza.
D'altra parte parlare d'autunno
certamente non si può, perclié la
stagione non sembra risparmiare nes-
suno. Saremmo allora nell'inverno?
Certuni lo pensano, e lo dicono. Ma
nulla è più contrario all'evidenza
dei fatti. La Chiesa d'oggi non so-
miglia affatto alla natura quando si
avvolge di silenzio e d'immobilità.
Resta allora l'estate..., l'epoca dei
temporali, la stagione dei lampi e
dei tuoni, quando basta un istante
perché nel buio improvviso il cielo
co.minci a esplodere». Tutto questo
accade appunto nella Chiesa; (( si
tratta di muta.menti e di evoluzioni,
in un vero turbine di idee e di in-
novazioni più o meno audaci e più
o meno temerarie... •·
Trascinata nell'avventura
Con queslo linguaggio immagi-
noso ma suggestivo il Card. Gabriele
Garrone imposta nel suo ultimo li-
bro (La Chiesa r965-r972, editrice
LDC) un'acuta « lettura del presente •·
Il libro, uscito in Italia a sette anni
esatli dalla chiusura del Concilio
(7 dicembre 1965), si colloca equi-
distante fra gli scoraggiamenti del
pessimismo e le fiducie irrazionali,
e costituisce un'opportuna lezione di
speranza.
Tanto più che l'analisi parte, senza
timori né reticenze, proprio dagli
«uragani e, dalle crisi, e proprio fa-
cendo leva sui punti dolenti giunge
a formulare il suo convincente atto
di fede.
Gli uragani, non misconosciuti ma
guardati in faccia. La Chiesa si
trova trascinata nell'avventura di un
mondo eh.e precipita d'impeto verso
l'ignoto. Si stanno sviluppando fe-
nomeni imprevedibili, o del tutto
3

1.4 Page 4

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inediti, come quello della contesta-
zione globale. Il concetto di autorità
viene oggi apertamente contestato.
Ogni idea di istituzione religiosa ri-
pugna. Lo stesso sacerdozio viene
messo in discussione: preti che si
staccano come frutti da un albero
scosso troppo violentemente, e una
mancanza di vocazioni da far ve-
nire le vertigini... >).
Naturalmente è il Concilio che
viene chiamato in causa, perché «in
bene o in male gli avvenimenti pre-
senti della Chiesa sono legati al Con-
cilio. Alcuni cristiani non gli rico-
noscono che i valori discutibili, e
altri lo scavalcano deliberatamente>>.
Cosl esso diventa «segno di contrad-
dizione». E finisce strumentalizzato:
«serve di pretesto per sostenere opi-
nioni personali più o meno emo-
tive». Ne risulta «un Concilio mi-
sconosciuto, e di cui si abusa ma-
lamente ».
li Card. Garrone esamina questi
attacchi << da destra e da sinistra *
in due capitoli dal titolo eloquente:
<< L'impazienza disordinata >>, e «La
reazione», che sono appunto le aree
psicologiche dove si formano oggi
gli uragani della Chiesa.
Impazienze
Ci sono dunque quelli che «tro-
vano nel Concilio i segni precur-
sori di un avvenire che occorre pre-
cipitare, costi quel che costi ». Le
cause di questa impazienza sono
molte. « Il Concilio sollevò delle
ùnmense speranze, in parte mal fon-
date e chimeriche >►.
Esempio. «Per la prima volta la
Chiesa facevà in pubblico una specie
di esame di coscienza su tutti i
punti dove c'era qualche motivo di
essere insoddisfatta. E chiunque ave-
va una sua veduta personale sulla
riforma della Chiesa, si sentiva in
diritto di promuoverla in nome delle
libertà ormai riconosciute. Tutto que-
sto non mancò di creare un cl.ima
di attesa spesso eccessivo, e di ini-
ziative arbitrarie>>.
Poi i giovani: << Si assistette a una
specie di promozione precipitosa e
universale dei giovani in tutto il
mondo. Nella Chiesa (come nella
vita politica e nella scuola) la gio-
ventù prendeva coscienza viva di
tutto ciò che c'era di difettoso, e
cominciava a reagire con la vivacità
e Ja potenza d'illusione proprie di
questa età, quando tutte le riforme
sembrano possibili al primo colpo.
Nell'impazienza della Clùesa, l'im-
pazienza dei giovani ha una parte
considerevole: i giovani non sono di-
4 sposti ad aspettare».

1.5 Page 5

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Anche gli strumenti di comunica-
zione sociale alimentano l'impazienza:
«gli avvenimenti che si prestano agli
scandali e alla discussione vengono
messi in luce violenta; i punti che
si prestano alla critica o i rno_tivi d\\
inquietudine vengono esagerata. E st
crea così un clima di nervosismo che
qualche volta porta al pe~gio ~-
«Dall'impazienza al disordine il
passo è breve», spiega il Card. Gar-
rone. Poi, a sua volta, ~ questo di-
sordine crea a livello ~edio dei fe-
deli qualcosa che sfiora lo scorag-
giamento e a volte la disperdzione •·
Allora, la reazione è prevedibile e
scontata.
Reazioni
Non occorrevano certo gli estre-
mismi dei più scatenati progressisti
a suscitare l'opposizione. Le novità
del Concilio erano in grado di su-
scitare reazioni - e la psicologia sa
spiegare il perché - per il solo
fatto che erano delle novità. Il fe-
nomeno aveva coinvolto parecchi fe-
deli, e perfino ~ certi vescovi i>, che
- come spiega con rara rra nchezza
l'autore - erano ben lontani dal-
l'aver accettato in profondità degli
orientamenti che sconcenavano trop-
po la loro abituale teologia, e di cui
temevano la carica esplosiva. La
grazia del Concilio per Wl momento
aveva fatto dimenticare le "resisten-
ze" nel ritµio del lavoro comune;
ma i germi del la reazione n?n eran~
morti e non tardarono anzi a farsi
sentire molto vivaci*·
Ma negli anni se~enti certe per-
plessità sono diventate legittime, so-
prattutto per colpa di coloro che :;i
sono impossessati abusivamente del
Concilio per imporre in realtà se
stessi: « Uomini spesso molto ahili e
risoluti, che banno a loro disposi-
zione i mezzi dell'opinione pubblica,
e hanno grande abilità nel far vi-
brare certe corde più sensibili. Essi
s'impongono fino a fa_r c~edere_ ~he
si farebbe la figura di mmorau tn-
tellettuali se ci si permettesse uno
scarto dalla loro linea di penStero •·
I loro arbitri in campo liturgico
o dottrinale hanno provocato «wrn
reazione latente e generalizzata del
popolo cristiano». «Una vera resi-
stenza tende a organizzarsi, e sa-
rebbe difficile considerarla illegit-
tima È il buon senso cristiano
che reagisce alle follie e alle strava-
ganze funeste; è l'istinto del popolo
cristiano sensibile nello stesso tempo
a ciò che il Concilio ha felicememe
instaurato e a ciò che ne è soltanto
una brutta e triste deformazione
« Ben venga questa reazione com-
pensatrice, per quel che ha di sano
- dichiara l'autore. - C'è soltanto
da pregare che essa trovi Wl ~9ui:
librio tra l'apertura delle dec1S1oru
della Chiesa e il rifiuto delle stra-
vaganze~-
Ma di fatto non sempre l'equili-
brio viene trovato. Parecchi dei co-
siddetti «silenziosi•> (che non sem-
pre sono cosi silenziosi come vor-
rebbero apparire) attaccano non solo
le deviazioni dal Concilio ma anche
il Concilio stesso. Il male di co-
storo consiste nell'ostinarsi a non
voler riconoscere alcun prowesso, a
voler risuscitare un passato d1 "prima
del Concilio" invece di mettersi ri-
solutamente nella linea conciliare 11.
Il Card. Garrone ricorda al pro-
posito _ce.rti «gi~dizi severi, ~ro:
nunciatt m sordina ma conosc1uu
da tutti e a volte apertamente for-
mulati sul vecchio e santo Ponte-
fice a 'cui si deve l'iniziatiYa conci-
liare, e che veniva considerato come
il responsabile di un male quasi ir-
reparabile nella Chiesa•· Parla di
<< interviste a larga risonanza e fran-
camente penose Parla di <• coloro
che se ne stavano fuori delle vie
conciliari e non cessavano di cercare
(spesso con esito), negli stessi am-
bienti di curia così vicini al Sommo
Pontefice, l'incoraggiamento più o
meno anonimo di cui avevano bi-
sogno». E denuncia senza riserve
la presenza di questo rtocciolo rea-
zionario nel cuore stesso della
Chiesa~. mettendo in evidenza la
sua «contraddizione interna: l'op-
porsi nascostamente o dichiarata-
mente all'aut0rità più alta della Chie-
sa, quella del Concilio, quella di
un Papa, nel nome stesso di quel-
l'autorità.
Si può pensare - conclude ma-
linconicamente il Card. Garrone
che c'era di meglio da fare, e in uno
spirito migliore».
Atto <li fede
A questo punto il discorso dell'il-
lustre autore è solo agli inizi. In-
tanto dichiara che « la diagnosi at-
tuale' sulla s.it~a2ione della Chiesa
non è negativa ♦• Egli infatti scopre
nella Chiesa anche «i segni di un
rinno,·am(•nto e l'evidenza di una
vitalità penetrante come quella di
una linfa d 1e sale •· Tra gli elementi
positivi anno,era il coraggio in-
contestato del Capo della Chiesa,
la ristrutturazione del corpo episco-
pale Wla liquidazione - a volte
eroi~, sotto il soffio dello Spirito -
di atteggiamenti non cristiani ».
Nelle foto: Hippy In Olanda. Il Concilìo
Vatlc.ano Il. « la Chi••• si trova trascinata
nell"avverrtura di un mondo che precipita
d'impeto verso l'Ignoto. SI sunno svllup•
pando momenti Imprevedibili o del tuuo
Inediti coma quello della contestazione»
(Card. Garrone).
E poi la sua analisi dei punti do-
lenti lo porta a scoprire la centralità
del Concilio. , L'ignoranza - o il
fingere di ignorare la dottrina con-
ciliare - sta all'ori~ne delle più
gravi deviazioni di cui soffre oggi la
Chìesa ».
Il Concilio è t grazia di Dio».
Perciò e è necessario un ritorno co-
raggioso a questa sorgente~- A essa
ft occorre riannodare i mille fili con
cui il presente si riattacca a quel
passato tanto vicino e già così lon-
tano •.
La motivazione è teologica e di
fede. Ciò che Dio ha voluto scuo-
tendo la Chiesa mediante il Con-
cilio, lo si deve domandare al Con-
cilio stesso)>. «Il Concilio è la ma-
nifestazione "nel tempo opportuno"
della saggezza della Chiesa •·
Ed è una motivazione che do-
vrebbe convincere anche gli impa-
zienti: • Non si può attendere un
ipotetico Vaticano lii se non ac-
cettando pienamente un Vaticano II,
che esiste e fa legge ·
Di questo libro chiaro e corag-
~ioso è stato presentato 9iui appena
1I versante psicologico (e I altro ver-
sante, quello teologico, è ancor più
ricco). Ma il suo messaggio è già
trasparente. In sostanza il Card.
Garrone chiede ai suoi lettori di se-
guirlo nel suo atto di fede operosa:
credere che si tratta di uragani e-
stivi, e che la linfa scorre e prepara
i frutti.
ENZO BIANCO 5

1.6 Page 6

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« Capii che la vita la si
vive una volta sola, che
bisogna spenderla be-
ne, e che i soldi non
sono poì quel grande
ideale che mi appari-
vano da ragazzo. Dopo
alcuni giorni, un po'
esitante, tornai da don
Carreno e gli dissi:
"Potrei diventare chie-
rico salesiano come
quelli che giocano in
cortile 7" ». La vicenda
umanissima di un ra-
gazzo che voleva diven-
tare ingegnere ferro-
viario, e che divenne
invece arcivescovo di
Shillong.
Ca!-a accogliente di un ingegnere
cattolico delle ferrovie indiane.
Nel salotto c'è un missionario dalla
folta barba bianca, monsignor Mé-
dérlet. Attorno a lui sono i due
figli e le cinque figlie delJ'inge-
gnere. La mamma non c'è più.
E morta tre anni prima. Ad un
tratto, durante la conversazione,
il missionario mette le mani sulla
testa del ragazzo più grande, U-
berto, e dice: << Questo per Don
Bosco >). Il ragazzo, tredici anni,
e il papà non ci badano gran che:
non sanno chi sia Don Bosco.
Tre anni dopo l'ingegnere fer-
roviario è trasferito a Tirupat-
tur. Sta sorgendo in quella città
una Casa salesiana. Primo diret-
tore è don Carreno, un missionario
arrivato dalla Spagna. Diventa a-
mico dell'ingegnere, e i ragazzi
6 vanno qualche volta a dargli una
mano a tirare su le tegole del tetto.
Ma sono giovanissimi e si stan-
cano presto. E Don Carreiio li
esorta: t Andate a giocare! t. Nel
vastissimo prato che serve da cor-
tile ci sono i novizi e i chierici
salesiani che si scatenano in vi-
vaci partite. Sono giovani pieni
di vita che vengono dalJ'ltalia, dalla
Francia. Due sono indiani, di
Bombay.
Un giorno don Carreno avvi-
cina Uberto e gli domanda:
- Cosa farai, finiti gli studi?
- L'ingegnere, padre. Ho già
l'iscrizione per l'Università dei Ge-
suiti, di Madras. Vi andrò in
marzo. Intanto devo studiare il
francese: per entrare bisogna pos-
sedere inglese e francese.
- Se vuoi venire a studiarlo
qui, te lo farò insegnare da un
chierico francese.
Uberto venne ogni giorno. Non
imparò soltanto il francese. Co-
minciò a confessarsi regolarmente
da don Carreòo e a servirgli la
Messa. Qualche volta, al termine,
don Carreiio gli faceva colare in
bocca il vino avanzato nell'ampol-
lina, e gli diceva ridendo:
- In Spagna noi facciamo cosi,
e diciamo che chi ha gusto per
il vino avrà gusto anche per la
Messa.
Marzo si stava avvicinando, e
don Carreno domandò all'improv-
viso a Uberto:
- E presa la laurea in inge-
gneria, che farai?
- Farò i ponti ferroviari, come
mio papà.
- E poi?
- E poi guadagnerò molti soldi,
padre, e mi farò una bella fa-
miglia.
- E poi?
A questo punto Uberto non
seppe più che dire, si smarri.
Q1,e/l'E poi? mi fece pensare
mo1to - racconta oggi Uberto. -
Non fui preso dalla paura della
nwrte, ma capii che la vita la si
vive una volta sola, che bisogna
spenderla bene, e <he i soldi no11
sono poi quel grande ideale eh.e mi
apparivano da r-agazzo. Dopo al-
cuni giorni, un po' esitante, tornai
da dun Cammo e gli dissi:
- Padre, potrei diventare clue-
rico salesiano come questi che gio-
ca110 nel cortile?
Do11 Carreno diveune molto se-
rio, e mi rispose:
- Tu li vedi allegri e C()ll/enti.
A-la se diventi chierico dovrai es-
sere pronto a soffrire, a mangiare
poco e male quando sarà 11eces-
sario, a camminare più con i piedi
che con la macchina. Perché se-
guire il Signore vuol dire fare an-
che questo. Te la senti?
Ci pen.sai un poco sopra, e poi:
- St, padre. Mi pare che ce la
farò.
Il problema che sorse immediata-
mente ftt parlarne con mio padre.
Don Carrefw verme a casa mia e
parlò a lungo, da solo a solo con
lui. Papà mm disse niente. Solo alla
sera tardi mi chiamò. Credevo che
si sarebbe opposto, perché il pri-
111oge11ito, per tradizionale llsanza
della mia patria, deve rimanere in
famiglia a c011.tùzuare il lavoro del
padre. /nvect mi disse:
- Ho se11tito che vuoi ftuti sa-
lesiano. Vedi: io non dico no, e
non dico sì. Dico cl,e è meglio che
finisca gli studi. intanto ci pemerai
bene e deciderai. Per ora ,um sai
tmlla della vita che vuoi iniziare.
Risposi:
- Proprio perché 1wn ne so nulla,

1.7 Page 7

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\\IELLA
papà, v:orrei prm•are. Po, d1:ci-
derò.
- Va bene - concluse il-0po una
pausa. - Vai pure a prmmre.
bi q11alu11q1~ momento n011 te la
sentissi pitÌ, torna a casa, e tu/lo
sarà come prima.
Uberto riempì la sua valigia, e
venne a prendere alloggio dai sa-
lesiani. Ma i primi giorni furono
durissimi.
«Era la prima volta che uscivo
d, casa - racco11ta - Di notte
pw11gevo sconsolatamente. M1. tro-
'va•vo solo e provavo ima grande
nostalgia. Drm Carreno se 11'ac-
corsè, e superando ogm barriera di
regolamento mi disse. "Alla sera,
qua11do finisci di studiare, va' pure
da tuo papà. Se vuoi passare la
110/le n casa, fa pure. Se ti senti
di tornare n dormire q11i, torna. Fai
liberamente. importante è che ti
se11ta libero e sereno". Per 1111 me-
setto fwi:::iona, cosi "a mezzo ser-
vizio". Poi fu mio papà ad i11ter-
'lienire. " /lai quasi diciassette 01mi
- mi disse. - De·vi v1vere 11ella
casa che hai scelto per La tua vita.
Basta che torni a trovarci una
'l'olla al mese". Rientrai nella casa
sole.nana, e questa volta definiti-
i.'amente •►•
Un «footing» degno di un
C'!lni--!--.. -- --rdinl,•
Uberto D'Rosario è ora l'arci-
vescovo salesiano di Shillong. Una
faccia giovanissima, attenuata ap-
pena da una corona d1 capelli che
si stanno inargentando. E ,·enuto
a Torino per la festa di Don Bosco.
L'ho visto giocare e scherzare nei
cortili di Valdocco come un ra-
Uberto D ' Rosarlo, una faccia giovanlsalma
attenuata appena da una corona di capalll
che si stanno Inargentando.
7

1.8 Page 8

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gazzo. Il tempo degli ultimi giorni
di gennaio era pessimo, eppure lui
se n'andava con un pastranino sot-
tile, a testa scoperta. Gli ho gri-
dato:
- Non ha freddo, monsignore?
Ha risposto ridendo:
- No. Nel nord dell'India mi
sono abituato. E poi w10 sportivo
1wn ha mai freddo, e io sono tm
campione di marcia. Cammi.1UJ per
la giungla otto giomi su duci. Un
footing fon11idabile, degno di 1m
campione dei pesi massimi. Non lo
faccio per mantenere la lùiea, evi-
dentemente, ma per arrivare ai vil-
laggi sperduti sulle colline, dove l'ar-
rivo del vescovo è 1ma festa grmule,
perclzé è l'arrivo del Signore.
Mi ha ricevuto in camera sua
con il piccolo registratore, e per
un'ora e mezzo si è abbandonato
all'onda dei ricordi. Gli ho chiesto:
- Entrando dai salesiani, lei
conobbe per la prima volta dei
missionari europei. Che ne pen-
sava allora di questi uomini che
venivano da lontano ? Qualche vol-
ta li considerò dei colonialisti ?
Risponde secco e deciso:
- No. Mai. Quando noi, gio-
vani indiani, vedevamo questi pa-
dri stranieri, ci dù:eva,rw a vi-
cenda: e Hanno lasciato la loro pa-
tria per venire a stare con 1wi. E
devo110 imparare lingue nU()'l)e e dif-
ficili, devono usare un cibo tutto
dioerso, affrontare un clima diffi-
cile. Vuol dire che ci amano ve-
ramente ►>. Ci' faceva impressione che
facessero tutto questo 110n per de-
naro. Sentivamo rispetto e amore
per lcro. E posso dire che ci lta,mo
fatto del bene: ci hanno abituato
al sacrificio, all'amore per le anime.
E non mi hanno mai fatto sentire
inferiore a loro. Appena salesiano,
mi dissero co,i tutta schiettezza:
«Be11e. Tu prenderai nelle tue mani
il nostro Lavoro, e lo continuerai.
Siamo contenti di Lasciare tutto
nelle tue mani». Mi crmsideravo110
tm loro fratello. Le barriere di ra:::za
non sapevamo nemmeno cosa fossero.
Gli domando ancora:
- Cosa lo colpì neUa vita sa-
lesiana? Cosa rimase fissato nella
sua mente come caratteristica di
questa vita? - Risponde senza
esitazione:
- La bontà. Come ci amavano
a quei pn."mi superiori.' Non avevano
denaro. Spesso mmuava il cibo. Ma
dividevamo insieme anche il pez-
zettino di pa11e, ed eravamo tutti
allegri. Erano veramente i nostri
padri. Di quel primo gruppo (io
ero insieme a ci'"l"e o sei aspiranti,
a Tirupattur) siamo tutti salesiani.
Nessuno ha lasciato. Perché ab-
biamo sofferto, m.a abbiamo sof-
ferto insieme. E questo è amo,e
vero, che 1l01I si dimentica pti't.
Noi abbiamo capito l'amore di Don
Bosco dal!'amore di quei primi ,w-
stri mperiori.
La svolta della vita
Ero 1m giova11e chierico quando
arrivò il mio ,,wmento di crisi -
racco11ta. - li mio moda di fare
non era gradito, p,,,- wt 1wmmlla
nascevano contrasti. A1i .mJraggiai.
Cominciai a pensare di esJen fuori
posto, di avere sbagliato tutto. An-
dai a consigliarn1i con il mio prùno
direttore, don Carrefio. Ascoltò a
lungo, poi mi disse soltanto: <' Tu
sei fallo per la vita salesiana. lo
ti conosco. Perciò vai av01,ti. Qu.a,,to
ai contrasti ricorda: 1 tum ~·uperiori
attuali sono stanchi, a volte ner-
vosi. Cerca di capirli. E ne/I.o stesso
tempo impara a soffrire. È cosi che
maturerai cume llOmo e come sale-
sia110. Accettare la sofferenza signi-
fica diuentare forte, signifira pre-
pararsi alla vita, i11 cui c'è soffe-
renza per tutti•·
Capii la lezione. E crisi non ne
ebbi mai più.
Nel primo amw di atti·vit,ì sale-
siana fui mt.1nduto a A-1adras a im-
ziare il primo aspircmtato. .h·ttamo
sole due camerette per i ragazzi che
arrivavano dai villaggi, inviali dai
missionari. Venivano da Jam.iglie
buone e salde, e perciò se,1tivano
tanta nostalgia. Q1umte volte, di
notte, li sentii piangere come avevo
pianto io a Timpattur. Ma riu-
scimmt1 a realizzare con loro una
vita salesiano vera: piena di at-
tività, giochi, teatro, musica e canti.
E la nostalgia se ne andò senza
più tomare. Quasi itttti quei prùtu
ragazzi sono oggi salesiani.
.Mio padre mori nel nord, qual-
che 011110 dopo la mia ordi1lllzio11e
sacerdotale. Lo assistette nelle ul-
ti11~ ore u11 salesiano. E papà gli
confidò: (\\ Avevo sette figli. li più
grande l'ho regalato al Signore. Una
bamhina mi ha chi.esto di farsi suora.
Mi è costato molto lasciarli par-
tire. Ma le pi,ì. grandi consola-
zioni le ho ricevute da lcro due.
E so che pregheranno sempre per
me•.
La reolta della mia vita, svolta
imprevedibile e per 1mlla desiJerata
arrivò nel luglio del r964. Avevo
finito un lungo periodo di dire-
zione, ero staJLco. Chiesi ai supe-
riori di poter fare 1m armo di ri-
tiro spirituale. Mi mandarono nella
nostra casa di formazione. Ero
da un mese quando mi arrivò una
lettera del Nun...--io Apostolico: « Il
Santo Padre - diceva - ti ha
scelto come vescovo di Dibrugarh •>.
Una vera tegola, pesantim·ma. Avrei
voluto parlante co,i qualcuno, di-
scuterne, ma il segreto apostolico
mi pernietteva solo di confidarmi
con il confessore. Ricordo che gli
dissi: ~ Nor, me la sento proprio.
Non per la stanchezza di questi
giorni, ma perché non ho mai avuto
nessuna esperienza pastorale di-
retta». Lui ci pensò su, poi ,m
disse: Se proprio non ti senti,
scrivi ai Superiori di Ton·no ».
Scrissi al Rettor Maggiore don
Ziggiotti: <1 l/o pregato molto. Da-
vanti al Sig11ore mi se11to del tuttu
impreparato. Vi prego perciò d1
accettare il mio umile ma jenno
parere negativo )). A stretto giru tli
posta don Ziggiotti mi rispose: « Ti
prego di accettare co~ 1m bra,·<1
figlio di 0011 Bosco. Anche questa
è 1m'ubhidie11::n. Non devi aver
paura: La Congreiazione ti sarà
sempre ticcanlo, a sostenerti e t1iu-
tarti ». Accettai l'ubbidienza.
Assam; un mosaico di tribù
con centosessanta lingue
L'Assam, dov'è la città di Di-
brugarh, è una regione dell'India
nord-est, compresa tra il Pakistan
orientale, la Birmania e la Cina.
Su 122 chilometri quadrati di col-
line coperte di giungla e di valli
dove vivono ancora gli animali fe-
roci, abitano 14.000 persone, coa-
gulate in tribù.
Sulle colline impervie sono le
<i tribù dei monti >>, di origine mon-
gola. Vi si sono stanziate in epoche
diverse, scendendo lungo la fer-
tile vallata del Brahamaputra. A
ogni invasione i nuovi venuti cac-

1.9 Page 9

▲back to top
ciavano sulle colline i precedenti
occupanti, e ora I'Assam è un mo-
saico di tribù che parlano centoses-
santa tra lingue e dialetti diversi.
I Salesiani lavorano in Assam
da cinquant'anni. Al loro arrivo,
nel t922, i cattolici erano cinque-
mila. Ora sono oltre trecentomila.
~el 1969 l'Assam è diventata
provincia ecclesiastica. Shillong ne
è la capitale, e mons. Uberto
D' Rosario vi fu trasferito con il
titolo di arcivescovo.
Gli ho domandato:
- Se il Signo.ce volesse esau-
« Sono un c;amplone di marci■• Cammino
per la giungi■ otto giorni su dieci. Nei vll-
lag_gl sperduti •ulle colline. l'anlvo del ve-
scovo li una festa grande " ·
dire in pieno una sua richiesta,
che cosa gli domanderebbe? - Ha
risposto senza esitazione:
- Uomini e d.enaro. A oolte
mi pare di essere come San Paolo
alle porte della Macedonia, e di
sentire come lui ,ma voce che mi
chiama: « Vieni ad aiutarci!». Que-
ste tribù ci chiamano verameT1te.
Hanno bisogno di missionari e di
cappelle, di maestri e di scuole.
Ne hanno bisogno rubito. In questa
vastissima giungla oggi non si reca
nesmno. Questa gente sparsa i11 un
ambiente primitivo non interessa,
in pratica, rtessuno. Solo noi, con
interminabili ore di marcia, arri-
t:iamo ai villaggi. E lassù il denaro
dei nostri be11efattori, specialmente
dei tanti osalri be11efattori italiani,
diventa banchi di scucia, pietre di
piccole chiese, riso per i catechisti
e per i maestri. Stiamo conducendo
una guerra contro l'ignora11za, con-
tro la povertà e c011tro le malattie.
Portiamo la parola di Cristo e un
aiuto concreto per 'lJÌvere. Stiamo
preparando questa gente a difendere
la loro originalità, i loro grandi va-
lori di saldezza famiù·are e di onestà
di vita, nello scontro cori la civiltà
materialitica che presto avverrà.
Fra dieci anni sarà troppo tardi.
I giovatti, che so,w come dovunque
i più sensibili, stanno già avver-
tendo per infinite strade l'arrivo
della civiltà occidentale. E corrono
il rischio di assimilare specialmente
gli aspetti esteriori e negativi. Per-
dono il desiderio di studiare, di la-
vorare, il gusto di impegnarsi. So-
gnano denaro facile e vita facile.
Oggi la parola Gesù, mlle col-
line dell'Assam è quasi utia parola
magica. La figura del Cristo, i suoi
insegname11ti formano la base della
vita. Lavoriamo per spin,:ere a
fondo queste convinzioni, prima che
arrivi anche qui La bufera del ma-
terialis7no.
Stiamo raccogliendo i frutti del
lavoro instancabile dei missionari
am::ìa11i. L'anno scorso ho ordinato
due sacerdoti di questa terra. Son()
guì sette i sacerdoti assamesi, e
una ventina le suore indigene. Pre-
sto saranno di più. È una chiesa
giovane, piena di entusiasmo e di-
sposta al sacnficio. La Congrega-
zione ci aiuta, ci sostiene. S0110 tre-
cmto i salesiani che lavora,w qui.
lo cammino per le colline nove
mesi ali'anno. A Shillong mi fermo
solo tre mesi. Ai missionari che i1l-
co11tro in ng11i villaggio ripeto: « Sia-
te buoni salesiani e sarete buom·
preti». Andiamo ai poveri, agli
am(flalati, ai giova11i. Ci sono tanti
giovani poverissimi, in condi-::io11i
igieniche spesso disastrose. Noi an-
diamo a quelli. E il Signore e la
gente ci benedicono.
1110 f ra di.eci anni cosa capiterà?
P, La spina che mi tormenta e che
mi fa camminare. E che mi fa ten-
dere la mano a tutti, senza a"os•
sire. Perché no11 è la mia mano,
ma quella del Signore che vive
S11lle colline dell'Assam, nascosto
nella pelle dei poveri.
TERESIO BOSCO 9

1.10 Page 10

▲back to top
Guardare indietro. È una tenta-
zione dei vecchi, d'accordo. Ma
noi siamo vecchi, lo riconosciamo:
da settantotto anni siamo qui, in
questa missione. Perdonateci quin-
di se abbiamo voglia di sederci un
istante, per guardare il cammino
percorso e ciò che è costato.
Nel 1933 il chierico Casiraghi
Luigi, che aveva appena finito la
filosofia a Cuenca, fu destinato a
partire per la missione. Siccome la
salute non l'aiutava troppo, fu vi-
sitato da un medico famoso, il
dott. Emiliano Crespo ToraJ. «Non
vada in missione - gli disse - non
resisterebbe sei mesi». Ma c'era
di mezzo Don Bosco, e il chie-
rico partl. Don Casiraghi resiste
ormai Ja quarant'anni. Lavorando
alla testa dei kivaros e dei colo-
nizzatori bianchi, ha fatto strade
nella foresta, ha dissodato un muc-
chio di ettari di terreno, ha co-
struito edifici, ha evangelizzato ra-
gazzi e adulti, ha educato giovani
a centinaia.
I serpenti velenosi l'hanno mor-
sicato. due volte, e non aveva
sieri antiofìdici con sé. Si è limi-
tato a succhiare le ferite ed a spu-
tare...
Adesso ha sessantasette anni di
età, ed è a Santiago, uno dei
centri più lontani e difficili. È
preistoria ma che in fondo sono
efficienti, ad aumentare i capi di
bestiame. I paesini e le scuole
si moltiplicano e crescono...
Si è parlato e si parla di noi:
in bene e in male. Quando, nel
1927, il nostro Don Crespi rap-
presentò il Vicariato di Mendez
all'esposizione missionaria di Ro-
ma, portò molte fotografie, morte,
e molti animali, vivi. Sul basti-
mento la gente si fermava davanti
alle gabbie e leggeva il cartellino:
« Salesiani». A Roma uscivano dal-
l'esposizione ripetendo: 11 Bestie co-
me i salesiani, nessuno•>.
I guai di ogni giorno
Noi preti operai siamo andati
avanti. Nei momenti facill, che
non mancarono. E in quelli dif-
ficili, che furono i più.
Un vecchio missionario mi rac-
conta un suo viaggio i!1 un fiume
in piena: il remo si ruppe, La
canoa si capovolse. Riuscirono a
nuotare sino alla sponda, che si
ergeva a picco. Afferrati a un ce-
spuglio, cominciarono faticosamen-
te a inerpica,rsi, prima che La cor-
rente facesse nuovan1ente presa su
cli loro. Improvvisamente senti-
rono che tutto il loro corpo bru-
nale. E tutti vogliono il prete-
operaio. Il che alle volte crea dei
problemi. Come quando il si-
gnor Sanna, un venerando sale-
siano laico, arrivò a una posta-
zione militare nella foresta, e i
soldati non volevano lasciarlo an-
dar via se prima non diceva una
Messa per loro. Che fatica spie-
gare cbe non tutti i salesiani con
la barba sono preti.
« Un aereo precipita e
causa la morte di una
missionaria. Un fiume
straripa e si ruba un
missionario. Un fulmi-
ne s'abbatte e consu-
ma nel fuoco un edi-
ficio... Il cuore piange.
Ma il Signore dà sem-
pre di più di quello che
toglie». Padre Angelo
Botta, familiarmente e
sottovoce, traccia una
panoramica dell'attivi-
dei missionari sale-
siani in Ecuador.
unmiracolo algiornoin
da solo, come è stato da solo tante
altre volte, in tanti altri inizi. :VIa
siamo sicuri che anche adesso ce
la farà, come sempre, con l'aiuto
delle persone buone e silenziose,
come sempre.
Gabbie e cartellini
Intanto noi preti-operai (beh,
non soltanto preti: coadiutori-ope-
rai, chierici-operai, e anche suore-
operaie) e i giovani che edu-
chiamo, continuiamo ad ampliare
le strade nella foresta, a ingran-
dire le zone CQltivate, e mondare
10 il riso con mezzi che sanno di
ciava, ;morsicato da centinaia di
scintille di fuoco: stavano stri-
sciando su un formicà10. C'erano
due soluzioni: lasciarsi ricadere in
acqua, verso una morte sicura;
continuare a salire, nel fuoco.
Scelsero la seconda, e si sah·a-
rono.
Ora i missionari si sentono
meno soli: i colonizzatori che,
sulle loro orme, scendono nella
foresta, sono ogni giorno in au-
mento. I kivaros si fanno cri-
stiani, e imparano a vivere a fianco
della civiltà dei bianchi, senza ri-
nunciare alla loro cultura origi-

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Da sinistra a daatra, dall'alto In baaao : Ra,
geni nella s alva di Yeupl; un pasc,a glgon•
t asc,o c,attureto Santiago; l'anxlano co••
dlutore ulHlano Montic:on• n e ll11 salva di
Talshe.
re nei dispensari medici piccoli e
grandi, aggiustano piedi, mani,
pelli corrose e teste ferite. Da
un paio d'anni funziona una ra-
dio che diffonde programmi in
spagnolo e in kivaro. Le scuole
medie si moltiplicano.
Qualche missionario si permette
perfino <;i.i applicare in grande le
sue capacità elettriche: potete tro-
vare in piena foresta un lago ar-
tificiale e tutto un insieme di ca-
nali e di chiuse, eh~ assicurano
la luce anche in tempi di siccità.
È un lusso autentico, un '101,/,y
di qualche missionario mai stanco.
Intanto il governo sta finendo
le prime strade di penetrazione.
Presentano ancora i loro bravi
incom·enienti: i ponti si fan no
aspettare, e passare a traghetto,
col pullman, è poetico alcune
volte e scocciante altre, special-
mente se il fiume è in piena. Ma
è un magnifico passo avanti.
Gli aerei hanno aumentato i
loro sen·izi. Adesso per vari cen-
tri ci sono bimotori abbastanza
grandi. Quanòo si lascia la mis-
sione, davanti ai passeggeri può
darsi ci sia un carico di carne
sanguinolenta, appena uscita dal
mattatoio. Il pilota deve avere
molta abilità per infilarsi nella ca-
bina di comando. l\\la si aggiusta.
E noi siamo molto contenti dei
quarantacinque minuti che ci evi-
tano tre giorni a cavallo.
Gli hobby
di qualche missionario
Si ,,a avanti. Sforzandosi di
migliorare quanto si è fatto fi-
nora. Negli internati i kivarctti
ormai non vanno più al fiume a
lavarsi al mattino; ci sono i ru-
binetti, utilitari se si vuole. Stiamo
ampliando i campi d'atterraggio.
Abbiamo una scuola di falegna-
meria, in piena regola: regalo dei
Cattolici tedeschi, completata con
alcune macchine donate alcuni
anni fa dai ragazzi del Colle Don
Bosco.
Noi aggiustiamo motori; le suo-
Il segno delle opere di Dio
Taturalmente, le prove non man-
cano: non per niente sono il se-
gno immancabile di qualsiasi o-
pera di Dio. Un aereo precipita,
causando la morte di una missio-
naria. Un fiume straripa, e ci ruba
un missionario... Il cuore piange.
Il prete-operaio reagisce a volte
io forma nettamente personale.
Come quando un tornado buttò
a terra un capannone a Yaupi.
Era notte avanzata e ci furono
parecchi feriti gravi. Don Casi-
raghi (ancora lui) si precipitò a
salvarli. 1n quel momento arriva
uo ragazzo spaventatissimo:
11

2.2 Page 12

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UN DONO
PER PASQUA!
AGLI AMICI
ALLE PERSONE CARE
IN OGNI FAMIGLIA
IL NUOVO
TESTAMENTO
PER UOMINI
DEL NOSTRO
TEMPO
2 00 FOTOGRAFIE ATTUALIZZANTI
A PIENA PAGINA
13 00 TITOLETTI STIMOLANTI
UN REGALO PREZIOSO E GRADITO
PER FAMIGLIE
PER GLI AMICI
PER SPOSI NOVELLI
PER OGNI RICORRENZA
2 VOLUMI CARTONATI
SOVRACOPERTA A COLORI
760 PAGIN E CIASCUNO :
QUATTRO VANGELI
ATTI, LETTERE, APOCALI SSE
7000 LIRE IN TUTTO
EDIT RICE
ELLEDICI
10096 TORINO
LEUMANN
- Padre, è piombato un fulmine
sulla chiesa, e il tabernacolo col
Santissimo corre pericolo di bru-
ciare. Vieni subito.
- Che si aggiusti - risponde
furibondo Don Casiraghi. - Il
fulm ine doveva fermarlo, Lui che
poteva.
E continua accanto ai feriti, che
riesce a salvare. Intanto i ragazzi,
per conto loro, si arrangiano e
spengono l'incendio. Quella volta.
Perché in altre occasioni gli edi-
fici di legno scomparvero in po-
chi minuti, trasformati in torce
apocalittiche che illuminarono bre-
vemente la foresta. Anche in que-
sti casi, dopo aver contemplato
per un momento le rovine, i mis-
sionari ricominciano tutto da capo.
1on sempre per ricostruire ciò
che il fuoco si è portato via. A
Sucùa, per esempio, l'area di abi-
tazione dei salesiani è ancora de-
serta: l'erba è cresciuta, e i ra-
gazzi hanno un cortile in più. Con
l'atuto della popolazione si è co-
struito, al posto della vecchia casa
di legno, una scuola-modello per
la regione: tutta in pietra e ce-
mento.
Accompagnando
con la chitarra
I campi continuano a dare i
loro frutti. Ogni tanto si fa una
festicciola con più solennità. U n
chierico dedica alcune ore alla
caccia, e si imbandisce la mensa
festiva. A Sucùa, punto di par-
« ... accompagnando volte con la chitarra,
ell'ombra delle palme che al ergono nella
gloria del sole ».
tenza del nostro lavoro missio-
nario, stiamo costruendo una chiesa
a Maria Ausiliatrice, che ci ha
guidati, consolati, sorretti: voglia-
mo dirL e grazie.
Abbiamo settantotto anni di per-
manenza in questa missione. Cam-
miniamo decisamente verso i cento.
Con la confidenza di ieri. Sicuri
del Signore, che sarà accanto a
noi per regalarci un miracolo al
giorno, come sempre ha fatto.
Quando mons. Pintado arrivò a
Yaupì e si fermb davanti ai resti
ancora fumanti della nuova mis-
sione, disse soltanto: ii Il Signore
ha dato. Il Signore ha tolto •· Ma
il Signore dà sempre di più di
quello che toglie. Continua a dare.
Abbondantemente. Ci dà la luce
per vedere nuove rotte di evan-
gelizzazione in questi tempi post-
conciliari. Ci manda giovani ge-
nerosi e fedeli che rafforzano e
rinnovano le file. Ci concede mezzi
economici. Ci ha aiutati in modo
speciale nei giorni del Capitolo
Ispettoriale. I miracoli silenziosi
di ogni giorno.
Noi si va avanti, con cuore se-
reno. Accompagnando a volte con
la chitarra, all'ombra delle palme
che si ergono nella gloria del sole
di questa regione bellissima, il
nostro canto di gratitudine e di
speranza.
DON ANGELO BOTTA

2.3 Page 13

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La notizia ha sorpreso tutti. Nel
concistoro del 5 marzo scorso,
Paolo VI ha annunciato che tra
i nuovi cardinali era anche il ve-
scovo salesiano mons. Stefano
Trochta, che il Papa «teneva in
pectore » (cioè aveva già nominato
segretamente) dal 1969.
Mons. Trochta è nato in Ceco-
slovacchia nel 1905, e fu una delle
-vittime del nazismo che lo rin-
chiuse prima nel campo di ster-
minio di Mauthausen e poi in
quello di Dachau, insieme al car-
dinale Beran.
Consacrato vescovo della città
cecoslovacca di Litomerice nel
1947, due anni dopo fu impedito
di esercitare le sue funzioni epi-
scopali. Tre anni di arresto domi-
ciliare. Nel gennaio del 1953 tra-
sferimento al carcere di Ruzin.
Processo e condanna a 25 anni di
prigione.
Graziato nel 1960, fu invitato ad
assumere un lavoro manuale. La-
vorò come manovale muratore, poi
come addetto alla manutenzione di
s~r~ature, ascensori e impianti igie-
mc1.
Solo nel 1968, dopo essere stato
colpito da infarto, ebbe il permesso
di riprendere il governo della sua
diocesi. Dal pulpito rivolgendosi
ai suoi fedeli, disse: <• Metto a vo-
stra disposizione la mja esperienza
di vita. Ho gettato lo sguardo negli
abissi della malvagità e della mi-
seria umana, ma sono stato anche
testimone dei più nobili sacrifici.
Viviamo in un'epoca missionaria.
E anche la Chiesa depone l'osten-
tazione delle sue vesti e indossa la
tuta dell'operaio>).
Quando il Papa annunciò la sua
nomina a Cardinale, mons. Trochta
era in Cecoslovacchia, per parteci-
pare alla consacrazione di quattro
nuovi vescovi cecoslovacchi. Il
Rettor Maggiore gli ha telefonato
gli auguri fraterni della Congrega-
zione Salesiana.
Il Bollettino Salesiano pubbli-
cherà in un prossimo numero un
ampio servizio sulla figura del
nuovo Cardinale salesiano.
Monsignor
Stefano
Trochta
La notizia al
cardinale Trochta
Un corrispondente del!'ANSA, ap-
pena conosciuta la nomina, ha
raggiunto telefonicamente mons.
Trochta. Il nuovo cardinale ha do-
mandato sorpreso: «La notizia è
ufficiale?». «Sì, Eminenza, è stata
data poco fa dal segretario di Stato
vaticano cardjnale Villot i>. Si è sen-
tito rispondere: «Sono una povera
Emmenza. Mi sento vecchio e stanco
Le parole del Papa
Un altro a11nu11cio singolare noi dob-
biamo ora proferire: voglia11w rife-
rirci all'amumcio che de:pimo, nel pre-
cedente Concistoro del 26 aprile 1969,
circa la creazione di due membri del
Sacro Collegio che ci riservammo al-
lora il in pectore >>.
Ci è ora gradito an,iunciàre che il
primo di essi è il venerabile fratello
Stefano Trochta, vescovo di Litome-
rice in Cecoslovacchia. La nostra in-
tenzione nel far ricadere su di lui la
nostra scelta, fu 110n solo di dare
solenne riconoscimento ai meriti di
questo fedele e zelante pastore, ma di
manifestare altresì il nostro affetto per
La nobilissima terra della quale è figlio
e che tanti titoli rendono a noi part,:-
colarmente cara.
Ci trattenne dal pubblicare subito
il suo nome la considerazione che era
allora ancora in vita - benché col-
pito già dal grave morbo che ne troncò
poco dopo La terrena esistenza - il
venerando cardinale Giuseppe Beran,
il quale pur viven<ÙJ fuori della sua
patria, conservava il titolo della ar-
chidiocesi gloriosa di Praga; ci trat-
tenne soprattutto il desiderio e la spe-
ranza, né allora ,uJ in seguito abban-
donati dalla Sede Apostolica, di por-
tare avanti nel frattempo, lo sfarzo
da anni in corso per avviare a norma-
lizzazione La situazione della Chiesa
nella Repubblica cecoslovacca e il go-
verno canonico di. q11elle diocesi.
Ra.ggiunto proprio i11 questi giorni,
con la nomina e l'ordinazione di qurrttro
vescovi di. quel paese, u11 sia pur ini-
ziale ed incompleto risultato a que-
st'ultimo rig11ardo, che confidiamo però
possa avere al più presto gli auspicati
sviluppi, siamo lieti di dare oggi un
am11J11cio che, siamo sicuri, recherà
gioia e soddisfazio11e, non solo ai cat-
tolict:, ma a tutto il popolo cecoslo-
vacco.
(Dal discorso pronunciato da Paolo VJ
durante il Concistoro segreto del
5 marzo)
13

2.4 Page 14

▲back to top
~s ono sbarcato un mercoledì pome-
riggio, dopo che l'aereo prove-
niente da Parigi aveva sorvolato un'i-
sola grande come metà della SVtz-
zcra. Stringendo la mia valigia mi
affacciai allo sportello. Ero in Po-
linesia. Un p rete piccolo e tozzo,
con un fierissimo pizzetto bianco,
mi gettò le b raccia a l collo e si
disse lieto del mio arrivo. Ebbe ap-
pena il tempo di dirlo, perché un
acquazzone violento c1 hagnò dalla
testa a1 piedi, avvisandomi sgarba-
tamente che ero in Oceania.
Ci siamo infilati in una scassatis-
,iima utilitaria, e abbiamo raggiunto
il bordo del campo. Dietro uno sbar-
ramento sommario di filo spinato
c'era un'intera classe della media,
giunta fin li a bordo di un camion
per esaminare (con qualche sospetto}
e dare ti benvenuto al nuovo inse-
gnante. L'acquazzone, bontà sua,
fini di crepitare, e m'infilarono al
collo la tradizionale collana di fiori
freschi.
Una ,•olata sulla strada di terra
rossa, e fui introdotto nella cap-
pella dai muri di canna intrecciata,
in cui duecentocinquanta ragazzi e
ragazze, piedi nudi su stuoie di palma,
s'inginocchiarono con me per dare
un saluto a Gesù-Eucaristia.
La sera era già nell'aria, anche se
a causa di quella trappola che sono
i fusi orari, non avevo nessuna vo-
14 glia di andare a dormi re. Il prete
dal pizzetto mi accompagnò in ca-
mera, mi insegnò ad usare quella
complicatissima cosa che si chiama
zanzariera, e al lume di una lampada
a petrolio, da un'isola completamente
diversa da ciò che avevo immagi-
nato, cominciai a scrivere la mia
prima lettera.
Venerdì mattina entrai in una
classe non molto diversa da quella
che avevo lasciato otto giorni prima
in Francia, e fui li lì per iniziare
la lezione con le mie solite parole:
"Come dicevamo l'ultima volta ..."
Cominciai così, con umorismo e
tenerezza, i ventiquattro mesi del
mio servizio civile*·
Raymond :'vlayer, che scrive que-
ste righe, è un gio,·ane salesiano
studente di !Cologia a Lione. Al-
l'inizio del 1970 era uno dei 7000
ragazzi francesi che avrebbero do-
vuto iniziare il servizio militare, e
che invece fecero domanda di cam-
biarlo in ser,·izio civile nei terri-
tori di oltremare.
C'è un'organizzazione cattolica
(DDC}, in Francia, creata dall'Assem-
blea dei Vescovi e riconosciuta dal
governo, che seleziona le domande
di coloro che intendono prestare il
«servizio civile•• e invia gli clementi
giudicati idonei nei centri mjssionari
del Terzo Mondo.
li ventenne salesiano Mayer fu
assegnato alla missione delle isole
Wallis e Futuna, in P olinesia.
Quando, di ritorno, sbarcò a Pa-
rigi, un giornalista gli domandò a
bruciapelo:
- Le sue prime impressioni su
questi ventiquattro mesi di Oceania ?
- Partire per Wallis. con l'aiuto
della Délégation Catholique pour la
Coopératio11, è stato per me un colpo
di fortuna (meglio, di graziai): un
tirocinio di due anni agli antipodi
della terra, una formazione soda alla
vita missionaria e salesiana. Credo
che un'esperienza del genere possa
cambiare una vita. Avere la possi-
bilità di formarsi una mentalità uni-
versale, planetaria, è un'occasione
unica, che non si può lasciar scappare.
- ti: stato anche un rischio ?
- Si, quello di smarrirmi com-
pletamente, di cambiare da oggi al
domani un sacco di idee. t impres-
sioruinte scoprirsi improvvisamente
«europeo» e << bianco •>, con profon de
radici di colonialismo e di razzismo.
Ma il rischio migliore che si pone
in un'esperienza del genere è di cam-
biare l'avvenire. :-{on si può più es-
sere gli stessi dopo aver battuto la
testa contro ciò che voi chiamate,
da lontano, «sottosviluppo•·

2.5 Page 15

▲back to top
Raymond Mayer è un
giovane salesiano stu-
dente di teologia a Lio-
ne. All'inizio del 1970
avrebbe dovuto iniziare
il servizio militare. In-
sieme ad altri 7000 ra-
gazzi francesi chiese di
mutarlo in servizio ci-
vile. Fu inviato in Poli-
nesia, nella missione
cattolica delle isole
- Questi paesi «lontani », lei ora
li conosce bene ?
- Sa come capita: quando si ar-
riva, uno crede di sapere molte cose.
Nello spazio di un anno scopre di
saperne di meno. Alla fine, naviga
in acque profonde!
- Racconterà qualcosa su questa
esperienza ?
- Spero di sl, con molta umiltà e
senso dei limiti. Racconterò qualcosa
per dire soprattutto che quel mondo
che sembra lontano è ormai vicirùs-
simo al nostro. Tutto ciò che fac-
ciamo, pensiamo, inventiamo ha
un'influenza grande su quei nostri
fratelli e sul loro mondo.
Al racconto e alle riflessioni di
Raymond Mayer, il Bollettino Sale-
siano francese ha dedicato un in-
tero fascicolo. Ne presentiamo
brani più significativi.
OCEANlA, CHI CONOSCE
Ql,ES':'O CONTINENTE:
Lo sterminato numero di isole del-
l'Oceania racchiude soltanto cin-
que milioni di abitanti. Una città
come San Paulo del Brasile o come
Londra e i suoi sobborghi conta una
popolazione maggiore. Per questo,
nel passato, pochissimi hanno preso
sul serio l'Oceania, e il gesto di
Paolo VI che ha fatto cardinale il
vescovo Taofinu'u di Samoa è sem-
brato ad alcuni una stranezza.
Nel 1836 occorrevano sei mesi per
arrivare al Pacifico, e ai padri Ba-
taillon e Chanel occorsero dieci mesi
per giungere alle isole Wallis e Fu-
tuna, via Valparaiso e Tahiti.
Anche oggi, i dodicimila chilome-
tri da Sydney a Los Angeles sono
un fatto, ma molte cose sono cam-
biate. Ed è persin di.fficile imma-
Wallis e Futuna. In
queste pagine narra la
sua esperienza missio-
,,
naria.

2.6 Page 16

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ginare che il quadrigetto che decolla
dalla Nuova Caledonia alle ore O di
lunedi, vi sbarca a Parigi lo stesso
giorno alle ore 18. Il viaggio dura
realmente 27 ore, ma 9 sono mangiate
dalla diversità dei fusi oraò. Oggi il
chilometraggio non ha più alcuna in-
cidenza salvo che sul prezzo del bi-
glietto, molto salato.
I missionari dei primi tempi, quelli
che arrivavano in dieci mesi, hanno
diritto a tutta la nostra stima. In
tempi di espansione coloniale e po-
litica, non portavano con sé nem-
meno l'ombra del colonialismo. Il
primo missionario di Wàllis non in-
segnò agli isolani la sua lingua, ma
imparò lui quella degli indigeni. Tra-
smise loro la Buona Novella come
lui stesso l'aveva ricevuta. Le reli-
giose e i religiosi francesi, irlan-
desi, belgi, italiani, canadesi che
sbarcarono sulle isole del Pacifico an-
darono laggiù solo per essere mis-
sionari. Certo fecero degli sbagli,
come tutti gli uomini di questo
mondo: portarono la Joro mentalità,
non seppero vedere l'originalità della
cultura indigena, imposero costumi
e usan.7,e dell'Occidente. Ma Pio
Taofinu'u, vescovo e cardinale di Sa-
moa, Coppenrath vescovo di Papeete,
Fanau vescovo di Tonga, Vangbéké
vescovo di Papuasia e Lolesio Fuahea
Vescovo di Wallis, sono figli genuini
d.i questi popoli, cresciuti liberi e
responsabili nella Chiesa di Dio.
W ALLIS-FUTUNA,
DUE FALSI GEMELLI
Due briciole della Polinesia, non
ancora toccate dal turismo di massa.
Un mondo rinchiuso in sé, che vi-
veva fino a ieri di agricoltura tradi-
zionale e di pesca. Oggi, tutte le
prospettive sono state capovolte dalla
scoperta di ricche miniere di nichel
in Nuova Caledonia. L 'emigrazione
verso questa grande terra del Paci-
fico meridionale cambia rapidamente
il volto di Wallis e di Futuna.
Nel 1969 atterrava a Wallis un
aereo ogni mese. Nel 1972 gli aerei
erano già tre, tutti con destinazione
Nuova Caledonia.
Le due isole vengono cambiare
specialmente da ciò che arriva daJla
~uova Caledonia: denaro, automobili,
tetti di zinco ondulato. e idee as-
sorbite dal contatto continuo cot1
l'ambieme efficiente e materialista
dell'Occidente. L'esportazione di ma-
no d'opera ha creato l'importazione
di <• progresso>), e ha provocato una
profonda rottura con la vita e i va-
lori tradizionali degli isolani.
Wallis e Futuna sono due falsi
16 gemelli . Le separano 230 chilometri
di oceano PacificQ, la lingua indigena
e le usanze locali sono diverse. Le
ha legate insieme storicamente l'e-
vangelizzazione cattolica. Ora è il
nichel della Nuova Caledonia il nuovo
legame, per il meglio e per il peggio.
IL PROGRESSO A WALLIS
L'11 giugno 1970 il primo Cara-
velle atterrò a Wallis. Raymond
Mayer invitò le ragazze di prima
media ad esprimere le loro riflessioni
sul!'avvenimento e sulle trasforma-
zioni dell'isola. Ecco alcuni brani
delle composizioni:
<• Le case di Wallis erano costruite
in legno, e i tetti erano coperti di
foglie di pandanus. Oggi esse sono
fabbricate in ce.mento, e i loro tetti
sono coperti di zinco ondulato. Fi-
nalmente Wallis esce dalla sua po-
vertà e s'arricchisce sempre più. È
una piccola isola cli progresso •>.
SopoHna, r3 anni
«Gli anni passati, si faceva scuola
nelle case. Adesso a poco a poco si
utilizzano le sale di un nuovo edi-
ficio costruito per la scuola. Non
c'è ancora l'elettriticià (sic). I bam-
bini sono più istruiti di prima. Essi
imparano su dei bei libri e dei bei
quaderni, e non debbono pagare per
andare a scuola •>.
Kalala, r3 mmi
<< Prima la gente di Wallis esportava
la pianta di copra. Ora non più. Si
resta ad attendere che gli altri
paesi ci diano le loro ricchezze >>.
Luisa, .r3 anni
<< Io sono molto inquieta, per le
nostre belle usanze che spariscono
man mano che l'isola si trasforma
rapidamente».
Nelea, 12 anni
SVJLUPPO E CULTURA
PRIMITIVA
In Europa si sente dire: (< Mante-
niamo queste isole nel loro stato ori-
ginale». Per chi? Per gli europei.
;(el migliore dei casi per salvaguar-
dare dei ,·alori culturali dell'umanità;
n<:I rrggiore dei casi per conservare
uno spettacolo raro al turismo occi-
de;:ntale. Al limite, si vuol costruire
in queste isole una riserva non di
animali esotici, ma di uomini eso-
tici.
Di fronte a noi c'è un abitante di
Wallis che dice: domani io mi co-
struisco una casa con un tetto di
lamiera che durerà dieci o vent'anni,
mentre il tetto di foglie dovr.ci ri-
farlo ogni tre anni. Che lo vogliamo
o no, _ha ragione lui.
Noi Europei, a suo tempo, non
abbiamo forse rimpiazzato il mulo
con il cavallo•vapore, il cavallo con
l'automobile inquinante, la candela
con i tubi al neon ? Negare questo
sviluppo, questo benessere economico
agli indigeni della Polinesia in nome
della cultura è ipocrita. La nostra
responsabilità è un'altra. Volere o no,
la nostra <<civiltà•>, il nostro <• pro-
gresso •> occidentale verrà imitato da
tutte le popolazioni primitive del
mondo. Questo dovrebbe spingerci
a restaurare la nostra civiltà, a ri-
mettere in corso quei valori auten-
tici che abbiamo svalutato: la stima
della persona umana sopra ogni altra
cosa; il rispetto del vecchio, deJ
bambino e della donna; l'apprezza-
mento dell'ambiente naturale e della
proprie originalità, non valutabili in
denaro e in cose.
Solo il nostro esempio, e non le
nostre barriere di filo spinato, potrà
salvare l'originalità (che è poi l'uma-
nità genuina e profonda) di questi
indigeni.
IL VANGELO E LA GIOIA
Gli abitanti di Wallis e di Futuna
sono tutti battezzati nella religione
cattolica. Costituiscono una diocesi
che ha cinque parrocchie: tre a Wal-
lis e due a Futuna. Alla Messa do-
menicale partecipano quasi tutti gli
isolani, cbe cantano a piena voce.
La liturgia si celebra in lingua wal-
lisiana e futuniana, esiste l'abitu-
dine dell'adoràzione notturna all'Eu-
carestia, il Terz'Ordine di Maria è
molto frequentato dalle ragazze, le
chiese vengono costruite con il la-
voro di tutta la comunità, i parroci
sono preti indigeni. In una parola:
esiste una chiesa indigena ben· ar-
chitettata e solida. ·
La domenica è celebrata e danzata
sulla strada pubblica, perché i wal-
lisiani h.1.11no iI senso della festa e
amano la festa.
Bisogna aver visto una giornata
della festa patronale per capire quale
gioia può sprigionarsi da queste
persone. Dopo la messa e dopo la
solenne cerimonia del kava (una be-
vanda amara che viene versata con
un rito antico ai capi dell'isola), sbuca
una folla multicolore che forma un
gruppo di cinquanta danzatori, e at-
torno un emiciclo di gente eccitata
che hatte ritmicamente le mani. li
ritmo della danza si estende, si im-
padronisce di tutti. Danzano uo-
mini, donne, ragazzi, bambini, tutto
il villaggio. Le danze di Wallis sono
cantate e ritmate con le mani. Co-

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« Solo il nostro esempio, e non le nostre
barriere di filo spinato, potrà salvare l 'orl-
ginalità (che Il poi l'umanità genuina e pro-
fonda) di questi indigeni».
lorc, armonia, sotto un cielo splen-
dente.
Si danza sulla piazza delle chiese.
Si cantano in maniera ingenua le
meraviglie della Madonna Assunta,
degli apostoli Pietro e Paolo.
Ma se la festa è in onore dei kau
tulisi {degli emigrati in Nuova Ca-
ledonia che tornano) si danza da-
vanti agli hotel, e si cantano le me-
raviglie dell'alcool, dell'automobile, si
iµiprovvisano caroselli rombanti di
motorette...
UN GIRO DEL MONDO
PER TORNARE
Ventiquattro mesi, incredibilmente
veloci. E mi sono ritrovato dietro
lo sbarramento del filo spinato del
campo d'aviazione a stringere le mani
di quelli che, nel breve spazio di
due anni, erano divenuti miei amici
e mie amiche per la vita. Ho risa-
lito la scaletta dell'aereo, ho agitato
ancora la mano, e ho pensato che
la cosa migliore che avevo fatto era
stata quella di vivere insieme a qual-
che wallisiano: lavorato insieme, pre-
gato insieme, cantato e danzato in-
sieme.
Tornando, dall'oblò dell'aereo ho
visto un'immagine del nostro mondo,
insieme grande e piccolo, ricco e
povero... un'immagine che mi re-
sterà incollata alla mente.
NUOVA CALEDONIA - È il
Far-West francese. La Chiesa vi è
presente dal 1840. Su questo blocco
di nichel dove circola un'automobile
ogni due abitanti, arrivano gli emi-
granti di tutte le isole nel raggio
di tremila chilometri. Ho trovato
Françoise e Alain, due amici che
fanno laggiù il<• servizio civile». <• La-
voriamo a Nouméa, tra gli operai
delle miniere - mi hanno detto. -
Non facciamo granché, ma ci siamo,
ci vedono, e questa è la cosa mi-
gliore>).
AUSTRALIA - Città, fattorie e
deserti. Immigranti che arrivano a
ondate: italiani, greci, iugoslavi ... La
Chiesa, solidamente gerarchizzata, af-
fronta questa realtà poliglotta con la
potenza e l'efficacia delle sue opere.
Nell'entroterra, i 500.000 mila abo-
rigeni di razza nera non sono più
che 100.000 fantasmi circondati dal
deserto australiano, visitati come og-
getti strani da turisti nazionali e in-
ternazionali.
Ci sono centoventicinque salesiani
laggiù. Si dedicano a scuole, orfano-
trofi, e agli emigranti italiani e po-
lacchi.
I :-TT)ONESIA - Moltitudine. Per
la prima volta vedo con i nue\\ occhi
che cos'è l'immensità umana del
sud-est asiatico. In una scuola cat-
tolica assisto alle ondate successive
degli scolari che utilizzano le mede-
sime aule. Inimmaginabile.
Mi arrabbio a vedere i turisti eu-
ropei e americani. Fanno danzare e
ridere davanti alla loro macchina fo-
tografica della gente denutrita, per
un biglietto da dieci rupie. Deve
odiarci, questa gente, e non so pro-
prio darle torto.
SAIGON, VIETNAM - Giriamo
sul delta del Mekong, e sorvoliamo
una città che sembra europea, ma
che ha strade sbarrate da trincee di
sacchetti di sabbia e da rotoli di
filo spinato.
Dobbiamo ripartire quasi subito.
Vediamo su altte piste bombardieri
e aerei da caccia armati di missili.
Sullo sfondo verdastro del terreno,
disegni geometrici di casematte. Lag-
giù è Dalat, il seminario salesiano
pieno di futuri preti vietnamiti.
HONG-KONG . Cinque scuole
salesiane, secondarie e tecniche. Da
mille a duemila allievi ciascuna.
Un vecchio missionario salesiano
francese, padre Vetch, mi -:onduce
fino all'isola di Calcane, presso Ma-
cao, dove il padre Nicosia vive in
un villaggio di lebbrosi.
TOKYO - «Questo nostro con-
fratello - mi dice i.n inglese un sa-
lesiano giapponese - aveva papà e
mamma a Nagasaki, il 9 agosto
1945--· ».
Giappone: 110 milioni di abitanti.
Trecentomila cattolici. A Osaka, il
signor Isu Mitani, professore nel-
l'enorme scuola Don Bosco al cen-
tro della città, mi invita a passare
la serata in casa sua. Una sua nipo-
tina suona Beethoven al pianoforte.
SAN FRANCISCO - CALIFOR-
NIA - Un simpatico e giovane sa-
lesiano studia a Berkeley, l'univer-
sità-faro degli Stati Uniti. Su questo
campus, che attraversiamo insieme,
è nata la contestazione studentesca
che si è diffusa come un incendio
in tutto il mondo. Lui frequenta
teologia, a 300 dollari il trimestre.
DAKAR - SENEGAL - Una de-
mocratica comunità di suore in una
bidonville battezzata Pekino. Lavo-
rano in una scuola e in due dispen-
sari. A 60 chilometri, a Fandéne,
sulla sabbia semi-desertica, degli es-
seri cenciosi e miserabili, come mai
avevo visto. «Eppure sono con-
tenti» mi dice la suora infermiera...
Città e campagna, come due nazioni
che non hanno niente in comune.
FRANCIA - Questo nostro pia-
neta, cosl piccolo, sta diventando una
nazione unica. Abitato da ricchi e
da poveri. Con un Vangelo che è
lievito, ma che pochi si decidono
a gettare nella massa, perché la fac-
cia fermentare. Don Bosco, oggi,
non avrebbe esitazioni: bisogna pro-
vare, esperimentare, inventare nuove
strade per realizzare la nostra unica
missione: immergere il lievito del mes-
saggio di Cristo nella pasta di oggi
per trasformarla in pane, per la fame
di oggi e di domani.
17

2.8 Page 18

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Vìlla Ranchibiie, a Palermo. Ora-
torio, uno dei mille oratori sale-
siani. Calcio, pallacanestro, palla-
volo, d'estate le Olimpiadi Grest.
Poi di nuovo calcio, pallacanestro...
Ma don Franco, il direttore, non
era contento. Scrive: << Bisognava dare
inizio a qualcosa di più concreto,
di più impegnativo. In quella massa
enorme di ragazzi mancava un'a-
nima che polarizzasse tutti verso
ideali più cristiani ~-
Ed ecco la riunione-chiave: dieci
giovanotti e un prete, intorno a un
tavolo, decisi a non alzarsi di
finché non si fosse trovato il se-
greto per capovolgere tutto. La de-
cisione presa all'unanimità fu: <( Met-
tere la propria attività e il proprio
entusiasmo a servizio dei poveri, a
servizio dei ragazzi più bisognosi del-
1'oratorio, a servizt"o del Signore tra-
sformando le noiose funzioni di
chiesa in azioni liturgiche dove si
senta la presenza gioiosa di Dio».
Quei dieci furono il nocciolo di
un Gruppo (si chiamò semplicemente
così) che lentamente sì allargò, con-
globando altri adolescenti deside-
rosi di vivere a fondo la loro vita
cristiana.
Nel giro di un anno le attività
che si concretizzarono e diedero un
nuovo volto all'oratorio furono:
il complesso musicale. Non sorse per
suonare ballabili, ma per annunciare
il Vangelo cantando. Chitarre e can-
zoni impegnate per riunire attorno
all'altare assemblee numerose di gio-
vani che cercano la gioia di Dio.
Il Gruppo si trasformò in Gmppo
d'impegno, con Messa quotidiana, in-
contri settimanali, ritiri, revisioni di
vita. L'incontro impegnato con Gesù
portò come necessaria conseguenza
la ricerca e l'incontro con i fratelli
poveri: visita e assistenza religiosa
ed economica a una trentina di fa-
miglie bisognose; catechismo e dopo
alcuni mesi prima Comunione dei
bambini più poveri della periferia
di Palermo; visita ai bambini spa-
stici dell'Ospizio Marino, ai giovani
dell'Ospizio dei ciechi, ai ragazzi del
carcere minorile.
A poco a poco il Gruppo divenne
misto. Alcuni componenti chiesero
l'inserimento delle loro sorelle e di
altre ragazze già impegnate spiritual-
mente. Il passaggio fu graduale e
senza scosse.
Accanto al Gruppo d'impegno si
for,mò il «Gruppo B 1)1 di pre-ado-
lescenti. Attività meno impegnative,
evidentemente. Ma con caratteristi-
che fondamentali: frequenza costante
dei Sacramenti, ese,mplarità di at-
teggiamento, clima di spiritualità, se-
18 renità vivace e irradiante.
I due gruppi oggi contano com-
plessivamente centocinquanta gio-
vani.
Salita all'Aspromonte
6 luglio r972. Sul treno Palermo-
Messina c'è un rumoroso gruppo di
ragazzi 13-15 anni. Passano lo stretto,
sbarcano sulla costa calabra, s'iner-
picano verso la montagna. Tra il
verde intenso dell'Aspromonte sta per
nascere il primo Campo della Frater-
nità, l'iniziativa nuova decisa dal
Gruppo d'impegno per l'estate 1972.
Un prete, alcuni giovanotti e ra-
gazze, attendono il gruppo di ses-
santaquattro pre-adolescenti a Gam-
barie, e si mettono al loro servizio.
C'è stata una grossa difficoltà in
partenza. L'idea di un campo era
bella, ma dove prendere i soldi ? Si
decise di non puntare sul solito be-
nefattore danaroso, ma sulla solida-
rietà. E si è riusciti: i più ricchi
hanno pagato per i più poveri, met-
tendo tutto in un fondo comune.
La seconda difficoltà viene a galla
la prima sera del campo. Sessanta-
quattro ragazzi eccitati che scop-
piano di salute e di allegria, chi li

2.9 Page 19

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Sul treno Palermo-
Messina un rumoroso
gruppo di ragazzi 13-
15 anni. Passano lo
stretto, s'inerpicano
verso la montagna. Un
prete, alcuni giovanotti
e ragazze, li attendono
per mettersi al loro
servizio. Ha inizio così
un'avventura estiva
dalle conseguenze im-
prevedibili, che cam-
bierà il volto di un
oratorio e di un quar-
tiere.
tiene. Nella camerata succede una
baldoria infernale. Ogni tentativo di
sedare il tumulto è travolto. Don
Franco, stanco morto, deve rima-
nere in piedi fino a notte alta.
Ma l'indomaru capita qualcosa di
completamente diverso. Durante il
momento di meditazione collettiva,
un ragazzino di quattordici anni,
Egidio, dice calmt> ai suoi com-
pagni che quella è stata (( una mani-
festazione di non-amore •>, e che bi-
sogna far dimenticare a Don Franco
quello che è successo. << Perché dob-
biamo volerci bene ».
La seconda sera è tutta tranquilla.
Gente che si è capita. Anche perché
la prima giornata è riuscita in pieno,
come riusciranno tutte le altre.
Non c'è un orario rigido. I giochi,
le escursioni nei boschi, le scatenate
gare sportive nascono per lì, dalla
libera iniziativa. Ma ci sono tre mo-
menti forti, che fanno da perno alla
giornata.
Al mattino l'i71contro formativo, che
il tono a tutta la giornata. Si
ascolta e si discute sulla preghiera,
la vocazione cristiana, lo spirito di
Don Bosco.
Nel tardo pomeriggio la santa
Nlessa, curata nella preparazione, ma
spontanea nei canti accompagnati
dalle chitarre, negli interventi alla
preghiera dei fedeli, nel ringrazia-
mento alla Comunione.
A sera l'ora della fraternità, che
ha una parte intima e raccolta, con
scambi di esperienze e revisioni di
vita, e una parte di gioia irruente,
con scherzi, scenette, battute.
Sette giorni di campo così, con
i villeggianti di Gambarie che ven-
gono a gremire la piccola cappella,
per sentire i ragazzi a pregare, e
per pregare con loro.
Alcuni ragazzi hanno scritto le
loro impressioni su diari volanti.
<e Ne!Ja discussione - scrive Paolo -
ho scoperto gli altri, il loro modo
di pensarn, di ragionare sulla reli-
gione e sui problemi più gravi che
toccano il nostro inondo». E An-
tonio, di quindici anni: «I gruppetti
chiusi si sfaldarono, e siamo riusciti
a fare comunità. L'esempio migliore,
secondo me, si verificò a tavola.
Nei primi due giorni i posti erano
fissi. Nel terzo qualcuno cominciò
a cambiar tavolo. Dal quarto in poi,
nessuno aveva più;un tavolo proprio:
con chi si capitava, si capitava . Si
era sempre tra amici, tra fratelli.
Una delle conseguenze fu la man-
canza assoluta di litigi •>. E Dino,
anche lui di quindici anni: << A Gam-
barie ho scoperto la gioia di ricevere
per poter poi donare. Ho scoperto
che la vita serve per fare del bene,
la vita è una continua donazione».
Mario, di quattordici anni, ricorda
l'ultima sera: (( Sarò un sentimentale,
ma quando c'è stato il falò e l'ora
dell'addio, ero molto commosso, e
ho anche pianto. Ma mi sono inco-
raggiato pensando che l'amicizia nata
nel campo sarebbe continuata a Pa-
lermo, e la nostra vita avrebbe avuto
d'ora innanzi uno scopo ben preciso». 19

2.10 Page 20

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« Ho capito cosa lgnlflca a mlcl:r.la tra ra-
gano e ragazza : Inc ontrarci non per guar-
darci e dire s cioccheue, ma per lavora re
Insieme pe r gll altrl 11.
Il 15 luglio iniziò il secondo
Campo. Salirono a Gambaric i gio-
vani del Gntppo d'impegno: 16-18
anni. Fu una cosa molto seria. Gia-
como, un giovanotto di diciotto anni,
ha scritto una pagina che riassume
senza retorica il clima intimo di
quei giorni:
«Dopo un inizio di attività frenetica
nel Gruppo, mi ero andato via via
spegnendo. Sopraggiunsero delle crisi
anche profonde di fede. E poi la
fatica e la tensione dovuta agli esami.
Cosi mi ero rinclriuso in mc stesso,
avevo deciso di pensare solo a me,
senza più guardare alle esigenze de-
gli altri.
Devo dirlo sinceramente: nel Cam-
po di Gambarie non credevo. Sa-
rebbe stata una gita, come tante al-
tre. Chiuso in me, anei passato il
tempo a sciogliere il nodo della
scelta della mia strada: un nodo che
stava diventando un incubo. Tutto
mi faceva pensare che stavo chiu-
dendo un ciclo della vita: la matu-
rità e la fine del liceo, la profonda
crisi di fede, il crollo degli ideali
in cui avevo creduto.
invece Gambarie mi servì. Nella
prima conversazione serale mi colpì
una strana frase di Titti: "Spesso
i grandi miracoli sono opera d1 Sa-
tana". Mi sono chiesto se il mio
passato entusiasmo e fervore "spi-
rituale" non fosse soprattutto va-
nità, desiderio di mettermi in mo-
stra. Un'altra lezione mc In diede
Carlo, una sera che rimasi a chiac-
chierare con lui fino a tarda ora.
Ha diciotto anni come me, e lo
credevo sereno e sicuro. Ne avevo
una certa invidia. Invece mi parlò
con realtà dei propri limiti, mi con-
fidò le sue crisi, per tanti versi si-
mili alle mie. Ad un tràtto mi parve
molto giù, e mi sorpresi a tentare di
aiutarlo. Oe,•o dire che quella con-
versazione è stata una tappa impor-
tante nella mia re,isione di vita.
Ho scoperto che siamo tutti fragili,
che possiamo passare dei momenti
difficili, possiamo cadere, ma che
20 l'importante è t~arci su.
Ho cercato quale possa essere la
mia strada, la mia vòcazione. Una
mattina in chiesa, rimanendo sol-
tanto un attimo in più degli altri
che andavano a colazione, ho ca-
pito fino in fondo che la "mia vo-
cazione è dare la \\·ita per gli altri".
E una frase che si ripete spesso,
che ho sentito tino alla noia. Ma non
l'avevo mai capita fino in fondo. In
quel momento tutto in me è cam-
biato. Ho deciso di ricominciare tutto
da capo, umilmente, riconoscendo,
come dice Carlo, i ,niei limiti.
,m A Gambaric ho trovato il mio
ideale. i!: cristianesimo che spero
sia più maturo di quello di cui fa-
cevo sfoggio due anni fa. Mi sono
accorto che si può vivere, mettendo
al primo posto gli altri •·
Una fresca realtà di questo se-
condo Campo fu la presenza seria e
impegnata delle ragazze. Concetta
Pamela, sedici anni, ricorda: «A sera,
tutte noi ragazze ci riunivamo in
una stanzetta, per parlare, parlare,
parlare. Abbiamo chiarito tante cose.
H o scoperto la bontà delle mie com-
pagne. Ho capito cosa significa ami-
cizia fra ragazzo e ragazza, incon-
trarci non per guardarci e dire scioc-
chezze, ma per lavorare insieme per
gli altri ~. E Maria Pia, diciassette
anni, scrive: « A casa mi capitava
spesso di non voler rifare i letti.
Doveva pensarci mamma. A l campo
ne rifacevo cinque o sei, ogni mat-
tina. E a sera cucivo e . rattoppavo
fino ~ notte tarda . , ei miei amici
riuscivo a \\'edere il Signore, e il
lavoro non mi pesava più tanto•·
Adriana, sedici anni, ricorda: La
sera si desidcrnva la Messa più della
cena, e durante la funzione dichiara-
vamo a l Signore, con la preghiera e
i canti, la gratitudine e la gioia. Lo
ringraziavamo con parole semplici
di tutto ciò che dava: gioie, sof-
ferenza, rinunce, occasioni che ci of-
friva di poterci voler bene •·
Tutti ricordano Pamela, la ragazza
che lavorava in silenzio per tulti,
che sapeva tutto di tutti: onomastici,
compleanni. :Kon ne passava uno
senza il suo biglicnino di auguri,
firmato da tutti. Qualcuno è stato
male, e Pamela è sempre stata la
prima a correre e a portare aiuto.
Tutti ricordano Beppe, che aveva
voluto venire lo stesso anche con
le gambe immobilizzate da un in-
cidente di auto, e che tutti a turno
portavano a spalle, o in barella: in
chjcsa, nei boschi, e persino nella
lunga Via Cruds attraverso le bal1,e
della montagna \\'erdc, che concluse
il Campo.
Don Franco Solarino, il sacerdote
che ha portato avanti con coraggio
queste attività, al termine ha tirato
le somme con calma. Tn ciclostilato
ai confratelli salesiani ha scritto:
Da questa esperienza è partita una
nuova impostazione del nostro Cen-
tro Giovanile: esso è stato ristrnttu-
rato in modo da mettere al primo
posto le attività formative, ridimen-
sionando quelle ricreative che in un
certo qual senso soffocavano le prime.
Ne paghiamo lo scollo vedendo ridi-
mt11sionato anche il numero dei gio-
vani. Noti.amo però 1111a maggior ca-
rica spirituale, un impegno carita-
tivo ed apostolico più responsabile •·
Nino Barracò, che ha seguito
con simpatia questa. trasformazione,
giunta al suo clou nei campi dì
Gambarie, ha scr itto: <1 Ora ci at-
tende un passo decisivo: ricostruire
il clima di Gambarie a P alermo,
costruire una comunità d'amore in
questa nostra città d'intrighi, che
geme nei quartien ancora appestati,
esposta a tutti i rischi del sopruso
e del brigantaggio, dove la scuola,
l'azienda sono tra\\'olti dal falli mento,
dove lo stesso lavoro sa di prote-
zionismo e di ricatto, dove i bam-
bini imparano troppo in fretta come
si uccide e si odia.
l ragazzi poveri della periferia, .
quelli del carcere minorile, gli spa-
stici dell'Ospizio, i ~o,·ani avviliti
dalla disoccupaz1011e, schiantati dalla
droga, brutalmente abbandonati dalla
famiglia, dagli affetti, dalla speranza,
attendono che tii rico!ltruisca il clima
di Gambarie a Palermo.
I giovani hanno imparato che
«non si può vivere tenendo in st:
un Cristo paralizzato•· Bisogna che
le parole diventino risposta cristiana
e sociale ai problemi che travagliano
la città, apertura all'amore vero dei
fratelli, rottura di o~ falso equi-
librio: senza temer.metà, ma anche
senza viltà*·

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

▲back to top
r

3.2 Page 22

▲back to top
L'idea si tradusse ben presto
in un progetto concreto: fondare
una Università.
L'Ispettrice madre Cesira Gal-
lina ne parlò a persone influenti
del luogo che rimasero interdette.
Una fila di domande ironiche
e scettiche la investi in pieno:
<1 Avece il terreno su cui fab-
bricare l'Università? >l.
«Il personale insegnante è pron-
to?*·
f( Potete disporre di sufficienti
mezzi finanziari?•·
« li Governo approverà ?•·
~ Chi frequenterà la vostra Uni-
versità, in questa zona deserta? ll.
Alle risposte sempre negative,
l'interlocutore crollava il capo,
mentre il suo sorriso leggem1ente
ironico feriva il cuore di madre
Cesira, senza spegnervi, però, la
granitica e sconfinata fede da cui
l'opera avrebbe preso vita.
Incoraggiata da mons. Mathias
continuò intrepida nel suo propo-
sito; la sua mente continuò ad
accarezzare l'idea e nessuna diffi-
coltà la disarmò.
Interessò e s'interessò. Pregò e
fece pregare.
TI
Il
o
Un giorno uno spiraglio di luce
si profilò all'orizzonte: il sig. A.
C. Ryan, dopo molte ricerche,
aveva trovato per l'opera un vasto
appezzamento di terreno, alla pe-
riferia del villaggio di Katpadi, a
6 km. da Vellore e a 125 da ~.1adras.
Il luogo era isolato. Non impor-
tava! Presto fremiti di vita giova-
nile l'avrebbero animato e invaso
di salesiana letizia. li nome di
Don Bosco sarebbe risuonato da
un capo all'altro di quella zona
fino allora deserta.
Era l'anno 1952. Il primo colpo
di piccone diede inizio alla costru-
zione.
Le Suore, collaboratrici intelli-
genti e operose, affiancarono su-
bito l'opera iniziata; presero stanza
11 presso... in una misera capanna,
di insufficiente capienza. Qualcuna
doveva dormire all'aperto, custo-
dita dalla folta vegetazione e illu-
minata dalla luce delle stelle. La
piccola comunità nonostante tutto
viveva in santa letizia, incurante
22 dei sacrifici, dei disagi e anche dei
Il collegio unlveraltarlo 11 Auxilium » e Kat-
pedi (Indie Sud).
serpenti, fino allora indisturba-
ti signori di quel luogo. Per
tranquillità venne chiamato «l'in-
cantatore•> che ne insaccò più di
cento, esigendo per il servizio
prestato una buona retribuzione.
Purtroppo si dovettero interrom-
pere i lavori per mancanza di mezzi,
e non una volta soltanto! A Don
Bosco era capitato molte volte la
stessa sorte. Non si smentiva lo
stile salesiano. Anche per la co-
struzione d, Katpadi si calcavano
le orme del Padre e la Provvidenza
a tempo opportuno non faceva
mancare i suoi prodigiosi e larghi
interventi.
Finalmente nel 1954 si poté
aprire la prima classe universi-
taria nel grandioso e dignitoso
fabbricato ancora in costruzione.
L'anno seguente s'iniziarono i la-
vori di un altro complesso edilizio
per creare, accanto all'Istituto uni-
versitario, un pensionato per le
studentesse e le professoresse se-
colari.
r
I ..
L'istituzione universitaria di
Katpadi, affiliata all'Università di
Madras, conta oggi le facoltà di
Letteratura Inglese e Tamil, di
Umanità, di Scienze, di Chimica
e Fisica, di Zoologia e di Mate-
matica. Le figlie di Maria Ausi-
liatrice sono a capo di dette fa-
coltà. I vari Corsi durano quattro
anni. Preparano il personale in-
segnante religioso e secolare anche
alle altre nostre Scuole Superiori
dell'India. Molte studentesse di
questa Università provengono da
queste stesse Scuole superiori. Nel
196o accanto al promettente e già
affermato collegio universitario si
iniziò pure una Scuola superiore
tuttora fiorente.
Alle varie facoltà si accede dopo
aver superato gli esami pre-uni-
versitari (P.U.) e al termine dei
vari corsi si possono conseguire
i titoli di Bachelor of science (BS)
e Baclzelor of arts e con altre
specializzazioni anche il titolo di
Master of arts (MA) e di Master
of scietzce (MS).
L'educazione di primo piano
che nella scuola s'imparte ha cam-
biato completamente lo stato della
donna del Nord Arcot e dei vi-
cini distretti. Un buon numero di
insegnanti e di giovani professio-
niste, laureatesi ali'• Auxilium Col-
lege*• occupano ~ià nella società
indiana e estera posti di rilieYo,
mentre altre ex.allieve si sono di-
stinte nel campo delle ricerche
scientifiche.
Si può affermue che 1'85°~
della popolazione di quel luogo ha
frequentato l'Università di Kat-
padi.
Le presenti statistiche e pro-
porzioni presuppongono un pas-
sato intenso di preparazione, di
lavoro, di sacrifici senza numero e
senza nome.
Delle 1054 studentesse che fre-
quentano i Corsi universitari, 368
sono residenti nel College. Due
spaziosi convitti offrono loro ospi-
talità. La cordialità delle Suore
le fa vivere in clima di famiglia.
La presenza fattiva delle Figlie
di Maria Ausiliatrice e la colla-
borazione di ottime insegnanti
laiche rende l'ambiente molto gra-
dito. La maggioranza delle ra-
gazze è hindù; l'insegnamento del-

3.3 Page 23

▲back to top
r- -f,-
la morale è obbligatoria e questa
disciplina torna gradita a tutte le
allieve.
Ogni anno si celebra con grande
entusiasmo e spontaneità il <' Mo-
ral Science Day >>.
Se in ogni disciplina scolastica
il successo è lusinghiero, non lo è
meno nel campo religioso. La bella
chiesa, sorta a commemorare il
centenario della basilica eretta da
Don Bosco a Torino, è sovente
gremita di ragazze che amano an-
darvi a pregare durante le ore li-
bere della giornata e della sera.
Ragazze di altre religioni unite
a quelle cattoliche fonnano gruppi
caritativi e apostolici per soccor-
rere i poveri dei dintorni, per pro-
curare doni ai bimbi ammalati,
per aiutare validamente le Suore
negli oratori e nei clubs, per le
visite ai villaggi circostanti, per
prestarsi nell'insegn~mento agli a-
nalfabeti, per fare il catechismo
e cooperare all'opera di promo-
zione umana e sociale.
V1va10 cli vocazioni religiose
Tra le innumerevoli benedi-
zioni di Dio su quest'opera, c'è
quella delle vocazioni religiose che
sono dono non indifferente del Si-
gnore all'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice e ad altri Isti-
tuti. Non mancano le conversioni;
la testimonianza di nobili ideali
vissuti in serenità e amore di Dio,
Padre creatore di tutti, continua a
produrre una testimonianza della
quale si sono già avuti esempi ma-
gnifici.
Spigolando tra i più recenti se-
gnaliamo quelli verificatisi tra le
studentesse hindù.
Testimon anzc p ·ezi"Jse
Miss Swarnam era una delle
studentesse più capaci e briJJanti.
La malattia inesorabile che l'ha
colpita ha del misterioso. A chi le
sta accanto nelle ultime ore, chiede
che le si ripeta con frequenza,
adagio e dolcemente, l'Ave Ma-
ria. La sua vita lentamente si
spegne al suono dell'invocazione
mariana per aprirsi alla luce del-
l'aldilà che non conosce tramonto.
La dirigente del reparto di
scienze economiche, muore nel-
1'estate 1971 facendo il segno
della croce e dicendo: << Lo so
che Gesù Cristo mi salverà•>.
Nel momento tragico cli un in-
cidente, un'altra studentessa si
ricorda di aver visto la suora ammi-
nistrare il battesimo a un bimbo,
e ora ripete l'atto salvifico su una
persona morente.
Sono parecchie centinaia le in-
segnanti che imbevute di princìpi
cristiani sanno trasmetterli ad al-
tri nelle scuole governative, ma
specialmente nelle nostre dove
compiono un lavoro validissimo
anche nell'assistenza.
Nei loro villaggi e città esse
sono lievito che fermenta la massa:
veri elementi di elevazione e di
evangelizzazione.
Distanze, impegni familiari e la-
voro non sempre permettono un
unico raduno delle exallieve che
ormai ammontano a molte migliaia,
ma sono parecchi gli incontri alla
Alma Mater, dove le insegnanti
si avvicendano, ma dove regna
inalterato lo spirito accogliente
dell'Atoo'lium Home.
Le mantiene unite un periodico
trimestrale, voce di tutte, incorag-
giante scambio di idee, notizie e
fotografie.
Ora, tra i petali rosati di un
enorme loto scolpito nel marmo
s'erge una bella statua di Maria
Ausiliatrice che dall'alto della chie-
sa guarda e protegge non solo le
studentesse universitarie, ma anche
i 675 allievi e allieve delle scuole
elementari e superiori che affol-
lano gli ampi, ma sempre insuffi-
cienti locali, scaglionati sullo stesso
terreno, non lontani dall'Auxilium
College.
A cura dell'Ufficio Stampa F.M.A. 23

3.4 Page 24

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NEL MONDO SALESIANO
ccADSIS » ~ O NI
E I POVE
Adsis in la mo vuol dire « Sii pre-
sente», e i ragazzi e ragazze dal movi-
mento spagnolo Adsis vogliono rendersi
presenti ai giovani e ai poveri dell'am-
biente dove vivono, studiano, lavorano.
Il loro movimento ha otto anni di vita.
In Navarra si sono costruita una casa per
gli Esercizi spirituali (che chiamano cur•
sillos: durano dieci giorni, dieci giorni
riflessione e preghiera in comune). Pro•
prio in questi cursillos trovano il mo-
mento forte della grazia, l'occasione per
precisare il loro impegno apostolico.
« 11 nostro principio è che i giovani
devono dirigere i giovani - dice il fon-
datore dell'Adsis, il salesiano don José
Luls Perez. - Quindi compito per noi
sacerdoti educatori è di formare i gio-
vani capaci, perché diventino dirigenti
tra i loro compagni•·
Ecco in breve alcuni elementi caratte-
rizzanti dell'Adsis, presentati da un espo•
nente del movimento, Guillermo Aso.
La vocazione Adsis. È una chiamata a
realizzare una presenza apostolica in co-
munità, per un impegno di fermento tre
i giovani e I poveri. Una vocazione seco•
lare che cerca di agganciare la tensione
contemplativa del cristiano all'attivismo
organizzato in una comunità.
La professione personale. La matura-
zione della propria vocazione secolare
deve passare attraverso l' incarnazione
esistenziale di questa vocazione nella
professione e nello stato di vita. La pro•
fessione viene scelta alla luce dell'im•
pegno a servizio dei giovani e dei po-
veri, al di là degli interessi puramente
economici, sociali, ecc.
La scelta dello stato. Fatta a livello di
motivazione vocazionale, è uno degli in-
dici di massima maturazione della pro•
pria vocazione. Matrimonio, saoerdotio
o celibato sono opzioni egualmente va-
lutate, in base a un impegno a servizio
24 dei giovani e dei poveri.
I giovani sposi. Quest'anno le prime
coppie di sposi dell'Adsis hanno preso
parte insieme ai cursillos, in mezzo agli
altri giovani, dando agli lncon1ri un inte-
resse e dimensioni nuove.
Giovani celibi. Altri giovani hanno op-
tato per una consacrazione celibe a ser-
vizio delle comunità e del movimento
Adsis.
Sacerdoti del/'Adsis. Nella vita comu-
nitaria intensamente spirituale nascono e
crescono le vocazioni sacerdotali. Sono
un buon gruppo quelli in cui la vocazione
Adsfs si concretizza nella scelta del sa-
cerdozio.
I "cursillos". Circa tremila parteci-
panti in più d1 cento turni di cursillos di
intensa formazione hanno dimostrato,
durante questi anni. che il cristianesimo
è la realtà che più impegna ed entusiasma
quanti cercano di scoprirlo nella sua ric-
chezza comunitaria.
Riflessione personale. Le ore di rifles•
sione personale riempiono gran parte
della giornata durante i cursil/os. Per
poter maturare nella vocazione Adsis è
necessario un lavoro continuo di risposta
allo Spirito Santo, vero protagonista di
ogni vocazione. É assolutamente impre•
scindibile che questi giovani si innamo-
rino in profondità della solitudine con
Dio in Cristo.
La contemplaiione per razione. I fra-
telli Adsis man mano che maturano sco•
prono la stretta correlazione esistente fra
la contemplazìone e l'azione. Ogni vera
rivoluzione comincia dalla rivoluzione in•
teriore nel senso della mentalità evan-
gelica.
Amore alle storia e al mondo. Ogni
vocazione secolare. soprattutto se orien-
tata ai giovani, deve partire da un vero
amore alla storia e al mondo. Amore alla
storia per fare. e al mondo per costruire
e liberare: mediante l'inserzione di ogni
fratello e comunità Adsis nei problemi
reali dei giovani e dei poveri.
Al termine del cursillo fundamentel
che introduce al movimento Adsis, il
nuovo « fratello II pronuncia queste tre
promesse.
« n prometto, Signore, di vivere abi•
tualmente nella tua grazia.
n prometto di dedicarmi con respon-
sabilità ai miei doveri di dirigente del
gruppo che ml è affidato.
Ti prometto di utilizzare le occasioni
di apostolato collettivo e individuale per
awicinare di più a te i miei compagni».
11 nuovo fratello poi si rivolge ai suoi
compagni: « E voi, amici, aiutatemi col
vostro esempio e la vostra preghiera».
Poi tutti tornano alla loro vita di ogni
giorno, da vivere in modo diverso. «Sii
presente11 è l'impegno che hanno preso.
E nei vari gruppi giovanili, associazioni
sportive, ambienti scolastici e di lavoro,
c'è qualcuno che pagando di persona fa
andare meglio le cose.

3.5 Page 25

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\\
UNCIRCO~ O
O
INTITOLA
A SAN GIO
I SCO
Il terzo Circolo Didattico delle Scuole
Elementari Statali di Bisceglie (Bari) è
stato intitolato a San Giovanni Bosco.
L'iniziativa è partita dai maestri stessi,
animati dalla Direttrice Dr. Rosaria
Punzo. Dovendo operare tra i figli del
popolo. essi hanno trovato che il metodo
del santo torinese è il più efficace per
educare in profondità i bambini.
S. E. mons. Giuseppe Carata. arcive-
scovo di Trani, ha celebrato per loro la
santa Messa, nella quale ha benedetto
un quadro di Don Bosco. I bambini
stessi lo hanno portato nella loro scuola,
poi hanno potuto conoscere meglio la
figura di Don Bosco assistendo alla
proiezione di un film sulla sua vita.
DIECI AN~
INDIOS
O TRA GLI
Da dieci an I i missionari salesiani la-
vorano in Messico tra i Mixes. La loro
Prelatura, creata sei anni fa, copre un ter-
ritorio di 12.000 kmq. e comprende
100.000 abitanti sparsi In una regione
montagnosa, tagliata da fiumi vorticosi,
e di dlffìcìle accesso. Vi lavorano 18 Sa-
lesiani e 21 Figlie di Maria Ausiliatrice,
guidati da mons. Braulio S~nchez.
Ecco alcune dichiarazioni rilasciate dal
prelato in una recente Intervista.
Domanda: In che consiste attualmente il
lavoro missionario tra i Mixes 1
Risposta: Da sempre, prima di parlare di
cristianesimo bisogna costruire l'uomo.
Tra I Mixes dobbiamo preparare il terreno
umano capace di ricevere il seme evan-
gelico. Anche se in pratica è sbagliato
spingere troppo avanti la dicotomia tra
umano e cristiano, qui per ora la strada
giusta è tirar fuori la gente dal suo sotto-
sviluppo per poterla portare all'evange-
lizzazione. Altrimenti forse non accoglie-
rebbe bene il messaggio cristiano che
vogliamo portare loro.
Domanda: Questi indios nella loro at-
tuale situazione non si sentono felici 7
Risposta: Credo che possono esserlo
ugualmente. A volte ci domandiamo se
lo sviluppo potrà renderli più felici. Certo
rimaniamo ammirati della loro infinita ca-
pacità di sopportazione. Affrontano con
stoicismo ammirevole le prove più dure
della vita. E dal momento che non co-
noscono altro, se ne stanno tranquilli e
sereni. Con le loro feste, le loro canzoni,
la loro banda musicale...
Domanda: Quali opere si stanno realiz-
zando tra i Mixes?
Risposta: La più importante è I'« Istituto
per il miglioramento delle comunità in-
digene»: in esso stiamo formando adulti,
giovani e ragazzi per la promozione
umana della religione. Vi manteniamo
140 interni; abbiamo poi in altre zone
delle scuole frequentate da esterni.
L'80% dei Mixes non conosce ancora
lo spagnolo; i bambini però lo stanno
imparando nelle nuove scuole. È il primo
passo per inserirli nella realtà del paese.
Domanda: E che ne è della loro cultura?
Risposta: La riteniamo molto valida, per-
ché esalta valori umani autentici che la
nostra cultura tecnicizzata purtroppo sta
perdendo. Noi ci preoccupiamo perché
gli lndios non solo conservino l'uso della
loro lingua, ma imparino anche a scri-
verla.
Domanda: Dove prende i mezzi per con-
durre avanti il lavoro missionario?
Risposta: È quel che mi domando an-
ch' io. Di fatto finora la Provvidenza non
ci ha mai abbandonati. Il primo aiuto ci
viene dai Salesiani. In Messico facciamo
alcune campagne nei collegi e tra i Coo-
peratori salesiani. Aiuti ci vengono dalla
Misereor tedesca. A volte facciamo un
giretto magari tino a Los Angeles, ma
ora più che in cerca di aiuti economici,
sono in cerca di persnnale.
Domanda: Che tipo di vita· offre la sua
missione a chi vi lavora 7
Risposta: È gente che ci sta di sua spon-
tanea volontà. Hanno scelto liberamente
questa strada, e posso dire che si sen-
tono molto felici anche in mezzo alle
loro non poche tribolazioni. Certo hanno
rinunciato a ogni forma di comodità. I
viaggi li ranno a dorso di mulo o a piedi.
Sono esposti a temporali e intemperie
di ogni genere. Ma non sarà male ricor-
dare che proprio tra i missionari non c'è
stata la crisi sacerdotale e religiosa che
ha colpito tanti altri settori della Chiesa.
(Intervista raccolta da Rafael A/faro)
ONORIFIC~
IE
DI MARI~
I
ICE
Su proposta el ministro della Pubblica
Istruzione, il Presidente della Repubblica
ha conferito alla Madre Elba Bonomi la
Medaglia d'oro e il Diploma di I Classe
che viene assegnato ai benemeriti della
scuola, della cultura e dell'arte.
La cerimonia si svolse nella sede del
Provveditorato agli Studi di Roma, in un
tono di viva cordialità. Nel consegnare a
Madre Elba la Medaglia e il Diploma, il
Vice Provveditore si disse lieto di rico-
noscere che «l'Istituto di Don Bosco
non si è mai smentito nell'attuare la sua
missione educativa tra la gioventù».
Madre Elba Bonomi è stata per di-
ciotto anni Consigliera Generale, agli
studi nell'Istituto delle Figlie di Maria
Ausi liatrice, con lo spirito e il dinami•
smo di Don Bosco.
Il Governo delle Antille ha decorato
l'ispettrice Madre Francesca Cusaro. con
l'Ordine di Duarte, Sanchez y Mella. Nel
decreto di conferimento sono messi in
risalto i meriti dell'opera educativa svolta
dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, e la loro
generosa e costante dedizione alla gio-
ventù più bisognosa.
A Samarate (Varese) le Autorità citta-
dine hanno voluto dare un pubblico ri-
conoscimento alle Figlie di Maria Ausi-
liatrice che da 75 anni si dedicano con
sacrificio e bontà alla Scuola Materna e
alla gioventù. Il Sindaco ha consegnato
alla Direttrice Il premio della Bontà, con
Medaglia d'oro e pergamena.
Il Consiglio Nalionale degli Istituti re-
ligiosi educativi ha iscritto Sr. Lina Dal-
cerri, F.M.A., all'Albo dei Benemedti
della Scuola cattolica nazionale. Nella
cerimonia svoltasi a Roma è stata con-
segnata alla Suora una pergamena ri-
cordo.
25

3.6 Page 26

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NEL MONDO SALESIAN
Sette salesiani (tre sacerdoti. tre chie-
rici e un religioso laico) dell'lspettoria
d1 Madrid, nell'ottobre scorso si sono
recati a Bata, nella Guinea Equatoriale.
Vi hanno fondato un'opera per la gio-
ventù, la prima del salesiani in questo
paese. Due circostanze danno partico-
lare significato all'avvenimento.
Primo, il momento in cui la Guinea
riceve questi salesiani. Il giovane Stato
africano,(grande poco più del Piemonte
e con 290.000 abitanti appena) è dive-
nuto indipendente solo nel 1968. Prima
era colonia spagnola. Per gli europei,
accusati di colonialismo. le condizioni
di vita si sono fatte difficili, al punto
che gli 8500 spagnoli residenti sono
ormai tutti rimpatriati. Con loro, anche
molti missionari.
L'esodo degli occidentali ha privato
il paese di forze che gli erano indispen-
sabili. Ora scarseggiano i dirigenti, i
medici. gli insegnanti, e anche Il clero
(i sacerdoti Indigeni sono poco più di
venti). Le industrie si avviano alla pa-
ralisi, la produzione del cacao è scesa
dei due terzi. e La Guinea - ha scritto
di recente un testimone - ha fatto un
salto indietro di mezzo secolo e forse piìl ».
Ma il paese non è ostile agli europei:
rifiuta soltanto un certo tipo di presenza,
storicamente non più accettabile. Ha
scritto un vescovo africano rivolgendosi
ai bianchi: • Lasciate da parte i vostri
complessi di superiorità. L'unica cosa
che vi chiediamo è il rispetto».
In questo momento delicato per la
giovane Guinea, per una presenza più
autentica e piìl evangelica, 1 primi sette
salesiani sono entrati in Guinea.
L'altra circostanza particolare che ac-
compagna l'avvenimento, è li legame
che l'opera vuole conservare con l'lspet-
toria salesiana di Madrid.
Di solito i missionari trapiantati oltre-
mare, assorbiti dalla nuova situazione,
finiscono per tagliare i ponti con il
paese d'origine. Invece l'opera di Bata
è adottata dall'lspettoria di Madrid come
una sua vera e propria casa. I salesiani
che vi lavorano sentono di farlo a nome
dei loro confratelli rimasti in patria, e
26 come e inviati li da loro.
~ ! I DI UN CENTRO
PER UNA
(( STORIA
... IONI
SALESIANE
«I Salesiani fanno la storia ma non la
scrivono». Quasi a voler sfatare questa
voce non del tutto Infondata, il 3 gen-
naio scorso si è riunito presso la Casa
Generalizia di Roma un gruppo di cultori
di storia per esaminare il progetto di un
«Centro di studi sulla storia delle mis-
sioni salesiane».
Patrocinato dal dicastero delle Mis-
sioni Salesiane e chiamato a colmare una
evidente lacuna, questo « Centro studi»
si propone un programma a tempi lun-
ghi, ma più immediatamente mira a rea-
lizzare iniziative iscritte nel quadro delle
celebrazioni per l'ormai prossimo «Cen-
tenario delle missioni salesiane» (1975).
Al Centro sono stati assegnati I se-
g uen11 compiti: raccolta e catalogazione
di materiale edito e inedito proveniente
dai centrì missionari o giacente presso
vari archivi; costituzione di una biblio-
teca di riviste missionarie; preparazione
per li 1975 di una «Storia delle missioni
salesiane» in forma di monografie; pub-
blicazione di altri contributi scientifici
come una raccolta degli scritti d1 Don
Bosco sulle missioni, l'epistolario del
primi missionari salesiani, profili di mis-
sionari, studi vari di missiologia.
Alla riunione hanno preso parte stu-
diosi provenienti dall'Italia e dalla Spa-
gna. e due Suore salesiane speciali:uete
in missiologia.
Ha diretto i lavori il decano della Fa-
coltà teologica del PAS don Raffaele
Farina; hanno presenziato il Rettor Mag-
giore don Luigi Ricceri e il Superiore
per le Missioni don Bernardo Tohlll.
CONT RO ~~~I!
DI ISTRU"°' E FAME
DI PANE
Almeno un migliaio di famiglie, sti-
pate nei baìrros periferici a nord di Porto
Velho, vivono in condizioni intraumane.
Un gruppo di parrocchiani di N. S. del
Rosario, animati dai salesiani, hanno vo-
luto rendersene conto personalmente, e
si sono convinti che era urgente fare
qualcosa per combattere la miseria e
l'ignoranza di quella povera gente. Cosl
hanno dato vita a un Centro Sociale, sia
per combattere l'analfabetismo (Pao-
lo VI nella Populorum progressio ha ri -
cordato che la fame di istruzione non è
meno grave della fame di alimenti: un
analfabeta è uno spirito sottoalimen-
tato), sia per mettere in grado i giovani,
o anche gh adulti che se la sentono,
di guadagnarsi il pane con un lavoro
qualificato.
Il Centro ha cominciato a funzionare
nel giugno del 1970, dopo un periodo
di preparazione e di tentativi. Ha orga-
nizzato corsi semestrali di alfabetizza-
zione fino al conseguimento di una « ma-
turità primaria»; corsi pratici di lavoro
per il conseguimento di una qualifica
professionale; e, immancabile nello spi-
rito di Don Bosco, un Centro ricreativo.
Gh sforzi dei salesiani sono diretti a
ottenere che tutta la comunità parroc-
chiale si senta responsabile della riuscita
del Centro. Organizzatori. insegnanti e
istruttori sono tutti volontari che accet-
tano l'insicurezza economica del Centro
stesso; anche se dall'agosto 1971 go-
dono dell'assistenza sociale garantita
dalle Leggi del Lavoro, il loro stipendio
è minimo, insufficiente per il costo della
vita della regione. Tuttavia, con la coo-
perazione della prelazia, di enti filantro-
pici locali, delle autorità cittadine e di
persone generose, si riesce a tirare
avanti.
I frequentatori dei vari corsi inizial-
mente non furono molti, o di questi non
tutti hanno saputo perseverare. per cause
diverse: difficoltà di ordine pratico, de-
nutrizione, vergogna, incostanza... Ma
da un anno a questa parte sia la fre-
quenza che la perseveranza sono in
netto e costante aumento.
Gli organizzatori rimettono costante-
mente in discussione il loro lavoro, per
adattarlo alle esigenze dell"ambiente so-
cioculturale in cui si svolge, e anche per
una programmatione economica più ade-
guata.
In particolare cercano di lievitare la
comunità parrocchiale perché da una
«società di consumo» diventi una «so-
cietà di collaborazione», allo scopo di
aiutare i loro fratelli a passare da condi-
zioni meno umane a condizioni più
umane.

3.7 Page 27

▲back to top
PUBBLICAZIONI
SALESIANE
I L RETTOR~Gql_pRJ! INAUGURA
L' ISTITUT DJLl -UILA
Don Luigi icceri è stato ospite del
capoluogo abruzzese in occasione del-
l'inaugurazione del nuovo complesso del-
l'Istituto Salesiano che ospiterà 400 gio-
vani che si avviano all'addestramento
professionale. ~ la seconda volta che
uno dei successori di Don Bosco visita
L'Aquila e l'Abruzzo.
Don Ricceri ha rivolto parole di omag•
gio alla città. Ha affermato di aver ri-
scontrato nella comunità salesiana aqui-
lana, e particolarmente tra i giovani. un'at•
mosfera di grande serenità e concordia.
Ha ascoltato con vivo interesse la rela-
zione che il direttore dell'lstnuto sale-
siano ha tenuto sulla vita e le realizza-
zioni dell'opera salesiana all'Aquila.
La relazione ha ripercorso le tappe del•
l'opera partita dal 1932 quando il primo
direttore iniziò la costruzione del com-
plesso che auualmente è stato comple-
tamente trasformato, e che manda avanti
veramente molte opere: oratorìo, due
parrocchie, pensionato per giovani delle
scuole superiori. centro d1 formazione
professionale, cineforum, cineclub, scuola
di musica.
L'attività dei Salesiani in questi qua-
rant'anni s1 è talmente estesa da rendere
necessaria la costruzione di un nuovo
cenno di formazione professionale già
progettato e di imminente realizzazione.
Il saluto della città è stato rivolto a
don Luigi Riccen anche dal sindaco del-
l'Aquila. Egli s1 é augurato che la ceri-
monia della posa della prima pietra del
nuovo centro professionale possa svol-
gersi al più presto, nell'interesse non sol-
tanto dei giovani ma anche della città.
La prima donna laureata In teo-
logia presso la Pontificia Università Gre-
goriana nei suoi 421 anni di esistenza, è
una Figlia d1 Maria Ausiliatrice. Suor En-
rica Rosanna. Ha conseguito 11 dottorato
difendendo la tesi intitolata « Secolariz-
zazione o trans-funzionalizzazione della
Religione? Rapporto critico su una di-
scussione attuale in sociologia della re-
ligione».
RADIO MONU CI RI
SUI SALE$1~Nl
DELLA TERU t> 1. FUOCO
Radio Monteceneri (Svizzera italiana)
ha trasmesso un lungo servizio del
dr. Giuseppe Biscossa sull'opera dei mis-
sionari salesiani nella Terra del Fuoco.
Il dr. Biscossa. exallievo dei salesiani
di Lugano. è un dinamico giornalista che
ha già visitato una trentina di paesi extra-
europei, e ha pubblicato in vari libri le
relazioni dei suoi viaggi.
È stato anche a Porvenlr. una cittadina
dell'estremità meridionale della Terra del
Fuoco appartenente al Cile. ove i sale-
siani dirigono una Escuela agropecuaria
di avanguardia.
Il servizio alla Radio svizzera s1 è
aperto con la presentazione delle condi-
zioni geografiche e chmat1che della Terra
del Fuoco, che richiedono a1 missionari
provenienti da altri paesi non comuni ca-
pacità di adattamento. È seguita un'in-
tervista al direttore della Scuola, don
Savino Servide1.
Don Serv1de1 ha ricordato il sogno-
v1s1one in seguito al quale Don Bosco
inviò in Patagonia I primi missionari, tra
i quali un uomo d1 eccezionali capacità,
mons. Fagnano. Il suo nome è oggi le-
gato al lago più grande della Terra del
Fuoco.
È stata quindi presentata la Escuela
agropecuaria salesiana "Las Mercedes"
che si sforza di rispondere non soltan-
to alle esigenze religiose, ma anche a
quelle scientifiche e tecniche della popo-
lazione.
Il dr. Biscossa ha visto la coltivazione
del lino, degli ortaggi, del frumento (che
servl. tra l'altro. per le ostie della Messa
conclusiva del Concilio Vaticano Il}. e
le varie forme di allevamento del be-
stiame. «Al termine della mia visita
- ha concluso il giornalista - ho tro-
vato in un campo un quadrifoglio. L'ho
colto e portato con me m Europa come
augurio di autentico progresso per gli
uomini del Duemila».
NOVITA SEI
J. Cantinat, San Paolo e la Chiesa.
Pag. 144. L 1600
Cantinat continua il discorso iniziato
con « La Chiesa della Pentecoste>>
edito nella stessa collana, e rico-
struisce con una documentazione
eccezionalmente vasta i primi anni
d1 vita del mondo cristiano.
J. Guitton. Perch6 credo. Pag. 164.
L. 1500
Uno dei maggiori rappresentanti della
cultura contemporanea espone in pa•
gine limpide i "perché" della sua fe-
deltà a Dio, a Cristo e alla Chiesa.
NOVITA LDC
R. Uebig, Fede e scienza in dia•
logo. Pag. 232. L 1600
Un libro per insegnanti di religione,
animatori di gruppi. giovani specie
universitari e di scuote superiori.
Quattro parti: 1. Origine, natura. tra-
sformazione del mondo. 2. Origine
e natura della vita. evoluzione ori-
gine dell'uomo. 3. Anima. rapporto
con il corpo, psicanalisi, ossessioni,
aldilà. 4. Mondo pieno di misteri,
limite delle scienze naturali, rapporto
con la fede.
AA. VV.• Adolescenti e penjtenza.
Pag. 160. L. 1170
Una risposta ei numerosi problemi
che gli educatori sentono allorché de-
vono presentare il sacramento della
penitenza agli adolescenti: compo-
nenti psicologiche, teologiche. peda-
gogiche.
C. Bissoli, La Bibbia nella cate-
chesi. Pag. 126. L. 1060
Inserire la Bibbia nella catechesi: un
problema vivo oggi. Il libro sensibi-
lizza il problema e traccia valide linee
di marcia.
Assemblea Episcopale Francese, Po-
litica, Chiesa e Fede
Aldo Del Monte. vesc. dì Novara,
Costruiamo insieme la nostra
Chiesa locale
Due nuovi volumeui della collana
« Maestri di fede». Ciascuno L 200
NOVITA PAS-VERLAG
Fons vivus. Miscellanee liturgica
in memorie di don E. M. Vismara.
Pag. 430. L 4000
Una serie di undici studi scientifici
sulla liturgia, aperti da Eugenio Va-
lentini con il saggio. « Don Eusebio
Vismara. pioniere del Movimento li-
turgico in Italia».
27

3.8 Page 28

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«unincontro nuovo, originale. Il
. primo incontro,potremmo dire, 1if-
ficiale, di tutta la Famiglia Salesiana•>.
Così il sesto Successore di Do11 Bosco,
don Luigi Ricceri, ha definito la << set-
timana di spiritualità » tenuta a Roma
dal 2I al 27 gennaio scorso.
Per la prima volta si sono trovati
a discutere insieme i rappresentanti dei
Salesiani, delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, le Volontarie di Don Bosco,
Cooperatori e Cooperatrici, la Supe-
riora delle Salesiane Oblate del Sacro
Cuore, gli exallievi di Don Bosco.
Ha organizzato la << settima11a ~ do11
Egidio Viganò, Consi.gliere superiore
per la formazione salesiana. Così
egli ha anmmciato lo scopo dell'in-
contro: << Siamo qui per sperimentare
la ricchezza del dono che Dio ha
fatto alla Chiesa attraverso Don Bo-
sco, per arricchirci mutuamente delle
ricchezze della vocazione salesiana che
ciascuno dei nostri gruppi porta con
sé, per vedere se possiamo aiutarci di
pti, 11el realizzare la nostra vocazione >>.
Il tema era annunciato da queste
parole: (( La Famiglia Salesiana ri-
flette sulla sua vocazione nella Chiesa
di oggi».
Ogni giornata è stata aperta da
una conferenza che impostava il la-
voro e la ricerca. Il lf.esuita padre
J. Beytr, dell'Universita Gregoria11a,
ha parlato del << Rinnovame11to attuale
delle famiglie religiose>). Don Adrien
Nocent, be11edetti110, /za parlalo m
<< I carismi delle famiglie religiose 1>.
Il sa/,esiano dou Paolo Natali, vi-
cario dell'ùpettoria l(r:ure-toscana, ha
presentato una sua riflessione s11 (( La
n Famiglia Salesiana di Don Bosco
oggi». salesiano d011 Braido, del-
l'Ateneo SalPSia110, ha illustrato «La
missioue salesi"na oggi». Il salesiano
don Pietro Stella, docente all' U11i-
versità di Bari, ha trattato (( Lo spi-
rito salesiano nella relig1."osità dell'e-
poca>>. Il salesiano don Gi.useppe Au-
bry, del dicastero della Formazione
Salesiana, ha parlato su: «Lo spi-
rito sa/,esiano, stile di preghiera».
Ha chiuso la «settimana>> il cardi-
nale Garrone, con una splendida espo-
si·zione sul terna: << Come vedo il la-
voro della Famiglia Salesiana nella
Chiesa di oggi».
Le con/ermze e i << panel >> che se-
guivano nel pomeriggio (esposizione a
più voci in cui i convenuti cercavano
i modi concreti di accrescere l'effi-
cacia della Famiglia Salesiana) sa-
ra:J1no presentati in un volume dal-
l'L .D.C. Come anticipazione, pre-
semiamo zm ampio condensato della
confereriza del cardinale Garrone, che
costituisce una seria meditazione per
ogni membro della Famiglia Sale-
28 sia11a.
Come vedo H lavoro dei
Salesiani nella Chiesa d'oggi
Mi sono interrogato, per dare a
voi una risposta, e la mia interro-
gazione ha preso la forma di tre
domande. Tre domande che non
sono artifici letterari, ma· vere que-
stioni, alle quali risponderò come mi
sembra di dover rispondere.
La prima doinanda è questa: che
cosa si deve pensare oggi di questa
gioventù, che sta così a cuore alla
Chiesa, e sembra il primo scopo
della vostra grazia ?
Secondo, una questione un poco
audace: se io fossi Don Bosco, oggi
cosa farei per questa gioventù?
E poiché non sono un Don Bosco,
una terza questione, che mi sembra
ancora più audace: se io fossi un
Figlio o una Figlia di Don Bosco.
e se volessi essere nella linea delle
preoccupazioni della Chiesa, che cosa
farei ?
Che pensare dei giovani d'oggi
... Oggi e tutta la gioventù che è
all'abbandono, e non soltanto al-
cuni.
Quest'abbandono può essere, co-
me ieri, un abbandono materiale,
ma lo è sempre meno.
Colui che oggi volesse venire in-
contro soltanto alla miseria mate-
riale della gioventù, non potrebbe
che preparare per domani alcuni
clementi in più per questa armata
immensa di giovani che sono vit-
time di un altro e molto più pro-
fondo abbandono. L a gioventù cli
oggi non chiede tanto i mezzi di
vivere (che a poco a poco gli sono

3.9 Page 29

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già stati assicurati), quanto le ra-
gioni di vivere, che gli adulti non
sono capaci di dar loro. Non vuole
più una civiltà che essa chiama del-
l'abbondaqza e dei consumi, parole
pesanti, di rimprovero. Le manca
l'essenziale, cioè sapere perché si vive,
perché si deve vivere. Né il denaro
il benessere possono essere que-
ste ragioni. E il mondn di oggi, che
è costruito sopra questi valori, la
gioventù non lo vuole. È facile, ma
è falso, rispondere al rifiuto di que-
sti. giovani. con un'accusa, o denun-
ciando le loro contraddizioni. È vero
che i giovani approfittano della so-
cietà che condannano. Ma questo
non significa che hanno torto.
Sprofondati nel benessere che que-
« Oggi è tutta la gloventll che è all'abban-
dono, e non soltanto alcuni. Quest 'abban-
dono pub essere, come Ieri, un abbandono
materiale, ma lo è sempre mano. Molti,
sprofondati na l benessere che questa s o-
cietà dà loro, s ono realmente infelici u
(Card. Garrone).
sta società loro, sono realmente
infelici.
Che cosa è accaduto, perché que-
ste coscienze si trovino cosi profon-
damente ferite ? In altri tempi avreb-
bero acquisito a poco a poco quel-
]'assennatezza che è il frutto dell'età,
che è il risultato dell'assuefazione
che sopisce a poco a poco le rea-
zioni troppo profonde, e conduce a
prendere il partito << ragionevole >>
del silenzio e del consenso all'impo-
tenza.
Ma questo ora non è più possi-
bile, anche se non vogliamo ammet-
terlo. Oggi tutto si dice, tutto si sa,
tutto si vede. I compromessi e le
convenzioni su cui è costruita la
vita sociale, sono allo scoperto sotto
gli occhi di tutti. I crimini odiosi
sono uno spettacolo che non si na-
sconde più a nessuno. Le inegua-
glianze scandalose della fa.me, le
stragi spaventose, sono note a tutti.
Gli adulti ne soffrono, .ma tirano
avanti. Anche i giovani ne soffrono,
ma non le accettano. La loro sensi-
bilità intatta reagisce con violenza.
Alcuni si stancano, si buttano
fuori di questo mondo - che non
vogliono più - per un salto in un'al-
tra vita, che è quella della droga,
degli hippies e dell'erotismo as-
surdo. Altri si aspettano da qualche
mistica politica ciò che non pos-
sono trovare intorno a sé.
Eppure il futuro del mondo e
della Chiesa dipende da questa gio-
ventù.
Perduti? No. L'anno scorso - per
fare un esempio - a Taizé c'erano
sessantamila giovani. Hanno sen-
tito una risposta valida. Sono an-
dati, hanno pregato. Sessantamila
è poco, di fronte ai milioni e ,mi-
lioni di giovani il cui atteggiamento
di fondo a poco a poco diventa una-
nime da un angolo all'altro del mondo.
Questa gioventù non è inaccessibile,
ma è, letteralmente, in attesa di
una buona notizia, di un Salvatore.
I monaci di Taizé non hanno esi-

3.10 Page 30

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tato a dire a questi giovani il suo
nome, a presentar loro le sue pro-
messe, sono stata capiti.
La gioventù è nell'abbandono.
Non alcuni giovani, ma la gioventù
Ecco, a mio parere, il segno dea
tempi al riguardo. 1on si può du-
bitare neppure un momento che San
Giovanni Bosco aHebbe avvenito
il suo appello.
~.. in fossi Dn- n
Che cosa avrebbe fatto lui ? E
che cosa farei 10 se fossi un Don
Bosco ? ~ la seconda quesuone.
Se fossa un Don Bosco comincerei
a vivere <li Gesù Cristo e per Lui,
e a lasciarmi condurre dal suo Spa-
rito. È inutile pensare di andan.
avanti, se non si comincia da qua
L'intui:r1one di un cardinale Su-
hard, mentre attraversava per la
pnma volta quella Parigi di cua
prendeva l'mcanco, era profonda-
t mente giusta: « \\on me la caverò
che diventando ~nto ! •· proprio
questa la prima cosa, e vale la
pena che ce la diciamo tra noi, per-
ché siamo sempre disposti a dimen-
ticarcene. Come lo si capisce questo
cardinale che percorre le malinco-
niche periferie da Parigi, che si in-
fila per le stradicciole senza sbocco,
che si sperde nei quartieri anonimi,
nella moltatud.inc senza nome, dove
però ogna individuo, ogni gio,·anc
ha un'anima • per la salvezza della
quale Cristo è morto•·
Che cosa fare ?
In primo luogo, prima di rutto,
soprattutto, diventare santi, per po-
terle rispondere.
Allora sarà po~ibile trovare la
strada giusta, e farsi capire.
Se io fo s1 uno di ,oi
Io non sono Don Bosco ::-.-on
sono neanche un figlio di Don Bosco.
Cosa farei se fossi uno di voi ?
O piuttosto - perché è la questione
che m i avete posto, e non ho fatto
finora che preparare la risposta - :
La Chiesa, che cosa pensa che do-
vrebbe fare la grande f.'amiglia di
Don Bosco, dai religiosi alle religiose
e a tutti i suoi cooperatori ?
Prima di tutto, un dono incondi-
zionato alla gioventù. Con tutto ciò
che questo dono implica di possi-
bilità, di promesse, di luci.
In secondo luoj?o, un'ispirazione
attinta francamente alle fonti della
Nel quartieri enonlml, nella moltltudln•
••nza noma, ogni Individuo, ogni giovane ha
30
un'anima par la aalvHza dalla quale Crìato
• morto" (Card. Garrona).

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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fede: «Io voglio consacrare la piia
vita ai giovani - diceva Don Bo-
sco all'inizio della sua carriera -
pii farò a.mare da loro, pii occuperò
della loro anima ~-
E terzo, di conseguenza, la vo-
lontà di .mettere al servizio di questa
causa tutte le risorse di cui la scienza
e la tecnica di un dato tempo può
mettere al servizio della gioventù.
Dono 'ncondizi'Dnato ai J(ov::mi
La Chiesa sa che la forza che ha
fatto il miracolo di Torino e della
<< Casa Pinardi », è ancora qui in-
tatta, in seno a questa Fapiiglia che
San Giovanni Bosco - e tanti suoi
figli e figlie già tornati a Dio - non
hanno abbandonato. Questa forza
c'è. È lo Spirito Santo. Ciò che la
grazia ha fatto ieri, può farlo domani;
essa può e vuole far rinascere in-
cessantemente questo amore dei gi()-
vani - ecco la parola giusta - que-
sto amore dei giovani che portato
al grado estremo di tensione gen~ra
i miracoli dell'educazione:
pri.ma di tutto fiducia in questi
giovani, malgrado i loro rifiuti e le
sgarberie;
reazione vigorosa contro tutte le
interpretazioni facili e paralizzanti;
arte di farsi amare a forza di
amare;
preoccupazione di prevenire il male
invece di punirlo (il male sovente
non viene di. dentro, ma di fuori).
Tutto questo ha fatto di Don
Bosco un educatore straordinario.
Dio ama così; e questa è la ragione
per la quale coloro che gli servono
come docili strumenti, possono ciò
che altri non potranno mai.
Rh•elare C'risto a· giova"li
San Giovanni Bosco non conce-
piva che si possa a.mare i giovani,
aiutarli a vivere bene, senza condurli
verso Colui che solo può cambiare
i cuori, senza far loro scoprire e
vivere il .mistero d.i Cristo e dei suoi
sacra.menti, la necessità della pre-
ghiera. Un'attività salesiana che non
ritrovasse oggi l'equivalente di questo
progetto, non sarebbe più sa lesiana.
Dobbiamo avere il coraggio, nel mon-
do di oggi, di dirci questo formal-
mente: San Giovanni Bosco non ci
si troverebbe più.
Le strade e i mezzi sono forse da
cambiare, sono forse da inventare,
ma nella misura in cui non si è riu-
sciti, o almeno non si è cercato, di
ricondurre i giovanj alle sole vere
fonti ove scaturisce la grazia di Cri-
sto, non si è fatto ancora niente di
valido. U giovane che animava i
giochi e faceva lui stesso il saltim-
banco, sapeva dove andava, e che
tutto questo doveva finire davanti a
Dio nella preghiera.
Lasciamo la questione delle forme,
il principio rimane. Un'educazione
salesiana che accettasse di ignorare
ciò, rinnegherebbe se stessa; e non
è questo che la Chiesa aspetta. Già
lo abbiamo detto: il primo atto
della vita d'un salesiano è di voler
essere un santo; il secondo, è di
condurre i giovani a volerlo anche
loro con lui.
Le risorse della scienza e della
t cnic
Infine, il terzo elemento. La tra-
dizione salesiana comporta una vo-
lontà di mettere al servizio della
gioventù assolutamente tutte le ri-
sorse delle quali può disporre in un
determinato tempo l'attività umana.
San Giovanni Bosco si trova nella
linea di San Francesco di Sales, che
egli amò tanto da mettere il suo nome
alla propria opera.
San Francesco infilava sotto le
porte dei protestanti che non pote-
vano, o non volevano, venire ad
ascoltarlo, i foglietti delle sue Con-
troversie: lo stampato vada là dove
non giunge la parola viva. E si sa
le conclusioni che Don Bosco ha ti-
rato, a dispetto di tutte le difficoltà,
da questo principio. E tutto ciò che
ne hanno tratto i salesiani.
Ma il mondo va avanti in fretta,
sia.mo gì:à al di della << galassia
Gutenberg •>. Se il libro rimane lo
strumento per eccellenza della comu-
nicazione, i mezzi audiovisivi sono
qui, con la loro stupenda potenza,
il loro incessante progresso: dalla
rad.io alla televisione alle video-cas-
sette e ai video tascabili. Tutto ciò
dev'essere usato. Un Don Bosco ne
sarebbe stato pienamente consape-
vole, e i salesiani lo sono a loro
volta. Quale prospettiva entusia-
smante ! La Chiesa sa cqe i figli di
Don Bosco «seguono » e concede loro
fiducia.
·eativi oi>lla f..dcltn
Tutto questo è eredità da sfrut-
tare.
Ma non si potrebbe parlare di ere-
dità senza evocare le prospettive da
aprire al di là, i campi nuovi che si
aprono da soli e in cui dobbia)llo
affrettarci a rendere Cristo presente.
Una donna interrogava un giorno
il filosofo Bergson per sapere da lui
quale sarebbe la grande invenzione
del secolo a venire. << Se io la cono-
scessi, signora - le rispose il filo-
sofo - la farei ».
Non sono io a poter dire le in-
novazioni che le circostanze richie-
dono ai salesiani, che la difficile
congiuntura presenta. Dirò soltanto
a quali condizioni essi potranno va-
lidamente innovare.
Prima di tutto, accettando che le
innovazioni siano possibili e neces-
sarie. Rifiutarsi all'idea delle innova-
zioni, sarebbe rifiutare una parte
essenziale del messaggio di San Gio-
vanni Bosco, innovatore se mai ce
ne fu uno. Non si può non met-
tere in atto tutte le risorse d'immagi-
nazione, delle quali l'amore per la
gioventù è capace. Questo tempo non
può non essere tempo di creazione.
Ma qui s'impone 1111 secondo do-
vere, quello della fedeltà. Molte idee
possono nascere, che San Giovanni
Bosco rifiuterebbe certamente, delle
quali respingerebbe la pa~er~tà. :tJn'a-
zione che non avesse d1 mira li suo
vero fine, che è quello additato dalla
fede, o che rinunciasse di fare una
scelta fra i mezzi, non sarebbe più
sulla linea giusta, e per nessun pre-
testo. sarebbe accettabile. La gioventù
d'oggi può trascinare i migliori di
quelli che vogliono servirla nelle
direzioni in cui i figli di San Gio-
vanni Bosco non possono seguirla.
Creare, per tanti uomini, anche di
buona volontà, oggi significa distrug-
gere.
L'incoerenza delle esperienze edu-
cative, l'audace utopismo delle ideo-
logie, sono incompatibili con la ve~a
tradizione salesiana. Non si può di-
struggere uno strumento del pas:
sato, che ha dato le sue prove di
validità, fmché non è sostituito da
uno strumento autentico dello stesso
spirito, e portatore delle stesse le-
gittime speranze...
Ciò mi conduce a indicare una
terza e ultima conc/izio11e: l'unità di
sforzo. Tutta la speranza della Chiesa
sarebbe vana, e la delusione grande,
se La Famiglia salesiana non affronta
l'avvenire unita e coerente.
Credo di aver detto, senza oltre-
passare i miei lumi, fino a che punto
il vostro compito è grande, e urgente,
agli occlù della Chiesa; e con quanta
fiducia La Chiesa attende le vostre
audacie creatrici nella fedeltà.
La nostra gioventù sarà guada-
gnata e salvata, guadagnata a Cristo
- al quale solo spetta il diritto e
il potere - da uomini che l'ame-
ranno come l'amava San Giovanni
Bosco, così forte, e cosi. bene. Que-
sti uomini, queste donne, esistono:
siete voi.
E Dio vi aiuti.
31

4.2 Page 32

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DAVIDE APERSE GLI OCCHIETTI E Cl SORRISE
Mio nipotino Davide aveva appena sei mesi quando
d'improvviso fu colto da febbre altissima. Il medico, chia-
mato d'urgenza, disse che si trattava di semplice angina,
niente di allarmante. Ma la febbre non cessava, anzi, com-
parvero chiazze rosse seguite da convulsioni.
Il bambino tu allora trasportato nella Clinica pediatrica
di Cagliari, ove gli esami clinici rivelarono una forma grave
di meningite. Il professore non diede speranza di guarigione;
ai genitori desolati disse che solo un miracolo poteva salvarlo.
Era il 24 gennaio 1971. Mentre ìl piccolo ammalato sotto
la tenda a ossigeno era gravissimo, cominciammo con grande
fiducia una novena alla cara Mamma Ausiliatrice e a San
Giovanni Bosco. Il mattino del 31 gennaio intensificammo
la nostra preghiera a Don Bosco, nel giorno della sua festa :
poi ci recammo all'ospedale. Con indicibile stupore ci dis-
sero che la febbre era scomparsa. Lo chiamammo: Davide I
E Davide aperse gli occhietti, ci sorrise. e per la prima volta
pronunciò la dolce p3rola: Mamma I
Il miracolo era compiuto, e oggi. a distanza di due anni.
Davide sta bene, è ben sviluppato e intelligente. Il profes-
sore, che continua a tenerlo sotto controllo. lo dichiara per-
fettamente guarito e normale sotto ogni punto di vista.
Olbia (Sas,arl)
Sr. ROSALIA PIGA
Ml SE NTO ANC O RA RIMES COLARE TUTTA
Il fatto risale al 1964. Era domenica e stavo facendo il
bagno alla mia bambina di cinque anni, inginocchiata davanti
alla vasca. Accanto a me, una stufetta elettrica riscaldava
l'ambiente. A un certo punto, il calore eccessivo cominciò
a darmi noia, e mentre con la destra frizionavo i capelli della
mia piccola, con la sinistra cercai di allontanare la stufa.
Una scarica violentissima mi sbatté a terra. Lucida come
non mai, mi resi conto che per me non c'era più scampo,
e allora invocai disperatamente: « Maria Ausiliatrice, Maria
Ausiliatrice... l> non so quante volte, so soltanto che di colpo
mi trovai staccata da quel contatto mortale. Ma quando mi
volsi verso la vasca, vidi la mia bambina sott'acqua, priva
di sensi, nera e con la lingua bruciacchiata. Avevo trasmesso
al suo corpo la scarica elettrica. L'afferrai urlando. Accor-
sero i vicini, praticarono la respirazione artificiale, niente.
La portai cosi, priva di sensi, al pronto soccorso; poi svenni.
Quando mi riebbi, non credevo ai miei occhi: i medici mi
restituirono la bambina sana e salva.
Quando ripenso a quel giorno, mi sento ancora rimesco-
lare tutta: non solo per il pericolo corso, ma più ancora per
aver sentito la bontà della Madonna.
Catania
PINA GURRERA SECOLO
UNA FAMIGLIOLA RIMANE I LLESA
Domenica 21 gennaio ero uscito in macchina con mia
moglie e il bambino di tre anni. La strada era bagnata. Ad
un tratto, una macchina proveniente da sinistra senza os-
servare lo stop mi costrinse a una brusca frenata. La !Tlia
vettura fece tre giri su se stessa, sbatté contro un palo e
un paraurti, poi si capovolse, finendo in bilico sull'orlo di
un fosso. Potevamo rimanere uccisi tutti e tre. Invece siamo
32 usciti completamente illesi. Attribuiamo questa grazia alla
protezione di Don Bosco e di Domenico Savio, di cui siamo
molto devoti, e desideriamo renderla nota a tutti.
San Dona di Piave (Venezia)
FAMIGLIA FURLANETTO
LA MADONNA HA SALVATO LA MIA BAMBINA
Mi trovavo con mio marito ad ammucchiare il fieno nel
prato, e avevo lasciato la bambina di tre anni seduta sul-
l'erba vicina al carro agricolo. A un tratto la sentii gettare
un urlo. Era salita sul carro, aveva slegato la corda del freno,
per cui il veicolo trovandosi in discesa precipitava veloce-
mente verso una ripa scoscesa e profonda. Non potei far
altro che invocare con fede: « Maria aiuto dei cristiani. sal-
vala I». In quel momento il carro si fermò a mezzo metro
dalla ripa. Tolto lo spavento, neppure una scalfittura alla
mia bambina I Esprimiamo la nostra riconoscenza alla Ma-
donna che ci ha protetti anche in altre circostanze.
Diano d'Alba (Cuneo)
lettera firmata
QUESTO GIORNO DI GRAZIA
L' HO ATTESO CINQUE ANNI
Da tempo desideravo diventare cristiana, con un cuore
grande e pieno di bontà, per dare valore alla mia vita.
Frequentavo la Scuola media presso le Figlie di Maria
Ausiliatrice. Esse mi insegnarono a trovare Il Signore nella
preghiera. La mia era una preghiera molto semplice: pen-
savo a Dio come a un padre, a Gesù Cristo come a un fratello,
alla Madonna come a una madre. Un colloquio silenzioso,
ma pieno d'affetto e di fiducia. Un giorno mi dissi: « lo
devo diventare figlia di questo Dio>>.
Finita la scuola superiore presso le Suore, mi iscrissi a
una Università tenuta da Buddisti. Parlavo di religione con
le compagne di studio; la mia fede e Il desiderio di consa-
crarmi a Dio aumentavano. Finita l'università, volli trovare
un impiego, per conoscere meglio la realtà della vita. L'am-
biente del mio lavoro era saturo di un materialismo pesante
che cercava di travolgermi. Mi accorsi che le mie conoscenze
su Dio erano insufficienti, mentre il richiamo del suo amore
non mi lasciava in pace. Il mio cuore non era soddisfatto
dalla prospettiva di un focolare. Mi sentivo chiamata a un
amore di dimensioni più vaste: donarmi tutta a tutti.
Dopo cinque anni ho realizzato il mio ·sogno. Con il bat-
tesimo sono diventata figlia di Dio, e poi ho fatto voto di
viverl:l e lavorare soltanto per Lui nell'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Attribuisco questa grazia straordinaria
alla Madonna, che ha esaudito le preghiere e i sacrifici miei
e di tante persone care.
Tokio (Giappone)
Sr. FRANCESCA W. YUKIKO F.M.A.
Sergio Francia (Torino) sottoposto a urgente e sirave operazione ha
trovato nella preghiera a Maria Ausiliatrice forza e serenità, e tutto si b ri-
solto nel migliore dei modi.
Al bina M a rzino (Torino) ringrazia S. G. Bosco per la guarigione del
piccolo pronipote di due anni.
Tre a lunne ora1oriane delle F.M.A. (Cerignola, Foggia) ringraziano per
una segnalatd grazia ricevuta con l'intercessione della Madonna.
A ngelina Baro ne (Mineo) ringrazia Maria Ausiliatrice per alcune grazio
ricevute, e attende con fede l'esaudimenlo di un vivo desiderio del suo
cuore.

4.3 Page 33

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UN F ELICE GIORNO DI APRILE
Un anno fa, violenti attacchi di artrosi prima e di sciatica
poi mi costrinsero all'immobilità quasi assoluta. Trascorsi
tre lunghi mesi tra sofferenze atroci, senza il minimo miglio-
ramento, nonostante le cure. Trovandomi sola, dovevo ri-
correre alla bontà dei vicini per sbrigare le faccende pill ne-
cessarie; ero proprio disperata.
Ma quando lessi sul Bollertino la guarigione prodigiosa
di Suor Modesta, ottenuta per intercessione di Don Rua,
ripresi fiducia e mi affidai a lui. Non rimasi inascoltata: alla
fine di aprile, con grande stupore mio e di quanti sapevano
della mia sventura. potei alzarmi. camminare, scendere le
scale, uscire I Mi pareva un sogno. A distanza di vari mesi
non ho più sentito alcun dolore.
Albisola (S8vona)
ROSINA CAVALLI
UN PO' ALLA VOLTA TORNATO IL SERENO
Sono una cooperatrice salesiana, leggo sempre il Bollet-
tino, molto interessante. Mesi fa, alle sofferenze che già mi
tormentavano nel corpo e nello spirito, se ne aggiunsero
altre ancora più penose. Al colmo della sofferenza, mi rivolsi
più con gemiti che con parole a Don Rua, poi feci con
grande fiducia una novena.
Un po' alla volta tornò il sereno: tante dolorose incom-
prensioni si schiarirono, e altre situazioni molto penose si
risolsero. Mando un'offerta perché sia celebrata una messa
di ringraziamento in onore del caro Beato, pregando che con-
tinui ad assistermi in ogni difficoltà.
Torino
Lettera firmata
NELLA NOTTE UNA TELEFONATA ALLARMANTE
Era quasi mezzanotte quando una telefonata ci avvertiva
che mia zia improvvisamente era in fin di vita. Mio padre,
fratello della morente, corse subito al suo capezzale, ment re
io mi mettevo a recitare il rosario con i bambini. invocando
l'aiuto di Dio. Poi l'occhio mi corse sulla copertina del Bol-
lettino ove sorrideva il volto di Don Rua beato. Chiesi con
fede la sua intercessione. Il giorno dopo mi giungeva la
lieta notizia che il pericolo era scongiurato, e la zia si stava
riprendendo.
Sqw'llace ( Catanzaro)
MARIELLA GR/SOL/A
HANNO RIPRESO A VOLERSI BENE
Dopo molti anni di reciproca incomprensione, mia sorella
aveva iniziato le pratiche legali per separarsi da suo marito.
lo, che da molti anni pregavo per essi il Servo di Dio Si-
mone Srugi, intensificai la mia fede, sicura che mi avrebbe
ottenuto da Dio la grazia che venisse evitata tale catastrofe.
Dopo un mese, mia sorella non ebbe più la forza morale
di continuare le pratiche. Non soltanto non si parlò pill di
separazione, ma tanto essa che suo marito si confermarono
negli antichi affetti, e ora vivono in fedele armonia.
Ringrazio di cuore il caro Simone Srugi.
Padova
Lettera firmata
UN MIGLIORAMENTO SORPRENDENTE
Nel 1968 mi ammalai seriamente, e gli specialisti mi dis-
sero che era necessario un intervento chirurgico. Mi pre-
scrissero una cura per mettermi in grado di sostenere l'ope-
razione, ma non servi a nulla. lo intanto mi raccomandavo
a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco. ma in particolare pre-
gavo il Servo di Dio Don Andrea Beltrami.
Fui ricoverato in ospedale per essere operato. Ma quando
i medici fecero un ultimo controllo prima dell'intervento,
costatarono con stupore un miglioramento tale da esclu-
dere l'operazione. Ml prescrissero una cura e mi rimanda-
rono a casa, dicendo che mi avevano aiutato tutti i santi.
La cura fu lunga, ma ora sono guarito, e rendo pubbliche
grazie a Don Andrea Beltrami.
Gangi (Palermo)
ANDREA DINOLFO
UNA DUPLICE GRAZIA
Dal giugno 1969 fui trovata affetta da un male che mi
procurava sofferenze fisiche e conseguente depressione morale.
Si avvicinava il tempo della mia consacrazione perpetua
e temevo molto che la malattia potesse essermi di ostacolo.
Fui invitata a rivolgermi -a Don Rinaldi, per ottenere la
guarigione senza intervento chirurgico.
Oggi posso dire che la duplice grazia è stata concessa,
e cioè quella della Professione perpetua e quella della gua-
rigione senza intervento chirurgico. Mantengo anche la
promessa di pubblicare la grazia.
Palermo
Sr. CARMELINA FALZONE F.M.A.
Sr. T eresa Fevero F.M.A. (Torino) adempie la promessa di ringraziare
pubblicamente il Beato Don Rua invocalo a favore della mamma, che
dove1te subire un duplice e grave intervento. Ora, anche se in età avan-
zata. gode buona salute.
Maria Ausilia (Stradella, Pavia) ringrazia Don Rua per la guarigione
del marito, che incominciò a migliorare dalle sue gravi condizioni proprio
li giorno delle sua beatiticazione.
Emma Fantini (Milano) ha raccomandato a Don Rua il papà colpito da
Infarto, e ha avuto la gioia dì riaverlo a casa guarito.
Susy Alfano (Napoli) attribuisce all'intercessione di Don Rua la solu-
zione dì una difficoltb molto grave.
I da M orinilli uscita in buone condizioni dall'ospedale, ringrazia insieme
con la sua famiglia Don Rua a cui si era raccomandala per ouenere l'ec-
cezionale favore.
Ondina Tranquilli (Roma) il giorno della glorificazione di Don Rua
raccomandò al nuovo Beato il proprio figlio, affetto da esaurimen10 ner•
voso che nessuna cura era riuscito a risolvere. La sua preghiera fu esau•
dita. e il tempo ha confermalo la siabìlllà della salute riacquistata.
Soffrivo di osteocondrite al ginocchio, e i medici richie-
devano il ricovero e l'ingeS$iltura. Ma come fare, se dovevo
assistere ia mamma sola, di età avanzata, e per di più im-
mobilizzata? Mi sono rivolta a Don Rina/di, mettendo sul
ginocchio la sua reliquia. Prima del termine della novena
mi trovai completamente guarita, senza ricovero e sen:z:a
ingessatura (Nunziata Di Gaetano, Catania).
Mio fratello era in gravissime condizioni per malattia pol-
monare. Incominciai con fervore una novena domandando
l'intercessione di Don Rina/di. Con meraviglia dei d ottori
curanti, mio fratello in breve tempo guarl e riprese la sua
vita normale (Luigina Benedetto, Torino).
33

4.4 Page 34

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SALESIANI DEFUNTI
Sac. Nasattno cam.lllerl t a Roma a 65 anni.
Di lui parleremo in un prossimo numero.
Coad. Glovanbattillta Valfl1doottl t •
Torino :l 7t anni.
"Entrò nc.llA vna aa.lesiana in età RÌà mutura. e
apparrcnno ,cmpre al!'bpettori• Cemrnlc in
quali11l di onicultorc. Compiva il auo lavoro con
diligcnia e ttinacia. perfino con sc.rupoto.
Lo lucib aolu,nto quando l'asma allelo ,eae
1mpouibilc, e allora \\~l1e ancon rendena
utile come aiutante nell' ln!ermcria della Caaa
~ladre.
Pregava e l1vor1,..1 1-enu far pesare 1u nes-
suno la 1ua sofferenza. Preferin tacere c: con•
fidare in D10. La morte, anche 1e. improvvi11.
lo tro\\•b preparato.
Sac. GluUo Morelli t a Ravcnna a 6◄ anni.
Amava tanto la Chiesa e Don Boaco. Le note
diotintlvc della aua vita salctl•n• furono 11
lavorc, lnccn•ntc ~ la povero\\. Òli (urono af-
fidate va rie mansioni di responsAbillù.. r ne.Ile
v.nc re.ta.~1on1 con i giovani, le toro fam,u;lie e
iJ pe.nonalc, ai d.imost..-ò un autentico 1acerdolc
educatore.
Qua.odo le aoffere.nze lo c:ostnnaero a troncare
01n1 attivuJ, ■ccenl> se.rename.nte 11 croce.
trovando conforto nello preghi.,,.. apec,c nella
S. i\\lcu.,, che volle c:elebnre tino •ll"ulumo,
anche 1c I• \\'lata ali CJ"ll venut• meno.
Sac. Giovanni del Degan t a Oortzi• •
60 anni.
~(en.tt di 1tudioto, appas.sionato d1 filosofia
ro5rrunian1, dedicò tutte le auc cncrgac olla
ricerca del vero " del bene, sulle orme del
grande Rlosofo e sacerdote di Rovereto. Fin-
ch6 la aolute glielo permise, fu lieto di met-
tere a di1po•1~ione di tutti le sue dou di cultura e
di bontt. Poi accettò la lunp malattia. che ebbe
il 1uo epilo110 improvviso una notte dello
scorso novembre.
5ac. Blaalo Re t a Modica Alta (Roiruaal a
s8 anni.
Lavori> nelle missioni dell'E<-uador fino al
r961, quando dovette: tornare 1n patria per
ra11ionl cL aalute. Fu allora de•tinato come
parroco alla COlftrue.11.da parrocchia di l\\1aria
AU1illatricc a Modica Alta. 01 modi 1cmplic1
e buoni. animato da sincero zelo pf.r ti bene:
della popoln•ione, si guada~nò oub1to lo
ottma a lo benevoleru,a di quello gent~ ùella
periferia 1n nua19ima parte. povera. umtle e
ha l.a.boriota. La su11 morte ìmma.tuu. avvenuta
per un tng1co inc-tdente stndaJe. l1ac11to
in tutu un profondo rimpia.ruo.
Sac. FrancaClO Gioo t a S,on (S,-1..ero)
a 4, ann1
Aveva c.hieeto di divenire ulc.-iano per far
conotccrc e amare. il Cristo. e con.aac.rare la •u•
\\ita ai ai1ov1n1 •. Colpito troppo prcato da un
male incurab1le, qU4.l.c.be .giorno pnn\\a d1
rnonrc di11c 11 suo l.spettorc: So che non
gua.rirb. rvh 1on9 felice di vivere in comunità,
in mezzo 1J t,iovuni. Vivo la rnla 11.ituaz,one
nella fede. I lo impa.raito molto nellll eo1Terc:in~11,
hCI approfondito I• mia vita sp1rituule •. Era
stato uno ti~i confratelli più attivi tlcll'hpcl-
toria.
Sac. Lul&l A , Goros lto T a \\lta Oracio
(Cbrdoba, Ar11entina) • 71 anni.
Era molto noto come poeta e proaatote aou-o
lo poeudonimo • 1'ice Lorus •. \\lcune aue
opere, come • ~1muocuri •• Amor 1:c:ul •
(dedicata alla \\'ergine), • Poema, Mendoc,-
nas•. • Espintualldad dc San Juan Bo1co
dcstaro·no notevole risonanza.. Era membro
de.lla Commitsione. Nazionale di Cultun,
della Socie" Araentma di Scritton e ddl1
Academill Litcraria dc L• Plata. Ma 1i1 tra i
giovani come nei circoli artistici t lctten.ri,
la sua prucnztt era •cmpre quella d1 un 1alc-
siano e sacerdote.
Coad, Gl119eppe Pavlu t a Velke Levare
(CS) anni 70.
Sac Giacomo Rivera t • Pucrto dc Santa
Mara (Spaiina) •~ anni.
Sac. Giuseppe Vol.ek t a Sinovcc (CS) a
61 anni.
COOPERATORI DEFUNTI
Ermlol.o RotlKtto t a Montecchio M111111ore
(Vicen~•) a 7Q onnl.
Devotiss,mo dt:14 Modonna e di Don Bosco donò
quattro dei 1uQI dicci fi~li alla Famiglia S0l01iooa:
un Sacerdote, due Coadiutori e una F.M.A.
Fu attivo n.ellè opere pa.rrocahiali. Fu un ""em-
pio di vita per quanu I'h,mno conosciuto. Acc.eub
con cnstWla ru.se,nazfonè ta sofferen?.a e offrl con
sereruni. la •ua vita Dio. il 31 gennaio, fetta di
S. Gicwanru Bosco ricevene l'unzione degli i.nfHmi
e il 10 febbraio aabato mattina la Madonna, di
cui era Unlo davoto, se lo ponO in Pand.iso.
Mon.w. Ecldlo a...Jp Lanso t a Salu1'%0 a
87 annL
A u anni decite dì dedicare la sua ,;,. al prot-
•imo entrando nell'ordine dei Cappucdn!.
Consacr<tto Sacerdote, fu per 10 <tnni miu,o-
nario in Eritrea, tulle Lracce del ca.rd. Ma.aaaia;.
Rientrato io patrfo, reese per 17 anni la parroc-
cb.ia della Madonna di Campagna, allora in
periferia di Tar1no. Consacrato vcaC.O'l0 da
S.S. Pio Xl I, go,•emò p<r quasi trent'anni
li cLo<:eai di Saluuo. Fu un uomo dJ Dio,
prudente e cor11.g1oso. unico dell'opera ,a..
lesiana., di cu, 1cppc. 11alt.n1 a ~an~ggio de!lla
dioceti.
Can. Giovanni Almerito t a Madonna della
Scala (Torino) a 81 anni.
Resse per as anni la parrocchia di Madonn,
della Scalo preuo Ch,eri, cercando di essere
.sempre e con tun1 • r,rete • come Don Bo•co,
che veneravft con sincera devozione e ccrc:avu
di imitare. nel 1uo miniatero. Perc.iò fu consigliere
ricercato e u:uida df innumerevoJj anime di
o~ni condi,;ìone. Decurione dei Cooperuorl
aalesiani, aveva 111• pro11ummato cL fe,neg-
gi.are il J 1 gennaio Don Do.1co insieme con Oon
Rue, llill cw beat16c1~10ne l'aveva .riempuo dJ
aiola. i\\lorl 15 11iorn1 pmna. Ha lasciato nel auo
nudio un Jlrandc quadro di Don Bosco. che
aveva port•to ■empre con si, e ne:l breviario un•
\\·~chi• 1mm111nc d, Don Bosco venerabilt
con la .scritta in fin di t1ila ,; rac.eo.,-lit ,-1 frullo
d~llt op<rr buont.
Mons. Gluup~ canne.Jla t a Prizzi (l't-
lermo) Q6 unni.
Visse intensamen te il suo sacerdozio, alimen-
tandolo con unri •olida pietà eucariatica e
mariana. Aperto nlle i1tan.ze socialJ, istitul
la Cosaa R.unle, pcr venire incontro alle diffi-
colta economiche dci piccoli proprietari.
*"" .Nelle 1offert'nze deKli ultimi giorni, la Mo-
donna invocata con teneruu fu la 1iduc11
e la. sua 11pe.ranu.
"
Maria Bett:arlnl ve.d. Monnecclll t •
Colle Val d'EIH (Siena).
Quando nel 1950 1 Hl..iam giUD$cro a Colle
zz
Val d'Eln, la 1111nora Maria, cooperatnce
nlcsiana. divenne la loro nutmma Marghe-
rita•. Li aiutò ne, difficili inlti offrendo con
di&Jntl':resse il suo lavoro, J'auistenu, il cootri ..
buio ee.n.e:roso. e-, pe.r un e.erto tempo, anche h
sua casa.
Quando po1 la mol1tt1• le impadl di contmuare
il 1uo acrviirio, trovò 1olido conforto nella fede.
Lo preghiera e l'offcrtn divennero il tessuto
qu.otidiano de.Ila aua v.itcaL nella attesa serena
che la mone le apr!Hc 11 l'amdito. I ,11.oi •alc-
1i11.ni ne custodiscono con affetto filiale il
ricordo e ne addita.no la tc1ti monian:za Lumi
noaa ai cooperatori.
Maria MJallo ln Vecchlo t a Bellinuiro
(Novan) a 53 anni.
En sorella di tre mi..Hionari talaiani, due u ..
cc.rdoti e un coadiutore, e di un.a Suora eh
Maria AusWatrice. Una vera famiglia aa.le-
1iana, a cui es-u donav• tutto: tempo. lavoro,
a1uci. e la sofferenza che l'accompagnò per
moira parte dtlla ,uo viu. J\\nche nelle circo-
stanze più difficili 1eppe affc-rmare coraggioaa-
mente lo fede, attlnircndone hl forza d.o.Jta
Euc.are.ria e dalla Confeuione, sempre pronta
a donarsi agli altri e o dimenticare se stessa,
t An&da Rasà ve.d. Pennlsl a S. Gregorio
(Catania) • 69 anni.
Donna la.boriosa, forte. ne.Ila fede e pe:neve:-
ran1e nella preghiera, 1i rue ama"11e • tutti
per la aua bonli. Cooperatrice ulante ed entu-
t1ana di Don Bosco, cn fe.hc.e d'aver donsto
la fi11lia Giovanna a 010 ira le Suore di Maria
Au111iatrice. Il buon umore non la abbandonò
neppure nella lunga e doloron ma.latria che
la portò con Don Bo•co • ric;werc il prtmio del
suo amore e del suo J•voro per la. Congregazione
salesiana.
Wilma Bissone ved. Dasna t Torino a
Bs anni.
Era nata il giorno tteuo in cw Don Bosco
nasceva al Cielo, ~ tu 1cmpre molto devota
del Samo, i1rpirandoti alla aua bontA ndl1'
diffidle missione di mamma cri•ti:u1t. Ne
conservava con cura aetoea una reliquia. con•
nofinnata da Don Rua, e gli donava con gene-
rosit:i uno de.a 1uo1 fi11i1 Don Ferruccio, at-
tuale direttore d~ll'Oratorio di Alassio.
Ca.Urina Ceaaretd t • Radicorani (Siena)
70 11.nnì.
Conobbe e fece parte della lfTAnde famiglia
..ieaiana fin da f(iovanc, lfrn buon• • generosa,
in una vita di semplicità e di n1ode$tia. Coo
H ,uu co..rnttere gioviale e 1inct:ro. dona.va a
tuth l(ioia e sorriso. dando dlcmpio di fede e
di fiduda anche nelle più lfravi avvenia\\ della
,➔ta. ndle q_ual1 conlidava IUtto m Mllria.
Avv. Mario llomanellt t a Padova a 84 anm
Era nato allievo dea nJni1ni a ~la.ce.rata,
e aveva recitato in tn.lto anche da.va.ori :i
Don Rua. Pancc,pò allo due guurc mondiali
e ru internato 1n Ct!rmania, me.ncandosi deco-
ra2ion1 e onorificeni.e Per olrrc 40 anni fu
giudice concilin1ore a Piovo di Sacco, sempre
devoto di Maria Au,,Jiatricc e Ji Don Bosco,
t:ha aveva imparato rad •m•rc 1n Collegio.
Beatrice Vec&lottl Gal,ulo t a Torino
96 anni.
Una figu.ra f.omilio.rc t.ra le cooperntrici dcl.llill
Porrocchia di Mana \\u••h•tnc•. Conobbe e
collaborò con Salcslan1 delle prime 11enct11zioni.
Attivissima, portò alle opt.rc 1alcsi.a.ne la sua
uma!c ma :usidUA collabon:uone pc:r più di
70 anni.. JJ tuo ricordo tJmarri 1creno e con.
fortante ne.Da mente di tutti coloro che 12 co-
nobbero.
L'ISTITUTO SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, erotto In Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n. 22. può legelmente rice,tere
Leg•tl ed E,.dit•. Ad evitare Posstboll oontesta:doni si consighano le seguenti formule:
Se ttanasl d'un legato: • ... lascio all'l•tltuto S•lasi•no per le Missioni con sada In Torino a titolo di legato la somma di Lue... (oppure) l'Immobile sito in... •·
Se trattasi, Invece, di nominare erede di ogni sostanza l'Istituto. la formula potrebbe essere questa:
• ... Annullo ogni mia precedente d1sposl:done testamentaria. Nomino mio erede universale l'l$tituto S•l11i•no psr ls Missioni con sede In Torino, lasciando
ad asso quanto ml appartiene a qualsia11 t1toloa.
3 4 (luogo e dli•)
(/Irma psr esteso)

4.5 Page 35

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Boru: Maria SS. AusiUalrlce e S. Giovanni
Bosco, ,,.,dal ,:i proteggano, a cun d1 Maria Bi.an-
c:hini Salada, Alassio (Savona), L. 50.000.
Borsa: Maria SS. Auslllatrlce e S. Giovanni
Dose<>, pt r ,ma 1ra.:1ia di c11i ho ,a11to bisogno, n.
curn di Adi,lo lnvemiz•l, Covnionc (M ilano),
L . 50.000,
e,.,.. Bona: SIRO CREMAGNMH, • cura di Paoln
1n21pumi, Rovcre10 (Trento), L. 50,000.
Borsa: I n ono re di Maria $$, Ausiliatrice e d el
Beato Don Miche le Rua, f'tr ,rtuia ria,m,1a,
a cuD cLi J\\nronietta Pa.5çni, QuJrantnto (Aless.)
L. 50.000.
Borsa: I N n1co1too DI Dos S1;111è • cu('O di N. N.,
A1...andrl11, L. 50.000 .
Bora: SERVA DI 010 ;\\LIDCANDRINA MARIA DA
COsTA, a CUr.l d1 Adewdc e Mo.tilde Gorgerino,
LcumaM ('rorino), 50.000.
Borsa: \\'f(;LtNO Gltll>"llPPL"'A, • cura di M:irio.
Vìgbno, .\\Jba (Cuneo) L. 50,000.
:Bo rsa : Vtot iso G1USEPP1-:, 11 cura di M•ri•
ViJ!lino, Albo (Cuneo), L . 50.000.
~
::::,
TOT A LE
MIN I MO PER
BORSA L.. 50.000
Avvertiamo che
la pubblica~lon•
di une Bora•
inco mpleta •I
effettua qu■ndo
U versament o
inwal■ raggiunge
l a somma
d i L 25.000,
o vver o quando
1'ale somma
viene ragg iunta
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s ue.e.essive .
Non potendo
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Bosco, •• 1i4lrn,1t1 d,fum<, cura d1 I\\. N'., Ca·
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Gesù, Do n Rua, a cura d i MBr an Runie.ri , Ra-
vemHl, L, 50,000.
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Bosco e D on Rua, cura di Dora D'Erro",
Latina. L.. 50.000.
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Pado,a L . 50.000,
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Ceroni, C nlrr•no (Vicenza), l.., 50.000.
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La Spe.1i~, L. 50.000.
Boru_: Maria SS. Ausiliatrice e S. Glo vmmi
Bosco, , n 1uffrorro tf~Junn·, a cura d1 1'.N.
Cuneo, (,. 50.000.
Borsa: Pro Derunta, n curo di ùn"eJ,nm ~1anenti,
Telgate (UcrA,omo), l... 5 0 .000,
CROCIATA&
Bor5:I: S. GloV1hll\\i Bosco e S. Domenico
S-a:vio, •ncndirndo una. grazi•, a cun. di Ros)'
Pucci, ~·,rcnu, L. 50.000.
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sco e Beato Don Michele Rua, tura di N.N.,
Cerro Ma1111lorc (Milano), L. 150,000.
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Bosco, a cun di Giusto Stoppo Vcd. Rasrello,
Colognu \\'v,cta (Vuona), L. 50,000.
Borsa: IN \\fDl<lRIA E SlffFIUGIO DI f:PINACQ E
Ann.AIDf \\ti< JUl;ONt, a amt di Michdoni Avv.
Enrico, t.,ucC"a1 L. 80.000.
Borsa: Mnrla SS. Ausili.alrlco e $, Giovanni
B osco. A cura <li Bosco Dou. Antonio, Carma..
gnolo (Torino), L. 100.000.
.Borsa: Marlll SS. Ausiliatrice e S. G iovanni
Bosco . pn po~,a ricn:uto t,I ,,. wDragio dtlle
am,nt Jtl /rnt11/11 Sa&. F,d,I, , Jrl mpou Dam,,
a cur., di \\Jchna Sarpa, :0-:o1'11J(u.-umc (~uoro),
L. 50.000.
Borsa: S. G iova nni Bosco, fltr In ,,,m,n,azion•
ddla t(J/tJ/r 1,/lr m,l' di/di~ rnrtl/r, t:t curo di N .N.,
Tìmno {Sonuno), L. 50.000.
Borsa: M arl:i SS. Aus Uiatrlce o S. Giova.nnl
Bosco, ,,, rinlf'a~a,nento r ft'rd,I r,rotq•ano lo
nrw /nm,,t,a da ~n, mal,, cura dt 1\\nn:.:md.o
BiJrnch1, Po1v1a, l.. 50.000.
Bona: <.it.'tlKl 01~\\tQSOt, rn mrmr,r-u1 ~ ~uflragio d,
mio ma,-,rn. A cun~ di Lina Lavi.ornino vcd. Gitmon-
di, Gcnov.-, L. 50.000.
Borsa: 01lN PMLO SCELSI, n curu del Prof. Sàl-
varore O, "1,no le, Bologna, l... 50,000.
Borsa: M3rla SS. Auslllatrlcc e S. GiovannJ
Bosco e S. Dom e nico Savio, thitdtndo prau.
,,;,,_ f><' , f,111, cura dt t-110 Gu•tcili, Zibdlo
d, Bu-to (Parnia), L. ;o.ooo
Borsn: ?,,farla $$. Ausiliatrlc<> " S. Glov annl
B osco, J cura di Pin• Gandolfo, '\\lu.ai1> (Suvonn),
L . 50.000.
Borsa: Ma ria SS. Aus illa 1rlcc, Sani! salesiani,
eari Dt/unti, />« la gut1rigi0tr,, cuni d, l. M.
Bresc:lll, L. 50.000.
Borsa: Marl11 SS. Ausill.atdcc e San ti salesiani
S. G iuseppe, S. Anto n io e Pa p:i G iovanni,
2 cun, tll :0.1•ri• C1ppcllttu, C,nn•r• (Perugia),
L. 50.000
Borsa: Don Bosco, aim à e prottNTIÌ il mio G ia..
c-i11tr, CUf\\l d, N.N',t Piacenza. lJ. 50. 000.
.Borsa~ Don Bosco, a,u.Ja t />rQtqgi lo imo J.,,a.l'ra.
cura d, N.:-.., Piaccnu. I,. 50.000.
Borsa : G razie D on Bos co, D CU1'1I d1 ~.l\\ ,,
Piacil!nG, L. 50.000.
Bors a : IN sUFFltACIO 111;1. uno ANGIOLETTO Re-
'IATD CA1, a cura di Secondo Gai, O~••co (To-
rino), L. 50.000.
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trlce e Beato D on Mic h e le Rua, m "''"'""" r
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